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Allegato al documento della classe 5 D SIMULAZIONE PRIMA PROVA SCRITTA 14 maggio 2014 Svolgi la prova scegliendo una delle quattro tipologie proposte. TIPOLOGIA A ANALISI DEL TESTO Aldo Palazzeschi (pseudonimo di Aldo Giurlani: Firenze 1885-Roma 1974). Di famiglia borghese, dopo aver frequentato in modo irregolare le scuole commerciali, si iscrive ad una scuola di recitazione e, per un breve tempo, fa l’attore. Debutta in poesia con la raccolta I cavalli bianchi, nel 1905, e le successive raccolte Lanterna (1907) e Poemi (1909), mostrando un atteggiamento disincantato e ironico, incline allo sperimentalismo. Si avvicinò al Futurismo (raccolta L’incendiario, 1910), dal quale però si distaccò presto non condividendone la politica interventista e allontanandosi dalla scelte poetiche e formali del Manifesto marinettiano. In seguito, e fino a tarda età, si dedicherà con successo alla prosa. Il testo in esame, che appartiene alla raccolta Poemi, del 1909, è il primo della raccolta e ha quindi funzione proemiale.

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Allegato al documento della classe 5 D

SIMULAZIONE PRIMA PROVA SCRITTA 14 maggio 2014

Svolgi la prova scegliendo una delle quattro tipologie proposte.

TIPOLOGIA A ANALISI DEL TESTO

Aldo Palazzeschi (pseudonimo di Aldo Giurlani: Firenze 1885-Roma 1974). Di famiglia borghese, dopo aver frequentato in modo irregolare le scuole commerciali, si iscrive ad una scuola di recitazione e, per un breve tempo, fa l’attore. Debutta in poesia con la raccolta I cavalli bianchi, nel 1905, e le successive raccolte Lanterna (1907) e Poemi (1909), mostrando un atteggiamento disincantato e ironico, incline allo sperimentalismo. Si avvicinò al Futurismo (raccolta L’incendiario, 1910), dal quale però si distaccò presto non condividendone la politica interventista e allontanandosi dalla scelte poetiche e formali del Manifesto marinettiano. In seguito, e fino a tarda età, si dedicherà con successo alla prosa. Il testo in esame, che appartiene alla raccolta Poemi, del 1909, è il primo della raccolta e ha quindi funzione proemiale.

Chi sono? (da Poemi, 1909)

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Son forse un poeta?No, certo.Non scrive che una parola, ben strana,la penna dell’anima mia:“follia”.Son dunque un pittore?Neanche.Non ha che un colorela tavolozza dell’anima mia:“malinconia”.Un musico allora?Nemmeno.Non c’è che una notanella tastiera dell’anima mia:“nostalgia”.Son dunque... che cosa?Io metto una lentedinanzi al mio cuore,per farlo vedere alla gente.Chi sono?Il saltimbanco dell’anima mia.

Metro. Il testo si ispira liberamente alla forma della Canzonetta di versi medio-brevi (dal ternario al novenario, con prevalenza di senari. E’ presente qualche endecasillabo). Pur essendo priva di schema rimico, nella poesia è possibile riscontrare delle costanti (rime baciate), oltre a rime e altre figure di suono. Va sottolineato come la Canzonetta, diversamente dalla Canzone, sia un genere adatto a temi leggeri.

RICHIESTE 1.0 Illustra, in poche righe, il contenuto informativo del testo.

2.0 Nel testo, come peraltro nel titolo, dominano le interrogative dirette. Su quale tema si concentrano? E’ corretto dire che esse “strutturano” il testo? Perché? Le risposte di che tipo sono?2.1 Dal punto di vista “narratologico”, la poesia potrebbe essere definita un soliloquio, sia pure in versi? Perché? La sintassi ti sembra colloquiale? 2.2 Concentrati ora sulle rime baciate, che evidenziano alcuni termini-chiave del testo peraltro in rima fra loro: “follia”:“malinconia”:“nostalgia”. “Follia” rispetto a cosa? “Malinconia” per cosa? “Nostalgia” di cosa? Nel formulare le tue riflessioni, ricordati che stiamo parlando della funzione e del ruolo del poeta nell’Italia del Primo Novecento: pensa a quale figura dominava la scena in quegli anni e all’idea nel nostro Paese ancora imperante di poeta-Vate. 2.3 Nei versi 17-19 il poeta afferma di mettere “una lente/dinanzi al mio cuore/per farlo vedere alla gente”. E’ un’immagine importante, perché, come si sa, da un lato la lente serve per ingrandire e vedere qualcosa di piccolo, dall’altra ingrandendolo... lo deforma! Che riflessioni ti suscita questa immagine? 2.4 Rifletti infine sull’immagine del saltimbanco, dell’acrobata o del clown che per strada intrattiene la gente con un breve spettacolo in cambio di qualche spicciolo.

3.0 L’immagine del poeta-saltimbanco, la si riscontra per la prima volta in Baudelaire, nei Fiori del male (1857), dove rivolgendosi alla Musa (e a se stesso) dice:

Ma lo vuoi ogni sera il tuo tozzo di pane? E arrangiati,agita l’incenso come un chierichetto,canta Te Deum ai quali tu non credi,

o esibisciti, saltimbanco a pancia vuota,tra lazzi e sorrisi intrisi di lacrime non viste,fa scoppiare la gente dalle risa!

L’invito dell’autore, evidente e sarcastico, è quello di adeguarsi alle insulse richieste “della gente” pur di vivere, di aderire fintamente a valori non propri (canta Te Deum ai quali non credi) per guadagnarsi, non la ricchezza, ma almeno un tozzo di pane.Anche altrove (Perdita d’aureola), Baudelaire aveva riflettuto sul ruolo ormai marginale dell’intellettuale nella società borghese.

Il testo di Palazzeschi ti permette quindi, in massima libertà, di riflettere sulla crisi che investe il ruolo del poeta e dell’intellettuale tra la seconda metà dell’Ottocento e l’inizio del Novecento in Europa e, successivamente, in Italia. Oltre a fare riferimento ad autori e opere, puoi anche riflettere sull’attualità, e sulla rilevanza/irrilevanza degli intellettuali nella società contemporanea.

