direzione didattica statale iii circolo empoli (fi) · istituto di psicologia scolastica –...

54
DIREZIONE DIDATTICA STATALE III CIRCOLO EMPOLI (FI) In collaborazione con 1

Upload: hakhanh

Post on 15-Feb-2019

214 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

Page 1: DIREZIONE DIDATTICA STATALE III CIRCOLO EMPOLI (FI) · Istituto di Psicologia Scolastica – L’Ancora Blu Società Italiana Alimentazione e Sport Associazione Italiana per lo studio

DIREZIONE DIDATTICA STATALE III CIRCOLO EMPOLI (FI)

In collaborazione con

1

Page 2: DIREZIONE DIDATTICA STATALE III CIRCOLO EMPOLI (FI) · Istituto di Psicologia Scolastica – L’Ancora Blu Società Italiana Alimentazione e Sport Associazione Italiana per lo studio

Istituto di Psicologia Scolastica – L’Ancora Blu Società Italiana Alimentazione e Sport

Associazione Italiana per lo studio della qualità della vita Empoli Football Club

Con il patrocinio di

Ufficio Scolastico Regionale per la Toscana Comune di Empoli (FI) Comitato Provinciale di Firenze

ALIMENTARSI CON LO SPORTLezioni di salute per l’età evolutiva…..e non solo

Atti del convegno di Empoli 14 maggio 2005

A cura di Emanuele Bartolozzi

Con la collaborazione diRoberta Patrocchi

INDICE

Presentazione a cura di Emanuele Bartolozzi ………………………………………………...……… pag 4

2

Page 3: DIREZIONE DIDATTICA STATALE III CIRCOLO EMPOLI (FI) · Istituto di Psicologia Scolastica – L’Ancora Blu Società Italiana Alimentazione e Sport Associazione Italiana per lo studio

LA COSTRUZIONE DELLA PERSONALITA’ E L’IMMAGINE DI SE’ TRA REALE E IDEALEEmanuele Bartolozzi …………………………………………………………………………………….. pag 5 DIETA E ATTIVITA’ FISICA NELLA PREVENZIONE E TERAPIA DELL’OBESITA’Fabrizio Angelini…………………………………………………………………………………..….…pag 10 STRESS, OVERTRAINING, DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTAREGabriele Buracchi……………………………………………………………………………………..…pag 12 SOMA, PSICHE E CURA: TRA MITOLOGIA GRECA E METAFORA ATTUALEOmero Sacchetti…………………………………………………………………………………….……pag 16 SPORT E DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTAREStefano Lassi, Claudia Ravaldi ………………………………………………………………………..pag 20 LO SPORT FA SEMPRE BENE?Paolo Becherucci…………………………………………………………………………………………pag 22 ALIMENTAZIONE: LE ESIGENZE DELLO SPORTIVOFranco Rosiello………………………………………………………………………………………..…pag 26 IL VALORE DELLO SPORT COME ANTIDEPRESSIVOCristina Sesoldi, Ilaria Nardi…………………………………………………………………………..pag 31 EDUCARE AI VALORI ATTRAVERSO LO SPORTCristina Cinelli……………………………………………………………………………………………pag 35 LA COSTRUZIONE DELL’IMMAGINE CORPOREA NELLA PREADOLESCENZARoberta Patrocchi, Serena Magonio…………………………………………………………………..pag 42 MENTE E CORPO: TRA CONTROLLO ED ESPLOSIONESabrina Ulivelli………………………………………………………………………………………..….pag 45 SPORT E SCUOLAGiovanni Franceschi…………………………………………………………………………………….pag 49 L’INTERVENTO DEL PREPARATORE ATLETICO NELLA FASCIA D’ETA’ 6 – 14 ANNI: PROGRAMMAZIONE E PROBLEMATICHEGiovanni Bonocore………………………………………………………………………………………pag 51 PRESENTAZIONE Emanuele Bartolozzi

3

Page 4: DIREZIONE DIDATTICA STATALE III CIRCOLO EMPOLI (FI) · Istituto di Psicologia Scolastica – L’Ancora Blu Società Italiana Alimentazione e Sport Associazione Italiana per lo studio

Psicologo, pedagogista, Psicoterapeuta Lastra a Signa (FI)Presidente Associazione L’Ancora Blu Il secondo numero della rivista vede la luce in un importante momento espansivo dell’associazione. Dalla sua nascita ad oggi il numero dei soci è raddoppiato e così pure le nostre iniziative. Il sito sta andando bene e piano piano conquista posizioni su posizioni nei motori di ricerca. Queste ottimistiche considerazioni contrastano però con le difficoltà che incontriamo nell’acquisizione di incarichi che consentano ai diversi associati di iniziare la professione con dignità e con un minimo di sicurezza economica. Ciò è reso difficile sia dall’attuale congiuntura economica, sia da quella visibilità che ancora manca al nostro marchio per poter essere una realtà significativa nel panorama della psicologia e della pedagogia.E’ in quest’ottica propulsiva che va letto lo sforzo organizzativo con cui nel maggio del 2005 ebbe luogo il convegno “Alimentarsi…con lo sport” cui la nostra associazione diede un contributo fortemente significativo sia a livello organizzativo che di relatori. Un convegno che vide protagonisti quali organizzatori o patrocinatori importanti strutture: sportive (CONI, Empoli Football Club); didattiche (Direzione didattica del III circolo di Empoli, Ufficio scolastico regionale per la Toscana); associative (Associazione italiana per lo studio della qualità della vita, Società Italiana Alimentazione e sport, oltre al nostro Istituto di Psicologia Scolastica).I contributi che qui sono raccolti disegnano gli intrecci che si strutturano tra aspetti dello sviluppo della personalità e della crescita biologica dell’individuo con il senso e il valore di un più generale concetto di wellness che vede una dinamica interfaccia tra sport e alimentazione. I diversi specialisti, ognuno dal proprio punto di osservazione, mettono a disposizione del lettore una gamma di riflessioni e di opportunità che permettono di ricomporre il mosaico di una sinergia tra un tipo di scuola, promotrice di salute non solo fisica ma anche psichica, un mondo dello sport, consapevole del ruolo non solo di palestra per talenti ma anche di modello di vita per tutti, e una più generale cultura del benessere di cui l’alimentazione costituisce l’asse portante.Nell’ottica della nostra Associazione questo secondo numero della rivista on line rappresenta ancora un resoconto del passato; il prossimo numero invece sarà dedicato ad un’iniziativa che si svilupperà in contemporanea o quasi all’uscita della rivista ovverosia il convegno Il ponte trasparente ovvero Psicologia e scuola tra nuove domande e vecchie risposte che si terrà a Prato il 6 maggio 2006 e il cui programma è già visibile sul nostro sito: l’augurio ancora una volta è che queste nostre occasioni di incontro possano portare quella visibilità che, unita alla qualità dei nostri servizi, permetterà lo sviluppo delle nostre attività. LA FORMAZIONE DELLA PERSONALITA’ E L’IMMAGINE DI SE’ TRA REALE E IDEALE 4

Page 5: DIREZIONE DIDATTICA STATALE III CIRCOLO EMPOLI (FI) · Istituto di Psicologia Scolastica – L’Ancora Blu Società Italiana Alimentazione e Sport Associazione Italiana per lo studio

Emanuele BartolozziPsicologo, pedagogista, Psicoterapeuta Lastra a Signa (FI)Presidente Associazione L’Ancora Blu Le modalità di attaccamento si cominciano a realizzare nella vita intrauterina ma è dalla nascita che il sistema di attaccamento del neonato entra in interazione con quello dei genitori tiene. Gli effetti positivi della reciprocità di attaccamento tra genitore e figlio trova nella specificità dei genitori (in genere il padre più legato a comportamenti di motilità e di gioco, la madre maggiormente stimolante verso la regolarità e l’accudimento) si vedono nello sviluppo della sfera affettiva. La modulazione del tono, i ritmo delle parole rappresentano elementi costitutivi del processo di attaccamento nelle sue fasi iniziali predisponendo il bambino ad un corretto sviluppo delle capacità di adattamento e consentendone lo sviluppo emozionale e della conoscenza di sé.Per questi motivi la modalità con cui si struttura la reciprocità tra genitori e figlio è estremamente importante per l’organizzazione della conoscenza del bambino, tanto importante quanto difficile perché non si è prepararti a riconoscere le esigenze della nostra specie: il comportamento dei bambini può essere abbastanza simile di fronte a particolari situazioni ma ci si abitua a sentirlo e viverlo in maniera differenziata sin dai primi anni.Si assiste dunque all’intersezione di fattori genetici, cioè di predisposizioni biologiche, cui si sommano gli aspetti dei sistemi di reciprocità, cioè lo stile di allevamento, che i bambini sperimentano nei primi anni di vita che, successivamente, nell’interazione con i fattori ambientali e sociali, determinano il successivo sviluppo della personalità sia per ciò che riguarda il concetto di sé, l’autostima e la sicurezza sia per quanto riguarda l’ambiente scolare, i rapporti con i coetanei, la famiglia, le capacità di prendere decisioni e fare scelte.Con il termine personalità si intende una modalità strutturata di pensiero, sentimento e comportamento che caratterizza il tipo di adattamento e lo stile di vita di un soggetto e che risulta da fattori costituzionali, dello sviluppo e dell’esperienza sociale In altre parole i tratti della personalità sono modi costanti di percepire, rapportarsi e pensare nei confronti dell’ambiente e di se stessi, che si manifestano in un ampio spettro di contesti sociali e personali. Solo quando tali tratti sono rigidi e non adattivi e causano una significativa compromissione del funzionamento sociale o lavorativo, oppure una sofferenza soggettiva, essi costituiscono i disturbi di personalità.I collegamenti che esistono tra le modalità di sviluppo e le caratteristiche di personalità che contraddistinguono una persona adulta e cosa contribuisce a rendere una persona più fragile di un’altra rispetto agli “urti” della vita sono tutt’oggi oggetto di studio.Cercando di semplificare si può dire che la personalità è “quello che uno è”, cioè l’irrepetibile essenza di quel particolare individuo, per comprendere la quale oggi si applica in genere un modello di tipo bio-psico-sociale in cui i fattori di rischio sono identificati in:1. biologici (impulsività e instabilità affettiva)2. psicologici (esperienze di perdita, trauma, fallimento parentale)3. sociali (disintegrazione sociale)Temperamento, carattere e personalità sono termini usati per esprimere caratteristiche psicologiche stabili, profondamente radicate e presenti fin dall’infanzia che si esprimono in ogni aspetto del sentire, pensare e agire di un individuo. Gli attributi appresi o acquisiti durante lo sviluppo vanno sotto la denominazione di carattere, il termine di temperamento è riservato ai fattori costituzionali, fermamente ancorati alla struttura biologica; la personalità è intesa in senso descrittivo come risultato di interazione tra fattori costituzionali ed acquisiti.Dalla violenza, alla depressione, alla tossicodipendenza, i sintomi del malessere sono sotto gli occhi di tutti noi.I disturbi formativi della personalità sembrano largamente riferibili a una non corrispondenza delle 5

Page 6: DIREZIONE DIDATTICA STATALE III CIRCOLO EMPOLI (FI) · Istituto di Psicologia Scolastica – L’Ancora Blu Società Italiana Alimentazione e Sport Associazione Italiana per lo studio

esperienze esistenziali a quelle basilari richieste istintive (attaccamento, nutrizione, affetto) con le quali gli esseri umani, chi più, chi meno, vengono al mondo e l’etologia ha dimostrato che queste frustrazioni possono lasciare segni duraturi nel comportamento dei soggetti poi divenuti adulti. Un disturbo di personalità fa frequentemente da sfondo a gravi problemi relazionali e familiari, alla dipendenza dall’alcool o dalla droga, a situazioni di ritiro sociale, solitudine e depressione.Per questi motivi credo fermamente nella necessità di conoscere gli aspetti e i problemi relativi allo strutturarsi della personalità da parte del genitore, ma anche da parte dell’educatore e dell’insegnante: ciascuno con la sua relazione con il bambino contribuisce in parte alla formazione delle sue immagini del mondo.Le attività di educazione alla salute dunque si inseriscono in questo contesto finalizzando l’intervento educativo all’influire positivamente sulla buona qualità della vita dei soggetti dell’educazione, alla promozione del benessere,della cultura, della socializzazione,permettendo che lo star bene personale si coniughi con lo star bene comunitario. Tale promozione è strattemante legata alle azioni, ai comportamenti e al clima relazionale che costituiscono i fondamenti di qualsiasi progetto educativo di istituto.E’ dunque in questo contesto che si situa l’importantissimo ruolo dell’educatore: egli si trova nella condizione ideale per interpretare e cogliere i diversi segnali che esprimono, nei modi e nei momenti più impensati i bisogni dei ragazzi e quegli atteggiamenti che possono costituire sintomo di un disagio, di una crisi interiore, di un bisogno di opposizione.E’ l’educatore infatti che sta a contatto con i ragazzi nei diversi momenti della giornata ed è una figura sicuramente più presente e vissuta in un contesto di relazione diverso rispetto al docente. Si trova dunque in una posizione tale da poter conoscere sicuramente in modo più approfondito il ragazzo e le sue dinamiche di relazione con se stesso e con gli altri.Questo tipo di rapporto permette all’educatore di disporre di un osservatorio privilegiato con il quale sarà in grado di poter operare con il consiglio di classe ai fini della prevenzione delle devianze, delle tossicodipendenze, delle problematiche legate alla sessualità.L’eterogenità della popolazione delle istituzioni educative ( ospiti residenziali, semiresidenziali ed esterni) deve far riflettere sulle diverse prerogative di cui può essere portatore ogni gruppo (culture diverse delle aree di provenienza, interpretazioni sociali, usanze) e di conseguenza oirientare l’azione educativa alla luce di queste considerazioni.Le difficoltà di ordine relazionale, scolastico, familiare possono essere presenti nei ragazzi così come molto più semplicemente la necessità di seguire un corso di studi non presente nella città di provenienza.Il caso di un ragazzo di 16 anni di Cecina che frequenta una scuola di preparazione al volo a Forlì e vive in un convitto di Imola è sicuramente diverso dal caso di un altro ragazzo di 16 anni proveniente da un paese vicino a Firenze che vive in un convitto nell’alta Italia, per decisione punitivo-educativa della famiglia, in quanto inseritosi in un gruppo di ragazzi della Firenze-bene che faceva uso di coca e altre sostanze.I casi di questi due ragazzi che ben conosco, deve far riflettere anche su un’altra considerazione che riguarda la famiglia d’origine. Il primo ha ricevuto un accudimento nei primi anni di vita dal quale la famiglia ha contribuito negli anni ad autonomizzarlo attraverso l’inserimento negli scout, e successivamente responsabilizzandolo con la partecipazione come accompagnatore di portatori di handicap nei pellegrinaggi a Lourdes. Il secondo, figlio di separati che vivono molto lontano tra loro, a tutt’oggi non al corrente dell’esistenza di un fratello nato da un’altra relazione del padre, fin da piccolo ha dovuto arrangiarsi. La madre impegnatissima nel suo lavoro di piccola imprenditrice non è stata assolutamente in rado di presentarsi come una figura di accudimento e il ragazzo già a sei anni era costretto ad uscire per comprarsi da mangiare da solo. Ciò che non gli è mai mancato sono stati i soldi: ma con quelli l’affetto non si compra…e ancora mi ricordo quando veniva in casa mia e mi diceva che solo qui lui sentiva una “famiglia”.Le storie di questi ragazzi sono storie che possono essere osservate negli istituti educativi: e il ruolo dell’educatore e la sua flessibilità diventano di importanza rilevante proprio in situazioni come 6

Page 7: DIREZIONE DIDATTICA STATALE III CIRCOLO EMPOLI (FI) · Istituto di Psicologia Scolastica – L’Ancora Blu Società Italiana Alimentazione e Sport Associazione Italiana per lo studio

queste.Tra i compiti dell’educatore ci sono sia quello di guidare un ragazzo nella formazione di un proprio metodo di studio sia quello di supportarlo nella formazione della sua personalità. In questo senso la sua azione sarà tanto più significativa quanto più conoscerà alunni sia sotto il profilo scolastico che sotto il profilo psicologico. E’ in questo senso utile la partecipazione ai consigli di classe, alle riunione del collegio degli educatori, alle riunioni di settore al fine di cogliere ogni aspetto del ragazzo in un’ottica pluralistica di interpretazione delle sue immagini del mondo. In base alla programmazione di classe e al piano dell’Offerta Formativa dell’istituto l’educatore potrà orientare la programmazione dell’attività educativa con un sistema di controllo dei risultati ottenuti nei due aspetti di competenza del personale educativo , il “saper essere” e il “saper fare”.Per raggiungere questi obiettivi l’educatore può servirsi di progetti, tali progetti possono essere destinati a soggetti diversi (semiconvittori, fasce d’età, convittori, ecc.) finalizzandoli all’individuazione del problema, agli obeittivi cui tende, all’indice di fattibilità, alla scelta di strumenti e metodi, ai tempi e ai costi, alla verifica e all’autovatuazione.Le caratteristiche dei ragazzi, i punti di forza e debolezza dell’istituto, l’analisi delle risorse personali e generali, delle attrezzature costituiscono un metodo di lavoro utile per la progettazione di un buon intervento educativo, un intervento che potrebbe realizzarsi anche grazie alla partnership con enti, istituzioni o soggetti esterni all’istituto.Ma, l’essenziale, tornando all’inizio del mio scritto eè che ogni progetto tenda allo sviluppo della personalità del ragazzo, con riferimento ai propri modi pensare e di pensarsi, al favorirne l’autonomia e lo sviluppo di buone relazioni con se stesso e con gli altri. E’ dunque importantissima nell’educatore la sua capacità soggettiva e personale nel facilitare la comunicazione tra i ragazzi e tra lui stesso ed il singolo ragazzo. Questa qualità presuppone almeno tre caratteristiche di personalità dell’educatore la disponibilità verso gli altri, la disponibilità all’ascolto, la capacità di empatia. Tutte caratteristiche che potranno sempre e comunque rapportarsi all’ orientamento di carattere più o meno direttivo che potrà essere utile adottare in quel particolare contesto.Le attività a carattere musicale, multimediale, teatrale, sportivo, ludico, le visite guidate, le gite, ecc. rappresentano solo alcuni esempi di come poter utilmente costruire un proprio progetto educativo: ma l’importante a mio avviso non risulta tanto la tipologia del progetto ma quanto questa tipologia risulti rispondente ai bisogni di quella comunità e alla capacità dell’educatore di porsi in una dimensione relazionale utile per quella particolare situazione…e solo chi ha fatto determinate esperienze della vita è in grado di comprendere le parole d’ordine flessibilità ed empatia. Personalità e scuolaNel linguaggio comune il termine personalità è usato frequentemente per indicare l'immagine o l'impressione che ciascuno di noi ha delle diverse persone. In realtà questo concetto è molto difficile da spiegare, tanto è che gli studiosi non sono concordi su un'unica definizione del termine "personalità". Esistono infatti molte e diverse teorie della personalità tutte utili a capire un concetto così ampio e complesso.Possiamo definire la personalità come una sintesi originale di tratti e abilità e quindi una integrazione di modalità particolari del comportamento comprendenti componenti ereditarie, ambientali, somatiche, psichiche.Questo ci fa riflettere sulla varietà di personalità presenti nel genere umano e la difficoltà a standardizzare il comportamento dell'individuo. Tale originalità della personalità deriva da una imprevedibilità di fattori che agiscono durante il periodo dello sviluppo.Lo sviluppo dell'uomo è costituito da un processo unitario nel quale diversi aspetti (psicologici, sociali, educativi, fisici...) sono strettamente integrati. Il bambino in tal modo, crescendo, aumenta le abilità, gli affetti, le conoscenze, ma nello stesso tempo si integra sempre più nell'ambiente familiare e sociale.Tale concetto è di fondamentale importanza se pensiamo che molto spesso noi adulti tendiamo invece a formulare opinioni sugli altri in base a singoli aspetti ( risultati scolastici, adattamento alle 7

