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XVIII legislatura
Dossier del Servizio Studi
sull’A.S. n. 844 e n. 583
Disposizioni in materia di
azione di classe
novembre 2018
n. 80
ufficio ricerche sulle questioni
istituzionali, sulla giustizia e sulla
cultura
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XVIII legislatura
Dossier del Servizio Studi
sull’A.S. n. 844 e n. 583
Disposizioni in materia di
azione di classe
novembre 2018
n. 80
Classificazione Teseo: Codice e codificazioni. Abrogazione di norme. Risarcimento di danni.
a cura di: C. Andreuccioli
I N D I C E
1. QUADRO NORMATIVO ................................................................................. 7
2. IL CONTENUTO DEI DISEGNI DI LEGGE ....................................................... 11
2.1. L'Atto Senato n. 844 ................................................................................ 11
2.2. L'Atto Senato n. 583 ................................................................................ 21
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I disegni di legge in titolo mirano a trasfondere la disciplina dell'azione di classe,
attualmente contenuta nel decreto legislativo n. 206 del 2005 (c.d. Codice del
consumo) all'interno del codice di procedura civile, rendendola uno strumento di
più ampia applicazione e portata.
Il contenuto dei due provvedimenti è in larga parte coincidente, in quanto l'AS n.
583 riproduce il contenuto dell'originario AC 791, che, approvato dalla Camera
con modifiche, è oggi, l’Atto Senato n. 844.
1. QUADRO NORMATIVO
Nell'ordinamento italiano l'azione di classe a tutela degli interessi dei consumatori
e degli utenti (c.d. class action) è attualmente disciplinata dall'articolo 140-bis del
Codice del consumo.
Prima di procedere alla analisi della normativa vigente è opportuno dare conto di
altri due istituti processuali che presentano alcune caratteristiche simili alla class
action
La class action pubblica
L'istituto della class action deve essere tenuto distinto, in primo luogo, dall'affine
c.d. azione di classe pubblica. Quest'ultimo è un istituto introdotto
nell'ordinamento dal decreto legislativo 20 dicembre 2009, n. 198, in applicazione
della legge 4 marzo 2009 n. 15 (c.d. “Legge Brunetta”).
La class action pubblica offre uno strumento di tutela collettiva agli utenti della
PA o agli utenti di un servizio pubblico e come tale si contraddistingue per la
finalità di tutela di un interesse diffuso, della collettività, a differenza della class
action vera e propria – di cui all’art. 140-bis del Codice del Consumo - che invece
mira a salvaguardare i diritti dei singoli (vale a dire di ciascun membro della
classe).
Le Sezioni Unite della Cassazione (Ordinanza, 30 settembre 2015, n. 19453) – in
un procedimento per regolamento di giurisdizione - hanno, in proposito, precisato
che “La "class action pubblica" prevista dal d.lgs. n. 198 del 2009 è funzionale al
conseguimento di un risultato che giovi, indistintamente, a tutti i contitolari
dell'interesse diffuso al ripristino del corretto svolgimento della funzione
amministrativa ovvero della corretta erogazione del servizio, mentre l'azione di
classe prevista dal codice del consumo postula l'esercizio di un diritto individuale,
oggetto di trasposizione in capo a ciascun titolare singolarmente identificato”.
L'azione inibitoria
La class action va, in secondo e ultimo luogo, tenuta distinta dall'azione inibitoria
prevista dall'articolo 140 del Codice del Consumo, anche esso strumento di tutela
a favore delle associazioni di consumatori, ma di natura - appunto - inibitoria e
ripristinatoria.
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La principale differenza fra lo strumento inibitorio di cui all’articolo 140 ad
appannaggio delle associazioni e la class action regolamentata dall’articolo 140-
bis è dovuta al fatto che la class action non può essere instaurata dall’associazione
consumeristica in sé quale parte processuale, bensì da un attore soggetto singolo
(il cosiddetto “rappresentante della classe”), anche se spesso ciò avviene con
l’appoggio a latere di un’associazione o di un comitato. Tale differenza comporta,
peraltro, che, secondo la giurisprudenza, non vi possa essere nemmeno un ricorso
cumulativo a tali due mezzi di tutela: infatti “Con l'azione di classe il singolo
consumatore è legittimato a domandare, per sé e per la classe di aderenti, la
concessione di rimedi risarcitori e restitutori a tutela di diritti individuali
omogenei, mentre, poiché il riferimento alla tutela degli "interessi collettivi" deve
essere inteso come semplice ampiezza del numero di potenziali consumatori
coinvolti, è preclusa la possibilità di conseguire i rimedi inibitori e le misure
ripristinatorie di cui all'art. 140 cod. consumo” (Trib. Milano, ordinanza, 9
dicembre 2013).
L'azione di classe ex art. 140-bis del Codice del consumo
L'azione di classe è attualmente così configurata:
le finalità dell’istituto sono la tutela dei diritti individuali dei consumatori e
utenti che versano nei confronti di una stessa impresa in situazione
omogenea (“diritti individuali omogenei”) nonché la tutela di interessi
collettivi (comma 1);
con l’azione si fa valere la violazione di diritti contrattuali (es. diritti fondati
su un contratto sottoscritto per adesione da una pluralità di consumatori) o
di diritti omogenei comunque spettanti al consumatore finale del prodotto
(es. diritto al risarcimento danni da prodotto difettoso) o servizio (a
prescindere da un rapporto contrattuale) o di diritti omogenei violati da
comportamenti anticoncorrenziali o da pratiche commerciali scorrette
(comma 2);
l'oggetto dell'azione è l’accertamento della responsabilità e la condanna al
risarcimento del danno e alle restituzioni in favore degli utenti consumatori
(comma 2);
la legittimazione ad agire in giudizio viene riconosciuta ai singoli cittadini
consumatori («ciascun componente della classe») anche mediante
associazioni cui diano mandato o comitati cui partecipino (comma 1);
è possibile per altri consumatori aderire all’azione di classe; l’adesione
comporta la rinuncia a ogni azione restitutoria o risarcitoria individuale.
Il procedimento è scandito in due fasi:
• la prima, volta alla pronuncia sull’ammissibilità dell’azione di classe;
• la seconda, finalizzata invece alla decisione nel merito. In caso di
accoglimento della domanda, il procedimento si conclude con la sentenza
di condanna alla liquidazione in via equitativa delle somme dovute agli
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aderenti all’azione di classe o alla definizione di un criterio omogeneo di
calcolo per la suddetta liquidazione.
Analiticamente, la domanda si propone con atto di citazione al tribunale del
capoluogo della Regione in cui ha sede l’impresa. La competenza è attribuita al
tribunale in composizione collegiale con il possibile intervento anche del PM, ma
solo per il giudizio di ammissibilità dell'azione (commi 4 e 5)1.
Si apre a questo punto la prima fase del procedimento, dedicata ad un’udienza
filtro per la pronuncia sull'ammissibilità dell'azione di classe. Il tribunale si
pronuncia (con ordinanza) all'esito della prima udienza (a meno che non sia
necessario disporre una sospensione del giudizio per attendere la pronuncia di
un'autorità indipendente o del giudice amministrativo).
La domanda è dichiarata inammissibile quando (comma 6):
è manifestamente infondata;
sussiste un conflitto di interessi;
il giudice non ravvisa l'omogeneità dei diritti individuali tutelabili;
il proponente non appare in grado di curare adeguatamente l’interesse della
classe.
Se il tribunale non ammette l’azione, deve comunque regolare le spese e
ordinare la pubblicità dell’ordinanza di inammissibilità a cura e a spese del
soccombente (comma 8).
Se il tribunale ammette l’azione, regola le spese, anche ai sensi dell’art. 96 c.p.c.,
e ordina la più opportuna pubblicità a cura e spese del soccombente. L’ordinanza
è reclamabile entro 30 giorni in corte d’appello che, a sua volta, decide entro 40
giorni dal deposito del ricorso con ordinanza camerale (comma 7). Il reclamo non
ha, tuttavia, effetti sospensivi del procedimento davanti al tribunale.
Con l’ordinanza che ammette l’azione, il Tribunale deve (comma 9):
• definire i caratteri dei diritti individuali oggetto del giudizio,
specificando i criteri in base ai quali i soggetti che chiedono di
aderire sono inclusi nella classe o devono ritenersi esclusi
dall’azione;
• fissare termini e modalità della più opportuna pubblicità
dell'azione, per consentire l'adesione degli appartenenti alla
classe (l’esecuzione della pubblicità è condizione di procedibilità
della domanda), possibile senza ministero di un difensore. Copia
dell’ordinanza di ammissibilità dell’azione deve essere trasmessa al
Ministero dello sviluppo economico che ne cura ulteriori forme di
pubblicità, anche mediante la pubblicazione sul relativo sito internet;
• fissare un termine perentorio, non superiore a 120 giorni
dall'esecuzione della pubblicità, entro il quale gli atti di adesione
1 Per la Valle d’Aosta è competente il tribunale di Torino, per il Trentino-Alto Adige e il Friuli Venezia
Giulia è competente il tribunale di Venezia, per le Marche, l’Umbria, l’Abruzzo e il Molise è competente
il tribunale di Roma e per la Basilicata e la Calabria è competente il tribunale di Napoli.
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devono essere depositati in cancelleria, anche a mezzo dell’attore, e
anche tramite PEC o fax; gli atti devono contenere l’elezione di
domicilio, l’indicazione degli elementi costitutivi del diritto fatto
valere; la documentazione probatoria. Dopo la scadenza del termine
non saranno più proponibili ulteriori azioni di classe per i medesimi
fatti e nei confronti della stessa impresa; saranno possibili solo
ricorsi individuali da parte di coloro che non abbiano aderito
all'azione collettiva.
Si apre dunque la seconda fase nella quale il Tribunale definisce il procedimento
nel merito, eventualmente condannando l’impresa soccombente alla liquidazione
del danno. In merito il tribunale può (comma 12):
• ordinare all’impresa il pagamento, in via equitativa, delle somme dovute a
coloro che hanno aderito all’azione oppure;
• definire un criterio omogeneo di calcolo per la suddetta liquidazione
assegnando alle parti un termine di 90 giorni per raggiungere un accordo
sull'entità del risarcimento. In tale caso, il verbale di accordo, sottoscritto
dalle parti e dal giudice, costituisce titolo esecutivo; in mancanza di
accordo, su istanza di parte, è invece il giudice che liquida le somme dovute
agli aderenti all'azione.
La sentenza che definisce il giudizio diviene esecutiva decorsi 180 giorni dalla
pubblicazione; fa stato per tutti gli aderenti all’azione e rende improponibile per i
medesimi fatti e nei confronti degli stessi soggetti una nuova azione di classe. In
caso di proposizione di appello, l’appellante può chiedere la sospensione
dell’efficacia della sentenza di primo grado (comma 13). La decisione sull’azione
collettiva non limita comunque il diritto all’azione individuale per chiunque non
abbia aderito all’azione di classe (comma 14).
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2. IL CONTENUTO DEI DISEGNI DI LEGGE
2.1. L'Atto Senato n. 844
Il disegno di legge in titolo, già approvato dalla Camera dei deputati, è
composto da 7 articoli, attraverso i quali riforma l'istituto dell'azione di classe,
attualmente previsto dal Codice del consumo, riconducendone la disciplina al
codice di procedura civile.
L'articolo 1 della proposta di legge introduce nel codice di rito un nuovo titolo
VIII-bis "Dei procedimenti collettivi", composto da 15 nuovi articoli (dall' articolo
840-bis all' articolo 840-sexiesdecies). Il nuovo titolo è inserito alla fine del libro
IV dedicato ai procedimenti speciali.
Nel dettaglio, l'articolo 840-bis c.p.c. amplia l'ambito d'applicazione soggettivo
e oggettivo dell'azione di classe.
Come accennato il vigente art. 140-bis del Codice del consumo, nel delineare il campo di
applicazione rationae personae, prevede che l'azione di classe possa essere esercitata solo
da consumatori o utenti (ovvero dalle persone fisiche che agiscono per scopi estranei
all'attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente
svolta). Tale limitazione è stata peraltro interpretata in modo rigoroso dalla
giurisprudenza. In un caso, a titolo esemplificativo, è stata ritenuta inammissibile per
carenza del presupposto soggettivo l'azione di classe avviata da un piccolo azionista di un
istituto di credito (Trib. Firenze, ordinanza, 10 marzo 2014 e Corte d'appello di Firenze,
ordinanza, 15 luglio 2014). E' appena il caso di ricordare che, sempre ai sensi dell'art.140-
bis la persona fisica può agire anche "mediante associazioni cui dà mandato o comitati
cui partecipa".
Eliminando anzitutto - data la nuova collocazione della disciplina, sottratta al
codice del consumo - ogni riferimento a consumatori e utenti, l'azione sarà sempre
esperibile da tutti coloro che avanzino pretese risarcitorie in relazione a lesione
di "diritti individuali omogenei" (ma non ad "interessi collettivi"); l'azione sarà
quindi nella titolarità di ciascun componente della "classe", nonché delle
organizzazioni o associazioni senza scopo di lucro che hanno come scopo la tutela
dei suddetti diritti, e che sono iscritte in un elenco tenuto dal Ministero della
giustizia (per i profili attuativi si veda l'articolo 2 del disegno di legge).
Viene, poi, ampliato l'ambito di applicazione oggettivo dell'azione, che è
esperibile a tutela delle situazioni soggettive maturate a fronte di condotte lesive,
per l'accertamento della responsabilità e la condanna al risarcimento del danno e
alle restituzioni.
Il testo individua come destinatari dell'azione di classe imprese ed enti gestori di
servizi pubblici o di pubblica utilità, relativamente ad atti e comportamenti posti
in essere nello svolgimento delle attività.
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Se viene presentata un'azione di classe:
il diritto all'azione individuale presenta i limiti indicati dal successivo
articolo 840-undecies, nono comma, c.p.c.;
non è ammesso l'intervento di terzo;
sono sempre possibili, anche durante lo svolgimento della procedura,
transazioni tra le parti e gli aderenti all'azione. L'articolo 840-bis, in
proposito, stabilisce che la rinuncia al diritto fatto valere in giudizio o la
transazione conclusa tra le parti non pregiudica i diritti di quanti abbiano
aderito all'azione nella fase iniziale; questi ultimi, anche se le parti venissero
meno, hanno infatti la possibilità di riassumere la causa entro un termine
(non inferiore a sessanta giorni e non superiore a novanta giorni) assegnato
dal tribunale. Se il termine decorre inutilmente, il tribunale dichiara
l'estinzione del procedimento e i soggetti aderenti potranno eventualmente
agire individualmente ovvero avviare una nuova azione di classe.
L'articolo 840-ter c.p.c. disciplina la forma della domanda e il giudizio di
ammissibilità. In primo luogo, il giudice competente a conoscere l'azione di classe
è individuato nella sezione specializzata in materia di impresa del tribunale (cd.
tribunale delle imprese), del luogo ove ha sede la parte resistente.
L’istituzione di sezioni specializzate in materia di impresa è stata prevista dal decreto
legislativo n. 168 del 2003. Il decreto, così come novellato dal decreto legge n. 1 del 2012
(cd. decreto liberalizzazioni), ha istituito dette sezioni presso i Tribunali e le Corti di
Appello di Bari, Bologna, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Roma,
Torino, Trieste e Venezia, fermo restando l’istituzione delle stesse sezioni presso i
Tribunali e le Corti di Appello aventi sede nel capoluogo di ogni regione. Risultano,
quindi, istituite sezioni specializzate in materia d’impresa anche a L'Aquila, Ancona,
Catanzaro, Campobasso, Cagliari, Perugia, Potenza e Trento. Una sezione specializzata
in materia di impresa è stata istituita poi presso il Tribunale e la Corte di Appello di
Brescia, mentre per il territorio della Val d’Aosta sono competenti le sezioni specializzate
presso il Tribunale e la Corte di Appello di Torino. Il decreto-legge n. 145 del 2013 ha
previsto l'istituzione della sezione specializzata presso il Tribunale e la Corte di Appello
(sezione distaccata) di Bolzano. In relazione alla composizione, i giudici delle sezioni
sono scelti tra soggetti dotati di specifiche competenze.
Con riguardo alle controversie transnazionali è opportuno ricordare che il Regolamento
UE n. 1215/2012, c.d. “Bruxelles I-bis” (che ha sostituito il previgente Regolamento CE
n. 44/2001 c.d. “Bruxelles I”) prevede che, nel caso in cui ad essere convenuta sia
un’impresa straniera, è possibile avviare la lite innanzi ai Tribunali italiani nelle seguenti
ipotesi:
- nei casi “contrattuali”, quando l’Italia è il foro di adempimento dell’obbligazione (forum
destinatae solutionis) ai sensi dell’Articolo 7, paragrafo 1, lettera a) o lettera b), del
Regolamento n. 1215/2012 (ad esempio, in un contratto di compravendita, quando la
consegna della merce ha avuto luogo in Italia);
- nei casi di responsabilità da prodotto difettoso (product liability), l’azione di classe
potrà essere radicata in Italia se nel nostro Paese si trova il forum commissi delicti ai sensi
dell’Articolo 7, paragrafo 2), del Regolamento n. 1215/2012;
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- in ogni caso, il Tribunale italiano avrà giurisdizione ogniqualvolta sia possibile applicare
gli Articoli 17 e 18 del Regolamento n. 1215/2012 (cosiddetti “fori consumeristici”).
La domanda si propone con ricorso e al procedimento si applica il rito sommario
di cognizione. Peraltro non può essere disposto in nessun caso il mutamento del
rito. Per garantire idonea pubblicità alla procedura, il ricorso, unitamente al
decreto di fissazione dell'udienza, deve essere pubblicato su un apposito portale
del Ministero della giustizia.
La riforma fissa in 30 giorni il termine entro il quale il tribunale deve decidere
sull'ammissibilità dell'azione e la decisione assume la forma dell'ordinanza;
anch'essa va pubblicata entro 15 giorni sul citato portale. Il Tribunale può
sospendere il giudizio quando sui fatti rilevanti ai fini del decidere è in corso
un'istruttoria davanti ad un'autorità indipendente ovvero un giudizio davanti al
Giudice amministrativo.
La disposizione precisa che restano ferme le disposizioni del decreto legislativo 19
gennaio 2017, n. 3 recante "Attuazione della direttiva 2014/104/UE del
Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 novembre 2014, relativa a determinate
norme che regolano le azioni per il risarcimento del danno ai sensi del diritto
nazionale per violazioni delle disposizioni del diritto della concorrenza degli Stati
membri e dell'Unione europea".
Il decreto legislativo in questione, all'articolo 18, con riguardo al private enforcement del
diritto antitrust, prevede la competenza inderogabile a trattare questo genere di questioni
di sole 3 sezioni specializzate: Milano (Nord Italia), Roma (Centro Italia) e Napoli (Sud
Italia). Tale competenza vale anche per le azioni di classe basate su violazioni antitrust
espressamente richiamate dal decreto legislativo.
L'azione di classe è inammissibile quando:
è manifestamente infondata. In questo caso, il ricorrente può riproporre
l'azione di classe in presenza di circostanze diverse o nuove ragioni di fatto
o di diritto;
è carente del requisito dell'omogeneità dei diritti oggetto di tutela.
il ricorrente versa in conflitto di interessi nei confronti del resistente;
è proposta da un ricorrente che non appare in grado di curare adeguatamente
i diritti individuali omogenei fatti valere in giudizio.
I casi di inammissibilità previsti dal disegno di legge ripropongono quelli già contemplati
dalla legislazione vigente.
L'ordinanza che decide sull'ammissibilità è reclamabile entro 30 giorni in Corte
d'appello, che decide, in camera di consiglio, con ordinanza entro 30 giorni. In caso
di accertamento sull'ammissibilità della domanda, la corte d'appello trasmette gli
atti al tribunale adito per la prosecuzione della causa. Il reclamo alla corte d'appello
avverso le ordinanze che ammettono l'azione non produce effetti sospensivi del
procedimento davanti al tribunale.
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L'articolo 840-quater c.p.c. disciplina l'eventuale pluralità di azioni di classe
aventi il medesimo oggetto. La disposizione prevede che decorsi 60 giorni dalla
pubblicazione del ricorso sul portale, non possono essere presentate ulteriori azioni
di classe basate sui medesimi fatti e rivolte nei confronti del medesimo resistente,
pena la cancellazione dal ruolo e la non riassunzione. Nel caso di azioni di classe
proposte tra la data di deposito del ricorso e il termine dei 60 giorni sono riunite
all'azione principale.
Il divieto non opera se l'azione di classe originaria è dichiarata inammissibile o è
definita con provvedimento che non decide nel merito. La riforma fa salva la
proponibilità di azioni di classe a tutela di diritti che non potevano essere fatti
valere alla scadenza del suddetto termine di 60 giorni.
In proposito è opportuno rilevare come l’articolo 840-quater c.p.c. non sembri
disciplinare in modo compiuto il tema della proponibilità di due azioni di classe da parte
di due classi di soggetti diversi tra loro, si pensi al caso di azioni proposte da consumatori
tabagisti e da congiunti per il danno da fumo passivo.
Gli articoli 840-quinquies e 840-sexies c.p.c. disciplinano il procedimento e la
sentenza che accoglie l'azione di classe. In tale ambito, assumono fondamentale
rilievo le nuove modalità di adesione all'azione, che attualmente il codice del
consumo prevede come possibile solo dopo l'ordinanza che ammette l'azione, ma
non a seguito della sentenza di merito.
Va ricordato come la più rilevante differenza tra l'azione di classe disciplinata dal codice
del consumo e la class action degli USA (patria di tale tipo di azioni civili) e di molti altri
Paesi riguarda il sistema di adesione: mentre in Italia questa si basa sul cd. opt-in, per cui
solo chi vi aderisce volontariamente entro un dato termine può far parte della classe, negli
Stati Uniti vige il diverso sistema dell'opt-out, sulla cui base i soggetti che possiedono i
requisiti indicati dalla corte nell'udienza preliminare di filtro entrano di diritto a far parte
della classe, a meno che non decidano di escludersi (ovvero optino distare fuori dalla
causa).
La riforma prevede che l'adesione possa avvenire in due distinti momenti:
• nella fase immediatamente successiva all'ordinanza che ammette l'azione
(articolo 840-quinquies). In questo caso, è lo stesso tribunale, nell'ordinanza
di ammissibilità, a fissare un termine per l'adesione (non inferiore a 60 e
non superiore a 150 giorni dalla pubblicazione dell'ordinanza) ed a definire
i caratteri dei diritti individuali omogenei che consentono l'inserimento
nella classe. Coloro che aderiscono in questa fase, pur non assumendo la
qualità di parte, possono ricevere tutte le informazioni dalla cancelleria e
possono, al venir meno delle parti, riassumere il procedimento; l'effettivo
diritto ad aderire all'azione di classe è verificato solo dopo la sentenza di
merito;
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• nella fase successiva alla sentenza che definisce il giudizio (articolo 840-
sexies). Il tribunale, con la sentenza che accoglie l'azione, assegna un
termine (non inferiore a 60 e non superiore a 150 giorni) per l'adesione.
Quanto all'istruzione della causa, l'art. 840-quinquies definisce le modalità di
ammissione ed esibizione delle prove, prevedendo che il giudice civile possa
applicare sanzioni amministrative pecuniarie (da 10.000 a 100.000 euro) sia alla
parte che rifiuta senza giustificato motivo di esibire le prove, sia alla parte o al
terzo che distrugge prove rilevanti ai fini del giudizio; la sanzione è devoluta alla
Cassa delle ammende. Si tratta di una possibilità già prevista nel nostro ordinamento dall'art. 6 del d.lgs. n. 3 del
2017, la cui formulazione è sostanzialmente riproposta, nonché dall'art. 709-ter dello
stesso codice di procedura civile.
La sentenza emessa dal tribunale delle imprese, che accoglie l'azione di classe (art.
840-sexies), ha natura di accertamento della responsabilità del resistente, definisce
i caratteri dei diritti individuali omogenei che consentono l'inserimento nella
classe, individuando la documentazione che dovrà essere prodotta dagli aderenti.
Con la sentenza, inoltre, il tribunale provvede in ordine alle domande risarcitorie
e restitutorie solo se l'azione è proposta da un soggetto diverso da
un'organizzazione o da un'associazione. Con la sentenza - che determina l'importo
che ogni aderente deve versare a titolo di fondo spese - vengono inoltre nominati:
un giudice delegato, per gestire la procedura di adesione (e decidere sulle
liquidazioni), un rappresentante comune degli aderenti (che deve avere i requisiti
per la nomina a curatore fallimentare).
Le modalità di adesione sono indicate dal successivo art. 840-septies c.p.c. che
delinea una procedura informatizzata nell'ambito del portale dei servizi
telematici gestito dal Ministero della giustizia.
La domanda di adesione va inviata mediante posta elettronica certificata (PEC) o
servizio elettronico di recapito certificato qualificato (SERC) e non richiede
l'assistenza del difensore; tra i suoi contenuti obbligatori, oltre ai dati identificativi
dell'aderente, l'oggetto della domanda, le sue ragioni, e gli eventuali documenti
probatori, è previsto il conferimento del potere di rappresentanza al rappresentante
comune degli aderenti.
La fase successiva dell'azione di classe - nella quale il giudice delegato accoglie le
domande di adesione e condanna con decreto il resistente al pagamento delle
somme dovute - è disciplinata dall'art. 840-octies c.p.c.
Si tratta di una fase introdotta dalla riforma: il codice del consumo, infatti, prevede
attualmente che sia direttamente il tribunale, con la sentenza di condanna, a liquidare in
via equitativa le somme dovute agli aderenti all'azione oppure a stabilire un criterio
omogeneo di calcolo per la loro liquidazione; solo in quest'ultimo caso, se non vi è
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accordo sul quantum del risarcimento il giudice, su istanza di almeno una parte, liquida
le somme dovute ai singoli aderenti.
L'art. 840-octies delinea il seguente procedimento:
• entro 120 giorni dallo spirare del termine per aderire all'azione, e dunque
dopo la presentazione delle domande di adesione, il resistente ha la
possibilità di prendere posizione su ciascuna domanda depositando
memoria difensiva. I fatti dedotti dall'aderente e non specificatamente
contestati dal resistente nei termini si danno per ammessi;
• entro i successivi 90 giorni, il rappresentante comune degli aderenti
predispone e deposita un progetto dei diritti individuali omogenei
prendendo posizione su ciascuna domanda individuale; il progetto è
comunicato agli aderenti e al resistente. Per la valutazione dei fatti dedotti
da ciascuno degli aderenti, il rappresentante comune può chiedere
eventualmente al tribunale la nomina di esperti;
• entro 30 giorni dalla comunicazione del progetto gli aderenti possono
depositare ulteriore documentazione e osservazioni;
• il giudice delegato decide, infine, con decreto motivato, sull'accoglimento,
anche parziale, delle domande di adesione e condanna il resistente al
pagamento delle somme dovute ad ogni aderente. Il decreto del giudice
costituisce titolo esecutivo ed è comunicato agli aderenti, al resistente, al
rappresentante comune e all'avvocato difensore dell'attore. A favore del
difensore di cui l'aderente si sia avvalso è dovuto un compenso che sarà
determinato con decreto del Ministro della giustizia, da emanarsi nel
rispetto delle procedure previste dalla legge n. 247 del 2012, di riforma della
professione forense.
Se il resistente provvede spontaneamente al pagamento versa le somme dovute
in un conto corrente bancario o postale intestato alla procedura; spetterà al giudice
ordinare il pagamento delle somme sulla base del piano di riparto predisposto dal
rappresentante comune (art. 840-duodecies c.p.c.).
Se, al contrario, il resistente non adempie, anche la procedura di esecuzione
forzata può essere esercitata in forma collettiva attraverso il rappresentante
comune (ai sensi dell'art. 840-terdecies c.p.c.).
La chiusura della procedura di adesione all'azione avviene - con decreto
motivato del giudice delegato, reclamabile - quando le ripartizioni agli aderenti
effettuate dal rappresentante comune, raggiungono l'intero ammontare dei crediti
dei medesimi aderenti; quando nel corso della procedura risulta che non è possibile
conseguire un ragionevole soddisfacimento delle pretese degli aderenti, anche
tenuto conto dei costi che è necessario sostenere (art. 840-quinquiesdecies c.p.c.).
L'articolo 840-novies c.p.c. disciplina il compenso derivante dalla cd. quota lite,
cioè una somma che, a seguito del decreto del giudice delegato, il resistente deve
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corrispondere al rappresentante comune degli aderenti e al difensore del ricorrente.
Si tratta di un compenso ulteriore, quindi, rispetto alla somma che il resistente
dovrà pagare a ciascun aderente come risarcimento.
Tale somma costituisce una percentuale dell'importo complessivo che il
resistente dovrà pagare, calcolata in base al numero dei componenti la classe in
misura inversamente proporzionale (la percentuale scende all'aumentare del
numero dei componenti), sulla base di sette scaglioni. Tali percentuali possono
essere modificate con decreto del Ministro della giustizia.
In proposito è opportuno rilevare come tale previsione si sostanzi di fatto in una
delegificazione, per la quale non sono dettati criteri direttivi.
Anche l'autorità giudiziaria può aumentare o ridurre - in misura non superiore al
50% - l'ammontare del compenso liquidato sulla base dei seguenti criteri: della
complessità dell'incarico, del ricorso all'opera di coadiutori, alla qualità dell'opera
prestata, alla sollecitudine con cui sono state condotte le attività e al numero degli
aderenti.
Gli articoli 840-decies e 840-undecies c.p.c. riguardano le impugnazioni,
rispettivamente, della sentenza che decide sull'azione di classe, e del decreto che
liquida le somme dovute agli aderenti all'azione.
L'art. 840-decies prevede la pubblicazione nell'area pubblica del portale telematico
del ministero della giustizia sia degli atti di impugnazione della sentenza che
accoglie l'azione di classe sia dei provvedimenti che decidono sulle impugnazioni.
La sentenza può essere impugnata dagli aderenti per revocazione oltre che nei casi
contemplati dall'articolo 395 c.p.c., anche quando la stessa sia ritenuta effetto della
collusione tra le parti. In questo caso il termine per proporre revocazione decorre
dalla scoperta della collusione.
Ai sensi dell'articolo 395 c.p.c. le sentenze possono essere impugnate per revocazione se
sono l'effetto del dolo di una delle parti in danno dell'altra; se si è giudicato in base a
prove riconosciute o comunque dichiarate false dopo la sentenza oppure che la parte
soccombente ignorava essere state riconosciute o dichiarate tali prima della sentenza; se
dopo la sentenza sono stati trovati uno o più documenti decisivi che la parte non aveva
potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell'avversario; se la
sentenza è l'effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa; se la
sentenza è contraria ad altra precedente avente fra le parti autorità di cosa giudicata,
purché non abbia pronunciato sulla relativa eccezione; se la sentenza è effetto del dolo
del giudice, accertato con sentenza passata in giudicato.
L'art. 840-undecies prevede l'impugnazione del decreto del giudice delegato di
liquidazione delle somme dovute a ciascun aderente (ex art. 840-octies, comma
quinto).
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Il gravame assume la forma del ricorso, che non sospende però l'esecuzione del
decreto - salvo che il tribunale non disponga diversamente, in presenza di "gravi e
fondati motivi".
Il ricorso deve essere proposto entro 30 giorni dalla comunicazione del
provvedimento. Possono proporre ricorso il resistente, il rappresentante comune e
gli avvocati che hanno diritto alla quota lite in base all'art. 840-novies; questi ultimi
possono opporsi solo per motivi riguardanti i compensi e le spese liquidate.
L'aderente può proporre impugnazione individuale a condizione che la domanda
di adesione sia stata revocata prima che il decreto di liquidazione sia divenuto
definitivo nei suoi confronti.
La disposizione precisa i contenuti necessari del ricorso (indicazione del
tribunale competente, generalità, esposizione dei fatti) e prevede che con decreto
sia fissata l'udienza entro 40 giorni dal deposito; il tribunale decide con decreto
motivato entro 30 giorni dall'udienza di comparizione delle parti confermando,
modificando o revocando il decreto impugnato.
L'art. 840-quaterdecies interviene su un altro aspetto non trattato dal codice del
consumo, disciplinando gli accordi transattivi tra le parti.
In particolare, viene stabilito che:
• fino alla discussione orale della causa, il tribunale può formulare una
proposta transattiva o conciliativa alle parti. Sia la proposta che l'eventuale
accordo concluso, sono comunicati tramite PEC o SERC a ciascun aderente
e pubblicati nell'area pubblica del portale telematico; l'adesione all'accordo
è data accedendo al fascicolo informatico;
• dopo la sentenza che accoglie l'azione, il rappresentante comune degli
aderenti può stipulare con l'impresa o con l'ente gestore di servizi pubblici
o di pubblica utilità un analogo schema di accordo di natura transattiva. Lo
schema è inserito nell'area pubblica del portale telematico e deve essere
comunicato all'indirizzo PEC ovvero al servizio elettronico di recapito
certificato indicato da ciascun aderente. Nei successivi 15 giorni ciascun
aderente può inserire nel fascicolo informatico le proprie motivate
contestazioni allo schema di accordo. Nei confronti degli aderenti che non
formulano contestazioni lo schema di accordo si considera non contestato.
Nei successivi trenta giorni il giudice delegato, avuto riguardo agli interessi
degli aderenti, può autorizzare il rappresentante comune a stipulare
l'accordo transattivo. L'accordo transattivo stipulato dal rappresentante
comune sulla base dell'autorizzazione giudiziale costituisce titolo
esecutivo e titolo per l'iscrizione di ipoteca giudiziale. Analogo valore
esecutivo ha l'accordo transattivo cui aderisca il ricorrente.
La disposizione sugli accordi transattivi si applica anche quando l'azione è
promossa da un'organizzazione o un'associazione e l'accordo può riferirsi anche al
risarcimento del danno o alle restituzioni in favore degli aderenti che abbiano
accettato l'accordo.
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Infine, in chiusura del nuovo titolo del codice di procedura civile dedicato ai
procedimenti collettivi, l'art. 840-sexiesdecies c.p.c. disciplina l'azione inibitoria
collettiva (con conseguente abrogazione degli articoli 139 e 140 del codice del
consumo, che ne dettano oggi la procedura).
In base alla riforma, con l'azione inibitoria collettiva "chiunque abbia interesse"
(nonché le organizzazioni e alle associazioni iscritte nell'elenco del Ministero della
giustizia) può chiedere al giudice di ordinare a imprese o enti gestori di servizi di
pubblica utilità: la cessazione di un comportamento lesivo di una pluralità di
individui ed enti commesso nello svolgimento delle rispettive attività; o il divieto
di reiterare una condotta commissiva o omissiva.
La competenza è attribuita alle sezioni specializzate per l'impresa e si prevede
l'applicazione del rito camerale; la riforma consente l'adesione all'azione
collettiva nelle forme del precedente art. 840-quinquies c.p.c.
Nel procedimento il giudice, che può avvalersi di dati statistici e presunzioni
semplici, può ordinare, su richiesta di parte, alla parte soccombente, con la
cessazione della condotta:
• l'adozione delle misure più opportune per eliminarne gli effetti; previa
istanza di parte,
• il pagamento di una penale in caso di ritardo nell'adempimento della
sentenza (in base all'art. 614-bis c.p.c.);
• di dare diffusione al provvedimento, mediante utilizzo dei mezzi di
comunicazione ritenuti più appropriati.
Se l'azione inibitoria è proposta congiuntamente all'azione di classe si prevede che
il giudice disponga la separazione delle cause.
L'articolo 2 interviene sulle disposizioni di attuazione del codice di procedura
civile introducendovi un apposito titolo V-bis, formato dagli articoli 196-bis e 196-
ter.
La prima delle due disposizioni disciplina le comunicazioni che devono essere
effettuate dalla cancelleria della sezione specializzata e le attività che devono
essere svolte dal portale dei servizi telematici del Ministero della giustizia. In
particolare, si applicano le disposizioni in materia di comunicazioni telematiche.
Il portale dei servizi telematici gestito dal Ministero invierà all'indirizzo di posta
elettronica, ordinaria o certificata, ovvero al servizio elettronico di recapito
certificato qualificato (SERC) di ogni interessato che ne ha fatto richiesta e si è
registrato mediante un'apposita procedura, un avviso contenente le informazioni
relative agli atti per i quali le disposizioni dell'articolo 1 prevedono la
pubblicazione. La richiesta può essere limitata alle azioni di classe relative a
specifiche imprese o enti gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità, anche
prima della loro proposizione.
L'articolo 196-ter invece demanda ad un decreto del Ministro della giustizia, da
adottarsi - entro 180 giorni dalla data di pubblicazione della legge - di concerto
con il Ministro dello sviluppo economico e previo parere delle Commissioni
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parlamentari competenti, l'individuazione dei requisiti per l'iscrizione nell'elenco
delle organizzazioni e associazioni legittimate all'azione di classe, nonché la
determinazione del contributo dovuto ai fini dell'iscrizione e del mantenimento
della stessa. Per quanto concerne il contributo la disposizione specifica che esso
deve essere fissato in misura tale da consentire di far fronte alle spese di istituzione,
sviluppo e di aggiornamento dell'elenco. Con riguardo ai requisiti essi devono
comprendere la verifica delle finalità programmatiche, dell'adeguatezza a
rappresentare e tutelare i diritti omogenei azionati e della stabilità e continuità delle
associazioni e delle organizzazioni stesse, nonché la verifica delle fonti di
finanziamento utilizzate.
L'articolo 3 del disegno di legge modifica il Testo unico in materia di
documentazione amministrativa (DPR 445/2000) per applicare le norme del codice
penale anche alle attestazioni false rese nell'ambito della procedura di adesione
all'azione di classe. Pertanto, l'articolo 76 del citato DPR sanzionerà anche chi -
nel presentare la domanda di adesione all'azione di classe, rilascia dichiarazioni
mendaci.
L'articolo 4 concerne la clausola di invarianza finanziaria, stabilendo che
all'attuazione delle disposizioni della legge si provvede nell'ambito delle risorse
umane, finanziarie e strumentali previste a legislazione vigente e comunque senza
nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
L'articolo 5 della proposta di legge provvede, per coordinamento,
all'abrogazione della disciplina dell'azione di classe attualmente contenuta
nell'articolo 140-bis del codice del consumo, unitamente alle procedure per la
tutela inibitoria collettiva previste dagli articoli 139 e 140 dello stesso Codice.
L'articolo 6 reca disposizioni di coordinamento.
Più nel dettaglio la disposizione:
• integra l'elenco delle controversie di competenza delle sezioni specializzate
per l'impresa - di cui al d.lgs. n. 168 del 2003 - con i procedimenti collettivi
disciplinati dal nuovo titolo VIII-bis del codice di procedura civile;
• modifica il d.lgs. n. 3 del 2017, in tema di azioni per il risarcimento del
danno derivante da violazioni del diritto della concorrenza, sostituendo il
rinvio all'azione di classe disciplinata dal codice del consumo con quello al
nuovo titolo VIII-bis del codice di procedura civile.
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2.2. L'Atto Senato n. 583
L’A.S. 583, di iniziativa della sen. Riccardi (M5S), riproduce il testo dell'A.C. 791
(ora AS 844), già approvato con modifiche dall'altro ramo del Parlamento.
Nel merito il provvedimento, composto da 6 articoli, mira a trasfondere la
disciplina dell’azione di classe – ora appunto contenuta nell’unica norma
dell’articolo 140-bis del Codice del Consumo - all’interno del codice di procedura
civile (attraverso l'introduzione del nuovo Titolo VIII-bis), rendendola così uno
strumento di più ampia applicazione e portata.
Più nel dettaglio, l'articolo 1 – che costituisce l’elemento centrale della proposta
di legge – introduce nel codice di procedura civile un nuovo titolo VIII-bis
“Dell’azione di classe”, composto da 15 nuovi articoli (da art. 840-bis a art. 840-
sexiesdecies). Il nuovo titolo è inserito alla fine del libro VI dedicato ai
procedimenti speciali e, dunque, in coda al codice di procedura civile.
L’art. 840-bis c.p.c. amplia l’ambito d'applicazione soggettivo e oggettivo
dell'azione di classe. Sul piano soggettivo l'azione è sempre esperibile da tutti
coloro che avanzino pretese risarcitorie in relazione a lesione di "diritti individuali
omogenei"; l’azione è quindi nella titolarità di ciascun componente della “classe”,
nonché delle associazioni o comitati che hanno come scopo la tutela dei suddetti
diritti.
In proposito è opportuno rilevare che l'AS 844 riconosce il diritto all'azione alle sole
associazioni e organizzazioni iscritte in un apposito elenco pubblico istituito presso il
Ministero della giustizia.
Con riguardo all’ambito di applicazione oggettivo dell’azione, si prevede che essa
sia esperibile a tutela delle situazioni soggettive maturate a fronte di condotte
lesive, per l'accertamento della responsabilità e la condanna al risarcimento del
danno e alle restituzioni. Il provvedimento individua come destinatari dell'azione
di classe imprese ed enti gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità, facendo
salve le procedure di ricorso per l'efficienza delle amministrazioni e dei
concessionari di servizi pubblici. La condotta lesiva è individuata relativamente a
fatti cagionati nello svolgimento delle attività.
L'art. 840-ter c.p.c. disciplina la proposizione della domanda e il giudizio di
ammissibilità.
In primo luogo, il giudice competente a conoscere l'azione di classe è individuato
nella sezione specializzata in materia di impresa del tribunale (cd. tribunale delle
imprese).
L'azione si introduce, analogamente a quanto oggi previsto dal Codice del
consumo e differentemente dall'AS 844, con atto di citazione, il quale deve essere
notificato anche al PM, che deciderà se intervenire (nel solo giudizio di
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ammissibilità). Per garantire idonea pubblicità alla procedura, l'atto di citazione
dovrà inoltre essere pubblicato su un apposito portale del Ministero della giustizia.
La riforma fissa in 30 giorni il termine entro il quale il tribunale deve decidere
sull'ammissibilità dell'azione mentre attualmente la decisione deve intervenire
“all’esito della prima udienza”, senza previsione di un termine. La decisione
assume la forma dell'ordinanza; anch’essa va pubblicata entro 15 giorni sul citato
portale.
I motivi di inammissibilità dell’azione di classe riproducono, analogamente
all'AS 844, quelli previsti dal vigente Codice del consumo (vedi supra).
L'ordinanza che decide sull’ammissibilità è reclamabile entro 30 giorni in Corte
d'appello, che decide entro 40 giorni; è previsto inoltre, diversamente dalla
vigente normativa e dall'AS 844, che la decisione della Corte d’appello sia
ricorribile in Cassazione.
In proposito è opportuno sottolineare come la ricorribilità per cassazione dell’ordinanza
sull’ammissibilità sia in contrasto coi principi in punto di decisorietà e definitività del
provvedimento ricorribile, affermati dalla giurisprudenza e ribaditi in ultimo dalla Cass.,
sez. Unite, Sentenza 16 novembre 2016, n. 23304).
Se in sede di impugnazione l'azione di classe viene ammessa, il procedimento
prosegue dinanzi alla sezione del tribunale originariamente adita. Sia il reclamo
alla corte d’appello che il ricorso in cassazione avverso le ordinanze che
ammettono l’azione non producono effetti sospensivi del procedimento davanti al
tribunale delle imprese.
L'art. 840-quater c.p.c. disciplina la possibile pluralità di azioni di classe aventi
il medesimo oggetto.
Se dinanzi al medesimo giudice pendono più azioni di classe aventi il medesimo
oggetto:
- le domande vengono riunite se ancora il tribunale non si è pronunciato
sull’ammissibilità dell’azione;
- le domande proposte successivamente all’ordinanza che ammette l’azione sono
cancellate dal ruolo senza possibilità di riassunzione.
La cancellazione e l’impossibilità di riassunzione sono previste anche quando le
cause sono promosse davanti a uffici giudiziari diversi nel periodo intercorrente
tra la pubblicazione telematica della citazione e l’ordinanza che decide
sull’ammissibilità della prima domanda; prevale qui la competenza dell'autorità
giudiziaria ove sia stato pubblicato on line il primo atto di citazione.
Superata la fase di ammissione dell’azione di classe, e giunti alla decisione della
causa nel merito, in caso di sentenza che respinge la domanda, «una volta
decorso un anno dalla pubblicazione della sentenza» nel portale telematico «non
sono proponibili nuove azioni di classe sulla base dei medesimi fatti e nei confronti
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del medesimo convenuto», a meno che non si intendano far valere diritti che non
potevano essere fatti valere nel termine annuale.
Dalla formulazione della disposizione si evince che, dopo la pubblicazione della
sentenza di rigetto e per un anno, è possibile promuovere una nuova azione di
classe sul medesimo oggetto e nei confronti del medesimo convenuto. Trascorso
tale termine, l’azione non è più promuovibile. Si valuti l’opportunità di chiarire la
ratio del termine annuale per poter nuovamente presentare la domanda, dopo una
sentenza di rigetto. Si valuti altresì l’opportunità di fare riferimento a una sentenza
passata in giudicato, così come previsto per la sentenza di accoglimento.
Se invece l’azione di classe è accolta nel merito, con sentenza passata in
giudicato, non possono essere più proposte nuove azioni di classe sul medesimo
oggetto e con il medesimo convenuto, salva sempre la possibilità di far valere
diritti che non potevano essere fatti valere nel termine consentito per l’adesione.
Gli articoli 840-quinquies e 840-sexiesc.p.c. disciplinano il procedimento e la
sentenza che accoglie l’azione di classe. Il contenuto degli articoli coincide, pur
con ampie integrazioni con le omologhe disposizioni dell'A.S. 844. Nell'articolo
840-quinquies dell'A.S. 844 sono disciplinate infatti anche le modalità di
ammissione ed esibizione delle prove.
Le modalità di adesione sono indicate dal successivo art. 840-septies c.p.c. che
delinea una procedura informatizzata nell’ambito del portale dei servizi
telematici gestito dal Ministero della giustizia. A differenza dell'A.S. 844 non si
prevede che la domanda sia presentata su un modulo conforme al modello
approvato con decreto del Ministro della giustizia.
La fase successiva dell'azione di classe - nella quale il giudice delegato accoglie
le domande di adesione e condanna con decreto il convenuto al pagamento delle
somme dovute agli aderenti - è disciplinata dall'art. 840-octies c.p.c. Tale articolo
riproduce in larga parte il contenuto della analoga disposizione dell'A.S.844.
L’art. 840-octies prevede il seguente procedimento:
entro 90 giorni dallo spirare del termine per aderire all’azione, e dunque
dopo la presentazione delle domande di adesione, il convenuto ha la
possibilità di prendere posizione su ciascuna domanda depositando
memoria difensiva; i fatti dedotti dall'aderente e non specificatamente
contestati dal convenuto nei termini si danno per ammessi;
entro i successivi 90 giorni, il rappresentante comune degli aderenti
predispone e deposita un progetto dei diritti individuali omogenei
prendendo posizione su ciascuna posizione individuale; il progetto è
comunicato agli aderenti e al convenuto. Per la valutazione dei fatti dedotti
da ognuno degli aderenti, il rappresentante comune può chiedere
eventualmente al tribunale la nomina di esperti;
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entro 30 giorni dalla comunicazione del progetto gli aderenti possono
depositare ulteriore documentazione e osservazioni;
Il giudice delegato decide infine con decreto succintamente motivato
sull'accoglimento, anche parziale, delle domande di adesione e condanna il
convenuto al pagamento delle somme dovute ad ogni aderente. Il decreto
del giudice costituisce titolo esecutivo ed è comunicato agli aderenti, al
convenuto e all’avvocato difensore dell’attore.
Se il convenuto provvede spontaneamente al pagamento versa le somme dovute
in un conto corrente intestato alla procedura; spetterà al giudice ordinare il
pagamento delle somme sulla base del piano di riparto predisposto dal
rappresentante comune (art. 840-duodecies c.p.c.).
Se, al contrario, il convenuto non adempie, anche la procedura di esecuzione
forzata può essere esercitata in forma collettiva attraverso il rappresentante
comune (ai sensi dell'art. 840-terdecies c.p.c.).
La chiusura della procedura di adesione all'azione avviene (con decreto
motivato del giudice delegato, reclamabile) quando tutte le pretese sono
soddisfatte, ovvero quando non è più possibile conseguire un ragionevole
soddisfacimento, anche tenuto conto dei costi della procedura (art. 840-
quinquiesdecies c.p.c.). In tal caso, gli aderenti riacquistano il libero esercizio
delle azioni verso il debitore per la parte dei loro crediti non soddisfatta.
L'articolo 840-novies c.p.c. - similmente all'analoga disposizione introdotta
dall'AS 844- disciplina il compenso derivante dalla cd. quota lite cioè una somma
che, a seguito del decreto del giudice delegato, il convenuto deve corrispondere al
rappresentante comune degli aderenti e al difensore dell'attore. Tale somma
costituisce una percentuale dell'importo complessivo che il convenuto dovrà
pagare, calcolata in base al numero dei componenti la classe in misura progressiva
(la percentuale scende all’aumentare del numero dei componenti), sulla base di
sette scaglioni.
Gli articoli 840-decies e 840-undecies riguardano le impugnazioni,
rispettivamente, della sentenza che decide sull’azione di classe e del decreto che
liquida le somme dovute agli aderenti all'azione.
A differenza dell'analoga disposizione contenuta nel disegno di legge n. 844 l’art.
840-decies dell'A.S. in esame nulla prevede in ordine alla revocazione della
sentenza.
L'articolo 840-quaterdecies interviene su un altro aspetto non trattato dal codice
del consumo, disciplinando gli accordi transattivi tra le parti. A differenza
dell'AS 844 il tribunale può formulare una proposta transattiva o conciliativa alle
parti fino alla precisazione delle conclusioni e non fino alla discussione orale della
causa.
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L'art. 840-sexiesdecies c.p.c. disciplina l'azione inibitoria collettiva.
Differentemente dall'AS 844, il disegno di legge in esame: non estende la titolarità
dell'azione inibitoria anche alle organizzazioni o le associazioni senza scopo di
lucro e prevede la domanda sia proposta con le forme del processo ordinario e non
già con quelle del procedimento camerale.
L'articolo 2 interviene sulle disposizioni di attuazione del codice di procedura
civile introducendovi un apposito titolo V-bis - peraltro formato dal solo art. 196-
bis - dedicato all'azione di classe.
La disposizione disciplina le comunicazioni che devono essere effettuate dalla
cancelleria della sezione specializzata e le attività che devono essere svolte dal
portale dei servizi telematici del Ministero della giustizia.
L’articolo 3 della proposta di legge, analogamente all'articolo 3 dell'AS 844,
modifica il Testo unico in materia di documentazione amministrativa (DPR
445/2000) per applicare le norme penali previste dall’anche alle attestazioni
false rese nell'ambito della procedura di adesione all'azione di classe.
L’articolo 4, analogamente all'articolo 4 dell'AS 844, reca la clausola di
invarianza finanziaria.
L’articolo 5 dispone in ordine all'entrata in vigore della legge, che viene
posticipata di 6 mesi rispetto alla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale per
consentire al Ministero della giustizia di adeguare i sistemi informativi al
compimento delle attività processuali richieste dalla proposta di legge. Una
specifica norma transitoria è dettata per i procedimenti che saranno in corso al
momento dell'entrata in vigore, ai quali continueranno ad applicarsi le previsioni
degli articoli da 139 a 140-bis del Codice del consumo.
Infine, l'articolo 6 (similmente all'articolo 5 dell'AS 844) del provvedimento
provvede, per coordinamento, all’abrogazione della disciplina dell'azione di
classe attualmente contenuta nell'articolo 140-bis del codice del consumo,
unitamente alle procedure per la tutela inibitoria collettiva previste dagli articoli
139 e 140 dello stesso Codice.