TIPOLOGIA B - REDAZIONE DI UN “SAGGIO BREVE” O DI UN “ARTICOLO DI GIORNALE” (puoi scegliere uno degli argomenti relativi ai quattro ambiti proposti)

CONSEGNE

Sviluppa l’argomento scelto o in forma di «saggio breve» o di «articolo di giornale», utilizzando, in tutto o in parte, e nei modi che ritieni opportuni, i documenti e i dati forniti. Se scegli la forma del «saggio breve» argomenta la tua trattazione, anche con opportuni riferimenti alle tue conoscenze ed esperienze di studio. Premetti al saggio un titolo coerente e, se vuoi, suddividilo in paragrafi. Se scegli la forma dell’«articolo di giornale», indica il titolo dell’articolo e il tipo di giornale sul quale pensi che l’articolo debba essere pubblicato. Per entrambe le forme di scrittura non superare cinque colonne di metà di foglio protocollo

B1 AMBITO ARTISTICO-LETTERARIO

ARGOMENTO: Dalla parte del figlio. Autori e personaggi di fronte alla figura paterna

DOCUMENTI

Mio Signor Padre. Sebbene dopo aver saputo quello ch'io avrò fatto, questo foglio le possa parere indegno di esser letto, a ogni modo spero nella sua benignità che non vorrà ricusare di sentir le prime e ultime voci di un figlio che l'ha sempre amata e l'ama, e si duole infinitamente di doverle dispiacere.[…] Ella non ignora che quanti hanno avuto notizia di me, ancor quelli che combinano perfettamente colle sue massime, hanno giudicato ch'io dovessi riuscir qualche cosa non affatto ordinaria, se mi si fossero dati quei mezzi che nella presente costituzione del mondo, e in tutti gli altri tempi, sono stati indispensabili per fare riuscire un giovane che desse anche mediocri speranze di se. Era cosa mirabile come ognuno che avesse avuto anche momentanea cognizione di me, immancabilmente si maravigliasse ch'io vivessi tuttavia in questa città, e com'Ella sola fra tutti, fosse di contraria opinione, e persistesse in quella irremovibilmente […] Contuttoché si credesse da molti che il mio intelletto spargesse alquanto più che un barlume, Ella tuttavia mi giudicò indegno che un padre dovesse far sacrifizi per me, nè le parve che il bene della mia vita presente e futura valesse qualche alterazione al suo piano di famiglia. […] Ed ora che la legge mi ha già fatto padrone di me, non ho voluto più tardare a incaricarmi della mia sorte. Me ne duole sovranamente, e questa è la sola cosa che mi turba nella mia deliberazione, pensando di far dispiacere a Lei, di cui conosco la somma bontà di cuore, e le premure datesi per farci viver soddisfatti nella nostra situazione. […] Quello che mi consola è il pensare che questa è l'ultima molestia ch'io le reco, e che serve a liberarla dal continuo fastidio della mia presenza, e dai tanti altri disturbi che la mia persona le ha recati, e molto più le recherebbe per l'avvenire, Mio caro Signor Padre, se mi permette di chiamarla con questo nome, io m'inginocchio per pregarla di perdonare a questo infelice per natura e per circostanze. […]L'ultimo favore ch'io le domando, è che se mai le si desterà la ricordanza di questo figlio che l'ha sempre venerata ed amata, non la rigetti come odiosa, né la maledica; e se la sorte non ha voluto ch'Ella si possa lodare di lui, non ricusi di concedergli quella compassione che non si nega neanche ai malfattori.

Giacomo Leopardi, Lettera al padre, 1819

Il conte Andrea Sperelli- Fieschi d’Ugenta, unico erede, proseguiva la tradizione familiare. […] Dal padre appunto ebbe il gusto delle cose d’arte, il culto passionato della bellezza, il paradossale disprezzo de’ pregiudizi, l’avidità del piacere. […] Il padre gli aveva dato, tra le altre questa massima fondamentale: “ Bisogna fare la propria vita, come si fa un’opera d’arte […] La regola dell’uomo d’intelletto, eccola: - Habere, non haberi […] Bisogna soprattutto evitare il rimpianto, occupando sempre lo spirito con nuove sensazioni e con nuove immaginazioni”. Ma queste massime volontarie , che per l’ambiguità loro potevano anche essere interpretate come alti criteri morali, cadevano appunto in una natura involontaria, in un uomo, cioè, la cui potenza volitiva era debolissima.

Gabriele D’Annunzio, Il piacere, 1889

Carissimo padre, di recente mi hai domandato perché mai sostengo di avere paura di te. Come al solito non ho saputo risponderti niente, in parte proprio per la paura che ho di te, in parte perché questa paura si fonda su una quantità di dettagli, che parlando non saprei coordinarli neppure passabilmente […] Riassumendo il tuo giudizio su di me ne emerge che […] mi rimproveri […] freddezza, distanza, ingratitudine. E me lo rimproveri come se fosse colpa mia, […] mentre tu non ne hai la minima colpa, se non forse quella di essere stato troppo buono con me. […] Ma non ne ho colpa neppure io. Se potessi portarti a riconoscere questo, allora sarebbe possibile […] non una cessazione, ma un’attenuazione dei tuoi incessanti rimproveri.

Franz Kafka, Lettera al padre, 1919

Fino alla sua morte io non vissi per mio padre. Non feci alcuno sforzo per avvicinarmi a lui e, quando si poté farlo senza offenderlo, lo evitai. […] Ci volle la malattia per legarmi a lui; la malattia che fu subito la morte, perché brevissima e perché il medico lo diede subito per spacciato. Quand’ero a Trieste ci vedevamo sì e no per un’oretta al giorno, al massimo. […] Era difficile di trovarsi insieme anche perché fra me e lui, intellettualmente non c’era nulla di comune. Guardandoci, avevamo ambedue lo stesso sorriso di compatimento, reso in lui più acido da una viva paterna ansietà per il mio avvenire […] Egli fu il primo a diffidare della mia energia e, a me sembra, troppo presto Epperò io sospetto che, pur senza l’appoggio di una convinzione scientifica, egli diffidasse di me anche perché era stato fatto da lui, ciò che serviva – e qui con fede scientifica sicura – ad aumentare la mia diffidenza per lui.. […] Avevamo tanto poco di comune fra di noi, ch’ egli mi confessò che una delle persone che più l’inquietavano a questo mondo ero io.

Italo Svevo, La coscienza di Zeno, cap. IV, 1923

Mio padre è stato per me “l’assassino”

Mio padre è stato per me "l'assassino",fino ai vent'anni che l'ho conosciuto.Allora ho visto ch'egli era un bambino,e che il dono ch'io ho da lui l'ho avuto.

Aveva in volto il mio sguardo azzurrino,·un sorriso, in miseria, dolce e astuto,Andò sempre pel mondo pellegrino;più d'una donna l'ha amato e pasciuto.

