dispensa a a 2010-2011

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ORGANIZZAZIONE PROFESSIONALE. PROF MARIANI. TECNICHE DI DIAGNOSTICA PER IMMAGINI

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Page 1: Dispensa a a 2010-2011
Page 2: Dispensa a a 2010-2011

CAPITOLO I: Le professioni sanitarie.............................................4

1) IL CONTESTO SANITARIO: CENNI.........................................................4

1.1) L’erogazione del servizio..................................................................................4

1.2) L’ambiente organizzativo: un sintetico richiamo..............................................7

1.3) Un fenomeno di analisi recente: la violenza sul posto di lavoro.....................11

2) LE PROFESSIONI SANITARIE: ASPETTI GENERALI....................................15

2.1) Il profilo storico...............................................................................................18

2.2) Struttura del personale delle Aziende sanitarie................................................21

2.2.1) Classificazione secondo il Ccnl di applicazione.......................................24

2.2.2) Classificazione secondo il ruolo di appartenenza...................................25

2.2.3) Classificazione secondo le categorie........................................................26

2.2.4) Classificazione secondo il profilo professionale......................................29

2.3) L’aspetto dimensionale....................................................................................29

CAPITOLO II: il Tsrm, aspetti storico-normativi............................33

1) ASPETTI STORICI...........................................................................33

1.1) Introduzione.....................................................................................................33

1.2) La nascita dei Tsrm..........................................................................................35

1.2.1) L'evoluzione della base cognitiva e la nascita delle prime scuole............36

1.2.2) L'associazionismo professionale...............................................................38

1.2.3) Il riconoscimento dello Stato: un atto anticipato ?...................................41

2) LA LEGISLAZIONE INERENTE LA PROFESSIONE TSRM.............................44

2.1) La Legge 4 Agosto 1965, n. 1103....................................................................44

2.2) Il DPR 6 Marzo 1968, n. 680...........................................................................46

2.3) La Legge 31 Gennaio 1983, n. 25...................................................................48

2.4) D.M. 26 Settembre 1994, n. 746......................................................................51

2.5)La Legge 26 Febbraio 1999, n. 42....................................................................54

2.6) La Legge 10 Agosto 2000, n. 251 e la Legge 1 Febbraio 2006, n. 43...........57

2.7) Il D.Lgs. n. 187/2000.......................................................................................59

Capitolo III: il Tsm, profilo e competenze....................................63

1) FONTI DEL PROFILO PROFESSIONALE..................................................63

1.1) Il rinvio al profilo professionale......................................................................63

1.1.1) Il Decreto Ministeriale n. 746/94..............................................................64

1.2) Il rinvio agli ordinamenti didattici ed alla formazione post-base....................66

-2-

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1.3) Il rinvio al codice deontologico.......................................................................66

1.4) Il limite dell'atto medico..................................................................................68

1.5) Il limite delle competenze delle altre professioni cd."laureate"......................69

2) COMPETENZE NEI PRINCIPALI AMBITI OPERATIVI...................................70

2.1) La responsabilità in ambito professionale.......................................................71

2.1.1) Il Tsrm come incaricato di pubblico servizio...........................................71

2.1.2) Il principio dell’affidamento nel lavoro in èquipe....................................73

2.1.3) Il Consenso informato..............................................................................76

Capitolo IV: Collegi Professionali e Federazione Nazionale dei Collegi.......................................................................................81

4.1) Introduzione.....................................................................................................81

4.2) I Collegi professionali......................................................................................82

4.3) l potere disciplinare..........................................................................................83

Allegati normativi......................................................................89

LEGGE N. 4 AGOSTO 1965, N.1103....................................................90

LEGGE 31 GENNAIO 1983, N. 25.....................................................95

DECRETO 26 SETTEMBRE 1994, N. 746.........................................101

LEGGE 26 FEBBRAIO 1999, N. 42.....................................................103

LEGGE 10 AGOSTO 2000, N. 251.......................................................106

LEGGE 1 FEBBRAIO 2006, N. 43.........................................................109

Bibliografia..............................................................................115

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Page 4: Dispensa a a 2010-2011

CAPITOLO I: Le professioni sanitarie

1) Il contesto sanitario: cenni

1.1) L’erogazione del servizio

Com'è noto esistono differenze tra aziende e/o imprese che erogano

beni materiali e quelle che erogano servizi, questa differenza,

inevitabilmente, si riflette sull'aspetto organizzativo. E’ stato definito1, in

termini sintetici, servizio il rapporto tra erogatore e cliente attraverso il

quale il primo fornisce una prestazione al secondo. È possibile tuttavia

cercare di differenziare bene e servizio, per quanto riguarda l'ambito

sanitario, secondo gli esempi seguenti.

Intangibilità: è la prima differenza di rilievo tra un bene -oggetto

materiale- e il servizio -immateriale- o meglio: a scarsa percettibilità fisica.

Pensiamo alla diagnosi medica oppure ad una seduta di trattamento

fisioterapico. È pur vero che vi sono interventi sanitari i cui effetti sono ben

percepibili: un trattamento chirurgico, una terapia antalgica, l'esecuzione di

un esame radiografico. Tuttavia, la prestazione, non genera un oggetto,

inteso in senso stretto, ma un prodotto finale, inteso in senso ampio, utile

per l'utente e che, sul mercato, trova valore spendibile.

Assenza di magazzino: i servizi, diversamente dai beni, vengono

consumati nel momento stesso che vengono prodotti, non sono

immagazzinabili, non sono trasportabili e non è facile esibirli. Sotto

l'aspetto organizzativo questa particolarità non è di poco conto. Poiché le

aziende devono ottimizzare l'incontro fra la domanda e offerta della

prestazione, in caso di elevata domanda e bassa offerta di servizi (ad

esempio la scarsità di posti letto in un reparto chirurgico, liste di attesa per

un accertamento diagnostico, ecc.) la clientela non sarà soddisfatta. Il caso

opposto: elevata offerta e scarsa domanda vi sarà uno spreco di risorse e di

capacità produttiva.

1 C.Calamandrei, C. Orlandi:: La dirigenza infermieristica. 2002.

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Risoluzione dei problemi: le aziende di servizi sono aziende

problem-solving, orientate ai bisogni della clientela ed alla capacità di

rispondere alle aspettative, assicurando una qualità, percepita o

effettivamente erogata, il più possibile vicina a quella attesa.

Compresenza di contenuti tecnico-specialistici e relazionali:

talvolta prevale il contenuto tecnico del servizio, con un ruolo limitato dal

cliente nell'espressione dei propri bisogni come può essere un prelievo

ematico. In questa situazione, in linea di massima, il cliente chiede solo la

correttezza dell’esecuzione in breve tempo. In altri casi prevale il contenuto

relazionale, ad esempio nella raccolta dei dati anamnestici o negli

interventi di educazione alla salute.

Interattività del processo di produzione-erogazione: in ambito

sanitario la partecipazione del paziente, misurata come quantità di tempo

trascorso all'interno dell’azienda erogatrice rispetto al tempo totale

richiesto per l'erogazione del servizio, è spesso molto elevata. Il servizio

quindi diviene un momento sociale il cui fulcro è quello della relazione. La

qualità dell’erogato pertanto dipende anche dal personale che interagisce

con il paziente, dalle sue specifiche competenze e capacità relazionali. In

questo settore è possibile rilevare notevoli differenze tra le capacità

richieste alle varie figure professionali. Pensiamo alle relazioni che può

avere un infermiere in un reparto, un tecnico di radiologia in un servizio di

diagnostica per immagini, un fisioterapista o un tecnico di laboratorio:

situazioni profondamente diverse che richiedono abilità di diversa intensità.

Le aziende dei servizi pertanto, prendendosi cura dei clienti, tendono ad

avere una filosofia orientata proprio alla "persona"; non a caso il codice

deontologico dei Tsrm incentra l'attenzione proprio su essa.

Centralità della risorsa umana: pertanto, connesso al punto

precedente, non può che essere la gestione delle risorse umane come

perno attorno al quale ruota un moderno modello organizzativo. Modello

che dia rilievo anche allo sviluppo professionale e alla comunicazione

interna l'ambiente di lavoro. Com’è ovvio l'affermazione non intende affatto

sminuire il ruolo degli altri fattori produttivi, quali le risorse tecnologiche ed

economiche, intende soltanto sottolineare quanto la risorsa umana sia un

valore aggiunto dell'azienda.

-5-

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Scarsa standardizzazione: i servizi, generalmente, sono

scarsamente standardizzabili. Quelli sanitari in particolare presentano

difficoltà ulteriori e, apparentemente, la mancanza di uniformità va a

discapito dell'efficienza. Inoltre l’interazione fra operatori e clienti è intensa,

di conseguenza il processo relazionale intacca inevitabilmente il processo

produttivo nella sua fluidità e tempistica. Il bisogno centrale, quello per cui

il cliente si rivolge all'azienda erogatrice, è diverso per ogni utente

(necessità di diagnosi, necessità di terapie, necessità di informazioni ecc.);

oltre al bisogno centrale, sono presenti altri bisogni collaterali dovuti alle

caratteristiche intrinseche del cliente: biologiche, psichiche e sociali,

anagrafiche, sessuali, il modo con cui affronta la malattia, in grado

d'istruzione e così via. Compito dell'azienda, tramite le proprie risorse

umane, è riuscire a combinare opportunamente e singolarmente la

standardizzazione con la personalizzazione (umanizzazione) del processo

produttivo.

Quantificazione: le aziende che erogano servizi, diversamente da

quelle che erogano beni materiali, misurano con maggiore difficoltà quanto

hanno oggettivamente prodotto. La misurazione deve tener conto di due

elementi nodali: l’aspetto quantitativo e quello qualitativo. Mentre il primo

può essere caratterizzato sotto un aspetto prevalentemente oggettivo (n. di

ricoveri, pazienti visitati, esami eseguiti), il secondo, per sua natura, è di

connotato da una intensa soggettività. Anche il cliente, da parte sua,

esprime valutazioni che sono prevalentemente di tipo soggettivo. Può

essere contento del servizio, perché dal punto di vista relazionale è stato

soddisfatto, pur non essendo a conoscenza che il bisogno preminente che

lo ha spinto a rivolgersi a quell’azienda, ad esempio un esame radiografico,

non è stato fornito con sufficiente cura: può accadere che le immagini

consegnate appartengono ad un altro paziente, o il referto non sia esatto.

In caso di ricovero la terapia somministrata potrebbe non essere stata

quella corretta. Tutte ipotesi tutt’altro che remote. Naturalmente vale

anche il discorso opposto: scarsa soddisfazione dal punto di vista

relazionale, pur con un accertamento diagnostico esatto. Sotto l'aspetto

organizzativo quindi rimane la difficoltà, oggettiva, di migliorare i processi

in essere.

-6-

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Carattere pubblicistico: la maggior parte dei servizi sanitari sono

erogati da strutture pubbliche. In questo settore rimane particolarmente

arduo sostenere una scelta di tipo aziendalistico in senso stretto. Senza

entrare nel merito, non appartenendo ai nostri fini la discussione sul tema,

la soddisfazione del bisogno di salute, bisogno costituzionalmente tutelato,

difficilmente può essere soddisfatto in senso ampio con una visione

esclusivamente economico-mercatoria dell'organizzazione. È evidente che

una visione, strettamente intesa, di tipo aziendalista: far fruttare il capitale

investito, male si concilia con un'attività finalizzata all'incertezza del

risultato e, soprattutto, sull'investimento di risorse umane e materiali nei

confronti di alcune tipologie di pazienti. Nondimeno, sotto un altro aspetto,

l'eccessiva burocratizzazione dei servizi pubblici ha condotto talvolta ad

una percezione negativa del servizio erogato. Anche in questa tipologia di

mercato comunque vale la regola della concorrenzialità tra le aziende,

siano esse pubbliche o private. E’ tuttavia necessaria una precisazione:

trattasi di un mercato “anomalo” rispetto al normale incontro tra domanda

ed offerta. Anomalo perché alcune concorrenti, le aziende pubbliche,

godono di tutele pubblicistiche, mentre altre sono sottoposte alle regole

ordinarie del mercato (il c.d. rischio d’impresa). Per contro le prime sono

maggiormente vincolate nelle scelte, le seconde godono di maggior libertà

d’azione nelle proprie strategie al fine di adattare la propria offerta in

funzione della domanda di servizi.

1.2) L’ambiente organizzativo: un sintetico richiamo

Le moderne necessità organizzative richiedono che anche la

produzione dei servizi sia una produzione per processi.

Per processo si intende un insieme di attività interdipendenti e

cronologicamente correlate finalizzate ad un prodotto/servizio finale. Scopo

del processo è la trasformazione di entità, o fattori, in ingresso ( input) in

entità, o fattori, in uscita (output).

Questa definizione calza per qualunque tipologia di attività,

dall'approvvigionamento dei magazzini, siano essi del servizio radiologico o

della cucina, alla produzione di immagini diagnostiche; fino

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Page 8: Dispensa a a 2010-2011

dall'accettazione, ricovero, dimissione del paziente. L'unità di misura del

processo è l'efficacia sia gestionale: rapporto percentuale tra obiettivo

raggiunto e quello prefissato; sia sociale: grado di soddisfazione del cliente,

richiama la qualità.

Un secondo fattore nodale nell'organizzazione è il c.d. personale di

contatto, ovvero tutti i dipendenti dell'azienda con una relazione diretta

con la clientela. Personale inteso in ampio senso: portinai, centralinisti,

professionisti sanitari, impiegati del front-office, ecc. Com'è naturale questo

personale rappresenta la combinazione di interessi che possono anche

divergere: quelli dell'azienda e quelli del cliente.

Per quanto riguarda l’interesse aziendale, il dipendente, ha il compito

di attenersi alle regole e alle procedure stabilite per tutelare il corretto

funzionamento dei servizi nei confronti dell'utenza in generale. Talvolta

deve altresì adoperarsi per risolvere problemi, ad esempio burocratici, non

di sua stretta competenza ma dalla soluzione dei quali dipende l'erogazione

del servizio e la garanzia della correttezza formale nell'ambito

organizzativo.

Riguardo invece gli interessi del cliente, in modo esemplificativo,

tendono spesso ad esigere il miglior servizio al minor costo e, ovviamente,

nel minor tempo. A questo va aggiunta una visione centralistica dei propri

interessi.

In questo conflitto, talvolta meno latente di quanto dovrebbe, si

colloca il personale che è chiamato a contemperare le opposte esigenze. È

evidente pertanto che i compiti del personale sono: a) di tipo operativo:

nell'esecuzione della prestazione tecnico-specialistica. In questo ambito

compete al professionista, nell’attività che deve svolgere, acclarare se

eventuali incidenti (ad es. una caduta del paziente) o eventi-sentinella

(attese troppo lunghe, procedure effettuate in scarsa sicurezza ecc.) siano

o meno diagnostici di una lacuna organizzativa e quindi provvedere

segnalando ed eventualmente proponendo una soluzione al soggetto

competente nel merito; b) di tipo relazionale: l'obiettivo, in questo caso, è

la creazione di un clima il più possibile rassicurante e gradevole. È

fondamentale quindi riuscire ad esprimere una sensazione di cortesia e

professionalità. L'aspetto comunicativo, spesso sottovalutato, è in realtà di

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estrema importanza. Quando un professionista interagisce con il cliente,

questi può vederlo sotto diversi aspetti: un professionista in quanto tale, un

rappresentante dell'azienda, una persona in senso stretto. La prevalenza di

uno o di un altro di questi aspetti è difficilmente prevedibile. Per tale

motivo l'approccio professionale, spesso necessariamente legato a un

linguaggio tecnico- scientifico per molti incomprensibile o per noi ripetitivo

(ad es. spiegare ogni volta come viene eseguito un particolare esame),

deve essere visto non solo sotto l'aspetto tecnico bensì anche e soprattutto

sotto l'aspetto umano. E’ necessario riuscire ad interpretare le aspettative

del cliente e la sua capacità ricettiva in quel particolare momento,

momento in cui questa capacità può essere offuscata dallo stato

emozionale.

Un terzo elemento di cui necessita l'organizzazione è il cosiddetto

supporto fisico, ovvero la base utilizzata tanto dagli operatori quanto dai

clienti nel corso del processo produttivo. Questo supporto comprende

principalmente due elementi: a) gli strumenti, quali mobili, oggetti e le

apparecchiature messe a disposizione e b) l'ambiente, in senso tangibile,

all’interno del quale il servizio viene erogato: i muri, le sale di attesa, gli

spazi disponibili ecc. Questi due elementi, componenti il supporto fisico,

sono un veicolo di comunicazione: dal lato del cliente è la vetrina, dal lato

dell'operatore il suo ufficio. L'importanza del supporto fisico si fonda sul

raggiungimento di due obiettivi: un obiettivo ambientale e un obiettivo

funzionale. Con riferimento al primo basti esemplificare che, pur nella

serietà che un'azienda sanitaria deve manifestare, ogni ambiente dovrebbe

essere funzionale alla tipologia di clientela. Ipotizziamo ad esempio come

potrebbe differenziarsi l'aspetto tra un reparto pediatrico e uno geriatrico.

Oppure anche le necessità che hanno certi ambienti per tutelare la

riservatezza ed il pudore delle persone, in particolare dei servizi diagnostici

e negli ambulatori. L'obiettivo funzionale invece è finalizzato a facilitare il

più possibile la realizzazione del servizio, ad esempio contenendo tutto ciò

che serve, disponendo il materiale nel modo più semplice e razionale

possibile e, soprattutto, conosciuto da tutti gli operatori. Di particolare

rilievo è il costante monitoraggio delle scorte di magazzino.

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Page 10: Dispensa a a 2010-2011

L'ultimo elemento imprescindibile sotto l'aspetto organizzativo è,

ovviamente, il cliente. Oltre al suo rilievo secondo quanto sopra descritto,

esso assume ulteriore importanza nella partecipazione attiva al processo

produttivo. Più o meno consapevolmente egli ci fornisce delle utilissime

indicazioni su come migliorare il servizio. Anzi, è possibile sostenere che

anch'egli è parte integrante l'azienda. La capacità di ascoltarlo è un valido

strumento per introdurre eventuali correttivi nella prestazione: sono le sue

osservazioni, i cosiddetti messaggi di ritorno (feedback), che possono

orientare le nostre scelte. Se pensiamo ai pazienti ricoverati, spesso le loro

richieste orientano le scelte, o almeno parte di esse, in materia di farmaci,

di prestazioni assistenziali, indagini diagnostiche, consulenze, questionari di

gradimento; come pure i colloqui diretti, le lettere di lamentela e altro

ancora. È opportuno precisare che i clienti dei servizi sanitari sono: il diretto

beneficiario; i familiari intesi in senso ampio, cioè quelle persone

significative per il paziente; i medici di base che inviano i pazienti al

presidio; gli acquirenti del servizio, per esempio un'azienda sanitaria locale

che acquista le prestazioni dall'azienda ospedaliera. A questi vanno

aggiunti altri portatori di interesse (stakeholders) che rivestono importanza

del nostro ordinamento sanitario: le associazioni di volontariato e le

associazioni dei consumatori, a cui espresse disposizioni di legge

attribuiscono particolari poteri e diritti.

Accanto alle differenze tra beni materiali e servizi brevemente

accennate, va aggiunto che rispetto al normale sistema socio-economico,

quello sanitario certamente presenta un'ulteriore peculiarità: l'elevato

numero di professioni che vi operano ed il conseguente sistema

organizzativo integrato.

I settori di contrattazione collettiva del SSN sono tre (in realtà il SSN

non è l'unico ad essere così strutturato, anche gli Enti Locali presentano tre

spazi di contrattazione, tuttavia non mostra la stessa varietà di ruoli): il

comparto che raggruppa tutto personale non appartenente alle aree

dirigenziali e due aree: l'area dirigenziale amministrativa, sanitaria, tecnica

e professionale; l'area dirigenziale medica.

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A fronte di questo dato macro ulteriore spunto di riflessione riguarda,

con visione verso la complessità organizzativa, le specifiche e variegate

conoscenze professionali di ogni figura e le relazioni intercorrenti tra loro ai

fini del processo produttivo. L'organizzazione dipartimentale2 ha imposto

un modello organizzativo non più basato su specifiche settorialità

disciplinari (le ex divisioni), bensì, lo si ripete, su una concatenazione di

attività specialistiche differenziate ma obbligatoriamente connesse tra loro,

sia in termini cronologici che prestazionali: il processo appunto. Orbene, la

peculiarità degli operatori dedicati alla prestazione, vista sempre con il

centro di gravità incardinato sulla persona del paziente, li obbliga a stabilire

una complessa rete comunicativa che necessariamente tenga conto delle

diverse competenze e non solo con riferimento a quelle tecnico-

professionali, ma anche linguistiche, spesso trascurate, dando per scontato

l'universalità del linguaggio sia interno (tra operatori) che esterno

(operatori-pazienti). Per esemplificare brevemente proviamo a immaginare

l'uso, talvolta abuso, degli acronimi nelle cartelle cliniche, nell'analisi, nelle

richieste d'esame. Apparentemente irrilevanti, rivelano tutta la loro

importanza quando, al semplice scopo di interpretarli, vengono spesi tempo

e risorse. È pertanto chiaro, ad esempio, che una moderna organizzazione

fondata sul dipartimento non possa prescindere da un'attività periodica

fondata anche su un percorso formativo finalizzato a migliorare i processi

comunicativi.

1.3) Un fenomeno di analisi recente: la violenza sul posto

di lavoro

La violenza nei posti di lavoro è purtroppo un fenomeno in espansione

anche in Italia, all’interno della quale però mancano, ad oggi, appositi studi.

La gravità del problema sta tuttavia catturando l'attenzione degli esperti.

L'assenza di analisi nazionali conduce alla necessità di affidarsi a

studi internazionali quali quelli condotti dal NIOSH (National Institute for

2 L’organizzazione dipartimentale è il modello ordinario di gestione operativa di tutte le attività delle aziende sanitarie (...). La regione disciplina la composizione e le funzioni del comitato di dipartimento nonché le modalità di partecipazione dello stesso all'individuazione dei direttori di dipartimento ( art. 17-bis , DLgs n. 229/90).

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Occupational Safety and Health), dall'ILO (International Labour Office) e lo

European Agency for Safety and Health at Work.

Secondo il NIOSH, per violenza sul posto di lavoro si intende: ogni

atto violento, inclusa l'aggressione e la minaccia di aggressione, diretta

verso una persona nel posto di lavoro. Per minaccia si intende invece ogni

manifestazione di intento di ferire, inclusa quella verbale, con il linguaggio

del corpo o scritta.

Gli studi europei includono inoltre i fenomeni del bullismo e della

discriminazione (sessuale, per orientamento sessuale, età, razza, religione).

Nel nostro Paese il fenomeno è ancora scarsamente incidente

tuttavia, vista la tendenza all'aumento, il Ministero della Salute, proprio per

fronteggiare e soprattutto prevenire il fenomeno, ha prodotto un atto

destinato alle aziende che operano nel settore sanitario (Raccomandazione

n. 8 del Novembre 2007).

L'Italia, insieme ad altri paesi del bacino del Mediterraneo (Spagna,

Malta, Cipro, compreso il Portogallo) rivela come il fenomeno sia

relativamente marginale nell'ambito dell'Unione europea (3-4% in tutti i

settori lavorativi) pur con una tendenza alla crescita. I paesi nord europei si

attestano invece su percentuali ben più significative (> 10%) nel Regno

unito, Irlanda, Danimarca, Olanda, Finlandia.

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Fonte: Fourth European Survey on Working Condition

Come risulta dalla tabella, è il settore sanitario quello maggiormente

colpito dal problema (15,2%).

Le cause dell’indesiderato primato sono da considerare affatto

intrinseche al contesto lavorativo: l’operatore sanitario e non sanitario

(addetto al front-office) si relaziona quotidianamente con un'utenza

portatrice di disagio e stress (relazione esterna). La malattia e il dolore

generano rabbia, impotenza e frustrazione e rendono quindi le relazioni tra

utenti ed operatori tese e conflittuali con tasso di emotività particolarmente

elevato.

A questo va aggiunto che un'ulteriore fonte di rischio, per il lavoratore

sanitario, è rappresentata dagli alti livelli di stress dovuti all'eccessiva

pressione temporale ed al sovraccarico lavorativo i quali, oltre a minare le

relazioni esterne, tendono ad inquinare anche quelle tra gli operatori

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(relazioni interne). Anche nel campo delle relazioni conflittuali interne è il

settore sanitario ad essere al primo posto (5%).

I luoghi nei quali si manifesta maggiormente il fenomeno sono: servizi

di Pronto Soccorso, strutture psichiatriche, luoghi di attesa, servizi di

geriatria, servizi di continuità assistenziale.

Partecipano all'incremento degli atti di violenza alcuni elementi

sociali e/o strutturali: l'aumento dei pazienti con disturbi psichiatrici acuti e

cronici; diffusione dell'abuso di alcol e droga; l'accesso senza restrizione di

visitatori presso ospedali; lunghe attese nelle zone di emergenza e sale di

attesa che generano, nei pazienti e accompagnatori, frustrazione per

l'impossibilità ad una pronta prestazione; ridotto numero di personale

(trasporto pazienti, visite, cambio turno, esami diagnostici); mancanza di

formazione del personale sull'individuazione preventiva di comportamenti

ostili o aggressivi; scarsa illuminazione delle aree di parcheggio e delle

strutture.

È utile cercare di comprendere quali i meccanismi che portano alla

comunicazione violenta, sia negli ambienti di lavoro sia extra-lavorativi. Gli

atti di violenza, nella maggioranza dei casi, sono il risultato di un processo

comunicativo e interattivo tra due o più persone e sono l'estrema

conseguenza di una gestione distruttiva delle divergenze nelle relazioni

interpersonali. La violenza rappresenta pertanto il risultato della gestione

relazionale (ovviamente fallimentare) tra due persone.

Gli studiosi identificano nel "modello di comportamento maggiore-

minore" (modello M/m) il meccanismo responsabile della degenerazione

violenta dei conflitti tra persone o gruppi. Secondo questo modello

interattivo ciascuna delle parti, di fronte a un conflitto o ad una differenza

di punti di vista, cerca di imporre le sue ragioni, presentandole come

"migliori" rispetto a quelle della controparte. Ognuno pertanto cerca di

raggiungere una posizione di superiorità (M) e mettere l'altro in posizione di

inferiorità (m). Il meccanismo si sostanzia, da entrambe le parti, per mezzo

di parole, comportamenti, atteggiamenti non verbali portando infine

all'estremizzazione delle posizioni (c.d. muro contro muro) e all'escalation

attorno alla spirale della violenza che ne rappresenta il culmine.

Naturalmente è escluso da questo modello di comportamento di una

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persona che agisce violentemente senza interazione con l'altra (ad esempio

che scopo di rapina, malati psichiatrici, tossicodipendenti).

L'aggressività attraverso parole e atteggiamenti è una delle

caratteristiche principali delle comunicazioni inadeguate e "inefficaci", cioè

incapaci di sortire l'effetto sperato. L'inefficacia di un atto comunicativo è

altresì legata sia al contenuto quanto, forse soprattutto, alla forma.

Proviamo con un esempio a chiarire quanto detto.

Supponiamo che l'utente Tizio si rivolga al personale, in modo brusco,

esclamando "sono due ore che aspetto!". L'operatore Caio potrebbe

rispondere in due modi: professionalmente "ci scusi, però come vede siamo

impegnati con delle urgenze"; oppure istintivamente "come vede non ci

stiamo divertendo". È presumibile immaginare che Tizio, irritato per

l'attesa, possa non proseguire con la comunicazione conflittuale nel caso

della prima risposta. Avendo infatti ricevuto comunque attenzione verso la

propria persona, con una giustificazione oggettiva, l'effetto è quasi

certamente quello del raffreddamento del conflitto.

Viceversa con la seconda risposta, con buona probabilità, lo si

condurrebbe verso la via dell'escalation verbale.

L'operatore sanitario professionalmente abile emerge talvolta per

questo: nella sua capacità di controllo emozionale anche nei momenti di

maggiore tensione lavorativa e relazionale.

Per le ragioni esposte diventa indispensabile, per chi si rapporta con

l'utenza, conoscere le regole che governano la comunicazione umana al

fine di scongiurare il rischio di contribuire, seppur inconsapevolmente,

all'esasperazione dei conflitti e divergenze. Sapere in sostanza come

inviare i propri messaggi, o come replicare a messaggi altrui, in una forma

tale da non rinunciare al proprio punto di vista ma senza sconfessare o

schiacciare il vissuto dall'altro. In pratica è fondamentale apprendere quelle

-15-

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abilità verbali, non verbali e cognitive che caratterizzano la comunicazione

assertiva; questo diventa, viste le premesse, nodale nel personale che

lavora a contatto con pubblico e, soprattutto, nel settore sanitario.

La Raccomandazione del Ministero della salute interviene quindi

spingendo le aziende sanitarie verso un programma di prevenzione della

violenza finalizzata a diffondere una politica di tolleranza "zero" nei

confronti degli atti di violenza fisica o verbale e fare in modo che operatori

e visitatori siano a conoscenza di tale politica. Le aziende dovranno altresì

incoraggiare il personale a segnalare gli episodi subiti e suggerire eventuali

misure correttive. Assegnare a personale idoneo la conduzione del

programma con un gruppo di lavoro che possa analizzare le varie situazioni

lavorative onde individuare i fattori di rischio e esistenti o potenziali. Sarà

altresì necessario avviare programmi di riadattamento strutturale per

installare tutti i mezzi di sicurezza opportuni, dalle telecamere a circuito

chiuso, all’idonea illuminazione dei locali. Importante, dagli studi emersi, è

il miglioramento dell’aspetto architettonico nelle zone d’attesa sia

nell’aspetto dimensionale quanto estetico.

Il fattore preventivo di assoluto rilievo rimane tuttavia uno: la

formazione del personale nell’individuazione di situazioni potenzialmente a

rischio e la connessa capacità relazionale con l’utenza.

2) Le professioni sanitarie: aspetti generali

E’ condivisibile la definizione adottata da Ministero della salute sulle

professioni sanitarie: "quelle che lo Stato italiano riconosce e che, in

forza di un titolo abilitante, svolgono attività di prevenzione, diagnosi, cura

e riabilitazione".

Ancora: "alcune professioni sanitarie sono costituite in Ordini e

Collegi, con sede in ciascuna delle province del territorio nazionale.

Esistono attualmente: Ordini provinciali dei medici chirurghi e degli

odontoiatri, Ordini provinciali dei veterinari, Ordini provinciali dei farmacisti,

Collegi provinciali delle ostetriche, Collegi provinciali dei gli infermieri

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professionali (Ipasvi) e Collegi provinciali dei tecnici sanitari di radiologia

medica (Tsrm). In merito ai provvedimenti di tali enti in materia

disciplinare, di tenuta degli Albi professionali e di elezioni degli organi

direttivi, si può presentare ricorso alla Commissione Centrale per gli

Esercenti le Professioni Sanitarie (CCEPS)”.

In questa sede ci occuperemo delle professioni sanitarie cosiddette

"non mediche", ovvero quelle che appartengono, secondo il linguaggio

adottato nell'attività di contrattazione del pubblico impiego, al cosiddetto

comparto.

Generalmente il termine professione indica un'attività per l’esercizio

della quale sono richiesti, oltre a specifiche conoscenze e capacità, anche

determinati requisiti oggettivi: un titolo di studio particolare, lo svolgimento

di un tirocinio, il superamento di un esame che dimostri le competenze

acquisite ed infine l’iscrizione ad un apposito Albo professionale.

L'attività del Tsrm pertanto rientra nelle cosiddette "professione

regolamentate", ovvero quelle professioni che presentano i requisiti

menzionati.

