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LINEE GUIDA PER UNA IMPRONTA ECOLOGICA CONSAPEVOLE 2 PREMESSA Ci accingiamo a pubblicare questo modello con la consapevolezza di chi sa che si lavora spesso al buio e che per comprendere i risultati del proprio lavoro occorrerà attendere anni; tutti gli anni necessari per effettuare non solo le verifiche dei risultati, ma anche delle metodologie usate per l'applicazione del modello che proponiamo. A nulla servono le raccomandazioni metodologiche agli operatori che divulgherà il modello: avere a cuore la sorte dell'Umanità non è cosa spiegabile con un opuscolo. Occorre educare, far si che alcuni dei temi trattati in questa pubblicazione diventino comportamenti quotidiani, abitudini consolidate. Formare una classe dirigente a tutti i livelli che abbia nel proprio DNA il concetto di ordinaria tutela dell'Umanità. Stiamo ragionando, al nostro interno, su alcuni nuovi scenari che si potrebbero aprire qualora il rapporto “ fabbisogno di buone condotte ambientali” e “buone condotte ambientali” si risolvesse dell’uno a sfavore dell’altro. Per far questo occorre però in via preliminare fare raggiungere il pareggio Aalborghiano alle piccole comunità che, a causa di uno sviluppo contorto e fortemente disarmonico, rischiano il totale spopolamento. Questo fatto non è solo drammatico urbanisticamente, in quanto non mette in discussione solo l'assetto urbano di aree o di centri, ma per la loro dislocazione geografica, l'abbandono umano di queste aree (vedi dati Regione Sicilia) danneggia l'intero territorio antropizzato dall'uomo che nei secoli ha trovato il suo equilibrio ambientale proprio con la presenza umana e dalla presenza umana ha ricavato identità e caratteristiche. Non si tratta quindi di una fase di cambiamento, si tratta di una delle tante fasi presenti in un processo di desertificazione. A determinare questa situazione è senz'altro il sovrapporsi di un modello metropolitano dello sviluppo; questo usa risorse impalpabili, quasi eteree, impercettibili alle normali attività umane, creando l'illusione che l'uomo possa liberarsi dalla necessità di rapportarsi con la natura del pianeta e con la propria natura. Il sistema di distribuzione dell'energia elettrica deresponsabilizza l'uomo dall’uso che ne fa, anche se oggi, a causa di una forte crisi del settore petrolifero ed a causa di una maggiore consapevolezza della limitatezza delle risorse, si sta assistendo positivamente alla crescita di un loro uso razionale ed alla creazione di nuove centrali meno inquinanti basate su tecnologie non dipendenti dal petrolio: Fotovoltaico, Eolico, ecc.; purtroppo non cresce ancora la consapevolezza del conto ambientale a pareggio. L'azione che abbiamo intrapreso mira a migliorare questa consapevolezza. Creare dove serve, Impegnare dove si crea, Distribuire in reti solidali: strumenti indispensabili che potrebbero condurre ad una più definita e più responsabile attività di programmazione dello sviluppo territoriale. Tutto questo va approfondito in ogni suo aspetto, al momento non posso che essere soddisfatto dei primi risultati che qui pubblichiamo. Giuseppe Lo Bianco

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LINEE GUIDA PER UNA IMPRONTA ECOLOGICA CONSAPEVOLE

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PREMESSA Ci accingiamo a pubblicare questo modello con la consapevolezza di chi sa che si lavora spesso al buio e che per comprendere i risultati del proprio lavoro occorrerà attendere anni; tutti gli anni necessari per effettuare non solo le verifiche dei risultati, ma anche delle metodologie usate per l'applicazione del modello che proponiamo. A nulla servono le raccomandazioni metodologiche agli operatori che divulgherà il modello: avere a cuore la sorte dell'Umanità non è cosa spiegabile con un opuscolo. Occorre educare, far si che alcuni dei temi trattati in questa pubblicazione diventino comportamenti quotidiani, abitudini consolidate. Formare una classe dirigente a tutti i livelli che abbia nel proprio DNA il concetto di

ordinaria tutela dell'Umanità. Stiamo ragionando, al nostro interno, su

alcuni nuovi scenari che si potrebbero aprire qualora il rapporto “ fabbisogno di

buone condotte ambientali” e “buone condotte ambientali” si risolvesse dell’uno

a sfavore dell’altro. Per far questo occorre però in via preliminare fare

raggiungere il pareggio Aalborghiano alle piccole comunità che, a causa di uno

sviluppo contorto e fortemente disarmonico, rischiano il totale spopolamento.

Questo fatto non è solo drammatico urbanisticamente, in quanto non mette in

discussione solo l'assetto urbano di aree o di centri, ma per la loro dislocazione

geografica, l'abbandono umano di queste aree (vedi dati Regione Sicilia)

danneggia l'intero territorio antropizzato dall'uomo che nei secoli ha trovato il

suo equilibrio ambientale proprio con la presenza umana e dalla presenza

umana ha ricavato identità e caratteristiche. Non si tratta quindi di una fase di

cambiamento, si tratta di una delle tante fasi presenti in un processo di

desertificazione.

A determinare questa situazione è senz'altro il sovrapporsi di un modello

metropolitano dello sviluppo; questo usa risorse impalpabili, quasi eteree,

impercettibili alle normali attività umane, creando l'illusione che l'uomo possa

liberarsi dalla necessità di rapportarsi con la natura del pianeta e con la

propria natura.

Il sistema di distribuzione dell'energia elettrica deresponsabilizza l'uomo

dall’uso che ne fa, anche se oggi, a causa di una forte crisi del settore petrolifero

ed a causa di una maggiore consapevolezza della limitatezza delle risorse, si sta

assistendo positivamente alla crescita di un loro uso razionale ed alla creazione

di nuove centrali meno inquinanti basate su tecnologie non dipendenti dal

petrolio: Fotovoltaico, Eolico, ecc.; purtroppo non cresce ancora la

consapevolezza del conto ambientale a pareggio.

L'azione che abbiamo intrapreso mira a migliorare questa consapevolezza.

Creare dove serve, Impegnare dove si crea, Distribuire in reti solidali:

strumenti indispensabili che potrebbero condurre ad una più definita e più

responsabile attività di programmazione dello sviluppo territoriale.

Tutto questo va approfondito in ogni suo aspetto, al momento non posso che

essere soddisfatto dei primi risultati che qui pubblichiamo. Giuseppe Lo Bianco

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1. Obbiettivi dello studio

Lo studio si propone l’ideazione di un modello di analisi che attraverso la

somministrazione di indicatori di contesto e di controllo da parte della governance

locale, sia in grado, analizzando i risultati, di redigere un piano di intervento strategico

locale che, attraverso l’uso del territorio e delle sue peculiarità, sia in grado di generare

energia e sviluppo: Energia come motore per il rilancio dell’identità locale ed Energia

come traino dell’economia.

Il modello si propone di dare uno strumento in mano alle amministrazioni locali,

attraverso il quale si è in grado in maniera metodica di avere un quadro completo del

proprio territorio, ricavando da esso i dati “utili” allo sviluppo.

L’applicazione su vasta scala di questo modello comporta la costruzione di un grande

database in grado di fornire un’istantanea della situazione generale e della sua

evoluzione. Lo sviluppo locale di un’unica entità implica lo sviluppo dei territori

limitrofi, grazie al rilancio di molte attività tradizionali ormai quasi perse.

Il modello “dell’abitare” della città metropolitana comincia a perdere punti importanti

nel contesto odierno, accrescendo la voglia di ritornare nei piccoli centri di

appartenenza, grazie anche allo sviluppo di tecnologia comunicative un tempo non

presenti (internet, cellulari, satellitari, ecc, ecc.). Il mondo cambia e la voglia di

“tradizione” cresce, il caos della città metropolitana e la ricerca dell’isola tranquilla

dove trascorrere momenti di relax, isola che se ben coltivata può diventare luogo

abitativo perenne strappando alla città stracolma abitanti che per i piccoli centri

diventano ossigeno economico.

L’obbiettivo finale è proprio questo: il rafforzamento delle proprie radici senza perdere

di vista l’evoluzione tecnologica in grado di far invertire quella tendenza ottocentesca

oggi in corso nei piccoli centri rurali, che porta a spopolare le campagne aumentando il

numero di abitanti nelle città.

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1.1. Approccio proposto

Il metodo consiste nell’analizzare diversi parametri del territorio, ricavare dati concreti e

somministrare indicatori in grado di indirizzare le scelte programmatiche del piano.

Compiti da sviluppare in preanalisi:

� Analisi socio-economica del territorio;

� Analisi SWOT;

� Piano di sviluppo territoriale;

� Pubblicità.

Il Piano di Sviluppo Territoriale rappresenta metodologicamente la sintesi dialettica

dell’analisi socio-economica e dell’analisi SWOT che si sostanzia con le azioni strategiche

di sviluppo socio-economico e con le azioni di promozione delle stesse verso i target della

comunicazione individuati. Si compone, quindi, dall’analisi socio-economico dell’analisi

SWOT, del piano di sviluppo socio-economico e del piano di comunicazione. Ha finalità

strategiche ed operativa di essere uno strumento elastico (facilmente migliorato ed adatto

nel tempo), largamente condiviso dai pubblici di riferimento, risponde alle necessità della

continuità delle politiche di sviluppo, dell’economicità della spesa, di tempestività nelle

azioni di sviluppo e comunicazione e, in ultimo, di massima efficacia comunicativa ai

pubblici interni ed esterni. Viene redatto da un gruppo di lavoro in cui sono responsabili i

professionisti che curano il progetto, attraverso la supervisione degli amministratori

dell’ente e di (eventualmente) rappresentanti del mondo economico e sociale. Viene redatto

in maniera articolata con l’obiettivo di rispondere ai seguenti requisiti:

a) Chiarezza metodologica;

b) Rispetto della visione politica;

c) Efficacia ed efficienza;

d) Condivisione con gli stakeholders (portatori d’interesse) del territorio;

e) Formazione “sul campo” dei giovani del territorio.

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1.2. Metodologia per la redazione del piano

Fase 1 [Analisi del Territorio]:

Necessità di definire le linee strategiche delle azioni e le finalità delle stesse,

mediante la dialettica con gli amministratori e membri della Burocrazia. I questa

fase si definisce, attraverso una prima analisi, la scelta degli Stakeholders.

Definizione e prima analisi degli influenzatori della domanda, che si possono

riscontrare in particolari interessi da parte di chi fruisce e lavora nel territorio in

esame.

Somministrazione di Indicatori di Contesto al fine di raccogliere una serie di dati

utili per la definizione del piano.

Stesura del Piano di Sviluppo Territoriale attraverso:

1. analisi socio-economica;

2. analisi SWOT;

3. analisi indicatori di contesto;

4. analisi territoriale.

Fase 2 [Verifica della “Visione politica/economica/sviluppo del piano]

Valutazione del piano attraverso Indicatori di Risultato a medio e breve periodo.

Valutazione e concertazione dei dati attraverso la concertazione pubblica e il

coinvolgimento degli attori locali quali: aziende, scuole, università, ecc.

Verifica del Piano di sviluppo Territoriale attraverso:

1. analisi indicatori di risultato;

2. analisi delle Tendenze e dei Benchmark

a. tendenze economia internazionale;

b. Benchmarking sulle politiche di sviluppo;

c. Politiche di sviluppo enti locali;

d. Economia del territorio;

e. Politiche di sviluppo UE e Italia.

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Fase 3 [Condivisione del Piano]

In questa fase il piano viene pubblicizzato e condiviso, oltre che con gli Stakeholders, con

tutti gli attori attivi e passivi del territorio.

Condivisione del Piano di Sviluppo Territoriale:

1. gruppi di studio;

2. sito internet;

3. Forum di discussione;

4. convegni pubblici.

Fase 4 [Attuazione del Piano]

Attuazione del piano prevede la verifica dei Risultati di breve periodo, con la realizzazione

di una RELAZIONE FINALE che riporta in sintesi:

A. Analisi Socio-economica Finale;

B. Analisi SWOT finale;

C. Linee guida .

L’approccio del piano, cosi come strutturato, ha la finalità di perseguire l’efficacia e

l’efficienza delle politiche di sviluppo, andando ad agire su variabili chiave: continuità e

tempestività che incidono sull’efficacia, ed economicità della spesa che qualifica

l’efficienza. In relazione all’efficacia un’analisi socio-economica realistica e veritiera è una

precondizione imprescindibile.

I vincoli da inserire all’interno di una corretta valutazione socio-economica sono:

1. Realismo: una realistica analisi del territorio è condizione necessaria per ogni

politica di sviluppo

a. Utilizzo di dati ISTAT

b. Questionari ad-hoc;

c. Interviste;

d. Forum;

e. Siti internet;

f. Giornali e opuscoli.

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2. Intelligibilità: il realismo deve essere conciliato con non complessità, e quindi si

deve per forza contenere il tutto in un “modello”.