Egli era gaio e leggero; mia madretutti sentiva della vita i pesi.Di mano ei gli sfuggì come un pallone.

"Non somigliare - ammoniva - a tuo padre".Ed io più tardi in me stesso lo intesi:eran due razze in antica tenzone. Umberto Saba, Autobiografia, 1924

Nel pulsare del sangue del tuo Eneasolo nella catastrofe, cui sgallail piede ossuto la rossa fumeabassa che arrazza il lido. Enea che in spallaun passato che crolla tenta invanodi porre in salvo, e al rullo d' un tamburo ch'è uno schianto di mura, per la manoha ancora così gracile un futuroda non reggersi ritto. Nell' avvampafunebre d' una fuga su una renache scotta ancora di sangue, che scampopuò mai esserti il mare (la falenaverde dai fari bianchi) se con luisenti di soprassalto che nel puntod' estrema solitudine, sei giuntopiù esatto e incerto dei nostri anni bui?

Giorgio Caproni, Il passaggio di Enea,1956

Francesco Baratta, Enea, Ascanio, Anchise, 1726 (Piazza Bandiera a Genova) Padre nostro che sei nei Cieli

Padre nostro che sei nei Cieli:sono diventato padre, e il grigio degli alberisfioriti, e ormai senza frutti,il grigio delle eclissi, per mano tua mi ha sempre difeso.

Mi ha difeso dallo scandalo, dal dare in pastoagli altri il mio potere perduto.Infatti, Dio, io non ho mai dato l'ombra di uno scandalo.Ero protetto dal mio possedere e dall'esperienzadel possedere, che mi rendeva, appunto,ironico, silenzioso e infine inattaccabile come mio padre.Ora tu mi hai lasciato.Ah, ah, lo so ben io cosa ho sognatoQuel maledetto pomeriggio! Ho sognato Te.Ecco perché è cambiata la mia vita.

Pier Paolo Pasolini  da Affabulazione; prima stesura 1966, prima pubblicazione in rivista 1969, prima rappresentazione, postuma, 1977)

Mio padre che mi spinge a mangiare e guai se non finiscomio padre che vuol farmi guidare mi frena con il fischioil bambino più grande mi mena davanti a tutti gli altrilui che passa per caso mi salvae mi condanna per sempremio padre di spalle sul piattosi mangia la vitae poi sulla pista da ballofa un valzer dentro il suo nuovo vestito

Per sempre solo per semprecosa sarà mai portarvi dentro solo tutto il tempo per sempresolo per semprec'è un istante che rimane lì piantato eternamente

Luciano Ligabue, Per sempre, 2013

 B2 AMBITO SOCIO-ECONOMICO

ARGOMENTO: L’ immigrazione

DOCUMENTI

L'Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (United Nations High Commissioner for Refugees) è l'Agenzia delle Nazioni Unite specializzata nella gestione dei rifugiati; fornisce loro protezione internazionale ed assistenza materiale, e persegue soluzioni durevoli per la loro drammatica condizione. È stata fondata il 14 dicembre 1950 dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite, iniziando ad operare dal 1º gennaio del 1951. Ha assistito 50 milioni di persone e ha vinto due premi Nobel per la pace, rispettivamente nel 1954 e nel 1981. I beneficiari dell'UNHCR sono:

Rifugiati: definiti dalla Convenzione sullo status di rifugiato firmata a Ginevra il 28 luglio 1951 come persone che

« nel giustificato timore d'essere perseguitato per la sua razza, la sua religione, la sua cittadinanza, la sua appartenenza a un determinato gruppo sociale o le sue opinioni politiche, si trova fuori dello Stato di cui possiede la cittadinanza e non può o, per tale timore, non vuole domandare la protezione di detto Stato; oppure a chiunque, essendo apolide e trovandosi fuori dei suo Stato di domicilio in seguito a tali avvenimenti, non può o, per il timore sopra indicato, non vuole ritornarvi »

(articolo 1, lettera A, paragrafo 2)

Rimpatriati: coloro che, essendo rifugiati, chiedono di poter tornare nel proprio paese d'origine. Richiedenti Asilo: coloro che, lasciato il loro paese d'origine e avendo inoltrato una richiesta d'asilo,

sono in attesa di una risposta dal paese ospitante per ottenere lo status di rifugiato. Apolidi : coloro che non hanno la cittadinanza in nessuno Stato. Sfollati interni (IDP, Internally Displaced Persons): coloro che sono costretti a spostarsi per conflitti

o cause naturali all'interno della propria nazione.

Inizialmente, l'UNHCR aveva il mandato di occuparsi dei soli rifugiati; successivamente l'incarico è stato ampliato.

da Wikipedia, voce UNHCR e Rifugiato

IDENTITA', DIVERSITA' E PLURALISMO

Articolo 1 - La diversità culturale, patrimonio comune dell'Umanità

La cultura assume forme diverse nel tempo e nello spazio. La diversità si rivela attraverso gli aspetti originali e le diverse identità presenti nei gruppi e nelle società che compongono l'Umanità. Fonte di scambi, d'innovazione e di creatività, la diversità culturale è, per il genere umano, necessaria quanto la biodiversità per qualsiasi forma di vita. In tal senso, essa costituisce il patrimonio comune dell'Umanità e deve essere riconosciuta e affermata a beneficio delle generazioni presenti e future.

Articolo 2 - Dalla diversità al pluralismo culturale

Nelle nostre società sempre più diversificate, è indispensabile assicurare un'interazione armoniosa e una sollecitazione a vivere insieme di persone e gruppi dalle identità culturali insieme molteplici,varie e dinamiche. Politiche che favoriscano l'integrazione e la partecipazione di tutti i cittadini sono garanzia di coesione sociale, vitalità della società civile e di pace. Così definito, il pluralismo culturale costituisce la risposta politica alla realtà della diversità culturale. Inscindibile da un quadro democratico, il pluralismo culturale favorisce gli scambi culturali e lo sviluppo delle capacità creative che alimentano la vita pubblica.

Articolo 3 - La diversità culturale, fattore di sviluppo

La diversità culturale amplia le possibilità di scelta offerte a ciascuno; è una delle fonti di sviluppo, inteso non soltanto in termini di crescita economica, ma anche come possibilità di accesso ad un'esistenza intellettuale, affettiva, morale e spirituale soddisfacente.

