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SICUREZZA NEI LAVORI IN QUOTA
ANNO 6 - NUMERO 1MARZO 2013
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Dispositivi anticaduta,la nuova EN 795:2012 non convince
Cadute dall’alto, le responsabilità tra committentee appaltatore
Ancora troppi morti per cadute dall’alto.Il problemadella percezione del rischio
IN PRIMO PIANOIL FUTURO DEI SISTEMI ANTICADUTA. LUCI E OMBRE DELLA NUOVA NORMATIVAA cura di Simona Spinaci, Ingegnere Commissione tecnica Aipaa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .04Galimberti: la norma è ambigua sulla parte progettualeIntervista a Stefano Galimberti, Coordinatore gruppo di lavoro UNI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .06Dispositivi anticaduta: la EN 795:2012 non convinceA cura di Andrea Rossi, Ingegnere Coordinatore Commissione tecnica Aipaa per le reti anticaduta . . . . . . . . . .08
LA PAROLA ALL’AVVOCATOCADUTE DALL’ALTO, LE RESPONSABILITÀ TRA COMMITTENTE E APPALTATOREA cura di Claudio Santarelli, Avvocato in Milano e Presidente commissione giuridica Aipaa . . . . . . . . . . . . . . . . .10
ULTIME NOTIZIE DA FINCOLA SICUREZZA, SUL LAVORO NEL SISTEMA DEGLI APPALTIA cura di Angelo Artale, Direttore Generale Finco Confi ndustriaFederazione industrie, prodotti, impianti, servizi e opere specialistiche per le costruzioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .12
AIPAA AL MINISTERO DEL LAVOROFORMAZIONE, DA UNA PROPOSTA DI AIPAA AL SENATO A UNA SVOLTA IN UNIA cura di Fabio Cortesi, Vicepresidente Aipaa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .14La qualità della formazione fa la differenzaIntervista a Fabio Cortesi, Vicepresidente Aipaa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .16Un registro a garanzia di installatori e aziende anticaduta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .17
ESEMPI DI PROGETTAZIONECASI PARTICOLARI DI PROGETTAZIONE DI LINEE VITAA cura di Andrea Brolis, Tecnico progettista SSC - Società Sicurezza Cantieri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .18
s o m m a r i oLEGÀTI ALLA VITA
Periodico dell’Associazione ItalianaPer l’Anticaduta ed Antinfortunistica
ANNO 6 - NUMERO 1
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SPECIALE CADUTE DALL’ALTOANCORA TROPPI MORTI PER CADUTE DALL’ALTO.IL PROBLEMA DELLA PERCEZIONE DEL RISCHIO Intervista a Carmela Sidoti, Direttore regionale Inail Friuli Venezia Giulia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .22Infortuni sul lavoro nel terzo millennio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .25L’emersione delle malattie perdute.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .26Infortuni per caduta dall’alto settore Industria e Servizi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .28Prevenzione degli infortuni: la psicologia aiutaA cura di Fernanda Cassina, Psicologa e psicoterapeuta cognitivo comportamentale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .29Parte dalla scuola la prevenzione degli infortuniIntervista a Franco Bettoni, Presidente nazionale dell’Associazione ANMIL . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .30
FOCUS FISCALEDETRAZIONI FISCALI, PROSEGUE L’IMPEGNO DI AIPAA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .32
NOVITÀ DALLE AZIENDE DEL SETTORESUN200, IL SISTEMA INNOVATIVO DI ANCORAGGIO PER LA SICUREZZADEI LAVORATORI DEL SETTORE TENDEA cura di Luigi Nugnes, Ingegnere progettista di Spider Linee Vita . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .34
AIPAA IN RETEAIPAA TI AGGIORNA CON UN CLICKA cura di Daniela Fuccio, Giornalista e docente . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .38
3
Provinciadi Milano
Provinciadi Pavia
Comunedi Milano
Comunedi Bergamo
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IL FUTURODEI SISTEMI ANTICADUTALUCI E OMBRE DELLANUOVA NORMATIVA
Lo scorso 31 ottobre 2012 si è concluso il periodo transitorio che dal 25
luglio 2012 ha visto coesistere la norma EN 795:1996 e la nuova versione
della stessa, la EN 795:2012.
L’iter di approvazione della norma è stato lungo e laborioso e numerose
sono le aspettative degli “addetti del settore” poiché tale norma ha presen-
tato da subito delle criticità che necessitavano di una revisione per chiarire
il delicato argomento.
Con il 31 ottobre si dà così avvio a una nuova era per il settore dei sistemi
anticaduta che sarà segnata, almeno per il primo periodo, da incertezze e
dubbi sollevati dal nuovo testo. Testo da tempo fortemente discusso dalla
commissione tecnica italiana dedicata allo studio dei dispositivi anticaduta
che ha sempre votato contro la norma e mosso opposizione formale alla
stessa. Primo fra tutti è il campo di utilizzo della norma a introdurre subito le
principali novità: “Questo standard europeo specifi ca i requisiti prestazionali
e i metodi di prova per utilizzatore singolo dei dispositivi di ancoraggio che
sono da intendersi come rimuovibili dalla struttura”, recita lo Scopo stesso
della norma.
La EN 795:2012 tratta quindi tutti quei dispositivi che servono un solo ope-
ratore, eliminando tutti quelli che garantivano la sicurezza di più operatori
contemporaneamente, che diventano invece oggetto della Techincal Spe-
cifi cation 16415, un documento ad oggi non ancora ultimato. Inoltre tutti
i dispositivi di ancoraggio dovranno essere realizzati in modo che risultino
rimovibili dalle strutture di ancoraggio a cui sono fi ssati, senza danneggiare
le stesse, in modo che i componenti possano essere riutilizzati o smontati in
caso di ispezione. Tutto ciò va sicuramente incontro alla necessità di rende-
re controllabili nel tempo i fi ssaggi dei componenti spesso coperti con ripri-
stini e impermeabilizzazioni, ma lascia aperti molti interrogativi sull’effettiva
realizzazione degli stessi. Di
seguito le altre
novità introdotte, a partire dalle raccomanda-
zioni a carattere generale:
• la suddivisione dei dispositivi di ancoraggio
in classi è sostituita dalla suddivisione per
tipi: i dispositivi vengono classifi cati in tipo
A, tipo B, tipo C, tipo D e tipo E eliminando
la differenza tra la classe A1 ed A2 (diffe-
renza già molto sottile e più formale che sostanziale);
• non è più consentito l’utilizzo di morsetti ad U per la chiusura delle funi o
in qualsiasi parte del dispositivo di ancoraggio (elementi di facile rimozio-
ne e manomissione);
• se il dispositivo di ancoraggio è composto da componenti rimovibili,
questi devono essere realizzati in modo tale che non possano sganciarsi
accidentalmente, ovvero in modo che possano essere rimossi con due
movimenti manuali distinti, consecutivi e intenzionali;
• ogni dispositivo di ancoraggio o parte di esso che si intende dover essere
trasportato da una singola persona non deve eccedere il peso di 25 kg;
• se il dispositivo di ancoraggio è corredato da indicatore di caduta, questo
deve segnalare in maniera chiara la caduta avvenuta.
Notevoli novità anche per quanto riguarda i metodi di prova che si applica-
no a tutti i tipi di dispositivi, a partire dall’introduzione di un nuovo test, il test
di deformazione dei carichi applicati.
Il test di deformazione prevede l’applicazione per un minuto di un carico
statico pari a 0,7 kN nella direzione dell’eventuale sollecitazione dell’ele-
mento: alla rimozione del carico la deformazione permanente dell’elemento
non deve essere maggiore di 10 mm.
La prova di resistenza dinamica e integrità prevede l’utilizzo di celle di
carico multiple per la misurazione delle forze in esercizio. Il dispositivo di
ancoraggio deve essere installato secondo le indicazioni del fabbricante
su un supporto di ancoraggio realizzato in maniera tale che la frequenza
di vibrazione naturale nell’asse ver- ticale dello stesso
IN PRIMO PIANO
da-
o
r
ostanziale)
cifi cation 16415, un documento ad oggi non ancora ultimato. Inoltre tutti
i dispositivi di ancoraggio dovranno essere realizzati in modo che risultino
rimovibili dalle strutture di ancoraggio a cui sono fi ssati, senza danneggiare
le stesse, in modo che i componenti possano essere riutilizzati o smontati in
caso di ispezione. Tutto ciò va sicuramente incontro alla necessità di rende-
re controllabili nel tempo i fi ssaggi dei componenti spesso coperti con ripri-
stini e impermeabilizzazioni, ma lascia aperti molti interrogativi sull’effettiva
realizzazione degli stessi. Di
seguito le altre
no a tutti i tipi di dispositivi, a partire dall introduzione di un nuovo test, il test
di deformazione dei carichi applicati.
Il test di deformazione prevede l’applicazione per un minuto di un carico
statico pari a 0,7 kN nella direzione dell’eventuale sollecitazione dell’ele-
mento: alla rimozione del carico la deformazione permanente dell’elemento
non deve essere maggiore di 10 mm.
La prova di resistenza dinamica e integrità prevede l’utilizzo di celle di
carico multiple per la misurazione delle forze in esercizio. Il dispositivo di
ancoraggio deve essere installato secondo le indicazioni del fabbricante
su un supporto di ancoraggio realizzato in maniera tale che la frequenza
di vibrazione naturale nell’asse ver- ticale dello stesso
A cura di:Simona SpinaciIngegnere Commissione tecnica Aipaa
5sia inferiore di 100 Hz, e che l’applicazione di un carico pari a 20 kN
non causi un abbassamento superiore a 1 mm. La massa di prova di
100 kg deve essere connessa all’elemento oggetto della prova tramite
un cordino lungo 2000 mm, diametro di 11 mm e conforme alla EN
892 (corda alpinistica, mentre sino ad oggi è stato utilizzato un cordino
conforme alla ISO 1140 di diametro 12 mm). La massa deve essere
lasciata cadere a distanza orizzontale massima di 300 mm dal disposi-
tivo e da un’altezza che consenta di generare una forza di arresto pari
a 9 kN (ad oggi per le classi A, B, D ed E si prescriveva un’altezza di
caduta libera pari a 2500 mm, mentre per la classe C un’altezza di ca-
duta tale da sviluppare 12 kN). La massa di prova deve essere sorretta
e devono essere registrati il picco di forza generata sul dispositivo, la
fl essione dello stesso e l’eventuale spostamento del punto di anco-
raggio. Successivamente deve essere verifi cato che incrementando la
massa di prova sino a 300 kg, il sistema sostenga tale confi gurazione
per almeno 3 minuti.
La prova di tipo statico prevede l’applicazione di una forza di carico
pari a 12 kN mantenuta per 3 minuti nella direzione dell’eventuale
sollecitazione in esercizio per tutte le componenti metalliche, e pari a
18 kN per i dispositivi realizzati in materiale non metallico o nel caso
in cui il costruttore non sia in grado di fornire garanzia di durabilità (la
prova sino ad oggi normata prevedeva un carico statico pari a 10 kN
per qualsiasi tipologia di materiale).
Le prove sono da applicarsi a tutte i tipi di dispositivi di ancoraggio,
per le classi B e C sono defi nite procedure di prova più dettagliate a
seconda della tipologia del dispositivo stesso: a treppiede o meno, con
dispositivo di ancoraggio sulla gamba del treppiede o non per la classe
B, del numero di campate per i dispo- sitivi di classe C.
La norma introduce quindi un test di resistenza alla corrosione per tutti
i dispositivi metallici, in accordo con la EN ISO 9227.
L’appendice A, che resta a carattere informativo, è strutturata in 3 par-
ti: la prima descrive le informazioni che il produttore del dispositivo
anticaduta deve fornire circa l’installazione, la seconda i documenti
che devono essere rilasciati a corredo dell’installazione, la terza riporta
uno schema procedurale sulle verifi che periodiche. Si afferma che il
produttore deve indicare che l’installazione dovrebbe essere effettuata
da personale competente e preparato, e che dovrebbe essere verifi -
cata a mezzo di opportune prove come calcoli o test, di cui però non
si danno ulteriori specifi che. La seconda parte, innovativa rispetto alla
vecchia versione della norma, specifi ca che copia della documentazio-
ne descrivente il sistema anticaduta deve essere conservata all’interno
dell’edifi cio e deve sempre essere a disposizione degli utilizzatori. Si
riportano quindi i contenuti essenziali della documentazione, tra cui la
dichiarazione di corretta posa dell’installatore quale parte essenziale
dei documenti a corredo del sistema. Infi ne è presente uno schema
guida per la procedura di ispezione periodica dei dispositivi.
Queste in sintesi le principali novità di una norma che sembra voler far
assomigliare sempre più il dispositivo di ancoraggio anticaduta ad un
DPI, decretandone l’utilizzo da parte del singolo e il fi ssaggio non per-
manente alla struttura. Di fatto, la norma, così come risulta oggi, non
sembra più rappresentativa della maggior parte dei dispositivi utilizzati
in Italia che sono studiati e realizzati per utenza multipla, in quanto
molte lavorazioni in quota necessitano dell’intervento di almeno due
operatori, e vengono solitamente installati in maniera permanente sulle
coperture, dove sono poi effettuati ripristini e impermeabilizzazioni per
garantire la corretta tenuta della copertura agli agenti atmosferici.
6
IL FUTURO DEI SISTEMI ANTICADUTALUCI E OMBRE DELLA NUOVA NORMATIVA
ABBIAMO CHIESTO A STEFANO GALIMBERTI, COORDINATORE
DEL GRUPPO DI LAVORO UNI SUI DISPOSITIVI DI PROTEZIONE
CONTRO LE CADUTE DALL’ALTO, UN PARERE SULLA NUOVA
NORMA EN 795:2012.
Come giudica le novità introdotte dal nuovo testo?
R. Credo che le novità tecniche introdotte dal nuovo testo della
norma siano orientate nella direzione del miglioramento, se consi-
derate in termini di misura delle prestazioni dei dispositivi. I metodi
di prova proposti sono maggiormente dettagliati e permettono di
defi nire con più precisione le prove da eseguire e i risultati da regi-
strare. Al contrario, dal punto di vista progettuale, la nuova norma
alimenta in misura ancora maggiore una ambiguità già presente
nell’edizione 2002. Infatti, la nuova edizione è stata redatta travi-
sando il signifi cato di “rimovibile e trasportabile” e travisando, a mio
parere, il mandato M307 della Commissione europea, forzando, se
così si può dire, l’applicazione della Direttiva 89/686/CEE sui DPI.
I dispositivi conformi alla norma EN 795:2012 dovranno essere
semplicemente smontabili dalla struttura perché questi dovranno
essere “intesi per essere rimossi” dalla struttura. La norma non
tiene in considerazione il fatto che le responsabilità legate a un DPI
sono ben differenti da quelle legate ad un dispositivo destinato ad
essere incorporato in una struttura, e quindi non specifi ca che ciò
che è rimovibile e trasportabile, nel signifi cato della norma, dovreb-
be essere caratterizzato dal fatto che:
• è portato in loco, installato e messo in opera dall’utilizzatore fi -
nale, cioè colui che esegue il lavoro, ed è rimosso dallo stesso al
termine del lavoro (o a fi ne turno, se applicabile);
• è messo in opera facilmente, senza l’impiego di attrezzi speciali
e, ove possibile, a mano (per esempio applicando un dispositivo di
ancoraggio a profili dedicati compatibili e incorporati nella strut-
tura);
• è specifi camente progettato dal fabbricante in tal senso.
Se un dispositivo può essere “applicato” alla struttura, per esempio
con piastra forata e dadi a vista avvitati su barre fi lettate pre po-
sate, allora potrà essere valutato seguendo i contenuti della nuova
EN 795. Se però lo stesso dispositivo è destinato per esempio ad
essere ricoperto con un semplice strato isolante (ndr: caso estre-
mo), da rimuovere e riapplicare di nuovo nel caso di una ispezione,
allora la nuova EN 795 non è più applicabile. E non esiste più altro
documento di riferimento da applicare.
Sempre nell’ambito della forzatura all’applicazione della Direttiva
DPI, i dispositivi di ancoraggio conformi alla EN 795:2012 dovranno
essere progettati per l’uso esclusivo da parte di una sola persona.
Se per i dispositivi di classe A questo può essere accettabile, abbia-
mo avuto modo di constatare che una linea di ancoraggio fl essibile
è di solito progettata per ospitare più di una persona in funzione dei
lavori da svolgere.
Anche in questo caso la nuova EN 795 non sarebbe più applicabi-
le, mentre si applicherebbe il TS 16415 (dispositivi di ancoraggio
destinati ad essere rimossi dalla struttura, per l’uso da parte di più
persone) che è stato reso disponibile agli Enti di normazione euro-
GALIMBERTI:LA NORMA E’ AMBIGUASULLA PARTE PROGETTUALE
7pei lo scorso 25 gennaio 2013, con l’obbligo di recepirlo entro sei
mesi. A parte poi il divieto d’uso dei morsetti, sul quale le opinioni
in Italia sono piuttosto contrastanti, non sussistono ulteriori novità
tecniche di rilievo.
Se i dispositivi di ancoraggio saranno assimilati ai DPI, sarà
necessaria la marcatura CE degli stessi?
R. La risposta alla domanda è sì, tuttavia mi permetto di dubitare
molto su questo argomento. Infatti se un dispositivo di ancoraggio
è temporaneo, rimovibile e trasportabile e presenta le caratteristi-
che già citate (sono un esempio i treppiedi di classe B) allora è già
soggetto all’obbligo di marcatura CE come DPI.
Se un dispositivo di ancoraggio è destinato all’installazione perma-
nente allora sarebbe, il condizionale è d’obbligo, soggetto alla mar-
catura CE come prodotto da costruzione (si vedano per esempio i
ganci di sicurezza da tetto conformi alla norma EN 517). Purtroppo,
però, al giorno d’oggi il mercato della certifi cazione non è ancora
pronto per l’applicazione degli schemi di certifi cazione ai dispositivi
di ancoraggio destinati all’installazione permanente per cui al fab-
bricante non rimane che applicare la Direttiva Generale Sicurezza
Prodotti (2001/95/CE) che rimanda, per farla breve, all’applicazio-
ne delle norme tecniche.
Ad ogni modo il discriminante per determinare se un dispositivo
cade nel campo di applicazione della Direttiva DPI non risiede mai
in una norma tecnica ma nella defi nizione di DPI contenuta nella
stessa Direttiva. Quindi, a prescindere dai contenuti più o meno
fuorvianti della nuove EN 795, un dispositivo di ancoraggio desti-
nato all’installazione permanente non dovrebbe essere marcato CE
come DPI.
Negli ultimi anni si è assistito al proliferare di numerosi di-
spositivi o elementi di essi di tipo deformabile, cioè realiz-
zati con lo scopo di deformarsi e assorbire parte dell’ener-
gia. Come si relaziona ciò con il nuovo test di deformazione
introdotto?
R. Il nuovo test di deformazione introdotto mira a simulare l’impiego
del dispositivo di ancoraggio in un sistema di trattenuta. Va da se
che se un dispositivo di ancoraggio è progettato per assorbire una
parte dell’energia di caduta attraverso la deformazione plastica, lo
stesso non dovrà cominciare a deformarsi con carichi inferiori o
uguali a 70 kg, che è più o meno il carico connesso all’utilizzatore
in appoggio. Vedo più critica per tali dispositivi la prova dinamica,
che prevede la sospensione della massa di 100 kg al dispositivo
di ancoraggio prima di sollevarla per effettuare la caduta. Se per i
dispositivi di classe A sarebbero solo 30 kg in più rispetto alla prova
di deformazione, per una linea di ancoraggio di classe C la prova
potrebbe distruggere il dispositivo ancora prima di iniziare.
Le novità introdotte hanno lo scopo di facilitare l’ispezione
e il controllo periodo dei dispositivi? Sono effettivamente
migliorative?
R. A mio parere le novità introdotte non tengono in considerazione
il miglioramento di questo aspetto. Tutto dipende se il fabbricante
intenderà applicare la nuova EN 795, con tutte le limitazioni ad
essa connesse (non ultimo, l’obbligo di un solo operatore collegato
al dispositivo di ancoraggio). Il dispositivo in se sarà certamente più
facilmente ispezionabile, ma l’esperienza insegna che gli aspetti
critici sono spesso legati alla struttura portante.
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8
A cura di:Andrea RossiIngegnere Coordinatore Commissione tecnica Aipaaper le reti anticaduta
Sono parecchie le novità introdotte dalla UNI EN 795:2012, che da
molti punti di vista “stravolgono” il mondo dei dispositivi di ancoraggio
avvicinandoli sempre più, da un punto di vista concettuale, al mondo
dei DPI.
In questo lungo periodo di gestazione della norma, l’associazione AI-
PAA ha partecipato all’interno di UNI, l’Ente Nazionale Italiano di Uni-
fi cazione normativa, all’iter che ha portato alla defi nizione dell’attuale
testo verso il quale, tra l’altro, sono state sollevate notevoli obiezioni e
perplessità. In particolare AIPAA stessa ritiene che tale nuova versione
della UNI-EN 795 presenti una serie di novità molto signifi cative ma
non tutte condivisibili: infatti se da un lato vi sono aspetti che possono
essere considerati poco caratterizzanti, come ad esempio la suddivi-
sione dei dispositivi in “tipi” che sostituisce la suddivisione in “classi”,
dall’altro vi sono modifi che alla precedente versione della norma che
scuotono certamente il campo dell’installazione e dell’utilizzo dei di-
spositivi di ancoraggio.
AIPAA ritiene poco convincente la scelta di andare
a ridefi nire i metodi di prova che si applicano a
tutti i tipi di dispositivi in quanto già i metodi
di prova della precedente versione erano da
ritenersi suffi cientemente provanti per que-
sti dispositivi; d’altro canto invece si ritiene
positiva l’introduzione del test di deformabi-
lità dei dispositivi che consente di avere un
controllo anche di questo parametro.
Elemento senza dubbio fortemente ca-
ratterizzante della nuova EN 795 e’ il
fatto che i metodi di prova e i requisiti
dei dispositivi vengono defi niti per
un singolo utilizzatore e si specifi ca
come tali dispositivi siano da considerarsi come rimovibili
dalla struttura: questi due aspetti aprono ovviamente a scenari decisa-
mente nuovi nel campo dell’anticaduta.
Prima di tutto occorre sottolineare come nella pratica quotidiana sia
molto più frequente l’utilizzo di questi dispositivi da parte di più ope-
ratori simultaneamente; a ciò si aggiunge il fatto che non convince il
concetto di rimovibilità di questi dispositivi dalla struttura, soprattutto
per il fatto che a livello tecnico, cioè a livello di processo edizio-co-
struttivo, ci pare certamente più corretto intendere i dispositivi di an-
coraggio come parte stabile, amovibile ed integrante della copertura.
In questi anni, a fatica e grazie anche ad un lungo percorso di sensi-
bilizzazione (in cui AIPAA, tra l’altro, è sempre stata in prima linea) in
particolare nel mondo dell’ edilizia, si è in parte riusciti a far passare il
concetto per cui i sistemi di ancoraggio siano da intendersi come una
“ dotazione” propria della copertura, concetto che in qualche modo a
nostro avviso ora viene modifi cato.
In conclusione appare evidente come globalmente il nostro giudizio
sulle novità introdotte dalla UNI EN 795 sia negativo: al di la delle
analisi tecniche che si possono fare, più o meno approfondite, ci sem-
brerebbe prioritario spingere la norma nella direzione di una maggiore
semplicità e più facile applicabilità, cercando per esempio di appro-
fondire gli argomenti trattati nell’appendice A che purtroppo continua
ad avere soltanto carattere informativo.
In questi anni possiamo veramente testimoniare come, a nostro av-
viso, il tema fondamentale su cui focalizzare l’attenzione, nel campo
dell’anticaduta, sia quello relativo all’installazione ed utilizzo di questi
dispositivi: tema su cui riteniamo ci sia ancora molto da fare.
DISPOSITIVI ANTICADUTA, LA EN 795:2012 NON CONVINCE
ro.
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l
IL FUTURO DEI SISTEMI ANTICADUTALUCI E OMBRE DELLA NUOVA NORMATIVA
I M P E G N ATA I N R I C ER CA E I N N OVA Z I O N E
Presente nelle istituzioni
Associazione riconosciuta
Il riferimento nazionale per tutti gli operatori del settore
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La tematica delle responsabilità sulla sicurezza sul cantiere tra com-
mittente ed appaltante e, quindi, del direttore dei lavori al posto del
committente, ha sviluppato una costante evoluzione nella materia e
nella prassi giurisprudenziale. La giurisprudenza (Corte di Cassazione
n. 11757 del 27 maggio 2011), ha ultimamente affermato che di re-
gola è lo stesso appaltatore che risponde dei danni provocati a terzi
ed, eventualmente, anche dell’inosservanza delle norme durante l’e-
secuzione del contratto. A questi spetta l’autonomia di svolgere la sua
attività nell’esecuzione dell’opera o del servizio appaltato, organizzan-
do i mezzi necessari e curando le modalità di esecuzione dei lavori.
Per la Suprema Corte, il controllo e la sorveglianza del committente si
limitano all’accertamento ed alla verifi ca della corrispondenza dell’o-
pera o del servizio affi dato all’appaltatore con l’oggetto del contratto.
Dunque, per far in modo che possa confi gurarsi una qualche respon-
sabilità, il committente deve intervenire anche su aspetti che vanno ol-
tre la sola sorveglianza sull’opera oggetto del contratto e, quin-
di, eserciti una concreta ingerenza sull’attività dell’appaltatore
al punto da ridurre quest’ultimo all’esclusivo ruolo di esecuto-
re. Sulla base di tali principi si è sottolineato che il Direttore
dei Lavori, precedentemente giudicato corresponsabile ai
danni di un lavoratore, per non aver esercitato i suoi
compiti di sorveglianza e di controllo,
non poteva essere ritenuto respon-
sabile dell’accaduto in quanto “la
responsabilità del committente
nei riguardi dei terzi risulta
confi gurabile solo allorquando
si dimostri che il fatto lesivo
sia stato commesso dall’appal-
tatore in esecuzione di un ordi-
ne impartitogli dal direttore dei
lavori o da altro rappresentante
del committente stesso, tanto
che l’appaltatore fi nisca per agi-
re quale “nudus minister” privo
dell’autonomia che normalmente
gli compete, ovvero quando si versi
nella ipotesi di culpa in ergendo, la
quale ricorre qualora il compimen-
to dell’opera o del servizio siano stati
affi dati ad un’impresa appaltatrice priva della capacità e dei
mezzi tecnici indispensabili per eseguire la prestazione oggetto”.
L’articolo 89 del D.Lgs. 81/08, modifi cato con il D.Lgs. 106/09, ha poi
più precisamente defi nito le responsabilità di alcune fi gure lavorative
all’interno del sistema di gestione della sicurezza sul lavoro, in par-
ticolare indicando le norme relative alla sicurezza nel cantiere edile.
La fi gura del direttore dei lavori assume determinati obblighi in fase
di svolgimento dei lavori indicati durante la fase di progettazione e
secondo la normativa la fi gura del direttore dei lavori può coincidere
con il progettista in fase di progettazione. Il direttore dei lavori ha
la responsabilità di monitorare lo svolgimento dei lavori, l’osservanza
delle prescrizioni ed ha l’obbligo di controllare la qualità dei materiali
utilizzati e la posa delle opere in caso di utilizzo di elementi prefabbri-
cati. Tra i compiti del direttore dei lavori vi sono la verifi ca della cor-
retta esecuzione dei lavori, la redazione dei SAL (Stato Avanzamento
Lavori) e, se già redatti dall’impresa costruttrice, il controllo di questi
ultimi, l’ autenticazione di eventuali modifi che tecniche apportate ai
progetti, il rilascio di certifi cati come quello di corretta esecuzione dei
lavori, di posa in opera corretta e la stesura di verbali di riunione e
ordini di servizio.
L’art. 89 comma 1 lettera c) del D. Lgs. n. 81/2008 defi nisce il di-
rettore dei lavori come il “soggetto incaricato, dal committente, della
progettazione o del controllo dell’esecuzione dell’opera: tale soggetto
coincide con il progettista per la fase di progettazione dell’opera, e
con il direttore dei lavori per la fase di esecuzione dell’opera“.
Sul punto si rileva che un direttore dei lavori è stato prosciolto dall’ac-
cusa in quanto la fi gura ricoperta non ha alcuna responsabilità in me-
rito alla prevenzione all’interno del cantiere, e di fatto la fi gura del
direttore dei lavori ha una formazione valida in merito alle norme e alle
procedure da mettere in atto al fi ne di garantire la sicurezza nei can-
tieri, mentre esso si relaziona, nello svolgimento delle sue mansioni,
con il Responsabile della sicurezza ma non coincide con questa fi gura.
CADUTE DALL’ALTO, LE RESPONSABILITÀ TRA COMMITTENTE E APPALTATORE
10
tati
LA PAROLA ALL’AVVO-CATO
A cura di:Claudio SantarelliAvvocato in Milanoe Presidente commissione giuridica Aipaa
11Sull’art.89, comma 1, lettera c), si registrano pertanto due tesi in
quanto, da una parte, alcuni sostengono che l’incarico del responsabi-
le dei lavori è “automatico” poiché la defi nizione “soggetto incaricato,
dal committente “ è così interpretabile. Seguendo tale spunto il legisla-
tore ha voluto responsabilizzare i tecnici demandando le responsabi-
lità in materia di sicurezza. Per “soggetto incaricato dal committente”
signifi ca incaricare quale responsabile dei lavori il progettista per la
fase di progettazione dell’opera ed il direttore dei lavori per la fase di
esecuzione dell’opera e quindi, se fosse così, non basterebbe alcuna
dichiarazione del committente, con la quale si assumerebbe l’obbligo
delle responsabilità degli articoli 90, 93, 99 e 101, comma1, D.Lgs
81/08, ad esonerare dalle responsabilità il progettista e il direttore
dei lavori.
Se invece trattasi di responsabilità facoltativa, il direttore dei lavori,
nella fase d’esecuzione dei lavori assume le funzioni di responsabile
dei lavori per cui si può verifi care che potrebbe ricoprire anche le
funzioni di coordinatore per l’esecuzione dei lavori in contrasto con
l’art.93,comma 2, che assume che “la designazione del coordinatore
per la progettazione e del coordinatore per l’esecuzione, non esonera
il responsabile dei lavori dalle responsabilità connesse alla verifi ca
dell’adempimento degli obblighi di cui agli articoli 91, comma 1 (ob-
blighi del coordinatore per la progettazione), e 92, comma 1, lettere
a)b)c)d) (obblighi del coordinatore per l’esecuzione dei lavori inerenti
la verifi ca delle disposizioni contenute nel P.S.C.).
In sintesi, dal semplice termine “incaricato” non può derivare un ob-
bligo giuridico di nomina da parte del committente. L’art 89, com-
ma1, lettera c) assume che la nomina del responsabile dei lavori è
facoltativa, per cui se i progettisti o i direttori dei lavori non vogliono
accettare tale incarico le responsabilità restano in capo al commit-
tente. Infatti il D. Lgs. 3/8/2009 n. 106, correttivo del D. Lgs. n.
81/2008 ed entrato in vigore il 20/8/2009, ha modifi cato sia l’art. 89
comma 1 lettera c), sulla defi nizione del responsabile dei lavori, che
l’art. 93 comma 1 sulla responsabilità dei committenti per cui questi
attualmente è defi nito quale il “soggetto che può essere incaricato
dal committente per svolgere i compiti ad esso attribuiti dal presente
decreto”; il committente inoltre, essendo stato eliminato il secondo
periodo dell’art. 93 comma 1 che ne fi ssava l’obbligo, non risponde
più, a partire dalla data del 20/8/2009, dell’operato del responsabile
dei lavori.
Con il decreto correttivo è stato dunque precisato che la nomina del
responsabile dei lavori è una facoltà e non un obbligo da parte del
committente ed è stata, altresì, eliminata la scelta obbligata da parte
dello stesso committente di individuare il responsabile dei lavori nelle
fi gure del progettista o del direttore dei lavori.
E’ chiaro, però, che in mancanza di un preciso incarico conferito dal
committente ad un responsabile dei lavori, tale funzione è automa-
ticamente svolta dal committente in prima persona il quale viene
considerato sia dalle direttive comunitarie sia dalla legge che dalla
giurisprudenza, così come emerge dalle numerose sentenze emanate
dalla Corte di Cassazione, come il responsabile ultimo della sicurezza
sul lavoro nonché il destinatario della programmazione e delle orga-
nizzazione del cantiere edile.
Per dubbi o problemi legali vai su www.aipaa.it e cerca “L’esperto risponde”
12
Illustrare il mondo delle industrie e delle imprese specialistiche e super
specialistiche non è cosa facile. Occorre portare un po’ più alla luce questo
settore, non adeguatamente apprezzato, anche se di grande eccellenza,
dietro cui c’è un mondo frammentato, poco conosciuto al grande pubbli-
co, visti i pochi rapporti con il consumatore fi nale e la solo occasionale
partecipazione al “Made in Italy”, poiché esporta poco e raramente lavora
all’estero. Nell’ambito dei lavori pubblici ad esempio, rispetto ad altri paesi
membri della Comunità Europea, in Italia vi è un numero di gran lunga
superiore di operatori “qualifi cati” nell’esecuzione di opere specialistiche.
In passato si è constatato che il rilascio delle qualifi cazioni è stato, spes-
so, più legato al rispetto di un iter burocratico basato su dichiarazioni di
capacità realizzativa, piuttosto che su rigorose verifi che atte ad accertare
il possesso effettivo dei requisiti minimi necessari alla qualifi cazione da
parte delle aziende.
La committenza pubblica, pur impegnando formalmente l’appaltatore dei
lavori a garantire il rispetto degli standard di progetto, si ritrova nei fatti a
constatare non di rado defi cit qualitativi nell’opera fi nita; ciò avviene princi-
palmente per una sottostimata incidenza del fattore costo sulla qualità del
risultato fi nale. Infatti, il criterio maggiormente seguito in Italia per l’aggiu-
dicazione delle gare pubbliche resta quello del massimo ribasso.
Occorrerebbe invece garantire sistemi di aggiudicazione
basati sulla valutazione complessiva dell’inter-
vento: responsabilizzare le stazioni
appaltanti e le imprese ad una
selezione di offerte economica-
mente più vantaggiose, attraver-
so la verifi ca della rispondenza
tecnica e qualitativa dell’impresa rispetto all’opera da realizzare, della
sua capacità di ricerca e di innovazione, delle esperienze pregresse,
dell’attrezzatura specifi ca.
Per tale ragione, nel caso di lavori ad alta specializzazione, è forte il
rischio che i lavori eseguiti in subappalto possono vedere pregiudicata
la migliore “qualità” data dalla specializzazione dell’opera realizzata.
Un rilievo a parte merita un altro tema strettamente legato al settore: quello
della sicurezza sul lavoro nel sistema degli appalti, o meglio, nel sistema
dei subappalti. Le cronache sono piene, come le statistiche Inail, di inci-
denti sul lavoro legati ad una gestione discutibile di tale strumento. Lavori
subappaltati, come dicevamo prima, al prezzo più basso possibile su una
lavorazione già aggiudicata al massimo
ribasso e soprattutto ad imprese con
capacità realizzativa ottenuta “sulla
carta”, portano inevitabilmen-
te ad una spirale di insicurezza
e, appunto, di approssimazione
LA SICUREZZASUL LAVORONEL SISTEMADEGLI APPALTI
ULTIMENOTIZIEDA FINCO
A cura di:Angelo Artale Direttore Generale Finco Confi ndustria Federazione industrie, prodotti, impianti, servizi e opere specialistiche per le costruzioni
capacità realizzativa, piuttosto che su rigorose verifi che atte ad accertare
il possesso effettivo dei requisiti minimi necessari alla qualifi cazione da
parte delle aziende.
La committenza pubblica, pur impegnando formalmente l’appaltatore dei
lavori a garantire il rispetto degli standard di progetto, si ritrova nei fatti a
constatare non di rado defi cit qualitativi nell’opera fi nita; ciò avviene princi-
palmente per una sottostimata incidenza del fattore costo sulla qualità del
risultato fi nale. Infatti, il criterio maggiormente seguito in Italia per l’aggiu-
dicazione delle gare pubbliche resta quello del massimo ribasso.
Occorrerebbe invece garantire sistemi di aggiudicazione
basati sulla valutazione complessiva dell’inter-
vento: responsabilizzare le stazioni
appaltanti e le imprese ad una
selezione di offerte economica-
mente più vantaggiose, attraver-
so la verifi ca della rispondenza
lavorazione già aggiudicata al massimo
ribasso e soprattutto ad imprese con
capacità realizzativa ottenuta “sulla
carta”, portano inevitabilmen-
te ad una spirale di insicurezza
e, appunto, di approssimazione
13che si rifl ette sulla vita dei lavoratori prima ancora che sulla qualità dell’o-
pera e sulla sua pubblica utilità (e durabilità). Non si vuol con questo affer-
mare che nei cantieri degli “specialisti” non ci possano essere malaugurati
esempi di incidenti, ma è certo che la ditta seriamente strutturata e con-
sapevole dell’attività che va a compiere, oltre ad essere dotata dell’idonea
attrezzatura e perizia tecnica ha, certamente, personale qualifi cato la cui
soglia di attenzione e consapevolezza del pericolo del cantiere è diversa.
Se dunque questa catena di incertezza che è il subappalto “pervasivo” non
viene ricondotta sui corretti binari di una divisione del lavoro in cantiere
che veda tutti gli attori principali della fi liera (appaltatori, subappaltatori e
fornitori con posa in opera) su un piano di pari dignità e tutela, la tentazione
di trovare vie facili e poco onerose per rispondere alla commessa pubblica
sarà diffi cilmente arginabile.
OCCORRE DUNQUE UNA RIFLESSIONE:
In prima battuta da parte degli enti pubblici, “stazioni appaltanti” di opere
pubbliche, cercando per quanto possibile di diffondere:
a) il metodo dell’offerta economicamente più vantaggiosa, anche sotto il
profi lo della capacità di ricerca ed innovazione dell’azienda, dell’attrez-
zatura specifi ca posseduta, delle esperienze pregresse e della specifi ca
formazione del personale;
b) l’opzione del pagamento diretto ai subappaltatori. Oggi è una scelta
facoltativa da parte della Stazione appaltante.
Ci permettiamo di dire che si tratta in una certa misura di un problema di
“ordine pubblico”.
Le imprese piccole fanno da banca alle grandi, e muoiono. Si perdono
professionalità e posti di lavoro.
Secondariamente, da parte dei committenti di opere private perché ci si
assicuri che le opere vengano realizzate da operatori effettivamente pre-
parati ad eseguire quel determinato tipo di lavoro.
Se lasciamo che prevalga la logica del contenimento dei costi iniziali, anche
a prescindere dalle possibili ricadute sulla sicurezza del cantiere, dobbiamo
prevedere che l’opera fi nale non risponderà ai requisiti base previsti e,
soprattutto, avremo dei costi aggiuntivi non quantifi cabili di manutenzione,
interventi correttivi, mal funzionamento, ecc.. che non sono da trascurare.
PER QUESTO FINCO SUGGERISCE:
• “puntare in alto” per quanto riguarda sia il livello qualitativo, che gli
aspetti legati alla sicurezza, anche attraverso massicce iniezioni di for-
mazione del personale.
• Avere quindi una selezione accurata degli operatori e delle loro spe-
cifi che capacità e professionalità: sotto questo profi lo è necessario in-
sistere sul tema della qualifi cazione delle imprese il cui numero ormai
supera, sempre sulla carta, quello che si registrava al tempo dell’Albo
Nazionale dei Costruttori.
• Predisporre correttamente i bandi di gara consentendo la chiara indi-
viduazione delle lavorazioni da svolgere, senza cadere nella tentazione
di concentrare tutto nelle Categorie Generali a discapito di una chiara e
trasparente organizzazione dei lavori effettivamente necessari.
• Attuare un’operazione di moralizzazione che non può esaurirsi nel
chiedere nuove leggi e nuove regole (quelle per garantire la pari dignità
agli “attori” del cantiere), ma deve prevedere effi caci forme di con-
trollo e verifi ca.
• Da parte degli operatori: imporsi la serietà di accettare solo i lavori per
i quali si dispone della necessaria professionalità.
• Dare la possibilità, al soggetto aggiudicatario di un appalto, di affi da-
re i lavori ad altre imprese con le quali avrà stipulato un contratto di
rete senza che ciò costituisca subappalto, a condizione che la rete sia
precedente all’appalto e l’affi damento dei lavori (nella misura massima
del 40%) avvenga allo stesso costo di aggiudicazione da parte dell’ap-
paltatore principale.
• Le reti d’impresa rappresentano infatti una possibile risposta all’orga-
nizzazione del lavoro nella confi gurazione del nostro sistema produttivo.
• Garantire un sistema di pagamenti certo ed equo.
L’esigenza della formazione del lavoratore emerge chiara e forte dal
D.Lgs. 81/2008. Recita l’art. 37: “il datore di lavoro assicura che
ciascun lavoratore riceva una formazione suffi ciente ed adeguata in
materia di salute e sicurezza”, mentre l’art. 71 sottolinea l’impor-
tanza della formazione e dell’addestramento specifi ci per l’utilizzo
di una attrezzatura di lavoro che prevede responsabilità particolari.
Tempistiche e modalità di espletamento della informazione, forma-
zione e addestramento sono defi nite in sede di Conferenza perma-
nente per i rapporti tra Stato, Regioni e Provincie autonome di Trento
e di Bolzano e formalizzate con specifi ci accordi: l’Accordo del 21
dicembre 2011 sulla formazione di lavoratori, preposti e dirigenti, e
l’Accordo del 22 febbraio 2012 per l’utilizzo di attrezzature di lavoro
per le quali è richiesta una specifi ca abilita-
zione degli operatori.
Tuttavia, in nessuno di questi documenti
si tratta in maniera specifi ca di utilizzo
di sistemi di sicurezza anticaduta, no-
nostante la rilevanza della tematica, sia
in termini di infortuni mortali e gravi
avvenuti che di numero di utilizzatori e destinatari.
Proliferano allora corsi e seminari del tutto teorici e per nulla com-
pleti, specifi ci in relazione all’attrezzatura e a volte volutamente on-
nicomprensivi: partecipa a questo corso e sei “a posto” per qualsiasi
sistema di accesso in quota, si sente dire, sia questo una lineevita
FORMAZIONE, DA UNA PROPOSTADI AIPAA AL SENATOA UNA SVOLTA IN UNI
14
AIPAA AL MINISTERO DEL LAVORO
ta-
ti
o
A cura di:Fabio CortesiVicepresidente Aipaa
15
o una rete anticaduta o una piattaforma o scale portatili. Il processo
di valutazione e di scelta dell’idoneo sistema di accesso in quota
prevede che anche il datore di lavoro sia formato: nulla può essere
lasciato al caso o all’improvvisazione. Per l’utilizzo di tali sistemi si
indossano DPI di terza categoria (salvavita e quindi soggetti ad adde-
stramento obbligatorio), ciascuno con proprie caratteristiche e quindi
con un suo programma di formazione, modalità di addestramento
diverse, durata e costi del corso diversi e soprattutto competenze
del docente diverse.
Aipaa è da tempo attenta al problema della formazione del lavo-
ratore che accede in quota, perché è una materia specifica che
richiede pratica e addestramento. In tal senso, nel gennaio 2011
il Vice Presidente Aipaa, Dott. Ing. Fabio Cortesi, ha presentato
il problema in sede di Commissione infortuni al Senato della
Repubblica.
Oggi, l’impegno costante dell’Associazione si è concretizzato in
sede UNI: il gruppo di lavoro U500201 “Dispositivi di protezione
contro le cadute dall’alto”, di cui Aipaa fa parte quale membro
permanente, ha infatti riconosciuto il tema della normazione dei
percorsi di formazione per coloro che installano o effettuano ma-
nutenzione di sistemi anticaduta come argomento di interesse e
oggetto di un prossimo intervento normativo.
16
FORMAZIONEDA UNA PROPOSTADI AIPAA AL SENATOA UNA SVOLTA IN UNI
LA QUALITA’ DELLA FORMAZIONEFA LA DIFFERENZA
DI SEGUITO RACCOGLIAMO IL PREZIOSO CONTRIBUTO DELL’ING.
FABIO CORTESI, VICEPRESIDENTE AIPAA, SUL TEMA DELLA
FORMAZIONE DEI LAVORATORI IN ATTIVITÀ CHE ESPONGONO AL
RISCHIO DI CADUTA DALL’ALTO.
Esistono corsi di abilitazione professionale per i lavori in quota
e per la prevenzione delle cadute dall’alto?
R. Per abilitazione si intende un termine generico che identifi ca
differenti tipi di autorizzazioni all’esercizio di alcune professioni re-
golamentate. Il lavoratore che accede in quota non costituisce una
professione regolamentata. Occorre riferirci al D.Lgs. 81/08 e, nello
specifi co, all’art. 71: “Qualora le attrezzature richiedano per il loro im-
piego conoscenze o responsabilità particolari in relazione ai loro rischi
specifi ci, il datore di lavoro prende le misure necessarie affi nché l’uso
dell’attrezzatura di lavoro sia riservato ai lavoratori allo scopo incaricati
che abbiano ricevuto una informazione, formazione ed addestramento
adeguati”. Queste sono indicazioni precise e per niente interpretabili:
il datore di lavoro incarica i lavoratori per quel determinato lavoro in
quota (rischio specifi co, conoscenze particolari) solo se quelli sono in-
formati, formati e addestrati adeguatamente. Il carattere di adeguatez-
za è una responsabilità del datore di lavoro: è lui che decide e prende
le misure necessarie.
E’ possibile ad oggi defi nire i contenuti minimi della formazio-
ne e dell’addestramento per chi lavora in quota?
R. Per ora, è defi nito solo per addetti ai ponteggi e per addetti ai la-
vori con fune: il D.Lgs. 81/08 ha disciplinato tali attività, individuando
anche i soggetti che possono erogare la formazione; mentre per le
piattaforme di lavoro elevabili ci si deve riferire all’Accordo Stato Re-
gioni del 22 febbraio 2012. Per le altre attrezzature, l’iter che porterà
alla defi nizione delle indicazioni e di requisiti condivisi per la forma-
zione dei lavoratori che accedono in quota è appena cominciato e si
presenta ancora lungo: siamo però soddisfatti del percorso intrapreso
e attendiamo fi duciosi l’esito dei lavori dell’Organo Tecnico di UNI. Nel
frattempo la nostra associazione mette a disposizione dei datori di la-
voro il suo bagaglio di competenze per la scelta oculata del corso di
formazione e addestramento relativi alla specifi ca attività in quota.
Ci può dare qualche indicazione?
R. Un punto determinante è la durata del corso: se è di poche ore,
è sicuramente generico. Se poi prospetta la validità e l’effi cacia per
tutti i sistemi di accesso in quota, occorre approfondire i contenuti del
programma con domande mirate all’organizzatore: quasi sempre risul-
terà ancora generico. In sostanza, come vuole giustamente la norma,
il corso deve essere specifi co e adeguato: da qui serve la formazione
anche del datore di lavoro.
Con l’intento di puntare alla qualifi cazione delle imprese e degli in-
stallatori dei sistemi anticaduta, AIPAA ha promosso l’istituzione del
Registro Italiano Installatori Anticaduta (RIIA)® e del Registro
Italiano Aziende Anticaduta (RIAA)®, per gli operatori che si rivol-
gono al mercato, facendo di eccellenza e qualità una quotidiana scelta
di lavoro, grazie al rispetto di ben precisi protocolli.
Perché il Registro Italiano Installatori / Aziende Anticaduta? La pro-
fessione di “installatore di dispositivi anticaduta” è una professione
relativamente recente, che richiede una preparazione a tutto campo in
cui la formazione e l’addestramento rivestono un ruolo determinante.
Il Registro garantisce il possesso dei requisiti necessari per poter ef-
fettuare con professionalità e competenza le installazioni dei disposi-
tivi anticaduta in generale ed in particolare delle linee vita e permette
di identifi care in modo inequivocabile e rapido le aziende in grado
di garantire che le loro installazioni sono effettuate seguendo precisi
standard e protocolli di qualità nel rispetto dei requisiti essenziali di
sicurezza. Laddove “installazione” signifi ca anche verifi che, manuten-
zioni e ripristini.
Si presenta quindi la necessità che la qualifi ca degli installatori avven-
ga attraverso un processo defi nito e sotto controllo e non solo nelle
forme dell’autodichiarazione. La verifi ca dell’idoneità tecnico pro-
fessionale deve passare necessariamente dalla qualifi cazione delle
aziende e degli installatori.
Installare lineevita è un compito molto delicato non solo per la com-
plessità dei prodotti e dei sistemi, ma soprattutto per la cura e l’atten-
zione che devono essere poste nel realizzare un’attrezzatura di lavoro
che ha la sua funzione più importante nell’evitare le cadute dall’alto.
Installare lineevita comporta responsabilità e senso morale.
Per tali motivi è importante che gli installatori si qualifi chino anche at-
traverso un programma formativo adeguato e completo che consenta
una preparazione a 360 gradi, sia per l’acquisizione delle conoscenze
tecniche legate a questi sistemi innovativi, che per l’acquisizione della
competenza pratica applicativa.
L’iscrizione al Registro passa attraverso il possesso di un attestato di
partecipazione a un corso per installatori: il corso teorico - pratico che
Aipaa ritiene minimo per tale fi ne ha una durata di almeno 32 ore: il can-
didato deve superare con successo sia la teoria che le prove pratiche.
I requisiti sono dunque: formazione sui rischi specifi ci delle attività,
ai sensi degli art. 37 e 73.7 del D.Lgs. 81/08; iscrizione all’Aipaa;
possesso dei requisiti di regolarità contributiva; iscrizione alla CCIAA;
assicurazione per danni a terzi derivanti dal montaggio e dall’utilizzo
dei dispositivi anticaduta; sottoscrizione del codice di etica professio-
nale e comportamentale, proprio del registro.
RIA
A
Registro Italiano Aziende nticaduta
®
RI I
A
Registro Italiano Installatori nticaduta
®
17
UN REGISTRO A GARANZIA DI INSTALLATORI E AZIENDE ANTICADUTA
CASI PARTICOLARIDI PROGETTAZIONEDI LINEE VITA
CASO 1OGGETTO: REALIZZAZIONE SISTEMA ANTICADUTA SU COPERTURA PER MANUTENZIONE IMPIANTO FOTOVOLTAICO
COPERTURA A DUE FALDE
PROBLEMA:
DIFFICOLTA’ DI INSTALLAZIONE DEI DISPOSITIVI LATERALI CON PIASTRE PER GRECATO (EFFETTO PENDOLO) CAUSA ADEGUAMENTO DEI PANNELLI FOTOVOLTAICI
ESEMPIDI PROGET-TAZIONE
18
SOLUZIONE:
UTILIZZO DI ELEMENTI IN CLASSE A1 (GOLFARI) LUNGO TUTTA LA FALDA
A cura di:Geom. Andrea BrolisTecnico progettista SSC Società Sicurezza Cantieri
CASO 2OGGETTO: REALIZZAZIONE SISTEMA ANTICADUTA SU GIARDINO PENSILE
PROBLEMA:
SUPERARE LO STRATO DI TERRENO (MAGGIORE DI 600 MM) PER FAR FUORIUSCIRE IL DISPOSITIVO IN CLASSE C (LINEA VITA): GLI ELEMENTI STANDARD SONO DI DIMENSIONI INFERIORI (DA H.350 A 500 MM)
SOLUZIONE:
UTILIZZO DI UN ELEMENTO FUORI STANDARD DI ALTEZZA MAGGIORE DI UN ELEMENTO REGOLABILE IN ALTEZZA
19
20
CASI PARTICOLARIDI PROGETTAZIONEDI LINEE VITA
CASO 3OGGETTO: REALIZZAZIONE SISTEMA ANTICADUTA SU PREFABBRICATO INDUSTRIALE PER MANUTENZIONE IMPIANTI FOTOVOLTAICI
REALIZZAZIONE DI DISPOSITIVO CLASSE C (LINEA VITA)
PROBLEMA:
GLI ELEMENTI TERMINALI NON POSSONO ESSERE INSTALLATI SOPRA LA COPERTURA IN QUANTO E’ PIENA DI PANNELLI FOTOVOLTAICI E NON C’E’ SPAZIO A SUFFICIENZA PER POSIZIONARE L’ELEMENTO
SOLUZIONE:
REALIZZAZIONE DI UN ELEMENTO PALO SPECIALE PER CLASSE C (LINEA VITA) CHE SI FISSA ALLA PARTE LATERALE DELLA COPERTURA
Il modulo di iscrizioneè disponibile sul sito
Convenzioni e facilitazioni
Filo diretto con il settoreS E R V I Z I A G L I A S S O C I A T I
www.aipaa.it
SPECIALE CADUTE DALL’ALTO
22
ANCORA TROPPI MORTIPER CADUTE DALL’ALTOIL PROBLEMA DELLAPERCEZIONE DEL RISCHIO
Se pur il Rapporto annuale INAIL 2011 mostra un calo degli infortuni
in ambito professionale, le cifre rimangono ancora molto alte. Secondo
le rilevazioni effettuate dall’INAIL al 31 marzo 2012, lo scorso anno
sono stati 725.174 gli infortuni denunciati all’Istituto, con un calo del
6,6% rispetto ai 776.099 del 2010. In fl essione del 5,4% anche i casi
mortali, passati da 973 a 920. In generale, dunque, rispetto al 2010
si sono verifi cati 51mila infortuni in meno e da due anni il numero dei
decessi è al di sotto dei mille casi. La fl essione è generalizzata in tutti
i settori di attività e solo l’1,6% sembra essere legato agli effetti della
crisi economica.
Il trend registrato, se pur positivo, non può farci ritenere soddisfatti:
sono ancora troppi gli infortuni, e soprattutto quelli evitabili perché
dovuti alla mancanza di consapevolezza dell’operatore del rischio al
quale si espone. Fretta, stanchezza e inesperienza, spesso legati a una
scarsa formazione, contribuiscono ad abbassare la soglia di attenzione
e a sottovalutare la percezione del rischio.
NE ABBIAMO PARLATO CON CARMELA SIDOTI, DIRETTORE
REGIONALE INAIL FRIULI VENEZIA GIULIA.
I dati relativi agli infortuni rimangono alti, ma è innegabile che
c’è stata una certa diminuzione: quali sono secondo lei i fattori
che hanno contribuito in maniera maggiore?
R. La diminuzione degli infortuni – al di là della congiuntura
economica - va attribuita a fattori di tipo strutturale e culturale.
Tra gli elementi che sicuramente hanno inciso in tal senso
nell’ultimo decennio possiamo sicuramente annoverare
la terziarizzazione dell’economia con fenomeni di
delocalizzazione di attività industriali più rischiose fuori
dai confi ni nazionali, il radicamento e conseguente
integrazione della manodopera straniera, lo sviluppo
nelle aziende di una cultura organizzativa sulla base
di esperienze, modelli e certifi cazioni europee e
mondiali (ISO 9001, sistemi SGSL, OSHA, etc.). Non
da meno la crescita culturale in senso stretto sui valori della salute e
sicurezza si è sicuramente ampliata, sia tra gli addetti al lavoro che tra
i consociati, grazie all’intesa attività di sensibilizzazione, informazione,
formazione e consulenza messo in atto dall’arco istituzionale, nel cui
ambito Inail svolge ruolo di spicco nella sua funzione di Polo Salute e
Sicurezza.
Sono aumentati i controlli effettuati dagli organi di vigilanza.
Quanto ciò può avere infl uito?
R. L’azione di vigilanza svolta dall’INAIL congiuntamente a INPS
e Direzioni territoriali del lavoro è un presidio di legalità ed è linfa
vitale per l’economia, per le aziende sane che creano lavoro sicuro
che quindi possiamo defi nire
“buon lavoro”. L’attività
di controllo vuole
tutelare le aziende
virtuose dalla
concorrenza
23sleale e immorale che si attua con il lavoro nero e con le varie forme
di sfruttamento e di violazione delle norme a tutela della sicurezza.
L’economia sommersa deprime l’economia, frena lo sviluppo e a
ripresa economica e umilia le persone esponendole a rischi gravi per
la propria salute e l’incolumità.
Ritengo, in ogni caso, che la vigilanza e la repressione non siano
l’elemento strategico della riduzione infortunistica. Il rispetto delle
norme ottiene risultati virtuosi solo quando vi è un’adesione volontaria
alle stesse da parte dei corpi sociali interessati, una consapevolezza
collettiva della necessità di rispettare le norme al fi ne del bene comune
che è un bene di ciascuno. Questa adesione si ottiene tramite il
rafforzamento della coscienza civile e in questa dinamica culturale un
generico timore della sanzione svolge un ruolo relativo.
Per questo INAIL e gli altri Enti preposti privilegiano, in materia
di vigilanza, attività congiunte che coinvolgano, oltre agli enti
previdenziali, ASL e DTL, cui spetta la competenza specifi ca in materia
di vigilanza sull’applicazione delle norme di sicurezza sul lavoro, anche
in ottica prevenzionale, con la possibilità di utilizzare, ancor più che il
potere sanzionatorio, lo strumento delle prescrizioni di adeguamento
dell’ambiente di lavoro alle norme stesse.
In ogni caso, i controlli di INAIL, INPS, ASL e DTL sono preceduti da
attività di intelligence e analisi dei settori a maggior rischio di evasione,
per porre in essere verifi che capillari e quindi dare certezza alle
imprese ‘oneste’ della volontà dello Stato di colpire solo chi non opera
secondo le regole.
Che rifl essione può essere effettuata relativamente agli
infortuni dovuti alle cadute dall’alto, i cui dati rimangono alti?
R. Vi sono settori di attività che presentano una rischiosità intrinseca
confermata da rilievi statistici di lungo corso. Il settore edile per numeri
assoluti, frequenza infortunistica e gravità degli eventi è da anni uno
dei settori più delicati per l’andamento infortunistico. Questo dato
è noto a tutti gli addetti ai lavori ed è una criticità di cui i soggetti
istituzionalmente impegnati nella prevenzione e diffusione della cultura
della sicurezza sono consapevoli sia a livello locale che nazionale.
Non è un caso che fi n dal 2009 l’Inail si è fatta fautrice, insieme al
Ministero del Lavoro, di uno specifi co Piano prevenzione edilizia e di
una campagna di sensibilizzazione sulla sicurezza nei cantieri (www.
prevenzionecantieri.it). Il piano ha affrontato la problematica della
salute e della sicurezza nelle Costruzioni attraverso un programma di
interventi articolato e complesso; sul Piano si è verifi cata gradualmente
la convergenza di varie Istituzioni nonché l’interesse delle Parti Sociali.
Ma siamo di fronte a un lavoro di prevenzione che ha tempi lunghi
perché deve incidere su fenomeni complessi sia culturali che
organizzativi. Infatti per quanto il progresso tecnologico abbia
consentito di realizzare macchinari ed impianti sempre più effi cienti,
sotto il profi lo della sicurezza, per eliminare gli infortuni e le malattie
professionali si deve accompagnare un’organizzazione del lavoro
pensata ‘in termini di sicurezza’, dove il fattore umano sia valutato
non solo sotto il profi lo quantitativo ma anche qualitativo. Non ci si
deve preoccupare, insomma, solo di fornire i DPI ai lavoratori, ma far
sì che la loro preparazione nell’uso dei DPI sia un fattore organizzativo
verifi cato in termini di effi cienza operativa e produttiva. I lavoratori
devono infatti diventare, con i datori di lavoro, i protagonisti della
sicurezza e l’Inail con azioni di informazione, formazione e consulenza
in questi anni ha cercato di accompagnarne la crescita in termini di
maggior consapevolezza nella gestione del proprio ruolo.
24
ANCORA TROPPI MORTIPER CADUTE DALL’ALTOIL PROBLEMA DELLA PERCEZIONE DEL RISCHIO
Quali sono le principali azioni intraprese per continuare ad
abbassare i numeri relativi agli infortuni?
R. La recente legislazione, in ultimo il d.lgs. n. 81/2008, ha attribuito
all’Inail il compito di promuovere la cultura della prevenzione e avviare
azioni per il miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza dei
lavoratori. Gli ambiti nei quali l’Inail si impegna a realizzare il mandato
istituzionale trovano riscontro in cinque macro aree. Innanzitutto
la messa a disposizione e sviluppo del patrimonio informativo di
dati su infortuni e malattie professionali (articolato in banche dati)
detenuto dall’Inail, il cui utilizzo e lettura in chiave statistica è base
imprescindibile di qualunque azione da intraprendere.
Quindi la formazione, l’utilizzo cioè delle professionalità tecniche
e scientifi che per l’elaborazione di percorsi formativi qualifi cati
principalmente a favore di aziende e lavoratori, ma anche di studenti
e giovani. Ancora, l’attività di assistenza e consulenza è un ulteriore
aspetto che il bagaglio professionale Inail può fornire al sistema delle
imprese sulla base di progetti territoriali specifi ci.
Il quarto ambito è quello del sostegno economico attraverso la
ridistribuzione di risorse economiche, sia Inail che statali, alle imprese
tramite bandi di fi nanziamento per le spese connesse al miglioramento
degli standard di sicurezza dei luoghi di lavoro.
Infi ne vi è la più vasta azione di promozione della cultura della
prevenzione, contribuire cioè alla diffusione più ampia possibile dei
temi della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro con iniziative di
sensibilizzazione di vario genere (cinema, teatro, fi ere, mostre, etc.).
È di tutta evidenza che solo la convergenza di tutte le parti, i soggetti
e le forze che compongono il mondo del lavoro può far sì che le azioni
intraprese nei cinque ambiti citati siano effi caci ed è per questo motivo
che l’azione dell’Inail si articola sempre in azioni svolte in sinergia con
altre parti sociali e Istituzioni.
In ogni caso dobbiamo ricordare che l’attività di prevenzione, come
sopra declinata, non è di tipo scientifi co e quindi non si può defi nire
un rapporto direttamente proporzionale tra essa e il calo infortunistico.
Trattandosi di attività latamente culturale i risultati della stessa
potranno essere colti solo in tempi medio-lunghi.
Se compariamo i dati nazionali con quelli dei principali Paesi
europei, come risulta la situazione italiana?
R. Ogni qual volta si approccia il tema degli infortuni sul lavoro
proponendo comparazioni su base continentale occorre tenere
conto che i confronti tra i vari Paesi si basano su dati disomogenei
e non vanno fatti in termini assoluti. Esistono, infatti, ancora grossi
problemi di armonizzazione e completezza che inducono a effettuare
tali paragoni con estrema cautela. A tutt’oggi, i dati sugli infortuni
sul lavoro vengono forniti dai vari Stati membri dell’Unione Europea
non in forza di una direttiva, ma di un semplice gentlemen’s
agreement. Per questo le statistiche risentono pesantemente delle
difformità legate ai criteri di rilevazione e alle diverse procedure
di dichiarazione di non pochi Stati membri (tra cui Regno Unito,
Irlanda, Paesi Bassi, Danimarca e Svezia). Per tali ragioni è proprio
Eurostat – l’Uffi cio centrale di statistica della Comunità Europea
– a invitare a non raffrontare i dati degli andamenti infortunistici
dei vari Paesi in termini assoluti, in quanto sostanzialmente non
omogenei, e a confrontare esclusivamente attraverso i “tassi di
incidenza standardizzati”, elaborati mediante specifi che metodologie
statistiche, apportando alcuni correttivi che tendono a rendere più
comparabili i dati.
Per il 2008 (ultimo anno reso disponibile da Eurostat), sulla base
dei tassi d’incidenza il nostro Paese registra un valore pari a 2.362
infortuni per 100.000 occupati (con una riduzione del 27,7%
rispetto al 2003 e del 42,5% rispetto al 1998), collocandosi nella
graduatoria risultante dalle statistiche armonizzate ben al di sotto
di quello rilevato per Spagna (4.792), Francia (3.789) e Germania
(3.024). Per i casi mortali l’Italia, con un indice nazionale di 2,5
decessi per 100mila occupati si colloca in linea con
il dato rilevato per i 15 Stati membri e al di sotto
di quello registrato nell’Euro-zona (2,8), che
comprende Paesi più omogenei al nostro sia
dal punto di vista dei sistemi assicurativi,
sia di quello dell’omogeneità e
completezza dei dati.
25
1.200.000
1.000.000
800.000
600.000
400.000
200.000
0
2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011
2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011Infortuni 1.023.379 992.655 977.192 966.696 940.013 928.140 912.379 875.347 790.397 776.099 725.174 var.% annua - -3,0 -1,6 -1,1 -2,8 -1,3 -1,7 -4,1 -9,7 -1,8 -6,6
INFORTUNI
Infortuni sul lavoro nel terzo millennio(fonte: elaborazioni su dati inail)
Questo primo scorcio di millennio, che va dagli inizi degli anni duemila ai giorni nostri, rappresenta un periodo molto importante e denso di profi cue conquiste nel campo delle tutele sociali dei rischi professionali. In pratica, il periodo si inizia sulla scia del decreto 38/2000 che, spaziando sui vari aspetti del sistema di tutele, aveva avviato un percorso di profonde riforme che hanno trovato poi concretizzazione negli anni successivi con ulteriori fasi tese alla compiuta realizzazione dell’obiettivo fi nale della tutela integrale del lavoratore. Un processo che in tutti questi anni si è svolto sotto la spinta di una opinione pubblica che si è mostrata sempre più attenta ai problemi della sicurezza del lavoro, sollecitata e stimolata anche dai costanti e autorevoli richiami del Presidente della Repubblica.
In questo contesto, il fenomeno infortunistico ha segnato, nel periodo di osservazione 2001-2011, una continua e costante diminuzione nelle sue consistenze numeriche mantenendosi, tuttavia, su livelli dimensionali ancora molto elevati. Gli infortuni sul lavoro denunciati all’INAIL sono passati, infatti, da 1.023.000 del 2001 a 725.000 del 2011 (ultimi dati uffi ciali disponibili), con una riduzione complessiva di quasi 300.000 unità pari a -29,1%. Il calo annuo si è mantenuto su livelli abbastanza contenuti, con valori medi del -2%, fi no all’inizio della crisi, per segnare invece variazioni sensibilmente più consistenti negli anni successivi (-4,1% nel 2008, -9,7% nel 2009, -1,8% nel 2010 e -6,6% nel 2011).
Andamento pressoché analogo si è registrato per gli infortuni mortali che sono scesi dai 1.546 casi del 2001 ai 920 del 2011, facendo segnare un calo molto sostenuto di oltre 600 unità pari a -40,5%. Per questi eventi la contrazione annua è stata sempre intensa e sostan-
zialmente continua con valori di riduzione mediamente più elevati nella seconda metà del periodo di osservazione, a partire cioè dall’anno 2007 quando si stava precipitando all’interno della grave crisi economica an-cora oggi in atto.
1.600
1.400
1.200
800
600
400
200
02001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011
2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011Casi mortali 1.546 1.478 1.445 1.328 1.280 1.341 1.207 1.120 1.053 973 920 var.% annua - -4,4 -2,2 -8,1 -3,6 4,8 -10,0 -7,2 -6,0 -7,6 -5,4
CASI MORTALI
Pur tuttavia se sul piano dell’andamento del fenomeno si può esprimere un giudizio sostanzialmente positivo, altrettanto non si può dire se si guarda alle sue dimensioni che, come già si diceva, permangono ancora oggi trop-po elevati e del tutto inaccettabili per un Paese civile. 725.000 infortuni nel solo anno 2011 stanno a signifi care che in pratica ogni giorno,
comprese ferie e festivi, ben 2.000 lavoratori subiscono un trauma con conseguenze più o meno pesanti in termini fi sici, psicologici ed anche economici. Ogni anno, inoltre, sono almeno 40.000 (più di 100 al giorno) i lavoratori che subiscono una invalidità permanente di medio-alta gravità.
26
ANCORA TROPPI MORTIPER CADUTE DALL’ALTOIL PROBLEMA DELLA PERCEZIONE DEL RISCHIO
Si è assistito, e si sta assistendo ancora oggi, a quella che tecni-
camente viene definita “emersione delle malattie perdute”, un
processo a lungo atteso da tutte le parti sociali deputate alla tutela
dei lavoratori e che sembra finalmente collocare le dimensioni del
fenomeno, da sempre e da più parti ritenuto sottostimato, su livelli più
adeguati e rispondenti alle esigenze di tutela sanitaria ed assicurativa
dei lavoratori. Un fenomeno, dunque, di grande importanza e dal forte
impatto sociale che può essere senz’altro ricondotto ad una mag-
giore sensibilizzazione e consapevolezza da parte di lavoratori, datori
di lavoro e di chi presta loro assistenza e consulenza: in particolare
INAIL, medici di famiglia, organizzazioni di lavoratori e di infortunati,
patronati, ecc.
Ma sicuramente il fattore che maggiormente ha contribuito alla ef-
fettiva emersione di quelle patologie professionali che fino a pochi
anni fa non venivano denunciate, è stata l’emanazione nel 2008 della
nuova “Tabella delle malattie professionali”, la lista cioè di quelle
tecnopatie che godono della cosiddetta “presunzione legale d’origi-
ne”, allargandone il numero in misura significativa e specificando in
modo dettagliato la denominazione della patologia. In particolare,
l’aggiornamento della Tabella si è caratterizzato per l’inserimento,
tra le malattie “tabellate” , delle patologie dell’apparato muscolo-
scheletrico.
In definitiva si può affermare che i motivi della eclatante crescita
delle denunce di malattie professionali sono collegati proprio a queste
tipologie patologiche. Se si focalizza, infatti, l’analisi sull’ultimo quinquennio, periodo in cui tale fenomeno è sviluppato, si rileva come le denunce di patologie muscolo-scheletriche siano quasi triplicate, passando dai circa 11.500 casi del 2007 ai 30.500 del 2011. In termini di composizione percentuale: nel 2007 le pato-logie muscolo-scheletriche rappresentavano il 39,6% del totale delle malattie professionali, la loro quota è salita, anno dopo anno, al 65,6 nel 2011. In pratica due malattie su tre sono oggi di natura osteo-artico-lare o muscolo-tendinea.
2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011N. Malattie 27.360 26.750 25.220 26.484 26.628 26.750 28.933 30.093 34.889 42.465 46.558 var.% annua - -5,7 -5,7 5,0 0,5 0,5 8,2 4,0 15,9 21,7 9,6
Nel corso di questi ultimi anni è lentamente maturato e si è poi concre-
tizzato l’inizio di una vera e propria rivoluzione nel campo delle malattie
professionali. Fino all’anno 2006, infatti, il trend delle denunce perve-
nute all’INAIL si era mantenuto sostanzialmente stabile tra i 25.000 e i
27.000 casi l’anno. Ma, quasi improvvisamente, il 2007 ha segnato un
incremento di oltre duemila casi (da 27.000 circa a 29.000) rispetto al
2006 pari a +8,2% e imponendosi come punto di rottura nell’evoluzione
del trend di medio periodo.
Ma l’anno 2007 non era che l’inizio di un lungo periodo di crescita,
continua e progressiva, che si protrae ancora oggi. Nel 2008, infatti, vi
è stato un ulteriore balzo (+4% pari ad oltre 1.000 casi in più), che ha
portato ad oltre 30.000 il numero di denunce in quell’anno. Un incre-
mento nettamente superiore (quasi 5.000 casi in più, pari a + 15,9%) si
è poi registrato nel 2009 per raggiungere la punta massima di crescita
nel 2010, quando sono state denunciate 42.500 malattie professionali,
vale a dire circa 7.600 casi in più rispetto all’anno precedente, facendo
registrare un aumento annuo record pari a + 21,7%. Nel 2011, infi ne,
vi è stato un ulteriore crescita di oltre 4.000 casi (+9,6%).
Complessivamente, nel corso dell’intero quinquennio, la crescita è stata pari al 60,9% , passando dai circa 27.500 casi del 2001 ai 46.500 del 2011: quasi 20.000 denunce di malattie professionali in più nel giro di pochi anni.
50.000
40.000
30.000
20.000
10.000
02001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 2008 2009 2010 2011
N. MALATTIE
L’emersione delle malattie perdute(fonte: elaborazioni su dati inail)
27Analizzando i decessi per malattia professionale, i tumori rappresenta-
no complessivamente, in media, oltre il 90% delle malattie professio-
nali letali indennizzate dall’INAIL e addebitabili per lo più all’asbesto,
uno dei più noti agenti patogeni professionali. In tema di malattie pro-
fessionali “mortali” occorre comunque precisare che:
• per quantificare i casi mortali da malattia professionale biso-gna adottare una visione prospettica di lungo periodo;
• i quasi 300 decessi indennizzati relativi al 2011 (rilevazione del 31 marzo 2012), sono destinati inevitabilmente ad aumentare.
Ciò in conseguenza della presenza signifi cativa di casi ancora in corso di
defi nizione, ma anche e soprattutto in considerazione delle caratteristiche
di latenza di alcune patologie, di cui si è già detto, che possono portare
alla morte anche dopo molti anni dall’esposizione al rischio o dalla mani-
festazione della patologia. La dimensione reale dei decessi tra tecnopatici,
richiede pertanto tempi di osservazione a lungo termine e il dato effettivo e
completo potrà essere rilevato concretamente soltanto tra alcuni decenni.
Allo stato attuale, anche in base all’osservazione degli anni passati, si può quindi stimare che la “generazione completa” di morti per patologie professionali denunciate nel 2011 è destinata, nel lungo periodo, ad attestarsi intorno alle 1.000 unità.
MALATTIE PROFESSIONALI MANIFESTATESI NEL PERIODO 2007-2011E INDENNIZZATE*, PER TIPO DI CONSEGUENZA.
* situazione alla data di rilevazione del 31 marzo 2012
28
ANCORA TROPPI MORTIPER CADUTE DALL’ALTOIL PROBLEMA DELLA PERCEZIONE DEL RISCHIO
Uno sguardo al settore costruzioni conferma la prevalenza di casi mortali da cadute dall’alto nel settore:
Per l’analisi relativa agli infortuni dovuti a “cadute dall’alto” occorre
far riferimento agli eventi indennizzati. Poiché le informazioni allo stato
disponibili riguardano i casi definiti al 31 marzo 2102, e l’ultimo anno
non perciò può ritenersi sufficientemente consolidato, si assume a
base di riflessione il triennio 2009/2011.
Nell’arco di tale periodo le cadute dall’alto, riferite a tutti i settori e
tutte le tipologie di accadimento, si sono ridotte nella percentuale del
24,5 %, una variazione molto maggiore rispetto al dato generale degli
infortuni pari al -11,33 %.
Questa marcatissima flessione probabilmente risente della congiuntu-
ra economica del settore edile, settore le cui le cadute dall’alto (avve-
nute in ambiente di lavoro ordinario di lavoro) incidono sul totale di
tale tipologia nella misura del 29,09 %, contro un’incidenza sul totale
degli infortuni indennizzati (sempre in ambiente ordinario di lavoro)
del 15,18 %.
Tuttavia, se analizziamo i dati degli occupati Istat, possiamo affermare
comunque un andamento positivo degli infortuni, considerato che la
riduzione occupazionale nel settore edile nel 2011 rispetto al 2009 è
del 5,86 % a fronte della riduzione delle cadute dall’alto in occasione
di lavoro del 28,67 %.
I casi mortali in ambiente ordinario di lavoro conseguenti a cadu-
te dall’alto (sempre nel settore industria e servizi) rappresentano nel
triennio la media del 15,71 % degli infortuni totali di tale tipologia, con
la variazione di seguito riportata:
Totale Italia 2009 2010 2011 totale triennio
Totale Industria e Servizi 333 347 313 993
Cadute dall’alto 56 54 46 156
% cadute dall’alto 16,82 15,56 14,70 15,71
2009 2010 2011 totale triennio
Totale cadute dall’alto 56 54 46 156
Di cui sett. Costruzioni 34 31 28 93
% costruzioni 60,71 57,41 60,87 59,62
M O R T A L I I N A M B I E N T E O R D I N A R I O D I L A V O R O
INCIDENTI MORTALI IN AMBIENTE ORDINARIO DI LAVORO INDUSTRIA E SERVIZI
%24,555%%
%15,184,54,5
%15,71%% %28,675 715 71%%%
Infortuni per caduta dall’altosettore Industria e Servizi
29
Vi sono alcuni fattori determinanti del comportamento umano nella pre-
venzione degli infortuni. Partendo dalla sfera razionale, il livello delle com-
petenze, delle attitudini e delle abilità determina quella che si defi nisce la
percezione del rischio. L’altra sfera in gioco è quella emozionale, che
coinvolge i valori della persona, i bisogni e il carattere, che determinano
la propensione al rischio. Attraverso una complessa elaborazione degli
input attraverso le due sfere, razionale ed emozionale, ne deriva un output,
ossia uno specifi co comportamento che costituisce il risultato, appunto,
dell’infl uenza di molteplici variabili soggettive. Ritengo importante dare una
defi nizione più precisa di percezione e propensione al rischio per una più
chiara comprensione dei fattori che le possono determinare. La percezio-
ne del rischio è la capacità di individuare, prima possibile, una fonte
di pericolo. La propensione al rischio è l’atteggiamento individuale
di fronte al pericolo.
La percezione del rischio può essere infl uenzata da alcuni fattori come:
1 l’apprendimento derivante dalla propria esperienza;
2 il livello di attenzione (inferiore nei giovani e negli anziani);
3 la conoscenza effettiva dei pericoli;
4 l’osservazione di situazioni di pericolo altrui.
Invece, la propensione al rischio può essere infl uenzata da altri fat-
tori, tra cui:
1 la percezione di possedere il controllo e di essere perfettamente
all’altezza rispetto alle richieste;
2 errori di percezione derivanti da un ottimismo irrealistico, sottosti-
mando la vulnerabilità personale;
3 alcuni vantaggi secondari connessi all’assunzione di rischio (il rispar-
mio di tempo, energia, maggiori guadagni…);
4 fattori sociali (se la maggior parte dei colleghi non utilizza le norme di
sicurezza il rischio di essere isolati è più forte e immediato della perce-
zione della possibilità di farsi male).
Un altro fattore molto importante è la stanchezza, sia fi sica che mentale, che
riduce la capacità di concentrarsi e di percepire l’ambiente esterno.
E’ dunque consigliabile intervenire sull’organizzazione del lavoro stesso con
un’analisi molto accurata dei tempi e delle pause necessarie alla svolgimento
delle attività lavorative. Infatti, per ridurre la probabilità di infortuni, è necessario
gestire tale rischio attraverso l’addestramento, l’informazione e la formazione.
Gli incidenti spesso si verifi cano per difetto di conoscenza o di abilità ovvero
ancora di comportamen-
ti preventivi adeguati.
Il target di ogni inter-
vento dovrebbe essere
quello di far coinci-
dere il rischio
reale
con quello percepito. Un metodo per raggiungere tale risultato consiste nel
dare l’opportunità ai lavoratori di evidenziare tra di loro i rischi e di poterli
comunicare ai responsabili aziendali. L’azienda dovrebbe conseguentemente
aggiornare i rischi effettivi e comunicarli ai dipendenti. La funzione dello psico-
logo è fondamentale per aiutare ad analizzare le procedure e l’organizzazione
del lavoro (i rischi espliciti e impliciti), attraverso colloqui con i lavoratori e i
responsabili aziendali. La fi nalità è quella di far emergere le criticità delle pro-
cedure, le aspettative del lavoratore, gli specifi ci bisogni formativi. Nella mia
esperienza di lavoro come psicoterapeuta cognitivo comportamentale mi è
capitato spesso di seguire persone che hanno subito un infortunio sul lavoro.
E’ necessario trattare adeguatamente e con sollecitudine queste tipologie di
traumi poiché il rischio è l’insorgere di sintomatologie ansioso depressive che
vanno a protrarre i tempi di guarigione. Le conseguenze sono ovvie, sia rela-
tivamente al peggioramento della prognosi del lavoratore, sia per i disagi e i
costi superiori che l’azienda datrice di lavoro dovrà sopportare. Oggi, grazie a
tecniche terapeutiche effi caci e a breve termine come l’EMDR (Eye Movement
Desensitization and Reprocessing), bastano poche sedute per trattare il distur-
bo post traumatico da stress, che a volte si associa ad un trauma. Questa me-
todologia psicoterapeutica tratta i problemi emotivi causati dai traumi attraverso
la desensibilizzazione e la ristrutturazione dell’accaduto. Ciò signifi ca che il ri-
cordo disturbante del trauma viene trasformato in un ricordo normalmente ne-
gativo, ma privo di quella carica così intensa di emozioni dolorose e sensazioni
fi siche spiacevoli. Coloro che subiscono un trauma, o ne sono semplicemente
spettatori, possono infatti sviluppare sentimenti di disistima, di pessimismo a
cui segue una modifi cazione dell’immagine di se stessi, di incapacità e di im-
potenza. Questi sentimenti non aiutano il lavoratore ad essere adeguatamente
concentrato e presente a sé stesso, provocando ulteriori ricadute negative sulla
sua situazione personale e sulla sua capacità lavorativa.
PREVENZIONE DEGLI INFORTUNI: LA PSICOLOGIA AIUTA
A cura di:Fernanda CassinaPsicologa e psicoterapeuta cognitivo comportamentale
30
L’ASSOCIAZIONE ANMIL DA SEMPRE DENUNCIA L’ALTO NU-
MERO DI INFORTUNI SUL LAVORO. NE ABBIAMO PARLATO CON
FRANCO BETTONI, PRESIDENTE NAZIONALE DELL’ASSOCIA-
ZIONE STESSA.
Qual è l’impegno dell’Associazione e quali le principali que-
stioni di cui si occupa.
R. La nostra Associazione è nata settant’anni fa per tutelare le vit-
time degli incidenti sul lavoro attraverso servizi assistenziali in un
contesto economico e sociale ben diverso da quello odierno. Con il
passare del tempo abbiamo dovuto impegnarci sempre di più per il
raggiungimento di obiettivi sempre più ambiziosi per fornire ai nostri
Associati informazioni, consulenze e supporti adeguati. Ma abbiamo
anche lottato per far avere a tutti i lavoratori maggiori tutele pro-
muovendo importanti passaggi
legislativi, portando avanti
iniziative di informazione
per far sì che chi gover-
na il nostro Paese non
dimenticasse mai l’im-
portanza della sicurezza
nei luoghi di lavoro. Posso, affermare con grande soddisfazione, che
il nostro impegno è stato riconosciuto anche dal nostro Capo del-
lo Stato che quest’anno ci ha consentito di celebrare in Quirinale
la nostra Giornata Nazionale per le vittime degli incidenti sul lavoro
ospitandola. Proprio in questa occasione ho illustrato al Presidente
Napolitano le principali criticità relative al sistema risarcitorio, a par-
tire dall’abbassamento del grado di menomazione indennizzabile in
rendita e la necessità di mettere mano in modo coerente e radicale
ad un sistema che risale al 1965, non più al passo con la società. A
tale proposito gli ho annunciato la volontà di presentare una proposta
di legge di iniziativa popolare per la riforma del Testo Unico, sapendo
che resterà comunque per la prossima legislatura, a testimonianza di
un problema aperto cui mettere mano al più presto.
Per svolgere al meglio la nostra attività abbiamo costituito una rete di
enti e società a totale partecipazione dell’ANMIL, ciascuno preposto
a svolgere funzioni specifi che: il Patronato; il CAF; IRFANMIL l’ente
preposto ai progetti di formazione e qualifi cazione; l’Agenzia per il
Lavoro dedicata al reinserimento dopo l’infortunio; ASSOWELFARE
preposto alla promozione di class action; ANMIL Sicurezza s.r.l. che
opera nel campo della formazione, della consulenza e della ricerca
in tema di tutela della salute e sicurezza sul lavoro e della evoluzio-
ne dei modelli di organizzazione del lavoro e infi ne la Fondazione
“Sosteniamoli subito” che promuove azioni assistenziali nei confronti
delle vittime degli infortuni sul lavoro.
Quale è la vostra opinione in merito al fenomeno infortunistico?
R. Purtroppo ci troviamo spesso a dover fare bilanci del drammatico
problema degli incidenti sul lavoro che non è fatto solo di meri dati
statistici ma di un vero e proprio fenomeno sociale dietro il quale si
celano storie e dolori di migliaia di persone.
E anche se i dati segnano un lieve miglioramento non possiamo
comunque essere soddisfatti, perché i numeri di questo fenome-
no restano a nostro parere, intollerabili per un Paese civile come
l’Italia: parliamo ancora infatti di 700mila lavoratori che ogni anno
si infortunano o si ammalano, di cui circa 40mila, rimangono perma-
nentemente invalidi, mentre oltre 1.400 perdono la vita sul lavoro o
a causa di malattie professionali.
muovendo importanti passaggi
legislativi, portando avanti
iniziative di informazione
per far sì che chi gover-
na il nostro Paese non
dimenticasse mai l’im-
portanza della sicurezza
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ANCORA TROPPI MORTIPER CADUTE DALL’ALTOIL PROBLEMA DELLA PERCEZIONE DEL RISCHIO
PARTE DALLA SCUOLA LA PREVENZIONE DEGLI INFORTUNI
Cosa è ANMIL
31Cosa si potrebbe fare per contribuire a migliorare la situazio-
ne e far diminuire gli incidenti come le cadute dall’alto o, più
in generale, per quei settori particolarmente rischiosi o per le
tipologie più frequenti di infortunio?
R. Come dicevo la prevenzione e la sicurezza sul lavoro devono
entrare a far parte della cultura di ogni cittadino: solo in questo
modo si potrà avere un effettivo abbassamento degli incidenti sul
lavoro e questo sarà possibile solo puntando sulla formazione e
l’informazione dei lavoratori affi nché possano svolgere le attività a
cui sono adibiti nella piena consapevolezza dei rischi ed un eleva-
to senso di responsabilità. Per fare ciò è necessario iniziare questo
percorso già dall’età scolare sensibilizzando i lavoratori del domani.
Quali sono i principali progetti cui vi dedicate?
R. Ormai da circa 15 anni ci dedichiamo all’ideazione e all’organizza-
zione di progetti originali e innovativi come “SILOS”, rivolto agli stu-
denti degli Istituti superiori, mentre oggi abbiamo dato vita a “ICARO”,
dedicato agli alunni di quelle che, ai miei tempi, si chiamavano scuole
elementari e medie, perché abbiamo avuto dimostrazione del fatto
che sono proprio gli studenti in erba ad averci dato “lezioni” di buon
senso e ad averci fatto capire che per parlare di sicurezza non è mai
troppo presto.
L’Associazione Nazionale fra Lavoratori Mutilati e In-
validi del Lavoro (ANMIL) onlus, fondata nel 1943, è
attualmente riconosciuta come Ente morale con per-
sonalità giuridica di diritto privato cui è stata affi data
- con D.P.R. del 31 marzo 1979 - la tutela e la rappresentanza di coloro
che sono rimasti vittime di infortuni sul lavoro, delle vedove e degli orfani
dei caduti sul lavoro nonché di coloro che hanno contratto una malattia
professionale. Attualmente l’Associazione conta circa 440.000 iscritti e
rappresenta e tutela una categoria composta da oltre 900.000 titolari di
rendita INAIL.
L’ANMIL è diffusa in modo capillare sul territorio nazionale con una Sede
Centrale a Roma, 21 Sedi regionali, 106 Sezioni provinciali, 200 Sottose-
zioni, 500 tra Delegazioni comunali e fi duciariati attraverso i quali offre
assistenza diretta da quasi 70 anni e numerosi servizi di sostegno perso-
nalizzati in campo previdenziale ed assistenziale.
L’Associazione promuove inoltre iniziative tese a migliorare la legislazione
in materia di infortuni sul lavoro e di reinserimento lavorativo ed è impe-
gnata a sensibilizzare l’opinione pubblica su questi temi, con particolare
riferimento alla prevenzione infortunistica alla quale, negli ultimi 15 anni,
ha rivolto un impegno sempre più forte per diffondere la cultura della
sicurezza sul lavoro soprattutto nei riguardi dei giovani.
Per l’importante ruolo sociale svolto, dal 1° maggio 1999, l’ANMIL è
entrata nel Consiglio di Indirizzo e Vigilanza (CIV) dell’INAIL quale unico
rappresentante degli invalidi del lavoro.
Tra le numerose iniziative che coinvolgono l’intero territorio nazionale va
segnalata la Giornata Nazionale per le vittime degli Incidenti sul Lavoro
- istituzionalizzata con Direttiva del Governo Prodi nel 1998 su richiesta
dell’Associazione - che fi n dal 1951 viene celebrata in tutta Italia dalle
Sedi dell’ANMIL. Per fornire informazioni aggiornate e specifi che sui temi,
l’Associazione edita il periodico ‘Obiettivo Tutela - ANMIL’, che viene invia-
to agli iscritti, ai parlamentari, ai principali referenti istituzionali dell’Asso-
ciazione e a numerosi soggetti che si occupano della tematica, al quale si
affi anca l’aggiornamento e gli approfondimenti quotidiani forniti attraverso
il sito www.anmil.it.
I PRINCIPALI SERVIZI OFFERTI DALL’ANMIL:
• Numero verde unico per informazioni e assistenza 800.180943
• Consulenza legale generica e specialistica
• Consulenza medico-legale sui postumi dell’infortunio
• Istruzione di pratiche in materia infortunistica, previdenziale ed assistenziale
• Supporto per questioni connesse al collocamento al lavoro
• Rapporti con gli enti locali per l’erogazione di prestazioni legate all’invalidità
• Numero verde per il sostegno psicologico degli infortunati sul lavoro 800.275050
• Patronato che consente di offrire prestazioni in termini di assistenza previdenziale
• CAF per l’assistenza fi scale
Il governo punta di nuovo sugli incentivi fiscali per promuovere
gli investimenti e rinnova il “decreto sviluppo” che conferma la
detrazione del 55% per gli interventi di riqualificazione ener-
getica realizzati fino al 31 gennaio 2012 e del 50% da gennaio
a giugno 2013. Dal primo luglio si tornerà automaticamente al
bonus del 36%.
Gli incentivi, infatti, sembrano aver dato risultati molto positivi,
almeno a giudicare dai dati dell’Enea, l’Agenzia Nazionale per
le Nuove Tecnologie, che ha contato investimenti per oltre 4,6
miliardi di euro nel 2010.
Il settore energetico in Italia ha infatti ancora molti margini di
sviluppo, soprattutto considerando che il 70% del patrimonio
edilizio italiano risale ad epoche anteriori alle norme sull’effi-
cienza energetica e circa un quarto non è mai stato oggetto di
misure di riqualificazione.
Gli incentivi hanno contribuito inoltre a creare nuovi posti di la-
voro, puntando sulla specializzazione, sull’innovazione e sulla
competenza.
Il risultato positivo sinora evidenziato motiva sempre
più Aipaa a continuare il percorso intrapreso nel 2010
con il Sottosegretario allo sviluppo economico, On. Ste-
fano Saglia: la proposta di estendere gli incentivi del
55% anche al settore sicurezza.
Efficienza energetica e qualità dell’involucro non possono pre-
scindere la sicurezza, intesa come azione a 360 gradi: gli im-
pianti in copertura e le coperture stesse vanno mantenuti nel
tempo affinché le prestazioni non decadano, è fondamentale
perciò prevedere sin dalla loro realizzazione quei dispositivi
che permetteranno agli operatori di mantenerle lavorando in
sicurezza.
In particolare Aipaa focalizza l’attenzione sui lavori in quota
che sono ad oggi la seconda causa di infortunio mortale nel
comparto edilizio, soprattutto per quanto riguarda gli interventi
di manutenzioni ordinaria e le azioni postume sulle strutture.
Da qui le pressioni dell’Associazione per far rientrare gli in-
terventi per la sicurezza in quota nelle detrazioni fiscali del
55%, quali naturale completamento delle azioni fino ad oggi
intraprese.
DETRAZIONI FISCALIPROSEGUE L’IMPEGNODI AIPAA
32
36%
55%
GLI INVESTIMENTI NELL’EFFICIENZA ENERGETICA NON POSSONO PRESCINDERE LA SICUREZZA. PER QUESTO ANCHE GLI INTERVENTI PER LA SICUREZZA IN QUOTA DEVONO RIENTRARE NELLE DETRAZIONI FISCALI DEL 55%.
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Nella tua casella di posta elettronica informazioni util i e interessanti
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Prevenzione, formazione e un utilizzo dei corretti dispositivi antica-
duta: sono queste le parole chiave emerse dai risultati dell’indagine
sulla percezione del rischio da parte dei membri dell’Albo professio-
nale degli operatori nel settore delle protezioni solari.
Proprio sulla base dei dati raccolti negli incontri tra Aipaa e Assites,
l’Associazione Italiana Tende, Schermature solari e Chiusure Oscu-
ranti, soprattutto a proposito degli incidenti gravi, è nata l’idea di
creare un dispositivo in grado di tutelare gli operatori del settore
del montaggio di tende e in generale tutti coloro che sono esposti
ai rischi di caduta dall’alto, in quanto non protetti da linee vita o
ancoraggi puntuali.
Si è pensato di realizzare un nuovo sistema che avesse le seguenti
caratteristiche:
• PRATICO DA UTILIZZARE
• POCO INVASIVO PER LE STRUTTURE
• LEGGERO
• A NORMA EN 795
• CONSIDERATO DPI, QUINDI MARCATO CE
Dall’intuizione del Cav. Giuseppe Lupi, da cui poi è derivato il bre-
vetto europeo, è scaturita l’idea del palo telescopico: un dispositivo
che avesse il pregio di adattarsi alle molteplici situazioni di lavoro,
mantenendo sempre la medesima sicurezza, che fosse di facile tra-
sporto e di rapida installazione, oltre che permettesse all’operatore
di assicurarsi direttamente a terra, cioè ancora prima di mettersi in
un’area di rischio.
È stata una sfi da per i tecnici, che, partendo da un foglio bianco,
hanno sviluppato l’intuizione mettendo a frutto l’esperienza nella
progettazione di sistemi anticaduta e rispondendo alle richieste di
chi giornalmente si espone ai rischi legati alla professione. Così dal
disegno si è passati ai primi prototipi, da sottoporre alla severe prove
della UNI EN 795, per poi affi nare il prodotto con la scelta dei mate-
riali più adatti e delle procedure di costruzione, al fi ne di garantire la
conformità agli alti requisiti di qualità dei prodotti Spider/SBS.
La defi nizione di tutti i componenti del sistema ha richiesto allo staff
di progettisti un intero anno per giungere al prodotto defi nitivo, in
grado di rispondere agli standard imposti dalla marcatura CE e alle
esigenze dell’utilizzatore fi nale. Si è trattato di un lavoro meticoloso
e paziente di messa a punto in laboratorio e sul campo, alla ricerca
della massima funzionalità ed effi cacia, per fornire la risposta a chi
conosce bene il proprio mestiere e i rischi a cui si espone e fi no ad
oggi non aveva avuto un valido strumento di supporto. Da questo
lavoro è nato il Sun200: un prodotto ideato da chi ritiene da sempre
che si debba soprattutto salvaguardare la sicurezza e perciò si im-
pegna affi nché ogni lavoratore abbia il diritto di esser messo nelle
condizioni di lavorare senza dover rischiare la propria vita.
34
NOVITÀ DALLE AZIENDE DEL SETTORESUN200, IL SISTEMA
INNOVATIVO DI ANCORAGGIO PER LA SICUREZZADEI LAVORATORIDEL SETTORE TENDE
A cura di:Luigi NugnesIngegnere progettistadi Spider Linee Vita
35
Fonte: rivista “TENDA IN&OUT”
MENO DI TRE MINUTIPER LAVORARE IN SICUREZZA
SUN200 IL DPI STUDIATO APPOSITAMENTE PER GLI INSTALLATORI DI TENDE E SERRAMENTI
36
SUN200, IL SISTEMAINNOVATIVO DI ANCORAGGIOPER LA SICUREZZADEI LAVORATORI DEL SETTORE TENDE
Troppi gli infortuni fra gli installatori di tende e serramenti, cioè tra
coloro che quotidianamente si espongono al rischio di caduta dall’al-
to durante le operazioni di montaggio, senza la possibilità di pren-
dere idonee precauzioni. Per l’installazione di una tenda da sole su
un balcone ad esempio, l’installatore solleva e fi ssa la tenda salendo
su una scala. Il rischio dell’operazione non è dovuto tanto alla salita
tramite scala con la quale raggiunge una quota quasi sempre infe-
riore al metro e mezzo di altezza, ma al fatto che da questa quota
l’operatore si erge al di sopra del normale parapetto di protezione e
in caso di scivolamento o malore potrebbe cadere all’esterno del bal-
cone. Le operazioni di montaggio inoltre sono quasi sempre effettua-
te utilizzando entrambe le mani e impedendo di fatto all’installatore
qualunque possibilità di appiglio.
Infatti, durante l’ultima edizione del Forum Serramenti di Verona è
stato presentato da ASSITES ed AIPAA (Associazione Italiana per
l’Anticaduta e l’Antinfortunistica) uno studio sulla sicurezza dei la-
voratori che operano nel comparto delle tende, dal quale è emerso
che il settore, che raggruppa oltre 2.300 operatori, conta almeno 12
morti all’anno e decine di feriti.
Security Building Service ha voluto raccogliere il grido di allarme del-
le due Associazioni da tempo impegnate nello studio del problema.
Da questa sinergia e dalla competenza di tecnici specializzati nasce
SUN200, un prodotto innovativo presentato proprio in occasione del
Forum di Verona, dove ha subito riscosso notevole successo.
37SUN200 è un DPI (dispositivo di protezione individuale), pratico e
robusto che costituisce il punto di ancoraggio dell’operatore sino ad
oggi esposto al rischio di caduta dall’alto senza la possibilità di po-
tersi ancorare ad un elemento stabile. SUN200 è di semplice e rapido
utilizzo: si monta in meno di tre minuti, ha un peso contenuto (18 kg)
e si trasporta comodamente con la sua sacca. Il dispositivo, una volta
posizionato in prossimità della zona di lavorazione, permette di preser-
vare l’operatore dalla caduta dall’alto o eventualmente di arrestarla in
condizione di sicurezza e senza la necessità di apporre ganci o boccole
al balcone. Il dispositivo è interamente realizzato in acciaio inox, con
le superfici in gomma bianca che non lasciano macchie sui piano di
appoggio e sulla soletta del balcone. Conforme alle norme tecniche di
prodotto (UNI EN 795 - classe B), è progettato e realizzato interamente
in Italia con materiale di comprovata qualità e marcatura.
Security Building Service - Spider Lineevita
Security Building Service S.r.l. - Spider Lineevita nasce nel 2005 con l’o-
biettivo dichiarato e raggiunto di creare un’azienda specializzata nel settore
dell’antinfortunistica ed in particolare della sicurezza legata ai lavori in quota,
sia dal punto di vista delle soluzioni che della formazione. L’azienda infatti si
avvale di un folto team di tecnici, geometri, ingegneri per l’analisi di soluzioni
specializzate e particolari, di squadre di installatori di dispositivi anticaduta
specializzati e altamente formati (inscritti al RIIA - Registro Italiano Installatori
Anticaduta) che coprono l’intero territorio nazionale, di una scuola di forma-
zione, la Scuola Italiana Anticaduta accreditata dalla Regione Lombardia, con
docenti qualificati ed infine di una rete di partner che permettono di offrire
un servizio a 360° comprensivo di analisi e valutazione del rischio specifico,
fornitura e noleggio di parapetti permanenti e non, scale e passerelle.
Per informazioni: www.lineevita.it
38
AIPAATI AGGIORNA
CON UN CLICK
Un luogo virtuale dove potersi aggiorna-
re sulle ultime normative, in cui risolvere
problematiche tecniche, raccogliere sug-
gerimenti e condividere esperienze e best
practice.
E’ questo l’obiettivo del sito dell’associazione Aipaa, www.aipaa.it,
oggi online con un restyling grafi co e contenuti più ricchi per soddisfa-
re a 360 gradi la comunità degli iscritti.
Ma non solo. Il portale, che rientra in una riorganizzazione comples-
siva degli strumenti di comunicazione dell’Associazione, presen-
ta ora un’integrazione con i social network più diffusi, Facebook in
prima linea, e una facile fruibilità dei contenuti anche usando tablet
e smartphone. La nuova navigazione, da questo punto di vista, è
organizzata in maniera tale da permettere all’utente di selezionare
subito l’argomento di proprio interesse, e di individuare in pochi e
rapidi click il contenuto desiderato. Tra i servizi, il sito offre la possi-
bilità di aderire ad Aipaa compilan-
do un semplice modulo e, nella sezione “Scopri i vantag-
gi”, di usufruire dei servizi predisposti ad hoc per gli associati.
ECCO I PRINCIPALI:
• Invio online in tempo reale delle news sulle novità normative del
settore
• “L’esperto risponde”: servizio interattivo online e telefonico a sup-
porto delle aziende
• Partecipazione gratuita a convegni e seminari organizzati da AIPAA
• Tariffe particolarmente agevolate per corsi e seminari patrocinati
da AIPAA
• Organizzazione di corsi tecnico-progettuali per imprese e installatori
• Tutela legale con il supporto di avvocati ed esperti in materia an-
tinfortunistica e di tutela di marchi, brevetti e proprietà intellettuali
• Convenzioni con ENI, Erg, Trenitalia, Alitalia, Cathay Pacifi c, CartaSì,
Accor Hospitality, Starhotels, Aetra.net Conferencing provider,
CBT Cosmic Blue Team, Compusshop.it, Day servizio buoni
pasto, Buon Chef, Leasys, Telecom Italia, TIM, Juventus pre-
mium club, Verde ricaricabile.it, CFI Progetti gruppo De Vita,
Guida Monaci, Europol.
• Area riservata per servizi online sul sito.
All’interno dell’area “Corsi” è possibile tenersi ag-
giornati sulle ultime novità nel settore della formazio-
ne, sugli specifi ci corsi organizzati da Aipaa o che è
possibile richiedere ad Aipaa stessa, sui convegni e
seminari per la promozione dell’antinfortunistica.
Nello specifi co, i corsi di formazione, che possono
riguardare la prevenzione delle cadute dall’alto,
la prevenzione degli infortuni sui luoghi di lavo-
ro con analisi delle responsabilità civili e penali
e lo sviluppo delle problematiche con ricerca di
soluzioni innovative, offrono un’offerta formati-
va su vari livelli: corsi tecnico-progettuali, corsi
specifi ci per imprese, corsi per installatori e utilizzo del campo di
addestramento Tecnosecur.
AIPAA IN RETE
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A cura di:Daniela Fuccio Giornalista e docente
bilità di aderire ad Aipaa compilan- CBT Cosmic
pasto, Buon
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39
Per garantire un aggiornamento continuo ed effi cace degli iscritti, il
sito mette anche a disposizione una rassegna video di “Aipaa TV”, il
canale dedicato all’Associazione che segue manifestazioni ed eventi
di interesse. Infi ne, se si vogliano ricevere tutte le comunicazioni in
merito ai corsi e ai convegni, le news e le novità normative è possibile
iscriversi alla “Newsletter”, uno strumento agile ed effi cace per rima-
nere aggiornati su tutte le iniziative dell’Associazione e del mondo che
ruota intorno alla sicurezza e all’antinfortunistica sui luoghi di lavoro.
Oltre agli strumenti più classici di comunicazione web, il sito permette
anche di passare alla pagina Facebook dedicata ad Aipaa, e vicever-
sa. Ogni organizzazione ha il cruciale problema del coinvolgimento e
della partecipazione degli associati. Un social network può facilmente
attivare le risorse associative convogliandole in un luogo in cui pos-
sono essere condivise e scambiate. Le associazioni professionali e di
categoria, in particolare, possono offrire ai propri associati il grande
valore aggiunto del networking tra imprese e di condivisione di best
practice ed esperienze. Un social network può inoltre contribuire in
modo signifi cativo a veicolare in tempo reale messaggi da e verso gli
associati coinvolgendoli in modo attivo nell’elaborazione di proposte o
nell’organizzazione di attività sul territorio.
Al riguardo, Aipaa si augura che le potenzialità aggregative di questi
strumenti consentano proprio di allargare la rete sociale degli interessati,
fi no a coinvolgerli direttamente nelle attività dell’associazione stessa.
att
so
ca
va
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Al
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www.aipaa.it seguici su
INSIEME CORRIAMO
VERSO IL TRAGUARDO DELLA VITA
CAMPAGNA NAZIONALE
PER LA PREVENZIONEDEGLI INFORTUNI NEI LAVORI IN QUOTA
www.aipaa.it seguici su