delle forze armate, destinataoperazione strade sicure all’expo 2015 e nelle città, le forze...
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L’operazione Strade Sicure ha compiuto sette anni, un arco di tempo in
cui l’immagine dei militari di tutte le Forze Armate inseriti nei dispositivi di
sicurezza delle Forze dell’ordine in numerose città italiane è diventata sempre
più consueta. Un reportage fotografico realizzato dalla Redazione all’EXPO di
Milano – dove l’Esercito è sceso in campo con un ingente numero di militari e
mezzi per contribuire alla sicurezza dell’evento - accompagna un bilancio della
più longeva operazione sul territorio nazionale delle Forze Armate, destinata
ad avere una importanza crescente per la sicurezza del Paese, alla luce dei rischi
emergenti dalle crisi internazionali.
Nell’ambito dell’impegno internazionale sotto l’egida di ONU, NATO e
Unione Europea, la Difesa continua a svolgere un ruolo di primo piano, con la
conferma di Generali e Ammiragli italiani al comando delle missioni UNIFIL in
Libano, KFOR in Kosovo, EUNAVFOR MED nel Mediterraneo Centrale, EUTM
ed EUNAVFOR in Somalia, a riprova della qualità della leadership e dell’azione
sul campo espressa con continuità dalle nostre Forze Armate.
Al più recente mandato alla guida di KFOR - che per la terza volta
consecutiva sarà comandata dalla nostra Nazione - è dedicato un resoconto che
illustra come l’approccio multidimensionale della NATO sia stato declinato dal
Comandante uscente.
Per trattare un argomento di grande attualità, ospitiamo poi un’intervista
a chi è in prima linea contro il finanziamento ai gruppi terroristici che operano
trasversalmente in vaste zone del globo.
Infine, nel solco della commemorazione del centenario della Grande
Guerra, in questo numero verrà ricordato quello che può essere considerato
il primo successo italiano, oltre che un’impresa militare di tutto rispetto: la
conquista del Monte Nero, avvenuta il 16 giugno del 1915.
Buona lettura,
Tenente Colonnello Mario RENNA
Operazione Strade SicureAll’Expo 2015 e nelle città, le Forze Armate per la sicurezza del Paese
Giuseppe TARANTINO pag. 08
Francesco FIGLIUOLOFederico COLLINA pag. 32
pag. 54
Portfolio pag. 20
a cura di Costantino MORETTI
FOCUS DIFESA
Kosovo e sicurezzaL’approccio globale della missione NATO a guida italiana KFOR XIX
IDEE ED ESPERIENZE
Contrastare il finanziamento del terrorismoIntervista con il Capo della Direzione V del MEF - Prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario per fini illegali
PORTFOLIO IMMAGINI
TECNICA,PROFESSIONEE SOCIETÀ
16 Giugno 1915La conquista del Monte Nero Pierluigi SCOLÈ pag. 84
RETROSPETTIVE
DIFESA NEWS
Periodico dello:Stato Maggiore della Difesa
Editore:Ministero della Difesa
Direttore responsabile:Ten.Col. Mario RENNA
Redazione:Magg. Giuseppe TARANTINO1° M.llo Cosimo PACIULO
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© Tutti i diritti riservatiReg. Trib. Civile di Roman. 105/982 del 19 marzo 1982
pag. 72
Colonie mediterranee Francesco LOMBARDI
OSSERVATORIO STRATEGICO
pag. 58
UcrainaUn anno dopo la crisi Rodolfo BASTIANELLI
pag. 67
Uomini contro naviGli assaltatori della X flottiglia MAS
Francesco Brach PapaPioniere e mecenate dell’aviazione missionaria italiana
LIBRI ED EVENTI
pag. 90
pag. 94
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Operazione Strade SicureAll’Expo 2015 e nelle città, le Forze Armateper la sicurezza del Paese
Giuseppe TARANTINO
FOCUS DIFESA
L’operazione Strade Si-cure è la più capillare e
longeva operazione delle Forze Armate sul terri-
torio nazionale, al fianco delle Forze dell’ordine in funzione anti criminalità
e terrorismo in numerose città italiane.
Potrebbe sembrare uno slogan
pubblicitario ma è molto di più.
Strade Sicure è una realtà con-
creta che da ormai sette anni è parte
dell’esperienza quotidiana degli Italiani
che abitano i principali centri urbani del
nostro Paese. L’immagine dei militari al
fianco delle forze dell’ordine per la sicu-
rezza interna è per molti versi rassicu-
rante e non rispecchia un’invasione di
campo bensì un trend non nuovo nell’im-
piego delle Forze Armate: il cosiddetto
dual use, ovvero il duplice uso dei militari,
a difesa della Nazione da minacce ester-
ne ma in campo anche sul territorio na-
zionale, specie in chiave di prevenzione
e di contrasto alla minaccia terroristica.
Avviata il 4 agosto 2008 sotto il coordina-
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mento dell’Autorità di Pubblica Sicurezza,
Strade Sicure compie sette anni di attività
che hanno visto migliaia di militari di tutte
le Forze Armate impegnati nel pattuglia-
mento di aree metropolitane, nel control-
lo dei centri per immigrati e nella sorve-
glianza di siti sensibili su tutto il territorio
nazionale. Il contingente attualmente in
campo è forte di oltre 5400 militari che
operano in 43 province. L’operazione è
svolta in massima parte dall’Esercito, con
contributi da parte di Marina, Aeronautica
e Carabinieri, questi ultimi soprattutto in
funzione di comando e controllo nelle sale
operative provinciali.
Strade Sicure è una componente impor-
tante del paradigma dual use delle Forze
Armate, sancito di recente anche dal Libro
Bianco della Difesa: in primis come stru-
mento di difesa da minacce esterne ma an-
che in concorso alle altre istituzioni dello
Stato in caso di calamità naturali, per esi-
genze di ordine pubblico o di pubblica uti-
lità (ad esempio le campagne anti incendi
boschivi e le bonifiche di ordigni inesplosi,
generalmente risalenti all’ultimo conflitto
mondiale e che ancora oggi numerosi ven-
gono alla luce).
La capacità duale degli assetti militari ri-
sponde alla precisa esigenza di poter ri-
correre ad uno strumento altamente
specializzato in grado di intervenire con
prontezza e flessibilità non solo per fina-
lità strettamente militari ma anche per
scopi correlati alla protezione civile e alla
sicurezza interna.
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Prima di Strade Sicure
La massima operazione italiana dual use
ha il suo fondamento normativo nella
legge n. 125 del 24 luglio 20081, mentre
dal punto di vista operativo poggia sull’e-
sperienza degli anni ’90 e 2000. Nel 1992
viene infatti lanciata l’esercitazione Forza
Paris in Sardegna: un’importante attività
addestrativa finalizzata al controllo delle
zone più impervie dell’entroterra sardo
con lo scopo, in coordinamento con le For-
ze di Polizia, di limitare lo spazio di ma-
novra della criminalità organizzata locale
attiva nei sequestri di persona a scopo di
estorsione.
Sempre nello stesso anno viene condotta
l’Operazione Vespri Siciliani, nel quadro
1 ‘Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica’ che autorizza l’impiego di personale militare “per specifiche ed eccezionali esigenze di prevenzione della criminalità, ove risulti opportuno un accresciuto controllo del territorio”, prevedendo peraltro la qualifica di agente di pubblica sicurezza per i militari stessi non appartenenti alle Forze di Polizia allo scopo di garantire una maggiore incisività nell’azione di prevenzione.
della risposta dello Stato alle stragi di Ca-
paci e di via d’Amelio, dove persero la vita
i giudici Falcone e Borsellino insieme alle
loro scorte.
Altre operazioni di controllo del territorio e
concorso alle Forze di Polizia si susseguono
nel corso degli anni ’90.
Tra queste, la ‘Riace’ in Calabria, Parteno-
pe 1 e 2 in Campania, Salento in Puglia.
Caratteristiche comuni di queste opera-
zioni sono state la dipendenza dei con-
tingenti militari dall’autorità prefettizia
attraverso apposite sale operative e l’at-
tribuzione della qualifica di agenti di pub-
blica sicurezza ai militari impiegati quale
strumento giuridico per effettuare sul po-
sto identificazioni, fermi e perquisizioni
di individui sospetti nonché procedere a
sequestri di materiali e mezzi.
Negli anni 2000 al fine di prevenire at-
tentati terroristici conseguenti all’attacco
dell’11 settembre, il Consiglio dei Ministri
dispone, a partire dal novembre 2001,
l’impiego di reparti militari in concorso
alle Forze di Polizia per la vigilanza di
punti sensibili su tutto il territorio nazio-
Esercitazione Forza Paris - 1992 Operazione Vespri Siciliani - 1992
Operazione ‘Strade Sicure’
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nale. Vengono pertanto poste sotto sorve-
glianza tutte le strutture strategiche che
costituiscono potenziali obiettivi di atten-
tati o sabotaggi: porti, aeroporti, stazioni
ferroviarie, centrali energetiche, etc. L’O-
perazione Domino, così viene denomina-
ta, si conclude nel 2006 confermando la
valenza dello strumento militare per que-
sto genere di attività.
Gli sviluppi
Al suo avvio, nel 2008, l’operazione pre-
vedeva un contingente massimo di 3500
unità (il 90% del quale costituito da perso-
nale dell’Esercito) con le seguenti tipolo-
gie di impiego:
• vigilanza esterna nei centri di acco-
glienza per immigrati in 16 province;
• vigilanza statica a obiettivi sensibili nel-
le città di Roma, Milano e Napoli;
• servizio di pattugliamento congiunto
con le Forze di Polizia in 9 città (Bari,
Catania, Milano, Napoli, Padova, Paler-
mo, Roma, Torino e Verona).
Già dopo un anno di impiego i risulta-
ti erano soddisfacenti con oltre 150.000
persone e 65.000 veicoli controllati, 1000
denunce e 500 arresti. Ma il risultato for-
se più importante era stato quello di ac-
crescere anche la percezione di sicurezza
da parte della popolazione attraverso la
presenza tangibile dei militari, perlopiù
giovani ma non privi di esperienza ope-
rativa.
Per inciso, nello stesso anno veniva atti-
vata anche l’Operazione Strade Pulite, per
contribuire al superamento dell’emergen-
za nel settore dello smaltimento dei rifiuti
in Campania. A disposizione del Commis-
sario Straordinario nominato dal Gover-
no, le Forze Armate venivano impiegate
per la raccolta e il trasporto dei rifiuti
nonché per la protezione dei cantieri e dei
siti di smaltimento, contribuendo ancora
una volta al ripristino delle condizioni di
normalità per un consesso civile.
Nel 2009 Strade Sicure ha visto aumen-
tare il numero dei Comandi di Piazza sa-
liti a 24 e contestualmente il numero dei
militari impiegati (+ 500 per un totale di
4000). A questi vanno aggiunti ulteriori
700 militari a disposizione del Prefetto
dell’Aquila a seguito del tragico terremoto
Operazione Strade Sicure - 2010 Operazione Strade Sicure - 2015
Strade Sicure valore aggiunto per la sicurezza
L’impiego dual use delle Forze Armate costituisce parte della risposta al deficit di sicurezza
percepito soprattutto nei centri urbani ed evidenziato tra l’altro da una ricerca condotta per
conto della regione Lazio dall’Università La Sapienza di Roma nel 2009, nello stesso periodo
in cui prendeva il via Strade Sicure.
Intervistando nei cinque capoluoghi regionali un campione di oltre 2000 cittadini e un certo
numero di testimoni privilegiati, emergeva una percezione di pericolo rivolta alla microcri-
minalità e ai fenomeni a essa connessi: borseggi, scippi, aggressioni, spaccio di sostanze
stupefacenti, furti negli appartamenti, etc.
Al tempo stesso la ricerca rilevava che oltre il 50% degli intervistati attribuiva a una presenza
maggiore delle forze dell’ordine una sicurezza più diffusa, indicando in un incremento della
presenza nelle strade e nei luoghi pubblici la misura di prevenzione e deterrenza più efficace
da adottare, per un controllo del territorio più incisivo. Una percentuale anche maggiore del
campione si mostrava orientata favorevolmente a un impiego di forze di polizia e militari.
Un’altra ricerca, condotta dal medesimo gruppo di studio ma concentrata sull’analisi di un
Municipio romano confermava sostanzialmente le stesse indicazioni.
L’impiego dei militari al fianco delle forze di polizia in Strade Sicure – da inserire in un conte-
sto ampio di politiche sociali e di sicurezza che prevedano interventi su occupazione, riqua-
lificazione urbana, immigrazione clandestina, etc. – può rappresentare un valore aggiunto
per la sicurezza sia in termini di quantità che di qualità, poiché in grado di liberare risorse di
Polizia e Carabinieri, destinabili a compiti più specifici di investigazione.
Valore aggiunto che finisce potenzialmente per riflettersi anche sul consenso per le Forze
Armate, che nel 27° rapporto Italia 2015 dell’EURISPES risulta ampio e in crescita.
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che colpì il capoluogo abruzzese. Sebbe-
ne inizialmente non inquadrati in Strade
Sicure - bensì nell’operazione Gran Sasso
poi riconfigurata nel 2010 come operazio-
ne Aquila – i militari svolgevano compiti
analoghi. Nel 2010 il dispositivo è stato
ulteriormente potenziato coprendo 33
province e prevedendo impieghi mirati
nella provincia di Reggio Calabria, a se-
guito delle minacce della criminalità alle
autorità locali. Il 2011 ha visto le Forze
Armate operare in 35 province: di parti-
colare rilievo sono stati gli interventi a
supporto dell’azione delle Forze di Polizia
in Val di Susa per la vigilanza ai cantieri
della TAV (Treno Alta Velocità) al nord e
quelli per fronteggiare l’emergenza uma-
nitaria dovuta al consistente afflusso di
migranti sul territorio nazionale a sud.
Qui i militari sono stati impiegati sia con
funzioni di vigilanza (ai Centri di Identi-
ficazione ed Espulsione di Lampedusa e
Mineo nonché alle aree di stoccaggio dei
relitti e delle imbarcazioni utilizzate dai
migranti) sia per pattugliare il territorio
circostante. Inoltre unità del Genio, in
stretta collaborazione con le Autorità lo-
cali, hanno provveduto a ripristinare le
aree dell’isola di Lampedusa compromes-
se da un punto di vista igienico-sanitario
a causa del sovraffollamento. Nel 2012 il
dispositivo è stato riarticolato per ciò che
riguarda la catena di comando e control-
lo, rimanendo tuttavia sostanzialmente
invariato rispetto all’anno precedente
quanto a consistenza numerica e tipologia
di impiego. Dal 2013 il controllo operati-
vo dell’operazione è stato affidato al Capo
di Stato Maggiore dell’Esercito, mentre
nel 2014 è cominciata l’azione - tutt’ora
in corso - in Campania nella cosiddetta
Terra dei fuochi, per la prevenzione e la
repressione dei reati ambientali (100 mili-
tari, raddoppiati quest’anno, impiegati nel
contrasto di discariche illegali e roghi di
rifiuti).
Con l’Expo 2015 Strade Sicure raggiunge
un picco numerico, con l’aggiunta di 2500
unità. Il dispositivo, la cui gestione diretta
è assegnata al Comando Forze di Difesa
Interregionale Nord di Padova e al 2° Co-
mando Forze di Difesa di San Giorgio a
Cremano, conta complessivamente su ol-
tre 6500 militari dislocati in 45 province
Operazione Strade Sicure - Aeronautica Militare Operazione Strade Sicure - Marina Militare
Operazione ‘Strade Sicure’
14
14.635 arresti
9.973 denunce
7.794 fermi
2.103.347 persone controllate
1.095.139 mezzi controllati
12.456 mezzi sequestrati
661 armi sequestrate
Oltre 2 tonnellatedi stupefacenti sequestrati.
Dati: Stato Maggiore Esercito Periodo di riferimento 2008-2015
su tutto il territorio nazionale, a disposi-
zione dei Prefetti che impiegano i militari
in servizi di vigilanza a siti e obiettivi sen-
sibili e in pattugliamenti congiunti con le
forze dell’ordine in aree metropolitane o
densamente popolate.
Un bilancio dopo sette anni
Le statistiche dell’operazione restituisco-
no un quadro senz’altro positivo. Al com-
pimento del settimo anno di operazione,
il Sottosegretario Gioacchino Alfano ha
dichiarato che “i numeri sugli arresti, de-
nunce, fermi, persone e mezzi controllati,
armi e stupefacenti sequestrati parlano da
soli e dimostrano che l’operazione ha as-
sunto, nel tempo, un valore aggiunto per
la sicurezza sul territorio”.
Oltre all’effetto dissuasivo nei confronti
di atti criminali, il valore aggiunto dell’o-
perazione consiste anche nell’aver “libe-
rato” maggiori risorse per l’attività inve-
stigativa e di polizia giudiziaria da parte
delle forze dell’ordine, aumentando al
tempo stesso la percezione positiva da
parte dei cittadini per ciò che riguarda la
sicurezza.
Se questi risultati sono da ascrivere a
quella che i sociologi definiscono la fun-
zione manifesta di un’azione sociale, non
si può trascurare anche la funzione laten-
te dell’operazione, ovvero quella di espli-
care ulteriormente le capacità dei militari
impiegati, già sviluppate in fase di adde-
stramento e testate nelle missioni inter-
nazionali.
Operazione ‘Strade Sicure’
15
Siamo dove èimportante essere
SPAZIOOttimizziamo le soluzioni per le telecomunicazioni, per l’osservazione della terra, la navigazione e la ricerca
AEROSPAZIORendiamo i viaggi aerei più sicuri, più comodi e più piacevoli
DIFESAMiglioriamo il processo decisionale per arrivare alla superiorità operativa
SICUREZZAProteggiamo i cittadini, le infrastrutture dati e quelle sensibili
TRASPORTO TERRESTRERendiamo le reti più rapide ed effi cienti
Milioni di decisioni critiche si prendono ogni giorno per proteggere le persone, le infrastrutture e le nazioni. Thales è al centro di questo. Le nostre tecnologie
intelligenti e integrate forniscono soluzioni end-to-end, consentendo risposte più effi caci, a livello locale e globale. Ovunque, insieme ai nostri clienti, facciamo la differenza.
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Roma: una giornata tipo di Strade Sicure
L’operazione Strade Sicure vede impiegata su Roma una quota importante dei militari
che quotidianamente vigilano le nostre città. Il dispositivo nella Capitale è pertanto par-
ticolarmente articolato e risulta efficiente grazie alla triangolazione di tre fattori chiave: la
professionalità dei militari, la catena di comando e controllo e la sinergia con le Forze di
Polizia. Abbiamo chiesto al Capitano Giuseppe Treré dei Lancieri di Montebello (8°), co-
mandante di uno dei complessi minori (unità di livello compagnia/squadrone) impiegati
nelle diverse zone della città, di illustrare meglio come si combinano questi fattori descri-
vendo la sua giornata tipo.
“L’attività inizia presto con un briefing sul servizio del giorno e una verifica delle consegne
che sono sempre aggiornate e pertanto devono essere ben conosciute. Successivamente
si provvede al controllo di tutto l’equipaggiamento, armi, materiali e mezzi e al caricamen-
to delle armi. La vigilanza inizia già dal momento in cui si esce dalla caserma. Il tragitto
infatti è a tutti gli effetti un momento operativo. I militari raggiungono i diversi siti - am-
basciate, stazioni ferroviarie, fermate della metro e altri punti sensibili - sempre seguendo
itinerari diversi e sempre prestando attenzione a cosa accade intorno a loro. Raggiunta
infine la postazione avviene il cambio con la pattuglia smontante e comincia il turno di
vigilanza fisso senza però che vi sia una routine: periodicamente alterniamo il personale
nei diversi siti con il vantaggio che tutti conoscono l’intero territorio.
17
Ogni giorno, in orari diversi, io e il mio se-
condo ispezioniamo i presidi per stare vi-
cini ai nostri e avere sempre il polso della
situazione. Strade Sicure è un compito par-
ticolarmente delicato, svolto tra la gente,
e il militare deve mantenere una postura
vigile, pronto ad intervenire in caso di ne-
cessità, ma al contempo deve trasmettere
ai cittadini un senso di sicurezza.
Prima dell’impiego operativo è previsto un
apposito ciclo di approntamento teorico-pra-
tico che fornisce ai militari tutte le compe-
tenze per ben operare. Inoltre con cadenza
mensile vengono svolte ulteriori attività di
mantenimento delle capacità acquisite.
L’uomo e la donna in uniforme sul campo non sono soli ma sono i terminali di una catena
di comando e controllo che li supporta ed è in grado di attivare tutte le azioni necessarie
per fronteggiare eventuali emergenze. Il Comandante del Raggruppamento Lazio-Um-
bria-Abruzzo è il Comandante della Brigata Granatieri di Sardegna, da cui dipende tra
le altre la Piazza di Roma, articolata su 3 gruppi tattici a loro volta organizzati in diversi
complessi minori.
Ogni pattuglia è costantemente in contatto con le sale operative della Questura, dei Ca-
rabinieri e del Comando Brigata per segnalare o ricevere indicazioni su ogni evento che si
scosta dalla norma ed agire di conseguenza: controlli di mezzi o persone sospette, inter-
venti ‘minori’ in aiuto di un cittadino, fermi e arresti in concorso alle Forze di Polizia sono
all’ordine del giorno, come si legge anche sulla stampa. La sinergia con le Forze di Polizia è
ottima, c’è piena collaborazione e fiducia nella professionalità reciproca. E la stessa fiducia
ha la gente nei confronti di entrambi. Ricordo all’inizio, diversi anni fa ormai, che eravamo
visti con un po’ di curiosità se non diffidenza. Nel corso del tempo la situazione è comple-
tamente cambiata. Ci sono esercizi commerciali in alcune aree dove operiamo che adesso
aprono al mattino quando inizia il turno di vigilanza, sentendosi più sicuri. Succede di
essere allertati da persone che notano qualcosa di strano e avvisano noi che siamo già sul
posto: è poi nostra cura chiedere l’intervento di Polizia o Carabinieri se la situazione effet-
tivamente lo richiede. Altri ci avvicinano anche solo per ringraziarci. Sono riconoscimenti
importanti, che ai militari fanno capire l’importanza del loro ruolo, non solo quando sono
impiegati in missione all’estero, ma anche quando sono impiegati in Patria”.
18
Riferimenti bibliografici
Legge n. 125 del 24 luglio 2008 “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 maggio 2008,
n. 92, recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica”;
Ministero della Difesa, (2015), Libro Bianco per la sicurezza internazionale e la difesa. La nostra Difesa;
Esercito Italiano, Rapporto Esercito (edizioni annuali dal 2008 al 2014);
AA.VV., (2015), 27° Rapporto Italia. Percorsi di ricerca nella società italiana, Roma, Eurispes;
Battistelli, Ricotta, Appolloni, Fay Lucianetti, (2009), Periferie insicure? Insicurezza e sicurezza nei cinque
capoluoghi del Lazio, Roma, Dipartimento Innovazione e Società – Sapienza Università di Roma;
Battistelli, Ricotta, Farruggia, Appolloni, (2010), La percezione di sicurezza nel XVII Municipio di Roma: il
punto di vista dei cittadini, Roma, Istituto Ricerche Internazionali Archivio Disarmo.
www.camera.it
www.difesa.it
www.interno.gov.it
www.esercito.difesa.it
www.marina.difesa.it
www.aeronautica.difesa.it
www.carabinieri.it
www.archiviodisarmo.it
www.expo2015.org
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Ecor Research si inserisce nel mondo della Difesa
con competenze e know di alto livello.
