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9. Fallimenti cognitivi e regolazione del mercato energetico di Giacomo Rojas Elgueta 1. Premessa A cavallo fra la fine degli anni Novanta e l’inizio del nuovo millennio, l’Unione europea ha dato impulso al processo di liberalizzazione del mercato energetico 1 . Intenzione del legislatore europeo era realizzare un compiuto regime concorrenziale fra diversi operatori energetici, tale da assicurare, attraverso la riduzione delle tariffe, una maggiore tutela degli interessi economici dei consumatori 2 . 1 «Per armonizzare e liberalizzare il mercato interno dell’energia dell’UE, tra il 1996 e il 2009 sono stati successivamente adottati tre pacchetti legislativi di misure riguardanti l’accesso al mercato e la sua trasparenza e regolamentazione, la tutela dei consumatori, il sostegno all’interconnessione e livelli adeguati di approvvigionamento». Sul punto cfr. http://www.europarl.europa.eu/ftu/pdf/it/ FTU_5.7.2.pdf. Il primo pacchetto legislativo (direttiva 96/92/CE concernente norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica e direttiva 98/30/ CE relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale) stato sostituito nel 2003 da un secondo pacchetto legislativo (direttiva 2003/54/CE per l’energia elettrica e direttiva 2003/55/CE per il gas), che ha consentito a nuovi fornitori di gas e di elettricità di accedere ai mercati degli Stati membri e ha dato ai consumatori (a quelli industriali a partire dal 1 luglio 2004 e a quelli domestici dal 1 luglio 2007) la possibilità di scegliere i propri fornitori di gas e di elettricità. Nell’aprile 2009 stato adottato un terzo pacchetto legi- slativo (che modifica il secondo) volto a liberalizzare ulteriormente il mercato interno dell’elettricità e del gas. Le nuove direttive, quella sull’energia elettrica (2009/72/CE) e quella sul gas (2009/73/CE), sono entrate in vigore il 3 marzo 2011 anche se in diversi Stati membri il terzo pacchetto legislativo non ancora stato recepito e pienamente attuato. 2 La tendenza europea ad abbandonare il consumer protection interest a vantaggio del consumer economic interest, inteso come interesse alla convenienza economica degli acquisti, messa in evidenza da J. Whitman, Consumerism v. Producerism: A Study in Comparative Law, in «Yale Law Journal», 117, 2007, pp. 340 ss., spec. pp. 346 ss. e 366 s. copyright © 2015 by Società editrice il Mulino

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9. Fallimenti cognitivi e regolazione del mercato energetico

di Giacomo Rojas Elgueta

1. Premessa

A cavallo fra la fine degli anni Novanta e l’inizio del nuovo millennio, l’Unione europea ha dato impulso al processo di liberalizzazione del mercato energetico1.

Intenzione del legislatore europeo era realizzare un compiuto regime concorrenziale fra diversi operatori energetici, tale da assicurare, attraverso la riduzione delle tariffe, una maggiore tutela degli interessi economici dei consumatori2.

1 «Per armonizzare e liberalizzare il mercato interno dell’energia dell’UE, tra il 1996 e il 2009 sono stati successivamente adottati tre pacchetti legislativi di misure riguardanti l’accesso al mercato e la sua trasparenza e regolamentazione, la tutela dei consumatori, il sostegno all’interconnessione e livelli adeguati di approvvigionamento». Sul punto cfr. http://www.europarl.europa.eu/ftu/pdf/it/FTU_5.7.2.pdf. Il primo pacchetto legislativo (direttiva 96/92/CE concernente norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica e direttiva 98/30/CE relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale) e stato sostituito nel 2003 da un secondo pacchetto legislativo (direttiva 2003/54/CE per l’energia elettrica e direttiva 2003/55/CE per il gas), che ha consentito a nuovi fornitori di gas e di elettricità di accedere ai mercati degli Stati membri e ha dato ai consumatori (a quelli industriali a partire dal 1 luglio 2004 e a quelli domestici dal 1 luglio 2007) la possibilità di scegliere i propri fornitori di gas e di elettricità. Nell’aprile 2009 e stato adottato un terzo pacchetto legi-slativo (che modifica il secondo) volto a liberalizzare ulteriormente il mercato interno dell’elettricità e del gas. Le nuove direttive, quella sull’energia elettrica (2009/72/CE) e quella sul gas (2009/73/CE), sono entrate in vigore il 3 marzo 2011 anche se in diversi Stati membri il terzo pacchetto legislativo non e ancora stato recepito e pienamente attuato.

2 La tendenza europea ad abbandonare il consumer protection interest a vantaggio del consumer economic interest, inteso come interesse alla convenienza economica degli acquisti, e messa in evidenza da J. Whitman, Consumerism v. Producerism: A Study in Comparative Law, in «Yale Law Journal», 117, 2007, pp. 340 ss., spec. pp. 346 ss. e 366 s.

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Naturalmente, il corretto funzionamento del mercato energe-tico europeo presuppone la contestuale efficienza tanto del lato dell’offerta, articolato in una pluralità d’imprese in competizione fra loro, quanto di quello della domanda, idealmente composto di consumatori razionali capaci di scegliere le tariffe che, riflettendo le loro preferenze, ne massimizzino l’utilità.

Tuttavia, diversamente dalle attese, a oltre tre lustri dalla liberalizzazione del mercato energetico europeo si registra una scarsa tendenza dei consumatori a cambiare fornitore e a bene-ficiare dei risparmi resi possibili da un’elevata concorrenzialità dell’offerta di energia3.

In particolare, dai dati raccolti nel 2010 dalla Commissione europea emerge come solo il 32% dei consumatori europei intera-gisca attivamente con le offerte proposte dai fornitori, mentre i 2/3 di essi continuano ad essere somministrati dagli ex monopolisti4.

Tali dati sono confermati da uno studio del 2011 promosso dal regolatore britannico (Office of Gas and Electricity Markets – OFGEM) da cui emerge che il 60% dei consumatori inglesi non ha mai cambiato fornitore5. Secondo i dati resi disponibili da OFGEM, in Gran Bretagna, come nel resto dell’Unione europea, gli ex monopolisti continuano a controllare circa i 2/3 del mercato energetico6.

Compito dell’interprete e dunque quello di comprendere le ragioni sottostanti al (parziale) fallimento del processo di libe-ralizzazione del mercato energetico europeo.

Tuttavia, come si cercherà di mostrare in questo scritto, l’a-bulia del consumatore di energia, e la conseguente inelasticità

3 Questi dati emergono da uno studio condotto dalla Commissione europea, pubblicato nel novembre del 2010. Cfr. IP/10/1507 Bruxelles, 15 novembre 2010, EU consumers not making full use of the savings opportunities of energy market liberalization, consultabile alla pagina web http://europa.eu/rapid/press-release_IP-10-1507_en.htm?locale=en.

