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Laboratorio di Preparazione e Caratterizzazione dei Materiali I A.A. 2017-2018

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Laboratorio di Preparazione e Caratterizzazione dei

Materiali I A.A. 2017-2018

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Deposizione via sol-gel di film sottili luminescenti di SiO2: Ru(bpy)3Cl2 L’esperienza consiste nella preparazione, utilizzando il metodo sol-gel, di film sottili di silice che incorporano un complesso luminescente di Ru.

Brevi cenni sul metodo “Sol-gel o colloidale”

Il metodo fu esplorato per la prima volta tra il 1950 e il 1960 preparando mediante idrolisi di un alcossido di silicio della silice. Ci si rese conto allora che delle soluzioni colloidali, che contengono delle particelle di piccole dimensioni (diametro compreso tra 1 e 1000 nm) sono caratterizzate da un alto grado di omogeneità. Un “sol” viene definito come una sospensione colloidale di particelle in un liquido. Il diametro delle particelle è normalmente compreso tra gli 1 e i 100 nm. Un “gel” è invece un solido semi-rigido in cui il solvente è contenuto in un reticolo di materiale colloidale (un sol concentrato) o polimerico. Quindi, per sintetizzare dei solidi mediante questo metodo è necessario preparare per prima cosa il “sol” dei reagenti in un opportuno solvente (molto spesso alcol). Il “sol” può essere preparato come sospensione di particelle solide insolubili o più comunemente mediante aggiunta di un precursore che reagisce con la soluzione per dare un prodotto colloidale. Un esempio del primo caso può essere la precipitazione di ossidi od idrossidi a pH controllato per evitare che vi sia crescita dei nuclei formatisi e conseguente precipitazione. Nel secondo caso si aggiungono degli alcossidi a soluzioni contenenti quantità controllate di acqua ottenendo così l’idrolisi dell’alcossido e la formazione di particelle di ossido colloidali. Una volta ottenuto il “sol” questo viene invecchiato per ottenere il “gel”. Le reazioni che conducono alla formazione del “sol”, del “gel” e infine al prodotto finale sono sempre delle reazioni (nel caso in cui si usi un alcossido come precursore) di idrolisi e condensazione. Si supponga di utilizzare, per preparare della silice SiO2, un alcossido di Si con formula Si(OEt)4. Vi sono inizialmente delle reazioni di idrolisi: Si(OEt)4 + H2O Si(OEt)3(OH) +EtOH (1) Si(OEt)3(OH) + H2O Si(OEt)2(OH)2 + EtOH (2)

A queste si possono aggiungere delle reazioni di condensazione:

Si(OEt)2(OH)2 + Si(OEt)3(OH) (OEt)2Si(OH)-O-Si(OEt)3 (3)

In questo modo attraverso un susseguirsi di reazioni come quelle indicate sopra si arriva alla formazione di particelle di ossido colloidali e in seguito alla formazione, mano a mano che le reazioni di condensazione si susseguono, di un reticolo esteso a tutte le zone della soluzione e quindi a un gel. Il trattamento termico di quest’ultimo porta all’evaporazione del solvente (alcol) e al completamento delle reazioni di condensazione con formazione di ponti ad ossigeno. Il gel secco che contiene ancora al suo interno gruppi OH o etossido viene detto xerogel. Nel caso di alcossidi che idrolizzano lentamente come il Si(OEt)4 la velocità delle reazioni di idrolisi può essere aumentata mediante catalisi acida o basica. Nel caso si usi una catalisi acida si ottengono delle particelle colloidali di forma allungata debolmente ramificate, mentre nel caso della catalisi basica si ottengono delle particelle con un grado di reticolazione maggiore e di forma sferica. In questo modo è pertanto possibile controllare la microstruttura del prodotto finale. La tecnica sol-gel

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consente di ottenere sia campioni in forma massiva che campioni in film sottile. Questi ultimi possono essere preparati in modo molto semplice mediante la procedura del “dip coating”, ossia mediante immersione del substrato che si vuole ricoprire nella soluzione, normalmente alcolica, che contiene i precursori già parzialmente idrolizzati. Durante l’estrazione del substrato dalla soluzione le reazioni di idrolisi e condensazione avvengono con velocità maggiore (spesso grazie al contatto con l’atmosfera umida) portando così alla formazione di un film dapprima sotto forma di gel e poi una volta seccato e trattato termicamente a un film di ossido. Lo spessore ottenuto dipende dalla velocità di estrazione dalla soluzione. E' noto che gli alcossidi del silicio si idrolizzano molto meno vivacemente rispetto a quelli di altri metalli, soprattutto metalli di transizione. Per ottenere delle soluzioni in grado di “bagnare” il substrato, ossia un vetrino da microscopio opportunamente lavato, è necessario catalizzare la reazione d’idrolisi mediante l’aggiunta di un acido (vedi figura 1). L'alcossido scelto come precursore per la silice è il tetraetilossisilano (TEOS o tetraetilortosilicato). Dato che gli alcossidi vengono utilizzati sotto forma di soluzioni alcoliche, il TEOS viene sciolto in alcol etilico. E’ opportuno utilizzare questo e non altri alcoli come solvente, per evitare complicazioni derivanti da eventuali reazioni di scambio tra i radicali dell'alcossido e quelli dell'alcol. La soluzione utilizzata contiene un catalizzatore acido e una certa quantità di acqua: il catalizzatore adoperato può essere l'acido cloridrico o l’acido nitrico.

Figura 1: reazioni di idrolisi e condensazione catalizzate da un acido

Deposizione di film di SiO2 contenenti centri luminescenti [Ru(bpy)3]2+

Con tale procedura è possibile preparare dei film di silice che inglobano dei centri luminescenti di

Ru(bpy)32+(vedi figura 2). Tale reagente viene usualmente utilizzato nella costruzione di elettrodi

elettro-chemiluminescenti (ECL). Un esempio dell’uso di tale elettrodo, attivato per via elettrochimica è il seguente (l’esempio mostra la reazione con acido ossalico):

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Ru(bpy)33+ + e- Ru(bpy)3

2+ (E°=1.26 V)

C2O4 + e- C2O42-(E° 1.41 V)

Ru(bpy)33+ + C2O4

2- C2O4 + Ru(bpy)32+ (Keq = 0.7 x 10-2)

C2O-4 CO2 + CO-2

Ru(bpy)33+ + CO2 Ru(bpy)3

2+* + CO2

Ru(bpy)32+* Ru(bpy)3

2+ + hν (λmax = 610 nm)

E’ particolarmente conveniente riuscire a “fissare” la parte attiva del sensore Ru(bpy)3

2+ all’interno di una matrice di silice depositata come film sottile su un substrato conduttore (può essere un vetro K glass o ITO, indium doped tin oxide).

Preparazione del sol di silice Introdurre in un beaker da 50 mL, contenente un’ancoretta magnetica per l’agitazione, i seguenti reagenti in quest’ordine:

1. 4.8 g di TEOS (0.023 mol)

2. 16.2 g di Etanolo (0.352 mol)

3. 1.25 mL di acqua (0.069 mol; TEOS/HCl/H2O 1.00/0.01/3.00)

4. 0.02 mL di HCl concentrato (utilizzare un micropipetta – prelevare 20µL)

(NOTE PRATICHE: sui contenitori dei reagenti trovate il valore di densità necessario a convertire le masse in volumi. La vetreria sporca di alcossido, non va lavata con acqua, ma alcol per evitare un’immediata idrolisi del TEOS e suo deposito come SiO2 sulla vetreria stessa. Eventualmente si può provare a sciogliere un sol parzialmente idrolizzato con della potassa alcolica.)

Agitare fino a quando la soluzione risulta limpida e omogenea. Invecchiare la soluzione per circa 1 giorno lasciandola coperta con parafilm e sotto agitazione. DOMANDA: dove raggiungere lo stato di gel o rimanere a quello di sol?Aggiungere infine a 3.9 g di questa soluzione 0.0364 g di Cl2Ru(bpy)3· 6H2O. Si ottiene una soluzione limpida di colore rossastro. Aggiungere molto gradatamente l’acqua per evitare la formazione di particelle di silice. Nel caso in cui si formino delle particelle bianche in sospensione provare a sonicare la soluzione per alcuni minuti. Se le particelle sono così grandi da non poter essere distrutte via ultrasonicazione è possibile separarle dal sol tramite centrifugazione.DOMANDA: Perché si è scelta catalisi acida e non catalisi basica?

Preparazione dei substratiI substrati sono semplici vetrini da microscopio, li trovati già tagliati con una dimensione opportuna per l’utilizzo con il dipper o lo spinner (le due dimensioni sono diverse).

Figura 3 modello ball&stick della molecola di TEOS

Figura 2: Modello ball&stick del composto di rutenio

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Il procedimento di pulitura è suddiviso in quattro fasi:

1) lavaggio con sapone liquido, allo scopo di eliminare, con azione meccanica una prima frazione delle impurezze eventualmente presenti; 2) risciacquo in acqua deionizzata; 3) lavaggio con sapone liquido; 4) risciacquo in acqua deionizzata; 5) lavaggio con alcol etilico;

ripetere i punti 3-4-5 per 4/5 volte. (per i lavaggi con i solventi, utilizzare becker adeguati alle dimensioni dei substrati).

La tecnica di deposizione prescelta in questo caso è il dipping (immersione), effettuata mediante un opportuno apparecchio, il dipper (trovate le istruzioni per il suo utilizzo accanto alla strumentazione stessa; prima di procedere al deposito dei vetrini di silice fare qualche prova per determinare le altezze di immersione ed elevazione). Il substrato, in precedenza pulito con il metodo già descritto, viene immerso nella soluzione dei precursori con una certa velocità, fino ad una certa altezza, quindi viene lasciato in immersione per circa 15-20 secondi ed infine viene estratto dalla soluzione con la stessa velocità di immersione e lasciato sospeso sopra il livello della soluzione per circa 15 minuti (calibrate bene i tempi, eventualmente diminuite questo tempo e rimuovete dopo 1-2 minuti il vetrino ed appendetelo ad asciugare su un altro supporto). Il tutto avviene all’interno del dipper, al riparo da correnti d’aria che potrebbero modificare la superficie del film mentre si sta asciugando. Per quanto riguarda la velocità d’immersione del substrato nella soluzione dei precursori, essa va determinata sperimentalmente, verificando di volta in volta l’effetto della diversa velocità sulla qualità macroscopica del film (lo stesso vale per il tempo d’immersione nella soluzione dei precursori). I film così depositati vanno seccati a temperatura ambiente per 24 ore. Viene successivamente eseguito un trattamento termico fino a 300°C per circa 12 h (eseguire il riscaldamento con una rampa molto lenta – circa 100°/h). La luminescenza può essere testata eccitando i centri di Ru(bpy)32+ con una lampada UV. Caratterizzare l’assorbimento dei vetrini tramite spettroscopia di assorbimento VIS-UV (la banda di assorbimento del composto di rutenio ha assorbanza proporzionale allo spessore del vetrino, vd legge di Lambert-Beer) e verificare la legge di Landau-Levich che stabilisce un legame tra velocità di estrazione e spessore.

Assorbanza spessore velocità2/3

Se fate il logaritmo di entrambe le espressioni ottenutee applicate le proprietà dei logaritmi:

log Assorbanza = 2/3 (log velocità) + costante

quindi da un grafico del log A vs log velocità dovreste ottenere una retta (a+xb) il cui coefficiente angolare dovrebbe valere 2/3.Dal grafico di log A vs log velocità (in teoria lineare) potete capire facilmente se alcuni dati si scostano dall’andamento teorico o se l’andamento lineare fallisce in un determinato range di velocità. Provate a fare la misura sullo stesso vetrino alcune volte: quanto è riproducibile?Da quali parametri sperimentali derivano gli errori più significativi?