L’azienda, nata nel 1976 come laboratorio
metalmeccanico a Schio, polo industriale in
provincia di Vicenza, si caratterizza per il core
business rappresentato dalla produzione di
componentistica meccanica critica da un punto di
vista di sicurezza e salute. La saldatura e i processi
speciali costituiscono le competenze storiche e
l’esperienza raggiunta ha contribuito ad orientare
l’azienda verso il mondo dell’Aerospazio e Difesa.
I principali settori in cui opera l’azienda
comprendono, oltre alla Difesa, il
Confezionamento Alimentare e la Meccanica
Avanzata. L’azienda, precisamente, progetta e
produce componenti critici, assembla sottogruppi
elettromeccanici, ed effettua l’esercizio di banchi
prova per la simulazione integrata.
Il principale mercato di riferimento di Ecor
Research è rappresentato da multinazionali o
grandi aziende le quali, per scelte strategiche,
esternalizzano le fasi di produzione creando, di
fatto, l’esigenza di una Supply Chain basata su
fornitori in grado di garantire qualità, economicità,
continuità ed
affidabilità.
Ecor Research,
quindi, anticipando le
esigenze di mercato,
si propone come
fornitore strategico
e integrato, che
condivide con i clienti
anche le importanti
fasi di progettazione
e industrializzazione
del prodotto.
Nell’ottica di una strategia di differenziazione
intrapresa da qualche anno nel settore
dell’Aerospazio e Difesa che ha visto l’ottenimento
di importanti certificazioni, tra cui AS/EN
9100 e NADCAP per i processi di saldatura,
di trattamento termico, e per i controlli non
distruttivi, l’azienda oggi intende operare su due
piani con la Difesa, uno nell’ambito dell’R&D,
l’altro più particolarmente nella fornitura diretta
di sistemi. Grazie a specifiche e consolidate
competenze su materiali avanzati e tecnologie
speciali di rivestimento Ecor Research sta
proponendo, in collaborazione con altri players
del comparto, lo sviluppo di soluzioni innovative
nel settore delle protezioni balistiche. Si tratta,
in particolare, di materiali multistrato adattabili
a diverse minacce e modulabili per protezioni
di tipo additivo per mezzi ruotati, cingolati,
ed elicotteri. Parallelamente, Ecor Research è
in grado di sviluppare sistemi modulari per il
trattamento e la potabilizzazione delle acque,
con particolare riferimento alla leggerezza e alla
compattezza nell’ambito di missioni entry force.
Sulla base di investimenti e sviluppi interni,
l’azienda prossimamente sarà in grado di fornire
soluzioni adeguabili a diversi profili di missione,
in un secondo momento convertibili nell’ambito
di operazioni di stabilizzazione e ricostruzione.
Per mezzo della trentennale e consolidata
esperienza nella fornitura di prodotti meccanici
critici per multinazionali nell’ambito del settore
delle macchine automatiche per il packaging
alimentare e medicinale, l’azienda si inserisce
nel settore aerospaziale con una dotazione
di competenze, metodologie e certificazioni
riconosciute di eccellenza a livello nazionale.
I prodotti meccanici critici per le macchine
automatiche, come ad esempio le parti a contatto
con alimenti e medicinali, sono trattati molto
similmente alle parti di aerostrutture e di motori
aeronautici, per quanto concerne soprattutto la
gestione della produzione e i controlli qualità.
Ecor Research, di recente, è entrata a far parte
della rete POEMA, Polo Europeo Microfusioni
Aerospaziali, network avellinese di 12 imprese
specializzate nella produzione e gestione
di processi tecnologicamente avanzati con
l’obiettivo di migliorare l’efficienza dei motori
aerei. Capofila della rete è EMA, Europea
Microfusioni Aerospaziali S.p.A., che è controllata
al 100% da Rolls Royce plc.
L’azienda sta stringendo alleanze e collaborando
con i principali players nazionali e internazionali
del settore con trend di crescita in continua
evoluzione.
Sistemi modulari
R&D e fornitura di sistemi: la strategia di Ecor Research nel settore della Difesa
Condensazione Potabilizzazione Dissalazione
Ambiente
Veicolo militare
INSERZIONE PUBBLICITARIA
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PORTFOLIOIMMAGINI OPERAZIONE STRADE SICURE
Il 1° maggio è stata inaugurata l’Expo Milano 2015, la 34° Esposizione Universale. Il tema “Nutrire il pianeta. Energia per la vita” riassume la sfida più importante del secolo per il mondo intero. 184 giorni di apertura, 20 milioni di visitatori e un’area di 1 milione di metri quadrati da controllare. Questi i numeri per i quali è stato calibrato il dispositivo di sicurezza dell’Esercito: 2500 militari per vigilare sull’evento con presidi, pattuglie e team specialistici per le operazioni di controllo e le emergenze, attivi 24 ore al giorno, tutti i giorni.
Fotografie di Giuseppe TARANTINO
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Militari del Reggimento lagunari ‘Serenissima’ sorvegliano la Lake Arena al cui centro si erge l’Albero della Vita, una delle attrazioni principali dell’Expo, caratterizzato dalla chioma ispirata al disegno di Piazza del Campidoglio a Roma, realizzata da Michelangelo.
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Militari dell’Arma Trasporti e Materiali controllano i veicoli in ingresso con apparecchiature ai raggi X.
Una pattuglia di Lagunari percorre il Decumano ormai deserto, dopo l’orario di chiusura.
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Un graduato del Reggimento Artiglieria a cavallo ‘Voloire’ di Milano controlla gli accessi all’Expo dalla sala operativa coordinata dalla Prefettura.Vero cuore pulsante del dispositivo di sicurezza della manifestazione, la sala operativa raccoglie in un unico centro decisionale tutti i rappresentanti delle Forze Armate e di Polizia.
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Paracadutisti del 187° Reggimento ‘Folgore’ di guardia presso una postazione di controllo perimetrale.
Un team del 7° Reggimento NBC ‘Cremona’ verifica l’assenza di eventuali
sostanze radioattive o chimiche.
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Robot radioguidato Packbot 510 per il monitoraggio a distanza di ordigni.
Un cane del Gruppo Cinofilo dell’Esercito ha appena verificato l’assenza di sostanze esplosive dal mezzo ispezionato.
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Una pattuglia di Lagunari pronta per i controlli ai padiglioni dell’Esposizione.
Artiglieri da Montagna del 3° Reggimento in servizio presso i varchi di ingresso.
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Visitatori in coda all’ingresso di Palazzo Italia e del padiglione cinese (in basso).
Il 1° maggio veniva inaugurata l’Expo Milano
2015, la 34a Esposizione Universale. Il tema
dell’evento “Nutrire il pianeta. Energia per la
vita” riassume la sfida più importante del seco-
lo per il mondo intero. La cornice di sicurezza
della manifestazione ha rappresentato un’ulte-
riore sfida per le Forze dell’ordine e la Difesa,
scese in campo per garantire la sicurezza dei
milioni di visitatori attesi per l’evento da tutto
il mondo.
Il dispositivo messo in atto, forte di quasi 2500
militari di diverse armi e specialità dell’Esercito,
veniva integrato nell’Operazione Strade Sicure di cui rappresenta una “costola”, per contribuire alla sicurezza
del sito di Expo, degli aeroporti di Malpensa, Linate e Orio al Serio, delle stazioni ferroviarie e dei siti sensibili
del capoluogo lombardo e province limitrofe, in un’ottica olistica di prevenzione e gestione delle crisi, la cui
centrale decisionale risiede nella Sala Operativa della Prefettura di Milano.
Questi i compiti per la componente militare del dispositivo:
· presidiare e controllare tutto il perimetro dell’area e degli snodi nevralgici della viabilità stradale
· sorvegliare i padiglioni del sito nelle ore di chiusura della manifestazione
· verificare tutti gli automezzi e i relativi carichi in entrata
· assicurare gli assetti specialistici (nuclei cinofili, team artificieri IEDD – Improvised Explosive Device Disposal,
squadra NBC – Nucleare, Batteriologica e Chimica) per le relative attività di routine e per gli interventi in
caso di eventuali emergenze
· fornire il personale di collegamento presso la Sala Operativa della Prefettura
Se ai visitatori dell’Expo non saranno sicuramente sfuggiti i militari di vigilanza agli ingressi e lungo il perime-
tro dell’area, è dopo l’orario di chiusura che si è messa in moto la fase più complessa a carico della compo-
nente militare. Oltre a mantenere i presidi esterni, veniva attivata la vigilanza interna ma soprattutto iniziava
l’attività di controllo su tutti i veicoli merci in ingresso al sito. Ogni autoveicolo in ingresso veniva sottoposto a
tre generi di controlli. Innanzitutto una scansione radiografica completa con un’apparecchiatura unica in Italia,
concettualmente simile a quelle presenti negli aeroporti ma di dimensioni e potenza maggiori. Successiva-
mente, con l’ausilio di nuclei cinofili, veniva verificata l’assenza di esplosivo (in caso di necessità venivano atti-
vati i team specializzati nella neutralizzazione di ordigni). Infine veniva rilevata l’assenza di elementi radioattivi,
batteriologici e chimici. Agli stessi controlli veniva sottoposto anche tutto il personale dei mezzi controllati.
Solo al termine della complessa procedura l’automezzo poteva accedere all’Expo. Per l’effettuazione dell’in-
tero ciclo sono stati individuati e attrezzati tre “polmoni” tra la fiera di Rho-Pero e il sito Expo: due aree per il
parcheggio e il controllo dei mezzi, una terza per la stazione di bonifica NBC di grande capacità, con annessa
area di decontaminazione e controllo di fallout predisposta per le emergenze.
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Un geniere paracadutista in servizio di vigilanza presso l’Albero della Vita,sede di spettacoli frequentati da un vasto pubblico.
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Il carattere multidimensionale della
gestione della crisi è diventato il tratto saliente
di un nuovo approccio globale ed integrato
della NATO:il Comprehensive
Approach.
Kosovo e sicurezzaL’approccio globale della missione NATO a guida italiana KFOR XIX
Francesco FIGLIUOLOFederico COLLINA
IDEE ED ESPERIENZE
La complessità degli scenari ope-
rativi in cui muovono le prin-
cipali missioni di gestione delle
crisi, di ricostruzione e stabilizzazione,
pone sempre più in evidenza la necessità
di una stretta sinergia tra i vari attori, mi-
litari e civili, appartenenti alle Organiz-
zazioni Internazionali ed alle istituzioni
locali che insistono nel teatro operativo.
L’Alleanza Atlantica ha quindi promosso
un nuovo modo di affrontare le sfide alla
sicurezza, ponendo in evidenza che non
possono più essere fronteggiate global-
mente da un’unica istituzione, ma solo in
una cornice di istituzioni interdipendenti
ed interconnesse. In quest’ottica, NATO,
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Kosovo e sicurezza
Nazioni Unite (ONU), Organizzazione per
la Sicurezza e la Cooperazione in Europa
(OSCE), Unione Europea (UE) e Consi-
glio d’Europa rappresentano, nell’ambito
dell’ordinamento internazionale, attori
che si completano e concorrono insieme a
definire un nuovo sistema di sicurezza co-
operativa1. In occasione del Vertice di Riga
del 2006, è stata enunciata la Comprehen-
sive Political Guidance (CPG) dell’Alleanza
Atlantica, documento programmatico che
analizza gli scenari dei successivi 10-15
anni, individuando le capacità che i Pa-
esi alleati devono sviluppare e le misure
da attuare al fine di fronteggiare le nuove
minacce globali poste dal terrorismo, dal-
la proliferazione delle armi di distruzione
di massa, dagli Stati falliti, dall’accesso
a tecnologie dual use e dalla distruzione
delle risorse vitali. Al riguardo, nel sum-
mit di Bucarest del 2008, i Capi di Stato e
di Governo hanno discusso un piano di
proposte pragmatiche per una generale
revisione del modo di pensare alle opera-
zioni militari, di pianificarle e condurle, in
prospettiva di una loro armonizzazione
in un più vasto e comprensivo piano di
interventi e risposte di carattere politico,
economico e sociale, oltre che militare.
In sintesi, il carattere multidimensionale
della gestione della crisi è diventato il trat-
to saliente di un nuovo approccio, globale
ed integrato: il Comprehensive Approach.
In tal senso la NATO ha cominciato ad ag-
giornare la propria dottrina già dal 2010,
quando è stata elaborata la prima bozza
della Comprehensive Operations Planning
Directive (COPD). La direttiva ha subito
modifiche successive e conserva un ca-
rattere divulgativo ed aperto ai principali
interlocutori internazionali dell’Alleanza
Atlantica (Partnership for Peace ed UE), dei
quali si cerca di anticipare le necessità e
gli obiettivi di possibili azioni coordinate,
nell’ambito della gestione di una situazio-
ne di crisi dove la Comunità internazio-
nale sia chiamata ad intervenire. Il COPD
costituisce la sintesi del Comprehensive
Approach alla gestione della crisi, intesa
nella sua complessità quale scenario ca-
ratterizzato da un numero elevatissimo
di attori che interagiscono in molteplici
dimensioni (militare, politica, economica
e sociale). La comprensione della crisi e,
più ancora, la possibilità di gestirla impli-
cano un approccio decisamente articolato
«...che richiede pensiero laterale, analisi di
domini non solo militari e soprattutto una
condivisione di conoscenza e di informa-
zioni mai prima d’ora ritenuta necessa-
ria..»2.
L’approccio globale nella missione
KFOR XIX
Nel corso della missione KFOR XIX, nel
periodo settembre 2014 - agosto 2015, la
situazione generale di sicurezza in Koso-
vo, pur in un quadro di fragilità, è sempre
rimasta alquanto stabile, mostrando an-
che importanti segnali di distensione. Ciò
a dispetto del fatto che ai problemi ancora
irrisolti si sia aggiunta negli ultimi anni
una grave crisi economica ed occupazio-
nale. Tale stabilizzazione è stata frutto
dell’impegno delle istituzioni del Kosovo,
dei rappresentanti della Comunità inter-
nazionale, ma anche dell’attività operati-
va di KFOR che ha continuato a svolgere
la sua azione imparziale a favore della po-
polazione kosovara, indipendentemente
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dall’appartenenza etnica, dal credo reli-
gioso e dalle differenze di genere.
Attualmente lo sforzo principale di KFOR
è nel nord del Kosovo, a maggioranza ko-
sovaro-serba, il cui simbolo è la città di
Mitrovica, divisa in due amministrazioni,
separate dal fiume Ibar, che rispecchiano
la differente distribuzione etnica della po-
polazione: Mitrovica Sud, a maggioranza
kosovaro-albanese (circa 80.000 abitanti)
e Mitrovica Nord a maggioranza koso-
varo-serba (circa 20.000 abitanti). Qui è
presente anche l’Ufficio Amministrativo
di Mitrovica Nord (MNAO, i.e. Mitrovica
North Administrative Office), istituito nel
maggio 2012 dall’autoproclamata Repub-
blica del Kosovo, come soluzione ad inte-
rim per garantire la governabilità della cit-
tà. L’Ufficio aveva il compito di acquisire le
competenze di UNMIK per trasferirle in
seguito ad una municipalità, creata trami-
te libere elezioni amministrative3.
Nel KFOR Operational Plan, una linea di
operazione è focalizzata sul processo lo-
cal capacity building del nord del Kosovo,
con azioni volte a sostenere ed a moni-
torare il processo di integrazione della
regione nelle strutture amministrative
e giudiziarie centrali. L’integrazione del
nord presuppone il favore della minoran-
za kosovaro-serba qui residente e, più in
generale, la ricomposizione delle tensioni
inter-etniche che proprio da questa re-
gione possono divampare, per estender-
si a macchia di leopardo nelle altre parti
del Kosovo, ponendo a rischio diretto la
stessa sicurezza delle isolate comunità
religiose serbo-ortodosse, monitorate co-
stantemente da KFOR. Una seconda li-
nea di operazione, support to International
Community, ha l’obiettivo di assicurare il
massimo sostegno ai numerosi attori della
Comunità internazionale, impegnati nella
stabilizzazione del Paese. In sintesi, siner-
gia e coordinamento fra organizzazioni
civili e strumento militare sono necessari
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La Kosovo Force (KFOR) è una forza militare internazionale a guida NATO,
responsabile dell’ordine e della pace in Kosovo, regione inizialmente am-
ministrata dall’ONU, con la missione UNMIK (United Nations Interim Ad-
ministration Mission in Kosovo) e che ha dichiarato unilateralmente la
propria indipendenza dalla Serbia il 17 febbraio 2008. La KFOR entrò in
Kosovo il 12 giugno 1999, due giorni dopo l’adozione, da parte del Consiglio
di Sicurezza, della Risoluzione 1244. All’epoca il Kosovo stava affrontando
una grave crisi umanitaria, con scontri quotidiani tra le forze militari del-
la Repubblica Federale di Jugoslavia e le forze paramilitari dell’Esercito di
liberazione del Kosovo, Ushtria Clirimtare e Kosoves (UCK). La tensione tra i
gruppi etnici era molto alta, così come il numero delle vittime degli scontri,
soprattutto civili, con quasi un milione di profughi che avevano lasciato la
regione. In tale contesto la missione KFOR aveva il compito di proteggere
la popolazione civile e assicurare il ritiro delle forze militari jugoslave nel
rispetto degli accordi di Kumanovo che sanciva il ritiro dell’esercito e della
polizia jugoslava dal Kosovo e la contestuale cessazione dei bombarda-
menti della NATO sulla Repubblica Federale di Jugoslavia.
Nel periodo di massima partecipazione, il numero delle truppe KFOR ha
raggiunto le 50.000 unità, provenienti da 39 paesi (della NATO e non). A se-
guito del generale miglioramento delle condizioni di sicurezza sul terreno,
il contributo si è gradualmente ridotto, sino ad attestarsi attualmente sulle
5.000 unità (per un totale di 31 paesi contributori).
Il Gen. Figliuolo - Com. KFOR XIX - con i militari portoghesi della KFOR Tactical Reserve
Kosovo e sicurezza
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se non inevitabili per il successo di questa
missione. Le dinamiche di tali linee ope-
rative verranno approfondite attraverso
l’analisi di alcuni case study, riconducibili
alla missione KFOR XIX.
Isa Boletini (al secolo Isa Peci) nacque il 15
gennaio 1864 nel villaggio di Boletin (Mu-
nicipalità di Zvecan, nel nord del Kosovo),
dove ancor oggi si trova la casa della fa-
miglia Boletini, vicinissima al monastero
serbo-ortodosso di Sokolica. Isa Boletini
combatté contro l’Impero Ottomano, fu
tra i principali esponenti del movimento
per l’indipendenza dell’Albania e sosteni-
tore dell’ideale della Grande Albania, cioè
di uno Stato indipendente che riunisse in
sé tutti i territori abitati dalla popolazio-
ne di etnia albanese. Fu nominato Mini-
stro della Guerra dell’Albania e combatté
anche contro i Serbi durante la Prima
Guerra Mondiale, rimanendo vittima di
un’imboscata tesagli dalla gendarmeria
montenegrina a Podgorica (Montenegro),
il 23 gennaio 1916. Per queste ragioni, Isa
Boletini, proclamato “eroe del Kosovo” nel
2004 da Ibrahim Rugova, è considerato
dai Kosovari di etnia albanese un simbo-
lo della lotta contro i Serbi e ha un posto
di rilievo nell’immaginario nazionalistico
collettivo.
La prima proposta di una cerimonia uf-
ficiale di sepoltura dei resti dell’eroe nel
villaggio natale Boletin fu avanzata dalle
autorità kosovare nel 2004 ma il progetto
fallì per la mancanza delle condizioni di
sicurezza.
Un secondo tentativo, nel 2012, ebbe esito
analogo. La questione è stata riproposta
nel 2014, quando è stato istituito un Co-
mitato organizzatore che, sotto la guida
dell’allora Ministro della Kosovo Security
Force4 (KSF), Agim Ceku, ha fissato la data
dell’evento al 28 novembre dello stesso
anno, giorno dell’indipendenza dell’Al-
bania. Il Comando di KFOR, allo scopo di
garantire il rispetto del mandato (e quin-
di un ambiente sicuro in tutto il Kosovo)
ha analizzato le possibili conseguenze di
questo evento, individuando i seguenti
elementi di rischio:
• la cerimonia si prestava a una facile stru-
mentalizzazione politica, per il collega-
mento diretto della figura di Isa Boletini
ai sentimenti nazionalistici pan-albanesi,
diffusi in gran parte dell’elettorato delle
principali forze politiche del Kosovo (Par-
tito Democratico per il Kosovo, PDK, e
Lega Democratica per il Kosovo, LDK);
• la cerimonia si sarebbe svolta nelle muni-
cipalità del Nord, dove poteva comporta-
re escalation di violenza inter-etnica, per
possibili opposizioni e reazioni da parte
dei kosovaro-serbi;
• nel mese di novembre 2014 la tensione
era già elevata a causa degli esiti del-
la partita di calcio Serbia-Albania del 14
ottobre 2014, sospesa per disordini dopo
che un drone aveva sorvolato lo stadio di
Belgrado, portando una bandiera raffigu-
rante, assieme ai confini etnico-geografi-
ci della Grande Albania5, le immagini di
Ismail Kemali e Isa Boletini, i più rappre-
sentativi esponenti dell’indipendenza al-
banese dall’Impero Ottomano;
Case study 1: Prevenzione di tensioni
inter-etniche in occasione della
commemorazione di Isa Boletini,
simbolo della lotta ai Serbi
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• il breve preavviso tra l’annuncio del Co-
mitato organizzatore e la data dell’evento,
circa un mese, avrebbe potuto causare la-
cune nell’organizzazione della sicurezza.
Alla luce di queste valutazioni, il Coman-
dante di KFOR ha deciso di intraprende-
re un’azione di shaping focalizzata sugli
organizzatori dell’evento, affinché, attra-
verso le loro decisioni, minimizzassero i
rischi di tensioni inter-etniche, durante lo
svolgimento della celebrazione. A tal fine,
i Key leader engagement, condotti in pri-
ma persona dal Comandante della forza
NATO, sono stati improntati a massima
prudenza ed equilibrio, in considerazione
del fatto che il mandato di KFOR impone
di agire con imparzialità, nel rispetto delle
decisioni politiche interne al Paese.
Alla luce degli elementi emersi durante lo
studio del problema operativo, è stato ela-
borato il concetto d’azione, basato su un
approccio multi-fattoriale, volto cioè a te-
nere nella dovuta considerazione tutte le
variabili del problema (sociali, politiche e
culturali) e a sfruttare ogni risorsa dispo-
nibile in grado di influenzare gli eventi.
Tale approccio ha consentito di moltipli-
care lo sforzo di KFOR, coinvolgendo in
una strategia comune molteplici attori
presenti nel Teatro di operazioni, unita-
mente alle loro risorse umane e materiali.