4 L’inerzia della maggior parte dei consumatori si traduce in un costo annuale (derivante dalla mancata adesione alle tariffe più convenienti) di 13 miliardi di euro, pari a circa euro 100 per consumatore. Sul punto cfr. http://europa.eu/rapid/press-release_IP-10-1507_en.htm?locale=en.

5 Cfr. lo studio Ipsos MORI 2011, Customer Engagement with the Energy Market – Tracking Survey, disponibile alla pagina web https://www.ofgem.gov.uk/ofgem-publications/39710/ipsosmoriswitchingomnibus2011.pdf.

6 Cfr. OFGEM, What Can Behavioural Economics Say About GB Energy Consumers?, disponibile alla pagina web https://www.ofgem.gov.uk/ofgem-publications/75192/behaviouraleconomicsgbenergy.pdf.

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della sua domanda, non sono immediatamente spiegabili laddove si faccia ricorso al tradizionale apparato teorico a cui lo studioso del diritto privato, così come l’economista neo-classico e il gius-economista, sono abituati ad attingere7.

2. Il soggetto autonomo e la teoria della scelta razionale

Punto d’avvio di un’analisi volta a comprendere le dinamiche della domanda del mercato energetico non può che essere l’esame dei comportamenti dei fruitori di energia alla luce del paradigma di individuo che, a partire dall’Ottocento, e stato, dapprima, posto al centro delle codificazioni moderne e, successivamente, trasposto nei modelli dell’economia neoclassica.

In estrema sintesi, i codici ottocenteschi sono stati pensati intorno ad una precisa opzione ideologica: la nozione di autonomia (nella formulazione che trova la sua più matura espressione nel pensiero di Kant8), intesa non solo come capacità dell’individuo di fare scelte ma anche come autoresponsabilità rispetto alle proprie azioni e determinazioni9.

7 Di ciò prende chiaramente atto il regolatore britannico dell’energia elettrica e gas: «conventional economics makes a number of simplifying assumptions, such as that consumers can easily identify the best product for them. These as-sumptions let economists put together models that describe how markets work. At some point though, these simplifications limit what economics can tell us about what happens in reality». Sul punto cfr. OFGEM, What Can Behavioural Economics Say About GB Energy Consumers?, cit., 4.

8 Cfr. I. Kant, Die Metaphysik der Sitten, Könisberg, 1797 (trad. it. La metafisica dei costumi, Roma-Bari, Laterza, 1998).

9 «Il codice civile e in particolare il suo archetipo, il Code civil di Napole-one, assume quale elemento costitutivo l’unità del soggetto di diritto, pensato e poi disciplinato quale attore razionale che opera in un mercato perfettamente concorrenziale». Così, espressamente, A. Zoppini, Le domande che ci propone l’economia comportamentale ovvero il crepuscolo del «buon padre di famiglia», in G. Rojas Elgueta e N. Vardi (a cura di), Oltre il soggetto razionale – Fallimenti cognitivi e razionalità limitata nel diritto privato, Roma, Roma Tr-E Press, 2014, p. 13. Nello stesso volume cfr. L. Nivarra, Tutela dell’affidamento e apparenza nei rapporti di mercato, p. 115, secondo il quale nel diritto civile proto-borghese «la regolazione giuridica esauris[c]e il suo compito nella individuazione delle condizioni di esercizio dell’autonomia privata». Nel medesimo volume anche A. Gentili, Il ruolo della razionalità cognitiva nelle invalidità negoziali, p. 81, nota 15, dove si legge come, rispetto al fenomeno dello scambio, le moderne codificazioni «conducevano a vedere nell’autonomia privata, esercitata attra-

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Il soggetto del diritto privato borghese (inteso, secondo la filosofia utilitaristica, come il migliore giudice del proprio benes-sere) e risolto all’interno di una contrapposizione particolarmente semplificata e astratta e cioe quella fra soggetti capaci di agire, per i quali si accoglie una prospettiva libertaria, e soggetti tipi-camente sprovvisti di autonomia (i minori di età, gli incapaci di intendere e di volere, le vittime della violenza e del dolo, ecc.), regolati dentro una cornice paternalistica.

Il «soggetto kantiano» trova un sostanziale alter ego nel paradigma di individuo (l’homo oeconomicus) proprio della mi-croeconomia neoclassica e dell’analisi economica del diritto10, dove la capacità di scegliere e tuttavia messa al servizio di un nuovo «imperativo categorico»: la massimizzazione dell’utilità attesa del singolo individuo11.

In altri termini, nei modelli economici, così come nel diritto privato patrimoniale, si assiste al trionfo della teoria della scelta razionale, secondo cui gli individui sarebbero in grado di porre in essere analisi costi-benefici corrette e compiere conseguenti scelte razionali che, in forma aggregata, porterebbero alla massi-mizzazione della ricchezza sociale (o, secondo un’altra espressione, del benessere complessivo)12.

verso il semplice consenso, purché liberamente manifestato, anche un migliore sistema economico, ma prima di tutto un’irrinunciabile garanzia di libertà».

10 Come avverte A. Gentili, Il ruolo della razionalità cognitiva nelle inva-lidità negoziali, cit., pp. 88 s., l’homo oeconomicus e assunto come un modello normativo, «cioe indica cosa dovrebbe essere, non cosa di fatto e».

11 Questa riflessione e di F. Denozza, La frammentazione del soggetto nel pensiero giuridico tardo-liberale, in «Rivista del diritto commerciale e del diritto generale delle obbligazioni», pp. 13 ss., spec. pp. 26 s. Secondo A. Gentili, Il ruolo della razionalità cognitiva nelle invalidità negoziali, cit., p. 100: «e stato poco o nulla notato che – nonostante una (fosse pure inconsapevole) adesione dei codici in generale e del nostro in particolare al paradigma neo-classico – essi mai hanno preteso per la validità della scelta economica sottesa al patto quel che il paradigma neoclassico pretenderebbe: la massimizzazione del vantaggio. Hanno sempre ritenuto sufficiente (in termini di validità) che la scelta economica tradottasi nel regolamento negoziale desse agli interessi una sistemazione soddisfacente».

