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L’operazione Strade Sicure ha compiuto sette anni, un arco di tempo in

cui l’immagine dei militari di tutte le Forze Armate inseriti nei dispositivi di

sicurezza delle Forze dell’ordine in numerose città italiane è diventata sempre

più consueta. Un reportage fotografico realizzato dalla Redazione all’EXPO di

Milano – dove l’Esercito è sceso in campo con un ingente numero di militari e

mezzi per contribuire alla sicurezza dell’evento - accompagna un bilancio della

più longeva operazione sul territorio nazionale delle Forze Armate, destinata

ad avere una importanza crescente per la sicurezza del Paese, alla luce dei rischi

emergenti dalle crisi internazionali.

Nell’ambito dell’impegno internazionale sotto l’egida di ONU, NATO e

Unione Europea, la Difesa continua a svolgere un ruolo di primo piano, con la

conferma di Generali e Ammiragli italiani al comando delle missioni UNIFIL in

Libano, KFOR in Kosovo, EUNAVFOR MED nel Mediterraneo Centrale, EUTM

ed EUNAVFOR in Somalia, a riprova della qualità della leadership e dell’azione

sul campo espressa con continuità dalle nostre Forze Armate.

Al più recente mandato alla guida di KFOR - che per la terza volta

consecutiva sarà comandata dalla nostra Nazione - è dedicato un resoconto che

illustra come l’approccio multidimensionale della NATO sia stato declinato dal

Comandante uscente.

Per trattare un argomento di grande attualità, ospitiamo poi un’intervista

a chi è in prima linea contro il finanziamento ai gruppi terroristici che operano

trasversalmente in vaste zone del globo.

Infine, nel solco della commemorazione del centenario della Grande

Guerra, in questo numero verrà ricordato quello che può essere considerato

il primo successo italiano, oltre che un’impresa militare di tutto rispetto: la

conquista del Monte Nero, avvenuta il 16 giugno del 1915.

Buona lettura,

Tenente Colonnello Mario RENNA

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Operazione Strade SicureAll’Expo 2015 e nelle città, le Forze Armate per la sicurezza del Paese

Giuseppe TARANTINO pag. 08

Francesco FIGLIUOLOFederico COLLINA pag. 32

pag. 54

Portfolio pag. 20

a cura di Costantino MORETTI

FOCUS DIFESA

Kosovo e sicurezzaL’approccio globale della missione NATO a guida italiana KFOR XIX

IDEE ED ESPERIENZE

Contrastare il finanziamento del terrorismoIntervista con il Capo della Direzione V del MEF - Prevenzione dell’utilizzo del sistema finanziario per fini illegali

PORTFOLIO IMMAGINI

TECNICA,PROFESSIONEE SOCIETÀ

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16 Giugno 1915La conquista del Monte Nero Pierluigi SCOLÈ pag. 84

RETROSPETTIVE

DIFESA NEWS

Periodico dello:Stato Maggiore della Difesa

Editore:Ministero della Difesa

Direttore responsabile:Ten.Col. Mario RENNA

Redazione:Magg. Giuseppe TARANTINO1° M.llo Cosimo PACIULO

Grafica e Copertina:1°M.llo Antonio MORLUPIM.llo 1 ^cl. Maurizio SANITA’Serg.Magg. William TROIANI

Sede:Via XX settembre, 1100187 Roma06 4691281806 46912488fax: 06 [email protected]

Amministrazione:Ufficio Amministrazionedello Stato Maggiore della DifesaVia XX Settembre, 1100187 Roma

Realizzazione, distribuzione e concessionaria di pubblicità:Edistampa Sud srlLoc. Pezza snc - 81010 Dragoni (CE)Marketing e raccolta pubblicitariaPolitalia srl - Via F. Casati, 17 - 20124 - Milano02 20204157 - 347 4503604

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Gli articoli pubblicati rispecchiano esclusivamente le idee personali dell’autore, il quale ne assume direttamente la responsabilità e garantisce il rispetto della normativa vigente rispetto a testo e immagini.

© Tutti i diritti riservatiReg. Trib. Civile di Roman. 105/982 del 19 marzo 1982

pag. 72

Colonie mediterranee Francesco LOMBARDI

OSSERVATORIO STRATEGICO

pag. 58

UcrainaUn anno dopo la crisi Rodolfo BASTIANELLI

pag. 67

Uomini contro naviGli assaltatori della X flottiglia MAS

Francesco Brach PapaPioniere e mecenate dell’aviazione missionaria italiana

LIBRI ED EVENTI

pag. 90

pag. 94

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Operazione Strade SicureAll’Expo 2015 e nelle città, le Forze Armateper la sicurezza del Paese

Giuseppe TARANTINO

FOCUS DIFESA

L’operazione Strade Si-cure è la più capillare e

longeva operazione delle Forze Armate sul terri-

torio nazionale, al fianco delle Forze dell’ordine in funzione anti criminalità

e terrorismo in numerose città italiane.

Potrebbe sembrare uno slogan

pubblicitario ma è molto di più.

Strade Sicure è una realtà con-

creta che da ormai sette anni è parte

dell’esperienza quotidiana degli Italiani

che abitano i principali centri urbani del

nostro Paese. L’immagine dei militari al

fianco delle forze dell’ordine per la sicu-

rezza interna è per molti versi rassicu-

rante e non rispecchia un’invasione di

campo bensì un trend non nuovo nell’im-

piego delle Forze Armate: il cosiddetto

dual use, ovvero il duplice uso dei militari,

a difesa della Nazione da minacce ester-

ne ma in campo anche sul territorio na-

zionale, specie in chiave di prevenzione

e di contrasto alla minaccia terroristica.

Avviata il 4 agosto 2008 sotto il coordina-

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mento dell’Autorità di Pubblica Sicurezza,

Strade Sicure compie sette anni di attività

che hanno visto migliaia di militari di tutte

le Forze Armate impegnati nel pattuglia-

mento di aree metropolitane, nel control-

lo dei centri per immigrati e nella sorve-

glianza di siti sensibili su tutto il territorio

nazionale. Il contingente attualmente in

campo è forte di oltre 5400 militari che

operano in 43 province. L’operazione è

svolta in massima parte dall’Esercito, con

contributi da parte di Marina, Aeronautica

e Carabinieri, questi ultimi soprattutto in

funzione di comando e controllo nelle sale

operative provinciali.

Strade Sicure è una componente impor-

tante del paradigma dual use delle Forze

Armate, sancito di recente anche dal Libro

Bianco della Difesa: in primis come stru-

mento di difesa da minacce esterne ma an-

che in concorso alle altre istituzioni dello

Stato in caso di calamità naturali, per esi-

genze di ordine pubblico o di pubblica uti-

lità (ad esempio le campagne anti incendi

boschivi e le bonifiche di ordigni inesplosi,

generalmente risalenti all’ultimo conflitto

mondiale e che ancora oggi numerosi ven-

gono alla luce).

La capacità duale degli assetti militari ri-

sponde alla precisa esigenza di poter ri-

correre ad uno strumento altamente

specializzato in grado di intervenire con

prontezza e flessibilità non solo per fina-

lità strettamente militari ma anche per

scopi correlati alla protezione civile e alla

sicurezza interna.

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Prima di Strade Sicure

La massima operazione italiana dual use

ha il suo fondamento normativo nella

legge n. 125 del 24 luglio 20081, mentre

dal punto di vista operativo poggia sull’e-

sperienza degli anni ’90 e 2000. Nel 1992

viene infatti lanciata l’esercitazione Forza

Paris in Sardegna: un’importante attività

addestrativa finalizzata al controllo delle

zone più impervie dell’entroterra sardo

con lo scopo, in coordinamento con le For-

ze di Polizia, di limitare lo spazio di ma-

novra della criminalità organizzata locale

attiva nei sequestri di persona a scopo di

estorsione.

Sempre nello stesso anno viene condotta

l’Operazione Vespri Siciliani, nel quadro

1 ‘Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica’ che autorizza l’impiego di personale militare “per specifiche ed eccezionali esigenze di prevenzione della criminalità, ove risulti opportuno un accresciuto controllo del territorio”, prevedendo peraltro la qualifica di agente di pubblica sicurezza per i militari stessi non appartenenti alle Forze di Polizia allo scopo di garantire una maggiore incisività nell’azione di prevenzione.

della risposta dello Stato alle stragi di Ca-

paci e di via d’Amelio, dove persero la vita

i giudici Falcone e Borsellino insieme alle

loro scorte.

Altre operazioni di controllo del territorio e

concorso alle Forze di Polizia si susseguono

nel corso degli anni ’90.

Tra queste, la ‘Riace’ in Calabria, Parteno-

pe 1 e 2 in Campania, Salento in Puglia.

Caratteristiche comuni di queste opera-

zioni sono state la dipendenza dei con-

tingenti militari dall’autorità prefettizia

attraverso apposite sale operative e l’at-

tribuzione della qualifica di agenti di pub-

blica sicurezza ai militari impiegati quale

strumento giuridico per effettuare sul po-

sto identificazioni, fermi e perquisizioni

di individui sospetti nonché procedere a

sequestri di materiali e mezzi.

Negli anni 2000 al fine di prevenire at-

tentati terroristici conseguenti all’attacco

dell’11 settembre, il Consiglio dei Ministri

dispone, a partire dal novembre 2001,

l’impiego di reparti militari in concorso

alle Forze di Polizia per la vigilanza di

punti sensibili su tutto il territorio nazio-

Esercitazione Forza Paris - 1992 Operazione Vespri Siciliani - 1992

Operazione ‘Strade Sicure’

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nale. Vengono pertanto poste sotto sorve-

glianza tutte le strutture strategiche che

costituiscono potenziali obiettivi di atten-

tati o sabotaggi: porti, aeroporti, stazioni

ferroviarie, centrali energetiche, etc. L’O-

perazione Domino, così viene denomina-

ta, si conclude nel 2006 confermando la

valenza dello strumento militare per que-

sto genere di attività.

Gli sviluppi

Al suo avvio, nel 2008, l’operazione pre-

vedeva un contingente massimo di 3500

unità (il 90% del quale costituito da perso-

nale dell’Esercito) con le seguenti tipolo-

gie di impiego:

• vigilanza esterna nei centri di acco-

glienza per immigrati in 16 province;

• vigilanza statica a obiettivi sensibili nel-

le città di Roma, Milano e Napoli;

• servizio di pattugliamento congiunto

con le Forze di Polizia in 9 città (Bari,

Catania, Milano, Napoli, Padova, Paler-

mo, Roma, Torino e Verona).

Già dopo un anno di impiego i risulta-

ti erano soddisfacenti con oltre 150.000

persone e 65.000 veicoli controllati, 1000

denunce e 500 arresti. Ma il risultato for-

se più importante era stato quello di ac-

crescere anche la percezione di sicurezza

da parte della popolazione attraverso la

presenza tangibile dei militari, perlopiù

giovani ma non privi di esperienza ope-

rativa.

Per inciso, nello stesso anno veniva atti-

vata anche l’Operazione Strade Pulite, per

contribuire al superamento dell’emergen-

za nel settore dello smaltimento dei rifiuti

in Campania. A disposizione del Commis-

sario Straordinario nominato dal Gover-

no, le Forze Armate venivano impiegate

per la raccolta e il trasporto dei rifiuti

nonché per la protezione dei cantieri e dei

siti di smaltimento, contribuendo ancora

una volta al ripristino delle condizioni di

normalità per un consesso civile.

Nel 2009 Strade Sicure ha visto aumen-

tare il numero dei Comandi di Piazza sa-

liti a 24 e contestualmente il numero dei

militari impiegati (+ 500 per un totale di

4000). A questi vanno aggiunti ulteriori

700 militari a disposizione del Prefetto

dell’Aquila a seguito del tragico terremoto

Operazione Strade Sicure - 2010 Operazione Strade Sicure - 2015

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Strade Sicure valore aggiunto per la sicurezza

L’impiego dual use delle Forze Armate costituisce parte della risposta al deficit di sicurezza

percepito soprattutto nei centri urbani ed evidenziato tra l’altro da una ricerca condotta per

conto della regione Lazio dall’Università La Sapienza di Roma nel 2009, nello stesso periodo

in cui prendeva il via Strade Sicure.

Intervistando nei cinque capoluoghi regionali un campione di oltre 2000 cittadini e un certo

numero di testimoni privilegiati, emergeva una percezione di pericolo rivolta alla microcri-

minalità e ai fenomeni a essa connessi: borseggi, scippi, aggressioni, spaccio di sostanze

stupefacenti, furti negli appartamenti, etc.

Al tempo stesso la ricerca rilevava che oltre il 50% degli intervistati attribuiva a una presenza

maggiore delle forze dell’ordine una sicurezza più diffusa, indicando in un incremento della

presenza nelle strade e nei luoghi pubblici la misura di prevenzione e deterrenza più efficace

da adottare, per un controllo del territorio più incisivo. Una percentuale anche maggiore del

campione si mostrava orientata favorevolmente a un impiego di forze di polizia e militari.

Un’altra ricerca, condotta dal medesimo gruppo di studio ma concentrata sull’analisi di un

Municipio romano confermava sostanzialmente le stesse indicazioni.

L’impiego dei militari al fianco delle forze di polizia in Strade Sicure – da inserire in un conte-

sto ampio di politiche sociali e di sicurezza che prevedano interventi su occupazione, riqua-

lificazione urbana, immigrazione clandestina, etc. – può rappresentare un valore aggiunto

per la sicurezza sia in termini di quantità che di qualità, poiché in grado di liberare risorse di

Polizia e Carabinieri, destinabili a compiti più specifici di investigazione.

Valore aggiunto che finisce potenzialmente per riflettersi anche sul consenso per le Forze

Armate, che nel 27° rapporto Italia 2015 dell’EURISPES risulta ampio e in crescita.

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che colpì il capoluogo abruzzese. Sebbe-

ne inizialmente non inquadrati in Strade

Sicure - bensì nell’operazione Gran Sasso

poi riconfigurata nel 2010 come operazio-

ne Aquila – i militari svolgevano compiti

analoghi. Nel 2010 il dispositivo è stato

ulteriormente potenziato coprendo 33

province e prevedendo impieghi mirati

nella provincia di Reggio Calabria, a se-

guito delle minacce della criminalità alle

autorità locali. Il 2011 ha visto le Forze

Armate operare in 35 province: di parti-

colare rilievo sono stati gli interventi a

supporto dell’azione delle Forze di Polizia

in Val di Susa per la vigilanza ai cantieri

della TAV (Treno Alta Velocità) al nord e

quelli per fronteggiare l’emergenza uma-

nitaria dovuta al consistente afflusso di

migranti sul territorio nazionale a sud.

Qui i militari sono stati impiegati sia con

funzioni di vigilanza (ai Centri di Identi-

ficazione ed Espulsione di Lampedusa e

Mineo nonché alle aree di stoccaggio dei

relitti e delle imbarcazioni utilizzate dai

migranti) sia per pattugliare il territorio

circostante. Inoltre unità del Genio, in

stretta collaborazione con le Autorità lo-

cali, hanno provveduto a ripristinare le

aree dell’isola di Lampedusa compromes-

se da un punto di vista igienico-sanitario

a causa del sovraffollamento. Nel 2012 il

dispositivo è stato riarticolato per ciò che

riguarda la catena di comando e control-

lo, rimanendo tuttavia sostanzialmente

invariato rispetto all’anno precedente

quanto a consistenza numerica e tipologia

di impiego. Dal 2013 il controllo operati-

vo dell’operazione è stato affidato al Capo

di Stato Maggiore dell’Esercito, mentre

nel 2014 è cominciata l’azione - tutt’ora

in corso - in Campania nella cosiddetta

Terra dei fuochi, per la prevenzione e la

repressione dei reati ambientali (100 mili-

tari, raddoppiati quest’anno, impiegati nel

contrasto di discariche illegali e roghi di

rifiuti).

Con l’Expo 2015 Strade Sicure raggiunge

un picco numerico, con l’aggiunta di 2500

unità. Il dispositivo, la cui gestione diretta

è assegnata al Comando Forze di Difesa

Interregionale Nord di Padova e al 2° Co-

mando Forze di Difesa di San Giorgio a

Cremano, conta complessivamente su ol-

tre 6500 militari dislocati in 45 province

Operazione Strade Sicure - Aeronautica Militare Operazione Strade Sicure - Marina Militare

Operazione ‘Strade Sicure’

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14.635 arresti

9.973 denunce

7.794 fermi

2.103.347 persone controllate

1.095.139 mezzi controllati

12.456 mezzi sequestrati

661 armi sequestrate

Oltre 2 tonnellatedi stupefacenti sequestrati.

Dati: Stato Maggiore Esercito Periodo di riferimento 2008-2015

su tutto il territorio nazionale, a disposi-

zione dei Prefetti che impiegano i militari

in servizi di vigilanza a siti e obiettivi sen-

sibili e in pattugliamenti congiunti con le

forze dell’ordine in aree metropolitane o

densamente popolate.

Un bilancio dopo sette anni

Le statistiche dell’operazione restituisco-

no un quadro senz’altro positivo. Al com-

pimento del settimo anno di operazione,

il Sottosegretario Gioacchino Alfano ha

dichiarato che “i numeri sugli arresti, de-

nunce, fermi, persone e mezzi controllati,

armi e stupefacenti sequestrati parlano da

soli e dimostrano che l’operazione ha as-

sunto, nel tempo, un valore aggiunto per

la sicurezza sul territorio”.

Oltre all’effetto dissuasivo nei confronti

di atti criminali, il valore aggiunto dell’o-

perazione consiste anche nell’aver “libe-

rato” maggiori risorse per l’attività inve-

stigativa e di polizia giudiziaria da parte

delle forze dell’ordine, aumentando al

tempo stesso la percezione positiva da

parte dei cittadini per ciò che riguarda la

sicurezza.

Se questi risultati sono da ascrivere a

quella che i sociologi definiscono la fun-

zione manifesta di un’azione sociale, non

si può trascurare anche la funzione laten-

te dell’operazione, ovvero quella di espli-

care ulteriormente le capacità dei militari

impiegati, già sviluppate in fase di adde-

stramento e testate nelle missioni inter-

nazionali.

Operazione ‘Strade Sicure’

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Roma: una giornata tipo di Strade Sicure

L’operazione Strade Sicure vede impiegata su Roma una quota importante dei militari

che quotidianamente vigilano le nostre città. Il dispositivo nella Capitale è pertanto par-

ticolarmente articolato e risulta efficiente grazie alla triangolazione di tre fattori chiave: la

professionalità dei militari, la catena di comando e controllo e la sinergia con le Forze di

Polizia. Abbiamo chiesto al Capitano Giuseppe Treré dei Lancieri di Montebello (8°), co-

mandante di uno dei complessi minori (unità di livello compagnia/squadrone) impiegati

nelle diverse zone della città, di illustrare meglio come si combinano questi fattori descri-

vendo la sua giornata tipo.

“L’attività inizia presto con un briefing sul servizio del giorno e una verifica delle consegne

che sono sempre aggiornate e pertanto devono essere ben conosciute. Successivamente

si provvede al controllo di tutto l’equipaggiamento, armi, materiali e mezzi e al caricamen-

to delle armi. La vigilanza inizia già dal momento in cui si esce dalla caserma. Il tragitto

infatti è a tutti gli effetti un momento operativo. I militari raggiungono i diversi siti - am-

basciate, stazioni ferroviarie, fermate della metro e altri punti sensibili - sempre seguendo

itinerari diversi e sempre prestando attenzione a cosa accade intorno a loro. Raggiunta

infine la postazione avviene il cambio con la pattuglia smontante e comincia il turno di

vigilanza fisso senza però che vi sia una routine: periodicamente alterniamo il personale

nei diversi siti con il vantaggio che tutti conoscono l’intero territorio.

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Ogni giorno, in orari diversi, io e il mio se-

condo ispezioniamo i presidi per stare vi-

cini ai nostri e avere sempre il polso della

situazione. Strade Sicure è un compito par-

ticolarmente delicato, svolto tra la gente,

e il militare deve mantenere una postura

vigile, pronto ad intervenire in caso di ne-

cessità, ma al contempo deve trasmettere

ai cittadini un senso di sicurezza.

Prima dell’impiego operativo è previsto un

apposito ciclo di approntamento teorico-pra-

tico che fornisce ai militari tutte le compe-

tenze per ben operare. Inoltre con cadenza

mensile vengono svolte ulteriori attività di

mantenimento delle capacità acquisite.

L’uomo e la donna in uniforme sul campo non sono soli ma sono i terminali di una catena

di comando e controllo che li supporta ed è in grado di attivare tutte le azioni necessarie

per fronteggiare eventuali emergenze. Il Comandante del Raggruppamento Lazio-Um-

bria-Abruzzo è il Comandante della Brigata Granatieri di Sardegna, da cui dipende tra

le altre la Piazza di Roma, articolata su 3 gruppi tattici a loro volta organizzati in diversi

complessi minori.

Ogni pattuglia è costantemente in contatto con le sale operative della Questura, dei Ca-

rabinieri e del Comando Brigata per segnalare o ricevere indicazioni su ogni evento che si

scosta dalla norma ed agire di conseguenza: controlli di mezzi o persone sospette, inter-

venti ‘minori’ in aiuto di un cittadino, fermi e arresti in concorso alle Forze di Polizia sono

all’ordine del giorno, come si legge anche sulla stampa. La sinergia con le Forze di Polizia è

ottima, c’è piena collaborazione e fiducia nella professionalità reciproca. E la stessa fiducia

ha la gente nei confronti di entrambi. Ricordo all’inizio, diversi anni fa ormai, che eravamo

visti con un po’ di curiosità se non diffidenza. Nel corso del tempo la situazione è comple-

tamente cambiata. Ci sono esercizi commerciali in alcune aree dove operiamo che adesso

aprono al mattino quando inizia il turno di vigilanza, sentendosi più sicuri. Succede di

essere allertati da persone che notano qualcosa di strano e avvisano noi che siamo già sul

posto: è poi nostra cura chiedere l’intervento di Polizia o Carabinieri se la situazione effet-

tivamente lo richiede. Altri ci avvicinano anche solo per ringraziarci. Sono riconoscimenti

importanti, che ai militari fanno capire l’importanza del loro ruolo, non solo quando sono

impiegati in missione all’estero, ma anche quando sono impiegati in Patria”.

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Riferimenti bibliografici

Legge n. 125 del 24 luglio 2008 “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 23 maggio 2008,

n. 92, recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica”;

Ministero della Difesa, (2015), Libro Bianco per la sicurezza internazionale e la difesa. La nostra Difesa;

Esercito Italiano, Rapporto Esercito (edizioni annuali dal 2008 al 2014);

AA.VV., (2015), 27° Rapporto Italia. Percorsi di ricerca nella società italiana, Roma, Eurispes;

Battistelli, Ricotta, Appolloni, Fay Lucianetti, (2009), Periferie insicure? Insicurezza e sicurezza nei cinque

capoluoghi del Lazio, Roma, Dipartimento Innovazione e Società – Sapienza Università di Roma;

Battistelli, Ricotta, Farruggia, Appolloni, (2010), La percezione di sicurezza nel XVII Municipio di Roma: il

punto di vista dei cittadini, Roma, Istituto Ricerche Internazionali Archivio Disarmo.

www.camera.it

www.difesa.it

www.interno.gov.it

www.esercito.difesa.it

www.marina.difesa.it

www.aeronautica.difesa.it

www.carabinieri.it

www.archiviodisarmo.it

www.expo2015.org

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Ecor Research si inserisce nel mondo della Difesa

con competenze e know di alto livello.