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Prima di fare la misura sul vetrino depositato è necessario prendere un bianco costituito da un vetrino perfettamente pulito (lo stesso bianco può essere utilizzato da più gruppi). Il vetrino appare arancio, quindi assorbe nel blu (lunghezze d’onda attorno a 450 nm), selezionare quindi un range di misura in nm adeguato. Per questo tipo di analisi sono necessari almeno 4-5 campioni (ovvero 4-5 velocità di estrazione, graficate subito i vostri dati come log vs log per capire se si mettono davvero su una retta). Verificate inoltre cosa succede allo spessore se la procedura di deposito viene ripetuta una seconda volta. Dato che il vetrino prima di essere ridepositato deve essere sufficientemente invecchiato (cioè privo di solvente e meccanicamente stabile), procedete prima con un deposito singolo su tutti i vetrini e quindi reiterate la procedura su i primi due vetrini. Dato che i vetrini depositati via dip coating hanno un profilo di spessore a “V” cercare di fare la misura al centro del vetrino in posizioni analoghe su tutti i vetrini. (Ovviamente tutti i vetrini devono avere la stessa altezza di deposito…. Attenzione che man mano che depositate i film perdete volume di soluzione…)In alternativa è possibile depositare i vetrini tramite spin coating. In questo caso è necessario avere soluzioni più viscose che per il dip coating. Velocità di 2000-3000 rpm rappresentano un buon punto di partenza per il deposito di film su vetrini da microscopio. Utilizzando la siringa a disposizione prelevare un po’ di soluzione idrolizzata e depositarla sul vetrino alloggiato al centro dello spinner (rivolgersi al personale di laboratorio per l’utilizzo dello spin coater). Quindi iniziare la procedura di spinning (è necessario impostare rampa di accelerazione, velocità e tempo di accelerazione).In questo caso verificare la dipendenza funzionale tra spessore del film e velocità di spinning (per i dettagli consultare il lavoro di Huang et al. in Ceramics International 29 (2003) 485–493). Per determinare l’andamento dello spessore utilizzare la spettroscopia VIS-UV come nel caso dell’esperienza del dip coating. Se i tempi lo consentono, determinare lo spessore sia prima che dopo il trattamento in forno dei vetrini (300°C 12 h come per il dip coating).In questo caso si dovrebbe verificare una dipendenza del tipo spessore=k()-0.62.Anche qui per l’analisi passate ad un plot di log Assorbanza vs log velocità angolareCon la strumentazione presente in laboratorio, sarebbe possibile determinare la quantità di

Ru(bpy)32+ depositata sul vetrino? Come si potrebbe fare?

ReferenzeL.Armelao et al. Electroanalysis 2003, 15, No. 9 803Kajiwara et al J. Phys. Chem. 1982, 86, 4516-4522Bolton et al. J. Chem Educ. 78 (2001) 47C. J. Brinker, A. J. Hurd J. Phys. III France 4 (1994) 1231-1242A. M. Buckley M. Greenblatt, J. Chem. Educ. 71 (1994) 599Y. Y. Huang et. al., Ceramics International 29 (2003) 485–493

Sicurezza

DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE MINIMI OBBLIGATORI durante l'esecuzionedell'esperienza:1. camice di protezione a manica lunga, diligentemente abbottonato;2. guanti di protezione in nitrile, da cambiare periodicamente, comunque in caso di proiezionedi sostanze sulle mani protette e in caso di deterioramento visibile; sono a disposizione inlaboratorio (segnalare ad un istruttore eventuali allergie a questo materiale);3. occhiali di protezione, propri o in dotazione in laboratorio.

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Agitazione magneticaLa piastra dell'agitatore magnetico. riscaldabile. Nell'uso per semplice agitazione assicuratevi che il riscaldamento sia spento ed evitate di accenderlo. Il riscaldamento è regolato mediante una manopola con dieci divisioni, ciascuna della quali corrisponde a un incremento indicativo di 50°C. Durante l'agitazione, la posizione delle apparecchiature sopra l'agitatore, la velocità di agitazione, la dimensione e la forma dell'ancoretta magnetica devono essere tali da consentire una rotazione regolare dell'ancoretta. In ogni caso l'ancoretta non deve saltare all'interno dell'apparecchiatura, andando a sbattere contro le sue pareti interne. Qualora ciò accadesse, intervenite per ripristinare le corrette condizioni di agitazione: spegnete l'agitatore e ripartite regolando gradualmente la velocità del rotore magnetico.

Uso della cappa chimicaLavorate sotto cappa mantenendo lo schermo abbassato completamente o a tre quarti (non in posizioni intermedie); la luce deve essere accesa e il motore di aspirazione in funzione con le apparecchiature ad almeno 20 cm di distanza, verso l'interno, dal bordo del piano di lavoro. Se necessario, per accedere alla cappa in funzione spostate i vetri scorrevoli. Non introducete la testa né parte del corpo all'interno della cappa.

Sala strumenti• è vietato attendere il proprio turno di misura all'interno della sala;• è vietato preparare i campioni per le analisi spettrofotometriche nella sala; è vietato portarli al suo interno in contenitori aperti o non idonei, depositarli e abbandonarli nella sala alla fine delle misure;• non usate la tastiera dei PC e gli strumenti con i guanti contaminati.

Rischio di esposizione a radiazioni elettromagnetiche non ionizzanti• spettrofotometro UV-Vis: eseguire le misure con il comparto portacampioni chiuso

Rischio UVNon guardare mai direttamente la lampada UV da laboratorio ed indossare sempre gli occhiali di protezione e i dispositivi di protezione individuale.

Reagenti:

Tetraetilortosilicato (TEOS)Indicazioni di pericoloH226 Liquido e vapori infiammabili.H319 Provoca grave irritazione oculare.H332 Nocivo se inalato.H335 Può irritare le vie respiratorie.Consigli di prudenzaP261 Evitare di respirare la polvere/ i fumi/ i gas/ la nebbia/ i vapori/ gli aerosol.P305 + P351 + P338 IN CASO DI CONTATTO CON GLI OCCHI: sciacquare accuratamenteper parecchi minuti. Togliere le eventuali lenti a contatto se è agevoleFrasi "R"R10 Infiammabile.R20 Nocivo per inalazione.R36/37 Irritante per gli occhi e le vie respiratorie.Frasi "S" nessuno(a)

Acido cloridrico (HCl)Indicazioni di pericoloH314 Provoca gravi ustioni cutanee e gravi lesioni oculari.H335 Può irritare le vie respiratorie.Consigli di prudenzaP261 Evitare di respirare i vapori.P280 Indossare guanti/ indumenti protettivi/ Proteggere gli occhi/ il viso.P305 + P351 + P338 IN CASO DI CONTATTO CON GLI OCCHI: sciacquare accuratamenteper parecchi minuti. Togliere le eventuali lenti a contatto se è agevolefarlo. Continuare a sciacquare.

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P310 Contattare immediatamente un CENTRO ANTIVELENI o un medicoIndicazioni di pericolo

EtanoloIndicazioni di pericoloH225 Liquido e vapori facilmente infiammabili.H302 Nocivo se ingerito.H371 Può provocare danni agli organi.Consigli di prudenzaP210 Tenere lontano da fonti di calore/scintille/fiamme libere/superficiriscaldate. - Non fumare.P260 Non respirare la polvere/ i fumi/ i gas/ la nebbia/ i vapori/ gli aerosol.Frasi "R"R11 Facilmente infiammabile.R20/21/22 Nocivo per inalazione, contatto con la pelle e per ingestione.R68/20/21/22 Nocivo: possibilità di effetti irreversibili per inalazione, a contatto con lapelle e per ingestione.Frasi "S"S16 Conservare lontano da fiamme e scintille - Non fumare.S36/37 Usare indumenti protettivi e guanti adatti.

Deposizione di film sottili di TiO2 tramite CVD

Questo esperimento consiste nella deposizione, via CVD, di strati sottili di TiO2 su un substrato di vetro nella loro caratterizzazione via spettroscopia UV-Vis.

Cenni sulla Tecnica CVD

I metodi di preparazione di materiali solidi di solito utilizzano dei reagenti solidi o in soluzione. Nella deposizione chimica da fase vapore, invece i reagenti si trovano in fase gassosa e reagiscono su un’opportuna superficie dando luogo alla formazione di un film. L’elemento fondamentale della tecnica CVD è la presenza di reazioni chimiche che la differenzia da processi di deposizione più propriamente fisici quali lo sputtering, l’evaporazione e l’epitassia da fasci molecolari. Questa tecnica si è affermata negli anni ’60 per la produzione di strati sottili semiconduttori e di rivestimenti carburici contro la corrosione. In linea di principio con la tecnica CVD è possibile depositare film di qualsiasi materiale, dai metalli, ai semiconduttori (GaAs, InP ecc.) agli ossidi, solfuri, siliciuri e nitruri. La versatilità con la quale si possono depositare materiali dotati di particolari proprietà conferisce alla tecnica CVD una posizione di rilievo nelle moderne tecnologie di produzione di film sottili. La tecnica CVD tuttavia può essere utilizzata anche per la produzione di polveri, fibre e materiali compositi destinati all’impiego nei più svariati settori. La tecnica CVD funziona in generale in condizioni lontane dall’equilibrio termodinamico, in regime di controllo cinetico. E’ pertanto possibile ottenere la sintesi di fasi meta-stabili e di strutture non facilmente ottenibili in forma massiva. Nella deposizione chimica da fase vapore vi è quindi un composto

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precursore che viene trasportato mediante un gas di trasporto inerte (N2 o Ar) fino a che non viene raggiunto il substrato sul quale avviene la crescita del film. Il precursore decompone sulla superficie del substrato normalmente per pirolisi o per reazione con un gas reattivo che viene aggiunto alla miscela di reazione. I prodotti di decomposizione sono quindi prodotti gassosi che desorbono dalla superficie del film e vengono allontanati dal gas di trasporto. La scelta del precursore più adatto è di fondamentale importanza per ottenere un materiale con le caratteristiche cercate. I composti precursori possono essere solidi, liquidi o gassosi. Ovviamente nel caso in cui siano solidi è necessario utilizzare dei composti dotati di un’alta tensione di vapore e una stabilità tale da non decomporre durante la fase di trasporto sulla superficie del substrato. Il processo CVD può essere diviso per semplicità in 6 stadi, schematizzati nella figura, che sono:

1. il trasporto di massa del precursore fino al substrato2. la diffusione delle molecole attraverso il cosiddetto “strato limite” ed il loro adsorbimento

sulla superficie;3. la reazione del precursore sul sito di crescita, con formazione della specie da depositare che

si lega chimicamente alla superficie;4. la diffusione di superficie, resa possibile dalla mobilità delle molecole adsorbite, e la

formazione del materiale;5. il desorbimento dei sottoprodotti volatili;6. il trasporto di massa dei sottoprodotti stessi al di fuori della camera di reazione. Lo stadio

più lento di questa sequenza sarà quello determinante la velocità di reazione.

Una deposizione di un film per via CVD può essere fatta a pressione atmosferica o a bassa pressione (qualche mbar) e utilizzando reattori di tipo diverso. Esistono i cosiddetti reattori a pareti calde in cui sia il substrato che le pareti del reattore, generalmente un tubo di silice inserito in un forno tubolare, si trovano alla stessa temperatura. Oppure si possono utilizzare i reattori a pareti fredde dove sol solamente il substrato viene riscaldato alla temperatura necessaria affinché avvenga la

Figura 1: disegno schematico dei processi elementari che si verificano durante il deposito di film sottili via CVD

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decomposizione del precursore e la deposizione del film. Nel primo caso il reattore è di facile realizzazione, ma ha lo svantaggio che vi è un notevole spreco di precursore, nel secondo caso il reattore è più complicato dal punto di vista costruttivo, ma viene utilizzato solo il precursore necessario alla crescita del film. Ciò può essere molto importante dal punto di vista economico visto che spesso il precursore più adatto ad ottenere il materiale con le caratteristiche volute è costoso e la sua preparazione richiede un lungo lavoro di sperimentazione ed affinamento. Nel caso in cui il precursore utilizzato sia un composto metallo-organico si parla di Metal Organic Chemical Vapor Deposition (MOCVD). I principali vantaggi del processo CVD possono essere riassunti come segue:

1. La possibilità di ricoprire con alte velocità di deposizione ed in modo omogeneo substrati di qualsiasi forma e dimensione, nonché di realizzare deposizioni selettive seguendo un disegno geometrico ben definito.

2. La possibilità di utilizzare delle condizioni di processo relativamente “soft” così da limitare la possibilità di interdiffusione del film nel substrato, ottenendo la formazione di interfacce nette.

3. La formazione di film di elevata purezza. Ciò è reso possibile da un’accurata scelta del precursore e delle condizioni di processo e dall’assenza di solventi ed in generale di soluzioni contenenti ioni che potrebbero compromettere la purezza del materiale ed alterarne le proprietà.

I principali svantaggi sono invece dovuti al costo delle materie prime ed alla disponibilità a livello commerciale di opportuni composti precursori. A questi si uniscono i problemi di controllo del processo dovuti alla riproducibilità delle condizioni sperimentali, per l’elevato numero di gradi di libertà. La possibilità di agire su numerosi parametri rappresenta al tempo stesso un vantaggio ed uno svantaggio e l’individuazione delle condizioni di sintesi ottimali per un dato materiale, difficilmente prevedibile a-priori, deve essere perseguita caso per caso. La velocità di crescita del film può dipendere essenzialmente da tre fattori: la velocità di trasporto del precursore stesso fino al substrato, la velocità di diffusione del precursore attraverso lo strato limite sulla superficie del substrato e infine dalla temperatura del substrato. Nel caso in cui la velocità di crescita sia limitata dall’apporto di massa sul substrato, cioè dalla velocità di trasporto del precursore al substrato, si dice che il processo CVD funziona in condizioni “pirolitiche” non lontane dall’equilibrio termodinamico.