KFOR ha operato secondo una strategia
concentrica, volta ad indirizzare le linee
d’azione dei vari attori verso l’obiettivo
comune (lo svolgimento delle celebrazio-
ni in totale sicurezza e senza tensioni in-
ter-etniche), in modo sinergico e coordi-
nato, con effetti mutually reinforcing.
Lo scarso preavviso di circa un mese sul-
lo svolgimento della celebrazione ha de-
terminato, come primo intendimento di
KFOR, quello di promuovere, presso il
Comitato organizzatore, il posticipo dell’e-
vento, al fine di approfondire il quadro in-
formativo necessario per la sua migliore
gestione.
Al riguardo, in successive riunioni di co-
ordinamento, il Comandante di KFOR
ha condiviso informazioni e approfondi-
menti con il c.d. Quintetto per il Kosovo6 e
il Rappresentante Speciale del Segretario
dell’ONU e Capo della missione UNMIK,
Farid Zarif. L’azione del Comandante di
KFOR si è quindi tradotta in un successivo
e più vasto piano di interventi concertati
con i massimi rappresentanti della Comu-
nità internazionale, che hanno esercita-
to opportune azioni di convincimento e
moral suasion sul Comitato organizzatore.
Quest’ultimo ha infine deciso di riman-
dare la cerimonia, in prima battuta, al
15 gennaio 2015 (giorno di nascita di Isa
Boletini) e, successivamente, al 10 giugno
2015 (16° anniversario della fine dei bom-
bardamenti della NATO in Kosovo).
Al fine di evitare qualsiasi strumentaliz-
zazione politica dell’evento, in chiave na-
zionalistica, è stato necessario interagire
direttamente con l’ambiente politico cen-
Kosovo e sicurezza
39
trale kosovaro, molti esponenti del quale
erano membri del Comitato organizzato-
re. In quest’ottica il Comandante di KFOR
ha avviato un’intensa serie di contatti con
diversi membri del Governo, tra i quali il
Vice Primo Ministro e Ministro degli Af-
fari Esteri, Hashim Thaci, il Ministro per
l’Integrazione Europea, Haki Collaku, e il
Ministro delle KSF, Haki Demolli. Peral-
tro, il medesimo argomento è stato ogget-
to di attenzione anche a margine del pri-
mo incontro ufficiale del Comandante di
KFOR con il Primo Ministro, Isa Mustafa,
nel gennaio 2015.
Analoghi Key leader engagement e meeting
sono stati condotti con rappresentanti po-
litici locali, in primis il sindaco di Mitrovica
Sud, Agim Bathiri, attivo membro del Co-
mitato organizzatore, ma anche i sindaci
delle quattro municipalità del nord a mag-
gioranza kosovaro-serba7, che sono stati
informati e rassicurati sull’operato impar-
ziale di KFOR, estranea all’organizzazio-
ne della cerimonia, ma pronta a garantire
le condizioni di sicurezza nel Nord del
Paese durante lo svolgimento della stessa.
Un altro elemento di successo nella stra-
tegia di KFOR è stato il coordinamento
attivo con le altre organizzazioni di sicu-
rezza operanti in Kosovo: Kosovo Police
(KP) ed EULEX8 (organizzazione respon-
sabile), rispettivamente prima e seconda
ad intervenire in caso vi sia la necessità di
preservare la sicurezza interna e l’ordine
pubblico, in una scala di reazione che pre-
vede la risposta di KFOR in extrema ratio,
quale third responder. Tale coordinamento
si è reso necessario per pianificare e con-
durre le operazioni in modo efficiente e
coordinato. Un importante elemento fa-
cilitatore al riguardo è stata la partecipa-
zione del personale di KFOR alle riunioni
del Comitato organizzatore, presieduto
dal Ministro delle KSF e composto anche
40
dai rappresentanti dei Comandi regionali
della Kosovo Police. Inoltre, sono stati mol-
to proficui i meeting periodici fra i rappre-
sentanti di KFOR e di EULEX, a livello dei
Vice Capo missione, e quelli convocati per
la specifica esigenza. Questi, infatti, han-
no permesso di acquisire altri dati infor-
mativi, in virtù del continuo rapporto di
collaborazione in essere fra la KP ed EU-
LEX, che svolge nei confronti della polizia
locale attività di Monitoring, Mentoring e
Advising.
Infine era inevi-
tabile che l’evento
suscitasse il forte
interesse dei me-
dia. La strategia
mediatica adottata
da KFOR può esse-
re schematizzata
in tre fasi. Nella
prima lunga fase di
preparazione della
cerimonia, costellata da numerosi rinvii,
KFOR ha seguito una politica mediatica
reattiva, dialogando con Comunità inter-
nazionale ed Istituzioni locali esclusiva-
mente su questioni legate alla sicurezza
dell’evento ed al di fuori delle sedi media-
tiche. In questo frangente, inoltre, le noti-
zie di stampa riguardanti la celebrazione
non erano frequenti e soprattutto non
chiamavano in causa il ruolo di KFOR.
La seconda fase è stata aperta dall’inat-
teso annuncio delle autorità governative
kosovare ed albanesi di seppellire i resti di
Isa Boletini in Albania, a Valona.
Tale decisione è rimbalzata a metà maggio
nella stampa locale con una certa accele-
razione, ancor più quando gli stessi organi
di informazione hanno ripreso le dichia-
razioni del Sindaco di Mitrovica Sud, Agim
Bathiri, che contestava la scelta delle Isti-
tuzioni kosovare di aver assecondato le
pressioni della Comunità internazionale
per evitare lo svolgimento della celebra-
zione nel Nord del Kosovo, chiamando
in causa, al riguardo, anche la mancata
autorizzazione da parte di KFOR. Data
la generalità e la scarsa precisione di tali
dichiarazioni, non aderenti alla realtà,
per il fatto che l’u-
nica restrizione
che KFOR abbia
mai posto, relati-
vamente le moda-
lità di svolgimento
della cerimonia
nel nord del Koso-
vo, fosse esclusi-
vamente relativa
all’impiego delle
KSF che, negli in-
tendimenti del Comitato Organizzatore,
avrebbero costituito una scorta d’onore
del feretro di Boletini9, il Comandante di
KFOR ha deciso di non rispondere diret-
tamente al Sindaco, né personalmente
né a mezzo stampa, affidando al Coman-
dante del Joint Regional Detachment-Nord
(JRD-N) il compito di chiarire con lo stesso
la posizione della missione NATO.
Successivamente, il Sindaco Bathiri ha ri-
lasciato ulteriori dichiarazioni agli organi
di informazione, riportando, in maniera
esatta, il contenuto del colloquio con il
Comandante del JRD-N e rettificando le
precedenti. Infine, la terza e ultima fase è
stata avviata a seguito dei ripensamenti
del Comitato organizzatore che, in ultimo,
Kosovo e sicurezza
41
ha deciso di effettuare la sepoltura nel vil-
laggio di Boletin, nel Nord del Kosovo.
Al riguardo, alcuni media hanno riporta-
to che KFOR avrebbe scortato il feretro
fino alla sede della sepoltura, cosa eviden-
temente non vera e potenzialmente dan-
nosa per l’immagine di imparzialità della
missione. Il COMKFOR ha deciso pertan-
to di passare a una politica mediatica atti-
va, rilasciando una dichiarazione ufficiale
a mezzo comunicato stampa, nella quale
è stato chiarito che le unità di KFOR non
avrebbero scortato il feretro e che l’uni-
ca limitazione posta, relativamente allo
svolgimento della cerimonia nel Nord del
Kosovo, fosse la mancata autorizzazione
alla KSF di scortare i resti di Boletini. Con
il citato comunicato10, il Comandante di
KFOR ha preso le distanze dall’evento,
salvaguardando il carattere di imparzia-
lità della missione, soprattutto agli occhi
della comunità kosovaro serba del nord,
e ribadendo il ruolo di third responder in
materia di sicurezza, per invitare tutte le
parti a collaborare affinché la manifesta-
zione si svolgesse senza inutili tensioni.
Le celebrazioni si sono tenute infine
dall’8 al 10 giugno, giorno della cerimo-
nia conclusiva e dell’inumazione a Bole-
tin. Le forze KFOR hanno seguito tutte
le celebrazioni monitorando da vicino la
situazione con gli assetti non cinetici dei
Joint Regional Detachment11 ed impiegan-
do elicotteri e velivoli a pilotaggio remoto
rispettivamente con funzioni ricognitive
e di Imagery Intelligence12. Le forze di ma-
novra sono state schierate presso hot spot
e punti sensibili, costituendo dispositivi di
pronta reazione nelle aree coinvolte dalle
celebrazioni.
La cerimonia in onore dell’eroe albanese
Isa Boletini si è conclusa senza incidenti
42
e con la piena soddisfazione degli orga-
nizzatori e dei numerosi rappresentanti
della Comunità internazionale che, sin da
novembre 2014, avevano manifestato il
timore che questo evento potesse essere
fonte di nuove tensioni interetniche.
Il giovane diciassettenne Sead Alushi, di
etnia kosovaro-albanese, scompare il 10
aprile 2015, nella città di Mitrovica. Se-
condo le prime notizie di stampa, Alushi
avrebbe tentato di rubare un cane sulla
sponda Nord del fiume Ibar, assieme a
due amici.
I tre giovani, scoperti dal proprietario
dell’animale, si sarebbero dati alla fuga
lungo la sponda del fiume. Dopo alcune
ore però, Alushi diviene irrintracciabile,
da cui l’ipotesi di una caduta nel fiume,
dove effettivamente viene ritrovato sen-
za vita dopo 17 giorni di ricerche.
La scomparsa del giovane Alushi racchiu-
de un elevato potenziale di rischio per la
missione: nel marzo 2004, nella stessa
città, tre ragazzini kosovari di etnia alba-
nese avevano perso la vita scivolando nel
fiume Ibar mentre giocavano. La stampa
locale, manipolando l’evento, aveva in-
formato l’opinione pubblica sostenendo
che i bambini erano caduti nel fiume per
fuggire da un inseguimento da parte di
coetanei di etnia serba. L’episodio aveva
determinato forti disordini pubblici che
da Mitrovica si erano estesi in tutto il Ko-
sovo, richiedendo il massiccio intervento
di KFOR. A Prizren, chiese e simboli reli-
giosi legati alla popolazione di etnia serba
ortodossa, venivano presi d’assedio ed in-
cendiati13.
Al fine di evitare una possibile escalation
di tensione inter-etnica, il Comandante
di KFOR ha svolto un’azione di shaping
sui principali stakeholder, i sindaci delle
due municipalità di Mitrovica e la diret-
trice della MNAO, Adrjiana Hodzic, con
l’intento di assicurare, da parte loro, la
più responsabile divulgazione delle infor-
mazioni agli organi di stampa, scevra da
manipolazioni politiche e pregiudizi di ca-
rattere inter-etnico.
E’ stato, in breve tempo, condiviso e dif-
fuso, presso l’opinione pubblica locale,
Case study 2: Fiume Ibar,
operazioni di ricerca di un giovane
disperso
Kosovo e sicurezza
43
un preciso quadro informativo secondo
il quale l’episodio, seppur inserito in una
serie di scontri tra bande rivali di etnia
diversa, kosovaro-albanese e kosova-
ro-serba, verificatisi tra il 9 ed il 13 di apri-
le 2015, era da ascriversi all’ambito della
micro-criminalità e della delinquenza gio-
vanile, come comprovato dagli esiti delle
indagini condotte dalla polizia kosovara e
da EULEX.
KFOR è inoltre intervenuta attivamente
nelle operazioni di search and rescue, at-
tivando, nei pressi del fiume Ibar, dove si
riteneva che il giovane fosse scomparso,
una sala operativa con funzioni di coor-
dinamento con EULEX, KP e KSF. Le KSF,
in particolare, sono state autorizzate dal
Comandante di KFOR, su esplicita richie-
sta del Comandante Regionale della KP di
Mitrovica Nord, ad intervenire con nu-
clei di sommozzatori nelle ricerche14. Al
riguardo, le valutazioni sull’impiego delle
KSF sono state condotte con la massima
prudenza, tenendo in considerazione il ri-
schio di escalation di tensione inter-etnica,
per la possibile reazione al loro impiego
sul fiume Ibar da parte della comunità ko-
sovaro-serba, anche a fronte delle attuali
pretese di parte kosovaro-albanese - e di
stampo nazionalistico - che vorrebbero la
più rapida attuazione del programma di
riforma del settore di difesa e di sicurezza,
con la trasformazione delle KSF in Forza
Armata.
Contestualmente all’impiego delle KSF, il
Comandante di KFOR ha quindi deciso di
rilasciare preventivamente un comunica-
to agli organi di stampa, con l’obiettivo di
chiarire la liceità della sua autorizzazione
e specificando compiti e mandato delle
stesse unità di ricerca kosovare.
In sintesi, stretti e costanti scambi di in-
formazioni (i.e. intelligence gathering) ed
attività di moral suasion sui principali sta-
keholder hanno consentito la migliore ge-
stione operativa dell’evento ed il rilascio
44
di dichiarazioni improntate alla collabo-
razione, precise e prive di qualsiasi deriva.
L’attenzione mediatica sul caso è andata
progressivamente scemando sino al ri-
trovamento del corpo del ragazzo, il 27
aprile 2015. La prova dell’eccellente si-
nergia creatasi tra le controparti è stata
evidenziata dalla generale partecipazione
alle esequie del giovane a cui hanno preso
parte sia istituzioni kosovare-serbe sia ko-
sovare-albanesi nonchè comuni cittadini
di ambo le etnie.
Uno dei compiti di KFOR da inizio man-
dato, quello di proteggere i siti religiosi
serbo-ortodossi del Kosovo, è stato gra-
dualmente rilevato dalla KP, sulla base del
miglioramento dei rapporti tra comunità
religiose e popolazione kosovaro-albane-
se e del livello di preparazione ed efficien-
za raggiunto dalla stessa polizia kosovara.
Il monastero di Visoki Decani è l’ultimo
sito che rimane ancora sotto diretta pro-
tezione delle forze della NATO, specifica-
tamente sotto comando italiano, che svol-
gono nell’area attività di pattugliamento
dinamico, garantendo una pronta reazio-
ne in caso di diretta minaccia.
A tenere ancora alta l’attenzione di KFOR
nell’area sono i complessi rapporti tra la
comunità monastica e la municipalità lo-
cale kosovaro-albanese, complicatisi per
via di una disputa sulla proprietà di circa
24 ettari di terreno, esterni al monastero.
Detti terreni, storicamente appartenenti
alla Chiesa Serba ortodossa, furono na-
zionalizzati dalla Repubblica Federale di
Jugoslavia nel 1946 e ritornarono nelle
proprietà ecclesiastiche nel 1998, per ef-
fetto di una donazione da parte dell’allora
presidente della Repubblica Federale Ser-
ba, Slobodan Milosevic. Dopo l’intervento
della NATO nel 1999, la municipalità di
Decane ha revocato i diritti di proprietà
dei terreni, nonostante le direttive di
UNMIK in senso contrario. La comunità
monastica ha così deciso di intrapren-
dere un’azione legale nei confronti della
municipalità presso la Corte Suprema del
Kosovo, la cui giurisdizione è stata esclusa
con verdetto del luglio 2015 e rimessa alla
Corte Municipale di Pec.
In un contesto di difficile integrazione,
una simile controversia costituisce un
motivo di facile manipolazione, sfrutta-
bile in chiave politica per attrarre l’eletto-
rato kosovaro-albanese su questioni mar-
catamente nazionalistiche ed innalzare i
toni del confronto in chiave inter-etnica.
A ciò si aggiunga che la Comunità mona-
stica di Visoki Decani segue con una certa
apprensione la recrudescenza del fonda-
mentalismo islamico, sull’onda del cre-
scente fenomeno dei c.d. foreign fighter,
ovvero Extremists Claiming Affiliation to
Islam nell’area balcanica15. Nel mese di
ottobre 2014, le proprietà esterne al mo-
nastero sono state oggetto di graffiti in-
neggianti ad ISIL16 ed UCK, fatto che ha
destato forti preoccupazioni da parte del-
la Comunità internazionale e che ha com-
portato un potenziamento dei dispositivi
di protezione e sorveglianza da parte di
KFOR. Nonostante le indagini abbiano di-
mostrato che i graffiti sono stati realizzati
da avventati giovani kosovaro-albanesi,
Kosovo e sicurezza
Case study 3:
Costruzione di un ponte Bailey nella
municipalità di Decane
45
non sono state completamente escluse
ipotesi di una più complessa macchinazio-
ne volta a destabilizzare il clima delle già
complesse relazioni tra la comunità mo-
nastica ed il contesto socio-politico locale.
In questo delicato quadro di relazioni,
KFOR, assieme alla Comunità interna-
zionale, ha cercato lo sviluppo di un dia-
logo propositivo tra locali istituzioni e
comunità monastica e avviato progetti di
cooperazione civile e militare, al fine di
dimostrare che tolleranza e collaborazio-
ne sono presupposti imprescindibili per lo
sviluppo e la crescita di tutta la comunità
di Decane, indipendentemente dall’ap-
partenenza etnica e dalla professione di
fede dei suoi membri.
Tra questi c’è il progetto di un ponte Bai-
ley, messo a disposizione dall’Esercito Ita-
liano per esigenze di carattere operativo
(rendere più snelli ed efficaci i pattuglia-
menti delle unità motorizzate di KFOR
attorno al monastero) ma che in effetti
sarebbe potuto servire anche per un ge-
nerale miglioramento della viabilità lo-
cale, con ritorni positivi da un punto di
vista turistico giacché non solo il valore
artistico e religioso del sito, ma anche lo
stupendo contesto ambientale in cui il
monastero è ubicato, rappresentano for-
tissime attrattive sia per visitatori locali
che internazionali. L’idea del ponte è stata
accolta con grande favore della Comuni-
tà internazionale, in primis, da UNMIK, il
cui Capo missione, Farid Zarif, ha messo
a disposizione circa 15.000 Euro per la
realizzazione delle opere complementa-
ri al ponte (spalle in cemento armato e
raccordi alla viabilità). L’indisponibilità di
unità del genio di KFOR per il montaggio
della struttura ha aperto l’ipotesi di un
intervento delle KSF, con unità opportu-
namente “mentorizzabili” da un team di
istruttori dell’Esercito italiano. Assunta
la piena adesione del Ministro delle KSF
all’impiego di dette unità e muovendo dal-
la certezza della fattibilità tecnico-finan-
ziaria dell’opera, il Comandante di KFOR
ha proposto il progetto ai leader politici e
religiosi di Decane, fungendo da mediato-
46
re nel raggiungimento di un’intesa bilate-
rale per la realizzazione dell’opera. Già ad
inizio ottobre 2014, nell’occasione dell’i-
naugurazione di un tratto della viabilità
interna alle proprietà del monastero, pro-
getto finanziato dal Contingente italiano,
il Comandante di KFOR aveva avviato le
intese tra l’Abate del monastero, Padre
Sava Janjic ed il Sindaco di Decane, Ra-
sim Selmanaj, per il completamento del
piano di viabilità dell’area, proponendo
l’installazione di un ponte Bailey, cedibile
dall’Esercito italiano. Nel mese di maggio
2015, il progetto è stato mostrato nella sua
compiutezza progettuale ed organizza-
tiva al Vescovo di Raska-Prizren, Theo-
dosjie Sibalic, guida spirituale della Comu-
nità serbo-ortodossa del Kosovo, che lo ha
accolto con grande favore. Al riguardo, lo
stesso Vescovo ha dimostrato la massima
disponibilità per l’impiego delle KSF nelle
attività di montaggio del ponte, ponendo i
presupposti per il coinvolgimento del Mi-
nistero delle KSF e delle Istituzioni locali
nella realizzazione dell’opera. Inoltre, i
rappresentanti di KFOR hanno presenta-
to il progetto nell’ambito del Comitato di
sovrintendenza e tutela delle c.d. Special
Protective Zones17, presieduto dal Rap-
presentante speciale dell’UE in Kosovo,
Samuel Zbogar, rafforzando il consenso
della Comunità internazionale attorno
all’iniziativa. Per contro, KFOR ha cerca-
to di sensibilizzare i leader politici locali
kosovaro-albanesi sull’importanza del
progetto, utile a ricomporre le fratture tra
la municipalità di Decane e la comunità
Serbo-ortodossa, in prospettiva di un ge-
nerale rilassamento dei toni del confron-
to. Al riguardo, il Comandante di KFOR
ha avviato proficui e positivi incontri con
il Sindaco di Decane e con Ramush Ha-
radinaj, leader del partito ‘Alleanza per il
futuro del Kosovo’ (AAK) che nell’area di
47
Decane rappresenta la principale espres-
sione del voto dell’elettorato. A conferma
dell’unità di intenti raggiunta con le auto-
rità politiche e religiose, il 18 maggio 2015
il Sindaco di Decane, Rasim Selmanaj, e
l’Abate del monastero, Padre Sava Janjic,
hanno siglato presso Villaggio Italia - sede
del Multinational Battle Group West a gui-
da italiana - un accordo che costituisce il
documento programmatico per l’imple-
mentazione del progetto. Il montaggio del
ponte Bailey presso il monastero di Deca-
ne è stato realizzato nel mese di giugno
2015, con rapidità di intervento da parte
delle unità delle KSF e sotto la supervisio-
ne di un team di istruttori proveniente dal
6° Reggimento Pionieri di Roma. I lavori
sono stati preceduti da una complessa fase
di approntamento, che ha visto il materia-
le da ponte affluire in Kosovo in meno di
un mese, con un trasporto intermodale
strada-mare avviato in Patria dal 6° Reg-
gimento Pionieri e concluso dal Gruppo
di Supporto di Aderenza del Contingente
nazionale in Teatro operativo. L’inaugura-
zione del ponte, avvenuta il 13 luglio 2015
alla presenza dei massimi rappresentan-
ti della Comunità internazionale e delle
massime autorità politiche e religiose in
Kosovo, è stata presieduta dal Generale
Francesco Paolo Figliuolo, Comandante di
KFOR e dall’Ambasciatore Italiano in Ko-
sovo, S.E. Andreas Ferrarese.
L’applicazione del comprehensive appro-
ach richiede il coinvolgimento a 360°
di tutti gli attori, internazionali e locali,
militari e civili, presenti nell’ambien-
te operativo, implicando, da parte loro,
un’assunzione di responsabilità ed un
contributo fattivo nei limiti delle proprie
possibilità, in funzione del proprio ruolo
e della propria posizione sociale. Questo
modus operandi di creare sinergie tra-
sversalmente alla società ed ai comparti
militari e civili di Istituzioni locali e Mis-
sioni militari e civili attive nel Paese non
può escludere il contributo delle donne,
nonché delle fasce più giovani della so-
cietà (ragazzi/e), relegate nel passato al
mero ruolo di vittime dei conflitti, sen-
za alcun ruolo attivo nella risoluzione
delle crisi. Al riguardo, la prospettiva di
genere ha fatto il suo ingresso nelle di-
namiche delle missioni militari e civili
a partire dal 2000, quando il Consiglio
di Sicurezza delle Nazioni Unite votò la
Risoluzione sulle donne, la pace e la si-
curezza (UNSCR 132521 ), documento che
riconosce esplicitamente l’impatto della
guerra sulle donne ed il contributo delle
stesse nella risoluzione dei conflitti per
una pace durevole.
Case study 4:
La prima Gender Conference di KFOR
48
A testimoniare quanto la prospettiva di
genere abbia assunto un ruolo significa-
tivo nella missione, è stato l’incontro del 1
dicembre 2014 del Comandante di KFOR
con l’Ambasciatrice Marriet Schuurman,
Rappresentante Speciale del Segreta-
rio Generale della NATO per le donne,
la pace e la sicurezza. Nell’occasione il
COMKFOR ha delineato un punto di si-
tuazione circa l’implementazione della
UNSCR 1325 nell’ambito della missione
KFOR XIX ed evidenziato che la prospet-
tiva di genere permea il modo di conce-
pire e condurre le operazioni sul campo
oltre che costituire un importante trait
d’union con le Istituzioni locali, che ve-
dono donne occupare posizioni di vertice
istituzionale, e con le Organizzazioni e le
Missioni internazionali (UNMIK ed EU-
LEX), in cui personale femminile opera
con successo nei nevralgici ambiti con-
nessi alla ricostruzione ed allo sviluppo
del Paese (i.e. Security Sector Reform, De-
mobilization, Disarmement and Reintegra-
tion, Climate Change Policies, etc.).
Al riguardo, è proprio la presenza di qua-
lificato personale nell’incarico di Gender
Advisor, nello special staff del COMKFOR,
ad assicurare che le prospettive di genere
siano prese in considerazione tanto nei
processi di pianificazione delle operazio-
ni, quanto di monitoraggio e valutazione
degli effetti attesi (i.e. gender mainstrea-
ming). A tal fine, il Gender Advisor svilup-
pa continui e costanti rapporti con omo-
loghe funzioni (c.d. gender focal point)
attive presso le varie articolazioni delle
Istituzioni locali, delle Organizzazioni e
delle Missioni internazionali, fornendo
un contributo sostanziale per interpreta-
re i risultati della missione, nell’ambito di
un atteso miglioramento delle condizioni
di stabilità e sicurezza del paese e del-
la libertà di movimento (i.e. Secure And
Safe Environment e Freedom of Move-
ment, capisaldi della missione di KFOR).
Proprio alle donne e al ruolo assunto
dalle stesse in Kosovo nell’ambito delle
Istituzioni locali e delle Organizzazioni
e Missioni internazionali qui operanti,
è stata dedicata la prima Gender Confe-
rence della storia di KFOR, ospitata pres-
so la base di Pristina, il 17 giugno 2015.
Per l’occasione sono state invitate quali
relatrici personalità femminili di primis-
simo piano(*) che, partendo dall’esperien-
za personale, hanno condiviso esempi di
successo da cui trarre indicazioni di ca-
rattere operativo, al fine di armonizzare
lo sviluppo del Paese con le prospettive e
l’uguaglianza di genere, nel rispetto del-
la sensibilità posta al riguardo da tutta la
Comunità internazionale. La conferenza
è stata anche oggetto di un’edizione spe-
ciale del KFOR Chronicle, la rivista della
missione NATO in Kosovo.
(*)Adrjiana Hodzic, Direttrice dell’Ufficio ammini-strativo di Mitrovica Nord, il Colonnello Elmina Mahmuti, Presidente dell’Associazione delle donne presso la Kosovo Police, il Colonnello Irfete Spahiu, Comandante del Centro Addestramento e Dottri-na della Kosovo Security Force, Mimoza Hasani Pllana, Responsabile dei diritti dell’infanzia presso il Ministero dell’Educazione, Njomza Emini, mem-bro dell’Assemblea parlamentare e responsabile della Commissione salute, lavoro e social welfa-re, Isabelle Servoz Gallucci, a capo dell’Ufficio del Consiglio d’Europa in Pristina, Joelle Vatcher, Vice Capo Missione di EULEX.
Kosovo e sicurezza
49
I case study trattati dimostrano come co-
ordinazione, cooperazione e compren-
sione tra KFOR, missioni civili e missioni
diplomatiche (sia di Stati che di Organiz-
zazioni Internazionali) ed istituzioni lo-
cali siano condizioni imprescindibili per
la soluzione delle problematiche connes-
se alla sicurezza del Kosovo. Quest’ul-
tima appare, infatti, influenzata da un
ampio spettro di fattori interdipendenti
che rende l’impiego del solo strumento
militare non più sufficiente, da solo, per
risolvere con successo l’acuirsi di una
possibile crisi.
L’approccio integrato, per garantire la
stabilità del complesso scenario locale,
evidenzia l’assenza di un netto confine
tra azione militare e civile, riflettendo il
paradigma della stretta interdipenden-
za tra sicurezza e sviluppo del Paese. In
sintesi, se non può esserci sviluppo senza
sicurezza, allo stesso tempo non può esi-
stere sicurezza se non viene garantito lo
sviluppo.
La situazione di sicurezza del Kosovo è
minata da forti fattori di volatilità, non
ultimo la divampante crisi economica ed
occupazionale che ha portato, nei primi
mesi del 2015, ad un esodo di massa dei
cittadini kosovari18, di cui la maggior par-
te giovani che, delusi nelle aspettative di
un futuro nel proprio Paese, hanno var-
cato illegalmente le frontiere alla volta
dei paesi dell’Unione Europea.
Il generale malcontento era già sfociato,
nel mese di gennaio, in due forti prote-
ste organizzate dai movimenti politici di
opposizione contro la leadership del pa-
ese, accusata di piegare le istituzioni ad
interessi personali e di partito e di non
aver preso provvedimenti per contene-
re l’aumento generalizzato dei prezzi, in
primis quelli per la fornitura di energia
elettrica.
Gli organizzatori hanno cercato, inoltre,
di mobilitare le masse, attorno a stori-
che frizioni con la minoranza kosova-
ro-serba, reclamando animatamente le
Adrjiana Hodzic è la Direttrice dell’Ufficio Amministrativo di Mitrovica Nord (c.d.
Mitrovica North Administrative Office, MNAO), dove ha ricoperto precedenti incar-
ichi di rilievo, quale capo progetto per la costituzione della nuova Municipalità. É
stata anche coordinatrice delle politiche di gestione dei flussi migratori, nell’amb-
ito dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni a Pristina.
Con quattro anni di esperienza nell’attuale incarico dirigenziale, la Hodzic è indis-
cutibilmente un punto di riferimento per tutta la Comunità Internazionale, data
la sua vasta ed approfondita conoscenza delle Istituzioni locali e della legislatura
locale. In occasione della Gender Conference ha così concluso il proprio inter-
vento: «Nessuno avrebbe mai creduto che una piccola donna come me potesse raggiungere risultati importanti in un ambiente così pieno di incertezze ed in una così delicata fase di transizione per il Nord del Paese. Credo che la chiave di successo, nell’ambito della mia organizzazione, sia stata la qual-ità messa in campo parimenti da uomini e donne. Ho un messaggio per le donne: non ricerchiamo semplicemente i nostri spazi in termini di poltrone disponibili, non occupiamo posizioni nell’ammin-istrazione solo perché ci spetta un certo numero di queste. Dobbiamo investire anzitutto in noi stesse e ricercare l’uguaglianza di genere sul piano della qualità che siamo in grado di mettere in campo, sul valore della nostra educazione, della nostra professionalità, della nostra dedizione al lavoro e della nostra onestà intellettuale…».
CONCLUSIONI
50
dimissioni del ministro Aleksandar Ja-
blanovic19 e portando alla ribalta la spi-
nosa questione della privatizzazione del
complesso industriale Trepca20 a Mitro-
vica. In questo articolato quadro sociale,
lungi dall’escludere il potenziale rischio
di escalation di tensioni interetniche in
un’area che ha vissuto una gravissima
crisi umanitaria, è evidente che il proble-
ma della sicurezza del Paese non è solo
dipendente dalla presenza rassicurante
di una forza militare garante della pace
ma anche, legato alla capacità delle Isti-
tuzioni locali di avviare un piano di rifor-
me strutturali necessarie ad assicurare i
servizi fondamentali per la ripresa eco-
nomica (infrastrutture e trasporti, pub-
blica amministrazione, sanità pubblica),
la creazione di posti di lavoro e, in sintesi,
il rilancio del Paese.
Il successo della missione KFOR risiede
quindi nella capacità dei suoi vertici stra-
tegici di rafforzare una solida partnership
con la Comunità internazionale, in ma-
niera tale da armonizzare obiettivi e pia-
nificare interventi sinergici a supporto
delle Istituzioni locali. La missione KFOR
è pertanto inscindibile dal contributo di
EULEX per la costituzione di uno stato
di diritto in Kosovo, come da quello della
Comunità internazionale, il cui dialogo
continuo con le istituzioni locali stimola
iniziative e programmi per rilanciare il
Paese da un punto di vista socio-econo-
mico.
In sintesi, la complessità dello scenario
sin qui rappresentato, pone tra le nuove
sfide di questa missione l’apertura all’a-
nalisi di domini non solo militari e lo
sviluppo di relazioni orizzontali esterne,
utili a tastare il polso della situazione ed
orientare le decisioni operative dei co-
mandanti.
Sul piano tattico, ciò si traduce in un’e-
voluzione capacitiva intelligence-driven,
dove acquisiscono rilievo le funzioni In-
telligence, Surveillance, Target Acquisition
and Reconnaissance, ed il ruolo degli as-
setti non cinetici, a diretto contatto con
la popolazione (Liaison and Monitoring
Team), deputati a fornire costantemente
l’aggiornamento del quadro informativo.
Kosovo e sicurezza
1. Per approfondimenti si rimanda a LUCIOLLI Fabrizio W., Organizzazioni Internazionali per la sicurezza, Centro Alti Studi per la Difesa, Ed.2014, p.4.
2. Per approfondimenti si rimanda a DE ANGELIS A., La dinamica dei sistemi complessi, gli effetti e gli obiettivi nella pianifi-cazione delle operazioni militari, in Informazioni della Difesa, periodico dello Stato Maggiore della Difesa, n. 6/2012, p.15.
3. L’Ufficio, a seguito dell’elezione di Goran RAKIC, quale sindaco di Mitrovica Nord, nel novembre 2013, sta progressivamen-te riversando le proprie competenze nella nuova municipalità.
4. La Kosovo Security Force (KSF) è stata istituita nel 2011, come forza multi-etnica, con compiti di risposta alle crisi, di prote-zione civile e neutralizzazione di ordigni esplosivi. Tale forza, addestrata dalla NATO con la missione Nato Advisoring and Mentoring Team (NLAT), opera su tutto il territorio kosovaro fatta eccezione nelle aree di etnia kosovaro-serba, a Nord del fiume Ibar, a meno di espressa autorizzazione della NATO. Tale restrizione è dovuta essenzialmente alla matrice etnica della KSF, per la quasi totalità costituita da kosovaro-albanesi. Al riguardo, l’inclusione delle minoranze è un punto fondamentale del Programma di Riforma del Settore strategico di sicurezza, costituendo un requisito indispensabile per la trasformazione della KSF in Forza Armata.
5. Comprensivi quindi di regioni che non fanno parte dello stato albanese, ovvero Kosovo, parte del Montenegro, della Mace-donia, della Grecia e della Serbia.
6. Nel 1994, Stati Uniti, Russia, Francia, Gran Bretagna e Germania danno vita al Gruppo di Contatto (Contact Group) per i Balcani, con lo scopo di trovare una soluzione diplomatica alla situazione della Ex Jugoslavia. Nella versione attivata nel 1998, per la crisi del Kosovo, l’Italia entra nel Gruppo di Contatto dove, assieme ad USA, Gran Bretagna, Francia e Germa-nia, costituisce il Quintetto dei Paesi NATO che affianca la Russia (QUINT). Nel marzo 2011, con l’avvio del dialogo Belgra-do-Pristina patrocinato dall’Unione Europea, si è di fatto determinata una divergenza tra Russia e QUINT nell’ambito del Gruppo di Contatto sulle politiche di partenariato nell’area balcanica.
7. Mitrovica Nord, Leposavic, Zubin Potok e Zvecan.8. La missione EULEX, European Union Rule of Law Mission in Kosovo, è stata istituita dall’Unione Europea per suppor-
tare le autorità del Kosovo (autoproclamatosi stato indipendente il 17 febbraio 2008) nella costituzione di uno Stato di diritto. L’azione di EULEX è incentrata principalmente nella riforma della magistratura, nel monitoraggio della polizia e nel contrasto alla criminalità.
9. Decisione adottata in forza di una facoltà assegnata al COMKFOR dal Segretario Generale della NATO e comunicata a suo tempo alle autorità governative kosovare. La restrizione è dovuta essenzialmente alla matrice etnica della KSF, per la quasi totalità costituita da kosovaro-albanesi, che rende problematico un loro impiego nel Nord del Paese per la possibile ostilità da parte della comunità kosovaro-serba. Cfr. nota 6.
10. Disponibile sul sito KFOR, in www.aco.nato.int/kfor/news-room/press-releases/ksf-diving-unit-to-operate-in-mitrovi-ca-municipality--.aspx.
11. Unità con compiti di situation awarness in tutto il Kosovo, attraverso un continuo contatto con le Istituzioni locali e la popolazione.
12. Imagery Intelligence.13. In sole 48 ore si è registrato un bilancio pesantissimo: 19 civili morti, circa 900 feriti, oltre 4.400 kosovaro-serbi evacuati da
KFOR per sottrarli alla violenza dei kosovaro-albanesi, 29 edifici religiosi serbo-ortodossi e un migliaio di abitazioni distrutte. 14. Cfr. Nota 6.15. Secondo ricerche condotte da metà gennaio ad oggi dal Kosovar Center for Security Studies, KCSS, nell’ambito dei paesi
con presenza di ECAI il Kosovo si colloca all’ottavo posto con 232 casi confermati ed una media di circa 125 foreign fighter per milione di abitanti. Al riguardo, il 13 marzo 2015, l’Assemblea kosovara ha approvato in seconda lettura il disegno di legge per la prevenzione della partecipazione dei cittadini kosovari a conflitti armati internazionali, a dimostrazione del forte impegno delle Istituzioni in Kosovo al contrasto del fenomeno.
16. Islamic State of Iraq and the Levant.17. Il c.d. Implementation Monitoring Committee, IMC, costituisce un organo di vigilanza sull’implementazione della legge sulle
c.d. Special Protected Zones, che regola lo sviluppo territoriale di aree di particolare valore dal punto di vista culturale, arti-stico e religioso, tra cui il monastero di Decane. Il comitato è stato istituito nel 2013, in base all’art.4 del citato disposto nor-mativo e prevede tra i suoi rappresentanti il Rappresentante Speciale dell’UE, il Capo missione OSCE, i vertici della Chiesa serbo-ortodossa ed i Ministri della Cultura e dell’Ambiente dell’autoproclamata Repubblica del Kosovo.
18. Il picco si è raggiunto a gennaio, quando circa 30.000 cittadini hanno lasciato il Kosovo, facilitati da organizzazioni crimi-nali, dietro pagamento di cifre pro-capite tra i 250 ed i 1.000 Euro. Nel mese di marzo è stata osservata la diminuzione del fenomeno, con il rientro coatto di cittadini kosovari cui è stata negata la richiesto di asilo politico da parte degli Stati europei.
19. Il Ministro per le Communities and Returns, di etnia kosovaro-serba, aveva rilasciato dichiarazioni ritenute offensive dalla comunità kosovaro-albanese di Gjakova, a seguito di aggressioni subite da pellegrini serbi nella stessa municipalità, in occa-sione del Natale ortodosso. Il Primo Ministro Isa Mustafa ha dimesso Jablanovic il febbraio 2015.
20. Complesso minerario e siderurgico sull’orlo del fallimento per deficit non più sostenibili. Al fine di evitare il licenziamento in tronco di circa 2.700 dipendenti, il Governo ha proposto un emendamento alla legge sulla riforma delle imprese pubbliche, prevedendo l’esclusione della Trepca dall’elenco di quelle da privatizzare. Al riguardo, si è sviluppato un contenzioso con il Governo Serbo che, non riconoscendo lo status del Kosovo, rivendica i propri diritti di proprietà sul complesso minerario, proveniente dal patrimonio federale della Ex Jugoslavia.
21. La risoluzione estende a tutte le Parti in conflitto e alle Parti “terze” gli impegni derivanti dalla c.d. Convention on the elim-ination of all forms of discrimination against women (CEDAW), elaborata dalle Nazioni Unite e ratificata dall’Italia il 10 giugno 1985, quali la piena partecipazione delle donne nei processi decisionali a tutti i livelli, il ripudio della violenza contro le donne, l’esigenza della loro protezione e la valorizzazione delle loro esperienze.
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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICIPubblicazioni militariNATO, ACO Comprehensive Operations Planning Directive (CODP), Ed. 17 dicembre 2010Fonti EditeKFOR, 1st KFOR Gender Conference, in KFOR Chronicle, edizione speciale del 17 giugno 2015DE ANGELIS A., La dinamica dei sistemi complessi, gli effetti e gli obiettivi nella pianificazione delle operazioni militari, in Informazioni della Difesa , periodico dello Stato Maggiore della Difesa, n. 6/2012VULTAGGIO G., The comprehensive approach, in Informazioni della Difesa, periodico dello Stato Maggiore della Difesa, n. 5/2011KURSANI Shpend, Report inquiring into the causes and consequences of Kosovo citizens’ involvement as foreign fighters in Syria and Iraq, Kosovar Center for Security Studies, Ed. aprile 2015LUCIOLLI Fabrizio W., Organizzazioni Internazionali per la sicurezza, Centro Alti Studi per la Difesa, Ed.2014Internet:NATO, Military Technical Agreement between the International Security Force (“KFOR”) and the Governments of the Federal Republic of Yugoslavia and the Republic of Serbia, 9 june 1999in http://www.nato.int/kosovo/docu/a990609a.htmKFOR, KSF diving unit to operate in Mitrovica municipality,in http://www.aco.nato.int/kfor/news-room/press-releases/ksf-diving-unit-to-operate-in-mitrovica-municipality--.aspxUN, UNSCR n. 1325 (2000) in http:/www.un.org/en/ga/search/view_doc.asp?symbol=S/RES/1325(2000)Nato Action Plan on Mainstreaming UNSCR 1325 in NATO-Led Operations and Missions, 17 nov 2010, in http://www.nato.int/nato_static_fl2014/assets/pdf/pdf_2014_06/20140626_140626-wps-action-plan.pdfNATO, Bi-SC Directive 40-1, Integrating UNSCR 1325 and Gender Perspectives in the NATO Command Structure Including Measures for Protection During Armed Conflict, 8 Aug 2012 in http://www.nato.int/nato_static_fl2014/assets/pdf/pdf_2015_04/20150414_20120808_NU_Bi-SCD_40-11.pdfKFOR, COMKFOR met with the NATO Secretery General’s Special Representantive for women, peace and security, in http://aco.nato.int/kfor/news-room/press-releases/comkfor-met-with-the-nato-secretary-generals-special-representative-for-women--peace-and-security.aspxKFOR, KFOR: attention on gender perspective, inhttp://www.aco.nato.int/kfor/news-room/articles/kosovo-attention-on-gender-perspective.aspx
Kosovo e sicurezza
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Generale Meccatronica Applicatawww.gmagroup.it
aXitude una divisione G.M.A S.r.l.
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Intervista a Giuseppe Maresca, del Ministero
dell’Economia e Finanze, Direttore Generaleper la prevenzione
dell’utilizzo del sistema finanziario per fini illegali
Contrastare il finanziamentodel terrorismo
a cura di Costantino MORETTI
TECNICA,PROFESSIONE
E SOCIETÀ
Dopo gli attacchi dell’11 settem-
bre 2001 il mondo ha preso
coscienza della pervasività del
terrorismo internazionale. In adesione
alle risoluzioni adottate in sede ONU e in
ottemperanza alle decisioni scaturite in
ambito UE, l’Italia sin dai primi momen-
ti ha predisposto una serie di interventi
normativi affinché la lotta al terrorismo
venisse portata avanti in maniera inte-
grata sotto tutte le dimensioni utili: inda-
gini investigative, attività di prevenzione,
azione politico-diplomatica, dialogo inter-
culturale e interreligioso, sicurezza dei
trasporti e, non ultimo, contrasto ai flussi
di finanziamento.
La questione della lotta al terrorismo, visti
gli sviluppi contingenti che interessano
molti Paesi dell’area meridionale del Me-
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diterraneo, continua ad essere al centro
del dibattito non solo in ambito europeo.
Per comprendere meglio le azioni di con-
trasto poste in essere dall’Italia, dall’UE e
dalle altre organizzazioni internazionali
nei confronti delle organizzazioni terrori-
stiche internazionali nella loro dimensio-
ne finanziaria, Informazioni della Difesa
ha intervistato il dott. Giuseppe Maresca,
Direttore Generale per la Prevenzione
dell’Utilizzo del Sistema Finanziario per
Fini Illegali del Ministero dell’Economia e
delle Finanze.
Dottor Maresca, una domanda che molti
non addetti ai lavori si pongono: quali
sono, a Suo avviso, i canali di finanzia-
mento di una organizzazione terroristica
in generale ed in particolare quelle di
matrice islamica?
Il terrorismo ha diverse matrici e diverse
caratteristiche. Il terrorismo di matrice
confessionale, più correttamente quello
che fa capo a correnti islamiche estremi-
ste e che trova un modello originale in Al
Qaeda, ha da sempre avuto come obbietti-
vo quello di portare il terrore nel cuore dei
paesi che intendono combatterlo. Lo stato
islamico della Siria e del Levante, o Islamic
State (IS), ha per la prima volta assunto
una connotazione territoriale che era as-
sente sia in Al Qaeda sia nei diversi gruppi
che lo hanno seguito ed emulato in questi
anni. Approfittando del vuoto di potere
causato dalla crisi degli Stati iracheno e si-
riano, l’IS ha occupato e tutt’ora controlla
una importante zona di territorio a caval-
lo dei due stati. La fonte di finanziamen-
to più importante deriva quindi proprio
dalle risorse di cui può disporre a seguito
di questa occupazione, a cominciare dai
valori detenuti nelle banche presenti nei
territori occupati. Si ritiene che la razzia
delle banche irachene abbia fruttato all’IS
una somma rilevante, stimabile in alme-
no 600 milioni di euro. Un’altra fonte im-
portante è rappresentata dall’estrazione e
commercializzazione del petrolio e di altre
materie prime (ad esempio fosfati). Que-
ste fonti di reddito, soprattutto il petrolio,
pur potenzialmente molto redditizie, sono
tuttavia limitate dalle difficoltà tecniche e
logistiche di estrazione nonché da quel-
le di commercializzazione che si avvale
della rete esistente di contrabbandieri.