L’azienda, nata nel 1976 come laboratorio

metalmeccanico a Schio, polo industriale in

provincia di Vicenza, si caratterizza per il core

business rappresentato dalla produzione di

componentistica meccanica critica da un punto di

vista di sicurezza e salute. La saldatura e i processi

speciali costituiscono le competenze storiche e

l’esperienza raggiunta ha contribuito ad orientare

l’azienda verso il mondo dell’Aerospazio e Difesa.

I principali settori in cui opera l’azienda

comprendono, oltre alla Difesa, il

Confezionamento Alimentare e la Meccanica

Avanzata. L’azienda, precisamente, progetta e

produce componenti critici, assembla sottogruppi

elettromeccanici, ed effettua l’esercizio di banchi

prova per la simulazione integrata.

Il principale mercato di riferimento di Ecor

Research è rappresentato da multinazionali o

grandi aziende le quali, per scelte strategiche,

esternalizzano le fasi di produzione creando, di

fatto, l’esigenza di una Supply Chain basata su

fornitori in grado di garantire qualità, economicità,

continuità ed

affidabilità.

Ecor Research,

quindi, anticipando le

esigenze di mercato,

si propone come

fornitore strategico

e integrato, che

condivide con i clienti

anche le importanti

fasi di progettazione

e industrializzazione

del prodotto.

Nell’ottica di una strategia di differenziazione

intrapresa da qualche anno nel settore

dell’Aerospazio e Difesa che ha visto l’ottenimento

di importanti certificazioni, tra cui AS/EN

9100 e NADCAP per i processi di saldatura,

di trattamento termico, e per i controlli non

distruttivi, l’azienda oggi intende operare su due

piani con la Difesa, uno nell’ambito dell’R&D,

l’altro più particolarmente nella fornitura diretta

di sistemi. Grazie a specifiche e consolidate

competenze su materiali avanzati e tecnologie

speciali di rivestimento Ecor Research sta

proponendo, in collaborazione con altri players

del comparto, lo sviluppo di soluzioni innovative

nel settore delle protezioni balistiche. Si tratta,

in particolare, di materiali multistrato adattabili

a diverse minacce e modulabili per protezioni

di tipo additivo per mezzi ruotati, cingolati,

ed elicotteri. Parallelamente, Ecor Research è

in grado di sviluppare sistemi modulari per il

trattamento e la potabilizzazione delle acque,

con particolare riferimento alla leggerezza e alla

compattezza nell’ambito di missioni entry force.

Sulla base di investimenti e sviluppi interni,

l’azienda prossimamente sarà in grado di fornire

soluzioni adeguabili a diversi profili di missione,

in un secondo momento convertibili nell’ambito

di operazioni di stabilizzazione e ricostruzione.

Per mezzo della trentennale e consolidata

esperienza nella fornitura di prodotti meccanici

critici per multinazionali nell’ambito del settore

delle macchine automatiche per il packaging

alimentare e medicinale, l’azienda si inserisce

nel settore aerospaziale con una dotazione

di competenze, metodologie e certificazioni

riconosciute di eccellenza a livello nazionale.

I prodotti meccanici critici per le macchine

automatiche, come ad esempio le parti a contatto

con alimenti e medicinali, sono trattati molto

similmente alle parti di aerostrutture e di motori

aeronautici, per quanto concerne soprattutto la

gestione della produzione e i controlli qualità.

Ecor Research, di recente, è entrata a far parte

della rete POEMA, Polo Europeo Microfusioni

Aerospaziali, network avellinese di 12 imprese

specializzate nella produzione e gestione

di processi tecnologicamente avanzati con

l’obiettivo di migliorare l’efficienza dei motori

aerei. Capofila della rete è EMA, Europea

Microfusioni Aerospaziali S.p.A., che è controllata

al 100% da Rolls Royce plc.

L’azienda sta stringendo alleanze e collaborando

con i principali players nazionali e internazionali

del settore con trend di crescita in continua

evoluzione.

Sistemi modulari

R&D e fornitura di sistemi: la strategia di Ecor Research nel settore della Difesa

Condensazione Potabilizzazione Dissalazione

Ambiente

Veicolo militare

INSERZIONE PUBBLICITARIA

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PORTFOLIOIMMAGINI OPERAZIONE STRADE SICURE

Il 1° maggio è stata inaugurata l’Expo Milano 2015, la 34° Esposizione Universale. Il tema “Nutrire il pianeta. Energia per la vita” riassume la sfida più importante del secolo per il mondo intero. 184 giorni di apertura, 20 milioni di visitatori e un’area di 1 milione di metri quadrati da controllare. Questi i numeri per i quali è stato calibrato il dispositivo di sicurezza dell’Esercito: 2500 militari per vigilare sull’evento con presidi, pattuglie e team specialistici per le operazioni di controllo e le emergenze, attivi 24 ore al giorno, tutti i giorni.

Fotografie di Giuseppe TARANTINO

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Militari del Reggimento lagunari ‘Serenissima’ sorvegliano la Lake Arena al cui centro si erge l’Albero della Vita, una delle attrazioni principali dell’Expo, caratterizzato dalla chioma ispirata al disegno di Piazza del Campidoglio a Roma, realizzata da Michelangelo.

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Militari dell’Arma Trasporti e Materiali controllano i veicoli in ingresso con apparecchiature ai raggi X.

Una pattuglia di Lagunari percorre il Decumano ormai deserto, dopo l’orario di chiusura.

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Un graduato del Reggimento Artiglieria a cavallo ‘Voloire’ di Milano controlla gli accessi all’Expo dalla sala operativa coordinata dalla Prefettura.Vero cuore pulsante del dispositivo di sicurezza della manifestazione, la sala operativa raccoglie in un unico centro decisionale tutti i rappresentanti delle Forze Armate e di Polizia.

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Paracadutisti del 187° Reggimento ‘Folgore’ di guardia presso una postazione di controllo perimetrale.

Un team del 7° Reggimento NBC ‘Cremona’ verifica l’assenza di eventuali

sostanze radioattive o chimiche.

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Robot radioguidato Packbot 510 per il monitoraggio a distanza di ordigni.

Un cane del Gruppo Cinofilo dell’Esercito ha appena verificato l’assenza di sostanze esplosive dal mezzo ispezionato.

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Una pattuglia di Lagunari pronta per i controlli ai padiglioni dell’Esposizione.

Artiglieri da Montagna del 3° Reggimento in servizio presso i varchi di ingresso.

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Visitatori in coda all’ingresso di Palazzo Italia e del padiglione cinese (in basso).

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Il 1° maggio veniva inaugurata l’Expo Milano

2015, la 34a Esposizione Universale. Il tema

dell’evento “Nutrire il pianeta. Energia per la

vita” riassume la sfida più importante del seco-

lo per il mondo intero. La cornice di sicurezza

della manifestazione ha rappresentato un’ulte-

riore sfida per le Forze dell’ordine e la Difesa,

scese in campo per garantire la sicurezza dei

milioni di visitatori attesi per l’evento da tutto

il mondo.

Il dispositivo messo in atto, forte di quasi 2500

militari di diverse armi e specialità dell’Esercito,

veniva integrato nell’Operazione Strade Sicure di cui rappresenta una “costola”, per contribuire alla sicurezza

del sito di Expo, degli aeroporti di Malpensa, Linate e Orio al Serio, delle stazioni ferroviarie e dei siti sensibili

del capoluogo lombardo e province limitrofe, in un’ottica olistica di prevenzione e gestione delle crisi, la cui

centrale decisionale risiede nella Sala Operativa della Prefettura di Milano.

Questi i compiti per la componente militare del dispositivo:

· presidiare e controllare tutto il perimetro dell’area e degli snodi nevralgici della viabilità stradale

· sorvegliare i padiglioni del sito nelle ore di chiusura della manifestazione

· verificare tutti gli automezzi e i relativi carichi in entrata

· assicurare gli assetti specialistici (nuclei cinofili, team artificieri IEDD – Improvised Explosive Device Disposal,

squadra NBC – Nucleare, Batteriologica e Chimica) per le relative attività di routine e per gli interventi in

caso di eventuali emergenze

· fornire il personale di collegamento presso la Sala Operativa della Prefettura

Se ai visitatori dell’Expo non saranno sicuramente sfuggiti i militari di vigilanza agli ingressi e lungo il perime-

tro dell’area, è dopo l’orario di chiusura che si è messa in moto la fase più complessa a carico della compo-

nente militare. Oltre a mantenere i presidi esterni, veniva attivata la vigilanza interna ma soprattutto iniziava

l’attività di controllo su tutti i veicoli merci in ingresso al sito. Ogni autoveicolo in ingresso veniva sottoposto a

tre generi di controlli. Innanzitutto una scansione radiografica completa con un’apparecchiatura unica in Italia,

concettualmente simile a quelle presenti negli aeroporti ma di dimensioni e potenza maggiori. Successiva-

mente, con l’ausilio di nuclei cinofili, veniva verificata l’assenza di esplosivo (in caso di necessità venivano atti-

vati i team specializzati nella neutralizzazione di ordigni). Infine veniva rilevata l’assenza di elementi radioattivi,

batteriologici e chimici. Agli stessi controlli veniva sottoposto anche tutto il personale dei mezzi controllati.

Solo al termine della complessa procedura l’automezzo poteva accedere all’Expo. Per l’effettuazione dell’in-

tero ciclo sono stati individuati e attrezzati tre “polmoni” tra la fiera di Rho-Pero e il sito Expo: due aree per il

parcheggio e il controllo dei mezzi, una terza per la stazione di bonifica NBC di grande capacità, con annessa

area di decontaminazione e controllo di fallout predisposta per le emergenze.

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Un geniere paracadutista in servizio di vigilanza presso l’Albero della Vita,sede di spettacoli frequentati da un vasto pubblico.

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Il carattere multidimensionale della

gestione della crisi è diventato il tratto saliente

di un nuovo approccio globale ed integrato

della NATO:il Comprehensive

Approach.

Kosovo e sicurezzaL’approccio globale della missione NATO a guida italiana KFOR XIX

Francesco FIGLIUOLOFederico COLLINA

IDEE ED ESPERIENZE

La complessità degli scenari ope-

rativi in cui muovono le prin-

cipali missioni di gestione delle

crisi, di ricostruzione e stabilizzazione,

pone sempre più in evidenza la necessità

di una stretta sinergia tra i vari attori, mi-

litari e civili, appartenenti alle Organiz-

zazioni Internazionali ed alle istituzioni

locali che insistono nel teatro operativo.

L’Alleanza Atlantica ha quindi promosso

un nuovo modo di affrontare le sfide alla

sicurezza, ponendo in evidenza che non

possono più essere fronteggiate global-

mente da un’unica istituzione, ma solo in

una cornice di istituzioni interdipendenti

ed interconnesse. In quest’ottica, NATO,

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Kosovo e sicurezza

Nazioni Unite (ONU), Organizzazione per

la Sicurezza e la Cooperazione in Europa

(OSCE), Unione Europea (UE) e Consi-

glio d’Europa rappresentano, nell’ambito

dell’ordinamento internazionale, attori

che si completano e concorrono insieme a

definire un nuovo sistema di sicurezza co-

operativa1. In occasione del Vertice di Riga

del 2006, è stata enunciata la Comprehen-

sive Political Guidance (CPG) dell’Alleanza

Atlantica, documento programmatico che

analizza gli scenari dei successivi 10-15

anni, individuando le capacità che i Pa-

esi alleati devono sviluppare e le misure

da attuare al fine di fronteggiare le nuove

minacce globali poste dal terrorismo, dal-

la proliferazione delle armi di distruzione

di massa, dagli Stati falliti, dall’accesso

a tecnologie dual use e dalla distruzione

delle risorse vitali. Al riguardo, nel sum-

mit di Bucarest del 2008, i Capi di Stato e

di Governo hanno discusso un piano di

proposte pragmatiche per una generale

revisione del modo di pensare alle opera-

zioni militari, di pianificarle e condurle, in

prospettiva di una loro armonizzazione

in un più vasto e comprensivo piano di

interventi e risposte di carattere politico,

economico e sociale, oltre che militare.

In sintesi, il carattere multidimensionale

della gestione della crisi è diventato il trat-

to saliente di un nuovo approccio, globale

ed integrato: il Comprehensive Approach.

In tal senso la NATO ha cominciato ad ag-

giornare la propria dottrina già dal 2010,

quando è stata elaborata la prima bozza

della Comprehensive Operations Planning

Directive (COPD). La direttiva ha subito

modifiche successive e conserva un ca-

rattere divulgativo ed aperto ai principali

interlocutori internazionali dell’Alleanza

Atlantica (Partnership for Peace ed UE), dei

quali si cerca di anticipare le necessità e

gli obiettivi di possibili azioni coordinate,

nell’ambito della gestione di una situazio-

ne di crisi dove la Comunità internazio-

nale sia chiamata ad intervenire. Il COPD

costituisce la sintesi del Comprehensive

Approach alla gestione della crisi, intesa

nella sua complessità quale scenario ca-

ratterizzato da un numero elevatissimo

di attori che interagiscono in molteplici

dimensioni (militare, politica, economica

e sociale). La comprensione della crisi e,

più ancora, la possibilità di gestirla impli-

cano un approccio decisamente articolato

«...che richiede pensiero laterale, analisi di

domini non solo militari e soprattutto una

condivisione di conoscenza e di informa-

zioni mai prima d’ora ritenuta necessa-

ria..»2.

L’approccio globale nella missione

KFOR XIX

Nel corso della missione KFOR XIX, nel

periodo settembre 2014 - agosto 2015, la

situazione generale di sicurezza in Koso-

vo, pur in un quadro di fragilità, è sempre

rimasta alquanto stabile, mostrando an-

che importanti segnali di distensione. Ciò

a dispetto del fatto che ai problemi ancora

irrisolti si sia aggiunta negli ultimi anni

una grave crisi economica ed occupazio-

nale. Tale stabilizzazione è stata frutto

dell’impegno delle istituzioni del Kosovo,

dei rappresentanti della Comunità inter-

nazionale, ma anche dell’attività operati-

va di KFOR che ha continuato a svolgere

la sua azione imparziale a favore della po-

polazione kosovara, indipendentemente

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dall’appartenenza etnica, dal credo reli-

gioso e dalle differenze di genere.

Attualmente lo sforzo principale di KFOR

è nel nord del Kosovo, a maggioranza ko-

sovaro-serba, il cui simbolo è la città di

Mitrovica, divisa in due amministrazioni,

separate dal fiume Ibar, che rispecchiano

la differente distribuzione etnica della po-

polazione: Mitrovica Sud, a maggioranza

kosovaro-albanese (circa 80.000 abitanti)

e Mitrovica Nord a maggioranza koso-

varo-serba (circa 20.000 abitanti). Qui è

presente anche l’Ufficio Amministrativo

di Mitrovica Nord (MNAO, i.e. Mitrovica

North Administrative Office), istituito nel

maggio 2012 dall’autoproclamata Repub-

blica del Kosovo, come soluzione ad inte-

rim per garantire la governabilità della cit-

tà. L’Ufficio aveva il compito di acquisire le

competenze di UNMIK per trasferirle in

seguito ad una municipalità, creata trami-

te libere elezioni amministrative3.

Nel KFOR Operational Plan, una linea di

operazione è focalizzata sul processo lo-

cal capacity building del nord del Kosovo,

con azioni volte a sostenere ed a moni-

torare il processo di integrazione della

regione nelle strutture amministrative

e giudiziarie centrali. L’integrazione del

nord presuppone il favore della minoran-

za kosovaro-serba qui residente e, più in

generale, la ricomposizione delle tensioni

inter-etniche che proprio da questa re-

gione possono divampare, per estender-

si a macchia di leopardo nelle altre parti

del Kosovo, ponendo a rischio diretto la

stessa sicurezza delle isolate comunità

religiose serbo-ortodosse, monitorate co-

stantemente da KFOR. Una seconda li-

nea di operazione, support to International

Community, ha l’obiettivo di assicurare il

massimo sostegno ai numerosi attori della

Comunità internazionale, impegnati nella

stabilizzazione del Paese. In sintesi, siner-

gia e coordinamento fra organizzazioni

civili e strumento militare sono necessari

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La Kosovo Force (KFOR) è una forza militare internazionale a guida NATO,

responsabile dell’ordine e della pace in Kosovo, regione inizialmente am-

ministrata dall’ONU, con la missione UNMIK (United Nations Interim Ad-

ministration Mission in Kosovo) e che ha dichiarato unilateralmente la

propria indipendenza dalla Serbia il 17 febbraio 2008. La KFOR entrò in

Kosovo il 12 giugno 1999, due giorni dopo l’adozione, da parte del Consiglio

di Sicurezza, della Risoluzione 1244. All’epoca il Kosovo stava affrontando

una grave crisi umanitaria, con scontri quotidiani tra le forze militari del-

la Repubblica Federale di Jugoslavia e le forze paramilitari dell’Esercito di

liberazione del Kosovo, Ushtria Clirimtare e Kosoves (UCK). La tensione tra i

gruppi etnici era molto alta, così come il numero delle vittime degli scontri,

soprattutto civili, con quasi un milione di profughi che avevano lasciato la

regione. In tale contesto la missione KFOR aveva il compito di proteggere

la popolazione civile e assicurare il ritiro delle forze militari jugoslave nel

rispetto degli accordi di Kumanovo che sanciva il ritiro dell’esercito e della

polizia jugoslava dal Kosovo e la contestuale cessazione dei bombarda-

menti della NATO sulla Repubblica Federale di Jugoslavia.

Nel periodo di massima partecipazione, il numero delle truppe KFOR ha

raggiunto le 50.000 unità, provenienti da 39 paesi (della NATO e non). A se-

guito del generale miglioramento delle condizioni di sicurezza sul terreno,

il contributo si è gradualmente ridotto, sino ad attestarsi attualmente sulle

5.000 unità (per un totale di 31 paesi contributori).

Il Gen. Figliuolo - Com. KFOR XIX - con i militari portoghesi della KFOR Tactical Reserve

Kosovo e sicurezza

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se non inevitabili per il successo di questa

missione. Le dinamiche di tali linee ope-

rative verranno approfondite attraverso

l’analisi di alcuni case study, riconducibili

alla missione KFOR XIX.

Isa Boletini (al secolo Isa Peci) nacque il 15

gennaio 1864 nel villaggio di Boletin (Mu-

nicipalità di Zvecan, nel nord del Kosovo),

dove ancor oggi si trova la casa della fa-

miglia Boletini, vicinissima al monastero

serbo-ortodosso di Sokolica. Isa Boletini

combatté contro l’Impero Ottomano, fu

tra i principali esponenti del movimento

per l’indipendenza dell’Albania e sosteni-

tore dell’ideale della Grande Albania, cioè

di uno Stato indipendente che riunisse in

sé tutti i territori abitati dalla popolazio-

ne di etnia albanese. Fu nominato Mini-

stro della Guerra dell’Albania e combatté

anche contro i Serbi durante la Prima

Guerra Mondiale, rimanendo vittima di

un’imboscata tesagli dalla gendarmeria

montenegrina a Podgorica (Montenegro),

il 23 gennaio 1916. Per queste ragioni, Isa

Boletini, proclamato “eroe del Kosovo” nel

2004 da Ibrahim Rugova, è considerato

dai Kosovari di etnia albanese un simbo-

lo della lotta contro i Serbi e ha un posto

di rilievo nell’immaginario nazionalistico

collettivo.

La prima proposta di una cerimonia uf-

ficiale di sepoltura dei resti dell’eroe nel

villaggio natale Boletin fu avanzata dalle

autorità kosovare nel 2004 ma il progetto

fallì per la mancanza delle condizioni di

sicurezza.

Un secondo tentativo, nel 2012, ebbe esito

analogo. La questione è stata riproposta

nel 2014, quando è stato istituito un Co-

mitato organizzatore che, sotto la guida

dell’allora Ministro della Kosovo Security

Force4 (KSF), Agim Ceku, ha fissato la data

dell’evento al 28 novembre dello stesso

anno, giorno dell’indipendenza dell’Al-

bania. Il Comando di KFOR, allo scopo di

garantire il rispetto del mandato (e quin-

di un ambiente sicuro in tutto il Kosovo)

ha analizzato le possibili conseguenze di

questo evento, individuando i seguenti

elementi di rischio:

• la cerimonia si prestava a una facile stru-

mentalizzazione politica, per il collega-

mento diretto della figura di Isa Boletini

ai sentimenti nazionalistici pan-albanesi,

diffusi in gran parte dell’elettorato delle

principali forze politiche del Kosovo (Par-

tito Democratico per il Kosovo, PDK, e

Lega Democratica per il Kosovo, LDK);

• la cerimonia si sarebbe svolta nelle muni-

cipalità del Nord, dove poteva comporta-

re escalation di violenza inter-etnica, per

possibili opposizioni e reazioni da parte

dei kosovaro-serbi;

• nel mese di novembre 2014 la tensione

era già elevata a causa degli esiti del-

la partita di calcio Serbia-Albania del 14

ottobre 2014, sospesa per disordini dopo

che un drone aveva sorvolato lo stadio di

Belgrado, portando una bandiera raffigu-

rante, assieme ai confini etnico-geografi-

ci della Grande Albania5, le immagini di

Ismail Kemali e Isa Boletini, i più rappre-

sentativi esponenti dell’indipendenza al-

banese dall’Impero Ottomano;

Case study 1: Prevenzione di tensioni

inter-etniche in occasione della

commemorazione di Isa Boletini,

simbolo della lotta ai Serbi

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• il breve preavviso tra l’annuncio del Co-

mitato organizzatore e la data dell’evento,

circa un mese, avrebbe potuto causare la-

cune nell’organizzazione della sicurezza.

Alla luce di queste valutazioni, il Coman-

dante di KFOR ha deciso di intraprende-

re un’azione di shaping focalizzata sugli

organizzatori dell’evento, affinché, attra-

verso le loro decisioni, minimizzassero i

rischi di tensioni inter-etniche, durante lo

svolgimento della celebrazione. A tal fine,

i Key leader engagement, condotti in pri-

ma persona dal Comandante della forza

NATO, sono stati improntati a massima

prudenza ed equilibrio, in considerazione

del fatto che il mandato di KFOR impone

di agire con imparzialità, nel rispetto delle

decisioni politiche interne al Paese.

Alla luce degli elementi emersi durante lo

studio del problema operativo, è stato ela-

borato il concetto d’azione, basato su un

approccio multi-fattoriale, volto cioè a te-

nere nella dovuta considerazione tutte le

variabili del problema (sociali, politiche e

culturali) e a sfruttare ogni risorsa dispo-

nibile in grado di influenzare gli eventi.

Tale approccio ha consentito di moltipli-

care lo sforzo di KFOR, coinvolgendo in

una strategia comune molteplici attori

presenti nel Teatro di operazioni, unita-

mente alle loro risorse umane e materiali.

KFOR ha operato secondo una strategia

concentrica, volta ad indirizzare le linee

d’azione dei vari attori verso l’obiettivo

comune (lo svolgimento delle celebrazio-

ni in totale sicurezza e senza tensioni in-

ter-etniche), in modo sinergico e coordi-

nato, con effetti mutually reinforcing.

Lo scarso preavviso di circa un mese sul-

lo svolgimento della celebrazione ha de-

terminato, come primo intendimento di

KFOR, quello di promuovere, presso il

Comitato organizzatore, il posticipo dell’e-

vento, al fine di approfondire il quadro in-

formativo necessario per la sua migliore

gestione.