12 Cfr. M. Friedman, Essays in Positive Economics, Chicago, University of Chicago Press, 1953, pp. 15 ss.; R. Posner, Economic Analysis of Law, 5ª ed., Boston, Wolters Kluwer, 1998, p. 3; T.S. Ulen, Rational Choice Theory in Law and Economics, in B. Bockaert e G. De Geest (a cura di), Encyclopedia of Law and Economics, Cheltenham, Edward Elgar, 1999. Per una critica, fra molte, della teoria della scelta razionale cfr. M.C. Nussbaum, Flawed Foundations:

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L’assioma fondamentale posto a giustificazione delle condotte umane e dunque quello dell’egoismo (il c.d. self-interest), mentre le motivazioni disinteressate ed altruistiche dell’agire umano sono per lo più trattate alla stregua di deviazioni dal paradigma del comportamento razionale13.

In sostanza, il soggetto e concepito alla stregua di un imprendito-re di se stesso, «uno che organizza tutta la sua vita intorno all’obietti-vo di massimizzare la soddisfazione delle sue preferenze, allo stesso modo in cui l’imprenditore tenta di massimizzare il suo profitto»14.

Alla luce di quanto esposto e dunque evidente che la realtà del mercato energetico europeo brevemente tratteggiata nella premessa di questo studio e in patente contrasto con il modello dell’homo oeconomicus e in particolare con la sua (presunta) capacità di porre in essere scelte in grado di massimizzare la soddisfazione delle proprie preferenze.

Infatti, come si e visto, diversamente dal comportamento atteso da un soggetto razionale, la maggior parte dei consumatori si astiene dal porre in essere un’analisi costi-benefici delle diverse tariffe energetiche fra loro in competizione e potenzialmente coerenti con le proprie abitudini di consumo, rinunciando così alla massimizzazione della propria utilità (che si otterrebbe con l’adesione all’offerta economicamente più conveniente).

The Philosophical Critique of (a Particular Type of) Economics, in «University of Chicago Law Review», 64, 1997, pp. 1197 ss.

13 G. Resta, Gratuità e solidarietà: fondamenti emotivi e «irrazionali», in G. Rojas Elgueta e N. Vardi (a cura di), Oltre il soggetto razionale, cit., p. 135, ricorda che Karl Polanyi «ha mostrato come l’intero paradigma dell’homo oe-conomicus sia parte integrante di un “programma ideologico” sviluppato con l’avvento della rivoluzione industriale e poi elevato a dogma ordinante dall’e-conomia neoclassica, ma non suscettibile di universalizzazione né nel tempo né nello spazio». Secondo l’Autore: «Che la cultura giuridica avesse interiorizzato una vera e propria “ermeneutica del sospetto” nei confronti degli atti gratuiti e un dato ben noto e coerente con la fondamentale ristrutturazione dei rapporti sociali ed economici connessa all’avvento del diritto borghese» (ibidem, p. 128).

14 Queste parole sono di F. Denozza, La frammentazione del soggetto nel pensiero giuridico tardo-liberale, cit., p. 19. Nella prospettiva tracciata da Denozza, dove si mette in evidenza come il neo-liberalismo abbia dettato il passaggio dal governo dei grandi aggregati all’analisi delle singole transazioni, mi permetto di rinviare a G. Rojas Elgueta, Profili sistematici dell’esdebitazione: dalla limitazione di responsabilità dell’imprenditore alla protezione sociale del consumatore, in «Rivista di diritto privato», 2014, pp. 261 ss., dove l’istituto dell’esdebitazione e descritto come un rimedio al sovraindebitamento del consumatore «imprenditore di se stesso».

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3. Il soggetto debole e il diritto privato europeo

A partire dalla fine del XIX secolo, con l’ascesa del paradigma del cittadino-consumatore e del conseguente consumerismo, il ra-gionamento giuridico si arricchisce di un nuovo modello di indivi-duo – il soggetto debole – che, gradualmente, si affianca, senza so-stituirlo, al soggetto «neutro» proprio delle codificazioni moderne.

In sostanza, gli ordinamenti giuridici prendono atto del fatto che, nei rapporti di scambio, esistono soggetti forti e soggetti deboli e che, conseguentemente, sul piano dei rimedi, e neces-sario andare al di là della tradizionale distinzione fra soggetti capaci e soggetti incapaci.

È in questo clima culturale che si sviluppa il diritto privato europeo ed in particolare il diritto dei consumatori, la cui de-bolezza negoziale viene intesa come il principale ostacolo ad un pieno sviluppo della concorrenza e dei mercati15.

In una prospettiva ordoliberale, dove lo stato rinunzia ad essere un attore economico, il diritto privato europeo si propone allora come diritto regolatorio16 e, in particolare, come indispensabile momento correttivo dei fallimenti del mercato17.

Coerentemente con la logica massimizzante dell’economia neo-classica e dell’analisi economica del diritto, il legislatore co-munitario si propone di correggere quelle disfunzioni del mercato che impediscono «la realizzazione di transazioni che potrebbero

15 In generale, sul diritto privato europeo, cfr. G. Alpa, Introduzione al diritto dei consumatori, Roma-Bari, Laterza, 2006; Id., Introduzione al diritto contrattuale europeo, Roma-Bari, Laterza, 2007; C. Castronovo e S. Mazzamuto (a cura di), Manuale di diritto privato europeo, voll. 1-3, Milano, Giuffre, 2007; C. Amato, Per un diritto europeo dei contratti dei consumatori, Milano, Giuffre, 2003; A.M. Mancaleoni, I contratti con i consumatori tra diritto comunitario e diritto comune europeo, Napoli, Jovene, 2005.

16 Sul diritto privato regolatorio cfr. A. Zoppini, Diritto privato vs diritto amministrativo (ovvero alla ricerca dei confini tra Stato e mercato), in V. Roppo e P. Sirena (a cura di), Il diritto civile, e gli altri, Milano, Giuffre, 2013, pp. 378 ss.

17 A. Gentili, Il ruolo della razionalità cognitiva nelle invalidità negoziali, cit., p. 79, mette in luce la diversa funzione del diritto comunitario e del diritto interno affermando che: «Alla base di queste funzioni diverse (non necessa-riamente inconciliabili) sta un diverso sguardo sul reale. Che (traducendo una tradizionale distinzione dell’economista) si potrebbe definire macrogiuridico per il diritto comunitario e microgiuridico per i diritti interni. Se si vuole un lessico più familiare, si può dire che il diritto comunitario dello scambio regola il mercato, laddove il diritto interno dello scambio regola il contratto».

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migliorare il benessere delle parti coinvolte»18 o, detto in altri termini, che impediscono i miglioramenti paretiani19.

In particolare, l’ordinamento comunitario ha fatto propri i postulati dell’economia dell’informazione, secondo cui il falli-mento del mercato e determinato dall’asimmetria informativa esistente fra i professionisti e i consumatori, dove i primi sono in grado di sfruttare, a detrimento dei secondi, un particolare vantaggio informativo20.