3. Continuità: tutto lo studio e le analisi fatte devono essere facilmente utilizzati nel

lungo periodo.

4. Tempestività: deve essere agevolmente e velocemente aggiornabile.

5. Efficienza: il grado di efficienza deve rimanere sempre alto per far ciò si necessita

una visione anche a lungo periodo del piano, per valutarne costantemente e

adeguatamente il grado di funzionamento. Attraverso:

a. Forum;

b. Gruppi di controllo fatti dai giovani del luogo;

c. Eventi periodici (risultato degli interventi);

d. Concorsi.

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2. Le energie rinnovabili e il risparmio energetico, come migliorare una città.

Sono da considerarsi energie rinnovabili quelle forme di energia generate da fonti che per loro caratteristica intrinseca si rigenerano o non sono "esauribili" nella scala dei tempi "umani" e, per estensione, il cui utilizzo non pregiudica le risorse naturali per le generazioni future. Sono dunque generalmente considerate "fonti di energia rinnovabile" il sole, il vento, il mare, il calore della Terra, ovvero quelle fonti il cui utilizzo attuale non ne pregiudica la disponibilità nel futuro. Se la definizione in senso stretto di "energia rinnovabile" è quella sopra enunciata, spesso vengono usate come sinonimi anche le locuzioni "energia sostenibile" e "fonti alternative di energia". Esistono tuttavia delle sottili differenze:

• Energia sostenibile è una modalità di produzione ed uso dell'energia che permette uno sviluppo sostenibile: comprende dunque anche l'aspetto dell'efficienza degli usi energetici.

• Fonti alternative di energia sono invece tutte quelle diverse dagli idrocarburi cioè non fossili.

Alla luce di ciò, non esiste una definizione univoca dell'insieme delle fonti rinnovabili, esistendo in diversi ambiti diverse opinioni sull'inclusione o meno di una o più fonti nel gruppo delle "rinnovabili". Secondo la normativa di riferimento italiana, vengono considerate "rinnovabili":

« ...il sole, il vento, le risorse idriche, le risorse geotermiche, le maree, il moto ondoso e la

trasformazione in energia elettrica dei prodotti vegetali o dei rifiuti organici e inorganici. »

L’ utilizzo delle energie rinnovabili rappresenta una esigenza sia per i Paesi industrializzati che per quelli in via di sviluppo. I primi necessitano, nel breve periodo, di un uso più sostenibile delle risorse, di una riduzione delle emissioni di gas serra e dell’inquinamento atmosferico, di una diversificazione del mercato energetico e di una sicurezza di approvvigionamento energetico. Per i Paesi in via di sviluppo, le energie rinnovabili rappresentano una concreta opportunità di sviluppo sostenibile e di accesso all’energia in aree remote. In particolar modo, l’Unione Europea (UE) mira ad aumentare l’uso delle risorse rinnovabili per limitare la dipendenza dalle fonti fossili convenzionali e allo stesso tempo far fronte ai pressanti problemi di carattere ambientale che sono generati dal loro utilizzo. A conferma di ciò nella Direttiva 2001/77/CE “Promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili” , viene posto come traguardo il soddisfacimento, entro il 2010, di una quota pari al 12% del consumo interno lordo di energia e al 22% di quello dell’energia elettrica, attraverso l’utilizzo di fonti rinnovabili. Per ottenere questi risultati nella direttiva sono indicati degli obiettivi differenziati per ogni singolo Stato membro e l’Italia si è prefissa di raggiungere, entro il 2010, una quota pari al 22% della produzione elettrica nazionale. Il Decreto Legislativo del 29 dicembre 2003 n. 387 recepisce la Direttiva 2001/77/CE e introduce una serie di misure volte a superare i problemi connessi al mercato delle diverse fonti di Energia Rinnovabile. Nel 2003 in Italia la produzione lorda di energia elettrica da impianti alimentati da fonti

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rinnovabili ha raggiunto il valore di 47.971 GWh: il contributo maggiore è venuto dalla produzione idroelettrica, pari a 36.674 GWh, seguito dalla produzione geotermica (5.340 GWh), biomasse (compresi i rifiuti, 4.493 GWh) ed eolica (1.458 GWh). Complessivamente la quota percentuale di energia elettrica prodotta da impianti alimentati da fonti rinnovabili ha raggiunto il 16,3%. Il sistema di promozione dell'energia rinnovabile in Italia, inizialmente incentivato con il provvedimento noto come CIP6, è stato profondamente riformato con il decreto legislativo 79/99, che ha introdotto l’obbligo per le imprese che producono o importano elettricità da fonti fossili a immettere in rete una quota prodotta da impianti nuovi o ripotenziati alimentati da fonti di energia rinnovabili. Tale quota era sta fissata inizialmente al 2% dell’energia eccedente i 100 GWh. Successivamente, con il decreto n. 387 si è stabilito di incrementarla annualmente dello 0,35% fino al 2006. Tutti gli operatori soggetti all’obbligo possono provvedere autonomamente alla produzione della quota di energia rinnovabile che devono immettere in rete, o comperare tale quota da terzi attraverso un meccanismo di mercato che prevede la cessione dei cosiddetti “Certificati Verdi” (CV). Si tratta di titoli attribuibili annualmente dal GRTN (Gestore Rete Trasmissione Nazionale) all’energia prodotta da fonti rinnovabili. Tali titoli hanno una taglia di 100 MWh e possono essere vantaggiosamente negoziati, tramite contratti bilaterali tra detentori di CV e gli operatori soggetti all’obbligo o nella piattaforma di negoziazione nel GME (Gestore Mercato Elettrico).

2.1. La situazione Globale

Le emissioni di CO2 a livello globale sono aumentate del 33 % nel 2006 rispetto ai livelli de 1990. Nonostante rappresentino solo 1/6 della popolazione mondiale i paesi industrializzati continuano a generare la maggiore quantità di gas serra superando in termini assoluti quelle delle economie in via di sviluppo. Secondo i dati del 2006, il primato spetta ancora agli Stati Uniti dove le emissioni sono aumentate del 14,4 % rispetto ai livelli del 1990 giungendo a 7 miliardi di tonnellate di CO2 equivalente. In seconda posizione nella lista dei paesi più inquinanti c’è la Cina responsabile di circa il 20 % della CO2 emessa a livello globale, mentre i 15 membri storici dell’Unione europea, che hanno iniziato un lento percorso di riduzione, rimangono in terza posizione, davanti alla Russia e al Giappone.

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Le economie industrializzate continuano nel complesso ad essere i maggiori responsabili delle emissioni prodotte. Nel 2006, secondo i dati globali sul consumo dei combustibili fossili, l’insieme dei paesi industrializzati ha contribuito per il 52 % sulla CO2 riversata in atmosfera, mentre i paesi in via di sviluppo, escludendo la Cina, arrivano al 25 %.

2.2. Il ritardo Italiano

Diventa ogni anno più incolmabile il divario che separa l’Italia dal raggiungimento degli obiettivi fissati dal protocollo di Kyoto. A undici anni dalla firma del protocollo, e nel primo anno della sua attuazione, il nostro paese non ha ancora adottato una strategia complessiva per la riduzione dei gas a effetto serra e le conseguenze sono evidenti. Nel 2006, ultimo anno per il quale si hanno dati complessivi, l’Italia ha riversato nell’atmosfera 567 milioni di tonnellate di CO2 equivalente giungendo a un +9,8 % rispetto ai livelli del 1990. Un ritardo clamoroso nei confronti del protocollo di Kyoto, che fissa un taglio del 6,5 % delle emissioni del 1990.

Pur avendo registrato un calo delle emissioni dell’1,7 % rispetto al 2005, quando la CO2eq. era arrivata alla cifra record di 577 milioni di tonnellate, il nostro paese rimane privo di qualsiasi politica strutturale e questa è la principale differenza con le altre economie forti del vecchio continente.

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Elaborazione Legambiente

Ancora una volta il trasporto è uno delle principali cause di inquinamento per il nostro paese, superato soltanto dalla produzione energetica. 2.3. Cosa succede nelle città? Legambiente e l’Osservatorio meteorologico di Milano Duomo hanno deciso di avviare un programma specifico di monitoraggio avvalendosi di un patrimonio scientifico spesso sottovalutato: quello dei dati raccolti dagli osservatori storici cittadini in oltre un secolo di attività. Dati che a differenza di quelli raccolti presso gli aeroporti e solitamente usati, restituiscono in modo molto più nitido la relazione tra crescita urbana e surriscaldamento. L’analisi sui cambiamenti climatici in città si basa sulle temperature medie mensili e annuali raccolte tra il 1961 e il 2007. Solo scegliendo un periodo di riferimento ampio è possibile infatti individuare le linee di fondo di un cambiamento climatico particolarmente evidente per le aree urbane. Le città, sono così, le principali cause del cambiamento climatico, in quanto gli enormi consumi energetici e il traffico contribuiscono in modo sostanziale all’aumento dei gas a effetto serra. A livello globale si calcola che il 75 % dei consumi energetici mondiali sia dovuto alle città, e che queste siano responsabili allo stesso tempo dell’80 % delle emissioni di gas a effetto serra. Tali considerazioni mettono in evidenza come il protocollo di Kyoto diventa inefficiente per una lotta concreta all’inquinamento, infatti, la visione del problema orientata alle sole industrie, non può assolutamente essere efficace, in quando il vero problema ha origine dalle città. Unico strumento che vede al problema e indirizza verso le soluzioni più concrete è la carta di Aalborg. Tutte queste considerazioni rendono più che mai evidente l’importanza che assume il governo delle città. Da un lato è necessario rendere le aree urbane più adatte a un clima in costante cambiamento, provvedere a rendere lo sviluppo edilizio più sostenibile, aumentare le aree verdi dei centri e in generale mitigare gli effetti dirompenti dell’isola di calore. Dall’altro non è più possibile tollerare ritardi nell’attuazione di serie politiche per la riduzione dei gas a effetto serra di cui le città sono responsabili. Riduzione dei consumi

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energetici, sviluppo delle fonti rinnovabili decongestione del traffico urbano. Le città italiane sono in ritardo su entrambi i fronti mentre in Europa e nel mondo non mancano esempi di come politiche possano nel giro di pochi anni portare a risultati sorprendenti in entrambi le direzioni.

Elaborazione Legambiente

(Fonte dati: Dossier Legambiente, sito web: http://www.fonti-rinnovabili.it)

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3. Le Energie Rinnovabili, Linee guida per una corretta valutazione e applicabilità sul territorio. Di seguito saranno analizzate singolarmente le principali forme di energia rinnovabile, indicando, per ciascuna, parametri e indicatori in grado di valutare in maniera immediata la fattibilità dell’intervento a livello locale. Le pagine che seguono si candidano a diventare una sorta di modello/documento in grado di fornire delle linee guida, capaci di indirizzare, la governance locale verso scelte strategiche locali in grado di migliorare notevolmente la qualità di vita dei propri cittadini. Le scelte sono tutte pilotate da interventi energetici, sia produttivi che migliorativi. Come affermato nelle pagine precedenti le città si candidano a diventare i veri centri del cambiamento mondiale, la visione della città come un’entità che produce, consuma e inquina da una visione reale della situazione complessiva. Lo studio seguente si pone come obbiettivo la sensibilizzazione, attraverso la conoscenza, delle amministrazioni locali, gli unici in grado, attraverso interventi ad hoc, di modificare nell’arco di una generazione i comportamenti di intere comunità. Partire dalla città per migliorare il mondo, il piccolo centro come rivoluzione ecologica del pianeta. 3.1. Energia solare e fotovoltaico Il sole è la fonte primaria di energia per eccellenza. Tutte le forme di energia, in ogni modo, ad eccezione di quella nucleare, traggono origine direttamente o indirettamente dal sole. L’energia solare può essere sfruttata con tecnologie di diversi tipi: i pannelli solari per produrre acqua calda, i sistemi fotovoltaici per produrre elettricità, gli specchi concentratori per produrre calore ad alta temperatura da utilizzare in centrali elettriche. 3.1.1. Il sistema fotovoltaico In questi sistemi la sorgente d’energia primaria e rappresentata dalla radiazione solare che, dopo aver attraversato l’atmosfera, giunge al suolo. Un sistema di questo tipo è in grado di convertire direttamente questa radiazione solare in energia elettrica grazie all’effetto fotovoltaico che avviene all’interno della cella fotovoltaica costituita da un sottile strato di materiale semiconduttore. Proprio la cella rappresenta l’elemento principale di questo tipo di impianti, essendo però essa di limitate dimensioni per raggiungere una maggior potenza esse vengono collegate fra loro formando così un modulo fotovoltaico, più moduli assemblati fra loro formano un pannello che collegati in serie fra loro danno origine ad una stringa infine, un insieme di stringhe collegate in parallelo per ottenere la potenza voluta formano un generatore fotovoltaico. La durata media di questi moduli e conseguentemente dell’impianto fotovoltaico da essi composto è di circa 25-30 anni. Un’altra tecnologia emergente ed in via di sviluppo è quella dei film sottili, questa presenta il vantaggio della facile adattabilità all’architettura dell’edificio per via della loro flessibilità e della possibilità di ottenere trasparenza per le facciate ma, per contro, hanno una limitata vita utile, un rapido degrado durante l’esposizione ai raggi solari ed un rendimento minore rispetto ai moduli classici. L’utilizzo di questa tecnologia è parecchio diffusa per la possibilità di integrare i moduli fotovoltaici alle architetture sia esistenti che di nuova costruzione. Per via delle caratteristiche di modularità, affidabilità, elevato tempo di vita, adattabilità, gli impianti fotovoltaici rappresenta fra le fonti rinnovabili una delle alternative

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più interessanti. Essi non portano ad alcuna forma di inquinamento ambientale. Assumendo una produzione media di 1300 kWh/anno per ogni kWp installato il risparmio annuo di combustibili fossili per ogni kW installato è circa 260 kg ed evita l’emissione di 690 kg di CO2. 3.1.1.1. Indicatori di Contesto Nome Indicatore Finalità

Esposizione Valutare la corretta esposizione del sito. Si indente per esposizione ottimale un orientamento del pannello verso Sud.