Al riguardo, in successive riunioni di co-

ordinamento, il Comandante di KFOR

ha condiviso informazioni e approfondi-

menti con il c.d. Quintetto per il Kosovo6 e

il Rappresentante Speciale del Segretario

dell’ONU e Capo della missione UNMIK,

Farid Zarif. L’azione del Comandante di

KFOR si è quindi tradotta in un successivo

e più vasto piano di interventi concertati

con i massimi rappresentanti della Comu-

nità internazionale, che hanno esercita-

to opportune azioni di convincimento e

moral suasion sul Comitato organizzatore.

Quest’ultimo ha infine deciso di riman-

dare la cerimonia, in prima battuta, al

15 gennaio 2015 (giorno di nascita di Isa

Boletini) e, successivamente, al 10 giugno

2015 (16° anniversario della fine dei bom-

bardamenti della NATO in Kosovo).

Al fine di evitare qualsiasi strumentaliz-

zazione politica dell’evento, in chiave na-

zionalistica, è stato necessario interagire

direttamente con l’ambiente politico cen-

Kosovo e sicurezza

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trale kosovaro, molti esponenti del quale

erano membri del Comitato organizzato-

re. In quest’ottica il Comandante di KFOR

ha avviato un’intensa serie di contatti con

diversi membri del Governo, tra i quali il

Vice Primo Ministro e Ministro degli Af-

fari Esteri, Hashim Thaci, il Ministro per

l’Integrazione Europea, Haki Collaku, e il

Ministro delle KSF, Haki Demolli. Peral-

tro, il medesimo argomento è stato ogget-

to di attenzione anche a margine del pri-

mo incontro ufficiale del Comandante di

KFOR con il Primo Ministro, Isa Mustafa,

nel gennaio 2015.

Analoghi Key leader engagement e meeting

sono stati condotti con rappresentanti po-

litici locali, in primis il sindaco di Mitrovica

Sud, Agim Bathiri, attivo membro del Co-

mitato organizzatore, ma anche i sindaci

delle quattro municipalità del nord a mag-

gioranza kosovaro-serba7, che sono stati

informati e rassicurati sull’operato impar-

ziale di KFOR, estranea all’organizzazio-

ne della cerimonia, ma pronta a garantire

le condizioni di sicurezza nel Nord del

Paese durante lo svolgimento della stessa.

Un altro elemento di successo nella stra-

tegia di KFOR è stato il coordinamento

attivo con le altre organizzazioni di sicu-

rezza operanti in Kosovo: Kosovo Police

(KP) ed EULEX8 (organizzazione respon-

sabile), rispettivamente prima e seconda

ad intervenire in caso vi sia la necessità di

preservare la sicurezza interna e l’ordine

pubblico, in una scala di reazione che pre-

vede la risposta di KFOR in extrema ratio,

quale third responder. Tale coordinamento

si è reso necessario per pianificare e con-

durre le operazioni in modo efficiente e

coordinato. Un importante elemento fa-

cilitatore al riguardo è stata la partecipa-

zione del personale di KFOR alle riunioni

del Comitato organizzatore, presieduto

dal Ministro delle KSF e composto anche

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dai rappresentanti dei Comandi regionali

della Kosovo Police. Inoltre, sono stati mol-

to proficui i meeting periodici fra i rappre-

sentanti di KFOR e di EULEX, a livello dei

Vice Capo missione, e quelli convocati per

la specifica esigenza. Questi, infatti, han-

no permesso di acquisire altri dati infor-

mativi, in virtù del continuo rapporto di

collaborazione in essere fra la KP ed EU-

LEX, che svolge nei confronti della polizia

locale attività di Monitoring, Mentoring e

Advising.

Infine era inevi-

tabile che l’evento

suscitasse il forte

interesse dei me-

dia. La strategia

mediatica adottata

da KFOR può esse-

re schematizzata

in tre fasi. Nella

prima lunga fase di

preparazione della

cerimonia, costellata da numerosi rinvii,

KFOR ha seguito una politica mediatica

reattiva, dialogando con Comunità inter-

nazionale ed Istituzioni locali esclusiva-

mente su questioni legate alla sicurezza

dell’evento ed al di fuori delle sedi media-

tiche. In questo frangente, inoltre, le noti-

zie di stampa riguardanti la celebrazione

non erano frequenti e soprattutto non

chiamavano in causa il ruolo di KFOR.

La seconda fase è stata aperta dall’inat-

teso annuncio delle autorità governative

kosovare ed albanesi di seppellire i resti di

Isa Boletini in Albania, a Valona.

Tale decisione è rimbalzata a metà maggio

nella stampa locale con una certa accele-

razione, ancor più quando gli stessi organi

di informazione hanno ripreso le dichia-

razioni del Sindaco di Mitrovica Sud, Agim

Bathiri, che contestava la scelta delle Isti-

tuzioni kosovare di aver assecondato le

pressioni della Comunità internazionale

per evitare lo svolgimento della celebra-

zione nel Nord del Kosovo, chiamando

in causa, al riguardo, anche la mancata

autorizzazione da parte di KFOR. Data

la generalità e la scarsa precisione di tali

dichiarazioni, non aderenti alla realtà,

per il fatto che l’u-

nica restrizione

che KFOR abbia

mai posto, relati-

vamente le moda-

lità di svolgimento

della cerimonia

nel nord del Koso-

vo, fosse esclusi-

vamente relativa

all’impiego delle

KSF che, negli in-

tendimenti del Comitato Organizzatore,

avrebbero costituito una scorta d’onore

del feretro di Boletini9, il Comandante di

KFOR ha deciso di non rispondere diret-

tamente al Sindaco, né personalmente

né a mezzo stampa, affidando al Coman-

dante del Joint Regional Detachment-Nord

(JRD-N) il compito di chiarire con lo stesso

la posizione della missione NATO.

Successivamente, il Sindaco Bathiri ha ri-

lasciato ulteriori dichiarazioni agli organi

di informazione, riportando, in maniera

esatta, il contenuto del colloquio con il

Comandante del JRD-N e rettificando le

precedenti. Infine, la terza e ultima fase è

stata avviata a seguito dei ripensamenti

del Comitato organizzatore che, in ultimo,

Kosovo e sicurezza

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ha deciso di effettuare la sepoltura nel vil-

laggio di Boletin, nel Nord del Kosovo.

Al riguardo, alcuni media hanno riporta-

to che KFOR avrebbe scortato il feretro

fino alla sede della sepoltura, cosa eviden-

temente non vera e potenzialmente dan-

nosa per l’immagine di imparzialità della

missione. Il COMKFOR ha deciso pertan-

to di passare a una politica mediatica atti-

va, rilasciando una dichiarazione ufficiale

a mezzo comunicato stampa, nella quale

è stato chiarito che le unità di KFOR non

avrebbero scortato il feretro e che l’uni-

ca limitazione posta, relativamente allo

svolgimento della cerimonia nel Nord del

Kosovo, fosse la mancata autorizzazione

alla KSF di scortare i resti di Boletini. Con

il citato comunicato10, il Comandante di

KFOR ha preso le distanze dall’evento,

salvaguardando il carattere di imparzia-

lità della missione, soprattutto agli occhi

della comunità kosovaro serba del nord,

e ribadendo il ruolo di third responder in

materia di sicurezza, per invitare tutte le

parti a collaborare affinché la manifesta-

zione si svolgesse senza inutili tensioni.

Le celebrazioni si sono tenute infine

dall’8 al 10 giugno, giorno della cerimo-

nia conclusiva e dell’inumazione a Bole-

tin. Le forze KFOR hanno seguito tutte

le celebrazioni monitorando da vicino la

situazione con gli assetti non cinetici dei

Joint Regional Detachment11 ed impiegan-

do elicotteri e velivoli a pilotaggio remoto

rispettivamente con funzioni ricognitive

e di Imagery Intelligence12. Le forze di ma-

novra sono state schierate presso hot spot

e punti sensibili, costituendo dispositivi di

pronta reazione nelle aree coinvolte dalle

celebrazioni.

La cerimonia in onore dell’eroe albanese

Isa Boletini si è conclusa senza incidenti

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e con la piena soddisfazione degli orga-

nizzatori e dei numerosi rappresentanti

della Comunità internazionale che, sin da

novembre 2014, avevano manifestato il

timore che questo evento potesse essere

fonte di nuove tensioni interetniche.

Il giovane diciassettenne Sead Alushi, di

etnia kosovaro-albanese, scompare il 10

aprile 2015, nella città di Mitrovica. Se-

condo le prime notizie di stampa, Alushi

avrebbe tentato di rubare un cane sulla

sponda Nord del fiume Ibar, assieme a

due amici.

I tre giovani, scoperti dal proprietario

dell’animale, si sarebbero dati alla fuga

lungo la sponda del fiume. Dopo alcune

ore però, Alushi diviene irrintracciabile,

da cui l’ipotesi di una caduta nel fiume,

dove effettivamente viene ritrovato sen-

za vita dopo 17 giorni di ricerche.

La scomparsa del giovane Alushi racchiu-

de un elevato potenziale di rischio per la

missione: nel marzo 2004, nella stessa

città, tre ragazzini kosovari di etnia alba-

nese avevano perso la vita scivolando nel

fiume Ibar mentre giocavano. La stampa

locale, manipolando l’evento, aveva in-

formato l’opinione pubblica sostenendo

che i bambini erano caduti nel fiume per

fuggire da un inseguimento da parte di

coetanei di etnia serba. L’episodio aveva

determinato forti disordini pubblici che

da Mitrovica si erano estesi in tutto il Ko-

sovo, richiedendo il massiccio intervento

di KFOR. A Prizren, chiese e simboli reli-

giosi legati alla popolazione di etnia serba

ortodossa, venivano presi d’assedio ed in-

cendiati13.

Al fine di evitare una possibile escalation

di tensione inter-etnica, il Comandante

di KFOR ha svolto un’azione di shaping

sui principali stakeholder, i sindaci delle

due municipalità di Mitrovica e la diret-

trice della MNAO, Adrjiana Hodzic, con

l’intento di assicurare, da parte loro, la

più responsabile divulgazione delle infor-

mazioni agli organi di stampa, scevra da

manipolazioni politiche e pregiudizi di ca-

rattere inter-etnico.

E’ stato, in breve tempo, condiviso e dif-

fuso, presso l’opinione pubblica locale,

Case study 2: Fiume Ibar,

operazioni di ricerca di un giovane

disperso

Kosovo e sicurezza

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un preciso quadro informativo secondo

il quale l’episodio, seppur inserito in una

serie di scontri tra bande rivali di etnia

diversa, kosovaro-albanese e kosova-

ro-serba, verificatisi tra il 9 ed il 13 di apri-

le 2015, era da ascriversi all’ambito della

micro-criminalità e della delinquenza gio-

vanile, come comprovato dagli esiti delle

indagini condotte dalla polizia kosovara e

da EULEX.

KFOR è inoltre intervenuta attivamente

nelle operazioni di search and rescue, at-

tivando, nei pressi del fiume Ibar, dove si

riteneva che il giovane fosse scomparso,

una sala operativa con funzioni di coor-

dinamento con EULEX, KP e KSF. Le KSF,

in particolare, sono state autorizzate dal

Comandante di KFOR, su esplicita richie-

sta del Comandante Regionale della KP di

Mitrovica Nord, ad intervenire con nu-

clei di sommozzatori nelle ricerche14. Al

riguardo, le valutazioni sull’impiego delle

KSF sono state condotte con la massima

prudenza, tenendo in considerazione il ri-

schio di escalation di tensione inter-etnica,

per la possibile reazione al loro impiego

sul fiume Ibar da parte della comunità ko-

sovaro-serba, anche a fronte delle attuali

pretese di parte kosovaro-albanese - e di

stampo nazionalistico - che vorrebbero la

più rapida attuazione del programma di

riforma del settore di difesa e di sicurezza,

con la trasformazione delle KSF in Forza

Armata.

Contestualmente all’impiego delle KSF, il

Comandante di KFOR ha quindi deciso di

rilasciare preventivamente un comunica-

to agli organi di stampa, con l’obiettivo di

chiarire la liceità della sua autorizzazione

e specificando compiti e mandato delle

stesse unità di ricerca kosovare.

In sintesi, stretti e costanti scambi di in-

formazioni (i.e. intelligence gathering) ed

attività di moral suasion sui principali sta-

keholder hanno consentito la migliore ge-

stione operativa dell’evento ed il rilascio

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di dichiarazioni improntate alla collabo-

razione, precise e prive di qualsiasi deriva.

L’attenzione mediatica sul caso è andata

progressivamente scemando sino al ri-

trovamento del corpo del ragazzo, il 27

aprile 2015. La prova dell’eccellente si-

nergia creatasi tra le controparti è stata

evidenziata dalla generale partecipazione

alle esequie del giovane a cui hanno preso

parte sia istituzioni kosovare-serbe sia ko-

sovare-albanesi nonchè comuni cittadini

di ambo le etnie.

Uno dei compiti di KFOR da inizio man-

dato, quello di proteggere i siti religiosi

serbo-ortodossi del Kosovo, è stato gra-

dualmente rilevato dalla KP, sulla base del

miglioramento dei rapporti tra comunità

religiose e popolazione kosovaro-albane-

se e del livello di preparazione ed efficien-

za raggiunto dalla stessa polizia kosovara.

Il monastero di Visoki Decani è l’ultimo

sito che rimane ancora sotto diretta pro-

tezione delle forze della NATO, specifica-

tamente sotto comando italiano, che svol-

gono nell’area attività di pattugliamento

dinamico, garantendo una pronta reazio-

ne in caso di diretta minaccia.

A tenere ancora alta l’attenzione di KFOR

nell’area sono i complessi rapporti tra la

comunità monastica e la municipalità lo-

cale kosovaro-albanese, complicatisi per

via di una disputa sulla proprietà di circa

24 ettari di terreno, esterni al monastero.

Detti terreni, storicamente appartenenti

alla Chiesa Serba ortodossa, furono na-

zionalizzati dalla Repubblica Federale di

Jugoslavia nel 1946 e ritornarono nelle

proprietà ecclesiastiche nel 1998, per ef-

fetto di una donazione da parte dell’allora

presidente della Repubblica Federale Ser-

ba, Slobodan Milosevic. Dopo l’intervento

della NATO nel 1999, la municipalità di

Decane ha revocato i diritti di proprietà

dei terreni, nonostante le direttive di

UNMIK in senso contrario. La comunità

monastica ha così deciso di intrapren-

dere un’azione legale nei confronti della

municipalità presso la Corte Suprema del

Kosovo, la cui giurisdizione è stata esclusa

con verdetto del luglio 2015 e rimessa alla

Corte Municipale di Pec.

In un contesto di difficile integrazione,

una simile controversia costituisce un

motivo di facile manipolazione, sfrutta-

bile in chiave politica per attrarre l’eletto-

rato kosovaro-albanese su questioni mar-

catamente nazionalistiche ed innalzare i

toni del confronto in chiave inter-etnica.

A ciò si aggiunga che la Comunità mona-

stica di Visoki Decani segue con una certa

apprensione la recrudescenza del fonda-

mentalismo islamico, sull’onda del cre-

scente fenomeno dei c.d. foreign fighter,

ovvero Extremists Claiming Affiliation to

Islam nell’area balcanica15. Nel mese di

ottobre 2014, le proprietà esterne al mo-

nastero sono state oggetto di graffiti in-

neggianti ad ISIL16 ed UCK, fatto che ha

destato forti preoccupazioni da parte del-

la Comunità internazionale e che ha com-

portato un potenziamento dei dispositivi

di protezione e sorveglianza da parte di

KFOR. Nonostante le indagini abbiano di-

mostrato che i graffiti sono stati realizzati

da avventati giovani kosovaro-albanesi,

Kosovo e sicurezza

Case study 3:

Costruzione di un ponte Bailey nella

municipalità di Decane

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non sono state completamente escluse

ipotesi di una più complessa macchinazio-

ne volta a destabilizzare il clima delle già

complesse relazioni tra la comunità mo-

nastica ed il contesto socio-politico locale.

In questo delicato quadro di relazioni,

KFOR, assieme alla Comunità interna-

zionale, ha cercato lo sviluppo di un dia-

logo propositivo tra locali istituzioni e

comunità monastica e avviato progetti di

cooperazione civile e militare, al fine di

dimostrare che tolleranza e collaborazio-

ne sono presupposti imprescindibili per lo

sviluppo e la crescita di tutta la comunità

di Decane, indipendentemente dall’ap-

partenenza etnica e dalla professione di

fede dei suoi membri.

Tra questi c’è il progetto di un ponte Bai-

ley, messo a disposizione dall’Esercito Ita-

liano per esigenze di carattere operativo

(rendere più snelli ed efficaci i pattuglia-

menti delle unità motorizzate di KFOR

attorno al monastero) ma che in effetti

sarebbe potuto servire anche per un ge-

nerale miglioramento della viabilità lo-

cale, con ritorni positivi da un punto di

vista turistico giacché non solo il valore

artistico e religioso del sito, ma anche lo

stupendo contesto ambientale in cui il

monastero è ubicato, rappresentano for-

tissime attrattive sia per visitatori locali

che internazionali. L’idea del ponte è stata

accolta con grande favore della Comuni-

tà internazionale, in primis, da UNMIK, il

cui Capo missione, Farid Zarif, ha messo

a disposizione circa 15.000 Euro per la

realizzazione delle opere complementa-

ri al ponte (spalle in cemento armato e

raccordi alla viabilità). L’indisponibilità di

unità del genio di KFOR per il montaggio

della struttura ha aperto l’ipotesi di un

intervento delle KSF, con unità opportu-

namente “mentorizzabili” da un team di

istruttori dell’Esercito italiano. Assunta

la piena adesione del Ministro delle KSF

all’impiego di dette unità e muovendo dal-

la certezza della fattibilità tecnico-finan-

ziaria dell’opera, il Comandante di KFOR

ha proposto il progetto ai leader politici e

religiosi di Decane, fungendo da mediato-

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re nel raggiungimento di un’intesa bilate-

rale per la realizzazione dell’opera. Già ad

inizio ottobre 2014, nell’occasione dell’i-

naugurazione di un tratto della viabilità

interna alle proprietà del monastero, pro-

getto finanziato dal Contingente italiano,

il Comandante di KFOR aveva avviato le

intese tra l’Abate del monastero, Padre

Sava Janjic ed il Sindaco di Decane, Ra-

sim Selmanaj, per il completamento del

piano di viabilità dell’area, proponendo

l’installazione di un ponte Bailey, cedibile

dall’Esercito italiano. Nel mese di maggio

2015, il progetto è stato mostrato nella sua

compiutezza progettuale ed organizza-

tiva al Vescovo di Raska-Prizren, Theo-

dosjie Sibalic, guida spirituale della Comu-

nità serbo-ortodossa del Kosovo, che lo ha

accolto con grande favore. Al riguardo, lo

stesso Vescovo ha dimostrato la massima

disponibilità per l’impiego delle KSF nelle

attività di montaggio del ponte, ponendo i

presupposti per il coinvolgimento del Mi-

nistero delle KSF e delle Istituzioni locali

nella realizzazione dell’opera. Inoltre, i

rappresentanti di KFOR hanno presenta-

to il progetto nell’ambito del Comitato di

sovrintendenza e tutela delle c.d. Special

Protective Zones17, presieduto dal Rap-

presentante speciale dell’UE in Kosovo,

Samuel Zbogar, rafforzando il consenso

della Comunità internazionale attorno

all’iniziativa. Per contro, KFOR ha cerca-

to di sensibilizzare i leader politici locali

kosovaro-albanesi sull’importanza del

progetto, utile a ricomporre le fratture tra

la municipalità di Decane e la comunità

Serbo-ortodossa, in prospettiva di un ge-

nerale rilassamento dei toni del confron-

to. Al riguardo, il Comandante di KFOR

ha avviato proficui e positivi incontri con

il Sindaco di Decane e con Ramush Ha-

radinaj, leader del partito ‘Alleanza per il

futuro del Kosovo’ (AAK) che nell’area di

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Decane rappresenta la principale espres-

sione del voto dell’elettorato. A conferma

dell’unità di intenti raggiunta con le auto-

rità politiche e religiose, il 18 maggio 2015

il Sindaco di Decane, Rasim Selmanaj, e

l’Abate del monastero, Padre Sava Janjic,

hanno siglato presso Villaggio Italia - sede

del Multinational Battle Group West a gui-

da italiana - un accordo che costituisce il

documento programmatico per l’imple-

mentazione del progetto. Il montaggio del

ponte Bailey presso il monastero di Deca-

ne è stato realizzato nel mese di giugno

2015, con rapidità di intervento da parte

delle unità delle KSF e sotto la supervisio-

ne di un team di istruttori proveniente dal

6° Reggimento Pionieri di Roma. I lavori

sono stati preceduti da una complessa fase

di approntamento, che ha visto il materia-

le da ponte affluire in Kosovo in meno di

un mese, con un trasporto intermodale

strada-mare avviato in Patria dal 6° Reg-

gimento Pionieri e concluso dal Gruppo

di Supporto di Aderenza del Contingente

nazionale in Teatro operativo. L’inaugura-

zione del ponte, avvenuta il 13 luglio 2015

alla presenza dei massimi rappresentan-

ti della Comunità internazionale e delle

massime autorità politiche e religiose in

Kosovo, è stata presieduta dal Generale

Francesco Paolo Figliuolo, Comandante di

KFOR e dall’Ambasciatore Italiano in Ko-

sovo, S.E. Andreas Ferrarese.

L’applicazione del comprehensive appro-

ach richiede il coinvolgimento a 360°

di tutti gli attori, internazionali e locali,

militari e civili, presenti nell’ambien-

te operativo, implicando, da parte loro,

un’assunzione di responsabilità ed un

contributo fattivo nei limiti delle proprie

possibilità, in funzione del proprio ruolo

e della propria posizione sociale. Questo

modus operandi di creare sinergie tra-

sversalmente alla società ed ai comparti

militari e civili di Istituzioni locali e Mis-

sioni militari e civili attive nel Paese non

può escludere il contributo delle donne,

nonché delle fasce più giovani della so-

cietà (ragazzi/e), relegate nel passato al

mero ruolo di vittime dei conflitti, sen-

za alcun ruolo attivo nella risoluzione

delle crisi. Al riguardo, la prospettiva di

genere ha fatto il suo ingresso nelle di-

namiche delle missioni militari e civili

a partire dal 2000, quando il Consiglio

di Sicurezza delle Nazioni Unite votò la

Risoluzione sulle donne, la pace e la si-

curezza (UNSCR 132521 ), documento che

riconosce esplicitamente l’impatto della

guerra sulle donne ed il contributo delle

stesse nella risoluzione dei conflitti per

una pace durevole.

Case study 4:

La prima Gender Conference di KFOR

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A testimoniare quanto la prospettiva di

genere abbia assunto un ruolo significa-

tivo nella missione, è stato l’incontro del 1

dicembre 2014 del Comandante di KFOR

con l’Ambasciatrice Marriet Schuurman,

Rappresentante Speciale del Segreta-

rio Generale della NATO per le donne,

la pace e la sicurezza. Nell’occasione il

COMKFOR ha delineato un punto di si-

tuazione circa l’implementazione della

UNSCR 1325 nell’ambito della missione

KFOR XIX ed evidenziato che la prospet-

tiva di genere permea il modo di conce-

pire e condurre le operazioni sul campo

oltre che costituire un importante trait

d’union con le Istituzioni locali, che ve-

dono donne occupare posizioni di vertice

istituzionale, e con le Organizzazioni e le

Missioni internazionali (UNMIK ed EU-

LEX), in cui personale femminile opera

con successo nei nevralgici ambiti con-

nessi alla ricostruzione ed allo sviluppo

del Paese (i.e. Security Sector Reform, De-

mobilization, Disarmement and Reintegra-

tion, Climate Change Policies, etc.).

