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Ottobre 2004 Volume 4 Numero 4 Trends in Medicine 317 Rassegna Diagnosi e trattamento della malattia vascolare aterosclerotica Parte III - Malattia coronarica Sergio Mondillo Valerio Zacà Sergio Mondillo Unità Operativa Complessa di Cardiologia Università degli Studi di Siena Viale Bracci, 1 53100 Siena Tel.: 0577/585379 e-mail: [email protected] Key words: coronary disease myocardial infarction acute coronary syndromes prevention atherosclerosis La malattia coronarica costituisce la più frequente vasculopatia aterosclerotica ed include due quadri clinici fondamentali: l’angina stabile e le sindromi coronariche acute. La prognosi dei pazienti con malattia corona- rica è oggi sensibilmente migliorata rispetto al passato, ma la mortalità e la morbilità rimangono ancora molto elevate. La gestione ottimale del paziente con malattia coronarica si fonda su una valutazione diagno- stica accurata e precoce, sull’uso di terapie farmacologiche mirate e di procedure di cardiologia interventisti- ca. La riduzione dei fattori di rischio è cruciale per ridurre la prevalenza della malattia nella popolazione generale ed il rischio di nuovi eventi nei pazienti affetti. Diagnosing and treating the atherosclerotic vascular disease Part III - Coronary artery disease Summary The coronary artery disease is the most common atherosclerotic vascular disease, and it includes two main clinical pictures: stable angina and acute myocardial infarction. Prognosis of patients affected by coronary artery disease is now notably improved respect to the past, but mortality and morbidity are still very high. Optimal management of patients affected by coronary artery disease is based on an accurate and early dia- gnostic evaluation on the use of both aimed pharmacological therapies and interventional cardiology techni- ques. Reduction of risk factors is pivotal to reduce both disease prevalence in general population and new events in affected patients. Mondillo S, Zacà V. Diagnosing and treating the atherosclerotic vascular disease. Part III - Coronary artery disease. Trends Med 2004; 4(4):317-330. © 2004 Pharma Project Group srl L a malattia coronarica (Coro- nary Artery Disease -CAD) con la sua principale espressio- ne clinica, l’infarto acuto del miocardio (IMA), rimane anco- ra oggi la prima causa di morte nei Paesi industrializzati. Fortu- natamente, grazie all’introduzio- ne di misure farmacologiche (trombolisi) e di cardiologia in- terventistica (angioplastica pri- maria) particolarmente efficaci nella terapia dell’IMA ed alla ri- duzione dei fattori di rischio ate- rosclerotico nella fase cronica (prevenzione secondaria), la prognosi dei pazienti coronaro- patici è oggi migliorata sensibil- mente rispetto a 20 anni fa. Pur- troppo, a fronte di questi pro- gressi, la mortalità rimane anco- ra oggi molto elevata: il 40-50% degli infarti è letale ed i soprav- vissuti presentano un elevato rischio di nuovi eventi 1 . Inoltre, molti pazienti deceduti in segui- to ad un primo infarto avrebbe- ro beneficiato della riduzione del rischio coronarico se la malattia fosse stata diagnosticata in an- ticipo e se fossero state predi- sposte adeguate misure di pre- venzione primaria 2 . Negli ultimi anni sono stati de- lucidati molti dei meccanismi cellulari e molecolari sottesi alle sindromi coronariche acute ed un ruolo crescente è attribuito ai fattori di “vulnerabilità” della placca aterosclerotica 3,4 . La co- noscenza di tali meccanismi sta spostando sempre di più i trat- tamenti verso bersagli mirati e nuovi target terapeutici stanno

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Ottobre 2004 Volume 4 Numero 4 Trends in Medicine 317

Rassegna

Diagnosi e trattamento della malattiavascolare aterosclerotica

Parte III - Malattia coronarica

Sergio MondilloValerio Zacà

Sergio MondilloUnità Operativa Complessa diCardiologiaUniversità degli Studi di SienaViale Bracci, 153100 SienaTel.: 0577/585379e-mail: [email protected]

Key words:coronary diseasemyocardial infarctionacute coronary syndromespreventionatherosclerosis

La malattia coronarica costituisce la più frequente vasculopatia aterosclerotica ed include due quadri clinicifondamentali: l’angina stabile e le sindromi coronariche acute. La prognosi dei pazienti con malattia corona-rica è oggi sensibilmente migliorata rispetto al passato, ma la mortalità e la morbilità rimangono ancoramolto elevate. La gestione ottimale del paziente con malattia coronarica si fonda su una valutazione diagno-stica accurata e precoce, sull’uso di terapie farmacologiche mirate e di procedure di cardiologia interventisti-ca. La riduzione dei fattori di rischio è cruciale per ridurre la prevalenza della malattia nella popolazionegenerale ed il rischio di nuovi eventi nei pazienti affetti.

Diagnosing and treating the atherosclerotic vascular diseasePart III - Coronary artery disease

SummaryThe coronary artery disease is the most common atherosclerotic vascular disease, and it includes two mainclinical pictures: stable angina and acute myocardial infarction. Prognosis of patients affected by coronaryartery disease is now notably improved respect to the past, but mortality and morbidity are still very high.Optimal management of patients affected by coronary artery disease is based on an accurate and early dia-gnostic evaluation on the use of both aimed pharmacological therapies and interventional cardiology techni-ques. Reduction of risk factors is pivotal to reduce both disease prevalence in general population and newevents in affected patients.

Mondillo S, Zacà V. Diagnosing and treating the atherosclerotic vascular disease. Part III - Coronary arterydisease. Trends Med 2004; 4(4):317-330.© 2004 Pharma Project Group srl

La malattia coronarica (Coro-nary Artery Disease -CAD)

con la sua principale espressio-ne clinica, l’infarto acuto delmiocardio (IMA), rimane anco-ra oggi la prima causa di mortenei Paesi industrializzati. Fortu-natamente, grazie all’introduzio-ne di misure farmacologiche(trombolisi) e di cardiologia in-terventistica (angioplastica pri-maria) particolarmente efficacinella terapia dell’IMA ed alla ri-duzione dei fattori di rischio ate-rosclerotico nella fase cronica(prevenzione secondaria), laprognosi dei pazienti coronaro-patici è oggi migliorata sensibil-mente rispetto a 20 anni fa. Pur-troppo, a fronte di questi pro-gressi, la mortalità rimane anco-ra oggi molto elevata: il 40-50%

degli infarti è letale ed i soprav-vissuti presentano un elevatorischio di nuovi eventi1. Inoltre,molti pazienti deceduti in segui-to ad un primo infarto avrebbe-ro beneficiato della riduzione delrischio coronarico se la malattiafosse stata diagnosticata in an-ticipo e se fossero state predi-sposte adeguate misure di pre-venzione primaria2.Negli ultimi anni sono stati de-lucidati molti dei meccanismicellulari e molecolari sottesi allesindromi coronariche acute edun ruolo crescente è attribuitoai fattori di “vulnerabilità” dellaplacca aterosclerotica3,4. La co-noscenza di tali meccanismi staspostando sempre di più i trat-tamenti verso bersagli mirati enuovi target terapeutici stanno

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S. Mondillo, V. Zacà

emergendo: proteina C-reattiva,fattori del complemento e pro-teine coinvolte nella cascataemostatica5.

