dispensa di pianoforte complementare 2014
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Dispensa di pianoforte complementareTRANSCRIPT
PIANOFORTE
COMPLEMENTARE
DISPENSA UNICA
1° e 2° CORSO
2014
IL CIRCOLO DELLE QUINTE
21
3.3 Gli accordi
Gli accordi sono combinazioni di tre o più note suonate contemporaneamente. La successione degli
accordi nei brani musicali è chiamata giro armonico. Anche se storicamente è molto probabile che
siano nati prima gli accordi delle scale (vedi sezione 3.4.2), spesso è più semplice pensare ad un
accordo come se fosse la sintesi di una scala. Che è composto cioè da una selezione di note presenti
nella scala di riferimento.
3.3.1 Costruzione delle triadi sulla scala maggiore
Una triade è un accordo formato da tre note. La costruzione di base di una triade è ottenuta
tradizionalmente per progressivi intervalli di terza, ovvero dalla prima, terza e quinta nota della scala.
Il procedimento apparentemente complesso è in realtà elementare. In pratica se voglio costruire una
triade sul primo grado della scala di Do maggiore devo prendere la I, la III e la V nota contando a
partire dal Do, ovvero: Do, Mi e Sol (il Mi è la terza del Do, il Sol è la terza del Mi). Molto
semplicemente è come selezionare una nota si ed una no. Utilizzando lo stesso procedimento è
possibile costruire la triade sul secondo grado della scala di Do maggiore (Re), la quale sarà composta
dalle seguenti tre note: Re, Fa e La. Stesso discorso per gli altri gradi. Questa procedura applicata alle
scale è denominata armonizzazione. La tabella 3.9 visualizza quella applicata alla scala maggiore.
La prima nota di ogni accordo è chiamata fondamentale e dà il nome all’accordo. Attenzione a non confondere fondamentale e tonica. Nel caso in questione la tonica rimane sempre Do per tutti gli
accordi, in quanto essi sono costruiti sulla medesima scala di Do maggiore. Tutte le triadi che si
possono formare con una scala appartengono a quella scala e sono denominate complementari.
Tabella 3.9: Armonizzazione scala maggiore. La
tabella oltre a visualizzare il procedimento
dell’armonizzazione evidenzia le note in comune fra le
diverse triadi.
Note Composizione Triadi
I II III IV V VI VII
Do Do
Re Re
Mi Mi Mi
Fa Fa Fa
Sol Sol Sol Sol
La La La La
Si Si Si Si
Do Do Do
Re Re Re
Mi Mi
Fa Fa
22
Grado Sigla Tipo Triade Note Contenute Intervalli
I III V I-III I-V
I Do Maggiore Do Mi Sol 4 7
II Re m Minore Re Fa La 3 7
III Mi m Minore Mi Sol Si 3 7
IV Fa Maggiore Fa La Do 4 7
V Sol Maggiore Sol Si Re 4 7
VI La m Minore La Do Mi 3 7
VII Si dim Diminuita Si Re Fa 3 6
Tabella 3.10: Armonizzazione scala maggiore – Triadi. Sulla prima colonna sono indicati i gradi
posizionali delle note nella scala maggiore (in numeri romani per non confonderli con gli intervalli).
Sulla seconda colonna la sigla della triade, la fondamentale da il nome all’accordo. Sulla terza colonna la denominazione del tipo di triade (se il tipo è maggiore nella sigla è sottinteso). Sulla
quarta colonna le tre note presenti nella triade. Nell’ultima colonna ho infine indicato gli intervalli in semitoni esistenti fra la fondamentale e le altre due note (I - III e I - V). I quali nella prima riga (triade
Do maggiore) sono rispettivamente l’intervallo fra Do - Mi e Do - Sol.
Tabella 3.11: Triadi fondamentali. Nel caso della triade
maggiore la sigla non viene specificata. La triade
aumentata è originata da altri tipi di scale, diverse da
quella maggiore. Vedere ad esempio l’armonizzazione della scala minore melodica (sezione 4.2.6)
Figura 3.11: Armonizzazione scala maggiore – Triadi.
Figura 3.12: Triadi fondamentali. Tutti gli esempi hanno il Do come fondamentale.
La tabella 3.10 riporta denominazione e contenuto delle triadi costruite sulla scala maggiore, in
figura 3.11 le stesse triadi sono riportate su pentagramma musicale. Da essa derivano tre diversi tipi
triadi, esse sono denominate: maggiore, minore e diminuita. Il tipo di triade è strettamente legato ai
gc.. Prendiamo in considerazione le prime due triadi: Do e Re m. L’intervallo di terza esistente fra
Tipo triade Sigla gc.
Maggiore 1ª 3ª 5ª
Minore m 1ª 3ªb 5ª
Diminuita dim 1ª 3ªb 5ªb
Aumentata +5 1ª 3ª 5ª#
23
Do–Mi è una terza maggiore (quattro semitoni) mentre fra Re–Fa è una terza minore (tre semitoni).
Vedere poi che l’intervallo di quinta fra Do–Sol è identico a Re–La, una quinta giusta (sette semitoni).
È ancora la terza infatti che stabilisce se l’accordo è maggiore o minore, così come avviene per le scale. Nella scala maggiore c’è un’unica eccezione che riguarda la triade diminuita costruita sul VII grado (Si), la quale contiene la quinta diminuita invece della quinta giusta.
Nella tabella 3.11 sono infine elencate le quattro triadi fondamentali, con relativi gradi costitutivi
(le prime tre sono originate dalla scala maggiore), in figura 3.12 le stesse triadi sono riportate su
pentagramma musicale.
3.3.2 Gli accordi estesi
Il procedimento utilizzato per costruire le triadi descritto nella sezione precedente (progressivi
intervalli di terza), è applicabile anche per costruire accordi estesi a 4, 5, 6, 7 note. Se ad esempio
vogliamo costruire un accordo a quattro note sulla fondamentale Do della scala di Do maggiore,
occorre aggiungere alla triade di base la VII nota della scala, il Si. Tali accordi sono infatti denominati
di settima e comprendono i seguenti gradi: I, III, V e VII. Sempre proseguendo per intervalli di terza
possiamo continuare ad aggiungere note all’accordo ed avremo anche gli accordi di nona (cinque
note), undicesima (sei note) e tredicesima (sette note). I sette accordi di settima che derivano
armonizzando la scala maggiore sono analizzati nella tabella 3.12, gli stessi accordi sono riportati su
pentagramma musicale in figura 3.13. Due accordi contengono la settima maggiore (11 semitoni), il
Do maj7 e il Fa maj7. Tutti gli altri contengono la settima minore (10 semitoni) ma non hanno sempre
la stessa triade di base. Gli accordi di settima di dominante e semidiminuito contengono l’intervallo dissonante per eccellenza, il tritono (intervallo di quinta diminuita ottenuto con le note Si-Fa). Nella
musica tonale è tipica la risoluzione di questa dissonanza sull’accordo di tonica, in particolar modo utilizzando l’accordo di settima di dominante. Questo passaggio è utilizzato per affermare la tonalità
ed è chiamato cadenza. In tonalità di Do la cadenza è: Sol 7 – Do. Vedi sezione 3.4.6 per una analisi
più approfondita sulla tonalità e sulle cadenze. Nella tabella 3.13 sono infine riportati tutti gli accordi
di settima, con relativi gradi costitutivi (solo i primi quattro sono originati dalla scala maggiore), in
figura 3.14 gli stessi accordi sono riportati su pentagramma musicale.
Per quando riguarda gli accordi di nona il procedimento è sempre il medesimo, l’unica differenza è che non sempre vengono suonate tutte le note. Se ad esempio la nona viene aggiunta senza la settima
l’accordo è chiamato nona aggiunta e occorre specificarlo nella sigla (9add). Gli accordi di nona sono
riportati in figura 3.15. Per quanto riguarda gli accordi di undicesima e tredicesima, le note in
questione vengono quasi sempre aggiunte sull’accordo di settima saltando le altre note, senza doverlo specificare nella sigla. Gli accordi di undicesima e tredicesima sono riportati in figura 3.16.
Tabella 3.12:
Armonizzazione scala
maggiore – Accordi di
settima. Molto simile
alla tabella 3.10.
Nell’ultima colonna
sono riporti solo i
valori dell’intervallo di settima, il quale nella
prima riga corrisponde
all’intervallo Do - Si.
Grado Sigla Tipo Accordo Note Contenute Intervallo
I-VII I III V VII
I Do maj7 Maggiore settima Do Mi Sol Si 11
II Re m7 Minore settima Re Fa La Do 10
III Mi m7 Minore settima Mi Sol Si Re 10
IV Fa maj7 Maggiore settima Fa La Do Mi 11
V Sol 7 Settima di dominante Sol Si Re Fa 10
VI La m7 Minore settima La Do Mi Sol 10
VII Si ø7 Semidiminuito Si Re Fa La 10
21
3.3 Gli accordi
Gli accordi sono combinazioni di tre o più note suonate contemporaneamente. La successione degli
accordi nei brani musicali è chiamata giro armonico. Anche se storicamente è molto probabile che
siano nati prima gli accordi delle scale (vedi sezione 3.4.2), spesso è più semplice pensare ad un
accordo come se fosse la sintesi di una scala. Che è composto cioè da una selezione di note presenti
nella scala di riferimento.
3.3.1 Costruzione delle triadi sulla scala maggiore
Una triade è un accordo formato da tre note. La costruzione di base di una triade è ottenuta
tradizionalmente per progressivi intervalli di terza, ovvero dalla prima, terza e quinta nota della scala.
Il procedimento apparentemente complesso è in realtà elementare. In pratica se voglio costruire una
triade sul primo grado della scala di Do maggiore devo prendere la I, la III e la V nota contando a
partire dal Do, ovvero: Do, Mi e Sol (il Mi è la terza del Do, il Sol è la terza del Mi). Molto
semplicemente è come selezionare una nota si ed una no. Utilizzando lo stesso procedimento è
possibile costruire la triade sul secondo grado della scala di Do maggiore (Re), la quale sarà composta
dalle seguenti tre note: Re, Fa e La. Stesso discorso per gli altri gradi. Questa procedura applicata alle
scale è denominata armonizzazione. La tabella 3.9 visualizza quella applicata alla scala maggiore.
La prima nota di ogni accordo è chiamata fondamentale e dà il nome all’accordo. Attenzione a non confondere fondamentale e tonica. Nel caso in questione la tonica rimane sempre Do per tutti gli
accordi, in quanto essi sono costruiti sulla medesima scala di Do maggiore. Tutte le triadi che si
possono formare con una scala appartengono a quella scala e sono denominate complementari.
Tabella 3.9: Armonizzazione scala maggiore. La
tabella oltre a visualizzare il procedimento
dell’armonizzazione evidenzia le note in comune fra le
diverse triadi.
Note Composizione Triadi
I II III IV V VI VII
Do Do
Re Re
Mi Mi Mi
Fa Fa Fa
Sol Sol Sol Sol
La La La La
Si Si Si Si
Do Do Do
Re Re Re
Mi Mi
Fa Fa
22
Grado Sigla Tipo Triade Note Contenute Intervalli
I III V I-III I-V
I Do Maggiore Do Mi Sol 4 7
II Re m Minore Re Fa La 3 7
III Mi m Minore Mi Sol Si 3 7
IV Fa Maggiore Fa La Do 4 7
V Sol Maggiore Sol Si Re 4 7
VI La m Minore La Do Mi 3 7
VII Si dim Diminuita Si Re Fa 3 6
Tabella 3.10: Armonizzazione scala maggiore – Triadi. Sulla prima colonna sono indicati i gradi
posizionali delle note nella scala maggiore (in numeri romani per non confonderli con gli intervalli).
Sulla seconda colonna la sigla della triade, la fondamentale da il nome all’accordo. Sulla terza colonna la denominazione del tipo di triade (se il tipo è maggiore nella sigla è sottinteso). Sulla
quarta colonna le tre note presenti nella triade. Nell’ultima colonna ho infine indicato gli intervalli in semitoni esistenti fra la fondamentale e le altre due note (I - III e I - V). I quali nella prima riga (triade
Do maggiore) sono rispettivamente l’intervallo fra Do - Mi e Do - Sol.
Tabella 3.11: Triadi fondamentali. Nel caso della triade
maggiore la sigla non viene specificata. La triade
aumentata è originata da altri tipi di scale, diverse da
quella maggiore. Vedere ad esempio l’armonizzazione della scala minore melodica (sezione 4.2.6)
Figura 3.11: Armonizzazione scala maggiore – Triadi.
Figura 3.12: Triadi fondamentali. Tutti gli esempi hanno il Do come fondamentale.
La tabella 3.10 riporta denominazione e contenuto delle triadi costruite sulla scala maggiore, in
figura 3.11 le stesse triadi sono riportate su pentagramma musicale. Da essa derivano tre diversi tipi
triadi, esse sono denominate: maggiore, minore e diminuita. Il tipo di triade è strettamente legato ai
gc.. Prendiamo in considerazione le prime due triadi: Do e Re m. L’intervallo di terza esistente fra
Tipo triade Sigla gc.
Maggiore 1ª 3ª 5ª
Minore m 1ª 3ªb 5ª
Diminuita dim 1ª 3ªb 5ªb
Aumentata +5 1ª 3ª 5ª#
23
Do–Mi è una terza maggiore (quattro semitoni) mentre fra Re–Fa è una terza minore (tre semitoni).
Vedere poi che l’intervallo di quinta fra Do–Sol è identico a Re–La, una quinta giusta (sette semitoni).