Al riguardo, è proprio la presenza di qua-

lificato personale nell’incarico di Gender

Advisor, nello special staff del COMKFOR,

ad assicurare che le prospettive di genere

siano prese in considerazione tanto nei

processi di pianificazione delle operazio-

ni, quanto di monitoraggio e valutazione

degli effetti attesi (i.e. gender mainstrea-

ming). A tal fine, il Gender Advisor svilup-

pa continui e costanti rapporti con omo-

loghe funzioni (c.d. gender focal point)

attive presso le varie articolazioni delle

Istituzioni locali, delle Organizzazioni e

delle Missioni internazionali, fornendo

un contributo sostanziale per interpreta-

re i risultati della missione, nell’ambito di

un atteso miglioramento delle condizioni

di stabilità e sicurezza del paese e del-

la libertà di movimento (i.e. Secure And

Safe Environment e Freedom of Move-

ment, capisaldi della missione di KFOR).

Proprio alle donne e al ruolo assunto

dalle stesse in Kosovo nell’ambito delle

Istituzioni locali e delle Organizzazioni

e Missioni internazionali qui operanti,

è stata dedicata la prima Gender Confe-

rence della storia di KFOR, ospitata pres-

so la base di Pristina, il 17 giugno 2015.

Per l’occasione sono state invitate quali

relatrici personalità femminili di primis-

simo piano(*) che, partendo dall’esperien-

za personale, hanno condiviso esempi di

successo da cui trarre indicazioni di ca-

rattere operativo, al fine di armonizzare

lo sviluppo del Paese con le prospettive e

l’uguaglianza di genere, nel rispetto del-

la sensibilità posta al riguardo da tutta la

Comunità internazionale. La conferenza

è stata anche oggetto di un’edizione spe-

ciale del KFOR Chronicle, la rivista della

missione NATO in Kosovo.

(*)Adrjiana Hodzic, Direttrice dell’Ufficio ammini-strativo di Mitrovica Nord, il Colonnello Elmina Mahmuti, Presidente dell’Associazione delle donne presso la Kosovo Police, il Colonnello Irfete Spahiu, Comandante del Centro Addestramento e Dottri-na della Kosovo Security Force, Mimoza Hasani Pllana, Responsabile dei diritti dell’infanzia presso il Ministero dell’Educazione, Njomza Emini, mem-bro dell’Assemblea parlamentare e responsabile della Commissione salute, lavoro e social welfa-re, Isabelle Servoz Gallucci, a capo dell’Ufficio del Consiglio d’Europa in Pristina, Joelle Vatcher, Vice Capo Missione di EULEX.

Kosovo e sicurezza

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I case study trattati dimostrano come co-

ordinazione, cooperazione e compren-

sione tra KFOR, missioni civili e missioni

diplomatiche (sia di Stati che di Organiz-

zazioni Internazionali) ed istituzioni lo-

cali siano condizioni imprescindibili per

la soluzione delle problematiche connes-

se alla sicurezza del Kosovo. Quest’ul-

tima appare, infatti, influenzata da un

ampio spettro di fattori interdipendenti

che rende l’impiego del solo strumento

militare non più sufficiente, da solo, per

risolvere con successo l’acuirsi di una

possibile crisi.

L’approccio integrato, per garantire la

stabilità del complesso scenario locale,

evidenzia l’assenza di un netto confine

tra azione militare e civile, riflettendo il

paradigma della stretta interdipenden-

za tra sicurezza e sviluppo del Paese. In

sintesi, se non può esserci sviluppo senza

sicurezza, allo stesso tempo non può esi-

stere sicurezza se non viene garantito lo

sviluppo.

La situazione di sicurezza del Kosovo è

minata da forti fattori di volatilità, non

ultimo la divampante crisi economica ed

occupazionale che ha portato, nei primi

mesi del 2015, ad un esodo di massa dei

cittadini kosovari18, di cui la maggior par-

te giovani che, delusi nelle aspettative di

un futuro nel proprio Paese, hanno var-

cato illegalmente le frontiere alla volta

dei paesi dell’Unione Europea.

Il generale malcontento era già sfociato,

nel mese di gennaio, in due forti prote-

ste organizzate dai movimenti politici di

opposizione contro la leadership del pa-

ese, accusata di piegare le istituzioni ad

interessi personali e di partito e di non

aver preso provvedimenti per contene-

re l’aumento generalizzato dei prezzi, in

primis quelli per la fornitura di energia

elettrica.

Gli organizzatori hanno cercato, inoltre,

di mobilitare le masse, attorno a stori-

che frizioni con la minoranza kosova-

ro-serba, reclamando animatamente le

Adrjiana Hodzic è la Direttrice dell’Ufficio Amministrativo di Mitrovica Nord (c.d.

Mitrovica North Administrative Office, MNAO), dove ha ricoperto precedenti incar-

ichi di rilievo, quale capo progetto per la costituzione della nuova Municipalità. É

stata anche coordinatrice delle politiche di gestione dei flussi migratori, nell’amb-

ito dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni a Pristina.

Con quattro anni di esperienza nell’attuale incarico dirigenziale, la Hodzic è indis-

cutibilmente un punto di riferimento per tutta la Comunità Internazionale, data

la sua vasta ed approfondita conoscenza delle Istituzioni locali e della legislatura

locale. In occasione della Gender Conference ha così concluso il proprio inter-

vento: «Nessuno avrebbe mai creduto che una piccola donna come me potesse raggiungere risultati importanti in un ambiente così pieno di incertezze ed in una così delicata fase di transizione per il Nord del Paese. Credo che la chiave di successo, nell’ambito della mia organizzazione, sia stata la qual-ità messa in campo parimenti da uomini e donne. Ho un messaggio per le donne: non ricerchiamo semplicemente i nostri spazi in termini di poltrone disponibili, non occupiamo posizioni nell’ammin-istrazione solo perché ci spetta un certo numero di queste. Dobbiamo investire anzitutto in noi stesse e ricercare l’uguaglianza di genere sul piano della qualità che siamo in grado di mettere in campo, sul valore della nostra educazione, della nostra professionalità, della nostra dedizione al lavoro e della nostra onestà intellettuale…».

CONCLUSIONI

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dimissioni del ministro Aleksandar Ja-

blanovic19 e portando alla ribalta la spi-

nosa questione della privatizzazione del

complesso industriale Trepca20 a Mitro-

vica. In questo articolato quadro sociale,

lungi dall’escludere il potenziale rischio

di escalation di tensioni interetniche in

un’area che ha vissuto una gravissima

crisi umanitaria, è evidente che il proble-

ma della sicurezza del Paese non è solo

dipendente dalla presenza rassicurante

di una forza militare garante della pace

ma anche, legato alla capacità delle Isti-

tuzioni locali di avviare un piano di rifor-

me strutturali necessarie ad assicurare i

servizi fondamentali per la ripresa eco-

nomica (infrastrutture e trasporti, pub-

blica amministrazione, sanità pubblica),

la creazione di posti di lavoro e, in sintesi,

il rilancio del Paese.

Il successo della missione KFOR risiede

quindi nella capacità dei suoi vertici stra-

tegici di rafforzare una solida partnership

con la Comunità internazionale, in ma-

niera tale da armonizzare obiettivi e pia-

nificare interventi sinergici a supporto

delle Istituzioni locali. La missione KFOR

è pertanto inscindibile dal contributo di

EULEX per la costituzione di uno stato

di diritto in Kosovo, come da quello della

Comunità internazionale, il cui dialogo

continuo con le istituzioni locali stimola

iniziative e programmi per rilanciare il

Paese da un punto di vista socio-econo-

mico.

In sintesi, la complessità dello scenario

sin qui rappresentato, pone tra le nuove

sfide di questa missione l’apertura all’a-

nalisi di domini non solo militari e lo

sviluppo di relazioni orizzontali esterne,

utili a tastare il polso della situazione ed

orientare le decisioni operative dei co-

mandanti.

Sul piano tattico, ciò si traduce in un’e-

voluzione capacitiva intelligence-driven,

dove acquisiscono rilievo le funzioni In-

telligence, Surveillance, Target Acquisition

and Reconnaissance, ed il ruolo degli as-

setti non cinetici, a diretto contatto con

la popolazione (Liaison and Monitoring

Team), deputati a fornire costantemente

l’aggiornamento del quadro informativo.

Kosovo e sicurezza

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1. Per approfondimenti si rimanda a LUCIOLLI Fabrizio W., Organizzazioni Internazionali per la sicurezza, Centro Alti Studi per la Difesa, Ed.2014, p.4.

2. Per approfondimenti si rimanda a DE ANGELIS A., La dinamica dei sistemi complessi, gli effetti e gli obiettivi nella pianifi-cazione delle operazioni militari, in Informazioni della Difesa, periodico dello Stato Maggiore della Difesa, n. 6/2012, p.15.

3. L’Ufficio, a seguito dell’elezione di Goran RAKIC, quale sindaco di Mitrovica Nord, nel novembre 2013, sta progressivamen-te riversando le proprie competenze nella nuova municipalità.

4. La Kosovo Security Force (KSF) è stata istituita nel 2011, come forza multi-etnica, con compiti di risposta alle crisi, di prote-zione civile e neutralizzazione di ordigni esplosivi. Tale forza, addestrata dalla NATO con la missione Nato Advisoring and Mentoring Team (NLAT), opera su tutto il territorio kosovaro fatta eccezione nelle aree di etnia kosovaro-serba, a Nord del fiume Ibar, a meno di espressa autorizzazione della NATO. Tale restrizione è dovuta essenzialmente alla matrice etnica della KSF, per la quasi totalità costituita da kosovaro-albanesi. Al riguardo, l’inclusione delle minoranze è un punto fondamentale del Programma di Riforma del Settore strategico di sicurezza, costituendo un requisito indispensabile per la trasformazione della KSF in Forza Armata.

5. Comprensivi quindi di regioni che non fanno parte dello stato albanese, ovvero Kosovo, parte del Montenegro, della Mace-donia, della Grecia e della Serbia.

6. Nel 1994, Stati Uniti, Russia, Francia, Gran Bretagna e Germania danno vita al Gruppo di Contatto (Contact Group) per i Balcani, con lo scopo di trovare una soluzione diplomatica alla situazione della Ex Jugoslavia. Nella versione attivata nel 1998, per la crisi del Kosovo, l’Italia entra nel Gruppo di Contatto dove, assieme ad USA, Gran Bretagna, Francia e Germa-nia, costituisce il Quintetto dei Paesi NATO che affianca la Russia (QUINT). Nel marzo 2011, con l’avvio del dialogo Belgra-do-Pristina patrocinato dall’Unione Europea, si è di fatto determinata una divergenza tra Russia e QUINT nell’ambito del Gruppo di Contatto sulle politiche di partenariato nell’area balcanica.

7. Mitrovica Nord, Leposavic, Zubin Potok e Zvecan.8. La missione EULEX, European Union Rule of Law Mission in Kosovo, è stata istituita dall’Unione Europea per suppor-

tare le autorità del Kosovo (autoproclamatosi stato indipendente il 17 febbraio 2008) nella costituzione di uno Stato di diritto. L’azione di EULEX è incentrata principalmente nella riforma della magistratura, nel monitoraggio della polizia e nel contrasto alla criminalità.

9. Decisione adottata in forza di una facoltà assegnata al COMKFOR dal Segretario Generale della NATO e comunicata a suo tempo alle autorità governative kosovare. La restrizione è dovuta essenzialmente alla matrice etnica della KSF, per la quasi totalità costituita da kosovaro-albanesi, che rende problematico un loro impiego nel Nord del Paese per la possibile ostilità da parte della comunità kosovaro-serba. Cfr. nota 6.

10. Disponibile sul sito KFOR, in www.aco.nato.int/kfor/news-room/press-releases/ksf-diving-unit-to-operate-in-mitrovi-ca-municipality--.aspx.

11. Unità con compiti di situation awarness in tutto il Kosovo, attraverso un continuo contatto con le Istituzioni locali e la popolazione.

12. Imagery Intelligence.13. In sole 48 ore si è registrato un bilancio pesantissimo: 19 civili morti, circa 900 feriti, oltre 4.400 kosovaro-serbi evacuati da

KFOR per sottrarli alla violenza dei kosovaro-albanesi, 29 edifici religiosi serbo-ortodossi e un migliaio di abitazioni distrutte. 14. Cfr. Nota 6.15. Secondo ricerche condotte da metà gennaio ad oggi dal Kosovar Center for Security Studies, KCSS, nell’ambito dei paesi

con presenza di ECAI il Kosovo si colloca all’ottavo posto con 232 casi confermati ed una media di circa 125 foreign fighter per milione di abitanti. Al riguardo, il 13 marzo 2015, l’Assemblea kosovara ha approvato in seconda lettura il disegno di legge per la prevenzione della partecipazione dei cittadini kosovari a conflitti armati internazionali, a dimostrazione del forte impegno delle Istituzioni in Kosovo al contrasto del fenomeno.

16. Islamic State of Iraq and the Levant.17. Il c.d. Implementation Monitoring Committee, IMC, costituisce un organo di vigilanza sull’implementazione della legge sulle

c.d. Special Protected Zones, che regola lo sviluppo territoriale di aree di particolare valore dal punto di vista culturale, arti-stico e religioso, tra cui il monastero di Decane. Il comitato è stato istituito nel 2013, in base all’art.4 del citato disposto nor-mativo e prevede tra i suoi rappresentanti il Rappresentante Speciale dell’UE, il Capo missione OSCE, i vertici della Chiesa serbo-ortodossa ed i Ministri della Cultura e dell’Ambiente dell’autoproclamata Repubblica del Kosovo.

18. Il picco si è raggiunto a gennaio, quando circa 30.000 cittadini hanno lasciato il Kosovo, facilitati da organizzazioni crimi-nali, dietro pagamento di cifre pro-capite tra i 250 ed i 1.000 Euro. Nel mese di marzo è stata osservata la diminuzione del fenomeno, con il rientro coatto di cittadini kosovari cui è stata negata la richiesto di asilo politico da parte degli Stati europei.

19. Il Ministro per le Communities and Returns, di etnia kosovaro-serba, aveva rilasciato dichiarazioni ritenute offensive dalla comunità kosovaro-albanese di Gjakova, a seguito di aggressioni subite da pellegrini serbi nella stessa municipalità, in occa-sione del Natale ortodosso. Il Primo Ministro Isa Mustafa ha dimesso Jablanovic il febbraio 2015.

20. Complesso minerario e siderurgico sull’orlo del fallimento per deficit non più sostenibili. Al fine di evitare il licenziamento in tronco di circa 2.700 dipendenti, il Governo ha proposto un emendamento alla legge sulla riforma delle imprese pubbliche, prevedendo l’esclusione della Trepca dall’elenco di quelle da privatizzare. Al riguardo, si è sviluppato un contenzioso con il Governo Serbo che, non riconoscendo lo status del Kosovo, rivendica i propri diritti di proprietà sul complesso minerario, proveniente dal patrimonio federale della Ex Jugoslavia.

21. La risoluzione estende a tutte le Parti in conflitto e alle Parti “terze” gli impegni derivanti dalla c.d. Convention on the elim-ination of all forms of discrimination against women (CEDAW), elaborata dalle Nazioni Unite e ratificata dall’Italia il 10 giugno 1985, quali la piena partecipazione delle donne nei processi decisionali a tutti i livelli, il ripudio della violenza contro le donne, l’esigenza della loro protezione e la valorizzazione delle loro esperienze.

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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICIPubblicazioni militariNATO, ACO Comprehensive Operations Planning Directive (CODP), Ed. 17 dicembre 2010Fonti EditeKFOR, 1st KFOR Gender Conference, in KFOR Chronicle, edizione speciale del 17 giugno 2015DE ANGELIS A., La dinamica dei sistemi complessi, gli effetti e gli obiettivi nella pianificazione delle operazioni militari, in Informazioni della Difesa , periodico dello Stato Maggiore della Difesa, n. 6/2012VULTAGGIO G., The comprehensive approach, in Informazioni della Difesa, periodico dello Stato Maggiore della Difesa, n. 5/2011KURSANI Shpend, Report inquiring into the causes and consequences of Kosovo citizens’ involvement as foreign fighters in Syria and Iraq, Kosovar Center for Security Studies, Ed. aprile 2015LUCIOLLI Fabrizio W., Organizzazioni Internazionali per la sicurezza, Centro Alti Studi per la Difesa, Ed.2014Internet:NATO, Military Technical Agreement between the International Security Force (“KFOR”) and the Governments of the Federal Republic of Yugoslavia and the Republic of Serbia, 9 june 1999in http://www.nato.int/kosovo/docu/a990609a.htmKFOR, KSF diving unit to operate in Mitrovica municipality,in http://www.aco.nato.int/kfor/news-room/press-releases/ksf-diving-unit-to-operate-in-mitrovica-municipality--.aspxUN, UNSCR n. 1325 (2000) in http:/www.un.org/en/ga/search/view_doc.asp?symbol=S/RES/1325(2000)Nato Action Plan on Mainstreaming UNSCR 1325 in NATO-Led Operations and Missions, 17 nov 2010, in http://www.nato.int/nato_static_fl2014/assets/pdf/pdf_2014_06/20140626_140626-wps-action-plan.pdfNATO, Bi-SC Directive 40-1, Integrating UNSCR 1325 and Gender Perspectives in the NATO Command Structure Including Measures for Protection During Armed Conflict, 8 Aug 2012 in http://www.nato.int/nato_static_fl2014/assets/pdf/pdf_2015_04/20150414_20120808_NU_Bi-SCD_40-11.pdfKFOR, COMKFOR met with the NATO Secretery General’s Special Representantive for women, peace and security, in http://aco.nato.int/kfor/news-room/press-releases/comkfor-met-with-the-nato-secretary-generals-special-representative-for-women--peace-and-security.aspxKFOR, KFOR: attention on gender perspective, inhttp://www.aco.nato.int/kfor/news-room/articles/kosovo-attention-on-gender-perspective.aspx

Kosovo e sicurezza

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53

Generale Meccatronica Applicatawww.gmagroup.it

aXitude una divisione G.M.A S.r.l.

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54

Intervista a Giuseppe Maresca, del Ministero

dell’Economia e Finanze, Direttore Generaleper la prevenzione

dell’utilizzo del sistema finanziario per fini illegali

Contrastare il finanziamentodel terrorismo

a cura di Costantino MORETTI

TECNICA,PROFESSIONE

E SOCIETÀ

Dopo gli attacchi dell’11 settem-

bre 2001 il mondo ha preso

coscienza della pervasività del

terrorismo internazionale. In adesione

alle risoluzioni adottate in sede ONU e in

ottemperanza alle decisioni scaturite in

ambito UE, l’Italia sin dai primi momen-

ti ha predisposto una serie di interventi

normativi affinché la lotta al terrorismo

venisse portata avanti in maniera inte-

grata sotto tutte le dimensioni utili: inda-

gini investigative, attività di prevenzione,

azione politico-diplomatica, dialogo inter-

culturale e interreligioso, sicurezza dei

trasporti e, non ultimo, contrasto ai flussi

di finanziamento.

La questione della lotta al terrorismo, visti

gli sviluppi contingenti che interessano

molti Paesi dell’area meridionale del Me-

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diterraneo, continua ad essere al centro

del dibattito non solo in ambito europeo.

Per comprendere meglio le azioni di con-

trasto poste in essere dall’Italia, dall’UE e

dalle altre organizzazioni internazionali

nei confronti delle organizzazioni terrori-

stiche internazionali nella loro dimensio-

ne finanziaria, Informazioni della Difesa

ha intervistato il dott. Giuseppe Maresca,

Direttore Generale per la Prevenzione

dell’Utilizzo del Sistema Finanziario per

Fini Illegali del Ministero dell’Economia e

delle Finanze.

Dottor Maresca, una domanda che molti

non addetti ai lavori si pongono: quali

sono, a Suo avviso, i canali di finanzia-

mento di una organizzazione terroristica

in generale ed in particolare quelle di

matrice islamica?

Il terrorismo ha diverse matrici e diverse

caratteristiche. Il terrorismo di matrice

confessionale, più correttamente quello

che fa capo a correnti islamiche estremi-

ste e che trova un modello originale in Al

Qaeda, ha da sempre avuto come obbietti-

vo quello di portare il terrore nel cuore dei

paesi che intendono combatterlo. Lo stato

islamico della Siria e del Levante, o Islamic

State (IS), ha per la prima volta assunto

una connotazione territoriale che era as-

sente sia in Al Qaeda sia nei diversi gruppi

che lo hanno seguito ed emulato in questi

anni. Approfittando del vuoto di potere

causato dalla crisi degli Stati iracheno e si-

riano, l’IS ha occupato e tutt’ora controlla

una importante zona di territorio a caval-

lo dei due stati. La fonte di finanziamen-

to più importante deriva quindi proprio

dalle risorse di cui può disporre a seguito

di questa occupazione, a cominciare dai

valori detenuti nelle banche presenti nei

territori occupati. Si ritiene che la razzia

delle banche irachene abbia fruttato all’IS

una somma rilevante, stimabile in alme-

no 600 milioni di euro. Un’altra fonte im-

portante è rappresentata dall’estrazione e

commercializzazione del petrolio e di altre

materie prime (ad esempio fosfati). Que-

ste fonti di reddito, soprattutto il petrolio,

pur potenzialmente molto redditizie, sono

tuttavia limitate dalle difficoltà tecniche e

logistiche di estrazione nonché da quel-

le di commercializzazione che si avvale

della rete esistente di contrabbandieri.

Un’altra forma di finanziamento è quella

del taglieggiamento della popolazione, a

cominciare dalle confische (tassazioni) dei

prodotti agricoli e degli stipendi dei dipen-

denti pubblici. Infine, non va sottovaluta-

ta la vendita dei prodotti archeologici e ar-

tistici razziati nei territori occupati. Oltre

a queste forme di finanziamento, tipiche

dell’IS in quanto derivanti direttamente

dell’occupazione/controllo dei territori,

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vi sono anche i riscatti derivanti dai rapi-

menti e le donazioni. Una stima corretta

dei primi continua a non essere facile,

anche per la riservatezza delle trattative;

si ritiene comunque che possano essere

consistenti sebbene di difficile previsione,

le donazioni sembrano avere un’impor-

tanza assai inferiore rispetto a quelle che

venivano/vengono effettuate a favore dei

movimenti terroristi che hanno precedu-

to l’IS. Da questo quadro si può desumere

che ad oggi l’IS può contare su fondi ab-

bondanti, soprattutto per i soldi razziati

dalle banche, tanto che la preoccupazione

maggiore è quella di evitare che tali di-

sponibilità siano utilizzate per finanziare

e rafforzare movimenti esterni all’IS che

a questo si ispirano o si richiamano. Inol-

tre, poiché la razzia delle banche avviene,

almeno in assenza di ulteriori espansioni

territoriali del movimento, una tantum, si

teme che l’IS possa cercare di sviluppare

la altre fonti di finanziamento, in partico-

lare le donazioni, anche utilizzando mo-

derne tecniche quali il crowdfunding.

