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AGORÀ AGORÀ AGORÀ AGORÀ AGORÀ 16 16 16 16 16 Margherita M.D. Bottino, La Divinazione..., Agorà VII (a. II, Ottobre-Dicembre 2001) www.editorialeagora.it - E-mail: [email protected] In alto: In alto: In alto: In alto: In alto: (f. 1) Bruxelles, Musées Royaux. Anfora del Pittore di Antimenes. Vi è dipinta la scena della partenza di un guerriero con extipicio. VI sec. a.C. In basso: In basso: In basso: In basso: In basso: (f. 2) Piacenza, Museo Civico. Il fegato di Piacenza. Si tratta di un modellino in bronzo riproducente il fegato di un ovino: all’interno di caselle vi sono 42 iscrizioni e 27 nomi di divinità. Il bordo esterno è suddiviso in sedici caselle corrispondenti alle regioni celesti ed ai relativi numi tutelari. III-II sec. a.C. di Margherita M.D. Bottino DOSSIER La divinazione nell'antichità classica 1. Introduzione D a sempre l’uomo, im- merso in un mondo retto da un meccanismo insondabile, impreve- dibile, sempre in con- tinua metamorfosi, ha tentato di varcare la soglia dell’immanenza per cercare di prevede- re, mediante pratiche che col passare del tem- po spesso sono rimaste immutate, gli eventi futuri e, quindi, tentare di control- larli, nonostante la consapevolezza, inconscia o meno, che “non è possibile alla natura uma- na evitare quel che deve avvenire” (1) . La divinazione, qualsiasi forma essa abbia assunto nel corso dei secoli, presuppone il cre- dere in un’entità superiore che governa e reg- ge il mondo materiale e che può comunicare agli uomini le proprie finalità o metterli a cono- scenza di fatti che non sono alla portata dell'in- telletto (2) . Nel mondo antico, specie in quello roma- no, si faceva una netta distinzione fra il prodi- gio, un qualcosa che, attraverso un metodo ap- propriato (procuratio), andava necessaria- mente espiato, ed il presagio , un vero e proprio av- vertimento da par- te della divinità, av- vertimento che an- dava adeguatamente interpretato. Molteplici erano le pratiche ritenute valide per conoscere gli avve- nimenti futuri, ma fondamentalmente è possibile suddividerle in due tipologie. Ci riferiamo alla divinazione me- diante mezzi di tipo “induttivo”, consistente nel- l’interpretazione di segni prove- nienti dall’ester- no (dai Greci in- dicata con il nome tecnikø, poiché necessi- tava della cono- scenza dell’”arte” di interpretare il vo- lere della divinità), ed alla divinazione detta dagli Elleni, emblematicamente, ©tecno$, caratterizzata dall’indispensabile pre- senza di un ministro che vaticinava direttamen- te ispirato dalla divinità interpellata. All’interno dei metodi induttivi non si possono non menzionare l’extispicina, ossia l’esame dei visceri dell’animale sacrificato, detta anche ieroscopia o ieromanzia (f. 1) e l’epatoscopia, l’esame del fegato dell’animale sacrificato, poi detta dai Romani aruspicina (f. 2), pratiche uti- lizzate dal III millennio a.C. sino all’avvento del Cristianesimo (3) . Chi non poteva permettersi di sacrificare una pecora per farvi leggere i visceri faceva ricorso a pratiche più “economiche”, quali l’interpretazione di “se- gni”, come la vista di una cometa o l’ir- rompere di un ful- mine (f. 3); l’osser- vazione del cielo e del comporta- mento degli uccelli (l’ornitomanzia, f. 4); la lettura di gocce d’olio versate in un ca- tino con dell’acqua (la

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AGORÀAGORÀAGORÀAGORÀAGORÀ1616161616Margherita M.D. Bottino, La Divinazione..., Agorà VII (a. II, Ottobre-Dicembre 2001)

www.editorialeagora.it - E-mail: [email protected]

In alto:In alto:In alto:In alto:In alto: (f. 1)Bruxelles,Musées Royaux.Anfora del Pittoredi Antimenes. Viè dipinta la scenadella partenza diun guerriero conextipicio. VI sec.a.C.In basso: In basso: In basso: In basso: In basso: (f. 2)Piacenza, MuseoCivico. Il fegato diPiacenza. Si trattadi un modellinoin bronzoriproducente ilfegato di unovino: all’internodi caselle vi sono42 iscrizioni e 27nomi di divinità.Il bordo esterno èsuddiviso insedici casellecorrispondentialle regionicelesti ed airelativi numitutelari. III-II sec.a.C.

diMargherita M.D.Bottino

DOSSIER

La divinazionenell'antichità classica

1. Introduzione

Da sempre l’uomo, im- merso in un

mondo retto da unm e c c a n i s m oinsondabile, impreve-dibile, sempre in con-tinua metamorfosi, hatentato di varcare lasoglia dell’immanenzaper cercare di prevede-re, mediante praticheche col passare del tem-po spesso sono rimasteimmutate, gli eventi futurie, quindi, tentare di control-larli, nonostante la consapevolezza, inconsciao meno, che “non è possibile alla natura uma-na evitare quel che deve avvenire”(1).

La divinazione, qualsiasi forma essa abbiaassunto nel corso dei secoli, presuppone il cre-dere in un’entità superiore che governa e reg-ge il mondo materiale e che può comunicareagli uomini le proprie finalità o metterli a cono-scenza di fatti che non sono alla portata dell'in-telletto(2).

Nel mondo antico, specie in quello roma-no, si faceva una netta distinzione fra il prodi-gio, un qualcosa che, attraverso un metodo ap-propriato (procuratio),andava necessaria-mente espiato, edil presagio, unvero e proprio av-vertimento da par-te della divinità, av-vertimento che an-dava adeguatamenteinterpretato.

Molteplici erano le praticheritenute valide per conoscere gli avve-nimenti futuri, ma fondamentalmente èpossibile suddividerle in due tipologie.

Ci riferiamo alladivinazione me-

diante mezzi ditipo “induttivo”,consistente nel-l’interpretazionedi segni prove-nienti dall’ester-no (dai Greci in-dicata con il

nome tecnikø,poiché necessi-

tava della cono-scenza dell’”arte”

di interpretare il vo-lere della divinità), ed

alla divinazione dettadagli Elleni, emblematicamente,©tecno$, caratterizzata dall’indispensabile pre-senza di un ministro che vaticinava direttamen-te ispirato dalla divinità interpellata.All’interno dei metodi induttivi non si possononon menzionare l’extispicina, ossia l’esame deivisceri dell’animale sacrificato, detta ancheieroscopia o ieromanzia (f. 1) e l’epatoscopia,l’esame del fegato dell’animale sacrificato, poidetta dai Romani aruspicina (f. 2), pratiche uti-lizzate dal III millennio a.C. sino all’avvento delCristianesimo(3).Chi non poteva permettersi di sacrificare unapecora per farvi leggere i visceri faceva ricorso

a pratiche più “economiche”, qualil’interpretazione di “se-

gni”, come la vista diuna cometa o l’ir-rompere di un ful-mine (f. 3); l’osser-vazione del cielo edel comporta-

mento degli uccelli(l’ornitomanzia, f. 4);

la lettura di gocced’olio versate in un ca-

tino con dell’acqua (la

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1717171717AGORÀAGORÀAGORÀAGORÀAGORÀMargherita M.D. Bottino, La Divinazione..., Agorà VII (a. II, Ottobre-Dicembre 2001)

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lecanomanzia); l’attenta osservazione deglianelli di fumo provocati dal bruciare dell’incen-so sull’altare (la libanomanzia, f. 5).

2. L’oracolo. Etimologia della parola.

F ra le varie forme di divinazione, gli ora-coli, che ebbero massima fioritura in

Grecia durante i secoli VII e VIa.C., erano tenuti in maggioreconsiderazione, consideratoil fatto che, colui chevaticinava, era giudicato lavox dei: il portavoce direttodel dio.

Dal punto di vista etimolo-gico, la parola oracolo viene dallatino oraculum.Tale vocabolo è formato da unabase ora-, che deriva da orare nelsenso generico di “parlare”, e dal suf-fisso -clo. Questo suffisso, per il suo an-tico valore strumentale, sta ad indicare ilfatto che, inizialmente, con la parolaoraculum si indicava non il responso in sestesso, ma lo strumento attraverso cui ildio si rendeva manifesto(4).Con il passare del tempo alla parola ora-colo venne attribuito un significato più este-so, indicando con essa anche il luogo oveil responso veniva dato.Oggi nella lingua italiana, per desi-

gnare la scienza e l’artedivinatoria, si usano le parolemantica e cresmologia, chederivano dal nome con cui in

greco si indicava l’ora-colo: crhsm’$ (da

crßw, “faccio sapere”).La condicio sine qua

non, comunque, perché sipotesse parlare di “oracolo”era la presenza non tan-to di una rivelazione,quanto, piuttosto, di unben preciso luogo in cui si ma-nifestava la divinità (luogo dettodai Greci crhstørion omanteéon) e di una corporazio-ne sacerdotale, che aveva l’one-re di rendere del tutto efficiente illuogo sacro e di perpetuarne latradizione(5).Ai sacerdoti era ancheaffidata la manutenzio-ne dell’archivio dell’ora-colo, in cui venivano conservate tutte le co-pie dei responsi. Uno degli edifici adibito a talemansione è stato rinvenuto a Didima: datato alIII secolo a.C., conservava sui suoi muri delleiscrizioni che si riferivano a responsi oracolari.

3. Rivelazione diretta del nume.

La consultazione dell’oracolo era prece-duta da una serie di riti preparatori, che

consistevano nella purificazione delconsultatore attraverso abluzioni e sacrifici attiad espiare tutte le colpe che lo rendevano im-

puro (f. 6); nell’esame volto ad ac-certare la volontà o meno del dio

a concedere il responso;nel versamento della tassarichiesta; nel sorteggio del-

l’ordine di precedenza (sal-vo per chi possedeva lapromanteàa, ossia il “diritto

alla priorità”(6)); nella prepara-zione del “portavoce” della divini-

tà, profeta o pitonessa che fosse, at-traverso abluzioni e ingerimento di

vino o sangue di animali sacrificati.Vari erano i modi in cui la divinità

poteva rispondere alle domande poste daprivati o da rappresentanti di città, ma as-sai diffusa nel mondo antico era la formadi divinazione in cui un profeta, ossia “co-lui che parla a nome di un dio”, riceveva ilmessaggio direttamente dalla divinità.Poiché i pronunciamenti attribuiti alla di-vinità erano tenuti in grande considera-zione, i personaggi che si facevano da“portavoce” godevano di una notorietà

A sn.: A sn.: A sn.: A sn.: A sn.: (f. 3) Ate-ne, Museo Ar-cheologico Nazio-nale. Bronzettogreco, rinvenutoa Dodona, raffigu-rante il dioGiove nell’attodi scagliare un

fulmine. IRomaniriteneva-no che i

fulminidiurni fosse-

ro scagliati daGiove e quellinotturni daSummano.A fianco:A fianco:A fianco:A fianco:A fianco: (f. 4)Roma,AntiquariumForense.Bronzetto, rinve-nuto al Foro Ro-mano, raffiguran-te un àugure, os-sia un sacerdoteche aveva il com-pito di osservareil cielo. In manoha il lituus, il ba-stone con cui ilsacerdote deline-ava nel cielo untemplum, ossiaun rettangolo en-tro cui interpreta-re i segni mandatida Giove. 550a.C.In basso:In basso:In basso:In basso:In basso: (f. 5)Delfi, Museo.Bronzetto di unapeplophoros, unafanciulla vestitadi peplo. Essa so-stiene, con ilcapo e le bracciasollevate, unincensiere. Furinvenuta a Delfi,nel cui santuarioera stata dedicataprima di esseredeposta in unafossa sacra. 450a.C.

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tale che, celebrati nelle arti figurative e lettera-rie, hanno varcato i secoli e la loro rinomanza ègiunta fino ai nostri giorni.Chi, infatti, non ha mai sentito parlare degli in-dovini Tiresia(7) e Calcante (f. 7) o dellaprofetessa mai creduta Cassandra (f. 8)?

La divinazione profetica era strettamen-te legata al dio Apollo (ff. 9-10) che, all’in-terno dell’Olimpo ellenico, era conside-rato il dio della luce, dell’arte, della poe-sia, della musica, ma anche della divi-nazione, poiché secondo i Greci l’entu-siasmo profetico non era che una va-rietà dell’entusiasmo poetico(8).Il santuario più importante per i respon-si di Apollo era quello di Delfi(9): «Nel san-tuario profetico di Apollo i Greci non tro-vavano la rivelazione misteriosa di unaldilà, ma constatavano il concretoschierarsi del dio a fianco dell’uo-mo, oppure contro di lui. Nella divi-nazione non conta soltanto sapere ciòche accadrà, quanto accertare la presen-za divina nelle cose terrene, secondo le formeenigmatiche che sanciscono la sua invalicabilediversità dalla dimensione umana. La manticaè un modo di conoscere il mondo: irrazionale,ma dotato di particolari prerogative di sintesi.Allo stesso tempo essa è garanzia etica, sanzio-nata dal diretto rapporto con il dio. L’oracolodelfico è una forma superiore di religione, incui la devozione s’inserisce in uno schema disapienza e di moralità»(10).Nel santuario di Apollo a Delfi vaticinava unasacerdotessa(11) (detta puqàa o foibß$) che,dopo essersi purificata alla fonte Castalia, si se-deva su un tripode (f. 11) e, durante uno statodi eccitazione provocato dai vapori chefuoriuscivano da una crepa del suolo, pronun-ciava suoni e grida agitando un ramoscello dialloro: «Non c’è niente di strano se fra tanteesalazioni che la terra fa scaturire, solo questedi Delfi riescano ad invasare le anime traendo-

Dall'alto in sen-Dall'alto in sen-Dall'alto in sen-Dall'alto in sen-Dall'alto in sen-so orario: so orario: so orario: so orario: so orario: (f. 6):Tondo dell’Arcodi Costantino.Adriano stacompiendo unsacrificio adApollo. 313 d.C.(f. 7): Città delVaticano, MuseoGregorianoEtrusco. Specchioetrusco conincisa l’immaginedell’indovinoCalcante che,nelle vesti diaruspice,esamina unfegato. IV sec. a.C.(f. 8): Ferrara,Museo Arch.Coppa attica conla scena dellauccisione diCassandra. V sec.a.C.(f. 9): Napoli,Museo Arch. Naz.Rilievo rappre-sentante Orestein atto di consul-tare l’oracolo diApollo. I sec. a.C.(f. 10): Roma,Museo di VillaGiulia. L’Apollo diVeio. 515-490 a.C.

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1919191919AGORÀAGORÀAGORÀAGORÀAGORÀMargherita M.D. Bottino, La Divinazione..., Agorà VII (a. II, Ottobre-Dicembre 2001)

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le alla visione del fu-turo. La tradizionec o n f e r m asenz’altro il nostrodiscorso. Si raccon-ta infatti che il pote-re di questo luogo sirivelò per la primavolta quando unpastore, capitatoqui per caso, co-minciò a proferire

voci ispirate. Da principio i presenti dissero cheera matto, ma poi, quando le predizioni di quel-l’uomo si realizzarono, restarono sbalorditi. ADelfi i più eruditi ricordano ancora il suo nome:Coreta»(12).Questi “responsi” dati dalla Pizia erano,innanzitutto, raccolti dai profeti; poi passava-no nelle mani dei sacerdoti, i quali, conoscen-do i fatti e la mentalità dell’interrogante, com-ponevano il crhsm’$ (il responso), la cui chia-rezza dipendeva dalla natura del quesito.Al di fuori dell’organizzazione ufficiale del tem-pio esistevano, presso tutti gli oracoli, degliùxhghtaà, i quali interpretavano il responso achi glielo richiedeva.Il Tempio di Apollo a Delfi (f. 12), innalzato incorrispondenza della fenditura del terreno dacui fuoriuscivano i vapori, stando a Pausaniaavrebbe subìto nel corso dei secolinumerosi, radicali cambiamenti:da una primitiva capanna realiz-zata con frasche di alloro si pas-sò ad una costruzione di cerae piume assai simile ad unalveare, quindi ad untempio in bronzo co-struito da Efesto, poi aduno in pietra elevato daApollo assieme agli archi-tetti Trofonio edAgamede(13).Il tempio successivo fuedificato, nella secondametà del VI secolo a.C.,dalla nobile famigliaateniese degliAlcmeonidi. Appartene-va ad esso una magnificaNike, che ne costituival’acroterio (f. 13).Secondo la leggenda, que-sto luogo era originaria-mente sacro a Gea,personificazione e dea dellaTerra. Quando però Apollo, pe-regrinante in cerca di un sito incui edificare un tempio proprio, vigiunse, fu talmente attratto dalla

bellezza del paesaggio da uccidere il serpentePitone che lo custodiva e da farvi costruire iltempio.Anche in questo caso il mito nacque su unarealtà ben precisa.

I rinvenimenti archeologici nella zona delsantuario, infatti, attestano un cam-

biamento di sesso nelle statuettevotive: dapprima (nei secoli XIV-XI)raffiguranti la divinità femminile cuiera consacrato il luogo, furono

soppiantate (nei secoli XI-IX a.C.) daaltre riproducenti personaggi esclusi-

vamente maschili (f. 14).I responsi dati dal dio, molti

dei quali tramandati nel-le opere di autori anti-chi, erano necessaria-

mente ambigui, ondeavere un ampio margine

di possibilità di indovina-re gli eventi futuri.

