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DOSSIER CON DATI E TESTIMONIANZE Numero 49 – Luglio 2019 Vertici internazionali: servono veramente ai poveri? Nazioni Unite | Agenda 2030 | Obiettivi per lo sviluppo sostenibile

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DOSSIER CON DATI E TESTIMONIANZENumero 49 – Luglio 2019

Vertici internazionali: servono veramente ai poveri?

Nazioni Unite | Agenda 2030 | Obiettivi per lo sviluppo sostenibile

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INDICE

Introduzione 3

1. Alla ricerca di una prospettiva di sviluppo sostenibile 4

2. L’Agenda 2030: una leva per il cambiamento? 7Il contenuto dell’AgendaMettere in pratica l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibileI risultati ad oggi: a che punto siamo?L’Italia e il piano nazionale per lo sviluppo sostenibile

3. Cos’è veramente lo sviluppo sostenibile? 13 Un reticolo di obiettivi e targetObiettivi e oltreCosa è ”sostenibile”?

4. Politiche coerenti per uno sviluppo realmente sostenibile 16Produttori di “armi sostenibili”La gestione delle migrazioniGuardare i nessi, per fare scelte di giustizia

5. Il problema della governance 23Un dialogo di “interessi” o di “diritti”?Gli spazi della società civile

6. L’impegno della Caritas a livello continentale e globale 26 Caritas EuropaCaritas Internationalis

7. Glossario 28

Note 29

A cura di: don Francesco Soddu | Massimo Pallottino | Paolo Beccegato

Testi: Massimo Pallottino

Foto: ONU | ASviS | Caritas Ambrosiana

Grafica e impaginazione: Danilo Angelelli

DOSSIER CON DATI E TESTIMONIANZENumero 49 | Maggio 2019

VERTICI INTERNAZIONALI: SERVONOVERAMENTE AI POVERI?

Nazioni Unite | Agenda 2030 |Obiettivi per lo Sviluppo sostenibile

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«L’Agenda 2030 e gli Obiettivi di sviluppo sostenibile, ap-provati da oltre 190 nazioni nel settembre 2015, sonostati un grande passo avanti per il dialogo globale, nelsegno di una necessaria “nuova solidarietà universale”(Laudato Si’, 14). Diverse tradizioni religiose, compresaquella cattolica, hanno accolto gli Obiettivi di svilupposostenibile perché sono il risultato di processi partecipa-tivi globali che, da un lato, riflettono i valori delle personee, dall’altro, sono sostenuti da una visione integrale dellosviluppo» 1.

La visione dello sviluppo umano integrale, fondatosulla dignità della persona e dello sviluppo «di tuttol’uomo e di tutti gli uomini» (Populorum Progressio) vaal di là dell’orizzonte dello sviluppo sostenibile accet-tato dalla comunità internazionale il 25 settembre2015, con l’adozione della dichiarazione Trasformareil nostro mondo: l’Agenda 2030 per lo sviluppo sosteni-bile. Ma, pur nella necessità di dover valorizzare tuttigli elementi di un umanesimo realmente integrale edevangelico, l’Agenda 2030 rappresenta una conver-genza importante e da valorizzare: essa riconosce in-fatti per la prima volta la necessità di un programmadi cambiamento esteso a tutti i Paesi del mondo. Laconnessione tra l’Agenda 2030 per lo sviluppo soste-nibile e la prospettiva dello sviluppo umano integralein un quadro di “conversione ecologica” è sviluppatanel documento Agenda 2030 e Laudato Si’ (vedi box),che sarà presto disponibile sul sito di Caritas Italiana.

Le sfide all’attenzione dell’umanità richiedonogrande sforzo e mobilitazione da parte di tutti. In unaprospettiva complessa come quella disegnata dal-l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, è però facile

il rischio di sviluppare una routine burocratizzata, chenon genera alcun cambiamento. Lo stesso papa Fran-cesco in occasione dell’approvazione dell’Agenda2030 avvertiva con lucidità: «La molteplicità e com-plessità dei problemi richiede di avvalersi di strumentitecnici di misurazione. Questo, però, comporta un du-plice pericolo: limitarsi all’esercizio burocratico di re-digere lunghe enumerazioni di buoni propositi –mete, obiettivi e indicazioni statistiche –, o credereche un’unica soluzione teorica e aprioristica darà ri-sposta a tutte le sfide. Non bisogna perdere di vista,in nessun momento, che l’azione politica ed econo-mica è efficace solo quando è concepita come un’at-tività prudenziale, guidata da un concetto perenne digiustizia e che tiene sempre presente che, prima e aldi là di piani e programmi, ci sono donne e uominiconcreti, uguali ai governanti, che vivono, lottano esoffrono, e che molte volte si vedono obbligati a vi-vere miseramente, privati di qualsiasi diritto» 2.

La sfida è dunque quella di tenere insieme la giustaattenzione dovuta agli elementi tecnici e di dettagliosenza perdere però di vista il progresso del quadro diinsieme verso una dimensione di maggiore giustiziaglobale e maggiore dignità umana 3.

3

Introduzione

VERTICI INTERNAZIONALI: SERVONO VERAMENTE AI POVERI?

L’orizzonte dello sviluppo umano integrale in un’ottica di conversione ecologica è ilriferimento della dottrina sociale della Chiesa, che a partire da alcune grandi encicli-che (come la Populorum Progressio, del 1967) ha trovato la sua articolazione più at-tenta allo stato attuale dell’umanità e del pianeta con l’enciclica Laudato Si’, del 2015.

Il documento Impegnarsi con l’Agenda 2030 nella prospettiva della Laudato Si’(luglio 2019) è stato elaborato da un gruppo di Caritas sotto la guida di CAFOD. Laversione italiana, adattata, è stata curata da Caritas Italiana (a destra la copertina).Questo documento identifica nove grandi ambiti di riflessione esaminando anchecriticamente il modo in cui essi sono affrontati nell’Agenda 2030. Gli stessi temisono poi ripresi alla luce della Laudato Si’ e della dottrina sociale della Chiesa, met-tendo in evidenza i punti su cui è possibile costruire una convergenza con la pro-spettiva delineata dalla comunità internazionale con l’Agenda 2030, e quelli apartire dai quali è necessario chiedersi come andare ancora oltre.

Impegnarsicon l’Agenda 2030nella prospettivadella Laudato Si’

Luglio 2019

AGENDA 2030 E “LAUDATO SI’”

Scarica il documento:https://bit.ly/32s6htH

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Lo sviluppo sostenibile sta diventando sempre di piùl’orizzonte di riferimento per coloro che si interessanodella realizzazione del bene comune. Si tratta di unaprospettiva positiva e benvenuta, a cui contribuiscononumerose iniziative pubbliche e private; tra le più im-portanti iniziative che hanno avuto luogo nel nostroPaese negli ultimi anni, il Festival dello sviluppo soste-nibile (vedi box) ha offerto un grande contributo nellostimolare e nel dare un orizzonte comune a numerosis-sime iniziative diffuse sul territorio. Altre organizzazionidella società civile, come il Forum del Terzo settore,hanno aperto al proprio interno una riflessione sullaquestione, mentre reti come la GCAP (Global Call to Ac-tion Agains Poverty) Italia contribuiscono ad alimentareun dibattito su come i diversi obiettivi, target e principidebbano trovare un orizzonte coerente e sinergico.

Se, dunque – e questa è una buona notizia –l’idea di sviluppo sostenibile permea in modo sem-pre più pervasivo il dibattito pubblico, ogni idea chesi afferma in modo così ampio e trasversale affrontaqualche rischio: in primo luogo quello di vedere lasua portata realmente innovativa in qualche modo

diluita all’interno di una comprensione più larga mameno specifica e soprattutto meno “disturbante”.Esiste, infine, la questione di come questi elementi“trasformativi” possono realmente essere assunti al-l’interno dei processi decisionali, e tradursi dunquein pratica, in esperienze, in progetti, in politichepubbliche.

Ma l’elemento di maggiore importanza al fine diproporre una “ricentratura” rispetto al contributo deltema dello sviluppo sostenibile nel dibattito pubblicoe nel processo di formulazione delle politiche pubbli-che viene da una domanda di fondo: in che misurafino ad ora il mondo ha sfruttato l’occasione per pro-muovere un mondo più sostenibile, più pacifico, piùaccogliente per i suoi abitanti, più rispettoso dei dirittidi sopravvivenza delle generazioni future?

1. Alla ricerca di una prospettivadi sviluppo sostenibile

Arrivato alla sua terza edizione, il Festival, promosso da ASviS, l’Alle-anza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile, è la più grande iniziativa ita-liana per sensibilizzare e mobilitare cittadini, giovani generazioni,imprese, associazioni e istituzioni sui temi della sostenibilità economica,

sociale e ambientale, diffondere la cultura della sostenibilità e realizzare un cambia-mento culturale e politico che consenta all’Italia di attuare l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e centrare i 17Obiettivi di sviluppo sostenibile. A testimoniare l’importanza di questa iniziativa, la candidatura dell’ASviS conil Festival 2018 tra i tre finalisti del premio istituito dal Segretariato delle Nazioni Unite SDG Action Awards(nella categoria Connector), che si rivolge a iniziative innovative e d’impatto per coinvolgere il pubblico e percostruire reti, al fine di stimolare il cambiamento richiesto dall’Agenda 2030.

Il Festival ASviS 2019 si è svolto in tutta Italia, dal 21 maggio al 6 giugno. 17 giorni, tanti quanti sono gli Obiettividi sviluppo sostenibile, e altri eventi nei Dintorni del Festival (14-20 maggio; 7-13 giugno). Il Festival è organiz-zato dall’Alleanza italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), con i suoi oltre 200 aderenti e il supporto dei par-tner. Nel 2018 gli eventi furono 702, mentre nel 2019 sono passati a 1059, promossi dalle università e dallescuole, da molte città, imprese, amministrazioni pubbliche e organizzazioni non governative, oltre che dal Se-gretariato dell’Alleanza e dai suoi Gruppi di lavoro.

Valutare lo stato e le prospettive dello sviluppo delpianeta è un compito molto complesso. Da una parteè importante riconoscere i progressi che sono statifatti negli ultimi decenni, e che hanno permesso amolte donne e uomini di migliorare le condizioni incui vivono. Ma è anche necessario affrontare con de-

cisione i problemi di un pianeta dove la lotta alla po-vertà non progredisce certo alla velocità sperata, edove non sempre le statistiche internazionali aiutanoa costruirsi una opinione pienamente rispettosa delletensioni e delle contraddizioni esistenti sul pianeta. Lestatistiche spesso utilizzate, quelle che definiscono la

4 CARITAS ITALIANA | DOSSIER CON DATI E TESTIMONIANZE

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povertà estrema con una soglia di 1,90 USD PPP (Pur-chase Power Parity – Parità di Potere di Acquisto) 1, of-frono della situazione della povertà nel mondo unquadro relativamente incoraggiante come nella figurache segue: un fenomeno in rapida e per certi versi ine-luttabile calo.

Tale soglia è però giudicata deltutto insufficiente da molti eco-nomisti, che suggeriscono diadottare misure diverse. Ammes-so che la sola soglia del redditopro capite possa rappresentareuna misura esaustiva, molti stu-diosi concordano che essa an-drebbe alzata almeno a 5 USDPPP al giorno 2. Nel valutare le sta-tistiche, occorre prendere in con-siderazione che le medie mondia-li e regionali nascondono delleenormi disparità: la maggior par-te degli avanzamenti in termini dilotta alla povertà sono stati in re-altà registrati in pochissimi Paesi,come la Cina, l’India e l’Indonesia.Che cosa succede se si prova arappresentare la situazione dellapovertà prendendo in considera-zione la soglia dei 5 USD PPP algiorno, e provando a togliere

dalla statistica la sola Cina 3? Oltre a notare l’impattodavvero catastrofico delle politiche di aggiustamentostrutturale che hanno dominato la scena globale finoalla fine del secolo scorso 4, il risultato di questa analisiè sorprendente: si evidenzia con chiarezza che il nu-mero dei poveri sul pianeta, al netto del contributo

della Cina, non è affatto diminuito ma è ri-masto praticamente stabile a partire dal2000.

Anche l’incidenza della povertà in per-centuale, dal 1981 a oggi non è diminuitadi più di 22 punti percentuali (dal 65,24%al 43,13%) ma di appena 7 (dal 55,09% al48,06%). Tali dati, rappresentati nella figuradella pagina seguente, non hanno l’obiet-tivo di oscurare i progressi che ci sonostati, ma di sottolineare la necessità di an-dare oltre statistiche spesso presentatefrettolosamente, forse proprio con loscopo di rassicurare la pubblica opinionesul fatto che “siamo sulla buona strada”.Anche i dati FAO, che nel 2018 hanno con-fermato un aumento del numero dellepersone che soffrono la fame per il terzoanno consecutivo, contribuiscono a richie-dere uno sguardo sullo stato del pianetache dovrebbe essere improntato al lucidoriconoscimento dei fenomeni e delle lorocause, piuttosto che su una retorica sem-pre e comunque ottimista.

PERSONE CHE VIVONO CON MENODI 1,90 DOLLARI AL GIORNO (IN MILIONI)

5VERTICI INTERNAZIONALI: SERVONO VERAMENTE AI POVERI?

Fonte: elaborazione propria su dati PovCalNet USD 2011 costanti,e World Population Prospects 2019

1990 1993 1996 1999 2002 2005 2008 2010 2011 2012 2013 2015

2.000

1.800

1.600

1.400

1.200

1.000

800

600

400

200

0

Mondo

Asia orientale e Pacifico

Sud-est asiatico

Africa subsahariana

America latina e Caraibi

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ANDAMENTO STORICO DELLA POVERTÀ NEL MONDONumeri assoluti e percentuale sulla popolazione, confronto con e senza la Cina

4.000

3.500

3.000

2.500

2.000

1.500

1.000

500

0

100,00%

90,00%

80,00%

70,00%

60,00%

50,00%

40,00%1981 1984 1987 1990 1993 1996 1999 2002 2005 2008 2010 2011 2012 2013 2015

Persone povere <5 USD PPP, numero in milioni (asse sinistro)Persone povere <5 USD PPP, numero in milioni (senza Cina) (asse sinistro)% popolazione povera <5 USD PPP (asse destro)% popolazione povera <5 USD PPP (senza Cina) (asse destro)

L’altro elemento di grande attenzione consiste nelprendere atto dello “stato di salute” del pianeta nel suocomplesso, e di come la società globale abbia preso lemisure con una situazione i cui effetti più estremi sonogià visibili nel mondo in cui viviamo, ma si tradurrannoin conseguenze drammatiche per le generazioni che se-guiranno la nostra. Non sembra però ancora che si siapreso particolarmente atto della necessità di invertirela tendenza del riscaldamento globale. L’ultimo rap-porto dell’IPCC 5 certifica che il riscaldamento globaledovrebbe raggiungere 1,5°C6 tra il 2030 e il 2052 se con-tinuerà ad aumentare alritmo attuale, mentre il li-vello di 1,5 gradi di au-mento entro il 2100 eraconsiderato il limite mas-simo che l’umanità avreb-be potuto sostenere senzacontraccolpi troppo gravi(soprattutto sulla parte dipopolazione mondiale piùpovera e vulnerabile).

In sintesi, le tendenzenon sono particolarmen-te tranquillizzanti. È ne-cessario “scavare” un po’nei dati a disposizioneper capire la reale dimen-sione dei fenomeni, e per

capire come occorra che ognuno (a partire dai Paesiricchi) faccia la propria parte. Ma proprio nel giorno incui queste righe vengono scritte, l’accordo destinatoa raggiungere l’obiettivo “zero emissioni” in Europaentro il 2050 viene bloccato dall’opposizione dei co-siddetti “Paesi di Visegrad” 7: una ulteriore dimostra-zione di come nel mondo attuale una politica orien-tata ai propri interessi particolari (almeno quelli a bre-vissimo termine…) entri sempre più in tensione conla necessità di un cambiamento ormai indifferibile perla sopravvivenza stessa dei figli di tutti.