Deposizione di TiO2 a partire da Ti(OiPr)4

La deposizione di film di TiO2 si può fare abbastanza facilmente utilizzando il precursore liquido Ti(OiPr)4. La deposizione di film di TiO2 via CVD è stata per molto tempo fatta utilizzando come precursore il TiCl4 in presenza di ossigeno. Tuttavia, i film che si ottengono sono spesso contaminati con cloro che causa un’indesiderata espansione del reticolo (a causa della differenza tra i raggi ionici di cloro e ossigeno). Complessivamente i film ottenuti utilizzando questo precursore presentano delle scarse proprietà meccaniche e chimiche. Un precursore che contiene già i legami Ti-O, come il Ti(OiPr)4, si presenta quindi come un candidato migliore per ottenere la deposizione di TiO2 di buona qualità. La deposizione può essere fatta seguendo una procedura identica a quella descritta nel paragrafo precedente, ma con una temperatura del forno compresa tra i 350 e i 450°C. In questo intervallo di temperature si possono utilizzare come substrati anche i normali vetrini da microscopio. Tuttavia, una caratterizzazione IR del film può essere fatta depositando lo stesso su un wafer di Si. In figura è riportato

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l’andamento della velocità di crescita con la temperatura per precursori diversi.

Figura 1 velocità di crescita di TiO2 via MOCVD utilizzando precursori diversi (da J. Mater. Chem., 2002, 12, 2576–2590)

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Il processo di pirolisi del precursore (secondo quanto misurato mediante spettrometria di massa) per un processo CVD a bassa pressione è

Il corrispondente “plot” di Arrhenius è riportato nella figura sottostante

Lo schema del reattore (a pareti calde) è riportato nella figura seguente. Per il montaggio dello stesso è bene farsi aiutare dal personale di laboratorio.Montare il reattore secondo lo schema riportato.

Dopo aver inserito il substrato nel tubo in quarzo, iniziare a evacuare il sistema aprendo lentamente la valvola finale che separa il tubo dalla pompa rotativa. Leggere la pressione utilizzando il Baratron. Aprire lentamente il flusso di N2 (impostando nel controllore dei MFC un valore di circa 100 sccm), ricordando di chiudere le valvole che permettono al gas di passare attraverso il bubbler. Utilizzare come substrati vetrini da microscopio puliti come nel caso dell’esperienza dei film sottili di silice. Posizionate almeno 3 vetrini in fila ad iniziare da 3-5 cm dalla bocca del forno. Il posizionamento dei vetrini deve essere

Figura 4 Schema del reattore CVD

Ti(OPri)4 TiO2 + C3H8 + C3H7OH + H2O

Figura 2 Arrhenius plot della decomposizione del Ti(OPr)4 (da Surface & Coatings Technology 201 (2006) 807–814)

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ben riproducibile (usate dei marker di posizione) in quanto le misure di spessore via interferometrica (vd dopo) vanno fatte in posizioni omologo tra diverse depositi. Iniziare a riscaldare il forno. Una volta raggiunta la temperatura di deposizione (350 – 400 °C), aprire la seconda valvola del by-pass e chiudere la prima. Depositare per circa 30’ (o meno a seconda del tempo a vostra deposizione). Utilizzare parametri diversi cambiando la pressione, la temperatura o il flusso di N2.

Determinazione dello spessore del film per via interferometrica

E’ possibile determinare lo spessore dei film depositati per via interferometrica osservando le frange di interferenza che si ottengono registrando uno spettro UV-Vis in trasmittanza.1 Se lo spettro UV-Vis presenta delle frange di interferenza ben evidenti, individuare due minimi adiacenti e leggere il valore di trasmittanza corrispondente. Calcolare quindi l’indice di rifrazione applicando la seguente formula:

n=[M+(M 2−s2)0.5]0.5

dove s indica l’indice di rifrazione del substrato, pari a 1.51, e

M=2 s (TM−Tm)

TmTM+ s2+1

2con Tm/M valore della trasmittanza in un punto di minimo/massimo .

Lo spessore quindi è dato dall’espressione:

d=λ1 λ2

2( λ1n2−n1 λ2)

Dove λ1 , λ2 sono le lunghezze d’onda cui si osservano i minimi adiacenti.Trascurando i fenomeni di riflessione, il coefficiente di assorbimento α degli strati può esserecalcolato utilizzando la relazione [Varma et al. (1986)]:

αt=ln (T−1)dove Trappresenta la trasmittanza del campione in funzione della lunghezza d'onda e tè il suo spessore. Nella regione di maggior assorbimento (λ<400 nm) il coefficiente α segue una legge della forma:2

α (hυ)∝(hυ−EG)n

dove EG è l'energia del gap del semiconduttore ed n è un esponente il cui valore dipende dalla natura della transizione elettronica coinvolta. In particolare, n=1/2, 3/2, 2, 3 rispettivamente per transizioni dirette permesse, dirette proibite, indirette permesse ed indirette proibite. (una transizione è permessa quando non è preclusa per motivi di simmetria (vd regola di Laporte), ed è diretta quando la transizione è verticale nello spazio del momento (massimo della banda di valenza si trova nello stesso punto della zona di Brillouin del minimo della banda di conduzione). Il valore del gap può quindi essere ricavato da un fit dei dati utilizzando come parametri EG e n. Nel caso della TiO2 la transizione è indiretta e la formula può essere riscritta come:

1 R. Swanepoel J. Phys. E: Sci. Instrum. 1983 16 1214.2 Tauc et al. Phys stat sol 15 627 (1966)

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(αhν)1/2 ∝ ( hν− EG)

Si può quindi determinare EGda un fit lineare dei dati.

Determinate lo spessore dei film ottenuti in funzione della posizione dei campioni all’interno del tubo di quarzo. Dapprima lo spessore aumenta, poi raggiunge un massimo e quindi diminuisce. Come mai? Se variate il flusso di precursore o la temperatura del forno, come varia lo spessore di film in quella posizione? Identificare la zona del reattore in cui la crescita del film è limitata dalla temperatura. Qui facendo diverse sintesi (almeno 4-5) a temperature diverse, determinare l’energia di attivazione necessaria per la pirolisi del precursore. Per avere una stima più accurata della temperatura reale nel sito di deposito, mettere una termocoppia all’esterno del tubo di quarzo. (basta un campionamento ogni 3-5 cm e quindi si fa un’interpolazione dei dati di temperatura in funzione della posizione, in effetti la temperatura reale è diversa da quella impostata che è relativa al solo centro 5 cm della fornace).Quindi è molto importante riuscire a collegare la posizione del vetrino su cui misurate lo spettro VIS/UV alla posizione in cui misurate la temperatura con la termocoppia., di modo che alla fine possiate tracciare dei grafici di spessore vs temperatura. (Spessore è funzione di x, temperatura è funzione di x, quindi potete ottenere spessore vs Temperatura questo ultimo dato vi serve per calcolare l’energia di attivazione della decomposizione termica del titanio isopropossido. Ricordate che la velocità di deposizione è proporzionale a exp(-energia attivazione/kT) quindi passando ai logaritmi e usando come variabile 1/T nel regime di controllo di reazione superficiale dovreste osservare che i punti sperimentali si trovano su una retta. Per ottenere un fit significativo da un punto di vista statistico dovete ottenere almeno 4-5 punti allineati. La velocità di deposizione si ottiene facendo spessore diviso tempo di deposito.A basse temperature la velocità di deposito è molto bassa quindi è meglio aumentare il tempo di deposizione (40-50 minuti) viceversa per alte temperature il tempo può essere diminuito.Ad alte temperature si ha un veloce consumo di precursore, per determinare l’energia di attivazione per la decomposizione del precursore dovete essere in un regime in cui la quantità di precursore è sufficientemente alta da non incidere sulla cinetica di deposizione.Su ogni vetrino potete fare delle misure con lo spettrometro VIS-UV in posizioni diverse (tre punti lungo il lato lungo e tre lungo il corto) per avere un’idea di quanto velocemente varia lo spessore. (Varia lungo il lato corto? In tutte le posizioni? Perché?) (Dovete quindi fare subito l’analisi dei dati! Potete crearvi un file excel/Origin/Igor con tutte le formule già implementate.)

Note sul funzionamento dei Mass Flow controllers

Un mass flow controller (MFC) è un dispositivo usato per misurare e controllare il flusso dei gas. Un mass flow controller è calibrato per controllare uno specifico gas (per esempio N2) e per un determinato intervallo di flussi. Al MFC viene assegnato un setpoint dallo 0 al 100% del suo intervallo di funzionamento, ma solitamente viene fatto funzionare per un intervallo compreso tra il 10 ed il 90%, per una migliore accuratezza. Il dispositivo controlla così la velocità di flusso per quel dato setpoint. I MFCs possono essere analogici o digitali; un controllore digitale può controllare più di un tipo di gas, mentre quelli analogici possono controllare solamente i flussi dei gas per cui sono stati calibrati. Tutti i mass flow controllers hanno una porta d’ingresso ed una di uscita, un sensore di flusso ed una valvola di controllo. I MFC sono dotati di un sistema di controllo che confronta il segnale impostato dall’operatore con quello che proviene dal sensore di flusso (misurato come massa) e regola la valvola proporzionale in modo da ottenere il flusso impostato.

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Il cuore dei MFC è un sensore termico. Esso consiste in un tubo avvolto con 2 resistenze termometriche. Il tubo viene riscaldato applicando una corrente alle 2 resistenze. Il raffreddamento causato dal flusso di gas di gas provoca una differenza di temperatura che si manifesta come resistenza diversa. La lettura consiste pertanto in una differenza di resistenza.

Sicurezza

Rischio ustioniIndossare sempre i dispositivi di protezione individuale (guanti termici, presine di silicone etc). Se possibile aprire forni e muffole solo a raffreddamento avvenuto. Se è necessario aprire il forno in temperatura indossare dispositivi di protezione individuale e porre attenzione all’uscita di vapori caldi durante l’apertura del forno. Utilizzare le pinze disponibili in laboratorio per maneggiare campioni caldi

Rischio di esposizione a radiazioni elettromagnetiche non ionizzanti:spettrofotometro UV-Vis: eseguire le misure con il comparto portacampioni chiuso

Rischio chimico:Utilizzare i dispositivi di protezione individuale (camice, guanti, occhiali di sicurezza, cappa chimica). Sostituire i guanti periodicamente.

Utilizzo apparecchiatura da vuoto:aprire lentamente le valvole. Aprirle nella sequenza opportuna per evitare fenomeni di “risucchio”. Non lasciare il forno caldo raffreddare in vuoto statico. Controllare che la linea di vuoto sia correttamente montata e senza perdite. Settare la pressione di N2 a 1.1 atm

ReagentiTitanio isopropossidoH226 Liquido e vapori infiammabili.H319 Provoca grave irritazione oculare.H331 Tossico se inalato.Consigli di prudenzaP261 Evitare di respirare i vapori.P305 + P351 + P338 IN CASO DI CONTATTO CON GLI OCCHI: sciacquare accuratamenteper parecchi minuti. Togliere le eventuali lenti a contatto se è agevolefarlo. Continuare a sciacquare.P311 Contattare un CENTRO ANTIVELENI o un medico.Frasi "R"R10 Infiammabile.R20 Nocivo per inalazione.

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R36 Irritante per gli occhi.Frasi "S"S16 Conservare lontano da fiamme e scintille - Non fumare.S26 In caso di contatto con gli occhi, lavare immediatamente eabbondantemente con acqua e consultare un medico.

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Sintesi via CVD di film sottili elettrocromici di WO3

La presente esperienza ha per oggetto la deposizione CVD (Chemical Vapor Deposition) di strati sottili di WO3 su vetro conduttore a partire dal tungsteno esacarbonile, W(CO)6, come precursore molecolare, nonché la loro caratterizzazione mediante la spettroscopia UV-Vis e la valutazione dell’elettrocromismo.Il triossido di tungsteno (WO3), ottenibile come prodotto finale per riscaldamento in atmosfera di ossigeno del metallo o di suoi composti, è un semiconduttore di tipo-n di colore giallo-limone, alto fondente (p.f. 1200°C), non attaccato dagli acidi, ma solubile in ambiente alcalino per dare soluzioni di tungstati (WO4

2-). Esso è conosciuto in diverse modificazioni polimorfe, tra le quali la più stabile ha una struttura a strati di tipo cubico distorto (Fig. 1) in cui ogni atomo metallico si trova al centro di un ottaedro di atomi di ossigeno. I diversi ottaedri condividono tra di loro i vertici nelle tre dimensioni.