Page 8: DIREZIONE DIDATTICA STATALE III CIRCOLO EMPOLI (FI) · Istituto di Psicologia Scolastica – L’Ancora Blu Società Italiana Alimentazione e Sport Associazione Italiana per lo studio

norme...). Spesso infatti il bambino ritenuto educato o disciplinato viene giudicato più maturo del bambino vivace e anticonformista anche se quest'ultimo può avere una personalità più creativa.Lo sviluppo fisico, l'intelligenza, la socievolezza, le abilità sono certamente importanti per considerare il tipo di personalità, ma non vanno intesi in modo isolato. Un bambino molto bravo a scuola, che ottiene ottimi risultati, ad un esame più accurato può essere incapace a stabilire rapporti affettivi soddisfacenti con i coetanei.Il processo di formazione della personalità è complesso in quanto vi concorrono le componenti biologiche e sociali. Alla nascita un bambino non è tabula rasa. Tra un bambino e l'altro vi sono differenze significative di carattere ereditario e congenito. Eredità e ambiente non sono inscindibili nello sviluppo umano. Sin dalla nascita la personalità è bio-psico-sociale.L'evoluzione della personalità comprende la relazione bambino-genitore, le esperienze scolastiche, i rapporti con i coetanei, la capacità di valutare se stessi in modo equilibrato.Il clima emotivo familiare è determinante per lo sviluppo armonico del figlio. Se tra genitori vi è un rapporto d'amore e di stima il processo evolutivo della personalità infantile si sviluppa in modo positivo. Se al contrario il conflitto è molto frequente i figli possono manifestare uno stato di ansia e insicurezza affettiva.Lo sviluppo equilibrato della personalità del bambino sia in senso psicologico che sociale presuppone che viva la sua infanzia in un’atmosfera di sicurezza affettiva, ecco perché egli esige dai genitori un affetto esclusivo.Quando teme di perdere l'amore dei genitori nasce un meccanismo di ansia legato alla ripulsa e al biasimo. Una disapprovazione troppo severa da parte dei genitori o una separazione drastica (svezzamento, abbandono, lunga assenza o perdita di un genitore) possono portare ad uno stato ansioso che potrà durare anche tutta la vita sotto forma di nevrosi d'abbandono o d'angoscia.Secondo Carl Rogers il bambino ha due bisogni fondamentali: 1) il bisogno di essere considerato in modo positivo dagli altri; 2) il bisogno di considerare in modo positivo se stesso.Considerare il bambino in modo positivo significa accettarlo per come egli è, indipendentemente dal suo modo di agire. Il genitore può limitare o frenare certi comportamenti che ritiene indesiderabili, disapprovando i comportamenti, ma non il bambino e i suoi sentimenti.In molte occasioni gli adulti fanno intendere ai figli che, per avere il loro amore e il loro rispetto, essi devono sentire e agire nello stesso modo dei genitori.I bambini hanno un gran bisogno d'amore e sono disposti a modificare in modo significativo la loro condotta pur di ottenerlo.Quando il genitore stabilisce le condizioni attraverso le quali il bambino sarà accettato può indurre quest'ultimo a introiettare dei valori di altre persone piuttosto che i valori del suo Sè.La considerazione positiva di sè dipende strettamente dal tipo di attenzione che gli è stata accordata dagli altri. I bambini che vengono accettati per quello che sono riescono a vedersi in modo positivo e ad accettarsi. Chi è sottoposto a continue critiche difficilmente acquisterà rispetto e fiducia in sè. Immagini inadeguate di sè, senso di inferiorità sono spesso da imputare alla mancanza di considerazione positiva degli altri.Il concetto di Sè risulta distorto quando la valutazione positiva avviene solo a determinate condizioni.Se un bambino è geloso del fratello minore e lo picchia i genitori possono impedirgli di farlo ricordandogli che picchiando il fratello può fargli del male. Se però danno al bambino il messaggio che, se continuerà ad essere geloso, non gli vorranno più bene, pongono delle condizioni creando convinzioni sbagliate.Per adeguarsi alle loro condizioni il bambino è costretto a negare alcune esperienze che fanno parte della sua crescita; per non perdere l'amore dei genitori deve negare a se stesso il sentimento della gelosia.Se si insegna ai bambini che è sbagliato provare determinati sentimenti, essi nel tempo li considereranno negativi anche nell'espressione. Così , per rispondere adeguatamente alle condizioni stabilite dai genitori egli non riconoscerà i propri sentimenti e le proprie emozioni. E le emozioni 8

Page 9: DIREZIONE DIDATTICA STATALE III CIRCOLO EMPOLI (FI) · Istituto di Psicologia Scolastica – L’Ancora Blu Società Italiana Alimentazione e Sport Associazione Italiana per lo studio

del bambino non andrebbero modellate secondo gli schemi imposti dall'adulto.In alcuni individui l'immagine di sè è così scadente che non riescono a godere appieno di un evento positivo. La persona che si sente inferiore e riceve una promozione sarà pronto a pensare che qualcuno ha avuto compassione piuttosto che credere di essersela meritata.L'individuo che ha una percezione corretta del proprio Sè e dell'ambiente è aperto a nuove esperienze e libero di sviluppare tutte le proprie potenzialità.Uno dei compiti fondamentali della famiglia è quello di formare un adulto capace di stabilire relazioni sociali ben adattate con l'ambiente e di ricavare da ciò un sentimento di benessere e di sicurezza.Una personalità matura si realizza quando vi è un orientamento positivo verso l'autonomia e la responsabilità. I genitori dovrebbero pertanto condurre il bambino, da una dipendenza assoluta (neonato) alla conquista graduale dell'indipendenza.L'indipendenza si accompagna ad altre caratteristiche di maturità, quali la tendenza e la capacità a variare le proprie esperienze e a rinnovarsi nel tempo. Crescere e maturare significa, per il bambino, prendere coscienza di ciò che è dentro di lui (impulsi , desideri, timori) e di ciò che sta fuori di lui. Le reazioni infantili sono reazioni globali, spesso sproporzionate; movimenti grossolani, reazioni emotive esagerate: man mano le sue abilità si differenziano fino ad avere sentimenti distinti e controllati. Nel tempo il bambino raggiungerà una tendenza alla discriminazione sempre più forte, tanto da ricercare e accettare interpretazioni e spiegazioni semplici e univoche; non avrà più bisogno di soluzioni e verità "magiche". Divenuto adulto dovrà essere in grado di tollerare e accettare, senza entrare in ansia, prospettive diverse o addirittura opposte rispetto al proprio modo di concepire la realtà. La mediazione equilibrata tra gli impulsi e la realtà rende l'individuo consapevole dei propri limiti. BIBLIOGRAFIA AA. VV., Evoluzione psicologica del bambino, Claire, Milano, 1984.AA. VV., Psiche, Fabbri, Milano, 1986, vol.III.AA. VV., Psicologia, Curcio, Roma, 1986, Vol.I.Bowlby J. Costruzione e rottura dei legami affettivi, Cortina, Milano, 1982.Serio G., Famiglia e sviluppo della personalità, Città Nuova, Roma, 1984. DIETA E ATTIVITA’ FISICA NELLA PREVENZIONE E TERAPIA DELL’OBESITA’ Fabrizio AngeliniPresidente Regione Toscana Società Italina Alimentazione e Sport

9

Page 10: DIREZIONE DIDATTICA STATALE III CIRCOLO EMPOLI (FI) · Istituto di Psicologia Scolastica – L’Ancora Blu Società Italiana Alimentazione e Sport Associazione Italiana per lo studio

L’obesità è una malattia complessa dovuta a fattori genetici, ambientali ed individuali che termina una alterazione del bilancio energetico e l’accumulo eccessivo di tessuto adiposo nell’organismo.Esistono inoltre fattori individuali che possono contribuire all’eccessiva introduzione di cibo: si tratta solitamente di comportamenti impulsivi o compulsivi secondari a depressione e\o ansia. Anche alcuni farmaci possono, se utilizzati a lungo, facilitare l’insorgenza dell’obesità. In molti paesi industrializzati l’obesità colpisce fino ad un terzo della popolazione adulta, con un’incidenza in aumento in età pediatrica: rappresenta quindi, senza dubbio, l’epidemia di più vaste proporzioni del terzo millennio e, al contempo, la più comune patologia cronica del mondo occidentale. L’obesità costituisce un serio fattore di rischio per mortalità e morbilità, sia di per sé (complicanze cardiovascolari e respiratorie) sia per le patologie ad essa frequentemente associate quali diabete mellito, ipertensione arteriosa, iperlipidemia, calcolosi della colecisti, osteoartrosi. Tali complicazioni e associazioni sono di gran lunga più frequenti nell’obesità centrale (o viscerale o androide) caratterizzato dal deposito di adipe a livello soprattutto addominale e riconoscibile per un rapporto vita-fianchi (è dato dal rapporto fra la circonferenza minima della vita con quella massima dei fianchi) superiore a 0.85 nella donna e a 0.95 nell’uomo. Per determinare una corretta diagnosi clinica di obesità, quindi, occorre conoscere la composizione corporea, in modo da poter discriminare l’eccesso di adiposità, cioè l’obesità vera, dall’eccesso ponderale legato anche ad altri fattori non "grassi", quali l’ipertrofia muscolare dell’atleta, la ritenzione idrica, e la costituzione scheletrica. Questa valutazione selettiva è utile non solo in fase diagnostica iniziale, ma anche nello studio successivo degli effetti della terapia dimagrante sui vari distretti corporei. La maggior parte delle metodiche di determinazione della composizione corporea si basa sul modello che considera il corpo umano costituito da due compartimenti:

● massa grassa (FM= fat mass): costituita da tutti i lipidi corporei distribuiti nel tessuto sottocutaneo e viscerale;

● massa magra (FFM= free fat mass): costituita dalle masse muscolari, dall’osso e dai tessuti inter ed intra -parenchimali non adiposi.

Proprio per la complessità della patogenesi e la cronicità dell’obesità, i risultati a lungo termine non sono facilmente coronati da successo. La frequenza dell’insuccesso rappresenta un altro problema del paziente obeso perché egli risulta facilmente vittima di terapie incongrue, ben note a tutti, e difficilissime da eradicare.La cura dell'obesità, quando è ormai un dato di fatto, è di per sé semplicissima nelle linee guida(terapia dietetica, farmacologia, cognitivo comportamentale e chirurgica), ma diventa difficilissima per molte implicazioni culturali, sociali e psicologiche. La regola base è trovare una motivazione che ci spinga a perdere peso. Non è solo questione di estetica ma è lo sforzo per cercare uno stato di salute e un miglior equilibrio del nostro organismo. Se scatta questo meccanismo diventa molto più semplice intraprendere la strada di una dieta che ci può essere consigliata dal nutrizionista, dal dietologo, dal medico. All'intervento e alle prescrizioni mediche sicuramente si deve affiancare un'attività di movimento che aiuti a consumare le calorie in eccesso. Le attività fisiche più utili contro l'obesità sono le aerobiche. Quelle cioè in cui i muscoli consumano ossigeno continuamente per avere le energie necessarie allo sforzo. Tra le attività più consigliabili, in particolare per i soggetti in sovrappeso e per gli obesi di 1° grado, c'è il pattinaggio. Con questo sport aerobico tutto il corpo, dalle gambe al busto alle braccia, brucia calorie. Sempre seguendo questo percorso, ancora una volta è la cyclette uno degli strumenti più facili e comodi da utilizzare. Pedalare, anche al chiuso, ma senza effettuare saune di sudore e senza alterare il ritmo cardiaco, si dimostra utile in tutti i casi di obesità. Altre attività, come la palestra, fanno consumare poche calorie a dispetto di una grande fatica.La corsa potrebbe essere l'ideale, anche per vincere lo stress e quindi eliminare una delle cause scatenanti la sovralimentazione, ma quando si è in sovrappeso è difficile correre caricando sulle nostre povere articolazioni tutto il peso corporeo. Se da una parte combattiamo l'obesità, dall'altra i continui microtraumi a cui si assoggettano ginocchia e caviglie possono procurare spiacevoli 10

Page 11: DIREZIONE DIDATTICA STATALE III CIRCOLO EMPOLI (FI) · Istituto di Psicologia Scolastica – L’Ancora Blu Società Italiana Alimentazione e Sport Associazione Italiana per lo studio

infortuni.E' risaputo che un programma regolare di esercizi fisici può:

● Ridurre i fattori di rischio associati alla malattia macrovascolare.● Ridurre la lipemia● Ridurre la pressione sanguigna● Aumentare la circolazione collaterale● Ridurre la frequenza cardiaca a riposo e durante l'esercizio fisico● Aumentare il trasporto di ossigeno ● Migliorare la tolleranza al glucosio mediante l'aumento del 2-3-difosfoglice rato e la

riduzione della viscosità ematicaPoiché l'alimentazione ha un ruolo importante e decisivo nella pratica sportiva è necessario, per ottimizzare i rendimenti, imparare ad alimentarsi in modo corretto ed equilibrato al fine di assumere tutti i nutrienti (proteine, carboidrati, lipidi, vitamine, ecc......) nelle giuste quantità e proporzioni. Gli atleti, non a caso, in virtù delle modifiche anatomiche, morfologiche (ipertrofia muscolare) e biochimiche necessitano di un'alimentazione che deve far fronte agli aumentati bisogni energetici e nutritivi. La personalizzazione del programma alimentare è estremamente importante e soltanto dopo una attenta e scrupolosa valutazione delle reali necessità nutritive e dello stile di vita del soggetto sarà possibile fornire quelle indicazioni necessarie ad impostare un lavoro di programmazione agonistica e amatoriale. STRESS, OVERTRAINIG, DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE Gabriele BuracchiDipartimento di Psicologia, Università di Parma

11

Page 12: DIREZIONE DIDATTICA STATALE III CIRCOLO EMPOLI (FI) · Istituto di Psicologia Scolastica – L’Ancora Blu Società Italiana Alimentazione e Sport Associazione Italiana per lo studio

STRESS, OVERTRAINING ED ALCUNI DISTURBI CORRELATI Il termine stress, oggi forse abusato e banalizzato nel linguaggio corrente, fu introdotto nel 1936 in ambito sanitario dal medico Hans Selye. Per la precisione Selye parlava di Sindrome Generale di Adattamento per descrivere la reazione biologica dell’organismo ad uno stress fisico intenso e prolungato. Secondo questo modello esistono tre fasi che possono così essere esemplificate:

1. Allarme. Lo stress attiva il Sistema Nervoso Autonomo (asse Ipotalamo, Ipofisi, Surrene)2. Resistenza. L’organismo cerca di adattarsi allo stress che, se prosegue, porta alla formazione

di ulcere gastrointestinali ed all’ingrossamento delle ghiandole surrenali3. Esaurimento L’organismo muore o soffre di danni irreversibili

Con il tempo la concezione di Selye finì per essere adottata anche dalla psicologia come da altre discipline di ambito sanitario. Ci si è così resi conto, forse non ancora a sufficienza, di come il meccanismo dello stress sia alla base di un gran numero di disturbi psicofisiologici della salute. Questo è soprattutto vero se si includono tra i fattori di stress, o stressors, non solo gli sforzi fisici intensi cui ricorreva Selye, ma anche i fattori psicosociali, tratti di personalità, aspettative proprie ed altrui, acuta competitività, capacità dei vari individui di fronteggiare i piccoli e grandi problemi della vita quotidiana ma anche abitudini, stili di vita, credenze. Una situazione prolungata di stimolo del Sistema Nervoso Autonomo, o per meglio dire della sua componente Simpatica, porta quindi ad una costante ed elevata attivazione di tutto l’organismo. Se questa attivazione è certamente utile ed importante per superare le difficoltà, raggiungere gli obiettivi e migliorare le prestazioni, è altresì noto da molto tempo che tra livello di attivazione e prestazione esiste una relazione ad U rovesciato (fig1) come descritto dalla legge di Yerkes e Dodson (1908), i ricercatori che per primi descrissero il fenomeno. In pratica aumentando il livello di impegno, ad esempio, nel caso dello sport, aumentando il ritmo di allenamento, si ottiene certamente, in una prima fase, un aumento delle prestazioni agonistiche. Oltre un certo limite, ampiamente dipendente da caratteristiche psicofisiologiche soggettive come anche dalle motivazioni del soggetto, ogni ulteriore aumento dell’impegno si traduce in una riduzione della prestazione. con l’instaurarsi di una vera e propria reazione di stress. Questa reazione ha una vasta serie di ricadute sul piano fisico che riguardano, solo per limitarsi ad alcuni aspetti, l’assorbimento di nutrienti, la funzione immunitaria e quella riproduttiva.In ambito sportivo la riduzione di rendimento conseguente ad un aumento dell’allenamento è un fenomeno ormai piuttosto noto e conosciuto come overtraining. Scopo di questa review è di analizzare alcuni recenti studi in questo campo. LA SINDROME DA OVERTRAINING (OTS)Ipotesi Interleuchine. Molti studi hanno mostrato che l’aumento di carico nell’esercizio fisico può portare alla cosiddetta sindrome da overtraining, le cui conseguenze possono essere sia una diminuita capacità per l’esercizio fisico sia disturbi dell’ umore che disturbi del comportamento. L’overtraining è causato da uno squilibrio tra le entratre e le uscite energetiche ed è facilitata dallo stress psicologico e cronobiologico (Guezzennec, 2004). Una tra le ipotesi più accreditate della genesi dell’OTS e delle molteplici alterazioni psicologiche, fisiologiche ed ormonali che la caratterizzano, sia da ricercare nell’eccessivo rilascio di citochine ed in particolare dell’Interleuchina-6 *, sia durante che successivamente all’esercizio fisico, con un conseguente stato di infiammazione cronica (Smith, 2000; Robson, 2003). L’OTS, quindi, dovrebbe essere considerata come la seconda fase della Sindrome Generale di Adattamento di Selye, con il focus su recupero/sopravvivenza piuttosto che su adattamento. Sotto questo profilo l’OTS può essere considerata “protettiva”, dato che avviene in risposta ad uno stress fisico /psicologico eccessivo. Modifiche ormonali. Le modifiche ormonali che si producono sono molteplici. Guezzennec (2004) 12

Page 13: DIREZIONE DIDATTICA STATALE III CIRCOLO EMPOLI (FI) · Istituto di Psicologia Scolastica – L’Ancora Blu Società Italiana Alimentazione e Sport Associazione Italiana per lo studio

considera la riduzione degli steroidi gonadici, nonchè la riduzione dei tassi di monoammine e l’aumento di quelli della serotonina come conseguenze degli squilibri tra entrate ed uscite energetiche, anche se ritiene che queste modifiche ormonali siano causa più delle alterazioni comportamentali che del diminuito rendimento fisico. Le alterazioni comunque più evidenti sono quelle a carico del cortisolo ematico, fatto per altro prevedibile essendo questo ormone ormai considerato l’ormone dello stress per antonomasia. In effetti aumenti significativi del tasso di cortisolo sono stati trovati in nuotatrici (O'Connor P.J, e coll 1989) per le quali gli autori trovano anche una correlazione positiva tra il tasso di cortisolo stesso e l’umore depresso accertato mediante apposito test, in maratoneti ben addestrati nei quali è stato verificato un aumento di cortisolo ematico dopo 30 minuti di esercizio submassimale, aumento che però scompariva se lo stesso esercizio veniva effettuato dopo un periodo di pesante allenamento (Verde T, e coll.1992), in soggetti allenati ad esercizi di resistenza (Roberts A.C. e coll 1993), in giocatori di Soccer (calcio americano) alla fine di intensi periodi di allenamento precampionato (Kraemer WJ,e coll. 2004), in soggetti sottoposti ad attività fisica intensa con l’interessamento di ampie masse muscolari e con tempi di recupero brevi (Kraemer WJ, Ratamess NA, 2005). Lakier Smith L. (2003) rileva un aumento di cortisolo circolante in maratoneti, attribuendo anche a questo fattore una alterazione dei meccanismi immunitari, responsabili a loro volta di un aumento di infezioni delle vie respiratorie superiori. A fronte di queste conferme dell’importanza del cortisolo come ormone dello stress, esistono però altri studi che hanno verificato l’effetto opposto, ovvero una riduzione del cortisolo ematico in situazioni di overtraining. in corridori automobilistici (Tsopanakis C. e A. 1998) e in atlete praticanti sport di resistenza (Uusitalo AL e coll 1998;) Da rilevare che questi ultimi autori ipotizzano addirittura un “esaurimento” delle surrenali o del sistema nervoso centrale. E’ probabile comunque che queste differenze nelle variazioni di cortisolo siano legate, oltre che all’ampia variabilità individuale verificata un poco da tutti gli autori, anche dalla specificità dei singoli sport e dal livello di allenamento di partenza. Funzione riproduttiva. Un fenomeno che si verifica frequentemente nelle atlete sono le disfunzioni del ciclo mestruale. Secondo Kopp e coll. (1999) queste sarebbero in particolar modo dovute al cronico deficit di energia che si verifica a seguito all’intenso esercizio fisico. In particolar modo si verificherebbe una carenza di macro e micronutrienti. Gli autori hanno verificato un miglioramento in alcune atlete amenorroiche, con una supplementazione proteica ma anche vitaminica e in sali minerali. Da notare comunque che gli autori avevano anche introdotto 1 giorno di riposo a settimana per un periodo di 20 settimane. l’importanza di un aumento del bilancio energetico nelle atlete amenorroiche era gia precedentemente stato verificato da Dueck e coll (1996) che avevano introdotto una bibita calorica (360 K.cal) per un periodo di 15 settimane, ma anche la riduzione di un giorno di allenamento a settimana.. Questo aveva portato ad un saldo energetico positivo con un aumento del grasso corporeo dall’8,2 al 14,4 % ma anche con un aumento di LH a digiuno ed una riduzione del cortisolo a digiuno, con un ristabilimento del ciclo mestruale. In una precedente review compiuta da Manore MM (2002) si conclude che le disfunzioni del ciclo mestruale nelle atlete possono dipendere da molteplici fattori come il bilancio energetico, le pratiche di allenamento e l’intensità dell’esercizio il peso corporeo e la sua composizione, alterazioni nei comportamenti alimentari nonchè i livelli di stress fisico ed emozionale. Lo stesso autore rileva come questi stessi fattori contribuiscano ad un indebolimento della struttura ossea. Beals K.A. (2202) analizzando lo stato nutrizionale, i comportamenti alimentari e la funzione mestruale attraverso appositi questionari tra cui Eating Disorder Inventory (EDI) e Body Shape Questionnaire (BSQ) di 23 giocatrici di pallavollo adolescenti di rango nazionale, registra un 17% di amenorrea passata o presente, un 13% di oligomenorrea ed un 48% di generiche irregolarità mestruali.la metà delle atlete riferivano attivi comportamenti di dieta; anche le valutazioni per pesata degli apporti alimentari (EI) ed la valutazione dei consumi energetici (EE) mostravano costantemente sottoconsumi rispetto alle RDAs , variabili a secondo dei nutrienti presi in esame, ma che arrivavano a carenze di almeno il 50% per il complesso vitaminico B e per la vitamina C. Se l’accertamento di alterazioni del 13

Page 14: DIREZIONE DIDATTICA STATALE III CIRCOLO EMPOLI (FI) · Istituto di Psicologia Scolastica – L’Ancora Blu Società Italiana Alimentazione e Sport Associazione Italiana per lo studio

ciclo mestruale è relativamente semplice nelle atlete, l’accertamento di eventuali alterazioni delle capacità riproduttive negli atleti è meno noto. Abbiamo trovato un solo studio a questo proposito, che però mostra una andamento simile.Roberts A,C. e coll(1993) trovarono infatti, in 5 sportivi praticanti sport di resistenza, una riduzione del 43% nel numero di spermatozoi subito dopo la fine del periodo di overtraining e del 52% dopo tre mesi, partendo da un valore iniziale di 91 +/- 23.3 x 106, con una significativa correlazione inversa con il tasso di cortisolo. Da notare che la stessa correlazione inversa veniva trovata con il livello di testosterone. CONCLUSIONILa sindrome da overtraining è una entità a tutt’oggi non completamente chiara, tanto che esiste anche una certa confusione terminologica al riguardo. Alcuni autori distinguono addirittura una condizione chiamata di “overreaching” che precederebbe l’overtraining, e che sarebbe una normale conseguenza di intensi allenamenti. Altri parlano di “Staleness” che possiamo forse tradurre come spossatezza, anche se questo termine appare a nostro parere inadeguato. Altri ancora parlano di “Underperformance Syndrome”, come di una entità che ingloberebbe le altre definizioni.In attesa di una terminologia omogenea, appare evidente che un numero considerevole di ricerche tendono a verificare quali possono esserne le conseguenze a livello neuroendocrino, anche per determinare marcatori significativi e facilmente misurabili di questa condizione.Un dato che comunque balza agli occhi è lo stretto rapporto intercorrente tra OTS e squilibri del ciclo riproduttivo, specie nel sesso femminile, anche se questa prevalenza è probabilmente dovuta ad una maggior attenzione prestata dai ricercatori ed alla maggior facilità di evidenziare il problema. I meccanismi che appaiono più evidenti sono 2:

● L’eccessiva intensità fisica degli allenamenti, che comporta, tra l’altro, una aumento dei consumi energetici. Questo stress fisico si accompagnerebbe anche ad elevati livelli di stress emotivo legati anche all’ambiente fortemente competitivo.

● Un insufficiente apporto nutritivo che riguarderebbe sia un insufficiente apporto calorico, sia carenze nell’apporto di proteine, acidi grassi essenziali, vitamine e sali minerali.

Pur non volendo sovrapporre fenomeni che hanno origini molteplici, queste caratteristiche ricordano da vicino il disturbo chiamato Anoressia Mentale (A.M.).Come nell’A.M. infatti, si ha un ridotto apporto energetico e di altri nutrienti spesso legato a disordini del comportamento alimentare e ad una ristretta scelta dei cibi, a fronte di una attività fisica intensa, una massa magra sotto la media, l’assenza o comunque disturbi del ciclo mestruale.Purtroppo non ci risultano, stando alla letteratura in nostro possesso, studi che abbiano valutato la presenza nella OTS, anche degli altri fattori tipici dell’ A.M. come, ad esempio, l’intensa paura di ingrassare anche se sottopeso ed i disturbi nel modo di percepire le forme del proprio corpo, e l’indebita influenza del peso sull’autostima. Auspichiamo quindi che possa aumentare l’attenzione da parte del mondo scientifico e sportivo sui rischi sanitari della OTS e, più specificatamente, che questa possa in un qualche modo costituire un fattore predisponente o scatenante di un disturbo anoressico o più in generale del comportamento alimentare, specie nelle fasce di età maggiormente a rischio.* Interleuchina - 6 (IL-6)prodotta da macrofagi, fibroblasti,e cellule endoteliali, agisce in sinergia con l’IL – 1 e con i fattori necrosanti dei tumori (TNF-α o cachectina e TNF-β o linfotossina) . La IL – 6 è il primo induttore della risposta di fase acuta nel fegato. Accresce la produzione di immunoglobuline ed anche la sintesi di glucocorticoidi

BIBLIOGRAFIA

14

Page 15: DIREZIONE DIDATTICA STATALE III CIRCOLO EMPOLI (FI) · Istituto di Psicologia Scolastica – L’Ancora Blu Società Italiana Alimentazione e Sport Associazione Italiana per lo studio

Beals, KA. (2002). Eating behaviors, nutritional status, and menstrual function in elite female adolescent volleyball players. J Am Diet Assoc.Sep;102(9):1293-6.Dueck C.,A, Matt K.,S, Manore M.,M, Skinner J.,S.(1996). Treatment of athletic amenorrhea with a diet and training intervention program. Int J Sport Nutr. Mar;6(1):24-40.Yerkes R.M., Dodson J.D., (1908). The relation of strengtb of sti muli to rapidity of habit-formation. Journal of Comparative Neurology and Psychology, 18, 459-482.Guezzennec C.,Y. (2004). Overtraining syndrome. Bull Acad Natl Med.188 (6):923-30Kraemer W.,J, French D.,N, Paxton N.,J, Hakkinen K, Volek J.,S, Sebastianelli W.,J, Putukian M, Newton R.,U, Rubin M.,R, Gomez A.,L, Vescovi J.,D, Ratamess N.,A, Fleck S.,J, Lynch J.,M, Knuttgen H.,G. (2004) Changes in exercise performance and hormonal concentrations over a big ten soccer season in starters and nonstarters. J Strength Cond Res. Feb;18(1):121-8.Kopp-Woodroffe S.,A, Manore M.,M, Dueck C.,A, Skinner J.,S, Matt K.,S. (1999). Energy and nutrient status of amenorrheic athletes participating in a diet and exercise training intervention program. Int J Sport Nutr.Mar;9(1):70-88. Kraemer W., J, Ratamess N., A.(2005). Hormonal Responses and Adaptations to Resistance Exercise and Training. Sports Med. 35(4):339-361.Lakier Smith L.(2003). Overtraining, excessive exercise, and altered immunity: is this a T helper-1 versus T helper-2 lymphocyte response? Sports Med.33(5):347-64.Manore M.,M. (2002). Dietary recommendations and athletic menstrual dysfunction. Sports Med.;32(14):887-901.O'Connor P.,J, Morgan W.,P, Raglin J.,S, Barksdale C.,M, Kalin N.,H. 1989. Mood state and salivary cortisol levels following overtraining in female swimmers. Psychoneuroendocrinology. 14(4):303-10.Pruneti C. (1996). Stress, disturbi dell’integrazione mente-corpo e loro valutazione. ETS.Pisa Roberts A.,C, McClure R.,D, Weiner R.,I, Brooks G.,A. (1993). Overtraining affects male reproductive status. Fertil Steril. Oct;60(4):686-92.Robson P. (2003). Elucidating the unexplained underperformance syndrome in endurance athletes : the interleukin-6 hypothesis. Sports Med..33(10):771-81.Smith L.,L. (2000). Cytokine hypothesis of overtraining: a physiological adaptation to excessive stress? Med Sci Sports Exerc. Feb;32(2):317-31.Tsopanakis C, Tsopanakis A. (1998). Stress hormonal factors, fatigue, and antioxidant responses to prolonged speed driving. Pharmacol Biochem Behav. Jul;60(3):747-51.Uusitalo AL, Huttunen P, Hanin Y, Uusitalo AJ, Rusko HK. (1998) Ormonal responses to endurance training and overtraining in female athletes. Clin J Sport Med. Jul;8(3):178-86.17) Verde T, Thomas S, Shephard RJ(1992) Potential markers of heavy training in highly trained distance runners. Br J Sports Med.Sep;26(3):167-75.

fig.1 SOMA, PSICHE E CURA: TRA MITOLOGIA GRECA E METAFORA 15

Page 16: DIREZIONE DIDATTICA STATALE III CIRCOLO EMPOLI (FI) · Istituto di Psicologia Scolastica – L’Ancora Blu Società Italiana Alimentazione e Sport Associazione Italiana per lo studio

ATTUALE Omero SacchettiDirigente Psicologo, D.S.M. Adulti, ASL 11 Empoli PREMESSA Mi sono concesso questo titolo, che può risultare un po’ strano e desueto rispetto alla giornata odierna che è invece ben in linea, e giustamente, con la tendenza di pensiero attuale.Questo in quanto essendo prevalentemente operatore di “cura” nel SSN, ed essendo stato onorato di questo invito in quanto tale, non potevo non rappresentarla. Come dire che in nessun modo mi è concesso di esimermi dal mandato ministeriale di salute... nonostante i tempi che corrono. Certamente Alimentarsi con lo sport evoca una molteplicità di dimensioni che spaziano in varie discipline che vedo oggi qui molto ben rappresentate e che trattano anche del versante psicopatologico in conseguenza mi sono permesso un po’ di giocare con il testo e con il contesto. Del resto Totò - non Schillaci il calciatore – bensì l’attore/macchietta napoletana ci ha insegnato che “pazziare” significa allo stesso tempo un po’ giocare e un po’ far pazzie.Non mi sentendomi la competenza o il ruolo di fare “lezione di salute per l’età evolutiva e non solo” e che altri faranno con più autorevolezza; dribblando l’entrare nel merito di quanto e come lo sport alimenti salutisticamente il corpo e anche sul fatto che lo può alimentare, a volte, anche tossicamente che è questione molto controversa. Cercherei di raggiungere la meta proponendovi - partendo dall’antico mito di Cura – un’ipotetica metafora anche un po’ “pazziata” che cerchi verosimilmente di legare la forma e le fattezze fisiche (sviluppate intenzionalmente o assunte involontariamente o volitivamente agognate) come prodotto/risultato che la “cura” consegue tenendo insieme la parte “psiche” ed il componente “soma” e custodendola vitalmente. IL MITO Saturno eletto a giudice nelle disputa tra Giove e Terra assume la sua sentenza e dice:” Tu Giove che hai dato lo spirito al momento della morte riceverai lo spirito; tu Terra che hai dato il corpo riceverai il corpo. Ma poiché fu Cura che per prima diede forma a questo essere, finché esso vive lo custodisca la Cura”. Detta conclusione scaturiva dal fatto che Cura attraversando il greto di un fiume vide del fango argilloso lo raccolse pensosa e cominciò a dargli forma. Mentre stava riflettendo su ciò che aveva fatto si avvicinò Giove. Cura gli chiese di dare lo spirito di vita a ciò che aveva fatto e Giove acconsentì. Ma quando Cura volle imporre il suo nome a ciò che aveva fatto Giove glielo proibì e volle che fosse imposto il proprio nome. In questa disputa tra Cura e Giove intervenne anche la Terra reclamando che fosse imposto il proprio nome perché essa stessa Terra gli aveva dato il proprio corpo. La controversia si risolse come detto nella premessa e il nome assegnato fu di homo poiché è stato tratto da humus.Il mito di Cura rappresenta quindi ciò che rende possibile unire la separazione mente- corpo e che custodisce l’unità come condizione ineludibile per vivere.Cura risiede nell’uomo e lo tiene letteralmente insieme. LA METAFORA ATTUALE16

Page 17: DIREZIONE DIDATTICA STATALE III CIRCOLO EMPOLI (FI) · Istituto di Psicologia Scolastica – L’Ancora Blu Società Italiana Alimentazione e Sport Associazione Italiana per lo studio

I ASSUNTO/METAFORAPer questo potremmo inferire che è come se il corpo assumesse la funzione di «contenitore» di svariate tensioni emotive. PER NON FAR FUORIUSCIRE

(funzione trionfo sulle emozioni) Metafora di un corpo barriera/ scudo NON PERMETTERE CHE SIANO ATTACCATE

(funzione difensiva della fragilità interiore)

Il terrore di ingrassare: Anoressia: sulla base dei dati osservati disturbo egosintonico, accettatorisulta che molti pazienti e anche esibitopresentano una commistionedelle due forme (anoressia e Bulimia:bulimia), all’origine delle vissuto come impulso rifiutato,quali si rileva lo stesso identico irrefrenabile che comporta spessoterrore di ingrassare. Un forte sentimento di vergogna. II ASSUNTO/METAFORAIl corpo usato come oggetto transizionale Rappresentando sia il bisogno di sostituzione che il desiderio di fusionalità . al «sé psichico ideale» atteso dai genitori Metafora del corpo sostitutivo si sostituisce

un «sé fisico reale» voluto dal soggetto solo per sé

17

Page 18: DIREZIONE DIDATTICA STATALE III CIRCOLO EMPOLI (FI) · Istituto di Psicologia Scolastica – L’Ancora Blu Società Italiana Alimentazione e Sport Associazione Italiana per lo studio

INGESTIONE DI CIBO= FUSIONALITA’ SIMBIOTICA desiderio di fusionalità simbiotica CON LA MADRE

ESPULSIONE= tentativo di separazione

III ASSUNTO/METAFORAIl corpo che rischia di assumere una valenza estranea: Il corpo sembra esiste separato Metafora di un corpo ESTRANIANTE

dalla mente emotiva Il corpoDiventa il mezzo attraverso il quale si tenta di realizzareun’identità/evoluzione psichica IV ASSUNTO/METAFORAIl corpo disarmonizzato: 18

Page 19: DIREZIONE DIDATTICA STATALE III CIRCOLO EMPOLI (FI) · Istituto di Psicologia Scolastica – L’Ancora Blu Società Italiana Alimentazione e Sport Associazione Italiana per lo studio

Corpo =vittima sacrificale che, esibendo la propria sofferenza rappresentaciò che la mente non può pensare che vive

Metafora di un corpo dissociato a scapito della

Psiche =incapace di pensare ai propri bisogni

Separato dalla mente, nonPermette un armonico sviluppo dell’esperienza mancata esperienza di sèemotiva perché blocca il processo di elaborazionepsichica impossibilità di riempire il

vuoto inquietante che il soggetto sente dentro Ma quale funzione in questi scenari per “Cura”Potremmo dire che nei quattro scenari metaforici elencati – i quali non appartengono necessariamente a fenomeni psicopatologici - si riscontrano elementi (forse verosimilmente soglie di criticità) come a dire delle concrezioni (nel senso di accrescimento per aggiunta, per giustapposizione di altri elementi) usate plausibilmente da “Cura” a guisa di una sorta di meccanismo di difesa rispetto alla necessità di mantenere l’unitarietà psico-fisica. Un equilibrio che permette di far convivere e sopravvivere lo spirito e il corpo.In altri termini un tentativo a volte facile, a volte faticoso e/o frustrato di armonizzare le pretese di supremazia di Giove e/o di Terra dove la prevalenza esclusiva dell’uno o dell’altro potremmo dire che “rende la vita difficile”. Fuoriuscendo della metafora e concludendo nel più banale dei modi (ma non dimenticando che l’acqua calda serve sempre!?!) potremmo coniare un nuovo slogan “exsercito ergo sum”. Tuttavia il solo agire muscolarizzando e/o il solo pensare senza attività; oppure detto diversamente l’ipertrofia esclusivamente fisica o esclusivamente psichica sono segnali di una difficoltà di armonizzazione personale.E’ possibile invece, senza esacerbazioni, equilibrare in noi entrambi gli aspetti armonizzandoli e traendone il beneficio di un esistenza, mi si passi il gioco di parole, “Curata”. Grazie e buon lavoro SPORT E DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE 19

Page 20: DIREZIONE DIDATTICA STATALE III CIRCOLO EMPOLI (FI) · Istituto di Psicologia Scolastica – L’Ancora Blu Società Italiana Alimentazione e Sport Associazione Italiana per lo studio

Claudia Ravaldi, Stefano LassiUnità Operativa di Psichiatria Universitaria, Azienda Ospedaliera Careggi, Università degli Studi di Firenze Il rapporto tra disturbi alimentari e attività fisica risulta piuttosto controverso; alcuni studi suggeriscono la responsabilità dell’attività fisica nello sviluppo di disturbi alimentari, altri ritengono l’attività fisica un fattore protettivo, altri ancora non trovano relazione tra i due fattori, limitandosi ad osservare che l’iperattività fisica è spesso sintomo di disturbo alimentare. Lo scopo della nostra relazione è esaminare i più recenti dati della letteratura valutando la relazione tra sport e disturbi alimentari.Iniziamo col dire che i Disturbi del Comportamento Alimentare sono patologie estremamente variegate che si presentano come un’alterazione del modo in cui il soggetto percepisce la propria forma corporea o il proprio peso, responsabile di un comportamento alimentare alterato (dal digiuno alle abbuffate) e solitamente si associano ad una marcata compromissione del benessere fisico, psichico e sociale.I disturbi alimentari possono manifestarsi in modi diversi, con molti sintomi contemporaneamente, con una maggiore attenzione per il peso e l’aspetto fisico, o nella maggior parte dei casi in modo subdolo, attraverso una riduzione crescente dell’introito calorico.I disturbi alimentari colpiscono soprattutto adolescenti di sesso femminile (circa il 10% delle donne tra i 12 ed i 25 anni), anche se i sintomi di queste patologie possono comparire sia in età infantile che in età adulta, e colpire anche gli uomini (Fairburn and Harrison 2003).Secondo le correnti classificazioni i disturbi alimentari si dividono in tre categorie: anoressia nervosa, bulimia nervosa e disturbi del comportamento alimentare non altrimenti specificati, all’interno dei quali è presente la categoria Disturbo da Alimentazione Incontrollata. Negli ultimi anni si è posta maggiore attenzione alla presenza delle forme parziali o subcliniche; queste forme, caratterizzate da pochi sintomi rispetto anoressia e bulimia ma sovrapponibili ad esse per gravità e decorso, sembrano infatti diffuse in modo trasversale negli adolescenti, e particolarmente presenti in alcune categorie (sportivi professionisti, promesse dell’agonismo, danzatrici, modelle… ) (Hopkinson and Lock 2004).È importante considerare l’effetto cascata che i sintomi alimentari possono avere negli adolescenti; è stato infatti visto che qualora sia presente una pervasiva preoccupazione per l’aspetto fisico, in un terzo dei casi i ragazzi iniziano una dieta rigida e sproporzionata, e di questi un terzo circa sviluppa un disturbo alimentare subclinico; il 40% di questi soggetti va infine incontro ad un disturbo alimentare vero e proprio. Il decorso di questi disturbi è molto complesso, la durata è notevole (in media intorno ai cinque anni) e le complicanze fisiche gravi (aritmie, insufficienza epatica, morte). I disturbi alimentari hanno un andamento fluttuante (frequente il passaggio da anoressia a bulimia) e c’è un’alta tendenza alla cronicizzazione (circa un terzo dei casi). I dati della letteratura concordano sulla complessità di queste patologie che si presentano con sintomi e segni diversi pur essendo accomunate da un medesimo nucleo psicopatologico: convinzioni distorte sul cibo, sul peso, sulla forma del corpo, presenza di comportamenti restrittivi (Ravaldi et al. 2003). Il disturbo dell’immagine corporea, definito come difficoltà a stabilire con precisione la dimensione e la forma del proprio corpo, si colloca trasversalmente nell’area sintomatologica dei disturbi alimentari, costituendo spesso il primum movens nella genesi di un disturbo alimentare, e configurandosi come il sintomo più difficile da trattare. Nel disturbo dell’immagine corporea sono inclusi alcuni sintomi e segni come: autostima bassa e pesantemente influenzata dall’aspetto fisico, insoddisfazione per il proprio aspetto, che in genere viene percepito in modo diverso da quello che dicono gli altri, continua ricerca di rassicurazioni sull’aspetto, confronti continui, sensibilità a critiche e commenti, paura del grasso. Il disturbo dell’immagine corporea si presenta come quadro caratteristico e transitorio in alcune fasi adolescenziali, può essere rinforzato dalla pressione sociale e culturale verso la magrezza, può diventare una vera e propria patologia qualora risulti pervasivo (Gila et al. 1998).20

Page 21: DIREZIONE DIDATTICA STATALE III CIRCOLO EMPOLI (FI) · Istituto di Psicologia Scolastica – L’Ancora Blu Società Italiana Alimentazione e Sport Associazione Italiana per lo studio

Molti studi hanno sottolineato la presenza di sintomi e segni di disturbo alimentare e di disturbo dell’immagine corporea in particolari categorie di sportivi; l’incidenza di anoressia, bulimia e disturbi subclinici è maggiore in danzatrici, ginnaste, atlete professioniste, pattinatrici, e anche alcuni body builders presentano una particolare forma di disturbo, detto “muscle dysmorphia”, nella quale il soggetto tende sempre a sottovalutare le sue dimensioni fisiche, vedendosi più magro di quanto è in realtà e cerca di rimediare attraverso l’iperalimentazione iperproteica (Ravaldi et al. 2003). Alcuni studi suggeriscono che l’elevata prevalenza di disturbi alimentari negli atleti e negli sportivi sia legata alle rigide regole che stabiliscono i criteri per l’agonismo (tra queste il controllo del peso), alla possibilità di migliorare la performance riducendo il peso, come nella danza classica, allo stress da competizione che faciliterebbe l’adozione di meccanismi compensatori di tipo alimentare (iperalimentazione seguita da condotte eliminatorie). Del resto altri studi, che hanno esaminato categorie di sportivi non professionisti, hanno comunque trovato una prevalenza di disturbi alimentari elevata rispetto a soggetti sedentari, un più alto livello di disturbo dell’immagine corporea e una diffusione capillare di sintomi alimentari (restrizione, controllo del grasso corporeo, estremo disagio per alcune parti del corpo, come fianchi o pancia). Le adolescenti sportive, e soprattutto le danzatrici, tendono a percepire in modo ipercritico il loro corpo e la loro alimentazione, esercitano un forte autocontrollo sulla dieta e il peso e sono estremamente sensibili ai giudizi altrui, in modo del tutto simile ai soggetti affetti da disturbo alimentare. Questa tendenza all’ipercontrollo non è comune a tutte le categorie di sportivi, e sembra diminuire decisamente con il numero di anni di attività e con il passaggio da adolescenza a età adulta (Abraham 1996).In conclusione l’adolescenza ed i suoi cambiamenti costituiscono il principale fattore di rischio per lo sviluppo di disturbo alimentare e probabilmente in questa fase particolare della vita la pratica di discipline sportive in cui si faccia una forte pressione verso la magrezza, l’alimentazione e in generale il controllo del corpo può rappresentare un fattore scatenante decisivo per sintomi alimentari. Tale rischio è trascurabile in altre fasi della vita, come l’età adulta, in cui lo sport si configura invece come fattore protettivo verso i disturbi alimentari e come tramite per mantenere una buona consapevolezza di sé e un buon equilibrio psicofisico.Gli autori suggeriscono una costante informazione dei preparatori atletici e degli insegnanti allo scopo di prevenire e di gestire i sintomi di disturbo alimentare attraverso un idoneo lavoro su autocontrollo, perfezionismo, autostima. Ulteriori informazioni e suggerimenti possono essere reperiti su www.psico-terapia.it. BIBLIOGRAFIA Abraham,S. (1996) Eating and weight controlling behaviours of young ballet dancers. Psychopathology, 29, 218-222.