Proprio l’oracolo diApollo, consultato prima di

imprese importanti, era fa-moso per essere particolarmente enigma-

tico(14). Del resto uno degli epiteti del dioApollo era proprio “Lossia”, nome proba-

DOSSIER

In altIn altIn altIn altIn alto a sn.: o a sn.: o a sn.: o a sn.: o a sn.: (f. 11) Museo Naz. di Atene. Tripode cipriota inbronzo rinvenuto ad Atene in una tomba dell’VIII sec. - XII sec. a.C.In alto: In alto: In alto: In alto: In alto: (f. 12) I resti del tempio di Apollo a Delfi. (f. Mainenti)A centro pagina: A centro pagina: A centro pagina: A centro pagina: A centro pagina: (f. 13) Delfi, Museo. Nike costituentel’acroterio del Tempio di Apollo a Delfi costruito dagliAlcmeonidi. VI sec. a.C.In basso a dx: In basso a dx: In basso a dx: In basso a dx: In basso a dx: (f 14) Delfi, Museo. Statuetta votiva di bronzoraffigurante Apollo. 550-540 a.C.

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AGORÀAGORÀAGORÀAGORÀAGORÀ2020202020Margherita M.D. Bottino, La Divinazione..., Agorà VII (a. II, Ottobre-Dicembre 2001)

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In alto: In alto: In alto: In alto: In alto: (f. 15)Roma, MuseiVaticani. Meda-glione interno delvaso del Pittore diEdipo, trovato aVulci. Vi è raffigu-rato Edipo cheascolta l’enigmaposto dalla Sfin-ge. V sec. a. C.

bilmente derivato dalox’$, “l’obliquo, co-lui che pronunciaoracoli ambigui”(15).E proprio vago è unodei molti responsi ri-portati da Erodotonelle sue Storie: quel-lo dato dalla Pizia aiLacedemoni che, du-rante il periodo arcai-co, avrebbero con-sultato l’oracolo diDelfi prima di iniziareuna progettata cam-pagna di conquistadell’Arcadia(16).La Pizia, interrogato

l’oracolo, avrebbe risposto: «L’Arcadia mi chie-di? Gran cosa mi chiedi; io non te la concede-rò. Molti in Arcadia sono gli uomini mangiatoridi ghiande che ti respingeranno, io certo nonte la rifiuto. Ti concederò Tegea battuta dai pie-di per danzare e la bella pianura per misurarlacon la fune».

Questo responso era tanto elusivo da spin-gere i Lacedemoni a desistere dal progetto eda rivolgere le loro mire di conquista verso Tegea,ritenendo che esso profetizzasse la riduzionein schiavitù dei Tegeati.Nella battaglia che seguì, però, gli Spartani fu-rono sconfitti e le funi menzionate dalla Pizianon servirono per misurare la terra da distri-buire fra i vincitori (come avevano interpretatogli Spartani), bensì per misurare la terra cheproprio i Lacedemoni dovettero lavorare quan-do, in seguito a tale sconfitta, furono ridotti inschiavitù e costretti a coltivare la piana di Tegea.Narra Erodoto che gli Spartani, poiché veniva-no in continuazione sconfitti dagli abitanti diTegea, mandarono nuovamente dei messi aDelfi, affinché domandassero all’oracolo qualidei fosse necessario ingraziarsi per riuscire vin-citori(17).A tale domanda la Pizia avrebbe profetato chela vittoria sarebbe giunta solo se essi avesseroriportato in patria le spoglie di Oreste, figlio diAgamennone.Non riuscendo a trovare tali spoglie, gli Spartaniinviarono altri messi a Delfi per chiedere adApollo in quale luogo si trovasse il corpo diOreste. La Pizia diede, a tal quesito, una rispo-sta ancor più enigmatica: «C’è una Tegea d’Ar-cadia in luogo piano, ove due venti spirano,spinti da una forza ineluttabile e c’è colpo econtraccolpo e danno su danno. Lì la terradatrice di vita tiene il figlio di Agamennone; setu lo porterai via sarai signore di Tegea»(18).Fu un Lacedemone di nome Lica a sciogliere,in maniera del tutto fortuita, l’enigma: un fab-

bro di Tegea gli narrò che un giorno, volendorealizzare un pozzo nel proprio cortile, avevatrovato un’urna sepolcrale di sette cubiti. Spin-to dalla curiosità di vedere se mai fossero esistitiuomini di statura maggiore a quella dei suoi con-temporanei, dopo averne misurato il cadavere,l’aveva riseppellita nello stesso luogo.Lica «congetturò che quello doveva essereOreste, secondo le indicazioni dell’oracolo inbase a questo ragionamento: vedendo i duemantici del fabbro trovò che erano i venti, el’incudine e il martello erano il colpo e contrac-colpo, e il ferro lavorato il danno aggiunto aldanno, forse perché il ferro è stato scopertoper la rovina degli uomini. [...] dissotterrata latomba e raccolte le ossa tornò a Sparta por-tandole con sé e da quel momento, ogni voltache combatterono con i Tegeati, gli Spartaniriuscirono di gran lunga superiori in guerra»(19).

Enigmi pari a quello che risolse Edipo (f.15), dunque, si proponevano a chi si recava aconsultare l’oracolo di Delfi!

Se la Pizia di Delfi raggiungeva lo stato dieccitazione attraverso l’inalazione di vapori sca-turenti dal terreno, altre vox dei ottenevano ilmedesimo effetto attraverso l’ingerimento diacqua scaturente da fonti ritenute sacre, ac-qua che possedeva proprietà eccitanti (non-ché dannose alla salute).Tale modalità era seguita presso il tempio diApollo a Didima di Mileto: la pitonessa, scesanell’adyton dei responsi, profetava, tenendo inmano una verga, dopo aver bevuto dell’acquada una fonte sacra ed essersi assisa su una pie-tra di forma rotonda.

Stessa cosa avveniva presso l’oracolo diApollo a Claro.

Un altro oracolo di Apollo si trovava in Argo,nel cui tempio la profetessa, che doveva esse-re vergine, prima di entrare in estasi beveva ilsangue di una pecora immolata: «[...] funge daprofetessa una donna, che si astiene da rap-porti con uomini; una notte al mese viene sa-crificata un’agnella: la donna, quando ne hagustato il sangue, è invasata dal dio»(20).

4. Evocazione delle anime dei morti.

La necromanzia, ossia il ricorso agli spi-riti dei defunti, ritenuti in grado di pre-

dire il futuro dei vivi, fu una pratica assai diffusanell’antichità, pratica che doveva essere consi-derata assai pericolosa e al limite del lecito seconsideriamo sia la rarità delle attestazioni siala discrezione con cui venivano tramandate lenotizie inerenti tali “colloqui” con l’aldilà.

Nell’antica Grecia, nella città di Cichira (an-tica Efira), presso il fiume Acheronte, nell’Epiromeridionale, esisteva un santuario dedicatoall’oracolo di Plutone, nella cui cripta avvenival’evocazione dell’anima del defunto.

DOSSIER

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2121212121AGORÀAGORÀAGORÀAGORÀAGORÀMargherita M.D. Bottino, La Divinazione..., Agorà VII (a. II, Ottobre-Dicembre 2001)

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Accessibile liberamente dai fedeli, tale oracolodi Plutone era famoso già nel VI secolo a.C.,come testimonia una notizia di Erodoto, secon-do la quale il tiranno di Corinto Periando «aven-do inviato messi presso i Trespozi sul fiumeAcheronte per consultare l’oracolo dei mortiriguardo al deposito lasciato da un ospite,Melissa [la moglie di Periandro, da costui ucci-sa, n.d.A.] apparve e disse che non lo avrebbeindicato e non avrebbe detto in che luogo gia-ceva il deposito perché aveva freddo ed eranuda: infatti non traeva alcun vantaggio daivestiti che erano stati sepolti con lei, perchénon erano stati bruciati [...]. Non appena que-sto fu riferito a Periandro - la prova era infattiper lui certa poiché s’era unito a Melissa quan-do era già morta - subito dopo questa comuni-cazione fece emanare un bando, che tutte ledonne di Corinto andassero al tempio di Era.Esse vi andarono come ad una festa, con i loroabbigliamenti più belli, ed egli, appostate se-gretamente delle guardie, le fece spogliare tut-te senza eccezione, le libere e le schiave, e ac-cumulate le loro vesti presso la tomba, facen-do preghiere a Melissa le bruciò. Fatto questo,mandò a consultare una seconda volta l’ora-colo, e l’ombra di Melissa indicò il luogo in cuiaveva messo il deposito dell’ospite»(21).

Altro oracolo dei morti esisteva ad Eracleanel Ponto. Narra Plutarco che lo spartanoPausania vi si sarebbe recato per evocare l’ani-ma di una ragazza da lui uccisa onde sedarnel’ira(22).

Anche in Italia esisteva un oracolo dei de-funti.Esso si trovava a Cuma, presso il lago diAverno(23), che così ci viene descritto daStrabone: «I racconti fantastici dei nostri pre-decessori ambientano nell’Averno l’episodioomerico dell’evocazione dei morti e, per di più,riferiscono che qui c’era un oracolonegromantico e che vi si recò Odisseo. È,l’Averno, un golfo profondo e con una strettaimboccatura, che ha le dimensioni e le caratte-ristiche di un porto; ma non può essere adibi-to a questo uso perché vi si para davanti il golfoLucrino che è vasto e poco profondo. L’Avernoè circondato da ripide colline che incombonoda tutti i lati, eccetto l’entrata: oggi sono colti-vate, ma in passato erano occupate da una fit-ta foresta di alberi d’alto fusto, selvaggia e inac-cessibile, che rendeva cupo il golfo favorendola superstizione popolare. Gli abitanti del po-sto raccontavano che gli uccelli che si trovava-no a volarvi sopra precipitavano in acqua, av-velenati dalle esalazioni che si sprigionanocome negli Inferi. Ritenevano, dunque, chequesta località fosse un accesso agli Inferi eche qui si trovassero i Cimmerii. Qui venivano,in barca, coloro che intendevano sacrificare e

ingraziarsi gli dei sotterranei, guidati nelle pra-tiche cultuali dai sacerdoti che amministrava-no il posto. Lì, in riva al mare, sgorga una fontedi acqua dolce, ma tutti si astenevano dal ber-la, pensando che fosse acqua dello Stige. E lìsorge la sede dell’oracolo. Le vicine acque ter-mali e il lago Acherusio provavano la presenzadel Piriflegetonte. Eforo, che ascrive questo luo-go ai Cimmeri, dice che essi abitavano in casesotterranee, chiamate Argille, e comunicava-no fra loro mediante gallerie, attraverso le qua-li accompagnavano gli ospiti dall’oracolo, si-tuato in profondità sotto terra; vivevano col ri-cavato delle miniere e dell’attività oracolare,con lo stipendio fissato dal re del posto. Gli ad-detti all’oracolo osservavano una norma di an-tichissima tradizione: nessuno vedeva mai ilsole, ma uscivano dalle caverne solo di notte;perciò Omero così dice di loro: né mai li guar-da il sole raggiante. Più tardi furono sterminatida un re per il quale non si era avverato il vatici-nio; l’oracolo però sopravvive ancora, sia puretrasferito in altro luogo»(24).

5. I sogni.

Altra fonte di premonizione era l’espe- rienza onirica, tenuta in somma con-

siderazione presso le culture arcaiche perchéconsiderata ispirata da un mondo parallelo.Nell’Antico Oriente, addirittura, nacque una let-teratura, tramandata su papiri o su tavoletted’argilla, che serviva a stabilire la casistica e l’in-terpretazione dei sogni. Ci riferiamo ai cosid-detti “Libri dei Sogni”, di cui ci sono giunti degliesemplari, come i papiri egiziani di epocaramesside e romana o quelli rinvenuti nella bi-blioteca di Assurbanipal a Ninive.L’interpretazione dei sogni fatti durante le oredi riposo (l’oniromanzia), affidata a dei veri epropri interpreti, poteva addirittura segnare ildestino di un uomo, talmente tanta era la con-siderazione in cui era tenuta: ciò avvenne, stan-do ad Erodoto, nel caso di Ciro, futuro re deiPersiani. La sua esistenza fu, infatti, segnataproprio da due sogni fatti dal nonno maternoAstiage.Nel primo di essi, Astiage sognò che la figliaMandane urinasse tanto da sommergere inte-ramente l’Asia. I sacerdoti di corte, interpretidei sogni, consigliarono al re di dare la figlia insposa non ad un nobile medo, ma ad un nobi-le persiano di nome Cambise(25).Così fu, ma «nel primo anno del matrimonio diMandane con Cambise, Astiage ebbe un’altravisione: gli pareva che dai genitali di questa fi-glia nascesse una vite, e che la vite coprissetutta l’Asia. Avuta questa visione e confidatalaagli interpreti dei sogni, mandò a chiamare dallaPersia la figlia che era incinta, e quando fu giun-ta la teneva sotto custodia, volendo uccidere la

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consiste nel sacrificare al dio e, oltre che a lui,sacrificano anche a tutte le divinità il cui nomeè segnato sull’altare; fatto questo, immolanoun ariete, ne stendono la pelle a terra e vi siaddormentano sopra, attendendo la rivelazio-ne nel sogno»(29).Dall’oracolo di Anfiarao il comandante persia-no Mardonio avrebbe avuto un responso cheprevedeva la futura sconfitta a Platea nel 479a.C.: «Al tempo delle guerre persiane eranomolti gli oracoli tenuti in grande onore, quellodi Anfiarao, ad esempio, e quello di Ptoio(30) nonmeno. Pare che Mardonio li avesse messi allaprova entrambi, inviando un uomo della Lidiaal primo di essi, e uno della Caria all’altro. Ilprofeta di quest’ultimo oracolo, che per l’ad-dietro aveva sempre parlato in dialetto eolico,diede allora il suo responso nella lingua deibarbari, così che nessuno dei presenti potè ca-pire, tranne il solo inviato: e fu propriol’invasamento del profeta a significare che mailingua greca si sarebbe sottomessa al serviziodei barbari. Il Lidio inviato ad Anfiarao, invece,ebbe un sogno in cui gli parve di vedere unministro del dio che, in un primo tempo, lo scac-ciava a voce, dicendo che il dio non c’era; poitentava di spingerlo via con le mani e infine,siccome non si muoveva, lo picchiò in testacon una grossa pietra. Questo sogno corri-spondeva esattamente a quello che sarebbesuccesso in seguito: infatti Mardonio fu scon-fitto quando al comando dei Greci non c’eraun re, bensì il tutore e ministro di un re, e poicadde colpito da una pietra, proprio come erasuccesso in sogno al Lidio»(31).

Altro santuario oracolare in cui si praticavail rito incubatorio si trovava in Cilicia, nella cittàdi Mallo, ed era dedicato agli eroi Mopso eAnfiloco, il primo figlio di Apollo e Manto (figliadi Tiresia), il secondo figlio dell’indovinoAnfiarao: «Il governatore di Cilicia era ancorapieno di dubbi intorno alle cose divine [...] Alsuo seguito c’erano alcuni Epicurei, che con lascusa, nobile in sé, dell’osservazione della real-tà naturale, si facevano beffe di simili sciocchez-ze, secondo il loro modo di dire. Orbene: il go-vernatore istruì a dovere uno schiavo affranca-to e lo mandò all’oracolo, come una spia in

In alto:In alto:In alto:In alto:In alto: (f. 16)Moneta diEpidauro raffigu-rante Asclepio. IVsec. a.C.In basso a sn.:In basso a sn.:In basso a sn.:In basso a sn.:In basso a sn.:(f. 17) Parigi,BibliothèqueNationale.Bronzetto riprodu-cente l’Apolloetrusco Aplu, pro-tettore della divi-nazione attraver-so le sortes. 375-350 a.C.In basso a dx.:In basso a dx.:In basso a dx.:In basso a dx.:In basso a dx.:(f. 18) Roma, Mu-sei Capitolini.Astragali ripor-tati alla lucenell’area di S.Omobono aRoma. VI-V sec.a.C.

creatura che sarebbe nata da lei,poiché in seguito al sogno gli in-

terpreti gli avevano predettoche il figlio di sua figlia avreb-

be regnato al suo po-sto»(26).Ciro sarebbe stato ucci-so se Arpago avesseeseguito la volontà diAstiage, volontà che di-pendeva, appunto, daun sogno: si salvò soloperché fu cresciuto

come figlio dal bovarodello stesso Astiage, che

non ebbe il coraggio di espor-lo «sul più deserto dei monti»(27).

Oltre all’interpretazione di sognifatti durante le ore dedicate al riposo, nell’an-tichità si ricorreva anche al rito dell’incuba-zione, ossia alla provocazione di sogni perporgere al dio le domande maggiormente im-pellenti.Nato in Grecia, tale rito consisteva nel dormirepresso i santuari degli dei guaritori e nel trova-re nei sogni la risposta fornita dalla divinità.I sogni, fatti nel locale del tempio adibito a dor-mitorio (detto abaton, “luogo inaccessibile”),venivano interpretati da medici-sacerdoti, men-tre le guarigioni erano registrate dal clero sullabase delle tavolette votive che i guariti lasciava-no nel tempio, come testimonia anchePausania: «All’interno del recinto, anticamen-te, erano erette anche più stele oltre alle seiche restano ai miei tempi: su di esse sono iscrittii nomi di uomini e di donne guariti da Asclepio,e insieme la malattia di cui ciascuno aveva sof-ferto e il modo della guarigione»(28).

Sin dalla seconda metà del VI secolo a.C.il centro più famoso ove si praticava l’incu-bazione fu il santuario di Asclepio (il mag-giore fra gli dei risanatori, famoso soprat-tutto per la guarigione da gravidanze a

rischio) che si trovava ad Epidauro,nell’Argolide (f. 16).

Altro famoso oracolo di tal tipo eraquello dell’indovino-dio Anfiarao, nel-

la città di Oropo nell’Attica.Si narra che presso tale oracolo, ilconsultatore riceveva il responso del diodopo aver digiunato per ventiquattro ore,

non aver bevuto vino per tre giorni ed es-sersi addormentato sulla pelle di un ariete

precedentemente sacrificato: «Credo cheAnfiarao si dedicasse particolarmente all’in-terpretazione dei sogni; è comunque chia-ro che, una volta ritenuto dio, produsse una

mantica fondata sui sogni. Ed è norma chechi viene a consultare Anfiarao debba inprimo luogo purificarsi; la purificazione

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campo nemico, con una tavoletta sigillata: alsuo interno stava scritta la domanda, ignota achiunque altro. Secondo l’uso, l’inviato trascor-se la notte nel recinto del tempio, e vi si addor-mentò. Al mattino raccontò di aver avuto que-sto sogno: gli era apparso un uomo di grandebellezza, che lo sovrastava; dalla sua bocca erauscita una sola parola “nero”, e nient’altro; poid’improvviso era scomparso. La cosa ci sem-brò strana, e non sapevamo cosa pensare. Maquel governatore rimase sconvolto, si gettò inginocchio e, aperta la tavoletta, ci fece vederela domanda che vi era scritta: “Devo sacrificar-ti un toro bianco o nero?”. Gli Epicurei rimase-ro confusi; dal canto suo, il governatore nonsolo compì il sacrificio, ma anche in seguitocontinuò a venerare Mopso»(32).

6. Interrogazione delle sorti.

Un ulteriore metodo utilizzato nel mon-do antico per predire il futuro era

la cleromanzia, ossia l’arte di divinare permezzo di oggetti (detti sortes) me-scolati e tratti a caso.

Posta sotto la protezio-ne del dio Apollo (f. 17),la cleromanzia facevauso di oggetti comedadi, piccoli bastoni,frecce, sassi o fave.

Anche gli astragali (ff.18-19-20), ossia le ossicinadel tarso posteriore di pecoreo montoni, utilizzate normalmente, specie du-rante l’ellenismo greco, per vari tipi di gioco(centrare una piccola fossa scavata nel terre-no; indovinare se pari o dispari estraendoli dauna sacca; realizzare varie combinazioni di let-tere o immagini facendoli cadere a terra) ave-vano una funzione divinatoria. In Grecia e nellaRoma dell’impero venivano utilizzati, infatti, perporgere domande alla divinità: ogni combina-zione che si formava dalla gettata dei “dadi”corrispondeva ad un responso.

Pare che inizialmente, per interrogare lesortes, venissero utilizzati dei ciottoli di pietra, ilcui esemplare più antico proviene da Cuma edè datato al VII secolo a.C. Questo ciottolo diCuma presenta un testo iscritto a spirale, in cuisi invita il consultante a non insistere nel chie-dere responsi: «Era non permette che si tornia interpellare l’oracolo».In un secondo momento i ciottoli vennero rim-piazzati con dischi realizzati in piombo o inbronzo, poi con verghe lignee o metalliche. Inetà classica, infine, il testo di risposta venneiscritto su tavolette, cosa che permise ad essodi assumere dimensioni più ampie.

Sulle sortes potevano essere incisi simboli,numeri, lettere, ma anche epigrafi, come nel caso

delle tavolette di piombo, che coprono il lassodi tempo che va dal VI al II secolo a.C., scopertenel santuario di Zeus a Dodona, in Epiro.

Da uno dei tanti excursus presenti inErodoto apprendiamo che l’arte divinatoriaera tenuta in grande considerazione anche

presso le popolazioni dellaScizia (f. 21). Gli indovini

Sciti erano soliti utilizza-re «un gran numero dibacchette di salice:dopo averne portatogrossi fasci, postili perterra li svolgevano e de-

ponendo una ad unaseparatamente ciascuna

verga pronunciavanovaticini»(33).Che la mantica avesse, anche presso questepopolazioni, un gran peso nelle decisioni daprendere scaturisce dall’atroce morte riserva-ta a quegli indovini che erravano il responso,nonché ai “falsi indovini”: «Quando il re degliSciti è ammalato, manda a chiamare tre indo-vini, i più rinomati. Essi dicono in genere per lopiù questo, che il tale o il tal altro, e ne danno ilnome, ha commesso spergiuro giurando per ifocolari reali. Gli Sciti hanno infatti l’uso di giu-rare specialmente per i focolari reali quando

A centro pagi-A centro pagi-A centro pagi-A centro pagi-A centro pagi-na: na: na: na: na: (f. 19) Parigi,Louvre. Astragaloin bronzo daSusa. 550-525a.C.In alto: In alto: In alto: In alto: In alto: (f. 20)Napoli, Museo Na-zionale. Particola-re di un encaustomonocromo sumarmo, prove-niente daErcolano, raffigu-rante delle gioca-trici di astragali. Isec. a.C.In basso: In basso: In basso: In basso: In basso: (f. 21)Firenze, MuseoArcheologico. Par-ticolare del VasoFrançois da Chiu-si. Vi sono dipintidegli arcieri in ve-ste scitica intentialla caccia al cin-ghiale calidonio.570 a.C. circa.

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In alto:In alto:In alto:In alto:In alto: (f. 22)Vaticano, Galleriadei Candelabri.Copia romanadella Tychebronzea diAntiochiarealizzata daEutychides nel IIsecolo a.C.A fianco:A fianco:A fianco:A fianco:A fianco: (f. 23)Delfi, la Rocciadella Sibilla.

carro. Ardono in tal modo gli indovini anche inaltri casi, chiamandoli falsi indovini. E di quelliche manda a morte, il re non risparmia neppu-re i figli, ma uccide tutti i maschi, mentre allefemmine non fa alcun male»(34).

Anche nell’Italia antica le decisioni più im-portanti venivano rimesse alla casualità.

I Romani veneravano, come protettricedella sorte, la dea Fortuna, poi identificata conla Tyche del mondo greco (f. 22).Adorata in molti templi, a Roma la dea dellasorte favorevole o avversa, era rappresentatasotto diverse sembianze e nominata con variepiteti, tanti quanti erano i tipi di protezioneche le venivano attribuiti: Fortuna Publica, For-tuna Equestris (dei cavalieri), Fortuna Muliebris(delle donne), Fortuna Libera (degli uomini),Fortuna Liberarum (dei figli), Fortuna Virginalis(delle fanciulle), Fortuna Averrunca (che allon-tana la sventura), Fortuna Blanda (benigna),Fortuna Barbata (che fa passare dalla fanciul-lezza alla virilità), Fortuna Comes (guida dei viag-giatori), per citare gli epiteti più conosciuti.

7. La Sibilla.

La mitologia vuole che Sibilla fosse ilnome della prima sacerdotessa del dio

Apollo: figlia di Dardano e di Neso aveva l’incari-co di rivelare agli uomini, in forma misteriosa, leprofezie del dio.

Emblematica definizione della Sibilla ci pro-viene dall’antichità classica, che le conferiscecaratteri assai simili alla Pizia di Delfi: «Sibylladicitur omnis puella cuius pectus numenrecipit»(35).

Un frammento di Eraclito, oltre che avvalo-rare la tesi delle uguaglianze con la Pizia delfica,sottolinea come le Sibille, più che indovine delfuturo, fossero delle profetesse di sventure: «LaSibilla con bocca invasata pronunzia cose tri-sti, senza ornamento né profumi e attraversacon la sua voce migliaia d’anni per opera delnume»(36).

Solitamente si annoverano dieci sibille (laCumana, la Delfica(36 bis) (f. 23), l’Ellespontica,l’Eritrea, la Frigia, la Libica, la Persica, la Samia,la Tiburtina, la Cimmeria), ma, indubbiamenteuna delle più conosciute è quella Cumana, det-ta da Virgilio Deifobe(37).Questa Sibilla viveva all’interno di una spelon-ca(38): «L’ampio fianco / della rupe cumea a gui-sa d’antro / s’apre d’intorno; e cento porte, ecento / ivi conducon aditi, dai quali / della Sibillain altrettante voci / erompono i responsi»(39).La Sibilla di Cuma solo raramente rispondevaoralmente alla domande: il più delle volte scri-veva i suoi responsi su foglie che il vento disor-dinava o disperdeva in parte, rendendone intal modo difficoltosa l’interpretazione.Il mito vuole che tale Sibilla avesse chiesto ad

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vogliono fare il giuramen-to più solenne. Subito cat-turato viene condotto di-nanzi al re colui che essidicono che ha commessospergiuro e una volta giun-to, gli indovini lo accusa-no dicendo che dalla divi-nazione risulta che egli hacommesso spergiuro giu-rando per i focolari reali, eche per questo il re è am-malato. Quello nega di-cendo di non aver spergiu-rato e si lamenta. Al dinie-go di costui, il re fa chia-mare altri indovini in nu-mero doppio, e se anchequesti ricorrendo alla divi-nazione condannano l’uo-mo come spergiuro subi-to gli tagliano la testa e iprimi indovini se ne divido-no i beni; se invece gli in-dovini venuti in un secon-do tempo lo dichiarano in-nocente, si presentano al-tri indovini ed altri ancorain gran numero. Se la mag-gioranza assolve l’uomo è

stabilito che i primi indovini devono morire. Essivengono fatti morire nel modo seguente: riem-pito un carro di legna e aggiogativi dei buoi,dopo aver messo gli indovini in ceppi e averloro legate le mani dietro la schiena e otturatala bocca, li cacciano in mezzo alla legna e,appiccato il fuoco, lasciano andare i buoi spa-ventati. Molti buoi bruciano insieme con gli in-dovini, molti invece pur mezzo bruciati riesco-no a fuggire quando sia bruciato il timone del

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In alto: In alto: In alto: In alto: In alto: (f. 24)Marsala.La grotta dellaSibilla Lilibetanasituata al di sottodell'altare dellachiesapaleocristiana diSan GiovanniBattista.Nel riquadrola scalinata checonduce ai duevani; nella fotogrande il vano incui è situata lapiccola fonte ove,dice la leggenda,la Sibillaconcedeva ildono delvaticinio a chi visi bagnava lelabbra.A fianco:A fianco:A fianco:A fianco:A fianco:Moneta di bronzoin cui è raffiguratala Sibilla Erofile.

Apollo, in cambio della castità, il poter vivereun numero di anni pari a quanti granelli di sab-bia riuscisse a contenere all’interno del palmodella mano. Avendo trascurato, però, di chie-dere il dono dell’eterna giovinezza, la SibillaCumana, invecchiando, diventava sempre piùmagra, fino a divenire quasi una cicala. Posta,allora, in una gabbia ed appesa ad un chiodopresso il tempio di Apollo, ai fanciulli che ironi-camente le chiedevano quale fosse il suo desi-derio, ella rispondeva che voleva morire.

Si dice che in Sicilia profetasse una sibilla, ilcui antro si trovava nell’antica città di Lilibeo,l’odierna Marsala.La grotta della Sibilla Lilibetana (f. 24), situata aldi sotto dell’altare della chiesa paleocristianadi San Giovanni Battista, è formata da due vanicomunicanti fra loro: l’occidentale, in cui è al-locato il “letto” della profetessa di Apollo, haun prolungamento verticale, attraverso cui laSibilla dava i suoi responsi ai fedeli che, postisulla superficie, ascoltavano da un’apertura(40).L’altro vano ospita un pozzo di forma quadratae di dimensioni alquanto ridotte: si raccontache la Sibilla offrisse il dono del vaticinio a chibagnasse le labbra con l’acqua pura di esso.Il culto di San Giovanni Battista, che qui si radicònei primi secoli del Cristianesimo, potrebbe in-terpretarsi come una continuità di simbologiacon la Sibilla, visto che entrambi hanno in co-mune il dono della profezia e il veicolo simbo-lico dell’acqua: «Nelle scritture dell’anno 1550si narra per relazione di alcuni vecchi che nellachiesa di San Giovanni, sovrapposta alla Spe-lonca della Sibilla, si benediceva ogni anno unaCroce nel giorno dell’Epifania presso il Lito, epoi si attuffava nell’acqua del mare, che, dive-nuta dolce, si beve per divozione del popolo iviconcorso, spettatore di così grande prodigio:ma nel dì dedicato a San Giovanni Battista, su-perstizioso era l’abuso, praticato nella grottasotterra, dove la gente si faceva cavare sangueda’ barbieri, e li salassi erano in tanto numero,che talvolta se ne contarono sopra quattrocen-to»(41).

I Libri Sibillini

Il Senato romano, nonostante a Roma sempre si ci volse con particolare sospet-

to nei confronti della divinazione ispirata, si ser-viva dei Libri Sibillini, una raccolta di brevi re-sponsi che uno dei primi re di Roma avrebbeacquistato da un’anziana signora, la qualegliene avrebbe offerto inizialmente nove, mane avrebbe bruciato sei perché per due volte ilre avrebbe rifiutato il prezzo(42).Scritti in greco e serbati nel tempio di GioveCapitolino, i tre libri superstiti venivano consul-tati, su invito del Senato, da un’apposita com-missione di duumviri sacris faciundis (poi

decemviri, infine quindecemviri) in caso di fattiprodigiosi di grave entità, onde stabilire il modoper procedere alle purificazioni riparatrici.Questi libri, andati distrutti a causa di un incen-dio che divampò sul Campidoglio nell’83, furo-no sostituiti da un’ulteriore raccolta, costituitada un migliaio di versi dati dalle sibille cui il Se-nato aveva inviato un’ambasceria(43).La nuova serie di responsi, depositata nel 76nel ricostruito Tempio Capitolino, fu fatta sot-toporre da Augusto ad una revisione poiché inessa erano state inserite delle falsificazioni dicarattere politico.L’ulteriore raccolta, risultato di quest’opera diemendamento, fu collocata nel nuovo tempiosorto sul Palatino, tempio da Augusto dedicatoad Apollo(44).

Questi versi sibillini, che avevano caratteredi acrostico per esigenze mnemoniche ed’inalterabilità(45), furono consultati fino a Giu-liano l’Apostata(46) e poi fatti bruciare, intornoal 400, da Stilicone(47).

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1) ERODOTO III, 65, 3 Tali parole furono, secondo la narrazionedello storico di Alicarnasso, pronunciate dal persiano Cambisequando si pentì di aver fatto uccidere, a causa dell’interpretazio-ne errata di un sogno, il proprio fratello Smerdi.

2) Sull’argomento vd.:D. BACCANI, Oroscopi greci. Documentazione papirologica,Sicania, Messina 1991R. BLOCH, La divinazione nell’antichità, Edizioni ScientificheItaliane, Napoli 1995L. CAGNI, Le profezie di Mari, Paideia, Brescia 1995B. DI FONTENELLE, La storia degli oracoli, Napoli 1831A. MENGOZZI, Trattato di Sem e altri testi astrologici, Paideia,Brescia 1997G. PETTINATO, La scrittura celeste. La nascita dell’astrologia inMesopotamia, Mondadori, Milano 1998S. RIBICHINI, Astri, segni, sogni e profezie. La divinazione nelmondo antico, in “Archeo” a. XIV, n. 8 (agosto 1998), pp. 59 ss.D. SABBATUCCI, Divinazione e cosmologia, Il Saggiatore, Milano 1989C. SAPORETTI, Come sognavano gli antichi. Sogni dellaMesopotamia e dei popoli vicini, Rusconi, Milano 1996M. SORDI, La profezia nel mondo antico, Vita e Pensiero, Milano1993J.P. VERNANT, Divinazione e razionalità, Einaudi, Torino 1982

3) A Tebe, ad esempio, presso il santuario di Apollo Ismenio, ilsacerdote traeva delle predizioni particolarmente precise dal-l’esame dei visceri, predizioni redatte poi in versi.vd. PLUTARCO, Lisia, 29

Alla interpretazione dei visceri degli animali sacrificatisistematicamente ricorrevano i partecipanti ai giochi olimpici persapere se avessero ottenuto la vittoria.vd. PINDARO, Olimpiche, VIPAUSANIA VI, 8, 2Sulle Olimpiadi vd. il mio I giochi panellenici di Olimpia, in “Agorà”Anno II, n. 5 (Aprile-Giugno 2001), pp. 18 ss.

4) Lessico Universale Italiano, s.v. oracolo, Treccani, Roma 19755) Fra le corporazioni sacerdotali addette all’efficienza del luo-

go sacro, ricordiamo i Branchidi e gli Evangelidi nel tempio diApollo Didimo a Mileto; i Ciniradi e i Tamiradi a Pafo; i Trachidi ei Deucalionidi a Delfi; gli Iamidi, i Telliadi e i Clitiadi ad Olimpia.

6) Questa l’interpretazione tradizionale della promanteàa. Inrealtà con tale termine si indicava il diritto di consultare l’oracolosenza intermediari.

7) Stando a Plutarco (De defectu oraculorum, 43, 434 a - 44) adOrcomeno sarebbe esistito un oracolo del vate cieco di Tebe.Questo passo è altresì interessante perché espone la dottrinaaristotelica circa l’estinzione naturale degli oracoli: «Laghi, fiumie sorgenti termali, soprattutto, a volte si estinguono e scompaio-no completamente; a volte si può dire, fuggono via inghiottitidalla terra, e poi col tempo ricompaiono di nuovo negli stessiposti, o tornano a scorrere lì vicino. Anche certe miniere si sonoesaurite [...] La scuola aristotelica sostiene che di tutti questifenomeni della terra è causa l’esalazione, e che tali manifesta-zioni naturali, nel loro scomparire, mutar luogo e rifiorire, avven-gono necessariamente in relazione ad essa. Ed è questo che

NOTE

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8. Conclusione.

Molti altri metodi venivano nell’antichità utilizzati per interpretare il volere del-

la divinità: spesso si ci recava presso luoghi ovei profeti traevano risposte da rumori emessi daelementi naturali considerati sacri, quali fontio caverne, ritenuti capaci di fornire responsiperché in stretta comunicazione con l’arcanomondo sotterraneo(48).

Nonostante per tanti secoli questi ed altrimetodi di divinazione condizionarono la vita disingoli e di intere comunità, nel IV secolo d.C.l’imperatore Costanzo proclamò una serie dileggi, poi confluite nel Codice Teodosiano, conle quali categoricamente si proibiva la consul-tazione di aruspici, astrologhi e indovini: «E su-bisca la pena capitale, abbattuto dalla spadavendicatrice, chiunque rifiuterà obbedienzaalle prescrizioni».

Vogliamo concludere questo viaggio, cheavrebbe richiesto indubbiamente ben più pa-gine per indagare cosa effettivamente abbianosignificato gli oracoli nel mondo antico, condelle righe tratte dal De defectu oraculorum diuno dei sacerdoti del santuario di Delfi,Plutarco, poiché riteniamo che esse siano unaforte e sentita espressione di commiato daquanto di arcano e di affascinante vi era nelmondo pagano: «Il rifiuto di ammettere chepiccoli fatti possano essere indizio di grandicose, caro Demetrio, rischia di creare un osta-colo in molti campi, poiché sottrae la possibili-

tà di dimostrazione in certi casi, di previsionein altri. Del resto, anche voi accettateegualmente un’ipotesi abbastanza rilevante,deducendo che gli eroi si radevano dal fattoche in Omero si trova il vocabolo “rasoio”; op-pure che essi prestavano denaro ad interesse,solo perché in un passo viene detto “avere undebito non recente e non piccolo”, interpre-tando l’espressione “avere un debito” comese significasse “la somma si accresce”. Quan-do poi la notte viene detta “acuta”, secondovoi tale aggettivo è una testimonianza sufficien-te per sostenere che Omero considera conical’ombra della terra, in quanto proiettata da uncorpo sferico. E di fronte alla scienza medica,che riesce a prevedere epidemie estive dal grannumero di ragni e dalla forma a zampa di cor-nacchia che prendono le foglie di fico in pri-mavera, quali obiezioni troverà chi ritiene chepiccoli fatti non possano diventare indizio dicose importanti? E come potrà ammettere chesi misuri la grandezza del sole con un congio euna cotila d’acqua, o che l’angolo acuto for-mato da quel quadrante che vediamo là conla sua inclinazione rispetto al suolo vengaconsiderato misura dell’elevazione che ilpolo sempre visibile raggiunge sull’orizzon-te? Questo dicevano i sacerdoti. Bisognaquindi trovare qualche altro argomento con-tro di loro, se vogliamo lasciare inalterato alsole il suo solito cammino, secondo la tradizio-ne dei nostri padri»(49).

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2727272727AGORÀAGORÀAGORÀAGORÀAGORÀMargherita M.D. Bottino, La Divinazione..., Agorà VII (a. II, Ottobre-Dicembre 2001)

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bisogna pensare anche dell’afflato profetico: il suo potere non èeterno e neppure immune da vecchiaia, bensì soggetto a muta-menti. È logico, ad esempio, che piogge torrenziali possano estin-guerlo, e che i fulmini lo disperdano; ma è soprattutto quando laterra subisce dei terremoti, per cui avvengono crolli e rivolgi-menti nelle sue viscere, che le esalazioni mutano luogo o siestinguono completamente. [...] Ad Orcomeno, raccontano,venne una terribile pestilenza che sterminò gran parte della po-polazione: e da allora l’oracolo di Tiresia si estinse completa-mente, tanto che è rimasto muto e inattivo fino ad oggi».

8) I Greci descrivevano lo status mediatico come un “entusia-smo” per dire che “dentro c’è un dio”; Platone definisce “folliadivina” il rapporto che si veniva a creare fra la Pizia ed Apollo. Conla stessa parola “follia” i Greci indicavano l’invasamento dei parte-cipanti ai riti in onore di Dioniso, l’amore provocato dalla deaAfrodite e l’ispirazione poetica conferita ai mortali dalle Muse.

9) Per la storia e le istituzioni delfiche vd.:J. DEFRADAS, Les thèmes de la propagande delphique, Paris 1955;M. DELCOURT, L’Oracle de Delphes, Paris 1955;J. FONTENROSE, The Delphic Oracle. Its Responses andOperations, with a Catalogue of Responses, Berkeley - LosAngeles - London 1978;H.W. PARKE, D.E.W. WORMELL, The Delphic Oracle, Oxford 1956;J. POUILLOUX, G. ROUX, Enigmes à Delphes, Paris 1963

10) D. DEL CORNO, Plutarco. Dialoghi delfici, Adelphi, Milano1983, p. 13

11) Così scrive Del Corno (op. cit., pp. 29 ss.), in una nota infor-mativa, a proposito della Pizia delfica: «Il santuario di Delfi [...]era sacro ad Apollo, e portava pure il nome alternativo di Pito,che poi fu trasposto nell’appellativo del dio stesso, Apollo Pizio -e Pizia fu chiamata la profetessa. [...] Secondo gli antichi, talenome traeva origine dal drago ucciso da Apollo nel prenderepossesso dell’oracolo: poiché questo era da principio apparte-nuto alla dea Terra. [...] La Pizia era una donna di Delfi. In anticoveniva scelta una vergine; ma dopo una clamorosa storia d’amo-re e rapimento, si decise che dovesse avere almeno cinquant’an-ni. Non importavano né la condizione sociale, né la preparazioneculturale; ma doveva essere, lei come tutta la sua famiglia, dicostumi e d’animo irreprensibili. Dopo la sua consacrazione avita, essa diveniva in un certo senso la sposa del dio; e la suaesistenza era quasi quella di una reclusa, in purezza e castità. Neitempi di maggiore frequenza dell’oracolo, apprendiamo che lePizie erano due, che si alternavano nei responsi, mentre unaterza fungeva di riserva».

12) PLUTARCO, De defectu oraculorom, 42, 433 c13) PAUSANIA X14) L’oracolo delfico veniva consultato non solo dai Greci. Infat-

ti i doni votivi rinvenuti nel santuario attestano che i suoi respon-si furono richiesti, fra l’altro, dal re di Lidia Creso, dal faraoneAmasis e dal re di Frigia Mida.

15) In effetti l’etimologia di tale epiteto è piuttosto incerta. Sipotrebbe anche pensare derivi dalla radice luk, “lo splendente”.

16) ERODOTO I, 6617) ERODOTO I, 6718) ERODOTO I, 67, 419) ERODOTO I, 6820) PAUSANIA II, 24, 121) ERODOTO V, 92, 722) PLUTARCO, Cimone, 623) L’Averno occupa il cratere di un vulcano spento, fra Miseno

e l’antica Dicearchia (oggi Pozzuoli). Inizialmente separato dalvicino Lago Lucrino, vi fu collegato da un canale navigabile fattorealizzare nel 37 a.C. dal console Agrippa nell’ambito di lavori attia trasformare questo luogo in una postazione militare. Durante imedesimi lavori furono realizzati una galleria sotterranea che

dall’Averno conduceva a Cuma ed un porto (attraverso il tagliodella duna costiera che separava il Lucrino dal mare).

24) STRABONE V, 4, 5.cfr. DIODORO IV, 22, 2L’argomento occupa tutto l’XI libro dell’Odissea.Probabilmente l’“altro luogo” in cui fu trasferito l’oracolo fu Cuma,il cui oracolo era anch’esso sotterraneo.

25) ERODOTO I, 10726) ERODOTO I, 10827) ERODOTO I , 109-11028) PAUSANIA II, 27, 3

A differenza degli altri santuari, presso quello di Pluto nella Cariail sogno datore di guarigione giungeva non ai malati, bensì aisacerdoti (vd. STRABONE XIV).

29) PAUSANIA I, 34, 530) Ptoio si trovava in Beozia.31) PLUTARCO, De defectu oraculorum, 5, 412 a32) PLUTARCO, De defectu oraculorum, 45

Fra le divinità che offrivano sogni guaritori a chi si recava nei lorotempli ricordiamo anche quello di Dionisio ad Anficlea nellaFocide (PAUSANIA X, 33, 10).

33) ERODOTO IV, 67, 134) ERODOTO IV, 68-6935) SERVIO III, 44536) 92 Diels36 bis) Le ultime ricerche archeologiche hanno confermato la

tesi che gli stati modificati di coscienza necessitano, per insorge-re, di condizioni mentali o ambientali capaci di determinare lareazione oracolare o paranormale. Ne parla William J.Broad in unarticolo apparso su la Repubblica del 21 marzo 2005 e che ripro-duciamo:«Per almeno 12 secoli l'oracolo di Delfi parlò a nome degli dei,dando consigli ai legislatori, ai cittadini e ai filosofi su qualsiasicosa, dalla loro vita sessuale agli affari di Stato. L'oracolo erasempre una donna e i suoi responsi divini erano sollecitati da unrichiedente. In trance, a volte in uno stato di delirio, rispondevaalle domande, dava ordini e faceva profezie. Gli studiosi avevanoda tempo scartato la spiegazione che gli antichi greci davanoall'ispirazione dell'oracolo, collegandola ai vapori che salivanodal pavimento del tempio. Non trovarono, però, alcuna fenditurané possibili fonti di intossicazione. Conclusero che i vapori eranomitici. Oggi, tuttavia, un archeologo, un geologo, un chimico edun tossicologo si sono riuniti in équipe per produrre prove chedimostrerebbero che gli antichi avevano ragione. Si è scoperto,infatti, che la roccia in quella regione è composta da calcareoleoso spaccato da due faglie nascoste che passano esattamentesotto le rovine del tempio, creando così un passaggio attraversoil quale i vapori dei gas naturali possono salire alla superficiecontribuendo a provocare visioni. In particolare l'équipe hascoperto che l'oracolo probabilmente veniva pronunciato sottol'influsso dell'etilene, un gas dall'odore dolciastro, un tempo usatocome anestetico. In piccole dosi, produce una sensazione dieuforia. - Volevamo vedere se c'era una conferma geologica allatestimonianza di Plutarco e di altri -, dice Jelle Zeilinga de Boer,geologo della Wesleyan University, che cominciò a fare indaginia Delfi più di vent'anni fa. Il lavoro dell'équipe è stato descrittol'anno scorso (2004) su Geology. Verrà pubblicato anche nelnumero di aprile di Clinical Toxicology. Nei pressi del Golfo diCorinto, sulle pendici del monte Parnaso, fu fondato un luogo diculto prima del 1200 a.C. e il tempio che vi sorge divenne ilsantuario più sacro per gli antichi greci, che lo consideravano ilcentro del mondo. Luogo di culto in origine a Gea, la dea dellaterra, il tempio di Delfi fu, nel VIII secolo a.C., dedicato ad Apollo,il dio della profezia. Il suo oracolo, parlava, spesso in delirio, edesercitava una grande influenza. In uno dei suoi ammirati responsi,

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definì Socrate il più saggio degli uomini. Prima diuna seduta profetica, l'oracolo secendeva in unacella sotterranea e inalava i sacri vapori. Alcunistudiosi dicono che i suoi responsi venivanointerpretati e messi per iscritto da sacerdoti spessoin forma ambigua; altri, invece, dicono che l'oracolocomunicava direttamente con il richiedente. Nel1981, il dottor de Boer si recò a Delfi in qualità diconsulente del governo greco per verificarel'idoneità della regione alla costruzione di reattorinucleari. Il suo compito era quello di scoprire se vifossero faglie nascoste e di valutare la possibilità discosse sistemiche. - Ebbi un colpo di fortuna -ricorda. A causa del traffico turistico, il governoaveva deciso di scavare nella collina ad est di Delfiun grande spiazzo portando alla luce - una bellissimafaglia - come lui stesso la definì. Appariva giovane eattiva. Per giorni de Boer seguì le tracce a piedi,spostandosi da est a ovest, lungo chilometri diterreno montagnoso. La faglia era perfettamentevisibile. A ovest di Delfi, trovò che si collegava aduna faglia già nota. In mezzo, era nascosta da detritirocciosi, ma si vedeva che proseguiva sotto iltempio.- Avevo letto Plutarco - ricorda de Boer - pensai:questa potrebbe essere la frattura dalla quale siinnalzavano i vapori di cui parlano -. Mentre visitivadelle rovine romane in Portogallo, conobbe JohnR.Hale, un archeologo della University di Lousville.Decisero di lavorare insieme. Hale andò a cercarele vecchie relazioni francesi sugli scavi e scoprì consorpresa che avevano notatao come la roccia sullaquale era stato costruito il tempio presentava dellefratture prodotte dall'azione dell'acqua. Nel 1996, idue studiosi si recarono in Grecia per riesaminarela faglia di Delfi. Scoprirono così che lo stratosotterraneo era formato da calcare bitumino di olioneri. Oltre al metano e all'etano, c'erano tracce dietilene. Sotto ogni aspetto, l'antico enigma era statorisolto. Alla fine del 2000, Henry A.Spiller, iltossicologo che dirige il Kentucky Regional PoisonCenter, si è unito all'équipe. - Nei primi stadi l'etileneproduce euforia, uno stato mentale alterato e unasensazione piacevole. È quello che l'uomo dellastrada definirebbe sconvolgenti, - osserva Spiller .Quando si smette di inalare etilene, aggiunge, glieffetti scompaiono rapidamente».Erminia Gargiulo. Parapsicologia Classica. Napoli.Si ringrazia Gaetano Della Pepa per la segnalazione

dell'articolo.37) VIRGILIO, Eneide, VI, 5038) Le manifestazioni delle sibille erano quasi sem-

pre associate ad un antro o a una fonte sacra.39) VIRGILIO, Eneide, VI, 59-6440) I fedeli, attraverso tale fenditura del terreno,

mandavano giù dei viveri di “compenso” alla Sibilla,che pare sia vissuta per ben ventotto anni all’inter-no di quest’antro.

41) A. MASSA, Sicilia in prospettiva, Palermo 170942) Secondo Varrone (Inst., I, 6) si sarebbe trattato

di Tarquinio Prisco, secondo Plinio (NaturalisHistoria, XIII, 88) di Tarquinio il Superbo. Nonostan-te l’avversione per le ispirazioni profetiche, Romaebbe due sibille: Carmenta ed Albunea.

43) TACITO, Annales, VI, 1244) SVETONIO, De vita Caesarum, Aug., 3145) CICERONE, De divinatione., II, III46) AMMIANO MARCELLINO XXIII, 1747) RUTILIO NAMAZIANO II, 5248) Un oracolo che interpretava il mormorio di fonti

sacre era quello di Apollo Tirseo presso Ciane, nellaLicia (PAUSANIA VII,21,23).Anche dallo stormire delle foglie di alberi si traevanoresponsi. Il più famoso fra questi oracoli eraindubbiamente quello di Dodona, in Epiro, il cuisantuario, dove i responsi si traevano da una querciasacra, è indicato dalle fonti letterarie come il piùantico centro religioso dei Pelasgi, i popoli cheprecedettero gli Elleni. A tal proposito Erodoto (II,52) scrive: «Un tempo i Pelasgi compivano tutti isacrifici invocando “gli dei”, a quanto so per averloudito a Dodona, e non davano né epiteti né nomead alcuno di essi, poiché non li avevano ancora maiuditi. Li denominarono “dei” (qeou$) per questofatto, che essi avevano posto (qûnte$) in ordineogni cosa e presiedevano anche a tutte le ripartizioni.Ma poi, trascorso molto tempo, appresero i nomivenuti dall’Egitto di tutti gli altri dei, solo quello diDioniso lo appresero molto più tardi; e dopo uncerto tempo consultarono oracolo di Dodona(questo oracolo è ritenuto il più antico degli oracolidi Grecia ed era allora l’unico). Quando dunque iPelasgi chiesero all’oracolo di Dodona se dovesseroadottare i nomi che provenivano dai barbari,l’oracolo rispose di usarli. Da questo momentosacrificarono usando i nomi degli dei; e più tardi iGreci li appresero dai Pelasgi».

49) PLUTARCO, De defectu oraculorum, 3, 410 d-e

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