Con la Legge 431/2001 l’Italia ha posto le

basi e si è dotata degli strumenti necessari

per reprimere e contrastare il finanzia-

mento del terrorismo internazionale. Può

descriverci come si esplica l’azione italiana?

L’Italia ha iniziato a rispondere ai pericoli

del finanziamento del terrorismo imme-

diatamente dopo gli attacchi del settembre

2001 alle Torri gemelle. Nell’ottobre dello

stesso anno l’Italia ha infatti sottoscritto

le 8 Raccomandazioni speciali del Grup-

po d’Azione Finanziaria (GAFI)1 contro il

1 Il Gruppo d’Azione Finanziaria è un or-ganismo intergovernativo che ha l’obiettivo di fissare standard comuni e promuovere misure ed azioni le-gali, normative e operative per una efficace lotta al

finanziamento del terrorismo, dandone

immediata attuazione con due decreti

legge del novembre dello stesso anno. Il

Comitato di sicurezza finanziaria (CSF),

costituito allora, composto da tutte le am-

ministrazioni che hanno un ruolo nella

prevenzione e repressione del terrorismo,

coordina l’azione nazionale - in linea con

quella internazionale - per bloccare tutte

le forme e i mezzi di finanziamento del-

le azioni di terrorismo, sia nazionale sia

internazionale. Dando puntuale e tem-

pestiva applicazione alle decisioni del Co-

mitato di sicurezza delle Nazioni Unite, il

CSF monitora le azioni di congelamento e

blocco dei flussi e degli stock di denaro e

altri beni economici collegati o collegabili

a soggetti o gruppi implicati in organizza-

zioni a fini terroristici.

Le misure sanzionatorie adottate dall’Ita-

lia e dall’UE, in attuazione di risoluzioni

del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, sono

recepite senza contraddittorio con i sog-

getti da sanzionare e sono state tacciate

di essere in contrasto con i diritti e le

libertà fondamentali sanciti dalla legisla-

zione UE in materia di diritti umani. Lei

che ne pensa?

Le azioni di blocco delle transazioni e di

congelamento dei beni possono avere

connotati e caratteristiche diverse e pos-

sono avere a oggetto denaro e beni di

persone fisiche o di entità giuridiche pri-

vate o pubbliche. È vero che soprattutto

nei primi anni, nei quali l’attenzione era

focalizzata su singoli esponenti di Al Qa-

eda e del regime dei Talebani, l’urgenza

d’intervenire ha portato con sé numerosi

riciclaggio di denaro, al finanziamento del terrorismo e ad altre minacce correlate all’integrità del sistema fi-nanziario internazionale.

Contrastare il finanziamento al terrorismo

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errori d’identificazione dei soggetti listati,

a partire da apparentemente banali errori

di trascrizione dall’alfabeto arabo. Tuttavia

le procedure di listing si sono progressiva-

mente fatte più robuste e più attente alle

osservazioni e alle censure provenienti in

particolare dalla Corte europea di giustizia.

Inoltre dobbiamo ricordarci che non tutte

le sanzioni sono appuntate sugli individui;

anzi, la maggior parte dei regimi sanziona-

tori oggi ha come oggetto particolari cate-

gorie di popolazione, quali il dittatore e il

suo entourage familiare e di clan.

Resta indubbio che le sanzioni si sono fi-

nora dimostrate uno strumento flessibile,

efficace e facilmente adattabile a diverse

situazioni. In molti casi le sanzioni rap-

presentano l’unica risposta possibile tra il

subire passivamente il pericolo terrorista

e l’azione militare. In un articolo apparso

lo scorso 5 marzo sul quotidiano ingle-

se The Guardian, alcune organizzazioni

di beneficenza internazionali, presenti

nelle stesse zone ove operano i terroristi,

lamentano il fatto che il sistema bancario

inglese tenda a non eseguire transazioni

finanziarie a loro favore per evitare il ri-

schio che possano essere accusate di pos-

sibili collusioni con il terrorismo interna-

zionale e, quindi, per non incorrere nelle

conseguenti sanzioni.

A suo avviso è possibile che organiz-

zazioni di beneficenza possano essere

utilizzate da organizzazioni terroristiche

quale schermo per ottenere finanziamen-

ti in maniera illecita?

Le organizzazioni benefiche si prestano

facilmente a essere utilizzate per trasferi-

re somme di denaro per finalità di terrori-

smo, e questo nei due sensi: sia per finan-

ziare cellule terroriste nei nostri paesi, sia

per finanziare l’organizzazione madre. Le

organizzazioni benefiche possono essere

costituite e sciolte con estrema facilità e

rapidità, sono soggette a pochissimi con-

trolli e possono persino raccogliere i con-

tributi di persone ignare della reale desti-

nazione dei fondi.

Ricordiamo che in Italia l’associazionismo

è protetto costituzionalmente e la sua

diffusione capillare ne rende difficile un

controllo continuo e dettagliato. Fin dal

2002 gli intermediari finanziari sono stati

allertati a prestare particolare attenzione

alle movimentazioni anomale di fondi da

parte di associazioni varie.

L’attenzione richiesta agli intermediari fi-

nanziari può naturalmente produrre una

reazione di esagerata prudenza da parte

di questi ultimi, a protezione della loro re-

putazione.

Un’attenta valutazione del titolare effetti-

vo da parte delle banche, agevolato da una

spontanea collaborazione e trasparenza

da parte delle associazioni, aiuta sicura-

mente a ridurre questi effetti indesiderati.

Non è facile fare una stima dell’impor-

tanza delle charities quale canale di finan-

ziamento del terrorismo, anche perché le

modalità di trasferimento dei fondi rac-

colti sono diverse e non tutte facilmente

tracciabili.

Che sia un fenomeno che continua è di-

mostrato dalla scoperta periodica di casi,

che vanno dall’attività della moschea di

Via Jenner a Milano, alla recente cellu-

la sarda che finanziava sedicenti scuole

islamiche nei territori di formazione dei

terroristi.

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Il referendum con il quale lo scor-

so anno la Crimea decise di di-

staccarsi da Kiev e ricongiungersi

alla Russia ha rappresentato il momento

più critico della grave crisi politica aper-

tasi in Ucraina con la caduta di Yanuko-

vich. Da allora la situazione nel Paese è

però ulteriormente peggiorata e gli scon-

tri armati si sono estesi anche alle regioni

orientali. Di seguito, si analizzeranno pri-

ma tutti gli aspetti, inclusi quelli giuridici

ed economici, della questione crimeana,

poi la situazione attualmente esistente

in Ucraina sul piano politico e militare ed

infine gli scenari strategici che la crisi sta

producendo nella regione.

La situazione politica ed economica in

Crimea

Abitata in larga maggioranza da rus-

La Crimea per Mosca riveste un’importanza strategica

fondamentale resa ancora più rilevante dal fatto che,

per effetto della crisi siriana, il governo russo si è trovato

nell’impossibilità di utilizzare il porto di Tartu per le operazioni

nel Mediterraneo

UcrainaUn anno dopo la crisi

Rodolfo Bastianelli

OSSERVATORIO STRATEGICO

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sofoni – il 65% della popolazione della

penisola ed il 75% di quella di Sebasto-

poli – la Crimea è stata parte integrante

dell’Impero Russo fin dal 1783 passando

sotto la sovranità di Kiev nel 1954 quan-

do Khruscev la cedette all’Ucraina in

segno di amicizia e per celebrare il tre-

centesimo anniversario dell’unione con

l’Impero zarista. Dopo il raggiungimento

dell’indipendenza ucraina, Mosca e Kiev

nel 1994 siglarono un’intesa in base alla

quale da un lato la Russia si impegnava

a rispettare l’integrità territoriale dell’U-

craina, mentre dall’altro Kiev garantiva

alla penisola uno status autonomo con un

proprio Presidente, Governo e Parlamen-

to, anche se, dopo le modifiche apportate

all’accordo dalla “Rada” ucraina nel 1995,

il posto di Presidente è stato soppresso

ed il capo dell’esecutivo locale non viene

più eletto direttamente ma designato da

Kiev. Sede della flotta russa del Mar Nero,

per Mosca la penisola crimeana riveste

un’importanza strategica fondamenta-

le. Ed è proprio da questo punto che si

deve partire per comprendere gli eventi

di questi ultimi tempi. Dopo la dissoluzio-

ne dell’Unione Sovietica, nel 1997 Russia

ed Ucraina firmarono un accordo in base

al quale i due Paesi si dividevano in par-

ti uguali la flotta ex – sovietica del Mar

Nero e si concedeva a Mosca il diritto di

utilizzare per vent’anni le strutture por-

tuali di Sebastopoli dietro il pagamento

di 97,76 Milioni di Dollari annui a cui si

dovevano aggiungere gli oltre 200 Milio-

ni di Dollari versati come contributo per

il trasferimento in territorio russo delle

forze nucleari strategiche ucraine1.

Con la flotta russa del Mar Nero dislocata

a Sebastopoli, la quale è stata usata dalle

forze navali russe per il pattugliamen-

to del Mar Nero durante il conflitto del

2008 tra Georgia ed Ossezia e per le azio-

ni anti – pirateria nell’Oceano Indiano, la

Crimea per Mosca riveste un’importanza

strategica fondamentale resa ancora più

rilevante dal fatto che, per effetto della

© Roberto TRAVAN

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60

crisi siriana, il governo russo si è trova-

to nell’impossibilità di utilizzare il porto

di Tartu per le operazioni nel Mediter-

raneo. Stando all’intesa firmata tra i due

Paesi nel 2010, Kiev ha concesso a Mosca

il diritto di utilizzare l’installazione fino

al 2042, unitamente ad un’opzione che

prevede la possibilità di estendere il pe-

riodo per ulteriori cinque anni, in cambio

di una riduzione del 30% sul prezzo delle

forniture di gas provenienti dalla Russia.

Come è stato sottolineato in un’analisi ap-

parsa nel Febbraio dello scorso anno sul

“Financial Times”, l’eventuale perdita della

base di Sebastopoli costringerebbe la Ma-

rina russa a ripiegare sul porto di Novo-

rossisk, una località situata sulla costa del

Mar Nero che serve già come importante

scalo commerciale ma che, sul piano mili-

tare, ben difficilmente potrebbe sostituire

la base di Sebastopoli come approdo per la

flotta. Se sul piano politico con l’annessio-

ne della Crimea Mosca ha fortemente de-

teriorato la sua immagine internaziona-

le, da quello finanziario i costi potrebbero

essere ancora più rilevanti. La penisola

difatti dipendeva fortemente da Kiev che

copriva il 70% del suo bilancio mentre lo

stesso fabbisogno energetico arrivava in

massima parte da forniture provenienti

dal resto dell’Ucraina, un quadro quindi

assai critico che, a detta degli analisti, co-

stringerà Mosca a spendere molto di più

dei 5-6 Miliardi di Dollari di investimenti

già programmati, e questo senza contare

i costi aggiuntivi derivanti dall’introdu-

zione del Rublo e dalla conseguente in-

tegrazione dei due sistemi bancari che si

renderà necessaria2. Ma se la situazione

economica russa non appare certo favo-

revole, quella ucraina si presenta addi-

rittura sull’orlo del collasso. Subito dopo

la caduta di Yanukovich, una nota dalla

“Bank of America Merrill Lynch” sottoli-

neava come l’Ucraina dovesse rimbor-

sare solo nel 2014 prestiti per 9 Miliardi

di Euro, ai quali si dovevano aggiunge-

re altri 3,6 Miliardi da restituire al FMI

e 1,5 Miliardi di obbligazioni europee in

scadenza a Giugno dello stesso anno.

Lo stato delle finanze ucraine è dunque

quantomai difficile. La moneta nazionale,

la “Grivna”, dall’inizio della crisi si è for-

temente deprezzata e le riserve valutarie

sono scese ad un livello ormai critico, tan-

to che, secondo l’agenzia di rating “Moo-

dy’s”, l’Ucraina deve ricapitalizzare le sue

banche e la compagnia statale “Naftogaz”,

due elementi che, uniti al debito di 3 Mi-

liardi di Dollari verso la Russia ed ai 10

Miliardi necessari per assicurare il paga-

mento delle obbligazioni estere in sca-

denza quest’anno, rendono le possibilità

di un default estremamente alte.

Il quadro esistente e le soluzioni possibili

Il timore della comunità internazionale

è che la Crimea costituisca non solo un

pericoloso precedente, ma anche essere

la prima di una serie di ulteriori incor-

porazioni territoriali attuate da Mosca

nel territorio ex – sovietico. La prima di

queste riguarda la Transnistria, la re-

gione a maggioranza russa situata nella

parte orientale della Moldova che dopo

la rivolta esplosa nel 1992 è di fatto indi-

pendente dal governo di Chisinau, dove il

Soviet Supremo locale pochi giorni dopo il

referendum crimeano aveva chiesto alla

Duma di varare una legge che consenta

Ucraina

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alla regione di riunirsi alla Russia3. Nei

mesi successivi all’incorporazione della

Crimea, la situazione militare e politica

è andata difatti ulteriormente deterio-

randosi. A seguito dell’attacco condotto

da forze separatiste contro le locali sedi

istituzionali, nell’Aprile 2014 nei terri-

tori orientali corrispondenti alla storica

regione della “Novorossiya” gli insurgen-

ti filo – russi hanno auto – proclamato la

“Repubblica Popolare del Donetsk”, un’en-

tità statale non riconosciuta guidata da

Alexander Zaharchenko, mentre un’ana-

loga situazione si è registrata nella parte

meridionale dell’oblast di Luhansk dove i

separatisti hanno dichiarato autonoma-

mente la “Repubblica Popolare di Luhan-

sk”, anch’essa priva di riconoscimento

internazionale. In entrambi i territori,

due referendum convocati nel Maggio

seguente hanno poi sancito a stragrande

maggioranza il distacco da Kiev. In que-

sto difficile contesto, si è inserito prima

il piano in quindici punti presentato a

Giugno dello scorso anno dal neo – elet-

to Presidente ucraino Petro Poroshenko,

nel quale si proponevano una serie di

misure tese a favorire la pacificazione, e

successivamente l’azione della comunità

internazionale per arrivare ad un cessate

il fuoco tra il governo di Kiev e le forze

separatiste filo – russe. Sotto gli auspici

del “Gruppo Trilaterale di Contatto per

l’Ucraina” – il terzetto formato da Russia,

Ucraina ed OSCE – il 5 Settembre 2014 si

è quindi giunti alla firma del “Protocollo di

Minsk” che, riprendendo gran parte delle

proposte contenute nel piano avanzato da

Poroshenko, impone alle parti un imme-

diato cessate il fuoco ed il rilascio di tutti

gli ostaggi, richiede l’immediato ritiro dei

combattenti stranieri presenti nel Paese e

l’avvio di un programma di ricostruzione

della regione del Donbass ed infine impe-

gna il governo di Kiev a varare una rifor-

ma costituzionale per introdurre nel Pa-

ese la decentralizzazione tenendo conto

delle particolarità esistenti nelle regioni

di Donetsk e Luhansk4. Tuttavia l’intesa

non ha condotto ad alcun miglioramento

della situazione né sul piano politico né

su quello militare. Così, lo scorso Febbra-

io, Putin e Poroshenko, unitamente al

Presidente francese François Hollande

ed al Cancelliere tedesco Angela Merkel,

hanno siglato nella capitale bielorussa

una nuova intesa, indicata con il nome

di “Minsk II”, nella quale si riaffermano

le linee – guida già espresse nell’accordo

raggiunto a Settembre proponendo l’i-

stituzione di una “zona – cuscinetto” alla

frontiera tra Russia ed Ucraina moni-

torata da ispettori dell’OSCE unitamen-

te al varo di tutta una serie di ulteriori

misure tese a favorire la ripresa del dia-

logo e la pacificazione5. Resta da vedere

quali soluzioni esistono concretamente

per risolvere la crisi ucraina. I mezzi di

cui dispongono l’Europa e gli Stati Uniti

sono alquanto limitati. Esclusa qualsiasi

opzione militare, le sanzioni economiche

hanno dimostrato di avere un impatto

limitato sugli Stati Uniti ma invece assai

rilevante sui Paesi europei vista la loro

dipendenza energetica da Mosca e gli im-

portanti livelli di interscambio commer-

ciale con la Russia esistenti in alcuni Pa-

esi. Per il Cremlino invece, un’eventuale

apertura verso Kiev od un atteggiamento

ritenuto troppo accomodante verso Bru-

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xelles e Washington avrebbe un impat-

to negativo sul piano interno, in quanto

proprio con l’intervento in Ucraina Putin

ha inteso inviare un segnale “forte” alle

altre Repubbliche ex – sovietiche per dis-

suaderle da intraprendere svolte in senso

filo – occidentale e ricordagli come Mosca

sia pronta ad intervenire.

Gli scenari strategici e le ragioni di Mo-

sca e Kiev

Ad una prima analisi, le ragioni della cri-

si ucraina vanno ricercate da un parte

nell’intenzione di Mosca di preservare

il suo spazio d’influenza in un Paese da

sempre considerato il retroterra naturale

della nazione russa vista la presenza di

almeno 7,5 milioni di russofoni residenti

insieme ai molti altri cittadini con un pas-

saporto della Federazione Russa, dall’al-

tro nelle aspirazioni di Kiev di rinsaldare

i suoi legami con l’Unione Europea allen-

tando parallelamente quelli con il vicino

russo. Tuttavia, come riportato da un’a-

nalisi dell’ “International Institute for Stra-

tegic Studies” (IISS) i motivi appaiono però

molto più complessi e sfumati. Ad inizia-

re da quelli per cui alla base delle proteste

che hanno portato alla caduta del gover-

no di Yanukovich vi sia l’atteggiamento

europeista della popolazione ucraina. Se

difatti non si può negare come la maggior

parte degli abitanti del Paese aspiri a rag-

giungere gli standard di vita dell’Europa

occidentale ed a disporre della medesima

libertà di movimento, è comunque altret-

tanto vero che la percentuale di quelli che

realmente auspicano un ingresso di Kiev

nell’Unione Europea sia minoritaria. Più

verosimilmente, senza una escalation nel

confronto e l’esplodere degli scontri la

cui responsabilità ricade sia sulla decisio-

ne del governo di ricorrere alla forza ma

anche sui toni sempre più radicali assunti

dai manifestanti, le proteste si sarebbero

andate progressivamente placando per

poi, forse, dissolversi. Non meno difficili

da spiegare appaiono però le ragioni che

hanno spinto Mosca ad assumere una li-

nea di scontro nei riguardi di Kiev e della

comunità internazionale. Fino al 21 Feb-

braio 2014, data in cui il “terzetto di Wei-

mar” formato da Polonia, Francia e Ger-

mania aveva raggiunto un’intesa in base

alla quale in Ucraina si sarebbe dovuto

formare un esecutivo di unità nazionale,

applicare le disposizioni della Costituzio-

ne del 2004 e convocare delle elezioni

presidenziali entro il mese di Maggio,

l’atteggiamento del Cremlino era rimasto

improntato agli stessi principi che aveva-

no sempre inspirato la sua politica estera,

ovvero garantire la sicurezza nazionale

russa, impedire l’arrivo al potere di forze

tendenzialmente ostili pronte a rinego-

ziare gli accordi economici bilaterali e, so-

prattutto, evitare che i governi in carica

venissero rovesciati con il consenso taci-

to od esplicito dei Paesi occidentali.

La destituzione di Yanukovich e l’arrivo

al potere del nuovo governo, considerato

dal Cremlino di chiara impronta nazio-

nalista, hanno probabilmente convinto

Putin a ritenere che in Ucraina stesse

per verificarsi lo scenario peggiore per la

Russia spingendolo così ad assumere una

linea molto interventista. Tuttavia, per

alcuni osservatori, l’atteggiamento preso

nei confronti dell’Ucraina potrebbe rap-

presentare il segnale che la politica russa

Ucraina

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63

è pronta ad assumere una posizione più

aggressiva verso gli Stati vicini, magari

utilizzando le aspirazioni autonomiste

delle locali popolazioni russofone per

concretizzare le proprie aspirazioni ge-

opolitiche o di espansione territoriale. Si

tratterebbe però di una linea quantomai

rischiosa, visto che le minoranze russe

residenti in Ucraina risultano per Mo-

sca, paradossalmente, essere più utili al

di fuori dei confini nazionali. Attraverso

l’azione della minoranza russa residente

nelle regioni orientali, Mosca può condi-

zionare le scelte dell’Ucraina e lo stesso

esito delle consultazioni elettorali così da

conservare la propria influenza politica

sul Paese, cosa che risulterebbe molto più

difficile nel caso questa venisse invece

inglobata nel territorio russo, senza con-

tare inoltre gli altissimi costi economici e

finanziari che una tale operazione com-

porterebbe6. Ma è sul piano strategico che

le conseguenze del distacco della Crimea

rischiano di produrre gli effetti più rile-

vanti non solo per i rapporti bilaterali tra

Mosca e Kiev ma anche per gli equilibri

militari dell’intero Mar Nero. Se per l’U-

craina perdere la Crimea significhereb-

be vedere fortemente ridimensionate le

capacità della propria marina ed aero-

nautica, al contrario per Mosca l’acqui-

sizione della penisola consentirebbe alla

flotta russa del Mar Nero di poter incre-

mentare i propri effettivi di stanza nelle

diverse basi limitati, in base alle disposi-

zioni dell’accordo sottoscritto nel 1997,

a 25.000 unità e 22 aerei da combatti-

mento, cosa che al momento la rende per

dimensioni più piccola solo alla flottiglia

dislocata nel Mar Caspio. La posizione

russa verrebbe quindi a rafforzarsi con-

siderevolmente, e questo in una regio-

ne dove Mosca ha ripreso ad esercitare

la sua influenza. Se il crollo dell’Unione

Sovietica e la grave crisi in cui versava la

Russia agli inizi degli anni Novanta ave-

vano notevolmente indebolito le capacità

russe nel Mar Nero, con la ripresa econo-

mica e l’aumento del prezzo del petrolio

Mosca ha potuto incrementare le spese

militari le quali, pur mantenendosi ad un

livello molto più limitato rispetto all’e-

ra sovietica e considerevolmente basse

in rapporto alle dimensioni delle Forze

Armate, rimangono però decisamente

superiori a quelle degli altri Paesi dell’a-

rea. Inoltre, si deve poi sottolineare come

la stessa Turchia, dopo che i rapporti tra

Ankara e la NATO si sono raffreddati,

non è parsa intenzionata a portare avanti

una politica di contenimento verso Mo-

sca, come dimostrato dall’indisponibilità

da parte del governo turco a modificare

il contenuto dell’accordo di Montreux

con cui si regola l’accesso agli Stretti ed

al Mar Nero7. La crisi ucraina rimane

quindi complicata e con una comunità in-

ternazionale che dispone di una serie di

opzioni limitate per risolverla. Non è un

caso che da alcune parti si sia avanzata

la proposta per una sorta di “finlandizza-

zione” dell’Ucraina, con la quale il Paese

si aprirebbe a più stretti legami con Bru-

xelles e gli Stati Uniti senza però entrare

nella NATO e nell’Unione Europea, così

da non suscitare l’irritazione russa e tra-

sformare il Paese da potenziale terreno di

scontro a luogo d’incontro tra Russia ed

Occidente.