Fairburn,C.G. & Harrison,P.J. (2003) Eating disorders. Lancet, 361, 407-416.

Gila,A., Castro,J., Toro,J. & Salamero,M. (1998) Subjective body-image dimensions in normal and anorexic adolescents. Br.J Med.Psychol., 71, 175-184.

Hopkinson,R.A. & Lock,J. (2004) Athletics, perfectionism, and disordered eating. Eat.Weight.Disord., 9, 99-106.

Ravaldi,C., Vannacci,A., Zucchi,T., Mannucci,E., Cabras,P.L., Boldrini,M., Murciano,L., Rotella,C.M. & Ricca,V. (2003) Eating disorders and body image disturbances among ballet dancers, gymnasium users and body builders. Psychopathology, 36, 247-254. LO SPORT FA SEMPRE BENE?

21

Page 22: DIREZIONE DIDATTICA STATALE III CIRCOLO EMPOLI (FI) · Istituto di Psicologia Scolastica – L’Ancora Blu Società Italiana Alimentazione e Sport Associazione Italiana per lo studio

Paolo BecherucciPediatra di Famiglia, Lastra a Signa (FI) Lo sport nel bambino è considerato a tutti gli effetti parte integrante dello sviluppo educativo del bambino e come tale accettato sia dai genitori che dagli insegnanti. Tempi addietro veniva considerato dannoso alla crescita psico-fisica. Praticare regolarmente attività sportiva è sicuramente importante per tutti, a maggior ragione per i bambini; gli aspetti positivi vanno oltre il miglioramento delle capacità motorie e l’aiuto allo sviluppo psico-fisico, ma si estendono anche alla sfera affettiva e sociale: quindi lo sport inteso come educazione allo stare insieme, al rispetto reciproco, alla correttezza. Certo è che fare sport deve essere visto, soprattutto nei bambini più piccoli, come un gioco ed un divertimento; purtroppo invece esso è talvolta caricato di eccessive aspettative da parte dei genitori e delle società sportive. I problemi legati ad un uso scorretto dell’attività sportiva possono essere:

● Un inizio troppo precoce● La scelta di uno sport “sbagliato” per l’età● L’eccessivo agonismo● I traumatismi

ETA’ DI INIZIO La maggior parte delle variabili fisiologiche e metaboliche di un individuo presentano un naturale andamento dinamico per tutto l’arco della vita. La forza muscolare ad esempio registra la massima accelerazione nel periodo della pubertà quando è massima l’increzione ormonale ad attività anabolizzante, anche se si può affermare che l’aumento della forza muscolare è costantemente in armonia con le caratteristiche pondero-staturali per tutta l’età evolutiva. Nell’avviamento allo sport del bambino bisogna valorizzare alcuni principi metodologici che tengono conto dello sviluppo psico-motorio e più specificamente del carico motorio e che sono:

● Adeguatezza● Progressività (continuità, sistematicità)● Successione corretta (ciclicità)● Proporzionalità● Consolidamento (stabilità)

Si tratta di principi molto importanti che tengono presente la differenza tra sessi, l’età biologica, la successione delle esercitazioni per l’attività giornaliera, una scelta di mezzi ricca e motoriamente significativa in cui acquista molto valore la qualità della comunicazione tra istruttore e bambino:Il bambino dovrà vedere l'Istruttore come guida competente e di cui aver la massima fiducia, oltre a lasciarsi condurre verso la scoperta delle proprie potenzialità. D’altro canto l'Istruttore dovrà comunicare bene con il bambino, valorizzare le "risposte" del bambino stesso, favorire il superamento delle difficoltà, incoraggiare la curiosità di scoprire i propri limiti, stimolare le decisioni autonome, favorire l’autovalutazione. Particolare importanza ha acquisito in questi ultimi anni il concetto di multilateralita’:

● multilateralità estensiva: suggerisce l'acquisizione di schemi motori e delle abilità legate a buona parte delle discipline sportive: si coltiva tra i 6 e i 9 anni

● multilateralità orientata: suggerisce l'acquisizione di schemi motori e delle abilità legate in modo significativo alla propria disciplina e si allena dai 9 agli 11 anni

22

Page 23: DIREZIONE DIDATTICA STATALE III CIRCOLO EMPOLI (FI) · Istituto di Psicologia Scolastica – L’Ancora Blu Società Italiana Alimentazione e Sport Associazione Italiana per lo studio

● multilateralità mirata: derivazione di quella orientata, suggerisce l'acquisizione delle abilità specifiche della disciplina praticata: fa parte del bagaglio motorio del bambino dagli 11 ai 14 anni

Ad esempio il bimbo di 7 anni avrà forti difficoltà a realizzare abilità specifiche complesse (es. terzo tempo del basket, bagher, salto fosbury, ecc.) come è anche vero che se a 5/6 anni le correzioni spesso sono inutili, diventano indispensabili dagli 8 ai 14 anni, riferite chiaramente alla disciplina sportiva che si coltiva. Importante considerare lo sviluppo delle capacità fisiche. La cosiddetta “abilità motoria di base” è allenabile tra i 6 e gli 8 anni quando la maggior parte delle strutture nervose sono già vicine alla forma adulta mentre nella seconda infanzia la prestazione motoria migliora più o meno linearmente con l’età. Differente lo sviluppo a seconda dei sessi: nei maschi continua a migliorare con l’adolescenza mentre nelle femmine tende a raggiungere un plateau verso i 14-15 anni. Non bisogna dimenticare inoltre che nel gioco l’agonismo è un elemento fondamentale: il bimbo impegnato in una partitella nel cortile cerca comunque di “vincere” e battere il proprio compagno di gioco. Ciò lo spinge ad impegnarsi a fondo, portandolo con più facilità ad esplorare le sue capacità.Dai 5 ai 13 anni è importante che il bambino acquisisca una ampia gamma di esperienze motorie, grazie a giochi diversi ed esercizi generali, senza “specializzazioni” ma facendo attenzione a “dosare” l’allenamento, allo sviluppo muscolare e psichico.Non tutte le qualità motorie fondamentali possono essere allenate in età evolutiva. In particolare, al di sotto del 14° anno di età, è possibile allenare la destrezza (base tecnica), la mobilità articolare e la resistenza. Lo sviluppo delle capacità coordinative e della flessibilità sarà particolarmente curato nelle prime fasce di età in quanto generalmente queste qualità motorie hanno un limitato margine di miglioramento dopo i dieci anni di età e ancora meno dopo la pubertà. Mentre l’inserimento in un programma di allenamento per soggetti in età evolutiva di elementi finalizzati allo sviluppo della velocità non desta come abbiamo visto, particolari motivi di preoccupazione, al contrario l’inserimento di elementi finalizzati all’allenamento della forza a questa età può risultare pericoloso. Lo sviluppo della capacità forza dipende soprattutto dal livello di produzione ormonale: testosterone, tiroxina e ormone della crescita. Nel periodo che va dalla terza infanzia alla pubertà, non si è ancora raggiunta la completa e definitiva capacità di resistenza al carico delle strutture dell’apparato locomotore. Il rischio dunque di arrecare danni a queste strutture impedisce la pratica di attività fisiche intense e prolungate proprie delle metodiche di allenamento della forza: si potrebbero avere anche dei danni derivanti dalla pratica di attività sportiva intensa. Le cartilagini di coniugazione e le epifisi delle ossa lunghe sono zone tipicamente vulnerabili dello scheletro. L’eccesso di sollecitazione del tessuto cartilagineo alla terminazione delle ossa può rallentare l’accrescimento, a cui si possono aggiungere posizioni ed atteggiamenti scorretti difficilmente compensabili.Inoltre nell’età evolutiva, cioè in quel periodo dell’accrescimento compreso tra i 7 ed i 16 anni, possono essere osservati fra i ragazzi che praticano attività fisica e sportiva particolari quadri clinici (Tab. I); infatti in questa età i nuclei di accrescimento scheletrico in fase di intensa attività metabolica e sede di inserzioni di importanti gruppi muscolari, possono andare incontro a manifestazioni patologiche acute e croniche. Quelle acute riconoscono il loro momento patogenetico nello squilibrio tra la potenza del muscolo e la resistenza offerta dalla sua inserzione scheletrica: pertanto in occasione di una brusca e violenta contrazione può verificarsi il distacco “traumatico “ del nucleo di accrescimento”. Quelle croniche sono rappresentate da quadri simili a quelli di alcune osteocondrosi giovanili.

TABELLA I23

Page 24: DIREZIONE DIDATTICA STATALE III CIRCOLO EMPOLI (FI) · Istituto di Psicologia Scolastica – L’Ancora Blu Società Italiana Alimentazione e Sport Associazione Italiana per lo studio

Danni Derivanti dalla Pratica di Attività Sportiva Intensa

● Tendinopatie● Dolori alla schiena● Squilibri e disequilibri muscolari● Ipermobilità● Iperflessibilità articolare● Prematura ossificazione delle epifisi● Miositi ossificanti e degenerative

La massima forza isometrica progredisce linearmente fino alla pubertà per poi aumentare in maniera esponenziale. Pertanto, prima del 14° anno di età, è sconsigliabile allenare la forza utilizzando le tecniche di muscolazione isometriche e con pesi. Pertanto in età evolutiva sono sempre da preferire e consigliare quelle attività di agilità e destrezza che non implichino eccessive sollecitazioni sulla colonna e sugli arti inferiori.Requisito fondamentale in età giovanile è, come abbiamo già detto, la «multilateralità» del programma di allenamento, il cui scopo principale deve essere sempre quello di ottenere un miglioramento globale di tutte le qualità fisiche così da consentire al ragazzo una maggiore duttilità e la possibilità nel tempo di margini di miglioramento più ampi.L’esercizio fisico deve essere organizzato e strutturato come «allenamento sportivo» attraverso il quale i ragazzi possano apprendere una elevata quantità di movimenti. Qualunque sport pratichi, il ragazzo sportivo non deve svolgere un’attività di allenamento unilaterale, intesa a incrementare una sola qualità fisica.Infatti, un programma di attività fisica di questo tipo ha come obbiettivo quello di allenare e sviluppare prevalentemente la qualità fisica principale della disciplina sportiva praticata. A tale fine vengono adottati programmi di allenamento che utilizzano pochi e ripetitivi gesti, col rischio quasi inevitabile, di rallentare o ancor peggio, di bloccare i processi di apprendimento motorio del bambino.Al contrario, un allenamento multilaterale favorisce lo sviluppo parallelo e contemporaneo delle qualità psicofisiche allenabili nel ragazzo in quanto utilizza esercitazioni varie, alternate e polivalenti. In un corretto programma di allenamento il bambino, qualunque sia lo sport prescelto, passa attraverso una lunga fase di allenamento generale e solo in seguito viene avviato all’apprendimento dei gesti sportivi specifici della disciplina prescelta. I metodi di lavoro non devono mai tralasciare la caratteristica di risultare interessanti e piacevoli; solo così l’allenamento sportivo può diventare “gioco organizzato”. La disciplina sportiva praticata dai ragazzi in età evolutiva risente il più delle volte delle scelte e delle preferenze dei genitori. Molto raramente il bambino può decidere in proprio. Tuttavia qualsiasi tipo di attività motoria organizzata, se scelta autonomamente, va incoraggiata in quanto, evidentemente, essa possiede i giusti requisiti per motivare adeguatamente il giovanissimo sportivo.Per tutto quanto è stato sin qui detto a proposito delle caratteristiche antropometriche e fisiologiche dei soggetti in età evolutiva, delle particolarità delle varie qualità fisiche e della loro evoluzione nel tempo, nonché delle peculiarità dei gesti tecnici e dei regolamenti delle varie discipline sportive, riteniamo che per i ragazzi in età tra i 6 e i 14 anni, senza differenza di sesso, siano proponibili in particolare gli sport di destrezza e gli sport di squadra; una ipotesi di età ottimale di inizio dei vari sport è proposta in Tabella II.

TABELLA II

24

Page 25: DIREZIONE DIDATTICA STATALE III CIRCOLO EMPOLI (FI) · Istituto di Psicologia Scolastica – L’Ancora Blu Società Italiana Alimentazione e Sport Associazione Italiana per lo studio

Quale sport a quale età

Calcio 5 - 7 anni Basket 5 - 7 anniVolley 5 - 7 anniTennis 11 - 12 anniNuoto 4 - 6 anniJudo 6 - 8 anniSci 6 - 7 anniScherma 5 - 7 anniCiclismo 12 - 14 anniGinnastica 4 - 6 anniAtletica Leggera - Corsa 11 - 14 anniSalto in Alto e Lungo 14 anniLancio del Peso 14 anniCanottaggio 12 - 14 anni

In conclusione quindi, il pediatra deve incoraggiare l’attività fisica del bambino perché necessaria al suo sviluppo fisico e psichico. L’attività sportiva deve essere organizzata perché rappresenta un importante mezzo preventivo dei danni provocati dalla vita sedentaria della società e civiltà moderna. Importanti sono anche le figure degli istruttori, che devono essere qualificati e preparati ad affrontare le problematiche del bambino che ha delle sue peculiarità fisiologiche e a vegliare che l’attività fisica e motoria si svolga in piena sicurezza.

I diritti dei bambini in relazione all’attività sportiva

Diritto di divertirmi e di giocareDiritto di fare dello sport

Diritto di beneficiare di un ambiente sanoDiritto di essere circondato e allenato da persone competenti

Diritto di seguire allenamenti adeguati ai miei ritmiDiritto di misurarmi con giovani che abbiano le medesime probabilità di successo

Diritto di partecipare a competizioni adatte alla mia etàDiritto di praticare il mio sport in assoluta sicurezza

Diritto di avere i giusti tempi di riposoDiritto di non essere un campione

ALIMENTAZIONE: LE ESIGENZE DELLO SPORTIVO

Franco RosielloStaff Tecnico Coni - Comitato Provinciale Firenze 25

Page 26: DIREZIONE DIDATTICA STATALE III CIRCOLO EMPOLI (FI) · Istituto di Psicologia Scolastica – L’Ancora Blu Società Italiana Alimentazione e Sport Associazione Italiana per lo studio

Alimentazione e sport, che rappresentano due elementi di indiscusso rilievo per il benessere psicofisico dell’individuo, hanno un rapporto di reciproca influenza.Da un lato abbiamo l’importanza che un introito alimentare adeguato riveste per soddisfare le richieste che derivano dagli impegni di allenamento e gara, dall’altro abbiamo il valore dello sport come mezzo per veicolare delle sane abitudini di vita, e quindi come strumento per strutturare un rapporto corretto con l’alimentazione che duri nel tempo.Per far sì che questa duplice relazione si sviluppi secondo dei presupposti corretti è necessario, però, sgombrare il campo da false credenze o cattive interpretazioni che talvolta “aleggiano” per i campi sportivi e le palestre.Un alimentazione adeguata allo sportivo si fonda su di un tutto armonico ed equilibrato, sicuramente con la prevalenza di certe categorie di alimenti rispetto ad altre, ma sicuramente senza la convinzione che alimenti “magici” o super dosi di certi nutrienti o integratori ci permettano di accedere a prestazioni sportive altrimenti irraggiungibili.Non ci possiamo aspettare da un integratore, quale che esso sia, un aiuto che compensi le carenze che derivano da un’alimentazione inadeguata o un allenamento inefficace.Un allenamento sbagliato ed un alimentazione scorretta rimangono tali anche se sono “integrati”.Specialmente con gli atleti più giovani è giusto quindi veicolare un atteggiamento che metta in rilievo l’importanza che un regime alimentare corretto riveste nella pratica dello sport, senza però creare false aspettative per vari ed eventuali “prodotti magici”. Quali esigenze per lo sportivo? Per quanto riguarda l’introito alimentare dello sportivo possiamo innanzitutto fare una distinzione fra l’alimentazione quotidiana e l’alimentazione in funzione della gara o dell’allenamento.Una implementa e completa l’altra nell’apporto di tutti i nutrienti necessari mantenendo un attenzione particolare verso qualità, quantità e somministrazione temporale degli alimenti in funzione dell’impegno.In relazione all’alimentazione quotidiana le esigenze di uno sportivo non differiscono da quelle di una persona sedentaria, e quindi è auspicabile una dieta che si ispiri alle linee guida fornite da enti o associazioni di medici nutrizionisti. Tali regole fondamentalmente concordano con un certo numero di elementi comuni che spesso vengono riassunti per semplicità in una sorta di “decalogo” delle principali regole per una corretta nutrizione.Alcuni elementi su cui tutti concordano sono:

● consumare la maggior varietà possibile di alimenti possibilmente freschi o che abbiano subito preparazioni gastronomiche il meno aggressive possibile

● incrementare il consumo di frutta e verdura● nella quota dei carboidrati preferire i carboidrati complessi ( cereali, legumi)● limitare il consumo di bevande gassate e zuccherate,alimenti fritti e ricchi di grassi animali● diluire il consumo alimentare giornaliero in più pasti.

Riguardo poi alle esigenze qualitative e quantitative specifiche dello sportivo dobbiamo partire da quello che avviene in gara o allenamento.Con le dovute differenze legate all’ impegno, alla durata ed alle caratteristiche dei vari sport possiamo affermare che il grande dispendio energetico dell’attività sportiva viene prevalentemente soddisfatto dai carboidrati, che rappresentano il “carburante sportivo” di elezione.Mentre nelle normali attività del quotidiano attingiamo energia per circa un 40%- 50% dai grassi e per un 50%-60% dagli zuccheri, nel corso dell’attività sportiva tale miscela tende decisamente verso un maggior utilizzo dei glucidi, e dunque del glucosio circolante nel sangue e di quello immagazzinato sotto forma di glicogeno epatico e muscolare, che, attraverso il meccanismo della 26

Page 27: DIREZIONE DIDATTICA STATALE III CIRCOLO EMPOLI (FI) · Istituto di Psicologia Scolastica – L’Ancora Blu Società Italiana Alimentazione e Sport Associazione Italiana per lo studio

glicogenolisi, viene reso disponibile secondo le necessità.Tali riserve, pur rappresentando i “serbatoi” ai quali i nostri muscoli attingono in misura prevalente nella maggior parte delle attività motorie, hanno un potenziale limitato, specialmente se paragonato alla quantità di energia potenziale rappresentata dalle riserve di grassi accumulate nell’organismo. Un’attività fisica prolungata o frequentemente ripetuta può avere l’effetto di diminuire drasticamente la consistenza dei depositi di glicogeno, che hanno peraltro un tempo di ricostituzione piuttosto lungo, contribuendo a determinare, talvolta, una sorta di “ carenza cronica” di energia.La degradazione dei vari substrati solo in parte produce energia meccanica e quindi in lavoro muscolare, mentre per buona parte diviene calore che deve essere disperso per mantenere la temperatura corporea entro i limiti fisiologici. Fra i meccanismi a disposizione dell’organismo per il controllo della temperatura, l’evaporazione, di cui la sudorazione rappresenta il presupposto essenziale, rappresenta sicuramente il mezzo privilegiato.All’attività motoria si accompagna talvolta una cospicua perdita di liquidi che può arrivare a superare il 2% del peso corporeo, quantità che, se non repentinamente reintegrata, può portare a significative variazioni fisiologiche con aumento della frequenza cardiaca, apatia, astenia, crampi muscolari etc.Altro elemento non trascurabile indotto dall’attività sportiva è il maggior utilizzo ed il conseguente adattamento di organi ed apparati coinvolti nel movimento.Le sollecitazioni indotte dall’attività coinvolgono l’organismo in un processo di condizionamento \ allenamento in relazione agli stimoli ricevuti, con conseguente necessità di componenti strutturali necessarie alla rigenerazione e sintesi dei tessuti, che, nel caso dei più giovani, si vanno ad aggiungere al già importante fabbisogno di un organismo in fase di accrescimento. Quindi riassumendo:1 - Consumo di energia a prevalente carico dei depositi di glicogeno2 - Perdita di liquidi legata alla termoregolazione3 - Maggior utilizzo di organi ed apparati coinvolti nel movimento Da queste caratteristiche della pratica sportiva nascono le esigenze di rifornire l’organismo dei nutrienti necessari, secondo una corretta gestione degli aspetti quantitativi, qualitativi e temporali dell’alimentazione in funzione dell’allenamento. Dobbiamo dunque immaginare un PRIMA, un DURANTE ed un DOPO, ognuno con obiettivi e priorità definite. PRIMA DELL’ATTIVITÀ Obiettivo principale è quello affrontare la gara o l’allenamento con il “serbatoio” pieno ma con il “ bagagliaio” vuoto, ovvero con sufficienti scorte energetiche ed idriche ma senza inutili o indigesti fardelli che possano interferire con lo svolgimento dell’attività. La carenza di energia, a cui i bambini sono particolarmente sensibili, spesso legata ad una completa deplezione dei depositi di glicogeno a seguito di una attività strenua e prolungata, e la disidratazione causata da un’ intensa sudorazione non compensata da un sufficiente reintegro, sono due fattori decisamente influenti nel determinare l’insorgenza della fatica.Tali fattori interferiscono con la capacità di eseguire i compiti motori con la necessaria concentrazione, tempestività e coordinazione: un atleta stanco, più rigido e meno tempestivo è più esposto al rischio di infortuni, sia per quanto riguarda se stesso e sia, negli sport dove sono previsti contatti o contrasti con gli avversari, nei confronti degli altri. 27

Page 28: DIREZIONE DIDATTICA STATALE III CIRCOLO EMPOLI (FI) · Istituto di Psicologia Scolastica – L’Ancora Blu Società Italiana Alimentazione e Sport Associazione Italiana per lo studio

È importante iniziare l’attività senza una preesistente situazione deficitaria di liquidi, spesso dovuta ad una mancata reidratazione in seguito ad una attività svolta precedentemente; certe discipline talvolta prevedono impegni di lunga durata in climi caldo umidi tali che le perdite di sudore sono così importanti da non poter essere reintegrate nel corso dell’attività anche bevendo a sufficienza. Alcune indicazioni pratiche: Alla base del pasto prima dell’impegno avremo come elemento fondamentale cibi ricchi di amidi: cereali e derivati quali riso,pane, pasta, prodotti da forno, tuberi come le patate ed in misura ridotta carboidrati semplici quali miele, succhi di frutta, marmellate, centrifughe o spremute di frutta.

● Se prima della gara o dell’allenamento trascorrono 3 \ 4 ore è possibile effettuare un pasto completo purché facilmente digeribile, con alimenti ricchi di carboidrati complessi quali pasta, pane, riso ed una certa quantità di proteine, limitando al minimo i grassi animali ed alimenti troppo ricchi di fibra.Un pasto adeguato può essere rappresentato da:

● un primo piatto con condimento leggero:pasta o riso con pomodoro, olio di oliva ed un po’ di parmigiano,

● un secondo:pollo o tacchino o pesce senza eccessivi condimenti o bresaola o prosciutto crudo ( evitando la parte grassa)

● pane● moderata quantità di insalata ● frutta fresca.

● Se siamo a ridosso dell’impegno, 1 – 2 ore, è bene limitarsi ai soli alimenti ricchi di glucidi,

prevalentemente complessi. Alcune soluzioni possono essere rappresentate da :

● un piatto di pasta o riso con condimento leggero ed una spremuta di arancia, o● tre fette di pane con la marmellata ed una centrifuga di frutta, o ● una porzione di crostata o dolce da forno non farcito con una macedonia di frutta, o● una banana, uno yogurt alla frutta ed una fetta di crostata

In questo caso, dal momento che l’introito calorico sarà sicuramente ridotto rispetto alla tradizionale ripartizione che vede il pranzo come uno dei pasti principali, è necessario predisporre una colazione particolarmente ricca la cui la base sarà rappresentata dal latte, ed uno spuntino di metà mattinata piuttosto sostanzioso che preveda anche una certa quantità di cibi con un buon contenuto proteico.Alcuni esempi:

● un panino imbottito con prosciutto e formaggio ed una spremuta di frutta ● due yogurt da 125ml. alla frutta, un pezzetto di parmigiano con il pane ed un frutto ● un sandwich con tonno ed insalata un frutto

● Nel caso che fra l’ultimo pasto e la gara o l’allenamento passino molte ore può essere utile la cosiddetta “razione di attesa” sotto forma di una bevanda con concentrazioni di zucchero intorno al 4-6% da sorseggiare fino a circa 30 minuti prima dell’impegno, sia per idratare il bambino sia per contrastare l’eventuale effetto ipoglicemizzante che si può verificare a causa della tensione pre-gara.Può essere adatto un succo di frutta diluito con acqua in rapporto di 1:1; o una bevanda

28

Page 29: DIREZIONE DIDATTICA STATALE III CIRCOLO EMPOLI (FI) · Istituto di Psicologia Scolastica – L’Ancora Blu Società Italiana Alimentazione e Sport Associazione Italiana per lo studio

arricchita con glucosio ed elettroliti fra le molte disponibili in commercio, purchè isotonica.

● Da 30 min. prima dell’impegno ( ma le risposte sono soggettive) fino all’inizio dell’attività è sconsigliata l’ingestione di zuccheri semplici (saccarosio, cioccolato, miele, bevande molto dolci, merendine farcite..), che, a causa della forte risposta insulinica da essi generata, potrebbero avere l’effetto contrario a quello desiderato, facendo venire meno la disponibilità di glucosio.Una volta che l’attività è iniziata le risposte a questo tipo di alimenti sono molto ridotte, sia per l’immediato fabbisogno di energia da parte dei muscoli sia per la liberazione di catecolamine indotta dall’esercizio, con effetto inibente sulla reazione insulinica.

● È buona regola assumere una buona di scorta di liquidi – almeno 500ml. di acqua - da

qualche ora prima fino a 30 min. circa prima della gara o allenamento.Una volta iniziato il riscaldamento …bere a volontà!

DURANTE L’IMPEGNO Nel corso dell’attività l’obiettivo è quello di contrastare la disidratazione e di rallentare l’eventuale esaurimento delle scorte energetiche, specialmente in caso di attività particolarmente prolungate come gare di resistenza o competizioni tipo torneo che prevedono il succedersi di più incontri.Alcune indicazioni pratiche:

● Nel corso dell’attività, libertà di bere acqua fresca a volontà

● Se la gara o l’allenamento si protraggono oltre le due ore con poche pause, insieme ai liquidi si possono introdurre anche piccole quote di carboidrati semplici che rallentino l’esaurimento delle riserve energetiche.Come per la razione di attesa, una buona soluzione in alternativa alle bevande in commercio è rappresentata da un’acqua ricca di sodio miscelata con succo di frutta, in rapporto di 1:1, da consumare in piccoli sorsi, fino a 150 - 200ml. ogni 15 minuti, o, se si preferisce una razione solida, una banana purchè ben matura.

DOPO L’IMPEGNO

Obiettivo principale è di reintegrare i liquidi, ripristinare le riserve energetiche e facilitare l’eliminazione delle scorie e la rigenerazione dei tessuti, eseguito in questo ordine. Alcune indicazioni pratiche: Reintegro scorte idricheInsieme ai liquidi viene persa una certa quantità di elettroliti, percentualmente molto ridotta rispetto alla concentrazione presente nel sangue, che in presenza di una dieta equilibrata, varia e completa, viene ampiamente ripianata.Tuttavia il gusto di alcune bevande utilizzate per lo sport è reso più gradevole proprio dalla presenza di piccole quantità di elettroliti che ne aumentano le qualità organolettiche rendendole più appetibili agli atleti.

● Appena terminata l’attività, prima della doccia, sono indicati:● acqua fresca a piccoli sorsi,

29

Page 30: DIREZIONE DIDATTICA STATALE III CIRCOLO EMPOLI (FI) · Istituto di Psicologia Scolastica – L’Ancora Blu Società Italiana Alimentazione e Sport Associazione Italiana per lo studio

● spremute o centrifughe di frutta diluite con acqua, ● bevande arricchite con elettroliti e carboidrati semplici e complessi con concentrazioni

non superiori al 6%.

● Evitare bevande contenenti caffeina o estremamente zuccherate, non adatte ad una rapida reidratazione

Reintegro delle scorte energeticheLe ore successive all’esercizio sono le più indicate per la risintesi del glicogeno, anche in vista di impegni successivi, e sono consigliabili spuntini a base di glucidi semplici e complessi, con la prevalenza di questi ultimi.

● Terminata l’attività, subito dopo la doccia,● crostate alla frutta,● dolci da forno, ● schiacciate salate ( non particolarmente oleose), ● crackers salati, ● pane e miele o marmellata, ● fiocchi di mais, ● frutta fresca

Rigenerazione e risintesi tessutiObiettivo è quello di completare la razione calorica giornaliera con alimenti che soddisfino adeguatamente le richieste di nutrienti di un organismo in fase di accrescimento. Per il pasto completo che segue l’allenamento sarebbe opportuno attendere almeno due ore al fine di ristabilizzare l’organismo affaticato dall’attività.In questo pasto, oltre ai “soliti” carboidrati, privilegiare alimenti ricchi di fibra , proteine, vitamine e sali minerali che vadano a completare il fabbisogno giornaliero.

Un pasto ideale dovrebbe comprendere:

● un primo piatto ricco di vegetali e legumi: minestrone con riso, patate, legumi e verdure, con olio di oliva e formaggio o pasta (meglio se integrale) con condimento di verdura o legumi

● un secondo di carne o di pesce, ● pane o schiacciata, ● porzioni abbondanti di ortaggi di stagione, crudi o cotti, ed insalata ● frutta fresca.

LO SPORT COME ANTIDEPRESSIVO Cristina SesoldiTirocinante psicologa III Circolo EmpoliIlaria NardiTirocinante psicologa III Circolo Empoli La depressione, nella società di oggi, è uno dei disturbi più diffusi e soprattutto riguarda tutte le fasce di età; dalla depressione infantile ed adolescenziale alla depressione adulta fino a quella che 30

Page 31: DIREZIONE DIDATTICA STATALE III CIRCOLO EMPOLI (FI) · Istituto di Psicologia Scolastica – L’Ancora Blu Società Italiana Alimentazione e Sport Associazione Italiana per lo studio

colpisce gli anziani.Naturalmente ogni età presenta sintomi diversi: nell’infanzia la depressione assume la forma di disturbi somatici come mal di testa e mal di stomaco; negli adolescenti troviamo gli stessi sintomi degli adulti con aggiunta però di alti tassi di suicidio e di autocolpevolizzazione; negli anziani troviamo facilità a distrarsi e perdita di memoria.Nel corso dei secoli si è parlato di malinconia o depressione endogena, di depressione reattiva, di depressione cronica, mascherata, senile, organica, ma la definizione scientifica oggi generalmente accettata è quella data dall’ “American Psychiatric Association” nel Manuale Statistico e Diagnostico dei disturbi mentali, il DSM IV.Nel DSM IV, si parla di Episodio Depressivo Maggiore: dei seguenti sintomi, 5 o più, devono essere presenti durante lo stesso periodo di due settimane e rappresentare un cambiamento rispetto alle funzionalità precedenti; almeno uno dei sintomi deve essere l’umore depresso o la perdita di interesse o di piacere.I sintomi sono:

● Umore depresso per la maggior parte del giorno (nei bambini o adolescenti può essere osservata irritabilità).

● Marcata perdita di interesse o di piacere nelle attività durante il giorno o ogni giorno.● Significativa perdita di peso o aumento di peso (nei bambini si deve considerare anche il

mancato aumento ponderale atteso).● Insonnia o ipersonnia quasi ogni giorno.● Agitazione o rallentamento psicomotorio quasi ogni giorno.● Sentimenti di mancanza di valore o di colpa eccessiva o inappropriata quasi ogni giorno.● Diminuita capacità di riflettere e concentrarsi.● Pensieri ricorrenti di morte

Esistono altre forme depressive caratterizzate da sintomatologie diverse e talvolta più sfumate, così come hanno a che fare con analoghi meccanismi biochimici altre sindromi che vengono classificate all’interno dei disturbi d’ansia (ad es. gli attacchi di panico).Un tipo di depressione che troviamo più spesso nella vita è il disturbo distimico che caratterizza l’individuo per un lungo arco di tempo tanto che egli arriva a non chiedere aiuto.La relazione tra sport e depressione è stata da più parti ed è stato ormai accertato che l’esercizio fisico ha un effetto positivo non soltanto sul fisico ma anche sulla mente. In particolare, si è visto che un’attività fisica regolare può alleviare i sintomi della depressione e prevenirne le ricadute. EFFETTI BENEFICI DELL’ATTIVITA’ FISICAL’attività fisica espleta i suoi effetti benefici sullo stato psicologico in vari modi; per prima cosa aiuta a migliorare la propria idea di sé e favorisce l’allontanamento dei pensieri negativi lasciando il posto al buonumore.Facendo sport infatti l’individuo migliora la sensazione di efficacia e fiducia in se stesso e ha delle distrazioni positive. L’attività fisica modifica positivamente alcuni pensieri in precedenza negativi grazie ad alcuni meccanismi clinici ed enzimatici che, durante lo sport, il nostro organismo mette in atto.Durante l’attività fisica si liberano infatti le endorfine (sostanze euforizzanti che intervengono nella regolazione dell’umore) così come avviene con l’assunzione di farmaci antidepressivi perciò proprio durante lo sforzo fisico la psiche ricava un doppio piacere: effetto euforico ed effetto ansiolitico (si distoglie la mente dalle preoccupazioni quotidiane).Inoltre, l’attività fisica migliora anche aspetti di funzionamento mentale quali capacità di prendere decisioni, capacità di pianificare e influenza sulla memoria a breve termine.L’attività fisica ci permette dunque di effettuare un confronto positivo rispetto ai cambiamenti che avvengono nel nostro corpo che sono gli stessi che avvertiamo in caso di ansia o addirittura di attacchi di panico.Quando facciamo sport, i cambiamenti nel nostro corpo non sono infatti associati a sofferenza 31

Page 32: DIREZIONE DIDATTICA STATALE III CIRCOLO EMPOLI (FI) · Istituto di Psicologia Scolastica – L’Ancora Blu Società Italiana Alimentazione e Sport Associazione Italiana per lo studio

emotiva e quindi nel corso del tempo si arriva ad una sorta di de-condizionamento: alcuni segnali fisici che, nei casi di ansia e panico, suscitavano paura o sensazioni di pericolo, adesso, con lo sport, sono associati a situazioni piacevoli che non spaventano.Dobbiamo però tenere presente che non tutti i tipi di attività fisica hanno gli stessi effetti positivi sulle persone, ognuno deve scegliere l’attività che gli è più consona, più naturale e gradevole in modo da adattarne gli obiettivi alle capacità e possibilità di ognuno. Provare piacere e soddisfazioni da queste attività è molto importante e ciò soprattutto per le persone depresse.

ATTIVITA’ FISICA E BENESSERE MENTALE Alcuni ricercatori hanno visto che ci sono tre principali meccanismi che danno effetti positivi al benessere mentale.

● Un meccanismo biochimico, cioè una sensazione di euforia derivante dall’attività fisica.

La sensazione di euforia dipende dall’importante ruolo rivestito in questo processo da noradrenalina e serotonina (5-HT), che dopo l’attività risultano elevate. Il ruolo principale viene però riconosciuto alla serotonina perché essa è uno dei neurotrasmettitori del cervello che ha il compito di agire da tramite tra la psiche e il mondo esterno. E’ importante che i livelli di questo neurotrasmettitore siano alti perché sono i livelli bassi a causare la depressione. Dato che molti farmaci antidepressivi funzionano aumentando i livelli di questi neurotrasmettitori nel cervello, sembra ragionevole dedurre che è questo il meccanismo attraverso cui agisce l’attività fisica.

● Un meccanismo fisiologico, dato dal fatto che quando sperimentiamo sensazioni di depressione esse provengono dalla percezione di come il corpo si sente in un certo punto.

Lo sport infatti si traduce in pressione ematica più bassa, ritmo cardiaco più lento e respirazione più facile, ciò influenza in positivo la percezione globale del nostro corpo e del suo funzionamento.

● Un meccanismo psico-sociale attraverso il quale si lega l’attività fisica con il benessere mentale per migliorare la percezione della nostra autostima e della nostra autoconsiderazione.

I sintomi della depressione infatti causano un disagio clinicamente significativo, un senso di inferiorità nella vita sociale, nel lavoro e in altre aree: l’attività fisica può aiutarci a sperimentare nuovi modi per combattere stati d’animo negativi.A volte gli stati di depressione vengono affrontati con la chiusura in se stessi o con la messa in atto di azioni dannose per la salute (bere, abusare di farmaci o altro), però fare qualcosa di “attivo” rinforza la fiducia nella nostra capacità di affrontare in modo efficace le difficoltà.Quello che va sottolineato in queste circostanze è che chi è depresso non sempre ha la forza di iniziare qualcosa o di portarla avanti in modo costante così possiamo considerare alcuni punti necessari a superare l’inerzia iniziale e mantenere l’impegno nel tempo.Tra di essi possiamo identificare ciò che piace di più, porsi degli obiettivi ragionevoli, cominciare dal poco per andare poi avanti, adottare strategie a breve termine, riconoscere che potrebbero essere incontrati degli ostacoli, prepararsi alle difficoltà a anche “ai passi indietro”. LO SPORT CONTRO LA DEPRESSIONEUna parte della psicologia dello sport si occupa, ormai da alcuni anni, del rapporto che c’è tra sport e salute mentale con un interesse particolare per la relazione che intercorre tra alcuni disturbi psicologici clinici e di personalità e l’esercizio sportivo di alcune discipline psicomotorie.Diversi studi hanno dimostrato che ci sono delle pratiche sportive che possono combattere alcuni 32

Page 33: DIREZIONE DIDATTICA STATALE III CIRCOLO EMPOLI (FI) · Istituto di Psicologia Scolastica – L’Ancora Blu Società Italiana Alimentazione e Sport Associazione Italiana per lo studio

tipi di disagio psicologico.La depressione è uno dei disturbi a cui gli studiosi hanno dato maggiore peso nel suo rapporto che sembra essersi instaurato con lo sport.Per la cura della depressione sono stati pensati dei programmi di allenamento sportivo che coinvolgono figure professionali che si occupano della salute mentale.Così come agiscono sull’organismo i farmaci, la stessa cosa accade con alcune attività sportive con programmi specifici integrati alla cura psicologica; ciò è stato visto con gli studi compiuti presso alcune università statunitensi come quella di Durham o dell’Illinois e presso il Dipartimento della Salute Pubblica della California-Berkeley School.In particolare, uno studio dell’Università di Durham ha voluto vedere il rapporto tra sport e depressione dividendo 156 pazienti depressi ultracinquantenni in tre gruppi sottoposti a tre tipi diversi di trattamento.Il primo gruppo riceveva il trattamento farmacologico, il secondo un programma di esercizio fisico, il terzo entrambi.I risultati sono stati visti dopo 4 e 10 mesi.Dopo 4 mesi c’è stato un forte decremento o totale scomparsa dei sintomi depressivi nei tre gruppi con conseguente sospensione del trattamento con i farmaci.Dopo 10 mesi, con la sospensione dei farmaci, il gruppo che seguiva il programma di esercizio fisico ha mostrato il più basso tasso di ricadute che sembra si possa spiegare con una naturale riattivazione della chimica cerebrale stimolata però dall’attività fisica e non da sostanze artificiali che, dopo essere state sospese, a volte possono creare il cosiddettto “effetto rebound”, cioè ricadute gravi.S Cascua, specialista in medicina dello sport, docente universitario che opera presso la Pitiè- Salpetriere di Parigi (complesso ospedaliero universitario), ha analizzato i meccanismi attraverso cui lo sport è positivo per riprendersi dalla depressione.L’esercizio fisico regolare di alcuni sport contrasta gli effetti dannosi prodotti sul fisico dal distress (stress negativo), perché mentre si fa sport, il cervello subisce un eustress (stress positivo) che genera l’acetilcolina e le endorfine definite “ormoni della felicità” in quanto producono analgesia e senso di benessere.Il fatto che questi ormoni aumentano, e la conseguente diminuzione del cortisolo (ormone dello stress), sono effetti biochimici grazie ai quali la pratica controllata di alcuni sport rappresenta una naturale tecnica per il risveglio della capacità naturale del nostro cervello di secernere sostanze antidepressive e per aiutare a controllare lo stress negativo.Queste ricerche sono dirette sull’azione neurochimica antidepressiva di alcuni sport con la scelta quindi di sport di resistenza, l’attività sportiva può comunque curare la depressione anche in altri modi.Nell’esempio di “sport antidepressivi” si sottolinea l’importanza della regolarità e della pratica di attività che producono un moderato, controllato e costante sforzo fisico tanto che si sono dimostrati efficaci programmi specifici di footing, jogging, bicicletta o step, oppure alternare uno sport di resistenza ad uno di squadra o ad uno sport marziale.Ciò che va tenuto in considerazione è il fatto che, soprattutto nella depressione grave, la difficoltà è iniziare un esercizio sportivo o condividerlo con altri in luoghi comuni, quindi viene consigliato un programma di riabilitazione psicologica attraverso l’uso di step da appartamento o bicicletta da camera.In un generale progetto di intervento sportivo riabilitativo, sia individuale che di gruppo, il ricorso alla consulenza psicologica diagnostica e la supervisione di un professionista della salute deve essere un elemento cardine per gestire i corsi educativi-riabilitativi all’interno di palestre e centri di salute e benessere.Se si vogliono, perciò, realizzare corsi sportivi che siano di aiuto alla depressione, le attività da progettare dovrebbero essere pensate per raggiungere obiettivi specifici e supervisionati periodicamente da uno psicologo mentre sono del tutto da evitare le pratiche fai da te non elaborate 33

Page 34: DIREZIONE DIDATTICA STATALE III CIRCOLO EMPOLI (FI) · Istituto di Psicologia Scolastica – L’Ancora Blu Società Italiana Alimentazione e Sport Associazione Italiana per lo studio

da specialisti. EDUCARE AI VALORI ATTRAVERSO LO SPORT Cristina CinelliPedagogista clinico – responsabile del servizio dell’U.O.O.P.P. nel III Circolo Didattico di Empoli DAL DISAGIO “ALL’AGIO” PER TUTTI Da anni, come pedagogista clinico e figura obiettivo nel III Circolo di Empoli, mi occupo di problematiche legate alla prevenzione del disagio cognitivo e relazionale.Diversi sono i progetti in atto che, nella prospettiva di promuovere il successo formativo e innalzare la qualità del servizio, mirano ad intervenire su questo aspetto attraverso momenti di lettura, comprensione ed azione.34

Page 35: DIREZIONE DIDATTICA STATALE III CIRCOLO EMPOLI (FI) · Istituto di Psicologia Scolastica – L’Ancora Blu Società Italiana Alimentazione e Sport Associazione Italiana per lo studio

Nel Circolo sono presenti numerosi alunni con difficoltà di apprendimento, sia di tipo generico che di tipo specifico, dei quali la scuola e le istituzioni preposte, si fanno carico, affinché la disaffezione per gli studi e i precoci abbandoni legati a questa tipologia di difficoltà possano essere evitati o almeno contenuti. Oggi però, assistiamo anche al proliferare di problematiche legate a scarse capacità relazionali che vanno dall’apatia all’iperattività, dalla timidezza eccessiva alla difficoltà di attenzione e concentrazione. In molti alunni fin dalla scuola dell’infanzia, si rileva scarsa tolleranza alla frustrazione, difficoltà nel rispettare le regole e nel costruire relazioni positive fra pari; si notano forme di aggressività nei confronti delle cose e delle persone ed in molti bambini bassi sono i livelli di autostima.La presenza di questi indicatori, ci impone quindi, come operatori della scuola ed esperti di educazione, di rilevare tempestivamente le difficoltà presenti nei nostri ragazzi e, ci invita a lavorare, per formulare percorsi idonei ed incisivi di prevenzione del disagio attivando tutte le sinergie presenti nella scuola e sul territorio affinché questa subdola condizione esistenziale possa a piccoli passi trasformarsi in “agio” per tutti.Ma quali sono i campanelli di allarme che devono essere recepiti precocemente dagli insegnanti come segnali di disagio?Spesso i ragazzi quando provano disagio reagiscono con violenza:

● urlano● distruggono● minacciano● si picchiano● mentono

e quando non si sentono compresi ed accettati si chiudono in sé stessi:● dormono● scappano di casa ● ignorano● si deprimono● tengono il broncio● mangiano troppo o, troppo poco

E allora che fare?

