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DEDICATO A MIO PADRE, A MIA MADRE E ALLA MIA TERRA

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Pompei è un eclettico, coerente nella ricerca di sfruttare al meglio le proprietà estetiche e le caratteristiche pittoriche dei materiali e nell’abilità di montare e di smontare pezzi diversi, che trova ovunque, con l’idea di lasciare un segno di caos ordinato, e forse di un’armonia cosmica misteriosa. Le sue composizioni polimateriche, a prescindere da ogni regola estrinseca, esistono come oggetto atemporale, evocano forme arcaiche, reperti di chissà quale civiltà, preco-lombiana o della Mesopotamia, che ci invitano alla meditazione silenziosa e sembrano rivelare l’epos di un Atlantide perduta. Le sue sculture lineari, arcaiche, riprendono forme simboliche, prevalgono il triangolo, la sfera, il cubo, trasformati in fossili artificiali di tracce di vita e di elementi vegetali, pietrificati e dissepolti in qualche scavo archeologico da un sognatore sulle tracce di una civiltà mitica. Questi manufatti sono stati creati con materiali organici pulsano di vita, che assemblati in forme euclidee, minimali e primigenie ci invitano al silenzio. Per Pompei, l’importante non è il messaggio immediato, ma il metodo, l’esecuzione dell’opera, il gesto che si fa materia e la contrapposizione di spazi vuoti con i pieni, di tensioni orizzontali e verticali. Del suo operare maieuticamente sui materiali, affascina la tensione formale estetica che si risolve nelle combinazioni mai casuali, seppure basate sul principio del bricolage e sulla volontà di inserire materiali trovati , come reperti del suo vissuto.Pompei viaggia e si confronta con altri artisti, ponendosi sfide sempre nuove per superare i propri limiti compositivi, trasformando “alche micamente” alcune esperienze in forme immanenti , autoreferenziali, contenenti verità di ieri, forse diventate, per noi oggi, men-zogne o illusioni.

di Jacqueline CeresoliStorico e Critico d’Arte

L’arte da forma a un pensiero, l’idea si incarna anche nel gesto e nei materiali, dalle avan-guardie storiche alle installazioni del nuovo millennio. La forma, il manufatto, l’assem-blaggio polimaterico ci pongono domande sul valore del come l’opera è stata fatta. Dai collages di Braque e di Picasso, ai ready-mades di Duchamp, al polimaterismo dei Futuri-sti, allo Spazialismo di Fontana, agli assemblaggi Neo-dada , fino agli epigoni di Burri e di altri artisti, il come è stata realizzata l’opera svela le potenzialità creative dell’artista. Paolo Pompei, scultore marchigiano, autodidatta, solitario, “dipinge” utilizzando i mate-riali come elemento pittorico, è iconoclasta, indefinibile, bulimico del fare artistico, im-pulsivo e razionale nella tensione astratto-geometrica di plasmare forme essenziali, simili a fossili di una civiltà arcaica in combinazioni armoniche, come totem di un eterno presente. Osservate bene le sue opere, vedrete che tendono verso un futuro, ma sentono il peso del passato e trasudano di evocazioni simboliche, ancestrali , che si inscrivono nella notte dei tempi .Il suo “quid” creativo, sta nell’equilibrio delle forme, dovuto alla combinazione di materiali diversi e trattati per ottenere effetti pittorici, nella ricerca di rapporti cromatici, evidenziati da forti accostamenti di materiali bruciati, invecchiati, contrapposti e altro, nella sua capa-cità di trovare soluzioni omogenee, apparentemente informe. La sua materia è vitale, il suo gesto è arte nella razionale giustapposizione dei piani, rive-lando una matura autonomia compositiva nel governare il segno, senza l’ossessione del nuovo, nel consapevole rispetto delle ultime avanguardie del Novecento. I suoi maestri sono Costantin Brancusi, Alberto Burri, Lucio Fontana, e molti altri innovatori del secolo scorso, che ha rotto i ponti con la rappresentazione figurativa-naturalistica della realtà. Dall’Arte Povera ha appreso che sotto ai manufatti artistici c’è sempre qualcosa di magico e di potente, nei materiali c’è un’energia misteriosa: l’essenza della vita. Dal Minimalismo americano ha ereditato il valore oggettuale della forma autoreferenziale che si pone in uno spazio fisico.Lo scultore procede come un artigiano del gesto, in costante ricerca di dare una forma evocativa alle naturali tensioni dello spirito umane verso l’assoluto, assemblando materia-li diversi, come tacce di un vissuto lontano, metalli e altro come generatori di senso, senza definire quale. L’importante è la ricerca non l’obiettivo. Pompei opera con l’obiettivo di modellare, incollare, saldare, tessere, assemblare, bruciare, cucire, progettare forme ben fatte, equilibrate. Queste soluzioni formali esprimono un’identità instabile e in costante evoluzione, è poliedrico, e dall’energia inesauribile. Il suo fare artistico procede parallelamente con la vita, questi sono assemblaggi che sono stati plasmati giorno per giorno, viaggio dopo viaggio, in seguito a molteplici esperienze. Sfogliando il catalogo, scoprirete opere che sembrano “di-segni” nello spazio, date da fram-menti di cose trovate, create sull’arte della contaminazione delle tecniche e dei linguaggi.

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Nel silenzio i grandi tronchi dipinti d’azzurro evocano riti lontani nel tempo insieme a piramidi in metallo spaccate da una fessura centrale, pannelli lignei dalle inquietanti com-bustioni, sculture ed installazioni che agiscono in sintonia con la realtà contemporanea ma aderiscono anche alle oscure pulsioni della storia. Forme nette nello spazio, geome-trie staccate dalla materia grezza, presenze totemiche che evocano antiche civiltà: e poi, inatteso, un soffio di vita primordiale, un respiro nascosto che anima le cose, un riflesso nel metallo, la bruciatura improvvisa nel legno, l’essenza tutta spirituale di una materia resa viva dall’arte. Il percorso di Paolo Pompei è segnato da una graduale scoperta dei meandri celati dall’epitelio sensibile, luoghi ignoti che apparentemente ci sono estranei, ma nascono invece dentro di noi. Il succo della ricerca si ricava dall’esplorazione che l’autore attua nelle pieghe della natura e dell’esistenza, un’entrospezione affascinante per far emergere schegge di verità nascosta. Compare spesso un taglio lacerante sulla pati-na levigata, un innesto violento che separa l’unità compositiva; oppure affiora dal legno un’estesa combustione che scioglie tutto, trapassa la forma , si coagula e si distende come un magma incandescente, pare raggrumarsi ma poi si libera nell’aria, come un respiro sottile. Davanti a noi nel caso o nell’altro un’anima che pulsa, una dimensione aururale che trasfigura sensazioni primarie. Le sculture di Paolo Pompei sono presenze parlanti e possiedono un carattere evocativo anche quando assumono plasticamente un nerbo vita-listico - suggestivi i ferri antropomorfi con scudi , i grandi globi dalle zolle tettoniche, i co-lorati pannelli in raku- nel senso che l’autore ci mette in comunicazione col profondo, con l’ossatura dell’immagine sia essa crepa, scanalatura, accartocciamento, magica fessura. Paolo Pompei si fa interprete di questa duplice lettura interno esterno, passato presente, geometria natura. Tra una dimensione e l’altra il passaggio è affascinante perchè è una scoperta del mondo attraverso la materia: lo scultore ne varca i confini per rivelarne le risonanze ignote.