DIVERSITA' CULTURALE E DIRITTI DELL'UOMO

Articolo 4 - I diritti dell'uomo, garanti della diversità culturale

La difesa della diversità culturale è un imperativo etico, inscindibile dal rispetto della dignità della persona umana. Essa implica l'impegno a rispettare i diritti dell'uomo e le libertà fondamentali, in particolare i diritti delle minoranze e dei popoli autoctoni. Nessuno può invocare la diversità culturale per minacciare i diritti dell'uomo garantiti dal diritto internazionale, né per limitarne la portata.

da Dichiarazione universale sulla diversità culturale, UNESCO,Parigi, 2001.

L’Italia è ancora il primo paese europeo per il numero, assoluto e relativo, degli immigrati irregolari, così come è uno dei paesi con la più alta percentuale di extracomunitari sul totale degli immigrati e d’immigrati disoccupati e sottoccupati. Non sorprende pertanto che molti di loro finiscano per incrementare la piaga della criminalità diffusa o divengano una manovalanza di quella organizzata, che da tempo ha esteso le sue attività molto al di là delle sue tradizionali regioni d’insediamento (la Sicilia, la Campania, la Calabria, la Puglia). Secondo gli ultimi dati [2006] poco meno della metà (47%) degli immigrati con un lavoro regolare sono impiegati nel settore terziario (servizi domestici e alla persona, alberghi e ristorazione, commercio all’ingrosso e al dettaglio, imprese di pulizia, portinerie, sanità, ecc.), oltre un quarto (26%) sono inseriti nel settore secondario (cave e miniere, edilizia, fonderie, ceramifici e, specialmente nelle regioni settentrionali, piccola e media industria) e un altro ottavo (12%) lavorano nel settore primario (agricoltura e pesca). In alcune attività vi è una forte concentrazione di immigrati di determinati paesi. Così, ad esempio, la maggior parte di coloro che provengono da Filippine, Sri Lanka, Eritrea, Repubblica Dominicana, Ecuador, Salvador, Mauritius, Capo Verde e Ucraina (in più o meno netta prevalenza donne) prestano servizio domestico o attività di cura alle persone, mentre una buona parte di coloro che provengono da Marocco e Senegal (in prevalenza uomini) si dedicano all’ambulantato di strada. (…)In Italia la minore conflittualità urbana fra gruppi etnici diversi, all’ordine del giorno in altri paesi europei e statunitensi, si deve a diverse ragioni: 1) il tardivo inizio del processo migratorio; 2) la minor percentuale d’immigrati sulla popolazione totale; 3) l’alta percentuale di donne fra gli immigrati sin dalle prime fasi del processo migratorio (circa il 50%, anche se molto inegualmente distribuita fra i vari gruppi etnici); 4) l’alta percentuale d’immigrati per motivi di asilo politico, benché solo in piccola parte riconoscibili come rifugiati ai sensi della Convenzione di Ginevra; 5) la maggior dispersione nel contesto del Paese e nell’ambito stesso del territorio delle varie città; 6) una cultura politica meno portata all’emarginazione e all’esclusione sociale, in parte per motivi storici, in parte per il buon lavoro svolto da molte organizzazioni religiose, sindacali e politiche.Fra i fattori che, al contrario, hanno favorito l’emergere della conflittualità, si possono ricordare: 1) l’inizio del processo migratorio in una fase di grave crisi economica; 2) un tipo d’immigrazione dovuto assai più ai fattori di espulsione nei paesi di esodo che ai fattori di attrazione nel paese di approdo; 3) la larga componente (in alcune fasi addirittura maggioritaria) dell’immigrazione irregolare e clandestina; 4) la straordinaria rapidità del processo migratorio; 5) lo scarso controllo del territorio da parte delle Forze dell’ordine; 6) una diffusa pratica dell’illegalità, lavoro nero compreso, con una tolleranza di fatto per la presenza di piccole e grandi organizzazioni criminali, che ormai da molto tempo.In ogni caso in Italia si sono già avuti numerosi conflitti urbani più o meno direttamente connessi con l’immigrazione. A grandi linee, si può dire che il più delle volte i motivi scatenanti sono stati: le reazioni dei cittadini al degrado sociale e ambientale e all’insicurezza causati dalla presenza degli immigrati o ad essa attribuiti; le reazioni, a volte anche molto violente, degli immigrati allo sgombero di certe aree o di certi stabili da loro illegalmente occupati; gli scontri etnici fra diversi gruppi d’immigrati; gli scontri tra le bande giovanili d’immigrati o figli d’immigrati; i conflitti “culturali” contro l’insediamento di luoghi di culto per gli immigrati islamici e di istituti di istruzione confessionalmente connotati per i loro figli.

da Rapporto Eurispes “Italia 2007”, 5 febbraio 2007

Oggi, praticare l'ospitalità (…) appare sempre più difficile: un'antica consuetudine, presente in tutte le culture come dovere sacro, si sta smarrendo soprattutto in quella che chiamiamo la civiltà "occidentale". Le cause di tale fenomeno sono certamente molteplici. In primo luogo, il declino della prassi dell'ospitalità è provocato dal carattere consumistico della società occidentale. Il mercato oggi si è impadronito anche dell'ospitalità strappandola alla gratuità e facendone un affare commerciale, un business. Bisogna inoltre mettere in conto la mutata tipologia della presenza degli stranieri nelle nostre società. Una presenza non più sporadica o stagionale ma consistente, stabile e - a differenza dei flussi migratori conosciuti a partire dal XIX secolo -"plurale": gli stranieri giungono tra di noi da paesi, culture e mondi religiosi distanti da noi e tra di loro. Di conseguenza, molti degli "autoctoni" si sentono minacciati nella loro identità culturale e religiosa, oltre che in termini di occupazione e di sicurezza, così che gli stranieri finiscono per incutere paura. La paura di chi è diverso e il ripudio di forme culturali, morali, religiose e sociali lontane da noi finiscono per spingerci sempre più velocemente verso la sfera del "privato", l'isolamento, la chiusura all'altro, magari mascherati da custodia della propria identità.

E. Bianchi, Ospitate in voi l’ospitalità, in “Il Sole 24 Ore”, 23 maggio 2010. ( Enzo Bianchi è un religioso e scrittore italiano, fondatore e attuale priore della Comunità monastica di Bose.)

Nella parabola evangelica degli operai della vigna quelli che hanno lavorato soltanto un'ora, l'ultima della giornata, ricevono lo stesso salario di quelli ingaggiati all'alba, che hanno lavorato tutto il giorno. Ma, se avevano atteso oziosi tutto il giorno, è perché nessuno prima li aveva chiamati; perché fino a quel momento non avevano avuto, a differenza degli altri, alcuna opportunità. L'inaccettabile disuguaglianza di partenza tra gli uomini, che destina alcuni ad una vita miserabile e impedisce ogni selezione di merito, va dunque corretta, anche con misure apparentemente parziali e disegualitarie, come fa il padrone della vigna.