Daniel Goleman (1995), afferma che alla base di quasi tutti i problemi sociali come droga, emarginazione, violenza ci sia una profonda ignoranza sulla forma e la natura delle proprie emozioni, uno scarso autocontrollo ed assenza di capacità empatica. In uno dei suoi saggi più letti e studiati Intelligenza emotiva (1995) lo studioso di Harvard, mette in luce come in un mondo affollato di stimoli, occorra essere in grado di conciliare raziocinio e passione in una miscela che egli definisce infatti “Intelligenza emotiva”.Le nuove normative scolastiche fra le quali il decreto ministeriale n.100 del 18 settembre del 2002, nel paragrafo che riguarda il profilo educativo, culturale e professionale dello studente alla fine del primo ciclo di istruzione, invita gli insegnanti a “guidare gli alunni a gestire l’irrequietezza emotiva e intellettuale comunicandola a coetanei e ad adulti significativi e trovando con loro le modalità migliori per affrontarla e poi scioglierla nell’autonomia personale che è maggiore sicurezza di sé, fiducia, gioia di vivere, intraprendenza, industriosità, collaborazione con gli altri”.Nel decreto n. 59, del 19 febbraio 2004, di applicazione delle Indicazioni Nazionali per la scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado, si indica come obiettivo trasversale, alla voce “educazione all’affettività”, la necessità di intraprendere percorsi di alfabetizzazione emozionale e affettiva rivolti a tutti i ragazzi. La scuola, fino ad oggi intenta a veicolare conoscenze ed abilità, a fornire competenze e saperi, facilmente verificabili e valutabili, non ha focalizzato sufficientemente la sua attenzione sulla vita 35

Page 36: DIREZIONE DIDATTICA STATALE III CIRCOLO EMPOLI (FI) · Istituto di Psicologia Scolastica – L’Ancora Blu Società Italiana Alimentazione e Sport Associazione Italiana per lo studio

interiore dei bambini, sul loro modo di sentire, di pensare e pensarsi, spingendoli ad imparare di tutto e forse troppo, ma è stata forse meno attenta nel rilevare e trattare difficoltà di attenzione, impulsività, iperattività, problemi di comportamento, difficoltà a entrare in relazione con l’altro, ad accettare le sconfitte e l’insuccesso scolastico, alle manifestazioni aggressive, alla deresponsabilizzazione, che sono forti segnali di disagio. Quotidianamente, si assiste ad un proliferare di gesti inconsulti: violenza di adulti sui minori, di ragazzi sui genitori e sui coetanei, delinquenza, emarginazione, omicidi/suicidi, bassa tolleranza alla frustrazione; tutti eventi accomunati da un denominatore comune: l’analfabetismo emozionale e la mancanza di valori etici che ormai sembrano essere di esclusivo appannaggio dei Santi, e spesso sono sostituiti dagli anti-valori e dai comportamenti sociali che con i primi non hanno niente a che vedere.Le competenze emozionali sono aspetti fondanti per il benessere della persona. La fiducia in sé stessi, la creatività, la capacità di percepire il futuro e progettarlo, l’adattabilità, la spinta alla propria realizzazione, la capacità di gestire il tempo, di desiderare, di prendere decisioni e interagire con gli altri, la capacità di valorizzare gli altri, sono potenzialità che ogni soggetto ha probabilmente fin dalla nascita, ma la realizzazione di tali potenzialità, dipende dalle condotte educative della famiglia e della scuola. Queste vanno educate e dirette verso l’acquisizione di valori importanti perché, a differenza del Q.I., possono accrescersi e potenziarsi per tutta la vita.Il bambino deve mantenere la propria emotività ma, anziché esserne totalmente succube, può imparare a conoscerla e a controllarla, così da poter giungere al benessere psichico anche nelle circostanze meno favorevoli della vita: a casa, a scuola, nel gioco e nello sport.Diviene, quindi, un compito irrinunciabile quello di insegnare ai nostri giovani alunni una serie di competenze interpersonali, quali:

● Comunicare efficacemente con gli altri.● Riconoscere ed esprimere le proprie difficoltà e le proprie emozioni.● Imparare a chiedere l’aiuto altrui.● Ascoltare attivamente l’interlocutore.● Collaborare per raggiunger obiettivi comuni.● Imparare a comunicare e condividere con gli altri emozioni e sentimenti.● Favorire l’accettazione di sé stessi e degli altri.● Potenziare l’autostima e la tolleranza alla frustrazione.● Conoscere e mettere in atto forti valori etici

MA QUALI VALORI ETICI? Premesso che ogni persona stabilisce la propria scala di valori al cui vertice pone quello che gli sembra migliore o più utile, è certo che gli educatori debbano cercare di promuoverli tutti affinché i ragazzi ricevano un educazione equilibrata senza limiti imposti.I valori, per loro natura, risultano essere intersecati tanto che spesso è difficile distinguere dove finisce l’uno e comincia l’altro. Potrebbe esistere la pace senza la giustizia e il dialogo? E’ concepibile l’amicizia senza la sincerità?Fortunatamente i ragazzi quando crescono in un valore, crescono anche in molti altri, pertanto accade che aumentando per esempio, la capacità di tolleranza, cresce nel medesimo tempo la generosità, la compassione, l’ apertura al dialogo.La famiglie, con il concorso della scuola e di ogni altra agenzia educativa comprese le società sportive devono tendere al raggiungimento di valori etici irrinunciabili insegnando con l’esempio e la dedizione comportamenti idonei al loro perseguimento. 36

Page 37: DIREZIONE DIDATTICA STATALE III CIRCOLO EMPOLI (FI) · Istituto di Psicologia Scolastica – L’Ancora Blu Società Italiana Alimentazione e Sport Associazione Italiana per lo studio

Rispetto

I valori irrinunciabili

Buone manierecompassione

libertàsincerità

responsabilitàgenerositàgiustiziadialogo

amiciziaordine

tolleranza

creativitàcooperazione

pace

pazienzafiducia

costanza

Personalmente ritengo che non si possa fare a meno di educare i nostri giovani su questi diciotto valori fondamentali, diciotto quanti gli anni stabiliti dalla legge dello Stato per il raggiungimento di quella “maturità” che ci carica di responsabilità e doveri .

Il rispetto, è il primo valore etico dal quale gli altri, come serici fili, si dipanano e contemporaneamente si avviluppano tutti gli altri accompagnando il corso della nostra esistenza.

1. Il termine Rispetto deriva da una parola latina che significa guardarsi intorno, agire sapendo che non siamo soli. Riguarda la salvaguardia dell’ l’intimità, dei i gusti, delle scelte personali e di quelle altrui a casa, a scuola nello sport.

2. Le Buone maniere: regolano i comportamenti fra le persone civili, non si improvvisano,

37

Page 38: DIREZIONE DIDATTICA STATALE III CIRCOLO EMPOLI (FI) · Istituto di Psicologia Scolastica – L’Ancora Blu Società Italiana Alimentazione e Sport Associazione Italiana per lo studio

non sono consuetudini basate sull’ipocrisia, bensì sono la manifestazione esteriore del rispetto per gli altri, non lo sostituiscono, ma lo esprimono e in una società come la nostra dove si afferma di preoccuparsi della tolleranza, della convivenza, che reclama rispetto per tutti, che cerca di integrare le differenze, se ci dimenticassimo le convenzioni di buon gusto sarebbe un vero peccato infatti “la nostra condotta è l’unica prova della sincerità del nostro cuore” Tthomas Wilson, statista USA). Lo sport offre occasioni importanti a coloro che lo praticano di comportarsi con buone maniere e la disciplina richiesta ne è l’ esempio.

38

Page 39: DIREZIONE DIDATTICA STATALE III CIRCOLO EMPOLI (FI) · Istituto di Psicologia Scolastica – L’Ancora Blu Società Italiana Alimentazione e Sport Associazione Italiana per lo studio

3. Responsabilità appartiene alla stessa famiglia della parola rispondere e significano rendere ragione per ciò che si è fatto, rispondere di ciò che si è compiuto deliberatamente (mantenere le promesse, essere coerenti con la parola data) chi si assume una responsabilità infatti deve sempre rispondere di qualcosa a qualcuno. Questa è l’essenza di questo valore “Ogni incarico è un carico: sostieni il carico o lascia l’incarico” (antico detto)

4. Ordine. Parlando di questo valore spesso lo associamo alle cose, tuttavia c’è un ordine molto più importante che è quello delle idee che consiste in mettere in atto quella logica che ci permette di non sprecare tempo ed energie. Ma l’ordine riguarda anche il tempo e il rispetto dei turni e degli orari.“ “Che nella vostra casa ogni cosa abbia il suo posto e ogni compito il suo tempo”(B. Franklin)

5. Sincerità espressione esteriore di ciò che uno pensa o sente è assenza di simulazione e di ipocrisia. Naturalmente la sincerità deve essere manifestata nelle giuste occasioni poiché può anche essere causa di dispiaceri negli altri. La veridicità è un valore sociale poiché se non credessimo nella sincerità delle persone e delle cose che ci circondano non sarebbe possibile la convivenza pacifica e civile, e quindi come dobbiamo supporre che un segnale stradale ci dica la direzione giusta da seguire così dobbiamo credere che l’allenatore di calcio segua le regole corrette.

6. Dialogo; E’ noto a tutti come la persuasione sia più efficace della violenza. Parlando si comprende la gente, si scambiano idee, si ascoltano le ragioni dell’altro, occorre essere consapevoli che non possediamo tutta la verità e che non tutti si pensa allo stesso modo, e dobbiamo essere disposti a cambiare opinione. Il dialogo ci porta a sapere di più e meglio, ci guida nella comprensione di se stessi e degli altri, ci fa essere migliori poiché migliora le relazioni all’interno del gruppo. Il dialogo per cercare di arrivare a possibili accordi è possibile solo:- se c’è rispetto per le opinioni dell’altro,

- libertà di esporre il nostro punto di vista, - sincerità di esprimere idee e sentimenti riguardo agli atteggiamenti del gruppo realizzando

critiche costruttive - coraggio di manifestare il nostro disaccordo accettandone le conseguenze

“chi vuole avere ragione e parla da solo, raggiungerà sicuramente il suo obiettivo “ (G:W. Goethe)

7. Tolleranza: in senso letterale significa sopportare ma in senso più ampio e positivo vuol dire riconoscere il pluralismo, rispettare la diversità, condividere con gli altri

8. Creatività:opposto della monotonia, capacità di produrre cose e di ottenere risultati nuovi con cose scartate da altri, avere iniziativa. E’ sempre accompagnata da altri valori: immaginazione, iniziativa, originalità, critica, curiosità, autostima, indipendenza e concentrazione ed è tutto il contrario del conformismo che insieme all’immediatezza dei risultati, all’autoritarismo e all’inflessibilità rappresenta un ostacolo per la creatività. “La noia nacque, un giorno, dall’uniformità” (A. H. de la Motte)

9. Cooperazione: è il contrario di egoismo, significa collaborare, contribuire insieme ad altri al perseguimento di un obiettivo comune. Implica una relazione biunivoca infatti nella relazione d’aiuto: uno aiuta e l’altro è aiutato nella cooperazione io aiuto gli altri e gli altri aiutano me. Cooperare in ultima analisi significa lavorare in gruppo. In squadra:

- Lavoro per il bene di tutti - Quanto ho più io quanto più avrà la squadra - Tutti abbiamo bisogno gli uni degli altri

- Se non vinciamo, è molto difficile dar la colpa a uno solo - Si vince o si perde tutti. “Non tutti abbiamo le stesse qualità, tutti insieme ne abbiamo tante”

10. Compassione: non significa provare pena per l’altro ma, come sosteneva Paolo di Tarso

39

Page 40: DIREZIONE DIDATTICA STATALE III CIRCOLO EMPOLI (FI) · Istituto di Psicologia Scolastica – L’Ancora Blu Società Italiana Alimentazione e Sport Associazione Italiana per lo studio

significa: “patire con l’altro, ma anche ridere con chi ride” perché è condivisione e capacità empatica, infatti lo stato emotivo dell’altro riecheggia talmente dentro di noi che in qualche modo anche noi lo sperimentiamo e ciò ci permette di adeguare i nostri gesti e le nostre parole ai bisogni dell’altro. Quindi avere compassione permette di prestare agli altri l’aiuto morale e fisico di cui hanno bisogno.

40

Page 41: DIREZIONE DIDATTICA STATALE III CIRCOLO EMPOLI (FI) · Istituto di Psicologia Scolastica – L’Ancora Blu Società Italiana Alimentazione e Sport Associazione Italiana per lo studio

11. Generosità: è un valore nel quale sono insiti molti gesti infatti può voler dire dare il tempo, una merce preziosa ai nostri giorni, poiché non possiamo comprarlo in alcun modo né tanto meno recuperarlo quindi donare il tempo significa regalare parte di noi stessi. Ma essere generosi significa anche dare spazio, dare gesti, parole, silenzi, perdonare.

12. Amicizia Nei bambini non esiste amicizia vera e duratura poiché questo valore si sviluppa con il tempo e a seguito di numerosi tentativi. Presuppone disinteresse, generosità,fiducia reciproca. L’amicizia implica sempre la reciprocità in quanto, possono esistere amori anonimi ma non amicizie anonime ed esclude dipendenze e sottomissioni.“gli amici non ci precedono né ci seguono, camminano con noi.

13. Libertà è un valore fondamentale tanto che viene nominata 30 volte nella “Dichiarazione universale dei diritti umani” approvata a Parigi il 10 dicembre del 1948. Esige forte senso di responsabilità e deve essere accompagnata da tutti gli altri valori altrimenti conduce all’asocialità e alla solitudine. E’ importante invece conciliare vita collettiva e libertà individuale, inoltre come sosteneva Cicerone, non bisogna dimenticare che “tutti siamo schiavi delle leggi per poter essere liberi.”

14.Giustizia condizione necessaria affinché i nostri rapporti con gli altri siano corretti. La giustizia deve tener conto delle differenze individuali perché l’uguaglianza non è necessariamente giusta e implica tutti i valori precedenti. Giustiniano I sosteneva che “La giustizia è la volontà costante e perpetua di dare a ciascuno ciò che è suo”.

15.Pace è un progetto umano molto ambizioso, che merita l’impegno di tutti nonostante ostacoli e insuccessi. Occorre far capire ai ragazzi che essere buoni, pacifici e sostenitori di pace non significa essere “tonti”, ma al contrario sostenere la pace presuppone forza morale poiché è molto più facile per l’uomo favorire la discordia.

16. Pazienza è la forza di chi sa aspettare ciò che tarda ad arrivare ma è uno dei valori che è più difficile da spiegare ai nostri ragazzi. Lo sport offre un validissimo contributo nell’apprendimento della pazienza infatti aspettare il proprio turno, saper aspettare il risultato che tarda, attraverso lo sport più è facile da capire.

17. Costanza è la perseveranza nello sport, nello studio nel raggiungimento dei traguardi. Chi fra i pensatori, scienziati, artisti, sportivi è stato perseverante nei suoi progetti e nelle sue realizzazioni, può dirsi costante. Nel mondo dello sport questo valore è indispensabile poiché l’atleta, il ginnasta, il nuotatore riesce a superare i record già stabiliti arrivando più lontano soltanto dopo anni di allenamento costante. Anche Napoleone sosteneva che “la vittoria è del più perseverante” infatti l’incostanza è una forma di codardia di fronte agli ostacoli. La costanza implica disciplina, controllo, tenacia, impegno e continuità.

18.Fiducia; significa essere tranquilli nel confronti di qualcuno dal quale ci aspettiamo che si comporti bene , con onestà e coerenza, ma la fiducia riguarda anche noi stessi. Chi ha fiducia si relaziona meglio con gli altri, si trova a suo agio nel lavoro di gruppo, riesce a superare meglio le frustrazioni, considera gli insuccessi in modo costruttivo, ha un’ alta autostima. Ma perché i ragazzi acquistino fiducia in se stessi occorre che si sentano sicuri, capaci e importanti. “La fiducia in sé stessi è il primo segreto del successo” Ralph W. Emerson (filosofo USA)

Questi diciotto valori mi sembrano i più importanti da insegnare e trasmettere ai nostri ragazzi. Lo sport rappresenta uno degli strumenti che ci permettono di veicolarli più facilmente infatti anche se siamo ben coscienti che la scuola non ha il compito di allevare campioni, siamo altrettanto convinti che l’attività sportiva nelle classi possa offrire un contributo significativo per l’apprendimento di competenze emotive e quindi di valori irrinunciabili.

L’ASPETTATIVA SPORTIVA COME VEICOLO DI VALORI

41

Page 42: DIREZIONE DIDATTICA STATALE III CIRCOLO EMPOLI (FI) · Istituto di Psicologia Scolastica – L’Ancora Blu Società Italiana Alimentazione e Sport Associazione Italiana per lo studio

Nel nostro Circolo Didattico sotto l’attenta guida del professor Giovanni Franceschi, da diversi anni è stata fatta una scelta importante a riguardo che vede nella pratica sportiva uno degli strumenti privilegiati per conoscere, apprendere e veicolare atteggiamenti valoriali positivi nei ragazzini dai 5 agli 11 anni. Attraverso il gioco-sport vogliamo, come sostiene Pinuccio Vailati “far conoscere l'attività sportiva osservandola da un punto di vista diverso da quello che un atleta, un allenatore o un dirigente sportivo sono soliti adottare. Difatti, al di là dei risultati conseguiti, non siamo abituati a guardare l'evento sportivo dal punto di vista educativo e renderci conto di quanti siano i servizi che questo offre alla persona e al suo divenire. Lo sport, concorre alla formazione di una personalità armonica ed equilibrata, che pone le basi per un'apertura a valori più alti quali la cultura, la partecipazione sociale e la ricerca di significati che vanno oltre gli aspetti materiali e quotidiani della vita.”

Fra i molti valori legati alla pratica sportiva, alcuni dei più importanti sono: pazienza costanza, ma anche prudenza infatti per affrontare nelle migliori condizioni gli allenamenti più impegnativi e le competizioni, è necessario condurre una vita regolare, fatta di sane abitudini e di riposo, evitando eccessi di varia natura. La perseveranza negli allenamenti e la costanza nel tempo sono forse gli ingredienti più importanti per arrivare ad un risultato positivo nella pratica di uno sport. Il ragazzo attraverso la pratica sportiva si abitua a "tener duro", a non fermarsi di fronte al primo ostacolo, a sviluppare un certo grado di tenacità. La capacità di saper soffrire, una volta appresa, viene poi trasportata in altri ambiti, quali ad esempio la famiglia, nel rapporto con gli altri, nello studio, ecc..., luoghi in cui sono sempre presenti possibili delusioni o frustrazioni che dobbiamo saper gestire e sopportare senza farci schiacciare.Saper soffrire, infine, aiuta anche a riscoprire il gusto della conquista delle cose, di quanto sapore in più abbia aver raggiunto un obiettivo grazie all'impegno profuso ed alle forze dispiegate. Questo elemento è utile in special modo alle giovani generazioni, che sono abituate ad avere tutto e subito e perdono in questo modo un elemento prezioso alla loro crescita personale. I giovani spesso attribuiscono poco valore alle cose perché non hanno contribuito con il loro sforzo al loro ottenimento: in tal modo non si innescano quei meccanismi di attaccamento verso ciò che ci è costato impegno e fatica. Lo sport quindi, è un elemento importante per la costruzione del carattere, in quanto educa al valore della fatica e della sofferenza in vista di uno scopo, inoltre, è un terreno idoneo allo sviluppo dell'amicizia: questa nasce dalla collaborazione tra i compagni di squadra, uniti nel raggiungere un fine comune ma si estende anche agli avversari, e non solo ai propri compagni di squadra. Infatti, anche negli sport più individuali, come ad esempio la corsa, l'altro non è solo un avversario da battere, ma è anche e soprattutto colui che ci offre degli stimoli, che ci impegna a gestire al meglio le nostre forze ed abilità, che ci sprona a dare il massimo e ad esprimere appieno le nostre potenzialità. L'altro, da questo punto di vista, è più un compagno di viaggio che un avversario nel senso stretto della parola ed elemento indispensabile per una piena esecuzione delle potenzialità individuali e della squadra, poiché costringe sia l'atleta singolo che tutto il gruppo a dare il meglio di sé. Per crescere, i figli hanno bisogno di essere inseriti in un mondo ordinato, insieme con adulti idonei a proporre loro, secondo le età, valori che diventino regole per la condotta, ad indicare senza stancarsi come agire nelle diverse circostanze, a far notare che nella vita c'è sempre qualcosa da costruire e un fine a cui tendere. Oltre al fondamentale sostegno della famiglia, della scuola e della parrocchia, anche il momento sportivo contribuisce alla formazione delle regole nel ragazzo e nella ragazza, per il fatto di proporre loro uno schema di comportamenti entro il quale giocare o disputare la propria gara. Facendo nostre le regole della competizione, ci abituiamo anche a formarci un sistema di regole che ci dettano "come giocare" nella vita di tutti i giorni e a costruirci un sistema di valori che ci servono per orientare le nostre scelte e le nostre decisioni, a dirigere secondo un ordine di importanza le nostre azioni e il nostro stile di vita.Quindi, per questi e mille altri motivi che vanno dalla salute al divertimento, la scuola deve concorrere come afferma Bixio Caparra, in un’intervista del 2004, a: “limitare l’uso delle

42

Page 43: DIREZIONE DIDATTICA STATALE III CIRCOLO EMPOLI (FI) · Istituto di Psicologia Scolastica – L’Ancora Blu Società Italiana Alimentazione e Sport Associazione Italiana per lo studio

pantofole e a favorire il raggiungimento delle medaglie”. BIBLIOGRAFIA Decreto Ministeriale n.100, 18 settembre 2002.Decreto Ministeriale n. 59, 19 febbraio 2004.Di Pietro, M. (2000). L’ABC delle emozioni. Corso di alfabetizzazione socio-affettiva. Trento: Erickson.Fedeli, D. (2000). L’intelligenza emotiva a scuola. Parte prima: cos’è l’intelligenza emotiva?. Psicologia e Scuola, 101, 43-54.Gardner, H. (1989). Formae Mentis. Milano: Feltrinelli.Gardner, H. (1993). Multiple intelligence: The Theory in practice. New York: Basic Books. Trad. it. L’educazione delle intelligenze multiple. Dalla teoria alla prassi pedagogica. Milano: Anabasi, 1993.Gardner, H. (1999). Sapere per comprendere. Milano: Feltrinelli.Goleman, D. (1995). Emotional Intelligence. New York: Bantam. Trad. it. Intelligenza Emotiva. Milano: Rizzoli, 1996.Morin, E. (2000). La testa ben fatta. Milano: Raffaele Cortina Editore.Patrocchi, R. (2004). Tesi di laurea. Ansia, depressione e disagio scolastico: un’indagine in età preadolescenziale nella zona sociosanitaria aretina. Corso di laurea in Psicologia, Facoltà di Psicologia – Università degli Studi di Firenze; in corso di pubblicazione.Salovey, P., & Mayer, J.D. (1990). Emotional Intelligence. Imagination, Cognition and Personality, 9, 185-211.Pinuccio Vailati “ Il valore educativo dello sport” Collana manuale sportive ISBN 88-8356-780-39Esteve Pujol Pons L’albero dei valori. Paoline editoriali libri. (2004) “Il valore sociale dello sport per i giovani” dichiarazione del Consiglio dei rappresentanti dei sovrani degli stati membri riuniti in sede di consiglio. Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea 5 maggio 2003.

LA COSTRUZIONE DELL’IMMAGINE CORPOREA NELLA PREADOLESCENZA Roberta PatrocchiDottore in psicologia, tirocinante ASL 8 – Arezzo.Serena MagonioPsicologa, Firenze. Che cos’è il corpo?Matrici filosofiche e religiose lo definiscono come la parte materiale, in contrapposizione alla nostra anima immateriale. Nella prospettiva cristiana il corpo è il supporto del nostro percorso mortale, è

43

Page 44: DIREZIONE DIDATTICA STATALE III CIRCOLO EMPOLI (FI) · Istituto di Psicologia Scolastica – L’Ancora Blu Società Italiana Alimentazione e Sport Associazione Italiana per lo studio

l’intermediario che ci consente di operare nel mondo il volere di Dio. Anche nella prospettiva laica, psicologica, il corpo è un intermediario, è allo stesso tempo sia oggetto visibile e tangibile fra gli oggetti del mondo, con le sue misure ed i suoi attributi, che nostro teatro di rappresentazioni interne, incarnazione del nostro essere soggettivo con i suoi piaceri, sofferenze e passioni. Questi due aspetti del corpo hanno per ciascuno di noi una valenza distinta: nella qualità di oggetto materiale, accessibile ai sensi, in particolar modo alla vista, il nostro corpo è ambasciatore verso gli altri, ma è anche per noi uno specchio più o meno fedele della persona che crediamo di essere (Lavanchy, 1994). Dobbiamo però fare un passo indietro ed iniziare dalla strutturazione a livello mentale del corpo….Le nostre conoscenze si organizzano nella mente in strutture complesse a partire da semplici unità cognitive, denominate schemi. Gli schemi sono l’unità più elementare della conoscenza ed il loro sviluppo avviene attraverso l’interazione con l’ambiente (Piaget, 1936).Lo schema corporeo è una delle unità cognitive che, dal nostro primo contatto con gli oggetti sociali, evolve velocemente nella nostra mente. Parallelamente alla sua evoluzione in noi si sviluppa una capacità sempre più dettagliata di rappresentarci un corpo, prima, e conseguentemente di rendere comunicabile questa nostra rappresentazione. La costruzione dello schema corporeo ci consente di avvertire la nostra collocazione nell’ambiente esterno e di saperci orientare nello spazio. La comparsa dell’attività rappresentativa, quindi il passaggio dallo schema all’immagine, si manifesta attraverso attività ben riconoscibili, nel bambino di circa due anni. Lo stadio del pensiero preoperatorio (Camaioni, 1994) si delinea come strutturato secondo le leggi dell’immagine mentale, un’imitazione differita interiorizzata. L’immagine mentale, è la forma attraverso cui la realtà viene rappresentata nella mente del bambino; ed in questo periodo lo schema del corpo, al pari degli altri schemi, inizia a presentarsi come immagine.Il concetto di immagine corporea è multidimensionale e la sua definizione è piuttosto articolata; dobbiamo infatti tenere in considerazione le differenze tra immagine corporea e rappresentazione mentale dell’immagine corporea, il salto dal corpo fisiologico a quello psicologico. L’immagine corporea diventa la rappresentazione che noi abbiamo nella nostra mente, della forma, della dimensione e della taglia del nostro corpo e dei sentimenti che noi viviamo rispetto a queste caratteristiche. Ciò rende difficilmente separabili percezioni, sentimenti ed atteggiamenti rispetto al corpo percepito, aspetti che a loro volta sono in relazione con fattori sociali che condizionano i modelli del corpo ideale e che oggi si incanalano non più nell’adolescenza ma già nella fase preadolescenziale; un’età che presenta caratteristiche di ambivalenza e di ambiguità che si possono pesantemente ripercuotere sul processo di crescita umana. La preadolescenza è il momento evolutivo in cui, seppure in modo sotterraneo e nascosto si riattivano i processi che portano alla definizione e ridefinizione della propria identità (Patrocchi, 2004), spesso in una disarmonia di fondo che investe sia la psiche che il soma ed anche la relazione stessa tra psiche e soma. Ciò significa che il preadolescente scopre di avere un corpo e che questo corpo oltre ad essere il “veicolo” del suo essere nel mondo, può non essere uno strumento competente confrontandosi con gli standard culturali, con marcate differenze di genere. La consistente crescita in altezza, caratteristica dell’età puberale, si accompagna a marcati cambiamenti fisici, che presentano caratteristiche diverse a seconda del sesso. I fianchi delle ragazze si allargano e, in concomitanza al rallentarsi della velocità di crescita in altezza, si accumula adipe; nei ragazzi, invece, si allargano le spalle ed aumentano i muscoli, tendono a perdere tessuto adiposo piuttosto che accumularlo. Risultato di queste differenze è che i ragazzi sono contenti dei cambiamenti fisici diversamente da quanto accade per le ragazze. Essere magre è considerato un attributo desiderabile per la maggioranza delle ragazze appartenenti alla nostra società, di conseguenza i mutamenti fisici tipici di questa fase evolutiva possono condurre ad una diminuzione della stima di sé ed a tentativi di ridurre il peso tramite delle diete. Tuttavia questa serie di eventi è molto influenzata da fattori sociali, da una ricerca condotta negli Stati Uniti da Richards emergeva che le ragazze più soddisfatte del proprio peso erano quelle sottopeso, mentre quelle sovrappeso erano molto insoddisfatte, in una posizione intermedia si collocavano quelle di peso medio. I ragazzi più 44

Page 45: DIREZIONE DIDATTICA STATALE III CIRCOLO EMPOLI (FI) · Istituto di Psicologia Scolastica – L’Ancora Blu Società Italiana Alimentazione e Sport Associazione Italiana per lo studio

soddisfatti, invece, erano quelli di peso medio, meno soddisfatti erano quelli sia al di sopra che al di sotto della media. Il punto fondamentale è quindi che le reazioni psicologiche ai mutamenti fisici della preadolescenza non costituiscono un dato immutabile, ma variano a seconda degli aspetti particolari che predominano nel singolo e a seconda dei criteri esterni prevalenti in un dato gruppo. In un contesto culturale e storico come quello occidentale l’aspetto somatico è la carta di credito con cui ci si presenta agli altri, l’ideale socio-culturale caratterizzato da magrezza ed esilità condiviso da gran parte delle nazioni occidentali industrializzate è un veicolo attraverso il quale gli individui imparano a temere non solo di ingrassare ma anche di sentirsi grassi. Numerosi studi evidenziano complesse relazioni tra la cultura e la psicopatologia; i fattori sociopsicologici, che favoriscono lo sviluppo dei disturbi alimentari e di un’immagine corporea negativa, ruotano attorno all’idealizzazione della magrezza e alla denigrazione dell’obesità: “Anche se i fattori intrapsichici e biologici non dovrebbero essere minimizzati nell’eziologia e nella patogenesi dei disturbi dell’alimentazione, quei fattori interagiscono chiaramente con un particolare periodo socioculturale della civiltà occidentale nel produrre una sindrome che ne riflette la cultura” (Gabbard, 1994). I disturbi di relazione tra il preadolescente ed il suo corpo possono distinguersi in:

● Disturbi che si fondano sull’immagine del corpo.● Disturbi che si fondano sul vissuto del corpo.

La differenza tra questi due livelli risiede nei vissuti esistenziali del corpo come oggetto e del corpo come soggetto. Nel primo caso il corpo realizza un’immagine di sé, realizza l’aspetto attraverso il quale il preadolescente relaziona con il mondo e si rappresenta al mondo; nel secondo caso il corpo è l’unico modo possibile per essere. A questo livello appartengono i disturbi del comportamento alimentare. Un’eccessiva preoccupazione riguardo alle forme fisiche, il controllo dell’atto del mangiare, il pensiero del cibo, diventano facilmente comportamenti che possono celare una patologia più profonda: essere magre, mantenere il proprio peso per queste persone vuol dire corrispondere all’ideale di magrezza propagandato dalla moda, in un’identità standardizzata, e rinnegare le caratteristiche femminili del corpo, come l’aumento del seno, sentite come poco rispondenti ai requisiti richiesti oggi all’aspetto fisico. Il mondo femminile, quindi, già nella fase preadolescenziale è maggiormente soggetto a patologie come l’anoressia poiché per tenere sottocontrollo il peso si sottopone più frequentemente a diete che aumentano, su una diatesi di partenza, la possibilità di sviluppare disturbi dell’alimentazione. Viceversa, ed a supporto anche delle differenze del vissuto del corpo tra maschi e femmine, è necessario ricordare anche la reserve anorexia, un disturbo alimentare tipicamente maschile. L’anoressia nervosa, condizione di sofferenza psicologica e corporea si manifesta, soprattutto nelle femmine già in età preadolescenziale, con tre tipi di sintomi: sul piano del comportamento con una privazione alimentare severa e continuata che la giovane infligge a sé metodicamente e con ostinazione; sul piano corporeo con una forte perdita di peso e uno stato di deperimento organico; sul piano psicologico con la concentrazione del pensiero sull’immagine del proprio corpo vissuto sempre come troppo grasso. La reserve anorexia, tipicamente maschile, è un disturbo dell’immagine corporea e spesso anche alimentare che colpisce quelle persone che ripongono particolare attenzione alla propria massa muscolare ed alla propria forma fisica. Lo sviluppo puberale nei maschi già di per sé comporta uno sviluppo muscolare marcato, che li porta ad avere successo nelle attività sportive, nel gruppo dei pari e gli consente di rispondere anche ai canoni di bellezza maschili della nostra società. Questo sviluppo può trasformarsi nell’ossessione dell’individuo sull’aumento della massa muscolare e la diminuzione di quella grassa, impegnandosi in una strenua quanto vana rincorsa verso un ideale di fisico che mai lo soddisfa, vedendosi sempre gracile, da qui il nome di anoressia alla rovescia per sottolineare la specularità con le distorsioni proprie dell’anoressia.Un’interessante ricerca svolta da Richards ha evidenziato che ragazze sportive sono maggiormente soddisfatte sia del peso medio che della magrezza, a differenza dei ballerini in cui la preoccupazione della magrezza è molto elevata. È stata avanzata l’ipotesi che l’attività sportiva e 45

Page 46: DIREZIONE DIDATTICA STATALE III CIRCOLO EMPOLI (FI) · Istituto di Psicologia Scolastica – L’Ancora Blu Società Italiana Alimentazione e Sport Associazione Italiana per lo studio

l’esercizio fisico, in sport in cui non è richiesto un fisico snello a tutti i costi come per i ballerini, tendano ad aumentare l’autostima e la soddisfazione per il proprio corpo contribuendo ad un corpo tonico, aumentando il senso di padronanza e di competenza e fornendo l’occasione di partecipare ad attività di squadra motivo di soddisfazione (Rutter & Rutter, 1995). Sarebbe necessario, quindi, che lo sport si collocasse in un piano educativo, non solo con il fine dell’addestramento ma con quello della consapevolezza dei vissuti del corpo e delle sue prestazioni come elementi integranti della individualità personale. Un’attività motoria ben condotta e consapevole può, in particolar modo nell’età evolutiva, costituire un grosso input alla crescita ed alla maturazione personale anche quando i processi di sviluppo possono essere turbati o alterati. Lo sport diviene, quindi, uno strumento cognitivo, educativo e formativo in età evolutiva. La relazione educativa non deve tendere soltanto ad “allenare” sia il corpo che la mente in quella disciplina specifica, ma anche facilitare una consapevolezza di ciò che si fa, delle sensazioni corporee e delle emozioni. Questo elemento della consapevolezza è fondamentale per la formazione perché la base essenziale per sviluppare quel senso dei limiti e delle possibilità che costruisce quel senso critico che è l’espressione maggiore di una personalità matura ed equilibrata. BIBLIOGRAFIA Camaioni, L. (1994). Manuale di psicologia dello sviluppo. Bologna: Il Mulino.Gabbard, G.O. (1994). Psychodynamic Psychiatry in Clinical Practice. The DSM-IV Edition. Washington, DC: APA. Trad. it. Psichiatria psicodinamica. Nuova edizione basata sul DSM-IV. Milano: Raffaello Cortina Editore, 1995.Lavanchy, P. (1994). Il corpo in fame. Milano: R.C.S. Libri e Grandi Opere.Piaget, J. (1936). La naissance de l’intelligence chez l’enfant. Neuchâtel: Delachaux et Niestlé. Trad. it. La nascita dell’intelligenza nel fanciullo. Firenze: Editrice Universitaria, 1968.Patrocchi, R. (2004). Tesi di laurea. Ansia, depressione e disagio scolastico: un’indagine in età preadolescenziale nella zona sociosanitaria aretina. Corso di laurea in Psicologia, Facoltà di Psicologia – Università degli Studi di Firenze.Rutter, M., & Rutter, M. (1992). Developing Minds. Challenge and Continuity Across the Life Span. Penguin Group. Trad. it. L’arco della vita. Continuità, discontinuità e crisi nello sviluppo. Firenze: Giunti Gruppo Editoriale, 1995. MENTE E CORPO: TRA CONTROLLO ED ESPLOSIONE Sabrina UlivelliTirocinante Psicologa, III Circolo Empoli Stiamo assistendo, soprattutto nel corso di questi ultimi anni, ad un rapido incremento dei Disturbi del Comportamento Alimentare (D.C.A.) ed, in particolare, dell’Anoressia mentale, tanto che, tale crescita, ha indotto alcuni autori a parlarne come di “Epidemia sociale” (Gordon, 1991). D’altronde, i dati epidemiologici parlano chiaro: l’Anoressia mentale colpisce, prevalentemente, il sesso femminile, in un rapporto di 1: 20 rispetto al sesso maschile; la fascia d’età d’insorgenza dell’Anoressia, dalla ristretta area periadolescenziale, si va sempre più estendendo e, a differenza di qualche anno fa, non sembrano più esistere classi sociali “privilegiate”dai D.C.A.; anche 46

Page 47: DIREZIONE DIDATTICA STATALE III CIRCOLO EMPOLI (FI) · Istituto di Psicologia Scolastica – L’Ancora Blu Società Italiana Alimentazione e Sport Associazione Italiana per lo studio

la popolazione di colore, infatti, ed altre minoranze etniche nelle quali la malattia risultava eccezionale, cominciano a fornirne le prime descrizioni.Di fronte a tali numerose risultanze, è comprensibile che si moltiplichino ipotesi interpretative diverse relative alla natura ed all’eziopatogenesi del Disturbo, alcune delle quali – che sono, tra l’altro, le più produttive per impostarvi degli interventi terapeutici-, non sono basate sull’analisi di un solo aspetto del problema-Anoressia, ma vedono in esso l’espressione di una convergenza di fattori e di influenze molteplici: biologiche, psicologiche, sociali, relazionali, che trovano piena espressione all’interno del corpo del soggetto-paziente.Accingendoci a parlare dell’Anoressia mentale, non possiamo non tener conto dell’”Ottica della complessità” (Morin, 1978); la comparsa della malattia, infatti, risulta influenzata da almeno tre componenti principali:

● le caratteristiche del nucleo familiare dell’individuo che, per dinamiche inconsce, possono promuovere lo sviluppo della malattia;

● il periodo, molto particolare, dello sviluppo dell’individuo, in cui, generalmente, si manifesta il fenomeno e che risulta essere, per l’individuo stesso e per la sua famiglia, un continuo “Dibattersi nella bonaccia” (Winnicott, 1968) e, cioè, l’adolescenza;

● la cultura sociale, attualmente caratterizzata come cultura della società del benessere, la quale condiziona pesantemente il rapporto dell’individuo con il proprio corpo.

Già nel 1973, H.Bruch, affermata studiosa dei D.C.A. asseriva:“Ci troviamo di fronte ad un paradosso: viviamo in una società opulenta, con un sovrappiù di cibo ed un flusso continuo di pubblicità intesa a stimolarci a desiderare di più di ogni cosa; e poi viene questa ingiunzione di “mangiare di meno”, che contrasta con tutto questo clima di abbondanza…I malati di Anoressia mentale, rappresentano l’illustrazione più drammatica della grave sofferenza interiore provocata da questo atteggiamento della nostra civiltà. Questi soggetti, si condannano alla tortura dell’inedia, nella vana speranza di “meritare rispetto” e di non essere disprezzati perché “troppo grassi”. La loro pietosa macilenza, è prova vivente del fatto che il dimagrire, da solo, non risolve i problemi di fondo e che la pressione morale non vale se non ad aggravare i problemi ed i conflitti interiori.E la pressione che vuole tutti sottili sembra ancora in aumento, tant’è vero che, sempre più spesso, i genitori si rassegnano all’eccessiva magrezza e cercano aiuto soltanto quando è già in atto un grave deperimento.” (Bruch, 1977) Il ruolo di cruciale importanza che la società attuale assume nella promozione e nel mantenimento dei D.C.A., è stato ampiamente documentato; meno affrontato è stato, invece, il tema del rapporto che intercorre tra una sindrome come quella dell’Anoressia mentale e la pratica sportiva.La cultura contemporanea, infatti, forse più dei regimi dietetici, esalta ed idealizza l’esercizio fisico e le anoressiche, sembrano adeguarsi perfettamente a questo modello sociale attualmente imperante. Il comportamento motorio della ragazza anoressica, infatti, non ha mai cessato di suscitare stupore e sconcerto in quanto, più di ogni altro sintomo, esso appare, al buon senso ed allo stesso senso comune, paradossale. La giovane anoressica, infatti, più è defedata e più sembra invasa da un “sacro fuoco” che la rende incessantemente attiva e tutta intenta a muoversi. Frequentemente, fino a quando non le viene proibito, si sottopone, come gli atleti, ad estenuanti esercizi fisici, fino a che, questi ultimi, arrivano ad essere veri e propri modelli compulsivi di comportamento. Già nelle prime ricerche sull’argomento, l’iperattività era considerata un sintomo dell’Anoressia mentale, ma, per anni, il suo ruolo venne scarsamente studiato; in generale, essa era ritenuta un fenomeno secondario, una sorta di metodo aggiuntivo per dimagrire, oppure, secondo alcuni, una forma di attività incessante caratteristica degli stati di digiuno. Recentemente, però, alcuni autori hanno avanzato l’ipotesi che l’iperattività svolga un ruolo primario nella sintomatologia complessiva dell’Anoressia, sia, cioè, una caratteristica fondamentale della sindrome nel suo complesso.Se riflettiamo un attimo sulla parola “Sport”, saremo anche in grado di vedere come, essa, venga continuamente rinnegata, dall’anoressica, nel suo ulteriore significato, che è quello 47

Page 48: DIREZIONE DIDATTICA STATALE III CIRCOLO EMPOLI (FI) · Istituto di Psicologia Scolastica – L’Ancora Blu Società Italiana Alimentazione e Sport Associazione Italiana per lo studio

di: “Gioco”, “Divertimento”, “Passatempo”…Per l’anoressica, questa etimologia del termine, ha perso completamente importanza; lo sport è diventato, unicamente, un modo per eliminare ciò che, nel corpo, si è accumulato “di troppo”…o, almeno, questo sembra essere il motivo manifesto.In realtà, le motivazioni iniziali che tali ragazze danno del loro comportamento possono anche risultare ragionevoli, nel senso che il loro modo di pensare il tema della dieta e dell’attività motoria e di impostarlo in concreto, è conforme a quello di tante altre persone, ma, nel momento in cui – ormai raggiunta una forte emaciazione-, persistono nel corrrere e digiunare, sembra dissolta la finalità esplicita per la quale esse avevano dato avvio a quei comportamenti e, a questo punto, ciò che prima l’anoressica percepiva come “mezzo” (non mangiare, correre) per raggiungere un “fine” (dimagrire), è diventato il vero fine.Se osserviamo tutto il processo dal versante inconscio, si impone la ricerca del senso dei suddetti comportamenti e si potrebbe dire, per esempio, che l’ostinata e rigorosa fedeltà ad uno schema di crescente sottrazione di cibo e di tenace incremento del moto, stia a denunciare una dipendenza dal digiuno e dall’attivismo, come da sorgenti di segreto piacere, come se, appunto, le anoressiche ottenessero il massimo del soddisfacimento attraverso la negazione di sé.Ma…come può – potremmo, giustamente, chiederci – una persona, godere nell’auto-annientamento?Come può, una ragazza, volersi imporre l’auto-distruzione fino – e non è raro! – alla morte?Cerchiamo di dare un significato, allora, a questo bisogno di “fare il vuoto”, a questa necessità di “sentirsi vuota”…Questo “Vuoto”, tanto ricercato, ma anche tanto temuto, sentito come presenza “dolorosa” di sé – sensazioni fisiche forti, come fame e dolore degli organi -, non è certo il “Nulla”…è un modo sia pur patologico, di “Esserci”.Riflettendo sulla qualità di questo “vuoto” – “vuoto” di calorie, “vuoto” di cibo, “vuoto” di sazietà, etc. – che è un “Donatore di senso”, proprio come la pausa, che crea la musica, ci si avvicina a comprendere come, attraverso di esso, queste pazienti possano esistere e, soprattutto, sentire di esistere…è un’affermazione di sé tramite la negazione, un bisogno fondamentale, quello di padronanza…un bisogno di padronanza interiore, che si esprime nella necessità di dominio del proprio corpo.Sembra strano, questo bisogno, in ragazze che, all’apparenza, appaiono così sicure, autarchiche, piene di disprezzo per ciò che necessario all’essere umano comune, orgogliose e caparbie…e dietro a questa facciata?Un senso di disperazione e di impotenza insuperabile, un senso di totale incapacità; questo sembra essere lo stato d’animo delle ragazze anoressiche, o meglio, lo stato d’animo che esse cercano di anestetizzare attraverso l’ossessione della lotta contro il corpo.“…A 15 anni Alma era una ragazza sana e ben sviluppata, mestruata dall’età di 12 anni, alta 1,68 cm, pesava 54 kg. A quell’epoca, la madre, aveva insistito che andasse in una scuola di livello accademico superiore, cambiamento al quale, la figlia, opponeva resistenza. Il padre aveva detto che stesse attenta al suo peso e quest’idea era stata accolta, dalla figlia, con grande impegno, per cui aveva incominciato una dieta molto rigida; era dimagrita rapidamente e le mestruazioni erano scomparse. L’essere riuscita a dimagrire, le dava un senso di orgoglio, di potere e di conquista, in aggiunta, aveva iniziato un programma frenetico di attività fisica, nuotando sulla distanza del miglio, giocando a tennis per ore e facendo ginnastica fino all’esaurimento.” (Bruch, 1977) E’ impressionante la ferrea determinazione con la quale, le anoressiche, perseguono il loro scopo di magrezza assoluta anche attraverso un’attività fisica spossante. A dispetto della debolezza derivante da perdite ponderali così massicce, si costringono a prestazioni incredibili, onde dimostrare di vivere secondo l’ideale della “supremazia della mente sul corpo”. Per molti versi, queste ragazze si trattano come delle schiave, cui si nega ogni piacere ed ogni soddisfazione; per loro, fare un’altra vasca a nuoto, correre ancora per un miglio, fare un esercizio in più, tutto contribuisce a generare quel segreto orgoglio, quel senso di superiorità sul quale esse impostano il rapporto con il mondo. 48

Page 49: DIREZIONE DIDATTICA STATALE III CIRCOLO EMPOLI (FI) · Istituto di Psicologia Scolastica – L’Ancora Blu Società Italiana Alimentazione e Sport Associazione Italiana per lo studio

L’Anoressia mentale si configura, allora, come qualcosa di più complesso dell’osservanza assurda di una dieta; essa viene ad essere una lotta disperata per un’identità, una lotta per l’autonomia, per un senso di competenza e di efficacia personale, per un senso di “esistere” in quanto individuo autonomo. L’urgente bisogno di dimagrire, è solo un sintomo di copertura; il non mangiare, od il mangiare per poi fare ore ed ore di attività fisica, sono solo l’espressione di un senso radicato di impotenza ed inefficienza; disperate per la loro incapacità di risolvere i propri problemi, le ragazze future anoressiche cominciano a preoccuparsi del proprio peso e “…ricavano un senso di rivincita, dal manipolare le loro dimensioni corporee.” (Bruch, 1977)La ricerca della magrezza assoluta, tramite digiuno ed iperattività, è l’espressione di uno sforzo affannoso di stabilire un senso di sé come essere separato dai propri genitori, un modo per dimostrarsi e dimostrare di essere qualcuno, di “esserci”, anche se non tramite un’affermazione positiva di sé –“Io sono”-, ma tramite una continua negazione –“Io non sono…”-. In questa ricerca affannosa di un senso di identità e di autonomia, il corpo muore, pian piano, continuamente sottoposto a prove e sforzi disumani, continuamente tenuto sotto stretto controllo, prova vivente della “capacità di…” da parte del soggetto, espressione di uno sforzo continuo di affermazione.Sport, dunque, all’interno della patologia anoressica, non inteso nel senso di “divertimento”, ma nel senso di iperattività finalizzata ad una dimostrazione di esistenza autonoma, mediante l’espressione di prestazioni esorbitanti.La cultura del “tenersi in forma”, attualmente vigente e pervasiva, è conforme ai bisogni dell’anoressica, soprattutto alla sua ricerca di un senso di padronanza interiore mediante una dura disciplina fisica. La corsa, in particolare, che, in un certo senso, ha aperto la strada alla moda del “fitness” costituendone, nello stesso tempo, la principale attività, sembra avere una particolare affinità con l’Anoressia mentale; il rapporto risulta evidente se si considera l’attrazione che esercita sulle anoressiche; si tratta, infatti, di un’attività che richiede disciplina e favorisce il senso di padronanza di sé, suscitando una sensazione di superamento dei limiti fisici…in definitiva, proprio ciò che la ragazza anoressica cerca: il sentimento di “essere padrona” del proprio corpo e, più in generale, di se stessa.Ma…com’è mai possibile che certe ragazze arrivino alle soglie dell’età adulta –perché è questa l’età media di insorgenza della sindrome dell’Anoressia mentale-, senza una coscienza precisa del proprio essere ed esistere?Perché molte ragazze anoressiche sono alla ricerca continua e spasmodica di un’autoaffermazione ed “usano” il loro corpo per dar prova della loro efficacia personale?Una risposta fondamentale a questi interrogativi, è stata proprio quella data da Bruch, la quale, dopo analisi accurate svolte su tante famiglie di pazienti anoressiche e pazienti obesi, è arrivata alla conclusione –peraltro ripresa da un’altrettanto eminente studiosa dei D.C.A., M.Selvini Palazzoli- che, queste ragazze, avevano assai sofferto per l’assenza di convalida della loro iniziativa psico-fisica, durante tutta la loro età infantile e, dunque, del conseguente senso di autonomia, il quale veniva ricercato, adesso, tramite il controllo esasperato del proprio corpo.Molti anni sono ormai trascorsi da queste concettualizzazioni del problema-Anoressia, considerata sotto tutte le sue molteplici manifestazioni ma, esse, vengono continuamente avvalorate dai contributi di molti altri studiosi che si sono interessati alla suddetta sindrome. Ovviamente, tra le potenziali cause di questa, non possiamo non attribuire un ruolo di fondamentale importanza all’attuale cultura sociale, ambigua plasmatrice di comportamenti, ma dobbiamo anche tenere a mente che è, principalmente, mediante il rapporto con i genitori, che si arriva a strutturare la personalità di ciascuno ed è, forse, proprio questa “Base sicura” (Winnicott, 1968) ad essere, a volte, un po’ troppo “sicura”. 49

Page 50: DIREZIONE DIDATTICA STATALE III CIRCOLO EMPOLI (FI) · Istituto di Psicologia Scolastica – L’Ancora Blu Società Italiana Alimentazione e Sport Associazione Italiana per lo studio

SPORT E SCUOLA Giovanni FranceschiResponsabile Scienze motorie I e III Circolo di Empoli Il 3° Circolo didattico di Empoli ha un progetto di promozione motorio-sportiva dal nome “Sport e Amicizia”. Questo progetto è nato nell’anno scolastico 1996/1997con lo scopo di rivalutare l’educazione motoria, una disciplina troppo spesso considerata a se stante; una via di mezzo fra la ricreazione e le altre materie curriculari.Si pensò ad un progetto che facesse leva sull’entusiasmo che i ragazzi mettono nel gioco per raggiungere non solo gli obiettivi propri dell’educazione motoria, ma anche quelli di altre discipline. Nello stesso tempo il progetto doveva tenere conto delle condizioni in cui si opera (solo una scuola elementare può usufruire di una palestra per le lezioni di educazione motoria) e della 50

Page 51: DIREZIONE DIDATTICA STATALE III CIRCOLO EMPOLI (FI) · Istituto di Psicologia Scolastica – L’Ancora Blu Società Italiana Alimentazione e Sport Associazione Italiana per lo studio

richiesta degli insegnanti di conoscere nuovi e vari contenuti.E’ nato da queste premesse “Sport e Amicizia”, un progetto che prevede un percorso che partendo dalla conoscenza degli sport popolari e tradizionali arriva fino alla conoscenza degli sport veri e propri. E’ facile prevedere che un percorso del genere, che accompagna gli alunni nell’arco dei 5 anni della scuola primaria, mette già gli insegnanti a proprio agio perché intanto offre una grande quantità di spunti di collegamento con le altre discipline: dalla storia (ricerca di vecchi giochi), all’italiano (dibattiti, testi, relazioni, interviste ecc.), agli studi sociali (l’importanza delle regole, il rispetto degli altri…), all’educazione all’immagine (preparazione di disegni) ecc.C’è inoltre de aggiungere che quasi tutti i giochi di tipo popolare e tradizionale richiedono pochi attrezzi ed hanno semplici regole. D’altra parte, però, a questo tipo di giochi (come la palla rilanciata o la palla prigioniera, tanto per citarne alcuni) non manca nessuno degli elementi educativi tipici degli sport.Una delle prime cose fatte è stata quella di organizzare dei corsi di aggiornamento per gli insegnanti del circolo per imparare che anche con poco spazio, per giunta non adeguatamente attrezzato, si può proporre un’educazione motoria che non si riduca ai soliti esercizi a corpo libero che la maggior parte dei ragazzi ha sempre eseguito poco volentieri. Anche non conoscendo le regole degli sport, si possono insegnare dei semplici giochi che sviluppano negli alunni l’equilibrio, il ritmo, la velocità, la resistenza ecc. e nello stesso tempo li abituano al rispetto delle regole, dei compagni, degli avversari, a saper accettare le vittorie e le sconfitte. Attraverso l’osservazione dei ragazzi possiamo capire di cosa hanno più bisogno ed allora possiamo programmare anche degli esercizi un po’ più analitici, finalizzati allo sviluppo di alcune particolari capacità. In questo modo, però i ragazzi fanno anche più volentieri gli esercizi analitici, perché ne vedono un’utilità pratica.Vista sotto questa ottica, una semplice attività motoria è nelle possibilità degli insegnanti. L’importante è che il docente sia sempre colui che guida l’attività, non solo perché garantisce l’osservazione del comportamento motorio (e quindi i conseguenti accorgimenti di aggiustamento), ma anche perché può aiutare lo sviluppo di positive dinamiche relazionali che invece nel gioco spontaneo non sono scontate.Sono state coinvolte nel progetto scolastico anche delle società sportive, in modo da aiutare gli insegnanti a condurre i propri allievi dalla conoscenza dei giochi popolari a quella degli sport. Da questo punto di vista siamo stati favoriti dal protocollo d’intesa che fu firmato nel 1997 fra CONI e MPI che prevedeva per la prima volta l’ingresso gratuito delle società sportive nelle scuole per diffondere la conoscenza degli sport. La nostra iniziativa ha incontrato i favori delle società sportive, tanto è vero che abbiamo iniziato nel 1997/98 con due società che effettuavano interventi nelle classi del secondo ciclo della scuola elementare di Cascine e adesso abbiamo ben 14 società che effettuano interventi in tutte le classi del 1° e 3° Circolo e nelle ultime sezioni delle scuole dell’infanzia del 3° Circolo. Nel corso di questi anni gli sport che gli alunni del Circolo hanno conosciuto sono ben 10: pallavolo, basket, atletica leggera, scherma, baseball, tennis, calcio, ciclismo, karate e pattinaggio.Questa maggiore attenzione del mondo dello sport verso la scuola ha avuto come effetto anche una maggiore attenzione della scuola verso il mondo dello sport, tanto è vero che gli insegnanti sono più attenti a far svolgere le ore di educazione motoria (quando è possibile).Lo stesso CONI Provinciale di Firenze si è interessato al progetto perché ha capito che un’iniziativa del genere non porta solo benefici alla scuola, ma fa anche crescere il personale delle società sportive che viene a trovarsi a lavorare con persone, come gli insegnanti, che hanno una maggiore sensibilità ed una maggiore preparazione psicopedagogia. Per questo motivo l’anno scorso è stata firmata una convenzione fra il C.O.N.I. Provinciale, il direttore didattico ed il Comune di Empoli, in base alla quale le parti si sono impegnate a coordinare e sostenere il progetto “Sport e Amicizia”, a concordare iniziative di aggiornamento sia del personale docente che dei tecnici delle società sportive e a realizzare opportune intese con le società presenti sul territorio per mettere a disposizione delle scuole consulenze e competenze scientifiche. Grazie a questa convenzione il progetto è stato giudicato favorevolmente dalla commissione Scuola-C.O.N.I. e riceve annualmente 51

Page 52: DIREZIONE DIDATTICA STATALE III CIRCOLO EMPOLI (FI) · Istituto di Psicologia Scolastica – L’Ancora Blu Società Italiana Alimentazione e Sport Associazione Italiana per lo studio

un contributo dal Circondario. Il progetto prevede che al termine dell’anno scolastico venga organizzata una manifestazione finale allo stadio “Castellani”. In queste giornate gli alunni del Circolo hanno l’occasione di fare tutti insieme una lezione di educazione motoria, confrontandosi in percorsi ginnici e giochi di squadra. Tutte attività preparate nel corso dell’anno dagli insegnanti di classe. Queste attività, pur se presentate sotto forma di gara, sono studiate perché tutti gli alunni partecipino apportando un significativo contributo e quindi possano sentirsi protagonisti di una vera festa.La manifestazione finale inoltre sta a dimostrare che il Progetto non vive solo del contributo, sicuramente prezioso, delle società sportive, ma è in grado di reggersi in piedi da solo, poiché ha fatto crescere professionalmente i docenti che hanno acquisito maggiore sicurezza nei propri mezzi e si sentono in grado anche di poter portare avanti da soli alcune parti del Progetto.I miglioramenti fatti dai ragazzi e l’entusiasmo che mettono ogni anno nel seguire le attività proposte, sono un’ulteriore conferma della bontà del lavoro svolto dagli insegnanti e di conseguenza anche della validità del progetto. L’ INTERVENTO DEL PREPARATORE ATLETICO DI CALCIO NELLA FASCIA 6 – 14 ANNI: PROGRAMMAZIONE E PROBLEMATICHE Giovanni BonocoreResponsabile preparazione atletica Empoli f.c. settore giovanile. Laboratorio di allenamento CENTRO SALUS S. Croce S. Arno Il preparatore atletico di calcio è oramai una figura professionale affermata all’interno di staff societari d’elite. Il preparatore atletico culmina il suo curriculum di studi con il corso centrale presso la scuola allenatori del settore tecnico di Coverciano. Così dopo aver portato a termine l’I.S.E.F o l’Istituto di Scienze Motorie, il settore tecnico gli conferisce la qualifica di Preparatore Atletico Professionista.

52

Page 53: DIREZIONE DIDATTICA STATALE III CIRCOLO EMPOLI (FI) · Istituto di Psicologia Scolastica – L’Ancora Blu Società Italiana Alimentazione e Sport Associazione Italiana per lo studio

FASCE DI ETA’ ED OBIETTIVICalandoci nella realtà delle società d’elite potremmo dividere in tre fasce le squadre e di conseguenza gli obiettivi da raggiungere: Fascia A: scuola calcio (6 aa) – giovanissimi professionisti (14 aa) Obiettivo: educare all’allenamento e alla prevenzione. Fascia B: giovanissimi nazionali (15 aa) – allievi nazionali (17 aa)

Obiettivo: allenamento Fascia C: berretti – primavera – I squadra

Obiettivo: allenamento d’elite LA PROGRAMMAZIONEIl primo intervento del preparatore atletico è quello di organizzare la programmazione attraverso riunioni con lo staff tecnico all’inizio della stagione, durante la settimana e dialogare costantemente con il settore sanitario.Per la fascia di età 6 – 14 aa indicherei in 2 – 3 sedute settimanali il “carico” giusto di allenamento. All’interno della seduta sarebbe importante far eseguire non solo gesti tecnici della disciplina calcio, ma inserire anche altri sport. Una parte della seduta riservata sempre al “giusto” training fisico ed aumentare gradualmente qualità e quantità di training nella stagione e nelle stagioni. CARATTERISTICHE FISIOLOGICHE E SCELTA DEI MEZZI DI ALLENAMENTODobbiamo scegliere una serie di mezzi di allenamento per le singole caratteristiche fisiologiche: preparazione fisica generale (PFG), preparazione fisica speciale con palla (PFSle), preparazione fisica specifica senza palla (PFSica), prevenzione. TESTIn questa fascia di età è importantissimo fare opera di prevenzione, cosicché dovremmo monitorare il ragazzo attraverso determinati test: valutare il suo atteggiamento, valutare l’elasticità di alcuni gruppi muscolari, valutare i diametri muscolari, test Dynabiopsy control.PROGRAMMI INDIVIDUALIZZATIDopo tutta una serie di test il preparatore atletico dovrà “partorire” un programma individualizzato a seconda delle necessità che il ragazzo ha manifestato. Il programma sarà così confezionato:1) Prevenzione: se il ragazzo in passato ha avuto seri infortuni.2) Compenso: se nel ragazzo abbiamo notato una serie di disequilibri muscolo-articolari3) Performance: se dobbiamo stimolare certe qualità fisiche carenti in quel momento PROBLEMATICHEA tutta questa organizzazione si possono sommare anche delle problematiche. Infatti non sempre la figura del preparatore atletico è prevista nella società o una sola figura deve seguire più squadre. Poi bisogna essere molto attenti a non sovrapporre il lavoro fisico a “secco” (senza palla) con quello con la palla. Spesso può capitare di non aver troppo tempo a disposizione per cui i programmi di prevenzione e compenso purtroppo vengono accantonati. IL PROBLEMA INFORTUNIQuesto è un tema che ho molto a cuore. Purtroppo nel calcio come in altri sport si assiste ad una grossa serie di improvvisazioni e anche all’abuso di professione. Mi spiego meglio.La diagnosi la deve fare il medico !!Non la devono fare i massaggiatori (massofisioterapisti) i preparatori e gli allenatori.53

Page 54: DIREZIONE DIDATTICA STATALE III CIRCOLO EMPOLI (FI) · Istituto di Psicologia Scolastica – L’Ancora Blu Società Italiana Alimentazione e Sport Associazione Italiana per lo studio

Il recupero dell’infortunato in fase acuta (riabilitazione) è compito esclusivamente del fisioterapista e non del massaggiatore (massofisioterapista) o del preparatore atletico o dell’allenatore. Il massaggiatore può accompagnare il lavoro del fisioterapista con il massaggio, con scollamenti cicatriziali, con terapie fisiche e altre cose che lo competono, ma non eseguendo o programmando il lavoro degli esercizi in palestra, non avendo alla base una preparazione universitaria come il fisioterapista. Dopo la prima fase di rieducazione deve seguire una fase di ricondizionamento organico per poi poter inserire il ragazzo in squadra. Questa fase deve esser seguita dal “preparatore atletico di raccordo” altrimenti dall’unico preparatore atletico di cui la società si avvale. CONCLUSIONILa preparazione pluriennale progettata correttamente deve partire con l’utilizzazione di mezzi a carattere generale che consentono di creare le basi sulle quali poggerà (mediante carichi sempre più mirati e gradualmente modificati sia in volume che in intensità) la prestazione sportiva specifica del futuro atleta d’elite. Per ottenere ciò il club deve avere una “squadra” di allenatori, fisioterapisti e medici che , ben coordinati da un responsabile tecnico, devono avere spirito di collaborazione e consapevolezza di lavorare per il ragazzo e per la società.

54