Da questo punto d’avvio, il diritto privato europeo assume, quasi alla stregua di un mantra, che il fallimento del mercato derivante dalla debolezza del consumatore possa essere superato attraverso l’imposizione di obblighi informativi imposti in capo ai professionisti21. In questa prospettiva, gli obblighi d’informa-zione, correggendo l’iniziale asimmetria fra le parti, dovrebbero ripristinare una condizione di equilibrio nella fase precontrattuale del rapporto di scambio22.

Secondo quest’impostazione, del tutto coerente con la teo-ria della scelta razionale sopra descritta, l’imposizione in capo

18 Così, espressamente, F. Denozza, La frammentazione del soggetto nel pensiero giuridico tardo-liberale, cit., p. 41.

19 Com’e noto, un’allocazione X si dice preferita nel senso di Pareto o Pareto superiore ad un’altra allocazione Y qualora sia in grado di migliorare la posizione di almeno un soggetto mantenendo perlomeno pari all’allocazione Y il livello di soddisfazione degli altri consociati. Sul criterio di Pareto cfr., fra gli altri, R.H. Frank, Microeconomia – comportamento razionale, mercato, istituzioni, Milano, McGraw-Hill, 1992, p. 633.

20 La più nota elaborazione teorica dell’asimmetria informativa e quella di G. Akerlof, The Market for Lemons. Quality Uncertainty and the Market Mechanism, in «Quarterly Journal of Economics», 84, 1970, pp. 488 ss.

21 La limitatezza di prospettiva del legislatore comunitario, assorbito dentro la logica dell’asimmetria informativa, e denunciata, fra gli altri, da A. Somma, Giustizia sociale nel diritto europeo dei contratti, in «Rivista critica del diritto privato», 2005, pp. 75 ss.

22 «Nella logica sottesa all’economia dell’informazione, si ritiene che, quando l’asimmetria informativa deriva dal differente potere di mercato di cui si avvantaggia una delle parti, al fine di riequilibrare il rapporto e sufficiente imporre alla parte forte taluni obblighi d’informazione, che da soli sarebbero sufficienti a riequilibrare il rapporto e a consentire al mercato di funzionare». Queste parole sono di A. Zoppini, Le domande che ci propone l’economia com-portamentale, cit., p. 17. Per una puntuale applicazione di questa prospettiva nel diritto comunitario cfr. L. Di Donna, La disciplina degli obblighi informativi precontrattuali nella direttiva sul credito al consumo, in «Giurisprudenza italia-na», 2010, pp. 223 ss.; L. Modica, Il contratto di credito ai consumatori nella nuova disciplina comunitaria, in «Europa e diritto privato», 2009, pp. 785 ss.

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ai professionisti dell’obbligo di fornire informazioni complete sarebbe sufficiente a restituire al consumatore quel presup-posto di razionalità indispensabile perché possa analizzare le offerte, confrontarle e porre in essere la scelta di acquisto più conveniente.

Provando a descrivere in una frase la logica del diritto europeo dei consumatori, si potrebbe dire che questo e volto a «ripristi-nare le condizioni di esercizio della razionalità degli agenti»23.

Di tale impostazione del diritto privato europeo si potrebbero fare numerosi esempi. In questa sede e sufficiente ricordare:

a) l’art. 169, comma 1, del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea24;

b) l’art. 5 («Obblighi d’informazione per contratti diversi dai contratti a distanza o negoziati fuori dei locali commerciali») della Direttiva 2011/83/UE sui diritti dei consumatori;

c) la Parte II, Titolo II, del d.lgs. n. 206/2005 (Codice del consumo) dedicato all’«Informazione ai consumatori»;

d) con precipuo riguardo al tema oggetto di questo studio, le Direttive 2009/72-73/EC (il c.d. terzo pacchetto energia) ed in particolare gli Allegati I contemplanti le «Misure sulla tutela dei consumatori».

4. Oltre il soggetto razionale

La profonda distanza tra il dato teorico dell’economia dell’in-formazione, trasposto negli obblighi informativi del diritto priva-to europeo, e il dato empirico, consistente nella scarsa capacità dei consumatori di porre in essere scelte efficienti, svela i limiti dello stesso presupposto del diritto europeo dei consumatori e cioe che gli individui, poiché soggetti razionali, sarebbero capaci di processare correttamente tutte le informazioni di cui sono destinatari.

23 Quest’espressione e di F. Denozza, La frammentazione del soggetto nel pensiero giuridico tardo-liberale, cit., p. 43, nota 68.

24 «Al fine di promuovere gli interessi dei consumatori ed assicurare un livello elevato di protezione dei consumatori, l’Unione contribuisce a tutelare la salute, la sicurezza e gli interessi economici dei consumatori nonché a pro-muovere il loro diritto all’informazione, all’educazione e all’organizzazione per la salvaguardia dei propri interessi».

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In altri termini, la scarsa dinamicità del lato della domanda dei mercati, fra cui quello energetico, revoca in dubbio lo stesso assunto sotteso al diritto privato: la razionalità dei soggetti25.

Ciò spinge l’interprete a osservare il dato fenomenico at-traverso un nuovo prisma concettuale maggiormente idoneo a spiegare quello che appare essere un «angolo buio» del sistema26.

In questo senso, il metodo d’indagine più attrezzato a com-prendere i processi decisionali degli individui e, fra questi, dei consumatori e senz’altro il metodo proposto dalla behavioral law and economics dove, in aperto contrasto con l’economia neo-classica e la teoria della scelta razionale, si assume come fondamentale postulato che gli individui siano spesso affetti da una razionalità limitata (c.d. bounded rationality)27.

L’approccio behavioral, aggiungendo i risultati della psicologia cognitiva all’impostazione tradizionale dell’analisi economica del diritto, consente di costruire i modelli comportamentali attesi in termini più realistici e «umani», migliorando, rispetto all’analisi gius-economica, la previsione degli effetti prodotti dalle norme giuridiche28.

25 Un altro esempio che mette in luce il fallimento del lato della domanda di un mercato e quello del credito al consumo. Infatti, nonostante la Diretti-va 2008/48/CE «relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE» si ispiri alla suggestione secondo cui una corretta informazione precontrattuale sarebbe sufficiente a promuovere un credito «responsabile», i dati empirici dimostrano come gli individui non riescano a percepire il costo reale delle loro scelte finanziarie e a selezionare un efficiente livello di indebitamento. Sul punto mi permetto di rinviare a G. Rojas Elgueta, L’esdebitazione del debitore civile: una rilettura del rapporto civil law-common law, in «Banca, borsa, titoli di credito», 2012, I, pp. 310 ss., spec. pp. 337 ss.