Il D.Lgs. n. 206/2007, (art. 4, co. 1) definisce professione

regolamentata:

1) l'attività, o l'insieme delle attività, il cui esercizio e' consentito solo a seguito di iscrizione in Ordini o Collegi o in albi, registri ed elenchi tenuti da amministrazioni o enti pubblici, se la iscrizione e' subordinata al possesso di qualifiche professionali o all'accertamento delle specifiche professionalità;    2) i rapporti di lavoro subordinato, se l'accesso ai medesimi e' subordinato, da disposizioni legislative o regolamentari, al possesso di qualifiche professionali;    3) l'attività esercitata con l'impiego di un titolo professionale il cui uso e' riservato a chi possiede una qualifica professionale.

La necessità dell’iscrizione negli Albi (registrazione) è diretta ad avere

un controllo, da parte dello Stato, nell'esercizio di attività che vanno ad

incidere su diritti di rilievo costituzionale quale è, nel nostro caso, la tutela

della salute (art. 32, Cost.). La registrazione negli Albi, conservati dai

suddetti Ordini o Collegi, consente altresì a questi organismi di poter

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Page 18: Dispensa a a 2010-2011

esercitare il potere disciplinare secondo le previsioni dell'art. 2229 del

Codice Civile3.

Generalmente la legislazione statale affida la responsabilità di gestire

le professioni agli Ordini o ai Collegi4 qualificabili come enti di diritto

pubblico non economici e organi ausiliari dello Stato. Sono organizzati per

provincia e, a livello nazionale, raggruppati nelle Federazioni; hanno il

compito di conservare opportuni Albi nei quali vengono iscritti i

professionisti. Tali organi sono responsabili del controllo professionale e

disciplinare degli iscritti, costituendo così una giurisdizione autonoma tipica

delle professioni fin dalle loro origini. Infine, lo Stato, detta norme su altri

aspetti del mercato, quali le modalità con cui professionisti possono fare

pubblicità, la libertà negoziale e/o contrattuale nei confronti degli iscritti, la

possibilità di associazione, le forme di pagamento che gli utenti possono

usare e altro ancora

Il sistema delle professioni sanitarie difficilmente è sovrapponibile alle

attività svolte secondo le modalità della pratica libero-professionale, pratica

caratterizzata da spiccata matrice individuale. Pur non escludendo, anzi

confermando la diffusione in campo libero-professionale anche delle attività

sanitarie sebbene con differenti vincoli legislativi che legano, in misura

maggiore o minore, queste diverse figure alla professione medica, tuttavia,

nella maggioranza dei casi, sono proprio le organizzazioni multidisciplinari

(Aziende ospedaliere, cliniche, case di cura, poliambulatori ecc.) gli ambiti

elettivi per l'esercizio professionale.

Proprio i Tsrm, rispetto alle altre professioni sanitarie con Albo,

potrebbero forse essere il gruppo professionale più lontano dall'ideale-tipo

verso la pratica professionale individuale. È evidente quanto i Tsrm siano

3 Art. 2229 Cod.Civ. Esercizio delle professioni intellettuali - la legge determina le professioni intellettuali delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi Albi o elenchi.

L'accertamento dei requisiti per la iscrizione negli Albi o negli elenchi, la tenuta dei medesimi e il potere disciplinare sugli iscritti sono demandati alle associazioni professionali, sotto la vigilanza dello Stato, salvo che la legge disponga diversamente.Contro il rifiuto dell'iscrizione alla cancellazione dagli Albi o elenchi, e contro provvedimenti disciplinari che importano una perdita o la sospensione del diritto all'esercizio della professione è ammesso ricorso in via giurisdizionale nei modi e nei termini stabiliti dalle leggi speciali.

4 Originariamente la distinzione tra Ordine e Collegio era subordinata al titolo di studio: la laurea per il primo e il diploma di scuola secondaria superiore per il secondo. La distinzione è ora venuta meno, ma il sistema italiano ha mantenuto entrambi i termini.

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Page 19: Dispensa a a 2010-2011

legati alla presenza di tecnologie complesse, è infatti difficile ipotizzare

attività fuori da contesti lavorativi organizzati. Non mancano naturalmente

eccezioni in quanto, spesso, con le moderne tecniche gestionali

(outsourcing o esternalizzazione) alcune imprese o aziende, necessitano

solo dei liberi professionisti per il funzionamento delle apparecchiature, le

quali, invece, appartengono alle aziende.

Il riconoscimento pubblico della professione ha come conseguenza

due aspetti: a) la creazione e il controllo del mercato e b) la mobilità sociale

collettiva, ovvero l'innalzamento collettivo dello status sociale dei membri

del gruppo professionale. Attualmente i professionisti della salute che

possono vantare la presenza di un Collegio sono tre: gli infermieri

professionali, gli assistenti sanitari, gli infermieri pediatrici (tutti riuniti nella

Federazione Ipasvi), le ostetriche (riunite nella Fnco: federazione nazionale

collegi ostetriche), i tecnici sanitari di radiologia medica (riuniti nella

Fnctsrm: Federazione nazionale dei Collegi dei Tecnici sanitari di radiologia

medica). L'istituzione o meno di Ordini e Collegi è sempre stato un

argomento particolarmente dibattuto. I detrattori ritengono che questi enti

non consentono il libero accesso al mercato del lavoro da parte dei più

giovani, i sostenitori pensano invece che, in ambito sanitario, il problema

non si ponga per due ragioni. La prima è per l'elevata offerta, almeno ad

oggi, di lavoro proveniente dalle aziende. La seconda si fonda su una forma

di garanzia nei confronti degli utenti che si rivolgono al sistema sanitario,

quindi la certezza di una preparazione qualificata e uniforme in tutto il

processo prestazionale. Va altresì aggiunto che, diversamente da altre

professioni, l'esame di Stato abilitante è svolto contemporaneamente

all'esame di laurea, pertanto difficilmente è possibile accusare questo

metodo quale freno all'accesso nel mercato del lavoro o, peggio, che vada

ad imporre ai neo-laureati un tirocinio formativo spesso connotato più da

aspetti di sfruttamento lavorativo che di formazione professionale.

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Page 20: Dispensa a a 2010-2011

2.1) Il profilo storico

Le professioni di cui si parla sono state inizialmente disciplinate dal

R.D. 27 luglio 1934, n. 1265: approvazione del Testo Unico delle leggi

sanitarie e sono state così tripartite (art. 99):

Professioni sanitarie principali: medico-chirurgo; veterinario;

farmacista; odontoiatrica (a partire dalla L. 24 luglio 1985, n. 409:

istituzione della professione sanitaria di odontoiatra).

Professioni sanitarie ausiliarie: levatrice (ora: ostetrica); assistente

sanitaria visitatrice (ora: assistente sanitaria); infermiera diplomata (ora:

infermiera).

Arti ausiliarie delle professioni sanitarie: odontotecnico; ottico;

meccanico ortopedico ed ernista; infermiere abilitato o autorizzato (ora:

infermiere generico); massaggiatori (ora: massofisioterapista); tecnico

sanitario di radiologia medica (L. 4 agosto 1965, n. 1103).

L'inclusione del Tsrm nelle arti ausiliarie, che ha rappresentato una

ingiustificata collocazione, è stata tuttavia dovuta al titolo della menzionata

legge pur di fronte a dati sostanziali, i quali che avrebbero incluso i suddetti

operatori nelle professioni sanitarie ausiliarie.

La previsione nell'ambito delle professioni sanitarie ausiliarie, si

giustificava sia per la durata del corso di studi e le conseguenti

attribuzioni, sia per l'espressa obbligatorietà dell'iscrizione all'albo

professionale e infine per la presenza di un'autonoma fattispecie di reato di

esercizio abusivo della professione di Tsrm secondo quanto previsto dalla L.

4 agosto 1965, n. 11035

L’elencazione prevista dal Regio Decreto è datata e necessita di

alcune precisazioni. Per quanto riguarda le professioni sanitarie ausiliarie

5In realtà la menzionata legge sanzionava, all'art. 16, l'esercizio abusivo dell'arte ausiliaria sanitaria. L'esercizio abusivo della professione è stato invece successivamente introdotto solo con la L. 31 gennaio 1983, n. 25, art. 8. Quest’ultimo rinvia direttamente all'art. 348 del Codice Penale: abusivo esercizio della professione - chiunque abusivamente esercita una professione, per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato, è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa da L. 200'000 a L. 1'000’000.

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Page 21: Dispensa a a 2010-2011

ad esse andrebbero aggiunte quelle disciplinate successivamente da

appositi Decreti ministeriali che hanno condotto ad una riclassificazione

delle suddette professioni anche e soprattutto alla luce dell'introduzione di

nuove figure professionali. Tale nuova distribuzione ne ha sostanzialmente

modificato anche il raggruppamento. Si è passati, escludendo il personale

sanitario cosiddetto principale (medici, veterinari, farmacisti, odontoiatri ed

ora: biologi, psicologi, chimici), ad una macro-classificazione per settori:

Personale infermieristico: infermiere (DM 739/1994); ostetrica (DM

740/1994); dietista (DM 744/1994); assistente sanitario (DM 69/97);

infermiere pediatrico (DM 70/1997); podologo (DM 666/1994); igienista

dentale (DM 669/94).

Personale tecnico-sanitario: tecnico sanitario di laboratorio biomedico

(DM 745/1994); tecnico sanitario di radiologia medica (DM 746/1994);

tecnico di neurofisiopatologia (DM 183/1995); tecnico ortopedico (Dm

665/1994); tecnico audiometrista (DM 667/1994); tecnico della

fisiopatologia cardiocircolatoria e perfusione cardiovascolare (DM

316/1998).

Personale della riabilitazione: tecnico audioprotesista (DM 668/1994);

fisioterapista (DM 741/1994); logopedista (DM 742/1994); ortottista (DM

743/1994); terapista della neuro e psicomotricità dell'età evolutiva (DM

56/1997); tecnico dell'educazione e riabilitazione psichiatrica e psicosociale

(DM 57/1997); terapista occupazionale (DM 136/1997).

Personale di vigilanza e ispezione: tecnico della prevenzione

nell'ambiente e nei luoghi di lavoro (DM 58/1997).

La distinzione tra queste 21 diverse professioni talvolta non sempre

era agevole, tuttavia, grazie ai Decreti ministeriali che ne regolamentavano

i profili era possibile tracciare una differenziazione tra i diversi compiti.

Oltre ai Decreti ministeriali, era possibile suddividere le menzionate

professioni anche in base ad un diverso riconoscimento giuridico ottenuto:

l’iscrizione presso i propri Collegi professionali ove costituiti. Ricordiamo

che: infermieri, ostetriche e tecnici sanitari di radiologia medica avevano (e

tuttora hanno) un Collegio professionale e uno specifico Albo, diversamente

dalle altre professioni che invece ne sono ancora sprovviste.

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Page 22: Dispensa a a 2010-2011

Un'ulteriore ipotesi di diversificazione poteva essere quella fondata

sulla presenza o meno di un "mansionario" (elencazione di compiti e attività

lavorative); ma anche qui rimanevano incluse solamente quelle tre

professioni menzionate che potevano vantare la presenza del Collegio.

Oggigiorno, dopo l'intervento della riforma operata dalla L. 26

febbraio 1999, n. 42, questa suddivisione non è più attuale pur avendone

però conservato i tratti essenziali. Tra gli effetti dell’intervento legislativo

c'è l'abrogazione dei mansionari i quali erano elenchi di operazioni di

carattere prevalentemente esecutivo, dotati di elevata specificità nei

compiti e non di vasti ambiti di intervento come sono invece i profili

professionali.

È utile ricordare che prima della profonda riforma professionale,

operata all'inizio degli anni '90 che ha inquadrato omogeneamente ed a

livello universitario l'attività formativa, la formazione degli operatori

appartenenti alle differenti professioni era alquanto diversificata. Alcune

scuole erano gestite dalla regione, altre erano scuole private; altre ancora,

le cosiddette "scuole dirette a fini speciali" erano gestite dalle università,

alcune infine di diretta derivazione ospedaliera.

2.2) Struttura del personale delle Aziende sanitarie

La tutela della salute nel nostro ordinamento, è assicurata dal

Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Con tale termine s’intende: “il

complesso delle funzioni, delle strutture, dei servizi e delle attività

destinate alla promozione, al mantenimento e al recupero della salute fisica

e psichica di tutta la popolazione senza distinzione di condizioni individuali

o sociali e secondo modalità che assicurino l’eguaglianza dei cittadini nei

confronti del Servizio. L’attuazione del servizio sanitario nazionale compete

allo Stato, alle Regioni e agli enti locali territoriali, garantendo la

partecipazione dei cittadini”6.

Nonostante il succedersi delle normative, in chiave riformista del SSN,

la definizione non è mai stata abrogata. Al contrario: integrata alla luce del

decentramento amministrativo di alcune attività e con riferimento al

6 Art. 1, co. 3, L. n. 833/78 istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale (SSN).

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Page 23: Dispensa a a 2010-2011

“complesso di funzioni e delle attività assistenziali dei servizi sanitari

regionali e delle altre funzioni e attività svolte dagli enti ed istituzioni di

rilievo nazionale” ( art.1, co. 1, D.Lgs. n. 229/99).

Non va scordato che il cambiamento introdotto dalla L. n. 833/78 è

stato uno degli eventi politico-sociali più rilevanti degli ultimi anni. Si è

passati dal sistema mutualistico-ospedaliero, frammentario e scarsamente

efficace nella prevenzione e nella riabilitazione, ad un nuovo sistema di

sicurezza sociale finalizzato a una migliore razionalizzazione delle risorse e

privilegiante la prevenzione rispetto alla diagnosi e alla cura.

L'attuazione del SSN compete allo Stato, alle regioni e agli enti locali

territoriali, questa articolazione è impostata verticalmente su tre livelli -

statale, regionale, locale -nel corso degli anni e con riforme successive

sanitarie ha perso la natura centralistica con cui era stata disegnata

inizialmente, favorendo successivamente un processo di decentramento in

cui le regioni diventano centri di imputazione di responsabilità gestionali

dal punto di vista dei programmi, dell'organizzazione e della finanza.

Illustrato sinteticamente il SSN e precisata la valenza regionale nella

tutela della salute tanto per l’erogazione della stessa, quanto per la

gestione del personale ad essa afferente, è utile fornire una connotazione

dimensionale al personale occupato nel comparto. Principalmente per un

fine esclusivamente classificatorio per meglio comprendere le suddivisioni

previste nelle aziende sanitarie, secondariamente per dimensionare il

settore, pur sempre appartenente al comparto, del nostro studio: le

professioni sanitarie.

Le tabelle seguenti si riferiscono al personale occupato nel SSN,

ovvero quello impiegato nelle Aziende Sanitarie Locali (ASL) e negli

Ospedali e/o Case di Cura gestite direttamente dalle stesse ASL e del

personale dipendente dalle

Aziende Ospedaliere (AO).

Fig.1: Personale dipendente SSN per ruolo. A. 2006 (Fonte: Min. salute)

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Fig. 2: personale dipendente per Regione e per ruolo. Anno 2006. (Fonte: Min. salute)

La classificazione del personale delle aziende sanitarie7 è

naturalmente complicata dalla storia del sistema stesso e dalla sua

normativa, che hanno introdotto categorie di analisi e terminologie

specialistiche tipiche del settore sanitario le quali, nelle pubbliche aziende,

si intersecano anche con le suddivisioni del pubblico impiego. A questi

elementi vanno quindi aggiunte le complessità dovute alla frammentazione

delle qualifiche degli operatori sanitari. Tant'è che alcune classificazioni

abrogate continuano a tuttavia ad essere utilizzate nella quotidianità delle

7 Per “azienda sanitaria”, in questa sede, s’intende genericamente qualunque organizzazione del settore: Az. ospedaliera, Az. Sanitaria Locale, Case di cura ecc.

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Page 25: Dispensa a a 2010-2011

aziende, la normazione legislativa si sovrappone, spesso confondendosi,

con quella derivante dai Ccnl e dalla contrattazione decentrata aziendale.

Rimane comunque necessario cercare di adottare un metodo classificatorio,

pur senza necessariamente vedere la prevalenza di uno sull’altro, per

meglio comprendere il fenomeno.

I più diffusi sistemi di classificazione del personale sanitario, possono

essere ricondotti sotto quattro tipologie principali:

il Ccnl di applicazione;

il ruolo di appartenenza;

le categorie di appartenenza (per il personale non catalogabile

nella cosiddetta "area dirigenziale");

il profilo professionale (per il personale non appartenente all’"area

dirigenziale").

2.2.1) Classificazione secondo il Ccnl di applicazione

Ai dipendenti Servizio Sanitario Nazionale (escluso quindi il personale

universitario che dipende da Ministero dell'istruzione, dell'Università della

ricerca scientifica e pertanto ad esso viene applicato il contratto di

quell'amministrazione) si applicano tre diversi tipi di contratto:

il Ccnl della Dirigenza area III (amministrativa, sanitaria, tecnica e

professionale);

il Ccnl della Dirigenza area IV (medica e veterinaria);

il Ccnl del Comparto.

Quello che riguarda i nostri fini è quest'ultimo poichè si riferisce a

tutto il personale non rientrante nelle cosiddette Aree dirigenziali8 anche se

il termine "comparto" dà luogo a qualche ambiguità. In senso proprio

indica una partizione di pubbliche amministrazioni: comparto scuola,

comparto sanità, forze di polizia, ministeri ecc. pertanto non si potrebbe

parlare di un unico Ccnl del "comparto Sanità". Ai nostri scopi si ritiene

tuttavia corretto parlare di "personale del comparto" se da questo 8 Le Aree dirigenziali, con riferimento alla contrattazione collettiva pubblica, sono:

Area I aziende e ministeri; Area II regioni e autonomie locali; Area V scuola; Area VI agenzie fiscali ed enti pubblici non economici; Area VII ricerca e università; Area VIII presidenza del Consiglio dei Ministri.

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Page 26: Dispensa a a 2010-2011

personale si intende escluso il personale con qualifica dirigenziale. In ogni

caso, il termine "comparto" ha acquisito questo significato per l’utilizzo

adottato nell’ambito delle relazioni sindacali. Pertanto possiamo ritenere

come sinonimi le espressioni "comparto", personale "non dirigente",

personale "delle categorie", personale "non medico".

2.2.2) Classificazione secondo il ruolo di appartenenza

Questa classificazione discende dal DPR 20 dicembre 1979, n. 761:

stato giuridico del personale delle unità sanitarie locali. Il decreto

disponeva che il personale del SSN fosse inquadrato in ruoli nominativi

regionali istituiti e gestiti dalle regioni stesse. Le regioni pertanto

suddividevano il personale secondo ruoli di appartenenza. Si distingueva un

ruolo sanitario, un ruolo professionale, un ruolo tecnico, un ruolo

amministrativo (art. 1).

Ruolo sanitario: in questo ruolo sono collocati i dipendenti iscritti ai

rispettivi ordini professionali, ove esistono, che esplicano in modo diretto

attività inerenti alla tutela della salute. Quindi: medici, odontoiatri,

farmacisti, veterinari, biologi, chimici, fisici e psicologi. Nonché: personale

infermieristico, tecnico-sanitario, della riabilitazione e della prevenzione.

Ruolo professionale: dipendenti, non compresi nel ruolo sanitario, i

quali, nell'esercizio della loro attività, assumono a norma di legge

responsabilità di natura professionale e sono tenuti, per svolgere l'attività

stessa, all’iscrizione in Albi professionali. Quindi: avvocati, ingegneri,

architetti e geologi, nonché personale di assistenza religiosa.

Ruolo tecnico: dipendenti che esplicano funzioni inerenti ai servizi

tecnici di vigilanza e di controllo, generali o di assistenza sociale. Quindi:

statistici, sociologi, assistenti sociali, operatori socio-sanitari (Oss),

operatori e assistenti tecnici, programmatori, operatori tecnici addetti

all'assistenza (Ota).

Ruolo amministrativo: dipendenti che esplicano funzioni inerenti ai

servizi organizzativi, patrimoniali e contabili. Quindi: dirigenti

amministrativi, collaboratori professionali, assistenti e coadiutori

amministrativi.

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Page 27: Dispensa a a 2010-2011

L'iscrizione ai suddetti ruoli nominativi derivava dal possesso dei

requisiti culturali e professionali necessari alla tipologia di lavoro da

svolgere.

È opportuno precisare che il Ccnl del 7 aprile 1999 ha introdotto un

nuovo sistema di classificazione del personale. In particolare ha

disapplicato le posizioni funzionali previste dal DPR n. 761/79, sostituendole

con le categorie e i profili professionali indicati nella tabella allegata al

contratto stesso. Questa suddivisione è stata a sua volta modificata da un

successivo Ccnl integrativo.

2.2.3) Classificazione secondo le categorie

Questo terzo metodo classificatorio, valido per il personale del

comparto del SSN, inquadra i dipendenti secondo quattro macro-categorie:

A, B, C, D. Più precisamente sono previste altre due categorie (cosiddette

funzionali) incluse nella "B" e nella "D": la Bs (super) e la Ds (super). La

fonte, come detto, di questa ripartizione è di tipo contrattuale (Ccnl-

integrativo 20 settembre 2001, All. 1) ed è tuttora vigente.

Ciascuna categoria, in sostanza, è individuata tramite la descrizione

dei requisiti indispensabili (cd. Declaratorie) per l'inquadramento

nell'ambito della categoria stessa. Tali requisiti corrispondono a livelli

omogenei di competenze, conoscenze e capacità necessarie per

l'espletamento dell'attività lavorativa.

L'importanza della suddivisione del personale del comparto si fonda

non tanto e non solo sotto l'aspetto gerarchico (progressioni verticali) con

le conseguenti differenziazioni retributive, bensì anche per

contraddistinguerlo in base alle qualifiche richieste per l'accesso, come ad

esempio il diploma di laurea per le professioni sanitarie (categoria D) o

corsi professionali-formativi come per il personale Oss (categoria B e Bs).

Infatti ogni dipendente, a sua volta, è inquadrato nella corrispondente

categoria del sistema di classificazione in base al proprio profilo di

appartenenza.

CATEGORIA A: appartengono questa categoria i lavoratori che

ricoprono posizioni che richiedono capacità manuali generiche per lo

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Page 28: Dispensa a a 2010-2011

svolgimento di attività semplici ed autonomia esecutiva e responsabilità,

nell'ambito di istruzioni fornite e riferite al corretto svolgimento della

propria attività:

- ausiliario specializzato;

- commesso.

CATEGORIA B: in questo ambito sono collocate posizioni del lavoro

che richiedono conoscenze teoriche di base e relative allo svolgimento dei

compiti assegnati, capacità manuali e tecniche specifiche e riferite alle

proprie qualificazioni e specializzazioni professionali, nonché autonomia e

responsabilità nell'ambito di prescrizioni di massima:

- operatore tecnico;

- operatore tecnico addetto all'assistenza (NOTA: Ota: profilo ad

esaurimento contestuale all'istituzione del profilo dell'operatore socio-

sanitario. Art.4, co1, Ccnl integrativo, 20 settembre 2001);

- coadiutore amministrativo;

- coadiutore amministrativo esperto (Bs);

- puericultrice (Bs);

- operatore tecnico specializzato (Bs);

- operatore professionale di seconda categoria;

- operatore socio-sanitario (Bs); (NOTA: Oss: profilo professionale alla

cui istituzione provvedono le aziende sanitarie con oneri a proprio carico e

sostitutiva, dopo la frequenza di appositi corsi formativi, della figura

dell’Ota).

CATEGORIA C: questa posizione di lavoro richiede conoscenze

teoriche specialistiche di base, capacità tecniche elevate per

l'espletamento delle attribuzioni, autonomia e responsabilità secondo

metodologie definite da precisi ambiti di intervento operativo proprio del

profilo, eventuale coordinamento e controllo di altri operatori con

l'assunzione di responsabilità dei risultati conseguiti. Appartengono altresì a

questa categoria i lavoratori che ricoprono posizioni che richiedono

conoscenze teoriche pratiche nonché esperienza professionale e

specialistica maturata nel sottostante profilo unitamente a capacità

tecniche elevate per l'espletamento delle attribuzioni, autonomia e

-28-

Page 29: Dispensa a a 2010-2011

responsabilità secondo metodologie definite e precisi abiti di intervento

operativo proprio del profilo, eventuale coordinamento e controllo di altri

operatori con l'assunzione di responsabilità dei risultati:

- ruolo sanitario:

i. puericultrice esperta

ii. infermiere generico o psichiatrico con un anno di corso

esperto (ad esaurimento)

iii. massaggiatore o massofisioterapista esperto (ad

esaurimento)

- ruolo tecnico:

i. assistente tecnico

ii. programmatore

iii. operatore tecnico specializzato esperto

- ruolo amministrativo:

i. assistente amministrativo

CATEGORIA D: in questo ambito opera personale con posizioni di

lavoro che richiedono, oltre a conoscenze teoriche specialistiche e/o

gestionali in relazione dei titoli di studio e professionali conseguiti,

autonomia e responsabilità proprie, capacità organizzative, di

coordinamento e gestionali caratterizzate da discrezionalità operativa

nell'ambito di strutture operative semplici previste dal modello

organizzativo aziendale.

Appartengono altresì a questa categoria, nel livello economico D

super (Ds), i lavoratori che ricoprono posizioni di lavoro che, oltre a

conoscenze teoriche specialistiche e/o gestionali in relazione ai titoli di

studio professionali conseguiti, richiedono a titolo esemplificativo e anche

disgiuntamente: autonomia e responsabilità dei risultati; ampia

discrezionalità operativa nell'ambito delle strutture operative di

assegnazione; funzione di direzione e coordinamento, gestione e controllo

di risorse umane; coordinamento di attività didattica; iniziative di

programmazione e proposta.

Di questa categoria, o meglio: dei profili professionali sanitari

afferenti ad essa, ce ne occuperemo oltre:

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Page 30: Dispensa a a 2010-2011

- collaboratori professionali sanitari (ruolo sanitario);

- assistente religioso (ruolo amministrativo);

- collaboratore professionale-assistente sociale (ruolo tecnico);

- collaboratore tecnico-professionale (ruolo tecnico e/o

amministrativo);

- collaboratore amministrativo-professionale (ruolo

amministrativo);

- collaboratore professionale sanitario esperto (ruolo sanitario-

Ds);

- collaboratore professionale-assistente sociale esperto (ruolo

tecnico-Ds);

- collaboratore tecnico-professionale esperto (ruolo tecnico e/o

amministrativo-Ds);

- collaboratore amministrativo-professionale esperto (ruolo

amministrativo-Ds).

2.2.4) Classificazione secondo il profilo professionale

Il quarto sistema si fonda direttamente sul sistema delle professioni e

si basa sui profili professionali. Tali profili, in ambito sanitario, sono il

risultato della regolamentazione pubblica finalizzata a tutelare gli utenti e

la qualità delle prestazioni. Proprio per l'incidenza sul diritto alla salute la

classificazione si applica sia al personale delle aziende pubbliche sia a

quello delle aziende private.

Questo metodo, con riferimento alle sole professioni sanitarie del

comparto, è coerente al percorso formativo previsto da diverse riforme

succedutesi nel tempo. Basti sapere che il metodo dei profili professionali

dettaglia ulteriormente, rispetto a quanto fatto dalla classificazione per

categorie, i requisiti formativi e professionali di accesso.

Ogni figura professionale sanitaria del comparto è infatti disciplinata

da un apposito Decreto Ministeriale. Ad esempio: infermiere il DM n.

739/1994; ostetrica/o il DM n. 740/1994; dietista il DM 744/94 ecc.

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Page 31: Dispensa a a 2010-2011

Per il Tsrm è il DM n. 746/94 che ne definisce il profilo professionale

e lo identifica come "operatore sanitario che è in possesso del diploma

universitario abilitante e dell'iscrizione all'albo professionale, è responsabile

degli atti di sua competenza ed è autorizzato ad espletare indagini e

prestazioni radiologiche" (art. 1, co 1).

La riforma (L. n. 251/00) ha previsto quattro macro-aree di professioni

sanitarie del comparto in cui inscrivere i profili:

- infermieristiche e ostetriche;

- della riabilitazione;

- tecniche (suddivise in tecnico-diagnostiche e tecnico-

assistenziali);

- della prevenzione.

2.3) L’aspetto dimensionale

Un utile ed aggiuntivo riferimento sulla rilevanza delle figure

professionali che operano nel sistema e sempre con riferimento alle 22

"professioni sanitarie" oggi previste, è una dimensione quantitativa del

fenomeno.

Le professioni numericamente più rilevanti sono quelle

infermieristiche (circa 300.000, pari al 58% dei professionisti in attività);

seguita dai fisioterapisti (circa 40.000), tecnici di laboratorio e tecnici di

prevenzione dell'ambiente e nei luoghi di lavoro (circa 30.000 per ciascuna

delle due professioni); educatori professionali (25.000) e tecnici di

radiologia (21.000).

Professioni (ex Classi di Laurea DM 2aprile 200 e DM 29 marzo

2001 )Operatori

Posti disponibili

lauree a.a.

2004/05

Infermieristiche-ostetriche 327.000 13.578

Infermiere 301.000 12.311

Infermiere pediatrico 10.500 201

-31-

Page 32: Dispensa a a 2010-2011

Ostetrica 15.500 1066

Riabilitative 82.700 4637

Educatore professionale 25.000 650

Fisioterapista 40.000 2267

Logopedista 8000 488

Ortottista 3000 256

Podologo 1200 183

Tecnico all'educ. e riabil. psich. e psicosociale 3000 308

Terapista della neuro e psicomotr. dell’età evolutiva 1500 289

Terapista occupazionale 1000 196

Tecniche sanitarie (aree: assistenziale e diagnostica) 67.300 3982

Dietista (area assistenziale) 3000 370

Igienista dentale (area assistenziale) 2200 543

Tecnico ortopedico (area assistenziale) 3000 143

Tecnico audioprotesista (area assistenziale) 2200 244

Tecnico fisiopatol. cardiocircolat. e perfusione cardiovasc. (area

assistenziale)

3000 180

Tecnico sanitario di laboratorio biomedico (area diagnostica) 30.000 1014

Tecnico di neurofisiopatologia (area diagnostica) 1500 241

Tecnico audiometrista (area diagnostica) 1200 107

Tecnico sanitario di radiologia medica (area diagnostica) 21.200 1140

Tecniche della prevenzione 38.000 960

Assistente sanitario 8000 198

Tecnico della prev. nell'ambiente e nei luoghi di lavoro 30.000 762

Totale 515.000 23.157

Fig.3: le 22 professioni sanitarie, n. operatori e posti disponibili a.a. 2004/05 . (Elaborazione da: De Pietro C., p. 34 ).

Un tempo, il settore sanitario, si caratterizzava per una forte

prevalenza maschile tra i medici e una forte prevalenza femminile tra il

personale infermieristico. Negli ultimi anni tuttavia si è avuta una decisa

femminilizzazione dell'intero pubblico impiego in generale e del settore

sanitario in particolare il quale, dopo il comparto scuola, è quello che vede

occupato il maggior numero di donne (v.figg. 4 e 5).

-32-

Page 33: Dispensa a a 2010-2011

Fig.4: personale a tempo indeterminato. Valori assoluti e percentuali di presenza femminile nei comparti di contrattazione. (Fonte: Ministero dell'Economia e delle Finanze).

Fig.5: fonte: Min. Salute.

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Page 34: Dispensa a a 2010-2011

Fig 6: fonte: Annuario statistico del SSN, anno 2006.

-34-

Page 35: Dispensa a a 2010-2011

CAPITOLO II: il Tsrm, aspetti storico-

normativi

1) Aspetti storici

1.1) Introduzione

La L. n. 251/00 avvia definitivamente la divisione delle figure sanitarie

del Comparto in quattro aree professionali: infermieristica e ostetrica

(art.1), riabilitativa (art.2), tecnico-sanitaria (art.3) e, infine, della

prevenzione (art.4).

In particolare, il Tsrm è tra gli operatori delle professioni sanitarie

dell'area tecnico-diagnostica e dell'area tecnico-assistenziale che

“svolgono, con autonomia professionale, le procedure tecniche necessarie

all'esecuzione di metodiche diagnostiche e su materiali biologici o sulla

persona, ovvero attività tecnico-assistenziale, in attuazione di quanto

previsto nei regolamenti concernenti l'individuazione delle figure e dei

relativi profili professionali definiti con decreto del Ministro della sanità”.

Le due aree distinte delle professioni tecnico- sanitarie, previste dalla

L. 251/00, sono così schematizzate:

Area Tecnico-Diagnostica Area Tecnico-Assistenziale

Tecnico audiometrista Tecnico Ortopedico

Tec. Sanit. di Laboratorio biomedico Tecnico Audioprotesista

Tecnico Sanitario di Radilogia MedicaTecnico di Fisopatologia Cardiocircolatoria e

Perfusione Cardiovascolare

Tecnico di Neurofisiopatologia Igienista Dentale

Dietista

L’attuale collocazione tuttavia non è sempre stata così pacifica. Al

contrario: le origini della professione del Tsrm sono state particolarmente

-35-

Page 36: Dispensa a a 2010-2011

travagliate, per non dire combattute, allo scopo di riuscire ad inserire

questa attività professionale nelle moderne professioni sanitarie.

Pur non discutendo in questa sede sul dettato legislativo che le

professioni tecnico-sanitarie, quindi il Tsrm, sono le uniche del comparto

che si occupano di "procedure tecniche", diversamente dalle altre che si

occupano di "attività", è tuttavia utile osservare come le due definizioni

siano diverse. La prima parrebbe richiamare compiti predefiniti, ristretti,

limitando così la discrezionalità del professionista; la seconda lascerebbe

invece, data la vaghezza del termine, maggior spazio alla discrezionalità

decisionale del professionista stesso.

La forte spinta, in senso evoluzionista, della società ha condotto a

profonde modifiche in svariati ambiti: economici, sociali e tecnologici. Tale

processo non poteva ignorare anche l’aspetto sanitario, o meglio: la diversa

e maggiore percezione dei cittadini sulle speranze riposte nella moderna

medicina, la loro fiducia nelle nuove tecnologie applicate al settore e, non

da ultimo, la consapevolezza dei loro diritti a tutela della salute.

E’ evidente che, alla luce di tali premesse, non si potesse prescindere

da una riforma dell’intero settore delle professioni sanitarie in generale tra

cui quella radiologica, la quale, com’è noto, è particolarmente influenzata

dai progressi tecnico-scientifici. Basti come esempio citare i progressi

avvenuti sulle apparecchiature quali ecografi, TC e RMN: la loro capacità di

fornire immagini diagnostiche è stata esponenziale. Si è passati da

immagini con scarso potere risolutivo a iconografie, a dir poco, paragonabili

alla realtà anatomica. Questo è dovuto, chiaramente, ai progressi sia nel

campo dei materiali, sia, forse con maggior importanza, nel campo

informatico applicato alle scienze biomediche. Immaginiamo il passaggio

dalla radiologia analogica a quella digitale e la velocità nella ricostruzione

delle immagini nella TC e nella RMN.

Da questi motivi il passaggio dalla tradizionale definizione di area

“radiologica” ad area di “diagnostica per immagini” in cui la radiazione X

non è più l’unica attrice anche se, è opportuno sottolinearlo, ne rimane ad

oggi la protagonista.

-36-

Page 37: Dispensa a a 2010-2011

E’ pertanto evidente che la preparazione del Tsrm non poteva

rimanere ristretta a poche nozioni bensì ha dovuto adeguarsi alle nuove

istanze, le quali, oltre a modificare l’area delle competenze professionali di

base (conoscenza delle tecnologie informatiche, elettroniche, biologiche),

richiedono ora competenze cosiddette trasversali ovvero legate alla

capacità di adattamento al nuovo processo prestazionale nell’erogazione

del servizio in ambito ospedaliero. Ci si riferisce inevitabilmente alla

capacità di relazionarsi con figure professionali diverse e non più legate

esclusivamente al medico radiologo. In realtà il Tsrm deve ora offrire la

propria prestazione professionale all’esterno dei Servizi di radiologia ed a

contatto con professionisti diversi: il riferimento è al lavoro nelle sale

operatorie, nei centri cardiologici, nei servizi di fisica sanitaria ecc. (la c.d.

attività radiologica complementare).

Questa visione è coerente con la nuova pratica clinica: un complesso

approccio multidisciplinare, più o meno intenso in funzione dell’obiettivo

clinico, coinvolgente molteplici figure sanitarie tutte indirizzate ad una

soluzione comune. E’ sottinteso, sempre, che nel progredire di questo

processo mai dovrà essere dimenticato l’obiettivo principale: la persona,

tanto sotto l’aspetto fisico quanto quello psichico. E’ ormai patrimonio

comune la conoscenza di quanto rilevi il dialogo nel trattamento

diagnostico: la parola, il tono, i modi sono le genetiche armi del trattamento

terapeutico. L’affermazione si sostiene da sé semplicemente

esemplificando il lavoro presso i centri di screening, nelle radioterapie, nei

Pronto Soccorsi, nei centri oncologici.

1.2) La nascita dei Tsrm

Sotto il profilo sociologico i processi di professionalizzazione sono

stati ampiamente studiati e ne sono state elaborate diverse e talvolta

contrastanti teorie. Ai nostri scopi e senza pretesa di esaustività, adottiamo

la teoria di Tousijn9 che bene si colloca nel contesto europeo.

Secondo Tousijn lo sviluppo professionalizzante si basa su quattro

elementi pur non necessariamente concatenati da un punto di vista

temporale o sequenziale:

9 W. Tousijn:: Il sistema delle occupazioni sanitarie. 2000

-37-

Page 38: Dispensa a a 2010-2011

1. una base cognitiva, ovvero l’ individuazione di un insieme di

conoscenze sulla quale nasce e si sviluppa la professione. Questa

base cognitiva dovrà essere:

a. specifica, cioè identificabile con la professione;

b. codificata, cioè standardizzabile e quindi trasmissibile ma

non completamente per evitare il rischio che possa essere

acquisita da esterni;

c. dotata di un lessico scientifico non familiare;

d. rinnovabile;

e. capace di produrre risultati misurabili per legittimarne

l'appropriazione, ma non tanto da poter essere oggetto di

giudizio da parte di persone esterne ad essa;

2. nascita e sviluppo di scuole professionali, allo scopo di produrre

e trasmettere la propria base cognitiva e con preferenza di scuole

interne alle Università per il prestigio del gruppo e le possibilità di

successo.

3. Nascita e sviluppo delle associazioni professionali, protagoniste

della strategia di professionalizzazione e portatrici di istanze nel

contesto istituzionale, negoziando altresì spazi e confini e

gestendo politiche di espansione o di difesa. Questo aspetto è

particolarmente complesso in Italia. La presenza di forme

associative riconducibili ad Ordini o Collegi, le associazioni

scientifiche, le organizzazioni sindacali mono-professionali,

comportano spesso la nascita di conflitti.

4. Riconoscimento e protezione da parte dello Stato . Lo Stato

riconosce e tutela il monopolio dell'esercizio professionale, talvolta

entrando esplicitamente nel processo di abilitazione con un esame

che chiude il percorso formativo (esame di Stato).

Le quattro fasi non sono necessariamente cronologiche, anzi spesso

si sovrappongono e la descritta successione riveste senz'altro interesse in

quanto applicabile alla stragrande maggioranza delle professioni, compresa

quella del Tsrm.

-38-

Page 39: Dispensa a a 2010-2011

1.2.1) L'evoluzione della base cognitiva e la nascita delle prime

scuole

Il primo periodo va dalle prime applicazioni delle radiazioni alla

graduale trasformazione di queste, a cavallo tra i secoli XIX e XX fino agli

anni ‘40, quale strumento scientifico professionale integrato nel campo

della medicina. Nascono le società scientifiche di radiologia e inizia la

presenza, nelle radiodiagnostiche e radioterapie, di personale assimilabile

al tecnico di radiologia.

La scoperta dei Raggi X (8 novembre 1895), ad opera del professor

Wilhelm Conrad Röntgen (1845-1923) dell'Università di Wurzburg e per

la quale nel 1901 gli fu conferito il premio Nobel per la fisica, diede inizio ad

una nuova epoca in campo medico.

Già nel 1896, in Germania, in alcuni gabinetti radiologici il medico era

affiancato da personale di supporto perché questa nuova disciplina si

basava sull'utilizzo di macchinari piuttosto complessi. Inizialmente furono

gli elettricisti ed i fotografi ad affiancare i medici nell'eseguire le radiografie

e solo successivamente furono create delle scuole speciali per la

formazione e l'addestramento in materia di radiazioni. Storicamente è in

questo periodo che i medici, in generale, pongono le fondamenta sociali e

giuridiche della propria posizione di predominio sulle altre occupazioni

sanitarie.

Questa nuova tecnologia richiedeva un sistema di sapere che

avrebbe condotto alla istituzionalizzazione della radiologia come branca

della medicina a sè stante. L'immagine radiografica, poco più di un insieme

di grigi indefiniti, era inizialmente monopolio di pochi specialisti portatori di

una nuova scienza. Quest'ultima era legata al progresso nel campo medico-

scientifico passando nel tempo dall'interpretazione di immagini

macroscopiche, ormai alla portata di molti, ad immagini sempre più

complesse e dovute: all'introduzione dei mezzi di contrasto,

all'accorciamento dei tempi di esposizione, allo sviluppo di nuove tecniche

di studio che consentivano di isolare singoli segmenti anatomici (ad

esempio con la tomografia o stratigrafia). Tale nuova iconografia non

poteva che essere nuovamente dominio di pochi cultori.

-39-

Page 40: Dispensa a a 2010-2011

Dopo gli anni ‘20 nascono nuove occupazioni in funzione del processo

produttivo sanitario, la professione medica è gravata da sempre maggiori

compiti lavorativi vecchi e nuovi e pertanto cede o delega parte delle

proprie attività alle nuove figure professionali. La delega tuttavia mantiene

il controllo sull'attività, tale controllo si esercita in modo diretto

sull'esecuzione dei compiti sanitari ed in modo indiretto sotto l'aspetto

funzionale, gerarchico, istituzionale e scientifico. Alla figura dei

collaboratori dei radiologi venivano delegate attività preparatorie o ancillari

per consentire al medico di concentrarsi sull'attività di diagnosi e cura.

Questi primi collaboratori sono senz'altro identificabili con i Tsrm.

A partire da gli anni ‘30, ci si rese conto che non bastava più la

pratica quotidiana per l'esecuzione dei compiti affidati e fu gioco forza

passare da una conoscenza esclusivamente empirica ad una più scientifica.

Venne pubblicato il primo manuale di tecnica radiologica: "Tecnica

Radiodiagnostica", nella cui prefazione si legge: "il libro è dedicato

anzitutto i tecnici radiologi, a quella categoria, cioè di modesti e preziosi

collaboratori del medico specialista, dall'abilità dei quali dipende tanta -

spesso misconosciuta - parte della fortuna di un istituto di radiologia".

Uno dei primi corsi formativi per "Assistenti tecnici di laboratorio

radiologico" nasce nel 1939-1940 a cura della Croce Rossa Italiana presso

la Regia Università di Milano ed è riservato a 20 infermiere della CRI.

Solo nel 1954 venne attivata, a Roma, una scuola avente finalità ed

ordinamento speciale che assunse la denominazione di Istituto

professionale per l'industria e l'artigianato "E. De Amicis". Nel 1958 prese

avvio un corso triennale per "Tecnico di impianti radiologici". La

sperimentazione finì nel 1965.

1.2.2) L'associazionismo professionale

Verso la metà degli anni '50 la categoria si riunì in un'associazione

chiamata Unione Nazionale Tecnici Radiologi (UNTR) adottando come

parole chiave "unione e professionalità". In quel periodo, è opportuno

ricordarlo, iniziò una ricerca particolarmente faticosa e contrastata da una

difficile identità e da un ristretto spazio occupazionale. Il lavoro nelle

-40-

Page 41: Dispensa a a 2010-2011

strutture sanitarie, ben diverso da oggi, era basato su motivazioni di tipo

missionaristico, ovvero un'assistenza sanitaria dei bisognosi ma elusiva dei

problemi di fondo di un'equa distribuzione e di facile accesso a tutti sull'uso

di beni e servizi. Il periodo era altresì caratterizzato da bassi salari, turni

pesanti, assenza di diritti sindacali e abusi professionali e con una

sottomissione totale e rispettosa dalla scala gerarchica. La tutela sindacale

degli operatori farà accesso dopo più di un ventennio.

L’UNTR era una associazione apolitica e che propose un programma

chiaro e condiviso con quanto stabilito dalle norme internazionali di

radiologia.

Nel 1960 fu pubblicato dall'Inail il "Manuale del Tecnico di radiologia

medica", curato da personale medico. I contenuti riguardavano nozioni di

fisica, elementi di anatomia, apparecchiature, tecnica radiologica senza e

con mezzi di contrasto, nozioni di tecnica foto-radiografica, terapia fisica,

radioprotezione e legislazione. Alcuni tecnici di radiologia componenti

l'associazione, come il collega Velardi Colasanti, cercavano di sviluppare in

questi anni anche la base cognitiva dei tecnici creando una casa editrice, la

LEVI, che pubblicò i "Quaderni di anatomia e tecnica radiologica" e il

"Manuale pratico di tecnica radiologica".

I primi anni ‘60 videro l'intera categoria dei tecnici di radiologia

rappresentata da un'organizzazione forte e coesa: l’Associazione Nazionale

Tecnici Italiani Radiologia (ANTIR) che si sostituì alla precedente UNTR nel

1964: un'associazione di questo tipo non poteva che avere conflitti con gli

altri sindacati del settore sanitario.

Nel 1964 l'Italia recepì le direttive Euratom sull'impiego pacifico

dell'energia nucleare. Sulla spinta dell’ANTIR arrivò la "Regolamentazione

giuridica dell'esercizio dell'arte ausiliaria di tecnico di radiologia medica" e

immediatamente la L. 4 Agosto 1965, n. 1103 che definì le prime regole

e modalità di accesso alle scuole. Non più gestite da enti privati e pubblici

ma soltanto da istituti universitari e ospedali pubblici, previa domanda al

Ministero della sanità. L'accesso alla scuola era consentito a coloro che

possedevano il diploma di istruzione secondaria di primo livello (terza

media) con un'età compresa fra i 17 ed i 32 anni. Risultava titolo

preferenziale, ai fini dell’ammissione, il possesso di un altro diploma

-41-

Page 42: Dispensa a a 2010-2011

professionale. La legge definì il processo evolutivo dei tecnici diplomati

prospettando loro il riconoscimento statale e l'autonomia professionale,

questo grazie all'istituzione della Federazione Nazionale dei Collegi

provinciali al fine di garantire maggiore prestigio alla categoria attraverso il

controllo sullo svolgimento dell'attività professionale. S’introdusse la

triennalità del corso.

L’ANTIR chiese con sollecitudine l'emanazione del regolamento

esecutivo della L. 1103/65 ma che uscì solo tre anni dopo: il DPR 6 marzo

1968, n. 680, in cui si stabiliva che i docenti dovessero essere scelti nella

facoltà di medicina e chirurgia o da altre facoltà universitarie e tra i medici

degli ospedali pubblici. Tuttavia l'insegnamento poteva essere affidato

anche ad altri esperti muniti del diploma di abilitazione professionale e

iscritti negli appositi Albi professionali (art. 7).

Con il DM 19 aprile 1968 venne approvato il programma di

insegnamento delle scuole per Tecnici di radiologia medica istituite

secondo le previsioni della L n. 1103/65. Il programma prevedeva lezioni

teoriche, dimostrative ed esercitazioni di tirocinio.

L’ANTIR lavorò anche per la creazione di condizioni di sicurezza e di

tutela dal pericolo delle radiazioni nei confronti degli operatori e con il

riconoscimento di un elevato rischio nell'ambito lavorativo: l'indennità di

rischio da radiazioni. Fu introdotto anche il periodo aggiuntivo di quindici

giorni di congedo ordinario.

Nel 1970 si costituì la Federazione Nazionale Collegi Tecnici di

Radiologia Medica mentre l'associazione ANTIR si sciolse nel 1972 a

Roma per costituire il Sindacato Nazionale dei Tecnici di Radiologia Medica

( SNTRM).

In questi anni vennero istituite presso gli istituti universitari e i

pubblici ospedali alcune scuole per i Tsrm. Il limite di tali corsi formativi fu

rappresentato dall'incapacità di sviluppare la professione in termini di

autonomia e specificità funzionale. Questa situazione venne maggiormente

evidenziata attraverso il tirocinio che insegnava agli allievi quali erano i

reali rapporti di potere gerarchico interno all'ospedale, per cui gli allievi si

-42-

Page 43: Dispensa a a 2010-2011

abituarono inevitabilmente a considerarsi esecutori manuali delle direttive

del medico.

Sempre negli anni ‘70 la figura del Tsrm si uniformò agli standard

europei nell'impiego delle apparecchiature più evolute, ciò grazie anche

all'avvento di nuove metodiche di immagine derivate dall'evoluzione

tecnologico-informatica come la TAC (ora: TC) e la RMN. La prima scoperta

nel 1972 dal fisico A.M. Cormak e da G.N. Hounsfield, ingegnere capo dei

laboratori scientifici della casa discografica inglese EMI, valse ad entrambi il

premio Nobel per la medicina nel 1979. La seconda, scoperta come

fenomeno nel lontano 1946 da Bloch e Purcell e anche questi premiati nel

1952 con il premio Nobel per la fisica, fu introdotta in ambito radiologico

nel 1973 quando Lauterbur dimostrò la possibilità di ottenere informazioni

spaziali correlati al segnale di risonanza magnetica.

1.2.3) Il riconoscimento dello Stato: un atto anticipato ?

All'inizio del 1980, con la L. 31 gennaio 1983 n. 25: modifiche ed

integrazioni della legge 4 agosto 1965, n. 1103 (...) sulla regolamentazione

giuridica dell'esercizio dell'attività di tecnico sanitario di radiologia medica,

si incise profondamente sul profilo formativo. La legge stabilì

definitivamente che l'arte ausiliaria di tecnico di radiologia medica, di cui

alla L. n. 1103/65 è sostituita dalla professione di tecnico sanitario di

radiologia medica (art. 1).

L'accesso alla scuola prevedeva il diploma di scuola secondaria

superiore e inseriva un Tsrm, nominato dal Collegio, nelle commissioni di

esame allo scopo di dichiararne l'abilitazione professionale. Veniva inoltre

definita maggiormente l'attività operativa, tanto sotto l'aspetto delle

funzioni professionali (nella quale rientra tutto il campo della radiologia

medica e della radioprotezione), quanto sotto l'aspetto dell'autonomia di

servizio e la connessa responsabilità specifica tecnico-professionale degli

atti a loro attribuiti. Introdusse il reato di esercizio abusivo della

professione, secondo quanto sancito dall'articolo 348 del codice penale,

consentendo inoltre al magistrato il potere di ordinare la chiusura

-43-

Page 44: Dispensa a a 2010-2011

temporanea del servizio radiologico nel quale sia stata esercitata l’attività

abusiva.

La legge modificò i compiti del Tsrm andando a sostituire le

precedenti disposizioni (previste dal DPR n. 680/68) con un ampliamento

delle competenze e con una maggior autonomia rispetto al passato.

Per quanto attiene le scuole vi fu una cambiamento del programma

didattico pur conservando i tre anni della durata del corso. La direzione

delle scuole rimaneva affidata al direttore dell'istituto radiologico

universitario o al primario radiologo dell'ospedale in cui aveva sede il corso.

Unica nota di rilievo fu la possibilità di affidamento dell'insegnamento

professionalizzante e di docenza ad un Tsrm. Le scuole erano ciò

nondimeno ancora prive di un raccordo nazionale sul piano didattico.

Naturalmente l'introduzione della L. n. 25/83 ebbe forti conseguenze

anche nei posti di lavoro, in particolare tra i medici radiologi ed i tecnici in

quanto, secondo la citata normativa, il Tsrm poteva esercitare il proprio

lavoro anche senza la presenza del medico specialista.

"Tale situazione, evidenziata anche dalla carenza di medici radiologi

faceva sì che le radiologia nei turni pomeridiani e di notte erano, spesso,

presieduti da soli tecnici che dovevano rispondere tecnicamente ai quesiti

dei medici di pronto soccorso che grazie alle innovazioni tecnologiche, alla

maggior automazione dei macchinari e alla forte espansione della TC,

chiedevano l'aumento di prestazioni radiologiche spesso finalizzate

procedure medico legali"10. In sostanza anche un servizio di radiologia o,

più in generale, in un dipartimento di diagnostica per immagini, l’attività

organizzata soggiace alla regola generale secondo la quale, nei rapporti tra

professioni diverse, le “logiche non sono soltanto quelle organizzative ma

sono logiche professionali"11 spesso confliggenti ta loro.

Conseguentemente alla direttiva delle Comunità Europee del 21

dicembre 1988 che sanciva il diritto a una libera circolazione negli stati

membri anche dei professionisti Tsrm, negli anni ’90 e con una serie di

provvedimenti legislativi e amministrativi, fu innovato il sistema

universitario formativo della professione sanitaria in Italia.

10 F.Ascolese, P. Binetti, B.B.Zobel: Dal Core competence al core curriculum. 2008.11 W. Tousijn: op. cit.

-44-

Page 45: Dispensa a a 2010-2011

Nel 1994 il Ministro della Sanità (DM 26 settembre 1994 n. 746)

regolamentò il profilo professionale dei Tsrm congiuntamente a tutte le

altre 21 professioni sanitarie. Il citato decreto prevedeva l'individuazione

della figura del tecnico sanitario di radiologia medica con il seguente

profilo: "il tecnico sanitario di radiologia è l'operatore sanitario che in

possesso del diploma universitario abilitante e dell'iscrizione all'Albo

professionale, è responsabile degli atti di sua competenza ed è autorizzato

ad espletare indagini e prestazioni radiologiche" (art. 1).

Sinteticamente, nel menzionato Decreto, il profilo professionale

veniva ulteriormente precisato, compatibilmente a quanto

precedentemente previsto dalla L. n. 25/83, secondo quanto segue.

Il tecnico sanitario di radiologia medica:

- partecipa alla programmazione e organizzazione del lavoro;

- programma e gestisce l'erogazione di prestazioni di sua competenza in

collaborazione diretta con il medico radiodiagnosta, nucleare,

radioterapista e fisico sanitario;

- svolge la propria attività e strutture pubbliche, private, in rapporto di

dipendenza o libero-professionale;

- verifica e controlla la qualità;

- contribuisce alla formazione del personale di supporto e concorre

all'aggiornamento del proprio profilo professionale ed alla ricerca.

Il riordino della disciplina in campo sanitario avvenuta nel 1992

(D.Lgs. n. 502/92) introdusse nuove modalità per la formazione del

personale, delegando all'università il compito unico della formazione delle

professioni sanitarie.

Nello stesso periodo la Federazione Nazionale dei Collegi Professionali

dei Tsrm pubblicò il Codice Deontologico definendo anche le caratteristiche

etiche specifiche della professione.

Nell'anno accademico 1996-1997 avviene il passaggio della

formazione dalle scuole regionali all'università (secondo le previsioni del

D.Lgs. 502/92) introducendo così la formazione per mezzo dei corsi di

Diploma Universitario e sancendo quindi la fine del modello di scuola

-45-

Page 46: Dispensa a a 2010-2011

ospedaliera a favore di una formazione più consona alle professioni in

ambito sanitario.

L'ultimo periodo decisivo per i professionisti del comparto fu

introdotto dalla L. 26 febbraio 1999, n. 42: disposizioni in materia di

professioni sanitarie. Si stabiliva l'equipollenza ai titoli universitari dei

precedenti titoli abilitanti la professione, veniva altresì abrogato anche per

tutte le altre professioni sanitarie il vincolo del mansionario, ovvero una

mera della elencazione dei compiti da svolgere, a favore di una norma

aperta in cui si prevede che "il campo proprio di attività e di responsabilità

delle professioni sanitarie (...), è determinato dei contenuti dei decreti

ministeriali istituti dei relativi profili professionali e degli ordinamenti

didattici dei rispettivi corsi di diploma universitario e di formazione post-

base nonché dagli specifici Codici deontologici, fatte salve le

competenze previste per le professioni mediche e per le altre professioni

del ruolo sanitario (...)" (art. 1). Va tuttavia sottolineata la circostanza che il

nostro Decreto fa comunque salva, richiamandola, la L. n. 25/83 . Senz’altro

la L. n. 42/99 consente l’ampliamento della professione grazie alla

possibilità di interventi futuri nel settore formativo. È inoltre evidente,

grazie al richiamo operato dalla legge, il nuovo ruolo assunto dal Codice

Deontologico.

Infine, come menzionato, la riforma dei corsi di laurea su due cicli

(triennale e biennale) operato dal Decreto Ministeriale n. 509/99 conduce

alla trasformazione del Diploma Universitario a corsi di primo livello

(laurea). Proprio nell’esame finale è prevista la presenza di due membri del

Collegio Professionale allo scopo di attribuire valore di esame di Stato

abilitante all’esercizio professionale (Decreto interministeriale 2 aprile

2001, art. 6) .

E’ opportuno precisare che un riconoscimento da parte dello Stato era

già previsto dalla L. n. 1103/65 (art. 12) in cui si prevedeva che "l'effettivo

esercizio dell'arte ausiliaria sanitaria di tecnico di radiologia medica è

subordinato all'iscrizione all'Albo provinciale (...)", obbligo peraltro non

abrogato dalla successiva L. n. 25/83. È pertanto evidente, come

precedentemente detto, che in realtà le fasi della costituzione di una

professione non sono fasi necessariamente e cronologicamente distinte

-46-

Page 47: Dispensa a a 2010-2011

bensì frequentemente sovrapposte; si può anzi dire che il riconoscimento

da parte dello Stato fosse stato ottenuto già agli albori della professione. È

possibile concludere che di indiscusso rilievo è stata la spinta politico-

istituzionale a far sì che la nostra professione fosse da subito vigilata dallo

Stato.

2) La legislazione inerente la professione

Tsrm

Dopo l’accenno storico è necessario profilare quali limiti e quali poteri

competono al Tsrm. In verità, l’analisi della vigente normativa, non porta

verso una risposta univoca bensì ad una soluzione ricavata dalla lettura

combinata delle fonti normative e perciò con l’utilizzo di tecniche

interpretative.

L’approccio più semplice rimane quello cronologico.

2.1) La Legge 4 Agosto 1965, n. 1103

La L. n. 1103/65: : Regolamentazione giuridica dell’esercizio dell’arte

ausiliaria sanitaria di tecnico di radiologia medica, rappresenta

necessariamente il punto di partenza tanto per la comprensione

dell’aspetto normativo, quanto per quello evolutivo della professione.

Oltre a regolamentare accesso, tipologia e requisiti per l’avviamento

delle scuole, fornì anche il primo mansionario del Tsrm.

Secondo l’art. 11 al tecnico era consentito “svolgere le seguenti

mansioni”:

a. preparare l’ammalato secondo le istruzioni del medico radiologo;

b. effettuare tutte le manovre e le manualità coordinate dal medico

radiologo che ne rimane responsabile;

c. controllare l’efficienza degli apparati e la loro manutenzione,

d. eseguire il lavoro della camera oscura, della registrazione e della

archiviazione delle pellicole.

E’ fatto divieto ai tecnici di radiologia medica di fornire prestazioni fuori dai

gabinetti radiologici debitamente autorizzati, se non sotto il diretto

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Page 48: Dispensa a a 2010-2011

controllo e in presenza del medico radiologo, che ne assume, di volta in

volta, la responsabilità.

Questi i compiti e i limiti originari del Tsrm.

Ad essi veniva altresì vietata l’attività presso studi radiologici non

autorizzati salvo che l’attività non fosse svolta sotto diretto controllo di un

medico radiologo che era responsabile.

Da un lato la nuova disciplina imponeva l’obbligo, per gli enti pubblici

e privati che avevano personale dedicato all’utilizzo delle apparecchiature,

di assumere personale in possesso del diploma di abilitazione di tecnico di

radiologia medica (art. 13). Dall’altro inibiva l’attività abusiva sanzionando

il personale sprovvisto di titolo ad una multa e, in caso di recidiva, con

un’ulteriore multa, la reclusione da 15 a 30 giorni, la confisca del materiale

utilizzato per l’attività e la chiusura temporanea dei locali utilizzati (art. 16).

La Commissione esaminatrice, deputata alla valutazione del

candidato alla fine del corso, era composta da cinque membri: il direttore

della scuola (primario radiologo dell'ospedale presso cui ha sede la scuola,

oppure direttore dell'istituto universitario di radiologia), da un primario

radiologo di ruolo designato dall'ordine dei medici della provincia, da un

docente delle materie obbligatorie del corso di studi, da un rappresentante

del ministero della pubblica istruzione e infine, in qualità di segretario, da

un funzionario amministrativo del Ministero della sanità (art. 8, co. 2).

Ulteriore novità introdotta fu l’obbligatorietà dell’iscrizione all’Albo

professionale conservato presso i neonati Collegi provinciali. Collegi, a loro

volta, riuniti in una Federazione nazionale con sede a Roma (art. 16).

Questa disposizione fu ulteriormente rafforzata con l’espresso rinvio al

D.Lgs. C.P.S. del 13/09/1946, n. 233 : Ricostituzione degli Ordini delle

professioni sanitarie e per la disciplina delle professioni stesse inizialmente

indirizzata ai medici-chirurghi, veterinari, farmacisti ed ai Collegi delle

ostetriche.

E’ evidente che questo primo risultato ottenuto dalle associazioni

professionali non era di poco conto. Tant’e che, in tal modo, l’attività

professionale era vigilata dallo Stato poiché Ordini e Collegi sono classificati

come Enti ausiliari dello stesso diversamente quindi dalle Associazioni che

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hanno natura puramente volontaria e dotate di disciplina privatistica:

Regolamenti e Statuti liberamente approvati dagli iscritti.

L’art 19 delegava infine al governo la produzione del Regolamento

esecutivo della legge stessa entro sei mesi dall’entrata in vigore. Il

menzionato Regolamento trovò attuazione con il DPR n. 680/68.

2.2) Il DPR 6 Marzo 1968, n. 680

Il Decreto presidenziale: regolamento per l'esecuzione della

legge 4 agosto 1965, n. 1103, concernente regolamentazione

giuridica dell'esercizio dell'arte ausiliaria sanitaria di tecnico di

radiologia medica, era finalizzato a dettagliare quanto previsto dalla

precedente legge.

In particolare disponeva sui requisiti per l'istituzione delle scuole da

parte degli istituti universitari di radiologia e i pubblici ospedali dipendenti

da enti pubblici. La domanda, da presentare al Ministero della sanità,

doveva contenere l'indicazione dei mezzi finanziari per l'impianto ed il

funzionamento, la pianta e la descrizione dei locali destinati alla scuola, le

attrezzature necessarie, il regolamento contenente la disciplina relativa

all’organizzazione tecnica, finanziaria e amministrativa, il numero degli

allievi che possono frequentare la scuola.

Il Direttore della scuola doveva essere o il direttore dell'istituto

universitario di radiologia o il primario radiologo dell'ospedale presso cui ha

sede la scuola. Era il responsabile didattico-funzionale della scuola stessa

con compiti di vigilanza e controllo, presiedeva inoltre il consiglio degli

insegnanti.