Irraggiamento Valutare il quantitativo di energia incidente su una superficie di 1 m2

% ombreggiatura Valutare la % di ombra che può ricadere sopra i moduli fotovoltaici invalidando il processo produttivo

% terreno sottratto al territorio

Valutare la collocazione dei moduli al fine di evitare sottrazione di suolo comunale utilizzabile per altri fini produttivi.

% inclinazione Valutare la possibilità dell’utilizzo dei tetti delle abitazioni, evitando l’inserimento nel territorio di nuove strutture.

m2 di sup. disponibili per abitazione

Valutare la possibilità di rendere autosufficiente energeticamente ogni singola abitazione.

Valutazione degli indicatori:

Nome Indicatore Utilizzo corretto Interventi consigliati

Esposizione

La produzione oraria di energia è compromessa da uno scorretto posizionamento del pannello.

E’ opportuno l’obbligo dello studio eliotermico per la costruzione di una nuova abitazione.

Irraggiamento L’irraggiamento solare è un dato variabile da comune a comune…

% ombreggiatura

Parametro funzionale importante in grado di pregiudicare il funzionamento corretto, l’istallazione deve essere fatta distante da oggetti che possano proiettare ombra sopra l’impianto.

Il codice urbanistico prevede già distanze da altri edifici o alberi in grado di evitare tali problemi, è in ogni modo opportuno evitare che gli alberi crescano sopra i tetti delle abitazioni.

% terreno sottratto al territorio

Non è opportuno l’istallazione del fotovoltaico adagiato a terra, anche se si tratta di terreno incolto. Tale impianto renderà infruttifero il terreno per almeno 20 anni.

Impedire l’istallazione di impianti di produzione di massa per evitare di sottrarre terreno utilizzabile per altri scopi, come quelli agricoli.

% inclinazione L’inclinazione dei moduli che ottimizza la produzione per tutto l’anno 30°.

m2 di sup. disponibili per abitazione

La quantità minima di superficie disponibile per rendere autosufficiente un abitazione di 4 persone è di 25 m2 *dipende dall’irraggiamento

Predisporre la possibilità di lasciare una superficie per le nuovi costruzioni, almeno 30 m2

di copertura libera ed esposta verso Sud. I m2

aumentano se trattasi di condomini o edifici pubblici.

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Valutazione dell’efficienza energetica dell’impianto da predisporre mediante l’uso della seguente formula:

Ep=E i *S* η p v* η i n v

dove :

o E p = ene rg ia p rodot ta ; o E i = r ad iaz ione i nc idente su i modu l i ; o S = super f i ce genera to re PV; o η p v = e f f i c i enza de l gene ra to re PV; o η i n v = e f f i c i enza inve r te r .

3.1.1.2.Indicatori di Risultato Per analizzare il risultato dell’intervento eseguito a livello territoriale si parte dal dato certo di consumo medio per famiglie. La percentuale più alta di consumo elettrico all’interno del nucleo familiare è composta dagli elettrodomestici.

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LINEE GUIDA PER UNA IMPRONTA ECOLOGICA CONSAPEVOLE

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La seconda voce di maggior di maggior consumo è data dall’illuminazione.

Analizzando i dati di utilizzo degli elettrodomestici si è in grado di estrarre il consumo medio giornaliero per famiglia.

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Questo dato è variabile a secondo del comune di appartenenza, infatti bisogna tener conto delle variazioni climatiche , che comportano un uso più o meno dispendiosi degli impianti di condizionamento. Una prima analisi del dato ricavato individua immediatamente un risultato di carattere ecologico, infatti 6 kWh corrispondono ad una quantità di CO2 immessa nell’aria, ogni giorno, pari a: 6 kWh * 0,531 KgCO2 / kWh = 3,186 Kg CO2 / giorno. Questo indica un dato annuo di circa 1196 Kg CO2/anno immessi nell’area per ogni nucleo familiare. Premessa per un risultato soddisfacente dell’attività di trasformazione elettrica è la sensibilizzazione e l’informazione dei cittadini. Tale compito è fondamentale per la buona riuscita dell’investimento e diventa veicolo anche per tutto il resto dell’intervento. La sensibilizzazione verso il risparmio energetico porta ad un primo notevole risultato: l’abbattimento dei consumi giornalieri. Se a tale risultato si aggiunge la trasformazione delle abitazioni attraverso interventi di carattere energetico si può raggiungere l’autosufficienza. Nome Indicatore Finalità

kWh prodotti da FV Valutare la quantità di energia non più assorbita dalla rete pubblica. kg di CO2 immessa in aria

Valutare il quantitativo di CO2 immesso nell’aria dopo l’installazione del FV

% di Elettrodomestici classe A sostituiti/acquistati

Valutare la sensibilizzazione al risparmio energetico, attraverso la sostituzione di vecchi elettrodomestici con nuovi a risparmio energetico

% sostituzione delle illuminazioni

Valutare la sensibilizzazione al risparmio energetico, attraverso la sostituzione delle vecchie lampadine ad incandescenza con i nuovi a risparmio energetico.

Diminuzione del consumo medio di kWh/giorno per nucleo abitativo

Valutazione dei consumi elettrici attraverso il calcolo giornaliero dei kWh consumati dal nucleo familiare.

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Nome Indicatore Risultato aspettato Interventi consigliati per il fine

kWh prodotti da FV

Un risultato soddisfacente è l’abbattimento del consumo elettrico proveniente da fonti fossili di almeno il 40 %, pari ad una produzione giornaliera di 2,4 kWh/giorno, per nucleo familiare.

-Sensibilizzazione e informazione attraverso convegni e fiere;

-incentivi a chi ristruttura la propria abitazione attraverso interventi di risparmio energetico, impegnando almeno 10 m2 per l’installazione del FV.

kg di CO2 immessa aria Un abbattimento di almeno 470 kg CO2/anno per nucleo famigliare.

.

% di elettrodomestici classe A sostituiti/acquistati

Si ritiene un risultato soddisfacente se almeno 30 % delle famiglie sostituisce i vecchi elettrodomestici.

-Sensibilizzazione e informazione attraverso convegni e fiere;

-incentivi da parte di aziende sulla rottamazione dei vecchi elettrodomestici

% sostituzione delle lampade ad incandescenza.

Dato da ritenere soddisfacente è la sostituzione di almeno il 50 % delle lampade ad incandescenza con lampadine a risparmio energetico.

Sensibilizzazione e informazione attraverso convegni e fiere;

-distribuzione gratuita di almeno 2 lampade per nucleo famigliare, come forma di incentivo.

Diminuzione del consumo medio di kWh/giorno per nucleo abitativo

Dato atteso è l’abbattimento di almeno il 20% dei consumi medi giornalieri pari a circa 1,2 kWh/giorno.

Nome Indicatore: Efficiency Photovoltaics Assessment (EPA) Trend Voto Valutazione

Positivo 7 -10 Almeno 80 % degli indicatori di risultato hanno superato il dato minimo e il rimanente 20 % ha un andamento crescente.

Sufficiente 4-6 Almeno il 50 % degli indicatori hanno superato il dato minimo e il 50 % del rimanente ha un andamento crescente.

Negativo 1-3 Solo il 20 % degli indicatori hanno superato il dato minimo e il restante non ha risultati soddisfacenti.

* EPA va valutata dopo un anno di funzionamento del sistema

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3.1.1.2. Solare Termico Il pannello solare termico (detto anche collettore solare) è un dispositivo atto alla conversione della radiazione solare in energia termica e al suo trasferimento, per esempio, verso un accumulatore per un uso successivo; questa tecnologia, cioè l'insieme dei componenti che oltre al pannello solare costituiscono l'impianto, viene detta nel suo complesso solare termico. Il solare termico si differenzia a secondo delle temperature di funzionamento, abbiamo:

� Solare termico a bassa temperatura Le tecnologie a bassa temperatura comprendono i sistemi che usano collettori piani che, in base alla tecnologia, possono utilizzare come fluido termovettore un liquido o l'aria, con lo scopo di trasferire calore per la produzione di acqua calda o per il riscaldamento degli edifici. A seconda della tecnologia di collettori utilizzati Le temperature che si possono raggiungere sono al di sotto dei 100 °C (in rare occasioni si può arrivare a 120 °C).

� Solare termico a media temperatura La più comune tra le applicazioni della conversione a media temperatura è rappresentata dai forni solari. Essi sono dispositivi che richiedono la concentrazione dei raggi solari per raggiungere temperature superieri ai 250 °C, in Italia interessano una nicchia di mercato relativa all'hobbistica, mentre possono avere buone applicazioni nei Paesi ove la scarsità di risorse energetiche è un problema quotidiano.

� Solare termico ad alta temperatura Viene utilizzato per lo più per la produzione di elettricità:il fluido caldo che si ottiene viene usato per far muovere una turbina a vapore e produrre quindi energia elettrica. Le tecnologie ad alta temperatura più utilizzate sono: gli specchi parabolici lineari, le torri solari ed i sistemi a concentratori parabolici indipendenti.

Impianti a media o alta temperatura vengono anche denominati solare termodinamico.

Le principali applicazioni degli impianti a bassa temperatura sono:

• riscaldamento dell'acqua sanitaria ad uso domestico, alberghiero, ospedaliero,ecc…; • riscaldamento acqua delle docce (ad es. Stabilimenti balneari, campeggi ...); • riscaldamento degli ambienti domestici; • riscaldamento dell'acqua per processi a bassa temperatura; • essiccazione di prodotti agro-alimentari; • raffrescamento degli ambienti.

Schema di funzionamento solare termico

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Si definisce efficienza di un collettore solare il rapporto fra l’energia termica (densità di energia) assorbita dal fluido termovettore e l’energia solare (densità di energia solare) incidente sulla sua superficie del collettore. Il sistema può essere a circolazione naturale o circolazione forzata

I sistemi a circolazione naturale sono molto semplici, richiedono scarsa manutenzione e possono essere realizzati impiegando dei collettori solari con basse perdite di carico. Tutti i sistemi a circolazione naturale si basano sul principio che il fluido del circuito primario, riscaldato dal sole diminuisce la propria densità, diventa più leggero e sale verso l’alto, provocando un movimento naturale del fluido medesimo, in tali sistemi il serbatoio di accumulo dell’acqua deve essere sempre posizionato più in alto del pannello ed a breve distanza dallo stesso. Anche le tubazioni di raccordo tra pannello e serbatoio devono mantenere la stessa inclinazione. I Vantaggi della circolazione naturale sono:

� Velocità di scambio termico commisurata alla differenza di temperatura fra boiler di accumulo e pannelli.

� Nessuna circolazione inversa durante la notte. � Autoregolazione della circolazione. � Assenza di pompe di circolazione, centraline e sonde. � Installazione rapida ed economica. � Manutenzione ridotta al minimo.

L’applicazione tipica della circolazione naturale è la produzione di acqua calda per uso sanitario. Per produzione di acqua per uso sanitario si intende il soddisfacimento dei fabbisogni di acqua calda sanitaria per:

� privati; � strutture sportive; � comunità; � docce; � alberghi; � campeggi.

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Di seguito si riportano 2 tabelle indicative per il calcolo del tipo di impianto solare termico a circolazione naturale (i valori per il Sud devono essere diminuiti del 10 %):

Il principio di funzionamento di un impianto a circolazione forzata differisce da quello a circolazione naturale per il fatto che il fluido, contenuto nel collettore solare, scorre nel circuito chiuso per effetto della spinta fornita da una pompa comandata da una centralina o termostato attivata, a sua volta, da sonde poste sul collettore e nel serbatoio. Gli elementi costitutivi di un impianto di questo tipo sono:

� collettore/i solare/i; � serbatoio di accumulo/scambiatori; � termostato differenziale o centralina; � sonde di temperatura; � pompa di circolazione; � vaso di espansione; � scambiatore di calore; � valvole.

Schema funzionamento del sistema a circolazione forzata

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L’applicazione tipica della circolazione forzata è, oltre alla produzione di acqua calda per uso sanitario nei casi in cui la circolazione naturale non è applicabile, il riscaldamento ambiente, il mantenimento in temperatura dell’acqua di piscina, i condomini e il settore industriale. 3.1.2.1. Indicatori di Contesto Nome Indicatore Finalità

Orientamento ed inclinazione superfici d’istallazione.

Valutare la corretta esposizione e inclinazioni delle superfici disponibili in sito

Condizioni climatiche sito Valutare il rendimento del sistema relativo al luogo d’installazione Integrazione del sistema nel territorio

Valutare la possibilità dell’inserimento del sistema senza particolari interventi esterni.

% di Boiler elettrici installati

Valutare l’uso del sistema di riscaldamento sanitari attraverso boiler elettrici.

m3 di Metano consumato Valutare il consumo di metano per il riscaldamento dell’acqua sanitaria.

Valutazione degli indicatori:

Nome Indicatore Utilizzo corretto Interventi consigliati Orientamento ed inclinazione superfici d’istallazione.

È consigliabile una orientazione del collettore a sud con una inclinazione di circa 40-50°

Condizioni climatiche sito

Consigliabili luoghi caratterizzati da alti valori di radiazione solare annua

Integrazione del sistema nel territorio

La facilità di montaggio e inserimento in strutture esistenti garantiscono una migliore diffusione dell’impianto.

L’obbligo per le nuove costruzioni di prevedere il montaggio di un kit ad hoc e incentivazioni per la ristrutturazione di abitazioni esistenti in grado di accogliere il sistema.

N° di Boiler elettrici installati

La % di boiler elettrici presenti nel territorio è indicazione di scarsa informazione sull’argomento.

-Sensibilizzazione e informazione attraverso fiere e convegni;

-incentivi per la sostituzione dei boiler elettrici.

m3 di Metano consumato

Parametro che indica la % di impianti per il riscaldamento e produzione di acqua sanitaria.

-Sensibilizzazione e informazione attraverso fiere e convegni;

-incentivi per accoppiare alle caldaie a gas il kis solare.

G*K*( τ*α)*A-Q-Q l = 0 Dove:

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G: irradiazione solare incidente sul collettore τ: trasmittanza α: assorbanza K: funzione dell’angolo di incidenza della radiazione A: superficie captante del collettore Q: flusso di energia termica estratta dal fluido termovettore Ql: flusso di energia termica dispersa verso l’ambiente esterno 3.1.2.2. Indicatori di Risultato Per analizzare il risultato dell’intervento eseguito a livello territoriale si parte dal dato certo di consumo medio per famiglie. Supponendo che in media 1 persona consumi circa 1,7 kWht, uno scaldabagno elettrico per produrre questa energia consumerebbe 2 kWhe, questo valore riportato alla centrale vuol dire circa 5,4 kWh di energia primaria. Con un ragionamento analogo (ma escludendo ovviamente il passaggio per la centrale) una caldaia a gas per i soliti 1,7 kWht consuma circa 2,1 kWh in termini di energia primaria. Conseguentemente le emissioni evitate sarebbero di: 5,4 kWh * 0,531 Kg CO2 / kWh = 2,86 Kg CO2 / giorno nel primo caso 2,1 kWh * 0,531 Kg CO2 / kWh = 1,12 Kg CO2 / giorno nel secondo Nome Indicatore Finalità

m3 di metano risparmiato Valutare i m3 di metano risparmiati per il riscaldamento dell’acqua sanitaria.

kg di CO2 immessa in aria Valutare il quantitativo di CO2 immesso nell’aria dopo l’installazione del Kit

% Kit solare termico acquistati Valutare la sensibilizzazione della popolazione verso la sostituzione dei boiler elettrici

Diminuzione del consumo medio di kWh/giorno per nucleo abitativo

Valutare la diminuzione del consumo elettrico per nucleo famigliare per la sostituzione dei scaldabagni elettrici.

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Nome Indicatore Risultato aspettato Interventi consigliati per il fine

m3 di metano risparmiato

Un risultato soddisfacente è l’abbattimento del consumo di metano il 20%.

-Sensibilizzazione e informazione attraverso convegni e fiere;

-incentivi a chi ristruttura la propria abitazione attraverso interventi di risparmio energetico, predisponendo il posizionamento di un kit per l’acqua calda.

kg di CO2 imm. aria Un abbattimento di almeno 4,5 kg CO2/anno per nucleo famigliare.

.

% Kit solare termico acquistati

Si ritiene un risultato soddisfacente se almeno 30 % delle famiglie sostituisce i vecchi boiler elettrici.

-Sensibilizzazione e informazione attraverso convegni e fiere;

-incentivi da parte di aziende sulla rottamazione dei vecchi elettrodomestici

Diminuzione del consumo medio di kWh/giorno per nucleo abitativo

L’eliminazione dello scaldabagno elettrico corrisponde ad un abbattimento di almeno 3 kWh/giorno .

Sensibilizzazione e informazione attraverso convegni e fiere;

Nome Indicatore: Efficiency Solar Assessment (ESA) Trend Voto Valutazione

Positivo 7 -10 Almeno 80 % degli indicatori di risultato hanno superato il dato minimo e il rimanente 20 % ha un andamento crescente.

Sufficiente 4-6 Almeno il 50 % degli indicatori hanno superato il dato minimo e il 50 % del rimanente ha un andamento crescente.

Negativo 1-3 Solo il 20 % degli indicatori hanno superato il dato minimo e il restante non ha risultati soddisfacenti.

* ESA va valutata dopo un anno di funzionamento del sistem

3.2. Energia Idroelettrica

Energia idroelettrica è un termine usato per definire l'energia elettrica ottenibile a partire da una caduta d'acqua, convertendo con apposito macchinario l'energia meccanica contenuta nella portata d'acqua trattata. Gli impianti idraulici, quindi, sfruttano l'energia potenziale di una massa di acqua che si trova disponibile ad una certa quota rispetto al livello cui sono posizionate le turbine, questa massa precipitando trasforma la propria energia potenziale in cinetica che successivamente per mezzo di turbine viene convertita in energia elettrica. Pertanto la potenza di un impianto idraulico dipende da due termini: il salto (dislivello esistente fra la quota a cui è disponibile la risorsa idrica svasata e il livello a cui la stessa viene restituita dopo il passaggio attraverso la turbina) e la portata (la massa d'acqua che

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nell’unità di tempo fluisce attraverso la macchina). In base alla taglia di potenza nominale della centrale, gli impianti idraulici si suddividono in:

1. Micro-impianti: P < 100 kW; 2. mini-impianti: 100 < P (kW) < 1000; 3. piccoli-impianti: 1000 < P (kW) < 10000; 4. grandi-impianti: P > 10000 kW.

Gli impianti possono essere poi:

1. ad acqua fluente; 2. a bacino; 3. di accumulo a mezzo pompaggio.

(Fonte: http://www.energoclub.it) Ogni territorio, quindi, presenta peculiarità proprie in termini di presenza di salti geodetici e di masse d'acqua disponibili. La potenza che una turbina è in grado di erogare, è funzione (linearmente dipendente) di portata d’acqua e caduta geodetica (salto geodetico) che rappresentano le due variabili di contesto fondamentali per un primo giudizio, infatti osservando la formula di calcolo della potenza istantanea di una turbina P=ηγQ∆H, si osserva chiaramente quali siano le variabili fondamentali. Riportiamo lo schema proposto da una azienda del settore (http://www.irem.it) che mette in relazione Portata e Salto con la producibilità, ritenendo che in questo schema vengano considerate eventuali perdite energetiche relative alla trasformazione da energia meccanica in energia elettrica; ma riteniamo sia utile per avere un primo ordine di grandezza, anche senza un calcolo rigoroso:

Da questa immagine si può vedere che anche in condizioni minime, quindi anche per siti non ideali, si possono ottenere discrete quantità di energia prodotta. Non trascuriamo il fatto che in questa casistica, rientrano Bacini, Acquedotti, Scarichi di Acque Reflue depurate, Corsi d'acqua fluviale; quest'ultimi rappresentano una buona soluzione grazie all'introduzione delle cosiddette Turbine a Coclea, più economiche, di cui presentiamo questa breve descrizione:

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3.2.1. Turbine a coclea La nuova tipologia di produzione energetica La coclea idraulica è conosciuta fin dall’antichità, come ruota o chiocciola di Archimede. Nuovo è il brevetto di utilizzazione sulla pompa a chiocciola di Archimede, attraverso il quale l’inversione del funzionamento energetico, realizza una macchina per la produzione di energia. Un impianto a forza idraulica utilizza la differenza dell’energia potenziale tra due diversi punti in un corso d’acqua. L’acqua grazie alla caduta dal punto più alto del suo naturale scorrimento viene utilizzata dal rotore trasformando l’energia potenziale e tornando così nuovamente a scorrere, nel letto del corso d’acqua stesso. Esempi di utilizzo: La soluzione compatta I costi di costruzione tramite l’impiego di una vite perpetua a forza idraulica comparabilmente con una turbina tradizionale sono decisamente inferiori. Con l’installazione di una vite perpetua a forza idraulica in versione compatta (coclea + trogolo + trasmissione, montati in un unico gruppo) si possono ridurre ulteriormente i costi di costruzione. L’intero impianto è fornito ed installato in un unico blocco. Risparmiate del tempo prezioso, che altrimenti verrebbe speso nella regolazione fine dei singoli componenti.

(fonte: http://www.energyrenewablesource.it)

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3.2.3. Indicatori di Contesto Nome Indicatore Finalità Contenuto energetico di H2O

Valutare la presenza di fiumi, bacini,scarichi depuratori,acquedotti.

Salti Geodetici Valutare i Salti di quota monte-valle

Portate d'acqua Valutare la portata massima di riferimento

Percorso Monte/Valle Valutare la distanza complessiva fra Monte e Valle

Valutazione degli indicatori:

Nome Indicatore Utilizzo corretto Interventi consigliati

Contenuto energetico di H2O

La presenza d'acqua è scontata in ogni sito, quello che risulta essenziale è valutare il suo contenuto energetico

Ricercare fonti idrauliche che garantiscano una caduta senza alcuno ausilio energetico.

Salti Geodetici

La potenza istantanea ottenibile da una turbina idraulica è proporzionale al salto netto.

Una volta individuata la fonte idraulica, si valuta il salto netto ottenibile dal dislivello depurato dalle perdite energetiche in condotta. Non necessariamente deve essere elevato se lo è la portata;

Portate d'acqua

La potenza istantanea ottenibile da una turbina idraulica è proporzionale alla portata.

La portata è strettamente legata al salto; entrambi proporzionali nel calcolo della potenza della turbina. Non necessariamente deve essere elevata se lo è il salto netto;

Percorso Monte/Valle

Non è fondamentale, ma sicuramente influisce sulla potenza ottenibile dalla turbina

E' consigliabile evitare brusche variazioni di direzione e/o lunghezze eccessive; nelle condotte in pressione devono essere valutate queste variabili, in quanto influiscono nella valutazione del salto netto.

La potenza ottenibile da una turbina viene calcolata con la seguente formula:

P = η * γ * Q * ∆H dove: η=rendimento della turbina γ=peso specifico fluido Q=portata ∆H=salto netto (*)

(*) . La geometria del condotto nonché la portata, entrambi, influenzano la velocità e quindi i cinematismi nella condotta in pressione; quest'ultima se troppo lunga, farebbe aumentare in maniera esponenziale le perdite energetiche dovute a fenomeni di attrito. Inoltre, la poca linearità del percorso e la presenza di gomiti, favoriscono fenomeni di turbolenze locali. Tutto questo può far diminuire sensibilmente il Salto Totale; per questo faremo riferimento al salto netto.

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Un esempio pratico di come le amministrazioni locali possono ricavare energia dal proprio impianto idrico è il seguente, cioè pensare che un acquedotto mediamente (20000 utenti) rilascia circa 60l/s e che questi finiscono negli scarichi di depurazione (escluso acque meteoriche); se poi consideriamo cadute medie di 50 m, è facile pensare che molti comuni avrebbero a disposizione forbici di produzione 100000 kWh - 150000 kWh, una stima ad occhio (chiaramente le condizioni del sito cambiano). Poi non parliamo di eventuali Fiumi, Cascate, Bacini, ecc. In linea di massima e possiamo tirare fuori i seguenti dati:

• 5000 abitanti Q=15 l/s , H=50 m 35000 kWh/anno • 10000 abitanti Q=30 l/s , H=50 m 80000 kWh/anno • 15000 abitanti Q=45 l/s , H=50 m 100000 kWh/anno • 20000 abitanti Q=60 l/s , H=50 m 150000 kWh/anno

Queste sono ovviamente, valutazioni molto veloci che non tengono conto delle perdite in condotta. 3.2.4. Indicatori di Risultato Non vi sono dati sufficientemente significativi per cercare parametri valutativi dell’intervento. L’installazione di turbine implica produzione di energia elettrica a fronte di interventi ad hoc lungo corsi d’acqua, condotte in pressione, scarichi di depurazione, ovunque vi è un salto di quota ed una portata accettabile. Nome Indicatore Finalità kWh prodotti dall’impianto Valutare i kWh prodotti dall’impianto.

kg di CO2 immessi in aria Valutare il quantitativo di CO2 risparmiato nell’aria a fronte della produzione elettrica

Interesse collettivo verso la microturbina

Valutare la sensibilizzazione della popolazione verso la l’istallazione di microturbine nelle proprie abitazioni.

Nome Indicatore Risultato aspettato Interventi consigliati per il fine kWh prodotti dall’impianto

Un risultato soddisfacente è la produzione di 15.000 kWh

kg di CO2 immessa in aria

Un abbattimento di almeno 4 kg CO2/anno per nucleo familiare

Interesse collettivo verso la microturbina

Si ritiene un risultato soddisfacente se almeno 10% delle famiglie installa microturbine per il recupero energetico delle acque reflue

-Sensibilizzazione e informazione attraverso convegni e fiere;

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Nome Indicatore: Efficiency Water Assessment (EWA) Trend Voto Valutazione

Positivo 7 -10 Almeno 80 % degli indicatori di risultato hanno superato il dato minimo e il rimanente 20 % ha un andamento crescente.

Sufficiente 4-6 Almeno il 50 % degli indicatori hanno superato il dato minimo e il 50 % del rimanente ha un andamento crescente.

Negativo 1-3 Solo il 20 % degli indicatori hanno superato il dato minimo e il restante non ha risultati soddisfacenti.

* EWA va valutata dopo un anno di funzionamento del sistema 3.3. Energia Eolica

L'energia eolica è l'energia posseduta dal vento, che solo da pochi decenni viene impiegata per produrre elettricità. Per sfruttare l'energia del vento vengono utilizzati gli aerogeneratori . Il principio è lo stesso dei vecchi mulini a vento ossia il vento che spinge le pale; in questo caso, il movimento di rotazione delle pale viene trasmesso ad un generatore che produce elettricità. Gli aerogeneratori sono diversi per forma e dimensione; il tipo più diffuso è quello medio, alto circa 50 m con 2 o 3 pale lunghe 20 m e in grado di erogare una potenza elettrica giornaliera di 500/600 kW (pari al fabbisogno elettrico giornaliero di 500 famiglie). Più aerogeneratori insieme formano le wind-farm ,"fattorie del vento", vere e proprie centrali elettriche in cui gli aerogeneratori sono situati ad una distanza uno dall'altro pari a 5/10 volte il diametro delle pale; pertanto, nel caso di aerogeneratori medi ne viene installato uno ogni 200 metri. Per avere un'idea, una fattoria del vento costituita da 30 aerogeneratori da 300 kW l'uno, in una zona con venti dalla velocità media di 25 km/h, può produrre 20 milioni di kWh l'anno, ossia la quantità sufficiente per circa 7.000 famiglie. Le wind-farm possono essere costruite anche in mare; in questo caso si parla di impianti offshore . Secondo alcune stime, gli impianti eolici nei mari europei potrebbero fornire oltre il 20 % del fabbisogno elettrico dei paesi costieri. Naturalmente gli aerogeneratori devono essere istallati in luoghi particolarmente ventosi.

Per scegliere dove istallare un impianto eolico bisogna considerare:

• la conformazione del terreno (esistono 4 classi di rugosità del terreno; più questi è rugoso, ossia con brusche variazioni di pendenza, boschi, montagne ecc. più il vento incontrerà ostacoli che ridurranno la sua velocità)

• l'andamento nel tempo della direzione e della velocità del vento. Il vento non è costante cambia di forza e di direzione; per classificarlo in base alla direzione si usa definirlo con il luogo da cui proviene es. scirocco dalla Siria ecc.; per classificarlo in base alla forza si usa o la misura della sua velocità ossia i nodi (un nodo corrisponde ad un miglio orario) oppure la scala di Beaufort che prevede una scala da 0 a 12 crescente a seconda della velocità del vento.

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L'energia eolica è una fonte rinnovabile e pulita, ma presenta anch'essa effetti indesiderati quali: occupazione del territorio, impatto visivo, rumore, effetti su flora e fauna, interferenze sulle telecomunicazioni, effetti elettromagnetici ecc. Tutte queste note negative (che sono tra l'altro se non annullabili comunque attenuabili con opportuni accorgimenti) sono pesantemente controbilanciate dagli enormi effetti positivi che un impianto del genere comporta e cioè la possibilità di evitare l'immissione nell'atmosfera di milioni di tonnellate di sostanze inquinanti e di gas-serra. L'Italia può contare, specie nelle zone mediterranee meridionali e nelle isole, su venti di buona intensità, quali il maestrale, la tramontana, lo scirocco e il libeccio. In Italia le attività sull’eolico sono iniziate nei primi anni ’80, e furono svolte principalmente dell’ENEA, dall’ENEL e da alcuni operatori privati, con l’obiettivo di sviluppare tecnologie e di individuare il potenziale eolico sfruttabile a livello nazionale.

Fonte dati www.enea.it

La posizione geografica dell’Italia, unita alla presenza di catene montuose e di masse d’acqua, determina un diverso andamento dei venti sia nel corso dell’anno che da regione a regione. L’Italia può comunque contare, specie nelle zone mediterranee meridionali e nelle isole, su venti di buona intensità, quali il maestrale, la tramontana, lo scirocco e il libeccio. I risultati di un’indagine, cui anche l’ENEA ha partecipato, hanno evidenziato che i siti più idonei allo sfruttamento dell’eolico si trovano lungo il crinale appenninico, al di sopra dei 600 m slm e, in misura minore, nelle zone costiere. Le regioni più interessanti sono quelle del Sud, in particolare Campania, Puglia, Molise, Sicilia e Sardegna, e il territorio compreso tra le province di Trapani, Foggia, Benevento, Avellino e Potenza è il principale polo eolico nazionale. Tuttavia la quantità di energia prodotta da fonte eolica è ancora trascurabile rispetto al potenziale sfruttabile stimato in circa 3.000 MW sulla terraferma e altrettanti in offshore. (fonte: ENEA www.enea.it)

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Nell’ambito locale diventa difficile parlare di Eolico nei termini sopra citati, in quando gli investimenti necessari implicano necessariamente interventi di tipo privato e questi, come è facile intuire, portano interessi finanziari che a volte superano l’interesse ecologico dell’intervento. Volendo rimanere in ambito ristretto diventa più importante centrate l’attenzione verso il mini e microeolico, queste due categorie si prestano ad interventi più localizzati con impatti sul territorio di minore intensità. Lo sviluppo dell'eolico di grande taglia ha avuto effetti positivi anche sul mercato delle micro turbine, sia in termini qualitativi che di diminuzione dei costi. Le macchine più piccole hanno tipicamente una potenza di targa di 400 Watt, con un diametro del rotore di circa 1,5 m e una potenza di picco di circa 500 Watt. Le turbine da 20 kW sono invece apparecchi più "impegnativi": hanno un rotore con diametro di 8-10 metri e torri di sostegno alte 20-25 metri. Esistono ovviamente micro generatori di potenza intermedia, ad esempio da 1 kW o 5 kW o 10 kW, che coprono ogni possibile applicazione. Semplificando, possiamo dire che le macchine di taglia inferiore ai 10 kW sono normalmente al servizio di utenze domestiche, (isolate o connesse alla rete), per l'autoconsumo dell'elettricità prodotta. I generatori tra i 10 e 20 kW possono servire utenze di una certa dimensione (aziende agricole, agriturismi, PMI, ecc.) ed eventualmente vendere alla rete una quota dell'energia, prodotta in eccesso rispetto alle necessità di autoconsumo. Nota bene. Per uno sguardo generale sulle caratteristiche tecniche, i principi di funzionamento e le prestazioni dei generatori eolici, al di là della suddivisione in taglie, consulta la voce "Funzionamento e prestazioni" nel menu di destra. Tutte le micro turbine presenti in commercio sono caratterizzate da: • soglie di vento molto basse per l'avvio del rotore (2-3 m/s) • elevata affidabilità • lunga durata • bassa necessità di manutenzione • basso impatto ambientale Risulta particolarmente interessante il fatto che i micro generatori iniziano a produrre energia a basse velocità del vento. Questo significa che è possibile installare una micro turbina (e vederla funzionare per molte ore l'anno) anche dove la velocità media del vento non è sufficiente per il funzionamento di turbine di grande taglia. Nonostante la gran parte dei generatori eolici sia ad asse orizzontale, nel settore del micro eolico sono commercialmente disponibili anche piccole turbine ad asse verticale dalle interessanti caratteristiche tecniche.

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Atlante Eolico Interattivo (fonte: http://atlanteeolico.cesiricerca.it/viewer.htm)

3.3.1. Micro generatori ad asse orizzontale La configurazione più diffusa prevede un rotore tripala e una turbina disposta ad asse orizzontale.

Fonte: www.nextville.it

Le pale sono realizzate con materiale leggero e resistente, solitamente in fibra di vetro e/o carbonio. La rotazione delle pale è molto veloce; questo consente un collegamento diretto tra rotore e generatore elettrico, senza bisogno di prevedere un moltiplicatore di giri. L'allineamento tra le pale e la direzione del vento avviene grazie ad un timone (o banderuola) direzionale.La velocità del vento minima per l'avvio è di 3-4 m/s; in molti casi

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producono energia anche a velocità del vento molto elevate. In caso di vento eccessivo, ricorrono a sistemi passivi di sicurezza: il sistema più comune prevede la rotazione verticale del rotore sul proprio asse. Nella tabella sottostante sono riportate alcune caratteristiche di un tipico micro generatore da 3 kW, ideale per soddisfare il fabbisogno elettrico di un edificio e cedere anche parte dell'elettricità alla rete. Potenza nominale 3 kW

Diametro rotore 5 metri

Numero pale 3

Velocità di avvio 3 m/s

Velocità nominale 9 m/s

Potenza in uscita 3.000 W

Potenza massima in uscita 4.500 W

Altezza torre 10 metri

Spessore torre 160 mm

Peso navicella 35 kg

Energia producibile (stima) 6.000 kWh / anno (Fonte: http://www.nextville.it) 3.3.2. Micro generatori ad asse verticale Alcune case produttrici si sono specializzate nella progettazione e sviluppo di generatori ad asse verticale. A seconda del principio di funzionamento, i micro generatori possono essere del tipo "Savonius" oppure "Darrieus". Il generatore Savonius, dal nome dell'ingegnere finlandese che lo brevettò nel 1929, è l'unica macchina eolica ad asse verticale ad essere disponibile a livello commerciale. Si tratta di generatori di piccolissima potenza, che non superano in genere i 20 kW. Dal punto di vista costruttivo, sono caratterizzati da un perno centrale rotante, attorno a cui sono saldate due o tre "ali".

Fonte: www.nextville.it

Tra i pochi produttori al mondo specializzati in generatori ad asse verticale, c'è anche l'italiana Ropatec, che produce tra l'altro il modello da 6 kW riprodotto in foto. Le macchine ad asse verticale presentano caratteristiche tecniche molto interessanti: • funzionamento indipendentemente dalla direzione del vento • basso impatto visivo • funzionamento silenzioso

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• avvio con basse velocità del vento (2 m/s) • resistenza a raffiche e a vento forte Sono quindi particolarmente indicate sia in ambito urbano, grazie alla bassa rumorosità in fase di esercizio, sia in siti caratterizzati da condizioni metereologiche e anemologiche estreme, grazie alle particolari doti di robustezza e alla scarsa necessità di manutenzione. (Fonte: http://www.nextville.it) 3.3.3. Indicatori di Contesto Nome Indicatore Finalità Velocità del vento m/s Valutare la velocità del vento

Classe rugosità terreno Valutare la classe di rugosità del terreno

Impatto Fauna e Flora locale Valutare la possibile interferenza con la fauna e a flora locale

Impatto visivo Valutare la possibile modifica dello spazio visivo del territorio a svantaggio dello stesso

Integrazione strutture locali Valutare la possibilità di inserimento del sistema all’interno di attività presenti nel territorio

Distanza minima edifici Valutare la possibilità d’istallazione vicino al centro abitato

Valutazione degli indicatori:

Nome Indicatore Utilizzo corretto Interventi consigliati

Velocità del vento m/s Parametro funzionale importantissimo per la resa dell’impianto, la velocità non deve essere mai inferiore a 2 m/s.

Analisi del territorio attraverso anemometri per stilare un rapporto esaustivo delle condizioni ventose del territorio.

Classe rugosità terreno

Per definire la conformazione di un terreno sono state individuate quattro classi di rugosità: Classe di rugosità 0: suolo piatto come il mare, la spiaggia e le distese nevose. Classe di rugosità 1: suolo aperto come terreni non coltivati con vegetazione bassa e aeroporti. Classe di rugosità 2: aree agricole con rari edifici e pochi alberi. Classe di rugosità 3: suolo rugoso in cui vi sono molte variazioni di pendenza del terreno,boschi e paesi. La classe di rugosità influenza la produzione di energia.

Impatto Fauna e Flora locale

L’altezza del palo eolico e la rotazione delle sue pale può provocare disturbo alle rotte migratorie degli uccelli.

Analisi di perfettibilità ambientale studio delle rotte migratorie degli uccelli.

Impatto visivo La presenza di impianti eolici modifica lo Skyline della città, l’integrazione deve essere fatta in maniera poco invasiva.

L’installazione fuori il centro abitato, utilizzando i crinali delle colline

Integrazione strutture locali

Gli agriturismi sono strutture dotati di grandi spazi, l’installazione del microeolico trova spazio all’interno del sito. Lo sfruttamento delle terrazze condominiali si presta, per la loro altezza all’istallazioni di impianti ad asse orizzontale.

Incentivare l’istallazione di impianti all’interno di queste realtà territoriali.

Distanza minima edifici

La distanza minima consigliata tra un generatore e un edificio, tale da non provocare alcun disturbo in termini di

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rumorosità, è di almeno 40-50 metri. A questa distanza, e in assenza di altri ostacoli naturali o artificiali, il funzionamento della turbina non viene in alcun modo disturbato da fenomeni di turbolenza del vento.

3.3.3.1. Producibilità della turbina eolica.

Una turbina da 2,5 kW con Tre metri di diametro, 20 kg di massa, viene montata su un palo di 6 m (può funzionare collegato alla rete oppure con batterie autonome). Con un costo indicativo è di circa 3500 € se il generatore è collegato alla rete, di 4.700 € se invece è stand alone con batterie. Produce:

Il Payback 1 è il tempo di recupero dell’investimento relativo al sistema collegato in rete, mentre il Payback 2 è riferito al sistema con accumulo a batterie.

Caratteristiche tecniche del generatore in questione sono:

• Velocità di cut-in: 3 m/sec • Velocità ottimale: 12,5 m/sec • Velocità di cut-off: 17 m/sec • Diametro pale : 3m • Potenza a 9 m/sec: 1,3 kW • Potenza a 12,5 m/sec 2,5 kW

Legge di Betz per il calcolo dell’energia eolica

La formula per calcolare l'energia del vento a una certa velocità è:

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Velocità (in m/s) x densità dell'aria (1,225 kg per m3) x 0,5 = Watt (per mq). La legge di Betz dice che è possibile convertire in energia meccanica solo il 59% dell'energia contenuta nel vento. Infatti, una turbina eolica devia il vento già prima che esso arrivi alla turbina stessa, ragion per cui non è possibile sfruttare per intero l'energia del vento. P = 0.5*ρ*C p*3,14*R2*v 3 Con:

-3,14*R2: area spazzata (R raggio) -ρ: densità dell’aria -v: velocità del vento -Cp: coefficiente di potenza

Cp è un indice di misura dell'efficienza aerodinamica, si ricava dal grafico sottostante

3.3.3.2. Indicatori di Risultato Non vi sono dati sufficientemente significativi per cercare parametri valutativi dell’intervento. L’installazione di turbine implica produzione di energia elettrica a fronte di interventi ad hoc lungo corsi d’acqua, condotte in pressione, scarichi di depurazione, ovunque vi è un salto di quota ed una portata accettabile. Nome Indicatore Finalità kWh prodotti dall’impianto Valutare i kWh prodotti dall’impianto.

kg di CO2 immessi in aria Valutare il quantitativo di CO2 risparmiato nell’aria a fronte della produzione elettrica

Grado di apprezzamento della popolazione

Valutare il grado di apprezzamento che la popolazione ha nei confronti dei sistemi.

% di imprese interessate Numero di imprese che hanno integrato l’eolico nella propria attività

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Investimenti privati indotti Volume di affare indotto da investimenti privati sull’eolico.

Nome Indicatore Risultato aspettato Interventi consigliati per il fine kWh prodotti dall’impianto

Un risultato soddisfacente è la produzione di 1.400 kWh

Kg di CO2 immessa in aria

Un abbattimento di almeno 4 Kg CO2/anno per nucleo familiare

.

Grado di apprezzamento della popolazione

L’interesse collettivo verso l’energia eolica si manifesta attraverso l’istallazione di microeolico da parte di privati cittadini

-Sensibilizzazione e informazione attraverso convegni e fiere;

Agevolazioni finanziarie e fiscali a chi è interessata ad integrare la tecnologia nelle proprie abitazioni

% di imprese interessate

Il 10 % delle impresi operanti in settori turistici (agriturismo), si dotano di sistemi eolici

Agevolazioni finanziarie e fiscali a chi è interessata ad integrare la tecnologia nelle proprie aziende.

Investimenti privati indotti

Agevolazioni per la costruzione di impianti eolici a scopo produttivo

Nome Indicatore: Efficiency Wind Assessment (EWiA) Trend Voto Valutazione

Positivo 7 -10 Almeno 80 % degli indicatori di risultato hanno superato il dato minimo e il rimanente 20 % ha un andamento crescente.

Sufficiente 4-6 Almeno il 50 % degli indicatori hanno superato il dato minimo e il 50 % del rimanente ha un andamento crescente.

Negativo 1-3 Solo il 20 % degli indicatori hanno superato il dato minimo e il restante non ha risultati soddisfacenti.

EWiA va valutata dopo un anno di funzionamento del sistema

3.4. Biomassa È definita biomassa una qualunque sostanza organica (non fossile) di origine animale o vegetale , fra questi è possibile citare residui di lavorazione (scarti segherie), colture agricole (colza) e non ultima la frazione organica dei rifiuti. Secondo la loro natura è possibile usarle per bruciarle ed ottenere calore, convertirli in combustibile (etanolo, bioetanolo,…), o utilizzate per generare energia elettrica tramite processi termochimici (combustione) o biochimici (produzione di energia per reazione chimica, ad es. la produzione di biodiesel). Attualmente i metodi maggiormente usati sono:

• La produzione di biogas mediante la fermentazione anaerobica

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• La trasformazione in combustibili liquidi • La combustione diretta

Fra questi, il metodo per lo sfruttamento delle biomasse maggiormente utilizzato è la combustione diretta che può essere fatta sia su grande scala all’interno di centrali, dove la combustione di questi biocombustibili è utilizzata per la produzione di vapore che andrà poi ad alimentare una turbina oppure, in scala ridotta per le civili abitazioni quali le termocucine a legna (utilizzate sia per il riscaldamento che per la cottura cibi), termocamini a legna, che presentano scambiatori al loro interno, caldaie a legna in cui sono largamente usati combustibili legnosi quali pellets e cippato. Una tecnologia che si sta sviluppando è quella della gassificazione che consiste nel rendere possibile la reazione con l’ossigeno da parte del combustibile solido per trasformarlo così in combustibile gassoso, attraverso questa tecnologia è possibile ottenere da materiale come il legno, residui agricoli e rifiuti, un gas combustibile dall’utilizzo più flessibile, infatti può essere pensato al suo utilizzo in MCI, turbine a gas o per l’alimentazione di celle a combustibile, il processo di gassificazione può essere usato anche per ottenere direttamente idrogeno per alimentare le fuel cell. Un altro tipo di tecnologia che ha come obiettivo quello di ottenere combustibili liquidi per agevolarne il trasporto è la pirolisi che trasforma un combustibile a bassa densità energetica in uno a maggiore potere calorifico. Si basa fondamentalmente su una decomposizione termochimica del materiale ad una temperatura che può arrivare a circa 800°C ed in totale assenza di un agente ossidante. Il grado di decomposizione dei componenti dipende dai parametri di processo (temperatura di reazione, pressione,…). La pirolisi può avvenire secondo più tecniche:

• La carbonizzazione, è il processo maggiormente sviluppato, si attua a temperature di processo comprese fra 300°C e 500°C e consente l’ottenimento della sola frazione solida, per questo motivo si fa in modo da minimizzare le altre componenti;

• La pirolisi convenzionale, si attua a circa 600°C e da cui si ottengono approssimativamente le tre frazioni (solido, liquido, aeriforme) in egual misura;

• La fast pirolisi, attuata anch’essa a circa 600°C ed in cui si fa in modo da far avvenire le reazioni velocemente in modo da limitare la formazione di composti intermedi, la frazione che ne viene fuori è principalmente liquida;

• La flash pirolisi, si attua a temperature superiori ai 700°C e con tempi di reazione brevi, anch’essa fa favorisce la formazione della parte liquida ma a differenza della “fast” il liquido finale ha una minore variazione di composizione.

Un’altra possibile alternativa per recuperare energia dai rifiuti è rappresentata dalla termovalorizzazione dei rifiuti che consente oltre al semplice recupero di energia anche di inertizzare i rifiuti, ridurre la quantità di rifiuti smaltiti in discarica con un conseguente aumento dei volumi disponibili all’interno di esse. La termovalorizzazione può essere effettuata in 3 maniere:

• Incenerimento diretto dei rifiuti; • Incenerimento dei rifiuti dopo una separazione meccanica dei rifiuti stessi in

maniera grossolana; • Incenerimento dei rifiuti dopo una loro separazione raffinata in modo da

aumentarne il suo potere calorifico.

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Un impianto di incenerimento deve prevedere, oltre al forno inceneritore, non solo una separazione dei rifiuti ma anche un sistema di recupero energetico ed uno di bonifica dei fumi . Per quanto riguarda le tecnologie di conversione biochimica abbiamo detto possono essere sia di tipo aerobico che anaerobico. Il sistema anaerobico avviene in assenza di ossigeno e si basa sull’utilizzo di microrganismi che agendo sulle sostanze organiche produce biogas costituito per la maggior parte da metano e CO2. Tale processo avviene all’interno di un digestore all’interno del quale viene immessa una sostanza secca ed acqua, il digestore si mantiene per circa 20 giorni ad una temperatura che si aggira intorno ai 35°C. Nel sistema aerobico i microrganismi operano in presenza di ossigeno liberando CO2, H2O e calore, proprio questo calore può essere sfruttato a mezzo di appositi scambiatori di calore. Un altra tecnologia consiste nell’utilizzo diretto di sostanze organiche come ad esempio oli vegetali estratti da piante (colza, girasole,…), questi possono essere utilizzati direttamente o dopo essere stati sottoposti ad un processo di esterificazione con alcool etilico - metilico per ottenere come risultato ultimo un prodotto molto simile al gasolio. Infine si può pensare alla fermentazione alcolica, processo che trasforma tramite processi di fermentazione e distillazione le sostanze vegetali ricche di glucosio (zucchero, cellulosa,…) in alcool (bioetanolo) che in alcuni paesi è usato direttamente per alimentare i MCI, in questo senso molto utili per l’abbattimento delle emissioni di CO2 e di inquinanti in generale derivanti dai dei mezzi di trasporto infatti, essendo il bioetanolo di origine vegetale non è causa rilevante di emissioni. 3.3.1. Indicatori di Contesto Nome Indicatore Finalità

Presenza aree protette Valutare la presenza di aree di interesse paesaggistico % di differenziata Valutare la quantità della raccolta differenziata Qualità della differenziata Valutare la qualità della raccolta differenziata Quantità di umido raccolto Valutare la quantità di umido prodotto e raccolto.

Valutazione degli indicatori:

Nome Indicatore Utilizzo corretto Interventi consigliati Presenza aree protette

Le arree protette sono indice di non compatibilità con il sistema di termovalorizzazione dei rifiuti.

% differenziata

Alla base della termovalorizzazione ci sta la raccolta differenziate, parte fondamentale del processo di recupero energetico

Avviare dove non previsto un sistema di raccolta differenziata; Informare ed educare la popolazione.

Qualità della differenziata

Analizzare la qualità della differenziata, intesa come grado e capacità di dividere i materiali e

Corsi e convegni per l’educazione dell’uso dei materiali riciclati;

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recuperare i loro usi Sensibilizzazione dei giovani verso l’argomento.

Quantità di umido raccolto

L’umido è la sola parte che deve essere termovalorizzata, quantità esigue implicano la non convenienza economica alla costruzione di un termovalorizzatore.

L’installazione fuori il centro abitato, utilizzando i crinali delle colline

3.3.2. Indicatori di Risultato Nome Indicatore Finalità Qualità dell’aria Valutare la qualità dell’area del territorio coinvolto

Quantità dei rifiuti in discarica Valutare la quantità dei rifiuti che ancora vengono smaltite in discarica

Diminuzione tassa rifiuti Volume la % di abbassamento del costo in bolletta per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani

Nome Indicatore Risultato aspettato Interventi consigliati per il fine

Qualità dell’aria

Il controllo dell’area diventa fondamentale per l’efficienza dell’impianto. I valore di inquinamento non devono superare i limiti di normative.

- monitoraggio continuo attraverso centraline di controllo.

Quantità di rifiuti in discarica

Azzeramento dei rifiuti in discarica.

Rafforzare i sistemi di raccolta differenziata attraverso aggiornamenti e sensibilizzazioni degli attori coinvolti

Diminuzione tassa rifiuti

Abbassamento della tariffa per lo smaltimento dei rifiuti per un importo pari ad almeno il 50 %

Sistemi di pesatura dei materiali di riciclo prodotti dai nuclei familiari.

Nome Indicatore: Efficiency Biomass Assessment (EBA) Trend Voto Valutazione

Positivo 7 -10 Almeno 80 % degli indicatori di risultato hanno superato il dato minimo e il rimanente 20 % ha un andamento crescente.

Sufficiente 4-6 Almeno il 50 % degli indicatori hanno superato il dato minimo e il 50 % del rimanente ha un andamento crescente.

Negativo 1-3 Solo il 20 % degli indicatori hanno superato il dato minimo e il restante non ha risultati soddisfacenti.

EBA va valutata dopo un anno di funzionamento del sistema

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4. Forme di accumulo Le fonti di energia rinnovabili sono contraddistinte dall’essere aleatorie, per questo è necessario prevedere una qualche forma di accumulo energetico per fare in modo che l’energia prodotta in eccesso durante il funzionamento a regime degli impianti non venga dispersa ma possa essere immagazzinata e resa disponibile quando necessaria. Il metodo maggiormente utilizzato come forma di immagazzinamento è l’utilizzo di bacini idroelettrici di raccolta, quando la produzione energetica eccede ai consumi viene pompata acqua da un bacino a valle ad uno a monte, acqua che successivamente nei momenti di maggior richiesta viene fatta precipitare per produrre energia a mezzo di una turbina posta a valle, ovviamente, il bacino a monte potrebbe anche essere utilizzato come bacino di raccolta per le acque meteoriche.

Fonte: http://auladitecnica.splinder.com

Un altro sistema molto utilizzato sono le batterie (accumulatori) che però presentano problemi di inquinamento sia per via delle sostanze tossiche/nocive contenute nelle stesse, sia per il fatto che, data la limitata loro vita.

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Fonte: http://www.suva.ch

Un ulteriore mezzo per accumulare energia può essere l’immagazzinamento sotto forma di idrogeno. Il vettore energetico idrogeno è di notevole interesse sia nel settore dei trasporti sia nel settore stazionario per via del fatto che l’inquinamento durante il suo utilizzo è pressoché nullo, questo fa di esso il sistema di accumulo ideale per un sistema energetico sostenibile. I processi utilizzati per ottenere questo vettore energetico sono principalmente due, la conversione di combustibili fossili tramite processi termochimici oppure, scissione di una molecola d’acqua tramite elettrolisi. Per la sua produzione a partire da fonti rinnovabili il metodo utilizzato è quest’ultimo, questo processo sfrutta l’energia elettrica per ottenere idrogeno ed ossigeno dall’acqua, processo che viene ripercorso in senso inverso nelle celle a combustibile ove, l’idrogeno viene ricombinato con l’ossigeno ottenendo come prodotto della reazione acqua ed energia elettrica.

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5. Impronta Ecologica, come dato fondamentale sulla salute del territorio.

L'impronta ecologica è un indice statistico utilizzato per misurare la richiesta umana nei confronti della natura. Essa mette in relazione il consumo umano di risorse naturali con la capacità della Terra di rigenerarle.

In altre parole, essa misura l'area biologicamente produttiva di mare e di terra necessaria per rigenerare le risorse consumate da una popolazione umana e per assorbire i rifiuti corrispondenti. Attraverso la stima di questo parametri si è in gradi di capire quanta superficie terrestre, opportunamente utilizzata, accorerebbe per poter equilibrare i consumi e i rifiuti che la popolazione quotidianamente consuma e produce. Analizzando questo dato e scendendo nel contesto locale si è in grado di capire quale è il rapporto pro-capite tra il consumo e la disposizione di territorio e da un confronto dei dati si può riuscire ad migliorare questo rapporto, cercando, il più possibile di invertire l’attuale tendenza. In pratica consumare e produrre meno inquinamento di quello che il nostro pianeta è in grado di smaltire.

L'intera superficie delle terre emerse è composta all'incirca da:

• foreste ed aree boschive (34 %) • pascoli permanenti (23 %) • terra arabile (10 %) • terra costruita (2 %) • altri suoli: ghiacciai, rocce, deserti, ecc. (32 %).

Per calcolare l'impronta relativa ad un insieme di consumi si mette in relazione la quantità di ogni bene consumato (es. grano, riso, mais, cereali, carni, frutta, verdura, radici e tuberi, legumi, ecc.) con una costante di rendimento espressa in kg/ha (chilogrammi per ettaro). Il risultato è una superficie. Per calcolare l'impatto dei consumi di energia, questa viene convertita in tonnellate equivalenti di anidride carbonica, ed il calcolo viene effettuato considerando la quantità di terra forestata necessaria per assorbire le suddette tonnellate di CO2.

Il concetto di impronta ecologica è stato introdotto nel 1996 da Mathis Wackernagel e William Rees. Ma solo dopo il 1999 il WWF comincio a redigere e aggiornare periodicamente il calcolo dell'impronta ecologica nel suo Living Planet Report. Nel 2003 Mathis Wackernagel e altri hanno fondato il Global Footprint Network, che si propone di migliorare la misura dell'impronta ecologica e di conferirle un'importanza analoga a quella del prodotto interno lordo. Il Global Footprint Network collabora attualmente con 22 paesi tra cui Australia, Brasile, Canada, Cina, Finlandia, Francia, Germania, Italia, Messico, Regno Unito, Russia, Sud Africa, Svizzera e con agenzie governative, autorità locali, università, istituti di ricerca, società di consulenza, associazioni. In Italia collaborano con il Global Footprint Network il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Chimiche e dei Biosistemi dell'Università di Siena, l'Istituto Ricerche Economico Sociali della Regione Piemonte, la società di ricerca e consulenza Ambiente Italia Srl, la Rete Lilliput. In Italia l'impronta ecologica è stata e viene calcolata non solo per l'intera nazione, ma anche su scala regionale e locale. Il Cras (Centro ricerche applicate per lo sviluppo sostenibile) ha

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calcolato l'impronta per la Basilicata, la Calabria, la Campania, la Liguria, la Puglia, la Sardegna, la Sicilia e la Toscana; l'Istituto Ricerche Interdisciplinari sulla Sostenibilità , costituito dalle università di Torino e di Brescia, ha calcolato l'impronta ecologica per la province di Ancona, Ascoli Piceno, Cagliari, Forlì-Cesena, Pesaro Urbino, Siena e per il comune di Follonica. Anche la Provincia di Bologna ha recentemente pubblicato i calcoli relativi all'impronta del proprio territorio. L’impronta ecologica è data dalla stima dei diversi consumi di una data popolazione, molto legata alle abitudini e tradizioni locali, in quanto fortemente legata a fattori influenzati dallo stile di vità della popolazione. Ma come si calcola nei fatti l’impronta ecologica? Occorre trasformare tutti i dati in superficie, tra i dati anche l’energia consumata ma anche intrinseca del bene, utilizzando come parametro di trasformazione l’anidride carbonica prodotta.

Principalmente si analizzano cinque categorie di consumi:

� servizi;

� alimenti;

� trasporti;

� abitazioni;

� beni di consumo.

I primi, i servizi, rappresentano tutte le comodità che oggi fanno parte della vità comune di ognuno di noi: internet, telefono, PC, ecc. Servizi sia pubblici che privati che consumano materiale ed energia. A titolo d’esempio usare il telefono per circa 4 ore comporta una impronta, sul territorio, di circa 200 mq. Gli alimenti, a differenza di un tempo, oggi concorrono molto di più ad aumentare il divario, infatti, oltre al terreno utilizzato per la loro coltivazione, oggi, bisogna tener conto anche del trasporto e le distanze che, questi, percorrono per arrivare sulle nostre tavole. 1 kg di pane ad esempio comporta 10 mq di territorio. I trasporti hanno un peso rilevante sul calcolo dell’impronta, in quanto si rendono colpevoli dell’enorme quantità di CO2 che immettono nell’aria. Basti pensare solamente che percorrere 10 km in bici comporterebbe un’impronta di 122 mq, in autobus di 425 mq, mentre percorrere lo stesso tragitto in auto comporta uno spreco di territorio di 2140 mq. Le abitazioni hanno un duplice effetto sull’impronta, il primo è il suolo che occupano e il secondo è l’energia che consumano. Una casa da 150 mq, crea un’impronta di circa 10 volte maggiore, questo dato diminuisce se aumentano le persone che abitano l’appartamento. In fine i beni di consumo, che oggi giorno, grazie anche all’effetto globalizzazione cominciano ad avere un ruolo forte nel calcolo di questo dato. Il peso non deriva solo dalla produzione in se, ma anche dalle distanze che questi beni percorrono, basti pensare che un semplice maglione di lana, oggi, crea un’impronta ecologica di circa 400 mq. Da questi semplici dati è facile intuire come un paese con stile di vita più caotico e con maggiori consumi di fatto, interferisce notevolmente su l’intero equilibrio mondiale. La metropoli cosi come oggi è strutturata, diventa peso enorme non solo per se stessa, ma trascina a se molti territori limitrofi, innalzando di molto il peso ecologico sull’intero territorio. Il calcolo dell’impronta ecologia porta ad una serie di analisi valutative, la sua applicazione, anche se ancora molto carica di critiche, può guidare le scelte delle amministrazione e variare il peso intrinseco dell’intervento. All’interno del calcolo globale

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dell’opera da realizzare, la valutazione dell’impronta ad essa associata può far modificare diversi criteri d’intervento e indirizzare verso scelte che possono anche apparire inizialmente economicamente svantaggiose se analizzate a corto raggio, ma che di fatto risultano importanti per il territorio. 5.1. La situazione in Sicilia Il WWF si è occupato molto di questo tema, e attraverso molti studi e ricerche è riuscita a formulare una stima molto precisa sulla situazione regionale della nostra Nazione. Basandosi principalmente su dati dei consumi medi e sulla produzione dei rifiuti, dallo studio fatto, si è tirato fuori un dato medio sull’impronta ecologica pari a 3,5 ha globali/procapite. Tra le regioni italiane si hanno grosse differenze, e quella che ha avuto l’impronta ecologica più bassa è proprio la Sicilia con 3,37 ha globali/procapite.

Confronto dell’impronta ecologica tra sei regioni (fonte www.cras-srl.it)

Con i dati oggi in possesso le uniche regioni in grado di soddisfare i propri bisogni sono la Basilicata e la Sardegna, con ancora un surplus di superficie che può “teoricamente” rendere autosufficienti i loro territori. La Sicilia, allo stato attuale, non è in grado di sopperire ai suoi consumi. Ad oggi la Sicilia si ritrova con un deficit procapite di 1,47 ha, che determina una incapacità di poter soddisfare le proprie esigenze in termini ambientali. Proprio dal rilancio energetico del territorio e dall’abbassamento dei consumi, sostituendoli con forme energetiche rinnovabili si può annullare questo divario, con le giuste politiche d’intervento si può essere in grado di invertire tale parametro e riportare l’intero territorio ad uno stato di salubrità ecologica, che diventa punto di partenza per il rilancio economico dell’intera isola. Il consumo del capitale naturale dell’isola grava su tutto il suo territorio, trascinandosi dietro tutte le conseguenze economiche e sociali. E’ sicuramente necessario

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un cambiamento totale dell’intero territorio, il punto di vista del dato è insensibile alla buona condotta del singolo individuo, in quando una area di forte impatto, come molte delle zone industriali presente in Sicilia, sono in grado di consumare, oltre al proprio, anche il territorio limitrofo, trascinando con se anche chi non fruisce direttamente del beneficio economico dell’area.

Sintesi dei dati in Sicilia (fonte cras-srl.it)

Un cambiamento globale è indispensabile, ma l’intervento come dimostrano i fatti è sempre complicato e di difficile attuazione. La “rivoluzione” ecologica non può che essere affidata ai piccoli centri che oggi, nonostante posseggano una impronta ecologica migliori delle grandi metropoli, rischiano di scomparire. La “distruzione” della metropoli per la rinascita dell’identità culturale, questo è il metodo di intervento immediato ed efficace per invertire la tendenza attuale, tendenza che deve necessariamente subire modifiche perchè al colmo di un sistema esausto. Attraverso questo modello si vuole offrire all’amministrazione uno strumento per l’individuazione della più provabile via di rinnovo del territorio. La ricerca della sopravvivenza, per molti comuni, va fatta sul proprio territorio, l’unico in grado di poter offrire ancora speranze. Lo “sfruttamento” delle proprie risorse non deve essere più visto nella sua eccezione più negativa, ma diventa motore di rinascita attraverso l’uso dell’energia, unico motore dell’intero universo. Attraverso l’applicazione dei modelli proposti si è in grado di offrire un’impronta ecologica al proprio territorio in grado di sopperire ai propri bisogni fondamentali per la sua autosostenibilità. Il cambiamento non deve essere forzato verso scelte individuali, ma la concertazione proveniente dallo studio delle identità locali, attraverso il ripristino di vecchi mestieri e tradizioni, accompagnate da nuove tecnologie, in grado di migliorare e diminuire il proprio peso nei confronti della collettività. Per molti comuni siciliani questo non è più un consiglio, ma diventa quasi un imperativo per non rischiare la loro inesorabile estinzione.

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5.2. Metodi e criteri generali di calcolo

Si considera l'utilizzo di sei categorie principali di territorio:

• terreno per l'energia: l'area di foresta necessaria per assorbire l'anidride carbonica prodotta dall'utilizzo di combustibili fossili;

• terreno agricolo: superficie arabile utilizzata per la produzione di alimenti ed altri beni (iuta, tabacco, ecc.);

• pascoli: superficie destinata all'allevamento; • foreste: superficie destinata alla produzione di legname; • superficie edificata: superficie dedicata agli insediamenti abitativi, agli impianti

industriali, alle aree per servizi, alle vie di comunicazione; • mare: superficie marina dedicata alla crescita di risorse per la pesca.

Le diverse superfici sono ridotte ad una misura comune, attribuendo a ciascuna un peso proporzionale alla sua produttività media mondiale; si individua così l'"area equivalente" necessaria per produrre la quantità di biomassa usata da una data popolazione (mondiale, nazionale, regionale, locale), misurata in "ettari globali" (gha).

L'impronta ecologica F viene calcolata con la formula:

dove Ei è l'impronta ecologica derivante dal consumo Ci del prodotto i-esimo e qi, espresso in ettari/chilogrammo, è il reciproco della produttività media per il prodotto i-esimo.

L'impronta ecologica pro capite f viene calcolata dividendo per la popolazione N residente nella regione considerata:

Impronta Ecologica nazionale Secondo il Living Planet Report 2002, curato dal WWF Internazionale in base ai dati di Redefining Progress sull'impronta ecologica e dell'UNEP World Conservation Monitoring Centre sulla biodiversità, l'italiano medio ha un'impronta ecologica 3.84 unità equivalenti (3.57 unità equivalenti di ecosistemi produttivi terrestri e 0.27 unità equivalenti di ecosistemi produttivi marini). Un quadrato di 196 metri di lato, fatto per il 7.03% da mare, per il 7.81 % da foreste, per il 21 % da terreni agricoli, per il 4.68% da pascoli, per il 1.82 % da superfici edificate (città, strade, infrastrutture), e per ben il 57.5% da aree per l'assorbimento dell'anidride carbonica. Il nostro paese possiede una capacità biologica di 1.18 unità di superficie a persona ed è quindi pesantemente in deficit di 2.66 unità di superficie: ci vorrebbe un territorio equivalente a tre volte l’Italia per

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soddisfare i nostri consumi. Il primo calcolo dell'impronta dell'Italia risale al 1996, in occasione della pubblicazione del libro di Wackernagel e Rees: risultava di 3.11 ettari, non essendo ancora utilizzato il metodo di conversione in ettari globali. Nel corso di questi anni la metodologia di calcolo è stata continuamente aggiornata per affinare sempre di più le capacità del sistema.

Impronta Ecologica urbana in Italia sono stati sperimentati quattro metodi di calcolo:

1. Partire dai dati ufficiali su importazioni ed esportazioni . 2. Utilizzare dati locali ed il foglio di calcolo in Excel elaborato da M. Wackernagel e

W. E. Rees per la stima dell'impatto personale e delle famiglie. 3. Partire da dati nazionali e locali e calcolare la proporzione pesata tra impronta

nazionale e locale confrontando i dati. 4. Usare diversi metodi di calcolo e confrontare i risultati.

Il modello proposto sopperisce a diversi problemi, ad esempio per il calcolo a livello locale spesso i dati relativi a commercio e consumi non sono facilmente reperibili. Anche se spesso le impronte di una popolazione regionale o municipale possono essere estratte dall'impronta nazionale, in alcuni casi questo non è possibile. Molti territori interni della Sicilia, ad esempio, godono di stili di vita del tutto propri e di difficile confronto. L’analisi territoriali di tali centri, accompagnata da indagini sul luogo attraverso questionari e ricerche legati alle tradizioni ci consentano di ricavare un calcolo più accurato e formare una banca dati di utile interesse, anche per chi, ad esempio, vuole semplicemente cercare un posto dove vivere. La maggior parte delle città raccoglie dati sufficienti sull'uso dell'automobile, sulle abitazioni, sul consumo energetico, le entrate o i costi della vita nella propria area, il che permette un confronto tra i modelli di consumo nazionale e locale. A livello comunale è possibile per le aree edificabili disporre direttamente di dati da trasformare in ettari pro capite di terreno. Anche da un punto di vista dei materiali utilizzati per la costruzione dei fabbricati, che come visto prima rientrano nel calcolo dell’impronte, molti comuni dell’interland siciliano differiscono molto. Le tradizioni locali modificano molto i metodi e i materiali costruttivi, rendendo difficile il confronto con i risultati nazionali. La comparazione dei dati disponibili delle realtà urbane sul territorio nazionale hanno presentano una sostanziale uniformità per delle categorie funzionali al calcolo dell'Impronta Ecologica sulla base del numero di abitanti a prescindere, quindi dalla collocazione geografica (Settentrione, Centro, Meridione). Dai dati ISTAT risulta comune, infatti, che due città entrambe di circa 70000 abitanti (ad es.) entrambe capoluogo di provincia abbiano lo stresso apparato terziario e di servizi e paragonabili risultino il volume dei commerci e le produzioni delle realtà agricole e/o industriali insistenti sul territorio comunale. Ma è chiaro che la stessa cosa non può essere fatta per territori e comuni di natura diversa da un capoluogo di città, in questo caso l’intervento diretto diventa essenziale per il corretto dimensionamento energetico.

Metodo di calcolo elaborato da M. Wackernagel e W. E. Rees Il calcolo si effettua utilizzando l'approccio "per componenti" inserendo i dati locali nel foglio di calcolo elaborato da Wackernagel - Rees nella versione più aggiornata in cui l'impronta ecologica è espressa in unità di superficie/procapite. Il problema più rilevante è che la stima dei

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consumi cambia significativamente in funzione dell'entità delle comunità a cui il calcolo si riferisce (si ripresenta il problema espresso precedentemente). Alcuni dati diventano di semplice ricavabilità, ad esempio, i consumi sono deducibili direttamente dai dati ENEL a livello locale. Diversa è la situazione per gli alimenti e gli altri beni, dipendono molto dalle tradizioni locali e dagli stili di vita propri degli abitanti. In questo caso bisogna operare direttamente in loco o attraverso deduzioni che cerchino di ricondurre i dati alle forme necessarie per il calcolo: ad esempio per i consumi alimentari, una delle voci fondamentali per una corretta stima dell'impronta, è necessario riferirsi a quantità in peso. Un primo riferimento è costituito dai dati ISTAT aggiornati sui consumi medi delle famiglie che riportano le spese mensili per regione accorpate in macrocategorie. Un calcolo più preciso è dato dalla disgregazione dei beni alimentari, questo si effettua per ogni categoria facendo la proporzione tra consumi regionali, per esempio per "pane e cereali" si calcola un coefficiente di proporzionalità C:

C = (SPESA in pane e cereali Locale/ SPESA in pane e cereali Regionale) x 100

Si calcolano poi le categorie di dettaglio (Pane, grissini e crackers, Biscotti, Pasta e riso, Pasticceria e dolciumi) moltiplicando il valore regionale per il coefficiente C. Il calcolo viene ripetuto per ognuna delle categorie disponibili. In tal modo è possibile ricavare i valori più dettagliati per le diverse categorie di consumo riferiti alla regione, si ipotizza che i consumi urbani siano simili. Per ottenere il dato relativo all'impronta ecologica di ogni categoria di consumo si utilizzano le ultime matrici di calcolo fornite da Wackernagel dalle quali sono stati estratti i coefficienti moltiplicativi che servono per la valutazione dell'impronta ecologica in tutte le sue componenti, ad esempio, per il calcolo della superficie agricola necessaria per il consumo di pane, grissini, cracker, etc. procedendo in questo modo:

Territorio Agricolo = ki x consumo medio mensile procapite di pane, grissini e crackers

dove ki è il coefficiente di calcolo fornito da Wackernagel e rappresenta, in mq, l'impronta ecologica associabile al consumo di 1 kg di pane, grissini e crackers. Per le categorie non alimentari essendo difficile rapportare il dato economico disponibile al dato quantitativo richiesto dalla matrice fornita da Wackernagel si può utilizzare direttamente parametri "monetari", in dollari, considerando un valore medio del cambio dollaro/euro di riferimento e quindi attualizzare il dato con il calcolo dell'inflazione cumulata negli anno di riferimento ad oggi. Analogamente si procede per i trasporti, utilizzando i dati alla spesa relativa a trasporti pubblici forniti dalle aziende di trasporto municipalizzate o operanti comunque sul territorio, per l'energia utilizzano i dati elaborati forniti dall'ENEL e da altri affluenti energetici (centrali termoelettriche o altro) presenti sul territorio e connessi alla locale rete di distribuzione. In questo computo possono essere compresi anche le eventuali royalties derivanti da sfruttamenti energetici nel territorio.

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Considerazioni finali

L'impronta ecologica ha parecchi limiti, riconosciuti dagli stessi autori. In primo luogo riduce tutti i valori ad un sola unità di misura, la terra. Ciò distorce la rappresentazione di problemi complessi e multidimensionali.

Relativamente all'energia, vi sono problemi di stima del rendimento; non si fa riferimento all'approvvigionamento da fonti non rinnovabili; non sono considerate altre emissioni oltre a quella di CO2; nel caso dell'energia nucleare le scorie radioattive sono semplicemente ignorate. Poiché i consumi sono riferiti alle sole risorse rinnovabili, non viene misurata la dipendenza da risorse non rinnovabili (minerali, petrolio). Lo stesso si può dire per la produzione di rifiuti e di materiali non smaltibili. L'inquinamento non è considerato, ad eccezione delle emissioni di CO2.

Da ciò deriva che:

1. il danno ambientale reale è molto maggiore di quello che mostra l'impronta ecologica, perché non vengono considerati molti fattori degradanti;

2. l'impronta ecologica fornisce utili indicazioni, ma rimane uno strumento non definitivo per le scelte dei governi: anche se si dovesse raggiungere la parità tra consumi e disponibilità questo non ci assicurerebbe la soluzione dei problemi ambientali.

Alla luce di queste considerazioni sull’efficacia del calcolo, la questione dell’indagine accurata diventa ancor più di interesse comune. L’espansione del modello è necessaria in quanto non è accettabile che dal calcolo esce fuori l’analisi delle risorse rinnovabili, unico parametro efficace all’inversione della tendenza. Non è pensabile un rilancio legato solo al risparmio energetico, che, di fatto, abbassa l’impronta ma non sufficientemente da garantire un’adeguata autosufficienza. L’IRSSAT intende continuare lo studio attraverso lo sviluppo di un software costituito da un modello di calcolo ampliato in grado di, utilizzando i dati provenienti dall’applicazione di questo modello, fornire un dato ecologico legato, oltre che al territorio ed al suo sviluppo anche a tutti gli interventi messi in atto in campo ecologico. Il compito del nuovo modello sarà quello di indicare una previsione sull’effetto nel territorio causata da un intervento puntuale, fornendo all’amministrazione un ottimo parametro di riferimento per la guida delle scelte strategiche.

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Hanno partecipato alla stesura del documento: Salvatore Capra (ufficio progettazione settore energia I.R.S.S.A.T). Valerio Furnitto (ufficio progettazione settore urbanistica I.R.S.S.A.T.) Antonino Signorello (ufficio progettazione settore urbanistica I.R.S.S.A.T.) Un ringraziamento particolare viene dedicato al Presidente dell’IRSSAT Giuseppe Lo Bianco per l’impegno personale profuso in questo studio. CATANIA 21 Luglio 2009