Un’altra forma di finanziamento è quella
del taglieggiamento della popolazione, a
cominciare dalle confische (tassazioni) dei
prodotti agricoli e degli stipendi dei dipen-
denti pubblici. Infine, non va sottovaluta-
ta la vendita dei prodotti archeologici e ar-
tistici razziati nei territori occupati. Oltre
a queste forme di finanziamento, tipiche
dell’IS in quanto derivanti direttamente
dell’occupazione/controllo dei territori,
56
vi sono anche i riscatti derivanti dai rapi-
menti e le donazioni. Una stima corretta
dei primi continua a non essere facile,
anche per la riservatezza delle trattative;
si ritiene comunque che possano essere
consistenti sebbene di difficile previsione,
le donazioni sembrano avere un’impor-
tanza assai inferiore rispetto a quelle che
venivano/vengono effettuate a favore dei
movimenti terroristi che hanno precedu-
to l’IS. Da questo quadro si può desumere
che ad oggi l’IS può contare su fondi ab-
bondanti, soprattutto per i soldi razziati
dalle banche, tanto che la preoccupazione
maggiore è quella di evitare che tali di-
sponibilità siano utilizzate per finanziare
e rafforzare movimenti esterni all’IS che
a questo si ispirano o si richiamano. Inol-
tre, poiché la razzia delle banche avviene,
almeno in assenza di ulteriori espansioni
territoriali del movimento, una tantum, si
teme che l’IS possa cercare di sviluppare
la altre fonti di finanziamento, in partico-
lare le donazioni, anche utilizzando mo-
derne tecniche quali il crowdfunding.
Con la Legge 431/2001 l’Italia ha posto le
basi e si è dotata degli strumenti necessari
per reprimere e contrastare il finanzia-
mento del terrorismo internazionale. Può
descriverci come si esplica l’azione italiana?
L’Italia ha iniziato a rispondere ai pericoli
del finanziamento del terrorismo imme-
diatamente dopo gli attacchi del settembre
2001 alle Torri gemelle. Nell’ottobre dello
stesso anno l’Italia ha infatti sottoscritto
le 8 Raccomandazioni speciali del Grup-
po d’Azione Finanziaria (GAFI)1 contro il
1 Il Gruppo d’Azione Finanziaria è un or-ganismo intergovernativo che ha l’obiettivo di fissare standard comuni e promuovere misure ed azioni le-gali, normative e operative per una efficace lotta al
finanziamento del terrorismo, dandone
immediata attuazione con due decreti
legge del novembre dello stesso anno. Il
Comitato di sicurezza finanziaria (CSF),
costituito allora, composto da tutte le am-
ministrazioni che hanno un ruolo nella
prevenzione e repressione del terrorismo,
coordina l’azione nazionale - in linea con
quella internazionale - per bloccare tutte
le forme e i mezzi di finanziamento del-
le azioni di terrorismo, sia nazionale sia
internazionale. Dando puntuale e tem-
pestiva applicazione alle decisioni del Co-
mitato di sicurezza delle Nazioni Unite, il
CSF monitora le azioni di congelamento e
blocco dei flussi e degli stock di denaro e
altri beni economici collegati o collegabili
a soggetti o gruppi implicati in organizza-
zioni a fini terroristici.
Le misure sanzionatorie adottate dall’Ita-
lia e dall’UE, in attuazione di risoluzioni
del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, sono
recepite senza contraddittorio con i sog-
getti da sanzionare e sono state tacciate
di essere in contrasto con i diritti e le
libertà fondamentali sanciti dalla legisla-
zione UE in materia di diritti umani. Lei
che ne pensa?
Le azioni di blocco delle transazioni e di
congelamento dei beni possono avere
connotati e caratteristiche diverse e pos-
sono avere a oggetto denaro e beni di
persone fisiche o di entità giuridiche pri-
vate o pubbliche. È vero che soprattutto
nei primi anni, nei quali l’attenzione era
focalizzata su singoli esponenti di Al Qa-
eda e del regime dei Talebani, l’urgenza
d’intervenire ha portato con sé numerosi
riciclaggio di denaro, al finanziamento del terrorismo e ad altre minacce correlate all’integrità del sistema fi-nanziario internazionale.
Contrastare il finanziamento al terrorismo
57
errori d’identificazione dei soggetti listati,
a partire da apparentemente banali errori
di trascrizione dall’alfabeto arabo. Tuttavia
le procedure di listing si sono progressiva-
mente fatte più robuste e più attente alle
osservazioni e alle censure provenienti in
particolare dalla Corte europea di giustizia.
Inoltre dobbiamo ricordarci che non tutte
le sanzioni sono appuntate sugli individui;
anzi, la maggior parte dei regimi sanziona-
tori oggi ha come oggetto particolari cate-
gorie di popolazione, quali il dittatore e il
suo entourage familiare e di clan.
Resta indubbio che le sanzioni si sono fi-
nora dimostrate uno strumento flessibile,
efficace e facilmente adattabile a diverse
situazioni. In molti casi le sanzioni rap-
presentano l’unica risposta possibile tra il
subire passivamente il pericolo terrorista
e l’azione militare. In un articolo apparso
lo scorso 5 marzo sul quotidiano ingle-
se The Guardian, alcune organizzazioni
di beneficenza internazionali, presenti
nelle stesse zone ove operano i terroristi,
lamentano il fatto che il sistema bancario
inglese tenda a non eseguire transazioni
finanziarie a loro favore per evitare il ri-
schio che possano essere accusate di pos-
sibili collusioni con il terrorismo interna-
zionale e, quindi, per non incorrere nelle
conseguenti sanzioni.
A suo avviso è possibile che organiz-
zazioni di beneficenza possano essere
utilizzate da organizzazioni terroristiche
quale schermo per ottenere finanziamen-
ti in maniera illecita?
Le organizzazioni benefiche si prestano
facilmente a essere utilizzate per trasferi-
re somme di denaro per finalità di terrori-
smo, e questo nei due sensi: sia per finan-
ziare cellule terroriste nei nostri paesi, sia
per finanziare l’organizzazione madre. Le
organizzazioni benefiche possono essere
costituite e sciolte con estrema facilità e
rapidità, sono soggette a pochissimi con-
trolli e possono persino raccogliere i con-
tributi di persone ignare della reale desti-
nazione dei fondi.
Ricordiamo che in Italia l’associazionismo
è protetto costituzionalmente e la sua
diffusione capillare ne rende difficile un
controllo continuo e dettagliato. Fin dal
2002 gli intermediari finanziari sono stati
allertati a prestare particolare attenzione
alle movimentazioni anomale di fondi da
parte di associazioni varie.
L’attenzione richiesta agli intermediari fi-
nanziari può naturalmente produrre una
reazione di esagerata prudenza da parte
di questi ultimi, a protezione della loro re-
putazione.
Un’attenta valutazione del titolare effetti-
vo da parte delle banche, agevolato da una
spontanea collaborazione e trasparenza
da parte delle associazioni, aiuta sicura-
mente a ridurre questi effetti indesiderati.
Non è facile fare una stima dell’impor-
tanza delle charities quale canale di finan-
ziamento del terrorismo, anche perché le
modalità di trasferimento dei fondi rac-
colti sono diverse e non tutte facilmente
tracciabili.
Che sia un fenomeno che continua è di-
mostrato dalla scoperta periodica di casi,
che vanno dall’attività della moschea di
Via Jenner a Milano, alla recente cellu-
la sarda che finanziava sedicenti scuole
islamiche nei territori di formazione dei
terroristi.
58
Il referendum con il quale lo scor-
so anno la Crimea decise di di-
staccarsi da Kiev e ricongiungersi
alla Russia ha rappresentato il momento
più critico della grave crisi politica aper-
tasi in Ucraina con la caduta di Yanuko-
vich. Da allora la situazione nel Paese è
però ulteriormente peggiorata e gli scon-
tri armati si sono estesi anche alle regioni
orientali. Di seguito, si analizzeranno pri-
ma tutti gli aspetti, inclusi quelli giuridici
ed economici, della questione crimeana,
poi la situazione attualmente esistente
in Ucraina sul piano politico e militare ed
infine gli scenari strategici che la crisi sta
producendo nella regione.
La situazione politica ed economica in
Crimea
Abitata in larga maggioranza da rus-
La Crimea per Mosca riveste un’importanza strategica
fondamentale resa ancora più rilevante dal fatto che,
per effetto della crisi siriana, il governo russo si è trovato
nell’impossibilità di utilizzare il porto di Tartu per le operazioni
nel Mediterraneo
UcrainaUn anno dopo la crisi
Rodolfo Bastianelli
OSSERVATORIO STRATEGICO
59
sofoni – il 65% della popolazione della
penisola ed il 75% di quella di Sebasto-
poli – la Crimea è stata parte integrante
dell’Impero Russo fin dal 1783 passando
sotto la sovranità di Kiev nel 1954 quan-
do Khruscev la cedette all’Ucraina in
segno di amicizia e per celebrare il tre-
centesimo anniversario dell’unione con
l’Impero zarista. Dopo il raggiungimento
dell’indipendenza ucraina, Mosca e Kiev
nel 1994 siglarono un’intesa in base alla
quale da un lato la Russia si impegnava
a rispettare l’integrità territoriale dell’U-
craina, mentre dall’altro Kiev garantiva
alla penisola uno status autonomo con un
proprio Presidente, Governo e Parlamen-
to, anche se, dopo le modifiche apportate
all’accordo dalla “Rada” ucraina nel 1995,
il posto di Presidente è stato soppresso
ed il capo dell’esecutivo locale non viene
più eletto direttamente ma designato da
Kiev. Sede della flotta russa del Mar Nero,
per Mosca la penisola crimeana riveste
un’importanza strategica fondamenta-
le. Ed è proprio da questo punto che si
deve partire per comprendere gli eventi
di questi ultimi tempi. Dopo la dissoluzio-
ne dell’Unione Sovietica, nel 1997 Russia
ed Ucraina firmarono un accordo in base
al quale i due Paesi si dividevano in par-
ti uguali la flotta ex – sovietica del Mar
Nero e si concedeva a Mosca il diritto di
utilizzare per vent’anni le strutture por-
tuali di Sebastopoli dietro il pagamento
di 97,76 Milioni di Dollari annui a cui si
dovevano aggiungere gli oltre 200 Milio-
ni di Dollari versati come contributo per
il trasferimento in territorio russo delle
forze nucleari strategiche ucraine1.
Con la flotta russa del Mar Nero dislocata
a Sebastopoli, la quale è stata usata dalle
forze navali russe per il pattugliamen-
to del Mar Nero durante il conflitto del
2008 tra Georgia ed Ossezia e per le azio-
ni anti – pirateria nell’Oceano Indiano, la
Crimea per Mosca riveste un’importanza
strategica fondamentale resa ancora più
rilevante dal fatto che, per effetto della
© Roberto TRAVAN
60
crisi siriana, il governo russo si è trova-
to nell’impossibilità di utilizzare il porto
di Tartu per le operazioni nel Mediter-
raneo. Stando all’intesa firmata tra i due
Paesi nel 2010, Kiev ha concesso a Mosca
il diritto di utilizzare l’installazione fino
al 2042, unitamente ad un’opzione che
prevede la possibilità di estendere il pe-
riodo per ulteriori cinque anni, in cambio
di una riduzione del 30% sul prezzo delle
forniture di gas provenienti dalla Russia.
Come è stato sottolineato in un’analisi ap-
parsa nel Febbraio dello scorso anno sul
“Financial Times”, l’eventuale perdita della
base di Sebastopoli costringerebbe la Ma-
rina russa a ripiegare sul porto di Novo-
rossisk, una località situata sulla costa del
Mar Nero che serve già come importante
scalo commerciale ma che, sul piano mili-
tare, ben difficilmente potrebbe sostituire
la base di Sebastopoli come approdo per la
flotta. Se sul piano politico con l’annessio-
ne della Crimea Mosca ha fortemente de-
teriorato la sua immagine internaziona-
le, da quello finanziario i costi potrebbero
essere ancora più rilevanti. La penisola
difatti dipendeva fortemente da Kiev che
copriva il 70% del suo bilancio mentre lo
stesso fabbisogno energetico arrivava in
massima parte da forniture provenienti
dal resto dell’Ucraina, un quadro quindi
assai critico che, a detta degli analisti, co-
stringerà Mosca a spendere molto di più
dei 5-6 Miliardi di Dollari di investimenti
già programmati, e questo senza contare
i costi aggiuntivi derivanti dall’introdu-
zione del Rublo e dalla conseguente in-
tegrazione dei due sistemi bancari che si
renderà necessaria2. Ma se la situazione
economica russa non appare certo favo-
revole, quella ucraina si presenta addi-
rittura sull’orlo del collasso. Subito dopo
la caduta di Yanukovich, una nota dalla
“Bank of America Merrill Lynch” sottoli-
neava come l’Ucraina dovesse rimbor-
sare solo nel 2014 prestiti per 9 Miliardi
di Euro, ai quali si dovevano aggiunge-
re altri 3,6 Miliardi da restituire al FMI
e 1,5 Miliardi di obbligazioni europee in
scadenza a Giugno dello stesso anno.
Lo stato delle finanze ucraine è dunque
quantomai difficile. La moneta nazionale,
la “Grivna”, dall’inizio della crisi si è for-
temente deprezzata e le riserve valutarie
sono scese ad un livello ormai critico, tan-
to che, secondo l’agenzia di rating “Moo-
dy’s”, l’Ucraina deve ricapitalizzare le sue
banche e la compagnia statale “Naftogaz”,
due elementi che, uniti al debito di 3 Mi-
liardi di Dollari verso la Russia ed ai 10
Miliardi necessari per assicurare il paga-
mento delle obbligazioni estere in sca-
denza quest’anno, rendono le possibilità
di un default estremamente alte.
Il quadro esistente e le soluzioni possibili
Il timore della comunità internazionale
è che la Crimea costituisca non solo un
pericoloso precedente, ma anche essere
la prima di una serie di ulteriori incor-
porazioni territoriali attuate da Mosca
nel territorio ex – sovietico. La prima di
queste riguarda la Transnistria, la re-
gione a maggioranza russa situata nella
parte orientale della Moldova che dopo
la rivolta esplosa nel 1992 è di fatto indi-
pendente dal governo di Chisinau, dove il
Soviet Supremo locale pochi giorni dopo il
referendum crimeano aveva chiesto alla
Duma di varare una legge che consenta
Ucraina
61
alla regione di riunirsi alla Russia3. Nei
mesi successivi all’incorporazione della
Crimea, la situazione militare e politica
è andata difatti ulteriormente deterio-
randosi. A seguito dell’attacco condotto
da forze separatiste contro le locali sedi
istituzionali, nell’Aprile 2014 nei terri-
tori orientali corrispondenti alla storica
regione della “Novorossiya” gli insurgen-
ti filo – russi hanno auto – proclamato la
“Repubblica Popolare del Donetsk”, un’en-
tità statale non riconosciuta guidata da
Alexander Zaharchenko, mentre un’ana-
loga situazione si è registrata nella parte
meridionale dell’oblast di Luhansk dove i
separatisti hanno dichiarato autonoma-
mente la “Repubblica Popolare di Luhan-
sk”, anch’essa priva di riconoscimento
internazionale. In entrambi i territori,
due referendum convocati nel Maggio
seguente hanno poi sancito a stragrande
maggioranza il distacco da Kiev. In que-
sto difficile contesto, si è inserito prima
il piano in quindici punti presentato a
Giugno dello scorso anno dal neo – elet-
to Presidente ucraino Petro Poroshenko,
nel quale si proponevano una serie di
misure tese a favorire la pacificazione, e
successivamente l’azione della comunità
internazionale per arrivare ad un cessate
il fuoco tra il governo di Kiev e le forze
separatiste filo – russe. Sotto gli auspici
del “Gruppo Trilaterale di Contatto per
l’Ucraina” – il terzetto formato da Russia,
Ucraina ed OSCE – il 5 Settembre 2014 si
è quindi giunti alla firma del “Protocollo di
Minsk” che, riprendendo gran parte delle
proposte contenute nel piano avanzato da
Poroshenko, impone alle parti un imme-
diato cessate il fuoco ed il rilascio di tutti
gli ostaggi, richiede l’immediato ritiro dei
combattenti stranieri presenti nel Paese e
l’avvio di un programma di ricostruzione
della regione del Donbass ed infine impe-
gna il governo di Kiev a varare una rifor-
ma costituzionale per introdurre nel Pa-
ese la decentralizzazione tenendo conto
delle particolarità esistenti nelle regioni
di Donetsk e Luhansk4. Tuttavia l’intesa
non ha condotto ad alcun miglioramento
della situazione né sul piano politico né
su quello militare. Così, lo scorso Febbra-
io, Putin e Poroshenko, unitamente al
Presidente francese François Hollande
ed al Cancelliere tedesco Angela Merkel,
hanno siglato nella capitale bielorussa
una nuova intesa, indicata con il nome
di “Minsk II”, nella quale si riaffermano
le linee – guida già espresse nell’accordo
raggiunto a Settembre proponendo l’i-
stituzione di una “zona – cuscinetto” alla
frontiera tra Russia ed Ucraina moni-
torata da ispettori dell’OSCE unitamen-
te al varo di tutta una serie di ulteriori
misure tese a favorire la ripresa del dia-
logo e la pacificazione5. Resta da vedere
quali soluzioni esistono concretamente
per risolvere la crisi ucraina. I mezzi di
cui dispongono l’Europa e gli Stati Uniti
sono alquanto limitati. Esclusa qualsiasi
opzione militare, le sanzioni economiche
hanno dimostrato di avere un impatto
limitato sugli Stati Uniti ma invece assai
rilevante sui Paesi europei vista la loro
dipendenza energetica da Mosca e gli im-
portanti livelli di interscambio commer-
ciale con la Russia esistenti in alcuni Pa-
esi. Per il Cremlino invece, un’eventuale
apertura verso Kiev od un atteggiamento
ritenuto troppo accomodante verso Bru-
62
xelles e Washington avrebbe un impat-
to negativo sul piano interno, in quanto
proprio con l’intervento in Ucraina Putin
ha inteso inviare un segnale “forte” alle
altre Repubbliche ex – sovietiche per dis-
suaderle da intraprendere svolte in senso
filo – occidentale e ricordagli come Mosca
sia pronta ad intervenire.
Gli scenari strategici e le ragioni di Mo-
sca e Kiev
Ad una prima analisi, le ragioni della cri-
si ucraina vanno ricercate da un parte
nell’intenzione di Mosca di preservare
il suo spazio d’influenza in un Paese da
sempre considerato il retroterra naturale
della nazione russa vista la presenza di
almeno 7,5 milioni di russofoni residenti
insieme ai molti altri cittadini con un pas-
saporto della Federazione Russa, dall’al-
tro nelle aspirazioni di Kiev di rinsaldare
i suoi legami con l’Unione Europea allen-
tando parallelamente quelli con il vicino
russo. Tuttavia, come riportato da un’a-
nalisi dell’ “International Institute for Stra-
tegic Studies” (IISS) i motivi appaiono però
molto più complessi e sfumati. Ad inizia-
re da quelli per cui alla base delle proteste
che hanno portato alla caduta del gover-
no di Yanukovich vi sia l’atteggiamento
europeista della popolazione ucraina. Se
difatti non si può negare come la maggior
parte degli abitanti del Paese aspiri a rag-
giungere gli standard di vita dell’Europa
occidentale ed a disporre della medesima
libertà di movimento, è comunque altret-
tanto vero che la percentuale di quelli che
realmente auspicano un ingresso di Kiev
nell’Unione Europea sia minoritaria. Più
verosimilmente, senza una escalation nel
confronto e l’esplodere degli scontri la
cui responsabilità ricade sia sulla decisio-
ne del governo di ricorrere alla forza ma
anche sui toni sempre più radicali assunti
dai manifestanti, le proteste si sarebbero
andate progressivamente placando per
poi, forse, dissolversi. Non meno difficili
da spiegare appaiono però le ragioni che
hanno spinto Mosca ad assumere una li-
nea di scontro nei riguardi di Kiev e della
comunità internazionale. Fino al 21 Feb-
braio 2014, data in cui il “terzetto di Wei-
mar” formato da Polonia, Francia e Ger-
mania aveva raggiunto un’intesa in base
alla quale in Ucraina si sarebbe dovuto
formare un esecutivo di unità nazionale,
applicare le disposizioni della Costituzio-
ne del 2004 e convocare delle elezioni
presidenziali entro il mese di Maggio,
l’atteggiamento del Cremlino era rimasto
improntato agli stessi principi che aveva-
no sempre inspirato la sua politica estera,
ovvero garantire la sicurezza nazionale
russa, impedire l’arrivo al potere di forze
tendenzialmente ostili pronte a rinego-
ziare gli accordi economici bilaterali e, so-
prattutto, evitare che i governi in carica
venissero rovesciati con il consenso taci-
to od esplicito dei Paesi occidentali.
La destituzione di Yanukovich e l’arrivo
al potere del nuovo governo, considerato
dal Cremlino di chiara impronta nazio-
nalista, hanno probabilmente convinto
Putin a ritenere che in Ucraina stesse
per verificarsi lo scenario peggiore per la
Russia spingendolo così ad assumere una
linea molto interventista. Tuttavia, per
alcuni osservatori, l’atteggiamento preso
nei confronti dell’Ucraina potrebbe rap-
presentare il segnale che la politica russa
Ucraina
63
è pronta ad assumere una posizione più
aggressiva verso gli Stati vicini, magari
utilizzando le aspirazioni autonomiste
delle locali popolazioni russofone per
concretizzare le proprie aspirazioni ge-
opolitiche o di espansione territoriale. Si
tratterebbe però di una linea quantomai
rischiosa, visto che le minoranze russe
residenti in Ucraina risultano per Mo-
sca, paradossalmente, essere più utili al
di fuori dei confini nazionali. Attraverso
l’azione della minoranza russa residente
nelle regioni orientali, Mosca può condi-
zionare le scelte dell’Ucraina e lo stesso
esito delle consultazioni elettorali così da
conservare la propria influenza politica
sul Paese, cosa che risulterebbe molto più
difficile nel caso questa venisse invece
inglobata nel territorio russo, senza con-
tare inoltre gli altissimi costi economici e
finanziari che una tale operazione com-
porterebbe6. Ma è sul piano strategico che
le conseguenze del distacco della Crimea
rischiano di produrre gli effetti più rile-
vanti non solo per i rapporti bilaterali tra
Mosca e Kiev ma anche per gli equilibri
militari dell’intero Mar Nero. Se per l’U-
craina perdere la Crimea significhereb-
be vedere fortemente ridimensionate le
capacità della propria marina ed aero-
nautica, al contrario per Mosca l’acqui-
sizione della penisola consentirebbe alla
flotta russa del Mar Nero di poter incre-
mentare i propri effettivi di stanza nelle
diverse basi limitati, in base alle disposi-
zioni dell’accordo sottoscritto nel 1997,
a 25.000 unità e 22 aerei da combatti-
mento, cosa che al momento la rende per
dimensioni più piccola solo alla flottiglia
dislocata nel Mar Caspio. La posizione
russa verrebbe quindi a rafforzarsi con-
siderevolmente, e questo in una regio-
ne dove Mosca ha ripreso ad esercitare
la sua influenza. Se il crollo dell’Unione
Sovietica e la grave crisi in cui versava la
Russia agli inizi degli anni Novanta ave-
vano notevolmente indebolito le capacità
russe nel Mar Nero, con la ripresa econo-
mica e l’aumento del prezzo del petrolio
Mosca ha potuto incrementare le spese
militari le quali, pur mantenendosi ad un
livello molto più limitato rispetto all’e-
ra sovietica e considerevolmente basse
in rapporto alle dimensioni delle Forze
Armate, rimangono però decisamente
superiori a quelle degli altri Paesi dell’a-
rea. Inoltre, si deve poi sottolineare come
la stessa Turchia, dopo che i rapporti tra
Ankara e la NATO si sono raffreddati,
non è parsa intenzionata a portare avanti
una politica di contenimento verso Mo-
sca, come dimostrato dall’indisponibilità
da parte del governo turco a modificare
il contenuto dell’accordo di Montreux
con cui si regola l’accesso agli Stretti ed
al Mar Nero7. La crisi ucraina rimane
quindi complicata e con una comunità in-
ternazionale che dispone di una serie di
opzioni limitate per risolverla. Non è un
caso che da alcune parti si sia avanzata
la proposta per una sorta di “finlandizza-
zione” dell’Ucraina, con la quale il Paese
si aprirebbe a più stretti legami con Bru-
xelles e gli Stati Uniti senza però entrare
nella NATO e nell’Unione Europea, così
da non suscitare l’irritazione russa e tra-
sformare il Paese da potenziale terreno di
scontro a luogo d’incontro tra Russia ed
Occidente.
64
Note
1 Sul contenuto dell’accordo del 1997 vedi lo studio Ukraine, Russia and the Black Sea Fleet Accords, WWS Case Study 2/99, Defense Technical Information Center, Fort Belvoir 1999.
2 Si deve poi sottolineare come degli abitanti della Crimea almeno 560.000 sono pensionati e 200.000 di-pendenti pubblici, tanto che, una volta incorporata alla Russia, la regione avrà una delle economie più di-pendenti dai contributi statali del Paese. Questo, ovviamente, produrrà un ulteriore impatto negativo sulla crescita economica russa. Sull’argomento vedi Ukraine Crimea: Russia’s economic fears, BBC News Europe, 7 Marzo 2014, Crimea Annexation Threatens Already Weakened Russian Economy, Radio Free Europe Radio Liberty, 22 Marzo 2014 e Why annexing Crimea may prove costly for Russia, CNN International, 17 Marzo 2014.
3 Sulle ripercussioni che potrebbe avere la secessione crimeana sulla Transnistria vedi l’articolo Russian tro-ops poised to “run” into Moldova, Nato commander warns, apparso su “The Daily Telegraph” il 23 Marzo 2014.
4 Lo scorso Gennaio il Presidente ucraino Poroshenko ha istituito una commissione che, con l’aiuto degli esperti, redigerà il nuovo testo costituzionale nel quale vi saranno contenute le disposizioni sulla decentraliz-zazione e le prerogative dei governi locali. L’approvazione è prevista per il prossimo autunno.
5 Le misure comprendono poi il ritiro di tutte le armi pesanti possedute da entrambe le parti, il varo di un’am-nistia per tutti i leader coinvolti nel conflitto in Ucraina orientale, il rilascio dei prigionieri, la convocazione di elezioni locali nelle aree sotto il controllo dei separatisti, l’invio di aiuti umanitari, il ritiro dei gruppi armati ir-regolari dal territorio ucraino e l’avvio di un programma di ricostruzione per le aree devastate dal conflitto. Il governo ucraino sostiene però come almeno 9.000 militari russi siano tuttora presenti nelle regioni orientali in appoggio ai separatisti, mentre la NATO, pur non confermando queste cifre, stima comunque che Mosca abbia inviato almeno un migliaio di specialisti dell’intelligence militare nelle aree interessate dai combatti-menti. In merito alla convocazione delle elezioni locali, Kiev sottolinea poi come già nell’intesa di Settembre era prevista l’indizione delle consultazioni per il mese di Novembre, ma le autorità separatiste prima della scadenza hanno deciso di rinviare il voto, un gesto ritenuto come una chiara violazione del cessate il fuoco. Restano infine dei dubbi sull’efficacia di un’eventuale “zona cuscinetto” al confine tra i due Paesi, in quanto finora gli ispettori dell’OSCE non sono stati in grado di controllare i convogli russi mentre vi è il sospetto che gli armamenti siano giunti ai separatisti camuffati da aiuti umanitari. Vedi sui punti dell’intesa Ukraine ceasefire: The 12-point plan, BBC News, 9 Febbraio 2015.
6 Sullo scenario strategico vedi l’analisi Russia’s unclear motives in Ukraine, International Institute for Stra-tegic Studies ( IISS ), 3 Marzo 2014.
7 L’accordo di Montreux del 1936 riconosce la sovranità turca sugli Stretti, consente il libero transito del naviglio mercantile, fissa in ventuno giorni il periodo di stazionamento nel Mar Nero per le navi militari appartenenti ai Paesi non rivieraschi e limita in alcuni periodi il numero delle unità militari autorizzate ad attraversare gli Stretti. Durante gli anni della “guerra fredda”, proprio questa disposizione consentiva di limitare la capacità della marina sovietica di trasferire in breve tempo le unità navali dal Mar Nero al Mar Mediterraneo. Su questo e gli equilibri militari esistenti nella regione vedi özgur özdamar, Security and mili-tary balance in the Black Sea region, apparso su “Southeast European and Black Sea Studies”, Vol. 10, No.3, Settembre 2010, pagg. 341 – 359.
Ucraina
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SICUREZZA dello STATOSoluzioni e Servizi di IntelligenceAnalisi delle Minacce CiberneticheSistemi di Sicurezza per Infrastrutture CriticheGestione della Cyber SecurityCentri Operativi di Sicurezza (SOC, CERT)
PUBBLICA AMMINISTRAZIONE e SANITA’Carta dei Servizi e Anagrafe Regionale - Fascicolo Sanitario Elettronico - Sistemi Informativi Regionali Sistemi per la gestione ed il monitoraggio delle agevolazioni rivolte ad Imprese e CittadiniSistemi di controllo a supporto del Governo della Spesa - Sistemi per il monitoraggio ambientale, la Protezione Civile e la Polizia Locale - Sistemi per la gestione del Patrimonio Immobiliare
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Il Mar Mediterraneo è attanagliato
da numerose, verrebbe da dire
numerosissime, crisi, di diversa
natura, origine e rilevanza, le cui riper-
cussioni ed i cui effetti, in molti casi, van-
no oltre i limiti geografici di questo mare e
dei suoi stati rivieraschi. Dalla Libia all’U-
craina, passando per le sponde orientali,
in cui da decenni il confronto arabo-israe-
liano rappresenta una spada di Damocle
sempre pendente sui destini della pace
della regione, alla martoriata Siria che,
lungi dall’essere stata l’ultimo capitolo di
quelle Primavere arabe che avevano dato
eccessivo spazio ad ottimismi a dir poco
intempestivi, è diventata la tragica icona
di irrisolte questioni politiche ed etni-
co-religiose, con l’ovvio, e talvolta prepon-
derante, corollario di scontri che celano
interessi economici e strategici. Eppure, in
questo mare agitato si muovono anche al-
tre crisi, talvolta latenti, spesso addirittu-
ra sconosciute al grande pubblico. Esse
ricevono poca attenzione nei media, so-
prattutto nazionali, surclassate dalle vi-
cende ben più coinvolgenti (e certamente
sconvolgenti) degli scontri e dei massacri
perpetrati nei pressi o sulle rive del Mare
Nostrum, o comunque non lontano da
esso. Molti di questi contenziosi sono l’ef-
fetto di quel processo di decolonizzazione
realizzatosi dopo la seconda guerra mon-
diale, che, pur tentando di tenere in consi-
derazione le aspettative dei popoli coin-
volti, non è riuscito a liberarsi delle
ambizioni strategiche delle potenze di un
tempo, magari talvolta interessate anche
al prestigio, interno ed esterno, garantito
dal mantenere una qualche sovranità ol-
tremare. E così, il nostro Mediterraneo
vede, tra l’altro, una faglia di crisi attra-
versare l’isola di Cipro, in un contenzioso
tra Turchi e Greci (entrambi paesi NATO)
che non è stato privo di momenti di au-
tentico scontro armato, una disputa seco-
lare sulla rocca di Gibilterra che contrap-
Francesco Lombardi
Gibilterra - Stazione di frontiera
Colonie mediterranee
68
pone da secoli due monarchie europee
(Gran Bretagna e Spagna, paesi che siedo-
no contemporaneamente nei consessi
Nato e UE) ed un confronto tra altri due
Regni: Spagna e Marocco, che hanno in-
tensi scambi economici e commerciali (la
Spagna è il secondo partner economico
del Paese magrebino dopo la Francia), sul
possesso di due enclave spagnole sulle
coste mediterranee del Regno nordafri-
cano (Ceuta, Melilla ed un’appendice di
scogli ed isolette). In particolare, le ultime
due dispute, spesso poste a confronto,
nell’ultimo mezzo secolo si sono combat-
tute sul piano diplomatico, politico e me-
diatico ma non è mancato qualche mo-
mento più caldo, anche se l’uso delle
armi, talvolta minacciato, non è mai di-
ventato effettivo. Quando si tratta di
queste enclave, i paesi coinvolti non esi-
tano ad usare toni forti. Tra Madrid e
Londra, la questione di Gibilterra è da
sempre particolarmente pungente, tanto
da far venir meno, in taluni casi, altri im-
pegni sottoscritti e la comune apparte-
nenza alle principali alleanze del Conti-
nente. La Spagna, nelle fasi più acute
della crisi militare e diplomatica tra l’Oc-
cidente e la Russia, seguita all’annessio-
ne della Crimea, ha autorizzato, a più ri-
prese, navi militari di Mosca a rifornirsi
di carburanti, cibo ed acqua nel porto di
Ceuta. In particolare anche alcuni cac-
ciatorpediniere pesantemente armati ap-
pena entrati nel Mediterraneo dopo es-
sersi pericolosamente avvicinati alle
acque territoriali di Sua Maestà britanni-
ca, tanto da far muovere parte del navi-
glio della Royal Navy per sorvegliare le
rotte percorse dai russi. Le proteste di
Londra per la scelta spagnola non si sono
fatte attendere, facendo tra l’altro ampio
riferimento alla doppia misura che Ma-
drid applica ai contenziosi in atto, recla-
mando Gibilterra da un lato e difenden-
do i propri possedimenti sulla costa
africana dall’altro, senza mancare di os-
servare come la scelta di far attraccare
navi di Mosca a Ceuta non sia proprio un
bel segno di solidarietà atlantica. Molti
osservatori, del resto, accusano la Spa-
gna di una certa ipocrisia nel momento
in cui lancia accuse di “colonialismo in-
glese” senza citare le due città sulla costa
marocchina, oggi circondate da muri e
reti per impedire che vadano facilmente
a buon fine i tanti tentativi di immigra-
zione illegale che vedono ogni anno mi-
gliaia di nordafricani tentare di mettere
piede con un balzo, letteralmente, in ter-
ra europea. Tali sono da considerarsi, in-
fatti Ceuta e Melilla da quando la Spagna
è entrata, nel 1986, nella Comunità Euro-
pea. Anche alcuni politici spagnoli e talu-
ni alti funzionari di Madrid, del resto,
consigliano di non insistere nei tentativi
di “recuperare” Gibilterra in quanto ciò
potrebbe mettere seriamente a rischio la
permanenza di Ceuta e Melilla sotto so-
vranità spagnola. Le due città spagnole
pur considerate parte dell’UE, comun-
que, da quando nel 1982 la Spagna è par-
te della NATO, non rientrano nei territo-
ri sottoposti a protezione atlantica, come
lo è invece Gibilterra. Quindi, ove le pre-
tese marocchine dovessero prevedere
anche qualche tentativo manu militari, gli
Alleati non avrebbero alcun obbligo giu-
ridico di intervento, nonostante all’atto
dell’adesione al Patto Atlantico, da parte
Colonie mediterranee
69
spagnola non sia mancata qualche rifles-
sione su una possibile maggiore deter-
renza verso eventuali atti di forza da
parte di Rabat. Qualche obbligo in realtà
lo avrebbero i partner dell’Unione Euro-
pea in forza dell’articolo 42 del Trattato
dell’Unione che impone aiuto ed assi-
stenza in caso di attacco armato ad uno
dei membri dell’UE. Tale accordo è entra-
to in vigore alla fine del 2009 e quindi
non vigeva, nell’attuale formula strin-
gente, nel luglio del 2002, quando una
pattuglia di gendarmi marocchini sbarcò
sull’isolotto di Perejil (noto anche come
isola del prezzemolo), un lembo disabitato
di terra di fronte a Ceuta ed incluso, con
altri affioramenti, nell’insieme dei posse-
dimenti spagnoli sulla costa africana. La
spiegazione di Rabat fu che serviva una
base di monitoraggio per contrastare l’e-
migrazione illegale ed il terrorismo, ma
era chiaro l’intento dimostrativo del ge-
sto: far sventolare la bandiera rossa con
la stella a cinque punte sul territorio con-
teso. La crisi si risolse con un incruento
intervento militare spagnolo. L’operazio-
ne aeronavale ebbe l’emblematico nome
di Recuperar Soberanía (recupero della
sovranità), che la dice lunga su cosa si
pensi a Madrid di quei territori oltrema-
re. Comunque, entrambi i governi ebbe-
ro il loro momento di coesione nazionale,
cosa che non guasta mai. Per quel che
attiene alla dirimpettaia Gibilterra, am-
piamente paragonabile, per molti aspetti,
con le città spagnole di Ceuta e Melilla, in
epoca moderna le crisi tra spagnoli e bri-
tannici sono state più frequenti ed inten-
se, anche perché nel lungo periodo fran-
chista, il Caudillo ha fatto della campagna
per la riannessione di Gibilterra un moti-
vo di aggregazione nazionalista; comun-
que, i vari governi che si sono succeduti
hanno sempre impostato la propria poli-
tica estera sulla rivendicazione della
Rocca (come è soprannominata Gibilter-
ra). Il picco di tensione si è avuto nel 1969,
quando Franco decise di bloccare ogni
passaggio nei 1200 metri di confine tra la
Spagna e la colonia britannica, decisione
Melilla - vista del Gurxugù
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presa sull’onda del mancato accoglimen-
to da parte di Londra della risoluzione
ONU dell’anno precedente di porre termi-
ne alla situazione coloniale di Gibilterra en-
tro il 1 ottobre 1969. Infatti, Gibilterra è
censita dall’ONU tra i territori coloniali e
pertanto ogni anno sottoposta, come al-
tri, a specifico monitoraggio. I confini fu-
rono riaperti dopo la morte di Franco,
per poi essere di nuovo chiusi per un bre-
ve periodo, stavolta per decisione delle
autorità sanitarie di Madrid, onde evita-
re possibili contagi provenienti da una
nave attraccata al porto britannico. Un
paio di anni fa di nuovo crisi, per la posa
davanti alle acque della Rocca di barriere
artificiali che impedivano le attività dei
pescatori spagnoli, tanto da far accompa-
gnare i pescherecci da imbarcazioni della
Guardia Civil. A differenza di Gibilterra,
ceduta ai britannici con il Trattato di
Utrecht del 1713, che pose fine alla Guer-
ra di successione spagnola, Ceuta e Me-
lilla non sono internazionalmente rico-
nosciute come colonie, cosa che la Spagna
tiene a precisare ogni volta che si effet-
tua un paragone tra i territori ai lati dello
stretto. A Ceuta e Melilla infatti, è appli-
cata la stessa legislazione vigente nella
penisola pur con una certa autonomia
amministrativa e fiscale. Ampia autono-
mia fiscale ed amministrativa di cui del
resto gode anche Gibilterra, e forse pro-
prio questa serie di benefici indusse i cir-
ca 20mila abitanti della colonia inglese a
votare contro ogni ipotesi di ritorno alla
Spagna nel 1967 e nel 2002, con percen-
tuali che non lasciano dubbi. Risultati
che furono portati a giustificazione dal
Regno Unito, nel 1969, per la mancata
adesione alla risoluzione ONU. In quel
parallelismo tra Gibilterra e le enclave
spagnole, nelle Plazas (così sono chiama-
te Ceuta e Melilla) si è tenuto un referen-
dum nel 2002: un 99% di voti favorevoli
a restare spagnoli che ha offerto altre
motivazioni a sostegno delle posizioni di
Madrid. Il Marocco, anche perché da
poco si è affacciato nel consesso delle na-
zioni in grado di sviluppare relazioni di-
plomatiche senza complessi di inferiori-
tà, a parte il gesto dell’estate del 2002,
non ha mai fatto nei confronti della Spa-
gna pressioni di livello pari a quelle svi-
luppate da Madrid verso Londra, anche
se ogni volta che qualche importante
personaggio spagnolo (a cominciare dai
sovrani borbonici) visita Ceuta o Melilla,
partono gli strali marocchini, compresi i
parallelismi e le accuse di ipocrisia per il
diverso atteggiamento verso le “proprie”
enclave e verso Gibilterra. Rabat, che
nelle proprie pretese gode di appoggi,
poco significativi, in verità, in questo mo-
mento, della Lega Araba e dell’Unione
Africana, a sua volta, è fortemente accu-
sata da molte parti della comunità inter-
nazionale di “colonialismo” verso il Saha-
ra Occidentale. Il Regno Unito replica
alle accuse spagnole e si trincera dietro la
volontà del popolo della Rocca; chissà se,
coerentemente, in questa catena di accu-
se e rivendicazioni, tale principio sarà
ancora difeso quando, presumibilmente
a breve, la comunità cattolica dell’Irlanda
del Nord, quasi maggioranza oramai nel-
la parte settentrionale dell’isola, chiederà
con forza un referendum per l’indipen-
denza?
