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Dario Nicoli

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Page 1: Dario Nicoli. Cè stato nella nostra cultura – e la scuola ne è una dimostrazione - un oscuramento del tema del lavoro, a causa della coincidenza di diversi

Dario Nicoli

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C’è stato nella nostra cultura – e la scuola ne è una dimostrazione - un oscuramento del tema del lavoro, a causa della coincidenza di diversi fattori:

la caduta delle grandi narrazioni (quella liberale, ma soprattutto quella marxista) che avevano al loro centro l’utopia del lavoro che ne proponeva un significato eccedente;

La burocratizzazione del lavoro dell’insegnante trasformato in “prestatore d’opera”;

La degenerazione della cultura in conoscenza inerte e dell’insegnamento in disciplinarismo.

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Diversamente da quanto sostengono i critici dell’attuale società, che insistono unicamente su flessibilità e incertezza, si coglie oggi una rilevanza del lavoro “significativo”, nel senso inteso da John Dewey nel volume Democrazia ed educazione che indica nella professione la «direzione delle attività della vita in un senso che le renda percepibilmente significative per chi le pratica in virtù delle loro conseguenze, e anche utili ai suoi associati».

Tale definizione pone l‘accento sulla presenza di uno scopo rilevante dal punto di vista del suo valore sociale, sull’identificazione di occupazioni distintive, sull’acquisizione accumulabile tramite l’esperienza.

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Tre sono i profili che segnalano la rilevanza del tema del lavoro in rapporto alla scuola:

1.La destinazione dei percorsi di studi degli studenti (si studia oggi per lavorare domani);

2.La rappresentazione dell’impegno degli studenti nel loro “lavoro scolastico”;

3.La professionalità degli insegnanti in un’epoca di complessità e di personalizzazione del servizio.

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Per la gran parte degli studenti la scelta degli studi viene effettuata tenendo conto del tipo di professione che si intende svolgere nel futuro.

Il giudizio che viene espresso sulla bontà o meno degli studi intrapresi si fonda sul criterio dell’utilità rispetto alla professione futura.

Anche il piacere che si trae da uno specifico tipo di studi evidenzia la propensione della persona verso un ambito d’azione coerente, e ciò motiva l’importanza che ognuno possa perseguire l’eccellenza in tale ambito.

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Il riferimento al “laboratorio” come modalità privilegiata di apprendimento indica una strada per uscire dall’inerzia del disciplinarismo.

Il “lavoro” suggerisce un metodo di studio centrato sul coinvolgimento, sul lavoro cooperativo, sulla ricerca e sulla scoperta, sulla capacità di porsi domande e di tentare risposte, sulla dimostrazione della padronanza tramite la realizzazione di prodotti dotati di valore.

La prospettiva delle competenze, prima ancora di essere un modello istituzionale, rappresenta un passo in avanti verso la personalizzazione delle attività formative.

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L’insegnamento nel contesto dell’approccio per competenze, cessa di essere una “successione di lezioni”, ma procede come “organizzazione e animazione di situazioni di apprendimento”.

Per lavorare in modo consapevole sulle competenze è necessario quindi:

1. ricollegare ciascuna competenza a un insieme delimitato di problemi e di compiti;

2. inventariare le risorse intellettive (saperi, tecniche, saper-fare, attitudini, competenze più specifiche) messe in moto dalla competenza considerata.

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Lo scopo di una scuola delle competenze (ragionevole e appropriata) consiste nel passare da una impostazione centrata sull’insegnamento ad una che persegue l’apprendimento, così che la valutazione non indichi solo ciò che lo studente sa, ma ciò che sa agire e come sa essere, con ciò che sa.

Questo tramite un approccio formativo efficace, in grado di mobilitare tutte le potenzialità del sapere (cognitiva, pratica, emotiva), le energie naturali dello studente, dell’istituzione scolastica e formativa, e tutte le occasioni di apprendimento pertinenti ed accessibili, interne ed esterne, coerenti con il progetto.

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È competente la persona autonoma e responsabile che ha coscienza dei propri talenti e della propria vocazione, possiede un senso positivo dell’esistenza, entra in un rapporto amichevole con la realtà in tutte le sue dimensioni, di cui coglie i principali fattori in gioco, è inserito in forma reciproca nel tessuto della vita sociale in cui agisce sapendo fronteggiare compiti e problemi in modo efficace.

La competenza non è assimilabile né ad un insieme di saperi, e neppure ad un “adattamento” sociale, ma indica una caratteristica di natura etico-morale della persona, una disposizione positiva di fronte al reale.

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L’approccio che si propone è di natura mista: 1. arricchire la didattica per discipline selezionando i

nuclei portanti del sapere (a misura di una scuola “popolare”) rendendo vitale e formativo l’insegnamento;

2. introdurre esperienze di didattica attiva per ricerca e scoperta, aperte al contesto esterno, così che gli studenti siano protagonisti del loro cammino di apprendimento;

3. valorizzare la comunità dei docenti come ambiente di lavoro cooperativo;

4. valutare attraverso evidenze reali e adeguate producendo sia voti sia certificazione delle competenze.

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In definitiva, il metodo proposto punta a restituire centralità al docente, dopo che la sua importante funzione è stata indebolita dall’esterno da una sorta di de-scolasticizzazione strisciante (senza scomodare né Illich né Marcuse) e dall’interno dalla tendenza politico-sindacale a considerare tale figura alla stregua di un impiegato cui affidare compiti di routine.

Lo scopo vero della presente proposta consiste nel rilanciare e rinnovare la figura del docente, fornendogli occasioni in grado di affermare il proprio valore – anche nei confronti di se stesso - nella società attuale basata sulla conoscenza e sul cambiamento continuo.

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1. Rinnovare la didattica ordinaria selezionando i nuclei portanti del sapere, attivando le risorse cognitive, emotive e pratiche del sapere, mobilitando gli studenti ed il contesto.

2. Introdurre alcune esperienze “straordinarie” a carattere attivo e interdisciplinare, miranti a prodotti di valore, in grado di rappresentare un’ “esperienza fondamentale” per gli studenti e gli altri attori.

3. Condividere un progetto con uno stile di lavoro comune, così da suscitare la volontà di formare da parte dei docenti ed in tal modo aumentare la soddisfazione professionale.

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Tale piano richiede: l’aggregazione delle discipline in assi ed aree

con una dimensione unitaria di indirizzo, la definizione di una progressione pluriennale

che preveda il passaggio graduale ad un assetto ordinario per competenze,

un’intesa stabile con i soggetti del contesto socio economico.

Il centro della didattica verte sull’Unità di apprendimento, mentre serve un “linguaggio comune” basato su prove reali ed adeguate come evidenze delle competenze stesse.

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Tale piano richiede: l’aggregazione delle discipline in assi ed aree

con una dimensione unitaria di indirizzo, la definizione di una progressione pluriennale

che preveda il passaggio graduale ad un assetto ordinario per competenze,

un’intesa stabile con i soggetti del contesto socio economico.

Il centro della didattica verte sull’Unità di apprendimento, mentre serve un “linguaggio comune” basato su prove reali ed adeguate come evidenze delle competenze stesse.

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1° anno: inserire 2 UdA interdisciplinari per corso e rinnovare la didattica degli assi culturali ricercando i nuclei portanti del sapere e valorizzando le esperienze sul piano valutativo (anche condotta).

2° anno: elaborare UdA degli assi culturali, con brevi collaborazioni, sui nuclei portanti del sapere, ampliando i voti “di esperienza” e certificare le competenze documentate.

3° anno: impostare il piano formativo di massima per fuochi tematici, definire i contributi degli assi/aree allo sviluppo del cammino formativo degli studenti, strutturare la valutazione e certificazione.

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Le risorse naturali dell’istituzione scolastica si possono sintetizzare nella “volontà di formare” e si specificano in:

Ethos educativo (desiderio che gli altri siano ciò che possono essere, e che questo possa rendere nuova la nostra vita)

Metodo distintivo (perseguimento di un metodo proprio, realizzato tramite intuizione ed applicazione)

Alleanza con il contesto (suscitare la voglia di insegnare – e di apprendere insegnando - che è insita nella realtà sociale)

Dinamica di comunità (la magia dell’essere insieme ad

altri in un’avventura comune).

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La proposta richiede le seguenti condizioni: Presenza di una guida chiara e continuativa

dell’istituto (percorso almeno triennale). Presenza di un gruppo convinto e coeso. Presenza di un coordinamento efficace ed

efficiente. Presenza di un modello di riferimento e di strumenti fondati e pratici, di una formazione accompagnante.

Tali condizioni sono in grado di contrastare l’assenza di volontà di miglioramento, poiché tolgono alibi e consentono di porre esplicitamente sul piano personale la domanda di coinvolgimento.

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Il percorso necessita di una gestione organizzativa puntuale, centrata su:

Comunicazione orizzontale e verticale Coordinamento efficace ed efficiente, sia a livello

di settore-filiera sia di consiglio di classe, curando in particolare la continuità del lavoro in presenza di cambio di docenti

Logistica e supporti di segreteria “Ingegneria” dei progetti (orientamento

alternanza…) così da ricondurli ad un percorso unitario condiviso

Dinamica delle comunità professionali tramite la partecipazione a iniziative di rete.

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Tale alleanza consente una cooperazione educativa che favorisce la crescita di persone autonome e responsabili, radicate nel contesto, aperte al mondo. A tale scopo occorre:

1. condividere le mete educative, culturali e professionali dei percorsi di apprendimento,

2. identificare i vari attori, arricchire le esperienze formative ed apportare le risorse necessarie,

3. creare un linguaggio ed una metodologia di riconoscimento delle competenze,

4. sostenere l’inclusione sociale di tutti5. sostenere l’eccellenza formativa attraverso piani

ed investimenti condivisi.

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«Il fatto che l'uomo sia capace d'azione significa che da lui ci si può attendere l'inatteso, che è in grado di compiere ciò che è infinitamente improbabile. E ciò è possibile solo perché ogni uomo è unico e con la nascita di ciascuno viene al mondo qualcosa di nuovo nella sua unicità».

 (ARENDT H., Vita Activa. La condizione umana, Bompiani, Milano, 1999, p. 129)