Il mondo intero è un turpe, equivoco teatro di disuguaglianze; non di inevitabili e positive diversità di qualità, tendenze, capacità, doti, risorse, ruoli sociali, bensì di punti di partenza, di opportunità. È un'offesa all'individuo, a tanti singoli individui, che diviene un dramma anche per l'efficienza di una società. I profughi che arrivano alle nostre coste e alle nostre isole appartengono a questi esclusi a priori, a questi corridori nella corsa della vita condannati a partire quando gli altri sono quasi già arrivati e quindi perdenti già prima della gara. A parte il caso specifico dell'emergenza di queste settimane, con tutte le sue variabili - l'improvvisa crisi nordafricana, la confusione e mistificazione di pietà, ragioni umanitarie, interessi economici e politica di potenza, la lacerazione e l'impotenza o meglio quasi l'inesistenza di un'Europa con una sua politica - quello che è successo e succede a Lampedusa non è solo un grave momento, ma anche un'involontaria prova generale di eventi e situazioni destinati a ripetersi nelle più varie occasioni e parti del mondo, di migrazioni inevitabili e impossibili, che potranno aprire un abisso fra umanità, sentimenti umani e doveri morali da una parte e possibilità concrete dall'altra.

Il numero dei dannati della terra, giustamente desiderosi di vivere con un minimo di dignità, è tale da poter un giorno diventare insostenibile e rendere materialmente impossibile ciò che è moralmente doveroso ovvero la loro accoglienza. In Italia certo ancora si strepita troppo facilmente, dinanzi a una situazione peraltro ancora sostenibile e meno drammatica di altre sinora affrontate in altri Paesi. Ma quello che è avvenuto a Lampedusa è un simbolico segnale di una possibilità drammatica ben più grande; se a Milano o a Firenze arrivasse di colpo un numero proporzionalmente altrettanto ingente di fuggiaschi, le reazioni sarebbero - sgradevolmente ma comprensibilmente - ben più aspre. Quello che è successo a Lampedusa dimostra, con la violenza e l'ambiguità di una parabola evangelica, la necessità e l'impossibilità di una autentica fraternità umana universale, il dovere e il non potere accogliere tutti coloro che chiedono aiuto.

Claudio Magris, Un dolore senza nome, in “Corriere della Sera”, 7 aprile 2011

Nel 2012 gli immigrati in Italia sono 351 mila, 35 mila in meno rispetto all’anno precedente (-9,1%).

Il calo delle iscrizioni dall’estero è dovuto in larga parte al numero di ingressi dei cittadini stranieri, che scende da 354 mila nel 2011 a 321 mila nel 2012. Nello stesso anno, si osserva anche una contrazione delle iscrizioni dall’estero dei cittadini italiani (da 31 mila a 29 mila unità).

Tra gli immigrati la comunità più rappresentata è quella rumena che conta quasi 82 mila ingressi,

seguita da quelle cinese (20 mila), marocchina (circa 20 mila) e albanese (14 mila).

Rispetto al 2011 calano le iscrizioni di cittadini moldavi (-41%), ucraini (-36%), peruviani (-35%) ed

ecuadoriani (-27%).

Crescono invece gli ingressi di cittadini africani (+1,2%), di alcune cittadinanze asiatiche e, soprattutto, di quelle comunità soggette a conflitti bellici nei Paesi di origine (Nigeria, Pakistan, Mali e Costa d’Avorio).

Nel 2012 si contano 106 mila cancellazioni per l’estero, con un incremento di 24 mila unità rispetto all’anno precedente.

L’aumento delle emigrazioni è dovuto principalmente ai cittadini italiani, per i quali le cancellazioni passano da 50 mila nel 2011 a 68 mila unità nel 2012 (+36%). In aumento anche le cancellazioni di cittadini stranieri residenti, da 32 mila a 38 mila unità (+18%).

Il saldo migratorio netto con l’estero è pari a 245 mila unità nel 2012, in diminuzione rispetto all’anno precedente (-19,4%). Si tratta del valore più basso registrato dal 2007.

Le principali mete di destinazione per gli italiani sono la Germania, la Svizzera, il Regno Unito e la Francia che, nel loro insieme, accolgono quasi la metà dei flussi in uscita.

Le migrazioni da e per l’estero di cittadini italiani con più di 24 anni di età (pari a 21 mila iscrizioni e 53 mila cancellazioni) riguardano per oltre un quarto del totale individui in possesso di laurea. La meta preferita dei laureati è la Germania.

Anno 2012 , Migrazioni internazionali e interne della popolazione residente, Report ISTAT, 27 gennaio 2014

Oltre 20mila migranti soccorsi dal 18 ottobre 2013 a oggi da “Mare Nostrum”, l'operazione militare e umanitaria nel Mar Mediterraneo meridionale. Nell'operazione, che ha un costo mensile che va dai sei ai nove milioni di euro, sono impiegati il personale e i mezzi navali e aerei della Marina Militare, dell'Aeronautica Militare, dei Carabinieri, della Guardia di Finanza, della Guardia Costiera, del personale del ministero dell'Interno-Polizia imbarcato sulle Unità della Marina Militare e di tutti i Corpi dello Stato che, a vario titolo, concorrono al controllo dei flussi migratori via mare. (…)

“Le persone in mare vanno salvate e su questo non si puo' discutere», ha detto il sindaco di Lampedusa, Giusi Nicolini, intervenendo sulla polemica scatenata dalle dichiarazioni degli esponenti della Lega Nord, a partire del segretario Matteo Salvini, sull'operazione "Mare Nostrum". «Da sempre - spiega Nicolini - sostengo che 'Mare Nostrum' non sia sufficiente e che l'Europa dovrebbe fare di più affinché la richiesta di asilo non si debba fare arrivando attraversando a nuoto o sui barconi un mare che può uccidere. Finché non ci sarà altro modo di chiedere asilo, di sicuro non potremo lasciarli morire. A Maroni ricordo poi che il nostro Paese è già stato condannato dalla Corte Europea per la politica dei respingimenti”.

Mare nostrum: in sei mesi soccorsi oltre 20mila migranti, in www.Il Sole 24 Ore.com , 24/04/2014

B3. AMBITO STORICO - POLITICO

ARGOMENTO: Bene individuale e bene comune.