Figura 1: struttura monoclina del WO3 (rosso: ossigeni, grigio: tungsteno)

Procedura sperimentale1) - Preparazione del substratoI substrati da utilizzare nel processo, necessari per la caratterizzazione del processo elettrocromico, sono a base di SnO2:Sb (costituiti da una lamina di vetro ricoperta da uno strato conduttore di SnO2 drogato con antimonio(III), in alternativa si può utilizzare un K glass o altri tipi di vetrini conduttori). Al fine di minimizzare il contributo di contaminazione presente in superficie, prima delle deposizioni i substrati vanno sottoposti ad una opportuna procedura di pulizia che prevede la ripetizione iterativa per una

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decina di volte delle seguenti operazioni sperimentali:1) immersione del vetro in una emulsione di acqua deionizzata e detergente;2) risciacquo in acqua deionizzata;3) immersione in acetone;4) immersione in alcol isopropilico.Al termine del procedimento, i substrati vengono asciugati con aria compressa.

N.B. Non toccare mai i substrati con le mani, ma maneggiarli sempre tramite unapinzetta!

2) - Deposizione degli strati sottili di WO 3 Il materiale necessario per assemblare il reattore è il seguente:1. tubo in vetro con coni2. suscettore in grafite3. lampada IR da 150 W4. sensore di temperatura e testa di lettura5. pompa da vuoto6. rubinetto a 3 vie7. rubinetto a 2 vie8. fasce riscaldanti9. carta d’alluminio10. contabolle con olio di vaselina11. tubi in gomma12. trappola in vetro

Figura 3 Schema del reattore a pareti fredde

• Montare il tubo di vetro in posizione orizzontale sui supporti a pinza.• Inserire la navetta di ceramica nella parte destra del tubo dopo averla riempita con 2 o 3 punte di spatola di W(CO)6. (attenzione è tossico, evitare di respirarne le polveri!)• Inserire nella parte sinistra, nell’apposito alloggiamento ad una distanza di circa 25 cm dalla navetta, il suscettore in grafite dopo aver adagiato il substrato su cui verrà depositato lo strato di ossido. La parte più esterna di ciascuna lastrina di vetro conduttore va accuratamente ricoperta con carta di alluminio fino ad una distanza di ca 2 mm dal bordo, onde consentire la realizzazione del contatto elettrico con il substrato durante le successive prove di elettrocromismo.

N.B. Le deposizioni vanno effettuate sul lato conduttore del vetrino (verificare tramite un tester), che va rivolto verso l’alto!

• Chiudere il tubo di reazione con i rubinetti (dopo aver ingrassato i coni). Usare per la parte sinistra il rubinetto a tre vie e per la parte destra il rubinetto a due vie.

Figura 2 struttura del tungstenao esacarbonile

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• Avvolgere la parte di tubo contenente la navetta con le fasce riscaldanti ben strette in maniera uniforme avendo l’accortezza di estendere l’avvolgimento alla parte di tubo compresa tra la navetta e il suscettore (per mantenere l’avvolgimento compatto e garantire una migliore conduzione termica, utilizzare carta di alluminio). Inserire tra le fasce e l’alluminio, il sensore di temperatura, ben inguainato, e collegarlo alla testa di lettura (eventualmente utilizzare una semplice termocoppia di tipo K, leggere con un tester il voltaggio e usare le tabelle di conversione per determinare la temperatura).• Collegare il rubinetto a due vie al contabolle (N.B. attenzione a non collegarlo alla cannula che pesca nell’olio di silicone!).• Collegare il rubinetto a tre vie con la trappola e quindi collegare la trappola alla pompa da vuoto (N.B. collegare al rubinetto la cannula superiore della trappola! Per impedire che i vapori di precursore arrivino alla pompa, è indispensabile che la trappola sia immersa in un bagno di acqua e ghiaccio e che sia mantenuta fredda per tutta la durata della deposizione).• Utilizzare il terzo supporto a pinza per sostenere il porta lampada e posizionare quindi la lampada IR immediatamente sotto il suscettore in grafite ad una distanza dal tubo di circa 1 cm.• Ricoprire la parte di tubo contenente il suscettore con un foglio di alluminio in maniera tale che tutta la radiazione sia indirizzata sul suscettore.• Accendere la pompa tenendo il rubinetto a due vie chiuso ed aprendo il rubinetto a 3 vie in modo tale che la pompa sia in comunicazione con il tubo.• Accendere la lampada ed attendere circa 15 minuti affinché la temperatura del suscettore possa stabilizzarsi.• Accendere le fasce, dopo averle collegate al regolatore di potenza, regolando la tensione utilizzando l’apposita manopola.Attendere che la temperatura letta dal sensore si sia stabilizzata (circa 10 minuti) edannotarla. N.B. La temperatura di vaporizzazione deve essere di ca. 100°C! È necessario assicurarsi che essa rimanga costante per tutta la durata del processo, regolando opportunamente il voltaggio impostato.• Aprire quindi il rubinetto a due vie regolando il flusso tra 80 e 90 bolle al minuto (annotare il valore esatto!).• Attendere circa 45 minuti prima di spegnere il regolatore di potenza e togliere le fasce dal tubo.N.B. attenzione a non scottarsi! • Far raffreddare la navetta e quindi spegnere la lampada (questa operazione è necessaria per garantire che non arrivino vapori di precursore sul suscettore freddo).• Immettere aria nel tubo mediante il rubinetto a 3 vie. • Spegnere la pompa e staccare i rubinetti dal tubo. Pulire quindi i coni con una carta imbevuta di isopropanolo.• Attendere qualche minuto prima di togliere il tubo dai supporti (dopo aver tolto i rubinetti) ed estrarre delicatamente, con una pinza, la navetta e quindi il suscettore con il vetrino.Se i film depositati sono di colorito bluastro, effettuare un trattamento termico a 400°C per due ore in stufa onde ottenerne una completa ossidazione.• Eseguire analisi di assorbimento ottico UV-Vis (intervallo: 300-800 nm) per i film depositati su SnO2:Sb/o K glass, utilizzando come bianco una lastrina di substrato non ricoperta. Stimare il band-gap come fatto nell’esperienza della deposizione di titania via CVD.

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Spettri UV-VIS di film sottili di WO3 in funzione del potenziale. A destra è rappresentato il cambiamento strutturale che avviene durante il cambio di colore del materiale.

3) – Assemblaggio della cella elettrolitica e valutazione dell’elettrocromismo

Per elettrocromismo si intende la capacità di un materiale di cambiare colore a seguito dell’iniezione di carica. Nel caso dell’ossido di tungsteno ciò è reso possibile grazie alla possibilità degli ioni W6+ di ridursi a W5+, processo accompagnato dall’intercalazione di ioni monovalenti (H+, Li+, Na+). Da un punto di vista cristallografico si ha il passaggio dalla struttura monoclina del WO3

alla struttura perovskitica del bronzo di tungsteno (MxWO3)

Montare la cella elettrolitica (beaker) come mostrato nella esperienza del blu di Prussia. Usare H2SO4 1 M o (1 M HCl) come elettrolita, un elettrodo di Pt come controelettrodo, Ag/AgCl come elettrodo di riferimento, e il vostro vetrino depositato come elettrodo di lavoro. Il vetrino va agganciato con una pinza a coccodrillo nella regione non ricoperta durante il processo CVD (l’impiego di una lamina di conduttore può risultare d’aiuto nello stabilire un buon contatto elettrico con lo strato di vetro conduttore). Fare una voltammetria ciclica tra -0.7 V (lowervertexpotential) e +0.7 V (uppervertexpotential) vs Ag/AgCl con una velocità di scansione di 0.025 V s-1. Se l’esperimento va bene, aumentare la finestra di potenziale a -0.8 V e +0.9 V. Fermare la misura quando il vetrino diventa blu e misurare il UV-VIS. La causa della colorazione blu è la parziale riduzione del W(VI) a W(V) e della simultanea inserzione di H+ in accordo alla reazione:

WO3 + x M+ + x e− ↔ Mx WO3 (bronzo di tungsteno)

Bollicine di ossigeno si sviluppano, invece, in corrispondenza dell’elettrodo di platino:

x/2 H2O ↔ x/4 O2(g) + xH(aq) + xe-

−Invertendo la polarità, il colore blu sbiadisce e scompare in pochi secondi. Il processo è reversibile e si può ripetere molte volte a condizione che il voltaggio applicato sia moderato. (la reversibilità è connessa al numero di elettroni scambiati/ioni intercalati: per x>0.3 il processo diventa irreversibile).

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• Dopo avere effettuato la valutazione dell’elettrocromismo, aumentare il voltaggio finchè la permanenza del colore blu diviene irreversibile. Ri-eseguire quindi analisi di assorbimento ottico, utilizzando come bianco una lastrina di substrato non ricoperta e stimare di nuovo il band-gap. Commentare le differenze con quelle relative allo spettro di assorbimento ottico registrato in precedenza.

References

Applied Organometallic Chemistry 12 (1998) 155-160

J.Chem.Educ., 2008, 85 (1), p 125

J. Chem. Educ. 2014 dx.doi.org/10.1021/ed500238j

Chun-Kai Wang etal 2012 J.Phys.D:Appl.Phys. 45 225303

Sicurezza

DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE MINIMI OBBLIGATORI durante l'esecuzionedell'esperienza:1. camice di protezione a manica lunga, diligentemente abbottonato;2. guanti di protezione in nitrile, da cambiare periodicamente, comunque in caso di proiezionedi sostanze sulle mani protette e in caso di deterioramento visibile; sono a disposizione inlaboratorio (segnalare ad un istruttore eventuali allergie a questo materiale);3. occhiali di protezione, propri o in dotazione in laboratorio.

Agitazione magneticaLa piastra dell'agitatore magnetico . riscaldabile. Nell'uso per semplice agitazione assicuratevi che il riscaldamento sia spento ed evitate di accenderlo. Il riscaldamento è regolato mediante una manopola con dieci divisioni, ciascuna della quali corrisponde a un incremento indicativo di 50°C. Durante l'agitazione, la posizione delle apparecchiature sopra l'agitatore, la velocità di agitazione, la dimensione e la forma dell'ancoretta magnetica devono essere tali da consentire una rotazione regolare dell'ancoretta. In ogni caso l'ancoretta non deve saltare all'interno dell'apparecchiatura, andando a sbattere contro le sue pareti interne. Qualora ciò accadesse, intervenite per ripristinare le corrette condizioni di agitazione: spegnete l'agitatore e ripartite regolando gradualmente la velocità del rotore magnetico.

Uso della cappa chimicaLavorate sotto cappa mantenendo lo schermo abbassato completamente o a tre quarti (non in posizioni intermedie); la luce deve essere accesa e il motore di aspirazione in funzione con le apparecchiature ad almeno 20 cm di distanza, verso l'interno, dal bordo del piano di lavoro. Se

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necessario, per accedere alla cappa in funzione spostate i vetri scorrevoli. Non introducete la testa né parte del corpo all'interno della cappa.

Sala strumenti• è vietato attendere il proprio turno di misura all'interno della sala;• è vietato preparare i campioni per le analisi spettrofotometriche nella sala; è vietato portarli al suo interno in contenitori aperti o non idonei, depositarli e abbandonarli nella sala alla fine delle misure;• non usate la tastiera dei PC e gli strumenti con i guanti contaminati.

Rischio di esposizione a radiazioni elettromagnetiche non ionizzanti• spettrofotometro UV-Vis: eseguire le misure con il comparto portacampioni chiuso

Rischio UVNon guardare mai direttamente la lampada UV da laboratorio ed indossare sempre gli occhiali di protezione e i dispositivi di protezione individuale.

Reagenti:tungsteno esacarbonileH301 + H311 + H331 Tossico se ingerito, a contatto con la pelle o se inalatoP261 Evitare di respirare la polvere.P280 Indossare guanti/ indumenti protettivi.P301 + P310 IN CASO DI INGESTIONE: contattare immediatamente un CENTROANTIVELENI o un medicoP311 Contattare un CENTRO ANTIVELENI o un medico.

Acido solforicoH314 Provoca gravi ustioni cutanee e gravi lesioni oculari.P280 Indossare guanti/ indumenti protettivi/ Proteggere gli occhi/ il viso.P305 + P351 + P338 IN CASO DI CONTATTO CON GLI OCCHI: sciacquare accuratamenteper parecchi minuti. Togliere le eventuali lenti a contatto se è agevole farlo. Continuare a sciacquare.P310 Contattare immediatamente un CENTRO ANTIVELENI o un medico.

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Preparazione di un dispositivo O-LED

Un tipico dispositivo O-LED è composto da uno strato emettitore, uno strato conduttore, un substrato e contatti per anodo e catodo. In genere, lo strato è fatto con particolari molecole organiche che conducono. Il loro livello di conducibilità è compreso tra quello degli isolanti e quello dei conduttori e sono pertanto denominati semiconduttori organici. Il primo, semplice dispositivo a O-LED era costituito da un singolo strato organico, Per esempio, il primo dispositivo a polimero emettente preparato da Burroughs et al. conteneva un singolo strato di poly(p-phenylene vinylene).