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Note

1 Sul contenuto dell’accordo del 1997 vedi lo studio Ukraine, Russia and the Black Sea Fleet Accords, WWS Case Study 2/99, Defense Technical Information Center, Fort Belvoir 1999.

2 Si deve poi sottolineare come degli abitanti della Crimea almeno 560.000 sono pensionati e 200.000 di-pendenti pubblici, tanto che, una volta incorporata alla Russia, la regione avrà una delle economie più di-pendenti dai contributi statali del Paese. Questo, ovviamente, produrrà un ulteriore impatto negativo sulla crescita economica russa. Sull’argomento vedi Ukraine Crimea: Russia’s economic fears, BBC News Europe, 7 Marzo 2014, Crimea Annexation Threatens Already Weakened Russian Economy, Radio Free Europe Radio Liberty, 22 Marzo 2014 e Why annexing Crimea may prove costly for Russia, CNN International, 17 Marzo 2014.

3 Sulle ripercussioni che potrebbe avere la secessione crimeana sulla Transnistria vedi l’articolo Russian tro-ops poised to “run” into Moldova, Nato commander warns, apparso su “The Daily Telegraph” il 23 Marzo 2014.

4 Lo scorso Gennaio il Presidente ucraino Poroshenko ha istituito una commissione che, con l’aiuto degli esperti, redigerà il nuovo testo costituzionale nel quale vi saranno contenute le disposizioni sulla decentraliz-zazione e le prerogative dei governi locali. L’approvazione è prevista per il prossimo autunno.

5 Le misure comprendono poi il ritiro di tutte le armi pesanti possedute da entrambe le parti, il varo di un’am-nistia per tutti i leader coinvolti nel conflitto in Ucraina orientale, il rilascio dei prigionieri, la convocazione di elezioni locali nelle aree sotto il controllo dei separatisti, l’invio di aiuti umanitari, il ritiro dei gruppi armati ir-regolari dal territorio ucraino e l’avvio di un programma di ricostruzione per le aree devastate dal conflitto. Il governo ucraino sostiene però come almeno 9.000 militari russi siano tuttora presenti nelle regioni orientali in appoggio ai separatisti, mentre la NATO, pur non confermando queste cifre, stima comunque che Mosca abbia inviato almeno un migliaio di specialisti dell’intelligence militare nelle aree interessate dai combatti-menti. In merito alla convocazione delle elezioni locali, Kiev sottolinea poi come già nell’intesa di Settembre era prevista l’indizione delle consultazioni per il mese di Novembre, ma le autorità separatiste prima della scadenza hanno deciso di rinviare il voto, un gesto ritenuto come una chiara violazione del cessate il fuoco. Restano infine dei dubbi sull’efficacia di un’eventuale “zona cuscinetto” al confine tra i due Paesi, in quanto finora gli ispettori dell’OSCE non sono stati in grado di controllare i convogli russi mentre vi è il sospetto che gli armamenti siano giunti ai separatisti camuffati da aiuti umanitari. Vedi sui punti dell’intesa Ukraine ceasefire: The 12-point plan, BBC News, 9 Febbraio 2015.

6 Sullo scenario strategico vedi l’analisi Russia’s unclear motives in Ukraine, International Institute for Stra-tegic Studies ( IISS ), 3 Marzo 2014.

7 L’accordo di Montreux del 1936 riconosce la sovranità turca sugli Stretti, consente il libero transito del naviglio mercantile, fissa in ventuno giorni il periodo di stazionamento nel Mar Nero per le navi militari appartenenti ai Paesi non rivieraschi e limita in alcuni periodi il numero delle unità militari autorizzate ad attraversare gli Stretti. Durante gli anni della “guerra fredda”, proprio questa disposizione consentiva di limitare la capacità della marina sovietica di trasferire in breve tempo le unità navali dal Mar Nero al Mar Mediterraneo. Su questo e gli equilibri militari esistenti nella regione vedi özgur özdamar, Security and mili-tary balance in the Black Sea region, apparso su “Southeast European and Black Sea Studies”, Vol. 10, No.3, Settembre 2010, pagg. 341 – 359.

Ucraina

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DIFESA e SPAZIOSistemi di Difesa Aerea e Navale - Sistemi di Sorveglianza Terrestre e “Border Control” - Sistemi Radar e Sensoristica - Sistemi per la Gestione di Missioni Satellitari - Sistemi Aeroportuali e di Gestione del Traffico Aereo - Sistemi per l’Interoperabilità e l’Intelligence

INDUSTRIA, COMMERCIO, SERVIZI e FINANZAOutsourcing delle Infrastrutture ICTOutsourcing tecnologico (DTM)Sistemi di Pagamento ElettroniciTrasporti e LogisticaSistemi per il controllo del traffico marittimo Sistemi per la logistica portuale

SICUREZZA dello STATOSoluzioni e Servizi di IntelligenceAnalisi delle Minacce CiberneticheSistemi di Sicurezza per Infrastrutture CriticheGestione della Cyber SecurityCentri Operativi di Sicurezza (SOC, CERT)

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE e SANITA’Carta dei Servizi e Anagrafe Regionale - Fascicolo Sanitario Elettronico - Sistemi Informativi Regionali Sistemi per la gestione ed il monitoraggio delle agevolazioni rivolte ad Imprese e CittadiniSistemi di controllo a supporto del Governo della Spesa - Sistemi per il monitoraggio ambientale, la Protezione Civile e la Polizia Locale - Sistemi per la gestione del Patrimonio Immobiliare

TELECOM OPERATOR e MEDIACentri Operativi di Gestione Reti (NOC)Servizi di Supporto SpecialisticoFleet Service Management (FSM)Field Service

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Il Mar Mediterraneo è attanagliato

da numerose, verrebbe da dire

numerosissime, crisi, di diversa

natura, origine e rilevanza, le cui riper-

cussioni ed i cui effetti, in molti casi, van-

no oltre i limiti geografici di questo mare e

dei suoi stati rivieraschi. Dalla Libia all’U-

craina, passando per le sponde orientali,

in cui da decenni il confronto arabo-israe-

liano rappresenta una spada di Damocle

sempre pendente sui destini della pace

della regione, alla martoriata Siria che,

lungi dall’essere stata l’ultimo capitolo di

quelle Primavere arabe che avevano dato

eccessivo spazio ad ottimismi a dir poco

intempestivi, è diventata la tragica icona

di irrisolte questioni politiche ed etni-

co-religiose, con l’ovvio, e talvolta prepon-

derante, corollario di scontri che celano

interessi economici e strategici. Eppure, in

questo mare agitato si muovono anche al-

tre crisi, talvolta latenti, spesso addirittu-

ra sconosciute al grande pubblico. Esse

ricevono poca attenzione nei media, so-

prattutto nazionali, surclassate dalle vi-

cende ben più coinvolgenti (e certamente

sconvolgenti) degli scontri e dei massacri

perpetrati nei pressi o sulle rive del Mare

Nostrum, o comunque non lontano da

esso. Molti di questi contenziosi sono l’ef-

fetto di quel processo di decolonizzazione

realizzatosi dopo la seconda guerra mon-

diale, che, pur tentando di tenere in consi-

derazione le aspettative dei popoli coin-

volti, non è riuscito a liberarsi delle

ambizioni strategiche delle potenze di un

tempo, magari talvolta interessate anche

al prestigio, interno ed esterno, garantito

dal mantenere una qualche sovranità ol-

tremare. E così, il nostro Mediterraneo

vede, tra l’altro, una faglia di crisi attra-

versare l’isola di Cipro, in un contenzioso

tra Turchi e Greci (entrambi paesi NATO)

che non è stato privo di momenti di au-

tentico scontro armato, una disputa seco-

lare sulla rocca di Gibilterra che contrap-

Francesco Lombardi

Gibilterra - Stazione di frontiera

Colonie mediterranee

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pone da secoli due monarchie europee

(Gran Bretagna e Spagna, paesi che siedo-

no contemporaneamente nei consessi

Nato e UE) ed un confronto tra altri due

Regni: Spagna e Marocco, che hanno in-

tensi scambi economici e commerciali (la

Spagna è il secondo partner economico

del Paese magrebino dopo la Francia), sul

possesso di due enclave spagnole sulle

coste mediterranee del Regno nordafri-

cano (Ceuta, Melilla ed un’appendice di

scogli ed isolette). In particolare, le ultime

due dispute, spesso poste a confronto,

nell’ultimo mezzo secolo si sono combat-

tute sul piano diplomatico, politico e me-

diatico ma non è mancato qualche mo-

mento più caldo, anche se l’uso delle

armi, talvolta minacciato, non è mai di-

ventato effettivo. Quando si tratta di

queste enclave, i paesi coinvolti non esi-

tano ad usare toni forti. Tra Madrid e

Londra, la questione di Gibilterra è da

sempre particolarmente pungente, tanto

da far venir meno, in taluni casi, altri im-

pegni sottoscritti e la comune apparte-

nenza alle principali alleanze del Conti-

nente. La Spagna, nelle fasi più acute

della crisi militare e diplomatica tra l’Oc-

cidente e la Russia, seguita all’annessio-

ne della Crimea, ha autorizzato, a più ri-

prese, navi militari di Mosca a rifornirsi

di carburanti, cibo ed acqua nel porto di

Ceuta. In particolare anche alcuni cac-

ciatorpediniere pesantemente armati ap-

pena entrati nel Mediterraneo dopo es-

sersi pericolosamente avvicinati alle

acque territoriali di Sua Maestà britanni-

ca, tanto da far muovere parte del navi-

glio della Royal Navy per sorvegliare le

rotte percorse dai russi. Le proteste di

Londra per la scelta spagnola non si sono

fatte attendere, facendo tra l’altro ampio

riferimento alla doppia misura che Ma-

drid applica ai contenziosi in atto, recla-

mando Gibilterra da un lato e difenden-

do i propri possedimenti sulla costa

africana dall’altro, senza mancare di os-

servare come la scelta di far attraccare

navi di Mosca a Ceuta non sia proprio un

bel segno di solidarietà atlantica. Molti

osservatori, del resto, accusano la Spa-

gna di una certa ipocrisia nel momento

in cui lancia accuse di “colonialismo in-

glese” senza citare le due città sulla costa

marocchina, oggi circondate da muri e

reti per impedire che vadano facilmente

a buon fine i tanti tentativi di immigra-

zione illegale che vedono ogni anno mi-

gliaia di nordafricani tentare di mettere

piede con un balzo, letteralmente, in ter-

ra europea. Tali sono da considerarsi, in-

fatti Ceuta e Melilla da quando la Spagna

è entrata, nel 1986, nella Comunità Euro-

pea. Anche alcuni politici spagnoli e talu-

ni alti funzionari di Madrid, del resto,

consigliano di non insistere nei tentativi

di “recuperare” Gibilterra in quanto ciò

potrebbe mettere seriamente a rischio la

permanenza di Ceuta e Melilla sotto so-

vranità spagnola. Le due città spagnole

pur considerate parte dell’UE, comun-

que, da quando nel 1982 la Spagna è par-

te della NATO, non rientrano nei territo-

ri sottoposti a protezione atlantica, come

lo è invece Gibilterra. Quindi, ove le pre-

tese marocchine dovessero prevedere

anche qualche tentativo manu militari, gli

Alleati non avrebbero alcun obbligo giu-

ridico di intervento, nonostante all’atto

dell’adesione al Patto Atlantico, da parte

Colonie mediterranee

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spagnola non sia mancata qualche rifles-

sione su una possibile maggiore deter-

renza verso eventuali atti di forza da

parte di Rabat. Qualche obbligo in realtà

lo avrebbero i partner dell’Unione Euro-

pea in forza dell’articolo 42 del Trattato

dell’Unione che impone aiuto ed assi-

stenza in caso di attacco armato ad uno

dei membri dell’UE. Tale accordo è entra-

to in vigore alla fine del 2009 e quindi

non vigeva, nell’attuale formula strin-

gente, nel luglio del 2002, quando una

pattuglia di gendarmi marocchini sbarcò

sull’isolotto di Perejil (noto anche come

isola del prezzemolo), un lembo disabitato

di terra di fronte a Ceuta ed incluso, con

altri affioramenti, nell’insieme dei posse-

dimenti spagnoli sulla costa africana. La

spiegazione di Rabat fu che serviva una

base di monitoraggio per contrastare l’e-

migrazione illegale ed il terrorismo, ma

era chiaro l’intento dimostrativo del ge-

sto: far sventolare la bandiera rossa con

la stella a cinque punte sul territorio con-

teso. La crisi si risolse con un incruento

intervento militare spagnolo. L’operazio-

ne aeronavale ebbe l’emblematico nome

di Recuperar Soberanía (recupero della

sovranità), che la dice lunga su cosa si

pensi a Madrid di quei territori oltrema-

re. Comunque, entrambi i governi ebbe-

ro il loro momento di coesione nazionale,

cosa che non guasta mai. Per quel che

attiene alla dirimpettaia Gibilterra, am-

piamente paragonabile, per molti aspetti,

con le città spagnole di Ceuta e Melilla, in

epoca moderna le crisi tra spagnoli e bri-

tannici sono state più frequenti ed inten-

se, anche perché nel lungo periodo fran-

chista, il Caudillo ha fatto della campagna

per la riannessione di Gibilterra un moti-

vo di aggregazione nazionalista; comun-

que, i vari governi che si sono succeduti

hanno sempre impostato la propria poli-

tica estera sulla rivendicazione della

Rocca (come è soprannominata Gibilter-

ra). Il picco di tensione si è avuto nel 1969,

quando Franco decise di bloccare ogni

passaggio nei 1200 metri di confine tra la

Spagna e la colonia britannica, decisione

Melilla - vista del Gurxugù

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presa sull’onda del mancato accoglimen-

to da parte di Londra della risoluzione

ONU dell’anno precedente di porre termi-

ne alla situazione coloniale di Gibilterra en-

tro il 1 ottobre 1969. Infatti, Gibilterra è

censita dall’ONU tra i territori coloniali e

pertanto ogni anno sottoposta, come al-

tri, a specifico monitoraggio. I confini fu-

rono riaperti dopo la morte di Franco,

per poi essere di nuovo chiusi per un bre-

ve periodo, stavolta per decisione delle

autorità sanitarie di Madrid, onde evita-

re possibili contagi provenienti da una

nave attraccata al porto britannico. Un

paio di anni fa di nuovo crisi, per la posa

davanti alle acque della Rocca di barriere

artificiali che impedivano le attività dei

pescatori spagnoli, tanto da far accompa-

gnare i pescherecci da imbarcazioni della

Guardia Civil. A differenza di Gibilterra,

ceduta ai britannici con il Trattato di

Utrecht del 1713, che pose fine alla Guer-

ra di successione spagnola, Ceuta e Me-

lilla non sono internazionalmente rico-

nosciute come colonie, cosa che la Spagna

tiene a precisare ogni volta che si effet-

tua un paragone tra i territori ai lati dello

stretto. A Ceuta e Melilla infatti, è appli-

cata la stessa legislazione vigente nella

penisola pur con una certa autonomia

amministrativa e fiscale. Ampia autono-

mia fiscale ed amministrativa di cui del

resto gode anche Gibilterra, e forse pro-

prio questa serie di benefici indusse i cir-

ca 20mila abitanti della colonia inglese a

votare contro ogni ipotesi di ritorno alla

Spagna nel 1967 e nel 2002, con percen-

tuali che non lasciano dubbi. Risultati

che furono portati a giustificazione dal

Regno Unito, nel 1969, per la mancata

adesione alla risoluzione ONU. In quel

parallelismo tra Gibilterra e le enclave

spagnole, nelle Plazas (così sono chiama-

te Ceuta e Melilla) si è tenuto un referen-

dum nel 2002: un 99% di voti favorevoli

a restare spagnoli che ha offerto altre

motivazioni a sostegno delle posizioni di

Madrid. Il Marocco, anche perché da

poco si è affacciato nel consesso delle na-

zioni in grado di sviluppare relazioni di-

plomatiche senza complessi di inferiori-

tà, a parte il gesto dell’estate del 2002,

non ha mai fatto nei confronti della Spa-

gna pressioni di livello pari a quelle svi-

luppate da Madrid verso Londra, anche

se ogni volta che qualche importante

personaggio spagnolo (a cominciare dai

sovrani borbonici) visita Ceuta o Melilla,

partono gli strali marocchini, compresi i

parallelismi e le accuse di ipocrisia per il

diverso atteggiamento verso le “proprie”

enclave e verso Gibilterra. Rabat, che

nelle proprie pretese gode di appoggi,

poco significativi, in verità, in questo mo-

mento, della Lega Araba e dell’Unione

Africana, a sua volta, è fortemente accu-

sata da molte parti della comunità inter-

nazionale di “colonialismo” verso il Saha-

ra Occidentale. Il Regno Unito replica

alle accuse spagnole e si trincera dietro la

volontà del popolo della Rocca; chissà se,

coerentemente, in questa catena di accu-

se e rivendicazioni, tale principio sarà

ancora difeso quando, presumibilmente

a breve, la comunità cattolica dell’Irlanda

del Nord, quasi maggioranza oramai nel-

la parte settentrionale dell’isola, chiederà

con forza un referendum per l’indipen-

denza?

Colonie mediterranee

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Giornata della Marina Militare. Pinotti: uomini e donne all’altezza esigenze sicu-rezza Mediterraneo

È stata celebrata oggi la giornata della Ma-rina, tradizionalmente fissata nell’anniversa-rio dell’impresa compiuta dal Comandante Luigi Rizzo e dagli equipaggi dei due Mas che, il 10 giugno del 1918, inflissero un col-po mortale alla Marina da guerra austro-un-garica. Ricorrenza celebrata a Palazzo Ma-rina, alla presenza del Ministro della Difesa Roberta Pinotti, che - prendendo spunto proprio dall’impresa di Premuda - nel suo intervento ha sottolineato come “quel successo militare fu il prodotto di tre fattori militari fondamentali, la cui importanza è la stessa ora come allora: soluzioni tecnolo-giche innovative, strategie e procedimenti di impiego efficaci, capacità di leadership e preparazione professionale”. “Tre fattori - ha aggiunto - tenuti in grande considera-zione anche nel Libro Bianco per la Difesa”. Nel suo discorso il Ministro ha sottolineato le virtù morali e militari degli uomini e delle donne della Marina, ricordandone l’impe-gno anche nell’operazione Mare Sicuro con la quale l’Italia è in prima linea per la tutela degli spazi euro-mediterranei.“A proposito di virtù morali e militari, il nostro pensiero abbracci con tutto il nostro

affetto e sostegno anche i Fucilieri Massimi-liano Latorre e Salvatore Girone, che tutta la loro forza d’animo e la loro militarità la stanno dimostrando quotidianamente da anni” ha aggiunto. Durante la cerimonia, il Ministro Pinotti ha consegnato una Meda-glia d’Oro al Valor di Marina, una d’Argento al Valor di Marina e due Medaglie di Bron-zo al Valor di Marina a militari che si sono particolarmente distinti nello svolgimento delle loro attività.Roma, 10 giugno

Italian Open Championships 2015: ottimi risultati per il Gruppo Sportivo Paralim-pico Difesa (GSPD)

Gli atleti del GSPD - impegnati per la prima volta nei campionati italiani di atletica leggera della FISPES (Federazione Italiana Sport Paralimpici) - nelle tre giornate di gara hanno ottenuto risultati lusinghie-ri portando a casa medaglie e record. Il Caporal Maggiore Capo Scelto Moreno Marchetti ha conquistato l’oro nel getto del peso, l’argento nel lancio del giavellotto e il bronzo nel lancio del disco segnando due nuovi record nazionali, il 1° Caporal Maggiore Pellegrina Caputo ha vinto l’oro nel getto del peso, diplomandosi campio-nessa italiana nella specialità e il Caporal

DIFESA NEWS

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Maggiore Scelto Monica Contrafatto ha conquistato la medaglia d’argento nei 100 metri piani. Il GSPD è nato lo scorso anno, sulla base di un protocollo d’intesa con cui lo Stato Maggiore della Difesa e il Comita-to Italiano Paralimpico (CIP) promuovono ogni utile azione per favorire la pratica dell’attività fisica nei confronti dei militari disabili, mettendo a loro disposizione gli strumenti per poter praticare sport a livelli competitivi. Grosseto, 14 giugno

Carabinieri e Autorità Nazionale Anticorruzione: firmato protocollo d’intesa

Nella mattinata odierna, a Palazzo Barac-chini, alla presenza del Ministro della Difesa Roberta Pinotti, il Presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione Raffaele Cantone e il Comandante Generale dell’Arma, Tullio Del Sette, hanno sottoscritto un Protocollo d’Intesa finalizzato a incrementare l’effica-cia delle misure in tema di prevenzione e contrasto della corruzione nella Pubblica Amministrazione. L’intesa, in sintesi, consentirà di mettere a sistema, in un quadro unitario, le capacità operative e informative proprie dei reparti

territoriali dell’Arma che, con la loro ra-mificata presenza sul territorio nazionale, potranno assicurare un fattivo contribu-to in chiave preventiva e di contrasto ai fenomeni corruttivi. Altrettanto prezioso potrà essere il contributo offerto dai reparti dell’organizzazione speciale operanti per la tutela della salute, del lavoro, dell’ambien-te, del patrimonio culturale e delle risorse agro-alimentari, strutture di eccellenza una-nimemente riconosciute, che garantiranno un valore aggiunto in termini di esperienza e professionalità.Roma, 18 giugno

Difesa e Ambiente: firma protocollo per tutela ambiente durante esercitazioni

I Ministri della Difesa, Roberta Pinotti, e dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, hanno firmato oggi il protocollo di intesa per la tutela ambientale collegata alle attività esercitative militari. Il Protocollo è il frutto della collaborazione che si è instaurata da tempo, in particolare lo scorso anno in occasione della Conferenza nazionale sulle servitù militari, tra i due dicasteri. L’accordo prevede la costituzione e l’apertura di un tavolo tecnico congiunto che impegna ad una reciproca collaborazione per la reda-

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zione e implementazione dei “protocolli ambientali” connessi alle attività esercita-tive. Il Ministro Galletti ha affermato che “la collaborazione tra Ambiente e Difesa è strategica. Si tratta di una cooperazione essenziale per risolvere una serie di proble-matiche anche locali che diventano sempre più pressanti”. Anche il Ministro Pinotti ha sottolineato l’importanza dell’accordo: “Il tema delle esercitazioni militari e dei poligoni è un tema particolarmente sensi-bile e noi siamo attenti a questa sensibilità e quindi vogliamo in modo preventivo, puntuale e sistematico fare in modo che il Ministero dell’Ambiente possa aiutarci a verificare che tutto sia perfettamente nella norma e quindi la salute e la sicurezza dei cittadini siano perfettamente preservati da quella che però è un’attività necessaria per le Forze Armate e per il Paese”. In particolare il Ministero guidato da Galletti metterà a disposizione la propria competenza nel settore fornendo supporto tecnico-giuridico circa gli aspetti di tutela dell’ambiente durante le attività eserci-tativo-militari, condividerà metodologie per effettuare i rilievi e le misurazioni nei siti militari e, infine, fornirà il supporto di competenza in materia di bonifica e ripri-stino ambientale, laddove necessario, delle aree interessate. Il Ministero della Difesa, in un’ottica di totale trasparenza, curerà la trasmissione di relazioni annuali sul monito-raggio ambientale dei siti interessati dalle esercitazioni militari che riguardano anche l’individuazione, il recupero, la gestione, la tracciabilità e lo smaltimento dei rifiuti connessi alle predette attività. La firma del Protocollo, e la relativa apertura del tavolo tecnico, rappresenta un passo importante per la tutela della flora e della fauna, non-ché della salute delle comunità locali e dei militari durante le esercitazioni. L’attività di

addestramento rappresenta un elemento fondamentale per l’efficacia e la sicurezza delle operazioni militari che sono uno stru-mento di risposta del nostro Paese, quando viene chiamato a far fronte alle molteplici emergenze per la sicurezza e la difesa della Nazione, in occasione di catastrofi naturali o richieste di soccorso.Roma, 18 giugno