DOCUMENTI

«Ora, le leggi devono essere giuste sia in rapporto al fine, essendo ordinate al bene comune, sia in rapporto all’autore, non eccedendo il potere di chi le emana, sia in rapporto al loro tenore, imponendo ai sudditi dei pesi in ordine al bene comune secondo una proporzione di uguaglianza. Essendo infatti l’uomo parte della società, tutto ciò che ciascuno possiede appartiene alla società: così come una parte in quanto tale appartiene al tutto. Per cui anche la natura sacrifica la parte per salvare il tutto. E così le leggi che ripartiscono gli oneri proporzionalmente sono giuste, obbligano in coscienza e sono leggi legittime.»

S. TOMMASO D’AQUINO (1225-1274), La somma teologica, Edizioni Studio Domenicano, Bologna 1996

«Da quanto precede consegue che la volontà generale è sempre retta e tende sempre all’utilità pubblica: ma non ne consegue che le deliberazioni del popolo abbiano sempre la stessa rettitudine. Si vuol sempre il proprio bene, ma non sempre lo si vede: non si corrompe mai il popolo, ma spesso lo si inganna, ed allora soltanto egli sembra volere ciò che è male. V’è spesso gran differenza fra la volontà di tutti e la volontà generale: questa non guarda che all’interesse comune, l’altra guarda all’interesse privato e non è che una somma di volontà particolari […]. Ma quando si crean fazioni, associazioni parziali a spese della grande, la volontà di ciascuna di queste associazioni diventa generale rispetto ai suoi membri, e particolare rispetto allo Stato: si può dire allora che non ci sono più tanti votanti quanti uomini; ma solo quante associazioni. Le differenze diventano meno numerose, danno un risultato meno generale. […] Importa dunque, per aver veramente l’espressione della volontà generale, che non vi siano società parziali nello Stato, e che ogni cittadino non pensi che colla sua testa. […] Finché parecchi uomini riuniti si considerano come un solo corpo, non hanno che una sola volontà, che si riferisce alla comune conservazione e al benessere generale. Allora tutte le forze motrici dello Stato sono vigorose e semplici, le sue massime chiare e luminose; non vi sono interessi imbrogliati, contraddittori; il bene comune si mostra da per tutto con evidenza, e non richiede che buon senso per essere scorto. La pace, l’unione, l’uguaglianza sono nemiche delle sottigliezze politiche.»

Jean-Jacques ROUSSEAU, Del contratto sociale o principi del diritto politico, 1762, in Opere, Sansoni, Firenze 1972

«Vi sono certamente due tipi di uomini: coloro che pensano a sé soli e quindi restringono i propositi d’avvenire alla propria vita od al più a quella della compagna della vita loro. […] Accanto agli uomini, i quali concepiscono la vita come godimento individuale, vi sono altri uomini, fortunatamente i più, i quali, mossi da sentimenti diversi, hanno l’istinto della costruzione. [...] Il padre non risparmia per sé; ma spera di creare qualcosa che assicuri nell’avvenire la vita della famiglia. Non sempre l’effetto risponde alla speranza, ché i figli amano talvolta consumare quel che il padre ha cumulato [...]. Se mancano i figli, l’uomo dotato dell’istinto della perpetuità, costruisce perché un demone lo urge a gettare le fondamenta di qualcosa.»

Luigi EINAUDI, Lezioni di politica sociale, Einaudi, Torino 1949

«La prima [acquisizione] è il superamento del tabù costituito dalla parola “profitto”, in pratica citata solo nella prima delle undici regole di sintesi, senza nessuna ulteriore sottolineatura di una sua importanza (tecnica, morale, religiosa) che ha occupato decenni di discussione. La seconda è il coraggio con cui si affronta la necessità di definire con semplicità il contenuto del termine “bene comune”. Mi è sembrata decisiva, al riguardo, l’importanza attribuita ai “benefici immateriali che danno all’uomo un appagamento spirituale, come i sentimenti, la famiglia, l’amicizia e la pace”. Ciò rappresenta una innovazione che supera sia le antiche mura materialistiche del bene comune sia le più recenti tendenze a valorizzare la sua dimensione istituzionale, nazionale e anche internazionale. E la terza decisiva acquisizione è quella relativa alla “centralità dell’uomo come cuore pulsante del bene comune”, una acquisizione almeno per me importante ed inattesa, perché richiama il fatto che noi non dobbiamo sentirci soggetti di domanda di un bene comune, che altri devono costruire, ma dobbiamo sentirci “motore primario nella organizzazione e valorizzazione del bene comune, così come Nostro Signore è il motore del creato”.»

Giuseppe DE RITA, Presentazione di Le undici regole del Bene Comune, Marketing Sociale, 2010

B4 AMBITO SCIENTIFICO TECNOLOGICOARGOMENTO: Scienza della ragione e ricerca di Dio: tra razionalità e metafisica.

DOCUMENTI

Quando infatti leviamo lo sguardo agli spazi celestidel vasto mondo, e all’etere trapunto di astri lucenti,e ci vengono a mente le vie della luna e del sole,allora un’angoscia, sepolta dagli altri dolorinel cuore, comincia a destarsi ed anch’essa a levare la testa:per caso a noi non si mostra un immenso potere divinoche volge le stelle lucenti nei loro molteplici moti?

TITO LUCREZIO CARO, De rerum natura, v. 1204-1210, trad. di L. Canali, Bompiani, Milano, 1990

Costoro (gli epicurei) continuano a sostenere che in seguito alla fortuita e casuale collisione di corpuscoli sprovvisti di ogni colore, di ogni qualità […] e di ogni sensibilità si costituirebbe il mondo o, meglio, nascerebbe e perirebbe in ogni istante un numero illimitato di mondi; né si vede perché, se è vero […], non dovrebbe (il fortuito incontro di atomi) anche riuscire a edificare un porticato, un tempio, una casa o una città […]. A giudicare dal loro inconcludente vaniloquio si direbbe che non abbiano mai neppure rivolto gli occhi […] al mirabile spettacolo della volta celeste. Molto a proposito scrive Aristotele: “Immaginiamo che degli esseri siano sempre vissuti sotto la superficie terrestre […], supponiamo che, pur non essendo mai saliti alla superficie, abbiano appreso […] che esisterebbe una volontà e una potenza divina, se ad un certo momento […] fosse loro concesso […] di risalire verso le regioni che noi abitiamo […], certamente essi, all’improvvisa vista della terra, dei mari e del cielo, […] di fronte allo spettacolo del sole, della sua grandezza e della sua bellezza […]; di fronte alla visione del cielo che, al cadere delle tenebre sulla nostra terra, si cosparge ed adorna di stelle, della luna, […] del sorgere e del tramontare degli astri […], certamente essi […] concluderebbero che gli dei esistono realmente e che ad essi è dovuta la realizzazione di opere sì grandi”.

CICERONE, De natura deorum, II, 94-95

Quando considero la breve durata della mia vita, sommersa nell’eternità che la precede e la segue, il piccolo spazio che occupo e financo che vedo, inabissato nell’infinita immensità degli spazi che ignoro che m’ignorano, io mi stupisco e spavento di trovarmi qui piuttosto che là, non essendoci nessuna ragione perché sia qui piuttosto che là, oggi piuttosto che domani. Chi mi ci ha messo? Per ordine e per opera di chi questo luogo e questo tempo furono destinati a me?

B. PASCAL, Pensieri, Einaudi, Torino, 1962, pag. 100

Dissoluzione del cosmo significa distruzione dell’idea di una struttura del mondo delimitata e gerarchicamente ordinata, dell’idea di un mondo qualitativamente e ontologicamente differenziato e sua sostituzione con quella di un universo aperto, indeterminato e anche infinito, unito e governato dalle stesse leggi universali; un universo nel quale, in contrasto con la concezione tradizionale che distingue e contrappone il Cielo e la Terra, tutte le cose hanno lo stesso grado dell’Essere. Le leggi del Cielo e le leggi della Terra vengono a formare un tutto unico. […] La dissoluzione del Cosmo: mi sembra questa la rivoluzione più profonda realizzata o subita dalla mente umana da quando i Greci inventarono il Cosmo. E’ una rivoluzione così profonda e di così grande portata che l’umanità tranne pochissime eccezioni, tra le quali Pascal, per secoli non ne afferrò le conseguenze e il significato.

A.KOYRE’, Galileo e Platone, in Le radici del pensiero scientifico, a cura di Wiener e Noland, Milano, 1971

[…] Se riuscissimo a scoprire una teoria completa (dell’universo), con il tempo di tutti – e non solo pochi scienziati – dovrebbero essere in grado di comprenderla, almeno nei suoi principi generali. Saremmo quindi tutti in grado di prendere parte alla discussione sul perché l’universo esiste. E se trovassimo la risposta a quest’ultima domanda, decreteremmo il definitivo trionfo della ragione umana, poiché allora conosceremmo il pensiero stesso di Dio.

S. HAWKING, La teoria del tutto. Origine e destino dell’universo, Rizzoli, Milano, 2003, pag. 168

Einstein si pose una volta la domanda: “Quanta scelta ebbe Dio nella costruzione dell’universo?”. Se l’ipotesi dell’assenza di ogni confine è corretta, Dio non ha avuta alcuna libertà nella scelta delle condizioni iniziali. Egli avrebbe però avuto ancora, ovviamente, la libertà di scegliere le leggi a cui l’universo doveva obbedire.

S. HAWKING, Dal big bang ai buchi neri. Breve storia del tempo, Rizzoli, Milano, 1999, pag. 196

Può sembrar strano, ma ho l’impressione che la scienza ci indichi la strada verso Dio con maggior sicurezza di quanto non faccia la religione. […] Se così si preferisce, si può argomentare che le coincidenze numeriche (quelle necessarie perché l’universo sia quello che è) stanno a testimoniare dell’esistenza di un’intenzione, di un progetto, di un disegno: in tal caso la delicata armonia tra i valori delle costanti, indispensabile affinché le varie branche della fisica possano concordare felicemente, può attribuirsi a Dio […]: alla fine si tratta, come sempre, di credere o non credere.

P. DAVIES, Dio e la nuova fisica, Mondadori, Milano, 1994, pp.11, 262

Alla fine il bosone di Higgs, […]ha fatto la sua comparsa in due colossali esperimenti del Cern di Ginevra. È il punto di arrivo di un cammino iniziato negli Anni 60del secolo scorso. L’ultimo tassello di un puzzle che i fisici hanno messo insieme pazientemente in mezzo secolo di lavoro costruendo macchine sempre più grandi,potenti e costose. Si chiamano bosoni, dal nome del fisico indiano Bose che con Fermi ne descrisse le proprietà, le particelle che trasportano una forza. Sono bosoni, per esempio i fotoni, cioè le particelle che costituiscono la luce, e i gluoni, la “colla” che tiene insieme i nuclei degli atomi. Il bosone di Higgs è speciale: è la particella che conferisce una massa a tutte le altre particelle, e quindi in qualche modo dà ad esse l’esistenza in quanto oggetti materiali. Questa è la sua potenza “divina”. Da ieri, dunque,conosciamo il segreto della massa delle particelle subnucleari,e quindi sappiamo come è fatto l’universo visibile(purtroppo stiamo parlando solo del 4per cento di quanto esiste,il 96% ci sfugge perché è sotto forma di materia ed energia invisibili). Fatto non irrilevante, sappiamo inoltre perché si sono spesi sette miliardi di euro nel Large Hadron Collider, LHC, un anello di magneti lungo 27 chilometri nel quale due fasci di protoni si scontrano a energie mai raggiunte prima. […] L’identikit è quello della particella tanto attesa: una massa di 125,3 Gev. […] Incominciò Murray Gell-Mann nel 1964 immaginando l’esistenza dei quark, particelle più elementari dei protoni e dei neutroni fino ad allora ritenuti i mattoni ultimi dei nuclei atomici. Fu l’inizio del Modello Standard, il paradigma della fisica moderna, al quale subito Peter Higgs contribuì con l’idea del suo bosone. […] L’universo così come ora lo osserviamo è fatto essenzialmente di due tipi di quark: Up e Down. La

teoria però ne prevede sei,che si manifestano a energie crescenti. Uno per volta, i fisici li hanno scoperti. Il sesto, chiamato Top perché è un po’ come il tetto che sta sopra l’edifico degli altri, fu preda del Fermilab di Chicago nel 1995. Il modello prevedeva anche sei leptoni. Di essi alcuni erano già noti (elettrone,muone,neutrino elettronico),gli altri sono sono stati via via scoperti: ultimo arrivato il neutrino Tau, stanato nel 2000 al Fermilab. Erano presenti all’appello anche alcune particelle che scambiano le forze fondamentali della natura,i bosoni, appunto: il “vecchio” fotone per la forza elettromagnetica(risale a Einstein), il gluone per l’interazione forte, W e Z per l’interazione debole, queste ultime scoperte da Carlo Rubbia,premio Nobel nel 1984. Era latitante invece il bosone di Higgs, e questo era un problema, perché senza di esso il Modello Standard entrerebbe in crisi. Ecco perché ieri al seminario del Cern i fisici hanno tirato un respiro di sollievo. Ieri è stata posata una pietra miliare. […]