Placca aterosclerotica esindromi coronariche

La placca aterosclerotica puòavere una morfologia prevalen-temente fibrotica o può esserecomposta da un nucleo (core)lipidico, più o meno ampio emorbido, contenuto in un sotti-le cappuccio (cap) fibroso. Leplacche fibrotiche compaionogeneralmente in età giovanile-adulta, hanno aspetto biancastroe progressivamente protrudononel lume dell’arteria fino a re-stringerlo, determinando la ridu-zione del flusso coronarico. Laporzione del vaso distale rispet-to alla stenosi, per effetto di so-stanze vasoattive (NO, adenosi-na, etc.), si dilata per consentireun normale afflusso sanguignoanche in condizioni di riposo6.Questa risposta adattativa, me-diata da un sistema di autorego-lazione a livello arteriolare, ridu-ce in maniera drammatica la ca-pacità del vaso di incrementareil flusso in condizioni di aumen-tata richiesta metabolica, deter-minando una ridotta riserva diflusso coronarico7. Quando larichiesta metabolica, per esem-pio durante uno sforzo fisico ouno stress emotivo supera l’ap-porto coronarico, si crea una si-tuazione di ischemia con svilup-po di dolore anginoso. In lineadi massima, una stenosi corona-rica del 70% è sufficiente a limi-tare il flusso sanguigno in con-dizioni di aumentata richiesta eproduce angina da sforzo; unastenosi del 90% può limitare ilflusso determinando angina an-che in condizioni di riposo8. Ri-duzioni del lume coronarico>70% sono quindi definite ste-nosi emodinamicamente significative.

Nelle placche ricche di lipidipossono verificarsi fenomeni dinecrosi ed emorragie intra-plac-ca con l’attivazione di enzimiproteolitici (metalloproteinasi)che indeboliscono il cappucciofibroso: questa alterazione isto-logica rende l’intera strutturamaggiormente sensibile alle for-ze esterne che agiscono su diessa (pressione sanguigna, vor-tici ematici ecc), rendendola piùinstabile e soggetta a fissurazio-ne, da cui le definizioni di “plac-ca vulnerabile” o di “placca in-stabile”9. Questo tipo di placcaè molto più soggetta a romper-si, determinando l’esposizionedel core lipidico e delle struttu-re più interne della parete arte-riosa agli elementi circolanti, conconseguente attivazione ed ag-gregazione piastrinica. Si assistequindi alla formazione di untrombo nel sito di rottura dellaplacca che può produrre un’oc-clusione acuta, parziale o com-pleta dell’arteria coronarica in-teressata, che ha come correlaticlinici le sindromi coronaricheacute10.

Epidemiologia dellamalattia coronarica

La CAD è la principale causa dimorte negli USA e nelle altrenazioni industrializzate, doverappresenta la malattia cardiacaa più alta incidenza e prevalen-za: negli USA ogni anno muo-iono per le varie manifestazionidella CAD circa 650.000 sogget-ti11. L’angina cronica stabile è lamanifestazione iniziale della car-diopatia ischemica in circa lametà dei pazienti.In Europa l’angina stabile col-pisce dal 2% al 5% della popo-lazione maschile di mezza età edall’11% al 20% degli uominianziani (>65 anni)12. Negli StatiUniti l’incidenza annuale di an-gina nella popolazione con più

di 30 anni è di 213 nuovi casiogni 100.000 abitanti e circa lametà dei pazienti ricoverati perIMA riferisce una storia di pre-gressa angina13. Nonostante larecente diminuzione della mor-talità complessiva per malattiecardiovascolari, la CAD rimanela principale causa di morte nelmondo occidentale ed i soprav-vissuti presentano frequentemorbilità residua.In Italia le malattie cardiovasco-lari rappresentano la causa del45-50% della mortalità globale;la sola CAD è responsabile del35% dei decessi dovuti a malat-tie cardiovascolari, con una mor-talità annuale compresa tra70.000 ed 80000 casi14. Sebbeneallarmanti, questi dati sono mi-gliori rispetto a quelli delle de-cadi passate: negli USA dagliinizi degli anni ’80 ad oggi lamortalità complessiva per CADè diminuita di circa un terzo15.Questo parziale ma significati-vo successo deriva in gran partedallo straordinario sviluppo dimisure terapeutiche sempre piùefficaci e precoci nella fase acu-ta, ma deve essere enfatizzatoanche il ruolo svolto dalla me-dicina preventiva: la prevenzio-ne primaria rappresenta infattiuna componente fondamentaledella moderna strategia di lottaalla cardiopatia ischemica.

Scenari clinici

La stenosi emodinamicamentesignificativa di un’arteria coro-narica può determinare differen-ti quadri clinici, in relazione allaposizione ed alla struttura dellaplacca, alla sua propensione arompersi, alle richieste metabo-liche del muscolo cardiaco e adaltri fattori connessi alle carat-teristiche del paziente. L’esitofinale è comunque una condizio-ne ischemica del miocardio, dacui la definizione di Ischemic

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Diagnosi e trattamento della malattia vascolare aterosclerotica

Heart Disease (IHD) introdot-ta alla fine degli anni ’50 nellaletteratura anglosassone e cor-rispondente alla nostra cardio-patia ischemica, definizioni an-cora oggi molto usate benchéaspecifiche e poco utili sotto ilprofilo diagnostico e terapeuti-co16. In realtà, nell’ambito dellacardiopatia ischemica esistonouna molteplicità di quadri clini-ci, alcuni sintomatici, altri silen-ti per anni, complessivamenteraggruppabili in due grandi areeetiologicamente distinte:1.angina cronica stabile2.sindromi coronariche acute.

Angina cronica stabile

L’angina cronica stabile è la ri-sultante di una stenosi emodi-namicamente significativa dellume di un’arteria coronaricaconseguente alla presenza di unaplacca aterosclerotica. Quandoi meccanismi di compenso chehanno permesso al vaso di man-tenere un flusso adeguato alleesigenze metaboliche del mu-scolo cardiaco, sia attraversol’“aggiustamento” della placca aldi sotto del foglietto sub-intima-le (compensazione di Glagow)sia attraverso il rilascio di me-diatori vasodilatatori, non sonopiù in grado di garantire la ri-serva coronarica, il paziente vaincontro a crisi ischemiche17,18.Questa condizione costituiscel’angina cronica stabile.

Diagnostica clinica

Un’anamnesi ben raccolta ed uncorretto esame obiettivo rappre-sentano un momento fonda-mentale nell’approccio al pa-ziente con sospetta CAD. L’an-gina pectoris è il sintomo cardi-ne della CAD stabile ed è il ri-sultato di un inadeguato appor-to miocardico di ossigeno; ge-neralmente viene descritta, piut-tosto che come un dolore, come

una sensazione fastidiosa di op-pressione, costrizione, pesan-tezza o bruciore, a localizzazio-ne retrosternale con irraggia-mento al collo, alla mandibola,alle braccia, alle spalle o in re-gione epigastrica. La crisi angi-nosa può essere associata a di-spnea, diaforesi, nausea o vomi-to ed è generalmente scatenatadallo sforzo: inizia gradualmen-te e raggiunge la massima inten-sità dopo alcuni minuti, per poirecedere con il riposo o, più ve-locemente, con la somministra-zione di nitrati sublinguali. Altrifattori che possono scatenarel’attacco anginoso sono le bas-se temperature, stati di tensioneemotiva, la paura. Oltre alle ca-ratteristiche ed alla modalità diinsorgenza, durata e sintomi as-sociati all’angina, è importanteidentificare i vari fattori di ri-schio di aterosclerosi coronari-ca per un corretto approccio etrattamento del paziente conCAD.L’esame obiettivo del pazientecon angina cronica stabile èspesso nella norma; tuttaviapossono essere evidenziati ele-menti suggestivi di una sotto-stante CAD, come segni di iper-tensione (elevati valori pressori,alterazioni retiniche), di iperlipi-demia (xantomi e xantelasmi) edi patologie vascolari (iposfig-mie dei polsi periferici, soffi).L’obiettività cardiaca è quasisempre normale, anche se du-rante l’episodio anginoso si puòapprezzare un transitorio soffioda rigurgito mitralico generatodalla disfunzione ischemica di

un muscolo papillare. Nei pa-zienti con pregresso IMA pos-sono essere presenti segni di di-sfunzione ventricolare sinistra(impulso apicale discinetico, ter-zo tono).

Diagnostica strumentale

ElettrocardiografiaL’elettrocardiogramma a riposopuò essere del tutto normale aldi fuori della crisi anginosa; inaltri casi possono essere presentialterazioni elettrocardiografichespecifiche (sottoslivellamentodel tratto ST-T) o aspecifiche(negatività dell’onda T con osenza onda Q patologica da pre-gresso IMA); possono ancheessere presenti anomalie dellaconduzione ventricolare (bloc-co di branca sinistra ed emibloc-co anteriore sinistro) ed aritmie.La crisi anginosa si associa qua-si sempre a fugaci cambiamentidel tratto ST-T. Il test che più diogni altro consente la diagnosidi angina stabile è il test da sfor-zo, che può essere eseguito conun cicloergometro o con un tap-peto ruotante: esso evidenzia incaso di positività modificazionispecifiche del tratto ST-T, spes-so in concomitanza con l’insor-genza di dolore precordiale.Elettrocardiografia continua(Holter-ECG). La registrazio-ne elettrocardiografica nelle 24ore con il dispositivo di Holterè utile per dimostrare alterazio-ni del tratto ST-T in coinciden-za con dolori toracici che com-paiono con specifici sforzi fisicio situazioni emotive.

ScintigrafiaUn altro test utile per la diagno-si di angina cronica stabile è lascintigrafia miocardica da sfor-zo con Tallio-201: questa inda-gine permette di evidenziarearee di ipoperfusione che com-paiono sotto sforzo e che poispariscono al momento del ri-

Il sottoslivellamento deltratto ST durante test dasforzo rappresenta il segnocaratteristico dell’anginacronica stabile.

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poso; quando non è possibileeffettuare uno sforzo fisico lascintigrafia miocardica con Tal-lio-201 è preceduta dalla som-ministrazione di dipiridamolo, inmodo da indurre una maggioredomanda di ossigeno da partedel miocardio e mimare lo sfor-zo fisico19.

Ecocardiografia

E’ una procedura utile soprat-tutto per una valutazione dellacinetica parietale. Questa puòrisultare normale a riposo o an-che mostrare alterazioni seg-mentarie della cinetica (ipocine-sia, acinesia) se il paziente ha giàavuto pregressi danni cardiaci.Ma nell’angina cronica stabile èl’ecocardiografia da stress che,durante lo sforzo fisico o unostimolo farmacologico (dipirida-molo, dobutamina) può meglioevidenziare aree ipocinetiche oacinetiche (figura 1).

Coronarografia

La coronarografia rimane il goldstandard per dimostrare la pre-senza di lesione aterosclerotichecoronariche ed è una procedurache permette la diagnosi defini-tiva di CAD, consentendo unaprecisa visualizzazione del nu-mero e della severità delle ste-nosi coronariche. Il limite dellacoronarografia consiste nellaimpossibilità di caratterizzare la

morfologia delle placche, e quin-di, la loro propensione alla rot-tura. E’ noto infatti che nonnecessariamente le placche didimensioni maggiori sono quel-le più instabili e che la maggiorparte delle trombosi origina daplacche che occupano meno del50% del lume vascolare e quin-di emodinamicamente non si-gnificative20. L’esperienza quo-tidiana insegna inoltre che lamaggior parte degli infarti avvie-ne in pazienti asintomatici finoa quel momento.

Electron Beam ComputedTomographyAll’inizio degli anni ‘90 è stataintrodotta una tecnica di tomo-grafia computerizzata notacome Electron Beam Compu-ted Tomography (EBCT), ingrado di quantificare la presen-za di depositi coronarici di cal-cio: numerosi studi hanno di-mostrato che i depositi di calciocoronarico correlano bene congli eventi aterotrombotici21.

Angiografia con RisonanzaMagnetica Nucleare

Una modalità di visualizzazionead “alta definizione” del lettocoronarico è rappresentata dauna particolare forma di Riso-nanza Magnetica Nucleare, laangio-RMN. Questa tecnica diimaging vascolare offre il van-

taggio di una elevata risoluzio-ne (<400 nm), non utilizza ilmezzo di contrasto e non è in-vasiva; a fronte di questi vantag-gi presenta tuttavia lo svantag-gio di non consentire le proce-dure di interventistica riparati-va (angioplastica o stentino)22.

Trattamento

Il controllo sintomatico dell’an-gina può essere ottenuto condue modalità: 1) riducendo far-macologicamente la richiestamiocardica di ossigeno (MVO

2);

2) aumentando l’apporto mio-cardico di ossigeno o il flussocoronarico con farmaci vasodi-latatori o con interventi di riva-scolarizzazione. Inoltre, devonoessere identificate e correttequelle condizioni che aumenta-no le richieste metaboliche car-diache, come gli stati anemici, lafebbre, la tachicardia, la tireotos-sicosi, etc. Infine la terapia far-macologica o di rivascolarizza-zione deve essere integrata conuna modificazione aggressivadei fattori di rischio e con misu-re di prevenzione secondariamirate a ridurre il rischio di fu-turi eventi cardiovascolari.La gestione ottimale del pazientecon angina cronica stabile risul-ta quindi dall’integrazione di piùmisure terapeutiche, come sot-tolineato dalle più recenti LineeGuida: educazione del paziente

Figura 1. Valutazione scintigrafica di paziente con angina stabile: difetto di captazionedel radiofarmaco di aree parietali ipoperfuse.

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Diagnosi e trattamento della malattia vascolare aterosclerotica

con stile di vita adeguato, tratta-mento farmacologico e, se ne-cessario rivascolarizzazione co-ronarica con angiopalastica percutanea (PTCA) o bypass aortocoronarico (CABG)23. La tera-pia farmacologica comprendesia i tradizionali agenti antiangi-nosi, come β-bloccanti, calcio-antagonisti e nitrati, sia farmaciper la prevenzione secondaria,come aspirina, clopidogrel, sta-tine ed ACE-inibitori. La “per-sonalizzazione” di una terapiamodellata sulle necessità del sin-golo paziente è diventata sem-pre più una sfida a causa dei ra-dicali cambiamenti nel profiloclinico dei malati con cardiopa-tia cronica. Rispetto al passato,il paziente del secolo XXI ten-de ad essere più anziano, ad es-sere già stato sottoposto a pro-cedura di rivascolarizzazione eda presentare frequentemente al-tre malattie associate, compresiscompenso cardiaco e diabetemellito24.

Terapia farmacologicaSono molti i farmaci utili nellaterapia anti-anginosa, tra questii nitrati, i β-bloccanti, i calcio-antagonisti e gli antiaggregantipiastrinici. I nitrati sono poten-ti vasodilatatori che riducono siail precarico che il postcarico edin definitiva l’MVO

2; essi agisco-

no inoltre come coronarodilata-tori, aumentando il flusso san-guigno al miocardio. I nitratipossono essere impiegati siacome sintomatici sia nel tratta-mento cronico.I β-bloccanti ed i calcio-antago-nisti riducono la domanda diossigeno diminuendo la fre-quenza cardiaca, la pressionearteriosa e la contrattilità mio-cardica: ciò determina la loroefficacia sia nel controllo dei sin-tomi anginosi sia nel migliorarela tolleranza all’esercizio fisico.I β-bloccanti rappresentano i

farmaci di scelta nei pazienti conpregresso infarto o disfunzioneventricolare sinistra, avendo di-mostrato benefici significativi intermini di mortalità in questesottopopolazioni25.Tutti i pazienti con diagnosi diCAD dovrebbero assumerequotidianamente dosi antiaggre-ganti di acido acetilsalcilico(ASA) per prevenire la trombo-si coronarica; in caso di intolle-ranza all’ASA trovano indicazio-ne le tienopiridine, come ticlo-pidina o clopidogrel.

Terapie dirivascolarizzazioneNei casi in cui l’angina persistanonostante terapia medica mas-simale, o i test di stimolazioneidentifichino un paziente ad altorischio, si dovrebbe procedere alcateterismo cardiaco per defini-re l’anatomia coronarica e valu-tare l’opportunità di un inter-vento di rivascolarizzazione. Laprocedura di rivascolarizzazio-ne può avvenire per via percu-tanea mediante PTCA con osenza stenting, con by-pass aor-to-coronarici (CABG) confezio-nati con graft venosi o median-te l’utilizzo di condotti arterio-si. La PTCA determina un mi-glior controllo della sintomato-logia anginosa rispetto alla tera-pia medica ma non produce be-nefici in termini di mortalità. Ilbypass aorto-coronarico forni-sce una rivascolarizzazionecompleta, è efficace nel control-lo dei sintomi ed è superiore siaalla terapia medica che allaPTCA in termini di mortalità neipazienti ad altro rischio: i pa-zienti che traggono il maggiorbeneficio dal CABG sono quel-li con malattia del tronco comu-ne, con disfunzione ventricola-re sinistra e quelli con malattiatrivasale o bivasale, con coinvol-gimento della porzione prossi-male della discendente anterio-

re, in particolar modo se affettida diabete mellito23,24.

Sindromi coronaricheacute

La definizione di sindromi co-ronariche acute comprende tredistinte situazioni cliniche, tut-te determinate dalla rottura diuna placca aterosclerotica contrombosi coronarica sovrappo-sta: 1) l’angina instabile (UA);l’infarto miocardico acuto sen-za elevazione del tratto ST (nonST Elevation Myocardial Infarc-tion - NSTEMI), corrisponden-te alla precedente classificazio-ne di infarto non Q; 3) l’infartomiocardico acuto con elevazio-ne del tratto ST (ST ElvationMyocardial Infarction - STE-MI), corrispondente al “vec-chio” infarto-Q16.

Angina instabile ed infar-to acuto senza elevazioneST (NSTEMI)

Questi due scenari clinici sonoquasi sempre il risultato di unatrombosi coronarica sub-occlu-siva o solo transitoriamente oc-clusiva. In alcuni casi il pazientepuò avvertire sintomatologiasufficientemente lieve da passa-re inosservata: un esempio tipi-co è costituito dal paziente dia-betico o dalla donna giovane: nelprimo caso perché la neuropa-tia diabetica attenua la soglia al-gica, nel secondo perché l’angi-na non è una evenienza attesa oritenuta probabile26.

Diagnostica clinicaNell’anamnesi del paziente conangina instabile, le manifestazio-ni più comunemente riferitesono: modificazioni del doloreanginoso in termini di intensità,durata, relazione con lo sforzo(ridotta soglia anginosa) in pa-ziente con angina cronica stabi-le, angina di nuova insorgenza

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S. Mondillo, V. Zacà

(entro 2 mesi) per sforzi mini-mi, angina a riposo di duratasuperiore a 20 minuti, anginapost-infartuale (a più di 24 oreda un’IMA).Il paziente con STEMI si pre-senta con le stesse caratteristi-che ma con sintomatologia piùsevera e prolungata; manifesta-zioni di scompenso cardiacoacuto possono accompagnaresia l’UA che il NSTEMI sel’ischemia miocardica è severa oè gia presente una disfunzioneventricolare sinistra. Relativa-mente comuni sono le aritmieindotte da ischemia, come la ta-chicardia sinusale, l’extrasistoliaventricolare e la tachicardia ven-tricolare27. L’esame obiettivo delpaziente con UA/NSTEMI puòfrequentemente rivelare tachi-cardia, ipertensione arteriosa, unS3 o un S4 transitori, un soffioda rigurgito mitralico o segni discompenso cardiaco acuto (ru-mori umidi polmonari, turgoregiugulare, etc.).

Diagnostica strumentale e dilaboratorioElettrocardiogramma. Regi-strato durante dolore anginosofa apprezzare tipicamente sot-tolivellamento del tratto ST oonde T a polarità invertita, purpotendo risultare normale in cir-ca il 5% dei pazienti. Queste ca-ratteristiche modificazioni elet-trocardiografiche sono spessolabili durante l’angina instabilema tendono a persistere e adevolvere in caso di NSTEMI.Biochimica clinica. Gli enzi-mi di citonecrosi (soprattuttomioglobina, isoenzima MB del-la creatin-chinasi, troponine I eT) sono marker altamente sen-sibili e specifici di necrosi mio-cardica e rappresentano il discri-mine tra angina instabile (nor-mali livelli enzimatici) ed infar-to miocardico senza elevazionedel segmento ST (livelli enzima-tici elevati). Generalmente siprocede a misurazioni seriate

Caratteristiche Fascia di rischio

Basso Medio Alto

Marker umorali Normali Poco elevati Elevati

Anamnesi - - - Precedente IMA o Sintomi ischemicicerebrovasculopatia o crescenti nelle ultimeCABG o trattamento 48 orecon ASA

Reperti clinici - - - Età >70 anni Edema polmonareischemia correlato; età>75 anni; ipotensione,bradicardia, tachicardia;murmure MR recenteo ingravescente

Reperti ECG Normale o senza Onde Q patologiche Angina a riposo convariazioni apprezzabili ed inversione alterazioni transitoriedurante un episodio onda T >2 mV di ST >0,05 mVdi tipo anginoso

Tipo di dolore Ad esordio recente >20 minuti a >20 min a riposoo progressivamente riposo ma risoltosiin aumento nelleultime 2 settimane

Tabella 1. Rischio a breve termine di infarto miocardico acuto (fatale e non) in pazienti con diagnosi diangina instabile dopo stratificazione del rischio (elevato, moderato, basso). (Adattata da Braunwald200029).

(all’ammissione e ogni 8 ore per24 ore) del CK-MB e delle tro-ponine cardiache: ciò è neces-sario per distinguere l’UA dal-l’IMA non ST e per quantifica-re la dimensione dell’infarto28.

Stratificazione del rischio

L’UA evolve in STEMI in circail 10% dei casi ed in morte nel5%; la sintomatologia, le carat-teristiche ECG ed i livelli deglienzimi di citonecrosi sono tuttevariabili che influenzano il gra-do di rischio di STEMI o mortenei pazienti con UA/NSTEMI(tabella 1).Un metodo semplice e rapidoper la determinazione del rischionel paziente con UA/NSTEMè rappresentato dal calcolo delTIMI Risk Score, basato su 7variabili: 1) età ≥65 anni; 2) pre-senza di più di tre fattori di ri-schio coronarico; 3) pregressaostruzione coronarica dimostra-ta all’angiografia; 4) deviazioni

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Diagnosi e trattamento della malattia vascolare aterosclerotica

del tratto ST; 5) più di due epi-sodi anginosi nelle ultime 24 ore;6) uso di ASA negli ultimi 7 gior-ni; 7) enzimi aumentati29-31. Loscore è definito dalla sommadelle variabili, ed il rischio di svi-luppare un evento avverso ècompreso tra il 5% per un pun-teggio compreso fra 0 e 1 ed il41% per un punteggio di 6-7(figura 2).

Trattamento acuto

I principali obiettivi del tratta-mento sono il controllo dellasintomatologia anginosa e lapreservazione della funzionali-tà cardiaca. Questi obiettivi de-vono essere perseguiti attraver-so varie misure: 1) riduzionedella sintomatologia dolorosa(analgesia); 2) riduzione del con-sumo miocardico di O

2; 3) au-

mento del flusso coronarico; 4)prevenzione della trombosi co-ronarica. L’uso di analgesicicome la morfina produce nonsolo la riduzione o la totalescomparsa del dolore ma anchedell’ansietà, favorendo il rallen-tamento della frequenza cardia-ca e conseguentemente del fab-bisogno metabolico.Lo schema iniziale di trattamen-

to dei pazienti con UA/NSTE-MI prevede l’utilizzo di ASA,eparina, β-bloccanti, nitrati eclopidogrel; la terapia con an-tiaggreganti piastrinici (ASA,clopidogrel o ASA+clopidogrel)è fondamentale e deve essereiniziata quanto più precocemen-te possibile, non appena si poneil sospetto diagnostico di UA/NSTEMI32. La terapia anticoa-gulante con eparina non-frazio-nata o con eparine a basso pesomolecolare dovrebbe essere ag-giunta alla terapia con antiaggre-ganti. Gli inibitori delle GP IIb/IIIa dovrebbero essere sommi-nistrati in aggiunta all’ASA, al-l’eparina ed eventualmente alclopidogrel nei pazienti candi-dati a studio coronarograficoprecoce o con alto profilo di ri-schio. I beta-bloccanti diminui-scono il consumo di O

2 e, se non

controindicati, dovrebbero esse-re usati in tutti i pazienti conUA/NSTEMI. I nitrati trovanoindicazione nel controllo dei sin-tomi e per la prevenzione deinuovi episodi anginosi, ma nonsembrano influenzare la morta-lità.Dopo la stabilizzazione del qua-dro clinico si deve considerare

l’opportunità di sottoporre ilpaziente a studio coronarogra-fico e ad eventuale rivascolariz-zazione. Negli anni passati varistudi hanno confrontato un ap-proccio precoce conservativo, incui la coronarografia è riservataa pazienti con evidenze di ische-mia ricorrente o con un test pro-vocativo molto positivo nono-stante terapia medica massima-le, con un approccio precoceinvasivo in cui tutti i pazienti,salvo ovvie controindicazionialla rivascolarizzazione, sianosottoposti a cateterismo cardia-co e trattamento percutaneo ochirurgico29,33. Attualmente lascelta di procedere a studio co-ronarografico si basa sul profi-lo di rischio del paziente (figura3): nei pazienti con profilo di ri-schio intermedio/alto è indica-to lo studio precoce con rivasco-larizzazione, nei pazienti a bas-so rischio è indicato un test pro-vocativo seguito da studio an-giografico solo se risultato for-temente positivo29,34.

Trattamento cronico emisure di prevenzionesecondariaIn tutti pazienti in cui sia stataposta diagnosi clinica e strumen-tale di CAD, sia le Linee Guidaeuropee (Joint Task Force-IIIdel 2003) sia quelle americane(NCEP ATP-III del 2001) pre-vedono un trattamento farma-cologico massimale volto a man-tenere tutti i fattori di rischio co-ronarico entro valori “ottimali”:colesterolo-LDL <100 mg/dL,colesterolo-HDL >40 mg/dL,trigliceridemia <150 mg/dL,pressione arteriosa <130/80mmHg ed emoglobina glicosi-lata <7%35,36.Questi valori, indicati come ot-timali, devono essere intesi insenso restrittivo, ovvero comevalori massimi accettabili. Diver-si studi hanno infatti dimostra-

Figura 2. Predizione del rischio di un nuovo evento coronarico inpazienti con angina instabile o NSTEMI sulla base di specifici fattoridi rischio coronarico e di reperti obiettivi. (Dati da Antman et al200031).

50

40

30

20

10

00/1 2 3 4 5 6/7

Fattori di rischio (TIMI Risk Score)

Ris

chio

di un e

vento

coro

narico

maggio

re f

ata

le e

non (

%)

4,7%

8,3%

26,2%

19,9%

13,2%

40,9%

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324 Trends in Medicine Ottobre 2004 Volume 4 Numero 4

S. Mondillo, V. Zacà

Figura 3. Gestione ottimale del paziente con angina instabile o NSTEMI. La stratificazione del rischio dinuovi eventi coronarici è condizione prioritaria e, sulla base del rischio calcolato, si valuta l’intensitàdelle manovre diagnostiche e del trattamento da instaurare.

Paziente con angina instabile NSTEMI

Valutare rischio(TIMI Risk Score)

Rischio basso

Test provocativi

Negativi Positivi Molto positivi

Rivederediagnosi

Terapia alla dimissione

• Antiaggreganti(ASA e/o clopidogrel)

• Statine• ACE-inibitori

Eseguirecoronarografia

Valutare per:

terapia conservativa

rivascolarizzazione?

Stenosi del troncocomune

o≥3 vasi interessati

e/odisfunzione

ventricolare sinistrae/o

diabete mellito

CABG

Terapia alla dimissione

ASA + clopidogrel +statine + ACE-inibitori

Stenosi di 1-2 vasieccetto tronco

comune di sinistra

PTCA

Rivederediagnosi

Rischio elevato

No stenosi

Coronarografiaprecoce

Terapia intraospedalieraASA (±clopidogrel)

+LMWH/UFH,β-bloccanti,

nitrati

to che variazioni ancora più si-gnificative di alcuni di questiparametri (LDL pari a 65-75mg/dL, HDL >50 mg/dL) de-terminano riduzione ulterioredella mortalità: recentementeCannon e collaboratori hannodimostrato che una riduzione

aggressiva delle LDL a valoriprossimi a 60 mg/dL determi-na una riduzione ulteriore delrischio relativo rispetto ad untrattamento meno aggressivoche pure abbia ridotto i valoridi LDL a 90 mg/dL, cioè nelrange considerato ottimale dal-

le Linee Guida NCEP ATP-III(<100 mg/dL)37.Lo studio HPS. Nello HeartProtection Study (HPS) sonostati inclusi 13.386 pazienti condiagnosi di malattia coronaricasu un totale di 20.536 soggettirandomizzati (65%). Questa

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Ottobre 2004 Volume 4 Numero 4 Trends in Medicine 325

Diagnosi e trattamento della malattia vascolare aterosclerotica

tina hanno visto cadere questoparametro a valori <70mg/dL.E’ probabile che questo ed altristudi influenzeranno le prossi-me Linee Guida NCEP ATP,con aggiustamento ulteriore ver-so il basso (70 mg/dL?) del va-lore desiderabile delle LDL inprevenzione secondaria39.Esistono inoltre effetti aggiun-tivi (pleiotropici) connessi adalcune classi di farmaci che pre-scindono dall’effetto diretto daessi esercitato: ciò è stato sicu-ramente dimostrato per gliACE-inibitori, alcuni β-bloccan-ti di nuova generazione e le sta-tine40-42. Per queste ragioni gliACE-inibitori ed i β-bloccantidovrebbero essere aggiunti interapia, se emodinamicamentetollerati, almeno in sottogruppiselezionati di pazienti.Analogamente, i pazienti consindrome coronarica acuta do-vrebbero iniziare precocemen-te terapia con statine anche senormocolesterolemici: il tratta-mento precoce ed aggressivocon statine ha infatti dimostra-to di ridurre sensibilmente inuovi eventi coronarici sia neipazienti con sindromi corona-riche acute sia nei pazienti sot-toposti a procedure di rivasco-larizzazione in aperto (CABG)o per via percutanea (PTCA)43.In tal senso, il target fissato dal-le Linee Guida NCEP ATP-IIIper la prevenzione secondaria(LDL <100 mg/dL) deve esse-

re considerato con prudenza inqueste sottopoplazioni, comerecentissimamente suggeritodalla stessa commissioneNCEP39.

Infarto miocardico acuto conelevazione ST (STEMI)

L’infarto miocardico acuto conelevazione del tratto ST è unasindrome coronarica acuta ca-ratterizzata dall’occlusione com-pleta e persistente di un’arteriacoronarica; nella larga maggio-ranza dei casi, l’occlusione è ilrisultato della rottura di unaplacca aterosclerotica con con-seguente trombosi coronarica.

Diagnostica clinicaStoria clinica. La maggior par-te dei pazienti colpiti da STE-MI riferisce dolore retrosterna-le intenso e persistente, di dura-ta superiore a 30 minuti e insen-sibile all’assunzione di nitratisublinguali; si associano fre-quentemente nausea, vomito,diaforesi, dispnea ed ansietà consensazione di morte imminente.Esame obiettivo. All’esameobiettivo il paziente si presentaansioso, agitato, pallido, sudatoe freddo, talvolta dispnoico:un’IMA esteso può presentarsiinfatti con segni e sintomi discompenso cardiaco congestizioo di un grave deficit di pompa eshock cardiogeno. Di solito lapressione arteriosa diminuisce.Al torace è possibile apprezzare

Tutti i pazienti con sindro-mi coronariche acute do-vrebbero essere sottopostia trattamento ipolipemiz-zante aggressivo sin daiprimi giorni di ricovero, contarget LDL ≤≤≤≤≤100 mg/dL e,sulla scorta di studi moltorecenti, dovrebbero essereconsiderati auspicabili va-lori delle LDL di 60-70 mg/dL.

sub-popolazione può essere ul-teriormente stratificata a secon-da degli altri fattori di rischioeventualmente presenti (diabe-te, cerebrovasculopatia, etc). Inquesti soggetti, il trattamentocon simvastatina (40 mg/die) haridotto complessivamente il ri-schio di un evento vascolaremaggiore del 24% a 5 anni ri-spetto al gruppo placebo38. Lastratificazione per altri concomi-tanti fattori di rischio è riporta-ta in tabella 2.Questi risultati dimostrano lanecessità di trattare con ipolipemiz-zanti tutti i pazienti con malattia co-ronarica, fino a valori delle LDL<100 mg/dL ed indipendentementedai valori basali come sottolinea-to dagli Autori dello studio HPSa commento definitivo dei risul-tati presentati38. E’ infatti inte-ressante sottolineare un altro ri-sultato significativo evidenziatodall’HPS: i benefici del tratta-mento sono stati simili sia neipazienti con valori di LDL >116mg/dL sia nei pazienti con va-lori <116 mg/dL, un limite ol-tre il quale gli effetti del tratta-mento sugli eventi sembranoattenuarsi; risultati significativisono stati ottenuti anche in pa-zienti con valori basali delleLDL prossimi a 100 mg/dL,valore considerato accettabile inprevenzione secondaria, e chedopo trattamento con simvasta-

Tabella 2. Riduzione del rischio di un primo evento vascolare mag-giore nei soggetti con pregressa diagnosi di malattia coronarica in-clusi nello studio HPS. (Dati da Heart Protection Study CollaborativeGroup38).

Fattore di rischio (oltre CHD) RR (%)

Nessuno -25,3

Malattia cerebrovascolare -13,4

Vasculopatia periferica -19,5

Diabete mellito -11,6

Valore medio -24

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326 Trends in Medicine Ottobre 2004 Volume 4 Numero 4

S. Mondillo, V. Zacà

rantoli basilari in caso di insuf-ficienza ventricolare sinistra acu-ta. All’auscultazione cardiaca èpossibile rilevare un ritmo digaloppo atriale o ventricolare e/o un soffio sistolico puntale dainsufficienza mitralica ischemi-ca. Spesso si acoltano battiti pre-maturi. Nei pazienti con IMAinferiore si può avere ipotensio-ne per infarto ventricolare de-stro o disturbi di formazionedello stimolo, tipo bradi-tachia-ritmie, per sofferenza ischemi-ca del sistema di conduzione. Letachiaritmie ventricolari sonomolto comuni e costituiscono leprincipali responsabili di morta-lità precoce: la loro formazionepuò associarsi all’esordio di unoSTEMI e ciò spiega il motivoper il quale circa la metà dei pa-zienti colpiti da IMA non rag-giunge in vita l’ospedale (mortecardiaca improvvisa). In circa il25% dei pazienti, tuttavia, loSTEMI può decorrere asinto-matico o presentarsi con sinto-mi atipici.

Diagnostica strumentaleElettrocardiogramma. Il se-gno caratteristico dell’infarto Qè costituito dall’elevazione deltratto ST all’elettrocardiogram-ma. A seconda dell’arteria coro-narica colpita varia la sede del-l’infarto e le alterazioni caratte-ristiche saranno presenti in de-rivazioni differenti: nell’infartodella parete anteriore-laterale lealterazioni sono presenti nellederivazioni precordiali, da V1 aV6, DI ed aVL; queste sono diestensione variabile, con altera-zioni reciproche nelle derivazio-ni speculari, ossia sottoslivella-mento del tratto ST in D II, DIII e aVF; nell’infarto della pa-rete inferiore, al contrario, il so-praslivellamento del tratto ST èpresente nelle derivazioni DII,DIII ed aVF, mentre le altera-zioni speculari sono presenti

nelle derivazioni precordiali (V1-V6 ). Normalmente, col passa-re delle ore e dei giorni si assistead una caratteristica evoluzionedelle modificazioni ECG: nellefasi acute dell’infarto comparela caratteristica onda di lesione,rappresentata da un’elevazionedel tratto ST che, nei momentiiniziali dell’IMA è preceduta dauna fugace elevazione iperacutadelle onde T; questa è seguita dauna diminuzione dell’altezzadell’onda R, dallo sviluppo dionde Q, dall’inversione delleonde T ed infine dal ritorno deltratto ST sull’isoelettrica. Neipazienti con infarto anterioreesteso, l’alterazione ECG preva-lente è generalmente rappresen-tata da un blocco di branca sini-stra di nuova insorgenza.Ecocardiografia. L’ecocardio-grafia nella fase acuta dello STE-MI può dimostrare ipocinesia oacinesia segmentale del ventri-colo sinistro in base al territo-rio di distribuzione dell’arteriacolpevole; questi reperti posso-no essere utili nell’inquadramen-to di pazienti con sospetto IMAma con ECG non diagnosticoo border-line.Biochimica clinica. Gli enzi-mi di citonecrosi aumentano inmaniera simile a quanto si veri-fica durante NSTEMI, anche sel’incremento dei valori tende inassoluto ad essere maggiore erappresenta un prezioso, seppurnon immediato, strumento diconferma alla diagnosi di IMA16.

Complicanze dell’IMAIl paziente con infarto acuto vaincontro ad una serie di com-plicanze la cui entità, natura, in-sorgenza e progressione dipen-dono dal tipo, dalla localizzazio-ne ed estensione dell’area infar-tuale, dalla tempestività e dall’ap-propriatezza delle terapie adot-tate, ferme restando le condizio-ni cardiovascolari pre-esistenti.

La diagnosi di IMA è essen-zialmente clinica, basatasu dolore toracico tipico didurata superiore a 30 mi-nuti e modificazioni elettro-cardigorafiche con eleva-zione del tratto ST superio-ri a 2 mm in almeno duederivazioni contigue oblocco di branca sinistra dinuova insorgenza.

Di seguito riportiamo quelle piùfrequenti e significative.Insufficienza cardiaca acuta.Può essere causata o da unanotevole estensione dell’area in-fartuata a seguito di un infartomiocardico ampio e con gravedeficit di pompa; viceversa puòcomparire a seguito di altrecomplicanze emodinamiche,come la rottura di un muscolopapillare con insufficienza mi-tralica acuta o come la rotturadel setto interventricolare.Shock cardiogeno. Lo shockcardiogeno è la risultante deimezzi di compenso sistemicimessi in atto dall’organismo percompensare l’improvviso e gra-ve deficit di pompa.Disturbi del ritmo. Possonoessere sia di tipo tachiaritmicoche di tipo bradiaritmico. Le arit-mie più frequenti sono quelleipercinetiche; si possono verifi-care tachicardie ventricolari efibrillazione ventricolare chemettono a rischio la vita del pa-ziente se non prontamente rico-nosciute e trattate.Trombosi endoventricolare. Iltrombo può essere più o menoaderente alla parete ventricola-re e pertanto rappresenta unasorgente di emboli.Rottura del setto interventri-colare. Questa rara evenienzadetermina la comparsa di insuf-ficienza cardiaca acuta con gra-

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Ottobre 2004 Volume 4 Numero 4 Trends in Medicine 327

Diagnosi e trattamento della malattia vascolare aterosclerotica

ve dispnea ed edema polmona-re fino alla comparsa di shockcardiogeno. L’esame obiettivorivela all’auscultazione la presen-za di un soffio olosistolico inIII-IV spazio intercostale, sullamarginosternale di sinistra. Ladiagnosi può essere conferma-ta all’ecocardiografia.Rottura di cuore. Si tratta diun evento molto raro, caratte-rizzato dall’apertura di una fallache attraversa l’intera parete car-diaca, ad esito infausto nellastragrande maggioranza dei casi.Se l’entità della breccia apertanella parete cardiaca è di dimen-sioni modeste, il pericardio puòtamponare la falla ed il pazientesopravvivere.Aneurisma post-infartuale. E’un’area di ventricolo a parete fi-brosa più sottile rispetto al mio-cardio circostante che, per taleragione, si espande in sistole.Questa condizione è da diffe-renziare dal falso aneurisma, cheè una zona di soluzione di con-tinuo chiusa dal pericardio, dafibrina etc. e che va facilmenteincontro a rottura. L’aneurismaventricolare può determinare treconseguenze: 1) insufficienzacardiaca; 2) aritmie; 3) trombo-si endo-aneurismatica con con-seguente embolizzazione. Il so-spetto di aneurisma ventricola-re è suggerito dal persistentesopraslivellamento del tratto STdopo 3-4 settimane dall’eventoacuto, e può essere confermatocon l’ecocardiografia, l’angiocar-dioscintigrafia, la TAC e laRNM.