MAXXI: concerto della Banda interforze omaggio ai militari italiani Caduti nelle missioni di pace

Il Ministro Roberta Pinotti ha assistito al MAXXI di Roma al concerto della Banda Interforze del Ministero della Difesa in oc-casione dell’esposizione dell’opera artistica ‘Gli Angeli degli Eroi’, dedicata ai militari caduti nelle missioni di pace. L’opera, realizzata da Flavio Fanelli e presentata al cospetto del Ministro e del Presidente della Fondazione MAXXI Giovanna Melandri, consiste in un semplice elenco riportato su pannelli di legno, che ricorda le lapidi commemorative con i nomi dei militari italiani caduti nelle missioni militari di pace nella storia della Repubblica, dal 1950 fino ad oggi. La Banda della Difesa, diretta dal Maestro Ten. Col. Patrizio Esposito, ha eseguito brani di noti autori, tra cui Verdi e Mendelsshon. In chiusura l’Inno Nazionale.Roma, 18 giugno

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Riunione dei Ministri della Difesa della NATO

Il Ministro della Difesa, Roberta Pinotti, ha preso parte a Bruxelles alla riunione dei Ministri della Difesa dei Paesi della NATO, in corso di svolgimento dal 24 al 25 giu-gno. Dall’attuazione del Readiness Action Plan (RAP) alla definizione del documento ‘Political Guidance 2015’ fino alla roadmap del prossimo Vertice di Varsavia. Questi gli argomenti principali al centro della Mini-steriale NATO. Tra i temi evidenziati dal Ministro a Bruxelles, l’emergenza legata alle minacce provenienti dal fianco sud e la necessità di assegnare la stessa importanza ai tre principali compiti della NATO: difesa collettiva, gestione delle crisi e cooperazio-ne in ambito sicurezza. Indispensabile, inol-tre, rendere più incisivo il legame tra Nato e Unione Europea, presupposto fonda-mentale per una efficace collaborazione in termini di difesa e sicurezza internazionale. Sul tavolo della ministeriale anche il summit di Varsavia in programma nel mese di luglio del 2016. Un appuntamento che il Ministro Pinotti ha auspicato possa portare a risultati concreti in più settori: dalla piena imple-mentazione della cooperative security allo sviluppo di sinergie con l’UE e le altre orga-nizzazioni internazionali. Il Ministro ha sot-

tolineato anche l’importanza di un modello di gestione onnicomprensivo dei numerosi strumenti di cui la Nato dispone, come ad esempio la Smart Defence, la Connected Forces Initiative ed il concetto di nazione quadro (Framework Nation). Prima del me-eting, il Ministro Pinotti ha incontrato per la prima volta il nuovo Segretario della Difesa degli Stati Uniti, Ash Carter. Nel lungo e cordiale colloquio, dopo aver sottolineato l’importanza del legame di amicizia tra i due Paesi, il Segretario statunitense ha ringraziato l’Italia per l’impegno in ambito internazionale, dall’Afghanistan alla coa-lizione anti Isis. Inoltre è stato affrontato il tema della sicurezza nel Mediterraneo con particolare riferimento alla crisi libica.Bruxelles, 24 giugno

Difesa: Visita del Ministro Pinotti alle missioni Mare Sicuro e Eunavformed. “Orgogliosi dei nostri militari e del coin-volgimento dell’Europa”

Il Ministro della Difesa Roberta Pinotti, accompagnato dai Capi di Stato Maggio-re della Difesa e della Marina, Generale Claudio Graziano e Ammiraglio Giuseppe De Giorgi, si é recato ieri nel Mediterraneo Centrale per una visita ai militari impegnati nelle missioni ‘Mare Sicuro’ ed ‘Eunavfor-med’. Il Ministro é giunto prima a bordo di nave Bergamini dove ha incontrato il per-

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sonale della missione militare ‘Mare Sicuro’ che dal 12 marzo garantisce gli interessi strategici del Paese attraverso la protezione delle linee di comunicazione, dei natanti commerciali e delle piattaforme energe-tiche off-shore nazionali. Attualmente in questa missione sono impegnati oltre 500 uomini e un dispositivo aeronavale compo-sto da 4 navi e un team di protezione ma-rittima con aeromobili e velivoli a pilotag-gio remoto e da ricognizione elettronica. Successivamente il titolare della difesa ha raggiunto la nave Cavour, unità ammiraglia della missione europea “Eunavformed”, iniziata il 27 giugno scorso. Il quartier ge-nerale della missione ha sede a Roma sotto il comando dell’Ammiraglio Credendino. Sono 14 i paesi europei che hanno aderito all’iniziativa (Italia, Gran Bretagna, Ger-mania, Francia, Spagna, Slovenia, Grecia, Lussenburgo, Belgio, Finlandia, Ungheria, Lituania, Paesi Bassi e Svezia). Oltre alla nave Cavour il contributo nazionale include due elicotteri imbarcati, un sommergibile e due velivoli a pilotaggio remoto ‘Predator’ per un totale di circa 800 uomini. A bordo della nave italiana il Ministro ha incontrato il comandante della Missione Europea, per un aggiornamento della situazione operati-va. Nel rivolgersi ai militari il Ministro Pinotti ha espresso soddisfazione per il lavoro fatto: “Avere Forze Armate così efficien-ti, capaci di dare in pochi giorni risposte immediate ai bisogni di sicurezza - ha detto - é motivo di orgoglio per il Governo e per i cittadini italiani” e continuando ha sotto-lineato come “in un momento di forte ten-sione nel quale i Paesi che si affacciano nel Mediterraneo stanno vivendo un periodo di grande incertezza e insicurezza, è impor-tante essere in grado di allestire missioni come ‘Mare Sicuro’ che guarda agli interes-si nazionali, ai rischi per le nostre navi e a

quelli legati al traffico dei migranti”. “Allo stesso modo” - ha continuato il Ministro - “la nascita di una missione europea, che si é data l’obiettivo di sconfiggere il traffico di esseri umani incredibile e inaccettabile, é un successo dell’Italia”. “Essere riusciti - ha concluso il Ministro Pinotti - a respon-sabilizzare l’Europa e a coinvolgerla nella sicurezza del Mediterraneo é un traguardo importante di cui essere fieri e orgogliosi anche per far crescere quell’Europa della difesa in cui l’Italia crede”.Mar Mediterraneo, 18 luglio

Samantha Cristoforetti nominata Cava-liere di Gran Croce

Il Presidente Sergio Mattarella, ha conse-gnato al Capitano Samantha Cristoforetti, l’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine Al Merito della Repubbli-ca Italiana. All’incontro erano presenti il Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare, Gen. S.A. Pasquale Preziosa, il Presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana, Roberto Battiston, e il Capo dell’Ufficio di coordinamento del direttorato del volo umano e operazioni dell’Agenzia Spa-ziale Europea, Elena Grifoni Winters. Si è trattato della prima uscita pubblica per la prima donna astronauta italiana, rientrata lo scorso 11 giugno dalla missione spaziale

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‘Futura’. Un colloquio durante il quale il Capitano dell’Aeronautica ha raccontato la sua esperienza di quasi sette mesi a bordo della Stazione Spaziale Internazionale (ISS) in qualità di Flight Engineer e membro dell’equipaggio della Spedizione ISS 42/43. Samantha Cristoforetti - partita con la mis-sione Futura dell’Agenzia Spaziale Italiana il 23 novembre 2014 - è il quarto astronauta militare italiano. Come i suoi predecesso-ri, Maurizio Cheli, Roberto Vittori e Luca Parmitano, Samantha Cristoforetti è stata allieva dell’Accademia di Pozzuoli e ha raggiunto questo risultato grazie anche alla formazione ricevuta dalla Difesa italiana. Lo spazio, infatti, è la naturale estensione dell’ambiente operativo dell’Aeronautica Militare che fa della tecnologia uno dei suoi punti di forza. La ricerca dell’innovazione, la sperimentazione nonché la lunga tradizione negli studi e nelle attività nel campo dei satelliti, del volo supersonico ed umano, hanno permesso all’Aeronautica Militare di fornire gran parte degli astronauti italiani.Roma, 20 luglio

Pinotti: Egitto Paese strategico per sta-bilità Mediterraneo

Il Ministro della Difesa Roberta Pinotti ha incontrato a Roma il Primo Ministro egiziano, Ibrahim Mahlab. Al centro del colloquio la collaborazione tra i due paesi

per la sicurezza regionale. “L’Egitto riveste un ruolo importante nel Mediterraneo. E’ un Paese amico, con il quale esistono da tempo rapporti culturali, economici e di cooperazione tecnico militare, fondamenta-li per la stabilità regionale”, ad affermarlo il Ministro Pinotti nel corso del colloquio con il Primo Ministro Mahlab, al quale ha rivolto il ringraziamento per la pronta risposta del suo governo in seguito all’attentato compiuto lo scorso 11 luglio al Consolato italiano al Cairo. A Mahlab il Ministro ha espresso, inoltre, il suo cordoglio per la vittima e i feriti egiziani. Nel corso del col-loquio - al quale hanno preso parte anche il Capo di Stato Maggiore della Difesa, Generale Claudio Graziano, e il Segretario Generale della Difesa, Gen.C.A. Enzo Ste-fanini - è stato affrontato il tema dei rischi connessi con le azioni dell’Isis in un paese strategico per gli equilibri del Mediterra-neo e del Medio Oriente. La delegazione italiana ha potuto inoltre ricevere valuta-zioni sul quadro della sicurezza egiziana e sull’evoluzione del dialogo politico libico. A tal proposito, il Ministro Pinotti ha confer-mato al premier egiziano la vicinanza ed il sostegno italiano all’azione di contrasto al terrorismo e la valorizzazione di un comune impegno in questo campo, come confer-mato dalla partecipazione del nostro Paese alla coalizione internazionale anti-Isis. Italia e Egitto hanno da tempo dato particolare impulso al rafforzamento della cooperazio-ne bilaterale tecnico-militare, come sancito nella Dichiarazione congiunta in materia di cooperazione tecnico-militare firmata dai Ministri della Difesa il 20 dicembre 2014 a Roma.Roma, 24 luglio

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Missioni internazionali: importanti per la sicurezza del nostro Paese e la sua credi-bilità internazionale

Il Ministro della Difesa Roberta Pinotti ha illustrato oggi, alle Commissioni riunite Esteri e Difesa di Camera e Senato, lo stato delle missioni in corso e degli interventi di cooperazione allo sviluppo a sostegno dei processi di pace e di stabilizzazione. “Le missioni militari all’estero sono importanti tanto per la sicurezza del nostro Paese, quanto per la sua credibilità internaziona-le”, ha affermato il Ministro della Difesa nell’informativa avviata con la descrizione dell’intervento nel Mediterraneo centrale, dove prosegue l’operazione Mare Sicuro, resa necessaria per gli sviluppi della crisi libica e l’esigenza di incrementare le misure di tutela della sicurezza nazionale attraver-so un rafforzamento del dispositivo aerona-vale. Mare Sicuro viene condotta in stretto coordinamento con l’operazione Triton, svolta sotto egida dell’Agenzia europea Frontex. Il Ministro ha quindi ricordato che ha preso il via la missione europea Euna-vformed, missione che vede operare più paesi europei sotto il comando operativo dell’ammiraglio italiano Enrico Credendino. In riferimento alla situazione in Nord Africa, prosegue la collaborazione con la Tunisia: “continuiamo a sostenere le capacità delle Forze di sicurezza tunisine. Paese amico, fortemente minacciato dall’instabilità e

dalla presenza di forze radicali” ha detto il Ministro. Riguardo il Vicino e Medio Orien-te, prosegue l’impegno in Libano con la missione dell’Onu UNIFIL, con circa 1.100 militari. In merito alla situazione in Iraq, il Ministro ha ricordato come “il progressivo espandersi del terrorismo islamista, poi sfociato, per opera dell’Isis, nella costitu-zione di uno ‘Stato di fatto’, in una vasta regione a cavallo fra Siria e Iraq, ha creato una connessione fra la guerra civile in Siria e il conflitto in corso in Iraq”. Significativo il contributo dell’Italia alla coalizione inter-nazionale anti-Isis. “La fornitura di armi alle Forze di sicurezza curde avviata circa un anno fa è stata completata, e tali sistemi sono ora correntemente utilizzati dai Curdi, che hanno espresso il loro ringraziamento per quanto fornito” ha aggiunto il Ministro, ricordando la sua recente visita in Iraq e nel Kurdistan iracheno. L’Italia, quale ulteriore contributo allo sforzo della coalizione mul-tinazionale, ha assunto la guida, con l’Arma dei Carabinieri, della formazione della po-lizia irachena nell’area di Baghdad mentre prosegue, in Afghanistan, l’addestramento delle Forze di sicurezza locali con circa 500 militari italiani presenti a Herat.Roma, 29 luglio

Kosovo: ancora all’Italia la guida di KFOR

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Per la terza volta consecutiva il Coman-dante della Missione In Kosovo è italiano: il Generale di Divisione Guglielmo Luigi Miglietta succede al parigrado Francesco Paolo Figliuolo, che a settembre del 2014 aveva sostituito il collega Salvatore Farina. Tre Comandanti italiani negli ultimi anni senza soluzione di continuità sottolinea-no l’ottimo lavoro che il nostro Paese sta svolgendo in quella zona. Il passaggio delle consegne è avvenuto il 7 agosto presso il Quartier Generale della Missione a Pristina. Presenti alla cerimonia il Comandante del JFC di Napoli, Ammiraglio Mark E. Fergu-son III e il Capo di Stato Maggiore della Difesa, Generale Claudio Graziano, oltre alle autoritá locali tra cui il Presidente della Repubblica del Kosovo, Atifete Jahjaga. L’I-talia, che negli anni ha fornito il Comandan-te della missione ben sette volte, partecipa con i propri militari dal 1999. Attualmente il contingente italiano si attesta intorno alle 550 unità.Pristina, 7 Agosto

Il cordoglio del Ministro della Difesa per la scomparsa del Capitano di Fregata Emilio Bianchi “Si è spento oggi l’ultimo degli eroi dell’impresa di Alessandria dove il coraggio e l’ardimento permisero di ottenere altissi-mi risultati. La sua morte rappresenta una grande perdita per la Difesa. Il Comandan-te Bianchi Medaglia d’oro al Valor Militare per l’impresa del 1941, ha lasciato un segno profondo. In tutti noi resterà il ricordo inde-lebile di un uomo che ha servito le istituzio-ni e il nostro Paese con totale dedizione e incondizionato attaccamento ai valori della Patria. Se n’è andato oggi una figura eroica della storia della Marina, della Difesa e dell’Italia intera”.Roma,15 Agosto

Il Sottosegretario di Stato alla Difesa Gioacchino Alfano, in visita a Expo 2015 per la Giornata nazionale dell’Afghani-stan

Il Sottosegretario di Stato alla Difesa, On. Gioacchino Alfano ha presenziato a Expo 2015 alla celebrazione della Giornata na-zionale dell’Afghanistan.La delegazione afghana, guidata dal Vice Ministro del Commercio e dell’Industria dell’Afghanistan e Commissario Gene-rale del Padiglione afghano, Mozammil Shinwari, è stata accolta con l’alzabandiera dal Sottosegretario Gioacchino Alfano, in rappresentanza del governo italiano. In programma una serie di attività che promuovono la ricca tradizione culturale del Paese: danze, musica e degustazioni di piatti tipici. L’On. Alfano, dopo i saluti di benvenuto, ha sottolineato che “la buona riuscita di Expo Milano 2015 è certamen-te il frutto dell’efficiente organizzazione, della grande affluenza dei visitatori pro-venienti da tutto il mondo, del dibattito in corso su temi cruciali per l’intera umanità. Il vero valore aggiunto offerto dall’Expo risiede soprattutto nella presenza di Paesi che colgono quest’occasione unica per presentarsi al mondo in una prospettiva diversa; una prospettiva che in questo contesto, è una vetrina privilegiata per l’Afghanistan e il suo popolo”. Il Sotto-segretario ha concluso il suo intervento

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dichiarando che “l’Afghanistan si è pre-sentato come paese ricco di risorse na-turali che rappresentano il vero volano di sviluppo economico e sociale per il Paese. In quest’ultimo ambito va evidenziata la crescente considerazione del ruolo delle donne nella società afghana, in perfetta sintonia con il progetto WE-Women for Expo che parla di nutrimento e sosteni-bilità e lo fa per la prima volta mettendo al centro di un’Esposizione Universale la cultura femminile.Milano, 20 Agosto

Aeronautica Militare: velivolo da tra-sporto in volo con a bordo un’ambulanza pediatrica

Nuovo intervento della Difesa al servizio della collettività: l’Aeronautica Militare ha effettuato un volo sanitario d’urgenza per trasportare una bimba di sei mesi con gravi problemi respiratori. Un C-130J è decollato dall’aeroporto di Alghero con a bordo un’ambulanza pediatrica del-la Croce Blu di Sassari che trasportava la bambina di sei mesi affetta da gravi problemi respiratori e l’équipe medica. La bimba, ricoverata fino adesso nel reparto di neonatologia dell’Ospedale Civile di Sassari, è stata trasportata a Ciampino per

il successivo ricovero all’ospedale pediatri-co Bambino Gesù di Roma. Gli aeromobili della 46^ Brigata Aerea di Pisa, oltre ad assicurare il trasporto aereo di personale, equipaggiamenti e rifornimenti in scenari operativi in Italia e all’estero, sono utilizzati anche per missioni di pubblica utilità, quali il trasporto sanitario d’urgenza di amma-lati, di traumatizzati gravi e di organi per trapianti, nonché per interventi a favore di persone comunque in situazioni di rischio. Roma, 26 Agosto

Lituania: conclusa la missione di difesa aerea Frontiera Baltica

Dal primo gennaio 2015, quattro Eurofi-ghter Typhoon dell’Aeronautica Militare hanno contribuito a garantire l’integrità dello spazio aereo NATO sui Paesi Baltici. Con la cerimonia di ammaina Bandiera, si è conclusa, nella base aerea di Šiauliai in Lituania - sede della TFA (Task Force Air) italiana - la missione Frontiera Baltica, svolta nell’ambito dell’operazione Baltic Air Policing della NATO sui cieli di Litua-nia, Lettonia ed Estonia (vedere Informa-zioni della Difesa 2/2015). Šiauliai (Lituania), 27 agosto

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Sedici giugno 1915: il buio di una

notte illune cede rapidamente

il passo al nuovo giorno, quan-

do cinque compagnie di alpini suddivise

in altrettante colonne, dopo un’impe-

gnativa marcia notturna, assaltano da

due direzioni la vetta del Monte Nero e

alcune alture circostanti. In poche ore

di violenti combattimenti, tutti gli ob-

biettivi sono conquistati e l’avversario è

completamente sbaragliato sul fronte di

alcuni chilometri, grazie anche al tem-

pestivo intervento di altre cinque com-

pagnie. Si tratta di una vittoria piena ed

inequivocabile, giunta a coronamento di

un paio di settimane dense di risultati

locali estremamente lusinghieri, tali da

segnalare agli addetti ai lavori e all’opi-

nione pubblica le qualità manovriere e lo

spirito aggressivo delle truppe alpine ita-

liane, per la prima volta nella loro storia

impegnate in alta montagna.

L’impresa è paragonabile per spettacola-

rità, difficoltà ed audacia, ad alcune del-

le più celebrate operazioni speciali della

storia, quali la conquista del forte belga

di Eben Emael avvenuta nel maggio 1940

ad opera dei paracadutisti tedeschi, o le

imprese dei mezzi d’assalto della Regia

Marina. Pur non costituendo la guerra in

montagna una novità assoluta, la verità

è che mai prima d’allora s’era combattuto

per il possesso di vette superiori ai due-

mila metri, la cui conformazione, nello

specifico, con circa 800 metri di dislivello

ripidissimo da superare completamente

allo scoperto, le rendeva simili agli spalti

di un’antica fortezza all’apparenza ine-

spugnabile. Se alle difficoltà del terreno

si aggiungono le innegabili esigenze pro-

pagandistiche dettate anche dalla pover-

tà di risultati italiani in quella fase della

guerra, diventa agevole comprendere la

risonanza ricevuta dall’operazione.

Un’operazione condotta di sorpresa, ma

non certo frutto dell’improvvisazione.

Ci troviamo nell’alto Isonzo, in una re-

RETROSPETTIVE

Pierluigi Scolè

16 Giugno 1915La conquista del Monte Nero

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gione di una bellezza aspra e selvaggia,

a una decina di chilometri soltanto dal

confine italiano, in territorio oggi slove-

no e all’epoca appartenente all’impero

austro-ungarico. Sono trascorse tre setti-

mane dall’entrata dell’Italia nel conflitto

mondiale: tante, col senno di poi, per per-

correre i pochi chilometri dalla frontiera;

un lasso di tempo ragionevole contestua-

lizzando gli avvenimenti. E’ vero che l’i-

niziale incertezza di comando determinò

lo spreco di alcuni giorni, ma dalla fine

di maggio le truppe alpine presenti nel

settore mantenevano un atteggiamento

particolarmente aggressivo.

Il cambio di passo era chiaramente im-

putabile al generale Donato Etna. Al cui

arrivo in zona nel comando del neoco-

stituito Raggruppamento Alpini A e B –

una grande unità forte di ben quattordici

battaglioni alpini e numerose batterie da

montagna– aveva corrisposto un deciso

impulso nelle operazioni che avevano

progressivamente portato le truppe ai

suoi ordini a ridosso della vetta princi-

pale. La montagna, alta 2245 metri, dalla

sagoma inconfondibile, visibile nelle bel-

le giornate anche ad occhio nudo dalla

pianura friulana, catalizzava inevitabil-

mente l’attenzione e i pensieri di chi era

chiamato ad operare nella zona. Curiose

le vicende legate al nome: in lingua slove-

na era Krn, “Corno”, ma per un errore di

trascrizione la K venne trasformata in C

e Crn, in sloveno, è “Nero”. E come Monte

Nero entrò dunque nella toponomasti-

ca italiana. Etna ne decise la conquista

nell’ottica di un più ampio disegno strate-

gico mirante ad aggirare da nord il campo

trincerato di Tolmino, potentemente for-

tificato dagli austro-ungarici già prima

dell’entrata in guerra dell’Italia. Da pro-

fondo conoscitore della montagna e degli

alpini, con i quali aveva rivestito tutti i

gradi da ufficiale fin dal 1879, il generale

non sottovalutò l’operazione e volle che

tutto fosse predisposto prima di lanciare

l’attacco, da effettuarsi da due direzioni.

Protagonisti furono circa 1.500 alpini, la

metà dei quali operanti in prima schiera

e i restanti intervenuti successivamente,

inquadrati nel Raggruppamento posto al

suo comando.