P.BIANUCCI, Scoperta la particella di Dio, in La Stampa, 4 luglio 2012

[…] L’ “ultima particella mancante” viene prodotta nelle collisioni ad alta energia, ma poi decade in un tempo brevissimo, impossibile perfino da misurare, trasformandosi in altre particelle che invece gli strumenti sono in grado di rilevare. Ed è stato proprio nei prodotti di decadimento del bosone di Higgs che gli scienziati si sono ritrovati dei dati inattesi. Gli Sherlock Holmes del Cern si sono accorti che il ricercato non ha esattamente le caratteristiche previste. E addirittura i ricercati potrebbero essere più di uno. “Le osservazioni di oggi ci indicano la strada da seguire in futuro. C’è ancora molto da fare per capire i dettagli dei nostri dati”, ha detto Sergio Bertolucci, direttore della ricerca del Cern. Da spiegare, in fondo, resta ancora il 96% dell’universo.

E. DUSI, Scoperto il bosone di Higgs. La particella di Dio esiste davvero, in La Repubblica, 4 Luglio 2012

L’astrofisica Margherita Hack commenta con soddisfazione la notizia che ha fatto il giro del mondo questa mattina […], la scoperta del bosone di Higgs […]. “Io lo chiamo addirittura Dio”, ha detto la Hack […]. “Poiché è la particella che spiega come si forma la materia delle altre particelle e siccome queste sono quelle da cui poi deriva tutto – le stelle, gli elementi che abbiamo sulla terra, compresi quelli che compongono gli esseri umani – questa particella è veramente Dio”. […]

Il Sole 24ore, 4 luglio 2012

TIPOLOGIA C - TEMA DI ORDINE STORICOLo storico E. J. Hobsbawn ha definito il Novecento “secolo breve”, collocandone l’inizio nel 1914 e la conclusione nel 1989. Apre il secolo la prima guerra mondiale. Sviluppa l’argomento, evidenziando le caratteristiche peculiari della grande guerra rispetto ai conflitti precedenti e analizza i molteplici effetti esercitati sulla società italiana.

TIPOLOGIA D - TEMA DI ORDINE GENERALENumerosi bisogni della società trovano oggi una risposta adeguata grazie all’impegno civile e al volontariato di persone, in particolare di giovani, che, individualmente o in forma associata e cooperativa, realizzano interventi integrativi o compensativi di quelli adottati da Enti istituzionali. Quali, secondo te, le origini e le motivazioni profonde di tali comportamenti? Affronta la questione con considerazioni suggerite dal tuo percorso di studi e dalle tue personali esperienze.

SIMULAZIONE ESAME DI STATO DI LICEO SCIENTIFICO CORSO ORDINAMENTOTema di: MATEMATICA

Il candidato risolva uno dei due problemi e 5 dei 10 quesiti del questionario

Cognome e Nome __________________________________

Esercizi svolti

Problema Quesiti

n. n. n. n. n. n.

Problema 1

Si consideri la funzione:

1. Si studi tale funzione e si tracci il suo grafico γ, su un piano riferito ad un sistema di assi cartesiani ortogonali Oxy.

2. Si scrivano le equazioni delle tangenti a γ nei punti di flesso e si calcoli l’area del triangolo che esse formano con l’asse x.

3. Si calcoli l’area della superficie piana S, delimitata dalla curva γ, dall’asse x e dalla retta di equazione x =1.

4. La superficie S è la base di un solido Σ , le cui sezioni, ottenute con piani perpendicolari all’asse y, sono tutte triangoli equilateri. Si calcoli il volume di Σ.

Problema 2

Sia data una circonferenza di centro O e raggio 1 e una sua corda MN, condotta alla distanza x da O.

1. Si calcoli il rapporto f (x) fra l’area del triangolo, formato dalla corda MN e dalle tangenti alla circonferenza in M ed N, e quella del rettangolo di lato MN, inscritto nella circonferenza,

controllando che risulta:

2. Prescindendo dalla questione geometrica, si studi la funzione f(x) e se ne tracci il grafico g.

3. Si scrivano le equazioni delle tangenti a g nei punti di intersezione con l’asse x e si calcoli l’area del triangolo T che esse formano con l’asse x.

4. Si calcoli l’area della superficie piana S, delimitata dalla curva g, dall’asse x e dalla retta

Questionario

1. Calcolare il seguente limite ed enunciare i teoremi utilizzati.

2. Considerare la funzione . Utilizzando il teorema della media integrale, determinare per

quale valore di kR il valor medio della funzione è in con .

3. La funzione definita da descrive il passaggio di una carica elettrica q nella

sezione di un conduttore al variare del tempo t. Considerare la funzione data nell’intervallo e determinare l’intensità di corrente i massima in tale intervallo.

4. Dopo aver enunciato il teorema di Lagrange, si determinino i valori dei parametri a,bR per i quali la

funzione ne verifica le ipotesi nell’intervallo .

5. La boa di ancoraggio in figura è formata da una semisfera di raggio OA = 1 m, sormontata dal solido ottenuto dalla rotazione attorno all’asse VC del ramo di parabola che ha per asse VC e passa per il punto A. Se V dista 1,5 m da O, determina il volume della boa.

6. Una finestra ha la forma di un rettangolo sormontato da un semicerchio avente per diametro un lato del rettangolo; il contorno della finestra misura l. Si determinino le dimensioni del rettangolo affinché l'area totale della finestra sia massima.

7. Calcolare, senza l’uso della calcolatrice,

specificando le proprietà utilizzate per il calcolo.

8. Risolvere in la seguente disequazione: .

9. Determinare la primitiva della funzione il cui punto di massimo nell’intervallo

ha ordinata nulla.

10. Un aereo civile viaggia in volo orizzontale con velocità costante lungo una rotta che lo porta a sorvolare Venezia. Da uno squarcio nelle nuvole il comandante vede le luci della città con un angolo di depressione di 7°. Tre minuti più tardi ricompaiono nuovamente le luci, questa volta però l’angolo di depressione misurato è di 13°. Quanti minuti saranno ancora necessari perché l’aereo venga a trovarsi esattamente sopra la città?