Gli OLEDs a multistrato possono contenere più di 2 strati per migliorare l’efficienza. Gli strati possono essere scelti in base alla loro conducibilità oppure per migliorare l’iniezione di carica agli elettrodi, fornendo un profilo elettronico più graduale, oppure per impedire che le cariche raggiungano l’elettrodo opposto venendo sprecate.

Schema di un OLED a 2 strati: 1. Catodo (-), 2. Strato emettitore, 3. Emissione di radiazione, 4. Strato conduttore, 5. Anodo (+)

Un dispositivo a O-LED funziona applicando un potenziale in modo tale che l’anodo sia positivo rispetto al catodo. In questo modo una corrente di elettroni fluisce attraverso il dispositivo dal catodo verso l’anodo. Quindi, il catodo fornisce elettroni allo strato emettitore e l’anodo sottrae elettroni dallo strato conduttore; in altre parole l’anodo fornisce delle buche allo strato conduttore. Lo strato emettitore diventa ben presto carico negativamente, mentre lo strato conduttore diventa

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ricco di buche con carica positiva. L’attrazione elettrostatica provoca una diffusione degli elettroni verso le buche e vice-versa. Ciò accade in prossimità dello strato emettitore, poiché nei semiconduttori organici le buche sono più mobili degli elettroni (a differenza dei semiconduttori inorganici). Il processo di ricombinazione è accompagnato da emissione radiativa nel visibile. Il dispositivo non funziona se all’anodo viene applicato un potenziale negativo rispetto al catodo. In questa condizione, le buche si muovono verso l’anodo e gli elettroni verso il catodo, allontanandosi gli uni dagli altri cosicché il processo di ricombinazione è impossibile. Il materiale anodico comunemente usato è l’ITO (Indium Tin Oxide). E’ trasparente ed ha una funzione lavoro che promuove l’iniezione di buche nello strato polimerico. Metalli come l’alluminio o il calcio sono spesso usati come catodi poiché la loro bassa funzione lavoro promuove l’iniezione di elettroni nello strato polimerico.

Procedura: 3 Preparazione del complesso [Ru(bpy)3](BF4)2

Aggiungere 10 mL di una soluzione al 50% di H3PO2 in un bicchiere contenente 6 mL di acqua ed agitare. Aggiungere lentamente NaOH solido (pellets) fino a quando il pH è 6-8. (suggerimento: per ottenere la soluzione di NaH2PO2 a pH circa 6-8 conviene utilizzare un pH-metro e iniziare aggiungendo le perle di NaOH per poi raggiungere il valore desiderato di pH con una soluzione conc. di NaOH, correggendo in caso con H3PO2) La soluzione ottenuta è 6M in NaH2PO2. Sciogliere quindi 0.083 g di RuCl3 in 5 ml di H2O, in un bicchiere da 25 mL dotato di ancoretta.Troverete il RuCl3 all’interno della stufa per garantire che esso sia anidro. Tipicamente se esposto all’aria questo cloruro si converte nella forma idrata RuCl3·xH2O (x 3). Come incide ciò sul calcolo della resa finale? Aggiungere 0.188 g di 2,2’-dipiridile e 0.44 mL di NaH2PO2. Coprire il bicchiere con un vetrino da orologio e tenere a riflusso per 30 minuti. (ovvero mantenere la soluzione in ebollizione coprendo il becker con un vetrino di orologio per evitare eccessiva rimozione di solvente. Evitare di sovrariscaldare la soluzione altrimenti si può avere formazione di ossido di rutenio. La soluzione deve diventare di un arancione brillante). Aggiungere acqua, se necessario, per mantenere una diluizione costante. Aggiungere infine 0.333 g di NaBF4 sciolti in 1.5 mL di acqua. Lasciare che la soluzione si raffreddi a temperatura ambiente e raffreddarla quindi con del ghiaccio. Si dovrebbero formare dei cristalli (operare in maniera tale che la cristallizzazione porti ai cristalli più grandi possibile per evitarne la successiva perdita durante la filtrazione). Filtrare e lavare i cristalli con etanolo freddo (il meno possibile!). Seccare in stufa. Verificare che il solito isolato sia omogeneo e presenti intensa luminescenza sotto lampada UV. Calcolare la resa della reazione (attenzione alla stechiometria del composto e alla possibilità della presenza di acqua di cristallizzazione).Il precursore di Ru che non vi serve per il proseguo dell’esperienza può essere come alternativa al Rutheniu tris-dipiridil cloruro nell’esperienza dei film sottili di silice. Misurare lo spettro di assorbimento in soluzione (usate una cuvetta) della vostro materiale. La sua assorbanza molare è compatibile con quella riportata in letteratura? Dalla misura di assorbanza potete viceversa determinare la concentrazione nota l’assorbanza molare. Il dato così ottenuto come si confronta con la resa del materiale ottenuto? Avvengono le seguenti reazioni: 2H2O + NaH2PO2 + 12 bpy + 4 RuCl3 ⇒ 4[Ru(bpy)3]Cl2 + 3HCl + H3PO4 + NaCl [Ru(bpy)3]Cl2 + 2NaBF4⇒[Ru(bpy)3](BF4)2 + 2NaCl

3 H. Sevian, S. Muller, H. Rudmann, M.F. Rubner J. Chem Ed. 81, 2004, 1620-22

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Modelli ball&stick del legande dipiridile (sinistra) e del complesso di rutenio (destra)

Sciogliere circa 0.30 g di PVA (poli-vinil-alcol) in 10 mL di H2O. Riscaldare se necessario senza portare a ebollizione e filtrare l’eventuale residuo indisciolto. (Suggerimento: scaldare la soluzione tenendola in vigorosa agitazione. Utilizzando le piastre della IKA; le condizioni operative sono: temperatura tacca n° 3 e agitazione sulla n° 4, tempo necessario all’operazione circa 30/40 minuti) Sciogliere circa 0.035 g di [Ru(bpy)3](BF4)2 in 3mL di soluzione di polivinil-alcol. Identificare con un voltmetro il lato conduttore di un vetro k-glasso FTO (la resistenza misurata è circa 30-40 ohms). Versare qualche goccia della soluzione polimerica contenente il complesso sul lato conduttore del vetrino fino ad ottenere un film omogeneo (suggerimento: per stendere il film di complesso e polimero risulta molto comodo creare una maschera con lo scotch (quello trasparente va benissimo), che lasci scoperta la parte centrale del vetrino formando un quadrato; depositare quindi la soluzione con la pipetta, facendo in modo che riempia tutta la superficie; seccare la sacca formatasi con la pistola termica (alla prima tacca )). Ripetere se necessario la procedura. (Alternativamente è possibile depositare la soluzione polimerica tramite spin coating: a seconda della viscosità della soluzione sono necessarie velocità tra i 2000 e 4000 rpm, in questo caso lo spessore dello strato dovrebbe essere più sottile.)

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Preparare sulla superficie appena depositata e seccata, con l’aiuto di una maschera in cartoncino o in plastica un contatto metallico utilizzando un eutettico In/Ga.

Toccare infine con il polo positivo di un generatore di corrente la superficie del vetro conduttivo e con il polo negativo il contatto in eutettico. Osservare il risultato. Qual è il potenziale minimo necessario ad innescare l’emissione di luce?Se invece si invertono anodo e catodo a quale potenziale inizia a lavorare il dispositivo?Mettendo un amperometro in serie misurate la corrente che passa attraverso il dispositivo. E realizzare una curva di V vs IATTENZIONE: il generatore di corrente a disposizione eroga al massimo 28 V, non eccedere quindi questo voltaggio. Verificare che quando il generatore viene accesso l’operatore non sia in contatto con nessun elemento metallico in tensione.

Gli elettroni, come spiegato sopra, vengono iniettati al catodo, mentre le buche all’anodo. Si ha successivamente migrazione di buche ed elettroni verso il centro del film dove, ricombinandosi, si annullan. Si ha quindi luminescenza quando i complessi di Ru+ e Ru3+ che si formano rispettivamente ad catodo ed anodo si ‘ricombinano’, al centro del film, per formare nuovamente il complesso di Ru2+ che una volta formato si trova in uno stato eccitato e, decadendo, dà emissione di luce.

ReferenzeJ. Phys. Chem. 1982, 86, 4516-4522J. Am. Chem. Soc. 2000, 122, 7426-7427H. Sevian, S. Muller, H. Rudmann, M.F. Rubner J. Chem Ed. 81, 2004, 1620. 22

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VIDEO dell’esperienza: http://education.mrsec.wisc.edu/299.htm

SicurezzaRischio chimico:Utilizzare i dispositivi di protezione individuale (camice, guanti, occhiali di sicurezza, cappachimica). Sostituire i guanti periodicamente.

Rischio elettricoAssicurarsi dell'integrità dei cavi di alimentazione prima dell'uso delle apparecchiature elettriche.In caso di danni avvisate immediatamente il personale del laboratorio. Non versate liquidi di alcungenere sulle apparecchiature elettriche. Nel caso sui necessario agire sulla circuiteria (esempio sistemare un contatto, posizionare un elettrodo etc) verificare che lo strumento sia spento e con alimentazione staccata.

DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE MINIMI OBBLIGATORI durante l'esecuzionedell'esperienza:1. camice di protezione a manica lunga, diligentemente abbottonato;2. guanti di protezione in nitrile, da cambiare periodicamente, comunque in caso di proiezionedi sostanze sulle mani protette e in caso di deterioramento visibile; sono a disposizione inlaboratorio (segnalare ad un istruttore eventuali allergie a questo materiale);3. occhiali di protezione, propri o in dotazione in laboratorio.

Agitazione magneticaLa piastra dell'agitatore magnetico è riscaldabile. Nell'uso per semplice agitazione assicuratevi che il riscaldamento sia spento ed evitate di accenderlo. Il riscaldamento è regolato mediante una manopola con dieci divisioni, ciascuna della quali corrisponde a un incremento indicativo di 50°C. Durante l'agitazione, la posizione delle apparecchiature sopra l'agitatore, la velocità di agitazione, la dimensione e la forma dell'ancoretta magnetica devono essere tali da consentire una rotazione regolare dell'ancoretta. In ogni caso l'ancoretta non deve saltare all'interno dell'apparecchiatura, andando a sbattere contro le sue pareti interne. Qualora ciò accadesse, intervenite per ripristinare le corrette condizioni di agitazione: spegnete l'agitatore e ripartite regolando gradualmente la velocità del rotore magnetico.

Uso della cappa chimica

Lavorate sotto cappa mantenendo lo schermo abbassato completamente o a tre quarti (non in posizioni intermedie); la luce deve essere accesa e il motore di aspirazione in funzione con le apparecchiature ad almeno 20 cm di distanza, verso l'interno, dal bordo del piano di lavoro. Se necessario, per accedere alla cappa in funzione spostate i vetri scorrevoli. Non introducete la testa né parte del corpo all'interno della cappa.

Reagenti:

dipiridileH301 Tossico se ingerito.H315 Provoca irritazione cutanea.H319 Provoca grave irritazione oculare.H335 Può irritare le vie respiratorie.Consigli di prudenza

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P261 Evitare di respirare la polvere/ i fumi/ i gas/ la nebbia/ i vapori/ gli aerosol.P301 + P310 IN CASO DI INGESTIONE: contattare immediatamente un CENTROANTIVELENI o un medicoP305 + P351 + P338 IN CASO DI CONTATTO CON GLI OCCHI: sciacquare accuratamenteFrasi "R"R25 Tossico per ingestione.R36/37/38 Irritante per gli occhi, le vie respiratorie e la pelle.Frasi "S"S26 In caso di contatto con gli occhi, lavare immediatamente eabbondantemente con acqua e consultare un medico.S36/37/39 Usare indumenti protettivi e guanti adatti e proteggersi gli occhi/la faccia.S45 In caso di incidente o di malessere consultare immediatamente il medico(se possibile, mostrargli l'etichetta).

RuCl3

Indicazioni di pericoloH314 Provoca gravi ustioni cutanee e gravi lesioni oculari.Consigli di prudenzaP280 Indossare guanti/ indumenti protettivi/ Proteggere gli occhi/ il viso.P305 + P351 + P338 IN CASO DI CONTATTO CON GLI OCCHI: sciacquare accuratamenteper parecchi minuti. Togliere le eventuali lenti a contatto se è agevolefarlo. Continuare a sciacquare.P310 Contattare immediatamente un CENTRO ANTIVELENI o un medico.Frasi "R"R34 Provoca ustioni.Frasi "S"S26 In caso di contatto con gli occhi, lavare immediatamente eabbondantemente con acqua e consultare un medico.S36/37/39 Usare indumenti protettivi e guanti adatti e proteggersi gli occhi/la faccia.S45 In caso di incidente o di malessere consultare immediatamente il medico(se possibile, mostrargli l'etichetta).