L’azione fu da manuale, con un attacco

Gen. Donato EtnaComandante truppe alpine operanti

sull’alto Isonzo nel giugno 1915

S.Ten. Alberto PICCOComandante gli esploratori

dell’84a compagnia, caduto in azione

16 Giugno 1915

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a tenaglia per disorientare i difensori: il

battaglione Exilles procedette sul versan-

te sud-ovest, muovendo dal Kozliak (q.

1602) con l’84a compagnia contro la vetta

di Monte Nero (q. 2245), coadiuvata dalla

31a incaricata di proteggerne il fianco de-

stro. Il battaglione Susa agì a settentrione

su due direzioni: con la 35a compagnia

lungo la sottile linea di cresta che dalla

quota 2102 si collega al Monte Nero at-

traverso le quote 2138-2133-2079; con

le compagnie 85a e 102a contro le quote

1996 e 1976 del Potoce. Il supporto di fuo-

co venne erogato dalle due sezioni mitra-

gliatrici del Susa e dalla 7a, 9a, 10a e 54a

batterie da montagna del 1° reggimento

della specialità e dall’11a batteria obici del

1° artiglieria pesante campale. Degno di

nota lo schieramento della 9a batteria,

portata a braccia nelle notti precedenti,

con tre pezzi appostati al Vrata e uno sul-

la posizione avanzata di q. 2102, a circa

300 metri soltanto dalle prime postazio-

ni avversarie.

Dopo una marcia di avvicinamento di

più ore, il combattimento si accese pro-

gressivamente dalle 3,30, quando le pri-

me tenui luci dell’alba consentirono ai di-

fensori di scorgere alcune delle colonne

in avvicinamento. Sul fronte dell’Exilles,

le fucilate esplose contro la 31a compa-

gnia non ne arrestarono il movimento,

ma catalizzarono l’attenzione dei di-

fensori in quella direzione. L’84a poté

pertanto giungere inavvertita a ridosso

delle difese della vetta di Monte Nero,

che attaccò risolutamente alle 4, conqui-

standola completamente tre quarti d’ora

dopo, validamente sostenuta dalla 31a

compagnia. Da parte italiana rimasero

sul terreno il sottotenente Alberto Picco,

comandante la squadra esploratori che

precedette la compagnia, e altri cinque

alpini; gli austro ungarici persero al con-

trario quaranta morti e dieci prigionieri.

Più contrastata risultò l’azione nel setto-

re del Susa. Alle 3,35 un fuoco micidiale

si abbatté improvviso sulla 102a compa-

gnia, arrestandone temporaneamente la

marcia. Nonostante le perdite, la compa-

gnia tenne bravamente il campo senza

disgregarsi, avvisando tramite portaor-

dini delle difficoltà nelle quali versava

e attendendo nell’incomoda posizione

la possibilità di riprendere il movimen-

to. Nel breve volgere di pochi minuti, il

combattimento si estese. Particolarmen-

te cruenta risultò l’azione della 35a com-

pagnia sulla linea di cresta, dove l’attacco

italiano prevenne di poche ore soltanto

un’analoga iniziativa austro-ungarica.

Costoro si trovavano pertanto presen-

ti in forze sulla quota 2138, così che ne

sortì un combattimento d’incontro. Gli

alpini della 35a, dopo aver sorpreso i di-

fensori e averne occupate le prime di-

fese, vennero ben presto contrattaccati

con determinazione. Fu in quei frangen-

ti che, dando luogo a scene d’altri tempi,

alcuni alpini, ritti sulla trincea conqui-

stata, respinsero il nemico chi a colpi di

bomba a mano, chi di fucile, chi di pietre.

La delicata e incerta fase venne risolta a

favore degli italiani dal sostegno tempe-

stivo ricevuto dalle posizioni retrostanti

e limitrofe: due mitragliatrici e il pezzo

di artiglieria da montagna in posizione

sulla q. 2102 aprirono il fuoco con tiro

diretto e a distanza ravvicinata, risultan-

do micidiali; dalla q. 2102 intervenne in

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breve d’iniziativa anche la 36a compa-

gnia, mentre altrettanto fece col fuoco di

fucileria l’85a compagnia sul lato sinistro,

così che, alle 4,30 i difensori si arresero.

Vennero catturati 12 ufficiali e oltre 200

ungheresi, mentre un centinaio circa

furono i morti contati sul terreno tanto

conteso. Per quanto dolorose, le perdite

della 35a compagnia risultarono decisa-

mente inferiori: morti il valoroso sotto-

tenente Valerio Vallero e altri 6 alpini;

una cinquantina i feriti. Le operazioni

sulla linea di cresta proseguirono e por-

tarono le due compagnie, che ormai pro-

cedevano frammischiate e avanzavano

d’iniziativa dei singoli comandanti di

plotone, di squadra e talvolta di semplici

alpini, alla conquista dopo breve combat-

timento della q. 2133 (ore 6) e, infine, alle

8 circa, all’occupazione di q. 2079, dalla

quale gli alpini del Susa poterono con-

tattare a voce i commilitoni dell’Exilles

presenti sulla vetta di Monte Nero. Nel

frattempo si era sviluppata anche l’azio-

ne contro il Potoce, attaccato con impeto

travolgente dall’85a compagnia, la quale

in tal modo sbloccò la situazione della

102 a che potè così intervenire a propria

volta. Verso le 6 del mattino si verificò il

tentativo di contrattacco di un battaglio-

ne ungherese il quale, preso tra due fuo-

chi nella formazione di marcia, venne

completamente annientato. Il resto della

giornata non vide altri scontri di rilievo,

ma soltanto operazioni di esplorazione

condotte anche con l’ausilio del batta-

glione Val Pellice e della 34a compagnia,

inizialmente in riserva di battaglione.

Il bilancio risultò estremamente lusin-

ghiero: conquistati tutti gli obbiettivi;

sbaragliato l’avversario su un tratto di al-

cuni chilometri; vennero contati sul ter-

reno circa 180 morti nemici, mentre 700

caddero prigionieri; tra costoro una tren-

tina di ufficiali e un tenente colonnello,

il comandante del battaglione ungherese

sorpreso in marcia. Nelle file italiane, ol-

tre a Picco e a Vallero, caduti eroicamen-

te alla testa dei rispettivi reparti, mori-

rono sul campo altri 19 alpini, mentre i

16 Giugno 1915

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feriti ammontarono a un centinaio circa.

Numerose le ricompense concesse: una

medaglia d’argento premiò congiunta-

mente i due battaglioni Susa ed Exilles. Ai

singoli vennero conferite ben 164 deco-

razioni, un numero straordinariamente

elevato per una singola operazione e in

rapporto alle forze coinvolte: 121 delle

quali ad appartenenti al battaglione Susa,

37 all’Exilles, 4 al Val Pellice e due alla 9a

batteria di artiglieria da montagna.

Il successo è ascrivibile alla concomi-

tanza di più elementi: l’eccellente orga-

nizzazione, grazie alla quale fu possibile

predisporre le forze necessarie sia in ter-

mini di uomini, sia di materiali, così che

i primi non venissero gettati allo sbara-

glio. Dall’organizzazione dipese in parte

anche la sorpresa, conseguita con la scel-

ta di attaccare al primo albeggiare sfrut-

tando il buio per la marcia di avvicina-

mento. Sorpresa resa possibile a propria

volta dalla sincronia quasi perfetta con

la quale le colonne giunsero inavvertite

a ridosso dei rispettivi obbiettivi nono-

stante la totale assenza di collegamenti,

un risultato ottenuto per la straordinaria

abilità dimostrata dagli alpini di muove-

re uniti e in silenzio nell’oscurità, su un

terreno tanto difficile, ripido, roccioso e

completamente privo di sentieri. Ma la

bontà della preparazione non si limita-

va al movimento. Una volta ingaggiato

il combattimento, la differenza di rendi-

mento a favore degli alpini derivò dalla

determinazione, dall’addestramento al

combattimento ravvicinato condotto per

la gran parte col calcio del fucile e con la

baionetta, dall’elevato spirito d’iniziativa,

diffuso oltre che tra gli ufficiali anche tra

i sottufficiali, i graduati e talvolta i sem-

plici alpini.

Fino a qui i meriti indiscutibili degli at-

taccanti. E’ peraltro innegabile che l’enti-

tà del successo dipese in larga misura an-

che dall’assenza di reticolati a protezione

delle difese avversarie, così che l’impeto

e la sorpresa non poterono venire vanifi-

cati, consentendo agli uomini di rendere

per quel che valevano. E le truppe alpine

italiane poterono in tal modo dimostra-

re di possedere, in quel momento della

guerra, una preparazione ineccepibile.

S.Ten. Valerio VALLERO35a compagnia btg. Susacaduto sulla quota 2138

Cap. Vincenzo ARBARELLOComandante

84a compagnia btg. Exilles

Cap. Vittorio VARESEComandante

35a compagnia btg. Susa

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LIBRI ED EVENTI

Uomini contro navi è il titolo

suggestivo di un libro di

Beppe Pegolotti, pubblicato

negli anni ’60 da Vallecchi, in cui si

narra tra l’altro l’epopea dei ‘siluri

umani’, il manipolo di assaltatori della

Regia Marina che nella Seconda Guerra

Mondiale colpì duramente e a più

riprese la flotta britannica, violandone

le munitissime basi nel Mediterraneo.

Il volume – recentemente riedito

dalla Libreria Militare col titolo ‘Gli

assaltatori della X Flottiglia MAS’

– rievoca le origini e le azioni dei

reparti d’assalto della Marina e torna

d’attualità dopo la scomparsa all’età di

103 anni dell’ultima Medaglia d’Oro al

Valor Militare, il Comandante Emilio

Bianchi, eroe valoroso dell’impresa di

Alessandria insieme a Durand de La

Penne, Marceglia, Schergat, Martellotta

e Marino. Pegolotti racconta con stile

avvincente la notte del 19 dicembre

del 1941, quando i binomi De La

Penne-Bianchi, Marceglia-Schergat

e Martellotta-Marino si infiltrano

nel porto di Alessandria d’Egitto,

cavalcando tre siluri a lenta corsa,

i famigerati ‘maiali’, dopo una lunga

crociera a bordo del sommergibile

Scirè. Alla fonda ci sono le corazzate

Valiant e Queen Elizabeth, quest’ultima

ammiraglia della Mediterranean Fleet,

più un grande numero di navi militari e

mercantili.

I tre equipaggi dirigono in immersione

sulle due grandi navi da battaglia e

su una grossa petroliera. Il maiale del

Tenente di Vascello De La Penne e del

2° Capo palombaro Bianchi - il numero

221 - punta sulla Valiant. Arrivati in

prossimità della corazzata, Bianchi

esaurisce il respiratore ed è costretto a

salire a galla, colpito da intossicazione

da ossigeno per le cinque ore di

immersione dell’azione.

De La Penne riesce comunque a

posizionare e a spolettare la carica

d’esplosivo del maiale vicino alla chiglia

della corazzata, prima di raggiungere

Bianchi che si era aggrappato a una

boa. Esausti, vengono catturati dai

marinai inglesi che li interrogano senza

successo.

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Dalle loro bocche esce solo grado,

nome e numero di matricola. Per

“ammorbidirli” Sir Charles Morgan

‘il comandante della Valiant’ li fa

rinchiudere nella cala, cioè il locale

più basso della nave. Poco prima dello

scoppio, De La Penne mette in guardia

Morgan: la nave sta per saltare. Il

comandante inglese lo fa richiudere

nuovamente nella cala insieme a

Bianchi (in locali separati), quando

manca pochissimo all’esplosione. “Per

noi è andata male. È finita, Ma anche

per loro”, dice De La Penne a Bianchi

prima che vengano divisi.

Il finale è un thriller che ispirerà

diversi film e l’autore lo narra

drammaticamente. ‘Alle 6.15 l’ordigno

esplose. La nave ebbe un sobbalzo,

sbandò. Le luci si spensero, il fumo

invase la cala in una pioggia di ferracci.

Cadevano certi maniglioni appesi

al soffitto (...), il portello, per effetto

dell’esplosione, si era scardinato”. De

La Penne e Bianchi si ritroveranno e

finiranno prigionieri, ma la Valiant

rimarrà fuori combattimento per mesi

e mesi insieme alla Queen Elizabeth,

senza contare gli enormi danni

provocati dall’incendio della petroliera.

Il capitolo dedicato all’impresa si

chiude con l’omaggio dell’ammiraglio

Cunningham, capo della Mediterranean

Fleet (sbalzato per aria, quella notte,

dall’esplosione della Queen Elizabeth):

“Uno non può non ammirare il

sangue freddo di questi italiani: ogni

cosa era progettata, pensata, decisa”.

Ricompensata, anche: i protagonisti

dell’impresa di Alessandria furono

decorati con la Medaglia d’Oro al Valor

Militare, la cui motivazione per Bianchi

suona così: “Eroico combattente, fedele

collaboratore del suo ufficiale, dopo averne

condivisi i rischi di un tenace, pericoloso

addestramento, lo seguiva nelle più ardite

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Fotografie: Ufficio Storico Marina Militare

imprese e, animato dalla stessa ardente

volontà di successo, partecipava con lui ad

una spedizione di mezzi d’assalto subacquei

che forzava una delle più potenti e difese

basi navali avversarie, con un’azione in cui

concezione operativa ed esecuzione pratica

si armonizzavano splendidamente col

freddo coraggio e con l’abnegazione degli

uomini.

Dopo aver avanzato per più miglia

sott’acqua e superato difficoltà ed ostacoli

di ogni genere, valido e fedele aiuto

dell’ufficiale le cui forze erano esauste,

veniva catturato e tratto sulla nave già

inesorabilmente condannata per l’audace

operazione compiuta.

Noncurante della propria salvezza

si rifiutava di dare ogni indicazione

sul pericolo imminente, deciso a non

compromettere l’esito della dura missione.

Col suo eroico comportamento acquistava

diritto all’ammirata riconoscenza della

Patria e al rispetto dell’avversario.”

Rispetto britannico che ancora

oggi risuona nell’atrio dell’Imperial

War Museum di Londra, dove è in

bella mostra un ‘maiale’ della Regia

Marina, a memoria del 17 dicembre di

settantaquattro anni fa.

(Mario RENNA)

GLI ASSALTATORI DELLA X FLOTTIGLIA MAS Editore: La Libreria Militare Pagine: 185 Prezzo: € 20,00

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Trieste - M/T MARISA N. - Oil Tanker equipaggiata per la lotta all’inquinamento marino nel Mare Adriatico per conto dell’AgenziaEuropea per la Sicurezza Marittima (EMSA)

Un mare limpido e vivo è l’obiettivo del nostro lavoro. Noi della flotta Castalia lavoriamoper la protezione dell’ambiente marino e per la prevenzione e controllo dei fenomeniinquinanti: il traffico petrolifero, gli scarichi industriali, i rifiuti ingombranti. Assicuriamotutto l’anno il pronto intervento lungo le coste italiane in caso di emergenza: unosversamento accidentale di combustibile, un sinistro navale o anche semplicemente uncetaceo in difficoltà.

Se il mare è azzurro...

...è anche merito della flotta gialla

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Il libro, curato da ben tre autori

- Paolo Gariglio, Marco Papa e

Massimiliano De Antoni - illu-

stra la vita e le opere di un personaggio

assai interessante, pioniere dell’aero-

nautica italiana. Francesco Brach Papa,

nato nel 1891 da genitori piemontesi,

crebbe in Francia a Lione ove compì gli

studi. Mosso dalla passione per il volo e

galvanizzato dalle gesta dei primi avia-

tori, frequentò la scuola di pilotaggio di

Loyettes (Ambreiu) e fece il battesimo

dell’aria nel 1911 conseguendo il bre-

vetto di volo alla Scuola Farman di Ver-

sailles nel 1912. Rientrato in Italia nello

stesso anno per adempiere all’obbligo di

leva, si arruolò nel Battaglione Aviatori

di stanza al campo d’aviazione di Mira-

fiori. Notato dalla FIAT per la naturale

inclinazione per il volo e la meccanica,

accettò una proposta di collaborazione

quale collaudatore di velivoli, collabora-

zione che durerà tutta la vita. Nel 1916

Brach Papa alla guida di un aeroplano

FIAT-SIA SP2, progettato degli ingegneri

Savoia e Pomicio, conquisterà il record

italiano di altezza con passeggero. In-

teressante è il resoconto della missione

di guerra su Pola compiuta nel 1918 da

quattro aerei FIAT-SIA 9B comandati da

Gabriele D’Annunzio. Nel libro vengono

descritti con dovizia di documentazione

i numerosi primati mondiali di altezza e

di velocità, in particolare quello conse-

guito nel 1919 dall’allora tenente pilota

Brach Papa con l’aereo da bombarda-

mento ‘Rosatelli’ della FIAT che, avendo

a bordo il noto giornalista Renato Casal-

bore, ebbe la ventura di ottenere sulla

stampa un aulico resoconto dell’evento.

La dedizione alla FIAT subisce un bru-

sco contraccolpo quando nel 1945, al

termine della 2ª guerra mondiale, viene

allontanato dalla società. Poco tempo

dopo sarà lo stesso amministratore

delegato della FIAT Vittorio Valletta a

reintegrarlo in azienda. Un capitolo a

parte è dedicato alla “aviazione missio-

naria”,un centro di formazione, costitui-

to nel 1958, per piloti (sacerdoti e suore)

missionari, per i quali l’unico mezzo per

raggiungere le zone più remote delle

loro missioni era l’aereo leggero. Brach

Papa fu un infaticabile organizzatore di

tale centro, prodigandosi in prima per-

sona per reperire locali e risorse oltre a

organizzare corsi di pilotaggio, ottenen-

do risultati assai lusinghieri. Nel 1953,

quale riconoscimento alla sua lunga

carriera, Brach Papa verrà promosso Ge-

nerale di brigata aerea.

(Mario MORETTI)

FRANCESCO BRACH PAPA: INTREPIDO PIONIERE E MECENATE DELL’AVIAZIONE MISSIONARIA ITALIANA Editore: LoGisma EditorePagine: 168 Prezzo: € 17,00

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STIAMO COSTRUENDO IL FUTURODELLA COMUNICAZIONE ISTITUZIONALE

Sede Legale ed operativa:Loc. Pezza, snc Zona Industriale - Dragoni (CE) - Italy

Direzione Editoriale e Commerciale: [email protected] (+39 3668613989)Direzione Amministrativa: [email protected] (+39 3314504670)

www.edistampa.com

SOCIETÀ CERTIFICATASistema di gestione per la qualità ISO 9001:2008Sistema di gestione ambientale ISO 14001:2004

Sistema di gestione per la sicurezza del lavoro e della salute OHSAS 18001:2007

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Rodolfo BastianelliLaureato in Giurisprudenza, dopo la laurea ha effettuato un corso di specializzazione in storia delle relazioni internazionali presso l’Institut Français des Relations Internationales. Collabora con Limes, Affari Esteri, Rivista di Politica, Rivista Militare e Rivista Marittima. Attualmente lavora presso la fondazione ‘Magna Carta’, dove firma sul quotidiano ‘L’Occidentale’ seguendo la politica estera, dopo una lunga esperienza presso l’Osservatorio Parlamentare e le riviste ‘Ideazione’ e ‘Charta Minuta’.

Federico CollinaTenente Colonnello del genio, comanda il 131° battaglione guastatori ‘Ticino’ dopo aver svolto incarichi di staff e di comando in diverse unità del genio in Italia e in ambito internazionale in Iraq, Afghanistan, Libano e Kosovo, dove recentemente è stato aiutante di campo del comandante di KFOR. Laureato in Ingegneria civile e possessore di due master, ha prestato servizio presso lo Stato Maggiore dell’Esercito e la Direzione Generale dei Lavori e del Demanio.

Francesco FigliuoloGenerale di Divisione, è attualmente Capo del IV Reparto Logistico dello Stato Maggiore dell’Esercito, dopo aver comandato per circa un anno KFOR, la missione della NATO in Kosovo. Ufficiale di artiglieria da montagna, ha svolto incarichi di comando a tutti i livelli nella Brigata alpina Taurinense, che ha guidato tra il 2010 e il 2011. Ha prestato servizio in Patria e all’estero – in Bosnia e in Afghanistan – ricoprendo diverse posizioni di comando e di staff. Laureato in Scienze Strategiche e in Scienze Politiche e Internazionali, è stato Capo-dipartimento storico e giuridico presso la Scuola di Applicazione di Torino, dove ha insegnato Analisi d’area.

Francesco LombardiGenerale di Brigata, è laureato in Scienze Politiche e in Scienze Strategiche, di cui detiene anche il master oltre a quello in International Security Advanced Studies. Ha frequentato corsi di gestione/management e di giornalismo. Dopo aver comandato unità carriste e di cavalleria, si è occupato di pianificazione generale, programmazione finanziaria e controlli interni. Da Vice-Direttore del CeMiSS e da Comandante di Sezione all’ISSMI ha iniziato a sviluppare analisi e divulgazione su tematiche strategiche.

Giuseppe MarescaDirigente Generale del Ministero dell’Economia e Finanze, ha conseguito un Master of Arts (Econ) presso la Victoria University di Manchester.

È co-presidente dell’International Co-operation Review Group del GAFI, del Gruppo di lavoro sui flussi finanziari per il Contact Group on Piracy off the Coast of Somalia e del Gruppo contro la finanza dell’ISIL nell’ambito della Coalizione. Autore di numerose pubblicazioni, insegna Legislazione e pratica anti-riciclaggio alla Scuola della Guardia di Finanza.

Costantino MorettiLaureato in Giurisprudenza, è analista di settore presso una primaria banca internazionale. Ufficiale di complemento dei Carabinieri dal 1990 al 93, ha successivamente lavorato presso il Ministero degli Affari Esteri in qualità di esperto economico-finanziario.Per Informazioni della Difesa ha contribuito alla realizzazione dei supplementi ‘La sicurezza energetica nel XXI secolo: prospettive dall’Italia e dal Mondo’ e ‘Lo spazio cibernetico tra esigenze di sicurezza nazionale e tutela delle libertà individuali’.

Mario RennaTenente Colonnello del Genio Alpino, è il nuovo direttore di Informazioni della Difesa. Ha ricoperto dal 1996 al 2015 diversi incarichi di comando e di staff nella Brigata Taurinense, di cui è stato portavoce in Italia e all’estero per nove anni. Laureatosi a Torino in Ingegneria e in Scienze strategiche, ha conseguito un master in giornalismo all’università di Ferrara e uno in Post-war recovery studies a York (Regno Unito), ed è dottore di ricerca in Scienze strategiche.

Pierluigi ScolèLaureato in Scienze politiche, ha conseguito il titolo di Dottore di ricerca in Storia delle società contemporanee con una tesi dal titolo: Il reclutamento delle truppe alpine italiane nei loro primi cinquant’anni di vita.Autore di numerosi articoli e saggi sugli alpini, ha partecipato a diversi convegni e seminari sul tema. Attualmente lavora presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca, ed è membro del Centro Interuniversitario di studi e ricerche storico-militari.

Giuseppe TarantinoMaggiore dell’Esercito, è redattore di Informazioni della Difesa. In precedenza, presso l’Ufficio Risorse Organizzative e Comunicazione dello Stato Maggiore dell’Esercito, ha curato diversi progetti di comunicazione, tra cui le attività espositive nazionali, gli Infoteam, il CalendEsercito. Si è laureato in sociologia militare all’Università La Sapienza ed ha conseguito il master di 2° livello in Comunicazione Istituzionale presso l’Università di Tor Vergata.

Hanno contribuito: