Transcript
  • Piccola Biblioteca Einaudi 305Nuova serie

    Filosofia

    9788806170264_Giorgio Agamben_Homo Sacer_corretto.indd 1 14/05/14 14.47

  • 1995 e 2005 Giulio Einaudi editore s.p.a., Torino

    www.einaudi.it

    isbn 978-88-06-17026-4

    9788806170264_Giorgio Agamben_Homo Sacer_corretto.indd 2 14/05/14 14.47

  • Giorgio AgambenHomo sacerIl potere sovrano e la nuda vita

    Piccola Biblioteca EinaudiFilosofia

    9788806170264_Giorgio Agamben_Homo Sacer_corretto.indd 3 14/05/14 14.47

  • 9788806170264_Giorgio Agamben_Homo Sacer_corretto.indd 4 14/05/14 14.47

  • p. 3 Introduzione

    Parte prima17 Logica della sovranit

    19 1. Il paradosso della sovranit36 2. Nmos basileus46 3. Potenza e diritto57 4. Forma di legge72 Soglia

    Parte seconda77 Homo sacer

    79 1. Homo sacer83 2. Lambivalenza del sacro90 3. La vita sacra97 4. Vitae necisque potestas

    102 5. Corpo sovrano e corpo sacro116 6. Il bando e il lupo124 Soglia

    Parte terza129 Il campo come paradigma

    biopolitico del moderno

    131 1. La politicizzazione della vita

    Indice

    9788806170264_Giorgio Agamben_Homo Sacer_corretto.indd 5 14/05/14 14.47

  • Vi titolo corrente

    p. 139 2. I diritti delluomo e la biopolitica150 3. Vita che non merita di vivere160 4. Politica, cio il dar forma alla vita di un popolo171 5. VP178 6. Politicizzare la morte185 7. Il campo come nmos del moderno202 Soglia213 Bibliografia221 Indice dei nomi

    9788806170264_Giorgio Agamben_Homo Sacer_corretto.indd 6 14/05/14 14.47

  • HOMO SACER

    Das Recht hat kein Dasein fr sich, sein We-sen vielmehr ist das Leben der Menschen selbst, von einer besonderen Seite angesehen.

    saVigny

    Ita in iure civitatis, civiumque officiis investi-gandis opus est, non quidem ut dissolvatur civitas, sed tamen ut tanquam dissoluta consideretur, id est, ut qualis sit natura humana, quibus rebus ad civitatem compaginandam apta vel inepta sit, et quomodo homines inter se componi debeant, qui coalescere volunt, recte intelligatur.

    hobbes

    9788806170264_Giorgio Agamben_Homo Sacer_corretto.indd 1 14/05/14 14.47

  • 9788806170264_Giorgio Agamben_Homo Sacer_corretto.indd 2 14/05/14 14.47

  • I Greci non avevano un unico termine per esprimere ci che noi intendiamo con la parola vita. Essi si serviva-no di due termini, semanticamente e morfologicamente distinti, anche se riconducibili a un etimo comune: zo, che esprimeva il semplice fatto di vivere comune a tutti gli essere viventi (animali, uomini o di) e bos, che indi-cava la forma o maniera di vivere propria di un singolo o di un gruppo. Quando Platone, nel Filebo, menziona tre generi di vita e Aristotele, nellEtica nicomachea, distin-gue la vita contemplativa del filosofo (bos thertics) dalla vita di piacere (bos apolaustics) e dalla vita politi-ca (bos politics) essi non avrebbero mai potuto servirsi del termine zo, (che, significativamente, in greco man-ca di plurale) per il semplice fatto che per entrambi non era in questione in alcun modo la semplice vita natura-le, ma una vita qualificata, un particolare modo di vita. Aristotele pu certo parlare, rispetto al Dio, di una zo, arst cai adios, vita pi nobile ed eterna (Met. 1072b, 28), ma solo in quanto intende sottolineare il fatto non banale che anche Dio un vivente (cos come, nello stes-so contesto, si serve del termine zo per definire, in mo-do altrettanto poco triviale, latto del pensiero); ma par-lare di una zo politik dei cittadini di Atene non avrebbe avuto senso. Non che il mondo classico non avesse fami-liarit con lidea che la vita naturale, la semplice zo co-me tale, potesse essere in s un bene. In un passo della Politica (1278b, 23-31), dopo aver ricordato che il fine

    Introduzione

    9788806170264_Giorgio Agamben_Homo Sacer_corretto.indd 3 14/05/14 14.47

  • 4 titolo corrente

    della citt il vivere secondo il bene. Aristotele esprime, anzi, con insuperabile lucidit questa consapevolezza:

    Questo (il vivere secondo il bene) massimamente il fine, sia in comune per tutti gli uomini, sia per ciascuno separatamente. Essi, per, si uniscono e mantengono la comunit politica anche in vista del semplice vivere, perch vi probabilmente una qualche parte di bene anche nel solo fatto di vivere (cat to zn aut mnon); se non vi un eccesso di difficolt quanto al modo di vivere (cat ton bon), evidente che la maggior parte degli uomini sopporta mol-ti patimenti e si attacca alla vita (zo), come se vi fosse in essa una sorta di serenit (eumera, bella giornata) e una dolcezza naturale.

    La semplice vita naturale , per, esclusa, nel mon-do classico, dalla plis in senso proprio e resta saldamen-te confinata, come mera vita riproduttiva, nellambito dellocos (Pol. 1252a, 26-35). Allinizio della sua Politica, Aristotele pone ogni cura nel distinguere loiconmos (il capo di unimpresa) e il despts (il capofamiglia), che si occupano della riproduzione della vita e della sua sussi-stenza, dal politico e schernisce coloro che immaginano che la differenza fra di essi sia di quantit e non di spe-cie. E quando, in un passo che doveva restare canoni-co per la tradizione politica dellOccidente (1252b, 30), egli definisce il fine della perfetta comunit, lo fa pro-prio opponendo il semplice fatto di vivere (to zn) alla vita politicamente qualificata (to eu zn): ginomn men oun tou zn neken, osa de tou eu zn nata in vista del vivere, ma esistente essenzialmente in vista del vivere bene (nella traduzione latina di Guglielmo di Moerbe-ke, che tanto Tommaso che Marsilio da Padova aveva-no davanti agli occhi: facta quidem igitur vivendi gratia, existens autem gratia bene vivendi).

    vero che un celeberrimo passo della stessa opera de-finisce luomo come politicn zon (1253 a, 4): ma qui (a parte il fatto che nella prosa attica il verbo binai non praticamente usato al presente), politico non un attri-buto del vivente come tale, ma una differenza specifi-ca che determina il genere zon (subito dopo, del resto, la politica umana distinta da quella degli altri viventi

    9788806170264_Giorgio Agamben_Homo Sacer_corretto.indd 4 14/05/14 14.47

  • 5titolo corrente

    perch fondata, attraverso un supplemento di politicit legato al linguaggio, su una comunit di bene e di male, di giusto e di ingiusto, e non semplicemente di piacevo-le e doloroso).

    in riferimento a questa definizione che Foucault, alla fine della Volont di sapere, riassume il processo at-traverso il quale, alle soglie dellet moderna, la vita na-turale comincia, invece, a essere inclusa nei meccanismi e nei calcoli del potere statuale e la politica si trasforma in biopolitica: Per millenni, luomo rimasto quel che era per Aristotele: un animale vivente e, inoltre, capace di esistenza politica; luomo moderno un animale nel-la cui politica in questione la sua vita di essere viven-te (Foucault 1, p. 127).

    Secondo Foucault, la soglia di modernit biologi-ca, di una societ si situa nel punto in cui la specie e lindividuo in quanto semplice corpo vivente diventano la posta in gioco nelle sue strategie politiche. A partire dal 1977, i corsi al Collge de France cominciano a met-tere a fuoco il passaggio dallo Stato territoriale allo Stato di popolazione e il conseguente vertiginoso au-mento dellimportanza della vita biologica e della salu-te della nazione come problema del potere sovrano, che si trasforma ora progressivamente in governo degli uo-mini (Foucault 2, p. 719). Ne risulta una sorta di ani-malizzazione delluomo attuata attraverso le pi sofisti-cate tecniche politiche. Appaiono allora nella storia sia il diffondersi delle possibilit delle scienze umane e so-ciali, sia la simultanea possibilit di proteggere la vita e di autorizzarne lolocausto. In particolare, lo sviluppo e il trionfo del capitalismo non sarebbe stato possibile, in questa prospettiva, senza il controllo disciplinare at-tuato dal nuovo bio-potere, che si creato, per cos di-re, attraverso una serie di tecnologie appropriate, i cor-pi docili di cui aveva bisogno.

    Daltra parte, gi alla fine degli anni cinquanta (cio, quasi venti anni prima di La volont de savoir) H. Arendt aveva analizzato, in The Human Condition, il processo

    9788806170264_Giorgio Agamben_Homo Sacer_corretto.indd 5 14/05/14 14.47

  • 6 titolo corrente

    che porta lhomo laborans e, con esso, la vita biologica come tale, a occupare progressivamente il centro del-la scena politica del moderno. Proprio a questo primato della vita naturale sullazione politica la Arendt faceva, anzi, risalire la trasformazione e la decadenza dello spa-zio pubblico nelle societ moderne. Che la ricerca della Arendt sia rimasta praticamente senza seguito e che Fou-cault abbia potuto aprire i suoi cantieri sulla biopolitica senzalcun riferimento ad essa, testimonia delle difficolt e delle resistenze che il pensiero doveva scontare in que-sto ambito. E proprio a queste difficolt si devono pro-babilmente tanto il fatto che, in The Human Condition, lautrice curiosamente non stabilisca alcuna connessione con le penetranti analisi che aveva precedentemente de-dicato al potere totalitario (nelle quali manca ogni pro-spettiva biopolitica), quanto la circostanza, altrettanto singolare, che Foucault non abbia mai spostato la sua in-dagine sui luoghi per eccellenza della biopolitica moder-na: il campo di concentramento e la struttura dei grandi stati totalitari del novecento.

    La morte ha impedito a Foucault di svolgere tutte le implicazioni del concetto di bio-politica e di mostrare in che senso egli ne avrebbe ulteriormente approfondi-to lindagine; ma, in ogni caso, lingresso della zo nel-la sfera della plis, la politicizzazione della nuda vita co-me tale costituisce levento decisivo della modernit, che segna una trasformazione radicale delle categorie poli-tico-filosofiche del pensiero classico. probabile, anzi, che, se la politica sembra oggi attraversare una durevo-le eclisse, ci precisamente perch essa ha omesso di misurarsi con questo evento fondativo della modernit. Gli enigmi (Furet, p. 7) che il nostro secolo ha propo-sto alla ragione storica e che continuano a restare attua-li (il nazismo solo il pi inquietante fra essi) potranno essere sciolti solo sul terreno la biopolitica sul quale sono stati annodati. Solo in un orizzonte biopolitico, in-fatti, si potr decidere se le categorie sulla cui opposizio-ne si fondata la politica moderna (destra/sinistra; pri-

    9788806170264_Giorgio Agamben_Homo Sacer_corretto.indd 6 14/05/14 14.47

  • 7titolo corrente

    vato/pubblico; assolutismo/ democrazia, ecc.), che sono andate progressivamente sfumando, fino a entrare oggi in una vera e propria zona di indiscernibilit, dovranno essere definitivamente abbandonate o potranno even-tualmente ritrovare il significato che appunto in quello-rizzonte avevano smarrito. E solo una riflessione che, raccogliendo il suggerimento di Foucault e di Benjamin, interroghi tematicamente il rapporto fra nuda vita e po-litica che governa nascostamente le ideologie della mo-dernit apparentemente pi lontane tra loro, potr far uscire il politico dal suo occultamento e, insieme, resti-tuire il pensiero alla sua vocazione pratica.

    Uno degli orientamenti pi costanti del lavoro di Fou-cault il deciso abbandono dellapproccio tradizionale al problema del potere, basato su modelli giuridico-isti-tuzionali (la definizione della sovranit, la teoria dello Stato) in direzione di unanalisi spregiudicata dei modi concreti in cui il potere penetra nel corpo stesso dei sog-getti e nelle loro forme di vita. Negli ultimi anni, come risulta da un seminario del 1982 alluniversit del Ver-mont, questa analisi sembra orientarsi secondo due di-stinte direttive di ricerca: da una parte, lo studio del-le tecniche politiche (come la scienza della polizia) con le quali lo Stato assume e integra al suo interno la cura della vita naturale degli individui; dallaltra, quello del-le tecnologie del s, attraverso le quali si attua il proces-so di soggettivazione che porta lindividuo a vincolarsi alla propria identit e alla propria coscienza e, insieme, a un potere di controllo esterno. evidente che queste due linee (che proseguono, del resto, due tendenze pre-senti sin dallinizio nel lavoro di Foucault) sintrecciano in pi punti e rimandano a un centro comune. In uno degli ultimi scritti, egli afferma che lo stato occidenta-le moderno ha integrato in una misura senza precedenti tecniche di individualizzazione soggettive e procedure di totalizzazione oggettive e parla di un vero e proprio doppio legame politico, costituito dalla individuazione

    9788806170264_Giorgio Agamben_Homo Sacer_corretto.indd 7 14/05/14 14.47

  • 8 titolo corrente

    e dalla simultanea totalizzazione delle strutture del po-tere moderno (Foucault 3, pp. 229-32).

    Il punto in cui questi due aspetti del potere convergo-no rimasto, tuttavia, singolarmente in ombra nella ri-cerca di Foucault, tanto che si potuto affermare che egli avrebbe costantemente rifiutato di elaborare una teoria unitaria del potere. Se Foucault contesta lapproccio tra-dizionale al problema del potere, basato esclusivamente su modelli giuridici (che cosa leggittima il potere?) o su modelli istituzionali (che cos lo Stato?), e sugge-risce di liberarsi dal privilegio teorico della sovranit (Foucault 1, p. 80), per costruire una analitica del pote-re che non prenda pi per modello e per codice il diritto, dov, allora, nel corpo del potere, la zona dindifferenza (o, almeno, il punto dintersezione) in cui tecniche di in-dividualizzazione e procedure totalizzanti si toccano? E, pi in generale, vi un centro unitario in cui il doppio legame politico trova la sua ragion dessere? Che vi sia un aspetto soggettivo nella genesi del potere era gi im-plicito nel concetto di servitude volontaire in La Botie; ma qual il punto in cui la servit volontaria dei singoli comunica col potere oggettivo? possibile, in un ambi-to cos decisivo, contentarsi di spiegazioni psicologiche, come quella, pur non priva di suggestioni, che stabilisce un parallelismo fra nevrosi esterne e nevrosi interne? E di fronte a fenomeni come il potere mediatico-spettaco-lare, che sta oggi ovunque trasformando lo spazio poli-tico, legittimo o anche soltanto possibile tener distin-te tecnologie soggettive e tecniche politiche?

    Sebbene lesistenza di un tale orientamento sembri lo-gicamente implicita nelle ricerche di Foucault, esso re-sta un punto cieco nel campo visivo, che locchio del ri-cercatore non pu percepire, ovvero qualcosa come un punto di fuga che si allontana allinfinito, verso il qua-le le diverse linee prospettiche della sua indagine (e, pi in generale, di tutta la riflessione occidentale sul potere) convergono senza mai poterlo raggiungere.

    La presente ricerca concerne precisamente questo na-

    9788806170264_Giorgio Agamben_Homo Sacer_corretto.indd 8 14/05/14 14.47

  • 9titolo corrente

    scosto punto dincrocio fra il modello giuridico-istitu-zionale e il modello biopolitico del potere. Ci che essa ha dovuto registrare fra i suoi probabili risultati preci-samente che le due analisi non possono essere separate e che limplicazione della nuda vita nella sfera politica costituisce il nucleo originario anche se occulto del potere sovrano. Si pu dire, anzi, che la produzione di un corpo biopolitico sia la prestazione originale del potere so-vrano. La biopolitica , in questo senso, antica almeno quanto leccezione sovrana. Mettendo la vita biologica al centro dei suoi calcoli, lo Stato moderno non fa, allo-ra, che riportare alla luce il vincolo segreto che unisce il potere alla nuda vita, riannodando cos (secondo una tenace corrispondenza fra moderno e arcaico che dato riscontrare negli ambiti pi diversi) col pi immemoria-le degli arcana imperii.

    Se questo vero, occorrer considerare con rinnova-ta attenzione il senso della definizione aristotelica della polis come opposizione di vivere (zn) e vivere bene (eu zn). Lopposizione , infatti, nella stessa misura, unim-plicazione del primo nel secondo, della nuda vita nella vita politicamente qualificata. Ci che deve ancora es-sere interrogato nella definizione aristotelica non sono soltanto, come si fatto finora, il senso, i modi e le pos-sibili articolazioni del vivere bene come tlos del po-litico; necessario, piuttosto, chiedersi perch la politi-ca occidentale si costituisca innanzitutto attraverso una esclusione (che , nella stessa misura, unimplicazione) della nuda vita. Qual il rapporto fra politica e vita, se questa si presenta come ci che deve venire incluso at-traverso unesclusione?

    La struttura delleccezione, che abbiamo delineato nella prima parte di questo libro, sembra essere, in que-sta prospettiva, consustanziale alla politica occidentale e laffermazione di Foucault, secondo cui per Aristotele luomo era un animale vivente e, inoltre, capace di esi-stenza politica va conseguentemente integrata nel sen-so che problematico , appunto, il significato di quel-

    9788806170264_Giorgio Agamben_Homo Sacer_corretto.indd 9 14/05/14 14.47

  • 10 titolo corrente

    linoltre. La singolare formula generata in vista del vivere, esistente in vista del vivere bene pu essere let-ta non soltanto come unimplicazione della generazione (ginomn) nellessere (osa), ma anche come unesclu-sione inclusiva (una exceptio) della zo nella polis, quasi che la politica fosse il luogo in cui il vivere deve trasfor-marsi in vivere bene e ci che deve essere politicizzato fosse gi sempre la nuda vita. La nuda vita ha, nella po-litica occidentale, questo singolare privilegio, di esse-re ci sulla cui esclusione si fonda la citt degli uomini.

    Non un caso, allora, se un passo della Politica situi il luogo proprio della polis nel passaggio dalla voce al lin-guaggio. Il nesso fra nuda vita e politica quello stesso che la definizione metafisica delluomo come vivente che ha il linguaggio cerca nellarticolazione fra phon e lgos:

    Solo luomo dei viventi ha il linguaggio. La voce, infatti, se-gno del dolore e del piacere e, per questo, essa appartiene anche agli altri viventi (la loro natura, infatti, giunta fino alla sensa-zione del dolore e del piacere e a significarseli vicendevolmente), ma il linguaggio per manifestare il conveniente e lo sconvenien-te, cos come anche il giusto e lingiusto; questo proprio degli uomini rispetto agli altri viventi, solamente laver sensazione del bene e del male, del giusto e dellingiusto e delle altre cose dello stesso genere, e la comunit di queste cose fa labitazione e la cit-t (1253a, 10-18).

    La domanda: in che modo il vivente ha il linguag-gio? corrisponde esattamente a quella: in che modo la nuda vita abita la polis? Il vivente ha il logos toglien-do e conservando in esso la propria voce, cos come es-so abita la polis lasciando eccepire in essa la propria nu-da vita. La politica si presenta allora come la struttura in senso proprio fondamentale della metafisica occiden-tale, in quanto occupa la soglia in cui si compie larti-colazione fra il vivente e il logos. La politicizzazione nella nuda vita il compito metafisico per eccellenza, in cui si decide dellumanit del vivente uomo, e, assu-mendo questo compito, la modernit non fa che dichia-rare la propria fedelt alla struttura essenziale della tra-

    9788806170264_Giorgio Agamben_Homo Sacer_corretto.indd 10 14/05/14 14.47

  • 11titolo corrente

    dizione metafisica. La coppia categoriale fondamentale della politica occidentale non quella amico-nemico, ma quella nuda vita - esistenza politica, zo-bos, esclusione-inclusione. Vi politica, perch luomo il vivente che, nel linguaggio, separa e oppone a s la propria nuda vi-ta e, insieme, si mantiene in rapporto con essa in une-sclusione inclusiva.

    Protagonista di questo libro la nuda vita, cio la vi-ta uccidibile e insacrificabile dellhomo sacer, la cui fun-zione essenziale nella politica moderna abbiamo inteso rivendicare. Unoscura figura del diritto romano arcai-co, in cui la vita umana inclusa nellordinamento uni-camente nella forma della sua esclusione (cio della sua assoluta uccidibilit), ha offerto cos la chiave, grazie al-la quale non solo i testi sacri della sovranit, ma, pi in generale, i codici stessi del potere politico possono sve-lare i loro arcani. Ma, insieme, questa forse pi antica accezione del termine sacer ci presenta lenigma di una figura del sacro al di qua o al di l del religioso, che co-stituisce il primo paradigma dello spazio politico delloc-cidente. La tesi foucaultiana dovr, allora, essere cor-retta o, quanto meno, integrata, nel senso che ci che caratterizza la politica moderna non tanto linclusio-ne della zo nella polis, in s antichissima, n semplice-mente il fatto che la vita come tale divenga un oggetto eminente dei calcoli e delle previsioni del potere statale; decisivo , piuttosto il fatto che, di pari passo al proces-so per cui leccezione diventa ovunque la regola, lo spa-zio della nuda vita, situato in origine al margine dellor-dinamento, viene progressivamente a coincidere con lo spazio politico, e esclusione e inclusione, esterno e in-terno, bos e zo, diritto e fatto entrano in una zona di irriducibile indistinzione. Lo stato di eccezione, in cui la nuda vita era, insieme, esclusa e catturata dallordi-namento, costituiva, in verit, nella sua separatezza, il fondamento nascosto su cui riposava lintero sistema po-litico; quando i suoi confini sfumano e sindeterminano,

    9788806170264_Giorgio Agamben_Homo Sacer_corretto.indd 11 14/05/14 14.47

  • 12 titolo corrente

    la nuda vita che vi abitava si libera nella citt e diven-ta insieme il soggetto e loggetto dellordinamento po-litico e dei suoi conflitti, il luogo unico tanto dellorga-nizzazione del potere statale che dellemancipazione da esso. Tutto avviene come se, di pari passo al processo di-sciplinare attraverso il quale il potere statale fa delluo-mo in quanto vivente il proprio oggetto specifico, si fos-se messo in movimento un altro processo, che coincide grosso modo colla nascita della democrazia moderna, in cui luomo come vivente si presenta non pi come og-getto, ma come soggetto del potere politico. Questi pro-cessi, per molti versi opposti e (almeno in apparenza) in conflitto acerbo fra loro, convergono per nel fatto che in entrambi in questione la nuda vita del cittadino, il nuovo corpo biopolitico dellumanit.

    Se qualcosa caratterizza, dunque, la democrazia mo-derna rispetto a quella classica, che essa si presenta fin dallinizio come una rivendicazione e una liberazio-ne della zo, che essa cerca costantemente di trasforma-re la stessa nuda vita in forma di vita e di trovare, per cos dire, il bos della zo. Di qui, anche, la sua specifica aporia, che consiste nel voler giocare la libert e la feli-cit degli uomini nel luogo stesso la nuda vita che segnava il loro asservimento. Dietro il lungo processo an-tagonistico che porta al riconoscimento dei diritti e delle libert formali, sta, ancora una volta, il corpo delluomo sacro col suo doppio sovrano, la sua vita insacrificabile e, per, uccidibile. Prendere coscienza di questa aporia non significa svalutare le conquiste e i travagli della de-mocrazia, ma provarsi una volta per tutte a comprende-re perch, nel momento stesso in cui sembrava aver de-finitivamente trionfato dei suoi avversari e raggiunto il suo apogeo, essa si rivelata inaspettatamente incapa-ce di salvare da una rovina senza precedenti quella zo alla cui liberazione e alla cui felicit aveva dedicato tut-ti i suoi sforzi. La decadenza della democrazia moder-na e il suo progressivo convergere con gli stati totalitari nelle societ postdemocratiche spettacolari (che comin-

    9788806170264_Giorgio Agamben_Homo Sacer_corretto.indd 12 14/05/14 14.47

  • 13titolo corrente

    ciano a diventare evidenti gi con Tocqueville e hanno trovato nelle analisi di Debord la loro sanzione finale) hanno, forse, la loro radice in questa aporia che ne se-gna linizio e la stringe in segreta complicit con il suo pi accanito nemico. La nostra politica non conosce og-gi altro valore (e, conseguentemente, altro disvalore) che la vita, e, finch le contraddizioni che ci implica non saranno sciolte, nazismo e fascismo, che avevano fatto della decisione sulla nuda vita il criterio politico supre-mo, resteranno sciaguratamente attuali. Secondo la te-stimonianza di Antelme, infatti, ci che i campi avevano insegnato a chi li abitava era appunto che la messa in questione della qualit di uomo provoca una rivendica-zione quasi biologica dellappartenenza alla specie uma-na (Antelme, p. 11).

    La tesi di unintima solidariet fra democrazia e tota-litarismo (che qui dobbiamo, sia pure con ogni pruden-za, avanzare) non , ovviamente (come, del resto, quel-la di Strauss sulla segreta convergenza fra liberalismo e comunismo quanto alla meta finale) una tesi storiogra-fica, che autorizzi la liquidazione e lappiattimento del-le enormi differenze che caratterizzano la loro storia e il loro antagonismo; ci nondimeno, sul piano storico-filo-sofico che le proprio, va mantenuta con fermezza, per-ch soltanto essa potr permetterci di orientarci di fronte alle nuove realt e alle impreviste convergenze di que-sta fine di millennio, sgombrando il campo verso quel-la nuova politica che resta in gran parte da inventare.

    Contrapponendo, nel passo sopracitato, la bella gior-nata (eumera) della semplice vita alle difficolt del bos politico, Aristotele aveva dato la formulazione for-se pi bella allaporia che sta a fondamento della politi-ca occidentale. I ventiquattro secoli che da allora sono trascorsi non hanno portato alcuna soluzione, altro che provvisoria e inefficace. La politica, nellesecuzione del compito metafisico che lha condotta ad assumere sem-pre pi la forma di una bio-politica, non riuscita a co-struire larticolazione fra zo e bos, fra voce e linguag-

    9788806170264_Giorgio Agamben_Homo Sacer_corretto.indd 13 14/05/14 14.47

  • 14 titolo corrente

    gio che avrebbe dovuto comporre la frattura. La nuda vita resta presa in essa nella forma delleccezione, cio di qualcosa che viene incluso solo attraverso unesclu-sione. Com possibile politicizzare la dolcezza na-turale della zo? E, innanzitutto, questa ha davvero bisogno di essere politicizzata o il politico gi conte-nuto in essa come il suo nucleo pi prezioso? La biopo-litica del totalitarismo moderno da una parte, la societ dei consumi e delledonismo di massa dallaltra costitui-scono certamente, ciascuna a suo modo, una risposta a queste domande. Finch, tuttavia, una politica integral-mente nuova cio non pi fondata sullexceptio della nuda vita non sar presente, ogni teoria e ogni prassi resteranno imprigionate in unassenza di via, e la bella giornata della vita otterr cittadinanza politica solo at-traverso il sangue e la morte o nella perfetta insensatez-za cui la condanna la societ dello spettacolo.

    La definizione schmittiana della sovranit (sovrano colui che decide sullo stato di eccezione) diventata un luogo comune, prima ancora che si fosse compreso che cosa, in essa, era veramente in questione, cio, nul-la di meno che il concetto-limite della dottrina dello Sta-to e del diritto, in cui questa (poich ogni concetto-limi-te sempre limite fra due concetti) confina con la sfera della vita e si confonde con essa. Finch lorizzonte del-la statualit costituiva il cerchio pi vasto di ogni vita comunitaria e le dottrine politiche, religiose, giuridiche ed economiche che lo sostenevano erano ancora salde, questa sfera pi estrema non poteva veramente veni-re alla luce. Il problema della sovranit si riduceva allo-ra a identificare chi, allinterno dellordinamento, fosse investito di certi poteri, senza che la soglia stessa dellor-dinamento fosse mai posta in questione. Oggi, in un mo-mento in cui le grandi strutture statali sono entrate in un processo di dissoluzione e lemergenza, come Benjamin aveva presagito, diventata la regola, il tempo matu-ro per porre da capo in una nuova prospettiva il proble-

    9788806170264_Giorgio Agamben_Homo Sacer_corretto.indd 14 14/05/14 14.47

  • 15titolo corrente

    ma dei limiti e della struttura originaria della statualit. Poich linsufficienza della critica anarchica e marxiana dello Stato era precisamente di non aver neppure intravi-sto questa struttura e di aver cos lasciato sbrigativamen-te da parte larcanum imperii, come se esso non avesse al-tra consistenza al di fuori dei simulacri e delle ideologie che erano stati allegati per giustificarlo. Ma con un ne-mico la cui struttura resta sconosciuta si finisce prima o poi con lidentificarsi, e la teoria dello Stato (e in parti-colare dello stato di eccezione, cio la dittatura del pro-letariato come fase di transizione verso la societ senza Stato) appunto lo scoglio su cui le rivoluzioni del no-stro secolo hanno fatto naufragio.

    A questo libro, che era stato concepito inizialmente come una risposta alla sanguinosa mistificazione di un nuovo ordine planetario, avvenuto pertanto di dover-si misurare con problemi primo fra tutti quello della sacert della vita che non erano stati subito messi in conto. Ma, nel corso dellindagine, apparso chiaro che, in un simile ambito, non era possibile accettare come ga-rantita alcuna delle nozioni che le scienze umane (dalla giurisprudenza allantropologia) avevano creduto di de-finire o avevano presupposto come evidenti e che, anzi, molte di esse esigevano nellurgenza della catastrofe una revisione senza riserve.

    9788806170264_Giorgio Agamben_Homo Sacer_corretto.indd 15 14/05/14 14.47

  • 9788806170264_Giorgio Agamben_Homo Sacer_corretto.indd 16 14/05/14 14.47

  • Parte primaLogica della sovranit

    9788806170264_Giorgio Agamben_Homo Sacer_corretto.indd 17 14/05/14 14.47

  • 9788806170264_Giorgio Agamben_Homo Sacer_corretto.indd 18 14/05/14 14.47

  • 1.1. Il paradosso della sovranit si enuncia: il sovra-no , nello stesso tempo, fuori e dentro lordinamento giuridico. Se sovrano , infatti, colui al quale lordina-mento giuridico riconosce il potere di proclamare lo sta-to di eccezione e di sospendere, in tal modo, la validit dellordinamento, allora egli sta al di fuori dellordina-mento giuridico e, tuttavia, appartiene ad esso, perch spetta a lui decidere se la costituzione in toto possa es-sere sospesa (Schmitt 1, p. 34). La precisazione nel-lo stesso tempo non triviale: il sovrano, avendo il po-tere legale di sospendere la validit della legge, si pone legalmente fuori legge. Ci significa che il paradosso si pu anche formulare in questo modo: la legge fuori di se stessa, ovvero: io, il sovrano, che sono fuori leg-ge, dichiaro che non c un fuori della legge.

    Vale la pena di riflettere alla topologia implicita nel paradosso, perch solo una volta che ne sar stata com-presa la struttura, diverr chiaro in che misura la sovra-nit segna il limite (nel duplice senso di fine e di princi-pio) dellordinamento giuridico. Schmitt presenta questa struttura come quella delleccezione (Ausnahme):

    Leccezione ci che non riconducibile; essa si sottrae alli-potesi generale, ma nello stesso tempo rende palese con assolu-ta purezza un elemento formale specificamente giuridico: la de-cisione. Nella sua forma assoluta, il caso deccezione si verifica solo allorch si deve creare la situazione nella quale possono ave-re efficacia norme giuridiche. Ogni norma generale richiede una

    1.Il paradosso della sovranit

    9788806170264_Giorgio Agamben_Homo Sacer_corretto.indd 19 14/05/14 14.47

  • 20 titolo corrente

    strutturazione normale dei rapporti di vita, sui quali essa di fatto deve trovare applicazione e che essa sottomette alla propria rego-lamentazione normativa. La norma ha bisogno di una situazione media omogenea. Questa normalit di fatto non semplicemente un presupposto esterno che il giurista pu ignorare; essa riguarda invece direttamente la sua efficacia immanente. Non esiste nes-suna norma che sia applicabile al caos. Prima devessere stabili-to lordine: solo allora ha senso lordinamento giuridico. Occor-re creare una situazione normale, e sovrano colui che decide in modo definitivo se questo stato di normalit regna davvero. Ogni diritto diritto applicabile a una situazione. Il sovrano crea e garantisce la situazione come un tutto nella sua integrit. Egli ha il monopolio della decisione ultima. In ci sta lessenza della so-vranit statale, che quindi propriamente non devessere definita come monopolio della sanzione o del potere, ma come monopolio della decisione, dove il termine decisione viene usato in un signi-ficato generale che devessere ancora sviluppato. Il caso deccezio-ne rende palese nel modo pi chiaro lessenza dellautorit statale. Qui la decisione si distingue dalla norma giuridica e (per formu-lare un paradosso) lautorit dimostra di non aver bisogno del di-ritto per creare diritto Leccezione pi interessante del caso normale. Questultimo non prova nulla, leccezione prova tutto; non solo essa conferma la regola: la regola stessa vive solo dellec-cezione Un teologo protestante che ha dimostrato di quale vi-tale intensit poteva essere capace la riflessione anche nel xix se-colo, ha detto: Leccezione spiega il generale e se stessa. E se si vuole studiare correttamente il generale, bisogna darsi da fare so-lo intorno ad una reale eccezione. Essa porta alla luce tutto mol-to pi chiaramente del generale stesso. Alla lunga si rimarr di-sgustati dalleterno luogo comune del generale: vi sono eccezioni. Se non si possono spiegare, neppure il generale pu essere spiega-to. Abitualmente non ci si accorge della difficolt, perch si pen-sa al generale non con passione, ma con tranquilla superficialit. Leccezione al contrario pensa il generale con energica passiona-lit (ibid., pp. 39-41).

    Non un caso che Schmitt, per la sua definizione delleccezione, faccia riferimento allopera di un teolo-go (che non altri che Kierkegaard). Sebbene gi Vico avesse affermato in termini non troppo dissimili la supe-riorit delleccezione, come configurazione ultima dei fatti, sul diritto positivo (Indidem iurisprudentia non censetur, qui beata memoria ius theticum sive summum et generale regularum tenet; sed qui acri iudicio videt in

    9788806170264_Giorgio Agamben_Homo Sacer_corretto.indd 20 14/05/14 14.47

  • 21titolo corrente

    caussis ultimas factorum peristases seu circumstantias, quae aequitatem sive exceptionem, quibus lege univer-sali eximantur, promereant: De antiquissima, cap. ii), non esiste, nellambito delle scienze giuridiche, una teo-ria delleccezione che riconosca a questa un rango cos alto. Poich ci che nelleccezione sovrana in questio-ne , secondo Schmitt, la stessa condizione di possibi-lit della validit della norma giuridica e, con questa, il senso stesso dellautorit statuale. Il sovrano, attraver-so lo stato di eccezione, crea e garantisce la situazio-ne, di cui il diritto ha bisogno per la propria vigenza. Ma che cos questa situazione, qual la sua struttu-ra, dal momento che essa non consiste se non nella so-spensione della norma?

    Lopposizione vichiana fra diritto positivo (ius theticum) ed eccezione esprime bene lo statuto particolare delleccezione. Questa , nel diritto, un elemento che trascende il diritto positivo, nella for-ma della sua sospensione. Essa sta al diritto positivo, come la teolo-gia negativa sta a quella positiva. Mentre questa, infatti, predica e afferma di Dio determinate qualit, la teologia negativa (o mistica), col suo n n, nega e sospende lattribuzione di qualsiasi predi-cazione. Essa non , tuttavia, al di fuori della teologia, ma funziona, a ben guardare, come il principio che fonda la possibilit in genera-le di qualcosa come una teologia. Solo perch la divinit stata pre-supposta negativamente come ci che sussiste al di fuori di ogni pos-sibile predicato, essa pu diventare soggetto di una predicazione. In modo analogo, solo perch la validit del diritto positivo sospesa nello stato di eccezione, esso pu definire il caso normale come lam-bito della propria validit.

    1.2. Leccezione una specie dellesclusione. Essa un caso singolo, che escluso dalla norma generale. Ma ci che caratterizza propriamente leccezione che ci che escluso non , per questo, assolutamente senza rappor-to con la norma; al contrario, questa si mantiene in rela-zione con essa nella forma della sospensione. La norma si applica alleccezione disapplicandosi, ritirandosi da essa. Lo stato di eccezione non , quindi, il caos che precede lordine, ma la situazione che risulta dalla sua sospensio-

    9788806170264_Giorgio Agamben_Homo Sacer_corretto.indd 21 14/05/14 14.47

  • 22 titolo corrente

    ne. In questo senso leccezione veramente, secondo le-timo, presa fuori (ex-capere) e non semplicemente esclusa.

    Che lordinamento giuridico-politico abbia la struttu-ra di una inclusione di ci che , insieme, respinto fuori, stato spesso osservato. Deleuze ha potuto cos scrive-re che la sovranit non regna che su ci che capace di interiorizzare (Deleuze, p. 445) e, a proposito del grand enfermement descritto da Foucault nella sua Histoire de la folie lge classique, Blanchot ha parlato di un ten-tativo della societ di rinchiudere il fuori (enfermer le dehors), cio di costituirlo in una interiorit di attesa o di eccezione. Di fronte a un eccesso, il sistema inte-riorizza attraverso una interdizione ci che lo eccede e, in questo modo, si designa come esteriore a se stesso (Blanchot, p. 292). Leccezione che definisce la struttu-ra della sovranit , per, ancora pi complessa. Ci che fuori viene qui incluso non semplicemente attraverso uninterdizione o un internamento, ma sospendendo la validit dellordinamento, lasciando, cio, che esso si ri-tiri dalleccezione, labbandoni. Non leccezione che si sottrae alla regola, ma la regola che, sospendendosi, d luogo alleccezione e soltanto in questo modo si costitui-sce come regola, mantenendosi in relazione con quella. Il particolare vigore della legge consiste in questa capa-cit di mantenersi in relazione con unesteriorit. Chia-miamo relazione di eccezione questa forma estrema del-la relazione che include qualcosa unicamente attraverso la sua esclusione.

    La situazione, che viene creata nelleccezione, ha, per-tanto, questo di particolare, che non pu essere definita n come una situazione di fatto, n come una situazio-ne di diritto, ma istituisce fra queste una paradossale so-gliadi indifferenza. Non un fatto, perch creato solo dalla sospensione della norma; ma, per la stessa ragione, non nemmeno una fattispecie giuridica, anche se apre la possibilit della vigenza della legge. questo il senso ultimo del paradosso formulato da Schmitt, quando scri-ve che la decisione sovrana dimostra di non aver biso-

    9788806170264_Giorgio Agamben_Homo Sacer_corretto.indd 22 14/05/14 14.47

  • 23titolo corrente

    gno del diritto per creare diritto. Nelleccezione sovrana si tratta, infatti, non tanto di controllare o neutralizza-re un eccesso, quanto, innanzitutto, di creare e defini-re lo spazio stesso in cui lordine giuridico-politico pu avere valore. Essa , in questo senso, la localizzazione (Ortung) fondamentale, che non si limita a distinguere ci che dentro e ci che fuori, la situazione normale e il caos, ma traccia fra di essi una soglia (lo stato di ec-cezione) a partire dalla quale interno ed esterno entra-no in quelle complesse relazioni topologiche che rendo-no possibile la validit dellordinamento.

    Lordinamento dello spazio, in cui consiste per Schmitt, il Nmos sovrano, non , pertanto, solo pre-sa della terra (Landnahme), fissazione di un ordine giu-ridico (Ordnung) e territoriale (Ortung), ma, innanzitut-to, presa del fuori, eccezione (Ausnahme).

    Poich non esiste nessuna norma che sia applicabile al caos, questo devessere prima incluso nellordinamento attraverso la crea-zione di una zona di indifferenza fra esterno e interno, caos e situa-zione normale: lo stato di eccezione. Per riferirsi a qualcosa, una nor-ma deve, infatti, presupporre ci che fuori dalla relazione (lirrelato) e, nondimeno, stabilire in questo modo una relazione con esso. La re-lazione di eccezione esprime cos semplicemente la struttura formale originaria della relazione giuridica. La decisione sovrana sulleccezio-ne , in questo senso, la struttura politico-giuridica originaria, a par-tire dalla quale soltanto ci che incluso nellordinamento e ci che escluso da esso acquistano il loro senso. Nella sua forma archetipi-ca, lo stato di eccezione , dunque, il principio di ogni localizzazione giuridica, poich esso soltanto apre lo spazio in cui la fissazione di un certo ordinamento e di un determinato territorio diventa per la pri-ma volta possibile. Come tale, esso stesso , per, essenzialmente il-localizzabile (anche se possono essergli di volta in volta assegnati li-miti spazio-temporali definiti).

    Il nesso fra localizzazione (Ortung) e ordinamento (Ordnung), che costituisce il nmos della terra (Schmitt 2, p. 70) , dunque, anco-ra pi complesso di come Schmitt lo descrive e contiene al suo inter-no unambiguit fondamentale, una zona illocalizzabile dindifferen-za o deccezione che, in ultima analisi, finisce necessariamente con lagire contro di esso come un principio di dislocazione infinita. Una delle tesi della presente ricerca che proprio lo stato di eccezione, co-me struttura politica fondamentale, nel nostro tempo emerge sempre pi in primo piano e tende, in ultimo, a diventare la regola. Quando

    9788806170264_Giorgio Agamben_Homo Sacer_corretto.indd 23 14/05/14 14.47

  • 24 titolo corrente

    il nostro tempo ha cercato di dare una localizzazione visibile perma-nente a questo illocalizzabile, il risultato stato il campo di concentra-mento. Non il carcere, ma il campo , infatti, lo spazio che corrispon-de a questa struttura originaria del nmos. Ci si mostra, fra laltro, nel fatto che mentre il diritto carcerario non fuori dellordinamen-to normale, ma costituisce solo un ambito particolare del diritto pe-nale, la costellazione giuridica che orienta il campo , come vedremo, la legge marziale o lo stato di assedio. Per questo non possibile iscri-vere lanalisi del campo nella scia aperta dai lavori di Foucault, dal-la Storia della follia a Sorvegliare e punire. Il campo, come spazio asso-luto deccezione, topologicamente diverso da un semplice spazio di reclusione. Ed questo spazio deccezione, in cui il nesso fra localiz-zazione e ordinamento definitivamente spezzato, che ha determi-nato la crisi del vecchio nmos della terra.

    1.3. La validit di una norma giuridica non coincide con la sua applicazione al caso singolo, per esempio in un processo o in un atto esecutivo; al contrario, la norma, proprio in quanto generale, deve valere indipendente-mente dal caso singolo. Qui la sfera del diritto mostra la sua essenziale prossimit con quella del linguaggio. Come una parola acquista il potere di denotare, in unistanza di discorso in atto, un segmento di realt, solo in quan-to essa ha senso anche nel proprio non-denotare (cio, come langue distinta dalle parole: il termine nella sua mera consistenza lessicale, indipendentemente dal suo impiego concreto nel discorso), cos la norma pu rife-rirsi al caso singolo solo perch, nelleccezione sovrana, essa vige come pura potenza, nella sospensione di ogni riferimento attuale. E come il linguaggio presuppone il non-linguistico come ci con cui esso deve potersi man-tenere in relazione virtuale (nella forma di una langue, o, pi precisamente, di un gioco grammaticale, cio di un discorso la cui denotazione attuale mantenuta inde-finitamente in sospeso) per poterlo poi denotare nel di-scorso in atto, cos la legge presuppone il non-giuridico (per esempio, la mera violenza in quanto stato di natu-ra) come ci con cui essa si mantiene in rapporto poten-ziale nello stato di eccezione. Leccezione sovrana (come

    9788806170264_Giorgio Agamben_Homo Sacer_corretto.indd 24 14/05/14 14.47

  • 25titolo corrente

    zona dindifferenza fra natura e diritto) la presupposizio-ne della referenza giuridica nella forma della sua sospen-sione. In ogni norma che comanda o vieta alcunch (per esempio, nella norma che vieta lomicidio) iscritta, co-me eccezione presupposta, la figura pura e insanziona-bile della fattispecie che, nel caso normale, invera la sua trasgressione (nellesempio, luccisione di un uomo non come violenza naturale, ma come violenza sovrana nel-lo stato di eccezione).

    Hegel ha compreso per primo fino in fondo questa struttura presupponente del linguaggio, grazie alla quale esso , insieme, fuo-ri e dentro se stesso e limmediato (il non-linguistico) si rivela essere nientaltro che un presupposto del linguaggio. Lelemento perfetto, egli ha scritto nella Fenomenologia dello spirito, in cui linteriori-t altrettanto esteriore quanto lesteriorit interna, il linguag-gio (Hegel, pp. 527-29). Come soltanto la decisione sovrana sullo stato di eccezione apre lo spazio in cui possono essere tracciati con-fini fra linterno e lesterno e determinate norme possono essere as-segnate a determinati territori, cos solo la lingua come pura potenza di significare, ritirandosi da ogni concreta istanza di discorso, divi-de il linguistico dal non-linguistico e permette lapertura di ambiti di discorso significanti, in cui a certi termini corrispondono certi deno-tati. Il linguaggio il sovrano che, in permanente stato di eccezio-ne, dichiara che non vi un fuori lingua, che esso sempre al di l di se stesso. La struttura particolare del diritto ha il suo fondamento in questa struttura presupponente del linguaggio umano. Essa espri-me il vincolo di esclusione inclusiva cui soggetta una cosa per il fat-to di essere nel linguaggio, di essere nominata. Dire , in questo sen-so, sempre ius dicere.

    1.4. In questa prospettiva, leccezione si situa in po-sizione simmetrica rispetto allesempio, con cui forma sistema. Essi costituiscono i due modi attraverso i qua-li un insieme cerca di fondare e di mantenere la propria coerenza. Ma mentre leccezione , nel senso che si vi-sto, una esclusione inclusiva (che serve, cio, a includere ci che viene espulso), lesempio funziona piuttosto co-me una inclusione esclusiva. Si prenda il caso dellesem-pio grammaticale (Milner, p. 176): il paradosso qui che un enunciato singolare, che non si distingue in nulla da-

    9788806170264_Giorgio Agamben_Homo Sacer_corretto.indd 25 14/05/14 14.47

  • 26 titolo corrente

    gli altri casi dello stesso genere, isolato da essi proprio in quanto appartiene al loro numero. Se, per fornire le-sempio di un performativo, si pronuncia il sintagma: ti amo, da una parte esso non pu essere inteso come in un contesto normale, ma, dallaltra, per poter fungere da esempio, deve essere trattato come un enunciato rea-le. Ci che lesempio mostra la sua appartenenza a una classe, ma, precisamente per questo, nel momento stesso in cui la esibisce e delimita, il caso esemplare fuoriesce da essa (cos, nel caso di un sintagma linguistico, esso mo-stra il proprio significare e, in questo modo, ne sospende la significazione). Se si chiede, ora, se la regola si appli-ca allesempio, la risposta non facile, poich essa si ap-plica allesempio solo come caso normale e non, eviden-temente, in quanto esempio. Lesempio , cio, escluso dal caso normale non perch non ne fa parte, ma, al con-trario, perch esibisce il suo appartenervi. Esso vera-mente paradigma in senso etimologico: ci che si mo-stra a fianco, e una classe pu contenere tutto, ma non il proprio paradigma.

    Diverso il meccanismo delleccezione. Mentre le-sempio escluso dallinsieme in quanto appartiene ad esso, leccezione inclusa nel caso normale proprio per-ch non ne fa parte. E come lappartenenza a una classe pu essere mostrata solo con un esempio, cio al di fuo-ri di essa, cos la non-appartenenza pu essere mostrata solo al suo interno, cio con uneccezione. In ogni caso (come mostra la disputa fra anomalisti a analogisti tra i grammatici antichi), eccezione ed esempio sono concet-ti correlati, che tendono, al limite, a confondersi ed en-trano in gioco ogni volta che si tratta di definire il senso stesso dellappartenenza dei singoli, del loro far comu-nit. Cos complesso , in ogni sistema logico come in ogni sistema sociale, il rapporto fra il dentro e il fuori, lestraneit e lintimit.

    Lexceptio del diritto processuale romano mostra bene que-sta particolare struttura delleccezione. Essa uno strumento di dife-sa del convenuto in un giudizio, volto a neutralizzare la concludenza

    9788806170264_Giorgio Agamben_Homo Sacer_corretto.indd 26 14/05/14 14.47

  • 27titolo corrente

    delle ragioni fatte valere dallattore, nel caso in cui la normale appli-cazione dello ius civile risulterebbe iniqua. I romani vedevano in essa una forma di esclusione rivolta contro lapplicazione dello ius civile (Dig. 44. 1. 2, Ulp. 74: Exceptio dicta est quasi quaedam exclusio, quae opponi actioni solet ad excludendum id, quod in intentionem condemnationemve deductum est). In questo senso, lexceptio non assolutamente al di fuori del diritto, ma mostra, piuttosto, un con-trasto fra due esigenze giuridiche, che nel diritto romano rimanda al-la contrapposizione fra ius civile e ius honorarium, cio il diritto in-trodotto dal pretore per temperare leccessiva generalit delle norme del diritto civile.

    Nella sua espressione tecnica, lexceptio prende cos laspetto di una clausola condizionale negativa inserita, nella formula processua-le, fra lintentio e la condemnatio, mediante la quale la condanna del convenuto subordinata alla non sussistenza del fatto difensivo ec-cepito da questi (ad esempio: si in ea re nihil malo A. Agerii factum sit neque fiat, cio: se non vi stato dolo). Il caso deccezione cos escluso dallapplicazione dello ius civile, senza che sia, per, messa in questione lappartenenza della fattispecie alla previsione normati-va. Leccezione sovrana rappresenta una soglia ulteriore: essa sposta il contrasto fra due esigenze giuridiche in un rapporto-limite fra ci che dentro e ci che fuori il diritto.

    Pu sembrare incongruo definire la struttura del potere sovra-no, con le sue crudeli implicazioni fattuali, attraverso due innocue categorie grammaticali. Pure vi un caso in cui il carattere decisivo dellesempio linguistico e il suo confondersi, al limite, con leccezio-ne, mostrano unevidente implicazione col potere di vita e di mor-te. Si tratta dellepisodio dei Giudici 12. 6 in cui i Galaaditi ricono-scono gli Efraimiti in fuga che tentano di mettersi in salvo al di l del Giordano chiedendo loro di pronunciare la parola Schibboleth, che essi pronunciano Sibbolet (Dicebant ei Galaaditae: numquid Ephra-taeus es? Quo dicente: non sum, interrogabant eum: dic ergo Scibbo-let, quod interpretatur spica. Qui respondebat: sibbolet, eadem litte-ra spicam exprimere non valens. Statimque apprehensum iugulabant in ipso Jordanis transitu). Nello Schibboleth, esempio ed eccezione si confondono: esso uneccezione esemplare o un esempio che fun-ge da eccezione. (Non stupisce, in questo senso, che, nello stato di ec-cezione, si prediliga il ricorso alle punizioni esemplari).

    1.5. Nella teoria degli insiemi si distingue fra appar-tenenza e inclusione. Si ha inclusione quando un termi-ne parte di un insieme, nel senso che tutti i suoi ele-menti sono elementi di quellinsieme (si dice allora che b un sottoinsieme di a, e si scrive: b a). Ma un ter-

    9788806170264_Giorgio Agamben_Homo Sacer_corretto.indd 27 14/05/14 14.47

  • 28 titolo corrente

    mine pu appartenere a un insieme senza essere incluso in esso (lappartenenza essendo la nozione primitiva del-la teoria, che si scrive: b a) o, viceversa, esservi inclu-so senza appartenere ad esso. In un libro recente, Alain Badiou ha svolto questa distinzione, per tradurla in ter-mini politici. Egli fa corrispondere lappartenenza alla presentazione, e linclusione alla rappresentazione (ri-presentazione). Si dir, cos, che un termine appartiene a una situazione, se esso presentato e contato per uno in questa situazione (in termini politici, i singoli individui in quanto appartengono a una societ). Si dir, invece, che un termine incluso in una situazione, se rappre-sentato nella metastruttura (lo Stato) in cui la struttura della situazione a sua volta contata come uno (gli in-dividui, in quanto ricodificati dallo Stato in classi, per esempio come elettori). Badiou definisce normale un termine che , insieme, presentato e rappresentato (cio, che appartiene ed incluso), escrescenza un termine che rappresentato, ma non presentato (che , cio, incluso in una situazione senza appartenere ad essa), singolare un termine che presentato, ma non rappresentato (che appartiene, senza essere incluso) (Badiou, pp. 95-115).

    Che ne delleccezione sovrana in questo schema? Si potrebbe pensare, a prima vista, che essa rientri nel terzo caso, che, cio, leccezione configuri una forma di appartenenza senza inclusione. E cos certamente dal punto di vista di Badiou. Ma ci che definisce il carat-tere della pretesa sovrana precisamente che essa si ap-plica alleccezione disapplicandosi, che essa include ci che fuori di essa. Leccezione sovrana , cio, la figu-ra in cui la singolarit rappresentata come tale, cio in quanto irrapresentabile. Ci che non pu essere in alcun caso incluso, viene incluso nella forma delleccezione. Nello schema di Badiou essa introduce una quarta figu-ra, una soglia di indifferenza fra escrescenza (rappresen-tazione senza presentazione) e singolarit (presentazione senza rappresentazione), qualcosa come una paradossale inclusione dellappartenenza stessa. Essa quel che non

    9788806170264_Giorgio Agamben_Homo Sacer_corretto.indd 28 14/05/14 14.47

  • 29titolo corrente

    pu essere incluso nel tutto a cui appartiene e non pu ap-partenere allinsieme in cui gi sempre incluso. Ci che emerge in questa figura-limite la crisi radicale di ogni possibilit di distinguere con chiarezza fra appartenen-za e inclusione, fra ci che fuori e ci che dentro, fra eccezione e norma.

    Il pensiero di Badiou , in questa prospettiva, un pensiero ri-goroso delleccezione. La sua categoria centrale, quella di evento, cor-risponde infatti alla struttura delleccezione. Egli definisce levento come un elemento di una situazione tale che la sua appartenenza ad essa , dal punto di vista della situazione, indecidibile. Esso appare, perci, allo Stato necessariamente come escrescenza. Il rapporto fra appartenenza e inclusione , inoltre, secondo Badiou, segnato da uni-nadeguazione fondamentale, per cui linclusione eccede sempre lap-partenenza (teorema del punto di eccesso). Leccezione esprime ap-punto questa impossibilit di un sistema di far coincidere linclusione con lappartenenza, di ridurre a unit tutte le sue parti.

    Dal punto di vista del linguaggio, possibile assimilare linclusio-ne al senso e lappartenenza alla denotazione. Al teorema del punto di eccesso corrisponder allora il fatto che una parola ha sempre pi senso di quanto possa in atto denotare e che fra senso e denotazio-ne vi uno scarto insuturabile. precisamente questo scarto che in questione tanto nella teoria levi-straussiana delleccedenza costitutiva del significante rispetto al significato (il y a toujours une inadqua-tion entre les deux, rsorbable pour lentendement divin seul, et qui rsulte dans lexistence dune surabondance de signifiant par rapport aux signifis sur lesquels elle peut se poser: Lvi-Strauss, p. xlix) che nella dottrina benvenistiana dellopposizione irriducibile fra semio-tico e semantico. In ogni ambito il pensiero del nostro tempo si trova confrontato alla struttura delleccezione. La pretesa di sovranit del linguaggio consister allora nel tentativo di far coincidere il senso con la denotazione, di stabilire fra di essi una zona dindistinzione, in cui la lingua si mantiene in rapporto coi suoi denotata abbandonandoli, ritirandosi da essi in una pura langue (lo stato deccezione lingui-stico). quanto fa la decostruzione, ponendo degli indecidibili in ec-cesso infinito su ogni effettiva possibilit di significato.

    1.6. Per questo, in Schmitt, la sovranit si presenta nella forma di una decisione sulleccezione. La decisio-ne non qui lespressione della volont di un soggetto gerarchicamente superiore a ogni altro, ma rappresen-ta liscrizione, nel corpo del nmos, dellesteriorit che

    9788806170264_Giorgio Agamben_Homo Sacer_corretto.indd 29 14/05/14 14.47

  • 30 titolo corrente

    lo anima e gli d senso. Il sovrano non decide il lecito e lillecito, ma limplicazione originaria del vivente nella sfera del diritto, o, nelle parole di Schmitt, la struttu-razione normale dei rapporti di vita, di cui la legge ha bisogno. La decisione non concerne n una quaestio iuris n una quaestio facti, ma la relazione stessa fra il diritto e il fatto. Non si tratta qui soltanto, come Schmitt sem-bra suggerire, dellirruzione della vita effettiva che, nelleccezione, spezza la crosta di un meccanismo irri-gidito nella ripetizione, ma di qualcosa che concerne la natura pi intima della legge. Il diritto ha carattere nor-mativo, norma (nel senso proprio di squadra) non perch comanda e prescrive, ma in quanto deve innan-zitutto creare lambito della propria referenza nella vita reale, normalizzarla. Per questo in quanto, cio, stabi-lisce le condizioni di questa referenza e, insieme, le pre-suppone la struttura originaria della norma sempre del tipo: Se (fattispecie reale, e.g.: si membrum rupsit), allo-ra (conseguenza giuridica, e.g.: talio esto), dove un fat-to incluso nellordine giuridico attraverso la sua esclu-sione e la trasgressione sembra precedere e determinare il caso lecito. Che la legge abbia inizialmente la forma di una lex talionis (talio, forse da talis, vale: la stessa cosa), significa che lordine giuridico non si presenta in origine semplicemente come sanzione di un fatto trasgressivo, ma si costituisce, piuttosto, attraverso il ripetersi dello stesso atto senzalcuna sanzione, cio come caso decce-zione. Questo non una punizione del primo, ma rap-presenta la sua inclusione nellordine giuridico, la vio-lenza come fatto giuridico primordiale (permittit enim lex parem vindictam, Festo 496, 15). In questo senso, lecce-zione la forma originaria del diritto.

    La cifra di questa cattura della vita nel diritto non la sanzione (che non affatto caratteristica esclusiva della norma giuridica), ma la colpa (non nel senso tecnico che questo concetto ha nel diritto penale, ma in quello ori-ginario che indica uno stato, un essere-in-debito: in cul-pa esse), cio, appunto, lessere inclusi attraverso une-

    9788806170264_Giorgio Agamben_Homo Sacer_corretto.indd 30 14/05/14 14.47

  • 31titolo corrente

    sclusione, lessere in relazione con qualcosa da cui si esclusi o che non si pu assumere integralmente, La col-pa non si riferisce alla trasgressione, cio alla determinazio-ne del lecito e dellillecito, ma alla pura vigenza della leg-ge, al suo semplice riferirsi a qualcosa. Questa la ragione ultima della massima giuridica estranea a ogni mora-le secondo cui lignoranza della norma non elimina la colpa. In questa impossibilit di decidere se sia la colpa a fondare la norma o la norma a porre la colpa, emerge chiaramente alla luce lindistinzione fra esterno e inter-no, fra vita e diritto che caratterizza la decisione sovra-na sulleccezione. La struttura sovrana della legge, il suo particolare e originale vigore ha la forma di uno stato di eccezione, in cui fatto e diritto sono indistin-guibili (e devono, tuttavia, essere decisi). La vita, che cos ob-ligata, implicata nella sfera del diritto pu esser-lo, in ultima istanza, solo attraverso la presupposizione della sua esclusione inclusiva, solo in una exceptio. Vi una figura-limite della vita, una soglia in cui essa , in-sieme, dentro e fuori lordinamento giuridico, e questa soglia il luogo della sovranit.

    Laffermazione secondo cui la regola vive solo dellec-cezione va, perci, presa alla lettera. Il diritto non ha altra vita che quella che riesce a catturare dentro di s attraverso lesclusione inclusiva dellexceptio: esso si nu-tre di questa e, senza di essa, lettera morta. In questo senso veramente il diritto non ha per s alcuna esisten-za, ma il suo essere la vita stessa degli uomini. La de-cisione sovrana traccia e di volta in volta rinnova questa soglia di indifferenza fra lesterno e linterno, lesclusio-ne e linclusione, nmos e phsis, in cui la vita origina-riamente eccepita nel diritto. La sua decisione la posi-zione di unindecidibile.

    Non un caso che il primo lavoro di Schmitt sia interamen-te dedicato alla definizione del concetto giuridico di colpa. Ci che subito colpisce in questo studio la decisione con cui lautore rifiuta ogni definizione tecnico-formale del concetto di colpa, per caratteriz-zarlo invece in termini che sembrano a prima vista piuttosto morali

    9788806170264_Giorgio Agamben_Homo Sacer_corretto.indd 31 14/05/14 14.47

  • 32 titolo corrente

    che giuridici. La colpa , infatti, qui (contro lantico adagio giuridico che afferma ironicamente che non vi colpa senza norma) innan-zitutto un processo della vita interiore (Vorgang des Innerlebens), cio qualcosa di essenzialmente intrasoggettivo (Innersubiektives) (Schmitt 3, pp. 18-24), qualificabile come una vera e propria catti-va volont (bsen Willen), che consiste nella posizione consapevo-le di fini contrari a quelli dellordinamento giuridico (ibid., p. 92).

    Non possibile dire se Benjamin fosse a conoscenza di questo te-sto mentre scriveva Destino e carattere e Per la critica della violenza; sta di fatto, per, che la sua definizione della colpa come concetto giuri-dico originario indebitamente trasferito nella sfera etico-religiosa si accorda perfettamente con la tesi di Schmitt anche se in una dire-zione decisamente opposta. Poich mentre, per Benjamin, si tratta precisamente di superare lo stato di esistenza demonica, di cui il di-ritto un residuo, e di liberare luomo dalla colpa (che non altro che liscrizione della vita naturale nellordine del diritto e del destino), a fronte della rivendicazione schmittiana del carattere giuridico e del-la centralit della nozione di colpa non sta la libert delluomo etico, ma solo la forza frenante di un potere sovrano (catechon) che, nel mi-gliore dei casi, pu solo ritardare il dominio dellAnticristo.

    Unanaloga convergenza si ha rispetto al concetto di carattere. Anche Schmitt come Benjamin, distingue nettamente fra carattere e colpa (il concetto di colpa egli scrive ha a che fare con un ope-rari, non con un esse: ibid., p. 46). In Benjamin, tuttavia, proprio questo elemento (il carattere in quanto sfugge a ogni consapevole vo-lont) a presentarsi come il principio capace di sciogliere luomo dal-la colpa e di affermarne la naturale innocenza.

    1.7. Se leccezione la struttura della sovranit, la so-vranit non , allora, n un concetto esclusivamente po-litico, n una categoria esclusivamente giuridica, n una potenza esterna al diritto (Schmitt), n la norma supre-ma dellordinamento giuridico (Kelsen): essa la strut-tura originaria in cui il diritto si riferisce alla vita e la include in s attraverso la propria sospensione. Ripren-dendo un suggerimento di J.-L. Nancy, chiamiamo ban-do (dallantico termine germanico che designa tanto le-sclusione dalla comunit che il comando e linsegna del sovrano) questa potenza (nel senso proprio della dnamis aristotelica, che sempre anche dnamis m energhen, potenza di non passare allatto) della legge di mantener-si nella propria privazione, di applicarsi disapplicandosi.

    9788806170264_Giorgio Agamben_Homo Sacer_corretto.indd 32 14/05/14 14.47

  • 33titolo corrente

    La relazione di eccezione una relazione di bando. Colui che stato messo al bando non , infatti, semplicemente posto al di fuori della legge e indifferente a questa, ma abbandonato da essa, cio esposto e rischiato nella so-glia in cui vita e diritto, esterno e interno si confondo-no. Di lui non letteralmente possibile dire se sia fuori o dentro lordinamento (per questo, in origine, in ban-do, a bandono significano in italiano tanto alla merc di che a proprio talento, liberamente, come nelle-spressione corriere a bandono, e bandito vale tan-to escluso, messo al bando che aperto a tutti, libe-ro, come in mensa bandita, a redina bandita). in questo senso che il paradosso della sovranit pu as-sumere la forma: non c un fuori della legge. Il rap-porto originario della legge con la vita non lapplicazio-ne, ma lAbbandono. La potenza insuperabile del nmos, la sua originaria forza di legge, che esso tiene la vi-ta nel suo bando abbandonandola. Ed questa struttu-ra del bando che si tratter qui di comprendere, per po-terla, eventualmente, revocare in questione.

    Il bando una forma della relazione. Ma di che relazione pro-priamente si tratta, dal momento che esso non ha alcun contenuto po-sitivo e i termini in relazione sembrano escludersi (e, insieme, inclu-dersi) a vicenda? Qual la forma della legge che in esso si esprime? Il bando la pura forma del riferirsi a qualcosa in generale, cio la sem-plice posizione di una relazione con lirrelato. In questo senso, esso si identifica con la forma limite della relazione. Una critica del ban-do dovr allora necessariamente mettere in questione la forma stessa della relazione e chiedersi se il fatto politico non sia per caso pensa-bile al di l della relazione, cio non pi nella forma di un rapporto.

    9788806170264_Giorgio Agamben_Homo Sacer_corretto.indd 33 14/05/14 14.47

  • 2.1. Il principio secondo cui la sovranit appartiene alla legge, che sembra oggi inscindibile dalla nostra con-cezione della democrazia e dello Stato di diritto, non eli-mina in alcun modo il paradosso della sovranit, ma lo spinge, anzi, allestremo. Fin dalla pi antica formulazio-ne tramandata di questo principio, il frammento 169 di Pindaro, la sovranit della legge si situa, infatti, in una dimensione tanto oscura e ambigua, che proprio a que-sto proposito si potuto a ragione parlare di un enig-ma (Ehrenberg, p. 119). Ecco il testo del frammento, la cui ricostruzione si deve a Boeck:

    Nmos o pntn basilusthnatn te kai athantngei dikain to biaitatonypertta cheir: tekmaromairgoisin Heraclos1

    Lenigma non consiste qui tanto nel fatto che nel frammento siano possibili pi interpretazioni; decisi-vo piuttosto che, come il riferimento al furto di Eracle lascia intendere al di l di ogni dubbio, il poeta defini-sce la sovranit del nmos attraverso una giustificazione della violenza. Il significato del frammento si chiarisce, cio, soltanto se si comprende che esso ha al suo centro

    1 Il nmos di tutti sovrano | dei mortali e degli immortali | conduce con mano pi forte | giustificando il pi violento. | Lo giudico dalle ope-re di Eracle

    2.Nmos basileus

    9788806170264_Giorgio Agamben_Homo Sacer_corretto.indd 34 14/05/14 14.47

  • 35titolo corrente

    una scandalosa composizione di quei princip per eccel-lenza antitetici che sono, per i Greci, Ba e Dk, violen-za e giustizia. Nmos il potere che opera con mano pi forte lunione paradossale di questi due opposti (in questo senso, se sintende per enigma, secondo la defini-zione aristotelica, la congiunzione di opposti, il fram-mento contiene veramente un enigma).

    Se nel frammento 24 di Solone si deve leggere (come fa la maggioranza degli studiosi) krtei nmou, gi nel Vi secolo la specifica forza della legge era identificata precisamente in una connessione di violenza e giusti-zia (krtei / nmou ban te kai dkn synarmsas, con la forza del nmos ho connesso violenza e giustizia: ma anche se si legge hmou invece di nmou, lidea centra-le resta la stessa, dal momento che Solone sta parlando della sua attivit di legislatore: cfr. De Romilly, p. 15). Anche un passo degli Erga esiodei che Pindaro poteva avere in mente assegna al nmos una posizione decisi-va nel rapporto fra violenza e diritto:

    O Perse, ponti in mente queste cose e, dandoretta alla giustizia (Dik), scordati la violenza (Biaia).Agli uomini, infatti, Zeus assegn questo nmos: proprio dei pesci, delle fiere e degli alati uccellidivorarsi lun laltro, poich non vi Dike fra essi;ma agli uomini egli diede la Dike, che di gran lunga migliore.

    Mentre, in Esiodo, tuttavia, il nmos il potere che divide violenza e diritto, mondo ferino e mondo umano, e, in Solone, la connessione di Bia e Dike non con-tiene ambiguit n ironia, in Pindaro e questo il no-do che egli lascia in eredit al pensiero politico occiden-tale, e che fa di lui, in un certo senso, il primo grande pensatore della sovranit il nmos sovrano il princi-pio che, congiungendo diritto e violenza, li rischia nellin-distinzione. In questo senso, il frammento pindarico sul nmos basiles contiene il paradigma nascosto che orienta ogni successiva definizione della sovranit: il sovrano il punto di indifferenza fra violenza e diritto, la soglia in cui la violenza trapassa in diritto e il diritto in violenza.

    9788806170264_Giorgio Agamben_Homo Sacer_corretto.indd 35 14/05/14 14.47

  • 36 titolo corrente

    Nella sua versione commentata dei frammenti di Pindaro (che Beissner data al 1803), Hlderlin (che, con ogni verisimiglian-za, aveva davanti agli occhi un testo emendato nel senso della cita-zione platonica nel Gorgia: biain ton dicaitaton) traduce il fram-mento in questo modo:

    Das HchsteDas Gesetz,Von allen der Knig, Sterblichen undUnsterblichen; das fhrt ebenDarum gewaltigDas gerechteste Recht mit allerhchster Hand1.

    In nome della sua teoria della superiorit costitutiva del nmos sulla legge (Gesetz, nel senso di posizione convenzionale), Schmitt critica linterpretazione hlderliniana del frammento. Anche Hl-derlin egli scrive confonde la sua traduzione del frammento (Hellingrath, v, p. 277) rendendo in tedesco il termine nmos con Gesetz e si lascia fuorviare da questa parola infelice, bench sap-pia che la legge medialit rigorosa. Il nmos in senso originario , invece, la pura immediatezza di una forza giuridica (Rechtskraft) non mediata dalla legge; esso un evento storico costituente, un atto della legittimit, la quale soltanto rende in generale sensata la legalit della nuova legge (Schmitt 2, p. 63).

    Schmitt fraintende qui completamente lintenzione del poe-ta, che appunto diretta contro ogni principio immediato. Nel suo commento, Hlderlin definisce, infatti, il nmos (che distin-gue dal diritto) come mediazione rigorosa (strenge Mittelbarkeit): Limmediato egli scrive preso in senso rigoroso impossibi-le per i mortali come per gli immortali; il dio deve distinguere di-versi mondi, secondo la sua natura, poich i beni celesti devono essere sacri per se stessi, senza commistione. Luomo, in quan-to conoscente, deve anchegli distinguere diversi mondi, poich la conoscenza possibile solo mediante lopposizione (Hlder-lin, p.309). Se, da una parte, Hlderlin (come Schmitt) vede nel nmos basiles un principio pi alto del semplice diritto, dallal-tra egli ha cura di precisare che il termine sovrano non si rife-risce qui a un potere supremo (hchste Macht), bens al pi al-to fondamento conoscitivo (ibid.). Con una di quelle correzioni cos caratteristiche delle sue ultime traduzioni, Hlderlin sposta cos un problema giuridico-politico (la sovranit della legge come indistinzione di diritto e violenza) nella sfera della teoria della co-

    1 Il pi alto La legge, | di tutti il sovrano, mortali e | immortali; essa conduce proprio | per questo violenta | il pi giusto diritto con mano suprema.

    9788806170264_Giorgio Agamben_Homo Sacer_corretto.indd 36 14/05/14 14.47

  • 37titolo corrente

    noscenza (la mediazione come potere di distinguere). Pi origi-nale e forte del diritto non (come in Schmitt) il nmos in quan-to principio sovrano, ma la mediazione che fonda la conoscenza.

    2.2. in questa luce che va letta la citazione platoni-ca nel Gorgia (484b, 1-10) che, fingendo una smemora-tezza, altera consapevolmente il testo pindarico:

    Anche Pindaro, mi sembra, ha sostenuto quel che penso ioin quel canto che dice:il nmos di tutti sovranomortali e immortali

    e poi cos prosegue:conduce con mano pi fortefacendo violenza al pi giusto.

    Solo unacuta coniunctivitis professoria ha potuto in-durre i filologi (in particolare il curatore dellormai in-vecchiata edizione critica oxoniense di Platone) a cor-reggere il biain to dikaitaton dei codici pi autorevoli per reintegrare la lettera pindarica (dikain to biaita-ton). Come Wilamowitz ha fatto giustamente osservare (Wilamowitz, pp. 95-97), biain troppo raro in greco per potersi spiegare con un lapsus di memoria (e ancor meno con un lapsus calami) e il senso del gioco di paro-le platonico perfettamente chiaro: la giustificazione della violenza qui, nella stessa misura, un far vio-lenza al pi giusto e in questo e nientaltro consiste la sovranit del nmos di cui Pindaro parla.

    Unintenzione analoga guida tanto la citazione impli-cita che Platone, nel Protagora, mette sulle labbra di Ip-pia (Voi uomini presenti, io ritengo che siate tutti pa-renti, familiari e cittadini per natura, non per legge. Per natura il simile parente del simile, ma il nmos, tiran-no (tyrnnos, non basiles) degli uomini, compie molte violenze contro la natura 337c) che quella, esplicita, di Leggi 690 d sg.:

    (lassioma secondo cui domina chi pi forte) diffusissimo per natura presso tutti i viventi, come disse Pindaro tebano. Ma las-

    9788806170264_Giorgio Agamben_Homo Sacer_corretto.indd 37 14/05/14 14.47

  • 38 titolo corrente

    sioma che pare pi importante il sesto, quello, cio, che ordina che chi sapiente e intelligente comandi e governi e che, quindi, ligno-rante lo segua. E questo, o sapientissimo Pindaro, non potrei dire che avvenga contro natura, ma secondo natura, cio secondo il po-tere della legge su chi volontariamente laccetta, e non per violenza.

    In entrambi i casi, ci che a Platone interessa non tanto lopposizione tra phsis e nmos, che era al centro del dibattito sofistico (Stier, pp. 245-46), quanto la coin-cidenza di violenza e diritto che costituisce la sovranit. Nel passo citato delle Leggi, il potere della legge defi-nito conforme alla natura (cat phsin) e essenzialmente non violento, perch ci che sta a cuore a Platone pre-cisamente di neutralizzare lopposizione che, tanto per i sofisti che (in modo diverso) in Pindaro, giustificava la confusione sovrana di Bia e Dike.

    Tutta la trattazione del problema del rapporto tra phsis e nmos nel libro x delle Leggi volta a smontare la costruzione sofistica dellopposizione, nonch la tesi dellanteriorit della natura rispetto alla legge. Egli neu-tralizza entrambe affermando loriginariet dellanima e di tutto ci che appartiene al genere dellanima (in-telletto, tchn e nmos) rispetto ai corpi e agli elementi che erroneamente diciamo essere per natura (892b). Quando Platone (e, con lui, tutti i rappresentanti di quel-lo che Leo Strauss chiama diritto naturale classico) dice che la legge deve regnare sugli uomini e non gli uomini sulla legge, non intende, quindi, affermare la sovranit della legge sulla natura, ma, al contrario, soltanto il suo carattere naturale, cio non violento. Mentre, in Pla-tone, la legge di natura nasce, cio, per mettere fuo-ri gioco la contrapposizione sofistica tra phsis e nmos ed escludere la confusione sovrana di violenza e diritto, nei sofisti lopposizione serve precisamente a fondare il principio di sovranit, lunione di Bia e Dike.

    2.3. il senso stesso di questa contrapposizione, che doveva avere una cos tenace discendenza nella cultura po-

    9788806170264_Giorgio Agamben_Homo Sacer_corretto.indd 38 14/05/14 14.47

  • 39titolo corrente

    litica delloccidente, che va qui considerato in modo nuo-vo. La polemica sofistica contro il nmos in favore della natura (che si sviluppa con toni sempre pi accesi nel cor-so del secolo iV) pu essere considerata come la premessa necessaria dellopposizione fra stato di natura e common-wealth, che Hobbes pone a fondamento della sua conce-zione della sovranit. Se, per i sofisti, lanteriorit della phsis giustifica, in ultima analisi, la violenza del pi for-te, per Hobbes proprio questa stessa identit di stato di natura e violenza (homo hominis lupus) a giustificare il potere assoluto del sovrano. In entrambi i casi, anche se in senso apparentemente opposto, lantinomia phsis/nmos costituisce il presupposto che legittima il principio di sovranit, lindistinzione di diritto e violenza (nelluo-mo forte dei sofisti o nel sovrano hobbesiano). impor-tante notare, infatti, che, in Hobbes, lo stato di natura sopravvive nella persona del sovrano, che lunico a con-servare il suo naturale ius contra omnes. La sovranit si presenta, cio, come un inglobamento dello stato di natu-ra nella societ, o, se si vuole, come una soglia di indiffe-renza fra natura e cultura, fra violenza e legge, e proprio questa indistinzione costituisce la specifica violenza so-vrana. Lo stato di natura non , perci, veramente esterno al nmos, ma ne contiene la virtualit. Esso (certamente nellet moderna, ma probabilmente gi nella sofistica) lessere-in-potenza del diritto, la sua autopresupposizione come diritto naturale. Del resto, come Strauss ha sotto-lineato, Hobbes era perfettamente cosciente che lo stato di natura non doveva essere considerato necessariamen-te come unepoca reale, quanto, piuttosto, come un prin-cipio interno allo Stato, che si rivela nel momento in cui lo si considera come se fosse dissolto (ut tanquam dis-soluta consideretur, id est, ut qualis sit natura humana recte intelligatur: Hobbes 1, pp. 79-80). Lesteriorit il diritto di natura e il principio di conservazione della vita propria in verit il nucleo pi intimo del sistema po-litico, di cui esso vive nello stesso senso in cui, secondo Schmitt, la regola vive delleccezione.

    9788806170264_Giorgio Agamben_Homo Sacer_corretto.indd 39 14/05/14 14.47

  • 40 titolo corrente

    2.4. Non stupir, in questa prospettiva, che Schmitt fondi proprio sul frammento di Pindaro la sua teoria sul carattere originario del nmos della terra e, tuttavia, non faccia alcuna allusione alla sua tesi sulla sovranit co-me decisione sullo stato di eccezione. Ci che egli vuole qui assicurare a tutti i costi la superiorit del nmos so-vrano come evento costitutivo del diritto rispetto a ogni concezione positivistica della legge come semplice posi-zione e convenzione (Gesetz). Per questo, pur parlando di nmos sovrano, Schmitt deve lasciare in ombra la prossimit essenziale fra nmos e stato di eccezione. Una lettura pi attenta rivela, tuttavia, che questa prossimi-t chiaramente presente. Poco pi avanti, nel capito-lo sulle Prime linee globali, egli mostra, infatti, come il nesso fra localizzazione e ordinamento, in cui consiste il nmos della terra, implica sempre una zona esclusa dal diritto, che configura uno spazio libero e giuridicamen-te vuoto, in cui il potere sovrano non conosce pi i li-miti fissati dal nmos come ordine territoriale. Questa zona, nellepoca classica dello ius publicum Europaeum, corrisponde al nuovo mondo, identificato con lo stato di natura, in cui tutto lecito (Locke, In the beginning, all world was America). Schmitt stesso assimila questa zo-na beyond the line allo stato di eccezione, che si basa in maniera evidentemente analoga sullidea di uno spazio delimitato, libero e vuoto, inteso come ambito tempo-rale e spaziale della sospensione di ogni diritto:

    Esso era, per, delimitato rispetto allordinamento giuridico normale: nel tempo, attraverso la proclamazione, allinizio, del-lo stato di guerra, e, alla fine, attraverso un atto di indennit; nel-lo spazio, da una precisa indicazione del suo ambito di validit. Allinterno di questo ambito spaziale e temporale, poteva accade-re tutto ci che fosse stato ritenuto di fatto necessario secondo le circostanze. Per indicare questa situazione, vi era un simbolo an-tico ed evidente, al quale fa riferimento anche Montesquieu: la statua della libert o quella della giustizia venivano velate per un determinato periodo di tempo (Schmitt 2, p. 100).

    In quanto sovrano, il nmos necessariamente connes-

    9788806170264_Giorgio Agamben_Homo Sacer_corretto.indd 40 14/05/14 14.47

  • 41titolo corrente

    so tanto con lo stato di natura che con lo stato di ecce-zione. Questultimo (con la sua necessaria indistinzione di Bia e Dike) non gli semplicemente esterno, ma, pur nella sua chiara delimitazione, implicato in esso come momento in ogni senso fondamentale. Il nesso localizza-zione-ordinamento contiene, cio, gi sempre al suo in-terno la propria rottura virtuale nella forma di una so-spensione di ogni diritto. Ma ci che allora appare (nel punto in cui si considera la societ tanquam dissoluta) , in verit, non lo stato di natura (come stadio anteriore in cui gli uomini ricadrebbero), ma lo stato di eccezio-ne. Stato di natura e stato di eccezione sono soltanto le due facce di un unico processo topologico in cui, come in un nastro di Moebius o in una bottiglia di Leida, ci che era presupposto come esterno (lo stato di natura) ricom-pare ora allinterno (come stato di eccezione), e il pote-re sovrano appunto questa impossibilit di discernere esterno ed interno, natura ed eccezione, phsis e nmos. Lo stato di eccezione non , cio, tanto una sospensio-ne spazio-temporale, quanto una figura topologica com-plessa, in cui non solo leccezione e la regola, ma anche lo stato di natura e il diritto, il fuori e il dentro transi-tano luno nellaltro. proprio in questa zona topologi-ca di indistinzione, che doveva restare nascosta agli oc-chi della giustizia, che noi dobbiamo invece provarci a fissare lo sguardo. Il processo (che Schmitt ha minuzio-samente descritto e che noi stiamo oggi ancora vivendo) attraverso cui, in modo chiaro gi a partire dalla prima guerra mondiale, il nesso costitutivo fra localizzazione e ordinamento dellantico nmos della terra si spezza, tra-scinando in rovina lintero sistema delle limitazioni reci-proche e delle regole dello ius publicum Europaeum, ha nelleccezione sovrana il suo fondamento nascosto. Ci che avvenuto e che sta ancora avvenendo sotto i nostri occhi che lo spazio giuridicamente vuoto dello stato di eccezione (in cui la legge vige nella figura cio eti-mologicamente, nella finzione della sua dissoluzione, e in cui poteva pertanto accadere tutto ci che il sovra-

    9788806170264_Giorgio Agamben_Homo Sacer_corretto.indd 41 14/05/14 14.47

  • 42 titolo corrente

    no riteneva di fatto necessario) ha infranto i suoi confi-ni spazio-temporali e, riversandosi fuori di essi, tende ormai ovunque a coincidere con lordinamento norma-le, nel quale tutto diventa cos nuovamente possibile.

    Se si volesse rappresentare schematicamente il rapporto fra stato di natura e stato di diritto quale si configura nello stato di ec-cezione, si potrebbe ricorrere a due cerchi, che, allinizio, si presen-tano come distinti (fig. 1) e poi nello stato di eccezione, mostrano di essere, in realt, luno allinterno dellaltro (fig. 2). Quando lecce-zione tende a diventare la regola, i due cerchi coincidono in assolu-ta indistinzione (fig. 3):

    In questa prospettiva, ci che sta avvenendo nellex Jugoslavia e, pi in generale, i processi di dissoluzione degli organismi statuali tra-dizionali nellEuropa orientale, non vanno guardati come un riemer-gere dello stato naturale di lotta di tutti contro tutti, che prelude alla costituzione di nuovi patti sociali e di nuove localizzazioni nazional-statuali, quanto, piuttosto, come laffiorare alla luce dello stato di ecce-zione come struttura permanente di de-localizzazione e dis-locazione giuridico-politica. Non si tratta, cio, di un regresso dellorganizza-zione politica verso forme superate, ma di eventi premonitori che an-nunciano, come messi sanguinosi, il nuovo nmos della terra, che (se il principio su cui si fonda non sar revocato in questione) tender a estendersi su tutto il pianeta.

    Figura 1 Figura 2 Figura 3

    9788806170264_Giorgio Agamben_Homo Sacer_corretto.indd 42 14/05/14 14.47

  • 3.1. Forse da nessuna parte il paradosso della sovra-nit si mostra in tanta luce, come nel problema del po-tere costituente e del suo rapporto col potere costituito. Tanto la dottrina che le legislazioni positive hanno sem-pre incontrato difficolt nel formulare e nel mantenere questa distinzione in tutta la sua portata. La ragione di ci si legge in un trattato di scienza della politica che, se si intende dare il suo vero senso alla distinzione fra potere costituente e potere costituito, occorre neces-sariamente collocarli su due piani diversi. I poteri costi-tuiti esistono solo nello Stato: inseparabili da un ordine costituzionale prestabilito, essi hanno bisogno di una cornice statuale di cui manifestano la realt. Il potere costituente, al contrario, si situa fuori dallo Stato; non gli deve nulla, esiste senza di esso, la sorgente che lu-so che viene fatto della sua corrente non pu mai esau-rire (Burdeau, p. 173).

    Di qui limpossibilit di costruire in modo armonico la relazione fra i due poteri, che emerge, in particolare, non soltanto quando si tratta di intendere la natura giu-ridica della dittatura e dello stato di eccezione, ma an-che a proposito del potere di revisione, spesso previsto nel testo stesso delle costituzioni. Contro la tesi che af-ferma il carattere originario e irriducibile del potere co-stituente, che non pu in alcun modo essere condiziona-to e costretto da un ordinamento giuridico determinato e si mantiene necessariamente esterno a ogni potere co-

    3.Potenza e diritto

    9788806170264_Giorgio Agamben_Homo Sacer_corretto.indd 43 14/05/14 14.47

  • 44 titolo corrente

    stituito, trova oggi sempre pi consensi (nellambito del-la pi generale tendenza contemporanea a regolare tutto mediante norme) la tesi contraria, che vorrebbe ridurre il potere costituente al potere di revisione previsto nella costituzione e mette da parte come pregiuridico o me-ramente fattuale il potere da cui nata la costituzione.

    Gi allindomani della prima guerra mondiale, Benjamin, con parole che non hanno perduto nulla del-la loro attualit, critica questa tendenza, presentando il rapporto fra potere costituente e potere costituito come quello fra violenza che pone il diritto e violenza che lo conserva: Se viene meno la consapevolezza della pre-senza latente della violenza in un istituto giuridico, esso decade. Un esempio di questo processo fornito, in que-sto periodo dai parlamenti. Essi presentano il noto, tri-ste spettacolo, perch non sono rimasti consapevoli del-le forze rivoluzionarie a cui devono la loro esistenza Manca loro il senso della violenza creatrice di diritto che rappresentata in essi; non c quindi da stupirsi che non pervengano a decisioni degne di questa violenza, ma cu-rino, nel compromesso, una condotta degli affari politi-ci che si vorrebbe senza violenza (Benjamin 1, p. 144). Ma laltra tesi (quella della tradizione democratico-rivolu-zionaria) che vuole mantenere il potere costituente nella sua trascendenza sovrana rispetto a ogni ordine costitui-to, rischia ugualmente di restare imprigionata nel para-dosso che abbiamo fin qui tentato di descrivere. Poich se il potere costituente, come violenza che pone il dirit-to, certamente pi nobile della violenza che lo conser-va, esso non possiede, per, in s alcun titolo che possa legittimarne lalterit, e intrattiene, anzi, col potere co-stituito un rapporto ambiguo ed ineliminabile.

    In questa prospettiva, la celebre tesi di Sieys, secon-do cui la costituzione suppone innanzitutto un potere costituente, non , com stato osservato, un semplice truismo: essa deve essere intesa piuttosto nel senso che la costituzione si presuppone come potere costituente e, in questa forma, esprime nel modo pi pregnante il para-

    9788806170264_Giorgio Agamben_Homo Sacer_corretto.indd 44 14/05/14 14.47

  • 45titolo corrente

    dosso della sovranit. Come il potere sovrano si presup-pone come stato di natura, che viene cos mantenuto in relazione di bando con lo stato di diritto, cos esso si scin-de in potere costituente e potere costituito e si tiene in rapporto con entrambi, situandosi nel loro punto di in-differenza. Sieys era, per parte sua, tanto cosciente di questa implicazione, da collocare il potere costituente (identificato nella nazione), in uno stato di natura al di fuori del legame sociale: On doit concevoir egli scri-ve (Sieys 1, p. 83) les nations sur la terre comme des individus, hors du lien social dans ltat de nature.

    3.2. H. Arendt, che cita questo passo nel suo On re-volution, descrive lemergere di unistanza di sovranit nei processi rivoluzionari come esigenza di un principio assoluto in grado di fondare latto legislativo del potere costituente e mostra bene come questa esigenza (presen-te anche nellidea dellEssere supremo in Robespierre) finisse per avvolgersi in un circolo vizioso: Quello di cui egli (Robespierre) aveva bisogno non era


Top Related