dicembre 2014 il signore viene

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Il sangue dei Martiri è seme di nuovi cristiani Dicembre 2014 IL SIGNORE VIENE IL SIGNORE VIENE IL SIGNORE VIENE L’anno liturgico è pri- ma di tutto il cammino attraverso il quale il tempo viene santifica- to, cioè reso “altro”. L’anno liturgico, con il dispiegarsi delle varie festività e dei diversi periodi liturgici al cui centro vi è la domeni- ca, santifica il tempo nel senso che impedi- sce all’uomo di viverlo come un mero susse- guirsi di momenti e lo induce a viverlo nell’intenzione voluta da Dio. In questa pro- spettiva, si può dire che la santificazione dell’uomo inizia quan- do è anzitutto il tempo ad essere reso santo, cioè “altro”. L’imperativo di Dio «Siate santi perché io, il Signore Dio vostro, sono santo» (Lv 19,2) significa “siate altri”, cioè capaci di sottrarvi alla seduzione idolatri- ca quotidiana che im- pedisce di essere “altrimenti”, di vedere oltre; in una parola, di credere alla presenza di Dio nel mondo. L’avvento “di mezzo” Difficile è precisare il primitivo significato di questo tempo liturgi- co, poiché scarse e non facilmente interpretabili sono le testimo- nianze scritte a riguardo. In ogni caso, si può fondamentalmente concordare con quanti ritengono che, fin dal V secolo l’avvento è stato un tempo in cui i cristiani si preparavano alla celebrazione della prima venuta del Signore (il Natale) e, contemporaneamen- te, un tempo di preparazione alla venuta definitiva del Signore (la parusìa). La revisione dell’anno liturgico indicata dal Vaticano II (cf. Sacro- sanctum concilium n. 107) ha voluto che fosse conservato all’avvento il duplice carattere di tempo di preparazione alla so- lennità del Natale, in cui si ricorda la prima venuta del Figlio di Dio fra gli uomini, e di tempo in cui, attraverso tale ricordo, lo spi- rito viene guidato alla seconda venuta del Cristo alla fine dei tempi. I testi liturgici, in primo luogo i due prefazi del Messale Romano, riescono a dare unitarietà celebrativa a questo tempo “forte”, invitando ad un’attesa, quella del mistero del Natale, compimento a sua volta dell’antica alleanza e solido fondamento della fedeltà di Dio nella storia fino alla venuta finale di Cristo. In questo modo è evitato il rischio, deleterio sotto il profilo pasto- rale e spirituale, della pura e semplice giustapposizione delle du- e “venute”. Anche le letture bibliche, in particolare quelle previste per le quattro domeniche, articolano e non giustappongono la duplice prospettiva dell’avvento. In effetti, tutti i diversi temi che emergono dal Lezionario (la vigilanza, la conversione, la gio- ia… ) convergono verso la festa del Natale, vista però non solo come memoria della nascita storica di Gesù, bensì come pro- messa e annuncio della venuta gloriosa alla fine dei tempi e per- ciò come “visita” continua al suo popolo. In particolare, l’itinerario biblico disegnato dal Lezionario configu- ra l’avvento come un tempo simultaneamente escatologico e na- talizio. Ma questi due “avventi” non esauriscono la grazia di que- sto tempo liturgico. In effetti, proprio in mezzo, tra la prima e l’ultima venuta di Cristo, tra l’incarnazione e la parusìa, la liturgia indica per noi oggi una “terza” venuta del Signore che s. Bernar- do, in maniera “geniale”, chiamava “avvento di mezzo”. Questo avvento è da viversi in tensione tra il “già” della prima venuta e il “non ancora” della seconda nell’“oggi” della liturgia e della storia.

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Page 1: Dicembre 2014 IL SIGNORE VIENE

Il sangue dei Martiri

è seme di nuovi cristiani

Dicembre 2014

IL SIGNORE VIENEIL SIGNORE VIENEIL SIGNORE VIENE

L’anno liturgico è pri-ma di tutto il cammino

attraverso il quale il tempo viene santifica-

to, cioè reso “altro”. L’anno liturgico, con il dispiegarsi delle varie festività e dei diversi periodi liturgici al cui centro vi è la domeni-ca, santifica il tempo

nel senso che impedi-sce all’uomo di viverlo come un mero susse-guirsi di momenti e lo

induce a viverlo nell’intenzione voluta da Dio. In questa pro-spettiva, si può dire che la santificazione

dell’uomo inizia quan-do è anzitutto il tempo ad essere reso santo,

cioè “altro”. L’imperativo di Dio

«Siate santi perché io, il Signore Dio vostro, sono santo» (Lv 19,2) significa “siate altri”,

cioè capaci di sottrarvi alla seduzione idolatri-ca quotidiana che im-

pedisce di essere “altrimenti”, di vedere oltre; in una parola, di credere alla presenza

di Dio nel mondo.

L’avvento “di mezzo”

Difficile è precisare il primitivo significato di questo tempo liturgi-co, poiché scarse e non facilmente interpretabili sono le testimo-nianze scritte a riguardo. In ogni caso, si può fondamentalmente concordare con quanti ritengono che, fin dal V secolo l’avvento è stato un tempo in cui i cristiani si preparavano alla celebrazione

della prima venuta del Signore (il Natale) e, contemporaneamen-te, un tempo di preparazione alla venuta definitiva del Signore (la

parusìa). La revisione dell’anno liturgico indicata dal Vaticano II (cf. Sacro-

sanctum concilium n. 107) ha voluto che fosse conservato all’avvento il duplice carattere di tempo di preparazione alla so-lennità del Natale, in cui si ricorda la prima venuta del Figlio di

Dio fra gli uomini, e di tempo in cui, attraverso tale ricordo, lo spi-rito viene guidato alla seconda venuta del Cristo alla fine dei tempi. I testi liturgici, in primo luogo i due prefazi del Messale

Romano, riescono a dare unitarietà celebrativa a questo tempo “forte”, invitando ad un’attesa, quella del mistero del Natale,

compimento a sua volta dell’antica alleanza e solido fondamento della fedeltà di Dio nella storia fino alla venuta finale di Cristo.

In questo modo è evitato il rischio, deleterio sotto il profilo pasto-rale e spirituale, della pura e semplice giustapposizione delle du-e “venute”. Anche le letture bibliche, in particolare quelle previste

per le quattro domeniche, articolano e non giustappongono la duplice prospettiva dell’avvento. In effetti, tutti i diversi temi che emergono dal Lezionario (la vigilanza, la conversione, la gio-

ia… ) convergono verso la festa del Natale, vista però non solo come memoria della nascita storica di Gesù, bensì come pro-

messa e annuncio della venuta gloriosa alla fine dei tempi e per-ciò come “visita” continua al suo popolo.

In particolare, l’itinerario biblico disegnato dal Lezionario configu-ra l’avvento come un tempo simultaneamente escatologico e na-talizio. Ma questi due “avventi” non esauriscono la grazia di que-

sto tempo liturgico. In effetti, proprio in mezzo, tra la prima e l’ultima venuta di Cristo, tra l’incarnazione e la parusìa, la liturgia indica per noi oggi una “terza” venuta del Signore che s. Bernar-do, in maniera “geniale”, chiamava “avvento di mezzo”. Questo

avvento è da viversi in tensione tra il “già” della prima venuta e il “non ancora” della seconda nell’“oggi” della liturgia e della storia.

Page 2: Dicembre 2014 IL SIGNORE VIENE

Una stupenda pagina di s. Massimo di Tori-no risulta, in proposi-to, illuminante: «Ciò che è stato compiuto un tempo, lo abbiamo visto con chiarezza e lo vediamo ogni gior-no. Le opere meravi-gliose di Cristo sono

tali che non cadono in dimenticanza per

l’antichità, ma acqui-stano vigore per la

grazia. Non vengono seppellite dall’oblio,

ma si rinnovano nelle loro proprie doti. Da-vanti alla potenza di

Dio, infatti, nulla viene abolito, nulla è passa-

to, ma di fronte alla sua grandezza tutto

gli è presente. Per lui tutto il tempo è oggi. Che se tutta la serie

dei secoli per il Signo-re è un solo giorno,

nel medesimo giorno nel quale il Salvatore ha operato prodigi per i nostri padri, li ha o-

perati anche per noi» (Sermo 102,2).

A ben vedere, il momen-to decisivo per noi è pro-priamente l’“avvento di

mezzo”, che non possia-mo mancare, perché – come ricorda s. Bernar-

do – «è la via che ci consente di passare dal primo al terzo avvento. Nel primo Cristo era la

nostra redenzione, nell’ultimo ci apparirà come nostra vita. In

questo avvento attuale, è nostro riposo e nostra consolazione» (Discorso

quinto sull’avvento).

In definitiva, i testi liturgici dell’avvento veicolano una teologia che invita la comunità cristiana non tanto a prepararsi a ricordare un anniversario o a fare un’operazione nostalgica, come se tro-

vassimo Dio solo nel Bambino nato a Betlemme, bensì a lasciar-si coinvolgere in un avvenimento attuale: il Signore viene ora, e tale venuta richiede preparazione per riconoscerlo, accoglierlo e seguirlo. Solo accogliendolo oggi lo sapremo incontrare alla fine dei tempi: «Ora egli viene incontro a noi in ogni uomo e in ogni

tempo, perché lo accogliamo nella fede e testimoniamo nell’amore la beata speranza del suo regno» (Prefazio di avven-

to I/A). La salvezza data è Cristo e la salvezza attesa è ancora Cristo.

L’opera salvifica di Cristo non è terminata; egli è atteso nella sua qualità di Salvatore ed è invocato come salvezza: «“Dai cieli at-tendiamo come Salvatore Gesù Cristo” (Fil 3,20). Per questo, se la quaresima può essere riassunta nel Miserere e la cinquantina

pasquale nell’Alleluia, l’avvento può essere identificato nell’invocazione Maranatha, Vieni Signore!». In conclusione,

nell’avvento la liturgia conduce la chiesa e ogni cristiano a con-fessare la fede nella venuta di Cristo nella carne per ravvivare la

speranza della venuta di Cristo nella gloria.

Una spiritualità della “vigilanza”

La preparazione alla venuta del Signore si connota, sotto il profi-lo spirituale, come un’attesa vigilante: a ciò orientano le pagine bibliche, in particolare quelle della prima domenica di avvento, nonché i diversi testi eucologici: «Quando egli verrà e busserà alla porta ci trovi vigilanti nella preghiera ed esultanti nella lo-

de» (colletta 1ª lunedì); «Rafforza la nostra vigilanza nell’attesa del tuo Figlio perché… andiamo incontro a lui con le lampade accese» (colletta 2ª venerdì). Un grande aiuto per entrare nel clima spirituale di questo tempo liturgico è offerto, inoltre, dalla Liturgia delle ore. In avvento la distribuzione dei salmi è quella consueta, ma vi sono antifone proprie per il Benedictus e per il

Magnificat di ogni giorno e per i salmi di Lodi e Vespri di ogni do-menica. Questi testi, unitamente agli inni e ai responsori, suscita-no un clima di attesa e di vigilanza nel quale si illuminano i salmi

e le letture bibliche scelte per questo tempo. Vigilanza è, dunque, l’invito pressante di questo tempo “forte”. Cos’è la vigilanza? Gesù nella sua predicazione allude spesso alla vigilanza, indicandola come l’attitudine di fondo di quanti vi-vono da credenti nel mondo, aspettando il giorno finale: «Io dico a tutti: vegliate!» (Mc 13,37). Nel vangelo di Matteo la raccoman-dazione è analoga: «Vegliate, perché non sapete in quale giorno giungerà il vostro padrone» (24,42). Luca non è da meno: «Beati i servi che il padrone troverà fedeli a vegliare» (12,37). Nel mo-mento più drammatico della sua esistenza terrena Gesù racco-manda ai discepoli di pregare e di vegliare per non entrare in

tentazione (cf. Mc 14,38; Mt 26,41).

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Anche la riflessione neotestamentaria riba-disce la necessità del-la “veglia”: «Vegliate, rimanete saldi nella fede» (1Cor 16,13).

L’apostolo Pietro rac-comanda: «Siate so-

bri, vegliate» (1Pt 5,8). L’Apocalisse pre-senta il ritorno del Si-gnore come la venuta improvvisa di un ladro e ammonisce: «Beato

colui che ve-glia» (16,15). In defini-tiva, la vigilanza, nella testimonianza biblica, appare come la virtù che tiene viva la fede dell’uomo pellegrino

nel mondo in attesa di raggiungere la meta finale. In effetti, sem-pre la sacra Scrittura insegna che proprio il dormire è ciò che ri-sulta incompatibile

con la fede: le vergini stolte si addormenta-no (Mt 25,5); Gesù

nell’orto degli ulivi tor-na dai discepoli e li trova addormentati (Mt 26,43). L’uomo che dorme, ovvero

non veglia, è l’uomo che è incapace di co-gliere la presenza di

Dio nel mondo, l’uomo che corre il terribile rischio di vivere nel mondo come se Dio

non ci fosse.

In una bella pagina G. Dossetti descrive cos’è la vigilanza. Egli scrive: «La vigilanza è la virtù di cui Gesù ha maggiormente par-lato nella fase conclusiva della sua venuta, e certo si può com-

prendere perché tanto ne ha parlato. La vigilanza è la virtù tipica del tempo intermedio, tra la prima e la seconda venuta di Cri-

sto… Quaggiù noi non possiamo che protenderci verso la carità, così come ci protendiamo verso il Cristo. La vigilanza è in un certo senso la virtù condizionante di tutto il tempo intermedio,

perché è solo attraverso la vigilanza, questo incessante vegliare, che noi possiamo mettere da parte nostra tutto ciò che è neces-sario, perché da parte sua il Dio vivente nel suo Spirito ci metta l’Amore che ci deve colmare, totalmente riempire» (Meditazioni

sull’avvento). Maria, “figura” dell’avvento

La spiritualità tipica dell’avvento trova un modello impareggiabile in Maria, vergine dell’attesa vigilante. Paolo VI nell’esortazione apostolica Marialis cultus ha molto significativamente scritto: «I fedeli, che vivono con la liturgia lo spirito dell’avvento, conside-rando l’ineffabile amore con cui la vergine madre attese il Figlio, sono invitati ad assumerla come modello e a prepararsi ad anda-re incontro al Salvatore che viene vigilanti nella preghiera, esul-

tanti nella lode». Come per la prima venuta nel mondo del Verbo eterno fu neces-

sario, per divino disegno, il sì di Maria, così la presenza della Vergine non cessa di farsi sentire nell’attesa dell’ultima venuta del Salvatore. Dice l’Apocalisse: «Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da

lui, cenerò con lui ed egli con me». Si può dire che Maria è colei che per prima ha aperto la porta, anzi l’ha spalancata, al Signore che viene, ed è per questo che il cristiano di ogni epoca può tro-

vare nella madre di Dio un modello e un esempio. Ecco perché l’avvento è da sempre considerato il tempo mariano per eccellenza, il tempo in cui ogni cristiano, fissando lo sguardo su Maria può apprendere da lei quelle disposizioni d’animo che

permettono di sperimentare l’incontro con il Veniente. Il card. Ra-tzinger, in un commento all’enciclica di Giovanni Paolo II Redem-ptoris mater scriveva: «L’avvento è nella liturgia della chiesa un tempo mariano: il tempo in cui Maria ha fatto spazio nel proprio

grembo al Redentore del mondo, il tempo in cui portò in sé l’attesa e la speranza dell’umanità. Celebrare l’avvento significa

divenire mariani, unirsi al sì di Maria, che è continuamente lo spazio della nascita di Dio, della pienezza del tempo» (Maria il sì

di Dio all’uomo, Queriniana, 1987).

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Il repertorio musicale religioso di Natale è il più bello che possa esistere. A sentirlo,

non lascia indifferente nessuno, compresi l’ateo e l’agnostico. Natale è Natale, perché si fa memoria della nascita di Gesù Bambino. C’è chi prova a scrollarsi di dosso que-

sta tradizione, ma la musica che rallegra tutto il mese di dicembre non glielo permet-te. Anzi, lo coinvolge e lo induce a riflettere. Dicono che White Christmas (Bianco Na-tale), cantato da Bing Crosby nel film La taverna dell’allegria, sia il singolo più vendu-

to nella storia della musica.L’hanno comprato milioni di persone, ma molte di più so-no quelle che ogni dicembre intonano – nelle chiese, così come a casa, per le strade

della città, persino in auto mentre vanno a lavoro – i canti corali Adeste fideles (Venite fedeli), Tu scendi dalle stelle (composto dal napoletano sant’Alfonso de’ Li-guori nel 1754) e Stille nacht (Notte silenziosa o Astro del ciel).

La bellezza dei canti natalizi sta nella fusione della musica con i significati letterari, interpreti del clima spirituale che si assapora nel mese dedicato a Gesù. Così, se per i

non credenti il Natale è una risposta alla nostalgia dell’unione dei cuori riconciliati (carattere, questo, molto in evidenza nell’ambiente protestante nordeuropeo), per i fedeli i canti rappresentano soprattutto un’occasione di preghiera, e non sono mai

semplici manifestazioni folkloristiche. «Chi canta bene prega due volte» diceva sant’Agostino. A ricordare questa massima un anno fa è stato padre Ugo Sartorio,

direttore generale del «Messaggero di sant’Antonio» nel corso della trasmissione Rai A sua immagine, dove ha sottolineato che «la bellezza del canto ha a che fare con la

preghiera. Una bellezza che crea il senso di lode della comunità davanti a Dio».