Alle origini della forma: la scoperta dell’ignoto

di Gabriella NieroCritico d’Arte

Il T.A.M, scuola di eccellenza diretta da Arnaldo Pomodoro e PaoloPompei, cosa hanno in comune, quale legame li accomuna? Per prima cosa il fatto di appartenere entrambi al Montefeltro. Il Montefeltro è da sempre una terra ricca di suggestioni artistiche e culturali; basta ag-girarsi nel suo territorio per scoprire ovunque tracce dell’antico ingegno, borghi , pievi, chiesette e casali in cui è ancora chiaramente percepibile l’armonia delle forme e dei materiali, parti integranti e inscindibili di un paesaggio non molto diverso da quello che ci hanno tramandato i maestri rinascimentali. Non a caso A. Pomodoro con il suo gruppo scultoreo” Pietrarubbia’s Work “ ha sapu-to magistralmente cogliere il fascino contraddittorio dell’antico splendore e dell’odierno impoverimento, creando con questa scultura un legame forte, non effimero con il nostro territorio. E, credo , lo stesso profondo legame con questa terra, si può cogliere nelle ope-re di Paolo Pompei, nella scelta dei materiali, nella loro lavorazione scabra, nei colori che rimandano alla natura, alle terre, agli elementi primordiali.Quando, insieme con lo scultore Pomodoro, decidemmo di dar vita a questo Centro per il Trattamento Artistico dei Metalli, nel lontano 1990/91, l’intenzione era quella di svilup-pare le potenzialità dei giovani partecipanti. In particolare si voleva favorire lo sviluppo della professionalità nelle sue esplicazioni critico- conoscitive quali le abilità manuali , le conoscenze tecniche, attraverso un modo del conoscere insieme sensibile e intellettuale , capace di evidenziare le qualità creative ed artistiche , finalizzate ad una capacità di analisi critica e conoscitiva della realtà circostante.E proprio nella prima selezione si presentò Paolo Pompei, in competizione con tanti altri giovani che venivano dalle Accademie e dagli Istituti d’Arte .Una concorrenza temibile per un giovane che aveva certamente un grande interesse per tutto ciò che riguardava l’arte, ma con una formazione scolastica che non l’aveva aiutato ad approfondire e definire questa sua passione.Nel progetto che allora lui realizzò, aldilà della tecnica un po’ naive, si intuiva un bisogno profondo, un desiderio di capire e capirsi che fu determinante per farlo entrare nella rosa dei prescelti.Ebbene, Paolo, il cui punto di partenza artistico è stato proprio la frequenza a questo cor-so e il contatto con il suo straordinario staff di docenti, ha mostrato, con il suo percorso successivo, con la sua storia di artista, con i risultati che oggi possiamo ammirare, che l’intuizione che allora avemmo era giusta e che gli obbiettivi ambiziosi che il TAM si era prefisso, almeno per quanto lo riguardava, erano stati raggiunti. E di questo, noi tutti che abbiamo partecipato alla grande avventura del TAM, non possiamo che essergliene grati.