H3PO2

Indicazioni di pericoloH314 Provoca gravi ustioni cutanee e gravi lesioni oculari.Consigli di prudenzaP280 Indossare guanti/ indumenti protettivi/ Proteggere gli occhi/ il viso.P305 + P351 + P338 IN CASO DI CONTATTO CON GLI OCCHI: sciacquare accuratamenteper parecchi minuti. Togliere le eventuali lenti a contatto se è agevolefarlo. Continuare a sciacquare.P310 Contattare immediatamente un CENTRO ANTIVELENI o un medicpFrasi "R"R34 Provoca ustioni.Frasi "S"S26 In caso di contatto con gli occhi, lavare immediatamente eabbondantemente con acqua e consultare un medico.S36/37/39 Usare indumenti protettivi e guanti adatti e proteggersi gli occhi/la faccia.S45 In caso di incidente o di malessere consultare immediatamente il medico(se possibile, mostrargli l'etichetta).

NaOHIndicazioni di pericoloH314 Provoca gravi ustioni cutanee e gravi lesioni oculari.Consigli di prudenzaP280 Indossare guanti/ indumenti protettivi/ Proteggere gli occhi/ il viso.P305 + P351 + P338 IN CASO DI CONTATTO CON GLI OCCHI: sciacquare accuratamenteper parecchi minuti. Togliere le eventuali lenti a contatto se è agevolefarlo. Continuare a sciacquare. P310 Contattare immediatamente un CENTRO ANTIVELENI o un medico.Frasi "R"

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R35 Provoca gravi ustioni.Frasi "S"S26 In caso di contatto con gli occhi, lavare immediatamente eabbondantemente con acqua e consultare un medico.S37/39 Usare guanti adatti e proteggersi gli occhi/la faccia.S45 In caso di incidente o di malessere consultare immediatamente il medico (se possibile, mostrargli l'etichetta).

Eutettico indio gallioIndicazioni di pericoloH314 Provoca gravi ustioni cutanee e gravi lesioni oculari.Consigli di prudenzaP280 Indossare guanti/ indumenti protettivi/ Proteggere gli occhi/ il viso.P305 + P351 + P338 IN CASO DI CONTATTO CON GLI OCCHI: sciacquare accuratamenteper parecchi minuti. Togliere le eventuali lenti a contatto se è agevolefarlo. Continuare a sciacquare.P310 Contattare immediatamente un CENTRO ANTIVELENI o un medico.Indicazioni di pericoloH314 Provoca gravi ustioni cutanee e gravi lesioni oculari.Consigli di prudenzaP280 Indossare guanti/ indumenti protettivi/ Proteggere gli occhi/ il viso.P305 + P351 + P338 IN CASO DI CONTATTO CON GLI OCCHI: sciacquare accuratamenteper parecchi minuti. Togliere le eventuali lenti a contatto se è agevolefarlo. Continuare a sciacquare.P310 Contattare immediatamente un CENTRO ANTIVELENI o un medico.

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Preparazione e caratterizzazione di materiali per via elettrochimica: elettrocromismoScopo dell’esperienza: familiarizzare con le tecniche elettrochimiche, in particolare con la voltammetria ciclica, per caratterizzare un elettrodo di Pt e per depositare un film di blu di Prussia e poi studiarne le proprietà elettrocromiche.

Introduzione: Processi elettrochimici e Voltammetria ciclica (CV) In tutte le reazioni chimiche ha luogo la produzione o consumo di una certa quantità di energia. L'elettrochimica è quella branca della chimica in cui vengono studiate le reazioni nelle quali è prodotta o consumata dell'energia elettrica, e cioè quei processi in cui viene prodotto un lavoro elettrico mediante reazioni chimiche oppure nei quali un lavoro elettrico produce reazioni chimiche. Le reazioni interessati sono quelle in cui c'è scambio di elettroni, cioè si tratta di reazioni di ossidoriduzione ('redox'). Una specie chimica si ossida quando perde elettroni, mentre si riduce quando li acquista: non si può verificare un’ossidazione se non avviene contemporaneamente una riduzione e, di conseguenza, il fenomeno complessivo, consiste nel trasferimento di elettroni da una specie all’altra.L’elettrochimica, nata con le esperienze di Alessandro Volta, ha risolto problemi di notevole importanza teorica e pratica, come ad esempio il calcolo della costante di equilibrio delle reazioni redox, della costante di stabilità di complessi, del prodotto di solubilità e dei coefficienti di attività di elettroliti in soluzione. Inoltre ha introdotto nuove tecniche per l’ottenimento di metalli allo stato di notevole purezza e per un’efficace protezione dei materiali metallici dalla corrosione.

Durante questa esperienza, ci focalizzeremo principalmente sull’uso della voltammetria ciclica (CV), una delle tecniche più utilizzate sia per preparare che per caratterizzare i materiali. La CV ci permette d’identificare rapidamente i potenziali redox caratteristici delle specie elettroattive che stiamo studiando, fornendo informazione sulla termodinamica del processo redox e la cinetica delle reazioni eterogenee di trasferimento elettronico. Nella voltammetria ciclica, il potenziale applicato all’elettrodo di lavoro viene fatto variare linearmente tra due limiti (E1 e E2), ad una velocità di scansione υ, mentre si misura la corrente in funzione del potenziale come si mostra nella Figura 1. Il grafico corrente versus potenziale è definito voltammogramma ciclico.

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Figura 1. Tipica forma d’onda triangolare potenziale-tempo di una voltammetria ciclica (a); ecorrispondenterispostacorrente-potenzialedovesiindicailpotenziale(Ep)elacorrente(ip)dipicco(b).

Consideriamo il seguente processo elettrochimico dove la sostanza O si riduce per formare la sostanza R:O + ne- → R

Il processo elettrochimico si produrrà traverso i seguenti passi generali, rappresentati nella Figura 2:(1) Il reagente O deve diffondere dall’interno soluzione alla superficie dell’elettrodo (trasferimento

di massa);(2) Riorganizzazione della struttura molecolare della specie O in equilibrio con un stato di

transizione; (3) Un potenziale diverso dal potenziale di equilibrio è applicato alla cella. Questa differenza di

potenziale induce un trasferimento di elettroni tra la superficie dell’elettrodo e la specie in stato di transizione O. In questo caso, poiché si tratta di un processo di riduzione, il trasferimento di elettroni si attua dalla superficie del elettrodo al reagente O (trasferimento di carica) (nel caso di un processo di ossidazione, gli elettroni passano dal reagente all’elettrodo). Questo flusso di elettroni tra elettrodo e reagente si visualizza come una corrente, i, che dipende del flusso di specie nella soluzione, j,

i = nFAjdove n è il numero di elettroni scambiati, F la constante di Faraday, e A l’area del elettrodo.

(4) Riorganizzazione della struttura molecolare della specie ridotta all’equilibrio;(5) Alla fine, il prodotto di reazione R deve diffondere dalla superficie del elettrodo verso l’interno

della soluzione (trasferimento di massa).

Figura2.Representazioneschematicadiunprocessodireazioneelettrochimica.

I passi di riorganizzazione e di trasferimento di carica si possono descrivere in termini di costante cinetica di trasferimento di carica. Se la velocità di trasferimento di carica è veloce rispetto al trasferimento di massa, il processo si considera reversibile. In caso contrario, il processo si

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considera quasi-reversibile se la velocità di trasferimento di carica è comparabile alla velocità di trasferimento di massa, o irreversibile se il trasferimento di carica è molto più lento che il trasferimento di massa.

Si deve tenere in conto che non tutti i processi elettrochimici implicano tutti i passi descritti prima. La CV permette di fare un’analisi qualitativa delle reazioni che avvengono agli elettrodi: (1) trasferimento di carica reversibile (curve a in Fig.3) vs. irreversibile (curve b in Fig.3); (2) reazioni di trasferimento di 1e- vs. 2e-; (3) coppie redox in soluzione (CV a sinistra in Fig.3) vs. coppie redox immobilizzate sulla

superficie dell’elettrodo (CV a destra in Fig.3).

Figura 3. Esempio di voltammogrammi ciclici per una reazione reversibile (a) e irreversibile (b) ditrasferimentodi1e-dispecieinsoluzione(sinistra)oimmobilizzatesullasuperficedelelettrodo(destra).

La forma caratteristica di una coppia redox in soluzione (Fig.3 sinistra) è dovuta al effetto combinato del trasferimento di carica e il trasporto di massa delle specie elettroattive: oltre al potenziale di picco (Ep), la concentrazione della specie elettroattiva si esaurisci e quindi la cinetica della reazione (corrente) è limitata dalla diffusione delle specie dal bulk della soluzione alla superficie dell’elettrodo. Da un'altra parte, nel caso in cui la specie elettroattiva si trova solo sulla superficie dell’elettrodo (Fig.3 destra), questa non deve diffondere al elettrodo e quindi il voltammogramma che si ottiene è simmetrico.

Nel caso di un processo elettrochimicamente reversibile con la specie elettroattiva in soluzione, la corrente di picco (ip) viene descritta dalla equazione di Randles-Ševćik:

i prev=0.446nFAC ( nFDRT )

1 /2

υ1 /2

dove A è l’area dell’elettrodo, C la concentrazione della specie elettroattiva, D il coefficiente di diffusione e υ la velocità di scansione.Considerando che l’equazione di Nerst si può sempre applicare ad un processo reversibile e che ip

ox/ipred=1, si può calcolare la separazione tra i due picchi ΔEp=(Ep

ox-Epred) che è relativamente

piccola e resulta essere ΔEp=2.218RT/nF, con R la costante dei gas ideali, T la temperatura, n il numero di elettroni scambiati e F la constante di Faraday. A temperatura ambiente, corrisponde ad un valore di ca. 0.059/n V.

Nel caso di un processo elettrochimicamente reversibile con la specie elettroattiva immobilizzata sulla superficie dell’elettrodo, la corrente di picco dipende direttamente dal ricoprimento () e dalla velocità di scansione:

i prev=n2F2 A

4 RT υ

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Dalla integrazione del picco si può determinare la carica elettrica (Q), che è direttamente proporzionale al ricoprimento (o quantità di specie ossidata/ridotta) mediante l’espressione:

Q = nFA (Legge di Faraday)

PARTE A: CARATTERIZZAZIONE DI UN ELETTRODO DI Pt MEDIANTE VOLTAMMETRIA CICLICA

Vetreria:- 3 becker da 150 mL- 2 becker 50mL- Cella elettrochimica- Pipetta (10 mL) con propipetta oppure siringa da 5 mL- Cilindro graduato che permetta di misurare 50 mL con una certa precisione- Pipetta pasteur- Vetrino d’orologio- Asta per tenere la cella elettrochimica- Spatolina di plastica- Bacchetta di vetro

Reagenti- H2SO4

- H2O milli-Q Apparecchiatura- Bilancia di precisione - Filo di Pt- Filo di Au- Controelettrodo di Pt- Elettrodo di riferimento a calomelano (Saturated Calomel Electrode, SCE)- Potenziostato- Computer- Cella elettrochimica

Preparazione delle soluzioni- Preparare 50 mL di una sol. di 0.5 M H2SO4

Caratterizzazione elettrochimica di Pt mediante voltammetria ciclica:1. Montaggio della cella elettrochimica: Riempire la cella con l’elettrolita e degassarla

gorgogliando azoto per 20 min. Sciacquare il controelettrodo e l’elettrodo di riferimento e inserirli nella cella. Introdurre anche il filo di Pt che useremo come elettrodo di lavoro. Collegare gli elettrodi al potenziostato: ROSSO all’elettrodo di lavoro, NERO al controelettrodo e BLU al riferimento.

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Figura 4. Settaggio sperimentale della cella (a),e schema elettronico equivalente della cellaelettrochimica.

2. Accendere il computer e aprire il programma NOVA. Solo dopo accendere anche il potenziostato (tasto on/off sul corpo strumento), leggere ed annotare il valore di potenziale di circuito aperto (open circuit potential, OCP) che può visualizzarsi nella finestra “Autolab display” (F10).

3. Familiarizzare con il potenziostato ed il software: Selezionare la procedura di voltammetria ciclica (Setupview–Procedures–Cyclicvoltammetrypotentiostatic) e impostare i valori di potenziale d’inizio (startpotential = valore di OCP), potenziale anodico (Uppervertexpotential= +1.2 V vs SCE), potenziale catodico (Lowervertexpotential = – 0.23 V vs SCE), velocità di scansione (Scanrate = 0.2 V s-1) e numero di cicli (Numberofstopcrossings = 40). Fare partire la misura (tasto START) e ottenere un voltammogramma come quello della figura 5 (ciclare fino che il voltammogramma risulta stabile). Poi misurare altri 10 cicli a 0.1 V s-1.

4. I principali processi che avvengo sono: (1) formazione dell’ossido di Pt e la conseguente riduzione (zona c in Fig.5); e (2) assorbimento e desorbimento d’idrogeno (zona a in Fig.5). Identificare questi processi nel voltammogramma. Perché la corrente non è zero quando non c’è reazione? (zona b in Fig.5, chiamata doublelayer).