Gli Insegnanti dovevano essere scelti tra docenti della facoltà di

medicina e chirurgia o di altre facoltà universitarie e tra i medici ospedalieri

dipendenti da enti pubblici. Una prima e timida novità fu introdotta per

quanto attiene la figura del Tsrm: l'insegnamento può essere affidato anche

ad altri esperti purché muniti del diploma di abilitazione per l'esercizio

dell'arte ausiliaria sanitaria di tecnico di radiologia e dell'iscrizione all'albo

professionale.

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Page 50: Dispensa a a 2010-2011

Gli Studenti potevano essere ammessi fin dall'età di 16 anni, purché

compissero il diciassettesimo entro il 31 dicembre dell'anno in cui veniva

presentata la domanda e, se minori di anni 21, con "l'esplicito consenso del

padre o di chi esercita la patria potestà o la tutela" (art. 10, co. 3).

L'ammissione alla scuola era secondo l'ordine cronologico di presentazione

della domanda, la frequenza era obbligatoria e la formazione prevedeva

lezioni teoriche, esercitazioni e tirocinio pratico. Agli allievi del primo anno

era escluso ogni contatto diretto con i pazienti, era loro consentito soltanto

frequentare le lezioni teoriche e le esercitazioni pratiche.

Il passaggio agli anni successivi era previsto tramite scrutinio finale

per ciascuna materia, mentre erano previste due sessioni, una estiva ed

una autunnale, per l'esame destinato al conseguimento del titolo di

abilitazione.

È in questo DPR che troviamo una prima integrazione del mansionario

(art. 24), anche se in realtà trattasi di disposizioni di dettaglio con espresso

riferimento al punto b) dell'art. 11 della L. n. 1103/6512. In particolare,

precisando che: "il tecnico di radiologia cura l'esecuzione degli esami

radiografici prestabiliti dal medico radiologo", le operazioni di spettanza del

Tsrm sono:

a) inserimento dell'apparecchio sulla linea di esercizio;

b) prefissione dei dati radiografici secondo il tipo di radiografia da

eseguire;

c) disposizioni del paziente sul tavolo radiologico;

d) centratura del tubo radiogeno sull'organo da esaminare e

collocazione della cassetta radiografica;

e) inserimento del commutatore per l'emissione dei raggi x.

Inoltre il "tecnico di radiologia su disposizione e sotto la responsabilità del

medico radiologo (...) può curare direttamente l'esecuzione degli esami

radiografici semplici (torace, ossa, schermografia) anche senza la presenza

del medico radiologo. In nessun caso il tecnico radiologo può curare

12 Art. 11, lett. b): effettuare tutte le manovre e le manualità coordinate dal medico radiologo che ne rimane responsabile.

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l'esecuzione di esami radioscopici o contrastografici senza la costante

presenza del medico radiologo".

È evidente che la figura del Tsrm rimane ancora molto condizionata

dalla presenza funzionale del medico radiologo anche se, negli esami

tradizionali, quindi quelli maggiormente incidenti nell'attività radiologica,

inizia a profilarsi un certo affrancamento dallo specialista radiologo. Il DPR

n. 680/68 stabiliva altresì i compiti dei tecnici addetti reparti di

radioterapia.

Con questo Decreto può dirsi conclusa una prima fase, sotto l'aspetto

strettamente legislativo, di regolamentazione di una professione sanitaria

ancora giovane e destinata a crescere ulteriormente.

E’ necessario ricordare che questi primi risultati, che solo un

inadeguato senso storico può definire scarsi, non sono certo nati

magicamente, bensì grazie ai colleghi delle nostre Associazioni che hanno

creduto nella nostra professione e si sono prodigati, nelle opportune sedi

politico-istituzionali, a vincere le resistenze al cambiamento rappresentate,

anche, da interessi di tipo corporativo.

Ulteriore modifica fu rappresentata dall'obbligo, per gli ospedali e gli

enti pubblici, di aprire un apposito ruolo organico nel personale sanitario e

ad iscrivervi il personale che già svolgesse compiti di Tsrm purchè in

possesso del relativo titolo (L. n. 944/67). Si riconobbe un'indennità di

rischio radiologico mensile di 30.000 Lire (L. n. 416/68). I Tsrm furono

collocati nel personale tecnico con un congedo aggiuntivo, a quello

ordinario, di 15 giorni all'anno per il personale sottoposto a rischio da

radiazioni ionizzanti (DPR n. 130/69: stato giuridico dei dipendenti degli enti

ospedalieri).

Procedendo oltre nella nostra ricostruzione cronologico-legislativa

una svolta certamente di rilievo fu rappresentata dalla L. n. 25/83.

2.3) La Legge 31 Gennaio 1983, n. 25

La L. n. 25/83: modifiche e integrazioni della legge 4 Agosto

1965, n. 1103 e al Decreto del Presidente della Repubblica 6 Marzo

1968, n. 680 sulla regolamentazione giuridica dell'esercizio

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Page 52: Dispensa a a 2010-2011

dell'attività di tecnico sanitario di radiologia medica, è senza dubbio

il secondo evento legislativo che ha profondamente modificato la figura del

Tsrm. Il testo normativo incide profondamente nel settore delle

competenze del tecnico di radiologia, in particolare andando a modificare e

talvolta sostituire interamente quanto previsto dai precedenti atti

normativi.

Innovazione di non poco conto è il passaggio da arte ausiliaria a

professione così come sancito dall'art. 1 e in anticipo rispetto a tutte le

altre professioni sanitarie dell'area non medica. Va pur detto che la

presenza di un elenco delle mansioni attribuite, come stabilito dalla legge

stessa, non può che ridurre l'ambito di discrezionalità del professionista

lasciando pertanto il valore del titolo più in un ambito teorico che

sostanziale.

Una ulteriore modifica investe il titolo per l'ammissione ai corsi: è ora

necessario il diploma di scuola media superiore (art. 2).

Nella Commissione d'esame per l'abilitazione professionale viene

aggiunto un tecnico sanitario di radiologia medica designato dal Collegio

professionale (art. 3). Oggi invece i rappresentanti nominati dai Collegi

provinciali nella commissione d’esame sono due13.

Di deciso impatto è invece il successivo art. 4 in cui viene riscritto,

abrogando e quindi sostituendo, l'intero mansionario previsto dall’art. 11

della L. n. 1103/65. Il Tsrm collabora direttamente con il medico

radiodiagnosta, radioterapista e nucleare in tutti gli ambiti dell'utilizzo delle

radiazioni ionizzanti, sia naturali che artificiali e delle energie termiche ed

ultrasoniche, nonché della risonanza nucleare magnetica. Questo per scopi

diagnostici, terapeutici, scientifici e didattici tanto nelle strutture pubbliche

che private. In modo particolare:

a) attuano le modalità tecnico-operative ritenute idonee alla

rilevazione dell'informazione diagnostica e all'espletamento degli

atti terapeutici su indicazione fornita dal medico specialista

13 V. Decreto interministeriale del 2 aprile 2001, art.6, lett c): la Commissione per la prova finale è composta da non meno di 7 e non più di 11 membri, nominati dal Rettore su proposta del Consiglio del Corso di Laurea, e comprende almeno due membri del Collegio professionale (...)

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(radiologo, radioterapista o nucleare) al quale rimane la facoltà

dell'intervento diretto;

b) il Tsrm è tenuto a svolgere la propria opera nella struttura pubblica

e privata, nel settore servizi dove l'attività radiologica è

complementare14 all'esercizio clinico dei medici non radiologi,

secondo le indicazioni del medico radiologo;

c) i Tsrm assumono la responsabilità specifica tecnico-professionale

degli atti a loro attribuiti.

Questo il secondo mansionario della nostra attività professionale.

Poiché l'art. 8 di questa legge ha espressamente previsto la sostituzione

dell'art. 11 della L. n. 1103/65, l'elenco delle competenze contenuto nella

seconda è intendersi completamente abrogato. Rimane il quesito di cosa ne

è stato delle norme del DPR n. 680/68 che hanno specificato il primo

mansionario. Premesso che il Decreto presidenziale dettagliava l'art. 11

della L. n. 1103/65, la prima conseguenza potrebbe essere la caduta delle

disposizioni contenute nel Decreto. Per due ragioni: la prima perché

l'abrogazione di un articolo di legge successivamente puntualizzato da un

decreto fa venire meno il fondamento del decreto stesso salvo ch la legge

stessa non lo richiami espressamente, ovvero nell’attività interpretativa

non vi siano incompatibilità fra legge e Decreto. In tal caso è evidente che

sarebbe il Decreto a dover soccombere.

Il legislatore, con l’art. 8, ha preferito tuttavia non lasciare

all'interprete dubbi ermeneutici preferendo così sostituire anche l'art. 24

del menzionato DPR e precisando precisi compiti in capo ai tecnici di

radiologia nei diversi settori: radiodiagnostica, radioterapia, medicina

nucleare, fisica sanitaria ecc. Queste le novità introdotte dalla L. n. 25/83.

È pertanto da intendersi completamente abrogata la precedente

elencazione dei compiti attribuiti. In particolare mentre il DPR n. 680/68

impediva esami radioscopici in assenza del medico radiologo, ora il divieto

è da considerarsi abrogato. Continua invece ad essere espressamente

preclusa al Tsrm la somministrazione di mezzo di contrasto (art. 8).

14 L'attività radiologica complementare è da intendersi tutta quella svolta al di fuori dei servizi radiologici: sale operatorie, emodinamica, uroradiologia in cui il Tsrm collabora direttamente con il medico specialista di un'altra disciplina.

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La legge del 1983 introduce inoltre, modificando le precedenti

sanzioni previste dalla L. n. 1103/65, l'esercizio abusivo della professione

secondo quanto previsto dall'articolo 348 del codice penale. È alla luce

anche di questa sanzione è sostenibile la tesi secondo la quale la

professione di Tsrm è nata nel lontano 1983 e non successivamente,

assieme alle altre nel 1999, come invece sostenuto da alcuni15; accanto alla

previsione dell'esercizio abusivo professionale vi è poi l'attribuzione di una

specifica responsabilità. In sostanza e diversamente dal passato, non è più

il medico specialista, sia esso radiologo, radioterapista o nucleare,

responsabile degli atti compiuti dal Tsrm.

2.4) D.M. 26 Settembre 1994, n. 746

La riforma dell’intero SSN, introdotta dapprima con il D.Lgs. n. 502/92

e integrata con il D.Lgs.n. 517/93, non poteva certo lasciare indenne anche

il personale del Comparto.

In particolare, nel secondo atto legislativo, viene conferita delega al

Ministro della sanità di individuare, con proprio decreto, le figure

professionali da formare ed i relativi profili.

Le professioni interessate, ad opera del Ministero, dall'individuazione

della figura e del relativo profilo furono, per le professioni sanitarie

infermieristiche e ostetriche: infermiere (D.M. n. 739/94); ostetrica (D.M. n.

740/94); infermiere pediatrico (D.M. n. 70/97).

Per le professioni sanitarie riabilitative: podologo (D.M. n. 666/94);

fisioterapista (D.M. n. 741/94); logopedista (D.M. n. 742/94); ortottista (D.M.

15 L. Benci: Le professioni sanitarie (non mediche), 2002.”Se è pur vero che viene specificato che la denominazione arte viene sostituita con professione, questo avviene con la premessa di una futura legge quadro di riordino delle professioni sanitarie ausiliarie. Quindi anche la professione di tecnico sanitario di radiologia medica resta fino al 1999 professione ausiliaria”. L’interpretazione letterale non consente la condivisibilità dell’affermazione L’affermazione non è condivisibile. L’ interpretazione letterale dell’art. 1 è chiara: ”l’arte ausiliaria sanitaria di tecnico di radiologia medica (...) è sostituita dalla professione di tecnico sanitario di radiologia medica”. E’ evidente: il Tsrm è stato definito professionista dall’entrata in vigore della legge stessa. Il primo periodo “in attesa dell’emanazione della legge quadro sulle professioni sanitarie ausiliarie...”non rappresenta altro che una norma programmatica, condizione eventuale e futura, non certo condizione giuridica per l’attribuzione dello status di professionista al Tsrm. Diversa interpretazione condurrebbe alla conclusione illogica che l’art. 348 del c.p. sanzionerebbe come esercizio abusivo di professione l’esercizio di un’arte ausiliaria.

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n. 743/94); terapista della neuro e psichicomotricità dell'età evolutiva (D.M.

n. 56/97); tecnico della riabilitazione psichiatrica (D.M. n. 182/01); terapista

occupazionale (D.M. n. 136/97); educatore professionale (D.M. n. 520/98).

Per le professioni tecnico-sanitarie nell'area tecnico-diagnostica:

tecnico audiometrista (D.M. n. 667/94); tecnico di laboratorio (D.M. n.

745/94); tecnico sanitario di radiologia medica (D.M. n. 746/94); tecnico di

neurofisiopatologia (D.M. n. 183/95). Per l'area tecnico-assistenziale:

tecnico ortopedico (D.M. n. 665/94); tecnico audioprotesista (D.M. n.

668/94); tecnico della fisio patologia cardiocircolatoria (D.M. n. 316/98);

igienista dentale (D.M. n. 137/99); dietista (D.M. n. 744/94).

Per le professioni tecniche della prevenzione: tecnico della

prevenzione nell'ambiente e nei luoghi di lavoro (D.M. n. 58/97); assistente

sanitario (D.M. n. 69/97).

È evidente che le professioni più conosciute e ormai consolidate sono

state immediatamente investite dall'attività regolamentare del Ministero

(fisioterapista, infermiere, podologo, Tsrm, tecnico di laboratorio, ostetrica

ecc.), mentre le altre e più giovani professioni hanno trovato a

riconoscimento solo successivamente (tecnico di neurofisiopatologia;

tecnico della prevenzione; tecnico riabilitativo psichiatrico).

Ciò che rileva ai nostri fini è tuttavia come il Decreto ministeriale n.

746/94, che individua la figura e descrive il connesso profilo del Tsrm, abbia

influito nell'area delle competenze del professionista in questione.

Per quanto attiene l'individuazione della figura, il Tsrm è:

"l'operatore sanitario che in possesso del diploma universitario

abilitante e dell'iscrizione all'albo professionale, è responsabile

degli atti di sua competenza ed è autorizzato a espletare indagini e

prestazioni radiologiche". Il dettato è piuttosto chiaro e non

necessiterebbe di particolari commenti, salva la precisazione che dal

diploma universitario si è passati alla laurea triennale; l'iscrizione al

Collegio è condizione necessaria, insieme al titolo, per individuare la figura

del professionista sanitario. L'assenza di una delle due condizioni non

consente l'attività professionale. Per quanto attiene la responsabilità (la

conseguenza giuridica di un comportamento illecito) il Tsrm viene ritenuto

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unico titolare diversamente dal passato in cui, quale arte ausiliaria, le

conseguenza dell’illecito venivano in buona sostanza addossate

completamente al superiore funzionale (il medico radiologo). Naturalmente

questa responsabilità attiene agli atti che gli competono: indagini e

prestazioni radiologiche. Oltrepassare quest'area condurrebbe a

conseguenze in ambito penalistico secondo l'articolo 348 del codice penale.

Può essere utile precisare che se per indagine possiamo intendere

l’attività inerente la diagnosi (radiologia tradizionale, TC, RMN, medicina

nucleare), per prestazione radiologica si va oltre abbracciando tutte le

attività che comprendono l’utilizzo di radiazioni, ionizzanti e non, negli altri

settori come la radioterapia o la fisica sanitaria.

Il D.M. n. 746/94 contiene necessariamente un richiamo alla L. n.

25/83 la quale, lo ricordiamo, novella in parte la precedente L. n. 1103/65.

E’ per tale motivo che per precisare la sfera operativa diviene obbligatoria

una lettura combinata delle varie fonti normative. Va pur detto che il

regolamento ricalca in parte quanto già disposto dalla L. n. 25/83.

Ribadisce la necessarietà della prescrizione medica per ogni

intervento professionale.

Autorizza l'attività del tecnico, oltre che con lo specialista radiologo

anche con altre figure sanitarie (la c.d. attività complementare) tanto nelle

strutture pubbliche che in quelle private (v. art. 4).

Più innovativa certamente la parte che attribuisce al Tsrm alcuni

compiti in ambito organizzativo: partecipa alla programmazione e

organizzazione del lavoro; programma e gestisce l'erogazione di prestazioni

polivalenti di sua competenza (pur sempre in collaborazione diretta con il

medico specialista ed il fisico sanitario); è responsabile del controllo sul

corretto funzionamento delle apparecchiature affidate, provvedendo alla

eliminazione di inconvenienti di modesta entità, attuando programmi di

verifica e controllo qualitativo

Infine il Tsrm contribuisce alla formazione del personale di supporto e

concorre direttamente all'aggiornamento del proprio profilo professionale e

alla ricerca.

Quest'ultimo comma certamente lascia aperti spazi professionali

particolarmente ampi. Similmente agli infermieri è quindi previsto che pure

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il personale tecnico di radiologia possa disporre di personale di supporto

per la propria attività, ad esempio operatori socio-sanitari o ausiliari che lo

affiancano nell'operare quotidiano. Naturalmente questo comporta anche la

connessa responsabilità in capo al tecnico che si avvalga di personale

ausiliario. Concorrendo all'aggiornamento del profilo è possibile, ad

esempio, prevedere l'introduzione nell'attività organizzativa di gruppi di

lavoro che possono estendere le conoscenze specialistiche agli altri colleghi

che operano in settori diversi. Infine è consentita l'attività di ricerca per il

settore professionale, immaginiamo ad esempio l'analisi comparata di

protocolli diagnostici per valutarne l'efficacia e l'efficienza, tanto sotto

l’aspetto diagnostico che dosimetrico.

Si è vista, con questa prima elencazione di fonti normative, come

l'attività ermeneutica, finalizzata a restringere o perlomeno delimitare

l'ambito delle competenze, presenti dei profili di incertezza o perlomeno,

per rimanere nel nostro settore, un ampio spettro di grigi.

Fino qui è possibile dire che l'atto di maggior riferimento, almeno

dopo la prima ufficializzazione della professione avvenuta ad opera della L.

n. 1103/65 e del connesso DPR n. 680/68, è la L. n. 25/83 la quale ha inciso,

talvolta abrogando implicitamente e talvolta aggiungendo, disposizioni

nell'originaria legislazione pur non estinguendola completamente.

Per quanto riguarda invece il D.M. n. 746/94 il suo maggior contributo

è stato quello di definire la figura del Tsrm e di aggiungere qualche attività

in ambito organizzativo.

L'ambito delle competenze, o almeno: l'interpretazione per la sua

individuazione, subisce un ulteriore configurazione da un successivo atto

legislativo: la L. n. 42/99.

2.5)La Legge 26 Febbraio 1999, n. 42

La L. n. 42/99: Disposizioni in materia di professioni sanitarie, apporta

un notevole cambiamento nell'attività interpretativa sulle competenze delle

figure sanitarie del Comparto.

Oltre all'estensione della definizione di "professione sanitaria" anche

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alle altre figure, di certo impatto è la nuova delimitazione delle attività che

competono alle professioni. Il 2ºco. dell'art. 1 abroga espressamente l'art.

24 del DPR n. 680/68 "e successive modificazioni".

Pertanto l'attività interpretativa che spetta al professionista Tsrm per

delineare le proprie competenze, deve necessariamente seguire un certo

percorso.

a) L'art. 24 del menzionato DPR dattagliava quanto previsto dalla

precedente L. n. 1103/65, art. 11: il nostro cosiddetto primo mansionario,

cioè l'inserimento dell'apparecchio sulla linea d'esercizio; l'impostazione dei

dati; la centratura; l'emissione radiante. Questo sotto la responsabilità

diretta del medico radiologo e con l'espresso divieto di utilizzo di mezzo di

contrasto e della scopia.

b) Un secondo atto legislativo (L. n. 25/83, art. 4) tuttavia sostituiva

interamente, abrogandolo, l'art. 11 e inserendo così quello che abbiamo

definito il nostro secondo mansionario. Non solo: l'art. 8 della stessa legge,

con lo stesso meccanismo dell'abrogazione per sostituzione, andava anche

a modificare l'intero art. 24 del DPR n. 680/68. In sostanza una corretta

lettura dei compiti del Tsrm è, a partire dal 1983, la lettura combinata

dell'art. 4 e dell'art. 8 della L. n. 25/83. Attenzione, sotto un aspetto di

tecnica giuridica in realtà questi due articoli entrano a pieno titolo nella L.

n. 1103/65 e solo per semplicità continueremo a riferirci invece alla legge

del 1983.

c) Dal 1994, con il D.M. n. 746/94 finalizzato all'individuazione del

profilo del Tsrm, qualcosa viene aggiunto anche nell'ambito delle

competenze (v. oltre). Pertanto le mansioni del Tsrm sono definite dalla

lettura congiunta della L. n. 25/83 (artt. 4 e 8) e dall'art. 1, co. 2, 3 e 4 del

Decreto ministeriale.

d) Dal 1999, con la legge n. 42, è stato introdotto una profonda

trasformazione nell'ambito delle mansioni. Tutto ciò che era collegato

dall'art. 24 del DPR n. 680/68 decade. Quindi perde efficacia, oltre

naturalmente all'art. 24 del Decreto presidenziale, anche l'art. 8 della L. n.

25/83 in quanto finalizzato esclusivamente a sostituire il primo e

certamente rientrante nelle cosiddette "successive modificazioni" previste

dalla legge del 1999. Si salva invece dall'abrogazione l'art. 4 della legge del

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1983 poiché non era diretto a puntualizzare i compiti del Tsrm bensì ambiti

più ampi. Di conseguenza l'attuale lettura delle sfere di competenza del

Tsrm è quello previsto dall'art. 4 della L. n. 25/83 integrato dal DM n.

746/94. E' quindi evidente che, una volta espunta dall'ordinamento

l'elencazione tassativa (mansionario in senso stretto), rimangono delle

norme più o meno aperte, intendendo con tale terminologia e in questa

sede la non-univocità nella loro interpretazione, ovvero la possibilità di

attribuire ad esse un significato contenutistico più o meno ampio.

La sopravvivenza dell'art. 4 della L. n. 25/83 è altresì confermata dal

dato letterale contenuto nel Decreto istitutivo il profilo, infatti l'abilitazione

al Tsrm per lo svolgimento della propria attività deve essere "in conformità

a quanto disposto dalla legge 31 gennaio 1983, n. 25" (art. 1, co.2), nella

quale residua soltanto l'art. 4 data l'abrogazione dell'art. 8.

Proviamo ora a dare lettura congiunta delle due fonti normative: la L.

n. 25/83 (art. 4) e il DM n. 746/94, utilizzando la legge come riferimento

principale ed il decreto come atto regolamentare.

Nella legge è previsto l'obbligo di collaborazione con il medico

radiologo (radio-terapista e nucleare) quali uniche figure sanitarie di diretto

riferimento. Il Decreto ministeriale aggiunge altresì il fisico sanitario (art. 1,

co. 3, lett.b) con il quale tuttavia ne è dettata la collaborazione diretta ma è

assente la previsione, diversamente invece dagli specialisti medici citati,

dell'intervento diretto.

Entrambe le fonti normative prevedono che il campo operativo del

Tsrm è nell'utilizzo delle sorgenti di radiazioni ionizzanti, siano esse

artificiali o naturali, nelle energie termiche e ultrasuoniche, nella risonanza

nucleare per scopi diagnostici, terapeutici, scientifici e didattici. Il Decreto

ministeriale aggiunge inoltre i settori della protezionistica fisica e

dosimetrica e la ricerca. Quest'ultima è da ritenersi comunque

sovrapponibile a quanto già previsto dalla legge con riferimento al settore

scientifico.

È la legge a prevedere che il Tsrm possa svolgere l'attività

complementare con altre figure mediche pur sempre però coerentemente

alle indicazioni del radiologo. Su questo tema nulla innova il Decreto.

Questa ulteriore conferma di diretta collaborazione solo ed esclusivamente

-59-

Page 60: Dispensa a a 2010-2011

con il medico radiologo fonda la tesi secondo la quale la sovra-ordinazione

funzionale, nei confronti del Tsrm, non è attribuita agli altri medici

specialisti.

Questo vincolo nel campo della radiologia complementare merita una

piccola osservazione a margine.

È opportuno che il Tsrm abbia un vincolo, in realtà più normativo che

sostanziale, nei confronti del radiologo nell'attività complementare, o

invece sarebbe opportuno che questa tipologia di attività sia oggetto di

relazione diretta tra medico specialista non radiologo e Tsrm escludendo

quindi del tutto il radiologo?

Una risposta affermativa porterebbe a delle conseguenze

particolarmente rischiose nei confronti del tecnico sanitario, in particolar

modo ove non ritenesse opportuno adempiere ad una prestazione richiesta.

È evidente che il rapporto professionale tra il tecnico e il medico non

radiologo non si svolge in un campo paritario: la necessarietà o meno di

una prestazione è di competenza esclusivamente medica. Ove il tecnico

ritenesse della prestazione richiesta fosse inappropriata, rifiutandola quindi,

assumerebbe completamente su di sé la responsabilità sulle eventuali

conseguenze negative in capo al paziente. La presenza invece del medico

radiologo consentirebbe di dirimere la questione tra medici dovendo quindi

il Tsrm riferirsi esclusivamente al medico della propria branca.

Infine l'art. 4, lett. c), rimarca la responsabilità specifica professionale

in capo al tecnico di radiologia. Il Decreto ministeriale, in modo ridondante,

ne ripete il dettato.

Oltre all'art. 4 e dopo l'abrogazione dell'art. 8, la L. n. 25/83 non

contiene altri dettati riguardanti le competenze. Rimane tuttavia vigente

tutto ciò che attiene alcuni aspetti che riguardano le scuole, i Collegi

professionali, il richiamo all'eventuale esercizio abusivo della professione

sanzionato secondo quanto disposto dall'art. 348 del codice penale.

-60-

Page 61: Dispensa a a 2010-2011

2.6) La Legge 10 Agosto 2000, n. 251 e la Legge 1

Febbraio 2006, n. 43

La L. n. 251/00: Disciplina delle professioni sanitarie infermieristiche,

tecniche, della riabilitazione, della prevenzione nonché della professione

ostetrica, ha suddiviso le professioni sanitarie del Comparto in quattro aree:

infermieristiche e ostetriche, riabilitative, tecnico-sanitarie (a loro volta

bipartite in diagnostiche ed assistenziali) e, infine, della prevenzione (v.

cap. 2, par.1).

Ulteriore novità introdotta è il passaggio, dopo la necessaria

produzione degli opportuni Decreti ministeriali, dal Diploma universitario

alla Laurea e alla Laurea Specialistica per i professionisti sanitari delle

quattro aree menzionate. Infine l’introduzione dei ruoli dirigenziali, in seno

alle Aziende sanitarie, anche per queste figure.

L'ultimo intervento legislativo è rappresentato dalla L. n. 43/06:

Disposizioni in tema di professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica,

riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione e delega al Governo per

l’istituzione dei relativi ordini professionali.

Ai nostri scopi, vista l'ampia area di intervento della stessa, interessa

sapere come siano state modificate le figure dei professionisti sanitari del

comparto. Si è in sostanza provveduto ad una quadripartizione degli stessi

in funzione dei titoli necessari per l’accesso alle selezioni:

Professionisti : gli operatori in possesso del titolo abilitante della

professione.

Coordinatori: i professionisti in possesso del master di primo livello in

management o per le funzioni di coordinamento e con un’anzianità di

servizio di almeno tre anni.

Specialisti: i professionisti in possesso del master di primo livello per

le funzioni specialistiche.

Dirigenti: i professionisti in possesso della laurea specialistica e con

almeno cinque anni di anzianità di servizio come dipendenti nel profilo.

Ad oggi rimane esclusa, dalle disposizioni contrattuali, la figura dello

specialista in quanto i contratti collettivi di lavoro oggi vigenti non

-61-

Page 62: Dispensa a a 2010-2011

prevedono questa figura salvo forse nell'attività di contrattazione

decentrata aziendale. In essa le Aziende possono attribuire maggior

punteggio in caso venga stilata una graduatoria per lo spostamento ad

attività coerenti con il master specialistico.

Questa Legge ribadisce inoltre l’obbligatorietà dell’iscrizione al

relativo Albo professionale, precisando che tale requisito è indispensabile

anche per i pubblici dipendenti. Questa disposizione si è resa necessaria a

seguito di numerosi contenziosi tra i Collegi professionali delle professioni

sanitarie e i propri non-iscritti. In sostanza alcuni professionisti, dipendenti

presso enti pubblici, escludevano l’obbligatorietà dell’iscrizione adducendo

l’interpretazione secondo la quale l’utente veniva tutelato dall’eventuale

esercizio abusivo proprio dall’ente pubblico che accertava, per legge, la

validità dei titoli posseduti. Alcune sentenze in effetti avevano accolto

siffatta interpretazione. L’attuale assetto normativo non lascia più alcun

dubbio in tema di requisiti necessari e sufficienti all’esercizio professionale:

titolo abilitante e iscrizione all’Albo (art. 2, co.3).

Ad oggi, per quanto attiene invece la riforma dei Collegi in senso

ordinistico, è scaduto il termine di sei mesi, dall’entrata in vigore della L. n.

42/06, previsto dall’art. 4. Pertanto, dopo un ulteriore atto normativo di

proroga del termine peraltro anch’esso spirato, si è in una sostanziale

situazione di stallo.

2.7) Il D.Lgs. n. 187/2000

Una menzione a parte merita questo decreto, ricettivo della Direttiva

europea 97/43/ Euratom, nel quale si definiscono i principi generali della

radioprotezione delle persone per quanto attiene i trattamenti medici

comportanti esposizioni a radiazioni ionizzanti. Il problema

radioprotezionistico, nei confronti del paziente, viene pertanto cambiato in

modo sostanziale così da collocarlo nella sfera della deontologia

professionale con la definizione del sistema di qualità che ha come

obiettivo la produzione di una prestazione radiologica fondata sui principi di

giustificazione e ottimizzazione.

-62-

Page 63: Dispensa a a 2010-2011

Specifica responsabilità e compiti vengono attribuiti alle seguenti

figure professionali:

- l'esercente

- il responsabile dell'impianto radiologico

- lo specialista

- il prescrivente

- l'esperto in fisica sanitaria

- il tecnico sanitario di radiologia medica

- l'esperto qualificato

Queste professioni sono sovrapponibili a quelle previste dalla

precedente normativa tuttavia sono state introdotte alcune innovazioni.

L'esercente: ha la responsabilità dell'impresa e deve identificare il

responsabile dell'impianto radiologico (può essere lo stesso esercente

qualora sia abilitato a svolgere direttamente l'indagine clinica o l’attività

radioterapica). Le sue responsabilità sono varie, tra le quali: garantire che,

nelle procedure inerenti la radioterapia, lo specialista si avvalga di un

esperto in fisica medica e che nell'attività di medicina nucleare in vivo sia

disponibile un esperto in fisica medica. Assicurare l'informazione rispetto al

potenziale pericolo, per l'embrione o il feto irradiati oppure per il lattante,

nel caso di somministrazione di radiofarmaci alla madre. Adottare interventi

correttivi in caso di segnalazione di malfunzionamenti da parte del

responsabile dell'impianto radiologico. Questi interventi riguardano sia

l'effettuazione di interventi di manutenzione sia, se necessario, la messa in

fuori uso dell'apparecchiatura. L'esercente deve altresì mantenere

aggiornato l'inventario delle attrezzature radiologiche.

Il responsabile dell'impianto radiologico: è il medico specialista in

radio diagnostica, medicina nucleare o radioterapia e individuato

dall'esercente. A lui vengono assegnate varie funzioni in tema

radioprotezionistico, in particolare l'applicazione dei principi di

giustificazione e ottimizzazione; l'adozione di protocolli scritti di riferimento

per ogni attrezzatura; l'adozione di adeguati programmi di garanzia della

qualità, nonché di valutazione della dose; elaborazione, sulla base di

apposite prove, del giudizio di idoneità all'uso clinico delle attrezzature;

verifica biennale dei livelli diagnostici di riferimento.

-63-

Page 64: Dispensa a a 2010-2011

Il medico specialista: è il medico chirurgo o l'odontoiatra che ha titolo

per assumere la responsabilità clinica per le esposizioni mediche

individuali. Pertanto sono specialisti il radiologo, il radioterapista, il medico

nucleare, il medico chirurgo, in possesso di una specifica specializzazione e

che svolge attività radio diagnostica complementare all'esercizio clinico e,

come detto, l'odontoiatra.

Il prescrivente è il medico chirurgo o l'odontoiatra iscritto al proprio

Albo professionale. Deve presentare allo specialista una richiesta motivata

per prestazioni che comportano esposizione a radiazioni ionizzanti e deve

reperire tutte le informazioni disponibili relative a precedenti informazioni

diagnostiche.

L'esperto in fisica medica è una persona esperta nella fisica o nella

tecnologia delle radiazioni applicata alle esposizioni a scopo medico. Si

occupa anche di dosimetria, dell'impiego di tecniche e attrezzature

complesse, di ottimizzazione e garanzia di qualità.

L'esperto qualificato è il soggetto incaricato sull'attività di controllo di

qualità delle apparecchiature radiologiche secondo la precedente

normativa ed iscritto al corrispondente elenco, può continuare a svolgere

attività di controllo di qualità delle apparecchiature radiologiche.

Il principio di giustificazione: è un principio basilare sulla

radioprotezione, in base al quale le esposizioni mediche devono mostrare di

essere sufficientemente efficaci mediante la valutazione dei potenziali

vantaggi diagnostici o terapeutici (compresi i benefici diretti per la salute

della persona e della collettività) rispetto al danno che l'esposizione

potrebbe causare.

Dal punto di vista generale è una valutazione comparata dei

potenziali vantaggi diagnostici o terapeutici e del danno alla persona che

l'esposizione potrebbe indurre. I benefici devono poter superare il bilancio

con i rischi indotti. La scelta della tecnica diagnostico-terapeutica da

adottare va effettuata anche tenendo conto dell'efficacia di tecniche

alternative che prevedano o meno l'impiego di radiazioni ionizzanti.

L'applicazione del principio di giustificazione è una responsabilità in

capo al medico specialista o prescrivente a cui è richiesto di prendere parte

-64-

Page 65: Dispensa a a 2010-2011

attivamente al processo di giustificazione. Per ogni esposizione individuale

si richiede una giustificazione preliminare e il medico prescrivente è

esplicitamente chiamato, assieme al medico specialista, ad assicurarsi "di

non essere in grado di procurarsi precedenti informazioni diagnostiche o

documentazione medica pertinenti alla prevista esposizione". Com'è

evidente il processo di giustificazione è connesso con l'evoluzione delle

conoscenze mediche, scientifiche e l'evoluzione tecnologica.

Il principio di ottimizzazione: al precedente principio ne segue un

altro e secondo il quale tutte le esposizioni mediche per scopi diagnostici

(ad eccezione della radioterapia) “devono essere tenute a livello più basso

ragionevolmente ottenibile e compatibile con il raggiungimento

dell'informazione diagnostica richiesta”. Il principio di ottimizzazione

riguarda la scelta delle attrezzature, la produzione adeguata

dell'informazione diagnostica appropriata o del risultato terapeutico, la

delega degli aspetti pratici, nonché programmi di garanzia della qualità.

Negli esami radiodiagnostici si deve tener conto dei livelli diagnostici di

riferimento (LDR). Questi livelli vanno usati nei programmi di assicurazione

di qualità e devono essere intesi come strumenti di lavoro per ottimizzare

le prestazioni. Sono grandezze misurabili per ogni tipo di prestazione

diagnostica ed hanno un valore standard che non si riferisce alla misura di

dose assorbita dal singolo paziente. Il responsabile dell’impianto è tenuto,

per le prestazioni per le quali sono stati definiti i LDR e per ogni

apparecchiatura e procedura definita, a promuovere con periodicità

biennale la verifica dei LDR nelle varie procedure utilizzate e ad annotare il

risultato.

Qualora il responsabile dell’impianto constati che i valori di tali

verifiche superano, senza motivo clinico, i LDR indicati, è tenuto a

promuovere le necessarie azioni correttive e a verificare il risultato.

Il programma di garanzia della qualità: un ulteriore novità

introdotta dal D.Lgs. n. 187/00 è che il controllo di qualità sulle

apparecchiature radiologiche, previsto anche dalla normativa precedente,

-65-

Page 66: Dispensa a a 2010-2011

viene sostituito dal programma di garanzia della qualità e di cui il controllo

di qualità è solo un aspetto.

Questo vale anche i fini della verifica della rispondenza a criteri di

accettabilità delle attrezzature e dei sistemi correlati all'erogazione della

prestazione diagnostica o terapeutica. La responsabilità per quanto attiene

l'aspetto qualitativo è così suddivisa:

a) responsabilità del programma di garanzia della qualità: compete

al responsabile dell'impianto radiologico che si avvale dell’esperto

in fisica medica per quanto riguarda la definizione delle procedure

e la sua realizzazione dal punto di vista tecnico;

b) la responsabilità delle prove di accettazione e delle prove di

funzionamento (prove di stato) previste nel programma di

garanzia della qualità competono al responsabile dell'impianto

radiologico che si avvale dell’esperto in fisica medica che ne cura

la realizzazione;

c) la responsabilità dell'esecuzione dei controlli di qualità (prove di

costanza) compete al responsabile dell'impianto che può avvalersi

per la sua realizzazione, compresa la predisposizione delle

procedure di misura, sia dell’esperto qualificato che del Tecnico

Sanitario di radiologia medica.

Rispetto la precedente normativa, oltre ad avere allargato l'aspetto

radioprotezionistico nei confronti del paziente, si può notare anche una

maggiore focalizzazione di responsabilità in capo a tutte le figure

interessate.

Capitolo III: il Tsm, profilo e competenze

1) Fonti del profilo professionale

È stato accennato come il contenuto professionale sia stato un

continuo evolversi di competenze, legate all'aspetto formativo e normativo,

finalizzate a delimitare i confini dell'attività professionale con le altre

professioni sanitarie sia mediche che del comparto.

-66-

Page 67: Dispensa a a 2010-2011

Fonte legislativa, certamente non unica ma connotata da un certo

rilievo, è la L. n. 42/99 "disposizioni in materia di professioni sanitarie". È

infatti la norma di rinvio contenuta all'art. 1 in cui si precisa che " il campo

proprio di attività e di responsabilità delle professioni sanitarie è

determinato dai contenuti dei decreti ministeriali istitutivi dei relativi profili

professionali e degli ordinamenti didattici dei rispettivi corsi di diploma

universitario e di formazione post-base nonché degli specifici codici

deontologici, fatte salve le competenze previste per le professioni mediche

e per le altre professioni del ruolo sanitario per l'accesso alle quali è

richiesto il possesso del diploma di laurea, nel rispetto reciproco delle

specifiche competenze professionali".

Risulta pertanto chiaro che, rispetto a quanto avveniva prima

dell'emanazione di questa legge, non è più presente una precisa

elencazione dei compiti da svolgere, bensì sono previsti tre rinvii (profili

professionali, formazione di base e post-base, codice deontologico) e due

limiti (le competenze mediche, le competenze degli altri professionisti

sanitari "laureati").

1.1) Il rinvio al profilo professionale

I profili professionali sono atti normativi che attribuiscono, in modo

più o meno ampio, competenze ad una determinata figura: più il profilo è

particolareggiato, maggiormente assomiglierà ai vecchi mansionari16

anziché attribuire ampi confini di competenza.

Solitamente, i profili professionali, si occupano di definire la figura di

riferimento sia nel suo ambito di autonomia sia nel suo ambito di

collaborazione. In particolare quest'ultimo aspetto concerne generalmente

la relazione con la professione medica in generale e/o specialistica e

comunemente sono disposizioni del tipo "su prescrizione medica" o "in

collaborazione diretta con il medico", ecc.

I profili rappresentano l'unica fonte normativa di abilitazione

all'esercizio professionale, non potendosi considerare fonti normative gli

ordinamenti didattici o i Codici deontologici seppur anch'essi rivestano

importanza in un eventuale questione sulle competenze. I livelli di

16 Il primo mansionario del Tsrm è l’art. 11 della L. 1103/65 ( v. Cap. II, par. 2.1).

-67-

Page 68: Dispensa a a 2010-2011

collaborazione, come accennato, sono necessariamente connessi alla

prescrizione medica anche se non sempre risulta chiaro quale sia il livello di

dettaglio che debba assumere la stessa.

1.1.1) Il Decreto Ministeriale n. 746/94

Ai nostri fini descriviamo come profili le declaratorie, solitamente

descritte in fonti normative o contrattuali, che descrivono le attività di

lavoro di un determinato gruppo di persone.

L'utilità del profilo riposa sul fatto che le aziende possono superare la

logica, piuttosto ristretta, del mansionario secondo le superate qualifiche e

delineare invece i nuovi confini del lavoro gravitanti attorno alla

professionalità delle persone e sui risultati da raggiungere

Fonte del profilo del Tsrm è il D.M. 26 settembre 1994, n. 746

"regolamento concernente l'individuazione della figura e del relativo profilo

professionale del tecnico sanitario di radiologia medica" (v. Cap. II, par.

2.4).

Atto necessario affinché il professionista possa adempiere alla

prestazione è la prescrizione medica (comunemente detta richiesta

radiologica) ovvero la prova documentale che autorizzi ed indichi l'attività

concreta del tecnico nei confronti del paziente. L'assenza di questo

elemento indispensabile, nel caso venisse eseguita una prestazione

radiologica potenzialmente dannosa, raffigurerebbe un comportamento

illecito da parte del Tsrm. Infatti, qualora il tecnico decidesse di svolgere

una prestazione in assenza di una precisa richiesta, inevitabilmente si

sostituirebbe al medico nel decidere (e quindi eseguire) ciò che è

necessario per quel determinato paziente. L’obbligatorietà della richiesta

da parte di un medico, sia esso specialista o di base, può essere derogabile

solo qualora vi sia la presenza dello specialista radiologo che autorizza

espressamente l’esecuzione della prestazione (art. 4, co. 1, lett. a, L. n.

25/83).

Infine, sempre riferendoci al decreto ministeriale, sono definite le

attività che competono al tecnico:

-68-

Page 69: Dispensa a a 2010-2011

a) partecipa alla programmazione e organizzazione del lavoro

nell'ambito della struttura in cui opera nel rispetto delle

proprie competenze è un’attività partecipativa che può essere

espletata sia direttamente dal tecnico sia, più frequentemente,

tramite la funzione di coordinamento.

b) programma e gestisce l'erogazione di prestazioni

polivalenti di sua competenza in collaborazione diretta con

il medico radiodiagnosta, con il medico nucleare, con il

medico radioterapista e con il fisico sanitario, secondo

protocolli diagnostici e terapeutici preventivamente

definiti dal responsabile della struttura; può accadere

tuttavia che lo specialista preferisca utilizzare protocolli propri, o

meglio: modificare il protocollo esistente secondo il proprio

convincimento professionale. Rimane quindi il quesito se il tecnico

possa o debba rifiutare il supporto collaborativo, in nome dei

protocolli preventivi, oppure adempiere a quanto ritenuto

necessario dallo specialista radiologo. In assenza di chiare

indicazioni in merito e nell'impossibilità di rivolgersi direttamente

al responsabile, un comportamento prudente suggerirebbe

l'adempimento di quanto richiesto dallo specialista presente.

c) è responsabile degli atti di sua competenza, in particolare

controllando il corretto funzionamento delle

apparecchiature a lui affidate, provvedendo alla

eliminazione di inconvenienti di modesta entità e attuando

programmi di verifiche controllo a garanzia della qualità

secondo indicatori e standard predefiniti; in questo ambito è

tenuto ad attivarsi non solo per un controllo preventivo sulle

apparecchiature a lui affidate, poiché trattasi di apparecchiature

potenzialmente pericolose per sé ed il paziente, bensì è imposta

anche un'attività concreta per cercare di risolvere i piccoli

problemi che possono insorgere dell'utilizzo delle medesime. È

opportuno sottolineare che un comportamento professionale

corretto prevede un concreto tentativo di soluzione

-69-

Page 70: Dispensa a a 2010-2011

dell'inconveniente riscontrato e non tanto una mera segnalazione

del medesimo.

d) svolge la sua attività nelle strutture sanitarie pubbliche o

private, in rapporto di dipendenza o libero professionale.

Viene così precisato l'ambito, nel mercato del lavoro, nel quale il

Tsrm può operare e la relativa fattispecie di rapporto di lavoro che

può essere instaurata.

Il Tsrm contribuisce altresì alla formazione del personale ausiliario di

supporto e concorre direttamente all'aggiornamento relativo al proprio

profilo professionale ed alla ricerca.

1.2) Il rinvio agli ordinamenti didattici ed alla formazione

post-base

Naturalmente, a seguito della riforma universitaria, il rinvio operato

dalla L. n. 42/99 si intende ora applicato ai corsi di laurea anche se va

aggiunto che, con riferimento alla formazione post-base, il dato legislativo è

abbastanza vago. Dopo l'entrata in vigore della L. n. 43/06, i riferimenti

all'attività formativa successiva al corso di laurea ha trovato maggior

significato seppur, rappresentando certamente un limite, la contrattazione

collettiva di lavoro non abbia ancora previsto questa riforma nella sua

completezza. Ovvero la legge, suddividendo le diverse categorie di

professionisti, non ha trovato concreti riscontri nelle previsioni contrattuali,

salvo l’eccezione della funzione di coordinamento in cui il recepimento

nella contrattazione del dettato legislativo ha avuto seguito. Qui basti

sapere che il riferimento alla formazione post-base si riferisce alle

conoscenze acquisite nei master specialistici, in quelli di coordinamento ed

alla laurea specialistica, competenze che ulteriormente contribuiscono a

delimitare, ampliandole, l'autonomia e la responsabilità del professionista

sanitario.

-70-

Page 71: Dispensa a a 2010-2011

1.3) Il rinvio al codice deontologico

L'insegnamento della deontologia all'interno della formazione di tipo

universitario, dovrebbe rivestire un'importanza molto maggiore di quanto

generalmente riconosciuto. L'insegnamento di questa materia potrebbe

dare un senso a tutto il percorso formativo. Il metodo è il coinvolgimento

degli studenti affinché percepiscano, comprendano e aderiscano,

applicandoli, i principi etici alla base di una professione incentrata sulla

salute della persona. I cambiamenti socio-economici degli ultimi anni,

l'incidenza delle istanze dei soggetti collettivi nelle relazioni con il mondo

sanitario, la riforma del sistema sanitario nazionale e delle professioni che

vi operano, hanno reso necessario un ripensamento della figura del Tsrm.

Da un lato rendendolo capace di rispondere efficacemente ai bisogni di

salute delle persone che a lui si rivolgono, dall'altro tenendo sempre in

debito conto anche gli aspetti di sostenibilità economica del sistema

sanitario.

Alla luce di quanto permesso, la Federazione Nazionale Tsrm nel 2001

ha avvertito l'esigenza di una rivisitazione del codice deontologico del 1993

e definirne una nuova versione che tenesse conto dei cambiamenti

intervenuti nel mondo sanitario, nelle professioni e nella loro formazione.

Oltre a ciò si è tentato di fornire un utile strumento in grado di rispondere

alle nuove aspettative della persona e alle sempre più consapevoli, precise

richieste che essa rivolge alla sanità italiana. Per tale motivo nel 2004 è

stato adottato il nuovo Codice Deontologico del Tsrm, che definisce il Tsrm

quale professionista che "pone la persona al centro di tutte le attività

sanitarie".

Sinteticamente ricordiamo che il Codice Deontologico è un

documento di grande rilevanza etica, morale, relazionale e di autodisciplina

soprattutto per una professione sanitaria. Peraltro, grazie al richiamo

legislativo, ne è stata sottolineata la sua valenza istituzionale accanto al

profilo professionale e all'ordinamento del relativo corso di laurea. Il Codice

Deontologico, per sua natura, non può entrare nel dettaglio della

quotidianità professionale, salvo accettare una restrizione delle

competenze e della libertà del professionista, esso tuttavia indica principi

etici di riferimento e indirizzi comportamentali ai quali il Tsrm si dovrà

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Page 72: Dispensa a a 2010-2011

ispirare ed attenere nell'esercizio della sua professione. Tramite il Codice il

gruppo professionale si assume responsabilità precise nei confronti della

persona e le sue disposizioni si applicano a tutti i Tsrm in qualsiasi ambito

esercitino la professione.

Le regole in esso contenute rappresentano "precetti extra giuridici

ovvero regole interne della categoria, non già attività normativa"17,

pertanto l'eventuale inosservanza ha efficacia interna che vincola solo la

categoria che regolamenta e non incide nell'ordinamento legislativo,

dunque le regole della deontologia professionale "sono insindacabili in sede

di legittimità" (tribunale), sede nella quale va discussa la sola violazione di

leggi ed i Codici deontologici non sono leggi. Una fondamentale

differenziazione all'interno delle professioni sanitarie del comparto è,

nuovamente, ancora riferita a quelle professioni che hanno un Albo

professionale, conservato dai Collegi professionali, da quelle che non lo

hanno. La mancanza di un Albo determina l'inapplicabilità delle sanzioni

disciplinari, previste da atti normativi che regolamentano l’attività degli

Ordini e dei Collegi, comminate dalle stesse organizzazioni professionali.

Rimane ovviamente salva l'applicabilità, da parte del giudice,

dell’eventuale condanna di natura civile o penale.

1.4) Il limite dell'atto medico

Nella normativa attuale risulta spesso difficile l'individuazione degli

atti di non esclusiva competenza medica. Tant'è che, "solo una fonte

normativa può consentire a soggetti diversi da quelli esercitanti la

professione di medico interventi invasivi sulla sfera corporale, sulla base di

ragionevole riconoscimento di competenze tecniche e professionali"18.

Il nostro ordinamento tuttavia è passato da una situazione

particolarmente rigida dovuta all'esistenza di mansionari, ad una situazione

di maggiore flessibilità con attribuzione di ruoli e funzioni di ciascuna figura

in modo non precostituito, bensì destinato a interpretazioni evolutive

17 Cass. Civ. 30 luglio 2001. n. 10389.18 Cass. 21 febbraio 1997: il caso riguardava la contestazione ad un biologo che

effettuava prelievi ematici. La Corte ha stabilito che “ nessuna fonte normativa, primaria o regolamentare, abilita i biologi a effettuare prelievi di sangue finalizzati all’analisi” non riconoscendo quindi tale attribuzione come lecita ai biologi.

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Page 73: Dispensa a a 2010-2011

riguardanti l'ampliamento delle conoscenze necessarie per compiere

determinati atti.

La nuova situazione si presenterebbe leggermente mutata rispetto

passato; viene sostenuta l'esistenza di una differenziazione tra atto

sanitario e atto medico individuando come atto strettamente medico la

diagnosi mentre l'intervento terapeutico può competere anche ad altre

professioni sanitarie, ad esempio ai fisioterapisti sempre, però, solo su

indicazione del medico. La restrizione tuttavia trova dei limiti in alcuni casi

concreti e spesso quotidiani; ad esempio l'infermiere del 118, non

raramente, in condizioni di urgenza o emergenza nel quale si trova

adoperare, fonda una prima diagnosi. Così come nel triage di pronto

soccorso. Anche altre categorie non mediche operano talvolta in termini di

diagnosi: i farmacisti. Diventa così di rilevanza nodale, sia in campo medico

e non medico, riprogettare gli ambiti professionali in ottica

interprofessionale, di équipe.

Concludendo, oltre alle riflessioni sopra esposte, il limite dell'atto

medico si assume come limite di carattere professionale e riferito a tutti

quegli atti e/o attività per cui è necessaria la capacità, il bagaglio di

conoscenze e di esperienza che solo il clinico, in specifici settori, può avere.

Pertanto l'acquisizione di nuove conoscenze, l'avanzamento dei processi

didattici e la diffusione tecnologica, permettono di sostenere l'ipotesi che il

limite dell'atto medico sia estremamente mobile. Tuttavia l'assenza di una

normativa precisa di riferimento, alla luce di queste considerazioni, farà sì

che soltanto l'attività del giudice, nella singola valutazione del caso

concreto, possa dare una precisa definizione di ciò che è o non è atto

medico.

1.5) Il limite delle competenze delle altre professioni

cd."laureate"

Il riferimento, come limite, alle altre professioni del ruolo sanitario per

l'accesso alle quali è richiesto il possesso del diploma di laurea, come

prescritto dalla L. 42/99, è un esempio di come il progresso formativo dei

professionisti sanitari abbia introdotto una nuova interpretazione del

menzionato articolo. Infatti nel febbraio del 1999, anno di pubblicazione

-73-

Page 74: Dispensa a a 2010-2011

della legge, le professioni sanitarie non mediche laureate ed inserite nel

servizio sanitario nazionale, erano il biologo, lo psicologo, il chimico, il

veterinario, il farmacista ed il fisico. La riforma intervenuta nelle professioni

del comparto, in cui si prescrive il corso di laurea per 22 figure sanitarie, ha

evidentemente dettato una nuova interpretazione di quanto imposto dalla

L. n. 42/99, interpretazione che tenga naturalmente conto del confine

stabilito non solo con le predette sei figure, peraltro appartenenti al ruolo

dirigenziale e quindi con un limite cosiddetto verticale, bensì anche tra le

altre professioni stesse del comparto e gettando così le basi di un ulteriore

limite cosiddetto orizzontale. È utile sapere che anche all'interno delle

singole professioni esiste una bipartizione tra gli iscritti. In particolare negli

albi dei biologi, chimici e psicologi sono distinte due sezioni: A e B. Nella

sezione "A" vengono iscritti i titolari della laurea specialistica, mentre nella

sezione "B" vengono iscritti i professionisti con laurea.

2) Competenze nei principali ambiti

operativi

E’ stato detto che il DM n. 746/94, istitutivo del profilo del Tsrm, è

l’unico, tra tutti quelli delle professioni sanitarie del comparto, richiamante

espressamente a suo completamento una legge dello Stato: la n. 25/83.

Legge, lo ricordiamo, introdotta nell’ordinamento giuridico allo scopo di

ampliare le competenze dei Tsrm, competenze prima definite da due fonti

normative ormai risalenti alla prima metà degli anni ’60 (L. n. 1163/65 e

DPR n. 680/68).

Se a questa lettura affianchiamo le competenze, secondo i dettami

dell’art. 1, L. n. 42/99, acquisite nel corso della formazione di base e post-

base o da eventuali modificazioni che potrebbero successivamente

intervenire nel profilo, allora è possibile attribuire alle interpretazioni sulle

competenze un significato certamente più ampio di quanto appare e

introdurre quindi spazi professionali di più vasto respiro.

-74-

Page 75: Dispensa a a 2010-2011

Quanto appena esposto vuole sottolineare come il dato legislativo

rimanga sempre e comunque il punto cardinale al quale guardare per

evitare indebiti sconfinamenti che inevitabilmente potrebbero riverberarsi

sotto il profilo della responsabilità. Nonostante ciò e in attesa di ulteriori

interventi normativi, è tuttavia possibile ampliare le funzioni della

professione in tutti quegli ambiti non espressamente normati o attribuiti in

senso monopolistico ad altre figure.

Funzione caratterizzante il Tsrm è certamente l’imaging. L'evoluzione

tecnologica sta conducendo ad una eliminazione delle tipologia

iconografica basate sul filming, evolvendosi verso un concetto più ampio di

immagine radiografica (imaging).

Buona pratica professionale deve indurre alla gestione di qualità delle

procedure tecnico-diagnostiche di acquisizione, elaborazione, trasmissione

e archiviazione dell’imaging nelle aree di Diagnostica generale,

mammografia, interventistica, angiografia, RMN, TC, radioterapia, medicina

nucleare, fisica sanitaria, ecografia, sistemi informatici.

È tuttavia necessario che la formazione sia dunque orientata

all'acquisizione di tutte quelle competenze (conoscenze, abilità e modi di

agire) che permettano una gestione delle tecnologie in qualità, garantendo

la produzione, il post processing, la trasmissione e l'archiviazione di un

imaging finalizzato a garantire efficacia e riproducibilità dei percorsi

diagnostico-terapeutici. Ulteriore esempio è la competenza

dell'Amministratore di Sistema quale garante della correttezza del processo

digitale sino alla conservazione delle immagini acquisite. Proprio in

quest'ultima sfera di attività, nulla disponendo in merito il dettato

legislativo, spesso in alcuni settori i compiti di Amministratore di Sistema

vengono assegnati a figure diverse dai tecnici di radiologia (informatici,

amministrativi, ecc.).

Ulteriori conoscenze, quale operatore accanto ad altri nel percorso

diagnostico-terapeutico, sono attribuibili anche nell'ambito del primo

soccorso e assistenziali in area di diagnostica per immagini e radioterapia.

Pensiamo inoltre nell'ambito della Formazione, in cui il Tsrm dovrà acquisire

competenze indirizzate alla progettazione, erogazione e monitoraggio di

programmi di formazione rivolti alla preparazione degli studenti dei corsi di

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Page 76: Dispensa a a 2010-2011

laurea, del personale di supporto e per il proprio aggiornamento

professionale. Nello stesso ambito il Tsrm potrà collaborare a progettare

programmi formativi interdisciplinari e rivolti ad altri professionisti della

salute e all'utenza ai fini di promuovere un corretto utilizzo delle indagini

radiodiagnostiche.

2.1) La responsabilità in ambito professionale

2.1.1) Il Tsrm come incaricato di pubblico servizio

Per quanto attiene la professione del Tsrm non sembrerebbero ad

oggi esserci particolari riferimenti giurisprudenziali ad eccezione del rischio

radiologico. Sinteticamente: è un istituto giuridico previsto sia da norme

contrattuali che legislative e prevede, per il personale medico radiologo,

radioterapista e nucleare e per i Tsrm, il diritto ad un’indennità di 103 €

mensili e 15 giorni di ferie aggiuntive l’anno da fruirsi in un’unica soluzione.

Dal 2001, per quanto attiene il profilo economico: la cosiddetta indennità di

rischio da radiazioni, trattasi di indennità professionale specifica (Ccnl 20

settembre 2000, art. 5). L’oggetto del contendere davanti al giudice

riguardava in realtà l’interpretazione da attribuirsi alla modalità di fruizione

del cosiddetto congedo aggiuntivo dei 15 giorni (ora: ferie aggiuntive). In

sostanza e secondo le amministrazioni: tale periodo andava computato

secondo giorni “di calendario”, mentre per i ricorrenti erano da considerarsi

secondo giorni lavorativi come per le ferie ordinarie. La diversità è

sostanziale. Il primo modo di conteggio fa perdere almeno 4 giorni/anno di

ferie al personale in quanto considerava nel conto anche i due week-end

compresi nel periodo (due sabati e due domeniche). La giurisprudenza

prevalente ha infine chiarito che l’interpretazione corretta prevede il

computo su giorni lavorativi, alla stessa stregua delle ferie ordinarie e non

secondo calendario.

È necessario avere presente che il Tsrm, come tutte le altre

professioni sanitarie, riveste la qualità di incaricato di pubblico servizio

in quanto "le complesse e articolate funzioni attribuite ai tecnici di

radiologia... sostanziano ‘ad abundantiam’, l'oggettività del servizio di

-76-

Page 77: Dispensa a a 2010-2011

utilità collettiva, configurante l'incaricato di pubblico servizio, alla stregua

di quanto previsto dall'art. 358 del codice penale... non potendo relegarsi le

funzioni di stretto legame ‘collaborativo’ del medico, assegnate dal medico

radiologo, alle mansioni di ordine e alla prestazione di opera meramente

manuale"19.

Tale qualifica comporta inevitabilmente delle responsabilità ulteriori a

quelle attribuite in senso strettamente professionale.

Gli incaricati di pubblico servizio, secondo la legge penale, sono

"coloro i quali, a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio. Per

pubblico servizio deve intendersi una attività disciplinata nelle stesse forme

della pubblica funzione, ma caratterizzato dalla mancanza dei poteri tipici

di quest'ultima e con esclusione dello svolgimento di semplici mansioni di

ordine e della prestazione di opera meramente materiale" (art. 358 cp).

Conseguentemente alla qualifica pertanto e parimenti ai pubblici

ufficiali, gli "incaricati di pubblico servizio che nell'esercizio o a causa delle

loro funzioni o del loro servizio, hanno notizie di un reato perseguibile

d'ufficio, devono fare denuncia per iscritto anche quando non si è

individuata la persona alla quale il reato è attribuito. La denuncia va

presentata o trasmessa senza ritardo al pubblico ministero o a un ufficiale

di polizia giudiziaria..." (art. 331 cpp).

I reati perseguibili d'ufficio, cioè quelli in cui l'autorità giudiziaria si

attiva spontaneamente anche in assenza di specifica denuncia bastando

allo scopo la semplice notizia. Sono ad esempio: i delitti contro la vita

(omicidio volontario, colposo, preterintenzionale, del consenziente,

l'istigazione o l'aiuto al suicidio e l'infanticidio); i delitti contro l'incolumità

individuale (lesione personale volontaria e che determini uno stato di

malattia superiore a venti giorni, la lesione personale colposa grave o

gravissima solo quando avviene in violazione delle norme per prevenzione

degli infortuni sul lavoro o che abbiano determinato una malattia

professionale); i delitti contro l'incolumità pubblica (tutte le attività

pericolose per la salute pubblica che espongono al pericolo di epidemie,

intossicazioni e, in genere, di danni da alimenti, bevande o medicinali

guasti); i delitti sessuali (la congiunzione carnale abusiva di pubblico

19 Cass. Pen., 11/06/92, n. 6893.

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Page 78: Dispensa a a 2010-2011

ufficiale, gli atti osceni); i delitti di aborto (colposo, conseguente a lesione

personale dolosa, l'aborto di donna non consenziente, l'aborto di minore o

di interdetta, l'aborto seguito da morte della donna, il tentativo di aborto, il

parto prematuro colposo); i delitti di manomissione di cadavere (vilipendio,

distruzione, occultamento, uso illegittimo di cadavere); i delitti contro la

libertà individuale (sequestro di persona, violenza privata, minaccia

aggravata e l'incapacità procurata mediante violenza); i delitti contro la

famiglia (abuso dei mezzi di correzione o di disciplina e i maltrattamenti in

famiglia).

2.1.2) Il principio dell’affidamento nel lavoro in èquipe

Ulteriori ambiti di responsabilità sono rinvenibili in alcune decisioni

della giurisprudenza la quale, oltre a decidere sul caso concreto sottoposto

la sua attenzione, non raramente stabilisce dei principi fondamentali non

direttamente previsti dalla legge ma desumibili dalla interpretazione della

stessa. Come accennato la giurisprudenza inerente la professione del Tsrm

è, per fortuna, sostanzialmente assente; tuttavia è utile descrivere alcune

decisioni che, dettando principi interpretativi applicabili, senza dubbio

possono riguardare tutti i professionisti della salute.

In una decisione del 2 marzo 2000, n. 447, la Corte di Cassazione

penale ha riconosciuto la responsabilità per omicidio colposo a tre

infermieri assolvendo invece il medico di pronto soccorso. Al di là della

fattispecie concreta, ai nostri fini è certamente utile riportare la massima, il

principio, sulla quale la decisione si fonda:

-78-

Page 79: Dispensa a a 2010-2011

Il caso in esame, succintamente, riguarda la morte di un giovane

paziente avvenuta in un ospedale. Secondo la sentenza l'evento mortale

(emorragia cerebrale post-traumatica di un paziente giunto ubriaco in

ospedale) sarebbe stato evitabile con un tempestivo intervento dei sanitari

del Pronto Soccorso. Il chirurgo di guardia, impegnato in una visita ad

un’altra paziente vittima di colica renale, ordinava agli infermieri presenti di

chiamare il medico internista per visitare il nuovo arrivato. Quest'ultimo,

nel frattempo, veniva lasciato in sala di attesa dell’ambulatorio di medicina

ad attendere lo specialista. Va precisato che il ragazzo era stato

preventivamente accettato dall’infermiere incaricato solo come paziente in

stato di ebbrezza alcolica. Nel frattempo nessuno degli infermieri aveva

adempiuto all'ordine di chiamare l'internista a mezzo citofono. Al cambio

turno, con il passaggio delle consegne, un'infermiera delega alla collega del

turno successivo la chiamata all'internista. Dal momento dell'accesso del

paziente ( h. 5.40) sino alla chiamata del consulente (h. 8.15) passarono

due ore e mezzo. La sollecitazione alla chiamata è giunta peraltro da un

agente di pubblica sicurezza, presente nel posto di polizia situato nel

pronto soccorso, dopo aver casualmente verificato la circostanza che il

giovane non dava alcun segno di vita. A nulla sono valsi i successivi due

interventi chirurgici.

La Cassazione, assolvendo il chirurgo di guardia in P.S. , proprio per il

fatto di aver dato ordine di chiamare il collega internista prontamente

raggiungibile con un semplice citofono, riteneva responsabili gli infermieri

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Page 80: Dispensa a a 2010-2011

del turno precedente in quanto, con un semplice compito (chiamata al

citofono), avrebbero senz'altro potuto evitare l'evento fatale.

Senza addentrarci nella spiegazione sulle teorie adottate dalla

dottrina giuridica per fornire una interpretazione evolutiva dei precetti

contenuti nell'ordinamento, qui basti sapere come, nella questione decisa,

la Suprema Corte abbia stabilito un importante principio giuridico che

giusto si colloca nell'ambito dell'attività sanitaria, attività connotata dal

lavoro in équipe.

In particolare, con riferimento a tutte le categorie sanitarie "medici e

paramedici", seppur con una dizione piuttosto obsoleta per quanto riguarda

il personale non medico, emerge quella cosiddetta posizione di

protezione "contrassegnata dal dovere giuridico, incombente al

soggetto, di provvedere alla tutela di un certo bene giuridico contro

qualsivoglia pericolo atto a minacciarne l'integrità", che grava non solo sui

medici ma anche su tutti i professionisti dell'area sanitaria. Fondamento di

questa interpretazione è l'art. 32 della Costituzione20 il quale, com'è noto,

tutela il diritto la salute dei cittadini attribuendo di conseguenza ai

professionisti sanitari la posizione di protezione dell'integrità fisica dei

pazienti loro affidati.

Dunque la tutela del bene "salute" è un bene che trova fondamento

nel dettato costituzionale trovando quindi diretta applicazione nella

quotidiana attività; non casualmente lo stesso principio è ribadito nella L. n.

833/78 istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale.

Pertanto gli operatori sanitari "per l'intero tempo del loro turno di

lavoro" non possono trasferire ai colleghi compiti ad essi affidati, qualora li

possano svolgere agevolmente nel loro turno e contribuendo quindi alla

tempestività degli interventi ed evitare di caricare di compiti coloro che,

nella successione del turno, assumeranno a loro volta la loro posizione di

garanzia con uguali e, magari, più gravosi compiti da svolgere. Il principio

in sostanza prevede che i compiti debbano essere adempiuti nel turno in

corso senza gravare sui colleghi successivi. È forse il caso di aggiungere

20 Art. 32 Cost.: la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

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Page 81: Dispensa a a 2010-2011

che la cessazione del turno di un professionista sanitario non

necessariamente coincide con la cessazione della tutela del bene-salute su

cui egli deve vigilare, al contrario è giuridicamente dovuto e

deontologicamente corretto accertarsi che la tutela del paziente sia certa

con la consegna al collega successivo.

Neppure va trascurato un ulteriore principio sotteso al precedente e

in cui la corte rinvia. Trattasi sostanza del principio dell'affidamento

riferito al lavoro in équipe. In cui "ogni partecipante deve rispondere solo

del corretto adempimento dei doveri che sono a lui affidati e l'obbligo di

controllo scaturisce, non in via secondaria ed eventuale, ma dipende dalla

natura e dal contenuto dei compiti spettanti a ciascuno e dall'attività da

porre in essere".

Questo principio è di fatto la conseguenza della specializzazione e

della divisione dei compiti all'interno dell'équipe e ha come finalità quella di

consentire a ciascun componente il miglior adempimento delle proprie

mansioni, di concentrarsi sulla propria attività, in modo che ogni membro

dell'équipe può e deve contare sul corretto comportamento degli altri.

2.1.3) Il Consenso informato

Pur ribadendo che il consenso informato è un atto medico, non può

tacersi un suo accenno in questa sede in quanto, nell'ordinaria attività

radiologica, è presupposto necessario per l'espletamento della medesima.

Alcune attività in ambito radiologico sono da considerarsi particolarmente

pericolose per il paziente. Tanto per l'utilizzo del mezzo di contrasto,

potenzialmente pericoloso a causa del probabile innesco di reazioni

allergiche, quanto per la pericolosità verso l'organismo di alcune pratiche

diagnostiche e terapeutiche utilizzanti le radiazioni ionizzanti (Tc,

Arteriografie, Radiologia interventistica, Medicina Nucleare,

Radioterapia...). Non va mai scordato che l'attività sanitaria in generale è,

di per sè, potenzialmente pericolosa. Per tale motivo è previsto da norme di

legge che il paziente, salvo particolari casi, debba manifestare il proprio

consapevole e preventivo consenso prima di sottoporsi ad attività clinica.

-81-

Page 82: Dispensa a a 2010-2011

Per un consenso consapevole è quindi indispensabile un’informazione

approfondita da parte del medico. Secondo il Comitato di Bioetica, creato

nel 1992 come organo consultivo della Presidenza del Consiglio dei Ministri,

“si ritiene tramontata la stagione del ‘paternalismo medico’ in cui il

sanitario si sentiva, in virtù del mandato da esplicare nell’esercizio della

professione, legittimato ad ignorare le scelte e le inclinazioni del paziente

ed a trasgredirle quando fossero in contrasto con l’indicazione clinica in

senso stretto”.

Il consenso informato si basa sugli articoli 13 e 32 della Carta

costituzionale21.

Il paziente ha diritto ad una corretta informazione su accertamenti

diagnostici invasivi, interventi chirurgici o altre terapie specialistiche,

nonché a decidere in autonomia se sottoporvisi o meno. Tali diritti sono

stati ribaditi in varie sentenze della Cassazione. Tra le più significative, la

sentenza della Cassazione Pen. 11-07-2001, n. 1572: “…il consenso

afferisce alla libertà morale del soggetto ed alla sua autodeterminazione,

nonché alla sua libertà fisica intesa come diritto al rispetto delle proprie

integrità corporee, le quali sono tutte profili della libertà personale

proclamata inviolabile dall'art. 13 Cost..”. Al medico non si può, di

conseguenza, attribuire “…un generale ‘diritto di curare’, a fronte del quale

non avrebbe alcun rilievo la volontà dell'ammalato che si troverebbe in una

posizione di ‘soggezione’ su cui il medico potrebbe ‘ad libitum’ intervenire,

con il solo limite della propria coscienza..”. E inoltre: “…la mancanza del

consenso (opportunamente "informato") del malato o la sua invalidità per

altre ragioni, determina l'arbitrarietà del trattamento medico chirurgico e la

sua rilevanza penale, in quanto posto in violazione della sfera personale del

soggetto e del suo diritto di decidere se permettere interventi estranei sul

proprio corpo.”.

L’informazione deve illustrare anche le eventuali alternative

all’intervento chirurgico; i rischi; le possibili complicazioni e le terapie che

queste comportano; il tipo di anestesia ed i controlli clinici a cui il paziente

si dovrà sottoporre dopo l’intervento. Il rapporto esplicativo alla

Convenzione di Oviedo (Consiglio D’Europa “Convenzione sui diritti

21 Art.13: La libertà personale è inviolabile (...). Art. 32 (v. nota 19).

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Page 83: Dispensa a a 2010-2011

dell’uomo e la biomedicina”, recepita con Legge 28 marzo 2001, n. 145)

stabilisce che il linguaggio usato dal medico per informare il paziente deve

essere alla portata di quest’ultimo, per metterlo in condizione di

comprendere i motivi e le modalità dell’intervento ed il Comitato di Bioetica

nel suo documento su Informazione e Consenso Informato, stabilisce che le

informazioni valide sono quelle effettivamente comprese.

L’informazione non deve limitarsi all’intervento del medico o del

chirurgo, ma anche alla struttura in cui verrà condotto perché il paziente

deve essere messo in condizione di sceglierne eventualmente un’altra.

Una persona diversa dal paziente può dare o non dare il consenso

solo se è stata chiaramente delegata dal paziente. Nel caso di minori va

sempre tenuta presente la volontà del paziente e se si considera che –

tranne in casi eccezionali - un minore di 14 anni non è in grado di

comprendere sino in fondo i problemi relativi ad un intervento, per tale

motivo sono direttamente chiamati a decidere i genitori o, in casi

particolari, il giudice tutelare.

Oltre al caso dei minori, l’obbligo del consenso informato è escluso

per i pazienti con malattie mentali e per le terapie di pronto soccorso. Nel

primo caso si deve, comunque, tentare di ottenere un consenso prima di

arrivare ad un intervento coercitivo. Nell’emergenza il medico può

intervenire con la terapia che ritiene adeguata, senza neppure

l’autorizzazione di eventuali parenti.

L’informazione al paziente e la sua scelta autonoma e consapevole

sono regolati dal Codice Deontologico dei Medici Italiani. Va precisato che il

consenso è normato anche da ad Codice Deontologico del Tsrm il quale è il

professionista che: "è consapevole che il consenso ad una prestazione

sanitaria è, diritto di ogni cittadino; pertanto si adopera per garantire che la

persona, debitamente informata, possa giungere ad un'accettazione

consapevole della prestazione propostagli. Ritiene contrario a tale

impostazione la sottoscrizione puramente formale di appositi moduli" ( art.

3.10).

Vediamo ora sinteticamente alcuni principi stabiliti dalla

giurisprudenza sull'argomento.

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Page 84: Dispensa a a 2010-2011

"La responsabilità del sanitario e, di riflesso, della struttura sanitaria,

per cui questo agisce, per violazione dell'obbligo del consenso informato

discende dalla condotta omissiva del medico all'adempimento dell'obbligo

di informazione circa le prevedibili conseguenze del trattamento. La

correttezza o meno dell'intervento chirurgico, pertanto, non assume alcun

rilievo, ai fini della sussistenza dell'illecito per inosservanza del consenso

informato, e, quindi non incide sul conseguente danno consistente nel

peggioramento della salute e dell'integrità fisica del soggetto, rimanendo

del tutto indifferente che tale peggioramento sia dovuto ad una corretta

ovvero non corretta esecuzione del trattamento chirurgico" (Cass. Civ. n.

5444/06)

"In tema di responsabilità medica per violazione dell'obbligo di

informare il paziente su tutto ciò che riguarda l'intervento da eseguire,

compresi i rischi connessi le possibili complicanze della fase successiva

l'operazione (intervento chirurgico finalizzato ad eliminare la stenosi della

carotide di sinistra e seguita da diversi complicazioni, tra cui notevole

disfonia) è irrilevante l'eventuale presenza di imperizia, imprudenza o

negligenza. L'ipotesi, come quella del caso in esame, di intervento

chirurgico eseguito in assenza di tale consenso, comporta una violazione

tanto della Carta Costituzionale, negli articoli 32 in materia di libertà nella

sottoposizione ad un trattamento sanitario e 13 in cui è garantita

l'inviolabilità della libertà personale con riferimento alla salvaguardia della

propria salute e integrità fisica" (App. Roma, 22 giugno 2006).

"La correttezza o meno del trattamento sanitario non assume alcun

rilievo ai fini della sussistenza dell'illecito per violazione del consenso

informato, la quale sussiste per la semplice ragione che il paziente, a causa

del ‘deficit‘ di informazione, non è stato messo in condizione di assentire al

trattamento sanitario con volontà consapevole delle sue implicazioni”

(Cass. Civ. n. 5444/06).

"Il principio consolidato in giurisprudenza secondo cui il medico non

può più intervenire sul paziente senza averne ricevuto prima il consenso

non ha per oggetto un atto puramente formale e burocratico, ma è la

condizione imprescindibile per trasformare un atto illecito (la violazione

dell'integrità psico-fisica) in un atto lecito. Da ciò consegue che la mancata

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Page 85: Dispensa a a 2010-2011

richiesta del consenso effettivo informato deve valutarsi quale autonoma

fonte di responsabilità in capo ai medici per lesione del diritto,

costituzionalmente protetto, di autodeterminazione e la cui lesione dà

luogo ad un danno. Il diritto del paziente di formulare un consenso

informato e dunque consapevole al trattamento terapeutico e chirurgico,

appartiene ai diritti inviolabili della persona costituzionalmente garantiti. Il

consenso prestato dal paziente deve essere frutto di un rapporto reale e

non solo apparente tra medico e paziente, dovendo il sanitario raccogliere

un'adesione effettiva e partecipata" (Trib. Milano, 29 marzo 2005).

"La responsabilità e i doveri del medico non riguardano solo l'attività

propria e dell'eventuale équipe che a lui risponda, ma si estende allo stato

di efficienza e a livello di dotazioni della struttura sanitaria in cui presta la

sua attività e si traduce in un ulteriore dovere di informazione del paziente.

Il consenso informato, personale del paziente o di un proprio familiare, in

vista di un trattamento chirurgico o di altra terapia specialistica o

accertamento diagnostico invasivi, non riguardano soltanto i rischi oggettivi

e tecnici in relazione alla situazione soggettiva e allo stato dell'arte della

disciplina, ma anche la concreta, magari momentaneamente carente

situazione ospedaliera, in rapporto alle dotazioni e alle attrezzature e al

loro regolare funzionamento, in modo che il paziente possa non soltanto

decidere se sottoporsi a meno all'intervento, ma anche se farlo in quella

struttura ovvero richiedere di trasferirsi in un'altra" (Cass. Civ. n.

14638/04).

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Page 86: Dispensa a a 2010-2011

Capitolo IV: Collegi Professionali e

Federazione Nazionale dei Collegi

4.1) Introduzione

Sotto un profilo strettamente storico, comunque utile per dare rilievo

ai valori fondanti l'istituzione, la Federazione Nazionale ed i Collegi Tsrm

possono vantare ormai circa 70 anni di storia essendo tra le più antiche

organizzazioni istituzionali nazionali, tra le Professioni Tecnico-Sanitarie, del

nostro Paese.

Già è stato fatto riferimento a chi spetti, nell'ordinamento generale,

attribuire rilevanza sociale ad una professione: al legislatore.

Con riferimento quindi alle professioni, la definizione di "ordine

professionale", indica l'appartenenza di iscritti ad un Albo o a un elenco.

Sappiamo dell'esistenza degli Ordini e dei Collegi, distinzione, si pensa,

legata al titolo professionale (rispettivamente: laurea e diploma) pur con

l'evidente eccezione dei notai riuniti in Collegi notarili.

Ricordiamo sinteticamente la progressione normativa sulla materia:

nel 1944, con il D.L.LGT. n. 382, furono emanate le norme di

ricostituzione degli Ordini e Collegi professionali;

nel 1946, il DLCPS n. 233, ha ricostituito gli ordini dei medici,

veterinari e farmacisti compresa l'istituzione del Collegio delle Ostetriche;

nel 1954, con la Legge n. 1049, sono stati istituiti i Collegi delle

Infermiere Professionali, Assistenti sanitarie visitatrici e delle Vigilatrici

d'Infanzia (IPASVI);

con il DPR 221 del 5 aprile 1950, s’introduceva il Regolamento di

attuazione della legge di ricostituzione degli Ordini e Collegi (D.L.LGT. n.

233/46).

Lo status istituzionale della Federazione dei Collegi è di ente di diritto

pubblico. In qualità di organo ausiliario dello Stato ha il compito di vigilare

sul Gruppo professionale per mezzo dei Collegi provinciali e inter-provinciali

(più province raggruppate in un unico Collegio).

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Page 87: Dispensa a a 2010-2011

La Federazione è altresì associata all'organizzazione internazionale

ISSRT (Internatinal Society of Radiographers and Radiological Tecnologists)

a sua volta componente consultivo dell'OMS (Organizzazione Mondiale della

Sanità). La Federazione Tsrm è anche a Bruxelles con un Ufficio di

Rappresentanza associato presso l'Unione Europea. Come qualunque

organo associativo, la Federazione, ha adottato proprio regolamento

approvato dai propri Organi Nazionali e dal Ministero della Salute. E’

articolata in Uffici di Direzione, Dipartimenti e Commissioni consultive e di

studio. Ha altresì compiti di concertazione e consulenza verso le realtà

istituzionali, nelle parti sociali, nelle organizzazioni pubbliche della Sanità,

dell'Università, nelle parti datoriali di lavoro della Sanità pubblica e privata.

La Federazione può intervenire, ad esempio: sullo stato organizzativo, sulla

funzionalità e qualità dei servizi, sugli aspetti programmati dei Piani

Sanitari nazionali e regionali, sulla sfera di competenza della professione,

sull'etica e deontologia professionale a tutela sia dei cittadini ma anche del

decoro della Professione nel contesto sociale e applicando pertanto anche

provvedimenti disciplinari.

4.2) I Collegi professionali

Collegi provinciali o interprovinciali e Federazione Nazionale,

associazione dei primi e dei secondi, sono oggi l’unica forma di

associazionismo di categoria, tra l’altro giuridicamente richieste, che

animano le vicende sulla professione dei Tsrm.

L’attività collegiale o federativa si basa sui principi giuridici del

DLCPS n. 233/46 e del DPR 5 aprile 1950, n. 221; le attribuzioni assegnate a

tali organi sono:

a) Compilare e tenere l’Albo dell’Ordine o Collegio e pubblicarlo al

principio di ogni anno;

b) Vigilare alla conservazione ed al decoro dell’indipendenza

dell’Ordine e del Collegio;

c) Designare i rappresentanti dell’Ordine o Collegio presso

commissioni, Enti ed organizzazioni di carattere provinciale e

comunale;

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Page 88: Dispensa a a 2010-2011

d) Promuovere e favorire tutte le iniziative intese a facilitare il

progresso culturale degli iscritti;

e) Dare il proprio concorso alle autorità locali nello studio e nella

attuazione dei provvedimenti che comunque possono

interessare l’Ordine o il Collegio;

f) Esercitare il potere disciplinare nei confronti dei sanitari liberi

professionisti iscritti nell’albo, salvo in ogni caso, le altre

disposizioni di ordine disciplinare e punitivo contenute nelle

leggi e nei regolamenti in vigore;

g) Interporsi, se richiesto, nelle controversie fra sanitario e

sanitario o fra sanitario e persone o Enti a favore dei quali il

sanitario abbia prestato o presti la propria opera professionale,

procurando la conciliazione della vertenza e, in caso di non è

riuscito accordo, dando il suo parere sulle controversie stesse.

Le attività collegiali che vanno al di là del mero limite statutario

possono derivare anche dal desiderio ed alla filosofia di voler migliorare la

categoria a diversi livelli tra i quali quello professionale, sociale ed

economico.

Per ciò che riguarda gli aspetti di tipo sociale ed economico il

Collegio, con la Federazione, possono essere fonte di forza formale per le

proposte di cambiamenti strutturali della categoria. L’esempio

caratteristico è il passaggio da status di esercenti un’arte ausiliaria a quello

di professionisti sanitari.

Per quanto riguarda il miglioramento professionale il controllo più

utile che il Collegio può effettuare, sull’esercizio dell’attività ed a garanzia

della qualità delle prestazioni erogate dagli iscritti, è quello relativo

all’aggiornamento e alla formazione costante e continua dell’attività,

nonché alla verifica della permanenza di competenze professionali al passo

con gli sviluppi della disciplina.

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Page 89: Dispensa a a 2010-2011

4.3) l potere disciplinare

In qualità di associazione professionale, anche i Collegi provinciali

della professione dei Tsrm sono dotati di autonomia nelle sanzioni

disciplinari da erogare agli iscritti. Le sanzioni ed il relativo procedimento

sono ovviamente previsti da disposizioni legislative. In particolare è in

vigore il regolamento esecutivo sulla disciplina dell'esercizio della

professione (DPR n. 221/50); il menzionato regolamento è efficace per

qualsivoglia Collegio oppure Ordine professionale in campo sanitario.

I sanitari che si rendono colpevoli di abusi o mancanze nell'esercizio

della professione ovvero di fatti disdicevoli al decoro professionale, sono

sottoposti a procedimento disciplinare da parte dell'Ordine o del Collegio

della provincia nel cui Albo sono iscritti . Il procedimento è promosso

d'ufficio, quindi da parte del Collegio stesso, o su richiesta del Prefetto o del

Procuratore della Repubblica.

Il Presidente, nel caso in cui risultino fatti che possono formare

oggetto di procedimento disciplinare, verificate sommariamente le

circostanze, assunte le opportune informazioni e dopo aver sentito il

sanitario interessato, deve riferire al Consiglio per le deliberazioni del caso.

Il Presidente fissa la data della seduta per il giudizio, nomina il

relatore e notifica all'interessato:

a) la menzione circostanziata degli addebiti;

b) il termine non inferiore a venti giorni e prorogabile su richiesta

dell'interessato, entro quale egli può visionare gli atti relativi al

suo deferimento a giudizio disciplinare e produrre le proprie

controdeduzioni scritte;

c) l'indicazione del luogo, giorno e ora del giudizio disciplinare;

d) l'espresso avvertimento che, qualora non si presenti alla seduta

del Consiglio, si procederà a giudizio in sua assenza;

Come si vede da quanto previsto dalla vigente normativa, si apre un

vero e proprio contraddittorio sulla falsariga di quanto previsto da un

procedimento giudiziale. Anche per quanto riguarda l'ambito sanzionatorio,

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la legge, al fine di evitare abusi o arbitrii da parte dell'associazione

professionale, prevede espressamente le sanzioni disciplinari erogabili:

1) l'avvertimento che consiste nel diffidare il colpevole a non a ricadere

nella mancanza commessa;

2) la censura che è una dichiarazione di biasimo per la mancanza

commessa;

3) la sospensione dall'esercizio della professione per una durata da uno

a sei mesi;

4) la radiazione dall'Albo.

La legge prevede inoltre che in alcuni casi si proceda alla radiazione

di diritto, ad esempio in caso di commercio clandestino o fraudolento di

sostanze stupefacenti, istigazione all'aborto, atti abortivi su donna ritenuta

incinta, per delitti non colposi e per i quali la legge preveda la pena della

reclusione non inferiore nel minimo due con il massimo di cinque anni,

l'interdizione dai pubblici uffici perpetua o di durata superiore a tre anni.

È altresì prevista la sospensione d'ufficio nel caso sia stato emesso

una mandato di cattura, oppure nell'ipotesi in cui vi sia stata interdizione

dai pubblici uffici per una durata non superiore a tre anni. Le leggi penali

prevedono altri casi in cui si proceda d'ufficio a radiazione o sospensione

dall'esercizio professionale.

Nel giorno fissato per il giudizio, il relatore espone i fatti addebitati e

le circostanze emerse dall'attività istruttoria e, nel caso sia presente,

l'incolpato deve essere obbligatoriamente sentito. L'incolpato deve inoltre

comparire personalmente e non è ammessa l'assistenza di avvocati o

consulenti tecnici salvo che, per questi ultimi, il Consiglio non ritenga

necessario il loro intervento22. Chiusa la trattazione orale e allontanato il

sanitario interessato, il Consiglio decide. La seduta del Consiglio non è

pubblica. Naturalmente deve essere redatto un apposito verbale nel quale,

oltre al giorno mese ed hanno, siano indicati i nomi dei componenti del

22 In realtà: “L'art. 45 del regolamento che disciplina detto procedimento (approvato con D.P.R. 5 aprile 1950 n. 221) prevede che "non è ammessa l'assistenza di avvocati". Tale norma regolamentare è stata ritenuta illegittima dalla Commissione centrale perché contrastante con il diritto di difesa dell'incolpato (in conformità con l'orientamento della Cassazione: v., da ultimo, la sentenza di questa Sezione, 12 giugno 1999 n. 5819), onde va riconosciuto al sanitario la facoltà di farsi assistere da un difensore, durante tutto il corso del procedimento disciplinare”. Cass Civ Sez III, n. 16075 del 15/11/2002.

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Consiglio intervenuti, i giudizi esaminati e le questioni trattate e i

provvedimenti presi in ordine a ciascun procedimento.

Atto finale è naturalmente la decisione (cioè la sanzione irrogata o la

sua inapplicabilità) che deve contenere, a pena di nullità, la data in cui è

stata adottata, i fatti addebitati, le prove assunte.

Il Presidente del Collegio ha l'obbligo di comunicare, al Prefetto e al

Procuratore della Repubblica competenti per territorio, l'inizio e l'esito di

ogni giudizio disciplinare adottato. I provvedimenti sospesivi e di

radiazione, quando ritenuti definitivi, sono comunicati a tutti gli Ordini o

Collegi della categoria. Il sanitario radiato può essere reiscritto non prima di

cinque anni dal provvedimento di radiazione e con lo stesso procedimento

previsto per la domanda di iscrizione. Il Consiglio dovrà deliberare

l'accettazione o il rigetto della domanda, come avviene normalmente anche

per le nuove iscrizioni, nel termine di tre mesi.

Nel concludere l'argomento riguardante il procedimento disciplinare,

è doveroso ricordare che il sanitario interessato può proporre ricorso,

contro la decisione del proprio Collegio o Ordine, alla Commissione

Centrale. Quest'ultima è un apposito organo centrale costituito da

rappresentanti dei professionisti sanitari, nominata con decreto del Capo

dello Stato, su proposta del presidente del Consiglio dei ministri e di

concerto con il ministro di Grazia e Giustizia. Contro le decisioni della

Commissione centrale è ammesso infine il ricorso davanti alle Sezioni unite

della Corte suprema di Cassazione.

Proprio in riferimento a quest’ultima va ricordato che, anche su

questo argomento, sono state date alcune massime applicabili.

"Il potere disciplinare del Consiglio dell'Ordine provinciale dei medici

non si esercita attraverso un'attività giurisdizionale. La funzione disciplinare

ha natura amministrativa in quanto svolta nei confronti di appartenenti ad

un gruppo organizzato, da un organo che di questo costituisce diretta

emanazione e nell'interno del gruppo in relazione alla violazione di interessi

propri di questo. L'intervento della giurisdizione avviene dopo l'esercizio del

potere del gruppo, a garanzia dei singoli e ha luogo mediante l'esame

dell'atto amministrativo che ha posto termine al procedimento.

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Vale anche in sede di procedimento disciplinare contro i medici,

quanto già affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte in tema di

procedimento disciplinare a carico degli esercenti la professione forense e

secondo cui la contestazione degli addebiti e non esige una minuta,

completa e particolareggiata esposizione dei fatti che integrano l'illecito,

essendo, invece, sufficiente che l'incolpato, con la lettura dell'imputazione,

sia posta in grado di approntare la propria difesa in modo efficace, senza

rischi di essere condannato per fatti diversi da quelli ascrittigli.

In tali giudizi, l'indicazione delle regole della deontologia

professionale e la loro applicazione alla valutazione degli addebiti,

attengono al merito del procedimento e sono insindacabili in sede di

legittimità in quanto si riferiscono precetti extra giuridici ovvero regole

interne della categoria, non già ad attività normativa (precedente della

Cass. civ. n. 11488/96 in tema di responsabilità disciplinare degli architetti

e ingegneri)" ( Cass. Civ. n. 10389/01).

"Spetta alla giurisdizione della Commissione Centrale per gli esercenti

le professioni sanitarie la controversia relativa alla sussistenza o meno del

diritto di un infermiere alla cancellazione dall'albo professionale tenuto dal

Collegio Ipasvi (Infermieri professionali assistenti sanitari e vigilatrici

d'infanzia) e alla giurisdizione ordinaria la controversia circa il diritto del

medesimo Collegio di esigere il contributo a carico degli iscritti relativi al

periodo rispetto cui èin discussione l'iscrizione, salva la pregiudizialità della

controversia in punto di iscrizione rispetto a quella concernente il

pagamento, comportante la sospensione di quest'ultima in attesa della

definizione della prima" (Cass. Civ. n. 7376/04).

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Allegati normativi

    Testi estratti dagli archivi del sistema ItalgiureWeb del CED della Corte di

Cassazione

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LEGGE N. 4 agosto 1965, n.1103Regolamentazione giuridica

dell'esercizio dell'arte ausiliaria sanitaria di

radiologia medica.

La camera dei Deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato:

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Promulga

la seguente legge:

Art.1

E’ soggetto a vigilanza del Ministero della sanità l'esercizio dell'arte ausiliaria sanitaria di tecnico di radiologia medica. La vigilanza si estende: a) alla formazione tecnico-professionale; b) all'accertamento del titolo di abilitazione; c) all'esercizio dell'arte predetta.

Art.2

Chiunque intenda esercitare sia presso ospedali o enti pubblici, sia presso ambulatori privati di radiologia, l'arte ausiliaria sanitaria di tecnico di radiologia medica, deve avere raggiunto la maggiore età ed essere munito del diploma di abilitazione rilasciato dalle scuole appositamente istituite per l'insegnamento delle attività medesime, ai sensi della presente legge.

Art.3

L istituzione delle scuole di tecnico di radiologia medica e autorizzata con decreto del Ministro per la sanità, di concerto con il Ministro per la pubblica istruzione. Nelle stesse forme viene approvato il regolamento per le scuole stesse.

Art.4

Le scuole per l'abilitazione all'esercizio dell'arte ausiliaria sanitaria di tecnico di radiologia medica possono essere istituite presso istituti universitari ed ospedali dipendenti da enti pubblici, che siano in possesso di requisiti e dei mezzi occorrenti per il funzionamento della scuola. Gli aspiranti all'ammissione alle scuole di cui al comma precedente devono essere in possesso del diploma di istruzione secondaria di primo grado, aver compiuto il diciassettesimo anno di età alla data del 31 dicembre dell'anno scolastico cui si riferisce la domanda di ammissione e non aver

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superato il 32° anno di età salvo le maggiorazioni di legge. Costituisce titolo preferenziale per l'ammissione alle scuole in aggiunta al diploma di istruzione secondaria di primo grado predetto, il possesso di qualsiasi diploma professionale o di altro genere.

Art.5

Gli istituti ed ospedali che, ai sensi dell'articolo precedente, intendano istituire scuole per l'abilitazione all'esercizio dell'arte ausiliaria sanitaria di tecnico di radiologia medica devono rivolgere al Ministero della sanità, tramite il medico provinciale, domanda corredata dalla deliberazione sulla istituzione ed il funzionamento della scuola, secondo le modalità che verranno determinate nel regolamento di esecuzione della presente legge.

Art.6

Il corso di studi per conseguire l'abilitazione all'esercizio dell'arte ausiliaria sanitaria di tecnico di radiologia medica è di tre anni. Ogni anno scolastico ha la durata di nove mesi. Con decreto del Ministro per la sanità, di concerto con il ministero della pubblica istruzione, sono stabilite le materie obbligatorie di insegnamento ed i programmi particolareggiati di ciascuna materia.

Art.7

Il tirocinio degli allievi presso gli istituti ed ospedali di cui all'articolo 4, che abbiano istituito i corsi. non dà luogo ad alcun rapporto di lavoro con gli stessi; detti enti sono esonerati dall'obbligo di corrispondere qualsiasi emolumento a titolo di stipendio o salario e qualsiasi contributo assicurativo e previdenziale. Gli enti stessi provvedono all'assicurazione degli allievi contro gli infortuni, le malattie e lesioni causate da raggi X e sostanze radioattive a norma del successivo articolo 15, li ricoverano gratuitamente in caso di malattia acuta contratta durante il corso. Gli allievi che siano già in rapporto di servizio con l'ente presso il quale si svolge il corso continuano a percepire gli assegni in godimento all'atto dell'ammissione alla scuola, purché completino il normale orario di servizio quando non sono impegnati nei doveri scolastici.

Art.8

Al termine del corso di studi gli allievi sosterranno una prova di esame orale e pratica. Tale prova si svolgerà in due sessioni, secondo le modalità stabilite nel regolamento di esecuzione della presente legge. La Commissione esaminatrice è nominata dal medico provinciale, che la presiede, ed è composta: a) dal direttore della scuola; b) da un primario ospedaliero di ruolo della specialità, designato dall'Ordine dei Medici della Provincia; c) da un docente di materie obbligatorie del corso di studi; d) da un rappresentante del Ministero della pubblica istruzione Un funzionario della carriera direttiva amministrativa del Ministero della

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sanità esercita le. funzioni di segretario. Le spese per il funzionamento della Commissione di esame sono liquidate dall'Ente che istituisce la scuola.

Art.9

La direzione della scuola è affidata al direttore dell'istituto radiologico universitario o al primario radiologico dell'ospedale presso cui ha sede la scuola. La nomina del direttore della scuola e dei docenti delle materie obbligatorie di insegnamento del corso di studi previsto dal decreto ministeriale di articolo 6cui all', viene effettuata dal medico provinciale, su proposta del Consiglio di amministrazione dell'Ente da cui la scuola dipende.

Art.10

Ai candidati di cui all'articolo 8, che superino gli esami, viene rilasciato il diploma di abilitazione all'esercizio dell'arte ausiliaria sanitaria di tecnico di radiologia medica.

Art.11

Ai tecnici di radiologia medica e consentito di svolgere le seguenti mansioni nei gabinetti radiologici, riconosciuti a norma di legge: a) preparare l'ammalato secondo le istruzioni del medico radiologo; b) effettuare tutte le manovre e la manualità coordinate dal medico radiologo , che ne rimane responsabile; c) controllare l'efficienza degli apparati e la loro manutenzione; d) eseguire il lavoro della camera oscura, della registrazione e dell'archiviazione delle pellicole. È fatto divieto ai tecnici di radiologia medica di fornire prestazioni fuori dei gabinetti radiologici debitamente autorizzati se non sotto il diretto controllo e in presenza del medico radiologo, che ne assume, di volta in volta, la responsabilità.

Art.12

L'effettivo esercizio dell'arte ausiliaria sanitaria di tecnico di radiologia medica è subordinato all'iscrizione all'albo provinciale di cui al successivo articolo 14.

Art.13

Gli istituti di cura pubblici e privati, i gabinetti radiologici, pubblici e privati, e gli altri istituti riconosciuta norma di legge che hanno alle dipendenze personale per l'impiego delle apparecchiature, sono obbligati ad assumere personale provvisto del diploma di abilitazione di tecnico di radiologia medica.

Art.14

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In ogni Provincia è costituito il Collegio degli esercenti l'arte ausiliaria sanitaria di tecnico di radiologia medica che conseguono il diploma di abilitazione a norma della presente legge. I Collegi provinciali degli esercenti l'arte ausiliaria sanitaria di tecnico di radiologia medica sono riuniti in una Federazione Nazionale con sede in Roma. Sono estese ai Collegi Provinciali dei tecnici di radiologia medica ed alla Federazione Nazionale in quanto compatibili, le norme contenute nel D.L.C.P.S. 13 settembre 1946, n.233. e successive modificazioni ed integrazioni. Qualora il numero degli aventi diritto ad iscriversi nel Collegio, esistenti nella Provincia, sia esiguo, ovvero sussistano altre ragioni di carattere storico, topografico sociale e demografico il Ministro per la sanità, su proposta del medico provinciale e sentita la Federazione Nazionale, può disporre che un Collegio abbia per circoscrizione due o più Province finitime, designandone la sede.

Art.15

Le disposizioni di cui alla Legge 20 febbraio 1958, n.93, sono estese anche ai tecnici di radiologia impiegati a norma dell'articolo 2 della presente legge e gli altri allievi dei corsi.

Art.16

Chiunque eserciti l'arte ausiliaria sanitaria di tecnico di radiologia medica in violazione delle norme contenute nella presente legge è punito con la multa da lire 50.000 a lire 100.000 In caso di recidiva, la pena della reclusione da 15 a 30 giorni e della multa da lire 100.000 a lire 200.000 II materiale destinato all'esercizio dell'arte di cui alla presente legge è confiscato. II medico provinciale indipendentemente dal procedimento giudiziario per l'esercizio abusivo dell'arte ausiliaria sanitaria di tecnico di radiologia medica, può ordinare la chiusura temporanea del locale nel quale detta attività sia stata abusivamente esercitata ed il sequestro conservativo del materiale. II provvedimento del medico provinciale è definitivo.

Art.17

Alle pene di cui al precedente articolo soggiace anche chi, essendo regolarmente autorizzato all'esercizio dell'arte ausiliaria sanitaria contemplata dalla presente legge, presti comunque il suo nome, ovvero la sua attività allo scopo di permettere o di agevolare il reato di cui all'articolo stesso.

Art.18

Il diploma di abilitazione all'esercizio dell'arte ausiliaria di tecnico di radiologia medica è soggetto alla tassa di concessione governativa, stabilita dalla tabella A. n.224, annessa al testo unico delle disposizioni in materia di tasse sulle concessioni governative, approvato con DPR 1° marzo 1961, n.121.

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Disposizioni Transitorie e Finali

Art.19

Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Governo emanerà il regolamento per la sua esecuzione.

Art.20

Coloro che, alla data di pubblicazione della presente legge, abbiano esercitato abitualmente e direttamente, almeno cinque anni, l'arte ausiliaria sanitaria di tecnico di radiologia medica in sedi diverse dalle Amministrazioni ospedaliere o da enti pubblici, saranno ammessi, entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge, a sostenere la stessa prova di esame orale e pratica prevista dal precedente articolo 8 per il conseguimento del diploma di abilitazione.

Art.21

II diploma di abilitazione di cui al precedente articolo sarà per conto rilasciato dalla medesima Commissione a tutti coloro che, alla data di pubblicazione della presente legge, abbiano esercitato abitualmente e direttamente da almeno tre anni, l'arte ausiliaria sanitaria di tecnico di radiologia medica presso Amministrazioni ospedaliere o enti pubblici che risultino in possesso di un titolo di specializzazione rilasciato da specifiche scuole riconosciute dallo Stato.

Art.22

Il diploma di abilitazione conseguito ai sensi dei precedenti articoli 20 e 21 abilita alla continuazione dell'esercizio dell'arte ausiliaria sanitaria di tecnico di radiologia medica e deve esser considerato, a tutti gli effetti, equipollente al diploma di abilitazione di cui al precedente articolo 10.

Art.23

Le scuole pubbliche o private di tecnico di radiologia riconosciute dallo Stato, continueranno a svolgere i loro corsi secondo i singoli regolamenti. I diplomati di detti istituti che abbiano fatto un regolare corso di studi triennali possono conseguire l'abilitazione all'esercizio specifico dell'arte sanitaria ausiliaria di tecnico di radiologia medica con un esame di idoneità presso una Commissione costituita secondo le norme di cui all'articolo 8.

Art.24

Sono abrogate tutte le disposizioni in contrasto con la presente legge. La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

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LEGGE 31 GENNAIO 1983, n. 25

MODIFICHE ED INTEGRAZIONI ALLA LEGGE 4 AGOSTO 1965, N. 1103, E AL

DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 6 MARZO 1968, N. 680, SULLA REGOLAMENTAZIONE GIURIDICA DELL'ESERCIZIO DELLA ATTIVITÀ DI TECNICO

SANITARIO DI RADIOLOGIA MEDICA.

Preambolo

LA CAMERA DEI DEPUTATI ED IL SENATO DELLA REPUBBLICA HANNO APPROVATO;IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICAPROMULGALA SEGUENTE LEGGE:

ART. 1.  IN ATTESA DELL'EMANAZIONE DELLA LEGGE QUADRO SULLE PROFESSIONI SANITARIE AUSILIARIE E DELLA RIFORMA DELLA FACOLTÀ DI MEDICINA, L'_ARTE AUSILIARIA SANITARIA DI TECNICO DI RADIOLOGIA MEDICA_, DI CUI ALLA LEGGE 4 AGOSTO 1965, N. 1103 , È SOSTITUITA DALLA _PROFESSIONE DI TECNICO SANITARIO DI RADIOLOGIA MEDICA_.

ART. 2.  I COMMI SECONDO E TERZO DELL' ARTICOLO 4 DELLA LEGGE 4 AGOSTO 1965, N. 1103 , SONO SOSTITUITI DAI SEGUENTI:

  _A PARTIRE DAI CORSI CHE AVRANNO INIZIO NEL 1983 GLI ASPIRANTI ALL'AMMISSIONE ALLE SCUOLE DI TECNICO DI RADIOLOGIA MEDICA DOVRANNO ESSERE IN POSSESSO DEL DIPLOMA DI SCUOLA SECONDARIA DI SECONDO GRADO.

  AI CORSI CHE INIZIERANNO NEL BIENNIO 1983-84 SARANNO INOLTRE AMMESSI GLI ASPIRANTI CHE, AVENDO OTTENUTO LA PROMOZIONE AL TERZO ANNO DI SCUOLA SECONDARIA DI SECONDO GRADO, ABBIANO SVOLTO ALMENO DUE ANNI DI ATTIVITÀ LAVORATIVA IN GABINETTI RADIOLOGICI.

  AGLI ALLIEVI CHE FREQUENTANO L'ULTIMO ANNO DELLE ANZIDETTE SCUOLE SONO ESTESE LE NORME DELL' ARTICOLO 13 DELLA LEGGE 21 DICEMBRE 1978, N. 845 , IN MATERIA DI SERVIZIO MILITARE DI LEVA_.

ART. 3.  AL SECONDO COMMA DELL' ARTICOLO 8 DELLA LEGGE 4 AGOSTO 1965, N. 1103 , DOPO LA LETTERA D), È AGGIUNTA LA SEGUENTE:

_e)  UN TECNICO SANITARIO DI RADIOLOGIA MEDICA DESIGNATO DAL COLLEGIO PROFESSIONALE PROVINCIALE O INTERPROVINCIALE_.

ART. 4.  L' ARTICOLO 11 DELLA LEGGE 4 AGOSTO 1965, N. 1103 , È SOSTITUITO DAL SEGUENTE:

  _ART. 11. - I TECNICI SANITARI DI RADIOLOGIA MEDICA, OVUNQUE OPERANTI, COLLABORANO DIRETTAMENTE CON IL MEDICO RADIO-DIAGNOSTA, RADIO-TERAPISTA E NUCLEARE PER LO SVOLGIMENTO DI TUTTE LE ATTIVITÀ COLLEGATE CON LA UTILIZZAZIONE DELLE RADIAZIONI IONIZZANTI, SIA ARTIFICIALI CHE NATURALI, DELLE ENERGIE TERMICHE E ULTRASONICHE, NONCHÉ DELLA RISONANZA NUCLEARE MAGNETICA,

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AVENTI FINALITÀ DIAGNOSTICHE, TERAPEUTICHE, SCIENTIFICHE E DIDATTICHE.

  IN PARTICOLARE:

a)  I TECNICI SANITARI DI RADIOLOGIA MEDICA NELLA STRUTTURA PUBBLICA E PRIVATA ATTUANO LE MODALITÀ TECNICO-OPERATIVE RITENUTE IDONEE ALLA RILEVAZIONE DELL'INFORMAZIONE DIAGNOSTICA ED ALL'ESPLETAMENTO DEGLI ATTI TERAPEUTICI, SECONDO LE FINALITÀ DIAGNOSTICHE O TERAPEUTICHE E LE INDICAZIONI FORNITE DAL MEDICO RADIO-DIAGNOSTA, RADIO-TERAPISTA O NUCLEARE CHE HA LA FACOLTÀ DELL'INTERVENTO DIRETTO ED IN ARMONIA CON LE DISPOSIZIONI DEL DIRIGENTE LA STRUTTURA;

b)  IL TECNICO SANITARIO DI RADIOLOGIA MEDICA È TENUTO A SVOLGERE LA PROPRIA OPERA NELLA STRUTTURA PUBBLICA E PRIVATA, NEI SETTORI O SERVIZI OVE L'ATTIVITÀ RADIOLOGICA È COMPLEMENTARE ALL'ESERCIZIO CLINICO DEI MEDICI NON RADIOLOGI, SECONDO LE INDICAZIONI DEL MEDICO RADIOLOGO;

c)  I TECNICI SANITARI DI RADIOLOGIA MEDICA ASSUMONO LA RESPONSABILITÀ SPECIFICA TECNICO-PROFESSIONALE DEGLI ATTI A LORO ATTRIBUITI_.

ART. 5.  IL QUARTO COMMA DELL' ARTICOLO 14 DELLA LEGGE 14 AGOSTO 1965, N. 1103 , È SOSTITUITO DAL SEGUENTE:

  _QUALORA IL NUMERO DEGLI AVENTI DIRITTO AD ISCRIVERSI NEL COLLEGIO, ESISTENTI NELLA PROVINCIA, SIA ESIGUO, OVVERO SUSSISTANO ALTRE VALIDE RAGIONI, IL MINISTRO DELLA SANITÀ, SU PROPOSTA DELLA FEDERAZIONE NAZIONALE, PUÒ DISPORRE CHE UN COLLEGIO ABBIA PER CIRCOSCRIZIONE DUE O PIÙ PROVINCE FINITIME DESIGNANDONE LA SEDE_.

ART. 6.  L' ARTICOLO 15 DELLA LEGGE 4 AGOSTO 1965, N. 1103 , È SOSTITUITO DAL SEGUENTE:

  _ART. 15. - LE DISPOSIZIONI DI CUI ALLA LEGGE 20 FEBBRAIO 1958, N. 93 , E SUCCESSIVE INTEGRAZIONI, SONO ESTESE A TUTTI I TECNICI SANITARI DI RADIOLOGIA MEDICA SVOLGENTI ATTIVITÀ LAVORATIVA, NONCHÉ AGLI ALLIEVI DEI CORSI.

  LA RETRIBUZIONE CONVENZIONALE ANNUA DA ASSUMERE COME BASE PER LA LIQUIDAZIONE DELLE RENDITE È FISSATA, ANNUALMENTE, NON OLTRE I TRE MESI DALLA SCADENZA DELL'ANNO STESSO, CON DECRETO DEL MINISTRO DEL LAVORO E DELLA PREVIDENZA SOCIALE, DI CONCERTO CON IL MINISTRO DELLA SANITÀ, SU PROPOSTA DEL CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE DELL'ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, IN RELAZIONE ALLA MEDIA DELLE RETRIBUZIONI INIZIALI, COMPRENSIVE DELL'INDENNITÀ INTEGRATIVA SPECIALE DEI TECNICI SANITARI DI RADIOLOGIA MEDICA DIPENDENTI DALLE STRUTTURE PUBBLICHE, SENTITA LA FEDERAZIONE NAZIONALE DEI COLLEGI TECNICI DI RADIOLOGIA MEDICA_.

ART. 7.  L' ARTICOLO 16 DELLA LEGGE 4 AGOSTO 1965, N. 1103 , È SOSTITUITO DAL SEGUENTE:

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  _ART. 16. - CHIUNQUE ESERCITI LA PROFESSIONE DI TECNICO SANITARIO DI RADIOLOGIA MEDICA IN VIOLAZIONE DELLE NORME CONTENUTE NELLA PRESENTE LEGGE È SOGGETTO ALLE PENE DI CUI ALL' ARTICOLO 348 DEL CODICE PENALE .

  IL MAGISTRATO PUÒ ORDINARE LA CHIUSURA TEMPORANEA DEL SERVIZIO RADIOLOGICO NEL QUALE L'ATTIVITÀ SIA STATA ABUSIVAMENTE ESERCITATA E IL SEQUESTRO CONSERVATIVO DEL MATERIALE_.

ART. 8.  L'ARTICOLO 24 DEL REGOLAMENTO APPROVATO CON DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 6 MARZO 1968, N. 680, È SOSTITUITO DAL SEGUENTE:

  _ART. 24. - 1) SERVIZIO DI RADIO-DIAGNOSTICA.

  I TECNICI SANITARI DI RADIOLOGIA MEDICA:

a)  SONO AUTORIZZATI AD EFFETTUARE DIRETTAMENTE, SU PRESCRIZIONE MEDICA - ANCHE IN ASSENZA DEL MEDICO RADIOLOGO - I RADIOGRAMMI RELATIVI AGLI ESAMI RADIOLOGICI DELL'APPARATO SCHELETRICO, DEL TORACE E DELL'ADDOME, SENZA MEZZI DI CONTRASTO, SECONDO LE INDICAZIONI DI CARATTERE GENERALE PREVENTIVAMENTE DEFINITE DAL MEDICO RADIOLOGO, SIA NEL SERVIZIO RADIOLOGICO CENTRALIZZATO CHE NELLE STRUTTURE DECENTRATE;

b)  COLLABORANO CON IL MEDICO RADIOLOGO IN TUTTE LE RESTANTI INDAGINI DIAGNOSTICHE DI COMPETENZA RADIOLOGICA.

  LA CONTINUITÀ O LA SALTUARIETÀ DELLA PRESENZA FISICA DEL MEDICO RADIOLOGO DURANTE L'EFFETTUAZIONE DELLE INDAGINI DI CUI ALLA PRESENTE LETTERA B) VIENE STABILITA DAL MEDICO RADIOLOGO STESSO IN RAGIONE DELLE ESIGENZE DEL CASO.

  2) SERVIZIO DI RADIOTERAPIA.

  I TECNICI SANITARI DI RADIOLOGIA MEDICA COLLABORANO DIRETTAMENTE CON I MEDICI RADIOTERAPISTI NELL'AMBITO DELLE SEGUENTI ATTIVITÀ:

a)  IMPOSTAZIONE DEL TRATTAMENTO, IVI COMPRESE TUTTE LE INDAGINI COLLATERALI AD ESSO COMPLEMENTARI;

b)  OPERAZIONI DOSIMETRICHE INERENTI AL TRATTAMENTO, ANCHE IN COLLABORAZIONE CON IL SERVIZIO DI FISICA SANITARIA;

c)  EFFETTUAZIONE E CONTROLLO DELLA CENTRATURA E DELLA EVENTUALE SIMULAZIONE;

d)  PREPARAZIONE ED IMPIEGO DI MEZZI AUSILIARI DI CENTRATURA E IMMOBILIZZAZIONE DEL PAZIENTE O IRRADIAZIONE;

e)  CONTROLLO DELL'EFFICIENZA DEGLI IMPIANTI E LORO PREDISPOSIZIONE ALL'USO;

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f)  CARICAMENTO, SCARICAMENTO DEI DISPOSITIVI PER TERAPIA NELLA FASE SUCCESSIVA AL CARICAMENTO E RECUPERO DELLE SORGENTI;

g)  OPERAZIONI NECESSARIE ALL'ALLESTIMENTO DELLE DOSI RADIO-ATTIVE DA SOMMINISTRARE AI PAZIENTI;

h)  CONTROLLO DELLE EVENTUALI CONTAMINAZIONI;

i)  DECONTAMINAZIONE DEGLI OGGETTI ED AMBIENTI CONTAMINATI;

l)  EFFETTUAZIONE DEL TRATTAMENTO RADIOTERAPICO PREDISPOSTO DAL RADIO-TERAPISTA E SUO CONTROLLO DURANTE TUTTA LA DURATA DELLA SEDUTA SECONDO LE INDICAZIONI RICEVUTE;

m)  TENUTA ED AGGIORNAMENTO DELLE REGISTRAZIONI DEI TRATTAMENTI E DEL REGISTRO DI CARICO E SCARICO DEL MATERIALE RADIO-ATTIVO;

n)  CARICO, CUSTODIA E SCARICO DEL MATERIALE RADIO-ATTIVO E DELLA STRUMENTAZIONE TECNICA;

o)  COLLABORAZIONE CON IL MEDICO RADIO-TERAPISTA ED IL SERVIZIO DI FISICA SANITARIA PER QUANTO CONCERNE LA DOSIMETRIA E GLI ALTRI ATTI INERENTI LA RADIOPROTEZIONE;

p)  PREPARAZIONE E POSIZIONAMENTO DEL PAZIENTE.

  I TECNICI SANITARI DI RADIOLOGIA MEDICA ESPLETANO, INOLTRE, OGNI ALTRA OPERAZIONE TECNICA RICHIESTA DAL MEDICO RADIO-TERAPISTA.

  3) SERVIZIO DI MEDICINA NUCLEARE.

  I TECNICI SANITARI DI RADIOLOGIA MEDICA ADDETTI AI SERVIZI DI MEDICINA NUCLEARE:

a)  PRENDONO IN CONSEGNA LE SORGENTI RADIO-ATTIVE, CURANDO IL LORO CARICO E SCARICO OLTRE CHE LO SMALTIMENTO DEI RIFIUTI RADIO-ATTIVI; SEGNALANO AL PREPOSTO IL MOVIMENTO E LA GIACENZA DEL MATERIALE RADIO-ATTIVO E PROVVEDONO ALLE RELATIVE REGISTRAZIONI;

b)  EFFETTUANO LE OPERAZIONI NECESSARIE ALL'ALLESTIMENTO DELLE DOSI RADIO-ATTIVE DA SOMMINISTRARE AI PAZIENTI E DA MANIPOLARE IN VITRO ED OGNI ALTRA OPERAZIONE CONCERNENTE IL LAVORO DI CAMERA CALDA;

c)  SE NECESSARIO, ACCETTANO IL PAZIENTE, NE ACCERTANO I DATI ANAGRAFICI, PROVVEDONO ALLA REGISTRAZIONE ED ARCHIVIAZIONE DEI RISULTATI DELLE OPERAZIONI TECNICHE EFFETTUATE ED AL TRATTAMENTO DEI FOTOSCINTIGRAMMI;

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d)  CONTROLLANO L'EFFICIENZA DELLE APPARECCHIATURE CHE PREDISPONGONO PER L'USO. COLLABORANO CON IL MEDICO NUCLEARE NELL'EFFETTUAZIONE DELLE INDAGINI E NELLA RILEVAZIONE E REGISTRAZIONE DEI DATI ANCHE MEDIANTE IMPIEGO DI ELABORATORI ELETTRONICI;

e)  COLLABORANO CON IL MEDICO NUCLEARE IN STUDI ED ESAMI IN VITRO MEDIANTE L'USO DI APPARECCHIATURE ATTE A RILEVARE LA PRESENZA DI RADIO-NUCLIDI NEI CAMPIONI;

f)  PROVVEDONO ALLA DECONTAMINAZIONE E CONTROLLO DELLA VETRERIA E DEGLI OGGETTI O AMBIENTI CONTAMINATI ED ATTUANO TUTTE LE OPERAZIONI INERENTI ALLA RADIOPROTEZIONE, SECONDO LA VIGENTE NORMATIVA;

g)  EFFETTUANO OGNI ALTRA OPERAZIONE TECNICA RICHIESTA DAL MEDICO NUCLEARE.

  4) SERVIZIO DI FISICA SANITARIA.

  I TECNICI SANITARI DI RADIOLOGIA MEDICA COADIUVANO I RESPONSABILI DEI SERVIZI DI FISICA SANITARIA PER LA RISOLUZIONE DEI PROBLEMI DI FISICA NELL'IMPEGNO DI ISOTOPI RADIO-ATTIVI, DI SORGENTI DI RADIAZIONE PER LA TERAPIA, LA DIAGNOSTICA E LA RICERCA E, CON L'ESPERTO QUALIFICATO, NELLA SORVEGLIANZA FISICA PER LA PROTEZIONE CONTRO LE RADIAZIONI IONIZZANTI.

  5) APPARECCHIATURE NELL'AMBITO DEL SERVIZIO DI RADIOLOGIA.

  I TECNICI SANITARI DI RADIOLOGIA MEDICA ASSUMONO LA RESPONSABILITÀ DEL CORRETTO USO DELLE APPARECCHIATURE LORO AFFIDATE, CONTROLLANO LA LORO EFFICIENZA, INDIVIDUANO GLI EVENTUALI INCONVENIENTI TECNICI E SI ADOPERANO, QUANDO È POSSIBILE, AD ELIMINARLI; POSSONO ALTRESÌ ESPRIMERE IL PROPRIO PARERE TECNICO IN FASE DI COLLAUDO DI INSTALLAZIONE DI NUOVE APPARECCHIATURE NONCHÉ DOPO L'ESECUZIONE DI EVENTUALI RIPARAZIONI.

  6) TRATTAMENTO DEL MATERIALE RADIOGRAFICO E DOCUMENTAZIONE FOTOGRAFICA.

  I TECNICI SANITARI DI RADIOLOGIA MEDICA EFFETTUANO TUTTE LE OPERAZIONI CONCERNENTI IL TRATTAMENTO DEL MATERIALE SENSIBILE; POSSONO ALTRESÌ PROVVEDERE ALLA RIPRODUZIONE E RIDUZIONE DEL MATERIALE ICONOGRAFICO.

  7) ATTIVITÀ COLLATERALI.

  I TECNICI SANITARI DI RADIOLOGIA MEDICA CHE CON PROVVEDIMENTO DEL MEDICO AUTORIZZATO SIANO STATI ALLONTANATI, IN VIA CAUTELATIVA TEMPORANEA O PERMANENTE, DALLE ZONE CONTROLLATE, PERCHÉ AFFETTI DA PATOLOGIA PROFESSIONALE SPECIFICA, SONO ADIBITI, A RICHIESTA, PRIORITARIAMENTE NELL'AMBITO DEL SETTORE RADIOLOGICO, ALLE PRATICHE DI ACCETTAZIONE DEL PAZIENTE, ALLA SUA REGISTRAZIONE, ALLA ARCHIVIAZIONE DEGLI ESAMI PRATICATI, ALLA RILEVAZIONE PERIODICA DEI DATI STATISTICI, NONCHÉ AL CARICO E SCARICO DEL MATERIALE RICEVUTO IN DOTAZIONE_.

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ART. 9.  LE NORME DI CUI AL' ARTICOLO 36 DEL DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 27 MARZO 1969, N. 130 , E ALLO ARTICOLO 17 DEL DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 16 OTTOBRE 1979, N. 509 , SONO ESTESE AI TECNICI SANITARI DI RADIOLOGIA MEDICA OVUNQUE OPERANTI.

  LA PRESENTE LEGGE, MUNITA DEL SIGILLO DELLO STATO, SARÀ INSERTA NELLA RACCOLTA UFFICIALE DELLE LEGGI E DEI DECRETI DELLA REPUBBLICA ITALIANA. È FATTO OBBLIGO A CHIUNQUE SPETTI DI OSSERVARLA E DI FARLA OSSERVARE COME LEGGE DELLO STATO.

DATA A ROMA, ADDÌ 31 GENNAIO 1983PERTINIFANFANI - ALTISSIMO -DARIDA - FALCUCCIVISTO, IL GUARDASIGILLI: DARIDA

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DECRETO 26 SETTEMBRE 1994, n. 746

REGOLAMENTO CONCERNENTE L'INDIVIDUAZIONE DELLA FIGURA E DEL RELATIVO PROFILO PROFESSIONALE DEL TECNICO SANITARIO DI

RADIOLOGIA MEDICA.

Preambolo

IL MINISTRO DELLA SANITÀVISTO L'ART. 6, COMMA 3, DEL DECRETO LEGISLATIVO 30 DICEMBRE 1992, N. 502,

RECANTE: "RIORDINO DELLA DISCIPLINA IN MATERIA SANITARIA, A NORMA DELL'ART. 1 DELLA LEGGE 23 OTTOBRE 1992, N. 421", NEL TESTO MODIFICATO DAL DECRETO LEGISLATIVO 7 DICEMBRE 1993, N. 517;

RITENUTO CHE, IN OTTEMPERANZA ALLE PRECITATE DISPOSIZIONI, SPETTA AL MINISTRO DELLA SANITÀ DI INDIVIDUARE CON PROPRIO DECRETO LE FIGURE PROFESSIONALI DA FORMARE ED I RELATIVI PROFILI, RELATIVAMENTE ALLE AREE DEL PERSONALE SANITARIO INFERMIERISTICO, TECNICO E DELLA RIABILITAZIONE;

RITENUTO DI INDIVIDUARE CON SINGOLI PROVVEDIMENTI LE FIGURE PROFESSIONALI;RITENUTO DI INDIVIDUARE LA FIGURA DEL TECNICO SANITARIO DI RADIOLOGIA MEDICA;VISTA LA LEGGE 31 GENNAIO 1983, N. 25;VISTO IL PARERE DEL CONSIGLIO SUPERIORE DI SANITÀ, ESPRESSO NELLA SEDUTA DEL 22

APRILE 1994;UDITO IL PARERE DEL CONSIGLIO DI STATO ESPRESSO NELL'ADUNANZA GENERALE DEL 4

LUGLIO 1994;VISTA LA NOTA, IN DATA 24 SETTEMBRE 1994, CON CUI LO SCHEMA DI REGOLAMENTO È

STATO TRASMESSO, AI SENSI DELL'ART. 17, COMMA 3, DELLA LEGGE 23 AGOSTO 1988, N. 400, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI;

A D O T T AIL SEGUENTE REGOLAMENTO:

ART. 1.

1 .  È INDIVIDUATA LA FIGURA DEL TECNICO SANITARIO DI RADIOLOGIA MEDICA CON IL SEGUENTE PROFILO: IL TECNICO SANITARIO DI RADIOLOGIA È L'OPERATORE SANITARIO CHE IN POSSESSO DEL DIPLOMA UNIVERSITARIO ABILITANTE E DELL'ISCRIZIONE ALL'ALBO PROFESSIONALE, È RESPONSABILE DEGLI ATTI DI SUA COMPETENZA ED È AUTORIZZATO AD ESPLETARE INDAGINI E PRESTAZIONI RADIOLOGICHE.

2 .  IL TECNICO SANITARIO DI RADIOLOGIA MEDICA È L'OPERATORE SANITARIO ABILITATO A SVOLGERE, IN CONFORMITÀ A QUANTO DISPOSTO DALLA LEGGE 31 GENNAIO 1983, N. 25, IN VIA AUTONOMA, O IN COLLABORAZIONE CON ALTRE FIGURE SANITARIE, SU PRESCRIZIONE MEDICA TUTTI GLI INTERVENTI CHE RICHIEDONO L'USO DI SORGENTI DI RADIAZIONI IONIZZANTI, SIA ARTIFICIALI CHE NATURALI, DI ENERGIE TERMICHE, ULTRASONICHE, DI RISONANZA MAGNETICA NUCLEARE NONCHÉ GLI INTERVENTI PER LA PROTEZIONISTICA FISICA O DOSIMETRICA.