26 A. Zoppini, Le domande che ci propone l’economia comportamentale, cit., p. 12, ricorda come «il compito del giurista teorico e quello di mettere costantemente in discussione il proprio sapere, di guardare negli angoli bui del sistema per provare a vedere cosa in essi si nasconda – come ama ripetere nelle sue lezioni Guido Calabresi –, di anticipare e antevedere problemi futuri».

27 La nozione di bounded rationality si deve a H.A. Simon, A Behavioral Model of Rational Choice, in «Quarterly Journal of Economics», 69, 1955, pp. 99 ss.; Id., Models of Man: Social and Rational, New York, John Wiley and Sons Inc., 1957, pp. 270 ss.

28 In generale, sul metodo della behavioral law and economics cfr. R.H. Thaler, Doing Economics Without Homo Economicus, in Foundations of Re-search in Economics: How Do Economists Do Economics?, Cheltenham, UK – Northampton (Massachusetts, USA), Edward Elgar Publishing, 1996, pp. 227 ss.; C. Jolls, C.S. Sunstein e R.H. Thaler, A Behavioral Approach to Law and

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Infatti, gli studi di behavioral law and economics impongo-no al giurista di ragionare secondo un diverso paradigma: gli individui non rispondono agli incentivi (le norme giuridiche) in modo razionale ma, a causa di heuristic e bias, deviano sistema-ticamente dalle scelte in grado di massimizzare la loro utilità e adottano comportamenti, come esemplarmente e l’atteggiamento della maggior parte dei fruitori di energia, che possono implicare conseguenze per essi pregiudizievoli29.

Ciò che rende gli studi di psicologia cognitiva un dato ir-rinunciabile per il giurista non e semplicemente l’osservazione dell’esistenza di limiti cognitivi ma il fatto che essi si registrino in modo costante e prevedibile30. Ed e proprio tale regolarità statistica che mette in gravissima crisi il modello dell’homo oeconomicus31.

In particolare, l’osservazione di processi decisionali non massimizzanti e resa possibile dal fatto che l’allargamento alla psicologia cognitiva consente di tenere in conto anche fattori endogeni ai soggetti (le emozioni, le scorciatoie mentali, i valori diversi dal self-interest), diversamente dall’analisi tradizionale

Economics, in «Stanford Law Review», 50, 1998, pp. 1471 ss.; R.B. Korobkin, Law and Behavioral Science: Removing the Rationality Assumption from Law and Economics, in «California Law Review», 88, 2000, pp. 1051 ss.; C.R. Sunstein (a cura di), Behavioral Law and Economics, Cambridge, Cambridge University Press, 2000; F. Parisi e V. Smith, The Law and Economics of Irrational Behavior, Stanford, Stanford University Press, 2005; E. Zamir e D. Teichman, The Oxford Handbook of Behavioral Economics and the Law, Oxford, Oxford University Press, 2014.

29 Le c.d. euristiche possono essere definite come delle scorciatoie mentali che gli individui adottano al fine di agevolare (e velocizzare) i loro processi decisionali. Sul punto cfr. I.P. Levin e J.V. Hinrichs, Experimental Psychology: Contemporary Methods and Applications, Madison (Wisconsin), William Brown Pub., 1995, pp. 246 s. D’altro lato i bias consistono in errori cognitivi sistematici che risultano in un’erronea predizione circa le probabilità che una determinata scelta porti a un determinato evento. Per una definizione di bias cfr. R.B. Ko-robkin, Law and Behavioral Science, cit., 1084. Sul punto e d’obbligo il rinvio agli studi svolti da D. Kahneman e A. Tversky, Judgement under Uncertainty: Heuristics and Biases, in D. Wendt e C.A. Vlek (a cura di), Utility, Probability and Human Decision Making, Dordrecht, Kluwer, 1975, pp. 141 ss.; Id., Choi-ce, Values, and Frames, in «American Psychologist», 39, 1984, pp. 341 ss. Di recente cfr. D. Kahneman, Thinking: Fast and Slow, London, MacMillan, 2011 (trad. it. Pensieri lenti e veloci, Milano, Mondadori, 2012).

30 Sul punto, esemplarmente, cfr. D. Ariely, Predictably Irrational. The Hidden Forces That Shape Our Decisions, New York, Harper Perennial, 2010.

31 Cfr. R.B. Korobkin, Law and Behavioral Science, cit., p. 1085.

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costretta nell’osservazione di soli fattori esogeni (ad es., il dato istituzionale per cui un contraente ha più informazioni di un altro).

Ne deriva che, secondo l’approccio behavioral, diversamente da quanto teorizzato da coloro che assumono l’asimmetria infor-mativa come momento fondante dei fallimenti del mercato, le scelte dei consumatori non dipendono soltanto da un’informa-zione subottimale ma anche, se non soprattutto, da una capacità subottimale di processare le informazioni stesse32.

5. Gli errori cognitivi del consumatore energetico

È dunque attraverso le lenti della behavioral law and economics che si deve tentare di spiegare il perché i processi decisionali dei consumatori energetici non siano coerenti con i comportamenti attesi.

All’interno della variegata gamma di deviazioni dal comporta-mento razionale osservate attraverso studi empirici e sperimentali, con particolare riguardo al mercato energetico, meritano di essere segnalati i seguenti errori cognitivi:

a) Endowment Effect e Staus Quo BiasSecondo la teoria della scelta razionale, un soggetto, se po-

sto dinanzi ad una scelta fra due beni, dovrebbe confrontarne il valore, scegliendo quel bene che, rispetto al proprio sistema di preferenze, ha il valore più alto. Rispetto al proprio processo decisionale, la circostanza che il soggetto sia già proprietario di uno di questi due beni dovrebbe essere del tutto irrilevante. Tuttavia, una corposa serie di studi empirici dimostra come gli individui tendano ad attribuire un valore economico maggiore ai beni che sono già di loro proprietà33.

Questo fenomeno, noto come endowment effect, si inserisce all’interno di una tendenza dell’individuo ancora più generale, consistente nel valutare maggiormente uno stato delle cose quando questo risulti essere lo status quo (c.d. status quo bias)34.

32 Cfr. O. Ben-Shahar e C.E. Schneider, More Than You Wanted to Know: The Failure of Mandated Disclosure, Princeton, Princeton University Press, 2014.

33 Sul punto cfr. R.B. Korobkin, Law and Behavioral Science, cit., pp. 1107 ss.; R.H. Thaler, Toward a Positive Theory of Consumer Choice, in «Journal of Economic Behavior & Organization», 1, 1980, pp. 39 ss., spec. p. 44.