Fonte: elaborazione propria su dati PovCalNet USD 2011 costanti, e World Population Prospects 2019

6 CARITAS ITALIANA | DOSSIER CON DATI E TESTIMONIANZE

PPP: Purchase Power ParityParità di Potere di Acquisto

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Il contenuto dell’AgendaL’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile rappre-

senta l’orizzonte adottato dalla comunità globale perfare fronte alle sfide sopra brevemente ricordate. Il 25settembre 2015 l’Assemblea Generale delle NazioniUnite approvò all’unanimità la dichiarazione dal titoloTrasformare il nostro mondo: l'Agenda 2030 per lo svi-luppo sostenibile. Questa agenda è entrata ufficial-mente in vigore l’1 gennaio 2016 e rappresenta ilconsenso globale per lo sviluppo fino al 2030. Una di-chiarazione ampia, che prevede un vero e propriocambio di passo in come lo sviluppo dovrebbe essereinteso dalla comunità internazionale: un programmauniversale applicabile a tutti i Paesi; il richiamo alla ne-cessità di una integrazione tra elementi di tipo am-bientale, di protezione e sradicamento della povertà,e di sostenibilità economica; la promozione della par-tecipazione diffusa di tutti i gruppi sociali; un approc-cio che affronta il tema delle diseguaglianze e assumecon particolare attenzione il principio del “non lasciarenessuno indietro”.

L’agenda è composta da cinque parti:1. Il preambolo2. La dichiarazione3. Gli Obiettivi per lo Sviluppo sostenibile (OSS)

(Sustainable Development Goals – SDGs)4. I mezzi di attuazione e il partenariato globale5. I meccanismi di follow-up e revisione

Il preambolo e la dichiarazione esprimono i principifondamentali dell’Agenda 2030 per lo sviluppo soste-nibile, alla cui luce vanno letti i 17 OSS e i 169 “tra-guardi” target. Alcuni dei principi fondamentali dell’A-genda sono bene espressi dai paragrafi 7-9 della di-chiarazione:

7. In questi Obiettivi e traguardi, esponiamo una vi-sione sommamente ambiziosa e trasformativa. Noi im-maginiamo un mondo libero dalla povertà, dalla fame,dalla malattia e dalla mancanza, dove ogni vita possaprosperare. Immaginiamo un mondo libero dalla paurae dalla violenza. Un mondo universalmente alfabetiz-zato. Un mondo con accesso equo e universale a un’edu-cazione di qualità a tutti i livelli, a un’assistenza sanitariae alla protezione sociale, dove il benessere fisico, mentalee sociale venga assicurato. Un mondo dove riaffer-miamo il nostro impegno per il diritto all’acqua potabilee a servizi igienici sicuri e dove ci sia un’igiene migliore; edove il cibo sia sufficiente, sicuro, accessibile e nutriente.Un mondo dove gli insediamenti umani siano sicuri, re-

sistenti e sostenibili e dove ci sia un accesso universalead un’energia economicamente accessibile, affidabile esostenibile.

8. Il mondo che immaginiamo è un mondo dove vigeil rispetto universale per i diritti dell’uomo e della sua di-gnità, per lo Stato di diritto, per la giustizia, l’uguaglianzae la non discriminazione; dove si rispettano la razza, l’et-nia e la diversità culturale e dove vi sono pari opportu-nità per la totale realizzazione delle capacità umane eper la prosperità comune. Un mondo che investe nellenuove generazioni e in cui ogni bambino può crescerelontano da violenza e sfruttamento. Un mondo in cuiogni donna e ogni ragazza può godere di una totaleuguaglianza di genere e in cui tutte le barriere all’eman-cipazione (legali, sociali ed economiche) vengano ab-battute. Un mondo giusto, equo, tollerante, aperto esocialmente inclusivo che soddisfi anche i bisogni dei piùvulnerabili.

9. Il mondo che immaginiamo è un mondo in cui ogniPaese gode di una crescita economica duratura, apertaa tutti e sostenibile, e in cui vi è un lavoro dignitoso perciascuno. Un mondo in cui i consumi, i processi di produ-zione e l’uso delle risorse naturali (dall’aria alla terra, daifiumi, i laghi e le falde acquifere ai mari e agli oceani),sono sostenibili. Un mondo dove democrazia, buon go-verno e Stato di diritto, così come un ambiente favore-vole a livello internazionale e nazionale, sono essenzialiper lo sviluppo sostenibile: per una crescita economicasostenibile e inclusiva, per lo sviluppo sociale, per la tu-tela dell’ambiente e per sconfiggere la fame e la povertà.Un mondo in cui lo sviluppo e l’impiego della tecnologiasono sensibili al clima, rispettano la biodiversità e sonoresilienti. Un mondo in cui l’umanità vive in armonia conla natura e in cui la fauna selvatica e le altre specie vi-venti sono protette.

L’Agenda è costruita su tutte le precedenti elabo-razioni concordate in seno alle Nazioni Unite, e suiprocessi che sono ancora in corso, come ad esempiole negoziazioni sul cambiamento climatico. Per que-sta ragione si può dire che i risultati dell’Accordo diParigi sul cambiamento climatico, negoziati pochimesi dopo l’adozione dell’Agenda 2030, siano da con-

2. L’Agenda 2030: una leva peril cambiamento? 1

7VERTICI INTERNAZIONALI: SERVONO VERAMENTE AI POVERI?

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Persone | Siamo determinati a porre fine alla povertà e alla fame, in tutte le loro forme e dimensioni, e adassicurare che tutti gli esseri umani possano realizzare il proprio potenziale con dignità e uguaglianza in

un ambiente sano.

Pianeta | Siamo determinati a proteggere il pianeta dal degrado, attraverso un consumo e una produzioneconsapevoli, gestendo le sue risorse naturali in maniera sostenibile e adottando misure urgenti riguardo il

cambiamento climatico, in modo che esso possa soddisfare i bisogni delle generazioni presenti e di quelle future.

Prosperità | Siamo determinati ad assicurare che tutti gli esseri umani possano godere di vite prosperosee soddisfacenti e che il progresso economico, sociale e tecnologico avvenga in armonia con la natura.

Pace | Siamo determinati a promuovere società pacifiche, giuste ed inclusive che siano libere dalla paura edalla violenza. Non ci può essere sviluppo sostenibile senza pace, né la pace senza sviluppo sostenibile.

Partnership Collaborazione | Siamo determinati a mobilitare i mezzi necessari per implementare questaAgenda attraverso una Collaborazione globale per lo sviluppo sostenibile, basata su uno spirito di rafforzata

solidarietà globale, concentrato in particolare sui bisogni dei più poveri e dei più vulnerabili e con la parteci-pazione di tutti i Paesi, di tutte le parti in causa e di tutte le persone.

LE CINQUE “P”

siderare parte integrante di essa. È inoltre importantenotare che l’Agenda deve essere considerata comeunica e interconnessa, e nessuna sua singola partepuò essere considerata in qualche modo autosuffi-ciente.

I 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (box paginasuccessiva) coprono, in modo più o meno completo,una vasta gamma di problemi tra cui: istruzione, assi-stenza sanitaria, sociale, protezione, migrazione, pacee giustizia, oceani, foreste, agricoltura sostenibile,cambiamenti climatici, lavori dignitosi e sviluppo eco-

nomico. Il sistema degli OSS è piuttosto complesso, ela misurazione dei progressi è affidata a 232 indicatori,sulla cui precisa definizione statistica è al lavoro ungruppo di esperti internazionali 2. Il sistema di obiet-tivi, target e indicatori è estremamente complesso, edi non facile gestione. Risulta forse più utile richiamarequelle che secondo il preambolo dell’Agenda sono lecinque aree definite «di importanza cruciale perl’umanità» e in cui ci si aspetta che l’Agenda 2030 pro-muova un vero miglioramento.

Eccole:

8 CARITAS ITALIANA | DOSSIER CON DATI E TESTIMONIANZE

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1. Porre finead ogni forma di povertànel mondo

2. Porre fine alla fame, raggiungerela sicurezza alimentare, migliorarela nutrizione e promuovere un’agricoltura sostenibile

3. Assicurare la salutee il benessere per tuttie per tutte le età

5. Raggiungere l’uguaglianzadi genere ed emanciparetutte le donne e leragazze

6. Garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibiledell’acqua e delle strutture igienico-sanitarie

7. Assicurare a tutti l’accesso a sistemi di energiaeconomici, affidabili, sostenibili e moderni

9. Costruire un'infrastrutturaresiliente e promuoverel’innovazione e unaindustrializzazione equa, responsabile esostenibile

10. Ridurrel’ineguaglianzaall’interno di efra le nazioni

11. Rendere le cittàe gli insediamentiumani inclusivi,sicuri, duraturie sostenibili

12. Garantire modelli sostenibilidi produzione e di consumo

13. Promuovere azioni, a tutti i livelli,per combattere il cambiamento climatico

14. Conservare e utilizzare in modo durevole gli oceani,i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile

15. Proteggere, ripristinare e favorire un usosostenibile dell’ecosistema terrestre

16. Promuovere società pacifiche e inclusiveper uno sviluppo sostenibile

17. Rafforzare i mezzi di attuazione e rinnovareil partenariato mondiale per lo sviluppo sostenibile

BIETTIVI PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE

4. Fornireun’educazionedi qualità, equaed inclusiva,e opportunitàdi apprendimentoper tutti

8. Incentivare unacrescita economicaduratura, inclusivae sostenibile,un’occupazionepiena e produttivaed un lavorodignitoso per tutti

9VERTICI INTERNAZIONALI: SERVONO VERAMENTE AI POVERI?

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Mettere in pratica l’Agenda 2030 per lo svilupposostenibile

Ma in che modo i diversi Paesi dovrebbero metterein pratica l’Agenda 2030? Chi dovrebbe promuoverla?Sotto la responsabilità di quali istituzioni? Una dellenovità più importanti dell’Agenda 2030 per lo svi-luppo sostenibile è che si tratta di un programma pertutti i Paesi del pianeta, e non soltanto per i cosiddetti“Paesi poveri”: in questo modo si riconosce che il fu-turo dell’umanità è responsabilità di tutti. Si tratta diun cambiamento molto significativo rispetto al pas-sato, dove la questione fondamentale era quella dei“poveri” che dovevano in qualche misura affrettarsi acambiare la loro situazione.

Questo significa che tutti i Paesi del mondo de-vono preparare un Piano nazionale per lo svilupposostenibile, che viene presentato alle Nazioni Unite,nel corso dell’High Level Political Forum on Sustaina-ble Development (HLPF) 3, che si svolge ogni anno nelmese di luglio a New York sotto gli auspici dell’ECO-SOC (il Consiglio Economico e Sociale delle NazioniUnite). Quanto avviene nel corso dell’HLPF di ognianno (nel box, un sommario dei temi in discussione nelcorso dell’HLPF 2019) è importante sotto diversi puntidi vista. In primo luogo è l’occasione per fare il punto

su alcuni tra gli obiettivi, concentrando l’attenzionesu alcune tematiche particolari (con il rischio però dicontribuire alla segmentazione dell’Agenda…).

In secondo luogo è l’occasione per i Paesi che lo de-siderino di presentare la propria Voluntary National Re-view (VNR) 4, in cui esprimere lo stato dell’arte con rife-rimento al proprio programma nazionale di svilupposostenibile. La presentazione delle VNR avviene tuttaviasecondo un calendario molto serrato, e con pocotempo a disposizione; si prevede in alcuni casi un bre-vissimo intervento di qualche rappresentante della so-cietà civile del Paese che effettua la presentazione, manon è possibile in questo contesto fare una discussioneminimamente approfondita. Oltre agli eventi relativiagli obiettivi sotto esame e le VNR esiste un folto pro-gramma di eventi paralleli (side events) ufficiali e nonufficiali, in cui qualsiasi organizzazione può presentareuna riflessione su una delle questioni in discussione.

Nel corso dell’anno che intercorre tra gli appunta-menti a New York, vengono organizzati degli incontritematici che hanno lo scopo di approfondire aspettispecifici. Tali eventi sono delle occasioni importantiper effettuare delle discussioni in profondità; tuttaviale modalità di organizzazione e partecipazione nonsono sempre completamente trasparenti 5.

Incontro del Forum politico di alto livello sullo sviluppo sostenibile del 2019, riunito sotto gli auspici delConsiglio economico e sociale (da martedì 9 a giovedì 18 luglio 2019), sul tema Dare potere alle personee assicurare inclusività e uguaglianza.L’insieme degli obiettivi da rivedere in profondità è il seguente:

Nel 2019, 47 Paesi (7 per la seconda volta) si sono offerti volontari per presentare i loro piani nazionali (VNR)all’HLPF. Il 2019 è inoltre il quarto anno del “ciclo di implementazione”, e in coincidenza con l’Assemblea Ge-nerale delle Nazioni Unite, che avrà luogo nel mese di settembre 2019, si terranno cinque eventi speciali,con lo scopo di fornire elementi per una revisione più generale della strategia.

Obiettivo 17.Rafforzare i mezzi

di attuazione erivitalizzare il

partenariato globaleper lo sviluppo

sostenibile.

Obiettivo 4. Garantire un’istruzione di qualità inclusivaed equa e promuovere opportunità di apprendimentopermanente per tutti.

Obiettivo 8. Promuovere una crescita economicasostenuta, inclusiva e sostenibile, un'occupazionepiena e produttiva e un lavoro dignitoso per tutti.

Obiettivo 13. Agire con urgenzaper combattere il cambiamento

climatico e i suoi impatti.

Obiettivo 10.Ridurre ledisuguaglianzeall’internoe tra i Paesi.

Obiettivo 16. Promuovere società pacifichee inclusive per lo sviluppo sostenibile, fornirel’accesso alla giustizia per tutti e creare istituzioniefficaci, responsabili e inclusive a tutti i livelli.

HIGH-LEVEL POLITICAL FORUMON SUSTAINABLE DEVELOPMENT

10 CARITAS ITALIANA | DOSSIER CON DATI E TESTIMONIANZE

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Il 2019 è un anno particolare: ogni quattro anni av-viene infatti una revisione complessiva dello stato diavanzamento dell’Agenda 2030, con l’esame più ap-profondito dei meccanismi di attuazione e di moni-toraggio. Quest’anno si terrà dunque il primo SDGSummit, in coincidenza con l’Assemblea Generaledelle Nazioni Unite (UNGA), sempre a New York il 24e il 25 settembre, insieme ad altri eventi destinati adapprofondire questioni specifiche, come il Summitsull’azione per il clima e il Summit sul percorso Fi-nanza per lo sviluppo (Finance for Development –FFD).

I risultati ad oggi: a che punto siamo?Tutto il meccanismo di messa in opera dell’Agenda

2030 non ha naturalmente un valore in sé. La sua effi-cacia si misura nella sua capacità di imprimere unasvolta rispetto ad una opzione di “sviluppo sostenibile”che deve essere assunta in una modalità sempre piùpiena dall’intera comunità globale. La situazione at-tuale sembra però offrire più di qualche motivo di pre-occupazione, sia sotto il profilo delle tendenze com-plessive che si manifestano sul pianeta, che sul pianodegli impegni assunti dagli Stati in una prospettiva disviluppo sostenibile.

Secondo il World Data Lab 6, per raggiungere gliobiettivi di riduzione della povertà menzionati dal-l’obiettivo 1 dell’Agenda 2030 sa-rebbe necessario un tasso di uscitanetta della povertà più di tre voltesuperiore a quello attuale (che vede,tra l’altro, anche un rallentamentonegli ultimi anni). Ma anche dall’in-terno delle Nazioni Unite i dubbisembrano moltiplicarsi. In un rapporto pubblicato inprevisione dell’HLPF 2019, si avverte: «Non si puòsfuggire al fatto che il panorama globale per l’attua-zione dei 17 Obiettivi per lo sviluppo sostenibile, (OSS)è generalmente peggiorato dal 2015, ostacolando glisforzi dei governi e degli altri partners» 7. Secondo ilcommento di Roberto Bissio, coordinatore di SocialWatch, il problema è anche quello di dare una valuta-zione che non tiene conto delle diversità tra Paesi etra regioni: questo rapporto non menziona tra l’altroil fatto che la povertà in molti Paesi dell’Africa subsa-hariana sta in effetti aumentando.

Tale ”passione per le medie” produce anche l’effettodi oscurare le responsabilità dei Paesi ricchi: il rap-porto in questione cita il valore globale medio pro ca-pite di 12 tonnellate di risorse estratte a persona nel2015 (rispetto a 8 tonnellate nel 1990), ma non men-ziona cosa dice la fonte di questo dato (UNEP, GlobalResources Outlook 2019) nel paragrafo successivo: «IPaesi ad alto reddito consumano in media 27 tonnel-late di materiali (pro capite), il 60 per cento in più ri-

spetto ai Paesi medio-alti e oltre tredici volte il livellodel gruppo a basso reddito (a due tonnellate pro ca-pite)» 8.

