1 SUOLO E ACQUA
1.1 Il suolo come sistema eterogeneo polifasico disperso
Il suolo è un sistema eterogeneo, polifasico, particellare e disperso all’interno
del quale la superficie specifica può essere molto estesa. La natura dispersa del
suolo e la sua conseguente attività “interfacciale” dà origine a numerosi
fenomeni come l’adsorbimento di acqua e di sostanze chimiche, lo scambio di
ioni, l’adesione, l’imbibizione, la dispersione, la flocculazione e la capillarità.
Le tre fasi solitamente sono rappresentate nel suolo come segue: i grani del
terreno costituiscono la fase solida, più comunemente definita come matrice
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solida; la fase liquida, data dall’acqua del suolo e dalle sostanze in essa disciolte,
è detta soluzione del terreno; infine la fase gassosa, rappresentata dall’aria che
riempie i vuoti del terreno.
La matrice solida del suolo include particelle la cui composizione chimica e
mineralogica varia, come varia anche la loro dimensione, la forma e
l’orientamento. L’organizzazione delle componenti solide del suolo determina le
caratteristiche geometriche dei vuoti, all’interno dei quali l’acqua e l’aria sono
trasmesse e trattenute. In definitiva, la presenza dell’acqua e dell’aria nel suolo
varia continuamente, sia in relazione al tempo che allo spazio.
1.1.1 Il profilo verticale della distribuzione dell’acqua nel terreno
Il contenuto d’acqua del terreno può variare dal valore massimo raggiungibile θs
(di saturazione) fino al valore minimo θr (contenuto d’acqua residuo). Entrambi
sono parametri caratteristici del terreno.
Il profilo verticale del terreno è raramente uniforme con la profondità e in
genere consiste in livelli o strati, più o meno distinti. Lo strato più superficiale,
che di norma è la sede di attività biologica vegetale ed animale, è denominata
zona di evapotraspirazione: qui infatti hanno luogo i fenomeni evapotraspirativi,
che provvedono a riconvogliare in atmosfera parte dell’acqua meteorica. In
questa zona l’acqua è presente come contenuto naturale (umidità del terreno),
variabile, in termini di quantità, dalla saturazione (θ = θs) al massimo del deficit
di umidità (θ = θr).
Al di sotto di tale prima zona, segue la seconda, detta zona di aerazione, o anche
zona insatura, in quanto in essa vi è la coesistenza di aria e di acqua in quantità
tali da non saturare il terreno. Qui il movimento dell’acqua è a componente
essenzialmente verticale (percolazione).
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Immediatamente al di sotto, ossia a partire dalla superficie libera dell’acqua
accumulata al di sopra del substrato impermeabile, è presente la zona satura,
dove l’acqua riempie tutti i pori intercomunicanti del terreno e fluisce, secondo
la legge di Darcy, con un movimento con componenti essenzialmente orizzontali
(filtrazione).
Al contatto tra la zona satura e la zona insatura, troviamo la frangia capillare. Qui
fenomeni di capillarità determinano la risalita dell’acqua lungo i canalicoli
formati dalla successione dei pori: l’altezza di risalita è differente in funzione
della diversa dimensione dei canalicoli; minore è la dimensione caratteristica dei
capillari, maggiore è l’altezza di risalita dell’acqua.
Se sul suolo affiorano formazioni permeabili, l’acqua si infiltra nel terreno e
procede fino a incontrare strati impermeabili costituiti da materiale a grana
molto fine (limo, argille) o da formazioni rocciose non fratturate.
La figura 1.1 schematizza la distribuzione verticale dell’acqua del terreno.
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Figura 1.1 – Distribuzione verticale dell’acqua nel terreno
1.1.2 I principali parametri del terreno
Definiamo alcuni parametri che risultano essere utili nella caratterizzazione delle
condizioni fisiche del suolo.
Granulometria
La granulometria permette, innanzi tutto, la caratterizzazione di un terreno in
funzione della dimensione dei granuli che lo compongono.
Viene eseguita in laboratorio pesando il materiale trattenuto da ciascun setaccio
(a maglia nota) di una pila, nel primo della quale si è posta una quantità pesata
di materiale essiccato. I risultati ottenuti vengono riportati sulla "curva
cumulativa" che mette, in diagramma semilogaritmico, in ascissa (in scala
logaritmica) il diametro dei grani definito dalle maglie di ciascun setaccio e in
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ordinata (lineare) i pesi passanti cumulati, espressi in percentuale rispetto al
peso totale del campione analizzato. Tale curva, rapportata alla terminologia
descritta in corrispondenza dell'asse delle ascisse, permette la classificazione
immediata del sedimento analizzato, così come la forma stessa permette di
evidenziare con chiarezza il grado di uniformità del sedimento.
La figura 1.2 riporta vari esempi di curve granulometriche.
Figura 1.2 ‐ Esempi di curve granulometriche
Si definisce "diametro caratteristico" (Dx) il valore del diametro letto sulla scala
delle ascisse, corrispondente alla percentuale in peso (x) scelta.
Il "diametro efficace" (D10) è il diametro caratteristico per il peso 10% .
L'uniformità di un sedimento è espressa numericamente dal "coefficiente di
uniformità" dato dal rapporto U = D60/D10. La granulometria si definisce
uniforme per U <2, variabile per U>2.
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La suddivisione del suolo nelle sue tre fasi
Siano: Ma la massa dell’aria, nella maggior parte dei casi trascurabile se
confrontata con le masse del solido e dell’acqua; Mw la massa dell’acqua; Ms la
massa del solido; Mt la massa totale. I volumi degli stessi componenti sono
indicati sul lato sinistro del diagramma di figura 1.3: V volume dell’aria, Va w
volume dell’acqua, V =V +Vf a w volume dei pori, Vs volume dei solidi e Vt il volume
totale del corpo solido rappresentativo.
Figura 1.3 ‐ Le tre fasi del suolo
Sulla base di questo diagramma, possiamo ora definire i termini che sono usati
generalmente per esprimere le relazioni quantitative dei tre elementi primari
che costituiscono il suolo.
Densità della parte solida ρs o peso specifico
che può assumere valori compresi tra 2.0 e 3.0 g/cm3
Densità complessiva secca (Dry bulk density) ρb o peso specifico apparente
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Compattezza
Si definisce compattezza il rapporto =
Più il peso specifico e quello apparente si avvicinano, più la roccia sarà compatta,
ovvero priva di vuoti, e un terreno completamente privo di vuoti avrà un grado
di compattezza pari ad 1. In genere però, tutti i suoli, hanno una certa
percentuale di vuoti, che vengono quantificati tramite la porosità.
Porosità totale
La porosità è una delle caratteristiche idrogeologiche principali dei terreni; la
porosità totale è definita come il rapporto percentuale tra il volume di tutti i
vuoti e il volume totale del terreno:
Questo è un coefficiente puramente geometrico.
La porosità è assai variabile in rapporto al numero, alle dimensioni, alla forma e
alla disposizione spaziale dei meati che la roccia contiene. L’origine di tali meati
è duplice: può essere primaria o secondaria, a seconda che gli interstizi si siano
generati durante o dopo i processi di litogenesi.
La porosità primaria comprende sia le cavità intercristalline, di degassazione,
ecc., delle rocce ignee, sia i meati di origine sedimentaria che permangono nella
roccia anche dopo l’intero processo di diagenesi e che fanno parte della
struttura e tessitura del terreno. Invece la porosità secondaria è tipica di terreni
che subiscono fessurazione, fratturazione, dissoluzione chimica, azione delle
variazioni termiche, erosione meccanica; tutti fenomeni che intervengono dopo
la formazione della roccia stessa.
Indice dei vuoti
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L’indice dei vuoti mette in relazione il volume dei pori con il volume dei solidi,
piuttosto che con il volume totale del suolo. Generalmente varia tra 0.3 e 2.0.
Tra coefficiente di porosità totale e indice dei vuoti esiste la relazione:
oppure
Porosità efficace
Non tutti i vuoti della roccia sono intercomunicanti tra di loro; per studiare le
caratteristiche idrogeologiche di un terreno spesso è importante la conoscenza
della quantità dei vuoti che può consentire la circolazione dell'acqua. Ciò si
ottiene attraverso la definizione della porosità efficace (o dinamica), data dalla
quantità dei vuoti interconnessi. Numericamente la porosità efficace si esprime
attraverso il rapporto:
La determinazione del volume dei vuoti interconnessi si fa per differenza tra il
peso di un campione precedentemente essiccato e quello costante raggiunto
dopo prolungata immersione.
Contenuto di aria nei pori
1.1.3 Permeabilità e saturazione
La permeabilità esprime l'attitudine di una roccia a lasciarsi attraversare
dall'acqua, sotto un gradiente idraulico. La filtrazione attraverso un mezzo
poroso comporta infatti una perdita di energia spesa dall'acqua per vincere gli
attriti con le particelle del mezzo. L'energia nasce dal carico idraulico imposto
alla partenza all'acqua che si mette in movimento. La perdita di energia si
traduce dunque in una diminuzione progressiva del carico idraulico misurabile
lungo tutto il percorso seguito dall'acqua nel suo moto di filtrazione.
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Le caratteristiche di permeabilità di una roccia sono determinate dal processo
litogenetico e dall’evoluzione che la roccia stessa subisce, essendo il tipo ed il
grado di porosità il fattore primo che conferisce permeabilità alla roccia stessa.
La permeabilità può essere definita "in piccolo" quando le stesse caratteristiche
di permeabilità riscontrate in un piccolo campione possono essere riferite ad
una più vasta zolla di terreno: è il caso di terreni definiti "permeabili per
porosità" ossia dotati di porosità efficace primaria. Si definisce invece "in
grande" quando essa sussiste solo se si considerano vaste zolle di terreno: è il
caso di terreni definiti "permeabili per fessurazione" o "permeabili per
carsismo", dotati di porosità efficace secondaria.
La permeabilità è altresì una caratteristica che può mutare nel tempo: essa può
essere "crescente" se la roccia è sottoposta a processi che incrementano nel
tempo la porosità dinamica (es. dissoluzione); può essere "decrescente" se si
verificano processi che tendono a diminuire nel tempo la porosità dinamica della
roccia (es. precipitazione di minerali o accumulo di detriti).
Diversi sono i fenomeni che regolano la presenza dell'acqua nel terreno e la
possibilità che essa possa migrare. Immaginando di osservare un singolo granello
a forte ingrandimento, si potrebbe constatare che le cavità presenti sulla sua
superficie ospitano un sottilissimo velo d'acqua che aderisce fortemente alle
pareti di tali cavità perché le molecole dell'acqua si comportano come dipoli che
sono fortemente attratti dalle molecole del grano (acqua igroscopica). Un
secondo velo d'acqua (acqua pellicolare), ugualmente attratto da forze
elettriche circonda poi, in maniera continua, il primo strato. Il complesso acqua
igroscopica ‐ acqua pellicolare può essere totalmente eliminato solo con
processo di calcinazione del campione di roccia.
Negli spazi isolati a dimensione capillare, tra grano e grano, l'acqua è presente
come acqua capillare, si muove secondo le leggi della capillarità e può venire
eliminata per centrifugazione. Questo tipo d'acqua è presente in spazi capillari
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isolati, costituendo con i primi due tipi visti il complesso di ritenzione, oppure in
spazi continui e comunicanti con la sede dell'acqua gravifica.
Negli spazi intergranulari, oltre la dimensione capillare, l'acqua presente è detta
acqua gravifica in quanto libera di muoversi sotto le leggi della gravità; essa può
dunque essere allontanata dal campione per semplice sgocciolatura.
Nella figura 1.4 è schematizzata la distribuzione dell'acqua nell'intorno dei
granuli costituenti una roccia.
Figura 1.4 ‐ Tipi di acqua nel terreno:a) acqua igroscopica; b)acqua pellicolare;
c) acqua capillare; d) acqua gravifica.
Il contenuto relativo di acqua del suolo può essere espresso in diversi modi: in
base alla massa dei solidi, alla massa totale e al volume dei pori.
Umidità di massa:
dove:
Pa = peso dell’acqua naturalmente contenuta in un campione di terreno
Ps = peso del campione essiccato
P = peso del campione
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Per determinare l’umidità di massa si possono usare metodi gravimetrici, oppure
misurare la resistività elettrica, che dipende sia dal contenuto di acqua che da
composizione, tessitura e concentrazione di sali solubili.
Umidità di volume:
in cui Γb è la densità specifica d’insieme.
L’umidità di volume (spesso definita contenuto d’acqua volumetrico o frazione
di volume dell’acqua del terreno) è generalmente calcolata come una
percentuale rispetto al volume totale del terreno. Nei terreni sabbiosi il valore di
θ a saturazione è dell’ordine del 40‐50% ed in terreni argillosi può raggiungere il
60%. In quest’ultimo caso, il volume relativo dell’acqua a saturazione può
eccedere la porosità del terreno asciutto, dal momento in cui i suoli argillosi
cominciano ad imbibirsi. L’uso di θ piuttosto che di w per esprimere il contenuto
di acqua è spesso più conveniente perché è più direttamente adattabile al
calcolo dei flussi e delle quantità sottratte al suolo dall’evapotraspirazione o dal
drenaggio.
Grado di saturazione:
L’indice S esprime il volume d’acqua presente nel suolo relativamente al volume
dei pori. Il range dell’indice S va da zero nel suolo asciutto, all’unità (o 100%) in
un suolo completamente saturo. In questo secondo caso la saturazione è uguale
alla porosità totale. Comunque, la saturazione completa si verifica raramente,
dato che una minima percentuale di aria è quasi sempre presente e può
rimanere intrappolata in pori chiusi anche in presenza di un suolo molto
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bagnato. Il grado di saturazione è generalmente espresso come funzione del
contenuto d’acqua θ, in relazione ai valori massimi e minimi θs e θr:
1.2 L’acqua nel suolo
L’acqua nel suolo può contenere energia in diverse quantità e forme. La fisica
classica riconosce due forme di energia: l’energia cinetica e quella potenziale.
Dato che le velocità nel terreno sono estremamente basse, l’energia cinetica è
considerata trascurabile. È quindi l’energia potenziale, che è legata alla posizione
o alle condizioni interne, che risulta essere di importanza primaria nella
determinazione dello stato e del moto dell’acqua nel suolo. Infatti l’acqua si
sposta da punti dove l’energia potenziale è maggiore a punti dove l’energia
potenziale è minore, al fine di equilibrare il sistema. La forza agente sull’acqua
nel suolo è uguale al gradiente negativo di potenziale (il segno negativo indica
che la forza agisce nella direzione di potenziale che diminuisce). E’ quindi
importante non tanto classificare le tipologie di acqua (igroscopica, capillare,
ecc.), ma misurare lo stato dell’energia potenziale, che risulta essere una
funzione continua dello spazio.
La figura 1.5 chiarisce meglio il comportamento dell’acqua nelle diverse
condizioni di potenziale. L’acqua nel suolo (al di sotto della linea piezometrica) si
trova ad un’energia potenziale maggiore di quella di riferimento in un eventuale
serbatoio confinante e quindi l’acqua tenderà a spostarsi verso il serbatoio. Se
invece il suolo è in maggioranza non saturo, il suolo drenerà acqua dal serbatoio.
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Figura 1.5
In condizioni di pressione idrostatica maggiore di quella atmosferica, il
potenziale dell’acqua del suolo è maggiore di quella dello stato di riferimento e
quindi può essere considerato positivo. In un suolo insaturo l’acqua è vincolata
dalla capillarità e dalla forza di assorbimento, quindi la sua energia è
generalmente negativa poiché la sua pressione idrostatica è minore di quella di
riferimento.
1.2.1 Il potenziale dell’acqua nel suolo
Il potenziale totale è definito come il “lavoro totale che deve essere fatto per
unità di quantità di acqua pura per trasportare reversibilmente e
isotermicamente una quantità infinitesima di acqua da un poro ad una specifica
quota e a pressione atmosferica a livello dell’acqua del suolo”; questa è
ovviamente una definizione assolutamente teorica.
Il potenziale totale è dato da:
con:
= potenziale totale; t
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g = potenziale gravitazionale dato dalla posizione della massa d’acqua
rispetto ad un piano di riferimento;
p = potenziale di pressione ψ (anche definito potenziale di matrice) che
caratterizza la tenacità con cui l’acqua del terreno (di ritenzione e
capillare) è trattenuta dalla matrice solida;
o = potenziale osmotico, che viene trascurato in quanto assume importanza
solo in casi particolari.
Quindi nello studio del moto dell’acqua nel suolo non saturo, le componenti
responsabili del moto sono principalmente il potenziale gravitazionale e il
potenziale di matrice. L’umidità e il potenziale di pressione sono legati da una
relazione, la cui rappresentazione grafica è detta curva caratteristica del terreno.
1.2.2 Il potenziale gravitazionale
Il potenziale gravitazionale dell’acqua nel suolo è determinato dall’elevazione
del punto relativamente ad un livello arbitrario di riferimento. Ad una quota z
l’energia potenziale gravitazionale Eg di una massa M di acqua che occupa un
volume V è:
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= g·z potenziale gravitazionale in termini di unità di massa g
g,v = ρw·g·z potenziale gravitazionale in termini di unità di volume
w = z potenziale gravitazionale in termini di unità di peso
1.2.3 Il potenziale di pressione
Quando l’acqua del terreno è ad una pressione maggiore di quella atmosferica, il
suo potenziale di pressione è considerato positivo, mentre quando è ad una
pressione più bassa (più precisamente definita come tensione o suzione) il
potenziale è considerato negativo.
Dunque avremo un potenziale di pressione positivo, detto potenziale sommerso,
quando l’acqua è al di sotto di una certa superficie libera (battente di altezza h),
un potenziale nullo se l’acqua è alla stessa quota di tale superficie, e infine un
potenziale negativo se l’acqua è al di sopra di quest’ultima ed è presente una
risalita capillare (figura 1.6).
La pressione relativa idrostatica P dell’acqua, con riferimento alla pressione
atmosferica, è definita dalla formula:
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dove h è l’altezza piezometrica, ovvero la profondità sotto il pelo libero, g
l’accelerazione gravitazionale, e ρ il peso specifico dell’acqua .
Figura 1.6 – Potenziale di pressione
L’energia potenziale di quest’acqua è:
Così che il potenziale sommerso, essendo definito come l’energia potenziale per
unità di volume sarà uguale alla pressione idrostatica, P:
Per unità di peso Φps è pari ad h.
Un potenziale di pressione negativo viene spesso definito come potenziale
capillare o più precisamente come potenziale di matrice (ψ). Questo risulta dalle
forze capillari e di adsorbimento dovute alla matrice solida, che attraggono e
trattengono l’acqua nel terreno e riducono la sua energia potenziale rispetto a
quella dell’acqua libera. La capillarità risulta dalla tensione della superficie
dell’acqua e dall’angolo di contatto con le particelle solide. In un sistema
insaturo, la legge di capillarità può essere scritta in questo modo:
Con P pressione atmosferica, convenzionalmente pari a zero, P0 c la pressione
dell’acqua del terreno, che come abbiamo visto può essere minore di quella
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atmosferica, ΔP il deficit di pressione dell’acqua stessa, γ la tensione superficiale
dell’acqua e R1 ed R2 i principali raggi di curvatura di un punto del menisco.
Tale legge non è sufficiente a spiegare il fenomeno di trattenimento d’acqua da
parte della matrice solida, poiché bisogna tenere conto anche di fenomeni di
adsorbimento, che provocano una sorta di idratazione delle particelle solide del
terreno. La presenza d’acqua sotto forma di film così come sotto forma di
menischi concavi, è molto importante nei terreni argillosi con alti valori di
tensione (particolarmente secchi), ed è influenzata dal doppio strato elettrico e
dagli eventuali ioni scambiabili presenti. Nei terreni sabbiosi prevalgono
decisamente gli effetti di capillarità, rispetto a quelli di adsorbimento. Poiché il
potenziale negativo risulta determinato da entrambi i contributi (che non
sempre sono così distinti), il termine potenziale di matrice, rispetto a quello di
potenziale capillare risulta più adeguato, poiché denota un effetto totale
risultante dall’affinità dell’acqua verso l’intera matrice di terreno, sia i pori, sia la
superficie stessa.
Un terreno insaturo presenta un potenziale di matrice, esprimibile solo in
termini di pressione negativa. Si può considerare l’intero profilo in termini di un
singolo continuo potenziale che si estende dalla regione satura a quella insatura,
sotto e sopra la superficie d’acqua.
Il potenziale di pressione può essere espresso in almeno tre modi:
• energia per unità di massa: spesso questa è considerata l’espressione
fondamentale del potenziale [L2T‐2];
• energia per unità di volume: c’è una diretta proporzione tra l’espressione
del potenziale come energia per unità di massa e la sua espressione come
energia per unità di volume. Quest’ultima ha le dimensioni della
pressione. [ML‐1T‐1]. Questo metodo di espressione si usa
convenzionalmente per la pressione potenziale e per quella osmotica ma
è raramente usato per il potenziale gravitazionale;
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• energia per unità di peso (carico idraulico): si può esprimere la pressione
idrostatica in termini di carico d’acqua, che è il peso di una colonna di
liquidi equivalente alla pressione data. E’ comune caratterizzare lo stato
d’acqua del terreno in termini di carico totale (potenziale totale), carico
gravitazionale (Hg) (potenziale gravitazionale) e carico di pressione (Hp)
(potenziale di pressione), espressi in cm:
H=H +Hg p
invece di φ=φ +φg p
1.2.4 La curva caratteristica del terreno
La curva caratteristica o curva di ritenzione idrica (SWRC = Soil Water Retention
Curve) definisce la relazione fra la suzione di matrice e una misura della quantità
di acqua presente nel terreno, che può essere opportunamente scelta fra:
‐ il contenuto d’acqua in peso:
‐ il contenuto di acqua in volume:
‐ il grado di saturazione:
La curva caratteristica (figura 1.7) è generalmente rappresentata in un piano
semilogaritmico, avente in ascissa il valore della suzione ψ e in ordinata il valore
della variabile di misura della quantità d’acqua nel terreno.
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Figura 1.7 ‐ Soil water retention curve
Al crescere della suzione si individuano tre differenti tratti della curva.
Nella prima parte (boundary effect zone), per i valori più bassi di suzione, il
terreno è saturo e un aumento di suzione non produce diminuzioni significative
del grado di saturazione. Il primo tratto della curva ha termine per un valore di
suzione detto air‐entry value (valore di entrata dell’aria) o blubbling pressure ed
è indicato con il simbolo ψa o anche (u – ua w)a. Infatti, se si applica ad un terreno
saturo una lieve tensione, per esempio una pressione leggermente inferiore a
quella atmosferica, non ci sarà deflusso fin quando, aumentando tale tensione,
non si supera il valore critico di entrata dell’aria, raggiunto il quale i pori più
grandi cominciano a svuotarsi.
Nella seconda parte, detta di transizione (transition zone), al crescere della
suzione la quantità d’acqua nel terreno si riduce sensibilmente e la fase liquida
diviene discontinua. Il graduale incremento della tensione produce infatti lo
svuotamento prima dei pori più grandi e poi di quelli di dimensioni sempre
minori, fin quando, raggiunti alti valori di suzione, solamente i pori più piccoli
riusciranno a trattenere acqua.
21
Nella terza parte infine, detta zona residua di non saturazione (residual zone of
unsaturation), a grandi incrementi di suzione corrispondono piccole riduzioni
della quantità d’acqua nel terreno. Il valore della suzione corrispondente al
passaggio dalla seconda alla terza parte della curva, ovvero alla quantità d’acqua
residua, è indicato con il simbolo ψ . r
È stato osservato che, indipendentemente dall’ampiezza delle tre zone, tutti i
terreni tendono ad un grado di saturazione nullo per valore di suzione pari a
circa 106 kPa.
La figura 1.8 riporta per diversi terreni, gli andamenti delle curve di ritenzione.
Figura 1.8 – Esempi di curve di ritenzione idrica per diversi suoli
L’ammontare dell’acqua trattenuta per valori relativamente bassi di suzione (tra
0 e 1 bar) dipende in primo luogo dall’effetto capillare e dalla distribuzione delle
dimensioni dei pori, e quindi è fortemente influenzato dalla struttura del suolo.
D’altro canto, il fenomeno di ritenzione, al crescere della tensione è legato in
misura maggiore a fenomeni di adsorbimento e viene ad essere influenzato
sempre meno dalla struttura e più dalla tessitura e dalla superficie specifica del
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suolo. La tessitura interessa la dimensione delle particelle nel suolo, mentre la
superficie specifica riguarda la disposizione ed organizzazione delle particelle del
suolo.
I terreni a grana grossa (sabbie e ghiaie), che hanno pori interconnessi e di
grandi dimensioni, sono caratterizzati da bassi valori di ψa e ψr, e da una curva
ripida nella zona di transizione. I terreni a grana fine (argille), le cui particelle
hanno elevata superficie specifica e quindi forti legami elettro‐chimici con le
molecole d’acqua, sono caratterizzati da alti valori della suzione di entrata
dell’aria, ψa, e da una minore pendenza della curva di ritenzione nella zona di
transizione. Inoltre, per i terreni argillosi, spesso non è definibile la quantità
d’acqua residua, e quindi il valore di ψr.
1.2.5 L’isteresi
La relazione tra il potenziale di matrice e l’umidità del terreno può essere
ottenuta secondo due modalità: la prima nella fase di inaridimento, prendendo
inizialmente un campione saturo e applicando suzioni crescenti al fine di
essiccare gradualmente il terreno; la seconda fase è quella di umidificazione e
consiste nell’umidificare un terreno inizialmente secco riducendo la suzione.
Ciascuno di questi due metodi permette di ottenere delle curve continue, ma tali
curve non saranno generalmente uguali tra loro.
Durante un processo di riduzione del contenuto di acqua dalle condizioni sature,
e quindi di aumento della suzione, il terreno segue una curva di ritenzione, detta
curva principale di essiccamento (main drying), diversa rispetto alla curva di
ritenzione che il terreno segue nel processo inverso di aumento del contenuto in
acqua, e quindi di riduzione della suzione. Quest’ultima curva, detta curva
principale di imbibizione (main wetting), non raggiunge la completa saturazione
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del terreno, perché una certa quantità di aria (residual air content) rimane
comunque intrappolata nei vuoti del terreno.
Questo fenomeno è detto isteresi, dal greco υστέρησις che vuol dire ritardo. E’
infatti la caratteristica di un sistema di reagire in ritardo alle sollecitazioni
applicate e in dipendenza dallo stato precedente. Si riscontra in molti fenomeni,
non solo fisici o chimici, ma anche economici.
L’isteresi delle curve caratteristiche è causata da diversi fenomeni tra cui (Hillel,
1982):
la disuniformità delle dimensioni dei singoli pori che dà luogo al
cosiddetto “effetto bottiglia di inchiostro”: quando l’acqua rientra in
canali molto stretti richiede un incremento locale di suzione. Nel suolo si
verifica un fenomeno di instabilità in cui l’interfaccia non può avanzare
fino a quando non viene riempito anche un meato vicino. L’equilibrio
viene raggiunto con un diverso valore di θ (figura 1.9a.);
le modalità con cui un menisco capillare raggiunge una condizione di
equilibrio: infatti, l’angolo di contatto all’interfase solido‐liquido è
maggiore quando il liquido avanza rispetto alla superficie solida in
relazione a quando invece recede (figura 1.9b); ciò comporta che, a parità
di contenuto d’acqua, per il maggiore raggio di curvatura raggiunto nel
processo di saturazione, la suzione è minore rispetto a quella che si
registra in fase di desaturazione;
Figura 1.9
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l’eventuale aria occlusa all’interno dei pori durante un processo di
saturazione può ridurre il contenuto d’acqua corrispondente ad una
assegnata suzione;
i fenomeni di rigonfiamento o di ritiro associati alle variazioni di suzione,
possono modificare la tessitura del terreno da cui dipende l’andamento
della curva caratteristica.
Le due curve di ritenzione principali delimitano il “dominio di isteresi” e
all’interno di questo, sono possibili tutti gli stati di drenaggio e imbibizione. I
percorsi da una all’altra delle curve principali (scanning curves) sono pressoché
reversibili (figura 1.10).
Figura 1.10 – Isteresi tra curve di drying e curve di wetting
25
1.3 Il moto dell’acqua nel suolo
Sia nel caso di precipitazioni atmosferiche sia nel caso di irrigazione, parte delle
entrate viene assorbita dal terreno, parte defluisce superficialmente. La stessa
acqua che penetra, più tardi si ripartisce tra la quantità che torna all’atmosfera
per evapotraspirazione e quella che fluisce verso il basso. Per infiltrazione si
intende il processo di entrata d’acqua nel suolo, generalmente a flusso
discendente, attraverso ogni parte della superficie. L’entità di tale processo,
relativa all’entità del fabbisogno d’acqua del suolo, determina quanta acqua
penetra fin nella zona delle radici e quanta, eventualmente, va a defluire sulla
superficie.
1.3.1 Il flusso nella zona insatura
L’infiltrazione in un suolo inizialmente insaturo avviene generalmente sotto
l’azione combinata della forza di gravità e del gradiente del potenziale di
pressione. Quando dell’acqua si infiltra in un terreno, lo strato superficiale si
inumidisce e passa ad un valore di tensione maggiore (minore in valore assoluto)
rispetto al valore dello strato sottostante ancora secco. Inizialmente il gradiente
del potenziale di matrice è nettamente superiore alla componente
gravitazionale; quando l’acqua penetra in profondità e la zona umida del terreno
si espande, il gradiente medio di tensione diminuisce, perché tra uno strato ed il
successivo la differenza di contenuto d’acqua va riducendosi. Questa tendenza
prosegue fin quando il gradiente tra due strati adiacenti non diventa trascurabile
e da questo momento rimane come unica forza la forza di gravità, con
conseguente movimento verso il basso del flusso d’acqua.
26
Questo fenomeno è spiegato quantitativamente dall’equazione di Darcy per un
flusso verticale con z, coordinata spaziale, positiva verso il basso e K, funzione
del grado di umidità θ o del potenziale di matrice ψ (K=K(ψ)):
dove:
q = flusso di infiltrazione per unità di area o velocità di infiltrazione [cm/h];
K(θ) = conducibilità idraulica, funzione dello strato di umidità del suolo stesso.
Tale funzione viene specificata secondo uno dei modelli di
rappresentazione del terreno [cm/h];
H = carico totale idraulico [cm];
Ψ = suzione (assunta negativa) [cm];
z = coordinata spaziale positiva verso il basso [cm];
θ = contenuto d’acqua del terreno, calcolato come volume di acqua per
volume di solido [cm3/cm3].
Tenendo presente che , l’espressione della velocità di infiltrazione
diventa:
Dall’analisi delle equazioni si evince che il flusso è diretto in senso contrario al
gradiente di ψ, cioè nel verso in cui ψ diminuisce (il valore assoluto aumenta),
più precisamente va da una zona più umida (strato superficiale) ad una più secca
(strato sottostante) per effetto della capillarità; quando il gradiente di ψ diventa
trascurabile rispetto al gradiente gravitazionale, tale flusso è comunque positivo
e vale K(θ), conducibilità idraulica.
27
Tenendo conto dell’equazione di continuità , si ottiene l’equazione
del flusso verticale in zona insatura:
=
Tale equazione può essere esplicitata sia rispetto a θ che rispetto a ψ, essendo
definito il legame θ‐ψ ed essendo definite le seguenti grandezze:
dove la grandezza C(θ), capacità specifica [L‐1] e D(θ), diffusività idraulica [L2T‐1],
sono funzioni esponenziali di θ.
Sostituendo la derivata di θ rispetto al tempo con il termine e la
derivata di ψ rispetto a z con il termine , si ottengono le seguenti
espressioni per l’equazione di Richards:
Riscrivendo in modo più compatto per una migliore leggibilità:
θ‐based
28
ψ‐based
mixed‐based
La predominanza di uno dei due fattori, gravitazionale o di pressione, dipende
essenzialmente dalle condizioni iniziali e al contorno e dallo stadio del processo
che consideriamo. Per esempio, se il terreno è inizialmente secco, il gradiente di
tensione sarà molto maggiore del gradiente gravitazionale e il flusso in direzione
verticale avverrà, ma rallentato (il tasso di infiltrazione in direzione orizzontale
sarà approssimativamente pari a quello verticale – infiltrazione “omogenea” in
ogni direzione). Se invece il terreno è sufficientemente umido all’inizio, il
gradiente di tensione iniziale risulta piccolo rispetto a quello gravitazionale, per
cui il flusso tende a divenire verticale più rapidamente.
1.3.2 Modelli di terreno
La risoluzione dell’equazione di Richards passa attraverso la determinazione di
due funzioni: quella che esprime la relazione tra potenziale di matrice e
contenuto d’acqua, e quella che esprime la relazione tra contenuto d’acqua e
conducibilità idraulica.
Per quanto riguarda la prima relazione sono stati formulati diversi modelli,
ognuno dei quali fa riferimento ad una legge specifica del contenuto d’acqua θ in
funzione della suzione ψ, e ad alcuni parametri caratteristici del terreno, in
genere legati alla distribuzione dei pori.
Per caratterizzare complessivamente il terreno non saturo è comunque
necessario conoscere la grandezza K(θ), essendo tale parametro una funzione
delle condizioni locali del mezzo (grado di umidità e caratteristiche locali del
mezzo).
29
Per sintetizzare la funzione di ritenzione idrica θ (ψ) nelle varie formulazioni è
spesso utilizzato il contenuto in acqua volumetrico normalizzato:
in cui θs è il contenuto in acqua volumetrico corrispondente al terreno saturo, e
θr è il contenuto in acqua volumetrico residuo.
Se si assume θr = 0, risulta Θ = Sr.
Le funzioni che esprimono il contenuto d’acqua in funzione di ψ, presenti in
letteratura, sono:
• Equazione di Brooks and Corey (1964):
per ψ < ψa
oppure:
per ψα >1
per ψα ≥ 1
• Equazione di Haverkamp et al. (1977):
per ψ < ‐1
per ψ ≥ ‐1
• Equazione di Van Genuchten (1980):
30
da cui:
per ψ < 0
per ψ ≥ 0
• Equazione di Fredlund e Xing (1994):
• Equazione di Brutsaert (1996):
per ψ < 0
per ψ ≥ 0
Per quanto riguarda le relazioni tra la funzione di conducibilità idraulica K e la
suzione ψ si hanno invece:
• Equazione di Brooks and Corey (1964, 1966):
31
per ψ < 0
per ψ ≥ 0
con
• Equazione di Haverkamp (1977):
per ψ < 0
per ψ ≥ 0
•
con θ funzione di ψ calcolato con un modello tra quelli descritti
precedentemente
• per ψ < 0
per ψ ≥ 0
•
• Equazione di Van Genuchten (1980):
per ψ < 0
per ψ ≥ 0
32
• Equazione di Fredlund e Xing (1994):
A, B, C sono parametri del modello
Una volta definite le relazioni θ‐ψ e K‐θ, è possibile individuare i parametri
utilizzati nell’equazione di Richards C(θ) e D(θ). Il primo viene calcolato con una
semplice derivazione della relazione θ‐ψ, il secondo come rapporto tra K(θ) e
C(θ).