Il T.A.M. e Paolo Pompei

di Maria Assunta PaciGià ex Sindaco di Pietrarubbia

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Paolo PompeiL’opera di Paolo Pompei mi sembra una sorta di vasta traversata dei territori dell’arte, per la capacità che egli ha di contrassegnare col suo stile superfici piane, sculture e oggetti piccoli e grandi.Tutto, sotto le sue mani, diventa oggetto d’arte ed è notevole la quantità di opere che è in grado di produrre. In ogni sua opera Paolo depone un segno, un simbolo, una traccia del suo linguaggio che solo all’apparenza è semplice.Nel suo studio, in un bellissimo mulino, ho visto ammassate alla rinfusa clessidre, sfere, cubi e altri misteriosi oggetti che egli va modellando con grande cura e che poi espone sia nel nostro Montefeltro che lontano da qui.Mi piacciono le opere che recano nella forma la traccia di una sapienza artigianale e le tecniche che sanno di magico, di fronte a un’arte come quella attuale che mi appare o troppo concettuale, e quindi gratuitamente complicata o manierista, e quindi noiosa.Le opere di Paolo mi colpiscono perchè avverto in esse il senso del suo lavoro, di un pen-siero creativo che non si ferma mai e che rimane infuso nei metalli che usa, che transita attraverso le sue mani e poi si coglie, se s’osserva attentamente, come un alone che li attornia.L’arte che mi appassiona, e che ritengo necessaria in quest’epoca, è quella che s’interroga sul senso delle nostre radici; e che lo fa in aperto contrasto con un desiderio di attualità che, ho notato, non porta a niente. Se il prodotto della filosofia della modernità è il mondo che ci troviamo attorno, allora in quella filosofia dev’esservi qualche errore. Le nostre città semi-invivibili, la mancanza di un futuro accettabile, le crisi ormai costanti della macroeconomia, ci spingono a pensare che il concetto di progresso va rivisto fin nei suoi fondamenti.Per questo mi convince un’opera come quella di Pompei, perchè nasce in periferia, nasce in un territorio appartato e silenzioso come il Montefeltro, e qui trova il tempo necessario e il necessario silenzio per interrogarsi sul fondamentale bisogno di immergerci nella natura al fine di capire chi siamo e cosa ci serve davvero.Nelle sculture di questo autore a me pare di trovare segni e stilemi che si possono acco-stare a quelli dell’arte primitiva, quella dei popoli senza scrittura, che è, essenzialmente, un dialogo col sacro e coi misteri della storia e della natura: l’unico dialogo che può permet-terci di non finire schiacciati dalla banalità del pensiero contemporaneo che vive succube dell’economia e delle sue leggi miopi, disumane. Leggi che non sannno contemplare il concetto di anima del mondo.

di Enzo FabrucciPittore, Scrittore

e fondatore di Accademia Tages,un gruppo di studio che raccoglie artisti e pensatori e lavora attorno al tema dei miti dell’Appennino e alle

leggende dell’Italia antica.

La luce delle originiLa scultura di Paolo Pompei dimostra di essere il risultato di un accurato lavoro di ricerca e di sintesi delle conoscenze nel campo della materia innanzitutto.La scelta della terracotta, associata a nuove sperimentazioni sui metalli, non lo volge verso tecniche già “collaudate”, appartenenti al bagaglio, enorme, della cultura artistica tradizionale, in particolar modo a quella della maiolica istoriata, già indagata nelle prime prove scultoree dell’artista.Pompei preferisce esperire personalmente nuovi approcci alla materia che predilige, rive-lando la necessità di voler creare, inevitabilmente per ogni artista, una propria espressività. Da questo intento non poteva che risultare una scultura nuova che attrae, inizialmente, proprio per la straordinaria resa delle sue superfici, animata, oltre che dalle modulazioni cromatiche degli smalti decorativi, da un nuovo modo di essere della stessa ceramica, scura ma brillante grazie agli effetti luministici del bronzo e dei metalli fusi o accostati ad essa. Il riappropriarsi delle tecniche etrusche e cinesi antiche, ancora solo parzialmente conosciute e continuamente sperimentate in maniera ed esiti diversi, ha un parallelo nella ripresa delle forme archetipiche del neolitico. I grandi contenitori proposti dall’artista in molte versioni e le sculture dal significato oscuro e inquietante, quasi un eco lontana ed esoterica, sono anch’essi i prodotti di un continuum sperimentazione e riproposizione di modelli primordiali dell’arte, alla luce di un personale sentimento, certamente toccato dall’incapacità di poter penetrare nelle loro remote origini, ma certamente spinto a trovare le loro “verità”. L’aspetto formale riflette questo atteggiamento di perenne disponibilità alla conoscenza nella struttura aperta delle linee che l’attraversano: sia nell’aprirsi e nel dila-tarsi dei vasi e delle grandi forme concave e convesse, sia nelle punte acuminate di certi volumi, e soprattutto nelle linee spiroidali che, a volte grazie al metallo e alla sua proprietà di far vivere la luce, manifestano con forza una spinta verso l’alto. Proprio questo movi-mento di ascesa, nella apparentemente contraddittoria staticità delle figure, che definisce nelle opere di Pompei una componente mistico-sacrale aiutata spesso dai primitivi deco-rativismi geometrici. Dunque, materia-colore-forma, tre processi complessi e fondamentali dell’arte che l’autore riscopre in una precisa e nuova ipotesi di sviluppo.

di Lara CicettiCritico d’Arte

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Nell’estrema solitudine di un deserto lontano, metafora dell’anima inaridita perché lonta-na da Dio, una presenza. Un segno portato dal caso, o forse no. Un brandello di lamiera consunta e vissuta, quasi fosse il corpo di un uomo sfinito, giunto ormai alla fine dei suoi giorni. Questa ‘carne’ martoriata, sulla via del tramonto, reca evidente la cicatrice di una croce.Un segno antico, pur tracciato dal caso. Una croce non voluta come tale, tuttavia ‘acca-duta’, inferta sul metallo da una forza sconosciuta. O semplicemente il banale incrocio di due pieghe arrugginite, che emergono dalla superficie verniciata di giallo, tutta graffiata e macchiata di ruggine. Materia sopravissuta, muta testimonianza di un’esistenza che più non era, più non servi-va... eppure non ancora finita, presente qui, ora, davanti a noi.Come quel volto che ormai ‘non ha alcuna parvenza di bellezza’, volto di servo sofferente, vera effigie del Messia secondo gli antichi profeti d’Israele.Nel giorno di Pasqua un grande aquilone giallo si libra in volo sopra una terra sconosciuta e disabitata, ma tre robusti ‘bulloni’ ancora lo trattengono sospeso tra cielo e terra...Soltanto tre giorni il corpo di Gesù sarà trattenuto nel sepolcro, ma poi la presa della morte più nulla potrà su di Lui.Nel giorno di Pasqua il Crocifisso Risorto, come un aquilone giallo, si innalzerà verso il cielo azzurro per ritornare dal Padre che lo attende.

Andrea Enzo – www.marcianum.it

I. N. R. I , 2010 ferro su affresco, cm. 43 x 39

L’aquilone di Pasqua

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Il pensiero corre la dove

l’immaginazione si fa strada,

così come la vita rincorre quel

destino sconosciuto ed

inevitabile.

14 15SEGNI IMPROvvISI, 2008

gesso su tavola, cm. 110 x 110

16 17REMEMBER PRAGA, 2008

carta e acrilico, cm. 100 x 86

19SEDIMENTAzIONI, 2009

ferro ossidi su carta, cm. 61 x 46PAESAGGIO INTERIORE, 2010

ossidi su carta, cm. 71 x 4918

20 21PIETRA CAvOLA, 2004

legno bruciato e gesso, cm. 43 x 38

22 23OLTRE IL ROSSO, 2008

ferro e legno bruciato, cm. 130 x 57

24 25FERRO DENTRO, 2001

ferro e medium density, cm. 120 x 80

26 27KENDLyMAjOR, 2009

legno alluminio e poliuretano espanso, cm. 88 x 55

28 29SUBLIMAzIONE, 2009

legno bruciato e ferro, cm. 40 x 40

30 31BRUCIATURA, 2001

truciolato bruciato e acrilico, cm. 110 x 51

32 33TRE PER TRE, 2000

truciolato bruciato e rame patinato, cm. 61 x 61

34 35PENETRAzIONE, 1999

lamiera arrugginita trattata, cm. 59 x 79

36 37PRELUDIO ALLA vITA, 2007

ferro e acciaio inox, cm. 46 x 30

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40 41SEME, 2009

terra cotta, cm. 60 x diametro 18

42 43LUCE DENTRO, 2008

terra cotta, cm. 82 x 42 x 15

44 45CATTEDRALE, 2006

cemento, cm. 70 x 50 x 50

46 47zIGGURAT, 2010

terra cotta, cm. 45 x 45 x 48

48 49CAMBIO DI STATO, 2009 terra cotta e ferro, cm. 35 x 35 x35

PUNTI DI vISTA, 2009 terra cotta, cm. 35 x 27 x 7

50 51CONICO, 1998

terra cotta, cm. 60 x 45 x 15

52 53SFERA, 2000alluminio, diametro cm. 130

54 55vERSO IL BLU, 2008

legno bruciato e vetro, cm. 270 x 60 x 20

56 57ELEvAzIONE, 2000 ferro, cm. 300 x 200 x 60

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2008 “ventisei artisti al castello,” Frontone, (PU). “ keramos”, la ceramica delle associazioni, Palazzo Gradari, (Pesaro). “ 2° Espressioni d’arte.. al castello”, arte contemporanea, Castello Dei Da Peraga, vigonza, Padova. “Luàdama festival”, rassegna d’arte visiva, Sant’ Angelo in vado, (PU). “Nella terra dei della rovere”, collettiva scultura, Albisola marina – Urbania, “10° artisti della Carpegna”, Cantiamo un canto nuovo, Palazzo del Principe di Carpegna, (PU). (Partecipe dal 2000 al 2008). “Gli artisti leggono la scienza”, percorso d’arte sul patrimonio strumentale urbinate Collegio Raffaello, Piazza della Repubblica, Urbino.

2009 “Italian artist and theyr friend”, Gallery Time, vienna. “Gli artisti leggono la scienza”, percorso d’arte sul patrimonio strumentale urbinate Museo del Bali, Saltara, Pesaro. “kèramos”, 3° biennale di ceramica, Palazzo Ducale Urbino. “Gli artisti leggono la scienza”, Mola Casanova Umbertide Contemporanea palazzo del governatore Urbania (PU)

2010 “Tracce d’Arte” Palazzo Mercuri S.Angelo in vado, (PU). Inquadrati famo Umbertide (PG) “Bonae Artes” chiostro del convento di San Francesco Gubbio (PG) Lituania, “vilnius”, Dailininku Sajungos Galerija, Lituania Fano Galleria Santa Teresa Indian International Contemporary Art 2010 Hamedabad, Gujarat, India

Mostre collettive1991 Mostra collettiva, Pietrarubbia (PU) - Corso T.A.M. Mostra Collettiva, Marche Producono, Pesaro (PU).

1992 Mostra Collettiva, Marche Producono, Pesaro (PU).

1993 “XLIII Rassegna d’arte G. B. Salvi e Piccola Europa” Sassoferrato (AN). “Mostra Arredo Casa” Civitanova (MC). “48° Concorso Internazionale Ceramica d’Arte” Faenza.

1994 “Arte d’oggi nelle Marche dal Piceno al Montefeltro” Ripe S. Ginesio Cavoleto.

1996 “The 3RD International Biennale for Ceramic”, Cairo, Egitto. “ Materia Plasmata”, Fortezza d’Abbasso, Firenze. “Etruriarte” venturina (LI.) “Itinerante nelle Marche” Ripes, S. Ginesio, Cavoleto, Treia. “L’Arte e il Mare”, Palazzo Bottini dell’Olio (LI.)

1997 ” Romaartexpo ‘97”, I° Premio sezione scultura, Roma. “japan Tour ‘97”, Tokyo, Osaka. “Fletcher Challange ceramics award”, New zeland. “Simbologie Mediterranee” itinerante, Firenze – Gerusalemme. Mostra dell’Artigianato, Pinerolo, Torino. “Spaziolibertà”, Ivrea Scultura, Torino

“Xv PREMIO FIRENzE”ex convento del carmine FI

1998 “Ex Chiesa della Maddalena”, Collettiva, Bergamo. “Arte e Natura” villa Erba, Cernobbio. “Andi Postra”, Chiostro di S. Croce, Firenze. “ II° Romaartexpo” Palazzo della Civiltà del Lavoro Eur, Roma. Spaziolibertà, scultura contemporanea “Ovada scultura” Alessandria “Gioia arte” esposizione di scultura, Gioia Tauro, Reggio Calabria. “zaragoza escultura”, spaziolibertà, Spain.

2000 “L’altrove perduto”, La foresta come intreccio dei segni,Bellinzago, Novara. “La giovane scultura”, collettiva, Montefiore, Rimini.

2001 “Sculture a Romentino”, collettiva, Novara. “Mac21” Feria Internacional de Arte Contemporaneo, Marbella, (Spain). “Spaziolibertà 5° rassegna itinerante Sestriere scultura”, Sestriere.

2003 “La gabbia della fantasia”, esposizione di pittura e scultura, Pennabilli, (PU).

2007 “2° keramos”, La ceramica oggi nella provincia di Pesaro Urbino, Palazzo ducale, Urbino. “Espressioni d’arte.. al castello”, arte contemporanea, Castello Dei Da Peraga, vigonza, Padova.

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Mostre personali1993 Sala Montefeltro, Urbania (PU). “Congresso Umanistico”, Palazzo Oliva, Sassoferrato (AN) Loggia dei Mercanti, Cagli (PU)

1996 Castello di Pietrarubbia (PU).

1997 Atelier Arteficio, Torino

2002 “Isola d’erba”, Urbino.

2010 “Forma e Spiritualità” Sala Espositiva Corte S. Rocco, Cantù, Como.

Simposi2005 Workshop sulla terra cotta primitiva Stellabosh, Sud Africa

2006 International Simposium ”Art Festival Besanova”, thermal park” Slovacchia. International Simposium “Ambient Exterior Bratislava” Incheba expo Slovacchia. Iv edizione simposio di scultura, Calcinaia, Pisa.

2007 13° “International Symposium” kendlimajor, Hungary. International Simposium “Hudek Art”, Marija Bistrica, Gusakovec, Croazia Simposio scultura “1° Atelier Internazionale Canale dell’Arte. Cerva di rossa, vercelli.

2008 Interntional art camp “Prison art” penitenziario di massima sicurezza, Aiud, Romania. International Simposium “Ambient exterior” Praga, Chec Republic. International Simposium “Ambient exterior”, Bratislava, Incheba expo, Bratislava, Slovacchia. “10° simposio internazionale di arte contemporanea”, Ochieppo, Biella. Simposio Internazionale “ Sasaran Workshop” Malaysia.

2009 Simposio Internazionale “Howinkartano” Finlandia. 15° ”international symposium “kendlimajor” Hungary. workshop sulla ceramica “Cellio” vercelli. 1° simposio internazionale ”villa Gaia” Seggiano, Grosseto.

2010 “Sojka Simposium”, Liptosky Mikulash, Slovacchia. “Iv Simposio Internazionale Alanica”, Ussezia del Nord, Russia.

Paolo Pompei, nato il 05 novembre 1959 a Pietrarubbia (PU).Autodidatta, nel 1988 partecipa al corso di ceramica istoriata ad Urbania (PU), tenuto dal ceramista Orazio Bindelli, proseguendo con una ricerca personale sulle tecniche primordiali della terra cotta e del metallo. Nel 1991 e 1992 partecipa al corso T. A. M (trattamento artistico dei metalli) a Pietrarubbia (PU), diretto dall’artista Arnaldo Pomodoro.Nel 1993 viene premiato alla XLIII Rassegna di Pittura Scultura e Grafica, Libro d’Artista, “G. B. SALvI” e “PICCOLA EUROPA” Sassoferrato, Ancona.Nel 1996 è socio fondatore del gruppo “SPAzIOLIBERTA’” , liberi artisti scultori Europei.Nel 1997 vince il 1° PREMIO SCULTURA, “Premio Romartexpo 97”, 1° Concorso nazionale di Pittura, Scultura e Grafica.Dal 1997 al 1999 insegna tecniche di fusione del metallo presso atelier “Artificio” a Torino.Nel 2005 è stato invitato ed ha tenuto un workshop sulla terra cotta primitiva a Stellabosh, Sud Africa.Dal 2006 ad oggi, partecipa a numerosi simposi di scultura Internazionali.Attualmente continua la sua ricerca personale.

Biografia

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