L’aumento dei conflitti e dell’instabilità, l’aumentodelle perdite dovute all’intensificarsi di disastri natu-rali, una situazione economica ancora non stabilizzatarappresentano gli ostacoli maggiori a livello globale.È importante riconoscere i progressi, laddove ce nesiano; ma questo non deve impedirci di osservare lasituazione che nell’insieme sembra richiedere unasterzata abbastanza importante, se si intende che laprospettiva dello sviluppo sostenibile possa impri-mere un impulso di reale trasformazione nel mondoin cui viviamo. Come ancora riconosce l’ECOSOC,«[l]’aumento del reddito e la disuguaglianza di ric-chezza rischiano di minare gli sforzi per raggiungeregli OSS. Minacciano di erodere la coesione sociale,consolidare l’insicurezza e smorzare la crescita dellaproduttività. L’aumento dell’intolleranza in molte partidel mondo minaccia i diritti umani fondamentali e ilprogresso umano. Il nesso tra disuguaglianza, ingiu-stizia, insicurezza e mancanza di sufficiente fiducia neigoverni e nelle istituzioni possono ulteriormente ag-gravare le condizioni necessarie per promuovere losviluppo sostenibile» 9.

L’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile rappre-senta una opportunità importante. Ma il contesto at-

tuale ci richiama con maggiore forza alla necessità diun impegno ancora più determinato: possiamo illu-derci che saranno soltanto i più poveri a pagare i costidel cambiamento, e che noi non saremo tra quelli; mane va invece del futuro di tutti noi, e delle generazioniche verranno.

L’Italia e il piano nazionale per lo sviluppo soste-nibile 10

Il nostro Paese ha presentato la propria VNR nel2017, sulla base di un piano nazionale per lo svilupposostenibile formulato in un percorso coordinato dalMinistero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio edel Mare (MATTM) per la parte “interna” (identificatacon gli obiettivi 1-16), e dal Ministero degli Affari esterie Cooperazione internazionale (MAECI) per la parte“esterna” (obiettivo 17). Questa articolazione tra stra-tegia “interna” ed “esterna” ha rappresentato sin dal-l’inizio una caratteristica fondamentale dell’approccioitaliano: questo tipo di prospettiva si può considerarecertamente un limite importante, poiché è in contrad-

Possiamo illuderci che saranno soltanto i più poveri a pa-gare i costi del cambiamento, e che noi non saremo traquelli; ma ne va invece del futuro di tutti noi, e delle ge-nerazioni che verranno

11VERTICI INTERNAZIONALI: SERVONO VERAMENTE AI POVERI?

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dizione con il principio dell’unicità dell’agenda. Taleripartizione entra in contraddizione anche con la ne-cessità di cogliere le ripercussioni “esterne” di moltis-sime delle politiche di carattere interno.

Nel quadro della Conferenza Nazionale per la Coo-perazione allo Sviluppo (istituita con la legge 125/2014) era stato costituito un gruppo di lavoro (GdL)che tra le sue attribuzioni portava anche quella rela-tiva allo “sviluppo sostenibile”. Con l’adozione formaledell’Agenda 2030 a livello internazionale, in tale grup-po di lavoro era stato sviluppato un dialogo sulla stra-tegia triennale della cooperazione italiana, che confluìpoi nella definizione della parte relativa all’obiettivo17 della strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile(presentata all’High Level Political Forum nel 2017). Lariflessione sugli altri 16 obiettivi fatta in occasionedella preparazione della prima strategia italiana per losviluppo sostenibile venne invece coordinata dal Mi-nistero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e delMare (MATTM), con una consultazione abbastanzaampia presso la società civile 11.

Dopo la prima fase, svolta peraltro in una situa-zione di riconoscibile incertezza normativa, e anche aseguito del chiarimento di quest’ultima, si stanno pro-prio in questi mesi consolidando le strutture formaliche saranno responsabili per il monitoraggio e la riat-tualizzazione della strategia nazionale. Il MATTM staattualmente promuovendo la costituzione di unForum nazionale per lo sviluppo sostenibile, che do-vrebbe strutturare in maniera permanente la consul-tazione con gli attori della società civile, nella suaparte detta “interna”. I lavori del FSS saranno articolatiin cinque gruppi di lavoro: Persone, Pianeta, Prospe-rità, Pace, e Vettori di sostenibilità (comunicazione e

ricerca) 12. Questa articolazione presuppone ancorauna volta di lasciare la partnership alle cure del MAECI,in quanto relativa alla dimensione “esterna” del-l’Agenda.

Al momento attuale non vi sono elementi certi sullemodalità con cui il costituendo Forum per lo svilupposostenibile (FSS) dialogherà direttamente con i diversiministeri (responsabili per le politiche in qualche modocollegate con gli OSS), e con le realtà territoriali chestanno costituendo i Forum regionali per lo svilupposostenibile. Non è inoltre ancora chiaro se all’interno delForum per lo sviluppo sostenibile sarà possibile stabiliredei collegamenti che riescano a garantire l’unicità del-l’Agenda e le sue interconnessioni. Sia il GdL della CNCSche il FSS (per quello che è stato finora definito) sonoperò degli ambiti di dialogo sulle politiche ”ex-post”,che sembrano decisamente non in grado di inciderenella fase di formulazione delle politiche pubbliche.

La vera novità dell’ultima fase è, però, quella rela-tiva alla recentissima costituzione di una Cabina diRegia “Benessere Italia” presso la Presidenza del Con-siglio dei Ministri 13. Tale Cabina di Regia dovrebbe fa-vorire una maggiore interazione delle diverse sezionidell’agenda, offrendo una risposta ai rischi di parcel-lizzazione sopra brevemente menzionati, pur re-stando i due ambiti di riferimento per la strategia“esterna” e “interna”, in capo rispettivamente al MAECIe al MATTM. La Cabina di Regia “Benessere Italia” pro-mette di rappresentare un interlocutore significativoproprio nella fase di formulazione delle politiche; leinformazioni disponibili segnalano una sua costitu-zione fortemente istituzionale e tecnica, ma senzauna esplicita previsione di meccanismi di dialogocon la società civile (ad esempio il già citato FSS).

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Il fatto che il tema dello sviluppo sostenibile sia en-trato in modo così importante nel dibattito pubblico,è senza dubbio una buona notizia. Allo stesso tempo,all’ampia diffusione di un’idea si accompagna spessoqualche forma di assimilazione o diluizione del suocontenuto, soprattutto laddove questo può risultaredi difficile recepimento, vuoi perché complesso in sé,vuoi perché il suo contenuto si presenta come ecces-sivamente ”sfidante” rispetto allo status quo. Non è dif-ficile riconoscere nell’Agenda 2030 per lo svilupposostenibile entrambe queste caratteristiche. Il rischioè dunque che passi nell’accezione comune l’idea diuno “sviluppo sostenibile passepartout”, in qualchemodo buono per tutte le occasioni ma privo di ele-menti significativamente incisivi.

È sufficiente, come si sente in molti casi, dichiararedi contribuire ad esempio al-l’obiettivo 2, per porsi realmen-te in una prospettiva di svilup-po sostenibile? Se da una par-te è del tutto comprensibileche si mantenga in alcuni casiuna prospettiva settoriale, ènecessario che i confini di ognisettore non diventino ostacoliinvalicabili, che impedisconodi cogliere le trasversalità, le si-nergie, ma anche le tensioni ele contraddizioni tra i diversiobiettivi e target, tra essi e iprincipi. La stessa idea per cuiabbracciare la prospettiva del-lo sviluppo sostenibile si tra-duca nel “mettere in pratica gliSDGs” ci appare come unasemplificazione assai poco ri-spettosa della realtà. Ma se dauna parte è necessario sfug-gire al pericolo dell’eccessivasemplificazione, dall’altra è ne-cessario darsi gli strumenti perutilizzare un quadro di riferi-mento comunque complessoe impegnativo.

Un reticolo di obiettivi e targetPer quanto frutto di un lavoro attento, e già inseriti

in un quadro abbastanza complesso, i 17 obiettivi, i169 target, misurati da 232 indicatori, da una partenon riescono a catturare tutte le dimensioni che sa-

rebbe necessario rappresentare; dall’altro sono, essistessi, frutto di un certo grado di compromesso tra vi-sioni non sempre convergenti. Esistono molti esempiche possono essere fatti per illustrare questo punto.Nell’obiettivo 2, dedicato alla lotta contro la fame, pre-vale una lettura molto incentrata sulla produzione, econ molta minore attenzione ai temi cruciali dell’ac-cesso e della distribuzione del cibo: come nel target

2.3, che prevede ilraddoppio della pro-duttività e del red-dito per i piccoliproduttori. Ma èchiaro che il rad-doppio della pro-duttività può nonessere un obiettivoutile, dove il pro-blema è più quellodi stabilità e affida-bilità della produ-zione, piuttosto chedel suo livello asso-luto; già da moltianni, grazie ancheagli studi di Amar-tya Sen, è patrimo-nio comune che lecarestie abbianomolto meno a chefare con la quantitàdi cibo disponibiledi quanto non ab-biano a che farecon l’accesso deipiù poveri alle ri-sorse esistenti.

Anche per quanto riguarda l’obiettivo 10, dedi-cato alle diseguaglianze, alcuni notano il fatto che siadotti un approccio ”orizzontale”, vale a dire incentratosull’inclusione di gruppi marginali; ma si eluda com-pletamente il tema delle disuguaglianze estreme “ver-

3. Cos’è veramente lo svilupposostenibile?

INTERAZIONI TRA OBIETTIVO 2E ALTRI OBIETTIVI E TARGET

Fonte: ICSU 2017

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ticali” che porrebbe in discussione in modo radicale ilmodello di sviluppo corrente (e gli equilibri di poteretra gli attori sociali che di questo modello sono garantie beneficiari) 1. Nell’obiettivo 16, relativo alla pace ealla sicurezza, il target 16.4 si propone di arrestare iflussi di armi “illeciti”: come se i conflitti condotti conarmi “lecite” siano meno distruttivi.

Una certa lucidità nel riconoscere questi limiti nonha lo scopo di porre in discussione l’importanza di unaconvergenza di tutta la comunità globale rispetto aduna prospettiva comune di sviluppo sostenibile. Macertamente dovrebbe alimentare un certo spirito cri-tico su una prospettiva che limita il nostro impegnosullo sviluppo sostenibile all’idea del “raggiungimentodegli SDGs”.

Accanto a questo, va posta sempre maggiore at-tenzione a come nessuno degli obiettivi possa essereconsiderato in isolamento, e come le interazioni traobiettivi e target non mostrino sempre delle sinergie:una recente pubblicazione del Consiglio internazio-nale per la Scienza 2 propone di assegnare a ogni col-legamento identificabile tra due obiettivi/target unpunteggio che va da 3 (massima interazione positiva,indivisibilità) a -3 (massima interazione negativa,mutua esclusione). Lo stesso documento sviluppaun’analisi più approfondita proprio sull’obiettivo 2(lotta contro la fame), cogliendo tutta una serie di in-terazioni con altri obiettivi e target, in parte di sinergiae di mutuo sostegno, in parte di conflitto e competi-zione. Perché obiettivi e target potrebbero trovarsi intensione tra di loro? Molto banalmente, perché la lororealizzazione sollecita interessi diversi a breve e alungo termine. Un esempio concreto è quello del giàcitato target 2.3 (raddoppio produttività e reddito pic-coli agricoltori), che proprio il documento dell’ICSUnota in forte tensione con diversi altri obiettivi: l’au-mento di produttività spinta in agricoltura può adesempio facilmente entrare in conflitto con l’uso so-stenibile delle risorse (terra, acqua). Si tratta in questocaso di una potenziale tensione tra interessi di conta-dini “commerciali” (la cui produzione cioè è orientataa soddisfare i bisogni del mercato) e quelli delle co-munità che vivono su quei territori.

La vicenda della “rivoluzione verde” che ha profon-damente cambiato il volto dell’agricoltura in Asia e inaltre regioni del mondo a partire dagli anni ’60, rac-conta una storia di aumento della produttività, di con-centrazione della proprietà della terra e della ric-chezza, di accelerazione nell’esodo rurale-urbano, difortissima pressione sulle risorse naturali 3.

Obiettivi e oltre…Il problema è dunque in base a che cosa i (legitti-

mamente) diversi interessi dei vari attori sociali de-vono trovare una composizione. Proprio in base a

questo, è chiaro che il tema della relazione tra obiettivie target non è certo sufficiente ad esaurire la que-stione. Il bisogno di “prendere sul serio” il radicamentonecessario sui diritti umani, e di assumere in modopieno la complessità delle relazioni tra ambiti di poli-tiche settoriali diverse eppure profondamente inter-connesse è alla base dell’iniziativa promossa dallaGCAP Italia.

Con il rapporto presentato all’inizio di luglio (vedibox sotto), GCAP Italia approfondisce il tema dello svi-luppo sostenibile proprio a partire dalla questione deldiritto al cibo. Il dossier affronta l’interrelazione tra di-versi ambiti di politiche pubbliche che impattano inmodo più o meno forte sui sistemi alimentari, con unaprospettiva che intende restituire centralità alla que-stione dei diritti (rispetto a quella degli “interessi”). Lacapacità di “portatori di diritti” (rightholders) e “porta-tori di interessi” (stakeholders) di impattare sulle deci-sioni finali dipende dai quadri di regolazione, dalleistituzioni, dagli spazi di dialogo e di decisione chevengono posti in essere.

Sono dunque chiare le due attenzioni che emer-gono da questo tipo di ragionamento: in primo luogoè necessario prestare la massima attenzione alle rela-zioni tra i diversi ambiti delle politiche; in secondoluogo l’affermazione del primato dei diritti passa at-traverso la costruzione di quadri di decisione, consul-tazione e regolazione che riescano a porre in unagiusta prospettiva la partecipazione dei diversi attorisociali, nella consapevolezza che la debolezza o la“spontaneità” di tali quadri di dialogo conducono ine-vitabilmente al prevalere di alcuni interessi più forti epiù strutturati, su coloro che sono titolari di “diritti” mala cui voce rischia in molti casi di trovarsi in una con-dizione di svantaggio.

ia partire dasviluppo sLo

Diritto a

sistemi alimesostenibileal cibo

entari

Rapporto GCAP Italia 2019

Indice

1. Il diritto al cibo

2. Il diritto al ciboe alla salute

3. Commercioe agricoltura

4. Finanza e cibo

5. Sistemi alimentarie migrazioni

6. La questionedella governance/democrazia deisistemi alimentari

Scarica il Rapporto:https://bit.ly/2Sp1ViA

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Cosa è “sostenibile”?Cosa è “sostenibile” dunque? È possibile identificare

alcune caratteristiche da ricercare, al fine di ricono-scere un percorso genuinamente (o almeno tenden-zialmente) sostenibile. Percorsi, iniziative, politiche sipossono definire coerenti con i principi dell’Agenda2030 quando: concepiscono gli obiettivi di sostenibilità econo-

mica, sociale e ambientale come indissolubilmentecollegati;

si definiscono in modo trasversale ai singoli obiet-tivi, cogliendo le relazioni tra i diversi obiettivi e tar-get;

sono profondamente radicati sui diritti umani; inquesto, sono incluse tutte le necessarie attenzionirelative ai diritti sociali, e le responsabilità ad essicollegate;

riconoscono e applicano il principio del “non la-

sciare indietro nessuno”, consapevoli delle sue im-plicazioni di carattere “sistemico” in termini di dise-guaglianze;

riconoscono le relazioni tra livelli locali, nazionali,regionali e globali, e che i confini tra questi livellisono porosi e mobili;

sono consapevoli della necessità di una iniziativa apiù livelli: locale, nazionale, regionale, globale;

riconoscono la necessità di una prospettiva e diun’azione condivisa e multilaterale;

vengono elaborate, realizzate e valutate nellapiena partecipazione degli attori sociali, rendendoconto in particolare ai “portatori di diritti” (righthol-ders);

sono consapevoli della portata “trasformativa”dell’Agenda 2030 (come dichiarata nel titolo delladichiarazione adottata dalle Nazioni Unite Trasfor-mare il nostro mondo).

SCHEMA DELL’APPROCCIO, RAPPORTO GCAP ITALIA SU SVILUPPOSOSTENIBILE A PARTIRE DAI SISTEMI ALIMENTARI

Quadri di regolazione, istituzioni,spazi di dialogo e di decisioni

Fonte: elaborazione propria

SVILUPPO SOSTENIBILEDIRITTO AL CIBO

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La prospettiva dello sviluppo sostenibile è una pro-spettiva complessa, che non può essere affrontatasegmentando l’attenzione tra diversi obiettivi. È ne-cessario invece identificare una dimensione di “coe-renza” in cui le possibili tensioni e contraddizioni traobiettivi e target sono riconosciute e gestite alla lucedei principi fondanti dell’Agenda 2030. Questo è ilconcetto di «coerenza delle politiche per lo svilupposostenibile» 1, citato dal target 14.4 (pur senza alcunadefinizione precisa), e sviluppato con una riflessioneche ha avuto luogo principalmente in seno all’OECD 2.

Si tratta di una riflessione ancora aperta 3 che, al dilà degli elementi tecnici, cerca di trovare un contornoformale a una idea di fondo relativamente intuitiva:una politica per lo sviluppo sostenibile non può esseredefinita tale se alcuni suoi elementi contraddiconoaspetti qualificanti dell’Agenda 2030. Ma proprio per-ché quest’ultima rappresenta una prospettiva com-plessa, costituita da elementi che danno vita a inte-razioni tutt’altro che lineari e armoniche, è necessariomantenere uno sguardo altrettanto articolato: sull’in-terazione tra obiettivi e target; tra questi ultimi e i prin-cipi; sulle implicazioni a livello localee globale; sulle implicazioni interge-nerazionali. È chiaro che in una talecomplessa interazione occorre unpunto di sintesi: e questo non puòessere che nei principi di fondodell’Agenda 2030 e in particolare nelradicamento nei diritti umani. Èdunque importante cogliere il ragio-namento di fondo, che può essere illustrato attraversoun certo numero di casi concreti.

Produttori di “armi sostenibili” 4

Il primo esempio è quello relativo alla produzionedelle armi, che avviene in un contesto altamente con-troverso, nelle fabbriche della RWM Italia, a Domusno-vas, in Sardegna. Si tratta di uno dei pochi stabilimentiproduttivi di una delle aree più svantaggiate e vulne-rabili della penisola, che ha riutilizzato in questo modoimpianti industriali dell’indotto minerario (settore chedopo decenni di crisi, risulta ormai praticamente estin-to). Il caso, negli ultimi mesi ormai noto anche al gran-de pubblico, è relativo al fatto che gli armamenticostruiti a Domusnovas, in particolare bombe d’aereo,sono regolarmente esportati in Arabia Saudita; talibombe, come attestano numerosi riscontri giornali-stici, sono impiegate nella guerra condotta da unacoalizione a guida saudita in Yemen, e utilizzate anche

in operazioni di bombardamento che coinvolgono ci-vili.

La situazione dello Yemen è una delle più tragichepresenti attualmente sul pianeta: a una guerra piùvolte stigmatizzata da Nazioni Unite e Parlamento Eu-ropeo a causa delle ripetute violazioni delle leggi in-ternazionali di guerra e dei diritti umani, si aggiungeuna situazione di ormai cronica carestia e una epide-mia di colera devastante. La fabbricazione delle armi(utilizzate in tale conflitto) rappresenta un problemadi sviluppo sostenibile? Oppure, detto in altri termini,può essere considerato realmente sostenibile un mo-dello di sviluppo economico che non tenga contodelle ricadute, anche in termini ampi, delle attività che

generano posti di lavoro, nel caso di comunità dura-mente colpite dalla crisi economica e che da questeattività economiche traggono il reddito necessario avivere? Tale dilemma si applica in particolare alla que-stione della produzione e del commercio delle armi;ma deve essere posta in maniera molto più ampia, ri-flettendo sulle tensioni che possono esistere tra atti-vità economiche formalmente “legali” (sebbene l’ele-mento di “legalità” sia controverso e contestato) e iloro effetti in termini di “bene pubblico” a livello localee globale.

Per esaminare quanto questo tipo di attività sianocoerenti con una prospettiva di sviluppo sostenibile,si può partire esaminando il contenuto dell’obiettivo16, dedicato ai temi della pace, della sicurezza, delloStato di diritto. L’enfasi sulla misurabilità dei target edegli obiettivi previsti è dettata dal tentativo di otte-nere una lettura trasversale e globale dei percorsi disviluppo sostenibile. Se da una parte è certamente im-

4. Politiche coerenti per unosviluppo realmente sostenibile

È necessario identificare una dimensione di “coerenza” incui le possibili tensioni e contraddizioni tra obiettivi e tar-get sono riconosciute e gestite alla luce dei principi del-l’Agenda 2030. Questo è il concetto di «coerenza dellepolitiche per lo sviluppo sostenibile», citato dal target 14.4

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portante che il tema del conflitto violento (delle suecause e implicazioni, incluso quanto relativo a com-mercio/traffico delle armi) sia esplicitato e riconosci-bile nell’obiettivo 16, ciò avviene in un contestopiuttosto eterogeneo e non molto incisivo, soprat-tutto se si osservano i target in cui esso è articolato.

Si tratta in particolare del target 16.1, che vienemisurato attraverso quattro distinti indicatori, unodei quali è definito in termini di «morti verificatesi inrelazione a conflitti per 100.000 abitanti, per sesso,età e causa di morte» (16.1.2); e del target 16.4 5, incui uno degli indicatori proposti richiede di misurarela «proporzione di armi confiscate, trovate o conse-gnate, la cui origine o contesto illecito sia stata trac-ciata o dimostrata da una autorità competente inlinea con strumenti internazionali» (16.4.2). Entrambiquesti indicatori sono definiti come appartenenti al“terzo strato” 6 di indicatori: quelli cioè che indicanoin maniera ancora non definitiva grandezze che de-vono essere misurate, e per le quali non esiste an-cora nessun consenso globale quanto a metodo-logia.

Non è difficile cogliere un certo livello di “corto-circuito” tra questi due target: è chia-ro infatti che la mortalità collegataai conflitti non dipende esclusiva-mente dai flussi “illegali” di armi: apartire dal fatto che quasi tutte learmi iniziano la vita in modo “legale”,i flussi “illegali” (peraltro assai difficilida monitorare, proprio in ragionedella loro natura) non rappresen-tano che una frazione degli arma-menti usati nei conflitti. Il monito-raggio dei flussi legali offrirebbesenza dubbio una panoramica piùrealistica rispetto all’impegno in ogni Paese di pro-muovere un modello di sviluppo orientato alla paceglobale. Le armi destinate allo Yemen, in ogni caso,non rispettano i criteri (si tratta di flussi “legali” an-corché controversi), per assumere rilevanza in ter-mini di sviluppo ”sostenibile”.

Sul tema, orientamento ben diverso viene svilup-pato nella compilazione del Global Peace Index(GPI) 7, utilizzato per misurare il grado di “orienta-mento alla pace” in ogni Paese. Si tratta di un indicecomposito globale costruito con 23 indicatori rag-gruppati in tre ambiti: il grado di coinvolgimento diogni Paese in situazioni di conflitto; il grado di sicu-rezza dei cittadini e dei residenti; il grado di milita-rizzazione. Ed è proprio all’interno di quest’ultimogruppo che il GPI ricomprende sia i livelli di impor-tazione che i livelli di esportazione “legale” di armi. Èinteressante notare che se l’Italia appare in 39 a po-sizione nel GPI del 2019 (era la 39a nel 2017), scivola

al 115 o posto (era al 102 o posto nel 2017) nella listadisaggregata per la sola componente “militarizza-zione”. Non si tratta di un risultato particolarmentesorprendente: la maggior parte dei Paesi industria-lizzati mostrano indici di militarizzazione e di coin-volgimento nel commercio ”legale” di armi superiorea quello dell’Italia.

Più che un ”cortocircuito” segnalato dal confrontodei dati, ci si trova qui in presenza di una macrosco-pica evidenza: i Paesi più ricchi sono anche quelli chemaggiormente contribuiscono alla produzione e alcommercio di armi. Si tratta di una tensione eviden-te, che segnala anche un elemento di forte debo-lezza del quadro di riferimento proposto dagli OSS:ogni Paese può reclamare uno stato di avanzamentonella propria condizione di sviluppo sostenibileanche a dispetto di un elevato grado di militarizza-zione della propria economia, nonostante l’Agenda2030 segnali come «la crescita vertiginosa dei con-flitti, le minacce violente, il terrorismo, le crisi uma-nitarie e lo sfollamento forzato delle popolazioni chene consegue, minacciano tutti i progressi allo svi-luppo degli ultimi decenni».

Occorre notare che il riconoscimento del cata-strofico impatto dei conflitti sulla popolazione delpianeta, e il fatto di volerlo misurare attraverso unaconta delle vittime di esso e attraverso una (precaria)misura dei flussi di armi illegali implica il trasferirel’onere della prova dai Paesi dove i conflitti hanno inqualche modo radice a quelli che dei conflitti sonovittime. È lo stesso tipo di strabismo che si riproduceladdove si evita di contare gli elementi di coinvolgi-mento all’interno di conflitti (pure presi in conside-razione da GPI): i Paesi più ricchi hanno un numerodi vittime da conflitto molto limitato (se ne hanno, eper di più raramente civili), pur contando importantie “qualificati” elementi di coinvolgimento in conflitticombattuti dall’altra parte del pianeta.

In questo quadro, apparirebbe dunque ”sosteni-bile” un Paese che produce ed esporta legalmentemolti armamenti e che è coinvolto direttamente inconflitti lontani dal proprio territorio; mentre poco

Ogni Paese può reclamare uno stato di avanzamentonella propria condizione di sviluppo sostenibile anche adispetto di un elevato grado di militarizzazione dellapropria economia, nonostante l’Agenda 2030 segnalicome «la crescita vertiginosa dei conflitti, le minacce vio-lente, il terrorismo, le crisi umanitarie e lo sfollamentoforzato delle popolazioni che ne consegue, minaccianotutti i progressi allo sviluppo degli ultimi decenni»

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sostenibile appare un Paese dove avviene un conflitto(magari con il largo coinvolgimento di potenze stra-niere) che produce vittime e in cui si effettuano seque-stri di armi illegali. Queste tensioni e gli elementiparadossali che ne derivano, vanno lette assieme al-l’ambizione dell’Agenda 2030 di suggerire “percorsi disviluppo sostenibile” a tutti i Paesi: quelli del primogruppo (i produttori/esportatori di armi) non ve-dranno alcuna indicazione traducibile nel proprio“piano nazionale di sviluppo sostenibile”; mentre nonappare molto chiaro che cosa potrebbero fare i Paesiche appartengono al secondo gruppo (i Paesi in con-flitto).

Tale ragionamento non ha evidentemente l’obiet-tivo di escludere le radici “locali” dei conflitti, quantopiuttosto di riconoscere l’importanza crescente del-l’elemento di “internazionalizzazione” nella maggiorparte dei conflitti che scuotono il mondo attuale: ecome questo elemento di internazionalizzazione ri-sulta sostanzialmente ignorato da quanto contem-plato dall’Agenda 2030. Ogni riflessione su questi temidovrebbe partire proprio dalla constatazione che neiprincipali conflitti contemporanei è il coinvolgimentodiretto di attori statali estranei al teatro del conflittostesso a incancrenirne le prospettive e a renderli di so-luzione più difficile.

In un contesto di riflessione sullosviluppo sostenibile appare estre-mamente interessante il modo in cuitale mandato globale si riflette nelcomportamento degli operatori eco-nomici: in che termini è ”sostenibile”un’azienda che produce armi? LaRWM Italia è una sussidiaria della Rheinmetall De-fence, a sua volta parte del Rheinmetall Group, ungruppo presente sul mercato globale con due settoridi intervento (settore automobilistico e difesa) che nel2018 ha generato un fatturato di 6,15 miliardi di eurocon i suoi 25.000 dipendenti 8. Colpisce certo leggere,nella documentazione aziendale, di un percorso di in-ternazionalizzazione definita “responsabile” che «dopotutto, [comporta] lo sviluppo di nuovi mercati el’espansione del portafoglio clienti» 9.

Ma la sostenibilità “rappresentata” è nel mondo at-tuale un marcatore di conformità necessario a inte-grarsi nelle dinamiche di mercato a livello globale; nelcaso della Rheinmetall Group tale elemento emergein modo interessante dal Corporate Responsibility Re-port 2017 10, rappresentativo della mission dell’interaholding e dunque anche della consociata italiana: «Perla Rheinmetall, la sostenibilità non è solo uno slogan,ma è una componente centrale della gestione socie-taria. Pratiche sostenibili di sviluppo del business ri-chiedono valori chiari, la disponibilità a cambiare, el’abilità di generare crescita. Questo rapporto spiega

in che modo andiamo incontro a questa sfida» 11.In un mercato delicato come quello delle armi si

tratta di definire in primo luogo la stretta osservanzadella normativa tedesca (Paese sede della casa madre,dove però si realizza solo il 24% del fatturato) ed eu-ropea, oltreché la richiamata osservanza dei numerositrattati internazionali sul tema. Nel rapporto è pre-sente una sezione dedicata ad azioni specifiche di re-sponsabilità sociale declinata in termini esclusiva-mente ambientali; particolarmente significativo e percerti aspetti paradossale, anche il capitolo sull’impe-gno della Rheinmetall nell’accoglienza di profughidalle zone di guerra.

La presentazione di tutta l’attività di produzione diarmi, a partire dal titolo/slogan Force Protection, è in-centrata sul concetto di protezione, che ritorna in in-numerevoli declinazioni suggerendo l’immagine diarmi “buone” perché pensate per ”difendersi”. Quantoal tema della sostenibilità, essa è declinata in un’ampiaanalisi delle sfide chiave globali e della ”materialità”degli impatti interni ed esterni dell’attività aziendaleche prende in considerazione 20 diversi elementi: traquesti manca però ogni analisi delle “esternalità” le-gate all’uso delle armi prodotte. La cura per la soddi-sfazione del cliente (altro tema molto rappresentato

nel rapporto della Rheinmetall) prescinde dunque daogni giudizio su che cosa voglia dire questa espres-sione nel caso di una merce di questo tipo, come adesempio nel caso di vendita di armi a regimi “contro-versi” oppure a governi in crisi finanziaria, come la Gre-cia (peraltro, nel passato, anche attraverso episodi disospetta corruzione 12).

La già citata politica di “responsabile” internaziona-lizzazione è probabilmente anche il modo di aggirarele stringenti normative tedesche (e forse anche alcune“delicatezze” di politica estera nel momento in cuil’esportazione diretta delle armi da parte della Germa-nia può essere politicamente costosa 13): è il caso dellaproposta di realizzazione di una fabbrica di carri ar-mati in Turchia, che ha comunque incontrato l’oppo-sizione da parte di alcune organizzazioni della societàcivile tedesca 14; ma è anche il caso dello stabilimentodi Domusnovas, destinato a produrre “bombe non ita-liane” per l’Arabia Saudita, secondo l’espressione del-l’allora ministro della Difesa italiano Pinotti in unaintervista alla rivista Report Munchen nel marzo del2016 15.

In un contesto di riflessione sullo sviluppo sostenibile ap-pare estremamente interessante il modo in cui tale man-dato globale si riflette nel comportamento degli opera-tori economici: in che termini è ”sostenibile” un’aziendache produce armi?

18 CARITAS ITALIANA | DOSSIER CON DATI E TESTIMONIANZE

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Secondo un reportage andato in onda sulla tv pub-blica tedesca ARD il 15 gennaio 2018, si spiega comesi tratti di una politica consapevole, in ragione dellenorme sulle esportazioni di armi tedesche, che sonotra le più severe al mondo. Il rispetto di queste è peròsolo formale, grazie alla capacità di costruire una retedi produzione in Paesi dove le stesse leggi non si ap-plicano, come ad esempio l’Italia. Un modo per rima-nere coinvolti in un business estremamente lucrosoassicurandosi però che il “lavoro sporco” sia fatto al-trove 16. Da notare, in questo caso, la concretizzazionedi una idea di “sostenibilità a corrente alternata” tradue Paesi pur vicini come l’Italia e la Germania, cheperò è soprattutto espressione di una idea “tattica” disostenibilità politica di attività controverse.

Di fronte a un tale concentrato di contraddizioni, lapolitica si è mossa negli ultimi anni in maniera asso-lutamente ambigua e contraddittoria, evitando accu-ratamente ogni occasione di prendere una posizioneche potesse portare a una interruzione della venditadelle bombe sarde all’Arabia Saudita. Rappresentadunque motivo di speranza la mozione approvatadalla Camera dei deputati il 26 giugno scorso per chie-dere al governo di sospendere le esportazioni dibombe d’aereo e missili che possono essere usatecontro i civili verso l’Arabia Saudita egli Emirati Arabi Uniti, finché non cisaranno sviluppi concreti nel pro-cesso di pace con lo Yemen. La mo-zione, pur non particolarmenteincisiva nella sua formulazione, èpassata con 262 voti favorevoli, nes-suno contrario e 214 astensioni.Dare applicazione a tale mozione si-gnificherebbe – finalmente – av-viare un percorso di concretezza nelrispetto del mandato della legge italiana sul commer-cio delle armi, la legge 185/1990, che nell’articolo1(6d) proibisce esportazione e transito di armi «versoi Paesi i cui governi sono responsabili di gravi viola-zioni delle convenzioni internazionali in materia di di-ritti umani, accertate dai competenti organi delleNazioni Unite, dell’UE o del Consiglio d’Europa».

L’elemento del commercio delle armi non può ri-manere estraneo al dibattito sullo sviluppo sosteni-bile. Proprio sulla valorizzazione della legge 185/1990è importante puntare: si tratta di una legge che, purmodificata varie volte nel corso degli anni, rappre-senta uno strumento di controllo significativo, e nellaquale si prevede l’estensione di una relazione annualeal Parlamento che dovrebbe essere inserita nella va-lutazione del piano nazionale per lo sviluppo sosteni-bile. Siamo abituati a pensare all’industria militarecome a una “eccellenza” italiana 17, senza dare troppopeso alle implicazioni, incluse quelle relative all’arti-

colo 11 della Costituzione, pure richiamato dallaLegge 185 come elemento che deve condizionare laposizione del nostro paese italiana su questo tema.

Esiste naturalmente la necessità di proporre un’op-zione positiva, già ben delineata dall’articolo 1(3) dellalegge 185/90: l’opzione cioè per una «graduale diffe-renziazione produttiva e la conversione a fini civilidelle industrie del settore della difesa». In questomodo la legge definisce con chiarezza, ante litteram,un’opzione di sviluppo “sostenibile”, ed è necessarioche alle iniziative condotte in questo campo venga ri-conosciuto, come prescritto, una utilità sociale addi-zionale, da dichiarare come elemento qualificantenella messa in opera dell’Agenda 2030. Particolare at-tenzione deve essere posta su quei territori e a quellepersone che si trovano di fronte a quello che apparecome un vero e proprio ricatto tra le ragioni dell’eticae del bene comune, e le ragioni del lavoro.

La gestione delle migrazioni 18

Le migrazioni rappresentano una sfida importantenel mondo attuale, e sono tema diventato oggetto diquotidiana contesa politica. Le tensioni presenti nelnostro Paese (ma in realtà anche a livello globale) ar-ticolano spesso una visione secondo la quale le migra-

zioni rappresentano un elemento in linea di principionegativo e da controllare, come se sia possibile consi-derarle alla stregua di un elemento esogeno: una va-riabile che può essere isolata ed esclusa a parità dialtre condizioni 19. Qualunque sia il punto di vista chesi voglia adottare sulla questione, una cosa appare re-lativamente chiara: si tratta di un fenomeno globaleche ben difficilmente può essere affrontato con unorizzonte di riferimento limitato ai confini del singoloPaese. Di fronte alle sfide relative ad una gestione con-divisa delle migrazioni, l’Agenda 2030 per lo svilupposostenibile dovrebbe offrire il quadro di riferimentodella comunità internazionale per definire politichequanto più possibile universali e integrate.

In effetti, nel preambolo della dichiarazione sugliSDG viene evidenziato anche il fenomeno migratorio.Si riconosce il ruolo che migrazioni ben regolate pos-sono avere nel dare un “immenso” contributo allo svi-luppo sostenibile. Si riconoscono le connessioni tra

Nel preambolo della dichiarazione sugli SDG si riconosceil ruolo che migrazioni ben regolate possono avere neldare un “immenso” contributo allo sviluppo sostenibile.Si riconoscono le connessioni tra migrazioni e sviluppoe l’importanza che il lavoro sugli SDG può avere nel fa-vorire una politica che lega in modo strutturale le migra-zioni ai diversi temi dello sviluppo

19VERTICI INTERNAZIONALI: SERVONO VERAMENTE AI POVERI?

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migrazioni e sviluppo e l’importanza che il lavoro sugliSDG può avere nel favorire una politica che lega inmodo strutturale le migrazioni ai diversi temi dello svi-luppo. È importante la visione positiva che la dichia-razione ha sulle migrazioni e il sostegno ai diritti deimigranti considerata la loro posizione di gruppo vul-nerabile nelle società. Manca però ogni connessionecon i contesti entro cui le migrazioni si determinano:gli scenari dei conflitti globali, il cambiamento clima-tico, le disuguaglianze che lacerano molte società.

Oltre al preambolo le migrazioni sono parte in modotrasversale degli obiettivi e dei target dello sviluppo so-stenibile. Essi sono espressamente citati in otto targetspecifici: il target 4.b per aumentare il numero delleborse di studio specialmente nei Paesi più poveri entroil 2020; il 5.2 per l’eliminazione del traffico di donne eragazze; lo 8.7 per sradicare il lavoro forzato, la schiavitùmoderna e il traffico di esseri umani; l’8.8 per proteg-gere i diritti dei lavoratori includendo i migranti e inparticolare le donne migranti; il 10.7 per facilitare unamigrazione e mobilità delle personesicura, regolare e responsabile, ancheattraverso la realizzazione di politichemigratorie programmate e ben ge-stite; il 10.c per ridurre a meno del 3%i costi di transazione delle rimesse deimigranti eliminando i corridoi dellerimesse con un costo più alto del 5%;il 16.2 per porre un termine al trafficodi esseri umani; il 17.18 per sostenerela capacità dei Paesi più poveri di di-sporre di dati di alta qualità disaggre-gati anche per status migratorio.

Come si può notare, in quattro di questi obiettivi etarget i migranti sono inclusi assieme ad altri gruppi so-ciali nel diritto ad avere accesso a diritti come l’educa-zione, l’eguaglianza di genere, al lavoro dignitoso e allaprotezione della sicurezza personale, liberi da violenzee sfruttamenti. Questi riferimenti sono importanti per-ché sottolineano come i migranti abbiano gli stessi di-ritti fondamentali che hanno tutte le persone, e perchériconoscono il loro particolare status di vulnerabilità.

Ma è la lettura di insieme di come il fenomeno mi-gratorio viene letto a rappresentare l’elemento dimaggior rilievo. Se da una parte infatti l’esistenza diingenti masse di persone che si muovono in cerca diuna vita migliore rappresenta la testimonianza più ef-ficace del legame strettissimo che esiste tra tutti i fe-nomeni di mobilità umana e lo sviluppo, tale legamenon sembra colto all’interno dell’Agenda 2030. L’ideache sembra emergere con maggiore evidenza (oltre auna più o meno generica preoccupazione di ordineumanitario) è infatti che si tratti di un tema “delicato”:le migrazioni possono essere un fattore di sviluppoma, molto di più e forse soprattutto, rappresentano

un tema che richiede di essere “maneggiato con cura”,e un elemento di attenzione che si considera correlatoessenzialmente a elementi economici e di mercato dellavoro. Ancora una volta il diavolo si nasconde nei det-tagli, e basta guardare quali sono gli indicatori propo-sti per misurare il già citato target 10.7: in primo luogomisurando il “costo di reclutamento” come propor-zione del reddito annuale guadagnato nel Paese didestinazione (indicatore 10.7.1). E poi il “numero diPaesi che hanno realizzato politiche migratorie bengestite” (indicatore 10.7.2): il che permette a un Paeseche adotti una politica “ben gestita” di chiusura dellefrontiere e di respingimento sistematico unito a un in-debolimento programmatico degli investimenti sul-l’integrazione, di essere accreditato positivamente intermini di “sviluppo sostenibile”!

L’idea di questo legame “debole” tra migrazioni e svi-luppo rappresentato nell’Agenda 2030 per la quale,tutto sommato, lo sviluppo sostenibile potrebbe benis-simo aver luogo “senza” migrazioni trova conferma nel

fatto che le migrazioni interne sono completamenteignorate dall’Agenda stessa, pur rappresentando la stra-grande maggioranza dei fenomeni di mobilità umanapresenti sul pianeta: un tema quindi che emerge soloe unicamente perché ha un impatto sulle relazioni traPaesi. La libertà di migrare, come elemento da semprepresente nella storia, non viene richiamato, ma si pun-tualizza (al n. 29 della dichiarazione) il «diritto dei mi-granti a fare ritorno al Paese di cittadinanza, [ricor-dando] che gli Stati devono assicurarsi che i cittadinirimpatriati vengano regolarmente accolti». Si noti in-vece per opposizione, l’opzione assunta e sviluppatadall’Agenda 2030 per una piena liberalizzazione delmovimento dei capitali e delle merci.

Si tratta di un modello di sviluppo che è stato defi-nito “deterritorializzato” 20: non in grado cioè di affron-tare la sfida di uno sviluppo che, laddove si osservinoi cambiamenti in una prospettiva di “mobilità umana”,si presenta come un fenomeno non lineare, dinamico,globale e translocale. Non è sorprendente dunque chel’enfasi sul controllo (che poi si traduce in vere e pro-prie pratiche dissuasive) da porre in opera soprattuttoa livello nazionale, diventi, al di là dei principi, l’ele-

L’idea del legame “debole” tra migrazioni e sviluppo del-l’Agenda 2030 per la quale lo sviluppo sostenibile po-trebbe aver luogo “senza” migrazioni trova conferma nelfatto che le migrazioni interne sono ignorate dall’Agenda,pur rappresentando la maggioranza dei fenomeni di mo-bilità umana del pianeta: un tema quindi che emerge uni-camente perché ha un impatto sulle relazioni tra Paesi

20 CARITAS ITALIANA | DOSSIER CON DATI E TESTIMONIANZE

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mento qualificante rispetto al modo in cui le migra-zioni entrano a far parte della riflessione.

Esiste dunque una tensione tra i principi affermatinella dichiarazione e il modo in cui tali principi ven-gono articolati negli OSS. Tale tensione si avverte inmaniera particolarmente forte laddove si esamininocasi concreti di politiche migratorie specifiche. Anchetralasciando gli ultimi e noti fatti di cronaca, che sem-brano giocare sulla pelle di poche decine di migrantiuna pericolosa competizione sul principio del con-trollo e della dissuasione 21, le stesse politiche migra-torie europee si sono sviluppate negli ultimi anni inmodo squilibrato, e senza riuscire a definire una lineacomune che andasse al di là di una mera attenzioneai temi della sicurezza e al controllo dei confini esterni,senza peraltro che a queste attenzioni equivalganouguali progressi sul fronte delle politiche di ammis-sione, integrazione e protezione 22.

Anche le politiche verso l’esterno dell’Europa sem-brano sostanzialmente improntate a un principio di“dissuasione”, a costo di “usare” gli strumenti della coo-perazione allo sviluppo, come è avvenuto con il FondoFiduciario Europa Africa (il c.d. fondo La Valletta) 23.L’idea che le politiche di cooperazione vadano giocate

in forma dissuasiva rispetto ai fenomeni migratori èsempre più popolare in Europa come in Italia, con lapopolarissima (quanto indimostrata) affermazione“aiutiamoli a casa loro, e i flussi migratori rallente-ranno” 24.

Il contrasto tra i principi e le pratiche costituisce labase di quella che si presenta come una vera e propria“elusione dei diritti”, definita come un comportamentoche consiste nel porre in essere atti di per sé leciti, mavolti a sottrarsi a una obbligazione 25: le prescrizionipiù concrete dell’Agenda non puntano a costruire unaprospettiva multilaterale e globale, in cui i diritti e lalibertà delle persone vengono posti al centro. Le mi-grazioni sono una sfida, e lo sono a maggior ragionein termini di “sviluppo sostenibile”: rappresentano unelemento chiave nei fenomeni di cambiamento cheattraversano le società di tutto il pianeta. Tuttavial’Agenda 2030 tiene in conto soltanto alcuni elementi,ed evidenzia un tema di tensione tra i principi e gli ele-menti più concreti, e dunque un problema di “coe-renza delle politiche”. La ricerca di questa coerenza èun tema importante, che richiede una esplorazioneattenta dei legami tra i diversi obiettivi e target, oltre-ché di questi con i principi dell’Agenda stessa.

La comunità internazionale ha negoziato a lungosu una definizione di principio che, ancorata a quantoprevisto dall’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile,aiutasse la costruzione di una modalità condivisa: èquanto avvenuto con la lunga vicenda del GlobalCompact for Migration, che alla data attuale però nonè stato ancora firmato dal nostro Paese. Il caso dellamobilità umana è un caso emblematico: fenomeno

che interagisce in profondità su cambiamenti impor-tanti della società, e sul quale, proprio in ragione dellasua natura, è necessario sviluppare un pensiero con-diviso, multilaterale e globale; ma su cui, proprio in ra-gione della sua delicatezza (reale, percepita, costruita),si innesta una competizione sociale e politica che fadella rivendicazione di interessi particolari e di sovra-nità il proprio carattere distintivo.

INTERRELAZIONI TRA LE POLITICHE E GLI SDG ALLA RICERCA DI UNA POSSIBILE COERENZA

Politiche migratorie attraversocontrollo frontiere, contrastoai traffici di esseri umani eper canali sicuri e irregolari

Politica dicooperazionesu root causes:povertà,iniquità, clima,…

Politiche, Accoglienza,Integrazione

Asilo, Lavoro, Famiglia,Casa, Salute, Educazione

Soluzioni durevoli:- Ritorno/reintegrazione- Integrazione sociale- Reinsediamenti/canali umanitari

… ma sono necessarie soprattutto politiche su questioni sistemiche: commercio, investimenti, finanza, sicurezza internazionale, che influiscono su root causes

Fonte: Coresi et al., 2018

21VERTICI INTERNAZIONALI: SERVONO VERAMENTE AI POVERI?

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Come è stato messo in evidenza dal già citato rap-porto Common Home di Caritas Italiana, nel nostroPaese il tema delle migrazioni può essere affrontatosolo con una visione davvero attenta ai cambiamentie alle connessioni tra i diversi fenomeni; ma ancheadottando una visione ampia dell’Agenda 2030 perlo sviluppo sostenibile, centrata sui diritti delle per-sone e sulla necessità di una maggiore cooperazionea tutti i livelli. Un mondo veramente sicuro per leprossime generazioni è un mondo che sarà in gradodi affrontare le tensioni, dando risposte di dignità pertutti.

Guardare i nessi, per fare scelte di giustiziaIl tema della produzione/commercio di armi e

quello relativo alle migrazioni, assieme a quello dellaproduzione di cibo (esaminato nei paragrafi prece-denti), rappresentano aree di attenzione dalle qualiemerge con chiarezza la necessità di un approccio tra-sversale. Che ci sia un obiettivo chiaramente identifi-cabile (come l’obiettivo 2 nel caso della lotta alla fame)o che la questione rappresenti un elemento specificoall’interno di un obiettivo più ampio (il caso della pro-duzione/commercio di armi); oppure che le tematichedi interesse siano ”disperse” su diversi obiettivi (com’èil caso della migrazione), appare del tutto chiaro come

i confini imposti dai singoli OSS possono rappresen-tare per molti aspetti una vera e propria gabbia.

C’è un’altra questione sulla quale è importante ri-flettere: non tutto quello che è “formalmente legale”contribuisce allo stesso modo al bene comune; neitermini della riflessione che svolgiamo in queste pa-gine non basta appellarsi alla legge per argomentareche una certa attività contribuisce allo sviluppo soste-nibile: vi sono leggi che non tutelano in maniera effi-cace i diritti delle persone, attività produttive consen-tite ma che la stessa legge chiede di limitare quandonon addirittura di riconvertire in una direzione piùconforme al bene comune (come la produzione diarmi, ma lo stesso tema potrebbe essere affrontato inmolti altri casi, ad esempio con riferimento alla fio-rente industria del gioco d’azzardo). Tutto questo apreproblemi di ben altra portata: il rispetto dovuto al“quadro delle regole” come garanzia del riferimentoper tutta la comunità che se le è date; ma allo stessotempo la possibilità di un’azione per cambiarle ove ri-tenute ingiuste, oppure di opporsi ad esse (in caso diobiezione di coscienza). E si pone anche il problemadella scelta morale individuale di partecipare ad al-cune attività o astenersi da esse, che non può essereunicamente giustificata con l’adesione a una norma-tiva esistente.

22 CARITAS ITALIANA | DOSSIER CON DATI E TESTIMONIANZE

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Esiste dunque in primo luogo la necessità di coglierenelle problematiche emergenti le aree di intersezionetra diverse politiche, mostrando come anche se si rie-sce ad armonizzare obiettivi e target eterogenei e tal-volta in tensione tra di loro, è ancora necessario porreil problema della congruenza di essi con i principidell’Agenda 2030, e con una valutazione delle impli-cazioni delle politiche a livello locale, regionale e glo-bale; e tra le diverse generazioni. È sufficiente, però,che tale riscontro venga offerto “ex-post”, vale a direquando le politiche sono già in fase di implementa-zione (e quando magari effetti contraddittori si sonomanifestati)? Oppure non è necessario anticipare l’in-tervento alla fase in cui le politiche pubbliche sonopensate e adottate? La fase del “dialogo” è dunqueestremamente importante ed è vivo il dibattito sulcome dar vita a forme di partecipazione efficaci, ridi-segnando istituzioni, luoghi di dialogo, occasioni diconfronto. Il rapporto 2019 di Spotlight on SustainableDevelopment pone il problema di come la gestionecomplessiva dell’iniziativa globale per losviluppo sostenibile debba essere ridise-gnata allo scopo di garantire una prospet-tiva realmente trasformativa 1.

Basta infatti invocare, come spesso si fa,la presunta o reale “partecipazione dellasocietà civile” per legittimare una decisioneo un percorso? Esiste dunque un problemadi “spazi” di dialogo attraverso cui porre de-terminati punti all’attenzione dei decisori.Il mondo attuale vede una retorica piutto-sto sviluppata sulla “partecipazione” maall’interno di un ben preciso modello su cuiè interessante spendere qualche riflessione, prima dichiedersi se e quanto le organizzazioni della società ci-vile riescano a svolgere un ruolo di dialogo informatoe critico con le istituzioni per promuovere voce eistanze dei settori sociali più vulnerabili e marginali.

Un dialogo di “interessi” o di “diritti”? 2

Nel descrivere i luoghi di dialogo entro cui hannoluogo le attività che preparano la definizione delle po-litiche pubbliche, viene spesso invocato come neces-sario un certo livello di partecipazione dei diversiattori sociali. Se l’Agenda 2030 definisce il quadro diinsieme e l’orizzonte da perseguire, rimane però lar-gamente indefinito il percorso attraverso cui tale oriz-zonte vada adattato ad ogni situazione specifica, conla definizione di priorità congruenti e che allo stessotempo rappresentino una sintesi delle priorità degliattori sociali: coloro i quali sono comunemente definiti

stakeholders, vale a dire ‘“portatori di interesse” (e conquesto interesse portatori anche della relativa forzacontrattuale). Tuttavia, e come già sopra richiamato,in una prospettiva dove invece siano i diritti umani arappresentare la chiave di lettura centrale, la caratte-rizzazione fondamentale relativa ai titolari di questi di-ritti, i rightholders.

Quest’ultima impostazione è in realtà l’unica vera-mente coerente con l’ambizioso percorso che l’Agen-da 2030 prefigura al punto 8 della Dichiarazione: «Ilmondo che immaginiamo è un mondo dove vige il ri-

spetto universale per i diritti dell’uomo edella sua dignità, per lo Stato di diritto, perla giustizia, l’uguaglianza e la non discri-minazione; dove si rispettano la razza, l’et-nia e la diversità culturale e dove vi sonopari opportunità per la totale realizza-zione delle capacità umane e per la pro-sperità comune». I modelli di gestione edi governance del cambiamento necessariper garantire quella forza trasformativaevocata nel titolo stesso della Dichiara-zione approvata dalle Nazioni Unite (Tran-sforming our world), devono essere basati

su un principio di riequilibrio tra poteri, interessi e di-ritti, proprio perché i diritti stessi possano essere affer-mati per tutta l’umanità, a partire dai gruppi più deboli,vulnerabili, discriminati (Il principio “non lasciare indie-tro nessuno” – leave no one behind” posto alla basedell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile).

Per questo è in particolare necessario un governodi questa transizione secondo principi di equità e giu-stizia; un governo il cui carattere pubblico sia salva-guardato: i diritti di ognuno, assieme ai doveri e allaresponsabilità di contribuire al bene comune, nonpossono essere disgiunti dalla responsabilità pubblicanel garantire che il godimento di tali diritti sia real-mente universale. Si tratta cioè di definire le caratteri-stiche e le regole dei processi di partecipazione allagovernance dei cambiamenti che, a livello locale e glo-bale, sono infatti sempre più caratterizzati da elementie dinamiche che ne vincolano fortemente l’efficacia.

5. Il problema della governance

SPOTLIGHT o n S u s t a i n a b l e D e v e l o p m e n t 2 0 1 9

Transforming institutions – shifting power – strengthening rights

Reshaping governance for sustainability

Global Civil Society Report on the 2030 Agenda and the SDGs

Scarica il Rapporto:https://bit.ly/2LbeBs

23VERTICI INTERNAZIONALI: SERVONO VERAMENTE AI POVERI?

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Le esperienze prese a modello nell’attuale discorsopubblico (come ad esempio i meccanismi noti come“consultazione multistakeholders”) sono basate sulla le-gittimazione ”paritaria” di attori di natura, interessi eresponsabilià molto diverse: attori sociali dotati dienorme potere finanziario, rappresentanti di organiz-zazioni e reti, istituzioni. Essi indicano in molti casi realiprocessi di partecipazione al cambiamento; quantopiuttosto percorsi di conferma se non addirittura isti-tuzionalizzazione delle asimmetrie di potere in atto edi “addomesticamento” e neutralizzazione delle istanzedi cambiamento 3. Processi di partecipazione efficaci epertinenti devono essere invece basati sul riconosci-mento di interessi diversi e spesso divergenti: la societàcivile si pone il problema di fornire uno spazio di vocea interessi e posizioni diffusi e nella maggior parte deicasi sottorappresentati. Il rischio, invece, quando nonaddirittura l’evidenza empirica, è quello di assumere lapartecipazione di tutti gli attori “non statali” come diun insieme omogeneo, nello sviluppo di occasioni didialogo politico dove è facile l’emergere delle entitàche dispongono di maggiori risorse finanziarie, svin-colate peraltro da qualsiasi accountability pubblica,come nel caso degli attori del settore privato corporate,ma anche quello delle fondazioni private, spesso do-tate di un enorme potere economico e finanziario 4.

Il punto è invece quello di costruire una prospettivadi bene comune senza dare per scontato che gli obiet-tivi del cambiamento siano convergenti per tutti gli at-tori sociali. Ogni elemento di cambiamento è con-nesso in un fitto reticolo di altri fattori e fenomeni dicambiamento che influenzano la creazione e la (re)di-stribuzione di benefici, vantaggi, potere. Tale prospet-tiva può essere perseguita solo con una decisatrasformazione dei rapporti di forza all’interno deglispazi di dialogo politico, e con una partecipazione deirightholders destinata a garantire che l’interesse pub-blico nel suo insieme sia perseguito. Queste sono lebasi sulle quali è necessario che vi sia una formalizza-zione di spazi di dialogo all’interno dei quali è real-mente possibile fornire un contributo efficace: dotaticioè di una continuità tale da permettere un lavoro dianalisi e proposta; è poi necessario che in questi spazidi governance condivisa siano presenti i diversi attorisociali, rilevanti da un punto di vista di processi deci-sionali, nella consapevolezza dei diversi interessi pre-senti e della loro asimmetrica forza negoziale.

Il continuo riferimento a una prospettiva multistake-holders non sembra riconoscere queste asimmetrie, néla necessità di offrire una tutela ai diritti nell’interessepubblico più ampio. Si tratta, con queste riflessioni, diaprire quindi uno spazio di “democrazia sostanziale” deipercorsi di cambiamento, evitando il tranello di unaforma di “democrazia formale” che rischia di non faraltro che confermare gli assetti di potere esistenti.

Gli spazi della società civileSono dunque le organizzazioni della società civile

a rappresentare l’istanza di tutela dei diritti, soste-nendo la partecipazione diretta delle fasce sociali piùdeboli e meno rappresentate agli spazi di interlocu-zione sulle politiche. Ma quali sono le tendenze e leprospettive di una partecipazione efficace della societàcivile in attività di advocacy? È proprio questa la pro-spettiva da valorizzare nell’attività di una società civile“sana” che non insegue emergenze con attività di assi-stenza effettuate in supplenza di ciò che dovrebbe es-sere di attribuzione del settore pubblico: una societàcivile ”sana” presuppone un confronto in cui si stabili-scono le basi per un dialogo esigente con lo Stato, fa-vorendo delle mediazioni più rispettose dei diritti e di“interessi deboli” che altrimenti rischierebbero di nontrovare appropriata rappresentazione. In questo qua-dro, l’azione dei ”corpi sociali intermedi” introduce ele-menti di confronto, di feedback sul funzionamentodelle politiche, di capacità di mettere in evidenza areedell’interazione sociale che sono in ombra.

D’altra parte, la stessa partecipazione della “societàcivile” (termine che identifica un insieme di enti e orga-nizzazioni decisamene eterogenei) è il frutto di una sto-ria lunga e complessa che, nel mondo dello sviluppointernazionale, ha trovato la sua legittimazione nonprima degli anni ’70 e ’80 del secolo scorso 5. Questaidea, che ha avuto il suo massimo fulgore probabil-mente tra la fine degli anni ’90 e l’inizio del nuovo mil-lennio, non sembra più accettata unanimemente, nellateoria ma soprattutto nella pratica, al punto che si parlaapertamente già da qualche anno di “contrazione dellospazio” (shrinking space) per l’azione della società civile.In altri termini, si riscontra che in generale (con le ovviecautele nel valutare casi molto diversi e spesso anchecontraddittori) è sempre più difficile essere presenti inmodo efficace nei luoghi in cui si dibatte e si decidecome le politiche pubbliche devono essere impostate.Questo fenomeno di “contrazione dello spazio” ha moltecause, che possono essere riassunte nei punti seguenti: esiste una tendenza globale di “stretta” delle re-

gole di azione a cui le ONG devono sottostare.Si tratta di una tendenza che in molti Paesi del sudglobale ha una storia di almeno una ventina dianni, e più recentemente si è manifestata in diversiPaesi “ricchi”. La recente polemica sulla restrizionedegli spazi di manovra delle ONG nel Mediterraneopuò essere letta in questa chiave: si tratta non solodi limitare le possibilità di soccorso in mare, maanche di limitare la possibilità di testimoniare diret-tamente quanto avviene. In molti Paesi, lo spazio diazione umanitaria viene limitato, con forme di stig-matizzazione e criminalizzazione (quando non ad-dirittura di persecuzione); l’imposizione di vincoli sulpiano amministrativo; la definizione di limiti e restri-

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zioni nella partecipazione a spazi di dialogo politico;in diversi casi queste restrizioni vengono giustificatecon la necessità di controllare le “influenze straniere”e anche con la lotta contro il terrorismo 6.

Oltre all’imposizione delle regole di azione per leONG, esiste un fenomeno per certi aspetti opposto,ma che ha lo stesso effetto concreto: si tratta dellaproliferazione delle istanze di confronto. Il fattodi essere chiamati su molti tavoli di confronto spes-so sovrapposti impone alle organizzazioni della so-cietà civile di identificare le priorità, senza avere lapossibilità di definire i quadri di impegno o di averegli elementi necessari per valutare se gli ambiti acui si sceglie di partecipare sono quelli che posso-no aprire degli spazi di cambiamento. I tavoli con-vocati non offrono spesso un focus chiaro, in gradodi rendere i decisori responsabili per gli impegniche assumono. La partecipazione può essere resa“indirettamente” difficile attraverso le modalità concui viene pensata: preavvisi di incontri troppo brevie senza un ordine del giorno condiviso; diffusionecon poco anticipo di documenti preparatori tal-volta troppo complessi o magari redatti in linguenon facilmente utilizzate da parte di chi dovrebbepartecipare; luoghi o modalità di incontro

A questo si unisce un problema di sostegno finan-ziario per le organizzazioni della società civileimpegnate in azioni di advocacy, che possono es-sere tra l’altro percepite come meno prioritarie diazioni “concrete” che offrono dei risultati nel brevetermine. Non c’è dubbio che questo genere di atti-vità siano assai più difficili da rendere visibili, ancherispetto a potenziali donatori. Occorre anche con-siderare il fatto che l’attività di advocacy richiedecontinuità e un certo grado di specializzazione, datoche il fatto di seguire con efficacia il cambiamentodelle politiche passa attraverso lo stabilirsi di rela-zioni di fiducia “competente” con i decisori.

Una ulteriore difficoltà dipende dallo “shoppingdella partecipazione” da parte delle organizza-zioni che convocano gli eventi: in moltissimi casiesiste ampia discrezionalità e non si capisce perchésiano stati convocati alcuni e non altri anche laddove(e talvolta a prezzo di una certa quantità di sforzi)esistano delle modalità note di coordinamento 7.

Esiste un ulteriore possibile problema nel modo incui gli spazi di dialogo vengono organizzati, econ la difficoltà nell’operare chiare distinzioni tra gliinteressi dei diversi attori in gioco, secondo quantoavviene nella popolare (e già sopra ricordata) pra-tica della multiskakeholder partnership. Il rischio èquello di una privatizzazione degli spazi di dialogopolitico: la pratica della sponsorship ad occasioni didialogo politico rappresenta una opportunità pergarantire visibilità a messaggi promossi da impor-

tanti gruppi privati; e anche per garantire che i mes-saggi politici elaborati in queste occasioni non in-troducano elementi di tensione rispetto a chi talioccasioni sostiene anche finanziariamente. Sono in-vece le istituzioni pubbliche a dover invece garan-tire una necessaria terzietà e indipendenza rispettoa tali interessi, anche favorendo la partecipazionedi espressioni della società organizzata.

Nel panorama delle organizzazioni della società ci-vile, un’attenzione sempre maggiore negli ultimi anniè riservata al ruolo delle cosiddette faith based orga-nisations (organizzazioni basate sulla fede, o organiz-zazioni confessionali). Il ruolo della fede religiosa, inparticolare su temi che toccano da vicino la relazionedella persona umana con il creato, rappresenta un ele-mento fondamentale che per molti anni non ha avutoriconoscimento nel dibattito internazionale, ma su cuipiù ultimamente esiste un confronto più ampio. Unarecente conferenza organizzata dal Dicastero per loSviluppo Umano Integrale della Santa Sede ha contri-buito a sviluppare questo dibattito.

Nel sostenere una presenza incisiva della società ci-vile in difesa dei diritti delle persone e delle comunitàpiù vulnerabili e marginalizzate, occorre anche pren-dere atto di una tendenza per certi aspetti paradossale.A fronte dell’emergere sempre più chiaro di problemidi governance globale sembra manifestarsi una chiu-sura all’interno di analisi e ricerca di soluzioni localizzatee specifiche, a discapito dell’attenzione su dimensioniglobali e sistemiche. La ricerca di comportamenti vir-tuosi e la comparazione di cosiddette ”buone pratiche”rischia di eludere completamente la questione deimeccanismi attraverso cui si sono prodotti gli squilibriche si cerca di affrontare. Temi come la finanza globalee il debito, la gestione del cambiamento tecnologico,il commercio internazionale, i temi legati alla transi-zione climatica ed energetica rappresentano delle sfi-de; eluderne la presenza non servirà a mutare il corsodegli eventi e il loro impatto talvolta devastante sullevite delle persone più povere e vulnerabili.

Tali temi richiedono un impegno costante e speci-fico, come ricorda chi si impegnò nella campagna perla cancellazione del debito dei Paesi poveri: un temache anche allora era parso ad alcuni “astruso” e lonta-no dalla sensibilità della gente. Ma che dimostrò unenorme potenziale di mobilitazione sul piano della co-scienza sociale e politica globale. Proprio l’analisi dellecause dei fenomeni che osserviamo ogni giorno in-torno a loro dimostrano la necessità assoluta di tor-nare a occuparsi dei meccanismi globali e sistemici diingiustizia, collegandoli in maniera diretta all’espe-rienza concreta, che nella sua prossimità assorbe lanostra attenzione, ma che dei meccanismi globalispesso non è che il sintomo e la conseguenza.

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Il mondo Caritas è fortemente impegnato in attivitàdi tutela dei diritti e di lotta contro le cause profondedella povertà e delle disuguaglianze. All’interno di unavisione profondamente radicata nel messaggio evan-gelico e nella Dottrina Sociale della Chiesa, la Caritasopera in collegamento con moltissime organizzazionidella società civile cattoliche, di altre fedi religiose elaiche. L’intento è quello di definire l’orizzonte di un“bene comune”, basato sulla dignità della personaumana e sul necessario equilibrio con il pianeta, la no-stra “casa comune”. Oltre che a livello nazionale, ilmondo Caritas opera attraverso le sue piattaformecontinentali e attraverso la confederazione di CaritasInternationalis.

Caritas EuropaCaritas Europa è tra le più strutturate piattaforme

continentali: ha infatti tra i suoi mandati principaliquello di dialogare con le istituzioni europee a tutti ilivelli (anche se non tutti i membri di Caritas Europarappresentano Paesi membri dell’Unione), in un con-testo istituzionale che non trova uguali in altre regionidel pianeta. Il segretariato di Caritas Europa tieneanche il rapporto con la COMECE, la Commissionedelle Conferenze Episcopali della Comunità Europea,che ha ugualmente sede a Bruxelles.Caritas Europa è composta da 49 Ca-ritas presenti in 46 Paesi inclusi tuttigli Stati membri dell’Unione Euro-pea e la grande maggioranza deiPaesi membri del Consiglio d’Eu-ropa. Caritas Europa segue dunquein maniera specifica numerosi temidi interesse nell’Unione, tra cui quel-li relativi alle politiche sociali, le politiche di migra-zione e asilo, le problematiche umanitarie e dellacooperazione allo sviluppo, favorendo lo scambio trai membri e il loro coinvolgimento diretto sia a livellonazionale che nella relazione con le istituzioni euro-pee.

Tra questi temi un’attenzione particolare è riser-vata all’Agenda 2030 1, attraverso un Action Group incui sono rappresentate alcune delle Caritas europee,e che ha realizzato un documento di posizione sultema dell’Agenda 2030. Questo gruppo di lavoro èstato impegnato nel monitoraggio della posizionedell’Unione Europea sul tema dello sviluppo sosteni-bile, espressa pochi mesi fa con un documento di ri-flessione su come l’Unione potrà contribuire all’A-genda 2030 (vedi box nella pagina seguente). Il contri-

buto dell’Unione è in qualche modo intermedio traquello di un’organizzazione internazionale e quello diuno Stato: sono molte infatti le competenze specifi-camente riservate all’azione comunitaria e che hannouna implicazione importante sui temi dello svilupposostenibile. Per questa ragione si era ipotizzato chel’UE potesse presentare una vera e propria VNR in oc-casione dell’HLPF 2019; questo progetto (che avreb-be avuto un importante significato politico nel sotto-lineare la forza di un’azione comune da parte degliStati membri) è stato realizzato solo in parte: la pre-sentazione dell’UE avrà una forma simile a quella diuna VNR ma al di fuori dello spazio riservato alla pre-sentazione degli Stati.

L’Action Group di Caritas Europa sull’Agenda 2030si impegna inoltre nell’elaborazione di posizioni sutemi particolari, e nel seguire occasioni di dialogo tra

l’Europa e l’Africa, come in occasione del quinto Ver-tice Africa-UE tenutosi nel novembre 2018 ad Abidjan,elaborando posizioni condivise con le Caritas africane.È da notare come una posta in gioco importante deiprossimi mesi sarà la negoziazione sugli accordi “post-Cotonou”, entro cui la prospettiva segnata dall’Agenda2030 dovrà essere resa esplicita e operativa, senza chequesto diventi uno strumento di condizionalità utiliz-zato per imporre elementi di un’agenda politica noncondivisa.

Nell’attività di Caritas Europa e dei diversi workinggroups manca, al momento, una connessione direttatra chi segue i temi collegati all’Agenda 2030, ma ri-volti principalmente all’azione all’interno dell’UnioneEuropea, e chi segue (come l’SDG WG) la cosiddettaagenda esterna.

6. L’impegno della Caritasa livello continentale e globale

Caritas Europa è tra le più strutturate piattaforme con-tinentali: ha infatti tra i suoi mandati principali quello didialogare con le istituzioni europee a tutti i livelli, in uncontesto istituzionale che non trova uguali in altre re-gioni del pianeta

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L’elemento più importante di questo documento è quello di definire tre scenari di impegno delle istituzionieuropee nei riguardi dell’Agenda 2030. Questi tre scenari rappresentano tre livelli di impegno decrescente, sucui la nuova Commissione dovrà pronunciarsi:

Strategia globale dell’UE in materia di OSS per orientare tutte le azioni dell’UE edegli Stati membri.

Rappresenta lo scenario più ambizioso, con un ruolo forte delle istituzioni europee invista di una sempre più stretta collaborazione tra gli Stati membri, e l’Agenda 2030posta al centro delle priorità politiche.

La Commissione continuerà a integrare gli OSS in tutte le politiche dell’UE per-tinenti, indipendentemente dall’azione degli Stati membri.

Scenario intermedio: maggiore libertà agli Stati membri e priorità politiche più diffe-renziate, alla luce dell’Agenda 2030.

Maggiore attenzione sull’azione esterna, consolidando al contempo gli attualiambiziosi obiettivi di sostenibilità a livello dell’UE.

Scenario ”debole” in cui si valorizza e si rinforza quanto fatto all’interno dell’Unione,ispirandosi all’Agenda 2030 soprattutto nell’azione esterna.

DOCUMEN O DI RIFLESSIONENT

IL DOCUMENTO DI RIFLESSIONE “VERSO UN’EUROPA SOSTENIBILE ENTRO IL 2030”

Scarica il documento:https://bit.ly/2XYSTxJ

Caritas InternationalisLa confederazione di Caritas Internationalis è tra le

organizzazioni della società civile più diffuse a livelloplanetario, con 165 membri in ogni parte del pianeta.Il mandato a seguire i temi dello sviluppo globale e inparticolare quelli legati all’Agenda 2030 è stato recen-temente riaffermato con l’adozione da parte dell’as-semblea generale del piano strategico triennale, cherichiama l’impegno della confederazione a operareper la promozione dello sviluppo umano integrale eper la cura del creato. Il livello di lavoro del segreta-riato di Caritas Internationalis è essenzialmente quelloglobale, e nel contatto con le organizzazioni legatealla famiglia delle Nazioni Unite. Il segretariato è ba-sato a Roma e dispone di uffici/sedi distaccate a Gine-vra e a New York.

Il tema degli SDGs e dell’Agenda 2030 è seguito at-traverso un gruppo di lavoro in cui sono rappresentate

tutte le aree regionali di Caritas, nonché gli altri gruppidi lavoro che possono essere connessi con il temadello sviluppo sostenibile (cambiamento climatico, sa-lute). Questo gruppo di lavoro ha finora operato sudue livelli. In primo luogo, nel riconoscere la ricchezzadel lavoro svolto dalle Caritas in tutto il mondo con ri-ferimento al tema dell’Agenda 2030, producendo unamappatura globale, che ha messo in evidenza l’ele-vato livello di coinvolgimento del mondo Caritas suitemi dello sviluppo sostenibile.

L’altra attività importante è stata quella di organiz-zare e condurre una delegazione Caritas presso l’HLPF.Nel corso dei vari appuntamenti sono stati organizzatidegli eventi sia ufficiali che paralleli, in collaborazionecon la Santa Sede, valorizzando l’esperienza di alcuneCaritas dei diversi continenti. Nei piani del prossimoanno c’è l’elaborazione di un documento di “principi”sull’approccio Caritas all’Agenda 2030.

La confederazione di Caritas Internationalis è tra le organizzazioni della società civilepiù diffuse a livello planetario, con 165 membri in ogni parte del pianeta. Il mandato aseguire i temi dello sviluppo globale e in particolare quelli legati all’Agenda 2030 è statorecentemente riaffermato con l’adozione da parte dell’assemblea generale del pianostrategico triennale, che richiama l’impegno della confederazione a operare per la pro-mozione dello sviluppo umano integrale e per la cura del creato

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GLOSSARIO

ASviS | Alleanza per lo Sviluppo SostenibileL’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile è nata per far crescere nella società italiana, nei soggettieconomici e nelle istituzioni la consapevolezza dell’importanza dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sosteni-bile e per mobilitarli allo scopo di realizzare gli Obiettivi di sviluppo sostenibile. Riunisce attualmente oltre200 tra le più importanti istituzioni e reti della società civile.

CNCS | Consiglio Nazionale per la Cooperazione allo SviluppoÈ l’organo consultivo istituito dalla legge 125/2014 presso il MAECI (vedi), come organo di partecipazionedei vari attori italiani del sistema di cooperazione internazionale allo sviluppo. Al suo interno si è dotatodi diversi Gruppi di Lavoro (GdL), destinati a trattare con maggiore continuità di aspetti particolari.

ECOSOC | United Nations Economic and Social CouncilIl Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite è l’organo delle Nazioni Unite con la competenzaprincipale sulle relazioni e le questioni internazionali economiche, sociali, culturali, educative e sanitarie,e di coordinamento dell’attività economica e sociale delle Nazioni Unite e delle varie organizzazioni adesse collegate.

FSS | Forum per lo Sviluppo SostenibileIl Forum per lo Sviluppo Sostenibile è istituito presso il MATTM (vedi) come modalità di espressione degliattori non statali con riferimento alla strategia nazionale per lo sviluppo sostenibile.

GCAP | Global Call to Action Against PovertyLa Coalizione contro la Povertà è un movimento globale che si è posto l’obiettivo di contrastare i mecca-nismi che generano povertà e disuguaglianza nel mondo, promuovendo l’adozione di politiche di svilupposostenibile nel rispetto dei diritti umani, della dignità di ogni persona, della parità di genere, della giustiziasociale e ambientale. La GCAP Italia ne è l’espressione italiana; segue in modo particolare il processo dimessa in opera dell’Agenda 2030, e i percorsi legati ad alcuni vertici internazionali (G7/8, G20).

HLPF | High Level Political Forum for Sustainable DevelopmentIl forum politico di alto livello per lo sviluppo sostenibile è il luogo di dialogo, istituito presso le NazioniUnite (ECOSOC – vedi), come momento centrale del processo di monitoraggio dello stato di attuazionedell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Si tiene ogni anno nel mese di luglio, a New York.

MAECI | Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale

MATTM | Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare

PCSD | Policy Coherence for Sustainable DevelopmentCoerenza delle Politiche per lo Sviluppo Sostenibile

UNGA | United Nations General AssemblyAssemblea Generale delle Nazioni Unite

VNR | Voluntary National ReviewUna VNR è una presentazione volontaria nazionale, in cui un Paese presenta lo stato di attuazione dellapropria strategia per lo sviluppo sostenibile presso l’HLPF (vedi).

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Introduzione1 Discorso di Papa Francesco ai partecipanti alla conferenza

sul tema Religioni e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, SalaClementina, 8 marzo 2019.

2 Papa Francesco, Incontro con i Membri dell’Assemblea Ge-nerale dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, New York ,25 settembre 2015.

3 Vedi Populorum Progressio, 20-21.

1. Alla ricerca di una prospettiva di svilupposostenibile

1 La valutazione di un valore in termini “PPP” (PurchasePower Parity) o “PPA” (Parità di Potere di Acquisto) è un cal-colo che si fa per offrire statistiche comparabili tra Paesidove il livello medio dei prezzi è molto diverso, ponde-rando i valori con un indice costruito con il livello dei prezzial consumo nei diversi Paesi.

2 Il valore di 5 USD PPP pro capite al giorno rappresenta piùo meno la media delle soglie della povertà di molti Paesiin via di sviluppo. Vedi J. HICKEL, The divide: guida per risol-vere la disuguaglianza globale, Milano, Il Saggiatore, 2018,57–58.

3 Effettuare un confronto con e senza la Cina si giustifica conle dimensioni di questo Paese e con la sua storia partico-lare, che ha visto uno sviluppo velocissimo dell’economiaa partire dagli anni ’90 (dopo la morte di Mao). Lo sviluppodella Cina è peraltro avvenuto in massima parte in modosvincolato dalle prescrizioni del Fondo Monetario Interna-zionale e dalla Banca Mondiale che, a partire dagli ultimidecenni del secolo scorso, rappresentano per tutta la co-munità globale in qualche modo il “semaforo” di ortodos-sia nelle politiche economiche. Esiste infine, storicamente,una questione di comparabilità delle statistiche della Cinache, per vari motivi, sono considerate spesso non così ac-curate e tendenzialmente ottimistiche.https://www.washingtonpost.com/news/monkey-cage/wp/2015/12/28/heres-why-it-matters-that-china-is-admit-ting-that-its-statistics-are-unreliable/?noredirect=on&utm_term=.f870241f3cab

4 Le politiche di aggiustamento strutturale sono state pro-poste a partire dagli anni ’80 (a seguito della grande crisidel debito) a tutti i Paesi più poveri del pianeta come con-dizione per accedere alle misure di sostegno strutturaleda parte delle Istituzioni Finanziarie Internazionali. Si trat-tava di politiche di sostegno alla privatizzazione, all’elimi-nazione di ogni sussidio e protezione, alla deregolamenta-zione, che hanno provocato importanti trasformazioni (eanche un forte aumento del numero dei poveri) in moltiPaesi del sud globale.

5 IPCC, 2018: Summary for Policymakers. In: Global Warmingof 1.5°C. An IPCC Special Report on the impacts of global war-ming of 1.5°C above pre-industrial levels and related global gre-enhouse gas emission pathways, in the context of strengthe-ning the global response to the threat of climate change, su-stainable development, and efforts to eradicate poverty [Mas-son-Delmotte, V., P. Zhai, H.O. Pörtner, D. Roberts, J. Skea, P.R.Shukla, A. Pirani, W. Moufouma-Okia, C. Péan, R. Pidcock, S.

Connors, J.B.R. Matthews, Y. Chen, X. Zhou, M.I. Gomis, E.Lonnoy, Maycock, M. Tignor, and T. Waterfield (eds.)]. WorldMeteorological Organization, Geneva, Switzerland, 32 pp.

6 Un aumento di 1,5° rispetto ai livelli preindustriali.7 http://www.ansa.it/canale_ambiente/notizie/clima/

2019/06/20/-clima-leader-ue-vogliono-zero-emissioni-entro-2050-_d0292655-8535-45ea-a25c-093208735839.html

2. L’Agenda 2030: una leva per il cambiamento?1 Questa sezione riprende il testo del documento Impe-

gnarsi con l’Agenda 2030 nella prospettiva della Laudato Si’.Se ne parla a pagina 3 ed è scaricabile al seguente shor-tlink del sito di Caritas Italiana: https://bit.ly/32s6htH

2 Lo IAEG-SDGs - Inter-agency and Expert Group on SDG Indi-cators, che hanno suddiviso gli indicatori in gruppi (tiers)a seconda del grado di accordo tecnico. Al momento in cuiscriviamo (giugno 2019), esiste un accordo 104 indicatori(tier I). Per 88 indicatori esiste un accordo di massima chedeve però trovare una definizione più precisa (tier II), men-tre per 34 indicatori esiste un lavoro ancora importante dafare perché si capisca fino in fondo cosa misurare e come(tier III). Per altri 6 indicatori esiste una situazione mista (di-versi componenti dell’indicatore sono classificati in diversilivelli). Si tratta di un sistema estremamente complesso.Importante notare che in molti casi la stessa definizionedegli indicatori è tutt’altro che consensuale, e moltissimiaspetti non rientrano facilmente in questo sistema: in chemodo si può misurare la partecipazione? O il rispetto di undiritto? Il rischio è che finisca per “contare” solo quello chepuò “essere contato”, e che la tecnica statistica finisca perindicare ciò che è importante e che certo non può esseredefinito allo stesso modo in tutte le società del mondo.

3 Il Forum Politico di Alto Livello sullo Sviluppo Sostenibile. 4 Esame Nazionale Volontario.5 Si tratta di appuntamenti interessanti e partecipati, che

sono però talvolta organizzati senza particolare cura peril livello e la qualità della partecipazione della società ci-vile. È il caso del recente appuntamento organizzato aRoma il 27-29 maggio, in preparazione all’HLPF, con unfocus sull’obiettivo 16. Pur apprezzando la ricchezza dimolti dibattiti svoltisi in quella occasione, deve però esserenotata una modalità di partecipazione che ha bypassatocompletamente i meccanismi normalmente utilizzati percoordinare la partecipazione della società civile in occa-sioni del genere (il meccanismo detto dei Major groups andother stakeholders) pensato per assicurare una presenzaequilibrata e rappresentativa dei diversi attori sociali.Anche a livello di società civile italiana, vi è stata una par-tecipazione estremamente limitata: nessuna informazioneè stata condivisa per tempo dalle autorità italiane chehanno coordinato l’iniziativa.

6 https://worldpoverty.io/Il World Data Lab utilizza la soglia convenzionale che con-sidera la povertà estrema a 1,9 USD PPP al giorno.

7 ECOSOC (2019), Progress towards the Sustainable Develop-ment Goals, Report of the Secretary-General, Advance

NOTE

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Unedited Version, United Nations.https://sustainabledevelopment.un.org/content/docu-ments/22700E_2019_XXXX_Report_of_the_SG_on_the_progress_towards_the_SDGs_Special_Edition.pdf

8 http://www.ipsnews.net/2019/06/uns-development-goals-remain-largely-elusive/18 giugno 2019.

9 ECOSOC (2019), n. 16. La consultazione di questo docu-mento è interessante per l’ampia mole di dati che riportasui diversi obiettivi. Rimangono relativamente più inombra, seppur accennate, le questioni di carattere trasver-sale, strutturale e sistemico.

10 Il testo di questo paragrafo riprende e integra Dentico, N.,McKeon, N., Pallottino, M., & Prato, S. (2019), La questionedella governance/democrazia dei sistemi alimentari per unacoerenza delle politiche: una prospettiva locale e globale, inA. Stocchiero (A c. Di), Diritto al cibo. Lo sviluppo sostenibilea partire dai sistemi alimentari (pp. 122-137), Roma: GCAP.

11 Anche se estremamente sbilanciata sulla partecipazionedi attori e organizzazioni note al MATTM, di carattere am-bientale e di cura del territorio.

12 Nel momento in cui scriviamo, è stata condivisa una bozzadi regolamento che definisce il funzionamento del Forum,con la costituzione di un gruppo di coordinamento compo-sto da coordinatori e vice coordinatori dei diversi gruppi dilavoro. A giugno 2019 circa 140 organizzazioni e reti hannomanifestato il loro interesse per la partecipazione al Forum.

13 Coordinata dalla Prof.ssa Filomena Maggino e costituitaformalmente il 10 luglio 2019.

3. Cos’è veramente lo sviluppo sostenibile?1 Fukuda‐Parr, S. (2019). Keeping Out Extreme Inequality from

the SDG Agenda – The Politics of Indicators. Global Policy,10(S1), 61-69.https://doi.org/10.1111/1758-5899.12602

2 International Council for Science (ICSU). (2017). A guide toSDG interactions: from science to implementation (D. Griggs,M. Nilsson, A.S. Stevance, & D. McCollum, A c. Di). Paris: In-ternational Council for Science.

3 Shiva, V. (2016). The Violence of the Green Revolution: ThirdWorld Agriculture, Ecology, and Politics. Lexington: The Uni-versity Press of Kentucky.

4. Politiche coerenti per uno sviluppo realmentesostenibile

1 In acronimo inglese: PCDS Policy Coherence for Sustaina-ble Development.

2 Che pubblica dal 2017 una serie di rapporti sulla coerenzaper lo sviluppo sostenibile.

3 Secondo il testo di una raccomandazione, attualmente an-cora in bozza, l’idea di coerenza viene definita come «unapproccio per integrare le dimensioni dello sviluppo so-stenibile attraverso lo spazio di elaborazione delle politi-che a livello nazionale e internazionale. I suoi obiettivi nelcontesto dell'Agenda 2030 sono quelli di garantire una im-plementazione integrata degli OSS attraverso le seguentimodalità: (i) Favorire le sinergie e massimizzare i benefici

in tutti i settori della politica economica, sociale e ambien-tale; (ii) Riconciliare gli obiettivi di politica interna conobiettivi concordati a livello internazionale; e (iii) Affron-tare gli impatti transfrontalieri e a lungo termine delle po-litiche, comprese quelle suscettibili di influenzare i Paesiin via di sviluppo» (nostra traduzione) (Draft Recommen-dation of the Council on Policy Coherence for SustainableDevelopment.http://www.oecd.org/gov/pcsd/Draft%20Recommenda-tion%20of%20the%20Council%20on%20Policy%20Cohe-rence%20for%20Sustainable%20Development.pdfconsultato il 05/07/2019.

4 Il caso qui riassunto è analizzato più in profondità da Pal-lottino, M. (2018). Sviluppo sostenibile, pace e commerciodelle armi: costruire una prospettiva di sviluppo coerente. InA. Stocchiero (A c. Di), Sviluppo sostenibile, per chi? Una vi-sione critica per la coerenza delle politiche italiane ed euro-pee (pp. 153-181). Roma: GCAP. Vedi anche Beccegato, P.,& Pallottino, M. (2018). Sviluppo sostenibile: Le sfide per unmondo di pace. In Caritas Italiana, Il peso delle armi: Sestorapporto su armi e conflitti dimenticati. (pp. 281-299). Bolo-gna: Il Mulino

5 Si tratta di un target molto eterogeneo dove si consideranoinsieme i flussi illeciti di armi e i flussi finanziari illeciti.

6 All’11 maggio 2018.7 Institute for Economics and Peace, Global Peace Index

2017. Measuring Peace in Complex World, , 20198 Dal sito web

https://www.rheinmetall.com/en/rheinmetall_ag/group/about_rheinmetall/index.php(consultato l’11/07/2019).

9 Rheinmetall Corporate Responsibility Report 2017, pag.22 (traduzione dell’autore). Si tratta dell’ultimo CRR dispo-nibile nel momento in cui scriviamo.

10 In una data, dunque, che presupporrebbe un uso del ter-mine “sostenibilità” congruente con quanto previsto dal-l’Agenda 2030.

11 Secondo una dichiarazione di Armin Papperger, CEO dellaRheinmetall AG, nel presentare il CSR Report.https://www.rheinmetall.com/en/rheinmetall_ag/corpo-rate_social_responsibility/csr_report/index.php(consultato il 17/05/2108).

12 https://www.euractiv.com/section/justice-home-affairs/news/ngo-german-firms-mired-in-worst-greek-corrup-tion-scandals-since-wwii/(consultato il 17/05/2108).

13 L’esportazione di armi verso Paesi “sensibili” è oggettodell’attenzione dell’opinione pubblica tedesca. Vedi adesempio:https://www.middleeastmonitor.com/20141003-merkel-under-fire-for-arms-exports-to-mideast/(consultato il 17/05/2108).

14 https://urgewald.org/keine-panzerfabrik-fuer-tuerkei (consultato il 17/05/2108).

15 Nassauer O., Hemmungslos in alle Welt. Die Munitionsex-porte der Rheinmetall AG, Berlin, BITS – Berliner Informa-tionszentrum für Transatlantische Sicherheit, 2016

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31VERTICI INTERNAZIONALI: SERVONO VERAMENTE AI POVERI?

16 http://www.robertocotti.it/2018/01/13/la-televisione-te-desca-ci-spiega-perche-le-bombe-rwm-si-fanno-in-sarde-gna-opla/(consultato il 18/05/2018).

17 Il caso dell’industria della difesa italiana è stato menzio-nato come esempio di “buona pratica” industriale sosteni-bile proprio nel giorno dell’apertura della primaConferenza Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile, a Na-poli, il 18 dicembre 2018!

18 Parti di questo paragrafo sono tratte da Coresi, F., Pezzati,P., & Stocchiero, A. (2018). Il governo delle migrazioni nel casoitaliano ed europeo nel quadro degli SGD. In A. Stocchiero (Ac. Di), Sviluppo sostenibile: per chi? Una visione critica per lacoerenza delle politiche italiane ed europee. Roma: GCAP.

19 Per un’analisi della situazione del nostro Paese, e di comele migrazioni facciano in realtà parte di uno scenario dicambiamento sociale ampio e di lunga durata, vedi Ceschi,S. (2019). Common Home. Migration and Development inItaly. Roma: Caritas Italiana. Questo rapporto è di prossimapubblicazione anche in italiano.

20 Nijenhuis, G., & Leung, M. (2017). Rethinking Migration inthe 2030 Agenda: Towards a De-Territorialized Conceptuali-zation of Development. Forum for Development Studies,44(1), 51-68.https://doi.org/10.1080/08039410.2016.1276958

21 Con un dispiego di uomini, mezzi e attenzione politicacompletamente sproporzionata rispetto ai numeri dei mi-granti in gioco, basando tale sforzo con la pretesa efficacianello scoraggiare il cosiddetto pull factor (l’idea cioè chela presenza di meccanismi di salvaguardia umanitaria siaun incentivo alla partenza di migranti attraverso le rottemediterranee). Per una descrizione recente di questo fe-nomeno e della costruzione della sua percezione nella so-cietà italiana, vedi Camilli, A. (2019). La legge del mare.Cronache dei soccorsi nel Mediterraneo. Milano: Rizzoli

22 Ambrosini, M. (2019). Immigrazione: le risposte controversedelle politiche europee. Aggiornamenti Sociali, 2019 (Aprile),280–289.

23 CINI, & Concord Italia. (2017). Partnership o condizionalitàdell’aiuto? Rapporto di monitoraggio sul Fondo Fiduciariod’Emergenza per l’Africa e i Migration Compact del-l’Unione Europea. CINI; Concord Italia.

24 È invece abbastanza noto che, ammesso che le politichedi cooperazione possano esercitare impatti così ampi ecosì avvertibili, un aumento dei livelli di sviluppo tende aprodurre dapprima un aumento dei fenomeni migratori,nel momento in cui l’opportunità del progetto migratorioè conosciuto e perseguibile da esce da situazioni di miseriaestrema. È la cosiddetta idea della “gobba migratoria”: il fe-nomeno migratorio tende a diminuire soltanto quando iprocessi di sviluppo economico sono ben consolidati. Peruna prospettiva teorica vedi ad esempio de Haas, H. (2010).

Migration and Development: A Theoretical Perspective. Inter-national Migration Review, 44(1), 227-264.https://doi.org/10.1111/j.1747-7379.2009.00804.x

25 Romeo A. (2019). Un approccio critico all’Agenda 2030 e al-l’agenda europea sulla migrazione. Diritti Elusi, Tesi di Dis-sertazione per il Master in Nuovi Orizzonti di Cooperazionee Diritto Internazionale, Roma, Pontificia Università Late-ranense.

5. Il problema della governance1 Dal sito web https://www.2030spotlight.org/en è possibile

scaricare tutti i rapporti a partire dal 2016. Questi rapportirappresentano la più documentata voce critica a livelloglobale sui temi dell’Agenda 2030; sono articolati per temie per singoli OSS, e possono rappresentare un utile riferi-mento quando si desideri anche un’analisi di carattere set-toriale.

2 Questa sezione è largamente tratta da Dentico, N.,McKeon, N., Pallottino, M., & Prato, S. (2019). La questionedella governance/democrazia dei sistemi alimentari per unacoerenza delle politiche: una prospettiva locale e globale. InA. Stocchiero (A c. Di), Diritto al cibo. Lo sviluppo sostenibilea partire dai sistemi alimentari (pagg. 122-137). Roma:GCAP.

3 McKeon, N. (2017). Are Equity and Sustainability a LikelyOutcome When Foxes and Chickens Share the Same Coop?Critiquing the Concept of Multistakeholder Governance ofFood Security. Globalizations, 14(3), 379-398.https://doi.org/10.1080/14747731.2017.1286168

4 Moran, M., & Stone, D. (2016). The New Philanthropy: PrivatePower in International Development Policy? In J. Grugel & D.Hammett (A c. Di), The Palgrave handbook of internationaldevelopment (pagg. 297-313). London: Palgrave Macmil-lan.

5 Tra i testi migliori che descrivono tale storia, vedi Ianni, V.(2004). La società civile nella cooperazione internazionaleallo sviluppo. Approcci teorici e forme di azione. Torino:L’Harmattan Italia.

6 van der Borgh, C., & Terwindt, C. (2012). Shrinking opera-tional space of NGOs – a framework of analysis. Develop-ment in Practice, 22(8), 1065-1081.https://doi.org/10.1080/09614524.2012.714745

7 Un esempio di tale modalità “opaca” nella selezione dei ri-ferimenti nella società civile è il già citato caso della con-ferenza di Roma sull’Obiettivo 16 in preparazionedell’HLPF 2019.

6. L’impegno della Caritas a livello continentale eglobale

1 https://www.caritas.eu/wordpress/wp-content/uploads/2018/10/180103_agenda_2030_sdg_position_paper.pdf

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L’Agenda 2030 e gli Obiettivi per lo sviluppo sostenibile affermano la necessità diuna prospettiva unica e indivisibile per tutti i Paesi del pianeta, dove gli obiettivieconomici, sociali e ambientali siano sempre perseguiti in modo sinergico, e dove«nessuno sia lasciato indietro». Però non basta prendere un obiettivo o un targetper contribuire a un mondo più sostenibile!

Per rendere l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile una opportunità occorre af-frontare lucidamente gli elementi di tensione presenti nel quadro di riferimento,affermando sempre il primato dei diritti umani, e analizzando in profondità gli ef-fetti delle politiche pubbliche che si manifestano sul piano locale e globale.

Se si vuole operare efficacemente, è necessario costruire un sistema in cui si in-terviene a monte, nella fase di costruzione delle politiche. Il dialogo è fondamen-tale e deve essere costruito in modo efficace.

L’impegno sulla “tutela dei diritti” richiede che le diverse realtà della società civiletrovino il modo per lavorare insieme nell’affrontare e trasformare i meccanismistrutturali che causano la povertà e gli squilibri presenti nel mondo.

www.caritas.it

Tutti i dossier sono disponibili su www.caritas.it; shortlink alla sezione: http://bit.ly/1LhsU5G):

1. GRECIA: Gioventù ferita – Gen 20152. SIRIA: Strage di innocenti – Mar 20153. HAITI: Se questo è un detenuto – Apr 20154. BANGLADESH, INDIA, SRI LANKA, THAILANDIA: Lavoro

dignitoso per tutti – Mag 20155. BOSNIA ED ERZEGOVINA: Una generazione alla ricerca di pace

vera – Giu 20156. GIBUTI: Mari e muri – Giu 20157. IRAQ: Perseguitati – Lug 20158. REPUBBLICA DEL CONGO: «Ecologia integrale» – Sett 20159. SERBIA E MONTENEGRO: Liberi tutti! – Ott 201510. AFRICA, AMERICA LATINA, ASIA: Un’alleanza tra il pianeta e

l'umanità – Dic 201511. HAITI: Concentrato di povertà – Gen 201612. AFRICA SUB-SAHARIANA: Salute negata – Feb 201613. SIRIA: Cacciati e rifiutati – Mar 201614. NEPAL: Tratta di esseri umani. Disumana e globale – Apr 201615. GRECIA: Paradosso europeo – Mag 201616. HAITI: Rimpatri forzati – Giu 201617. ASIA: Per un’ecologia umana integrale – Sett 201618. ARGENTINA: Il narcotraffico come una metastasi – Sett 201619. ASIA: Diversa da chi? – Ott 201620. EUROPA: Generatori di risorse – Nov 201621. AFRICA OCCIDENTALE: Divieto di accesso – Dic 201622. HAITI: Ripartire dalla terra – Gen 201723. ALGERIA: Purgatorio dimenticato – Feb 2017

24. SIRIA: Come fiori tra le macerie – Mar 201725. NEPAL: Il terremoto dentro – Apr 201726. Un mondo in bilico – Mag 201727. VENEZUELA: Inascoltati – Lug 201728. FILIPPINE: Il futuro è adesso – Sett 201729. TERRA SANTA: All’ombra del muro – Sett 201730. ASIA: Per un lavoro dignitoso – Ott 201731. KOSOVO: Minoranze da includere – Nov 201732. AFRICA: Fame di pace – Gen 201833. BALCANI: Futuro minato – Feb 201834. SIRIA: Sulla loro pelle – Mar 201835. HAITI: Una scuola per tutti – Mar 201836. NEPAL: In cerca di dignità – Apr 201837. La rivoluzione dei piccoli passi – Mag 201838. GIORDANIA: Rifugiati: la sfida dell'accoglienza – Giu 201839. MAROCCO: «Partire era l'unica scelta» – Lug 201840. FILIPPINE: Indigeni, diritti, cura del creato – Ago 201841. KENYA: Democrazia in cammino – Ott 201842. BALCANI: Minori migranti, maggiori rischi – Dic 201843. HAITI: Paradisi perduti? – Gen 201944. AMERICA LATINA: Terra bruciata – Mar 201945. SIRIA: Beati i costruttori di Pace – Mar 201946. NEPAL: Acqua: bene universale da proteggere – Apr 201947. GUINEA: Corruzione: ecologia umana lacerata – Mag 201948. LIBANO: Trattati da schiavi – Giu 2019