34 Cfr. R.B. Korobkin, Law and Behavioral Science, cit., pp. 1111 s.; W.

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Lo status quo bias offre dunque una possibile spiegazione al dato secondo il quale solo il 20% dei consumatori interagisce attivamente con le dinamiche del mercato e, lasciando il regime dell’ex monopolista (lo status quo), coglie le opportunità di ri-sparmio derivanti dalla liberalizzazione del mercato energetico35.

b) Loss Aversion Un’ulteriore deviazione dalla teoria della scelta razionale, ed in

particolare dalla teoria dell’utilità attesa, consiste nella tendenza degli individui ad attribuire alle perdite un valore maggiore rispetto ai guadagni (in altri termini, gli individui preferiscono evitare una perdita piuttosto che ottenere un guadagno equivalente)36.

Questo fenomeno, noto come loss aversion, contribuisce a spiegare i risultati di uno studio condotto dal regolatore britan-nico nel 2008, secondo cui il 58% dei consumatori intervistati ha risposto di temere che qualcosa vada storto nel momento del switching ad un nuovo operatore e ciò nonostante solo il 12% ritenga che la modifica di fornitore sia effettivamente complessa37.

c) Elimination by AspectsInfine, l’analisi empirica dei processi decisionali dimostra

come gli individui, quando posti di fronte a una scelta, tendano a selezionare un’opzione soltanto soddisfacente, rinunciando a quella che massimizza la loro utilità.

Questo comportamento non deve essere necessariamente inteso come un errore cognitivo, posto che risponde all’esigenza di minimizzare i costi intrinseci nei processi decisionali, costi che divengono eccessivi quando si pretenda di processare tutte le informazioni necessarie all’adozione dell’opzione massimizzante38.

Coerentemente con questa, inconsapevole, strategia cogni-tiva, gli individui tendono ad individuare l’attributo per essi più importante che si prefiggono di trovare nel prodotto da selezionare. La scelta avviene dunque confrontando i prodotti

Samuelson e R. Zeckhauser, Status Quo Bias in Decision Making, in «Journal of Risk and Uncertainty», 1, 1988, pp. 7 ss.

35 Sul punto cfr. OFGEM, What Can Behavioural Economics Say About GB Energy Consumers?, cit., pp. 6 s.

36 D. Kahneman e A. Tversky, Prospect Theory: An Analysis of Decision Under Risk, in «Econometrica», 47, 1979, pp. 263 ss.

37 Cfr. OFGEM 2008, Energy Supply Probe, Initial Findings Report, 57, di-sponibile alla pagina web https://www.ofgem.gov.uk/ofgem-publications/38437/energy-supply-probe-initial-findings-report.pdf.

38 Cfr. R.B. Korobkin, Law and Behavioral Science, cit., pp. 1075 s.

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(nel caso oggetto di questo scritto, le tariffe energetiche) rispetto all’attributo prescelto e scegliendo il prodotto con questo più coerente (c.d. elimination by aspects)39.

Questa strategia decisionale comporta che i consumatori non valutino tutte le possibili offerte del mercato ma si fermino non appena trovano un’offerta che soddisfi i requisiti minimi di accettabilità rispetto agli attributi da essi selezionati.

Ciò contribuisce a spiegare il perché quei consumatori che pure si attivano per modificare il fornitore energetico spesso non scelgono la tariffa più conveniente (solo 1/5 sembra scegliere il prezzo migliore, mentre 1/5 dei consumatori seleziona una tariffa addirittura più sconveniente di quella precedente)40.

6. Errori cognitivi e interventi regolatori behaviorally informed

L’acquisita consapevolezza che gli individui deviano sistemati-camente dal modello di razionalità attesa impone di ripensare gli interventi regolatori che si propongono di correggere i fallimenti del mercato.

Gli interventi di policy, per essere realmente efficaci, devono rinunciare ad eccessive astrazioni e semplificazioni (come tipi-camente e il paradigma dell’homo oeconomicus) e adottare un approccio problematico che incorpori i risultati delle scienze cognitive (c.d. behaviorally informed regulation)41.

39 Cfr. ibidem, p. 1079.40 Questi sono i risultati di uno studio condotto da Catherine Waddams

riportati in F. Di Porto e L. Lorenzoni (a cura di), Il consumatore nel mercato europeo dell’energia, Preparatory Document: Consumer Protection in Europe, 38, disponibile alla pagina web http://www.consumersforum.it/files/CF.info/Bro-chure_AU_IL_CONSUMATORE_NEL_MERCATO_EUROPE_DELL_ENER-GIA.pdf. Cfr. anche C.M. Wilson e C. Waddams, Do Consumers Switch to the Best Suppliers?, in «Oxford Economic Papers», 2010. Sul punto cfr. anche OFGEM, What Can Behavioural Economics Say About GB Energy Consumers?, cit., pp. 5 s.

41 Sul punto cfr. esemplarmente, R.H. Thaler e C.R. Sunstein, Nudge. Improving Decisions about Health, Wealth, and Happiness, New Haven, Yale University Press, 2008 (trad. it. Nudge, La spinta gentile. La nuova strategia per migliorare le nostre decisioni su denaro, salute, felicità, Milano, Feltrinelli, 2009); C.R. Sunstein, Empirically Informed Regulation, in «University of Chicago Law Review», 78, 2011, pp. 1349 ss.; Id., Nudges.gov: Behavioral Economics and Regulation, in E. Zamir e D. Teichman (a cura di), The Oxford Handbook of Behavioral Economics and the Law, cit., pp. 719 ss.

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In questa sede ci si limiterà a passare brevemente in rassegna alcune strategie regolatorie behaviorally informed che potreb-bero avere significative ricadute nella correzione del mercato energetico.

6.1. Product-Attribute Information

Una prima strategia regolatoria, che può essere ricondot-ta entro la più tradizionale product-attribute information, si propone di rendere più efficaci gli obblighi informativi tipica-mente imposti ai professionisti con riguardo agli attributi dei prodotti42.

All’interno di tale strategia si possono annoverare i seguenti interventi regolatori:

a) Diminuzione delle offertePreso atto che i fallimenti del mercato non dipendono (solo)

da un livello subottimale di informazioni bensì (soprattutto) da una subottimale capacità di processarle, una possibile risposta regolatoria consiste nel limitare il numero di offerte disponibili43.

Diversamente dagli assunti tradizionali dell’economia neo-classica, secondo i quali l’aggiunta di ulteriori opzioni non può mai essere dannosa per i consumatori, un significativo numero di studi dimostra che in vari settori (ad es., la previdenza comple-mentare) l’aumento dell’offerta ha determinato una contrazione della domanda (problema noto come choice overload)44.

Da qui, il regolatore britannico (OFGEM) ha proposto una radicale semplificazione e diminuzione delle offerte tariffarie per renderle effettivamente comprensibili e comparabili da parte degli utenti45.

