dove stiamo volando · 2016. 7. 19. · lo scrittore william gibson, autore di neuromante (1984),...

42
Dove stiamo volando Il futuro immaginato dalla fantascienza Giovanni De Matteo 8/7/2016

Upload: others

Post on 24-Jan-2021

2 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

Page 1: Dove stiamo volando · 2016. 7. 19. · Lo scrittore William Gibson, autore di Neuromante (1984), il romanzo che ha segnato l’inizio della corrente cyberpunk e con esso uno spartiacque

Dove stiamo volando Il futuro immaginato dalla fantascienza

Giovanni De Matteo

8/7/2016

Page 2: Dove stiamo volando · 2016. 7. 19. · Lo scrittore William Gibson, autore di Neuromante (1984), il romanzo che ha segnato l’inizio della corrente cyberpunk e con esso uno spartiacque

2 Dove stiamo volando

…a volte le cose possono filtrare dal regno delle idee al regno dell’attualità.

– Alan Moore Ero in Cina nel 2007, alla prima convention assoluta di fantascienza e fantasy approvata dal Partito nella sua storia. A un certo punto ho preso da parte un funzionario e gli ho chiesto: “Perché? La fantascienza è stata ufficialmente bandita per tutto questo tempo. Cosa è cambiato adesso?” E lui mi ha detto che il motivo era semplice. I cinesi erano eccellenti a replicare qualsiasi cosa quando gli altri gli fornivano il progetto. Ma non innovavano e non inventavano. Mancavano d’immaginazione. Allora hanno mandato una delegazione negli Stati Uniti, a parlare con le persone che progettano il futuro in Apple, in Microsoft, in Google. E così hanno scoperto che tutti loro avevano letto fantascienza da ragazzi.

– Neil Gaiman ___________________________________________________________________________ Giovanni De Matteo – [email protected] Agenquadri Summer School – 8-10 Luglio 2016

Page 3: Dove stiamo volando · 2016. 7. 19. · Lo scrittore William Gibson, autore di Neuromante (1984), il romanzo che ha segnato l’inizio della corrente cyberpunk e con esso uno spartiacque

3

Introduzione

Le ricadute del futuro Fin dalla sua nascita, avvenuta nel 1926 sulle pagine di una rivista americana che prometteva racconti incredibili (Amazing Stories era il titolo della testata e il suo curatore Hugo Gernsback è accreditato come il creatore del termine stesso che denota il genere: science fiction), la fantascienza è accompagnata da un equivoco di fondo. Questo malinteso scaturisce dall’erronea convinzione nutrita da molti che, essendo un tipo di letteratura rivolto al futuro, la fantascienza sia provvista di facoltà predittive e anticipatrici e debba esercitare queste doti con una certa infallibilità. In realtà tutti sappiamo quanto siano infondate simili pretese, ma questo non ha mancato di alimentare una forma di pregiudizio verso un genere che più di una volta ha «mancato» di cogliere elementi poi entrati nella nostra quotidianità. Nell’opinione generale esiste un’interscambiabilità di fondo tra la figura del futurologo e quella dello scrittore di fantascienza, sebbene si tratti di mestieri completamente diversi e con un’attinenza solo marginale. I future studies si prefiggono di estrapolare con metodo scientifico scenari di prospettiva a partire da tendenze globali attuali e stanno conoscendo una diffusione crescente anche nel nostro paese, come dimostra la proficua esperienza dell’Italian Institute for the Future presieduto da Roberto Paura. Benché sfrutti con interesse – anche se non esclusivamente – questi scenari, la fantascienza opera spesso un processo contrario: a partire dallo scenario futuro finisce per interrogarci sul nostro presente e su noi stessi, mettendo in discussione quelle che spesso consideriamo per convenzione o per pigrizia delle fondamenta irremovibili. Certo, il “racconto dell’avvenire” non è privo di impatto sul nostro mondo. Sussiste ancora una tendenza diffusa a parlare di cause, ma una ritrosia generalizzata a considerarne le conseguenze. In un contesto ad altissimo grado di integrazione com’è diventato il mondo in cui viviamo, dove le esperienze in un numero considerevole di settori tecnologici interagiscono reciprocamente influenzando il tasso di progresso della storia, isolare le cause può diventare proibitivo e condurre a risultati fuorvianti. Lo scrittore William Gibson, autore di Neuromante (1984), il romanzo che ha segnato l’inizio della corrente cyberpunk e con esso uno spartiacque nella storia della letteratura di fantascienza, contribuendo inoltre a popolarizzare i concetti di rete informatica, globalizzazione e megacorporazioni, sostiene a ragione che in fondo “ogni presente è inevitabilmente più complesso di qualunque futuro riusciamo a immaginare”. Ma di fronte a un’immagine del futuro sempre più sfuggente e intangibile, è ancora ragionevole un racconto di anticipazione che sappia catalizzare le forze innovative del presente? La risposta risiede nell’uso dell’immaginario come «modello matematico» per il mondo e la storia, uno spazio di elaborazione in grado di semplificare la realtà senza banalizzarla. Se il futuro è per definizione relegato nella sfera delle possibilità, il modo in cui lo raccontiamo, sforzandoci di renderlo vivo e credibile ai nostri occhi, non è privo di impatto. Gli anglofoni hanno un’espressione per indicare le conseguenze dell’immaginario sul reale: self-fulfilling prophecy. Indica la situazione per cui, nell’atto stesso della sua formulazione, una certa ipotesi ottiene un riscontro e un’accettazione che contribuiscono alla sua

Page 4: Dove stiamo volando · 2016. 7. 19. · Lo scrittore William Gibson, autore di Neuromante (1984), il romanzo che ha segnato l’inizio della corrente cyberpunk e con esso uno spartiacque

4 Dove stiamo volando

realizzazione. Le “profezie che si auto-avverano” sono tenute in altissimo conto dagli analisti dei mercati finanziari, ma non sono poi così lontane dall’idea del paradosso della predestinazione esplorato dalla ricca letteratura dei viaggi nel tempo e per questo risultano familiari a ogni appassionato di fantascienza. Ma possiamo ricondurre in qualche misura allo stesso contesto anche l’evoluzione del web e il suo successo. Tim Berners-Lee, co-fondatore di Internet e tra i massimi esperti mondiali di web science, non esita a dichiarare che, tra il 1989 e il 1990, mentre lui e i suoi colleghi erano intenti a immaginare il futuro gettando le basi per il World Wide Web, non disponevano ancora del vocabolario adatto per descriverlo. Oggi quel vocabolario è entrato nell’uso comune e prosegue incessantemente il flusso di compenetrazione tra il linguaggio della strada e il gergo tecnico degli specialisti, in un panorama di profonda integrazione già perfettamente delineato nelle pagine del citato Neuromante. Dal suo avvento a oggi il web ha continuato a evolvere e, nel suo sviluppo, ha stravolto le nostre abitudini, il nostro stesso modo di rapportarci al mondo attraverso lo spazio e il tempo. “È un mezzo di comunicazione,” spiega Berners-Lee, “e non più, a mio avviso, un network di pagine. È una rete di persone. In una parola, è l’umanità. […] Pensiamo al web come a una cosa grande e importante. Quando lo si considera un mezzo di comunicazione per l’umanità, e improvvisamente l’umanità si trova a dover affrontare questo enorme problema economico, ci si rende conto che c’è bisogno di comprenderlo a fondo: sviluppare la web science, assicurarsi che il web sia utile per l’umanità”. Le sue parole richiamano alla memoria “l’allucinazione consensuale condivisa da milioni di operatori legali, in ogni parte del mondo” evocata da Gibson. Cyberspazio, virus, firewall, matrice, termini poi entrati nel nostro linguaggio comune, hanno trovato per la prima volta un’applicazione fuori dalla stampa scientifica nelle pagine dei suoi libri: erano storie di fantascienza, oggi sono elementi del panorama di tutti i giorni. E questo è solo uno dei tanti esempi che dimostrano come le conseguenze dell’atto di immaginare e parlare del futuro incidono sulla distribuzione di probabilità dei futuri possibili. Sono le ricadute del futuro sul nostro presente.

Page 5: Dove stiamo volando · 2016. 7. 19. · Lo scrittore William Gibson, autore di Neuromante (1984), il romanzo che ha segnato l’inizio della corrente cyberpunk e con esso uno spartiacque

5

Transizioni

Lo spettro ciclico del capitalismo Con l’inizio della Grande Recessione, il 2008 ha segnato uno spartiacque. Nel 2009 per la prima volta dal dopoguerra il PIL mondiale ha subito un arretramento e per la prima volta dal 1982 il volume degli scambi commerciali si è contratto. Il potere di acquisto è crollato e la disoccupazione ha sfondato tetti che avrebbero potuto essere alti la metà per risultare già preoccupanti.

Fig. 1. Andamento del PIL mondiale (ricalcolato a parità di potere di acquisto) e variazioni nette annuali in percentuale (fonte: World Economics).

Fig. 2. Andamento del commercio mondiale tra il 2000 e il 2011. In evidenza il crollo delle esportazioni a partire dal secondo trimestre del 2008 (fonte: Wikipedia).

Page 6: Dove stiamo volando · 2016. 7. 19. · Lo scrittore William Gibson, autore di Neuromante (1984), il romanzo che ha segnato l’inizio della corrente cyberpunk e con esso uno spartiacque

6 Dove stiamo volando

Ma la crisi globale, per quando drammatica, non è stata uniformemente distribuita. Paesi enormi come la Cina, l’India e l’Indonesia (complessivamente quasi tre miliardi di abitanti) hanno continuato nel loro percorso di crescita, sia pure a un ritmo inferiore rispetto alla velocità vertiginosa a cui ci avevano abituati.

Fig. 3. Variazioni del prodotto interno lordo nel corso della recessione del 2009 (fonte: Wikipedia).

Nel 2016 paesi che per mesi si erano barcamenati nel fondo della crisi ne sono stabilmente usciti, come gli stessi Stati Uniti d’America che pure si erano configurati come uno degli epicentri del crollo finanziario che ha portato al terremoto economico del 2008. Altri continuano a sostenere sforzi immani per tirarsi fuori dalla fossa, mentre qualcun altro ci è stato scaraventato dall’effetto combinato della malattia e della cura stessa pensata per salvarlo (il pacchetto di aiuti “offerto” dall’UE alla Grecia nel 2015), delle politiche interne e degli attacchi speculativi della finanza internazionale (Venezuela) o come risultato dell’instabilità geopolitica che ha aggravato situazioni già calde (emblematici i casi della primavera araba del 2010-11 e della crisi ucraina del 2014). Alcune domande vengono abbastanza naturali. Siamo fuori dalla crisi? La crisi era prevedibile? In effetti, alcuni studiosi come Ray Dalio, fondatore del più grande fondo privato d’investimento al mondo (Bridgewater Associates) e indicato da Time e Bloomberg Markets come uno degli uomini più influenti del pianeta, avevano ammonito ben prima del 2007 sulla possibilità concreta di una crisi dei mutui subprime, una delle principali cause scatenanti della Grande Recessione che è seguita. Il mercato capitalistico si fonda dopotutto su una struttura ciclica intrinseca alla sua natura: questa ciclicità risulta dalla combinazione di cicli di debito a breve e lungo termine con la crescita della produttività. Quando il valore dei debiti surclassa quello delle entrate si determina una crisi creditizia. Già l’economista sovietico Nikolaj Dmitrievič Kondrat’ev (1892-1936), dapprima stretto collaboratore di Lenin e poi vittima delle Purghe staliniane, aveva teorizzato i cicli sinusoidali del moderno mercato capitalistico. Dal suo nome questi cicli sono noti come onde di Kondrat’ev o più brevemente onde K. Come si evince dalla rappresentazione schematica riportata qui di seguito, le onde K alternano periodi di rapida crescita ad altri di sviluppo più lento e vengono innescate da una innovazione di base in grado di determinare una rivoluzione tecnologica, con conseguente ascesa dei settori da essa interessati.

Page 7: Dove stiamo volando · 2016. 7. 19. · Lo scrittore William Gibson, autore di Neuromante (1984), il romanzo che ha segnato l’inizio della corrente cyberpunk e con esso uno spartiacque

7 Il Grande Disaccoppiamento

Fig. 4. Le onde K alternano periodi di rapida crescita ad altri di sviluppo più lento

e quindi di decrescita (fonte: Wikipedia).

I teorici dei cicli hanno individuato finora cinque onde a partire dalla Rivoluzione industriale:

Rivoluzione industriale – 1771 Era del vapore e delle ferrovie – 1829 Era dell’acciaio, dell’elettricità e dell’ingegneria pesante – 1875 Era del petrolio, dell’automobile e della produzione di massa – 1908 Era dell’informatica e delle telecomunicazioni – 1971

Attualmente staremmo attraversando quello che alcuni economisti chiamano l’inverno di Kondrat’ev, legato all’ascesa dell’information technology, e ci troveremmo al giro di boa della sesta onda. Ancora oggi, nei soli USA, il valore dei crediti maturati supera di un fattore 27 il volume di denaro circolante: 51 mila miliardi di dollari contro 3 mila miliardi. A ogni credito è associato naturalmente un debito, e malgrado gli ottimi segnali occupazionali e produttivi dati negli ultimi anni dall’economia americana è forse prematuro considerarci fuori dall’inverno.

Il Grande Disaccoppiamento Siccome i problemi vanno affrontati alla radice, facciamo un passo indietro e torniamo a inquadrare la situazione globale, su un intervallo storico più ampio. Esaminiamo i due grafici che seguono: il primo mostra l’andamento della produttività (blu scuro) e della retribuzione oraria (blu chiaro) a partire dal Secondo Dopoguerra, il secondo mostra analogamente l’andamento di produttività (in rosso) e occupazione (in blu) nello stesso periodo.

Page 8: Dove stiamo volando · 2016. 7. 19. · Lo scrittore William Gibson, autore di Neuromante (1984), il romanzo che ha segnato l’inizio della corrente cyberpunk e con esso uno spartiacque

8 Dove stiamo volando

Fig. 5. Andamento della produttività e della retribuzione oraria dal Secondo Dopoguerra al 2010 (fonte:

EconGuru).

Nel primo caso fino alla fine degli anni ’70 le due curve procedono appaiate, dopodiché divergono, con l’andamento della retribuzione oraria che resta sostanzialmente invariato per i successivi quattro decenni. Tra le cause gli economisti riconoscono all’unanimità l’automazione, la delocalizzazione produttiva verso i mercati con un più basso costo del lavoro e la globalizzazione dei prezzi.

Fig. 6. Andamento degli indici di produttività e occupazione dal Secondo Dopoguerra al 2010 (fonte: EconGuru).

Nel secondo caso le curve procedono appaiate fino alla fine del secolo scorso, ma le nuove assunzioni che contribuiscono alla statistica di questo periodo sono pagate meno, come indicato nel grafico precedente. Da qualche parte intorno all’anno 2000 accade quello che Erik Brynjolfsson, docente alla Sloan School of Management del MIT, e il suo assistente Andrew McAfee hanno definito Great Decoupling, vale a dire il Grande

Page 9: Dove stiamo volando · 2016. 7. 19. · Lo scrittore William Gibson, autore di Neuromante (1984), il romanzo che ha segnato l’inizio della corrente cyberpunk e con esso uno spartiacque

9 La tempesta perfetta

Disaccoppiamento. La loro ipotesi è che negli ultimi 15 anni il progresso tecnologico sempre più rapido ha distrutto posti di lavoro più velocemente di quanti non ne abbia creati:

Il Grande Disaccoppiamento non invertirà la marcia, per il semplice motivo che i progressi nelle tecnologie dell’informazione non sembrano destinati a fermarsi. Sembra anzi che stiano accelerando. E potrebbe essere questa la buona notizia per la società. Il progresso tecnologico riduce i costi, migliora la qualità e ci proietta in un mondo in cui l’abbondanza diventa la norma. Ma non esiste una legge economica che assicuri dal progresso benefici equamente distribuiti per tutti. Mentre la tecnologia scatta in avanti, potrebbe lasciarsi indietro molti lavoratori. Sulla breve distanza possiamo migliorare le loro prospettive principalmente investendo sulle infrastrutture, riformando la scuola ad ogni livello e incoraggiando gli imprenditori a inventare nuovi prodotti, servizi e industrie per creare nuove professioni. Ma mentre facciamo questo, dobbiamo comunque iniziare a prepararci per una economia alimentata dalla tecnologia ancora più produttiva, che potrebbe non richiedere un grande apporto di lavoro umano. Progettare una società in salute compatibile con questa economia sarà la grande sfida, e la grande opportunità, della prossima generazione. Dobbiamo riconoscere che la vecchia tendenza degli indicatori strettamente accoppiati è giunta a termine, e cominciare a riflettere su come vorremmo che fosse la nuova tendenza.

Fino ad oggi abbiamo vissuto in una società basata sulla scarsità di risorse, ci ricordano Brynjolfsson e McAfee. È stato questo principio ad aver modellato l’economia su cui si regge il mondo in cui viviamo. Ma questo mondo potrebbe essere giunto al crepuscolo. Jeremy Rifkin è forse tra i più visionari degli economisti in circolazione e sostiene che il capitalismo sia ormai prossimo al suo punto di rottura: il sistema economico attuale sarebbe diventato così efficace nell’abbassare i costi di produzione da aver creato le premesse per il suo stesso superamento, con la distruzione del tradizionale sistema di produzione incentrato sull’integrazione verticale e la transizione verso “un’economia basata sulla produzione paritaria”. Secondo Rifkin è solo questione di tempo. È quindi impensabile continuare a ragionare secondo i vecchi schemi e modelli. La società sta cambiando inesorabilmente sotto la spinta delle forze della tecnologia, e le stesse forze stanno rimodellando il mondo della produzione. Considerare la crisi un’opportunità, come insegnano anche i principali fautori del capitalismo, impone di ricorrere a nuovi schemi di pensiero.

La tempesta perfetta Il corollario del paradosso del Grande Disaccoppiamento, come ci ricorda Jaron Lanier, pioniere della realtà virtuale intervistato da Riccardo Staglianò per Il Venerdì di Repubblica, è che:

«Il PIL complessivo cresce, il salario medio no. Carl Benedikt Frey e Michael Osborne, docenti a Oxford, hanno calcolato che il 47 per cento dei mestieri attuali negli Stati Uniti è a rischio estinzione per l’informatizzazione. Lo strappo è violento e rapido».

Page 10: Dove stiamo volando · 2016. 7. 19. · Lo scrittore William Gibson, autore di Neuromante (1984), il romanzo che ha segnato l’inizio della corrente cyberpunk e con esso uno spartiacque

10 Dove stiamo volando

E allora: ha ancora senso trovare per i giovani disoccupati lavori che entro la fine del prossimo decennio (se non prima) potrebbero risultare obsoleti, immettendoli in un circolo vizioso di necessità cronica di “riqualificazione”? Oppure potrebbe essere più logico coprire provvisoriamente quei ruoli destinati all’obsolescenza attingendo al bacino di disoccupati prossimi all’età pensionabile, pianificando al contempo la creazione di nuovi lavori e di nuove professionalità a vantaggio dei più giovani?

«Più i costi delle macchine si abbassano» osserva Lanier «più le persone sembrano costose. Una volta stampare un giornale era caro, quindi pagare i giornalisti per riempirne le pagine sembrava una spesa naturale. Quando le notizie diventano gratuite il fatto che qualcuno voglia essere pagato comincia ad apparire irragionevole». Così arriva Narrative Science, un software assembla-articoli, e Forbes lo recluta per redigere le brevi finanziarie. Oppure Warren (omaggio al miliardario Buffett), un programma che comincia a prendere il posto degli analisti di Borsa meno esperti. E poi TurboTax, che toglie il pane di bocca ai commercialisti che ci fanno il 740. Oppure quei programmi che riassumono per gli avvocati migliaia di pagine di documenti. E ancora, e ancora. Entro il 2025, stima McKinsey pensando all’America, gli aumenti di produttività informatica nelle aree dei «lavori della conoscenza» potrebbero rendere superfluo il 40 per cento dei posti attuali.

[dall’articolo di Riccardo Staglianò sopra citato] Consideriamo inoltre un ulteriore fattore che riveste un ruolo sempre più importante nelle nostre vite: il cambiamento climatico. Un rapporto di Legambiente del 2012 intitolato Profughi ambientali: cambiamento climatico e migrazioni forzate anticipa che “i cambiamenti climatici diventeranno nel prossimo futuro la maggiore causa di spostamento delle popolazioni sia all’interno che all’esterno dei confini nazionali”. Nello stesso anno i profughi costretti ad abbandonare le loro case per calamità naturali di vario tipo sono stati stimati in oltre 32 milioni, sei volte più dei rifugiati politici in fuga da guerre e persecuzioni o degli sfollati causati dalle epidemie. Il filosofo ecologista britannico Timothy Morton della Rice University (Houston, Texas), esponente del postumanesimo e co-fondatore della Object-Oriented Ontology, ha coniato il concetto di iperoggetto per indicare una nuova classe di fenomeni che sta guadagnando la nostra attenzione da qualche anno a questa parte: questi eventi hanno la peculiarità di essere non-locali, ovvero talmente estesi spazialmente e temporalmente da sfidare la nostra percezione diretta; e viscosi, ovvero capaci di interagire con noi sia a livello corporeo che psicologico. L’iperoggetto per eccellenza è proprio il global warming, i cui effetti non solo stanno apportando modifiche a medio e lungo termine sull’ecosistema terrestre, mettendo in serio pericolo la sopravvivenza di sezioni sempre più vaste della biosfera, ma piloteranno le prossime ondate migratorie. Secondo il dossier citato di Legambiente, entro il 2050 saranno un miliardo le persone esposte a crisi climatiche, un quarto dei quali si trasformerà il rifugiati climatici spostandosi verso destinazioni più sicure e ospitali. Mutamenti climatici e disoccupazione tecnologica sembrerebbero pertanto tramare per regalarci la tempesta perfetta. Il concetto di “fine della storia”, teorizzato dall’economista ultraliberista Francis Fukuyama e adottato dagli ideologi della destra americana come anche dai conservatori più affezionati allo status quo, sembra sia sul punto di compiersi. Ma un futuro di disagio e sofferenza per miliardi di persone può considerarsi lo sbocco naturale dei processi di evoluzione sociale, economica e politica dell’umanità? Siamo autorizzati a dubitarne.

Page 11: Dove stiamo volando · 2016. 7. 19. · Lo scrittore William Gibson, autore di Neuromante (1984), il romanzo che ha segnato l’inizio della corrente cyberpunk e con esso uno spartiacque

11 Nuovi livelli di integrazione

Non per realizzare una fuga dal presente ma per costruire una corsa verso il futuro, facciamo nostro l’incoraggiamento a non cedere all’assenza ingannevole di alternative.

Nuovi livelli di integrazione Negli stessi anni della Grande Recessione dobbiamo registrare anche il raggiungimento della soglia del 25% nella penetrazione di internet a livello globale: dopo aver sfondato il tetto del primo miliardo di utenti nel 2005 (appena dieci anni prima, nel 1995, gli utenti connessi erano non più di 16 milioni, pari allo 0,4% della popolazione mondiale), nel 2009 internet raggiungeva 1,8 miliardi di persone, il 25,8% degli esseri umani. Il trend prosegue tuttora, con quasi 3,4 miliardi di utenti connessi a giugno 2016 (46,1%) e il superamento della soglia del 50% previsto nel giro del prossimo anno.

Fig. 7. Numero di utenti connessi a internet (fonte: Internet Live Stats).

Come dimostra il grafico che segue, viviamo in un mondo talmente integrato da superare di ordini di grandezza la complessità del mondo del XX secolo. Già nel 1978 il produttore e conduttore televisivo britannico, nonché storico della scienza, James Burke, adottando un approccio interdisciplinare rivoluzionario, aveva teorizzato nei documentari della serie Connections che diverse scoperte scientifiche, invenzioni tecnologiche ed eventi della storia fossero scaturiti l’uno dall’altro in maniera interconnessa e non-lineare, determinando particolari aspetti della tecnologia moderna. In altre parole, il progresso veniva visto forse per la prima volta come il risultato di un’interazione di diversi fattori concomitanti.

Page 12: Dove stiamo volando · 2016. 7. 19. · Lo scrittore William Gibson, autore di Neuromante (1984), il romanzo che ha segnato l’inizio della corrente cyberpunk e con esso uno spartiacque

12 Dove stiamo volando

Fig. 8. Diffusione di massa delle invenzioni: anni di attesa prima che una nuova tecnologia raggiunga un quarto della popolazione statunitense (fonte: Ray Kurzweil e Kurzweil Technologies Inc., via Wikipedia).

Questa idea è stata spinta alle estreme conseguenze dall’ingegnere e futurologo statunitense Ray Kurzweil, esponente di punta del movimento transumanista, con la sua legge dei ritorni acceleranti (1999): in parole povere, il tasso di cambiamento in un’ampia varietà di sistemi evolutivi (incluso il progresso tecnologico) tende a crescere esponenzialmente. Si tratta di un’estensione della legge di Moore (valida per l’elettronica e ideata da Gordon Moore, cofondatore di Intel: “il numero di transistor integrati in un microcircuito raddoppia ogni 18 mesi circa”, che ha conservato la sua validità empirica per quasi mezzo secolo a partire dal 1965), generalizzata per abbracciare la crescita esponenziale di diverse tecnologie. Ogni volta che una tecnologia si avvicina a qualche tipo di ostacolo, secondo Kurzweil, subentra una nuova invenzione per consentirci di proseguire oltre la barriera:

Un’analisi della storia della tecnologia mostra che il cambiamento tecnologico è esponenziale, contrariamente alla visione “intuitivamente lineare” del senso comune. Pertanto non sperimenteremo 100 anni di progresso nel XXI secolo… sarà piuttosto come 20.000 anni di progresso alla velocità attuale (del 2001, N.d.R.). I ritorni, come la velocità dei chip e la convenienza economica, cresceranno esponenzialmente a loro volta. Ci potrebbe essere addirittura una crescita esponenziale del tasso di crescita esponenziale. Nel giro di qualche decennio l’intelligenza delle macchine supererà quella umana, portando alla Singolarità – un cambiamento tecnologico così veloce e radicale da rappresentare uno strappo nella trama della storia umana. Le conseguenze comprendono la fusione dell’intelligenza biologica e non-biologica, l’immortalità umana attraverso il software, e livelli elevatissimi di intelligenza che si espanderanno nell’universo alla velocità della luce.

L’osservazione di Kurzweil è una diretta emanazione della congettura di Vernor Vinge, un matematico americano nonché scrittore di fantascienza pluripremiato, che nel 1993 formulò la teoria della cosiddetta Singolarità Tecnologica, definendo così un ipotetico punto nello

Page 13: Dove stiamo volando · 2016. 7. 19. · Lo scrittore William Gibson, autore di Neuromante (1984), il romanzo che ha segnato l’inizio della corrente cyberpunk e con esso uno spartiacque

13 Nuovi livelli di integrazione

sviluppo di una civiltà in cui il progresso tecnologica accelera al punto da sfuggire alle capacità di comprensione ed estrapolazione degli esseri umani. Sono molti gli scenari ipotizzati nel tempo dallo stesso Vinge e da altri studiosi e futurologi, ma i principali prendono in considerazione un qualche fenomeno di “esplosione dell’intelligenza” collegato alla realizzazione dell’intelligenza artificiale o, in forma più blanda, di interfacce cibernetiche per l’amplificazione dell’intelligenza. L’ipotesi della Singolarità Tecnologica è stata criticata da molti e si è guadagnata un numero enorme di oppositori e detrattori, ma ci sembra che più che un demerito della teoria – che anzi è stata accuratamente e criticamente dettagliata da Vinge – le resistenze siano dovute a una forma di reazione ai tecno-entusiasti che hanno subito abbracciato l’idea con spirito acritico e trasporto pseudo-misticheggiante. Come possiamo vedere dai due grafici seguenti, intorno al 2040 la curva attesa della capacità di calcolo delle macchine eguaglierà le funzioni del cervello umano, dopodiché in meno di vent’anni riuscirà a pareggiare la capacità di calcolo dell’umanità intera. Numerosi studiosi concordano adesso che la Singolarità Tecnologica, se dovesse verificarsi, occorrerà molto probabilmente intorno alla metà di questo secolo. Molto prima, nei prossimi 10 anni, avremo già la potenza di calcolo necessaria per simulare le funzioni neurali del cervello umano ai fini del mind uploading, ovvero della digitalizzazione della mente.

Fig. 9. Crescita esponenziale della capacità di calcolo dei computer (fonte: Ray Kurzweil e Kurzweil Technologies Inc., via Wikipedia).

Page 14: Dove stiamo volando · 2016. 7. 19. · Lo scrittore William Gibson, autore di Neuromante (1984), il romanzo che ha segnato l’inizio della corrente cyberpunk e con esso uno spartiacque

14 Dove stiamo volando

Fig. 10. Crescita esponenziale della capacità di calcolo dei computer (fonte: Ray Kurzweil e Kurzweil Technologies Inc., via Wikipedia).

In un sistema complesso altamente integrato, il minimo cambiamento può produrre gli esiti meno prevedibili e al contempo le trasformazioni più radicali. Per questo motivo il futuro abbraccia tutte le possibilità, anche quelle a cui nessuno ha ancora pensato.

Nuovi paradigmi Per superare lo stallo del presente, si pone la necessità di un cambiamento di paradigma. Servono trucchi nuovi, adatti ai tempi che corrono. Strategie adeguate a modellare una società in continua ridefinizione, esposta alle spinte centrifughe di un’economia accelerata dal progresso tecnologico e alla bomba a orologeria delle crisi climatiche. In questi anni, nonostante la recessione, abbiamo visto il paesaggio fisico-mediatico mutare radicalmente. Ormai buona parte delle nostre vite, dall’informazione alle relazioni sociali, dallo studio al lavoro, si svolge in uno spazio condiviso ma non materiale. Il cyberspazio di William Gibson si fonde con i mass media classici in quello che Luciano Floridi, tra i maggiori esperti mondiali di filosofia dell’informazione, ha definito Infosfera: la globalità dello spazio delle informazioni, che ormai comprende il mondo fisico e la stessa biosfera, e gli esseri viventi che lo costituiscono ne sono a loro volta parte integrante in quanto organismi informazionali (inforgs). Floridi parla di ambientalismo sintetico, inclusivo degli artefatti e degli spazi in continua generazione, suggerendo che dovremmo trattare tutta l’Infosfera in modo ecologico, prevenendo la distruzione e l’impoverimento gratuiti della realtà-infosfera. Lanier sostiene che “bisogna rompere con l’idea insensata dell’informazione gratis. E creare un sistema di micropagamenti. Non solo per retribuire le merci che ora si scaricano free, ma anche chiunque lasci una traccia misurabile in rete. Di cui resterà proprietario […] Si dovrebbe modificare l’architettura del web, recuperando l’idea originaria di Ted Nelson. Nei primi anni 60 l’inventore dell’ipertesto immaginò una rete con link bi-direzionali, in cui chi ci cliccava poteva sempre risalire al punto di partenza”. L’economista Andrea Fumagalli

Page 15: Dove stiamo volando · 2016. 7. 19. · Lo scrittore William Gibson, autore di Neuromante (1984), il romanzo che ha segnato l’inizio della corrente cyberpunk e con esso uno spartiacque

15 Nuovi paradigmi

dell’Università di Pavia parla di reddito minimo che retribuisca le varie attività cognitive-relazionali. Tutto ciò che diventa conoscenza ha un valore. E questo valore deve essere riconosciuto a chi è stato in grado di generarlo e diffonderlo come ricchezza. Tanto più che i progressi nella tecnologia potrebbero presto rendere obsoleto il concetto stesso di scarsità: nanotecnologie e biotecnologie daranno alla curva un impulso che al momento possiamo solo immaginare. Cominciano già a essere disponibili efficaci strumenti atti a monitorare in tempo reale il rapporto tra produzione e consumi, provvedendo di conseguenza agli aggiustamenti del caso, come per esempio gli algoritmi adottati nelle transazioni HFT (high frequency tranding), che in alcuni contesti borsistici sono ormai responsabili della quasi totalità dei volumi di scambio. Algoritmi simili cominciano a essere utilizzati anche nel controllo dei consumi energetici, realizzando le cosiddette smart grid, di cui Rifkin è stato uno dei pionieri. E a proposito di Rifkin, l’abbattimento dei costi di produzione potrebbe essere gestito a vantaggio della fornitura generale di beni e servizi a tutta la popolazione, attraverso formule di riallocazione delle risorse. Se non è un vero e proprio superamento dell’economia di scarsità attuale, ci troviamo davanti almeno a una sua mitigazione. Mi rendo conto che stiamo gradualmente scivolando nel campo dell’utopia. Ma pensando ai cambiamenti in corso, questo della reinvenzione dei mestieri e delle professionalità è solo una delle molteplici questioni che dovremo affrontare. A un livello più ideale, la progressiva emersione di sistemi artificiali via via più intelligenti e i nuovi rapporti che nasceranno dall’interfaccia tra l’uomo e le macchine nel settore della cognitive augmentation imporranno una piena ridefinizione del campo dei diritti. Sul numero 72 della rivista Robot, con il critico, traduttore e studioso di letteratura americana Salvatore Proietti, docente all’Università della Calabria, ci siamo dilungati su questo tema legato alla bioetica, che attraversa un numero crescente di opere prodotte negli ultimi anni in seno alla fantascienza. L’evoluzione tecnologica ha comportato effetti che non possono più essere ignorati: uno su tutti, la smaterializzazione dello spazio delle relazioni umane, con il web che è ormai diventato, come lo definisce il giurista Stefano Rodotà (al lavoro proprio su una Carta dei diritti di Internet con la commissione che presiede, costituita dalla Presidenza della Camera), il “più grande spazio pubblico che l’umanità abbia conosciuto”, e che anche per questo necessita di una regolamentazione riconosciuta a livello transnazionale. Si tratta dello spazio in cui si svolge ormai gran parte delle nostre esistenze, l’Infosfera di cui parla Floridi, che ci rende tutti inforgs e come tali soggetti ibridi. L’identità personale si fa distribuita e si moltiplica. Il nostro ecosistema si è già modificato perdendo le originali presunte connotazioni di purezza naturale, e le prime applicazioni di augmented reality rendono ineludibile questa verità. Le tecnologie emergenti, sempre più spesso raccolte sotto la sigla NBIC (che raggruppa nanotecnologia, biotecnologie, information technology e cognitive science), adottata anche dalla National Science Foundation americana, producono effetti che diventeranno sempre più profondi e irreversibili man mano che si realizzano forme di convergenza tra i diversi settori della ricerca. Quanto dovremo ancora aspettare prima che soggetti che non condividono la nostra stessa natura biologica comincino a rivendicare i loro diritti? Robot, androidi, cyborg, intelligenze artificiali, cloni, simbionti, creature ibride, dalla duplice natura, prefigurano la nuova realtà di un mondo che non può più trincerarsi dietro l’esclusività dei benefici e dei diritti della contemporaneità, ma che anzi deve lavorare su una logica inclusiva per estenderli a tutti. Tanto più considerando l’osservazione della filosofa e femminista Donna Haraway, caposcuola della teoria cyborg: “Le nostre macchine sono vitali in maniera disturbante mentre noi siamo spaventosamente inerti”.

Page 16: Dove stiamo volando · 2016. 7. 19. · Lo scrittore William Gibson, autore di Neuromante (1984), il romanzo che ha segnato l’inizio della corrente cyberpunk e con esso uno spartiacque

16 Dove stiamo volando

In un celebre passo della Dichiarazione di Indipendenza, ratificata nel 1776 a Philadelphia dai cittadini delle tredici colonie che si erano sollevate contro la madrepatria, leggiamo:

Sono istituiti tra gli uomini governi, i cui legittimi poteri derivano dal consenso dei governati; di modo che, ogniqualvolta una forma di governo tenda a negare tali fini, il popolo ha il diritto di mutarla o abolirla, e di istituire un nuovo governo, fondato su quei principi e organizzato in quella forma che a esso appaia meglio atta a garantire la sua sicurezza e la sua felicità.

Parole scritte da uomini, per esprimere la loro idea su quali condizioni debba rispettare un governo di altri uomini per essere da loro accettato. Qualcuno ha idea del perché un’intelligenza artificiale dovrebbe accontentarsi di qualcosa di meno di quanto richiesto dagli uomini? Da questa consapevolezza nasce un approccio etico, come quello proposto nel 2006 da Gianmarco Veruggio, direttore della Scuola di Robotica di Genova e promotore della cosiddetta roboetica, l’etica applicata alla progettazione e allo sviluppo nei campi della robotica e dell’automazione. All’aumentare dei benefici potenziali, nella robotica come in qualsiasi altro settore della ricerca aumentano anche i rischi. Per questo la presenza massiccia di creature artificiali nel futuro verso cui ci stiamo muovendo pone l’opportunità e anzi il bisogno di una riflessione sulle regole che dovranno gestire il rapporto tra umani e macchine. A tutti i livelli – individuale, governativo e transnazionale, pubblico e privato – oggi spetta a noi decidere come condurre la transizione: in maniera pianificata, con l’adozione di una strategia che smorzi i potenziali conflitti insiti nella scelta, oppure con uno «strappo», quando il costo di scelte radicate nel passato sarà ormai divenuto insostenibile e ricominciare da zero si prospetterà come l’unica opzione percorribile.

Page 17: Dove stiamo volando · 2016. 7. 19. · Lo scrittore William Gibson, autore di Neuromante (1984), il romanzo che ha segnato l’inizio della corrente cyberpunk e con esso uno spartiacque

17 Il mondo che verrà: città, energia, ambiente, trasporto, lavoro e post-scarsità

Nuove frontiere

Il mondo che verrà: città, energia, ambiente, trasporto, lavoro e post-scarsità Se il XXI secolo concentrerà l’equivalente di diversi millenni di progresso alla velocità di innovazione e sviluppo del 2001, assisteremo a un rapido susseguirsi di stravolgimenti che non potranno lasciare immutato il nostro stile di vita. Nel 2009, nel pieno della Grande Recessione, abbiamo già visto come internet sia riuscita a raggiungere il 25% dell’umanità, realizzando un livello di collegamento e integrazione senza precedenti nella storia. Nello stesso anno, per la prima volta la popolazione residente nelle città ha sopravanzato quella delle zone rurali: oggi sono circa tre miliardi e mezzo di abitanti, a cui se ne aggiungeranno altri due e mezzo entro il 2050, quando, secondo le stime dell’ONU, due terzi della popolazione mondiale sarà insediata in agglomerati urbani. La tendenza è inesorabile, se si considera che solo nel 1950 la percentuale della popolazione urbana era di appena il 29% del totale. E la popolazione continuerà a crescere, sebbene a un ritmo più lento degli ultimi decenni e trainata soprattutto dalle aree urbane del Sud del mondo, stabilizzandosi verso la fine del secolo intorno agli 11 miliardi di abitanti. Già adesso dei 35 agglomerati urbani che superano i dieci milioni di abitanti solo cinque sono occidentali: New York, Los Angeles, Mosca, Londra e Parigi, nessuna di esse tra le prime dieci di questa graduatoria, guidata stabilmente dalla megalopoli cinese del Delta del Fiume delle Perle (con circa 47,7 milioni di abitanti) e da Tokyo (39,5) e dominata dalle metropoli asiatiche e sudamericane. Per il 2050 le stime indicano che le più grandi metropoli al mondo saranno concentrate nel subcontinente indiano, e a loro presto si aggiungeranno le megalopoli africane, che per il 2100 scaleranno la graduatoria: Dar es Salaam (in Tanzania), che oggi conta poco più di 4 milioni di abitanti, potrebbe crescere di 20 volte da qui alla fine del secolo; Kinshasa, in Zaire, potrebbe passare da 10 a più di 60 milioni di abitanti (la stessa popolazione oggi residente in Italia), lo stesso traguardo di Khartoum, in Sudan, che oggi conta circa 5 milioni di abitanti nell’area metropolitana. È una tendenza alimentata dai flussi demografici che differenziano le città occidentali da quelle del Terzo Mondo e dei paesi in sviluppo dell’Asia: se le prime assistono da anni al popolamento e allo sviluppo delle fasce suburbane, nelle città asiatiche e africane lo sviluppo demografico delle aree rurali finisce per alimentare il boom delle città, in grado di attirare le popolazioni che abbandonano campagne sempre più povere e depresse. E se le nuove metropoli africane, asiatiche e latinoamericane si reggono in precario equilibrio sotto il peso delle nuove ondate migratorie, c’è chi sta cercando di sperimentare nuove soluzioni. Il governo cinese si sta muovendo da qualche anno, nel solco del suo ormai consolidato gigantismo, verso progetti faraonici, prevedendo la costruzione di infrastrutture di collegamento in grado di rendere le già sovrappopolate metropoli del suo territorio sempre più integrate: dopo la Pearl River Delta Mega City, potrebbe venire il turno di JingJinJi, che integrerà le aree metropolitane di Pechino (Beijing) e Tianjin con la regione circostante dello Hebei in una megalopoli di oltre 110 milioni di abitanti, estesa 2 terzi dell’Italia e responsabile del 10% del PIL prodotto in tutta la Cina.

Page 18: Dove stiamo volando · 2016. 7. 19. · Lo scrittore William Gibson, autore di Neuromante (1984), il romanzo che ha segnato l’inizio della corrente cyberpunk e con esso uno spartiacque

18 Dove stiamo volando

Altrove tuttavia si guarda in altre direzioni, verso soluzioni in grado di rendere anche le città sempre più sostenibili, dinamiche e innovative: in una parola ormai ricorrente che promette di essere il leitmotiv del secolo, smart. Europa e USA, ma anche India, Emirati Arabi Uniti, Corea del Sud e Singapore, stanno sostenendo investimenti ingenti in progetti di sviluppo organico di smart cities, in cui l’utilizzo delle nuove risorse legate alla tecnologia dell’informazione viene declinato al servizio delle normali funzioni di un ecosistema urbano, in modo da soddisfare le esigenze di cittadini, imprese e istituzioni e migliorare la qualità della vita. Mobilità urbana, sicurezza, servizio sanitario e scolastico, distribuzione elettrica e idrica, ciclo dei rifiuti, ogni settore viene integrato in una piattaforma on-line 24 ore al giorno, al fine di migliorare l’efficienza e con essa il livello di soddisfacimento dei bisogni delle persone. Nelle smart city, la tecnologia fornisce le condizioni e le premesse per il cambiamento, mentre i cittadini vengono progressivamente coinvolti fino ad assumere il ruolo di motore di questa rivoluzione. Amsterdam, Stoccolma e Barcellona sono solo alcune delle grandi città europee che hanno ingaggiato la sfida. All’evoluzione delle città si accompagnerà una rivoluzione nel nostro modello di vita, che non potrà prescindere da una rivoluzione energetica. Quello dell’energia, insieme alle conseguenze del cambiamento climatico, è il tema cruciale su cui verterà l’evoluzione dello scenario geopolitico di questo secolo. Ma a differenza del global warming, la questione energetica reca un certo grado di prevedibilità che potrebbe aiutare a pianificare una road map. Attualmente la nostra società si regge sulla dipendenza dai combustibili fossili: il 40% dell’energia primaria generata e il 90% dell’energia impiegata nei trasporti derivano dall’utilizzo del petrolio. Se per qualche motivo dovessero interrompersi le linee di approvvigionamento di gas e petrolio il mondo come lo conosciamo avrebbe i giorni contati. Alla paralisi della produzione seguirebbe immediatamente quella dei consumi e nel giro di qualche settimana il mondo intero piomberebbe in un caos inesorabile. Legare il futuro della nostra civiltà a una fonte energetica destinata a esaurirsi non appare particolarmente lungimirante. Tanto più che analisi ampiamente condivise derivate dalla teoria del picco di Hubbert indicano che il picco estrattivo a livello mondiale dovrebbe venire a verificarsi entro il 2020. L’approssimarsi del picco del petrolio aumenterà la centralità del Medio Oriente nello scacchiere internazionale e, considerate le caratteristiche dell’area, potrebbe fungere da cassa di risonanza globale per la propagazione delle instabilità regionali. Ma imporrà anche l’urgenza improcrastinabile di adottare nuovi modelli di sviluppo, in cui le energie rinnovabili giocheranno necessariamente un ruolo d’importanza crescente, ma da cui forse non potrà prescindere nemmeno una rivoluzione del nostro stile di vita. Fonti finora sfruttate a livello prototipale potrebbero diventare protagoniste nel nuovo assetto energetico globale: il solare termodinamico, i gradienti oceanotermici, l’energia maremotrice associata alle correnti di marea. Così come pure i sistemi di energy harvesting per il recupero dell’energia che altrimenti andrebbe dissipata nell’ambiente (l’energia spuria proveniente dalle trasmissioni radiotelevisive, il moto meccanico e i fenomeni di attrito, l’irraggiamento solare, i gradienti termici, sono solo alcuni esempi). L’impiego crescente di fonti rinnovabili di energia sta determinando la transizione da un modello di generazione concentrata (in cui l’energia viene prodotta nei gruppi di grandi centrali, siano esse termoelettriche, idroelettriche o nucleari) verso modelli di generazione distribuita, in cui la produzione spesso riguarda aree estese sul territorio (come nel caso degli impianti eolici), oppure si “polverizza” al livello delle singole utenze (come per esempio con i tetti solari o la microgenerazione domestica). Inoltre le fonti rinnovabili, per la loro natura non programmabile o addirittura intermittente, richiedono alle reti di trasmissione e

Page 19: Dove stiamo volando · 2016. 7. 19. · Lo scrittore William Gibson, autore di Neuromante (1984), il romanzo che ha segnato l’inizio della corrente cyberpunk e con esso uno spartiacque

19 Il mondo che verrà: città, energia, ambiente, trasporto, lavoro e post-scarsità

distribuzione dell’energia elettrica una flessibilità che nel loro impiego tradizionale è completamente preclusa. È così che nasce l’idea delle smart grid: reti intelligenti di distribuzione dell’energia, particolarmente adatte a sostenere la transizione dalla generazione concentrata di energia dei grandi impianti nucleari, termoelettrici o idroelettrici, alla generazione distribuita che caratterizza le fonti rinnovabili, come eolico, solare, mini-idroelettrico e a biomasse. Le smart grid avvicinano il produttore al consumatore e valorizzano la figura ibrida del prosumer, un utente attivo della rete.Grazie alla profonda integrazione con sensori real time e sistemi automatici di acquisizione e controllo locale, le reti di distribuzione vengono interfacciate a una rete di comunicazione a banda larga e/o wireless. Controllo delocalizzato, flussi di energia bidirezionali, interazione con i carichi e segnali di prezzo in tempo reale definiscono i punti cardinali intorno ai quali verranno sviluppate le smart grid, capaci di garantire un’affidabilità e una flessibilità che alle reti tradizionali, organizzate su un modello gerarchico di livelli di tensione successivi, è generalmente preclusa. L’utilizzo di batterie e sistemi di accumulo eviterà inoltre che, come accade oggi, l’energia in eccesso prodotta da risorse intermittenti come il vento venga perduta a causa di carenza di domanda o incapacità della rete di sostenere il picco di carico dei poli di produzione. La rivoluzione verde non potrà lasciare immutato il settore dei trasporti. Se le smart cities saranno collegate da strade costellate di sensori, percorse da veicoli intelligenti, ci stiamo avvicinando a passi da gigante a questo scenario che solo nel decennio scorso sembrava da fantascienza. E ci saranno ottime possibilità che quei veicoli saranno mossi da un motore elettrico con un’ampia autonomia, considerando i risultati raggiunti dalle auto ibride ed elettriche negli ultimi anni: i preordini per la Model 3, l’auto di fascia bassa della Tesla Motors di Elon Musk che promette circa 350 km di autonomia a circa 35.000 dollari, hanno raggiunto quota 400.000 unità in meno di un mese dal lancio dello scorso marzo. Il modello di business della Tesla è particolarmente interessante, in quanto del tutto analogo al ciclo di vita seguito dai gadget elettronici: prima, nel 2006, è stato lanciato un modello Roadster di fascia alta, molto costoso, che oltre che un oggetto tecnologico potenzialmente rivoluzionario era anche un’opera di design, in grado di aumentarne esponenzialmente l’appeal. Esauditi tutti gli ordini raccolti per questo modello, nel 2012 è stata quindi lanciata la berlina Model S, la cui produzione si è attestata negli ultimi due anni intorno alla decina di migliaia di esemplari per ogni trimestre. E parallelamente è stata sviluppata la Model 3, lanciata sul mercato all’inizio di quest’anno come “l’auto elettrica per tutti”, con le prime consegne previste per il 2017. Questa escalation non sarebbe stata possibile se Tesla Motors non avesse sviluppato parallelamente anche una sua rete di stazioni di ricarica, che hanno toccato nel 2016 quota 624 in tutto il mondo, con 3.708 punti di ricarica veloce in corrente continua a 480 V, alimentati dai tetti fotovoltaici installati da SolarCity, un’altra delle aziende del network ad alta integrazione sviluppato da Elon Musk. E se oggi Hong Kong è il posto al mondo con la più alta densità di punti di ricarica, per il futuro imminente Musk promette di replicare in Europa la rete di stazioni che già consente di attraversare gli Stati Uniti da una costa all’altra a bordo dei veicoli Tesla Motors. Ma Musk non ha in mente solo di rivoluzionare il trasporto su gomma. È sua anche l’idea di Hyperloop, il treno ad alta velocità per il movimento di merci e persone, sospinto da motori lineari a induzione e compressori d’aria a una velocità media di 970 km/h, basato su una piattaforma hardware open source accessibile a tutti gli sviluppatori interessati. Mentre è proprio di questi giorni il tentativo di circumnavigazione del globo di Solar Impulse 2, l’aereo senza combustibile alimentato da celle solari costruito presso il Politecnico Federale di Losanna (Svizzera): lo scorso 23 giugno il velivolo ultraleggero ad ala alta, provvisto di un’apertura alare di 72 metri, equipaggiato con oltre 17.000 celle fotovoltaiche capaci di

Page 20: Dove stiamo volando · 2016. 7. 19. · Lo scrittore William Gibson, autore di Neuromante (1984), il romanzo che ha segnato l’inizio della corrente cyberpunk e con esso uno spartiacque

20 Dove stiamo volando

erogare una potenza di picco di 66 kW, 4 batterie agli ioni di litio da 41 kWh di capacità (e del peso di oltre 600 kg) e 4 motori elettrici da 17,4 hp l’uno, ha completato la sua prima trasvolata dell’Oceano Atlantico portando a compimento la rotta New York – Siviglia in poco più di 71 ore. E il volo continua. Lo sviluppo demografico del XXI secolo si accompagnerà a una ridistribuzione dei centri di potere economico e all’invecchiamento della popolazione globale, con un aumento costante del peso della fascia oltre i 65 anni di età. Nell’ageing society del 2050, stando alle proiezioni dell’ONU l’età media planetaria sarà di 38 anni, rispetto ai 26 del 1990: un incremento di quasi il 50% in 60 anni. Secondo il lavoro di previsione e costruzione di scenari dell’Intelligence Unit dell’Economist, che ha prodotto nel luglio 2015 il dossier Long Term Macroeconomics Forecasts, anche dal punto di vista dell’economia globale il mondo del 2050 sarà profondamente diverso dal nostro. Per cominciare, entro i prossimi dieci anni la Cina metterà a segno il sorpasso sul PIL americano che sembra ormai da qualche anno ineluttabile. Entro il 2050 le economie occidentali arretreranno, l’India si installerà in terza posizione, surclassando di un fattore 4 la quarta economia mondiale, che abbastanza sorprendentemente sarà l’Indonesia. Con l’Italia e la Russia scalzate dalla Top 10, farà il suo ingresso il Messico, che guiderà con il Brasile lo sviluppo dell’America Latina. Ma si assisterà anche a una progressiva concentrazione delle ricchezze, con una conseguente radicalizzazione del divario: dalla quota attuale del 64% dell’economia delle prime dieci potenze economiche complessivamente detenuta dalle prime tre nazioni in graduatoria, si passerà in poco più di trent’anni al 76%.

Fig. 11. Prime dieci economie mondiali nel 2014 e nel 2050 (fonte: The Economist Intelligence Unit).

Dal punto di vista occupazionale, mentre i paesi occidentali saranno fortemente condizionati dall’invecchiamento medio, che porterà a una contrazione significativa della forza lavorativa in tutti i 10 Big (dal 17% in meno della Cina al 20% della Germania, fino al 28% del Giappone), Africa e Medio Oriente vedranno moltiplicarsi la propria forza lavoro: Angola, Nigeria e Kenya la triplicheranno, Algeria, Egitto e Iran la raddoppieranno. A meno di non sviluppare programmi specifici per la crescita dei paesi di origine o per l’assorbimento dei flussi demografici in uscita da questi paesi, le economie più sviluppate dovranno far fronte a una crescente pressione delle ondate migratorie. Già oggi vengono proposte misure mitigatrici come l’istituzione di un reddito universale garantito, un’idea che risale al rivoluzionario americano Thomas Payne (1795) e che nel tempo è stata più volte ripresentata, per esempio dallo stesso Martin Luther King nel 1967. Di fronte alla constatazione della riduzione del potere d’acquisto delle famiglie, fortemente condizionato negli ultimi decenni dall’incapacità dei salari di crescere in maniera adeguata a

Page 21: Dove stiamo volando · 2016. 7. 19. · Lo scrittore William Gibson, autore di Neuromante (1984), il romanzo che ha segnato l’inizio della corrente cyberpunk e con esso uno spartiacque

21 Il mondo che verrà: città, energia, ambiente, trasporto, lavoro e post-scarsità

sostenere il tenore di vita, il tema è tornato di attualità e comincia a essere preso in considerazione tanto da economisti liberisti quanto dai leader delle organizzazioni sindacali. Si stima che in un paese come gli Stati Uniti, un “reddito di cittadinanza” di diecimila dollari all’anno per ogni adulto e bambino richiederebbe un aumento di dieci punti percentuali della quota di PIL raccolta attraverso le tasse, andando ad assorbire quasi per intero la spesa sociale non destinata alla salute. Non una misura impossibile, a fronte di una più vasta operazione di ristrutturazione del mercato del lavoro. Resta tuttavia un’incognita il saldo tra benefici e svantaggi: se da una parte un reddito universale garantito fornirebbe ossigeno al potere d’acquisto dei consumatori e un credito immediato da investire in formazione, innescando per di più un circuito virtuoso assorbendo il rischio d’impresa, aumentando il potere contrattuale dei lavoratori e incentivando investimenti delle aziende a vantaggio della produttività; dall’altra in molti potrebbero preferire rinunciare a un posto di lavoro, e le tensioni sociali quasi sicuramente aumenterebbero sotto la spinta dei flussi migratori. Inutile nascondersi dietro un dito. Presto il mondo del lavoro dovrà fronteggiare uno sconvolgimento paragonabile per portata ed entità a quello che seguì alla crisi del ’29. Dieci anni fa potevamo solo vagamente intravedere il panorama occupazionale attuale. Dal rapporto The Future of Jobs, presentato all’ultima edizione del World Economic Forum lo scorso gennaio, emergono per il prossimo futuro segnali decisamente poco incoraggianti: di qui al 2020 si stima che circa sette milioni di posti di lavoro andranno perduti nei 15 paesi più sviluppati, solo in parte compensati da due milioni di nuove assunzioni. Cambiamenti significativi coinvolgeranno d’altro canto anche le soft skills più apprezzate: in meno di cinque anni da oggi, i profili più ricercati vedranno aggiungersi al problem solving la creatività, oggi molto meno valutata, e inoltre il pensiero critico e la flessibilità mentale faranno dei balzi in avanti nei requisiti cercati dagli uffici di recruitment. Mestieri che oggi offrono impiego a milioni di persone spariranno. Pensiamo per esempio a tutti gli addetti nel trasporto delle merci, che già oggi cominciano a vedere insidiati i propri posti di lavoro dai veicoli a guida automatica: più sicuri, più veloci, più efficienti e più economici. Ambiti che per decenni hanno assicurato un bacino di collocamento solido e stabile, quali ad esempio amministrazione e produzione, vedranno nei prossimi anni un drastico ridimensionamento, solo in parte compensato dai posti di lavoro creati nell’informatica, nell’ingegneria, nel management e nella finanza. Si stima inoltre che il 65% dei bambini che iniziano oggi la scuola primaria saranno impiegati da adulti in lavori che al momento attuale ancora nemmeno esistono. Un piano di supporto potrebbe aiutare a rendere meno drammatica la transizione verso un panorama del mondo del lavoro completamente ridisegnato. Una delle misure di contrasto alla Grande Depressione adottate da Franklin D. Roosvelt nell’ambito del New Deal consistette nell’istituzione dei Civilian Conservation Corps: un programma per l’impiego temporaneo di giovani disoccupati nella fascia d’età compresa tra i 18 e i 25 anni, che al suo apice raggiunse le 300.000 unità di forza lavoro impegnate nella conservazione e nello sviluppo delle risorse naturali in zone rurali, e nel complesso tra il 1933 e il 1942 occupò 3 milioni di ragazzi. Forse, piuttosto che perseverare nel ritenere i giovani disoccupati una zavorra e allo stesso tempo incoraggiare le dinamiche sociali che alimentano il serbatoio esplosivo dei Neet (i giovani tra i 15 e i 29 anni “Not in Education, Employment and Training”, frutto di dispersione scolastica e strategie formative inadeguate alle esigenze del mercato), potremmo cominciare a considerarli una risorsa e inserirli in percorsi formativi studiati per incontrare la

Page 22: Dove stiamo volando · 2016. 7. 19. · Lo scrittore William Gibson, autore di Neuromante (1984), il romanzo che ha segnato l’inizio della corrente cyberpunk e con esso uno spartiacque

22 Dove stiamo volando

domanda. Molti paesi hanno intrapreso negli ultimi anni sforzi notevoli per incrementare il numero di laureati nelle discipline STEM, ovvero legate a scienza, tecnologia, ingegneria e matematica. Ormai, a giudicare dai casi sempre più frequenti che flagellano i posti più lontani (incendi interminabili e desertificazione, alluvioni e inondazioni, tempeste tropicali sempre più violente, con decine o centinaia di vittime), non si dovrebbe nemmeno più parlare di prevenzione: la messa in sicurezza del territorio, la riqualificazione del patrimonio urbanistico e la realizzazione di infrastrutture adeguate ai nuovi modelli negli ambiti più disparati (produzione, logistica, energia, telecomunicazioni) dovrebbero rientrare in un più ampio piano di recupero, volto a togliere al global warming punti deboli su cui infierire e a fornire alle comunità strumenti efficaci, pensati per coniugare resilienza e sviluppo. E questo piano dovrebbe essere parte integrante di una politica di salvaguardia e valorizzazione del patrimonio artistico e archeologico dell’umanità, esposto oltre che ai capricci della natura sobillata dall’uomo anche ai pericoli dell’instabilità geopolitica, come dimostrano il caso di Palmira ma anche quello dei Buddha di Bamiyan distrutti dai talebani in Afghanistan. Ma il cambiamento è già in atto e assume l’aspetto di quella che viene genericamente chiamata Quarta rivoluzione industriale o Industry 4.0. Definirla con precisione è pressoché impossibile, viste le forme fluide e volubili che va assumendo a seconda degli ambiti in cui viene declinata. E d’altro canto solo a posteriori sarà possibile studiarne compiutamente le caratteristiche. Ma al momento possiamo pensare ai processi di progressiva digitalizzazione della catena produttiva e a quello che viene definito smart manufacturing: l’implementazione di tecnologie digitali in grado di favorire l’interconnessione e incentivare la cooperazione delle risorse coinvolte nei processi operativi, lungo tutta la catena di creazione del valore. Lo smart manufacturing si regge su due pilastri: da una parte l’information technology e dall’altra l’automazione. Più in dettaglio del primo ambito fanno parte:

Internet of Things: l’interconnessione in rete dei dispositivi di uso quotidiano o impiegati nella catena produttiva incrementerà la densità di smart objects, provvisti di capacità di autoidentificazione, localizzazione, diagnostica, acquisizione e trasmissione dati, processamento ed esecuzione. Dall’ambito domestico a quello lavorativo, dai servizi all’industria all’agricoltura, l’Internet of Things (IoT) sarà uno dei motori del cambiamento.

Big Data: applicazione di nuovi metodi e strumenti di data analytics per l’estrazione di valore dai grandi volumi di dati provenienti dai sistemi produttivi integrati nell’IoT, e di tecniche di simulazione e forecasting per la pianificazione e la sincronizzazione dei processi produttivi e dei flussi logistici.

Cloud Computing: nella sua applicazione all’ambito manifatturiero il modello di accesso rapido e diffuso alle applicazioni IT aggiungerà valore ai processi di produzione.

All’ambito dell’automazione appartengono invece:

Advanced Automation: sistemi di produzione automatizzati in grado di interagire con

l’ambiente e apprendere attraverso questa interazione (si pensi alla guida automatica e ai droni).

Advanced HMI: le nuove interfacce uomo-macchina per l’acquisizione rapida delle informazioni (touchscreen, scanner 3D per l’interpretazione dei gesti, visori per la realtà aumentata).

Page 23: Dove stiamo volando · 2016. 7. 19. · Lo scrittore William Gibson, autore di Neuromante (1984), il romanzo che ha segnato l’inizio della corrente cyberpunk e con esso uno spartiacque

23 Il mondo che verrà: città, energia, ambiente, trasporto, lavoro e post-scarsità

Additive Manufacturing: la famigerata stampa 3D che già promette di rivoluzionare i processi produttivi tradizionali, costruendo nuovi oggetti (prototipi, stampi, riparazione di componenti usurati o lesionati, ma anche meccanismi complessi destinati alla vendita) attraverso una stampa strato per strato di materiali trattabili come plastiche e metalli. Al momento il processo è fortemente limitato dalla sua lentezza, ma gli sviluppi si preannunciano molto promettenti.

Le proiezioni di Brynjolfsson, McAfee e Rifkin e le politiche industriali adottate dai governi che si sforzano di guardare oltre l’orizzonte del presente (pensiamo al programma olandese di Smart Industry) inducono a credere che la contrazione del mercato del lavoro non debba essere irreversibile. Alessandro Perego, direttore scientifico degli Osservatori di Digital Innovation del Politecnico di Milano, ricorda che “dal punto di vista macro-economico, le tre grandi rivoluzioni industriali precedenti (quella del vapore, dell'energia elettrica e della prima informatizzazione) non hanno segnato l’uscita definitiva dal mondo del lavoro di segmenti della popolazione, ma piuttosto un cambiamento nel concetto di lavoro, trovando un nuovo equilibrio nell’occupazione, nella tutela sociale, nella creazione e ridistribuzione della ricchezza. Dobbiamo guardare in positivo anche alla quarta rivoluzione industriale”. A patto che istituzioni e aziende provvedano a dotarsi di strumenti adeguati alla riconversione e al reinserimento professionale, per fornire ai dipendenti le competenze necessarie ad affrontare il cambiamento. Il tema appare oggi abbastanza utopico, eppure non dovremmo rassegnarci di fronte agli ostacoli già evidenziati. Così come non dovremmo rinunciare a immaginare scenari politici, economici e sociali in cui il capitalismo sia definitivamente superato con tutte le sue contraddizioni intrinseche. Come precisa Rifkin, al di fuori di un’economia di mercato si possono valorizzare adeguatamente anche tutte quelle attività che producono capitale “sociale”, oggi del tutto ignorate nelle valutazioni sullo stato di salute delle economie nazionali e locali. In un’ottica di medio-lungo periodo trascurare il tasso di sconto sociale delle nostre scelte e sottostimare i beni pubblici globali, come inevitabilmente porta a fare un’economia di mercato, può creare seri problemi. La convergenza delle innovazioni nei campi della produzione/distribuzione dell’energia, delle comunicazioni e dei trasporti getta le basi per nuovi modelli. E il sistema agalmico è la proposta più originale e credibile resa popolare dagli autori di fantascienza di questi ultimi anni. Due titoli per tutti: L’Era del Flagello di Walter Jon Williams e Accelerando di Charles Stross rappresentano entrambi la prospettiva di una società agalmica, basata su un’economia della post-scarsità ispirata alle intuizioni di Robert Levin, pioniere del software libero e open source, purtroppo prematuramente scomparso nel 2006 a causa di un incidente d’auto. Ai loro romanzi aggiungiamo anche il complesso scenario elaborato da Ken MacLeod nel suo ciclo della Rivoluzione d’Autunno, che presenta una società post-capitalista costruita sui principi di una dottrina anarchica, minacciata da un’esplosione incontrollata delle tecnologie usate come armi durante la guerra contro il vecchio sistema economico-finanziario liberista. Oppure i lavori di Cory Doctorow, un attivista del software open source da cui ha ripreso e sviluppato la filosofia agalmica della post-scarsità. In The Marginalization of Scarcity, Levin definisce una società agalmica come un sistema: a) cooperativo e non competitivo; b) antitetico alla nostra economia della scarsità; c) basato sull’abbondanza delle risorse e sull’equa allocazione delle stesse; d) a somma positiva (ogni guadagno non implica una perdita, ma il guadagno individuale spesso si accompagna a un profitto collettivo); e) decentralizzato e non autoritario. In un sistema

Page 24: Dove stiamo volando · 2016. 7. 19. · Lo scrittore William Gibson, autore di Neuromante (1984), il romanzo che ha segnato l’inizio della corrente cyberpunk e con esso uno spartiacque

24 Dove stiamo volando

agalmico il profitto non viene quantificato in un valore monetario, ma viene invece misurato attraverso parametri quali la conoscenza, la soddisfazione personale e un beneficio economico spesso indiretto. Tra i programmi e le sperimentazioni avviate in questa direzione ricordiamo il Venus Project del futurologo americano Jacque Fresco, che si è occupato di città sostenibili, efficienza energetica, gestione delle risorse naturale, automazione e tecnologia cibernetica. Con l’aiuto e il finanziamento di diversi sostenitori, a partire dagli anni ’80 Fresco ha avviato la realizzazione di una sorta di città utopica nell’area di Venus, in Florida, a partire da un centro di ricerca impegnato nel superamento dell’attuale sistema economico capitalista, basato sulla scarsità delle risorse e sulla pratica di razionarne la distribuzione e il consumo attraverso metodi monetari di fatto controproducenti per la sopravvivenza a medio-lungo termine del genere umano. Per questo Fresco ha proposto un’alternativa socio-economica da lui definita Resource-Based Economy (RBE), ovvero economia basata sulle risorse, in cui tutte le risorse vengano considerate patrimonio comune dell’umanità, con l’obiettivo di accrescere attraverso la consapevolezza e il loro impiego razionale lo standard di vita globale.

Rischi esistenziali e strategie di sopravvivenza In un illuminante articolo del 2001-2002, il filosofo svedese Nick Bostrom, docente della Oxford University e direttore del Future of Humanity Institute, molto attivo anche in seno alla comunità transumanista, includeva l’impatto ambientale di alcune tecnologie tra i rischi esistenziali in grado di condurre l’umanità all’estinzione. Cosa è un rischio esistenziale? Bostrom propone una classificazione del rischio basata su tre parametri: portata, intensità e probabilità che la minaccia si verifichi. La portata può essere “sostenibile” o “terminale”, l’intensità “personale”, “locale” oppure “globale”. Un “rischio esistenziale” è un rischio globale e terminale allo stesso tempo, una minaccia che potrebbe annichilire la vita intelligente di origine terrestre o limitarne drasticamente e irreversibilmente le possibilità di sviluppo. Oltre al pericolo di un olocausto nucleare, dell’impatto di un asteroide o di una cometa con la superficie terrestre, del global warming, di un’epidemia naturale, di una qualche catastrofe collegata a un esperimento di fisica nucleare, Bostrom annovera anche l’abuso deliberato o accidentale delle nanotecnologie, la diffusione di agenti patogeni bio-ingegnerizzati o l’avvento di una superintelligenza ostile o semplicemente mal programmata. Con l’eccezione dell’impatto di un corpo celeste e delle epidemie naturali, nessuno di questi rischi minacciava la sopravvivenza della specie umana prima della metà del XX secolo, e di certo nessuno contro cui l’umanità potesse adottare una qualche contromisura. Sono tutti fenomeni contro i quali si dimostra del tutto inutile (se non proprio impossibile) adottare il classico approccio empirico del prova-e-riprova, fino a testare una soluzione efficace. Senza un protocollo adeguato alla gestione del rischio, uno qualsiasi di questi eventi potrebbe rivelarsi fatale al primo errore, se non addirittura prima. Il rischio esistenziale è una categoria che pone una sfida di ampia portata culturale per l’umanità intera:

1. Ci obbliga a superare l’approccio consolidato, in quanto vanifica qualsiasi opportunità di apprendimento dall’errore. Richiede invece un approccio proattivo: previdenza per anticipare nuovi tipi di minacce e volontà di adottare azioni preventive decisive sostenendone i costi morali ed economici.

Page 25: Dove stiamo volando · 2016. 7. 19. · Lo scrittore William Gibson, autore di Neuromante (1984), il romanzo che ha segnato l’inizio della corrente cyberpunk e con esso uno spartiacque

25 Rischi esistenziali e strategie di sopravvivenza

2. Non possiamo affidarci alle istituzioni, alle norme morali, alle consuetudini sociali o alle politiche di sicurezza nazionale già sviluppate per fronteggiare altre tipologie di rischio. Il rischio esistenziale si comporta in maniera del tutto diversa da tutto ciò che abbiamo conosciuto finora (perfino una guerra mondiale combattuta con armi convenzionali o un regime nazista rappresentano delle minacce inferiori sulla scala della gravità, attestandosi a cavallo tra i rischi globali sopportabili e i rischi locali terminali). Proprio per questo la nostra reazione nel riconoscere rischi di questo tipo e nel correre ai ripari potrebbe risultare fatalmente lenta.

3. Le contromisure rappresentano dei beni pubblici globali e come tali andrebbero trattate. I rischi esistenziali sono una minaccia per chiunque e potrebbero richiedere azioni di portata internazionale. Il rispetto della sovranità nazionale non è una giustificazione legittima per evitare di prendere contromisure adeguate.

4. Considerando il bene delle generazioni future, il danno provocato dai rischi esistenziali va moltiplicato per un altro fattore, il tasso di sconto sociale: vale a dire il tasso di sconto adottato per calcolare il valore dei fondi spesi su progetti di interesse comune, esteso alle future generazioni.

Malgrado la sua innegabile importanza, è sorprendente quanto poco lavoro sistematico sia stato compiuto in questo settore. Ma lo sforzo intellettuale di Bostrom è rivolto alla minimizzazione sistematica dei rischi esistenziali, attraverso l’accrescimento della consapevolezza e la predisposizione di contromisure adeguate. Tra le azioni che suggerisce:

1. Il pubblico riconoscimento del profilo di rischio esistenziale. 2. La creazione di una piattaforma internazionale per la condivisione dei costi e delle

responsabilità di un bene pubblico globale come il contenimento dei rischi esistenziali. 3. Prevedere un margine di intervento nel caso in cui sia necessario, in ultima istanza, il

ricorso a un’azione preventiva. 4. Adottare uno sviluppo tecnologico differenziato volto a posticipare l’implementazione

di tecnologie pericolose e accelerare lo sviluppo di tecnologie benefiche, specie quelle in grado di attenuare le potenzialità delle tecnologie dannose.

5. Sostenere i programmi volti a contrastare direttamente specifici rischi esistenziali. 6. Maxipok, una regola generale per l’azione morale: massimizzare la probabilità di un

effetto positivo, dove per “effetto positivo” si intende qualsiasi prodotto che scongiuri il disastro esistenziale.

Non sono pochi gli esperti impegnati sul fronte della ricerca e dell’innovazione tecnologica che negli ultimi tempi hanno espresso preoccupazione verso le minacce insite in una proliferazione incontrollata di tecnologie potenzialmente letali. Ritornando a quanto scrivevamo a proposito di intelligenza artificiale (IA) e Singolarità Tecnologica, scienziati di fama mondiale come Stephen Hawking e imprenditori coinvolti nello sviluppo di nuove tecnologie come lo stesso Elon Musk lanciano da tempo segnali d’allarme: se quest’ultimo ha definito l’IA senza mezzi termini “la più grave minaccia alla nostra esistenza”, arrivando a dire che con l’intelligenza artificiale l’umanità sta scherzando col fuoco, giocando a “evocare il demone”, il fisico britannico si è spinto ancora oltre, sostenendo che “lo sviluppo di una vera intelligenza artificiale potrebbe mettere la parola fine alla storia del genere umano”. Entrambi sono tra i primi firmatari di una lettera aperta del Future of Life Institute che invita gli scienziati, gli ingegneri e tutte le compagnie coinvolte nella ricerca in questo settore a individuare le priorità che spingano verso un’intelligenza artificiale benefica, facendo tutto il possibile perché le IA del futuro “facciano ciò che vogliamo fargli fare”. Venti anni di ricerca nel settore, fa notare la lettera, hanno prodotto concreti passi in avanti, compresi il riconoscimento della lingua parlata e delle immagini, i veicoli a guida autonoma, la

Page 26: Dove stiamo volando · 2016. 7. 19. · Lo scrittore William Gibson, autore di Neuromante (1984), il romanzo che ha segnato l’inizio della corrente cyberpunk e con esso uno spartiacque

26 Dove stiamo volando

traduzione automatica e robot in grado di spostarsi su arti meccanici come il BigDog e il “mulo robot” suo successore sviluppati dalla Boston Dynamics. E questo ha generato un circolo virtuoso nel quale l’industria premia anche piccoli miglioramenti, incoraggiando gli investimenti. “I potenziali benefici sono enormi, dal momento che tutto ciò che la civiltà può offrire è un prodotto dell’intelletto umano” ammettono i firmatari. “Non possiamo prevedere cosa potremmo raggiungere quando questa intelligenza sarà amplificata dagli strumenti che l’intelligenza artificiale potrebbe metterci a disposizione, ma l’eliminazione delle malattie e della povertà non sono imperscrutabili. Per via del grande potenziale dell’intelligenza artificiale, è importante trovare un modo per raccoglierne i frutti, evitando possibili trappole”. La Singolarità, lo ricordiamo, indica quel momento nella storia del progresso in cui l’intelligenza delle macchine surclassa l’intelligenza umana, assumendo la guida dello sviluppo tecnologico e lasciando l’umanità priva di qualsiasi forma di controllo. Se mai risulterà possibile una superintelligenza artificiale sarà di fatto la nostra ultima invenzione. Il progresso è sempre guidato dalla civiltà più evoluta e in presenza di una intelligenza artificiale confrontabile o già superiore all’intelligenza umana, capace di migliorarsi a un ritmo per noi vertiginoso e inimmaginabile, l’umanità dovrà rassegnarsi a passare il testimone. Risulta quindi plausibile che a quel punto il timone del progresso passi “nelle mani” delle IA, che si sostituiranno in tutto o in parte a noi nel ruolo di motore dell’evoluzione tecnologica, scientifica e culturale sulla Terra. Gli scenari possibili, a questo punto, spaziano da quelli più ottimisti in cui esseri umani e IA sviluppano qualche forma di collaborazione sinergica da cui entrambe le fazioni possano trarre beneficio, a quelli più foschi su cui ci avvertono Hawking e Musk, ma anche tanti lavori del genere (da 2001: Odissea nello Spazio a Terminator a Matrix, dalla saga di Star Trek a Battlestar Galactica, da Blade Runner al recente Ex Machina, sono innumerevoli gli esempi di intelligenze artificiali “ostili” ai loro artefici), nei quali l’umanità viene soggiogata, assimilata o sterminata dalle macchine. Una IA di concezione militare potrebbe per esempio sviluppare sistemi d’arma autonomi o mettere a punto soluzioni strategiche di efficacia incontrastabile. Una IA “canaglia” potrebbe a quel punto offrire le proprie capacità al governo di qualche staterello con ambizioni di egemonia regionale o comunque di rivalsa internazionale, avere accesso alle sue risorse belliche, potenziarne l’arsenale e quindi partire per la propria crociata di conquista globale. Oppure una IA potrebbe lanciare una scalata e assicurarsi il controllo dei mercati finanziari di mezzo mondo, decidendo dove e come agire per movimentare risorse e ricchezze, creando di proposito zone di instabilità o sfruttando le fragilità esistenti nei mercati per portare al collasso delle istituzioni, generando una situazione di caos in cui avrebbe vita facile per imporre il proprio dominio. O infine, in una forma più morbida, una IA potrebbe assumere il controllo di una o più grandi compagnie e attraverso di esse pilotare i costumi, i consumi e i bisogni percepiti dall’umanità, asservendo i “consumatori” ai propri scopi. Come possiamo vedere, la casistica è sfaccettata e ricca di sfumature. Non tutti gli esperti condividono il catastrofismo dei moniti più pessimisti, ma tutti concordano sull’importanza e la necessità di favorire un dibattito pubblico su un argomento di cruciale importanza per il futuro della nostra civiltà, affinché tutte le scelte di rilevanza critica nello sviluppo della tecnologia possano essere prese alla luce di una consapevolezza quanto più diffusa e condivisa possibile. Perché anche se l’umanità sopravvivrà alla Singolarità e le IA ci risparmieranno esiti catastrofici, conseguenze drammatiche sono quantomeno altamente probabili. Lo scrittore israeliano Yuval Noah Harari, nel saggio di imminente uscita Homo Deus: A Brief History of Tomorrow, seguito del suo bestseller Da animali a dèi: Breve storia dell’umanità, pone

Page 27: Dove stiamo volando · 2016. 7. 19. · Lo scrittore William Gibson, autore di Neuromante (1984), il romanzo che ha segnato l’inizio della corrente cyberpunk e con esso uno spartiacque

27 Rischi esistenziali e strategie di sopravvivenza

l’accento sui due tipi di abilità che rendono gli esseri umani utili: quelle fisiche e quelle cognitive. Se le prime sono state oggetto della Rivoluzione Industriale, che con l’introduzione progressiva di macchine sempre più progredite ha consentito di ridurre l’apporto umano ai lavori “di fatica”, le intelligenze artificiali potrebbero invece rendere obsoleto o comunque ridimensionare notevolmente l’apporto cognitivo degli esseri umani al lavoro. Emergeranno senz’altro nuovi mestieri che oggi non possiamo nemmeno immaginare, ma non possiamo essere certi che le IA, i computer e i robot non sapranno svolgerli meglio di noi. “I bambini di oggi si troveranno davanti alle conseguenze. Molto di ciò che la gente apprende a scuola o all’università diventerà irrilevante nel giro di venti o trent’anni al massimo. Se vorranno continuare a lavorare e a comprendere il mondo, restando rilevanti in ciò che accadrà, le persone dovranno imparare a reinventarsi di volta in volta, e sempre più velocemente”. Steve Ardire, consulente per le startup nel campo dello sviluppo software, non ha dubbi: “Il capitale umano inizierà a spostarsi da compiti noiosi e banali ad attività creative di più alto livello”. Ardire è particolarmente interessato in quella che è definita Machine Intelligence, l’intersezione dell’intelligenza artificiale con il Machine Learning, ovvero l’apprendimento automatico che consente ai sistemi come le reti neurali di auto-definirsi e auto-programmarsi sulla base di un compito pre-impostato. Nella Machine Intelligence, computer intelligenti elaborano dati per individuare schemi, discernere il contesto, dedurre conclusioni o elaborare spiegazioni, imparare e migliorare nel tempo senza la supervisione umana. Di conseguenza, il lavoro del futuro consisterà in “persone che lavorano fianco a fianco con le macchine per migliorare il modo in cui lavorano”. Gli impiegati coinvolti in lavori di routine, sia manuali che cognitivi, hanno un’alta probabilità di essere rimpiazzati da macchine più efficienti e affidabili. Ma l’IA, se da una parte renderà obsoleti questi lavori, dall’altra ne creerà di nuovi. Nei lavori non banali, “la Machine Intelligence diventerà un consulente digitale, che collaborerà come se fosse un assistente”. E l’impiego di Machine Intelligence per una migliore analisi dei dati è solo la punta dell’iceberg, perché le IA possono integrare informazioni da diverse fonti come web, archivi aziendali, documentazione tecnica, normativa, per poi amalgamarle e armonizzarle per fornire all’organizzazione degli “smart data”, aiutandola a prendere decisioni “più intelligenti”. Gli impiegati potranno “capire prima problemi complessi, rispondendo a domande difficili e risolvendo i problemi in maniera più efficace. In questo modo la produttività ne trarrà giovamento. Spenderanno meno tempo nella classificazione delle informazioni e potranno dedicarsi a interpretare le opinioni e intraprendere azioni critiche”. Le IA forniranno inoltre un utile supporto nella gestione dei tool collaborativi e nei social network aziendali. In ambito legale le IA potranno assistere gli avvocati umani occupandosi per esempio della redazione di contratti e della ricerca nella documentazione, mentre in ambito clinico potranno seguire in tempo reale il decorso delle terapie e suggerire variazioni in corsa in relazione alle risposte fisiologiche del paziente. D’accordo con questo scenario è lo scrittore canadese Robert J. Sawyer, che nella sua trilogia del WWW (WWW 1: Risveglio, WWW 2: In guardia e WWW 3: La Mente) descrive delle superintelligenze artificiali che decidono di collaborare con gli esseri umani. Alla base di questa prospettiva risiede la constatazione che le macchine vanno sviluppandosi in un ambiente radicalmente diverso da quello che ha portato all’evoluzione della civiltà umana, basato sulla selezione naturale e sulle dinamiche competitive alimentate dalla scarsità delle risorse di prima necessità. “Tutto ciò che ci ha resi fondamentalmente aggressivi, rapaci e competitivi come specie non è necessariamente integrato nel codice che funge da DNA delle intelligenze artificiali”, sostiene Sawyer. “Abbiamo motivo di credere che loro saranno intrinsecamente diverse dalla nostra psicologia, e che la loro psicologia potrebbe plausibilmente predisporle a essere altruiste invece che competitive e violente come noi”.

Page 28: Dove stiamo volando · 2016. 7. 19. · Lo scrittore William Gibson, autore di Neuromante (1984), il romanzo che ha segnato l’inizio della corrente cyberpunk e con esso uno spartiacque

28 Dove stiamo volando

Ma se dovesse scommettere, anche Sawyer punterebbe i suoi due centesimi sulle previsioni meno ottimiste di Hawking & Co. Prima cominceremo a cercare di capire come un’IA dovrebbe funzionare, meglio sapremo prepararci per evitare possibili cattive sorprese. Tra gli altri autori che in tempi recenti si sono occupati dell’argomento, annoveriamo il già menzionato Charles Stross (e oltre ad Accelerando, citiamo anche L’alba del disastro), Ian McDonald con il monumentale Il fiume degli dei (in cui le intelligenze artificiali interagiscono con i costumi e la tradizione religiosa della cultura indiana), Ted Chiang con Il ciclo di vita degli oggetti software (incentrato proprio sul processo di apprendimento delle IA) e Greg Egan con Singleton, in cui per la prima volta ci viene presentata una IA che “gira” su un processore quantistico, particolarità questa che nella finzione del racconto la rende l’unica entità dell’universo svincolata dalla natura probabilistica della realtà e per questo provvista di libero arbitrio. Sugli effetti imprevedibili della realizzazione del primo processore quantistico è incentrato l’enigmatico Luce dell’Universo di M. John Harrison, che spazia dalla ricerca nei giorni nostri alle più remote conseguenze in una futura società umana che ha colonizzato un ampio settore della galassia. Il computer quantistico è il Sacro Graal dell’elettronica, in grado di sovvertire tutte le convenzioni su cui si regge il nostro universo informatico. A differenza del Sacro Graal ha tutte le carte in regola per esistere davvero, anche se nessuno sa quando scienziati ed ingegneri riusciranno davvero a realizzarne un modello funzionante. I responsabili del progetto di computazione quantistica di Google si aspettano risultati concreti in pochi anni. Un “computer quantistico universale” potrà risolvere diversi problemi molto più velocemente di un computer classico, ma la tecnologia corrente deve ancora risolvere i problemi di stabilità determinati dall’interazione accidentale con l’ambiente esterno. I qubit su cui si basa la sua capacità di elaborazione e memorizzazione sono infatti estremamente sensibili alle perturbazioni ambientali e per questo devono essere preservati a temperature bassissime. Venti anni fa il computer quantistico era relegato nel campo della pura teoria, ma lo scorso agosto la NSA (National Security Agency) americana ha sorpreso il mondo intero annunciando che gli algoritmi che negli ultimi dieci anni erano stati considerati i più sicuri per garantire la segretezza dei dati non erano più così sicuri. Il motivo? Il pericolo connesso ai quantum computer. In tempi più recenti la NSA ha rilasciato qualche dettaglio in più a sostegno dell’allarme, dichiarando che i passi avanti compiuti nella ricerca nel settore della computazione quantistica impongono all’Agenzia di agire subito. Il messaggio è rivolto soprattutto alle compagnie (istituti di credito ma anche provider di servizi web, piattaforme social, gestori di siti di vendita on-line) e all’amministrazione pubblica, che hanno a che fare con dati sensibili. Di fronte a un attacco condotto da un computer quantistico, nessuno degli algoritmi di crittografia attualmente in uso sarebbe in grado di garantire la sicurezza delle informazioni custodite. Per questo motivo la NSA ha avviato una collaborazione con il NIST (National Institute of Standards and Technology) per mettere a punto un nuovo standard in grado di resistere nell’era post-quantistica. Pubblicamente la NSA non si sbilancia sull’imminenza dei processori quantistici, ma sostiene che i recenti progressi nel settore dovrebbero spingerci a preoccuparci di mettere al sicuro i sistemi in corso di realizzazione oggi per proteggere infrastrutture critiche che rimarranno in servizio per decenni. Notizia dei mesi scorsi è la IBM Quantum Experience, un portale realizzato dalla compagnia americana per consentire agli utenti di interagire con il loro prototipo di processore quantistico a 5 qubit. In ogni caso, la crittografia sembra essere ancora al sicuro da minacce credibili. Se compiti complessi come la simulazione di processi chimici e la risoluzione di problemi di apprendimento potranno essere affrontati con processori di

Page 29: Dove stiamo volando · 2016. 7. 19. · Lo scrittore William Gibson, autore di Neuromante (1984), il romanzo che ha segnato l’inizio della corrente cyberpunk e con esso uno spartiacque

29 Rischi esistenziali e strategie di sopravvivenza

qualche migliaio di qubit al massimo (e ne basterebbero non più di 50 per surclassare su problemi di ottimizzazione qualsiasi combinazione dei 500 supercomputer più potenti in circolazione), per “crackare” una chiave crittografica ne serviranno centinaia di milioni… un traguardo ancora lontano da raggiungere. Ma alcuni algoritmi di crittografia in uso oggi presentano difetti di sicurezza noti che li renderebbero vulnerabili a tentativi di attacchi non particolarmente sofisticati. Una delle rappresentazioni più ambiziose delle applicazioni di un processore quantistico all’informatica del futuro la troviamo in 2312, romanzo di Kim Stanley Robinson ancora inedito in Italia: una storia che spazia attraverso tutto il sistema solare, da Mercurio alle lune di Giove e Saturno, con habitat artificiali, città semoventi, ambienti terraformati e tecniche di potenziamento alla portata di tutti. L’economia del sistema solare prospettata da Robinson è di tipo pianificato, con ciò che resta del libero mercato confinato sulla Terra, mentre le multinazionali sono state soppiantate dappertutto da entità cooperative definite mondragon (sul calco della federazione basca delle cooperative dei lavoratori), controllate da intelligenze artificiali supportate da processori quantistici chiamati qubes. Un’alternativa considerata dallo stesso Vernor Vinge alla Singolarità basata sulle IA è rappresentata dall’evoluzione delle interfacce uomo-macchina e dai sistemi di cognitive augmentation, da lui trattate in diverse opere, tra cui il romanzo Alla fine dell’arcobaleno. Su frequenze analoghe si è mosso anche Vittorio Catani, che nel magistrale Il Quinto Principio ha rappresentato un’umanità costantemente integrata in una rete informatica globale attraverso un impianto elettronico neurale. Una notizia fresca che sembra saldare l’immaginario con l’attualità: su iniziativa dell’amministrazione Obama, la DARPA (l’agenzia per i progetti di ricerca avanzata del Dipartimento della Difesa USA) ha messo in sviluppo un programma che si prefigge di creare il primo impianto neurale in grado di connettersi a un milione di neuroni, fornendo una risoluzione del segnale e un’ampiezza di banda per il trasferimento dei dati tra il cervello umano e il mondo esterno senza precedenti. L’interfaccia funzionerà come un interprete, traducendo dall’una all’altra le lingue elettrochimica e digitali parlate rispettivamente dal cervello e dai dispositivi artificiali. L’obiettivo è compattare questo link di comunicazione in un innesto biocompatibile non più grande di un centimetro cubo, aprendo un canale tra il nostro cervello e l’elettronica moderna. Tra le prime applicazioni, annoveriamo la possibilità di restituire la vista e l’udito ai non vedenti e ai non udenti. Il futuro, come si suol dire, è già qui. Con l’information technology e la cognitive science, anche le altre due lettere della sigla NBIC sono state oggetto di trasposizioni fantascientifiche alquanto convincenti. La nanotecnologia è un altro dei capisaldi del già più volte citato Accelerando di Charles Stross, un romanzo che si configura un po’ come una bibbia dei nostri tempi in rapido mutamento. Stross ci accompagna nella società post-umana del tardo XXI secolo, dopo che l’avvento della Singolarità Tecnologica ha reso possibile ed economicamente conveniente l’immortalità fisica e dove nanotecnologie, intelligenze artificiali e contatti alieni sono all’ordine del giorno. Tra ammiccamenti alla fantascienza letteraria, televisiva e cinematografica e richiami alle più sofisticate teorie scientifiche sulla futura evoluzione della civiltà umana, trovate affascinanti e geniali si mescolano a visioni oscillanti tra l’incubo e la meraviglia. Un processo incessante e sempre più rapido di trasformazione coinvolge inesorabilmente gli eventi e i protagonisti, e mentre la storia viene computata non più in anni ma in secondi, lo Zeitgeist e il senso comune cominciano a cambiare con una tale rapidità da stravolgere le finalità stesse dei piani degli uomini e dei loro discendenti mentre questi vengono messi in opera.

Page 30: Dove stiamo volando · 2016. 7. 19. · Lo scrittore William Gibson, autore di Neuromante (1984), il romanzo che ha segnato l’inizio della corrente cyberpunk e con esso uno spartiacque

30 Dove stiamo volando

Nell’elaborare sensibilità adatte a quest’ordine di problemi la fantascienza ha saputo dimostrarsi in anticipo sui tempi. Lo ha fatto in opere inquadrate a pieno titolo nell’immaginario del genere, come la serie dei Rifters iniziata con Stelle di mare, in cui il biologo marino canadese Peter Watts riprende il tema dell’adattamento e si misura con un esperimento oltre ogni limite, nell’isolamento nelle profondità oceaniche; oppure la sofisticata trilogia dei Morti di Richard Calder, che sviluppa a partire dalla critica alla mercificazione della figura femminile un’indagine sui confini tra finzione e autenticità, nel momento in cui un contagio virale fa esplodere le barriere tra organico e inorganico; o ancora il citato L’era del flagello di Walter Jon Williams, che presenta un mondo post-scarsità che ha finalmente sconfitto l’annosa piaga della fame, in cui individui modificati geneticamente, tecnologie di backup della memoria e della personalità, clonazione e nanoingegneria sono parte integrante della quotidianità, ma che non può dirsi ancora pacificato. Senza dimenticare il seminale Ma gli androidi sognano pecore elettriche? (1968) di Philip K. Dick (e la pellicola diretta da Ridley Scott nel 1982 tratta dal romanzo: Blade Runner), in cui un gruppo di androidi umanoidi fugge dalle colonie marziane e atterra nell’hinterland di una San Francisco devastata dall’olocausto nucleare, dove vengono braccati dal cacciatore di taglie Rick Deckard, in una indagine che lo costringe ripetutamente a fare i conti con l’ambivalenza delle figure umane che lo assistono e degli automi che si nascondo tra di essi. Deckard non avrà altra scelta che affidarsi al principio di empatia per riscoprire la linea di demarcazione tra umano e artificiale. Ma lo ha fatto sicuramente anche in opere che potremmo definire borderline, come il noir futuristico Ricambi di Michael Marshall Smith, che nel 1996 prende le mosse dal tema della clonazione (il protagonista fugge da una clinica che funge da serbatoio di organi per facoltosi clienti, portando via con sé i loro cloni più o meno malandati) per sviluppare un noir crudo e visionario, oppure il non meno spietato lavoro di Jacek Dukaj, autore polacco dell’antologia La cattedrale, che include un racconto difficile da dimenticare sulle pratiche di adattamento condotte in una singolare “Scuola” per sviluppare messaggeri da inviare su pianeti alieni; se non proprio oltre il confine, come l’incursione di Kazuo Ishiguro nei territori fantascientifici della clonazione, con il celebrato Non lasciarmi.

The High Frontier e la prossima era spaziale Se fino a non molto tempo fa la questione spaziale sembrava essere stata relegata a tempo indeterminato nel cassetto destinato ai sogni irrealizzati, negli ultimi tempi la frontiera spaziale è tornata prepotentemente alla ribalta. Merito soprattutto di sponsor di prima grandezza, del calibro di Stephen Hawking o Elon Musk, due nomi ormai familiari, ma anche di un numero crescente di tech titans che hanno fatto da apripista insieme a imprenditori attivi in settori più tradizionali: da una parte Jeff Bezos di Amazon.com con la sua Blue Origin (fondata nel 2000) e Musk con SpaceX (2002), dall’altra il magnate britannico Richard Branson del Virgin Group con la sua Virgin Galactic (2004). Che lo spazio sia un affare redditizio ha cominciato a essere evidente con la penetrazione inarrestabile dei privati negli interstizi sempre più larghi lasciati scoperti dai programmi pubblici nazionali e internazionali: dalle piattaforme di lancio al trasporto di satelliti e apparecchiature, dall’osservazione all’esplorazione, sono sempre di più le imprese che si affacciano sulla Nuova Frontiera. Ad oggi si conoscono quasi quindicimila oggetti rocciosi più grandi di 50 metri in prossimità della Terra (i cosiddetti NEO, Near-Earth Objects) e ogni anno il numero si accresce di un

Page 31: Dove stiamo volando · 2016. 7. 19. · Lo scrittore William Gibson, autore di Neuromante (1984), il romanzo che ha segnato l’inizio della corrente cyberpunk e con esso uno spartiacque

31 The High Frontier e la prossima era spaziale

migliaio di nuove scoperte. Ogni asteroide contiene riserve significative di metalli, che spaziano dal ferro al silicio al titanio, passando per nichel, cobalto e carbonio, ma anche platino e metalli simili, come l’iridio, il rodio o il palladio, piuttosto rari sul nostro pianeta e per questo estremamente preziosi. In particolare, il platino e gli elementi del suo gruppo, adottati in applicazioni mediche, nel campo delle energie rinnovabili e dei convertitori catalitici, e utilizzabili nelle celle a combustibile per l’industria automobilistica, hanno un valore che sui mercati internazionali sfiora quello dell’oro. A differenza della Terra, dove i metalli si concentrano in profondità nel sottosuolo, gli asteroidi presentano una caratteristica che li rende particolarmente appetibili: i metalli sono abbondantemente distribuiti anche in prossimità della superficie. Così scavando anche solo pochi metri sulla superficie di un asteroide di piccola taglia (800 metri), si potrebbero ricavare oltre 130 tonnellate di platino, per un valore complessivo di circa 6 miliardi di dollari. E i conti sono presto fatti: un risultato di questo tipo basterebbe a ripagare diverse decine di volte il costo di una missione spaziale, dalla messa in orbita di telescopi al lancio di sonde per la ricognizione degli asteroidi, fino all’invio di uno sciame di robot minatori/raffinatori, anche se non mancano le controindicazioni. In particolare, un’indagine commissionata a un team di scienziati e ingegneri dal Keck Institute for Space Studies prospetta il rischio finanziario di una forte inflazione come risultato dell’accresciuta disponibilità di metalli rari, che è un po’ quello che capitò all’oro proveniente dal Nuovo Mondo ai tempi dei conquistadores, che per altro alcuni studiosi indicano come una delle cause all’origine del declino dell’Impero Spagnolo. Ma anche ipotizzando uno scenario meno catastrofico, grazie a una più oculata immissione dei beni di valore nel mercato terrestre, restano al momento di difficile attuazione le soluzioni legate allo sfruttamento commerciale degli asteroidi: tra le strade proposte ci sono quella di catturare i corpi e spingerli verso la Terra grazie a dei motori alimentati a energia solare per intrappolarli nella sua orbita; o in alternativa di estrarre i minerali e raffinarli lungo il tragitto di rientro verso la Terra. Tra le compagnie più attive su questo fronte si distingue la Planetary Resources, fondata nel 2010 con il proposito dichiarato di “espandere la base delle risorse naturali terrestri” sfruttando le risorse minerarie degli asteroidi orbitanti in prossimità della Terra, sotto la guida di Eric Anderson, ingegnere aerospaziale e pioniere dei voli spaziali commerciali, e Peter H. Diamandis, presidente della X Prize Foundation (con cui stimola imprese innovative a colpi di premi da 10 milioni di dollari), direttore della Singularity University e già fondatore con lo stesso Anderson di Space Adventures, iniziativa con cui hanno portato negli anni diversi turisti privati a soggiornare sulla Stazione Spaziale Internazionale. “Ogni cosa di valore presente sul pianeta – metalli, minerali, superfici edificabili ed energia – è disponibile in quantità infinita nello spazio” dichiara Diamandis, e la Planetary Resources promette di creare “una nuova industria e una nuova definizione di risorse naturali”. L’impresa ha in breve tempo guadagnato proseliti, attirando investitori di primissima fascia: da Larry Page ed Eric Schmidt, rispettivamente fondatore nonché CEO e presidente di Alphabet Inc., meglio nota come Google, a Ross Perot Jr, erede del miliardario texano fondatore di EDS e della Perot Systems e sfidante indipendente alle presidenziali del 1992. Tra i suoi collaboratori Planetary Resources può inoltre vantare la consulenza dell’astronauta Tom Jones (quattro volte nello spazio a bordo dello Space Shuttle per complessivi 53 giorni di missione in orbita) e James Cameron, visionario regista di opere miliari del cinema di fantascienza come i primi due Terminator, Aliens, The Abyss e Avatar. Lo scopo della società è quello di lanciare una corsa allo spazio che produca due ricadute benefiche: una immediata per l’economia della Terra, e una di più vasto respiro consistente nella conquista umana dello spazio.

Page 32: Dove stiamo volando · 2016. 7. 19. · Lo scrittore William Gibson, autore di Neuromante (1984), il romanzo che ha segnato l’inizio della corrente cyberpunk e con esso uno spartiacque

32 Dove stiamo volando

Per quanto avveniristici possano sembrare gli obiettivi, alla Planetary Resources contano di realizzare il progetto già entro la fine del decennio. Una deadline ambiziosa, che comunque appare poca cosa rispetto al risvolto dell’impresa: gli asteroidi sarebbero infatti anche una delle più ricche riserve di acqua del sistema solare. Alcune stime indicano in un quinto della massa complessiva di un asteroide il suo contenuto in acqua: risorsa preziosa, sia per gli habitat spaziali al servizio dell’umanità del futuro, sia come propellente da ricavare per via elettrolitica (ossigeno liquido e idrogeno sono i due reagenti che vengono combinati negli stadi di lancio dei vettori orbitali). Nel 2015 la Planetary Resources ha lanciato in orbita il suo primo satellite Arkyd, destinato alla ricerca di obiettivi validi per le missioni di esplorazione ed estrazione. Nel frattempo ha avviato un accordo con la 3D Systems di Chuck Hull, l’inventore della stereolitografia e della stampa 3D, per la costruzione dei componenti della costellazione di satelliti con cui intende individuare obiettivi tra i NEO. Quello con la stampa 3D sembra un sodalizio destinato a essere replicato in ambito spaziale. La principale concorrente di Planetary Resources, la Deep Space Industries del texano Rick Tumlinson, si prefigge di usare proprio una stampante 3D chiamata MicroGravity Foundry per creare e assemblare in ambienti a gravità zero componenti metallici ultradensi e resistenti, con cui costruire reti di comunicazione e impianti solari spaziali per alimentare i processi estrattivi e di prima raffinatura. Lo scorso maggio la DSI ha siglato con il governo del Lussemburgo un protocollo d’intesa per cofinanziare lo sviluppo e il lancio del primo veicolo dell’azienda, pensato per testare in orbita bassa tecnologie e soluzioni per future missioni di prospezione su obiettivi asteroidali. In questo modo il Lussemburgo, sul modello delle iniziative analoghe intraprese dagli USA con l’amministrazione Obama, è diventato il primo paese europeo a palesare l’intenzione di stabilire una piattaforma normativa e giuridica necessaria per un’attività commerciale mineraria nello spazio esterno. Oltre alla DSI, sono in corso trattative per instaurare analoghi accordi anche con altre aziende, Planetary Resources inclusa. L’industria mineraria sarà soprattutto all’inizio il motore dell’economia spaziale, che si arricchirà gradualmente del settore manifatturiero, a cui la stampa 3D darà un grosso impulso, e di quello commerciale. Automazione, generazione dell’energia dall’irraggiamento solare e accumulo con sistemi efficienti e vantaggiosi, sistemi di supporto vitale spianeranno la strada ai primi operatori umani nello spazio. La gestione e la riallocazione dei beni sarà centrale nel funzionamento del sistema. Prima o poi la via per lo spazio ci riporterà anche sulla Luna. Già con la tecnologia attuale sarebbe possibile installare una colonia operativa a partire dal 2022, sfruttando veicoli automatici e servizi igienici auto-riciclanti che contribuirebbero a contenerne i costi intorno ai 10 miliardi di dollari, distillando acqua potabile dalle riserve lunari di ghiaccio e coltivando frutta e vegetali nelle serre idroponiche. Purtroppo l’amministrazione federale americana ha posticipato a data da destinarsi la creazione di una base lunare, ma l’intero budget annuale della NASA (19,3 miliardi di dollari), pur risicatissimo, sarebbe sufficiente ad affrontare l’impresa, specie di fronte a un programma per forza di cose pluriennale. Giapponesi e russi, dal canto loro, si prefiggono di impiantare le loro installazioni nell’arco del prossimo decennio. Così, mentre il pubblico decide sul da farsi, i privati sgomitano per aggiudicarsi le prossime tappe. Al suo quinto tentativo, lo scorso aprile la SpaceX di Musk ha testato con successo il suo prototipo di razzo vettore riutilizzabile Falcon 9, lanciando da Cape Canaveral la capsula Dragon verso la Stazione Spaziale Internazionale con il suo carico di scorte, hardware ed

Page 33: Dove stiamo volando · 2016. 7. 19. · Lo scrittore William Gibson, autore di Neuromante (1984), il romanzo che ha segnato l’inizio della corrente cyberpunk e con esso uno spartiacque

33 The High Frontier e la prossima era spaziale

esperimenti scientifici per l’equipaggio, e riportando quindi in superficie il primo stadio, attraverso una manovra perfettamente riuscita, fino all’atterraggio verticale su una nave-drone che incrociava al largo della Florida. Ma Musk non si accontenta degli accordi in essere con la NASA per il trasporto di merci e presto anche di equipaggi umani tra la superficie e la ISS. Tra la fine di quest’anno e il 2017 la SpaceX testerà il Falcon Heavy, il nuovo vettore in grado di trasportare 54.400 kg di carico utile in orbita terrestre bassa e 22.200 kg in orbita di trasferimento geostazionario: una volta entrato in servizio sarà il razzo più potente in attività, secondo solo al Saturn V dismesso nel 1973. Il lanciatore sarà un suggello sulle ambizioni mai nascoste di Musk, che si prefigge di portare presto l’uomo su Marte. Il suo obiettivo, dichiarato fin dalla creazione di SpaceX, è la creazione di una colonia permanente sul pianeta rosso, e da qualche tempo a questa parte ha cominciato a rivelarci i dettagli per raggiungere questo traguardo. Nel 2018 la compagnia prevede di lanciare la sua prima missione automatica verso Marte, ripetendosi a intervalli di due anni per sfruttare le finestre di massima vicinanza orbitale con la Terra. Questi lanci trasporteranno materiali per la futura colonia umana e saranno inoltre usati per testare la navigazione interplanetaria e l’atterraggio in sicurezza sulla superficie marziana. I rover e gli equipaggiamenti per gli esperimenti scientifici precederanno nei lanci l’invio dei primi veri pionieri umani. La NASA, che inizialmente prevedeva di mandare i suoi astronauti sul pianeta rosso nel corso del decennio 2030, si è detta disponibile a prestare tutto il supporto tecnico necessario alla SpaceX, ma non potrà contribuire finanziariamente alle missioni. Sebbene 25 delle 43 spedizioni lanciate verso Marte siano fallite, i successi recenti – quasi sempre riusciti al di là delle migliori previsioni iniziali – delle missioni Spirit e Opportunity (2004) e successivamente Curiosity (2011) hanno contribuito a rinsaldare il nodo che ci lega al pianeta rosso. La capsula Dragon della SpaceX, se mai raggiungerà Marte, sarà di gran lunga l’oggetto più grande lanciato dall’uomo ad atterrare sulla sua superficie. Aperta una rotta commerciale per il trasporto di materiali, nel 2022 Musk si prefigge di lanciare il cosiddetto Mars Colonial Transport, inteso a trasferire il necessario per l’installazione della colonia marziana, o meglio “l’architettura che ci consentirà di creare una città autosufficiente su Marte con l’obiettivo di renderci una specie multiplanetaria e una civiltà spaziale a tutti gli effetti, per arrivare un giorno tra le stelle”. Nel 2024 potrebbe partire la prima missione con equipaggio umano, con arrivo previsto nel 2025. Non sarà semplice, ammette lo stesso Musk, e sarà molto rischioso. Potrebbe costare la vita ai primi pionieri, ma non c’è dubbio che ci sarà una grande richiesta da parte di gente audace e coraggiosa a prendere parte alla spedizione. Solo col tempo i viaggi verso Marte diventeranno sicuri e confortevoli. “Ma ciò accadrà non prima di molti anni”. Per arrivare a una colonizzazione permanente del pianeta rosso serviranno, soprattutto all’inizio, molti lanci e sacrifici. Musk stima che si dovrà partire con almeno 80.000 pionieri, solo per gettare le basi di una società in grado di autosostenersi. “Saranno necessarie milioni di persone per una colonia su Marte, per cui 80.000 è soltanto il numero di persone inviate su Marte ogni anno. So bene che può sembrare una follia. Non sono diventato pazzo, e nemmeno credo che la SpaceX possa fare tutto questo da sola. Ma se l’umanità spera di diventare una specie multi-planetaria, dobbiamo trovare un modo per spostare milioni di persone su Marte”. Come conta di farlo? Con i suoi razzi e con l’impegno dei paesi avanzati, considerando una cifra di 500 mila dollari per ogni persona che prenderà parte al programma di colonizzazione. Musk non è l’unico ossessionato da Marte. Il miliardario e imprenditore americano Dennis Tito, già turista spaziale nel 2001 per la modica cifra di 20 milioni di dollari versati nelle disastrate casse dell’agenzia spaziale federale russa, per un certo periodo ha sostenuto attraverso la sua Inspiration Mars Foundation di voler lanciare la prima missione umana su

Page 34: Dove stiamo volando · 2016. 7. 19. · Lo scrittore William Gibson, autore di Neuromante (1984), il romanzo che ha segnato l’inizio della corrente cyberpunk e con esso uno spartiacque

34 Dove stiamo volando

Marte nel 2018 o al più tardi nel 2021, ma il mancato coinvolgimento della NASA ha causato uno stallo nel programma annunciato. Ad oggi i piani futuri della fondazione risultano non chiari, ma il successo di film come Sopravvissuto – The Martian di Ridley Scott (600 milioni di dollari incassati in tutto il mondo) testimonia di un interesse sempre vivo dell’uomo comune per il vecchio pianeta rosso. E forse ha visto giusto Alessandro Vietti con il suo Real Mars, di recente pubblicazione, che inscena una missione marziana congegnata come un reality show per soddisfare la curiosità voyeristica degli spettatori e racimolare attraverso le inserzioni pubblicitarie i fondi necessari a finanziare la spedizione. Per l’impresa della colonizzazione umana, oltre a classici assoluti come Cronache marziane di Ray Bradbury o Noi marziani di Philip K. Dick, vi rimando a Uomo più di Frederik Pohl, storia del primo uomo trasformato dalla chirurgia in un cyborg per sopravvivere tra le ostili sabbie marziane; o alla trilogia marziana di Kim Stanley Robinson, che a partire da Il Rosso di Marte tratteggia l’epopea futura dell’uomo alle prese con le difficoltà legate alla colonizzazione e alla terraformazione del pianeta rosso, aspetti non secondari nella fondazione di una società marziana: l’utopia sognata dalla comunità scientifica stanziata su Marte, già molto frammentata al suo interno, si scontra con le insidie delle corporazioni transnazionali, attirate guarda caso dalle sue ricchezze minerarie. Se la Luna, gli asteroidi e Marte rappresentano il nostro vicinato, il cortile da conoscere prima di spingersi appena al di là della strada, magari nel corteo di lune di Giove e Saturno che potrebbero ospitare primordiali indizi o addirittura tracce di vita, la vocazione spaziale dell’umanità non si pone limiti. Il 12 aprile scorso, in una conferenza stampa tenutasi a New York che ha sorpreso il mondo intero, Stephen Hawking ha ufficialmente dichiarato il proprio patrocinio e sostegno a quella che forse è a tutti gli effetti la più ambiziosa impresa spaziale tentata dall’umanità. Il Breakthrough Starshot è un progetto da 100 milioni di dollari lanciato dal miliardario russo Yuri Milner, fisico e imprenditore, a capo di un fondo d’investimenti che vanta tra gli altri partecipazioni in Facebook, Twitter e Spotify, già istitutore nel 2012 del Breakthrough Prize che in soli tre anni ha elargito qualcosa come 168 milioni di dollari a scienziati di ogni parte del mondo per le loro scoperte e ricerche su cosmologia, fisica delle particelle, computazione quantistica, scienze della vita e matematica. Tra i suoi sostenitori si conta lo stesso Mark Zuckerberg, CEO di Facebook, e i 100 milioni inizialmente stanziati coprono il lancio della ricerca e degli studi di fattibilità. L’obiettivo: sviluppare una intera flotta di micro-navi a vela solare capaci di coprire la distanza di 4,37 anni-luce che ci separa da Alfa Centauri (la stella più vicina al Sole) al 20% della velocità della luce. A capo del progetto è stato nominato Pete Worden, già direttore dell’Ames Research Center, il centro di ricerca della NASA dedicato alle tecnologie spaziali, l’esobiologia, l’esplorazione robotica e i sistemi di controllo intelligenti adattativi. Si stima che il suo costo finale possa aggirarsi tra i 5 e i 10 miliardi di dollari e che Breakthrough Starshot possa essere operativo con il lancio del primo veicolo nel giro di 20 anni. Ma se lo sviluppo e il collaudo delle tecnologie richieste dalla missione costeranno probabilmente quanto i maggiori esperimenti scientifici attualmente in corso, è anche vero che a regime le successive missioni saranno molto meno dispendiose grazie ai benefici dell’economia di scala. “Il limite con cui ci misuriamo è il grande vuoto che ci separa dalle stelle, ma adesso possiamo superarlo” ha dichiarato Hawking. “Usando raggi laser, vele solari e la più piccola navicella spaziale mai costruita, saremo in grado di lanciare una missione per Alfa Centauri nel giro di una generazione. Oggi ci impegniamo in questo che sarà il prossimo grande salto nel cosmo. Perché siamo umani, e volare è la nostra natura”. Le micro-navi consisteranno di una capsula di pochi centimetri contenente un processore integrato con fotocamera, sistema di comunicazione a impulsi laser e un generatore

Page 35: Dove stiamo volando · 2016. 7. 19. · Lo scrittore William Gibson, autore di Neuromante (1984), il romanzo che ha segnato l’inizio della corrente cyberpunk e con esso uno spartiacque

35 The High Frontier e la prossima era spaziale

termoelettrico a radioisotopi di plutonio, agganciata a una sottilissima vela solare ultraleggera di 4 metri per 4. Il peso complessivo della navicella sarà di pochi grammi. Un migliaio di queste micro-navi verranno lanciate a bordo di una nave-madre che, raggiunta l’orbita terrestre, provvederà a dislocarle una alla volta. Degli illuminatori laser installati a terra si occuperanno quindi di concentrare i loro raggi laser da 1 TJ sulle vele dispiegate per accelerare i velivoli fino alla velocità prevista entro 10 minuti (per capirci, l’energia rilasciata dalla bomba atomica esplosa a Hiroshima fu di 63 TJ). Il progetto prevede anche come obiettivo secondario l’esplorazione del sistema solare a caccia di asteroidi geosecanti, la cui orbita interseca quella della Terra, ma lo scopo primario resta il raggiungimento del sistema stellare più vicino alla Terra al termine di un viaggio della durata compresa tra 20 e 30 anni. Giunte a destinazione, le sonde automatiche dovranno ispezionare il sistema di Alfa Centauri e, nel caso rilevino la presenza di pianeti nella fascia abitabile intorno alle tre stelle del sistema, incrociare a circa un’unità astronomica di distanza (vale a dire 150 milioni di chilometri, la distanza media della Terra dal Sole) per raccogliere immagini sufficientemente nitide delle loro caratteristiche di superficie. Starshot pone una sfida sia alla capacità di miniaturizzazione dei componenti sia alla resistenza dei materiali usati, che dovranno reggere alle sollecitazioni di un’accelerazione violenta, oltre alle condizioni di vuoto e freddo dello spazio interstellare, e agli urti dei protoni e della polvere spaziale con la capsula e la vela. Anche se Milner ci tiene a precisare che la missione “si basa su tecnologie già disponibili o potenzialmente disponibili al massimo nel futuro immediato”, è stato stimato che almeno una dozzina delle tecnologie coinvolte dovranno essere migliorate di diversi ordini di grandezza perché le micro-navi possano essere lanciate con successo. La data dell’annuncio non è stata casuale: Milner, che è stato battezzato Yuri in onore di Gagarin, ha voluto scegliere la ricorrenza del 55° anniversario del primo volo umano nello spazio, oltre che del 35° anniversario del primo lancio di uno shuttle da parte della NASA. La collaborazione di Hawking con Milner prosegue l’iniziativa di Breakthrough Listen annunciata nel luglio 2015: un investimento iniziale di altri 100 milioni di dollari per sostenere la ricerca di vita extraterrestre nello spazio, monitorando nel corso dei prossimi 10 anni un milione di stelle nella sola Via Lattea e le cento galassie più vicine alla ricerca di segnali di intelligenza. Le rotte interstellari che seguiranno le micro-navi di Starshot sono già state battute da tanta ottima fantascienza degli ultimi anni. L’epicentro di questi scenari realistici della futura società umana (anzi, post-umana) nello spazio è stato forse il romanzo del 1985 La matrice spezzata di Bruce Sterling, con il suo complesso affresco delle fazioni impegnate nella ricerca, nella politica e nel commercio sullo sfondo di un sistema solare colonizzato da decine di milioni di umani nati e cresciuti in habitat spaziali. Sulla scia di Sterling, l’ex-scienziato dell’ESA Alastair Reynolds ha costruito uno dei migliori cicli degli ultimi anni, il Revelation Space, composto da diversi romanzi e racconti tra i quali ricordiamo Rivelazione, Redemption Ark e Absolution Gap, collegati l’uno all’altro da più o meno stretti vincoli di continuity: fazioni post-umane coesistono con sfuggenti civiltà aliene, mentre una guerra fredda di proporzioni interstellari si consuma dietro le quinte e la minaccia di annichilamenti planetari e genocidi è mascherata dai normali traffici commerciali e silenziata dalle distanze siderali che separano gli avamposti umani. Malgrado l’avanzatissimo livello di progresso tecnologico raggiunto dalle sue società future, Reynolds tende a connotarle con la stessa ambiguità che contraddistingue le società umane attuali, insidiate dalla corruzione anche quando sembrano sorrette dal più nobile degli intenti. Richard K. Morgan immagina che i viaggi da un pianeta all’altro possano diventare un giorno molto più semplici, trasferendo semplicemente le coscienze codificate dei viaggiatori,

Page 36: Dove stiamo volando · 2016. 7. 19. · Lo scrittore William Gibson, autore di Neuromante (1984), il romanzo che ha segnato l’inizio della corrente cyberpunk e con esso uno spartiacque

36 Dove stiamo volando

come accade al suo Takeshi Kovacs, protagonista della trilogia Bay City, Angeli spezzati, Il ritorno delle furie, in bilico ovunque vada tra idealismo politico e dilemmi bio-etici in una società futura che non ha ancora risolto i propri conflitti interni. In Diaspora Greg Egan ipotizza a sua volta che a essere trasmesse possano essere intere società “virtualizzate”, in viaggio tra le stelle per assolvere ai propri scopi scientifici. In effetti, se una cosa appare chiara è che la vita tra le stelle, o anche solo in habitat artificiali nel nostro sistema solare, richiederà una ridefinizione del concetto di umanità, che porti necessariamente al suo ampliamento in termini inclusivi: i nostri discendenti potranno essere molto diversi da noi, cambiati dalle condizioni di vita in un ambiente ostile che non perdona e che imporrà prima di tutto una rivoluzione culturale, come suggerito da China Miéville in Embassytown. Che il futuro della specie umana non possa essere separato dalla sua espansione nello spazio è un’idea che ha ricevuto una formulazione teorica nel 1964, praticamente agli albori della prima era spaziale dell’umanità (il lancio dello Sputnik risale al 1957, il primo volo spaziale di Yuri Gagarin al 1961, l’allunaggio al 1969). Ne dobbiamo il merito all’astronomo sovietico Nikolai Kardashev, che propose un metodo per quantificare il livello di avanzamento tecnologico di una civiltà basato sulla quantità di energia che una specie è in grado di utilizzare per le comunicazioni. Se vogliamo si tratta di un’estensione della legge di White, dal nome dell’antropologo americano Leslie White, che già nel 1943 aveva osservato che “una cultura evolve di pari passo all’incremento dell’energia che riesce a sfruttare, ovvero all’efficienza degli strumenti usati per convertire in lavoro questa energia”. Con sorprendente lungimiranza Kardashev inserì nell’equazione un fattore che col tempo si è rivelato cruciale, ovvero la comunicazione. Questa classificazione, che dal suo nome è stata battezzata scala di Kardashev, si sviluppa in una progressione esponenziale attraverso tre nodi di transizione: dal Tipo 0 al Tipo I, non appena una civiltà raggiunge riesce a impiegare per i suoi scopi tutta l’energia che il pianeta su cui è ubicata riceve dalla sua stella; dal Tipo I al Tipo II, quando diventa in grado di utilizzare tutta l’energia liberata dalla stella (attraverso strutture di macroingegneria cosmica, come anelli orbitali o sfere di Dyson); e dal Tipo II al Tipo III, nel momento in cui una civiltà raggiunge un livello tale da essere in grado di gestire tutta l’energia di un’intera galassia). Secondo le stime di Carl Sagan, illustre astronomo e divulgatore, fondatore del programma SETI per la ricerca di vita intelligente nell’universo, il livello di progresso dell’umanità nel 1973 corrispondeva a una civiltà di tipo 0.7 (calcolato a partire dalla stima di 10 TW consumati complessivamente dalle nazioni terrestri in quegli anni); nel 2012 l’umanità è arrivata a consumare una potenza media di 17,54 TW, corrispondente a un livello di tipo 0, 724 sulla scala di Kardashev. Le proiezioni per il futuro ipotizzano il raggiungimento della prima soglia nell’arco dei prossimi due secoli, quando intorno al XXIII secolo l’umanità potrebbe diventare una civiltà di Tipo I, e già per quel momento l’uomo avrà ragionevolmente sviluppato una sua embrionale civiltà spaziale, benché ancora fortemente vincolata al pianeta-madre per la propria sussistenza. Dopo, chissà…

Page 37: Dove stiamo volando · 2016. 7. 19. · Lo scrittore William Gibson, autore di Neuromante (1984), il romanzo che ha segnato l’inizio della corrente cyberpunk e con esso uno spartiacque

37 The High Frontier e la prossima era spaziale

Fig. 12. Sviluppo e previsioni nell’avanzamento tecnologico dell’umanità (fonte: Wikipedia). Magari là fuori ci sono già delle civiltà superiori in ascolto. Nell’ottobre 2015 la scoperta di un andamento “innaturale” nelle oscillazioni luminose di una stella nella costellazione del Cigno (KIC 8462852), distante 1480 anni-luce dalla Terra, misurate dal telescopio spaziale Kepler dedicato all’identificazione di pianeti extraterrestri, ha indotto alcuni scienziati a ipotizzare la presenza di una megastruttura orbitante intorno alla stella, forse addirittura una sfera di Dyson. Al momento le osservazioni proseguono, per confermare o smentire quello che forse è stato fino ad oggi l’annuncio più vicino alla scoperta di un’altra civiltà intelligente fuori dal sistema solare. È così che l’impresa stessa della conquista spaziale tende a configurarsi implicitamente come un motore per i nostri sogni e le nostre ambizioni, perfino in termini politici. Perché, come fa notare Alastair Reynolds, la sola idea di costruire una nave da lanciare verso un’altra stella (come accade in due romanzi purtroppo ancora inediti in italiano, Learning the World di Ken MacLeod e Aurora di Kim Stanley Robinson) presuppone uno sforzo idealistico non banale: la condizione che i popoli della Terra possano trovare un accordo per sospendere le loro rivalità reciproche, mettere da parte per una volta la ricerca disperata del profitto a tutti i costi e del vantaggio sul prossimo, e impegnarsi congiuntamente in uno sforzo comune, su un progetto condiviso che per riuscire richiederà un impegno incondizionato da parte di tutti. La conquista dello spazio sarà davvero il più grande esperimento scientifico mai tentato dall’umanità e in quanto tale, come suggerisce anche Iain M. Banks nel suo acclamato ciclo della Cultura (purtroppo arrivato in Italia incompleto, ma citiamo almeno due dei titoli tradotti: Pensa a Fleba e Volgi lo sguardo al vento), possiamo considerarlo come un laboratorio a nostra disposizione per testare i nostri modelli ed elaborarne di nuovi, magari sempre più vicini al formato dell’utopia.

Page 38: Dove stiamo volando · 2016. 7. 19. · Lo scrittore William Gibson, autore di Neuromante (1984), il romanzo che ha segnato l’inizio della corrente cyberpunk e con esso uno spartiacque

38 Dove stiamo volando

Page 39: Dove stiamo volando · 2016. 7. 19. · Lo scrittore William Gibson, autore di Neuromante (1984), il romanzo che ha segnato l’inizio della corrente cyberpunk e con esso uno spartiacque

39

Conclusioni

Una nota di chiusura Per costruire un futuro migliore dobbiamo prima immaginarlo, ha detto qualcuno, ma vale anche il contrario: per costruire un futuro migliore, può essere utile immaginare i futuri peggiori, far detonare le contraddizioni del presente, e così facendo innescare un circolo virtuoso che spinga il lettore a interrogarsi e mettere criticamente in dubbio le certezze date per acquisite del presente. Non è quindi compito degli scrittori di fantascienza immaginare il futuro che ci aspetta, quanto piuttosto “storicizzare” una riflessione sul presente attraverso la prospettiva del futuro. La storia del genere lo dimostra, così come la storia dell’ultimo secolo testimonia i numerosi travasi di idee avvenuti tra immaginario, scienza, ricerca, filosofia e tecnologia, in un interscambio continuo di cui ha beneficiato l’umanità nel suo complesso. La prospettiva del futuro impone agli scrittori di fantascienza un grado di attendibilità in grado di preservare la credibilità e l’efficacia delle loro opere. E soprattutto, le regole della scrittura ci impongono di proporre scenari interessanti, intriganti, che sappiano catturare l’attenzione dei lettori. Abbiamo cercato di illustrare nel corso di questa veloce, sbrigativa e incompleta panoramica la complessità delle sfide che si pongono giorno dopo giorno nel nostro cammino dal presente al futuro. Siccome il futuro è un ambiente di lavoro condiviso, a tutti noi spetta adesso più che mai il diritto di rendere obsoleti gli immaginari costruiti dagli autori di fantascienza.

Riferimenti

Per approfondire Su Holonomikon (http://holonomikon.wordpress.com):

Cittadini dell’Infosfera #1: la crisi come opportunità (13 luglio 2014) Cittadini dell’Infosfera #2: un nuovo paradigma (14 luglio 2014) Dopo il capitalismo, alla fine dell’inverno di Kondrat’ev (23 febbraio 2015) La necessità di pensare in termini inclusivi (6 novembre 2014)

Su Robot (https://holonomikon.wordpress.com/2014/11/03/robot-72-sui-diritti-degli-esseri-artificiali/):

Verso una nuova cittadinanza: i diritti civili degli esseri artificiali, di Giovanni De Matteo e Salvatore Proietti (autunno 2014)

Su The Towner (http://www.thetowner.com/it/):

Nuovi Slum, Emmanuele Pilia (9 marzo 2016) Su Prismo (http://www.prismomag.com/):

Nell’Area X degli iperoggetti, Gianluca Didino (5 aprile 2016) Guida alla fantascienza degli anni 2000, Giovanni De Matteo (3 marzo 2016) Per un femminismo postumano, Alessia Peca (7 giugno 2016)

Page 40: Dove stiamo volando · 2016. 7. 19. · Lo scrittore William Gibson, autore di Neuromante (1984), il romanzo che ha segnato l’inizio della corrente cyberpunk e con esso uno spartiacque

40 Dove stiamo volando

Su Legambiente.it (http://www.legambiente.it/):

Profughi ambientali: cambiamento climatico e migrazioni forzate, Maurizio Gubbiotti, Tiziana Finelli, Elena Peruzzi (giugno 2012)

Su Italian Institute for the Future (http://www.instituteforthefuture.it/):

L’economia del mondo nel 2050 nel report dell’Economist Intelligence Unit, Nicola Sindaco (luglio 2015)

Il futuro del lavoro e la quarta rivoluzione industriale, Micol Forbice (febbraio 2016) Su World Economic Forum (https://www.weforum.org/):

The Future of Jobs (gennaio 2016) Su Treccani (http://www.treccani.it/):

Sviluppo urbano e aumento della popolazione, Giuseppe Dematteis Su YouTube (www.youtube.com):

How the Economic Machine Works, Ray Delio (30’59”) The last job on Earth: imagining a fully automated world, Guardian Animations

(2’52”) Andrew McAfee: What will future jobs look like? (14’25”)

Da leggere

Saggistica - Nick Bostrom, Existential Risk (2001-2002, disponibile on-line) - Yuval Noah Harari, Da animali a dèi: Breve storia dell’umanità (Bompiani, 2014) - Ray Kurzweil, La singolarità è vicina (Apogeo, 2008) - Jaron Lanier, Tu non sei un gadget (Mondadori, 2010) - Jaron Lanier, La dignità ai tempi di Internet. Per un’economia digitale equa (Il Saggiatore, 2014) - Robert Levin, The Marginalization of Scarcity (1999, disponibile on-line) - Paul Mason, Postcapitalismo. Una guida al nostro futuro (Il Saggiatore, 2016) - Jeremy Rifkin, La fine del lavoro: Il declino della forza lavoro globale e l'avvento dell'era post-mercato (Mondadori, 2014) - Jeremy Rifkin, Economia all'idrogeno. La creazione del Worldwide Energy Web e la redistribuzione del potere sulla terra (Mondadori, 2003) - Jeremy Rifkin, La terza rivoluzione industriale. Come il «potere laterale» sta trasformando l'energia, l'economia e il mondo (Mondadori, 2012) - Jeremy Rifkin, La società a costo marginale zero: L'Internet delle cose, l'ascesa del Commons collaborativo e l'eclissi del capitalismo (Mondadori, 2014) - Stefano Rodotà, Il diritto di avere diritti (Editori Laterza, 2015) - Vernor Vinge, The Coming Technological Singularity: How to Survive in the Post-Human Era (1993, disponibile on-line) - Vernor Vinge, What If the Singularity Does NOT Happen (2008, disponibile on-line)

Narrativa - Iain M. Banks, Pensa a Fleba (Fanucci, 2002) - Iain M. Banks, Volgi lo sguardo al vento (Fanucci, 2004)

Page 41: Dove stiamo volando · 2016. 7. 19. · Lo scrittore William Gibson, autore di Neuromante (1984), il romanzo che ha segnato l’inizio della corrente cyberpunk e con esso uno spartiacque

41 Riferimenti

- Ray Bradbury, Cronache marziane (Mondadori, 2016) - Richard Calder, Virus Ginoide (Nord, 1998) - Vittorio Catani, Il Quinto principio (Meridiano Zero, 2015) - Ted Chiang, Il ciclo di vita degli oggetti software (Delos Books, 2011) - Philip K. Dick, Ma gli androidi sognano pecore elettriche? (Fanucci, 2014) - Philip K. Dick, Noi marziani (Fanucci, 2013) - Cory Doctorow, Little Brother (Multiplayer, 2015) - Cory Doctorow, Homeland (Multiplayer, 2015) - Jacek Dukaj, La cattedrale (Voland, 2012) - Greg Egan, Axiomatic (Urania Mondadori, 2003) - Greg Egan, Diaspora (Urania Mondadori, 2003) - Greg Egan, Distress (Urania Mondadori, 2002) - Greg Egan, Luminous, (Urania Mondadori, 2001) - Greg Egan, Permutation City (Shake Edizioni, 1998) - Greg Egan, Singleton in A.A.V.V., Lo scudo di Marte (Urania Mondadori, 2006) - William Gibson, Neuromante (Mondadori, 2003) - William Gibson, La notte che bruciammo Chrome (Mondadori, 2014) - William Gibson, L’accademia dei sogni (Mondadori, 2005) - Richard Harris, L’indice della paura (Mondadori, 2012) - M. John Harrison, Luce dell’universo (Urania Mondadori, 2006) - Kazuo Ishiguro, Non lasciarmi (Einaudi, 2007) - Ken MacLeod, Il piano clandestino (Fanucci, 2005) - Ken MacLeod, La Divisione Cassini (Fanucci, 2001) - Michael Marshall Smith, Ricambi (Garzanti, 2004) - Ian McDonald, Il circo dei gatti di Vishnu (Delos Books, 2011) - Ian McDonald, Il fiume degli dei (Urania Mondadori, 2014) - China Miéville, La città & la città (Fanucci, 2011) - China Miéville, Embassytown (Fanucci, 2016) - Richard K. Morgan, Bay City (Nord, 2004) - Richard K. Morgan, Angeli spezzati (Nord, 2005) - Richard K. Morgan, Il ritorno delle furie (Nord, 2008) - Frederik Pohl, Uomo più (Nord, 1977) - Alastair Reynolds, Rivelazione /1 (Urania Mondadori, 2009) - Alastair Reynolds, Rivelazione /2 (Urania Mondadori, 2009) - Alastair Reynolds, Redemption Ark (Urania Mondadori, 2014) - Alastair Reynolds, Absolution Gap (Urania Mondadori, 2015) - Kim Stanley Robinson, Il rosso di Marte (Fanucci, 2016) - Robert J. Sawyer, WWW 1: Risveglio (Urania Mondadori, 2011) - Robert J. Sawyer, WWW 2: In guardia (Urania Mondadori, 2012) - Robert J. Sawyer, WWW 3: La Mente (Urania Mondadori, 2013) - Bruce Sterling, La matrice spezzata (Mondadori, 2006) - Charles Stross, Accelerando (Armenia, 2007) - Charles Stross, L’alba del disastro (Armenia, 2008) - Alessandro Vietti, Real Mars (Zona 42, 2016) - Vernor Vinge, Alla fine dell’arcobaleno (Urania Mondadori, 2011) - Vernor Vinge, Universo incostante (Nord, 2007) - Peter Watts, Stelle di mare (Fanucci, 2001) - Walter Jon Williams, L’era del flagello (Delos Books, 2004)

Page 42: Dove stiamo volando · 2016. 7. 19. · Lo scrittore William Gibson, autore di Neuromante (1984), il romanzo che ha segnato l’inizio della corrente cyberpunk e con esso uno spartiacque

42 Dove stiamo volando

Today, we commit to this next great leap into the cosmos. Because we are human, and our nature is to fly.

– Stephen Hawking