3 .  IL TECNICO SANITARIO DI RADIOLOGIA MEDICA:

a)  PARTECIPA ALLA PROGRAMMAZIONE E ORGANIZZAZIONE DEL LAVORO NELL'AMBITO DELLA STRUTTURA IN CUI OPERA NEL RISPETTO DELLE PROPRIE COMPETENZE;

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b)  PROGRAMMA E GESTISCE L'EROGAZIONE DI PRESTAZIONI POLIVALENTI DI SUA COMPETENZA IN COLLABORAZIONE DIRETTA CON IL MEDICO RADIODIAGNOSTA, CON IL MEDICO NUCLEARE, CON IL FISICO RADIOTERAPISTA E CON IL FISICO SANITARIO, SECONDO PROTOCOLLI DIAGNOSTICI E TERAPEUTICI PREVENTIVAMENTE DEFINITI DAL RESPONSABILE DELLA STRUTTURA;

c)  È RESPONSABILE DEGLI ATTI DI SUA COMPETENZA, IN PARTICOLARE CONTROLLANDO IL CORRETTO FUNZIONAMENTO DELLE APPARECCHIATURE A LUI AFFIDATE, PROVVEDENDO ALLA ELIMINAZIONE DI INCONVENIENTI DI MODESTA ENTITÀ E ATTUANDO PROGRAMMI DI VERIFICA E CONTROLLO A GARANZIA DELLA QUALITÀ SECONDO INDICATORI E STANDARD PREDEFINITI;

d)  SVOLGE LA SUA ATTIVITÀ NELLE STRUTTURE SANITARIE PUBBLICHE O PRIVATE, IN RAPPORTO DI DIPENDENZA O LIBERO PROFESSIONALE.

4 .  IL TECNICO SANITARIO DI RADIOLOGIA MEDICA CONTRIBUISCE ALLA FORMAZIONE DEL PERSONALE DI SUPPORTO E CONCORRE DIRETTAMENTE ALL'AGGIORNAMENTO RELATIVO AL PROPRIO PROFILO PROFESSIONALE E ALLA RICERCA.

ART. 2.

1 .  CON DECRETO DEL MINISTERO DELLA SANITÀ È DISCIPLINATA LA FORMAZIONE COMPLEMENTARE POST-BASE IN RELAZIONE A SPECIFICHE ESIGENZE DEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE.

ART. 3.

1 .  IL DIPLOMA UNIVERSITARIO DI TECNICO SANITARIO DI RADIOLOGIA MEDICA CONSEGUITO AI SENSI DELL'ART. 6, COMMA 3, DEL DECRETO LEGISLATIVO 30 DICEMBRE 1992, N. 502, E SUCCESSIVE MODIFICAZIONI, ABILITA ALL'ESERCIZIO DELLA PROFESSIONE PREVIA ISCRIZIONE ALL'ALBO PROFESSIONALE.

ART. 4.

1 .  CON DECRETO DEL MINISTRO DELLA SANITÀ DI CONCERTO CON IL MINISTRO DELL'UNIVERSITÀ E DELLA RICERCA SCIENTIFICA E TECNOLOGICA SONO INDIVIDUATI I DIPLOMI E GLI ATTESTATI, CONSEGUITI IN BASE AL PRECEDENTE ORDINAMENTO, CHE SONO EQUIPOLLENTI AL DIPLOMA UNIVERSITARIO DI CUI ALL'ART. 3 AI FINI DELL'ESERCIZIO DELLA RELATIVA ATTIVITÀ PROFESSIONALE E DELL'ACCESSO AI PUBBLICI UFFICI.IL PRESENTE DECRETO, MUNITO DEL SIGILLO DELLO STATO, SARÀ INSERITO NELLA RACCOLTA UFFICIALE DEGLI ATTI NORMATIVI DELLA REPUBBLICA ITALIANA. È FATTO OBBLIGO A CHIUNQUE SPETTI DI OSSERVARLO E DI FARLO OSSERVARE.

ROMA, 26 SETTEMBRE 1994IL MINISTRO: COSTAVISTO, IL GUARDASIGILLI: BIONDI

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REGISTRATO ALLA CORTE DEI CONTI IL 24 DICEMBRE 1994REGISTRO N. 1 SANITÀ, FOGLIO N. 362

LEGGE 26 febbraio 1999, n. 42

Disposizioni in materia di professioni sanitarie.

Preambolo

La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICAPromulga

la seguente legge:

Art. 1. Definizione delle professioni sanitarie

1 .  La denominazione "professione sanitaria ausiliaria" nel testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, e successive modificazioni, nonché in ogni altra disposizione di legge, è sostituita dalla denominazione "professione sanitaria".

2 .  Dalla data di entrata in vigore della presente legge sono abrogati il regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 14 marzo 1974, n. 225, ad eccezione delle disposizioni previste dal titolo V, il decreto del Presidente della Repubblica 7 marzo 1975, n. 163, e l'articolo 24 del regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 1968, n. 680, e successive modificazioni. Il campo proprio di attività e di responsabilità delle professioni sanitarie di cui all'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni e integrazioni, è determinato dai contenuti dei decreti ministeriali istitutivi dei relativi profili professionali e degli ordinamenti didattici dei rispettivi corsi di diploma universitario e di formazione postbase nonché degli specifici codici deontologici, fatte salve le competenze previste per le professioni mediche e per le altre professioni del ruolo sanitario per l'accesso alle quali è richiesto il possesso del diploma di laurea, nel rispetto reciproco delle specifiche competenze professionali.

Art. 2. Attività della Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie

1 .  Alla corresponsione delle indennità di missione e al rimborso delle spese sostenute dai membri della Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie designati dai Comitati centrali delle Federazioni nazionali degli ordini e dei collegi ai sensi dell'articolo 17, terzo comma, del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 13 settembre 1946, n. 233, provvedono direttamente le Federazioni predette.

Art. 3. Modifiche alla legge 5 febbraio 1992, n. 175

1 .  Alla legge 5 febbraio 1992, n. 175, sono apportate le seguenti modificazioni:

a)  all'articolo 1, comma 1, dopo le parole: "sugli elenchi telefonici" sono aggiunte le seguenti: ", sugli elenchi

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generali di categoria e attraverso giornali e periodici destinati esclusivamente agli esercenti le professioni sanitarie";

b)  all'articolo 2, dopo il comma 3, è aggiunto il seguente:"3-bis. Le autorizzazioni di cui al comma 1 sono rinnovate solo qualora siano apportate modifiche al testo originario della pubblicità;"

c)  all'articolo 3, comma 1, le parole: "sono sospesi dall'esercizio della professione sanitaria per un periodo da due a sei mesi" sono sostituite dalle seguenti: "sono assoggettati alle sanzioni disciplinari della censura o della sospensione dall'esercizio della professione sanitaria, ai sensi dell'articolo 40 del regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 5 aprile 1950, n. 221";

d)  all'articolo 4, comma 1, dopo le parole: "sugli elenchi telefonici" sono inserite le seguenti: "e sugli elenchi generali di categoria";

e)  all'articolo 5, comma 4, le parole: "sono sospesi dall'esercizio della professione sanitaria per un periodo da due a sei mesi" sono sostituite dalle seguenti: "sono assoggettati alle sanzioni disciplinari della censura o della sospensione dall'esercizio della professione sanitaria, ai sensi dell'articolo 40 del regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 5 aprile 1950, n. 221";

f)  all'articolo 5, dopo il comma 5, sono aggiunti i seguenti:"5-bis. Le inserzioni autorizzate dalla regione per la pubblicità sugli elenchi telefonici possono essere utilizzate per la pubblicità sugli elenchi generali di categoria e, viceversa, le inserzioni autorizzate dalla regione per la pubblicità sugli elenchi generali di categoria possono essere utilizzate per la pubblicità sugli elenchi telefonici.5-ter. Le autorizzazioni di cui al comma 1 sono rinnovate solo qualora siano apportate modifiche al testo originario della pubblicità;"

g)  dopo l'articolo 9 è inserito il seguente:"Art. 9-bis. - 1. Gli esercenti le professioni sanitarie di cui all'articolo 1 nonché le strutture sanitarie di cui all'articolo 4 possono effettuare la pubblicità nelle forme consentite dalla presente legge e nel limite di spesa del 5 per cento del reddito dichiarato per l'anno precedente."

Art. 4. Diplomi conseguiti in base alla normativa anteriore a quella di attuazione dell'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni.

1 .  Fermo restando quanto previsto dal decreto-legge 13 settembre 1996, n. 475, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 novembre 1996, n. 573, per le professioni di cui all'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni e integrazioni, ai fini dell'esercizio professionale e dell'accesso alla formazione postbase, i diplomi

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e gli attestati conseguiti in base alla precedente normativa, che abbiano permesso l'iscrizione ai relativi albi professionali o l'attività professionale in regime di lavoro dipendente o autonomo o che siano previsti dalla normativa concorsuale del personale del Servizio sanitario nazionale o degli altri comparti del settore pubblico, sono equipollenti ai diplomi universitari di cui al citato articolo 6, comma 3, del decreto legislativo n. 502 del 1992, e successive modificazioni ed integrazioni, ai fini dell'esercizio professionale e dell'accesso alla formazione postbase.

2 .  Con decreto del Ministro della sanità, d'intesa con il Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica, sono stabiliti, con riferimento alla iscrizione nei ruoli nominativi regionali di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1979, n. 761, allo stato giuridico dei dipendenti degli altri comparti del settore pubblico e privato e alla qualità e durata dei corsi e, se del caso, al possesso di una pluriennale esperienza professionale, i criteri e le modalità per riconoscere come equivalenti ai diplomi universitari, di cui all'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo n. 502 del 1992, e successive modificazioni e integrazioni, ai fini dell'esercizio professionale e dell'accesso alla formazione postbase, ulteriori titoli conseguiti conformemente all'ordinamento in vigore anteriormente all'emanazione dei decreti di individuazione dei profili professionali. I criteri e le modalità definiti dal decreto di cui al presente comma possono prevedere anche la partecipazione ad appositi corsi di riqualificazione professionale, con lo svolgimento di un esame finale. Le disposizioni previste dal presente comma non comportano nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato né degli enti di cui agli articoli 25 e 27 della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni.

3 .  Il decreto di cui al comma 2 è emanato, previo parere delle competenti commissioni parlamentari, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

4 .  In fase di prima applicazione, il decreto di cui al comma 2 stabilisce i requisiti per la valutazione dei titoli di formazione conseguiti presso enti pubblici o privati, italiani o stranieri, ai fini dell'esercizio professionale e dell'accesso alla formazione postbase per i profili professionali di nuova istituzione ai sensi dell'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni e integrazioni.La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

Data a Roma, addì 26 febbraio 1999SCALFAROD'Alema, Presidente del Consiglio dei MinistriBindi, Ministro della sanitàVisto, il Guardasigilli: Diliberto

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Legge 10 agosto 2000, n. 251

"Disciplina delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione nonchè della professione

ostetrica"

Art. 1.

(Professioni sanitarie infermieristichee professione sanitaria ostetrica)

    1.  Gli operatori delle professioni sanitarie dell’area delle scienze infermieristiche e della professione sanitaria ostetrica svolgono con autonomia professionale attività dirette alla prevenzione, alla cura e salvaguardia della salute individuale e collettiva, espletando le funzioni individuate dalle norme istitutive dei relativi profili professionali nonchè dagli specifici codici deontologici ed utilizzando metodologie di pianificazione per obiettivi dell’assistenza.

    2.  Lo Stato e le regioni promuovono, nell’esercizio delle proprie funzioni legislative, di indirizzo, di programmazione ed amministrative, la valorizzazione e la responsabilizzazione delle funzioni e del ruolo delle professioni infermieristico-ostetriche al fine di contribuire alla realizzazione del diritto alla salute, al processo di aziendalizzazione nel Servizio sanitario nazionale, all’integrazione dell’organizzazione del lavoro della sanità in Italia con quelle degli altri Stati dell’Unione europea.    3.  Il Ministero della sanità, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, emana linee guida per:

        a) l’attribuzione in tutte le aziende sanitarie della diretta responsabilità e gestione delle attività di assistenza infermieristica e delle connesse funzioni;

        b) la revisione dell’organizzazione del lavoro, incentivando modelli di assistenza personalizzata.

Art. 2.

(Professioni sanitarie riabilitative)

    1. Gli operatori delle professioni sanitarie dell’area della riabilitazione svolgono con titolarità e autonomia professionale, nei confronti dei singoli individui e della collettività, attività dirette alla prevenzione, alla cura, alla riabilitazione e a procedure di valutazione funzionale, al fine di espletare le competenze proprie previste dai relativi profili professionali.

    2. Lo Stato e le regioni promuovono, nell’esercizio delle proprie funzioni legislative, di indirizzo, di programmazione ed amministrative, lo sviluppo e la valorizzazione delle funzioni delle professioni sanitarie dell’area della riabilitazione, al fine di contribuire, anche attraverso la diretta responsabilizzazione di funzioni organizzative e didattiche, alla realizzazione del diritto alla salute del cittadino, al processo di aziendalizzazione e al miglioramento della qualità organizzativa e professionale nel Servizio sanitario nazionale, con l’obiettivo di una integrazione omogenea con i servizi sanitari e gli ordinamenti degli altri Stati dell’Unione europea.

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Art. 3.

(Professioni tecnico-sanitarie)

    1. Gli operatori delle professioni sanitarie dell’area tecnico-diagnostica e dell’area tecnico-assistenziale svolgono, con autonomia professionale, le procedure tecniche necessarie alla esecuzione di metodiche diagnostiche su materiali biologici o sulla persona, ovvero attività tecnico-assistenziale, in attuazione di quanto previsto nei regolamenti concernenti l’individuazione delle figure e dei relativi profili professionali definiti con decreto del Ministro della sanità.

    2. Lo Stato e le regioni promuovono, nell’esercizio delle proprie funzioni legislative, di indirizzo, di programmazione ed amministrative, lo sviluppo e la valorizzazione delle funzioni delle professioni sanitarie dell’area tecnico-sanitaria, al fine di contribuire, anche attraverso la diretta responsabilizzazione di funzioni organizzative e didattiche, al diritto alla salute del cittadino, al processo di aziendalizzazione e al miglioramento della qualità organizzativa e professionale nel Servizio sanitario nazionale con l’obiettivo di una integrazione omogenea con i servizi sanitari e gli ordinamenti degli altri Stati dell’Unione europea.

Art. 4.

(Professioni tecniche della prevenzione)

    1. Gli operatori delle professioni tecniche della prevenzione svolgono con autonomia tecnico-professionale attività di prevenzione, verifica e controllo in materia di igiene e sicurezza ambientale nei luoghi di vita e di lavoro, di igiene degli alimenti e delle bevande, di igiene e sanità pubblica e veterinaria. Tali attività devono comunque svolgersi nell’ambito della responsabilità derivante dai profili professionali.

    2. I Ministeri della sanità e dell’ambiente, previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, emanano linee guida per l’attribuzione in tutte le aziende sanitarie e nelle agenzie regionali per l’ambiente della diretta responsabilità e gestione delle attività di competenza delle professioni tecniche della prevenzione.

Art. 5.

(Formazione universitaria)

    1. Il Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica, di concerto con il Ministro della sanità, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 17, comma 95, della legge 15 maggio 1997, n. 127, individua con uno o più decreti i criteri per la disciplina degli ordinamenti didattici di specifici corsi universitari ai quali possono accedere gli esercenti le professioni di cui agli articoli 1,2,3 e 4 della presente legge, in possesso di diploma universitario o di titolo equipollente per legge.

    2. Le università nelle quali è attivata la scuola diretta a fini speciali per docenti e dirigenti di assistenza infermieristica sono autorizzate alla progressiva disattivazione della suddetta scuola contestualmente alla attivazione dei corsi universitari di cui al comma 1.

Art. 6.

(Definizione delle professioni e dei relativi livelli di inquadramento)

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    1. Il Ministro della sanità, di concerto con il Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica, acquisiti i pareri del Consiglio superiore di sanità e del comitato di medicina del Consiglio universitario nazionale, include le diverse figure professionali esistenti o che saranno individuate successivamente in una delle fattispecie di cui agli articoli 1, 2, 3 e 4.

    2. Il Governo, con atto regolamentare emanato ai sensi dell’articolo 18, comma 1, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, come sostituito dall’articolo 19 del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, definisce la disciplina concorsuale, riservata al personale in possesso degli specifici diplomi rilasciati al termine dei corsi universitari di cui all’articolo 5, comma 1, della presente legge, per l’accesso ad una nuova qualifica unica di dirigente del ruolo sanitario, alla quale si accede con requisiti analoghi a quelli richiesti per l’accesso alla dirigenza del Servizio sanitario nazionale di cui all’articolo 26 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29. Le regioni possono istituire la nuova qualifica di dirigente del ruolo sanitario nell’ambito del proprio bilancio, operando con modificazioni compensative delle piante organiche su proposta delle aziende sanitarie locali e delle aziende ospedaliere.

Art. 7.

(Disposizioni transitorie)

    1. Al fine di migliorare l’assistenza e per la qualificazione delle risorse le aziende sanitarie possono istituire il servizio dell’assistenza infermieristica ed ostetrica e possono attribuire l’incarico di dirigente del medesimo servizio. Fino alla data del compimento dei corsi universitari di cui all’articolo 5 della presente legge l’incarico, di durata triennale rinnovabile, è regolato da contratti a tempo determinato, da stipulare, nel limite numerico indicato dall’articolo 15-septies, comma 2, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, introdotto dall’articolo 13 del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, dal direttore generale con un appartenente alle professioni di cui all’articolo 1 della presente legge, attraverso idonea procedura selettiva tra i candidati in possesso di requisiti di esperienza e qualificazione professionale predeterminati. Gli incarichi di cui al presente articolo comportano l’obbligo per l’azienda di sopprimere un numero pari di posti di dirigente sanitario nella dotazione organica definita ai sensi della normativa vigente. Per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche si applicano le disposizioni del comma 4 del citato articolo 15-septies. Con specifico atto d’indirizzo del Comitato di settore per il comparto sanità sono emanate le direttive all’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) per la definizione, nell’ambito del contratto collettivo nazionale dell’area della dirigenza dei ruoli sanitario, amministrativo, tecnico e professionale del Servizio sanitario nazionale, del trattamento economico dei dirigenti nominati ai sensi del presente comma nonchè delle modalità di conferimento, revoca e verifica dell’incarico.

    2. Le aziende sanitarie possono conferire incarichi di dirigente, con modalità analoghe a quelle previste al comma 1, per le professioni sanitarie di cui alla legge 26 febbraio 1999, n. 42, nelle regioni nelle quali sono emanate norme per l’attribuzione della funzione di direzione relativa alle attività della specifica area professionale.    3. La legge regionale che disciplina l’attività e la composizione del Collegio di direzione di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, prevede la partecipazione al medesimo Collegio dei dirigenti aziendali di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo.

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Legge 1 febbraio 2006, n. 43

"Disposizioni in materia di professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione e delega al Governo per l'istituzione dei relativi ordini professionali"

ART. 1.(Definizione).

1. Sono professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione, quelle previste ai sensi della legge 10 agosto 2000, n. 251, e del decreto del Ministro della sanità 29 marzo 2001, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 118 del 23 maggio 2001, i cui operatori svolgono, in forza di un titolo abilitante rilasciato dallo Stato, attività di prevenzione, assistenza, cura o riabilitazione.

2. Resta ferma la competenza delle regioni nell'individuazione e formazione dei profili di operatori di interesse sanitario non riconducibili alle professioni sanitarie come definite dal comma 1.

3. Le norme della presente legge si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano in quanto compatibili con i rispettivi statuti speciali e le relative norme di attuazione.

ART. 2.(Requisiti).

1. L'esercizio delle professioni sanitarie di cui all'articolo 1, comma 1, è subordinato al conseguimento del titolo universitario rilasciato a seguito di esame finale con valore abilitante all'esercizio della professione. Tale titolo universitario è definito ai sensi dell'articolo 4, comma 1, lettera c), è valido sull'intero territorio nazionale nel rispetto della normativa europea in materia di libera circolazione delle professioni ed è rilasciato a seguito di un percorso formativo da svolgersi in tutto o in parte presso le aziende e le strutture del Servizio sanitario nazionale, inclusi gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico (IRCCS), individuate dalle regioni, sulla base di appositi protocolli d'intesa tra le stesse e le università, stipulati ai sensi dell'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni. Fermo restando il titolo universitario abilitante, il personale del servizio sanitario militare, nonché quello addetto al comparto sanitario del Corpo della guardia di finanza, può svolgere il percorso formativo presso le strutture del servizio stesso, individuate con decreto del Ministro della salute, che garantisce la completezza del percorso formativo. Per il personale addetto al settore sanitario della Polizia di Stato, alle medesime condizioni, il percorso formativo può essere svolto presso le stesse strutture della Polizia di Stato, individuate con decreto del Ministro dell'interno di concerto con il Ministro della salute, che garantisce la completezza del percorso formativo.

2. Gli ordinamenti didattici dei corsi di laurea di cui al comma 1 sono definiti con uno o più decreti del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro della salute, ai sensi e per gli effetti di cui all'articolo 17, comma 95, della legge 15 maggio 1997, n. 127, e successive modificazioni. L'esame di laurea ha valore di esame di Stato abilitante all'esercizio della professione. Dall'applicazione delle disposizioni di cui al presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le

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università possono procedere alle eventuali modificazioni dell'organizzazione didattica dei corsi di laurea già esistenti, ovvero all'istituzione di nuovi corsi di laurea, nei limiti delle risorse a tal fine disponibili nei rispettivi bilanci.

3. L'iscrizione all'albo professionale è obbligatoria anche per i pubblici dipendenti ed è subordinata al conseguimento del titolo universitario abilitante di cui al comma 1, salvaguardando comunque il valore abilitante dei titoli già riconosciuti come tali alla data di entrata in vigore della presente legge.

4. L'aggiornamento professionale è effettuato secondo modalità identiche a quelle previste per la professione medica.

5. All'articolo 3-bis, comma 3, lettera b), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: ", ovvero espletamento del mandato parlamentare di senatore o deputato della Repubblica nonché di consigliere regionale".

6. All'articolo 16-bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, dopo il comma 2 è aggiunto il seguente:

"2-bis. I laureati in medicina e chirurgia e gli altri operatori delle professioni sanitarie, obbligati ai programmi di formazione continua di cui ai commi 1 e 2, sono esonerati da tale attività formativa limitatamente al periodo di espletamento del mandato parlamentare di senatore o deputato della Repubblica nonché di consigliere regionale".

ART. 3.(Istituzione degli ordini delle professioni sanitarie).

1. In ossequio all'articolo 32 della Costituzione e in conseguenza del riordino normativo delle professioni sanitarie avviato, in attuazione dell'articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421, dal decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517, e dal decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, nonché delle riforme degli ordinamenti didattici adottate dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca, al fine di adeguare il livello culturale, deontologico e professionale degli esercenti le professioni in ambito sanitario a quello garantito negli Stati membri dell'Unione europea, la presente legge regolamenta le professioni sanitarie di cui all'articolo 1, nel rispetto dei diversi iter formativi, anche mediante l'istituzione dei rispettivi ordini ed albi, ai quali devono accedere gli operatori delle professioni sanitarie esistenti, nonché di quelle di nuova configurazione.

ART. 4.(Delega al Governo per l'istituzione degli ordini ed albi professionali).

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi al fine di istituire, per le professioni sanitarie di cui all'articolo 1, comma 1, i relativi ordini professionali, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, nel rispetto delle competenze delle regioni e sulla base dei seguenti princípi e criteri direttivi:

a) trasformare i collegi professionali esistenti in ordini professionali, salvo quanto previsto alla lettera b) e ferma restando, ai sensi della legge 10 agosto 2000, n. 251, e del citato decreto del Ministro della sanità 29 marzo 2001, l'assegnazione

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della professione dell'assistente sanitario all'ordine della prevenzione, prevedendo l'istituzione di un ordine specifico, con albi separati per ognuna delle professioni previste dalla legge n. 251 del 2000, per ciascuna delle seguenti aree di professioni sanitarie: area delle professioni infermieristiche; area della professione ostetrica; area delle professioni della riabilitazione; area delle professioni tecnico-sanitarie; area delle professioni tecniche della prevenzione;

b) aggiornare la definizione delle figure professionali da includere nelle fattispecie di cui agli articoli 1, 2, 3 e 4 della legge 10 agosto 2000, n. 251, come attualmente disciplinata dal decreto ministeriale 29 marzo 2001;

c) individuare, in base alla normativa vigente, i titoli che consentano l'iscrizione agli albi di cui al presente comma;

d) definire, per ciascuna delle professioni di cui al presente comma, le attività il cui esercizio sia riservato agli iscritti agli ordini e quelle il cui esercizio sia riservato agli iscritti ai singoli albi;

e) definire le condizioni e le modalità in base alle quali si possa costituire un unico ordine per due o più delle aree di professioni sanitarie individuate ai sensi della lettera a);

f) definire le condizioni e le modalità in base alle quali si possa costituire un ordine specifico per una delle professioni sanitarie di cui al presente comma, nell'ipotesi che il numero degli iscritti al relativo albo superi le ventimila unità, facendo salvo, ai fini dell'esercizio delle attività professionali, il rispetto dei diritti acquisiti dagli iscritti agli altri albi dell'ordine originario e prevedendo che gli oneri della costituzione siano a totale carico degli iscritti al nuovo ordine;

g) prevedere, in relazione al numero degli operatori, l'articolazione degli ordini a livello provinciale o regionale o nazionale;

h) disciplinare i princípi cui si devono attenere gli statuti e i regolamenti degli ordini neocostituiti;

i) prevedere che le spese di costituzione e di funzionamento degli ordini ed albi professionali di cui al presente articolo siano poste a totale carico degli iscritti, mediante la fissazione di adeguate tariffe;

l) prevedere che, per gli appartenenti agli ordini delle nuove categorie professionali, restino confermati gli obblighi di iscrizione alle gestioni previdenziali previsti dalle disposizioni vigenti.

2. Gli schemi dei decreti legislativi predisposti ai sensi del comma 1, previa acquisizione del parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono trasmessi alle Camere ai fini dell'espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia, che sono resi entro quaranta giorni dalla data di trasmissione. Decorso tale termine, i decreti sono emanati anche in mancanza dei pareri. Qualora il termine previsto per i pareri dei competenti organi parlamentari scada nei trenta giorni che precedono o seguono la scadenza del termine di cui al comma 1, quest'ultimo s'intende automaticamente prorogato di novanta giorni.

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ART. 5.(Individuazione di nuove professioni in ambito sanitario).

1. L'individuazione di nuove professioni sanitarie da ricomprendere in una delle aree di cui agli articoli 1, 2, 3 e 4 della legge 10 agosto 2000, n. 251, il cui esercizio deve essere riconosciuto su tutto il territorio nazionale, avviene in sede di recepimento di direttive comunitarie ovvero per iniziativa dello Stato o delle regioni, in considerazione dei fabbisogni connessi agli obiettivi di salute previsti nel Piano sanitario nazionale o nei Piani sanitari regionali, che non trovano rispondenza in professioni già riconosciute.

2. L'individuazione è effettuata, nel rispetto dei princípi fondamentali stabiliti dalla presente legge, mediante uno o più accordi, sanciti in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e recepiti con decreti del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri.

3. L'individuazione è subordinata ad un parere tecnico-scientifico, espresso da apposite commissioni, operanti nell'ambito del Consiglio superiore di sanità, di volta in volta nominate dal Ministero della salute, alle quali partecipano esperti designati dal Ministero della salute e dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e i rappresentanti degli ordini delle professioni di cui all'articolo 1, comma 1, senza oneri a carico della finanza pubblica. A tal fine, la partecipazione alle suddette commissioni non comporta la corresponsione di alcuna indennità o compenso né rimborso spese.

4. Gli accordi di cui al comma 2 individuano il titolo professionale e l'ambito di attività di ciascuna professione.

5. La definizione delle funzioni caratterizzanti le nuove professioni avviene evitando parcellizzazioni e sovrapposizioni con le professioni già riconosciute o con le specializzazioni delle stesse.

ART. 6.(Istituzione della funzione di coordinamento).

1. In conformità all'ordinamento degli studi dei corsi universitari, disciplinato ai sensi dell'articolo 17, comma 95, della legge 15 maggio 1997, n. 127, e successive modificazioni, il personale laureato appartenente alle professioni sanitarie di cui all'articolo 1, comma 1, della presente legge, è articolato come segue:

a) professionisti in possesso del diploma di laurea o del titolo universitario conseguito anteriormente all'attivazione dei corsi di laurea o di diploma ad esso equipollente ai sensi dell'articolo 4 della legge 26 febbraio 1999, n. 42;

b) professionisti coordinatori in possesso del master di primo livello in management o per le funzioni di coordinamento rilasciato dall'università ai sensi dell'articolo 3, comma 8, del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509, e dell'articolo 3, comma 9, del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 22 ottobre 2004, n. 270;

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c) professionisti specialisti in possesso del master di primo livello per le funzioni specialistiche rilasciato dall'università ai sensi dell'articolo 3, comma 8, del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509, e dell'articolo 3, comma 9, del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 22 ottobre 2004, n. 270;

d) professionisti dirigenti in possesso della laurea specialistica di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 2 aprile 2001, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 128 del 5 giugno 2001, e che abbiano esercitato l'attività professionale con rapporto di lavoro dipendente per almeno cinque anni, oppure ai quali siano stati conferiti incarichi dirigenziali ai sensi dell'articolo 7 della legge 10 agosto 2000, n. 251, e successive modificazioni.

2. Per i profili delle professioni sanitarie di cui al comma 1 può essere istituita la funzione di coordinamento, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. A tal fine, l'eventuale conferimento di incarichi di coordinamento ovvero di incarichi direttivi comporta per le organizzazioni sanitarie e socio-sanitarie pubbliche interessate, ai sensi dell'articolo 7 della legge 10 agosto 2000, n. 251, l'obbligo contestuale di sopprimere nelle piante organiche di riferimento un numero di posizioni effettivamente occupate ed equivalenti sul piano finanziario.

3. I criteri e le modalità per l'attivazione della funzione di coordinamento in tutte le organizzazioni sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e private sono definiti, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con apposito accordo, ai sensi dell'articolo 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, tra il Ministro della salute e le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

4. L'esercizio della funzione di coordinamento è espletato da coloro che siano in possesso dei seguenti requisiti:

a) master di primo livello in management o per le funzioni di coordinamento nell'area di appartenenza, rilasciato ai sensi dell'articolo 3, comma 8, del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica 3 novembre 1999, n. 509, e dell'articolo 3, comma 9, del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca 22 ottobre 2004, n. 270;

b) esperienza almeno triennale nel profilo di appartenenza.

5. Il certificato di abilitazione alle funzioni direttive nell'assistenza infermieristica, incluso quello rilasciato in base alla pregressa normativa, è valido per l'esercizio della funzione di coordinatore.

6. Il coordinamento viene affidato nel rispetto dei profili professionali, in correlazione agli ambiti ed alle specifiche aree assistenziali, dipartimentali e territoriali.

7. Le organizzazioni sanitarie e socio-sanitarie, pubbliche e private, nelle aree caratterizzate da una determinata specificità assistenziale, ove istituiscano funzioni di coordinamento ai sensi del comma 2, affidano il coordinamento allo specifico profilo professionale.

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ART. 7.(Disposizioni finali).

1. Alle professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione già riconosciute alla data di entrata in vigore della presente legge continuano ad applicarsi le disposizioni contenute nelle rispettive fonti di riconoscimento, salvo quanto previsto dalla presente legge.

2. Con il medesimo procedimento di cui all'articolo 6, comma 3, della presente legge, in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, previa acquisizione del parere degli ordini professionali delle professioni interessate, si può procedere ad integrazioni delle professioni riconosciute ai sensi dell'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni.

3. La presente legge non comporta nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.  

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