42 E. Brodi, Abitudini e preferenze di consumo. Nuove forme di disclosure per la tutela del consumatore, in «Mercato Concorrenza Regole», 2012, pp. 393 ss.; Id., «Product-Attribute Information» and «Product-Use Information»: Smart Disclosure and New Policy Implications for Consumers’ Protection, disponibile alla pagina web http://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=2142734.

43 C.R. Sunstein, Nudges.gov: Behavioral Economics and Regulation, cit., p. 73.

44 Ibidem.45 Sul punto cfr. F. Di Porto e L. Lorenzoni, Executive Summary, in Il

consumatore nel mercato europeo dell’energia, cit., p. 14.

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b) Smart Disclosure e Contract DesignNello stesso senso, le scienze cognitive dimostrano come il

dogma dell’informazione completa debba essere sostituito con quello di un’informazione intelligente (c.d. smart disclosure)46.

In altri termini, perché le informazioni possano essere effet-tivamente processate dai consumatori e necessario che queste siano esposte in modo «chiaro e conciso»47. Al contempo, i regolatori, attraverso l’ausilio di linguisti e psicologi, devono provvedere all’elaborazione di standard minimi e generali per la redazione di prospetti informativi (ma lo stesso ben può valere, ad esempio, per la redazione della bolletta energetica), dove sia fatto uso di un design, formato e carattere di immediata lettura e comprensione48.

46 R.H. Thaler e W. Tucker, Smarter Information, Smarter Consumers, in «Harvard Busines Review», 2013, disponibile alla pagina web https://hbr.org/2013/01/smarter-information-smarter-consumers.

47 Così ad esempio e richiesto dall’art. 125-bis del T.U.B. (d.lgs. 1 settem-bre 1993, n. 385, come modificato dall’art. 1 d.lgs. 13 agosto 2010, n. 141).

48 C.R. Sunstein, Nudges.gov: Behavioral Economics and Regulation, cit., p. 7, dove si legge che: «In keeping with this theme, the Consumer Financial Protection Bureau is authorized to ensure that “consumers are provided with timely and understandable information to make responsible decisions about financial transactions.” (Dodd-Frank Act, 2010). The Bureau is also authorized to issue rules that ensure that information is “fully, accurately, and effectively disclosed to consumers in a manner that permits consumers to understand the costs, benefits, and risks associated with the product or service, in light of the facts and circumstances.” (Dodd-Frank Act, 2010). To accomplish this task, the Bureau is authorized to issue model forms with “a clear and conspicuous disclo-sure that, at a minimum—(A) uses plain language comprehensible to consumers; (B) contains a clear format and design, such as an easily readable type font; and (C) succinctly explains the information that must be communicated to the con-sumer”». In questa direzione si segnala l’Allegato II alla Direttiva 2008/48/CE «relativa ai contratti di credito ai consumatori e che abroga la direttiva 87/102/CEE», con riguardo alla redazione dei documenti informativi concernenti il credito al consumo. Nello stesso senso cfr. le disposizioni adottate dalla Banca d’Italia su «Trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari. Cor-rettezza delle relazioni tra intermediari e clienti anche con il contributo delle segnalazioni ricevute dall’utenza bancaria e finanziaria» (Provvedimento del 9.2.2011 che integra il Provvedimento del 29.7.2009). Le previsioni definiscono standard minimi e generali di redazione dei documenti informativi predisposti per la clientela (struttura dei documenti, informazioni essenziali da fornire, scelte lessicali, standardizzazione di alcune tipologie di contratti più diffusi). Cfr. anche l’iniziativa «bolletta 2.0» dell’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico (http://www.autorita.energia.it/it/com_stampa/14/141020.htm).

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c) Automatic ProtectionIn una prospettiva più marcatamente paternalistica, gli ordina-

menti possono delegare i regolatori alla redazione di determinati contratti aventi un contenuto tipico determinato49.

L’adesione al contratto standard comporta una tutela automa-tica del consumatore se si assume che questi non sarebbe stato in grado di selezionare il contenuto negoziale a lui più favorevole50.

6.2. Product-Use Information

Un più recente filone d’indagine ha messo in luce ulteriori limiti di prospettiva degli interventi regolatori volti alla correzione delle asimmetrie informative fra professionisti e consumatori.

Infatti, tradizionalmente, si e ritenuto indispensabile rendere edotto il consumatore circa gli attributi dei prodotti offerti nel mer-cato, omettendo di considerare l’importanza di un altro set di infor-mazioni, consistente nelle proprie abitudini di consumo con riguar-do ad un certo prodotto o servizio (c.d. product-use information)51.

49 In questo senso, cfr. l’art. 117, comma 8, T.U.B. (d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385, come modificato dall’art. 4, comma 2, d.lgs. 13 agosto 2010, n. 141, come modificato dall’art. 3 d.lgs. 14 dicembre 2010, n. 218): «La Banca d’Italia può prescrivere che determinati contratti, individuati attraverso una particolare denominazione o sulla base di specifici criteri qualificativi, abbiano un contenuto tipico determinato. I contratti difformi sono nulli. Resta ferma la responsabilità della banca o dell’intermediario finanziario per la violazione delle prescrizioni della Banca d’Italia».

50 Un tipico esempio di redazione di un contratto standard da parte di un regolatore si rinviene nel provvedimento della Banca d’Italia del 29 luglio 2009, recante «Disposizioni sulla trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari e finanziari. Correttezza delle relazioni tra intermediari e clienti». Con tali disposizioni la Banca d’Italia ha previsto «la facoltà degli intermediari di offrire ai consumatori un prodotto – denominato “Conto corrente semplice” – destinato a una clientela con esigenze di base e avente caratteristiche standard definite, a pena di nullità, dalla Banca d’Italia d’intesa con la CONSOB (sez. III, par. 4 del provvedimento). Il “Conto corrente semplice” permette al cliente, a fronte di un canone annuo fisso, di usufruire di un numero determinato di operazioni e di servizi stabilito dalla Banca d’Italia sulla base di un accordo tra l’ABI e la maggioranza delle associazioni dei consumatori facenti parte del CNCU (di seguito, l’Accordo)». Sul punto cfr. https://www.bancaditalia.it/dotAsset/a9f4fcc5-489b-4910-9df4-38f556e1f669.pdf.

51 Sul punto cfr. O. Bar-Gill e O. Board, Product-Use Information and the Limits of Voluntary Disclosure, in «American Law and Economics Review», 14,

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Come dimostrato dall’evidenza empirica, i consumatori per lo più ignorano le proprie abitudini di consumo (ad es., la quantità di corrente elettrica consumata nelle diverse fasce orarie), ciò che rende particolarmente complessa la selezione dell’offerta che meglio risponde a tali abitudini52.