Figura5.VoltammogrammaciclicodiunelettrododiPlatinoin0.5MH2SO4a100mVs-1.

Effetto della velocità di scansione:1. Ripetere lo stesso esperimento variando la velocità di scansione da 0.010 a 0.5 V s-1. Osservare

il comportamento dei picchi relativi all’idrogeno. Scegliere un potenziale in questo range, plottare la corrente misurata vs. la velocità di scansione. Analizzare la variazione della corrente in funzione della velocità di scansione e discutere i resultati. La corrente è proporzionale a υ o a υ1/2 ? Da questi risultati dedurre che tipo di processo è. (Vedere figura 3)

2. Calcolare la carica associata all’assorbimento di idrogeno sul Pt . Assumendo che un atomo di Pt

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di superficie può assorbire un atomo di idrogeno, calcolare l’area elettroattiva del filo di Pt (electroactive surface area, ESA) tenendo conto che la carica necessaria per ossidare un monostrato di idrogeno assorbito su un cm2 di Pt è 210 x 10-6 C cm-2 Pt. Per questo calcolo, sottrare la componente del doublelayer.

ESA(cmPt2 )=

caricaH

210 ∙10−6

Effetto dei limiti anodico e catodico sui processi di ossidazione/riduzione:1. Riprodurre il primo voltamogramma ottenuto e variare il limite anodico (uppervertexpotential)

usando uno step di 0.1 V. Spiegare il comportamento del picco di riduzione dell’ossido di Pt (aumenta o diminuisce? Si sposta? Perché?). Aumentando abbastanza il potenziale anodico si osserva un altro processo di ossidazione, in questo caso un processo catalitico. Identificare e descrivere questo processo, scrivere la reazione che avviene.

2. Riprodurre il primo voltammogramma ottenuto e variare il limite catodico (lower vertexpotential). Anche in questo caso si osserva un altro processo catalitico di riduzione. Identificare e descrivere questo processo, scrivere la reazione che avviene.

Effetto catalitico sulla ossidazione e riduzione del acqua:1. Tirare fuori l’elettrodo di Pt e introdurre nella cella il filo d’oro come elettrodo di lavoro (prima

di farlo spegnere il potenziostato).2. Studiare la reazione di ossidazione dell’acqua sul elettrodo d’oro : impostare la stessa finestra di

potenziale che per l’elettrodo di Pt e poi variarla se è necessario. Plottare insieme le voltammetrie ottenute per il Pt e l’Au. Qual è il materiale più attivo per l’ossidazione dell’acqua?

3. Studiare la reazione di riduzione dell’acqua sul elettrodo d’oro : impostare la stessa finestra di potenziale che per l’elettrodo di Pt e poi variarla se è necessario. Plottare insieme le voltammetrie ottenute per il Pt e l’Au. Qual è il materiale più attivo per la riduzione dell’acqua?

4. Ci sono differenze di attività catalitica tra i due metalli? Spiegarlo in termini di overpotential (cioè il potenziale in più rispetto al valore d’equilibrio E°, che va applicato all’elettrodo affinché avvenga la reazione) e corrente.

PARTE B: ELETTROCROMISMO

Si definisce elettrocromismo l’abilità di certi materiali di cambiare reversibilmente le loro proprietà (trasmittanza, riflettanza e assorbanza ottica) quando si applica un potenziale elettrico. I materiali elettrocromici hanno varie applicazioni tecnologiche come le smart windows, vetri antiriflesso, o displays. Tradizionalmente, si considerano materiali elettrocromici quelli che presentano cambiamenti visibili di colore. Nei casi dove ci sono più di due stati redox, come il blu di prussia, il materiale può mostrare diversi colori. Alcuni materiali elettrocromici inorganici communi sono gli ossidi di metalli di transizione e i esacianometallati metallici.In questa esperienza prepareremo un film di blu di Prussia (essacianoferrato di ferro, Fe(III)4[Fe(II)(CN)6]3), che presenta una struttura come quella mostrata nella figura 6. Ovverosia due reticoli di Interazione di cariche all’interfaccia elettrodo-elettrolita che dà luogo all’allineamento di ioni di carica opposta sulla superficie dell’elettrodo

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tipo FCC (ovvero struttura NaCl dove uno dei metalli occupa il sito cationico e l’altro quello anionico) di catoni Fe(III) e Fe(II) con i leganti CN che li collegano, in modo tale che l’atomo d’azoto del gruppo ciano punti verso il Fe(III) mentre il C verso il Fe(II)

Figura6.StrutturadelbludiPrussia.

Prepareremo il film per via elettrochimica. Le reazioni che avvengono durante il deposito sono le seguenti:

Il blu di Prussia presenta due centri di Fe con stati di ossidazione +2 e +3, e quindi il suo voltammogramma presenta due coppie redox, come si vede in Figura 7: una associata al controione di ferro FeA (III/II), e un’altra allo ione di ferro centrale FeB in Fe(CN)6

3-/4-. Quando il PB si reduce in mezzo acquoso in presenza di ioni potassio il film diventa trasparente e si chiama sale di Everitt (ES) (equazione 1). Se invece il film si ossida in presenza di Cl -, si forma un film di colore giallo chiamato giallo di Prussia (PY) (equazione 2).

Fe(III)4[Fe(II)(CN)6]3 + 4K+ + 4e- ↔ K4Fe(II)4[Fe(II)(CN)6]3 (equazione 1) (PB) (ES)

Fe(III)4[Fe(II)(CN)6]3 + 3Cl- - 3e- ↔ Fe(III)4[Fe(III)(CN)6]3Cl3 (equazione 2) (PB) (PY)

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Reagenti- HCl - KCl- K3Fe(CN)6

- FeCl3

- H2O milli-Q Apparecchiatura- Bilancia di precisione - Controelettrodo di Pt-piastra con agitazione magnetica- Elettrodo di riferimento a Ag/AgCl- Potenziostato + computer

Preparazione delle soluzioni- Soluzione 1: 100 mL di 0.05 M KCl, aggiustare a pH 2 usando HCl (2 gocce di pipetta Pasteur). - Soluzione 2: 50 mL di 1 mM K3Fe(CN)6 + 1 mM FeCl3 + 0.05 M KCl (usare 50 mL della soluzione 1 per preparare la soluzione 2), aggiustare a pH 2 usando HCl. (Usare una spatola di plastica per il K3Fe(CN)6 e FeCl3!!, il Fe(III) è un forte ossidante)

NB l’esacianoferrato in soluzione fortemente acida può formare acido cianidrico che è estremamente tossico. La sua eliminazione nei rifiuti va fatta in un contenitore dedicato!

Deposito del film di blu di prussia:1. Pulire 3 vetrini conduttivi FTO (dimensioni aprox. 0.8 x 4 cm) secondo la consueta procedura

(vd esperienza CVD-WO3).2. Montaggio della cella elettrochimica: sciacquare il controelettrodo e l’elettrodo di riferimento e

inserirli nella cella con 50 mL della soluzione 2, fissandoli con una pinza all’asta. Introdurre nella cella un’ancoretta magnetica. Introdurre anche uno dei vetrini fissandolo direttamente con il coccodrillo del cavo ROSSO (elettrodo di lavoro). Il coccodrillo non deve mai toccare la soluzione. Il lato conduttivo del vetrino deve essere rivolto verso l'elettrodo di riferimento.

3. Collegare gli elettrodi al potenziostato: NERO al controelettrodo e BLU al riferimento.

4. Accendere il computer e aprire il programma NOVA. Successivamente accendere il potenziostato, leggere e annotare il valore di potenziale di circuito aperto. (F10)

5. Per depositare il film, ciclare il vetrino tra -0.3 V e 1.2 V vs SCE con una velocità di scansione

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di 0.1 V s-1 mantenendo in agitazione la soluzione Per questo, selezionare la procedura di voltammetria ciclica e impostare i valori di potenziale d’inizio (+0.5 V vs SCE), potenziale anodico (+1.2 V vs SCE), potenziale catodico (-0.3V vs SCE), velocita di scansione (0.1 V s -1) e numero di cicli.

6. Depositare 3 film con diverso spessore variando il numero di cicli . Depositare fino a che non si osserva un film di colore blu. (Non troppo spesso: dovete misurarne lo spettro di assorbimento nel visibile in trasmittanza!)

7. Una volta finito il deposito, spegnere il potenziostato, tirare fuori il vetrino, sciacquarlo con acqua milli-Q e asciugarlo con N2.

-4x10-3

-2

0

2

4

Cur

rent

/ A

1.21.00.80.60.40.20.0-0.2

E / V vs Ag/AgCl

Figura 7. Crescita di un film di blu di Prussia: Voltammogramma ciclico in una soluzione 1 mM FeCl3/K3Fe(CN)6 in 0.05 M KCl a 0.1 V s-1.

Analisi delle proprietà elettrocromiche1. Montare di nuovo la cella elettrochimica usando come elettrolita i 50 mL restanti della

soluzione di KCl e come elettrodo di lavoro il vetrino con il film più spesso. 2. Ciclare il film usando le stesse condizione di prima e osservare i cambiamenti di colore del film .

Il blu di Prussia è una sostanza elettrocromica che cambia colore quando viene applicato un potenziale dall’esterno dovuto alla ossidazione/riduzione degli atomi di Fe: il blu di prussia diventa trasparente (sale di Everitt) applicando un potenziale negativo, oppure giallino (giallo di Prussia) applicando un potenziale positivo.Spiegazione: Il Blu di Prussia contiene atomi di ferro con due diversi stati di ossidazione (Fe(II) e Fe(III)) ed il suo colore è conseguenza della contemporanea presenza di entrambi questi stati di ossidazione (intervalance charge transfer transition). Applicando il potenziale negativo tutto il ferro diventa Fe(II) e il colore scompare, applicando potenziale positivo tutto il ferro diventa Fe(III) ed il colore diventa verde acqua/giallo. Pertanto, nel voltammogramma si osservano due coppie redox. Identificare i processi associati ai picchi osservati nel voltammogramma.

3. Le moli ( ) di film depositate sui vetrini si possono calcolare dalla carica determinata dal voltammogramma applicando la legge di Faraday. Fare 2 cicli di ogni vetrino nella soluzione di KCl e estimare le moli di Blu di Prussia depositato.

[mol/cm2] = Qn·A·F

con Q [C] la carica totale, n il numero di elettroni, A [cm2] l’area geometrica di film depositata (che va misurata accuratamente), e F [C/mol] la costante di Faraday.

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Dal numero di moli di blu di Prussia si può estimare lo spessore (l [cm]) del film depositato, conoscendo il volume molare (Vm [cm3/mol]) o considerando che il PB ha un parametro di cella (cubica) di 10.4 Å (l0).

l [cm] = · Vm = l03 · N A

4

con NA il numero di Avogadro.

Caratterizzazione ottica- Misurare tramite spettroscopia VIS-UV lo spettro di assorbimento dei tre vetrini depositati e

sulla base di esso determinare lo lo spessore del film. (Utilizzate come bianco un vetrino pulito o il vetrino stesso in una zona che non è entrata in contatto con la soluzione elettrolitica e che non risulti rovinata. Spiegare in dettaglio le assunzioni semplificative necessaria per calcolare in questo modo lo spessore del film)

Figura8:spettrodiassorbimentootticodelgialloedelbludiPrussia(range350-1000nmspeed:average)

- Misurare tramite spettroscopia VIS-UV lo spettro di assorbimento del film usato per studiare le proprietà elettrocromiche nei tre stati di ossidazione diversi.A questo fine, applicare un potenziale di +1.2 V e, una volta che tutto il film abbia cambiato colore, tirarlo fuori e misurarlo allo spettrometro VIS-UV. Ripetere la stessa procedura applicando un potenziale di -0.3 V vs SCE. (Usare la procedura linear+chrono e impostare i valori di potenziale corrispondenti).

ReferenzeR. Hazen, R. M. Spaulding, K. K. Kasem, AmericanJournalofUndergraduateResearch, 2003,2, 27-36.J. J. Garcia-Jareno , D. Benito , J. Navarro-Laboulais, F. Vicente, J.Chem.Educ., 1998, 75, 881.A. Dostal et al. J.Phys.Chem. 1995, 99, 2096-2103.H. Byrd, B. E. Chapman, C. L. Talley, J.Chem.Educ., 2013, 90, 775–777.L. M. Siperko, T. Kuwana, J.Electrochem.Soc. 1983, 130, 396-402.

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DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE MINIMI OBBLIGATORI durante l'esecuzione dell'esperienza:1. Camice di protezione a manica lunga, diligentemente abbottonato;2. Guanti di protezione in nitrile, da cambiare periodicamente, comunque in caso di proiezione di sostanze sulle mani protette e in caso di deterioramento visibile; sono a disposizione in laboratorio (segnalare ad un istruttore eventuali allergie a questo materiale);3. Occhiali di protezione, propri o in dotazione in laboratorio.

Agitazione magneticaLa piastra dell'agitatore magnetico riscaldabile. Nell'uso per semplice agitazione assicuratevi che il riscaldamento sia spento ed evitate di accenderlo. Il riscaldamento è regolato mediante una manopola con dieci divisioni, ciascuna della quali corrisponde a un incremento indicativo di 50°C. Durante l'agitazione, la posizione delle apparecchiature sopra l'agitatore, la velocità di agitazione, la dimensione e la forma dell'ancoretta magnetica devono essere tali da consentire una rotazione regolare dell'ancoretta. In ogni caso l'ancoretta non deve saltare all'interno dell'apparecchiatura, andando a sbattere contro le sue pareti interne. Qualora ciò accadesse, intervenite per ripristinare le corrette condizioni di agitazione: spegnete l'agitatore e ripartite regolando gradualmente la velocità del rotore magnetico.

Uso della cappa chimicaLavorate sotto cappa mantenendo lo schermo abbassato completamente o a tre quarti (non in posizioni intermedie); la luce deve essere accesa e il motore di aspirazione in funzione con le apparecchiature ad almeno 20 cm di distanza, verso l'interno, dal bordo del piano di lavoro. Se necessario, per accedere alla cappa in funzione spostate i vetri scorrevoli. Non introducete la testa né parte del corpo all'interno della cappa.

Reagenti:

- K3Fe(CN)6

Informazioni supplementari sui pericoli (EU)EUH032 A contatto con acidi libera gas molto tossici.- FeCl3

H290 Può essere corrosivo per i metalliH302 Nocivo se ingerito.H315 Provoca irritazione cutanea.H318 Provoca gravi lesioni oculari.H411 Tossico per gli organismi acquatici con effetti di lunga durata.Consigli di prudenzaP273 Non disperdere nell'ambiente.P280 Indossare guanti/ proteggere gli occhi/ il viso.P305 + P351 + P338 IN CASO DI CONTATTO CON GLI OCCHI: sciacquare accuratamenteper parecchi minuti. Togliere le eventuali lenti a contatto se è agevolefarlo. Continuare a sciacquare.

- HCl vd esperienza sol-gel

- H2SO4

H314 Provoca gravi ustioni cutanee e gravi lesioni oculari.

P280 Indossare guanti/ indumenti protettivi/ Proteggere gli occhi/ il viso.P305 + P351 + P338 IN CASO DI CONTATTO CON GLI OCCHI: sciacquare accuratamenteper parecchi minuti. Togliere le eventuali lenti a contatto se è agevole farlo. Continuare a sciacquare.P310 Contattare immediatamente un CENTRO ANTIVELENI o un medico.

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Sintesi di un Metal Organic Framework

IntroduzioneI MetalOrganicFrameworks (MOFs) sono una classe di materiali ibridi organico-inorganico. In genere sono costituiti da clusters inorganici (ioni singoli oppure piccoli clusters di ossidi metallici) detti secondary building units (SBUs) collegati tramite leganti organici (chiamati struts), tipicamente molecole organiche politipiche. L’autoassemblaggio di questi due building blocksfondamentali, condotto semplicemente in soluzione o in reattori solvotermali, porta alla formazione di strutture cristalline 3D molto ordinate e caratterizzate da un’elevata porosità. I MOFs hanno infatti elevatissime aree superficiali (anche >5000 m2/g) e sono caratterizzati dalla presenza di cavità dell’ordine di qualche nanometro (materiali microporosi). È possibile combinare tra di loro diverse SBUs e struts ed ottenere un numero estremamente elevato di MOFs diversi: attualmente si conoscono più di 12000 strutture. Anche il blu di Prussia può essere considerato un MOFs in cui il nodo inorganico è rappresentato dagli ioni ferro mentre il legante è l’anione cianuro; le cavità residue all’interno di questo materiale sono particolarmente piccole, ma possono essere utilizzate per l’intercalazione di piccoli ioni alcalini. I MOFs rappresentano la versione ibrida (cioè organica/inorganica) delle zeoliti ed infatti molte delle topologie di questi materiali sono analoghe a

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quelle delle zeoliti. Solitamente i MOF hanno cavità più grandi e più facilmente modulabili, tuttavia sono meno stabili da un punto di vista termico a causa della componente organica che tende a degradare per temperature superiori a 200-300°C.La ricchezza strutturale di questi materiali deriva dalla possibilità di cambiare in modo molto semplice la grandezza dei pori introducendo struts di lunghezza diversa (acidi tereftalico vs biphenyl-dicarboxyl acid) o con diversa funzionalizzazione (acido terftalico vs acido aminotereftalico). Il tipo di connettività tra le diverse unità è determinata dal tipo e numero di gruppi funzionali nel legante organico (p.e. l’acido tereftalico ha solo due punti di aggancio mentre l’acido trimesico tre) e dalla struttura del cluster inorganico. I MOF sono materiali con un numero sempre crescente di applicazioni: la loro elevata area superficiale può essere sfruttata per realizzare materiali assorbenti oppure per la separazione di gas. Come nel caso delle zeoliti infatti la presenza di canali e pori con dimensioni precise consente l’ingresso solo di molecole di dimensione opportuna. I MOF sono anche utili come materiali per la catalisi infatti possono alloggiare al loro interno centri nanoparticelle metalliche che rimangono dimensionalmente confinate dalla presenza dei pori, inoltre si possono facilmente introdurre tutta una serie di gruppi funzionali all’interno dei leganti organici (siti acidi o basici). La presenza di cavità a dimensione controllata consente poi di avere un ottimo controllo della stereochimica delle reazioni catalizzate.L’elevata porosità interna dei MOF consente il loro utilizzo come materiali per lo storage di gas (come idrogeno o CO2), ma anche di piccole molecole. Per esempio si possono realizzare nanoparticelle di MOF e caricarle con principi attivi come l’ibuprofene e iniettarle in vivo per avere un rilascio costante del farmaco in funzione del tempo.A seconda della proprietà funzionali di struts e SBUs inoltre si possono realizzare diversi tipi di smartmaterials che possono trovare applicazione nell’elettrochimica, sensoristica e fotonica.In questa esperienza verrà sintetizzato l’HKUST1, (Cu3(btc)2 dove btc=benzene tricarboxylic acid) un MOF caratterizzato da nodi dinucleari di rame collegati attraverso ponti di acido trimesico. In particolare, la SBU ha struttura “paddle wheel” in cui gli atomi di rame hanno coordinazione quadrato planare da parte di due gruppi carbossilato e possono anche legarsi ad una molecola di solvente (metanolo o acqua) in posizione apicale. Scaldando in vuoto od inerte le molecole di solvente possono essere desorbite e i centri metallici insaturi sono quindi liberi di reagire con altre specie chimiche.

Figura1.Sinistra:modelloball&stickdelHKUST1:lesfereverdieviolamostranoledimensionidelleduecavitàpresentinellastruttura; Destra:strutturadelclusterdinucleareditipopaddlewheelrecanteanchel’auqadicoordinazione.

Parte Sperimentale:

Reagenti

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Cu(NO3)2·3H2O Acido trimesico (benzene1,3,5 tricarboxylic acid)Dimetilsolfossido (CH3)2SOMetanolo CH3OH

Sintesi del MOF1. Preparare una soluzione in dimetilsolfossido contenente i precursori: 0.24 g di Cu(NO3)2 ·3H2O

e 0.12 g di acido trimesico in 1g di DMSO. (Prima di aggiungere il Cu(NO3)2 ·3H2O al DMSO pestellarlo accuratamente)

2. Sciogliere bene i reagenti sino all’ottenimento di una soluzione colorata limpida. Eventualmente sonicare il becker per favorire la solubilizzazione della frazione solida

3. Con la micropipetta prelevare 200 µL della soluzione ed aggiungerla in 10 ml di metanolo in modo lento e continuo con la soluzione soggetta ad agitazione. (l’aggiunta va effettuata indicativamente per la durata di un minuto). Continuare a mantenere in agitazione la soluzione per circa 10-15 minuti. Porgressivamente la soluzione dovrebbe divenire opaca.

4. A questo punto dovrebbe essersi formato un precipitato che va separato per centrifugazione. trasferire la sospensione in una provetta falcor da 15 ml, introdurla nella centrifuga e bilanciarla con un’analoga provetta di egual peso contenente acqua. (per verificare il peso delle due provette comprese di tappo, usare la bilancia tecnica o il bilancino meccanico). Far andare la centrifuga a 5000 giri per 5 minuti

per settare i giri della centrifuga tenere schiacciato il primo tasto a destra e agire contemporaneamente sulla manopola; per settare il tempo premere il secondo tasto da destra (ogni volta che si preme il tasto, aumenta di 1 minuto il tempo di azione della centrifuga). Il tasto di avvio è il primo a sinistra e quello di stop di emergenza il secondo da sinistra.

5. Una volta terminata la centrifugazione rimuovere la provetta con delicatezza, verificare la separazione di fase ed eliminare il solvente in eccesso aiutandosi nell’ultima parte con una pipetta Pasteur

6. Il solido così recuperato va seccato in stufa (o direttamente su una piastra riscaldante impostata ad una temperatura al massimo di 100°C) per eliminare il solvente.

7. Parte del solido ancora umido può essere prelevato con una pipetta pasteur e depositato per drop casting su un vetrino da microscopio (depositare qualche goccia per formare un film sottile di mezzo centimetro di diametro), la parte restante va seccata su piastra o stufa

Misure IR1. Utilizzare parte del solido per realizzare una pastiglia con del KBr e procedere all’analisi con lo

spettrometro IR. In alternativa lo spettro può essere acquisito in modalità riflettanza diffusa. Consultare la letteratura ed identificare i picchi presenti nello spettro.Per lo spettro in riflettanza diffusa pestellare in un mortaio una punta di spatola di campione con una spatola di KBr (lo trovate nell’essicatore). Ottenuta una polvere omogenea celestina

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riempire una delle coppette di acciaio (A) con la miscela. (acquisire un bianco caricando la coppetta con solo KBr, in questo caso scegliere l’opzione single beam). Parametri per lo spettro: 500-4000cm-1, 64 cicly, modalità R%

2. Depositare il solido rimanente su un supporto solido (vetrino da microscopio) e lasciarlo

asciugare all’aria. Di che colore si presenta il film? Una volta secco esporre il film ad un flusso di azoto: cosa accade al film? Spiegare i fenomeni osservati.

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Figura2.Curvarossa:spettroFTIRdell’HKUST1(daJ.Mater.Chem.A,2013,1,10292–10299)

DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE MINIMI OBBLIGATORI durante l'esecuzione dell'esperienza:1. Camice di protezione a manica lunga, diligentemente abbottonato;2. Guanti di protezione in nitrile, da cambiare periodicamente, comunque in caso di proiezione di sostanze sulle mani protette e in caso di deterioramento visibile; sono a disposizione in laboratorio (segnalare ad un istruttore eventuali allergie a questo materiale);3. Occhiali di protezione, propri o in dotazione in laboratorio.

Agitazione magneticaLa piastra dell'agitatore magnetico riscaldabile. Nell'uso per semplice agitazione assicuratevi che il riscaldamento sia spento ed evitate di accenderlo. Il riscaldamento è regolato mediante una manopola con dieci divisioni, ciascuna delle quali corrisponde a un incremento indicativo di 50°C. Durante l'agitazione, la posizione delle apparecchiature sopra l'agitatore, la velocità di agitazione, la dimensione e la forma dell'ancoretta magnetica devono essere tali da consentire una rotazione regolare dell'ancoretta. In ogni caso l'ancoretta non deve saltare all'interno dell'apparecchiatura, andando a sbattere contro le sue pareti interne. Qualora ciò accadesse, intervenite per ripristinare le corrette condizioni di agitazione: spegnete l'agitatore e ripartite regolando gradualmente la velocità del rotore magnetico.

Uso della cappa chimicaLavorate sotto cappa mantenendo lo schermo abbassato completamente o a tre quarti (non in posizioni intermedie); la luce deve essere accesa e il motore di aspirazione in funzione con le apparecchiature ad almeno 20 cm di distanza, verso l'interno, dal bordo del piano di lavoro. Se necessario, per accedere alla cappa in funzione spostate i vetri scorrevoli. Non introducete la testa né parte del corpo all'interno della cappa.

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Reagenti:Cu(NO3)2·3H2O

H272 Può aggravare un incendio; comburenteH302 Nocivo se ingerito.

H315 Provoca irritazione cutanea.H318 Provoca gravi lesioni oculari. H410 Molto tossico per gli organismi acquatici con effetti di lunga durata.

Metanolo CH3OH

H225 Liquido e vapori facilmente infiammabili

H301 + H311 + H331 Tossico se ingerito, a contatto con la pelle o se inalato

H370 Provoca danni agli organi.

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