È ancora la terza infatti che stabilisce se l’accordo è maggiore o minore, così come avviene per le scale. Nella scala maggiore c’è un’unica eccezione che riguarda la triade diminuita costruita sul VII grado (Si), la quale contiene la quinta diminuita invece della quinta giusta.
Nella tabella 3.11 sono infine elencate le quattro triadi fondamentali, con relativi gradi costitutivi
(le prime tre sono originate dalla scala maggiore), in figura 3.12 le stesse triadi sono riportate su
pentagramma musicale.
3.3.2 Gli accordi estesi
Il procedimento utilizzato per costruire le triadi descritto nella sezione precedente (progressivi
intervalli di terza), è applicabile anche per costruire accordi estesi a 4, 5, 6, 7 note. Se ad esempio
vogliamo costruire un accordo a quattro note sulla fondamentale Do della scala di Do maggiore,
occorre aggiungere alla triade di base la VII nota della scala, il Si. Tali accordi sono infatti denominati
di settima e comprendono i seguenti gradi: I, III, V e VII. Sempre proseguendo per intervalli di terza
possiamo continuare ad aggiungere note all’accordo ed avremo anche gli accordi di nona (cinque
note), undicesima (sei note) e tredicesima (sette note). I sette accordi di settima che derivano
armonizzando la scala maggiore sono analizzati nella tabella 3.12, gli stessi accordi sono riportati su
pentagramma musicale in figura 3.13. Due accordi contengono la settima maggiore (11 semitoni), il
Do maj7 e il Fa maj7. Tutti gli altri contengono la settima minore (10 semitoni) ma non hanno sempre
la stessa triade di base. Gli accordi di settima di dominante e semidiminuito contengono l’intervallo dissonante per eccellenza, il tritono (intervallo di quinta diminuita ottenuto con le note Si-Fa). Nella
musica tonale è tipica la risoluzione di questa dissonanza sull’accordo di tonica, in particolar modo utilizzando l’accordo di settima di dominante. Questo passaggio è utilizzato per affermare la tonalità
ed è chiamato cadenza. In tonalità di Do la cadenza è: Sol 7 – Do. Vedi sezione 3.4.6 per una analisi
più approfondita sulla tonalità e sulle cadenze. Nella tabella 3.13 sono infine riportati tutti gli accordi
di settima, con relativi gradi costitutivi (solo i primi quattro sono originati dalla scala maggiore), in
figura 3.14 gli stessi accordi sono riportati su pentagramma musicale.
Per quando riguarda gli accordi di nona il procedimento è sempre il medesimo, l’unica differenza è che non sempre vengono suonate tutte le note. Se ad esempio la nona viene aggiunta senza la settima
l’accordo è chiamato nona aggiunta e occorre specificarlo nella sigla (9add). Gli accordi di nona sono
riportati in figura 3.15. Per quanto riguarda gli accordi di undicesima e tredicesima, le note in
questione vengono quasi sempre aggiunte sull’accordo di settima saltando le altre note, senza doverlo specificare nella sigla. Gli accordi di undicesima e tredicesima sono riportati in figura 3.16.
Tabella 3.12:
Armonizzazione scala
maggiore – Accordi di
settima. Molto simile
alla tabella 3.10.
Nell’ultima colonna
sono riporti solo i
valori dell’intervallo di settima, il quale nella
prima riga corrisponde
all’intervallo Do - Si.
Grado Sigla Tipo Accordo Note Contenute Intervallo
I-VII I III V VII
I Do maj7 Maggiore settima Do Mi Sol Si 11
II Re m7 Minore settima Re Fa La Do 10
III Mi m7 Minore settima Mi Sol Si Re 10
IV Fa maj7 Maggiore settima Fa La Do Mi 11
V Sol 7 Settima di dominante Sol Si Re Fa 10
VI La m7 Minore settima La Do Mi Sol 10
VII Si ø7 Semidiminuito Si Re Fa La 10
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Tabella 3.13: Accordi di
settima. Questi accordi
sono stati catalogati
anche in base alla specie
(informazione riportata
sulla seconda colonna).
Ad esempio l’accordo di quarta specie
corrisponde all’accordo maggiore settima. Solo i
primi sono originati
dalla scala maggiore. I
sette accordi con
riportata la specie sono
quelli fondamentali.
Figura 3.13: Armonizzazione scala maggiore – Accordi di settima.
Figura 3.14: Accordi di settima. Tutti gli esempi hanno il Do come fondamentale.
Figura 3.15: Accordi di nona. Combinazioni più utilizzate. Tutti gli esempi hanno il Do come
fondamentale.
Tipo accordo Specie Sigla gc.
Settima di dominante I 7 1ª 3ª 5ª 7ªb
Minore settima II m7 1ª 3ªb 5ª 7ªb
Semidiminuito III ø7 1ª 3ªb 5ªb 7ªb
Maggiore settima IV maj7 1ª 3ª 5ª 7ª
Diminuito V º7 1ª 3ªb 5ªb 7ªbb
Minore settima maggiore VI m+7 1ª 3ªb 5ª 7ª
Maggiore settima quinta aum. VII maj7+5 1ª 3ª 5ª# 7ª
Settima quinta diminuita 7-5 1ª 3ª 5ªb 7ªb
Settima quinta aumentata 7+5 1ª 3ª 5ª# 7ªb
Maggiore settima quinta dim. maj7-5 1ª 3ª 5ªb 7ª
25
Figura 3.16: Accordi di undicesima e tredicesima. Combinazioni più utilizzate. Tutti gli esempi hanno
il Do come fondamentale.
Figura 3.17: Accordi di sesta e sospesi. Rappresentazione su pentagramma delle combinazioni più
utilizzate. Tutti gli esempi hanno il Do come fondamentale.
3.3.3 Altri tipi di accordi
La costruzione degli accordi può anche non avvenire per intervalli di terza. Può semplicemente
essere una selezione di note in una scala. Alcuni accordi molto comuni derivati da questo metodo sono
quelli di sesta (es.: Do 6, Do m6) e sospesi (es.: Do sus4, Do sus2). Gli accordi di sesta vengono
costruiti aggiungendo come abbellimento la sesta maggiore sulle triadi maggiori o minori (se si
aggiunge la sesta minore essa viene siglata come intervallo composto: tredicesima minore). Gli accordi
sospesi vengono invece ottenuti sostituendo la terza (sia maggiore che minore) con la quarta giusta o la
seconda maggiore, in genere con la quinta giusta. Gli accordi sospesi vengono chiamati in questo
modo perché non sono ne maggiori ne minori. Gli accordi di sesta e sospesi sono riportati su
pentagramma musicale in figura 3.17.
Nella sezione 4.2, nelle tabelle dove sono riportate le armonizzazioni delle varie scale, non è stato
utilizzato solo ed esclusivamente il metodo per terze. In alcuni casi è infatti possibile costruire accordi
diversi sullo stesso grado della scala. Un esempio interessante è l’armonizzazione del secondo modo della scala diminuita:
Figura 3.18
Se applichiamo il metodo per terze deriva un accordo di settima diminuita (1ª, 3ªb, 5ªb, 7ªbb). Se
invece selezioniamo le note liberamente è possibile costruire anche un accordo di settima di
dominante (1ª, 3ª, 5ª, 7ªb). Questa è la ragione per cui questa scala viene spesso applicata anche sugli
accordi di settima di dominante, in sostituzione al modo misolidio che come abbiamo visto genera lo
stesso accordo.
In questi casi esiste inoltre un problema di terminologia degli intervalli. Ad esempio nella scala
riportata in figura 3.18 la quarta nota è chiamata come terza maggiore (3ª). In alcuni metodi musicali
26
essa viene invece chiamata quarta diminuita (4ªb), in quanto si tratta appunto della quarta nota.
Questi due intervalli sono equivalenti, il significato perciò non cambia. In ogni caso le denominazioni
da me riportate seguono, per quanto possibile, la logica delle triadi e accordi di settima di base (vedi
tabelle 3.11 e 3.13), più che il semplice ordine dei gradi.
Figura 3.19: Rivolti degli accordi. Sono riportati come esempio tutti i rivolti dell’accordo di Do (maggiore). Il 3° rivolto è un Do maj7. Le linee trasversali indicano la trasposizione della nota
un’ottava sopra. Il tipo di rivolto dipende esclusivamente dalla nota al basso, le altre note possono
essere disposte anche in ottave diverse da quelle utilizzate nell’esempio musicale.
3.3.4 I rivolti degli accordi
Fino ad ora abbiamo visto gli accordi con la fondamentale al basso. In questo caso l’accordo è in posizione fondamentale. Nel caso in cui al basso vi è un’altra nota l’accordo è in posizione di
rivolto. Gli accordi si possono presentare in quattro differenti posizioni principali, chiamate appunto
rivolti:
Fondamentale. Fondamentale al basso. Primo rivolto. Terza al basso. Secondo rivolto. Quinta al basso. Terzo rivolto. Settima al basso.
I gradi delle note al basso sono indicati in modo generico, nel primo rivolto ad esempio la terza al
basso è intesa maggiore per gli accordi maggiori e minore per gli accordi minori. Stesso discorso per i
bassi degli altri rivolti. Nella figura 3.19 sono riportati i quattro rivolti dell’accordo di Do maggiore.
Anche se gli accordi rivoltati contengono le stesse note, cambia la loro sonorità. Questo avviene
perché l’orecchio attribuisce in modo naturale un particolare risalto al suono più basso. Gli accordi in
posizione di rivolto non cambiano il nome, vengono siglati riportando la nota al basso barrata se
diversa dalla fondamentale. Ad esempio il secondo rivolto del Do maj7 viene siglato Do maj7/Mi. In
generale se la nota barrata appartiene all’accordo si tratta di rivolto. Al contrario se essa è estranea all’accordo si tratta di un basso alterato (vedi sezione 3.3.5). Nei casi in cui la linea di basso è
separata (ad esempio suonando con un bassista) la nota al basso specificata nella sigla è di sua
competenza, non necessariamente degli altri strumenti.
3.3.5 Terminologia delle sigle degli accordi
Come abbiamo visto nelle sezioni precedenti, gli accordi vengono denominati per mezzo di sigle.
Queste sigle vengono attribuite secondo alcune logiche, talvolta un po’ contorte. L’obbiettivo di questa sezione è quello di chiarire il più possibile questo argomento e permettere di conseguenza una certa
autonomia nella lettura e nell’attribuzione delle sigle.
Il formato generico di una sigla di accordo è riportato in figura 3.20.
27
Figura 3.20: L’accordo contiene i seguenti gradi: 1ª, 3ª, 5ª, 7ªb, 9ª#, con la 5ª al basso. La denominazione completa dell’accordo è la seguente: Do diesis, settima, nona aumentata, basso in Sol.
Nella prima parte è riportata la fondamentale dell’accordo. Nella seconda una abbreviazione che indica il tipo di accordo. Nella terza parte possono essere indicate eventuali note da aggiungere o
alterare. Infine, se la nota al basso è diversa dalla fondamentale, può essere indicata dopo la barra,
come indicato in figura 3.20. Se essa fa parte dell’accordo si tratta di un rivolto, al contrario si tratta di
un basso alterato. Il Sol al basso indicato in figura 3.20 è la quinta del Do, l’accordo è perciò in posizione di secondo rivolto.
Quelle che seguono sono le principali convenzioni per quanto riguarda la sigla del tipo di accordo:
Accordi basati sui gradi della scala maggiore (1ª, 2ª, 3ª, 4ª, 5ª, 6ª, 7ª). La sigla inizia con maj
seguita dal grado massimo di estensione dell’accordo. Ad esempio Do maj9 indica un accordo di
nona basato sui gradi della scala maggiore. Accordi basati sui gradi del modo misolidio (o modo di dominante). L’unica differenza con la scala
maggiore è che contiene la settima minore (1ª,.2ª, 3ª, 4ª, 5ª, 6ª, 7ªb). Nella sigla viene riportato solo
il grado massimo di estensione dell’accordo. Ad esempio Do 9 indica un accordo di nona di
dominante basato sui gradi della scala maggiore ma con la settima minore. Accordi basati sulla scala minore naturale (1ª,.2ª, 3ªb, 4ª, 5ª, 6ªb, 7ªb). La sigla inizia con m seguita
dal grado massimo di estensione dell’accordo. Ad esempio Do m9 indica un accordo minore basato
sui gradi della scala minore naturale. Le sigle sus4 e sus2 indicano che l’accordo è sospeso. Al posto della terza l’accordo contiene la quarta (sus4) o la seconda maggiore (sus2). La sigla add indicata dopo il grado di estensione indica che tale grado va aggiunto sulla triade di
base saltando i gradi intermedi. Ad esempio Do 9add indica un accordo maggiore con la nona
senza la settima. La sigla dim indica che l’accordo contiene la quinta diminuita. La sigla aug indica che l’accordo contiene la quinta aumentata.
Oltre al tipo di accordo è possibile indicare nella sigla anche altri gradi da aggiungere o alterare.
Nel caso riportato in figura 3.20 la sigla +9 indica che occorre aggiungere una nona aumentata (il segno
+ equivale in questo caso al diesis). Se il grado è gia presente nell’accordo, esso si riferisce ad una alterazione. Ad esempio Do 7-5 indica un accordo di settima di dominante con la quinta diminuita (-5
indica l’alterazione). Nelle sigle degli accordi vengono tuttavia utilizzate diverse terminologie. Per ragioni di chiarezza
le tabelle 3.14 e 3.15 elencano le sigle più utilizzate. La prima tabella si riferisce ai tipi di accordi, la
seconda alle note aggiunte o alterate. Una volta compreso il meccanismo con cui vengono attribuite le
sigle agli accordi, è possibile ricavare la composizione di qualsiasi accordo vi capiti sotto mano. Nella
tabella 3.16 sono elencati solo gli accordi più comuni.
28
Tabella 3.14:
Terminologia dei tipi di
accordi. La sigla
riportata per prima si
riferisce a quella
utilizzata in questo testo.
I gradi indicati fra
parentesi sono opzionali.
Per quanto riguarda gli
accordi estesi sono
riportati solo quelli
maggiori, per ottenere la
versione minore è
sufficiente aggiungere
una m all’inizio della sigla.
Tabella 3.15: Terminologia note
aggiunte o alterate. La sigla
riportata per prima si riferisce a
quella utilizzata in questo testo.
Descrizione accordo Elenco sigle utilizzate gc.
Triade maggiore <non specificata> 1ª, 3ª, 5ª
Triade minore m, minor, min, - 1ª, 3ªb, 5ª
Triade diminuita dim 1ª, 3ªb, 5ªb
Triade aumentata +5, #5, +, aug 1ª, 3ª, 5ª#
Settima maggiore maj7, maj, major, Δ, M 1ª, 3ª, 5ª, 7ª
Settima di dominante 7 1ª, 3ª, 5ª, 7ªb
Settima semidiminuito ø7, 7-5, 7b5 1ª, 3ªb, 5ªb, 7ªb
Settima diminuito º7, dim, dim7 1ª, 3ªb, 5ªb, 7ªbb
Nona aggiunta 9add 1ª, 3ª, 5ª, 9ª
Nona 9 1ª, 3ª, 5ª, 7ªb, 9ª
Undicesima 11 1ª, 3ª, 5ª, 7ªb, 9ª, 11ª
Tredicesima 13 1ª, 3ª, 5ª, 7ªb, 9ª, (11ª), 13ª
Quarta sospesa sus4, 4 1ª, 4ª, 5ª
Seconda sospesa sus2, 2 1ª, 2ª, 5ª
Descrizione grado Elenco sigle utilizzate Grado intervallo
Quinta diminuita -5, b5 5ªb
Quinta aumentata +5, #5 5ª#
Sesta maggiore 6 6ª
Settima maggiore +7, maj7 7ª
Settima minore 7, -7, b7 7ªb
Nona minore -9, b9 9ªb
Nona maggiore 9 9ª
Nona aumentata +9, #9 9ª#
Undicesima 11 11ª
Undicesima aumentata +11, #11 11ª#
Tredicesima 13 13ª
29
3.3.6 Elenco degli accordi più comuni
Tabella 3.16: Elenco degli accordi più comuni. I gradi riportati fra parentesi sono opzionali.
Sigla (es. in Do) Descrizione gc. Note G. scala maggiore
Magg
iori
Do Maggiore 1ª, 3ª, 5ª 3 I, IV, V
Do maj7 Maggiore settima 1ª, 3ª, 5ª, 7ª 4 I, IV
Do 7 Settima 1ª, 3ª, 5ª, 7ªb 4 V
Do 9add Nona aggiunta 1ª, 3ª, 5ª, 9ª 4 I, IV, V
Do maj9 Maggiore nona 1ª, 3ª, 5ª, 7ª, 9ª 5 I, IV
Do 9 Nona 1ª, 3ª, 5ª, 7ªb, 9ª 5 V
Do 7+9 Nona aumentata 1ª, 3ª, 5ª, 7ªb, 9ª# 5
Do 7-9 Nona minore 1ª, 3ª, 5ª, 7ªb, 9ªb 5
Do 11 Undicesima 1ª, 3ª, 5ª, 7ªb, 9ª, 11ª 6 V
Do +11 Undicesima aumentata 1ª, 3ª, 5ª, 7ªb, 9ª, 11ª# 6
Do 13 Tredicesima 1ª, 3ª, 5ª, 7ªb, 9ª, (11ª), 13ª 6 V
Do 6 Sesta 1ª, 3ª, 5ª, 6ª 4 I, IV, V
Min
ori
Do m Minore 1ª, 3ªb, 5ª 3 II, III, VI
Do m7 Minore settima 1ª, 3ªb, 5ª, 7ªb 4 II, III, VI
Do m+7 Minore settima maggiore 1ª, 3ªb, 5ª, 7ª 4
Do m9add Minore nona aggiunta 1ª, 3ªb, 5ª, 9ª 4 II, VI
Do m7-9 Minore nona minore 1ª, 3ªb, 5ª, 7ªb, 9ªb 5 III
Do m9 Minore nona 1ª, 3ªb, 5ª, 7ªb, 9ª 5 II, VI
Do m6 Minore sesta 1ª, 3ªb, 5ª, 6ª 4 II
Dim
inu
iti
Do –5 Quinta diminuita 1ª, 3ª, 5ªb 3
Do dim Minore quinta diminuita 1ª, 3ªb, 5ªb 3 VII
Do ø7 Semidiminuito 1ª, 3ªb, 5ªb, 7ªb 4 VII
Do º 7 Diminuito 1ª, 3ªb, 5ªb, 7ªbb 4
Aum
Do +5 Aumentato 1ª, 3ª, 5ª# 3
Do 7+5 Settima quinta aumentata 1ª, 3ª, 5ª#, 7ªb 4
Sospesi Do sus4 Quarta sospesa 1ª, 4ª, 5ª 3 I, II, III, V, VI
Do 7sus4 Settima quarta sospesa 1ª, 4ª, 5ª, 7ªb 4 II, III, V, VI
Do sus2 Seconda sospesa 1ª, 2ª, 5ª 3 I, II, IV, V, VI
30
Nella tabella 3.16 sono riepilogati gli accordi descritti nei capitoli precedenti. Sono suddivisi in
quattro gruppi distinti. Nel gruppo maggiori ho messo gli accordi che hanno alla base la triade
maggiore. Nel gruppo minori quelli che hanno alla base la triade minore. Nel gruppo diminuiti quelli
che hanno la quinta diminuita. Nel gruppo aumentati quelli che hanno la quinta aumentata. Infine nel
gruppo sospesi quelli che al posto della terza hanno la quarta giusta o la seconda maggiore.
Nella prima colonna c’è l’esempio della sigla con fondamentale in Do. Nelle colonne successive
ho riportato rispettivamente: il nome dell’accordo per esteso; l’elenco dei gradi costitutivi; il numero
di note contenute; i gradi della scala maggiore su cui può essere costruito l’accordo senza operare alterazioni alla scala. Le diteggiature per chitarra di questi accordi sono riportate nella sezione 4.3.
SCHEMA “EMPIRICO”
DI COSTRUZIONE DEGLI ACCORDI
SUL PIANOFORTE
(a partire da una tonalità maggiore)
-SINTESI-
1) SI TENGANO A MENTE I RAPPORTI ESISTENTI TRA I GRADI DELLA SCALA
MAGGIORE DELLA TONALITA' PRESA IN CONSIDERAZIONI
I RAPPORTI DI RIFERIMENTO,PER GLI INTERVALLI DELL'ACCORDO,
RIMARRANNO SEMPRE I MEDESIMI.
2)REGOLA DELLE OMISSIONI
In caso di voicing troppo ricco o pieno è conveniente sul pianoforte omettere qualche
“voce” dell'accordo.
IN ORDINE 1° 5° (3°)
si pone al basso (sx) si omette permane solitamente
in presenza di intervalli
di 9°alterata*
3) SE IL VOICINGS NON “SUONA” BENE,E'SCOMODO O INESEGUIBILE
SI DEVE PROCEDERE ALLA SUA ESECUZIONE SECONDO I RIVOLTI.
PER RIVOLTARE UN ACCORDO,SI SPOSTA UNA DELLE SUE VOCI
UN OTTAVA SOPRA oppure UN OTTAVA SOTTO.
SI “TOGLIE” IL SUONO PRESCELTO, LE DITA SCALANO SUI TASTI
GIA IMPEGNATI E IL DITO LIBERO ESTERNO ANDRA' A “RIPRENDERE”
LA NOTA OMESSA NELLA NUOVA POSIZIONE.
C (do maggiore)
ACCORDO MAGGIORE = 1°, 3°, 5°
--- 2 toni--- --1e1/2T--
distanza distanza
ACCORDO MINORE
Cm (do minore)
ACCORDO Minore = 1°, 3°m 5°
--- 1e1/2 toni-- ---2T---
distanza distanza
C6 (do sesta)
1°,3°,5°,6° GRADO DO MI SOL LA
Csus4 (Do sus Quarta)
1°,4°,5° GRADO → N.B,con la dicitura “sus”,omettiamo il 3° GRADO DO FA SOL
C+ / Caug
1°,3°,5°# GRADO → Si aumenta il 5° grado di mezzo tono DO MI SOL#
Cb5 Do mi Solb
Cmaj7
1°,3°,5°,7° GRADO → DO MI SOL SI
N.B:la settima è esattamente quella della SCALA!
Si trova mezzo sotto l'8vo grado!
C7
1°,3°,5°,7°m GRADO → DO MI SOL SIb
N.B:la settima è minore
Si trova un tono sotto l'8vo grado!
Cdim7 / C°
1°,3°b,5°b,7°dim GRADO → Si diminuiscono il 3 5 grado di mezzo tono
Si diminuisce di mezzo tono anche la 7 di dominante
DO Mib SOLb LA
Csemidim / CØ / Cm7b5
1°,3°b,5°b 7 GRADO → Si diminuiscono il 3 e 5 grado di mezzo tono DO Mib SOLb Sib
La settima minore rimane invariata
Altre settime: Cm7 Cm/maj7 Cmaj7#5
Csus9 / Cadd9 (Csus2)
Cadd9 Gradi 1 2 3 5. Alla triade maggiore si aggiunge il secondo grado
Csus9 1 2 5 Si aggiunge la 9° (=2°) e si omette la 3°
Il nono grado equivale,come posizione all'interno della scala,al secondo grado (9=2)
C9
gradi 1 3 5 7 9 do mi sol sib re
C11
gradi 1 3 5 7 9 11 do mi sol sib re fa
SI OMETTONO LE voci 1,5,3 → rimane 7 9 11 (sib re fa) = accordo di Sib
in sintesi, si può ottenere l'undicesima come una frazione → Bb → accordo 1T indietro!
----------
C → fond. al basso SX
C13
gradi 1 3 5 7 9 11 13 do mi sol sib re fa la
SI OMETTONO LE voci 1,5,3 → rimane 7 9 11 13 (sib re fa la) =
ma IN SINTESI ESTREMA possiamo eseguire la tredicesima come
1)COSTRUIAMO LA TRIADE MAGGIORE
DO MI SOL
Sib ← -1 resta → +1 LA
“allarghiamo” la mano di un tono da una parte,di un tono dall'altra
in questo modo abbiamo la settima minore, la terza e la sesta
abbiamo costruito l'accordo di tredicesima nei suoi suoni caratteristici
------------------------------------------------------------------------------------------------
Csus 1 2 4 5 grado do re fa sol Possiede il secondo e quarto grado,
senza il terzo
Cmaj9 1 3 5 maj7 9 =una quintiade con la maj7
Cmaj11 1 3 5 maj7 9 11 =un'accordo a 6 voci con la maj7
Cmaj13 1 3 5 maj7 9 11 13 =un'accordo a 7 voci con la maj7
Altri accordi
Es. C7#9 C7b9 C9b5 C11# C6/9 C7/4 C7b5 C13b9 ecc ecc
Piano Chord Chart
Copyright © 2005, Scott Bradford Creative Enterprises - http://www.scottbradford.us/
C Cm C7
Db Dbm Db7
D Dm D7
Eb Ebm Eb7
E Em E7
F Fm F7
Gb Gbm Gb7
G Gm G7
Ab Abm Ab7
A Am A7
Bb Bbm Bb7
B Bm B7
Piano Chord Chart
Copyright © 2005, Scott Bradford Creative Enterprises - http://www.scottbradford.us/
Cm7 Cdim Csus
Dbm7 Dbdim Dbsus
Dm7 Ddim Dsus
Ebm7 Ebdim Ebsus
Em7 Edim Esus
Fm7 Fdim Fsus
Gbm7 Gbdim Gbsus
Gm7 Gdim Gsus
Abm7 Abdim Absus
Am7 Adim Asus
Bbm7 Bbdim Bbsus
Bm7 Bdim Bsus
5
9
13
Sonatina, Op. 36, No.1 First Movement
Allegro Muzio Clementi
16
21
26
31
35
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PROGRESSIONE II-V-I
CENNI
Poniamo l’attenzione sulle prime quattro battute di Autumn Cm7-F7- Bbmaj7-Ebmaj7:
Questa progressione, vedrai, sarà presente in tantissimi altri pezzi; ma cosa cela in sè? Come posso
capire a che o cosa si riferisce? Quale forma costruttiva per i voicing devo utilizzare? Tu conosci
bene le scale maggiori e quelle minori (naturale, melodica, armonica), prendiamo in esame la scala
maggiore di Bb le note da cui è costituita sono:
Bb, C, D, Eb, F, G, A (Tono, T, semiTono, T, T, T, sT).
Decidiamo di soffermarci sul secondo grado:C, pensiamolo come nota fondamentale di un accordo
realizzato attraverso la sovrapposizione di intervalli di terza servendoci delle note della scala in
questione. Subito dopo il C, a distanza di terza minore, c’è il Eb, a distanza di terza maggiore da Eb
c’è il G, da G salendo di terza minore si torna all’inizio della scala dove risiede il Bb, se decidiamo
di suonare contemporaneamente le quattro note C, Eb, G, Bb, abbiamo ottenuto un accordo di Cm7
generato dall’armonizzazione a 4 suoni del secondo grado della scala maggiore.
Se prendiamo la nota F(V grado della scala di Bb) e la nota Bb(I grado della scala di Bb) e
"accatastiamo" su di esse, ad intervalli di terza i gradi della scala, otteniamo un F7 e un Bbmaj7.
E’esattamente ciò che avviene nelle prime tre misure di "Autumn leaves"
Cm7,F7,Bbmaj7rappresentano il II-V-I nella tonalità di Bb.
Basta questa analisi per esorcizzare il famigerato II-V-I , spettro incombente nelle notti di
plenilunio? Non ne sarei del tutto convinto.
Quando suoni in successione questi tre accordi, nel passaggio da F7 a Bbmaj7, avverti una volta
raggiunto il Bbmaj7 un senso di riposo armonico, è come se tu giungessi ad un approdo e decidessi
di riposarti e non "schiodarti" più da lì. Questo senso di quiete diventa reale perché all’interno
dell’accordo di dominane risiede fra il terzo e settimo grado (in F7, A e Eb) un intervallo di tre toni
interi (tritono o b5) che tende a far salire il terzo grado dell'accordo dominante di mezzo tono (A si
porta su Bb), e a far scendere il settimo di mezzo tono (Eb si porta su D), Bb e D non sono altro che
la fondamentale e la terza maggiore dell’accordo di Bbmaj7.
Il II-V-I esaminato (Im7-V7-Imaj7) è desunto dalla scala maggiore, nelle scale minori esiste? Se si,
genera i medesimi tre accordi?
Certamente no, la minore melodica armonizzata a quattro suoni da vita a:
IIm7-V7-Im maj7
la minore armonica genera
IIsemidim.-V7b9-Im maj7
la minore naturale
IIsemidim-Vm7-Im7
Quest’ultima, contrariamente alle altre, sul V grado non ha un accordo di dominante e questo,
vedremo negli scambi paralleli (non vi preoccupate ne parleremo in seguito) rappresenta un
vantaggio apprezzabile.
Il II-V-I, nella teoria classica, viene indicato con l’appellativo di formula di cadenza perfetta in
quanto formato da un cadenza alla dominante II->V + una cadenza perfetta V->I.
Riconoscere i II-V-I all’interno di una composizione ti permette di utilizzare i voicings appropriati
visto che proprio questa successione racchiude il migliore movimento delle voci nel passaggio da
un voicing all’altro, i 3-5-7-9 si alternano perfettamente ai 7-9-3-5 e viceversa.
Un’ultima considerazione relativa al II-V-I della tonalità maggiore potrebbe essere questa: se
estendiamo ulteriormente i tre accordi aggiungendo ad ognuno di essi la 9a, la 11a, la 13a
(eptadiade = accordo a 7 suoni), utilizzando come al solito solo ed unicamente le note della scala
maggiore sulla quale si forma un II-V-I ipotetico, dedurremo che solo questi tre accordi sulla scala
hanno la 9a e la 13a maggiori e la 11a giusta, soffermati su quanto ho appena asserito è un qualcosa
di cui tratteremo ampiamente quando ci riferiremo al sistema modale e non è cosa da poco ...
LO STUDIO
Il II-V-I, incombe su tutte le composizioni tonali, pertanto occorre che esso diventi a noi familiare,
per far sì che questo accada, bisogna esercitarsi prima nell'individuarlo, poi nel suonarlo.
In precedenza ho affermato che in questa progressione dimorano i migliori movimenti delle voci, i
voicings 3-5-7-9 si alternano ai 7-9-3-5 e viceversa in maniera perfetta. Se decido, pensando sempre
mi raccomando al range nel quale i voicings Kelly-Evans funzionano, di partire con il 3-5-7-9 per il
IIm7, il V7 automaticamente sarà 7-9-3-5, il Imaj7 di nuovo 3-5-7-9, se invece inizio con il 7-9-3-5
finirò con il 7-9-3-5.
Fai sì che la mano sinistra, attraverso lo studio, meccanizzi i voicings dei II-V-I in tutte le tonalità,
questo ti servirà a cavarti d'impaccio quando sei costretto a interpretare brani che li contengono e
che suoni, magari, per la prima volta.
Educare la mano sinistra al meccanismo del II-V-I, fa sì che tu non debba più pensare alla
realizzazione dei voicing, permettendoti di concentrarti sulla buona riuscita delle frasi disegnate
dalla destra. A tal proposito ti ricordo che una delle cose più difficili nello studio del piano jazz è
quella di raggiungere l'indipendenza mentale nella gestione delle due mani.
Nella partitura allegata ci sono i II-V-I in tutte le tonalità maggiori, ho inserito i soliti numeri per
realizzare i voicings, le alternanze le ho scelte in base alle altezze nelle quali i voicings funzionano
meglio, nessuno ti vieta di partire con un 7-9-3-5, nonostante io magari abbia iniziato un II-V-I con
un 3-5-7-9.
Non dimenticare di allenare la tua mano destra alla pronuncia ritmica utilizzando, per la
realizzazione della melodia, le note che compongono i voicings di ogni II-V-I, rifacendoti ai metodi
di studio che abbiamo ampiamente descritto in precedenza.
Ricorda, ogni nuovo esercizio non esclude il precedente, non dimenticare che la pronuncia ritmica
nel jazz è di fondamentale importanza. Se non dovessi immediatamente riuscire a coordinare i
voicings della sinistra con la melodia della destra, soffermati per più misure su ogni accordo di
ognuno dei II-V-I, prima di suonarli in successione come scritto.
Ho inserito le caratteristiche delle voci che compongono i voicings (3m, 5G, 7m etc.), come puoi
vedere, solo nei righi 1 e 3, tutto il resto segue la stessa linea costruttiva. L'accordo di dominante
nella forma che parte dalla settima puoi formarlo anche così:
6M 5G b13 b13
3M 3M 3M 3M
9M b9 b9 #9
7m 7m 7m 7m
Quando ha inizio dalla terza anche così:
9M b9 b9 #9
7m 7m 7m 7m
6M 5G #5 #5
3M 3M 3M 3M
Ti rammento che nel voicing maj7 puoi sostituire la 5G con la 6M. Mi raccomando la pronuncia...
I quaderni didattici di Jazz Convention – Marco Di Battista – Elementi di piano jazz
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II-V-I – VOICING SU II-V-I
ARGOMENTO
Ogni brano che decidi di studiare o di analizzare, è composto dalla cosiddetta progressione armonica, essa
incarna la struttura portante della composizione. Attraverso i futuri argomenti del corso ti fornirò elementi
tecnici più specifici a riguardo, sarai in grado, dunque, di individuare da cosa è generata e cosa provoca una
successione d'accordi.
Nella prima lezione abbiamo discusso delle differenze che distinguono il sistema tonale da quello modale,
abbiamo ravvisato che pur essendo due ambiti armonici profondamente diseguali sono legati
biunivocamente.
Cercheremo, adesso, di addentrarci nei meandri inesplorati del sistema tonale, lo faremo prendendo spunto
dai due brani fino ad oggi visionati: "Autumn Leaves" e "Have you met miss Jones ?".
Poniamo l'attenzione sulle prime quattro battute d'Autumn :
| Cm7 | F7 | Bbmaj7 | Ebmaj7 | (figura 5-1)
Figura 5-1
questa sequenza sarà presente in molti altri standard di stampo tonale.
1. Cosa cela in se' questo cambio accordale ?
2. Come posso capire a che o cosa si riferisce ?
3. Quale forma costruttiva per i voicing devo utilizzare ?
Tu conosci bene le scale maggiori e quelle minori (naturale, melodica, armonica); esamina la scala maggiore
di Bb, le note da cui è costituita sono:
Bb, C, D, Eb, F, G, A (Tono, T, semiTono, T, T, T, sT).
I quaderni didattici di Jazz Convention – Marco Di Battista – Elementi di piano jazz
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Figura 5-2
Soffermati, adesso, sul secondo grado : C, pensalo come nota fondamentale di un accordo ottenuto
attraverso la sovrapposizione d'intervalli di terza conseguiti dalle note presenti nella scala in questione.
Subito dopo il C, a distanza di terza minore, c'è Eb; a distanza di terza maggiore da Eb c'è G, da G salendo
di terza minore si torna all'inizio della scala alla voce Bb.
Adesso suona contemporaneamente le quattro note C, Eb, G, Bb, hai ricavato, con quest'azione, un
accordo di Cm7 generato dall'armonizzazione a 4 suoni del secondo grado della scala maggiore.
Considera, ora, le note F (V grado della scala di Bb) e Bb (I grado della scala di Bb), "accatasta" su di loro,
ad intervalli di terza, i gradi della scala alla quale appartengono (Bb maggiore). Determini con questo
procedimento un F7 e un Bbmaj7.
Il risultato collima perfettamente con la successione armonica delle prime tre misure d'Autum leaves e delle
bars 15-16 e 17 di Have you met miss Jones ? (figura 5-3).
Figura 5-3
Cm7, F7, Bbmaj7 configurano il II-V-I della tonalità maggiore di Bb.
E' sufficientemente esaustiva quest'analisi, per esorcizzare il famigerato II-V-I spettro incombente nelle notti
di plenilunio? Non ne sarei del tutto convinto.
Quando suoni consecutivamente questi tre accordi nel passaggio da F7 a Bbmaj7 avverti, una volta
raggiunto il Bbmaj7, un senso di riposo armonico, è come se giungessi ad un approdo e decidessi di
riposarti e non "schiodarti" più da lì.
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Questo senso di quiete è reale perché all'interno dell'accordo di dominante risiede, fra il terzo e settimo
grado (in F7, A e Eb), un intervallo di tre toni interi (tritono o b5) che tende a far salire il terzo grado
dell'accordo di dominante di mezzo tono (A si porta su Bb), e a far scendere il settimo del medesimo di
mezzo tono (Eb si porta su D); Bb e D impersonano la fondamentale e la terza maggiore dell'accordo di
Bbmaj7.
Il II-V-I esaminato (IIm7-V7-Imaj7) è desunto da una scala maggiore,
1. nelle scale minori esiste ?
2. Se si, genera i medesimi tre accordi ?
Certamente no! La minore melodica, armonizzata a quattro suoni, da' vita a: IIm7-V7-Im maj7; la minore
armonica produce: IImb5/7-V7b9-Im maj7; la minore naturale origina : IImb5/7-Vm7-Im7, quest'ultima,
contrariamente alle altre, sul V grado non possiede un accordo di dominante e questo, costaterai, negli
scambi paralleli (non ti preoccupare) rappresenta un vantaggio apprezzabile. Il II-V-I, nella teoria classica, è
indicato con l'appellativo di formula di cadenza perfetta; è formato da una cadenza alla dominante II->V +
una cadenza perfetta V->I. Riconoscere i II-V-I all'interno di un "evergreen" tonale ti consente di utilizzare i
voicings appropriati. Il II-V-I, infatti, racchiude il migliore movimento delle voci nel passaggio da un voicing
all'altro; i 3-5-7-9 si alternano perfettamente ai 7-9-3-5 e viceversa.
Un'ultima annotazione relativa al II-V-I della tonalità maggiore potrebbe essere questa: se estendi i tre
accordi aggiungendo ad ognuno di loro la 9a, la 11a, la 13a (eptadiade =accordo a 7 suoni), utilizzando
come al solito solo ed unicamente le note della scala maggiore sulla quale si forma il II-V-I, deduci che solo
questi tre accordi detengono la 9a e la 13a maggiori e la 11a giusta (figura 5-4).
Figura 5-4
Soffermati su quanto ho appena asserito è un qualcosa che tratteremo ampiamente quando faremo
riferimento al sistema modale... non è cosa da poco credimi !
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PARTITURE
Il II-V-I incombe su tutte le composizioni tonali occorre, quindi, che esso diventi a te familiare. Per far si che
questo accada esercitati, prima nell'individuarlo, poi nel suonarlo.
In precedenza ho sostenuto che in questa cadenza dimora il migliore movimento delle voci; i voicings 3-5-7-
9 si alternano perfettamente ai 7-9-3-5 e viceversa.
Se decidi di partire con il 3-5-7-9 per il IIm7, il V7 automaticamente sarà 7-9-3-5, il Imaj7 di nuovo 3-5-7-9, se
invece inizi con il 7-9-3-5 finirai con il 7-9-3-5. Fai in modo che la mano sinistra meccanizzi i voicings dei II-V-
I in tutte le tonalità, lo studio ti servirà a cavarti d'impaccio quando sei costretto in una "sessions" ad
interpretare brani che li contengono e che non conosci.
Educare la mano sinistra al funzionamento del II-V-I fa' si che tu non debba più pensare alla creazione dei
voicings, puoi di conseguenza concentrarti di più sulla buona riuscita delle frasi delineate dalla destra. A tal
proposito ti ricordo che una delle cose più difficili nello studio del piano jazz è quella di raggiungere
l'indipendenza mentale nella gestione delle due mani.
Nella partitura allegata ci sono i II-V-I in tutte le tonalità maggiori, ho inserito i soliti numeri indicatori, le
alternanze le ho scelte in base alle altezze nelle quali i voicings funzionano meglio. Nessuno ti vieta di
partire con un 7-9-3-5, malgrado io abbia iniziato un II-V-I con un 3-5-7-9. Non dimenticare di allenare la
mano destra alla pronuncia "jazzistica"; per concretare la melodia improvvisata usa le note che compongono
i voicings di ciascuno dei II-V-I, rifacendoti ai metodi applicativi ampiamente descritti nei capitoli precedenti
(secondo argomento).
Ricorda, ogni nuovo esercizio si addiziona al precedente; non dimenticare che la pronuncia ritmica nel jazz è
di fondamentale importanza.
Se non dovessi riuscire a coordinare immediatamente i voicings della sinistra con la melodia della destra,
soffermati per più misure sul singolo accordo di ciascun II-V-I prima di suonarlo in successione come scritto.
Ho inserito gli intervalli fra le voci componenti i voicings (3m, 5G, 7m etc.) solo nei righi 1 e 3, tutto il resto
segue la stessa linea costruttiva.
L'accordo di dominante nella configurazione che parte dalla settima puoi forgiarlo anche così (leggi i voicings
delle tabelle in verticale, dal basso verso l'alto):
Accordo V7 da 7a:
6M 5G b13 b13
3M 3M 3M 3M
9M b9 b9 #9
7m 7m 7m 7m
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Quando ha inizio dalla terza anche così:
Accordo V7 da 3a:
9M b9 b9 #9
7m 7m 7m 7m
6M 5G #5 #5
3M 3M 3M 3M
Ti rammento che nel voicing maj7 puoi sostituire la 5G con la 6M.
Infine, un'ottima base musicale d'ausilio allo studio del II-V-I, si trova nel c.d. del volume N°3 della collana
"Jamey Aebersold" dal titolo: "II-V7-I progression".
Nella sezione ascolto una forma canzone scritta da Cole Porter: I've got you under my skin, a destra
interpretata da Oscar Peterson (O.P. play the Cole Poerter Song), a sinistra suonata da Monty Alexander
(Echoes of Jilly's).
Mi raccomando la pronuncia...
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II-V-I
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VOICING KELLY EVANS
ARGOMENTO
Musicisti come: Walter Bishop, Kenny Drew, Tadd Dameron, Mall Waldron, Barry Harris, Art Tatum,
Bud Powell, Errol Garner, Teddy Wilson, Sonny Klarke, John Lewis, Duke Jordan hanno dominato le
scene del piano jazz dagli anni '30 ai '50 e hanno indicato ai pianisti moderni tecniche che costituiscono,
ancora oggi, un patrimonio da possedere e custodire gelosamente.
Nel tempo il ruolo del pianista si è trasformato, se in quel ventennio si prediligeva il "piano solo", le cui
tecniche d'esecuzione non di rado erano mutuate dallo stile "stride", successivamente con la prepotente
affermazione del combo ritmico (fine anni '40, '50), quindi con la costituzione degli "small group" (trio,
quartetto, quintetto), nel jazz irrompe prepotentemente un nuovo supporto armonico-ritmico rappresentato
dal contrabbasso.
I pianisti citati preferivano usare voicings (accordi) che prevedevano l'uso della nota fondamentale o radice
dell'accordo basando la loro costruzione, per la mano sinistra, su assi armonici di terza, di sesta, di settima o
di decima (non ti preoccupare ne parleremo approfonditamente nei Bud Powell voicings). Gli schiacciatori di
tasti della generazione successiva, prediligendo formazioni con il bassista, incominciarono a dubitare
dell'uso della nota fondamentale, considerato che essa era sistematicamente collocata dal contrabbasso.
A quel punto si domandarono: se non avessero disposto la radice degli accordi mentre suonavano,
avrebbero potuto conferire nuovi colori alla loro musica ? Di contro, però, posero a loro stessi un altro
quesito: se il bassista avesse arbitrariamente e senza avvisare cambiato nell'esecuzione la nota
fondamentale (sostituzione armonica) dove si sarebbe andato a parare?
A fugare ogni dubbio provvidero i pianisti Bill Evans e Wynton Kelly che realizzarono per primi voicings
privi della nota fondamentale, adattabili anche alle sostituzioni senza preavviso del bassista.
Ma cos'è un voicings ?
è il modo americano per affermare che ci troviamo in presenza di un accordo costruito con metodologie
diverse rispetto a quelle che la musica classica ci ha imposto (accordi di I specie, II specie etc.).
I voicings che visioneremo sono costituiti da quattro voci; non impiegano la radice, quindi la nota che
assegna il nome all'accordo, utilizzano al suo posto la 9a in tutte le possibili sistemazioni intervallari (9a
Maggiore, 9a minore, 9a aumentata) rispetto alla nota fondamentale dell'accordo; sono esclusivi per la mano
sinistra; servono ad accompagnarci quando esponiamo un tema o realizziamo un solo; non sono indicati per
sostenere altri solisti.
Si edificano secondo uno schema simmetrico che alterna (accade sempre nei II-V-I maggiori, non sempre in
altre progressioni) i gradi 3,5(6),7,9 ai 7,9,3,5(6) e viceversa (niente allarmismi adesso ti spiego).
Per 3,5,7,9 intendo dire in ordine: la terza, la quinta, la settima e la nona di un accordo; per 7,9,3,5 la
settima, la nona, la terza, la quinta.
"Si parli bene tu !" Potresti appuntarmi: "Queste settime none etc. come sono maggiori ? Minori o che
altro? Come faccio a saperlo?"
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Ecco un esempio che spiega. Mettiamo il caso che io stia affrontando una progressione II-V-I in maggiore
(ne parleremo approfonditamente in seguito) di questo genere:
| Dm7 | G7 | Cmaj7 |
(re minore settima, sol settima, do settima maggiore); nell'interpretazione classica gli accordi sarebbero eretti
come nella figura 2-1 in quella "jazzistica" come nella 2-2.
Figura 2-1
Figura 2-2
Nella 2-2 è presente una progressione che alterna un 3,5,7,9 per Dm7, ad un 7,9,3,5 per il G7, ad un 3,5,7,9
per il Cmaj7. La sigla Dm7 ci avverte che se l'accordo fosse in posizione fondamentale le note che lo
comporrebbero in ordine sarebbero: D,F,A,C, fondamentale, 3a minore, 5a giusta, 7a minore; il voicings
3,5,7,9 (nella 2-2) elimina la radice e aggiunge la nona maggiore presentandosi così: 3a minore, 5a giusta,
7a minore, 9a Maggiore.
La sigla dell'accordo ci suggerisce con esattezza come considerare, se maggiori minori etc. gli intervalli. Per
gli accordi m7, maj7, -b5/7 inserisci 9e maggiori, per quelli di 7 9e Maggiori, b9,#9, b13=#5. Sugli accordi di
7 preferisci, se vuoi, alla 5a giusta la 6a Maggiore (io te lo consiglio per il futuro, es. 3,6,7,9 o 7,9,3,6). Dal
suonare l'esempio ti sarai accorto che il voicing di Dm7 è uguale, nell'armonia consueta, ad un accordo di
Fmaj7 in posizione fondamentale; che il G7 replica perfettamente un B-b5/7 in secondo rivolto; che il Cmaj7
è identico ad un Em7 in posizione fondamentale. Attenzione per creare i voicings non pensare mai a Fmaj,
B-b5/7, Em7, nonostante la mancanza della nota fondamentale ti induca in tentazione; nella tua mente, lo so
bene, risuonano come Fmaj, B-b5/7 ed Em7; adesso schiaccia il pedale del sustain, aggiungi al basso la
nota fondamentale ad ognuno dei tre voicings stai avvertendo un Dm7, G7, Cmaj7? Spero, per la tua
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incolumità, di Siiii!!!
Osserva come le voci del 2-2 si muovono nel passaggio da un accordo all'altro; vigila sempre con attenzione
su quello che accade sulla tastiera; i suoni di questi nuovi accordi progrediscono con dolcezza, con piccoli
cambiamenti (anche di una sola voce); producono di sovente accordi che per realizzarli avresti dovuto
spiccare salti mortali invece è cambiata la posizione di una sola nota. Se utilizzi questa alternanza
costruttiva, per un IIm7-V7, 7-9-3-5 per l'accordo minore e 3-6-7-9 per il 7 di dominante puoi costatare
quanto ho asserito.
Questi voicings, come nella logica delle cose, hanno pregi e difetti. Le virtù le abbiamo ampiamente
descritte: ci svincolano dalla nota fondamentale, offrono nuovi colori ai cambi degli accordi, le sostituzioni
armoniche del bassista sono in ogni caso coperte (come analizzeremo in seguito). I difetti sono attribuibili
alle voci molto ravvicinate; nel 3,5,7,9 a distanza di terza nel 7,9,3,5 a distanza di terza, seconda e di terza
(parti strette). Queste condizioni relegano i Kelly -Evans in una determinata altezza delimitata dal C sotto il C
centrale e il F# nell'ottava del C centrale, ricordati di creare sempre i tuoi voicings in questo "range" di
tastiera. Questa restrizione ci permette di improvvisare solo nel registro medio-acuto e nelle esposizioni dei
temi, molto spesso, per evitare che le note della melodia e quelle dei vocings facciano cozzare la mano
destra contro la sinistra, occorre suonare il tema o parti di esso un'ottava più in alto. Nella sezione partiture
ho riportato i cambi d'accordo del brano: "Autumn Leaves" (lo so' non ce la fate più) dove si può rilevare un
esempio MIRABILE !! di movimento simmetrico delle voci.
PARTITURE
Il brano scelto per studiare i voicings Kelly-Evans é "Autumn Leaves". Ho selezionato questo pezzo perché
la progressione armonica che lo domina ti consente di alternare con buona continuità i voicings 3-5(6)-7-9 ai
7-9-3-5(6) e viceversa. Sulla partitura ho inserito, sulla destra degli accordi, i numeri utili alla costituzione dei
voicings.
Insieme al "numerino" scorgi delle lettere; per M grande intendo affermare che quell'intervallo è maggiore;
per m piccolo è minore, quando G è giusto, quando #5 la quinta è aumentata, quando #9, b9 le none sono
rispettivamente aumentata e minore. Hai notato che per A-b5/7 non ho usato alcun voicing ma soltanto un
accordo in secondo rivolto; questo perché i voicings per il semidiminuito meritano un maggiore
approfondimento.
Le prime otto battute d'Autumn sono identiche alle seconde otto; la B (il bridge=ponte) inizia con le
medesime quattro battute che la precedono; le successive 6 bars sono identiche alle prime 6; le ultime
quattro differiscono dalle prime otto solo perché il A-b5/7 e il D7 si trovano in un'unica battuta e non su due
misure separate. Le uniche discordanze sono riscontrabili nelle battute 27 e 28. Operare questo tipo d'analisi
ottimizza lo studio; le battute da studiare sono solo 10 le prime 8, la 27 e la 28, tutto il resto si ripete. Nella
misura 6 al di sopra del D7, in prossimità delle none, ho inserito due minime. Con queste ho inteso
assicurare che il voicings impiega sia la #9 sia la b9 ma non simultaneamente, si alternano e il loro valore è
di 2/4. Il D7, nella 6, alteralo solo quando improvvisi o accompagni (per il momento prendila per buona), non
quando esponi il tema d'Autumn; in questa battuta la nota della melodia E determina una 9a maggiore
rispetto a D7.
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RICORDA questi voicings sono specifici per la mano SINISTRA. Impara la sequenza accordale di "Autumn
leaves" a memoria; suona il tema con la mano destra: presta attenzione a come le voci dei voicings si
muovono sulla tastiera, memorizzare visivamente le posizioni ti aiuta a replicare la stessa successione in un
altro brano. E' giunta l'ora che volge al DESìO, vai parti con l'allenamento...
Nella sezione "ascolto", in real audio, a sinistra Oscar Peterson, a destra Chet Baker.
Autumn Leaves changes
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VOICING KELLY-EVANS PER ACCOMPAGNARE
ARGOMENTO
Nel secondo argomento mi sono occupato di come poter realizzare voicings specifici per la mano sinistra,
per elaborarli ho proceduto illustrando le tecniche di due grandi pianisti: W. Kelly e B. Evans.
In quel consesso ho attestato che dei voicings "Kelly-Evans" ci si può avvalere unicamente per
accompagnare se stessi in presenza di un contrabbasso.
Inoltre ho professato che non sono indicati per sostenere armonicamente un solista (questo non è del tutto
vero i polychord smentiranno questa tesi, me n'occuperò!). Il pianista per sua natura è un produttore di ritmo,
melodia e armonia, di frequente, quindi, si trova costretto a supportare con l'immissione d'accordi un solista,
inevitabili sorgono i dubbi di rito:
1. Se sono membro di uno "small group" o di una "Big band" e mi si chiede d'accompagnare
come devo agire per trarmi d'impaccio?
2. Come posso aiutare il solista ad esprimersi al massimo?
3. Cosa devo fare perché percepisca nel migliore dei modi il cambio degli accordi?
L'idea in genere da seguire è che più l'organico orchestrale nel quale ti trovi a suonare è ampio, più devi
essere parco nell'inserire voicings ricchi di voci.
In soldoni, se nel trio (contrabbasso, batteria, pianoforte) hai piena libertà nelle sortite armoniche, in una big
band devi fare i conti con le varie "sezioni "contro le quali potresti collidere adoperando accordi "sontuosi".
…e allora?
Io indagherei di nuovo sui procedimenti "Kelly-Evans", questa volta dedicati all'accompagnamento del solista
in un combo ritmico, sia esso ampio o ridotto.
Devi in pratica "esplodere" ("Drammatico incidente un pianista ucciso dall'esplosione di un voicings...") i 3-5-
7-9, 7-9-3-5, in modo che le 4 voci siano divise fra le due mani: due nella sinistra, due nella destra. Nel jazz
esiste la parola "drop" che letteralmente significa calare, lasciare cadere, allorquando studierai i "block
chords" e le implicazioni armoniche in una "brass section", questo termine diverrà a te molto familiare.
Quando propongo di "droppare" una voce di un accordo, intendo abbassare una o più voci del medesimo di
un ottava (ti renderai conto quanto sia importante attuare le drop in funzione dell'impasto armonico quando
tratterò dell'arrangiamento).
Per dare vita ai voicings "Kelly-Evans" per l'accompagnamento occorre, passami il termine, un "droppaggio"
anomalo, una voce del voicing, esattamente la seconda dal basso, è alzata di un ottava: nei 3-5-7-9 è la
quinta che si sposta, nei 7-9-3-5 è la nona che cambia posizione.
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Figura 10-1
Nel primo caso con la mano sinistra suonerai la 3a e la 7a, con la destra la 9a e la 5a. Nel secondo, con la
sinistra la 7a e la 3a, con la destra la 5a e la 9a. Questo è l'ordine imprescindibile con cui le voci devono
essere collocate iniziando dal basso. Presta attenzione la sx suona sempre una 3a e una 7a, una 7a e una
3a, queste posizioni digitali governano le sovrastrutture…"Oops m'è scappato!"
Nonostante le quattro note siano divise fra le due mani, fanno parte di un unico voicings, le caratteristiche
armoniche (m7,7, maj7 etc.), di conseguenza, sono rilevabili solo se ciò che la sx suona è incluso
contemporaneamente alla dx, senza anticipi, ritardi o sfasamenti.
La diteggiatura più consona, suggeritami da un video di Kenny Drew, è quella che io definisco a "corna".
Con la sinistra impiega in ordine il mignolo e l'indice, con la destra l'indice e il mignolo. Nel capitolo 5 ti ho
comminato il duro compito di studiare i Kelly-Evans su tutti i II-V-I maggiori (mano sx); in quell'occasione ti
ho esortato a visualizzare il movimento delle voci in queste cadenze perfette. Oggi ti chiedo di ripetere
l'impegno seguendo quest'itinerario:
A. Utilizzando la costruzione dei voicings dei II-V-I (argomento 5), t'invito ad alzare la seconda
voce e a scindere l'accordo fra le due mani (in tutte le tonalità come scritto).
B. Osserva il primo caso: Dm7-G7-Cmaj7. In Dm7 la sx suona una 5a giusta, la dx un 4a
giusta. In Cmaj7 la sx una 4a aumentata, la dx una 5a giusta. In Cmaj7 la sx una 5a giusta,
la dx un 4a giusta.
C. Riflettendo sugli intervalli che le due mani hanno prodotto, ti sarà più facile memorizzare i
voicings, distanze di 5a a di 4a, infatti, si alternano tra la sx e la dx.
Dall'esperienza scolastica ho dedotto che i Kelly-Evans "esplosi" inizialmente sono poco digeribili, molti
discenti li trascurano preferendone altri di più facile memorizzazione, li riprendono, per necessità, quando si
accingono a suonare nelle classi di musica d'insieme o nei gruppi studio.
Il mio consiglio è di considerarli sin da subito, minime escursioni delle dita, infatti, determinano grandi
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alterazioni degli accordi, ottimi movimenti delle voci, impasti armonici davvero efficaci.
Quando fronteggi un nuovo brano individua: prima i voicings secondo gli schemi abitudinari, poi, per
accompagnare, alza la seconda voce dal basso di ciascuno. L'accompagnamento di cui parlerò
abbondantemente in futuro è arte sopraffina, deve stimolare il solista a suonare meglio, facendogli
comprendere il passaggio ad un bridge, che so', rimarcando un turnaround, fortificando armonicamente la
struttura del brano, senza intralciarlo con interventi ritmici inopportuni. In conclusione, gli "esplosi" non sono
assolutamente indicati per accompagnare un bassista in solo o una cantante in duo pianoforte-voce;
l'esperienza mi comunica che questi musicisti, preferiscono percepire il movimento della radice degli accordi
per rimanere ancorati alla struttura. Naturalmente non è sempre così... ma questo oramai lo sai bene!
PARTITURE
"All the things you are" scritta da Jerome Kern, è la composizione da utilizzare per cimentarti alla verifica di
queste nuove teorie. Ti rammento che ogni nuovo argomento non deve farti dimenticare le metodologie
applicative esaminate nel corso di queste prime 10 lezioni.
Su questo pezzo devi continuare ad "allenarti" all'utilizzo dei voicings (mano sx), alla pronuncia,
all'applicazione dei modi, all'analisi strutturale e stilistica.
All the things, che sviluppa una struttura di 32+4 battute, originariamente non è nato come brano a se stante
è, infatti, l'estrazione dell'ARIA centrale di un'opera complessa: un musical. L'intro originale, molto lirico e
orchestrale, è stato sostituito da Parker con quello che tutti conosciamo, nel New Real Book (pag. 4) é
trascritta questa variazione introduttiva. Nell'esempio in basso ho riportato la sequenza armonica delle prime
sedici battute del pezzo (Fig. 10-2).
Nelle prime otto ho costruito prima i voicings per la mano sx seguendo quest'ordine:
BFm7=3-5-7-9
Bbm7= 7-9-3-5
Eb7=3-6-7-9
Abmaj7=7-9-3-5
Dbmaj7=3-5-7-9
Dm7=3-5-7-9 / G7=7-9-3-5
Cmaj7=3-5-7-9
poi ho innalzato la seconda voce dal basso di ciascuno ottenendo quello che ho scritto. Ti ravviso che sugli
accordi di dominate puoi inserire la #9a, b9a, #11a, b13a; su quelli maj7 la 13a maggiore al posto della 5a
giusta. Sperimenta queste possibilità ma presta attenzione quando esponi un tema ad attenerti alla trama
armonica originale, alterare troppo potrebbe far scontrare la melodia con l'armonia, creando effetti
sgradevoli.
In questa fase non ho spiegato come inserire ritmicamente i nuovi voicings, approfondirò quest'aspetto
quando parlerò dei comping, al momento il tuo dovere è solo quello di ascoltare nelle incisioni dei "grandi",
come i pianisti sostengono il solista ed imitare.
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Le 8 misure successive, nella figura 10-2, designano soltanto i voicings della sx suggerendoti come
trasformarli. Nella battuta 14 risiede il semidiminuito, un voicing aderente a quest'accordo non lo conosci
ancora, pertanto, segui le istruzioni per modellarlo. La parte restante di "All the things you are" sei in grado di
completarla tu. Infine un'ingegnosa particolarità soggiorna nelle prime sedici bars:
nelle prime cinque sei nella tonalità di Ab maggiore, nelle 6-7-8 in quella di C, dalla 9 alla 13 in Eb maggiore,
dalla 14 alla 16 in G maggiore; se consideri le tonalità di Ab-C-Eb-G come note singole e le suoni
contemporaneamente ottieni un Abmaj7, guarda caso il primo accordo che si forma sulla tonalità suggerita
dall'armatura di chiave... pazzesco eh !!
Nella sezione ascolto "All the things you are".
A sinistra suonato da Paul Desmond nel 1962 con: Gerry Mulligan (sax baritono), Wendell Marshall
(contrabbasso), Connie Kay (batteria).
A destra interpretato, nel '61, dal duo Don Ellis (tromba) - Steve Swallow (contrabbasso)
Figura 10-2
ASCOLTO
ALL THE THINGS YOU ARE
1. ART TATUM - The Art Tatum solo masterpieces (Pablo) 1953
2. BUD POWELL - The complete Bud Powell on Verve (Verve) 1955
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3. HANK MOBLEY - Monday night at Birdland (Fresh Sound) 1958
4. DON ELLIS - Out of nowhere (Candid) 1961
5. BILL EVANS - The complete Riverside recording (Riverside) 1963
6. COLEMAN HAWKINS - Live at the London house Chicago (Jasmine) 1963
7. ART PEPPER - Art Pepper in Copenhagen 1981 (Galaxi) 1981
8. DAVID MURRAY - Children (Black Saint) 1984
9. JIM HALL - Jim Hall's three (Concorde) 1986
10. JIMMY GIUFFRE - Fly away little Bird (Owl) 1992
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IL BLUES ARCAICO – SCALA BLUES
ARGOMENTO
Con il presente argomento mi accingo a scandagliare una delle due forme convenzionali del jazz: il blues.
L'indagine che sono prossimo ad eseguire ti guiderà verso la futura sperimentazione armonico-ritmica.
Il vocabolo "Blues", si narra, derivi da inflessioni idiomatiche d'epoca Elisabettiana: "To Have the blues
devils" (avere i diavoli blu), era un modo di dire che indicava uno stato di malessere e d'inquietudine.
I primi blues (blues rurale) sono organizzati secondo una struttura strofica, solitamente di 12 battute, divisa
in 3 parti da quattro misure ciascuna. La prima sezione enuncia, su un accordo di tonica, un testo di
protesta, erotico, lamentoso o di rabbia. La seconda suddivisione ribadisce i concetti, però su un accordo di
sottodominante. L'ultima parte, sulla dominante, lancia un grido di speranza o prende atto delle condizioni
disagiate della popolazione nera. Di sovente la struttura di questi blues è stravolta nell'esecuzione, le dodici
battute iniziali perdono il ruolo di riferimento. Il blues classico, postumo al rurale, è più strutturato e
armonicamente più sofisticato; alle abituali 12 misure sono aggiunte (non sempre) introduzioni da 8 battute,
interludi etc..
La registrazione che sancisce la nascita del blues "classico" è attribuita a Mamie Smith, il brano è "Crazy
Blues" registrato il 14 febbraio 1920 a New York per l'etichetta Okeh. Memphis Minnie, Ida Cox, Bessie
Smith, la madre del blues Ma' Rainey, il padre del blues William Christopher Handy , sono i maggiori
interpreti e compositori del blues d'inizio XX secolo.
Definire con accuratezza il blues è impresa ardua, sotto questa dicitura, infatti, si alternano serie armonico-
melodiche semplici a cambi d'accordo e soluzioni tematiche articolati/e. I tratti comuni che certificano il
tradizionale blues "jazzistico" sono: le 12 battute della struttura (non è un dogma) in forma ciclica (il blues si
legge dall'inizio alla fine senza sezioni ripetute) ripartite in tre gruppi da quattro battute ciascuno, l'accordo
più ricorrente è il V7. Adesso indirizza la tua attenzione sulle battute 1, 5 e 9 (Fig.11-3/4/5); nella 1 c'è un
accordo di dominante, nella 5 un altro di 7a costruito una quarta giusta sopra al precedente, nella 9 un m7 in
stato di nona maggiore rispetto all'accordo della prima misura.
Da oggi in poi definirai queste voci suonate contemporaneamente "cardini" del blues, poiché le evoluzioni
armoniche delle battute 2-3-4 sono organizzate alla risoluzione sull'accordo della 5, i cambi delle battute 6-7-
8 sull'accordo della 9, quelli delle 10-11-12 sul dominante della 1.
Imparare a riconoscere il suono dei "cardini" ti ancora alla struttura del brano, offrendoti una via di fuga
quando gli sviluppi armonici sono complessi o "out". Il primo accordo del blues determina la tonalità dello
stesso (F7=blues in F; Bb7=blues in Bb); quest'attestazione non è affatto corretta dal punto di vista armonico
"classico' (F7 dovrebbe essere accomunato alla tonalità di Bb maggiore o minore V-I). Nel blues
l'avvicendamento d'accordi di dominante che si dirigono su altri di 7a, determina un'ininterrotta sensazione di
moto e di tensione, priva di una cadenza perfetta chiarificatrice della tonalità. Ti consiglio d'assimilare a
memoria quanti più blues possibili in tutte le "tonalità", concentrandoti particolarmente su quelli in F e in Bb
(nelle jam session non li puoi evitare). Ti rammento che molte strutture da 12, in epoca bop, sono state
scritte dai sassofonisti e loro prediligevano queste tonalità.
Esaminiamo ora un blues di tipo "arcaico" la cui consecuzione armonica è ancora oggi utilizzata dai musicisti
di rhythm and blues (Chuck Barry- T-Bone Walker, B.B. King).
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Figura 11-1
Vediamone adesso una più jazzistica, comunque sempre obsoleta:
Figura 11-2
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Adesso una decisamente più interessante con i tre cardini (battute 1-5-9) bene in vista:
Figura 11-3
Un altro esempio jazzistico con di nuovo i tre cardini ben identificati:
Figura 11-4
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Sempre i tre cardini:
Figura 11-5
Studia questi blues in tutte le tonalità, privilegia quelle di F e di Bb utilizzando i voicings che conosci. Per
improvvisare l'ovvio ti propone di utilizzare la scala blues, al momento è un'ottima soluzione foriera di future
linee melodiche complesse, sul blues ti si presenterà l'opportunità di applicare un'infinità di soluzioni, ma
andiamo per ordine:
La scala blues oltre a regnare nel blues, è smodatamente impiegata in altri contesti armonici soprattutto se
ricchi d'accordi di dominante (ma non è, come al solito, sempre così). La scala blues nasce dall'incontro dei
canti africani con quelli ecclesiastici di fine XIX inizio XX secolo. La popolazione afro-americana quando
cantava tendeva, per tradizione ancestrale, a bemollizzare i gradi III, VI e VII, lo faceva anche sulle tonalità
maggiori, spesso abbassava anche il V grado che propendeva a risolvere sul quarto. Queste note "regredite"
sono identificate con l'appellativo di blue note. La scala blues contemporanea elimina la bVI e si dipana
come mostrato dalla figura 11-6 (3m+T+sT+sT+3m+T, scala blues di F). :
Figura 11-6
Io la definisco una scala variabile (questo nome non esiste) poiché aggiungendo il III grado maggiore e il VII
maggiore, converte la sua natura da 6 ad otto note (in un impeto di nostalgia, si ripristinano i gradi della
tonalità maggiore ignorati dal popolo africano quando lodava il signore). Puoi optare, dunque, per quella a 6
suoni oppure a 8, a te la scelta.
Può esserti utile pensarla come una scala minore naturale priva del II e VI grado con il #IV. La scala blues
ho scritto che funziona mirabilmente (BOOM!!!) sugli accordi di dominante, a questo punto saresti abilitato a
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mandarmi al diavolo e adduco le motivazioni: scelgo un accordo di F7 e suono la relativa scala blues (figura
11-6); quest'ultima aggiunge all'accordo la #9a, la 11a giusta (Bb), la 11a aumentata… ORRORE! Secondo
quanto da me sostenuto fino ad oggi, la 11a giusta rappresenta la nota da evitare in concomitanza con
l'accordo di dominante e allora? Incomincia ad abituare l'orecchio alle dissonanze, nel jazz non esistono le
domande: "Va bene?" "Lo posso fare?" "E' sbagliato?"
Il primo accordo del blues segnala la scala blues da usare su tutte le 12 battute della struttura in presenza di
qualsiasi progressione armonica, con le dovute eccezioni (F7-scala blues di F; Bb7-> scala blues di Bb).
L'esperienza, il talento ti indicheranno la strada migliore per inserire con efficacia le dissonanze (bluesy).
Naturalmente sei solo all'inizio vedrai come sul blues ne succederanno di cotte e di crude! Per il momento
accontentati di quest'occhiello introduttivo.
PARTITURE
Il primo blues da studiare è "Straight no chaser" di Theolonious Monk (pag. 412 Real Book). È' un brano
tipicamente Monkiano. Il tema nelle prime otto battute si sviluppa sulla scala blues di F con l'aggiunta della
9a maggiore e della 3a maggiore, prosegue, poi, dal secondo battito in levare della nona battuta fino alla
decima cromaticamente, conclude con la cellula melodica iniziale.
Interpreta il tema prima con gli accordi apposti nella partitura originale, poi esponilo utilizzando i "cambi"
delle forme blues evidenziati nelle Fig.11-3/4/5. Un tema blues, generalmente, sia all'inizio sia alla fine
dell'esecuzione è riprodotto per due volte, molti lo suonano all'unisono a due voci con le due mani, provaci
anche tu.
La velocità metronomica, in fase di cimento, mi raccomando che sia bassa, con quest'azione sei costretto a
suonare indietro sul tempo sia nell'esposizione del tema sia nell'improvvisazione (il metronomo al minimo
inibisce perché crea la sensazione di vuoto armonico e melodico).
Seleziona due note dalla scala blues di F e con esse cerca di realizzare una melodia per almeno due chorus
(impresa ardua?); essere eccellenti costruttori di linee significa sapere riconoscere quando la frase è
conclusa e fermarsi in quell'istante per darle respiro.
Utilizza per l'improvvisazione nei cinque esempi la scala blues ad essi associata (F blues). I voicings
dell'argomento precedente trovano terreno fertile per essere "assaggiati" in queste strutture. Non trascurare,
non mi stancherò mai di ribadirlo, la pronuncia, i modi (li puoi inserire da qualche parte nel blues?), insomma
tutto quello che sai ricorda: " Ogni nuovo capitolo si addiziona al precedente e non lo esclude"... Sei rovinato!
Nella sezione ascolto "Straight no chaser". A sinistra suonato da Miles Davis nel 1958 (Milestone) con :
Cannonball Adderley (sax contralto), John Coltrane (sax tenore), Red Garland (piano), Paul Chambers
(contrabbasso), Joe Jones (batteria).
A destra interpretato, nel '61 , da Thelonious Monk.
LA SCALA PENTATONICA (CENNI)
La scala pentatonica è senz'altro una tra le chiavi più immediate per affrontare l'improvvisazione in
vari generi musicali dal rock al jazz passando attraverso il blues ma anche attraverso a molta musica
popolare europea ed etnica da cui fondamentalmente ha preso origine ad ogni latitudine geografica
(Europa, Africa, Palestina, Giappone, Java...)
Ecco qualche esempio di scala pentatonica "etnica".
Naturalmente ne esistono di innumerevoli tipi e, anche per la limitatezza del sistema emperato, è
difficile rapportarle al nostro pentagramma. In ogni caso Nicolas Slonimsky nel suo Thesaurus of
Scales and Melodic Patterns giunge a definirne ben 49.
Ma veniamo alle scale pentatoniche più note. L'esempio è tratto da una notissima composizione di
Ellington, che, proprio nelle primissime battute, enuncia una scala pentatonica maggiore in tonalità
di F.
La pentatonica maggiore si ottiene sovrapponendo degli intervalli di quinta giusta.
Anche per la scala pentatonica maggiore esistono 5 modi, da cui si ottiene la pentatonica minore
(costruita quindi sul relativo minore, in questo caso A).
Sebbene la gestazione del blues e delle sue scale sia molto più complessa ed articolata si può dire,
per comodità didattica, che la scala blues classica deriva dalla pentatonica minore con l'aggiunta
della quinta diminuita (blue note). La scala blues si può in tal senso considerare una pentatonica
"allungata".
Rapportiamo quindi la scala blues ai tre accordi I, IV, V individuando così i tipi di intervallo che
dovranno essere tenuti in considerazione durante l'improvvisazione.
Ad esempio la nota F è una quarta rispetto a C, mentre è la tonica di F7 ed ancora la settima minore
di G7. Il risultato melodico è quindi molto diverso a seconda dell'accordo di riferimento.
E' un errore abbastanza frequente suonare la scala blues indipendentemente dall'accordo e dalla sua
funzione armonica.
E' interessante inoltre utilizzare sull'accordo di tonica la scala blues del relativo minore (la scala
blues di A sull'accordo di C7, che non è altro che la pentatonica maggiore di C con l'aggiunta della
terza minore). Questa scala ha due pregi fondamentali: il primo è quello di fare sentire distintamente
l'ambiguità armonica maggiore/minore tipica del blues (sono presenti infatti sia la terza minore di C
sia la terza maggiore), il secondo è il riferimento all'accordo di C6 molto usato nel blues, soprattutto
nei primi periodi del jazz, dixieland e swing.
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ARMONIZZAZIONE A 4 SUONI SCALE MAGGIORE E MINORE NATURALE
ARGOMENTO
E' incredibile come certi argomenti, meno fondamentali d'altri, assurgano a ruolo preminente senza che ne
custodiscano le necessarie peculiarità. Perché scrivo questo? Dalle statistiche d'accesso di voi lettori alle
pagine dedicate al piano jazz, ho riscontrato che gli argomenti "più fumosi" (non per questo meno
importanti), hanno prodotto un "audience" superiore alla loro pregnanza, mentre altri, sicuramente più di
valore, sono caduti in second'ordine.
Il prologo intende divulgare che la lezione di questa settimana, pur non denotando un aspetto estetico da
"canto di sirena", rappresenta un rudimento tecnico assolutamente da non sorvolare. Ti ricordo che i capitoli
sono concatenati, ognuno di essi fa' riferimento ad uno precedente, "zomparne" a piè pari qualcuno può farti
perdere il filo del discorso... mi raccomando!
Nell'incontro ormai "paleozoico" delle differenze tra tonale e modale, segnalai alcune "cosettine" che oggi
riprenderò approfondendole, è giunto il momento.
In molti casi ti è stato chiesto di improvvisare a prima vista, su delle successioni armoniche apparentemente
difficili; i metodi per uscirne indenni al momento sono due: il primo, analizzato nei consessi precedenti, è
quello della parafrasi del tema o degli accordi attraverso l'uso degli approcci diatonici e cromatici; il secondo
è quello che mi accingo ad illustrarti. Sperimenterai una nuova prassi che, attraverso la "funzionalizzazione",
ti permette di non perdere la bussola attraversando le giungle armoniche che si parano intricate al tuo
cospetto.
Nel sistema modale c'è una stretta relazione tra un accordo e una scala, nel tonale questo rapporto
s'instaura tra una serie d'accordi e una scala. Considera la maggiore di C, armonizzala a 4 suoni;
armonizzare significa accatastare, ad intervalli di terza, le tre note successive ad ogni grado della medesima
(fig. 18-1).
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Figura 18-1
Attraverso questa "verticalizzazione" delle voci si creano sette accordi (ecco la relazione accordi scala), uno
per ogni grado. Sulla tonica un Cmaj7, sulla soprattonica il Dm7, sulla caratteristica un Em7, sulla
sottodominante un Fmaj7, sulla dominante un G7, sulla sopraddominante un Am7, sulla sensibile un B-b5/7.
Ho preso a modello la scala di C perché priva d'alterazioni, questa preferenza rende semplice
l'individuazione degli intervalli membri d'ogni singolo accordo.
Ricapitolando, una scala maggiore armonizzata a 4 suoni determina sul I e IV grado un maj7, sul II-III-VI un
-7, sul V un 7, sul VII un -b5/7 (fig. 18-2), impara a memoria questa formula, ti servirà per le sostituzioni
parallele e primarie (a breve).
Figura 18-2
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Dalla lettura di quanto scritto, osservi che gli unici due accordi che non si ripropongono sono posti sui gradi
V (accordo di 7) e VII (accordo semidiminuito). Lo so stai per chiedermi: "Riconoscendoli in una
progressione armonica indicano con sicurezza il centro tonale? Se si, ottengo le note sulle quali si basa la
melodia di un tema?"
Si e no, quello sul settimo grado è sicuramente da escludere (fidati sulla parola), lo scorgerai, infatti, in altre
armonizzazioni l'unico referente affidabile per l'individuazione della scala è il V7. Mi spiego, se in una
successione armonica incontri, che so, un Gm7 esso non può segnalarti con sicurezza la tonalità poiché,
generandosi su II, III, VI grado, fa' parte di tre regioni tonali diverse: quella di F maggiore (come II grado), di
Eb maggiore (come III grado), di Bb maggiore (come VI grado), dunque non svela con rigore attendibile la
diatonica da impiegare per l'improvvisazione. Il V7, essendo unico, t'indica con precisione (non è sempre
così) la tonalità; da un C7 scendendo di quinta giusta apprendo immediatamente in che ambito armonico mi
trovo (C7=tonalità di F maggiore). La consapevolezza funzionale, quindi, tende a trarti d'impaccio quando
t'imbatti in consecuzioni armoniche in apparenza complesse, sulle quali sei costretto per necessità a
realizzare linee melodiche immediate e artisticamente consistenti (mettiamola così ! Ce né passa …).
Mettiamo che nelle prime quattro battute di un brano incappo in quest'insieme:
| Cm7 F7 | Bbmaj7 Bbm7 | Eb7 Abmaj7 | Fm7 Bb7 | Ebmaj7 |.
L'armatura di chiave include il Bb e Eb; mi sento in una "botte de fero" e da buon "malnato" inizio a
"smanettare" con la scala di Bb maggiore, nella prima misura e nei primi due battiti della seconda va' tutto
liscio proseguendo, però, le cose si complicano maledettamente. Benché le alterazioni in chiave mi
propongano la tonalità di Bb, già la seconda battuta deraglia, modulando, da questa chiave. Il primo
intervento da effettuare prevede il rilievo dei V7: F7, Eb7, Bb7. F7 è V di Bb, Eb7 è V di Ab, Bb7 è V di Eb, le
tonalità sono tre... pensa te ! (fg. 18-3)
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Figura 18-3
E' facile a questo punto funzionalizzare gli accordi che precedono o seguono i V7 (fig. 18-4).
Figura 18-4
Presta attenzione una volta assegnati i gradi, non tornare indietro nella disamina della partitura; intendo
assicurare che se nella prima battuta hai evidenziato un II-V in Bb maggiore, quando approdi a Bbm7 non
cercare di relazionarlo a tutti i costi alla tonalità che lo precede, continua ad andare avanti, soprattutto se
nelle vicinanze c'è un altro V7. E' importante sottolineare quest'aspetto perché nella didattica reale molti miei
"discenti", nelle prime analisi incorrono nel madornale errore… erranti, raminghi in una tenebrosa spelonca…
Prova ad improvvisare su questa sequenza con le scale maggiori che hai ravvisato. Con questi passi hai
intentato, semplicemente, un timido approccio all'analisi armonica, hai appurato che nel jazz l'armatura di
chiave non è esaustiva e che le modulazioni possono sopraggiungere sin dalle primissime battute, ti sei reso
conto che una serie accordale se ben fronteggiata non comporta particolari rischi "fraseologici".
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Un'altra formula di cadenza perfetta (non è giusto definirla così, ma per praticità...) che potrebbe interessarti
è la seguente: II-b5/7-Vm7-Im7, niente allarmismi ho solo enunciato il II-V-I della scala minore naturale.
Giunti a "virtute" e conoscenza dell'armonizzazione a 4 suoni della maggiore, la naturale, essendo la sua
relativa minore, è composta da identiche note (inizia a distanza di 6a maggiore ascendente dalla maggiore),
pertanto l'armonizzazione è analoga, l'unica differenza è nella partenza, dal sesto grado si espande nel
seguente modo Im7, II-b5/7, IIImaj7, IVm7, Vm7, VImaj7, VII7. Un fattore sul quale, a torto, molti non si
soffermano è quello di ricordare a memoria e con compitezza gli accordi prodotti sui gradi II-V-I di tutte le
scale tonali; cerca di non incorrere in quest'errore è un fondamento che ti tornerà molto ma molto utile per il
futuro, questa è una promessa !
PARTITURE
Il brano adatto per lo studio di queste nuove nozioni è: "Bluesette" di Toots Thielemans (Pag.56 - Real
Book). Si tratta di una composizione in ¾ dalla struttura di 24 battute.
Un chorus da 24 ti suggerisce qualcosa ? Oppure ti è completamente indifferente ? Se hai avuto la costanza
o l'opportunità di seguire i 17 capitoli precedenti, qualche campanellino d'allarme dovrebbe quantomeno
sollazzarti la capa. Un blues particolare ? Chissà avrei potuto sparare una immane corbelleria... Chissà ! Il
cambio degli accordi, tranne che nelle battute n°3-4 e 19-20 alle quali non sai ancora attribuire un significato,
è perfetto per incominciare l'avventura "analisi armonica".
Cerca gli accordi di dominante ed associa ad essi quelli vicini se della stessa tonalità, riferendoti all'esempio
della figura 18-4.
Io consiglio sempre, almeno nelle fasi iniziali, di copiare la successione armonica del pezzo su un quaderno
pentagrammato e su quello realizzare "l'indagine", è un modo di agire "pulito", scrivere le tue riflessioni
direttamente sulla fotocopia dello spartito originale, in mezzo agli accordi e alla melodia, diventa visivamente
caotico. Una volta conclusa l'operazione prova a "fraseggiare" utilizzando le scale che hai determinato,
accompagna con i Bud Powell e Kelly-Evans voicings, impara a memoria il tema sostenendoti con i Kelly-
Evans per la mano sx, ricerca lo stile con cui è stata scritta Bluesette, quando incontri gli accordi m7 e maj7
rivanga che il tonale puoi infettarlo con il modale, poni attenzione alla pronuncia. Pensi che qualche scala
blues possa fare al caso tuo ? ... L'ho buttata la !
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Nella sezione ascolto una versione in 4/4 di Toots, tratta dall'album: "The Brasil project"
ASCOLTO
BLUESETTE
1. EARL HINES - Blues so low (for Fats) (stash) 1966
2. EARL HINES - A night at Johnnie's (Black & Blue) 1968
3. STEPHANE GRAPPELLI - Together at last (Flying fish) 1985
4. LEE KONITZ - Round and Round (Music Masters) 1988
5. ANTHONY BRAXTON - Standard jazz classic (Music and arts) 1994
6. ANTHONY BRAXTON - Piano quartet Yoshi's 1994 (Music and arts) 1994
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ARMONIZZAZIONE A 4 SUONI SCALE MINORE MELODICA E ARMONICA
ARGOMENTO
Nel precedente capitolo ho attribuito agli accordi costituenti una progressione tonale, una funzione armonica.
Attraverso la localizzazione del V7 (V7=accordo di dominante) sono riuscito a determinare con esattezza, il
"centro tonale" sul quale poggia le basi una serie accordale. Ho preso visione che se nella tonalità maggiore
il rilievo del V7 è importantissimo per ravvisare la scala maggiore che lo causa, per la minore naturale lo
stesso meccanismo d'indagine è invalidato dall'accordo m7 (vedi argomento 18).
In molti dei brani che hai setacciato, hai sicuramente osservato che, di tanto in tanto, accanto ai IIm7-V7-
Imaj7 delle tonalità maggiori, spiccano sequenze IIm7-V7 che, invece di risolvere su un Imaj7, si tuffano a
capofitto verso un m7, più di rado raggiungono un -maj7, hai notato inoltre, un II-b5/7 - V7b9 che precede un
maj7, un m7 o più raramente un -maj7.
La musica jazz fonda il suo spirito innovativo sul "paradosso", se ne infischia del "prussiano" accademismo e
sono in procinto di dimostrartelo:
"Che fa' questo salta di palo in frasca!" ... un po' di calma please !
Oggi armonizzerò, sempre a quattro suoni, le due scale tonali ignorate nella scorsa lezione: la minore
melodica e la minore armonica. Inizio con la prima, senza stare a ribadire tutti i corollari "fronzolosi" che la
stabiliscono come scala ambivalente (quando si suona in senso ascendente ha una certa costruzione
quando discendente un'altra), tralascio quest'aspetto ed io jazzista (o pseudo tale), la penso come mostra la
figura 19-1: su e giù sempre allo stesso modo (mi dici se non fosse così come faresti a macinare le scale
lidie b7, le doriche b2, le superlocrie... le superchè ? Hai ragione ma che vuoi fare mi lascio trasportare).
Torniamo a bomba, armonizziamo questa sequenza diatonica (fig. 19-1).
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Figura 19-1
Questa scala partorisce, come la maggiore, più accordi della stessa specie su più gradi. Sul I una tetrade
costituita da una triade minore alla quale è aggiunta una settima maggiore, ho sentito chiamarla minore
larga, per te da oggi in poi sarà minore-maggiore (minor-major chord). Sulla terza voce una nuova
quadriade prodotta dalla somma di una triade aumentata più una settima maggiore. Sul IV e V grado due
accordi di 7, sul VI-VII due accordi semidiminuiti.
Presta zelante attenzione a queste ultime quattro sistemazioni, già dal capitolo 1 caldeggiai future
supposizioni in merito; la minore melodica oltre ad essere particolarmente "percorsa" nell'improvvisazione,
attraverso l'impiego dei modi che origina, sarà utilizzata (questa al momento può sembrarti un'affermazione
azzardata) per ottenere linee melodiche su un II-V-I minore armonico:
"Possibile?"
Un solo voicing armonizzerà tutta la scala consentendoti quello che ad oggi ti pare improponibile. Negli
scambi paralleli il IV7 ci tornerà molto utile.
Il IIm7-V7 della minore melodica è identico al II-V della maggiore; se da un lato confonde un po' le idee, in
quanto solo l'accordo di primo grado cui tende può indicarti se sei in maggiore (maj7) o in minore (-maj7),
dall'altro quest'ambiguità ti concede, in un IIm7-V7, di utilizzarle entrambe; dunque maggiori evenienze
lessicali. Molte volte, come ho fatto intendere nel prologo, i compositori hanno preferito far risolvere un II-V
minore melodico su un semplice m7 e non su un -maj7 come la regola detta, questo "escamotage"
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sottintende qualcosa di più "semplicemente" complesso, ne parlerò epidermicamente fra poco nelle
"PARTITURE". Adesso scruta la figura 19-2,
Figura 19-2
in essa è raffigurata la scala minore armonica, "verticalizzo" le voci a distanza di terza, gli accordi che
scaturiscono sono disomogenei.
sul I grado un -maj7, sul II un -b5/7, sul III un #5/maj7, sul IV un m7, sul V un 7, sul VI un maj7, sul VII un
°7.
Presta attenzione la 6a voce in questa diatonica è minore, come la minore naturale; nei "turnaround"
configureranno pretesti attuativi per nuovi accadimenti.
Se un II-V minore melodico è difficilmente riconoscibile, quello minore armonico è semplicissimo da scovare;
"nidifica" in molti standards, se incontri un V7 preceduto da un -b5/7 (es: | D-b5/7 | G7 |), puoi ritenerlo II-V
minore armonico; se il compositore indica nella sigla del V7 anche il grado b9, non ci sono incertezze di
sorta ci sei dentro al 100%:
"Perché ?"
Il sesto grado nella minore melodica è bemolle (sesta minore).
Osserva G7 sul V grado nella fig.19-2, prova ad aggiungere a questa tetrade la 9, la nota successiva a Fa
(7a minore di G), lungo la scala a distanza di terza minore, è Ab. Se quest'ultima la rapporti a G7
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rappresenta la b9 dello stesso. Nella maggiore e nella melodica, se estendi alla quintiade gli accordi di V
grado, le none sono maggiori; la minore naturale la possiede bemolle, ma su un accordo Vm7 e non V7,
pertanto se trovi un II-V scritto così:
II-b5/7 - V7b9
beh allora mettiti l'anima in pace e abbandonati al moresco fato minore armonico. Per il futuro, se lo vuoi
fulgido, memorizza gli accordi sui gradi II-V-I e I-VI-II-V originati dalle quattro scale esaminate, riferendoti allo
specchietto della figura 19-3.
Figura 19-3
PARTITURE
Per il momento non studierai voicings specifici per i II-V-I minori armonici, poiché non sei ancora a
conoscenza dei Kelly-Evans per gli accordi semidiminuiti (sono ben 5).
Più volte ho ribadito in queste trattazioni che in uno standard in "forma canzone", quindi, composto da una
progressione armonica tonale, ricercare i II-V-I facilita i compiti improvvisativi e della formazione dei voicings.
Il tuo attuale sapere restringe il campo soltanto a queste due ultime variabili, dalle quali non si può
prescindere per impostare un corretto percorso di studio. Se il II-V-I maggiore è reperibile a "iosa" nei vari
"Evergreen" ed è facilmente identificabile, quello minore, quasi abitualmente, non sottostà alle regole che
ambiscono a farlo risolvere su un -maj7; di frequente, infatti, si ricorre ad uno scambio parallelo che predilige
un semplice -7, accordo meno spigoloso alla percezione acustica e foriero di successive soluzioni
armoniche.
I brani che accolgono nella propria struttura II-V-I minori armonici puri (II-b5/7 | V7b9 | I-maj7) possono
contarsi sulla punta delle dita; comunemente, molti compositori, si sono serviti dell'accordo minore-maggiore
(-maj7) come forma di congiunzione armonica. In "My funny Valentine" (battute 2-10-26) Il C-maj7 lega
l'iniziale Cm al Cm7, in "In a sentimental mood" (battute 1-3-25-27), Duke Ellington adopera la stessa idea.
In altre circostanze il I-maj7 è pensato dalla prospettiva modale, è il caso di "Blue'n green" di Miles Davis
(battuta 9); "Two not one" di Lennie Tristano, un Db-maj7 si trova nelle misure 2-10 e 26 all'interno di una
struttura da 32; "Love for sale" di Cole Porter, un Bb-maj7 è situato nelle 3-4-7-8-51-52-55-56 (struttura da
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64); "Mystic touch" di Joanne Brackeen prima misura B-maj7 (struttura da 17); "Speak Like a Child" di Herbie
Hancock (qualcuno la ha attribuita a Wayne Shorter) un Gb-maj7 fra le "stanghette" 15 e 16 (struttura 54+4);
"The summer Knows" di Le Grand ne contiene molti e in più battute... insomma hai voglia ad elencare!
Riconducendomi a quanto asserito in precedenza, poche sono le composizioni dove li stani nella loro
interezza, tra quelli che suono e che ricordo: "Off mirror" di Monk, | A-b5/7 D7b9 | G-maj7 | nelle posizioni 4-
5-28-29, | D7b9 | G-maj7 | é racchiuso nelle misure 24-25; "What's new" di Bob Haggart dove questa
sequenza :| G-b5/7 Gb7 | F-maj7 Fm/Eb | si colloca nelle battute 22-23 (Gb7 sostituisce di tritono il naturale
accordo di dominante C7).
Il brano che consiglio di studiare in questa settimana è "Solar" di Miles Davis (pag.386 Real-Book, fig. 19-4).
Evidenzierai una diescenza tra la versione della 19-4 e quella del Real Book quest'ultima, errata nella
trascrizione, appone subito, all'inizio un Cm7 e non il corretto C-maj7 (quando esponi il tema nella prima
battuta c'è la nota B, settima maggiore di Cm). Studia a memoria il cambio degli accordi e il tema; intercetta i
centri tonali; presta riguardo alla struttura è ingegnosamente espansa su un periodo da 12, distingui in che
stile è stata concepita, utilizza tutti i voicings che conosci sia per accompagnarti, sia per sostenere un
solista, nella connessione di linee melodiche applica i modi che conosci, adopera le scale messe in luce
dall'analisi armonica, prova a parafrasare il tema e ad approcciare verticalmente gli accordi come sai;
qualche scala blues di tanto in tanto ... che ne pensi !
Sei ormai giunto al diciannovesimo argomento, spero che ti sia accorto che il lavoro che stai svolgendo si
basa sulla consapevolezza, i voicings non li ho spiattellati belli pronti in una partitura con tutte le "notine" al
posto giusto, hai dovuto ragionare sugli intervalli; non ho scritto dei patterns, ti ho spiegato come crearne dei
tuoi. Spero tu abbia compreso che la teoria è pura pratica, tutto quanto esaminato, concettualmente, è
stato tradotto in realtà, per questo ti prego di seguire la filologia di questo corso senza ignorare nessun
passaggio anche se , magari, sei già un musicista semi navigato. Ogni argomento si somma al precedente e
non lo esclude ...
Nella sezione ascolto un versione di "Solar", interpretata da Chet Baker (settembre 1958).
Figura 19-4
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