È all’interno di questo dibattito che si iscrivono alcune stra-tegie regolatorie che meritano di essere menzionate:

a) RECAPUn primo esempio di interventi regolatori basati sulle product-

use information e il modello che va sotto il nome di RECAP (Record, Evaluate and Compare Alternative Prices).

In sostanza, secondo tale impostazione, i professionisti dovrebbero essere obbligati ad informare il consumatore cir-ca le proprie abitudini di consumo attraverso un documento elettronico. Ciò consentirebbe ai consumatori di immettere tali informazioni in motori di ricerca elettronici volti a individuare l’offerta di mercato più conveniente rispetto alle proprie abitu-dini di consumo53.

b) Energy Saving ToolsUna possibile risposta alla scarsa capacità degli individui di

percepire i costi delle proprie abitudini di consumo (ad es., di-menticare le luci accese) e offerta da strumenti tecnologici volti a rendere edotti i consumatori dei propri livelli di consumo in tempo reale (e non, ad esempio, solo periodicamente attraverso l’invio della bolletta energetica).

2012, pp. 235 ss.; O. Bar-Gill e F. Ferrari, Informing Consumers About Them-selves, in «Erasmus Law Review», 3, 2010, pp. 93 ss. Per un’analisi di interventi di policy basati sulle product-use information nell’ordinamento italiano, cfr. E. Brodi, «Product-Attribute Information» and «Product-Use Information», cit., pp. 2 ss.

52 E. Brodi, «Product-Attribute Information» and «Product-Use Informa-tion», cit., p. 4.

53 Il modello RECAP e stato proposto da R.H. Thaler e C.R. Sunstein, Nudge, cit., p. 173. Negli Stati Uniti, i consumatori possono accedere ai dati relativi ai loro consumi attraverso il sito Green Button (http://www.greenbut-tondata.org). Sulla scorta di questo modello, l’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico ha elaborato il motore di ricerca «Trova Offerte» (http://www.autorita.energia.it/it/trovaofferte.htm). Come evidenziato dalla stessa Autorità: «È importante sapere che le società di vendita non hanno l’obbligo di essere presenti nel Trova Offerte né di inserire tutte le proposte commerciali disponibili. La scelta e del tutto volontaria: di conseguenza, sul mercato posso-no esserci altre offerte e altre società che non compaiono nel Trova Offerte».

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In questa direzione si muove l’introduzione dei contatori digitalizzati (o «intelligenti») che, consentendo ai consumatori di monitorare i propri consumi in modo costante, dovrebbero stimolare un consumo energetico più consapevole ed efficiente54.

In un’altra prospettiva, alcuni esperimenti hanno dimostrato come l’utilizzo di norme sociali possa contribuire ad incentivare abitudini di risparmio energetico nei consumatori.

In particolare, sfruttando dinamiche di pressione sociale (c.d. peer pressure) la municipalità di Sacramento, negli Stati Uniti, ha inviato in via sperimentale a tutti gli abitanti un reader-friendly Home Electricity Report.

In questo report si evidenziava l’uso energetico fatto dall’utente destinatario, specificando la percentuale maggiore o minore di energia consumata in confronto ai propri vicini.

Da tale esperimento emerge che i consumatori tendono a modificare le proprie abitudini di consumo, assumendo com-portamenti più virtuosi, quando si rendono conto di consumare più energia rispetto ai propri vicini55.

54 Sul punto, cfr. F. Di Porto e L. Lorenzoni, Executive Summary, in Il consumatore nel mercato europeo dell’energia, cit., p. 9. In questa stessa pro-spettiva, alcune aziende private hanno sviluppato strumenti di home energy monitors in grado di indicare su uno schermo il costo annuale dei consumi energetici in funzione del consumo corrente. La visione in tempo reale dei costi energetici (segnalata da un colore rosso quando questi superano livelli medi) induce gli utenti ad adottare comportamenti più virtuosi e ad ottenere significativi risparmi. Sul punto cfr. R.H. Thaler e C.R. Sunstein, Nudge, cit.

55 L’aspetto interessante e che coloro a cui e stato comunicato di consumare meno della media hanno consumato di più nel mese seguente. In sostanza, l’in-formazione di essere migliori della media aveva creato la sensazione di potersi lasciare un po’ andare (c.d. effetto boomerang). Questo ha portato all’idea di introdurre un emoticon col sorriso per rafforzare il senso di approvazione sociale del comportamento virtuoso. La sola introduzione dell’emoticon ha fatto scomparire del tutto l’effetto boomerang. Questo esperimento e stato condotto da I. Ayres, S. Raseman e A. Shih, Evidence from Two Large Field Experiments that Peer Comparison Feedback Can Reduce Residential Energy Usage, 2009, disponibile alla pagina web http://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=1434950.

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7. Conclusioni

Quanto proposto in questo scritto consente di tracciare alcune brevi conclusioni.

In primo luogo, il metodo della behavioral law and economics avverte il policy maker della necessità di incorporare nelle proprie strategie regolatorie i risultati a cui e pervenuta la psicologia co-gnitiva. Infatti, solo assumendo come punto d’avvio un modello di individuo più rispondente a quello reale e possibile prevedere in termini realistici gli effetti prodotti dalle norme giuridiche.

D’altra parte, il metodo behavioral non consente di costruire un modello unitario di soggetto, alternativo a quello dell’homo oeconomicus. Tale metodo, infatti, invita l’interprete ad adottare un approccio pragmatico, ad investigare in dettaglio le singole situazioni concrete, ad aggregare dati empirici astenendosi da qualsivoglia astrazione56.

Lo studioso non e pertanto chiamato all’elaborazione di un nuovo apparato teorico, alternativo a quello dell’economia neo-classica ma, piuttosto, a immaginare interventi sull’ordinamento di tipo chirurgico, da compiersi idealmente attraverso uno stretto dialogo non solo con l’economista ma, altresì, con gli esperti di scienze cognitive.

Se da un lato rimettersi agli interventi di microchirurgia degli esperti sembra essere la migliore fra le strade percorribili, dall’altro propone un nuovo problema e cioe quello degli errori cognitivi da cui anche gli esperti non sono esenti. Infatti, come e stato icasticamente detto da Griffin e Tversky, la predizione degli esperti e «often wrong but rarely in doubt»57.

56 C.R. Sunstein, Nudges.gov: Behavioral Economics and Regulation, cit., p. 726.

57 Cfr. D. Griffin e A. Tversky, The Weighing of Evidence and the Deter-minants of Confidence, in «Cognitive Psychology», 24, 1992, p. 412.

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