Pseudoaneurisma ventricola-re. La formazione di uno falsoaneurisma consegue alla rotturadella parete ventricolare che vie-ne successivamente delimitatadalla presenza di aderenze fibro-pericardiche che circondano labreccia.Sindrome di Dressler. Si trattadi una pericardite, con o senzaversamento, associata talvolta apleurite o polmonite. Di solitocompare dopo 15 giorni dal-l’evento acuto. La sintomatolo-gia è data da dolore retrosterna-le variamente irradiato (collo,mento, spalla, braccia) esacerba-to dagli atti respiratori. Sonogeneralmente presenti leucoci-tosi ed aumento della VES.L’ECG può mostrare segni qualiun sopraslivellamento del trat-to ST in più derivazioni comesegno di pericardite, complessiQRS di voltaggio ridotto in casodi versamento pericardico edaritmie sopraventricolari. L’eco-cardiografia può confermare ilsospetto diagnostico eviden-ziando la presenza di versamen-to pericardico.Angina post-infartuale. E’un’angina che residua dopo in-farto miocardico acuto e si ma-nifesta con i caratteri dell’angi-na instabile. Spesso necessita distudio coronarografico e di ri-vascolarizzazione invasiva.Rottura di muscolo papillare.Può avvenire quando la zona dinecrosi interessa la sede di in-serzione di un muscolo papilla-re, con conseguente distacco dicorde tendinee, comparsa di in-sufficienza mitralica acuta e se-vero impegno emodinamicocon insufficienza cardiaca acu-ta.

TrattamentoIl tempo è il fattore più impor-tante per ridurre i danni, edeventualmente salvare la vita, nelpaziente con infarto Q in atto:

il tempo è miocardio salvato e il mio-cardio salvato è capacità cardiaca re-cuperata (time is myocardium, timeis outcomes)44. Qualsiasi terapiasarà quindi tanto più efficacequanto più precocemente è ini-ziata. L’approccio terapeuticoiniziale al paziente con diagnosidi STEMI si basa sulla sommi-nistrazione precoce di antiaggre-ganti piastrinici (ASA 300 mg)e di eparina (UFH endovenosao LMWH)45, nonché sull’ossige-noterapia e l’utilizzo di morfinaper il controllo del dolore e del-l’ansietà.Altri due importanti presidi te-rapeutici sono i nitrati (sublin-guali ma soprattutto endoveno-si) ed i β-bloccanti, che dovreb-bero essere iniziati nella faseacuta se non controindicati (ipo-tensione, bradicardia, bronco-spasmo). Nel paziente con STE-MI si deve inoltre realizzare unaprecoce ricanalizzazione me-diante trombolisi o angioplasti-ca primaria dell’arteria infarto-correlata (IRA), l’unico vero in-tervento in grado di miglioraredrammaticamente la prognosi intermini di mortalità, morbilità erecupero funzionale46.Il GISSI-1 e l’ISIS-2 sono studistorici sull’utilizzo della trombo-lisi ed hanno dimostrato una ri-duzione della mortalità a 30giorni pari al 25-30% nei pazien-ti trattati con streptochinasi ri-spetto al placebo47,48. Successi-vamente il GUSTO-1 ha eviden-ziato la superiorità del FattoreTissutale di Attivazione del Pla-sminogeno, ottenuto con tecno-logia ricombinate (r-tPA) rispet-to alla streptochinasi e rappre-senta oggi il gold standard dellaterapia trombolitica49. I benefi-ci della trombolisi sono massi-mi, se attuata entro la prima oradall’insorgenza dell’infarto. Conil passare del tempo, la PTCAprimaria diviene progressiva-mente più efficace nel ripristi-

L’obiettivo primario dellaterapia dell’infarto miocar-dico acuto è rappresenta-to da un precoce e comple-to ripristino del flusso san-guigno a livello del miocar-dico ischemico.

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328 Trends in Medicine Ottobre 2004 Volume 4 Numero 4

S. Mondillo, V. Zacà

nare il flusso sanguigno nell’IRArispetto alla trombolisi (>95%vs 75-80% ): ciò è stato confer-mato dalla recente meta-analisicondotta su un totale di 23 trialche ha dimostrato la superioritàdella PTCA primaria sulla trom-bolisi rispetto a mortalità, rein-farto, ischemia ricorrente e stro-ke50. La maggior limitazione al-l’utilizzo della PTCA primaria èrappresentata dalla limitata di-sponibilità di strutture abilitate,benchè recenti studi (PRAGUE)abbiano evidenziato i vantaggidi una PTCA primaria ritardatarispetto al non trattamento diricanalizazione51. Allo stato at-tuale dunque, la PTCA prima-ria con posizionamento di stented eventuale utilizzo di inibitoridelle GP IIb/IIIa, dove dispo-nibile o se realizzabile in tempiragionevoli, costituisce il tratta-mento ottimale del paziente coninfarto ST52.

Trattamento cronico emisure di prevenzonesecondariaDopo STEMI i pazienti dovreb-bero continuare a tempo inde-

finito la terapia con antiaggre-ganti piastrinici (ASA 100 mg/die). Il trattamento con β-bloc-canti dovrebbe essere ottimiz-zato fino a raggiungere la dosemassima tollerata e sarebbeinoltre utile l’aggiunta di unACE-inibitore, soprattutto incaso di disfunzione ventricola-re sinistra. Le statine, introdot-te in terapia precocemente sisono dimostrate efficaci per laprevenzione di nuovi eventi co-ronarici53.Recentemente molti studi han-no tentato di verificare quantoincida un trattamento ipolipe-mizzante precocemente inizia-to (in ospedale) rispetto ad untrattamento procrastinato neltempo nel raggiungimento delgoal terapeutico. Uno dei primistudi in tal senso è stato quellodi Pedersen e collaboratori inpazienti con sindromi corona-riche acute54. In questo studiogli Autori hanno randomizzato151 pazienti (LDL=116 mg/dL) al trattamento con simva-statina (40 mg/die) entro 4 gior-ni dal ricovero (73 pazienti) o atrattamento differito a 3 mesi

(78 pazienti). A fronte di unaidentica riduzione delle LDL neidue gruppi (45%) dopo seimesi, il 92% dei pazienti in trat-tamento precoce aveva raggiun-to il goal terapeutico, control’81% dei pazienti in trattamen-to differito.Questi risultati suggerisconoche il trattamento ipolipemiz-zante deve essere instauratoquanto più precocemente pos-sibile, sia perché la sola restri-zione dietetica potrebbe nonessere sufficiente al raggiungi-mento del target, anche parten-do da valori basali non eleva-tissimi (116 mg/dL), sia perchéun precoce inizio intraospeda-liero aumenta la compliance neimesi successivi.Infine, la modificazione aggres-siva dei fattori di rischio è, comeper tutte le coronaropatie ate-rosclerotiche, un momento fon-damentale del post-IMA: l’abo-lizione del fumo ed uno stile divita adeguato sono infatti misu-re indispensabili per migliorarela prognosi nel lungo periodo e,quindi, i tassi di sopravviven-za55,56.

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