Colonie mediterranee
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Giornata della Marina Militare. Pinotti: uomini e donne all’altezza esigenze sicu-rezza Mediterraneo
È stata celebrata oggi la giornata della Ma-rina, tradizionalmente fissata nell’anniversa-rio dell’impresa compiuta dal Comandante Luigi Rizzo e dagli equipaggi dei due Mas che, il 10 giugno del 1918, inflissero un col-po mortale alla Marina da guerra austro-un-garica. Ricorrenza celebrata a Palazzo Ma-rina, alla presenza del Ministro della Difesa Roberta Pinotti, che - prendendo spunto proprio dall’impresa di Premuda - nel suo intervento ha sottolineato come “quel successo militare fu il prodotto di tre fattori militari fondamentali, la cui importanza è la stessa ora come allora: soluzioni tecnolo-giche innovative, strategie e procedimenti di impiego efficaci, capacità di leadership e preparazione professionale”. “Tre fattori - ha aggiunto - tenuti in grande considera-zione anche nel Libro Bianco per la Difesa”. Nel suo discorso il Ministro ha sottolineato le virtù morali e militari degli uomini e delle donne della Marina, ricordandone l’impe-gno anche nell’operazione Mare Sicuro con la quale l’Italia è in prima linea per la tutela degli spazi euro-mediterranei.“A proposito di virtù morali e militari, il nostro pensiero abbracci con tutto il nostro
affetto e sostegno anche i Fucilieri Massimi-liano Latorre e Salvatore Girone, che tutta la loro forza d’animo e la loro militarità la stanno dimostrando quotidianamente da anni” ha aggiunto. Durante la cerimonia, il Ministro Pinotti ha consegnato una Meda-glia d’Oro al Valor di Marina, una d’Argento al Valor di Marina e due Medaglie di Bron-zo al Valor di Marina a militari che si sono particolarmente distinti nello svolgimento delle loro attività.Roma, 10 giugno
Italian Open Championships 2015: ottimi risultati per il Gruppo Sportivo Paralim-pico Difesa (GSPD)
Gli atleti del GSPD - impegnati per la prima volta nei campionati italiani di atletica leggera della FISPES (Federazione Italiana Sport Paralimpici) - nelle tre giornate di gara hanno ottenuto risultati lusinghie-ri portando a casa medaglie e record. Il Caporal Maggiore Capo Scelto Moreno Marchetti ha conquistato l’oro nel getto del peso, l’argento nel lancio del giavellotto e il bronzo nel lancio del disco segnando due nuovi record nazionali, il 1° Caporal Maggiore Pellegrina Caputo ha vinto l’oro nel getto del peso, diplomandosi campio-nessa italiana nella specialità e il Caporal
DIFESA NEWS
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Maggiore Scelto Monica Contrafatto ha conquistato la medaglia d’argento nei 100 metri piani. Il GSPD è nato lo scorso anno, sulla base di un protocollo d’intesa con cui lo Stato Maggiore della Difesa e il Comita-to Italiano Paralimpico (CIP) promuovono ogni utile azione per favorire la pratica dell’attività fisica nei confronti dei militari disabili, mettendo a loro disposizione gli strumenti per poter praticare sport a livelli competitivi. Grosseto, 14 giugno
Carabinieri e Autorità Nazionale Anticorruzione: firmato protocollo d’intesa
Nella mattinata odierna, a Palazzo Barac-chini, alla presenza del Ministro della Difesa Roberta Pinotti, il Presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione Raffaele Cantone e il Comandante Generale dell’Arma, Tullio Del Sette, hanno sottoscritto un Protocollo d’Intesa finalizzato a incrementare l’effica-cia delle misure in tema di prevenzione e contrasto della corruzione nella Pubblica Amministrazione. L’intesa, in sintesi, consentirà di mettere a sistema, in un quadro unitario, le capacità operative e informative proprie dei reparti
territoriali dell’Arma che, con la loro ra-mificata presenza sul territorio nazionale, potranno assicurare un fattivo contribu-to in chiave preventiva e di contrasto ai fenomeni corruttivi. Altrettanto prezioso potrà essere il contributo offerto dai reparti dell’organizzazione speciale operanti per la tutela della salute, del lavoro, dell’ambien-te, del patrimonio culturale e delle risorse agro-alimentari, strutture di eccellenza una-nimemente riconosciute, che garantiranno un valore aggiunto in termini di esperienza e professionalità.Roma, 18 giugno
Difesa e Ambiente: firma protocollo per tutela ambiente durante esercitazioni
I Ministri della Difesa, Roberta Pinotti, e dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, hanno firmato oggi il protocollo di intesa per la tutela ambientale collegata alle attività esercitative militari. Il Protocollo è il frutto della collaborazione che si è instaurata da tempo, in particolare lo scorso anno in occasione della Conferenza nazionale sulle servitù militari, tra i due dicasteri. L’accordo prevede la costituzione e l’apertura di un tavolo tecnico congiunto che impegna ad una reciproca collaborazione per la reda-
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zione e implementazione dei “protocolli ambientali” connessi alle attività esercita-tive. Il Ministro Galletti ha affermato che “la collaborazione tra Ambiente e Difesa è strategica. Si tratta di una cooperazione essenziale per risolvere una serie di proble-matiche anche locali che diventano sempre più pressanti”. Anche il Ministro Pinotti ha sottolineato l’importanza dell’accordo: “Il tema delle esercitazioni militari e dei poligoni è un tema particolarmente sensi-bile e noi siamo attenti a questa sensibilità e quindi vogliamo in modo preventivo, puntuale e sistematico fare in modo che il Ministero dell’Ambiente possa aiutarci a verificare che tutto sia perfettamente nella norma e quindi la salute e la sicurezza dei cittadini siano perfettamente preservati da quella che però è un’attività necessaria per le Forze Armate e per il Paese”. In particolare il Ministero guidato da Galletti metterà a disposizione la propria competenza nel settore fornendo supporto tecnico-giuridico circa gli aspetti di tutela dell’ambiente durante le attività eserci-tativo-militari, condividerà metodologie per effettuare i rilievi e le misurazioni nei siti militari e, infine, fornirà il supporto di competenza in materia di bonifica e ripri-stino ambientale, laddove necessario, delle aree interessate. Il Ministero della Difesa, in un’ottica di totale trasparenza, curerà la trasmissione di relazioni annuali sul monito-raggio ambientale dei siti interessati dalle esercitazioni militari che riguardano anche l’individuazione, il recupero, la gestione, la tracciabilità e lo smaltimento dei rifiuti connessi alle predette attività. La firma del Protocollo, e la relativa apertura del tavolo tecnico, rappresenta un passo importante per la tutela della flora e della fauna, non-ché della salute delle comunità locali e dei militari durante le esercitazioni. L’attività di
addestramento rappresenta un elemento fondamentale per l’efficacia e la sicurezza delle operazioni militari che sono uno stru-mento di risposta del nostro Paese, quando viene chiamato a far fronte alle molteplici emergenze per la sicurezza e la difesa della Nazione, in occasione di catastrofi naturali o richieste di soccorso.Roma, 18 giugno
MAXXI: concerto della Banda interforze omaggio ai militari italiani Caduti nelle missioni di pace
Il Ministro Roberta Pinotti ha assistito al MAXXI di Roma al concerto della Banda Interforze del Ministero della Difesa in oc-casione dell’esposizione dell’opera artistica ‘Gli Angeli degli Eroi’, dedicata ai militari caduti nelle missioni di pace. L’opera, realizzata da Flavio Fanelli e presentata al cospetto del Ministro e del Presidente della Fondazione MAXXI Giovanna Melandri, consiste in un semplice elenco riportato su pannelli di legno, che ricorda le lapidi commemorative con i nomi dei militari italiani caduti nelle missioni militari di pace nella storia della Repubblica, dal 1950 fino ad oggi. La Banda della Difesa, diretta dal Maestro Ten. Col. Patrizio Esposito, ha eseguito brani di noti autori, tra cui Verdi e Mendelsshon. In chiusura l’Inno Nazionale.Roma, 18 giugno
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Riunione dei Ministri della Difesa della NATO
Il Ministro della Difesa, Roberta Pinotti, ha preso parte a Bruxelles alla riunione dei Ministri della Difesa dei Paesi della NATO, in corso di svolgimento dal 24 al 25 giu-gno. Dall’attuazione del Readiness Action Plan (RAP) alla definizione del documento ‘Political Guidance 2015’ fino alla roadmap del prossimo Vertice di Varsavia. Questi gli argomenti principali al centro della Mini-steriale NATO. Tra i temi evidenziati dal Ministro a Bruxelles, l’emergenza legata alle minacce provenienti dal fianco sud e la necessità di assegnare la stessa importanza ai tre principali compiti della NATO: difesa collettiva, gestione delle crisi e cooperazio-ne in ambito sicurezza. Indispensabile, inol-tre, rendere più incisivo il legame tra Nato e Unione Europea, presupposto fonda-mentale per una efficace collaborazione in termini di difesa e sicurezza internazionale. Sul tavolo della ministeriale anche il summit di Varsavia in programma nel mese di luglio del 2016. Un appuntamento che il Ministro Pinotti ha auspicato possa portare a risultati concreti in più settori: dalla piena imple-mentazione della cooperative security allo sviluppo di sinergie con l’UE e le altre orga-nizzazioni internazionali. Il Ministro ha sot-
tolineato anche l’importanza di un modello di gestione onnicomprensivo dei numerosi strumenti di cui la Nato dispone, come ad esempio la Smart Defence, la Connected Forces Initiative ed il concetto di nazione quadro (Framework Nation). Prima del me-eting, il Ministro Pinotti ha incontrato per la prima volta il nuovo Segretario della Difesa degli Stati Uniti, Ash Carter. Nel lungo e cordiale colloquio, dopo aver sottolineato l’importanza del legame di amicizia tra i due Paesi, il Segretario statunitense ha ringraziato l’Italia per l’impegno in ambito internazionale, dall’Afghanistan alla coa-lizione anti Isis. Inoltre è stato affrontato il tema della sicurezza nel Mediterraneo con particolare riferimento alla crisi libica.Bruxelles, 24 giugno
Difesa: Visita del Ministro Pinotti alle missioni Mare Sicuro e Eunavformed. “Orgogliosi dei nostri militari e del coin-volgimento dell’Europa”
Il Ministro della Difesa Roberta Pinotti, accompagnato dai Capi di Stato Maggio-re della Difesa e della Marina, Generale Claudio Graziano e Ammiraglio Giuseppe De Giorgi, si é recato ieri nel Mediterraneo Centrale per una visita ai militari impegnati nelle missioni ‘Mare Sicuro’ ed ‘Eunavfor-med’. Il Ministro é giunto prima a bordo di nave Bergamini dove ha incontrato il per-
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sonale della missione militare ‘Mare Sicuro’ che dal 12 marzo garantisce gli interessi strategici del Paese attraverso la protezione delle linee di comunicazione, dei natanti commerciali e delle piattaforme energe-tiche off-shore nazionali. Attualmente in questa missione sono impegnati oltre 500 uomini e un dispositivo aeronavale compo-sto da 4 navi e un team di protezione ma-rittima con aeromobili e velivoli a pilotag-gio remoto e da ricognizione elettronica. Successivamente il titolare della difesa ha raggiunto la nave Cavour, unità ammiraglia della missione europea “Eunavformed”, iniziata il 27 giugno scorso. Il quartier ge-nerale della missione ha sede a Roma sotto il comando dell’Ammiraglio Credendino. Sono 14 i paesi europei che hanno aderito all’iniziativa (Italia, Gran Bretagna, Ger-mania, Francia, Spagna, Slovenia, Grecia, Lussenburgo, Belgio, Finlandia, Ungheria, Lituania, Paesi Bassi e Svezia). Oltre alla nave Cavour il contributo nazionale include due elicotteri imbarcati, un sommergibile e due velivoli a pilotaggio remoto ‘Predator’ per un totale di circa 800 uomini. A bordo della nave italiana il Ministro ha incontrato il comandante della Missione Europea, per un aggiornamento della situazione operati-va. Nel rivolgersi ai militari il Ministro Pinotti ha espresso soddisfazione per il lavoro fatto: “Avere Forze Armate così efficien-ti, capaci di dare in pochi giorni risposte immediate ai bisogni di sicurezza - ha detto - é motivo di orgoglio per il Governo e per i cittadini italiani” e continuando ha sotto-lineato come “in un momento di forte ten-sione nel quale i Paesi che si affacciano nel Mediterraneo stanno vivendo un periodo di grande incertezza e insicurezza, è impor-tante essere in grado di allestire missioni come ‘Mare Sicuro’ che guarda agli interes-si nazionali, ai rischi per le nostre navi e a
quelli legati al traffico dei migranti”. “Allo stesso modo” - ha continuato il Ministro - “la nascita di una missione europea, che si é data l’obiettivo di sconfiggere il traffico di esseri umani incredibile e inaccettabile, é un successo dell’Italia”. “Essere riusciti - ha concluso il Ministro Pinotti - a respon-sabilizzare l’Europa e a coinvolgerla nella sicurezza del Mediterraneo é un traguardo importante di cui essere fieri e orgogliosi anche per far crescere quell’Europa della difesa in cui l’Italia crede”.Mar Mediterraneo, 18 luglio
Samantha Cristoforetti nominata Cava-liere di Gran Croce
Il Presidente Sergio Mattarella, ha conse-gnato al Capitano Samantha Cristoforetti, l’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine Al Merito della Repubbli-ca Italiana. All’incontro erano presenti il Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare, Gen. S.A. Pasquale Preziosa, il Presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana, Roberto Battiston, e il Capo dell’Ufficio di coordinamento del direttorato del volo umano e operazioni dell’Agenzia Spa-ziale Europea, Elena Grifoni Winters. Si è trattato della prima uscita pubblica per la prima donna astronauta italiana, rientrata lo scorso 11 giugno dalla missione spaziale
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‘Futura’. Un colloquio durante il quale il Capitano dell’Aeronautica ha raccontato la sua esperienza di quasi sette mesi a bordo della Stazione Spaziale Internazionale (ISS) in qualità di Flight Engineer e membro dell’equipaggio della Spedizione ISS 42/43. Samantha Cristoforetti - partita con la mis-sione Futura dell’Agenzia Spaziale Italiana il 23 novembre 2014 - è il quarto astronauta militare italiano. Come i suoi predecesso-ri, Maurizio Cheli, Roberto Vittori e Luca Parmitano, Samantha Cristoforetti è stata allieva dell’Accademia di Pozzuoli e ha raggiunto questo risultato grazie anche alla formazione ricevuta dalla Difesa italiana. Lo spazio, infatti, è la naturale estensione dell’ambiente operativo dell’Aeronautica Militare che fa della tecnologia uno dei suoi punti di forza. La ricerca dell’innovazione, la sperimentazione nonché la lunga tradizione negli studi e nelle attività nel campo dei satelliti, del volo supersonico ed umano, hanno permesso all’Aeronautica Militare di fornire gran parte degli astronauti italiani.Roma, 20 luglio
Pinotti: Egitto Paese strategico per sta-bilità Mediterraneo
Il Ministro della Difesa Roberta Pinotti ha incontrato a Roma il Primo Ministro egiziano, Ibrahim Mahlab. Al centro del colloquio la collaborazione tra i due paesi
per la sicurezza regionale. “L’Egitto riveste un ruolo importante nel Mediterraneo. E’ un Paese amico, con il quale esistono da tempo rapporti culturali, economici e di cooperazione tecnico militare, fondamenta-li per la stabilità regionale”, ad affermarlo il Ministro Pinotti nel corso del colloquio con il Primo Ministro Mahlab, al quale ha rivolto il ringraziamento per la pronta risposta del suo governo in seguito all’attentato compiuto lo scorso 11 luglio al Consolato italiano al Cairo. A Mahlab il Ministro ha espresso, inoltre, il suo cordoglio per la vittima e i feriti egiziani. Nel corso del col-loquio - al quale hanno preso parte anche il Capo di Stato Maggiore della Difesa, Generale Claudio Graziano, e il Segretario Generale della Difesa, Gen.C.A. Enzo Ste-fanini - è stato affrontato il tema dei rischi connessi con le azioni dell’Isis in un paese strategico per gli equilibri del Mediterra-neo e del Medio Oriente. La delegazione italiana ha potuto inoltre ricevere valuta-zioni sul quadro della sicurezza egiziana e sull’evoluzione del dialogo politico libico. A tal proposito, il Ministro Pinotti ha confer-mato al premier egiziano la vicinanza ed il sostegno italiano all’azione di contrasto al terrorismo e la valorizzazione di un comune impegno in questo campo, come confer-mato dalla partecipazione del nostro Paese alla coalizione internazionale anti-Isis. Italia e Egitto hanno da tempo dato particolare impulso al rafforzamento della cooperazio-ne bilaterale tecnico-militare, come sancito nella Dichiarazione congiunta in materia di cooperazione tecnico-militare firmata dai Ministri della Difesa il 20 dicembre 2014 a Roma.Roma, 24 luglio
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Missioni internazionali: importanti per la sicurezza del nostro Paese e la sua credi-bilità internazionale
Il Ministro della Difesa Roberta Pinotti ha illustrato oggi, alle Commissioni riunite Esteri e Difesa di Camera e Senato, lo stato delle missioni in corso e degli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione. “Le missioni militari all’estero sono importanti tanto per la sicurezza del nostro Paese, quanto per la sua credibilità internaziona-le”, ha affermato il Ministro della Difesa nell’informativa avviata con la descrizione dell’intervento nel Mediterraneo centrale, dove prosegue l’operazione Mare Sicuro, resa necessaria per gli sviluppi della crisi libica e l’esigenza di incrementare le misure di tutela della sicurezza nazionale attraver-so un rafforzamento del dispositivo aerona-vale. Mare Sicuro viene condotta in stretto coordinamento con l’operazione Triton, svolta sotto egida dell’Agenzia europea Frontex. Il Ministro ha quindi ricordato che ha preso il via la missione europea Euna-vformed, missione che vede operare più paesi europei sotto il comando operativo dell’ammiraglio italiano Enrico Credendino. In riferimento alla situazione in Nord Africa, prosegue la collaborazione con la Tunisia: “continuiamo a sostenere le capacità delle Forze di sicurezza tunisine. Paese amico, fortemente minacciato dall’instabilità e
dalla presenza di forze radicali” ha detto il Ministro. Riguardo il Vicino e Medio Orien-te, prosegue l’impegno in Libano con la missione dell’Onu UNIFIL, con circa 1.100 militari. In merito alla situazione in Iraq, il Ministro ha ricordato come “il progressivo espandersi del terrorismo islamista, poi sfociato, per opera dell’Isis, nella costitu-zione di uno ‘Stato di fatto’, in una vasta regione a cavallo fra Siria e Iraq, ha creato una connessione fra la guerra civile in Siria e il conflitto in corso in Iraq”. Significativo il contributo dell’Italia alla coalizione inter-nazionale anti-Isis. “La fornitura di armi alle Forze di sicurezza curde avviata circa un anno fa è stata completata, e tali sistemi sono ora correntemente utilizzati dai Curdi, che hanno espresso il loro ringraziamento per quanto fornito” ha aggiunto il Ministro, ricordando la sua recente visita in Iraq e nel Kurdistan iracheno. L’Italia, quale ulteriore contributo allo sforzo della coalizione mul-tinazionale, ha assunto la guida, con l’Arma dei Carabinieri, della formazione della po-lizia irachena nell’area di Baghdad mentre prosegue, in Afghanistan, l’addestramento delle Forze di sicurezza locali con circa 500 militari italiani presenti a Herat.Roma, 29 luglio
Kosovo: ancora all’Italia la guida di KFOR
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Per la terza volta consecutiva il Coman-dante della Missione In Kosovo è italiano: il Generale di Divisione Guglielmo Luigi Miglietta succede al parigrado Francesco Paolo Figliuolo, che a settembre del 2014 aveva sostituito il collega Salvatore Farina. Tre Comandanti italiani negli ultimi anni senza soluzione di continuità sottolinea-no l’ottimo lavoro che il nostro Paese sta svolgendo in quella zona. Il passaggio delle consegne è avvenuto il 7 agosto presso il Quartier Generale della Missione a Pristina. Presenti alla cerimonia il Comandante del JFC di Napoli, Ammiraglio Mark E. Fergu-son III e il Capo di Stato Maggiore della Difesa, Generale Claudio Graziano, oltre alle autoritá locali tra cui il Presidente della Repubblica del Kosovo, Atifete Jahjaga. L’I-talia, che negli anni ha fornito il Comandan-te della missione ben sette volte, partecipa con i propri militari dal 1999. Attualmente il contingente italiano si attesta intorno alle 550 unità.Pristina, 7 Agosto
Il cordoglio del Ministro della Difesa per la scomparsa del Capitano di Fregata Emilio Bianchi “Si è spento oggi l’ultimo degli eroi dell’impresa di Alessandria dove il coraggio e l’ardimento permisero di ottenere altissi-mi risultati. La sua morte rappresenta una grande perdita per la Difesa. Il Comandan-te Bianchi Medaglia d’oro al Valor Militare per l’impresa del 1941, ha lasciato un segno profondo. In tutti noi resterà il ricordo inde-lebile di un uomo che ha servito le istituzio-ni e il nostro Paese con totale dedizione e incondizionato attaccamento ai valori della Patria. Se n’è andato oggi una figura eroica della storia della Marina, della Difesa e dell’Italia intera”.Roma,15 Agosto
Il Sottosegretario di Stato alla Difesa Gioacchino Alfano, in visita a Expo 2015 per la Giornata nazionale dell’Afghani-stan
Il Sottosegretario di Stato alla Difesa, On. Gioacchino Alfano ha presenziato a Expo 2015 alla celebrazione della Giornata na-zionale dell’Afghanistan.La delegazione afghana, guidata dal Vice Ministro del Commercio e dell’Industria dell’Afghanistan e Commissario Gene-rale del Padiglione afghano, Mozammil Shinwari, è stata accolta con l’alzabandiera dal Sottosegretario Gioacchino Alfano, in rappresentanza del governo italiano. In programma una serie di attività che promuovono la ricca tradizione culturale del Paese: danze, musica e degustazioni di piatti tipici. L’On. Alfano, dopo i saluti di benvenuto, ha sottolineato che “la buona riuscita di Expo Milano 2015 è certamen-te il frutto dell’efficiente organizzazione, della grande affluenza dei visitatori pro-venienti da tutto il mondo, del dibattito in corso su temi cruciali per l’intera umanità. Il vero valore aggiunto offerto dall’Expo risiede soprattutto nella presenza di Paesi che colgono quest’occasione unica per presentarsi al mondo in una prospettiva diversa; una prospettiva che in questo contesto, è una vetrina privilegiata per l’Afghanistan e il suo popolo”. Il Sotto-segretario ha concluso il suo intervento
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dichiarando che “l’Afghanistan si è pre-sentato come paese ricco di risorse na-turali che rappresentano il vero volano di sviluppo economico e sociale per il Paese. In quest’ultimo ambito va evidenziata la crescente considerazione del ruolo delle donne nella società afghana, in perfetta sintonia con il progetto WE-Women for Expo che parla di nutrimento e sosteni-bilità e lo fa per la prima volta mettendo al centro di un’Esposizione Universale la cultura femminile.Milano, 20 Agosto
Aeronautica Militare: velivolo da tra-sporto in volo con a bordo un’ambulanza pediatrica
Nuovo intervento della Difesa al servizio della collettività: l’Aeronautica Militare ha effettuato un volo sanitario d’urgenza per trasportare una bimba di sei mesi con gravi problemi respiratori. Un C-130J è decollato dall’aeroporto di Alghero con a bordo un’ambulanza pediatrica del-la Croce Blu di Sassari che trasportava la bambina di sei mesi affetta da gravi problemi respiratori e l’équipe medica. La bimba, ricoverata fino adesso nel reparto di neonatologia dell’Ospedale Civile di Sassari, è stata trasportata a Ciampino per
il successivo ricovero all’ospedale pediatri-co Bambino Gesù di Roma. Gli aeromobili della 46^ Brigata Aerea di Pisa, oltre ad assicurare il trasporto aereo di personale, equipaggiamenti e rifornimenti in scenari operativi in Italia e all’estero, sono utilizzati anche per missioni di pubblica utilità, quali il trasporto sanitario d’urgenza di amma-lati, di traumatizzati gravi e di organi per trapianti, nonché per interventi a favore di persone comunque in situazioni di rischio. Roma, 26 Agosto
Lituania: conclusa la missione di difesa aerea Frontiera Baltica
Dal primo gennaio 2015, quattro Eurofi-ghter Typhoon dell’Aeronautica Militare hanno contribuito a garantire l’integrità dello spazio aereo NATO sui Paesi Baltici. Con la cerimonia di ammaina Bandiera, si è conclusa, nella base aerea di Šiauliai in Lituania - sede della TFA (Task Force Air) italiana - la missione Frontiera Baltica, svolta nell’ambito dell’operazione Baltic Air Policing della NATO sui cieli di Litua-nia, Lettonia ed Estonia (vedere Informa-zioni della Difesa 2/2015). Šiauliai (Lituania), 27 agosto
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Sedici giugno 1915: il buio di una
notte illune cede rapidamente
il passo al nuovo giorno, quan-
do cinque compagnie di alpini suddivise
in altrettante colonne, dopo un’impe-
gnativa marcia notturna, assaltano da
due direzioni la vetta del Monte Nero e
alcune alture circostanti. In poche ore
di violenti combattimenti, tutti gli ob-
biettivi sono conquistati e l’avversario è
completamente sbaragliato sul fronte di
alcuni chilometri, grazie anche al tem-
pestivo intervento di altre cinque com-
pagnie. Si tratta di una vittoria piena ed
inequivocabile, giunta a coronamento di
un paio di settimane dense di risultati
locali estremamente lusinghieri, tali da
segnalare agli addetti ai lavori e all’opi-
nione pubblica le qualità manovriere e lo
spirito aggressivo delle truppe alpine ita-
liane, per la prima volta nella loro storia
impegnate in alta montagna.
L’impresa è paragonabile per spettacola-
rità, difficoltà ed audacia, ad alcune del-
le più celebrate operazioni speciali della
storia, quali la conquista del forte belga
di Eben Emael avvenuta nel maggio 1940
ad opera dei paracadutisti tedeschi, o le
imprese dei mezzi d’assalto della Regia
Marina. Pur non costituendo la guerra in
montagna una novità assoluta, la verità
è che mai prima d’allora s’era combattuto
per il possesso di vette superiori ai due-
mila metri, la cui conformazione, nello
specifico, con circa 800 metri di dislivello
ripidissimo da superare completamente
allo scoperto, le rendeva simili agli spalti
di un’antica fortezza all’apparenza ine-
spugnabile. Se alle difficoltà del terreno
si aggiungono le innegabili esigenze pro-
pagandistiche dettate anche dalla pover-
tà di risultati italiani in quella fase della
guerra, diventa agevole comprendere la
risonanza ricevuta dall’operazione.
Un’operazione condotta di sorpresa, ma
non certo frutto dell’improvvisazione.
Ci troviamo nell’alto Isonzo, in una re-
RETROSPETTIVE
Pierluigi Scolè
16 Giugno 1915La conquista del Monte Nero
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gione di una bellezza aspra e selvaggia,
a una decina di chilometri soltanto dal
confine italiano, in territorio oggi slove-
no e all’epoca appartenente all’impero
austro-ungarico. Sono trascorse tre setti-
mane dall’entrata dell’Italia nel conflitto
mondiale: tante, col senno di poi, per per-
correre i pochi chilometri dalla frontiera;
un lasso di tempo ragionevole contestua-
lizzando gli avvenimenti. E’ vero che l’i-
niziale incertezza di comando determinò
lo spreco di alcuni giorni, ma dalla fine
di maggio le truppe alpine presenti nel
settore mantenevano un atteggiamento
particolarmente aggressivo.
Il cambio di passo era chiaramente im-
putabile al generale Donato Etna. Al cui
arrivo in zona nel comando del neoco-
stituito Raggruppamento Alpini A e B –
una grande unità forte di ben quattordici
battaglioni alpini e numerose batterie da
montagna– aveva corrisposto un deciso
impulso nelle operazioni che avevano
progressivamente portato le truppe ai
suoi ordini a ridosso della vetta princi-
pale. La montagna, alta 2245 metri, dalla
sagoma inconfondibile, visibile nelle bel-
le giornate anche ad occhio nudo dalla
pianura friulana, catalizzava inevitabil-
mente l’attenzione e i pensieri di chi era
chiamato ad operare nella zona. Curiose
le vicende legate al nome: in lingua slove-
na era Krn, “Corno”, ma per un errore di
trascrizione la K venne trasformata in C
e Crn, in sloveno, è “Nero”. E come Monte
Nero entrò dunque nella toponomasti-
ca italiana. Etna ne decise la conquista
nell’ottica di un più ampio disegno strate-
gico mirante ad aggirare da nord il campo
trincerato di Tolmino, potentemente for-
tificato dagli austro-ungarici già prima
dell’entrata in guerra dell’Italia. Da pro-
fondo conoscitore della montagna e degli
alpini, con i quali aveva rivestito tutti i
gradi da ufficiale fin dal 1879, il generale
non sottovalutò l’operazione e volle che
tutto fosse predisposto prima di lanciare
l’attacco, da effettuarsi da due direzioni.
Protagonisti furono circa 1.500 alpini, la
metà dei quali operanti in prima schiera
e i restanti intervenuti successivamente,
inquadrati nel Raggruppamento posto al
suo comando.
L’azione fu da manuale, con un attacco
Gen. Donato EtnaComandante truppe alpine operanti
sull’alto Isonzo nel giugno 1915
S.Ten. Alberto PICCOComandante gli esploratori
dell’84a compagnia, caduto in azione
16 Giugno 1915
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a tenaglia per disorientare i difensori: il
battaglione Exilles procedette sul versan-
te sud-ovest, muovendo dal Kozliak (q.
1602) con l’84a compagnia contro la vetta
di Monte Nero (q. 2245), coadiuvata dalla
31a incaricata di proteggerne il fianco de-
stro. Il battaglione Susa agì a settentrione
su due direzioni: con la 35a compagnia
lungo la sottile linea di cresta che dalla
quota 2102 si collega al Monte Nero at-
traverso le quote 2138-2133-2079; con
le compagnie 85a e 102a contro le quote
1996 e 1976 del Potoce. Il supporto di fuo-
co venne erogato dalle due sezioni mitra-
gliatrici del Susa e dalla 7a, 9a, 10a e 54a
batterie da montagna del 1° reggimento
della specialità e dall’11a batteria obici del
1° artiglieria pesante campale. Degno di
nota lo schieramento della 9a batteria,
portata a braccia nelle notti precedenti,
con tre pezzi appostati al Vrata e uno sul-
la posizione avanzata di q. 2102, a circa
300 metri soltanto dalle prime postazio-
ni avversarie.
Dopo una marcia di avvicinamento di
più ore, il combattimento si accese pro-
gressivamente dalle 3,30, quando le pri-
me tenui luci dell’alba consentirono ai di-
fensori di scorgere alcune delle colonne
in avvicinamento. Sul fronte dell’Exilles,
le fucilate esplose contro la 31a compa-
gnia non ne arrestarono il movimento,
ma catalizzarono l’attenzione dei di-
fensori in quella direzione. L’84a poté
pertanto giungere inavvertita a ridosso
delle difese della vetta di Monte Nero,
che attaccò risolutamente alle 4, conqui-
standola completamente tre quarti d’ora
dopo, validamente sostenuta dalla 31a
compagnia. Da parte italiana rimasero
sul terreno il sottotenente Alberto Picco,
comandante la squadra esploratori che
precedette la compagnia, e altri cinque
alpini; gli austro ungarici persero al con-
trario quaranta morti e dieci prigionieri.
Più contrastata risultò l’azione nel setto-
re del Susa. Alle 3,35 un fuoco micidiale
si abbatté improvviso sulla 102a compa-
gnia, arrestandone temporaneamente la
marcia. Nonostante le perdite, la compa-
gnia tenne bravamente il campo senza
disgregarsi, avvisando tramite portaor-
dini delle difficoltà nelle quali versava
e attendendo nell’incomoda posizione
la possibilità di riprendere il movimen-
to. Nel breve volgere di pochi minuti, il
combattimento si estese. Particolarmen-
te cruenta risultò l’azione della 35a com-
pagnia sulla linea di cresta, dove l’attacco
italiano prevenne di poche ore soltanto
un’analoga iniziativa austro-ungarica.
Costoro si trovavano pertanto presen-
ti in forze sulla quota 2138, così che ne
sortì un combattimento d’incontro. Gli
alpini della 35a, dopo aver sorpreso i di-
fensori e averne occupate le prime di-
fese, vennero ben presto contrattaccati
con determinazione. Fu in quei frangen-
ti che, dando luogo a scene d’altri tempi,
alcuni alpini, ritti sulla trincea conqui-
stata, respinsero il nemico chi a colpi di
bomba a mano, chi di fucile, chi di pietre.
La delicata e incerta fase venne risolta a
favore degli italiani dal sostegno tempe-
stivo ricevuto dalle posizioni retrostanti
e limitrofe: due mitragliatrici e il pezzo
di artiglieria da montagna in posizione
sulla q. 2102 aprirono il fuoco con tiro
diretto e a distanza ravvicinata, risultan-
do micidiali; dalla q. 2102 intervenne in
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breve d’iniziativa anche la 36a compa-
gnia, mentre altrettanto fece col fuoco di
fucileria l’85a compagnia sul lato sinistro,
così che, alle 4,30 i difensori si arresero.
Vennero catturati 12 ufficiali e oltre 200
ungheresi, mentre un centinaio circa
furono i morti contati sul terreno tanto
conteso. Per quanto dolorose, le perdite
della 35a compagnia risultarono decisa-
mente inferiori: morti il valoroso sotto-
tenente Valerio Vallero e altri 6 alpini;
una cinquantina i feriti. Le operazioni
sulla linea di cresta proseguirono e por-
tarono le due compagnie, che ormai pro-
cedevano frammischiate e avanzavano
d’iniziativa dei singoli comandanti di
plotone, di squadra e talvolta di semplici
alpini, alla conquista dopo breve combat-
timento della q. 2133 (ore 6) e, infine, alle
8 circa, all’occupazione di q. 2079, dalla
quale gli alpini del Susa poterono con-
tattare a voce i commilitoni dell’Exilles
presenti sulla vetta di Monte Nero. Nel
frattempo si era sviluppata anche l’azio-
ne contro il Potoce, attaccato con impeto
travolgente dall’85a compagnia, la quale
in tal modo sbloccò la situazione della
102 a che potè così intervenire a propria
volta. Verso le 6 del mattino si verificò il
tentativo di contrattacco di un battaglio-
ne ungherese il quale, preso tra due fuo-
chi nella formazione di marcia, venne
completamente annientato. Il resto della
giornata non vide altri scontri di rilievo,
ma soltanto operazioni di esplorazione
condotte anche con l’ausilio del batta-
glione Val Pellice e della 34a compagnia,
inizialmente in riserva di battaglione.
Il bilancio risultò estremamente lusin-
ghiero: conquistati tutti gli obbiettivi;
sbaragliato l’avversario su un tratto di al-
cuni chilometri; vennero contati sul ter-
reno circa 180 morti nemici, mentre 700
caddero prigionieri; tra costoro una tren-
tina di ufficiali e un tenente colonnello,
il comandante del battaglione ungherese
sorpreso in marcia. Nelle file italiane, ol-
tre a Picco e a Vallero, caduti eroicamen-
te alla testa dei rispettivi reparti, mori-
rono sul campo altri 19 alpini, mentre i
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feriti ammontarono a un centinaio circa.
Numerose le ricompense concesse: una
medaglia d’argento premiò congiunta-
mente i due battaglioni Susa ed Exilles. Ai
singoli vennero conferite ben 164 deco-
razioni, un numero straordinariamente
elevato per una singola operazione e in
rapporto alle forze coinvolte: 121 delle
quali ad appartenenti al battaglione Susa,
37 all’Exilles, 4 al Val Pellice e due alla 9a
batteria di artiglieria da montagna.
Il successo è ascrivibile alla concomi-
tanza di più elementi: l’eccellente orga-
nizzazione, grazie alla quale fu possibile
predisporre le forze necessarie sia in ter-
mini di uomini, sia di materiali, così che
i primi non venissero gettati allo sbara-
glio. Dall’organizzazione dipese in parte
anche la sorpresa, conseguita con la scel-
ta di attaccare al primo albeggiare sfrut-
tando il buio per la marcia di avvicina-
mento. Sorpresa resa possibile a propria
volta dalla sincronia quasi perfetta con
la quale le colonne giunsero inavvertite
a ridosso dei rispettivi obbiettivi nono-
stante la totale assenza di collegamenti,
un risultato ottenuto per la straordinaria
abilità dimostrata dagli alpini di muove-
re uniti e in silenzio nell’oscurità, su un
terreno tanto difficile, ripido, roccioso e
completamente privo di sentieri. Ma la
bontà della preparazione non si limita-
va al movimento. Una volta ingaggiato
il combattimento, la differenza di rendi-
mento a favore degli alpini derivò dalla
determinazione, dall’addestramento al
combattimento ravvicinato condotto per
la gran parte col calcio del fucile e con la
baionetta, dall’elevato spirito d’iniziativa,
diffuso oltre che tra gli ufficiali anche tra
i sottufficiali, i graduati e talvolta i sem-
plici alpini.
Fino a qui i meriti indiscutibili degli at-
taccanti. E’ peraltro innegabile che l’enti-
tà del successo dipese in larga misura an-
che dall’assenza di reticolati a protezione
delle difese avversarie, così che l’impeto
e la sorpresa non poterono venire vanifi-
cati, consentendo agli uomini di rendere
per quel che valevano. E le truppe alpine
italiane poterono in tal modo dimostra-
re di possedere, in quel momento della
guerra, una preparazione ineccepibile.
S.Ten. Valerio VALLERO35a compagnia btg. Susacaduto sulla quota 2138
Cap. Vincenzo ARBARELLOComandante
84a compagnia btg. Exilles
Cap. Vittorio VARESEComandante
35a compagnia btg. Susa
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LIBRI ED EVENTI
Uomini contro navi è il titolo
suggestivo di un libro di
Beppe Pegolotti, pubblicato
negli anni ’60 da Vallecchi, in cui si
narra tra l’altro l’epopea dei ‘siluri
umani’, il manipolo di assaltatori della
Regia Marina che nella Seconda Guerra
Mondiale colpì duramente e a più
riprese la flotta britannica, violandone
le munitissime basi nel Mediterraneo.
Il volume – recentemente riedito
dalla Libreria Militare col titolo ‘Gli
assaltatori della X Flottiglia MAS’
– rievoca le origini e le azioni dei
reparti d’assalto della Marina e torna
d’attualità dopo la scomparsa all’età di
103 anni dell’ultima Medaglia d’Oro al
Valor Militare, il Comandante Emilio
Bianchi, eroe valoroso dell’impresa di
Alessandria insieme a Durand de La
Penne, Marceglia, Schergat, Martellotta
e Marino. Pegolotti racconta con stile
avvincente la notte del 19 dicembre
del 1941, quando i binomi De La
Penne-Bianchi, Marceglia-Schergat
e Martellotta-Marino si infiltrano
nel porto di Alessandria d’Egitto,
cavalcando tre siluri a lenta corsa,
i famigerati ‘maiali’, dopo una lunga
crociera a bordo del sommergibile
Scirè. Alla fonda ci sono le corazzate
Valiant e Queen Elizabeth, quest’ultima
ammiraglia della Mediterranean Fleet,
più un grande numero di navi militari e
mercantili.
I tre equipaggi dirigono in immersione
sulle due grandi navi da battaglia e
su una grossa petroliera. Il maiale del
Tenente di Vascello De La Penne e del
2° Capo palombaro Bianchi - il numero
221 - punta sulla Valiant. Arrivati in
prossimità della corazzata, Bianchi
esaurisce il respiratore ed è costretto a
salire a galla, colpito da intossicazione
da ossigeno per le cinque ore di
immersione dell’azione.
De La Penne riesce comunque a
posizionare e a spolettare la carica
d’esplosivo del maiale vicino alla chiglia
della corazzata, prima di raggiungere
Bianchi che si era aggrappato a una
boa. Esausti, vengono catturati dai
marinai inglesi che li interrogano senza
successo.
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Dalle loro bocche esce solo grado,
nome e numero di matricola. Per
“ammorbidirli” Sir Charles Morgan
‘il comandante della Valiant’ li fa
rinchiudere nella cala, cioè il locale
più basso della nave. Poco prima dello
scoppio, De La Penne mette in guardia
Morgan: la nave sta per saltare. Il
comandante inglese lo fa richiudere
nuovamente nella cala insieme a
Bianchi (in locali separati), quando
manca pochissimo all’esplosione. “Per
noi è andata male. È finita, Ma anche
per loro”, dice De La Penne a Bianchi
prima che vengano divisi.
Il finale è un thriller che ispirerà
diversi film e l’autore lo narra
drammaticamente. ‘Alle 6.15 l’ordigno
esplose. La nave ebbe un sobbalzo,
sbandò. Le luci si spensero, il fumo
invase la cala in una pioggia di ferracci.
Cadevano certi maniglioni appesi
al soffitto (...), il portello, per effetto
dell’esplosione, si era scardinato”. De
La Penne e Bianchi si ritroveranno e
finiranno prigionieri, ma la Valiant
rimarrà fuori combattimento per mesi
e mesi insieme alla Queen Elizabeth,
senza contare gli enormi danni
provocati dall’incendio della petroliera.
Il capitolo dedicato all’impresa si
chiude con l’omaggio dell’ammiraglio
Cunningham, capo della Mediterranean
Fleet (sbalzato per aria, quella notte,
dall’esplosione della Queen Elizabeth):
“Uno non può non ammirare il
sangue freddo di questi italiani: ogni
cosa era progettata, pensata, decisa”.
Ricompensata, anche: i protagonisti
dell’impresa di Alessandria furono
decorati con la Medaglia d’Oro al Valor
Militare, la cui motivazione per Bianchi
suona così: “Eroico combattente, fedele
collaboratore del suo ufficiale, dopo averne
condivisi i rischi di un tenace, pericoloso
addestramento, lo seguiva nelle più ardite
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Fotografie: Ufficio Storico Marina Militare
imprese e, animato dalla stessa ardente
volontà di successo, partecipava con lui ad
una spedizione di mezzi d’assalto subacquei
che forzava una delle più potenti e difese
basi navali avversarie, con un’azione in cui
concezione operativa ed esecuzione pratica
si armonizzavano splendidamente col
freddo coraggio e con l’abnegazione degli
uomini.
Dopo aver avanzato per più miglia
sott’acqua e superato difficoltà ed ostacoli
di ogni genere, valido e fedele aiuto
dell’ufficiale le cui forze erano esauste,
veniva catturato e tratto sulla nave già
inesorabilmente condannata per l’audace
operazione compiuta.
Noncurante della propria salvezza
si rifiutava di dare ogni indicazione
sul pericolo imminente, deciso a non
compromettere l’esito della dura missione.
Col suo eroico comportamento acquistava
diritto all’ammirata riconoscenza della
Patria e al rispetto dell’avversario.”
Rispetto britannico che ancora
oggi risuona nell’atrio dell’Imperial
War Museum di Londra, dove è in
bella mostra un ‘maiale’ della Regia
Marina, a memoria del 17 dicembre di
settantaquattro anni fa.
(Mario RENNA)
GLI ASSALTATORI DELLA X FLOTTIGLIA MAS Editore: La Libreria Militare Pagine: 185 Prezzo: € 20,00
Trieste - M/T MARISA N. - Oil Tanker equipaggiata per la lotta all’inquinamento marino nel Mare Adriatico per conto dell’AgenziaEuropea per la Sicurezza Marittima (EMSA)
Un mare limpido e vivo è l’obiettivo del nostro lavoro. Noi della flotta Castalia lavoriamoper la protezione dell’ambiente marino e per la prevenzione e controllo dei fenomeniinquinanti: il traffico petrolifero, gli scarichi industriali, i rifiuti ingombranti. Assicuriamotutto l’anno il pronto intervento lungo le coste italiane in caso di emergenza: unosversamento accidentale di combustibile, un sinistro navale o anche semplicemente uncetaceo in difficoltà.
Se il mare è azzurro...
...è anche merito della flotta gialla
94
Il libro, curato da ben tre autori
- Paolo Gariglio, Marco Papa e
Massimiliano De Antoni - illu-
stra la vita e le opere di un personaggio
assai interessante, pioniere dell’aero-
nautica italiana. Francesco Brach Papa,
nato nel 1891 da genitori piemontesi,
crebbe in Francia a Lione ove compì gli
studi. Mosso dalla passione per il volo e
galvanizzato dalle gesta dei primi avia-
tori, frequentò la scuola di pilotaggio di
Loyettes (Ambreiu) e fece il battesimo
dell’aria nel 1911 conseguendo il bre-
vetto di volo alla Scuola Farman di Ver-
sailles nel 1912. Rientrato in Italia nello
stesso anno per adempiere all’obbligo di
leva, si arruolò nel Battaglione Aviatori
di stanza al campo d’aviazione di Mira-
fiori. Notato dalla FIAT per la naturale
inclinazione per il volo e la meccanica,
accettò una proposta di collaborazione
quale collaudatore di velivoli, collabora-
zione che durerà tutta la vita. Nel 1916
Brach Papa alla guida di un aeroplano
FIAT-SIA SP2, progettato degli ingegneri
Savoia e Pomicio, conquisterà il record
italiano di altezza con passeggero. In-
teressante è il resoconto della missione
di guerra su Pola compiuta nel 1918 da
quattro aerei FIAT-SIA 9B comandati da
Gabriele D’Annunzio. Nel libro vengono
descritti con dovizia di documentazione
i numerosi primati mondiali di altezza e
di velocità, in particolare quello conse-
guito nel 1919 dall’allora tenente pilota
Brach Papa con l’aereo da bombarda-
mento ‘Rosatelli’ della FIAT che, avendo
a bordo il noto giornalista Renato Casal-
bore, ebbe la ventura di ottenere sulla
stampa un aulico resoconto dell’evento.
La dedizione alla FIAT subisce un bru-
sco contraccolpo quando nel 1945, al
termine della 2ª guerra mondiale, viene
allontanato dalla società. Poco tempo
dopo sarà lo stesso amministratore
delegato della FIAT Vittorio Valletta a
reintegrarlo in azienda. Un capitolo a
parte è dedicato alla “aviazione missio-
naria”,un centro di formazione, costitui-
to nel 1958, per piloti (sacerdoti e suore)
missionari, per i quali l’unico mezzo per
raggiungere le zone più remote delle
loro missioni era l’aereo leggero. Brach
Papa fu un infaticabile organizzatore di
tale centro, prodigandosi in prima per-
sona per reperire locali e risorse oltre a
organizzare corsi di pilotaggio, ottenen-
do risultati assai lusinghieri. Nel 1953,
quale riconoscimento alla sua lunga
carriera, Brach Papa verrà promosso Ge-
nerale di brigata aerea.
(Mario MORETTI)
FRANCESCO BRACH PAPA: INTREPIDO PIONIERE E MECENATE DELL’AVIAZIONE MISSIONARIA ITALIANA Editore: LoGisma EditorePagine: 168 Prezzo: € 17,00
95
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Rodolfo BastianelliLaureato in Giurisprudenza, dopo la laurea ha effettuato un corso di specializzazione in storia delle relazioni internazionali presso l’Institut Français des Relations Internationales. Collabora con Limes, Affari Esteri, Rivista di Politica, Rivista Militare e Rivista Marittima. Attualmente lavora presso la fondazione ‘Magna Carta’, dove firma sul quotidiano ‘L’Occidentale’ seguendo la politica estera, dopo una lunga esperienza presso l’Osservatorio Parlamentare e le riviste ‘Ideazione’ e ‘Charta Minuta’.
Federico CollinaTenente Colonnello del genio, comanda il 131° battaglione guastatori ‘Ticino’ dopo aver svolto incarichi di staff e di comando in diverse unità del genio in Italia e in ambito internazionale in Iraq, Afghanistan, Libano e Kosovo, dove recentemente è stato aiutante di campo del comandante di KFOR. Laureato in Ingegneria civile e possessore di due master, ha prestato servizio presso lo Stato Maggiore dell’Esercito e la Direzione Generale dei Lavori e del Demanio.
Francesco FigliuoloGenerale di Divisione, è attualmente Capo del IV Reparto Logistico dello Stato Maggiore dell’Esercito, dopo aver comandato per circa un anno KFOR, la missione della NATO in Kosovo. Ufficiale di artiglieria da montagna, ha svolto incarichi di comando a tutti i livelli nella Brigata alpina Taurinense, che ha guidato tra il 2010 e il 2011. Ha prestato servizio in Patria e all’estero – in Bosnia e in Afghanistan – ricoprendo diverse posizioni di comando e di staff. Laureato in Scienze Strategiche e in Scienze Politiche e Internazionali, è stato Capo-dipartimento storico e giuridico presso la Scuola di Applicazione di Torino, dove ha insegnato Analisi d’area.
Francesco LombardiGenerale di Brigata, è laureato in Scienze Politiche e in Scienze Strategiche, di cui detiene anche il master oltre a quello in International Security Advanced Studies. Ha frequentato corsi di gestione/management e di giornalismo. Dopo aver comandato unità carriste e di cavalleria, si è occupato di pianificazione generale, programmazione finanziaria e controlli interni. Da Vice-Direttore del CeMiSS e da Comandante di Sezione all’ISSMI ha iniziato a sviluppare analisi e divulgazione su tematiche strategiche.
Giuseppe MarescaDirigente Generale del Ministero dell’Economia e Finanze, ha conseguito un Master of Arts (Econ) presso la Victoria University di Manchester.
È co-presidente dell’International Co-operation Review Group del GAFI, del Gruppo di lavoro sui flussi finanziari per il Contact Group on Piracy off the Coast of Somalia e del Gruppo contro la finanza dell’ISIL nell’ambito della Coalizione. Autore di numerose pubblicazioni, insegna Legislazione e pratica anti-riciclaggio alla Scuola della Guardia di Finanza.
Costantino MorettiLaureato in Giurisprudenza, è analista di settore presso una primaria banca internazionale. Ufficiale di complemento dei Carabinieri dal 1990 al 93, ha successivamente lavorato presso il Ministero degli Affari Esteri in qualità di esperto economico-finanziario.Per Informazioni della Difesa ha contribuito alla realizzazione dei supplementi ‘La sicurezza energetica nel XXI secolo: prospettive dall’Italia e dal Mondo’ e ‘Lo spazio cibernetico tra esigenze di sicurezza nazionale e tutela delle libertà individuali’.
Mario RennaTenente Colonnello del Genio Alpino, è il nuovo direttore di Informazioni della Difesa. Ha ricoperto dal 1996 al 2015 diversi incarichi di comando e di staff nella Brigata Taurinense, di cui è stato portavoce in Italia e all’estero per nove anni. Laureatosi a Torino in Ingegneria e in Scienze strategiche, ha conseguito un master in giornalismo all’università di Ferrara e uno in Post-war recovery studies a York (Regno Unito), ed è dottore di ricerca in Scienze strategiche.
Pierluigi ScolèLaureato in Scienze politiche, ha conseguito il titolo di Dottore di ricerca in Storia delle società contemporanee con una tesi dal titolo: Il reclutamento delle truppe alpine italiane nei loro primi cinquant’anni di vita.Autore di numerosi articoli e saggi sugli alpini, ha partecipato a diversi convegni e seminari sul tema. Attualmente lavora presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca, ed è membro del Centro Interuniversitario di studi e ricerche storico-militari.
Giuseppe TarantinoMaggiore dell’Esercito, è redattore di Informazioni della Difesa. In precedenza, presso l’Ufficio Risorse Organizzative e Comunicazione dello Stato Maggiore dell’Esercito, ha curato diversi progetti di comunicazione, tra cui le attività espositive nazionali, gli Infoteam, il CalendEsercito. Si è laureato in sociologia militare all’Università La Sapienza ed ha conseguito il master di 2° livello in Comunicazione Istituzionale presso l’Università di Tor Vergata.
Hanno contribuito: