Lo stress e il lavoro
d’equipe
Ver 0.1
OBIETTIVI DELLA LEZIONE
Cosa spinge il volontario ad “agire”: i bisogni e la motivazione del
soccorritore
Conoscere lo «stress»: cos’è? Quali conseguenze ha?
Che legame c’è fra stress e motivazioni? Quali sono le reazioni del
soccorritore?
Cos’è il burn out?
Imparare a difendersi dallo stress
L’importanza della squadra
Come la squadra può aiutare il singolo: il supporto fra pari
E’ alla base dell’agire del volontario
Le diverse motivazioni di ognuno di noi aiutano perciò a spiegare diversi
comportamenti, anche in situazioni analoghe e, soprattutto, le diversità di stati
d’animo e di reazioni emotive.
N.B.: è probabile che le mie motivazioni siano diverse da quelle degli altri!!!
Le motivazioni di ciascuno di noi dipendono dai valori, dalle esperienze, dalla
cultura, dai bisogni, dall’ambiente in cui si vive
LA MOTIVAZIONE
Le motivazioni possono essere raggruppate in quattro
categorie sulla base dei bisogni dell’individuo (tipo e
provenienza):
1 - egoistiche
2 - altruistiche
3 - interne / intrinseche
4 - esterne / estrinseche
LA MOTIVAZIONE
M. egoistiche (faccio qualcosa essenzialmente per me stesso, per
sentirmi realizzato, per dimostrare di essere capace a farlo, per mettermi
alla prova, per ottenere un riconoscimento ma anche un lavoro, per
imparare qualcosa di nuovo…);
Il soccorritore vede nell’attività di volontario essenzialmente una sfida con
se stesso
LA MOTIVAZIONE
M. altruistiche (faccio qualcosa per aiutare gli altri, per un senso di colpa
o semplicemente perché mi sento più fortunato, perché ho qualcosa da
poter offrire agli altri in termini di tempo, competenze, denaro, risorse…);
Il soccorritore vede nell’attività di volontariato un modo per mettersi a
disposizione degli altri
LA MOTIVAZIONE
M. interne o intrinseche (la spinta parte comunque da me, faccio qualcosa
perché voglio aiutare gli altri, perché ho bisogno di impegnare il mio
tempo, perché ricerco nuove esperienze, perché trovo un’attività
stimolante e gratificante…);
Il soccorritore sceglie l’attività di volontariato stimolato da se stesso, senza
condizionamenti esterni
LA MOTIVAZIONE
M. esterne o estrinseche (l’input arriva comunque dall’esterno, sono
attratto da un determinato ambiente, seguo un consiglio, vengo indotto
da un amico, ricerco un riconoscimento sociale o economico…).
Il soccorritore sceglie l’attività di volontariato condizionato dall’ambiente
esterno
LA MOTIVAZIONE
I quattro tipi di motivazioni possono essere tutti presenti nel momento in
cui una persona sceglie di diventare volontario di Croce Rossa
La preponderanza di motivazioni egoistiche ed esterne rende meno solido
il legame con l’attività di volontariato stessa
In particolare può rendere più difficile la sopportazione di situazioni di
tensione che possono nascere all ’ interno dell ’ organizzazione e di
momenti di stress,
LA MOTIVAZIONE
E’ la percezione che ognuno di noi ha sulla possibilità di controllare la
propria vita
INTERNO
Le mie azioni condizionano gli
eventi; ho pieno controllo sulla mia
vita
ESTERNO
Gli altri o il destino condizionano gli
eventi; non ho pieno controllo sulla
mia vita
Ognuno di noi ha un proprio LoC in cui predomina una delle due dimensioni Queste
possono incidere in maniera diversa: a seconda delle situazioni possiamo adottare
un comportamento più determinato o più arrendevole
LA MOTIVAZIONE
Il locus of control (Julian Rotter)
INTERNO ESTERNO
La Motivazione è più forte in chi ha un LoC interno e cerca di trovare da solo
soluzioni ai problemi senza affidarsi agli altri.
La prevalenza di un LoC esterno invece porta ad un’inferiore capacità di
controllare gli eventi e di affrontare o prevenire situazioni stressanti.
MOTIVAZIONE
LA MOTIVAZIONE
Il locus of control (Julian Rotter)
L’EVENTO CRITICO: COMPORTAMENTI ED
EMOZIONI
1 – allarme: viene comunicato l’evento e la necessità di effettuare un
intervento di soccorso
2 – mobilitazione/attivazione: superato l’impatto iniziale ci si prepara alla
mobilitazione
3 – azione: è la fase del “fare”, il momento del soccorso
4 - rilassamento/lasciarsi andare: l’intervento è terminato, si recuperano le
forze
L’intervento di soccorso si articola in 4 fasi. A ciascuna di esse corrispondono
comportamenti e reazioni emotive precise:
Le fasi
1 - Allarme: più l’evento è grave e più le reazioni sono accentuate
Emotivamente si prova: smarrimento, impotenza, irrequietezza, disorientamento,
inadeguatezza, subentra l’ansia fino al panico e allo shock emotivo.
Da un punto di vista cognitivo é difficile comprendere la gravità dell’evento e ordinare le
informazioni. Reazioni fisiche: aumento FC, calo dell’efficienza, possono subentrare
difficoltà di comunicazione.
E’ importante cercare di “razionalizzare” la situazione e concentrarsi sui dati oggettivi e
sulla squadra.
L’EVENTO CRITICO: COMPORTAMENTI ED
EMOZIONI
2 - mobilitazione: l’azione contribuisce a farci superare la tensione, si
recupera l ’ autocontrollo, aiutati dal trascorrere del tempo e
dall’interazione con la squadra.
Ci si organizza, ci si dividono i compiti e si discute con i colleghi.
La “preparazione” del volontario è determinante
L’EVENTO CRITICO: COMPORTAMENTI ED
EMOZIONI
3 - azione: può assumere connotazioni diverse in base alle diverse si
• euforia e gratificazione dati dall’agire corretto e dal successo dell’intervento,
• senso di colpa, rabbia e delusione per le difficoltà ad intervenire ed essere utili
• panico e impossibilità di compiere alcun tipo di intervento.
Da un punto di vista comportamentale si può passare dall’irritabilità che facilita gli scontri
con gli altri, all’esaurimento fisico, dall’iperattività all’aumento dell’uso del tabacco...Il
battito cardiaco resta accellerato, si possono incontrare difficoltà respiratorie, confusione
mentale, sudorazione, mancamenti...
L’EVENTO CRITICO: COMPORTAMENTI ED
EMOZIONI
4 - rilassamento/lasciarsi andare:. anche questa fase può assumere
connotazioni variabili. Finisce l’intervento e si torna alla routine quotidiana.
Bisogno di recuperare le energie fisiche e psichiche accompagnato da difficoltà
a rilassarsi e a distendersi, la tensione e i ricordi riaffiorano. Possono restare
ansia, delusione e rabbia
L’EVENTO CRITICO: COMPORTAMENTI ED
EMOZIONI
IL SOCCORSO DAL PUNTO DI VISTA EMOTIVO
ATTIVITA’ DI SOCCORSO SITUAZIONI EMOTIVAMENTE DIFFICILI
EVENTI CRITICI
DISAGIO/VULNERABILITA’CONTROLLO DELLE REAZIONI /
GESTIONE DELLE DIFFICOLTA’
Possiamo affrontare
REAZIONI NORMALI
PERDITA DI CONTROLLO: REAZIONI PATOLOGICHE
Stress
Tensione
Traumatizzazione vicaria
Strategie di coping
Irritabilità, stanchezza, calo di entusiasmo….
DPTS, Burn out…
dispendio di energie
Lo stress rappresenta la modalità attraverso
cui il nostro organismo risponde a momenti
di tensione: fattori e stimoli che ci mettono
in crisi (stressors) portano a reagire in modo
tale da poterci adattare alla situazione di
difficoltà attingendo alle risorse a nostra
disposizione
Lo stress
IL SOCCORSO DAL PUNTO DI VISTA EMOTIVO
Gli stimoli stressanti possono essere acuiti sia da eventi traumatici o
particolarmente difficili di fronte a cui ci sentiamo impotenti o in cui siamo
coinvolti, sia dal contatto quotidiano con situazioni di sofferenza, dolore,
disagio, o pericolo e quindi anche dall’attività di assistenza, supporto e
trasporto di persone in situazione di disagio
Lo stress
IL SOCCORSO DAL PUNTO DI VISTA EMOTIVO
Le situazioni stressanti possono nascere dal ripetuto contatto con la
sofferenza, il dolore, il disagio e la propria incapacità di risolvere i problemi
conseguenti ma la stessa routine quotidiana può esercitare un’azione
fortemente logorante.
IL SOCCORSO DAL PUNTO DI VISTA EMOTIVO
Lo stress
Il soccorritore riesce a sviluppare una soglia di tolleranza elevata a tali
situazioni, proprio in virtù dell’attività svolta e di alcuni fattori protettivi
(strategie di coping)
LO STRESS E IL TRAUMA
il soccorritore vive il trauma in prima persona anche se non direttamente ma
attraverso la persona o le persone coinvolte.
Il soccorritore diventa “vittima”
ci sono però altri fattori stressanti...ad esempio:
veder frustrate le proprie motivazioni e i propri obiettivi all’interno dell’organizzazione
Inoltre…
…spesso il soccorritore riesce a controllare le emozioni ma queste non
scompaiono e possono riemergere all’imporvviso
Traumatizzazione vicaria
I fattori che causano la traumatizzazione vicaria:
Oggettivi: eventi particolarmente gravi, mutilanti e cruenti, eventi che
causano danni gravi o la morte di amici, colleghi, bambini…, eventi che
coinvolgono una pluralità di vittime (maxiemergenze), insuccesso
dell’intervento di soccorso e morte della persona, necessità di prendere
decisioni difficili in tempi molto rapidi;
LO STRESS E IL TRAUMA
Soggettivi: presenza di traumi pregressi nel soccorritore, elevata identificazione con le
vittime e le persone da soccorrere, scarsa conoscenza dei propri limiti e della propria
capacità di gestire lo stress, aver subito lesioni fisiche, eccessiva aspettativa su di sè,
senso di fallimento o incapacità;
Organizzativi: ritmi di lavoro/turni troppo intensivi, carenze logistico-strutturali,
conflitti interni, carenze comunicative, carenze nella formazione
LO STRESS E IL TRAUMA
I fattori che causano la traumatizzazione vicaria:
Disturbo post traumatico da stress (P.T.S.D. o D.P.T.S.)
Si verifica dopo aver vissuto un evento traumatico nel quale si è stati fortemente
coinvolti e che ha suscitato reazioni di paura e impotenza.
Si rivivono i momenti dell’evento nei sogni, come flashback, tornano ricorsivamente
alla mante le fasi più spiacevoli o più critiche senza riuscire a “staccare” (sintomi
intrusivi).
Sono frequenti incubi, insonnia, ansia, irritabilità, difficoltà a concentrarsi,
“ipervigilanza” (iperattivazione)
LE CONSEGUENZE DELLO STRESS
Si può essere confusi, storditi e si tende ad evitare ciò che richiama l’evento ma si può
arrivare ad estraniarsi dalla realtà e a perdere interesse verso ciò che prima ci
appassionava e attraeva (affettività ridotta, mancanza di voglia di fare
progetti...evitamento).
Può insorgere distanza di tempo e durare qualche mese.
Si superata con il “tempo”ma a volte è necessario il supporto di specialisti.
Disturbo post traumatico da stress (P.T.S.D. o D.P.T.S.)
LE CONSEGUENZE DELLO STRESS
Disturbo acuto da stress (ASD)
Può insorgere prima del PTSD, nella fase immediatamente successiva all’evento.
In genere ha una durata breve e comunque inferiore al mese.
Si possono presentare gli stessi sintomi del PTSD ma con una maggiore confusione
mentale ed un maggior stordimento, possono subentrare depersonalizzazione,
amnesie e distacco dalla realtà
LE CONSEGUENZE DELLO STRESS
Disturbo dell’adattamento
Sensazione di disagio che si può vivere anche a distanza di mesi dall’evento.
I sintomi non sono molto diversi da quelli descritti precedentemente ma
sono meno gravi: umore depresso, stati d ’ ansia, senso di inutilità,
stanchezza, insonnia, senso di colpa, iperattività, aggressività,
cinismo...possono insorgere ed acuirsi nel tempo e provocare cambiamenti
marcati nel comportamento abituale.
LE CONSEGUENZE DELLO STRESS
Il burn out
E’ una sindrome tipica delle professioni “di aiuto”
che vivono una doppia fonte di stress: il proprio e
quello della persona soccorsa o aiutata
LE CONSEGUENZE DELLO STRESS
Il burn out
L’accumulo quotidiano di stress causa un lento logorio fino all’”esplosione” e al
consumo di tutte le energie; il contrasto fra le situazioni di dolore, difficoltà,
malessere, disagio...che si devono affrontare e i propri limiti, quelli imposti dal proprio
ruolo, dai mezzi a disposizione e le frustrazioni e delusione che ne
seguono...determina un affaticamento continuo da cui non ci si riesce a riprendere.
LE CONSEGUENZE DELLO STRESS
Si va incontro ad un esaurimento emotivo, ci si sente inadeguati, cala
l’autostima, la fiducia in se stessi e si cerca di allontanarsi dalle persone a cui
prestiamo i nostri servizi ma anche dai colleghi: arriviamo a pensare di non essere
più utili e di non avere nulla da offrire.
Si può diventare freddi, ostili, frettolosi, impersonali, cinici.
Possono anche insorgere manifestazioni psicosomatiche quali inappetenza,
insonnia, perdita di peso...
Il burn out: evoluzione
LE CONSEGUENZE DELLO STRESS
Ha un’evoluzione lenta e fra le possibili cause vi sono anche i contrasti che
nascono all’interno dell’associazione, che possono essere causati da scarsa
comunicazione, differenze sugli obiettivi e sulle strategie da intraprendere,
differenza sui valori di fondo, scarso riconoscimento personale, sovraccarico
di lavoro, accentrare su di se responsabilità eccessive, incapacità di chiedere
aiuto nei momenti di difficoltà...
Il burn out: è importante ricordare che…
LE CONSEGUENZE DELLO STRESS
STRESSATI?
LA REAZIONE DEL SOCCORRITORE
Fotografa la modalità attraverso cui reagiamo ai fattori stressanti e si articola in tre fasi
che prevedono lo sviluppo di reazioni complesse da parte del nostro organismo, nelle
prime due (stress positivo) ci mettiamo in allarme e cerchiamo di reagire in maniera
efficace, durante la terza (stress negativo) il prolungarsi della tensione e il perdurare
dei fattori stressanti produce effetti sfavorevoli e negativi
La Sindrome Generale di Adattamento
I - Fase di allarme: è la fase più intensa in cui nasce il problema, si mette in
gioco la nostra sopravvivenza, la buona riuscita del nostro intervento.
L’organismo reagisce predisponendosi ad affrontare le difficoltà, entra in gioco
il sistema nervoso simpatico. Predominano reazioni biochimico-ormonali
LA REAZIONE DEL SOCCORRITORE
Livello di efficienza
Stressors
II – Fase di resistenza: l’organismo si adatta alla situazione da un punto di
vista biologico e psichico, recuperando un livello più elevato di funzionalità:
siamo pronti all’azione. Questa fase può essere più o meno lunga a seconda
dell’intensità della fase di allarme e delle nostre capacità reattive.
LA REAZIONE DEL SOCCORRITORE
Livello di efficienza
Stressors
III – Fase di esaurimento: l’organismo è logorato da un punto di vista psichico
e fisico e può andare incontro a disturbi di vario tipo: fisici (somatizzazioni
varie), emotivi (ansia, rabbia, sconforto, paura...) e comportamentali
(isolamento…).
Non siamo più in grado di adattarci agli stressors.
LA REAZIONE DEL SOCCORRITORE
Livello di efficienza
Stressors
Quando preoccuparsi?
Se una volta finito l’intervento non riesco a recuperare, sono affaticato, teso,
facilmente irritabile oppure desidero tornare all’azione, mi sento in colpa ad
aver lasciato le persone bisognose d’aiuto, mi sento “fuori luogo” a casa, sono
confuso o stordito, non riesco a fare più le cose che facevo prima oppure ho
bisogno di assumere farmaci per dormire o rilassarmi o alcolici per non pensare
agli eventi oppure ho frequenti incubi notturni ed evito le situazioni che mi
ricordano l’esperienza recentemente vissuta
LA REAZIONE DEL SOCCORRITORE
Quando preoccuparsi?
LA REAZIONE DEL SOCCORRITORE
Vivere tali sensazioni o alcune di esse dopo
10-15 giorni deve far scattare un campanello
d’allarme!
LA PREVENZIONE E I FATTORI PROTETTIVI
Strategie di coping: strategie mentali e di comportamento che sono alla base del
processo di adattamento ad una situazione stressante, di ripristino
dell’equilibrio emozionale e di raggiungimento del benessere
Come possiamo fronteggiare una situazione che ci mette in difficoltà? Gli strumenti a
disposizione sono molteplici, sta a ciascuno di noi utilizzarli nella maniera più
opportuna, ciò che è alla base della strategia difensiva è l’essere attivi e reattivi
nell’affrontare le cause dello stress.
Alcune strategie possono essere realizzata individualmente (si lavora su se stessi), altre
in gruppo (si lavora con la squadra) o con l’aiuto di esperti.
1 - la motivazione: le motivazioni individuali influenzano fortemente i nostri
comportamenti e le nostre reazioni. La preponderanza di motivazioni
altruistiche ed interne aiuta a sopportare lo stress e più tali motivazioni sono
forti, più è facile superare le difficoltà;
2- accrescere la propria autostima: credere maggiormente in se stessi e nelle
proprie capacità aiuta a colmare il gap mentale fra le nostre possibilità effettive
e gli obiettivi dell’intervento di soccorso
LA PREVENZIONE E I FATTORI PROTETTIVI
3 - Conoscenza dei propri limiti e del proprio ruolo: essere consapevoli di ciò
che non possiamo fare e che nessuno ci può chiedere è importante per
rendersi conto di quali sono i confine del nostro agire e di quali risposte / aiuti
gli altri si possono aspettare da noi. Ci sono problemi che non possiamo
risolvere, indipendentemente dalla nostra volontà e dalla gravità dei problemi;
IL SUPERMILITE NON ESISTE!
LA PREVENZIONE E I FATTORI PROTETTIVI
4 - la preparazione/formazione: essere preparati a fronteggiare situazioni
difficili è probabilmente lo strumento più efficace per vincere lo stress.
Acquisire o affinare abilità tecniche, competenze, conoscenze relative
all ’ utilizzo di strumentazione, protocolli d ’ intervento, rischi da
affrontare...sono tutti fattori che aiutano il volontario a superare le difficoltà.
LA PREVENZIONE E I FATTORI PROTETTIVI
5 – la comunicazione: “più si parla meglio è”.
La condivisione delle strategie dell ’ associazione, degli obiettivi, dei
cambiamenti, delle motivazioni alla base delle scelte ma anche il confronto
sul vissuto quotidiano, sulle strategie personali adottate per superare i
momenti di difficoltà e di tensione sono fondamentali.
LA PREVENZIONE E I FATTORI PROTETTIVI
6 - l’esperienza: più si affrontano situazioni stressanti, più ci si allena a gestire
lo stress. Se un evento mi mette in difficoltà, il suo superamento positivo rende
sicuramente meno difficile superarlo qualora si ripresenti;
LA PREVENZIONE E I FATTORI PROTETTIVI
7- "riderci su": scherzare sull’esperienza vissuta può aiutare a superarla, a
viverla con distacco e a superare la tensione. Deve però essere un
comportamento naturale: nessuno può essere forzato
8 - prendersi una pausa: ridurre la frequenza dei propri turni, pensare ad altro e
fare altre cose, staccare sia dai luoghi fisici che portano stress, sia dalle emozioni.
Concentrarsi su lavoro, studio, famiglia…
9 - supporto di personale qualificato: qualora tutte le altre strategie non portino
a risultati, il ricorso a personale qualificato (psicologi, terapeuti…) può essere di
grande aiuto
LA PREVENZIONE E I FATTORI PROTETTIVI
10 - la squadra (il supporto fra pari): non siamo mai soli. Il confronto e il
supporto reciproco, la capacità di lavorare in gruppo e collaborare, di dividersi i
ruoli ma anche di colmare vicendevolmente limiti e lacune sono altri fattori
protettivi.
La squadra (o il gruppo di soccorritori in senso più ampio) condivide la stessa
condizione e lo stesso tipo d’esperienze e per tanto rende più facile la
condivisione di emozioni e malesseri.
Un’esperienza già vissuta e superata da un soccorritore è un patrimonio per il
gruppo.
LA PREVENZIONE E I FATTORI PROTETTIVI
11 – il Debreafing: la condivisione a caldo di ciò che si è fatto o non fatto
(quindi sia degli errori commessi che delle azioni ben fatte), delle emozioni
vissute e delle difficoltà incontrate è una tecnica utilissima sia per superare
situazioni stressanti, sia per «crescere» come soccorritori e meglio
prepararsi ad affrontare le difficoltà future
LA PREVENZIONE E I FATTORI PROTETTIVI
Al termine dell’intervento o dell’evento la squadra si raduna per una
revisione critica di quanto è stato fatto.
Tutti i membri devono analizzare le azioni compiute, gli errori, i momenti di
difficoltà, le strategie attuate ma anche i sentimenti provati, le
preoccupazioni e le ansie vissute.
E’ importante che ciascuno si senta assolutamente libero di esprimersi ed
altrettanto lo è mettere in evidenza gli aspetti positivi dell’intervento.
LA PREVENZIONE E I FATTORI PROTETTIVI
Debreafing
IL LAVORO D’EQUIPE
1 - la presenza di un leader
2 - un obiettivo comune
3 - la definizione di ruoli e compiti
4 - l’affiatamento e l’organizzazione
Cosa fa di un gruppo di volontari una squadra?
Lavorare in squadra vuol dire mettere a fattor comune le proprie competenze ed
abilità per il raggiungimento di un obiettivo comune valorizzando l’apporto di
ciascuno.
1 - la conoscenza reciproca
2 - l’addestramento e la preparazione
3 - la fiducia
4 - la complementarietà
5 - le capacità del leader
6 - la comunicazione
Cosa fa di una squadra una "buona squadra"?
IL LAVORO D’EQUIPE
Conoscere gli altri, il loro carattere, i loro punti di forza e di debolezza, il livello di
preparazione…aiuta a rendere una squadra affiatata. In una squadra che “si conosce”
ciascuno sa cosa aspettarsi dagli altri, può prevedere le reazioni in situazioni
d’emergenza ed è più facile organizzarsi ed interagire.
La comunicazione verbale può essere ridotta all’essenziale
La squadra che “si conosce” riesce ad affrontare meglio situazioni emotivamente
destabilizzanti, i membri si supportano a vicenda più facilmente
1 - la conoscenza reciproca
IL LAVORO D’EQUIPE
2 - l’addestramento e la preparazione
IL LAVORO D’EQUIPE
Formazione, aggiornamento ma anche l’esperienza quotidiana accrescono il
livello di preparazione del singolo volontario.
Esercitarsi ed addestrarsi in gruppo, attraverso simulazioni reali, è una
tecnica utilissima per migliorare il coordinamento e l’affiatamento della
squadra, «misurare» le reazioni di ognuno e per riuscire, insieme, ad
affrontare un evento critico
Potersi fidare degli altri è essenziale in un contesto in cui, in alcuni casi, la nostra vita è
nelle mani di qualcun altro.
Tutti noi abbiamo delle aspettative nei confronti dei membri della squadra di cui
facciamo parte, in termini di comportamento, reazioni, rispetto dei protocolli,
autocontrollo…poter contare sugli altri vuol dire soddisfare tali aspettative
Potersi fidare consente di operare con maggiore serenità e concentrarsi esclusivamente
sui propri compiti
3 - la fiducia
IL LAVORO D’EQUIPE
Fare squadra vuol dire anche mettere le proprie risorse a disposizione degli altri.
La condivisione di ciò che gli altri non possiedono completa la squadra.
Le risorse personali possono essere abilitazioni specifiche ma anche competenze
relazionali (es. capacità di entrare in relazione con i bambini), comunicative (es.
conoscenza di una lingua straniera) o di auto aiuto (es.capacità di ascolto e comprensione
degli altri)
4 - la complementarietà
IL LAVORO D’EQUIPE
E’ il ruolo chiave. Il leader coordina la squadra, assegna i compiti, organizza
l’intervento, effettua le valutazioni, interviene nei momenti di difficoltà
Dopo l’intervento cura la fase di debriefing portando la squadra ad analizzare
criticamente quanto fatto e ad abbandonare la tensione accumulata
5 - le capacità del leader
IL LAVORO D’EQUIPE
E’ fondamentale che l’intero team rispetti le “regole” della comunicazione e che
presti attenzione anche a ciò che si dice e come lo si dice all’interno della squadra
1 – "Parlare"…possibilmente in maniera chiara e concisa
2 – Osservare cosa fanno gli altri
3 – Osservare le indicazioni del capo squadra
4 - Non contraddirsi vicendevolmente
5 – Non parlare apertamente della persona che si sta soccorrendo
6 – Non litigare!!!
Alcune regole
IL LAVORO D’EQUIPE
6 – la comunicazione
CONCLUSIONI
La squadra è una risorsa, in ogni intervento non siamo mai da soli: il singolo soccorritore è
al servizio della squadra ma è vero anche il contrario
L’esaurimento psicofisico (burn out) non è necessariamente legato ad un evento
traumatico, il logorio quotidiano alla lunga può avere effetti devastanti
Le motivazioni di ognuno di noi sono alla base del nostro essere volontari e della nostre
capacità di «resistere» a situazioni stressanti e a superare le difficoltà
Anche il soccorritore può essere «vittima» dell’evento traumatico e le conseguenze non
devono mai essere sottovalutate
Le reazioni ad un evento che causa stress innescano sempre un processo di
adattamento che non sempre si risolve positivamente
Esistono tecniche e strumenti che possono supportarci nel prevenire o nel superare
situazioni stressanti: usiamoli!
Per suggerimenti, correzioni e precisazioni: