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Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Dark Seduction

HQN Books © 2007 Brenda Joyce Dreams Unlimited, Inc.

Traduzione di Giorgia Lucchi

Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma.

Questa edizione è pubblicata per accordo con Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg.

Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o persone della vita reale è puramente casuale.

© 2010 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

Prima edizione Bluenocturne gennaio 2010

Questo volume è stato impresso nel dicembre 2009

da Grafica Veneta S.p.A. - Trebaseleghe (Pd)

BLUENOCTURNE ISSN 2035 - 486X

Periodico mensile n. 10 del 28/1/2010 Direttore responsabile: Alessandra Bazardi

Registrazione Tribunale di Milano n. 118 del 16/3/2009 Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale

Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione

Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti

contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171

Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano

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Prologo

Il passato Era notte fonda quando Claire si svegliò. Per un momento rimase disorientata. All'esterno piove-va a dirotto. Giaceva su un letto a baldacchino in una ca-mera che non riconobbe. Sbatté le palpebre nel buio e scorse un fuoco in un caminetto di pietra e due piccole finestre strette protette da sbarre di ferro. Poi lo sentì. Claire... vieni da me. Lei scattò a sedere sul letto allarmata. Ricordò immedia-tamente che Malcolm era stato a un passo dalla morte, ma ora non si trovava in camera con lei e Claire non sapeva dove fosse. Stava bene? Per quanto tempo era rimasta pri-va di sensi? Claire, di sopra... sopra di te... Ho bisogno di te... Lei rimase impietrita, il respiro affrettato. Era sola, lui stava usando la telepatia per comunicare con lei e i suoi pensieri le giungevano chiari come se le parlasse. Si trova-va da qualche parte sopra di lei. Claire esitò, lo stomaco serrato da un'ansia terribile. Era ferito, vicino alla morte. Lo avevano chiuso da qualche parte e lei poteva salvarlo. Saltò giù dal letto. Aveva caldo, ma non per il fuoco: il

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sangue le scorreva rovente nelle vene in virtù dei suoi po-tenti appelli. Doveva trovarlo! Si sentì mancare il respiro per la disperazione. Si strappò il mantello di lana e lo gettò via, ma non trovò sollievo dal calore febbrile. Doveva rag-giungere Malcolm. Deglutì e rimase immobile in ascolto. Le bastò un attimo per escludere il suono del cuore martellante e fu allora che percepì il suo tormento. Era in-debolito dal duello, ferito, soffriva. Non era nemmeno in grado di mettersi a sedere. Doveva trovarlo, aveva bisogno di lei. Aveva bisogno di essere dentro di lei per assorbire la sua energia. Claire si irrigidì quando il calore avvampò più forte tra loro; lui l'aveva sentita, sapeva che stava arrivando e l'a-spettava. Guardò il soffitto. Aidan aveva detto a Royce di portare Malcolm in una torre. Nel castello ce n'erano quattro, una a ciascun angolo delle mura. Anche i corpi di guardia era-no nelle torri, ma Claire era certa che Malcolm si trovasse sopra di lei. Si strappò via la tunica di lino e rimase con indosso solo la gonna di jeans e la maglietta. Dove sei? Claire. Di sopra. Sopra di te. Nella torre est. Lei sorrise e il suo cuore palpitò con rinnovata urgenza. Sto arrivando. Cercò di aprire la porta, ma si accorse che era sbarrata. Fa' in fretta. Claire inspirò e percepì una traccia del suo odore. Sape-va di sesso, il suo desiderio filtrava nella stanza dal piano superiore. In preda alla frenesia, tirò con forza la maniglia di foggia antica. La paura le infuse una forza sovrumana, perché il chiavistello si ruppe e la porta si spalancò. Ansimante, sbirciò nel corridoio e si accertò che fosse vuoto, una singola torcia ardeva appesa alla parete. Scalza,

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salì con passi furtivi la stretta scala a chiocciola. Le sembrava che la pelle fosse sul punto di staccarsi dal corpo a meno che non si fosse gettata al più presto tra le sue braccia. Raggiunse un pianerottolo, una torcia accesa era appe-sa alla parete. Claire non si fermò e salì al piano successi-vo, dove si trovò in una piccola anticamera circolare e vide di fronte a sé una pesante porta di legno sprangata dall'e-sterno con un grosso lucchetto di ferro. L'anticamera era pervasa da una tensione pulsante. Malcolm. Era dall'altra parte della porta, caldo e impaziente, pronto a regalarle un universo di piacere. Claire era dispo-sta a morire pur di essere accarezzata da lui. Lasciandosi sfuggire un mugolio, afferrò il pugnale infi-lato sotto la vita della gonna e conficcò la punta nel luc-chetto. A New York non avrebbe saputo da dove comin-ciare per forzare un lucchetto, ma ora spinse con forza nell'ingranaggio la lama e il lucchetto si aprì. Claire spa-lancò la porta. Il suo sguardo argenteo era fisso su di lei. Malcolm giaceva supino su un mucchio di paglia lungo la parete opposta, una benda chiara spiccava sulla sua pel-le abbronzata. Teneva il capo rivolto verso di lei e la os-servava attentamente. Il suo membro era completamente eretto. Era come un cacciatore in attesa e lei era ben felice di essere la sua preda. Avrebbe voluto correre da lui, ma non riuscì a muover-si, sopraffatta dalla vista di quella magnifica perfezione e dalla consapevolezza del piacere incommensurabile che l'aspettava. Accennò un sorriso quando lui si mise lentamente a

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sedere con una smorfia di dolore. La benda era chiazzata di sangue. «Vieni da me, Claire.» Claire si avvicinò con passo malfermo mentre lui si al-zava con cautela, indebolito dalla battaglia e dalla perdita di sangue. Lo sostenne, cingendolo con le braccia, e quando tutto il suo corpo nudo aderì al proprio, lacrime di desiderio le riempirono gli occhi. «Lass» sussurrò lui, stringendola a sé in una morsa d'acciaio. Claire fu avvolta da un calore che iniziò a inva-derla dall'esterno. Percepì una sensazione di dolce stordi-mento e sentì Malcolm che mugolava, poi il piacere tor-mentoso ebbe inizio. Lui urlò con voce roca: «Oh sì, Claire!». Lei lo guardò negli occhi mentre la afferrava per le braccia e vi scorse il suo incontenibile desiderio. Malcolm sorrise selvaggia-mente divaricandole le cosce, la bocca premuta sulla sua. E con un'unica spinta affondò in lei, con un gemito di soddisfazione. «Sai di buono.» Un'onda la travolse e Claire pianse, pervasa da un pia-cere più grande di quanto avrebbe mai potuto immaginare. Malcolm si mosse, prosciugandola e allo stesso tempo fa-cendola venire. L'universo diventò nero e si riempì di e-splosioni di stelle, una per ciascun orgasmo. Lei capì che si sarebbe persa in quella galassia sconfinata di piacere. Ogni orgasmo era più violento e brutale del precedente, ma non le importava: era così che voleva morire, donando a Malcolm la sua vita, cavalcando per l'eternità la sua e-norme virilità. Il seme di lui eruppe, rovente; Malcolm ruggì il suo ap-pagamento mentre la prendeva, un suono più da bestia feroce che da uomo. Claire pianse e implorò di avere di più e lo ottenne. Sa-

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peva che non avrebbe resistito, ma lo voleva ugualmente. Un'altra onda terribile la investì, sommergendola. All'improvviso Malcolm ruggì un'ultima volta e si allon-tanò bruscamente da lei. Claire avrebbe voluto protestare, ma non poté, era in-trappolata in un vortice di piacere e dolore che la stava ra-pidamente portando via. Stava morendo. Sentì le ultime gocce della propria essenza vitale abbandonarla sempre più in fretta. Guardò in basso e vide il proprio corpo seminudo, steso sul pavimento di pietra, mentre Malcolm, accanto alla fi-nestra, lo fissava inorridito. Aidan e Royce si chinarono su di lei. All'improvviso la torre fu pervasa da una luce acce-cante e lei intravide le sagome degli Antichi che si affolla-vano nella camera. «È viva?» urlò Malcolm.

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Il presente Claire aveva paura del buio. In quel momento era buio e aveva appena udito un ru-more al piano inferiore. Lei rimase assolutamente immobile nella camera da let-to che si trovava sopra la libreria. Claire vendeva libri e manoscritti antichi, oltre a qualche volume usato e raro. Dal momento che al piano inferiore teneva materiale per circa un quarto di milione di dollari, era dotata di un mo-dernissimo sistema d'allarme, di un taser e di una pistola. Era certa di non aver lasciato aperta una finestra, perché in luglio in città faceva troppo caldo, e comunque era una cosa che non avrebbe mai fatto: era troppo pericoloso. Il mese precedente una sua vicina era stata uccisa e, benché la polizia non lo avesse rivelato, Claire sospettava si trat-tasse di un pleasure crime. Tese l'orecchio, domandando-si se estrarre la Beretta dal cassetto del comodino. Ma non sentì altri rumori. Mentre era in piedi, con in-dosso un paio di boxer a righe rosa e una canotta con le spalline sottili, il gatto randagio che era apparso quel po-meriggio entrò dal corridoio in camera sua. Claire fu per-

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vasa da un senso di sollievo immaginando che fosse stato lui a far cadere qualcosa al piano di sotto. Doveva smetter-la di temere sempre il peggio, dopotutto i sensori di mo-vimento del sofisticato sistema di allarme non si erano at-tivati; eppure, anche dopo tutti quegli anni, detestava re-stare sola la notte. Terrorizzata, la bambina si accucciò vicino alla porta, mentre un'ombra scura e letale si avvicinava. Claire scoccò un'occhiataccia al bel gatto nero, scac-ciando dalla mente il pensiero della madre assassinata tan-ti anni prima. «Accidenti a te! Non avrei dovuto darti da mangiare.» Il gatto le si strofinò sulle caviglie con movenze sinuo-se, facendole le fusa. Claire lo prese in braccio – era la prima volta che lo fa-ceva – e se lo strinse al petto. «Mascalzone» gli sussurrò. «A me serve un cane, non un gatto.» Per tutta risposta la bestiola le leccò il viso. Claire si pulì il mento, lasciando cadere il gatto a terra. L'indomani, prima di partire per l'aeroporto, avrebbe do-vuto esporre nell'area di Tribeca dei volantini che dichia-ravano il ritrovamento dell'animale. Stava preparando i bagagli per una meritata vacanza nelle Highlands, la cui prima tappa sarebbe stata la magnifica isola di Mull. A quel pensiero fu pervasa dall'eccitazione. Il gatto si sistemò sul letto e lei riprese i suoi preparativi. Si avvicinò al cassettone antico, acquistato durante un viaggio a Li-sbona; viaggiava spesso per lavoro. Sorridendo, si gettò oltre le spalle i capelli rosso scuro ed estrasse da un cas-setto una pila di magliette e canotte. Aveva ventotto anni – presto ne avrebbe compiuti ventinove – e gestiva un'at-tività di straordinario successo, anche grazie a un ampio

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utilizzo di Internet. Da quando si era laureata a Princeton in storia dell'Europa medievale, si era concessa solo due vacanze. La prima avrebbe dovuto portarla a Londra, con un piccolo tour in Cornovaglia e Galles. All'ultimo mo-mento, però, un amico le aveva suggerito di trascorrere qualche giorno in Scozia e, benché Claire non fosse im-pulsiva, aveva modificato l'itinerario il giorno prima della partenza. Appena aveva oltrepassato Berwick-upon-Tweed, si era sentita colmare da una strana eccitazione; si era innamorata all'istante della Scozia. Era stato quasi come tornare a casa. Quella volta aveva fatto un giro classico: Dunbar, E-dimburgo, Stirling, Iona e Perth. Ma aveva capito subito che sarebbe tornata per esplorare le Highlands, la loro a-spra maestosità la attraeva come non le era mai capitato. Due anni prima era tornata in Scozia e aveva trascorso dieci giorni nel nord e nel nordest. L'ultimo giorno di va-canza aveva scoperto la piccola, rocciosa, splendida isola di Mull. Si era recata a Duart, dimora secolare dei Laird Maclean. Era stata colta dalla smania di scoprire la storia dell'area, ma visitare il castello non le era bastato. Poi poco prima di lasciare l'isola si era imbattuta in un adorabile bed-and-breakfast a Malcolm's Point e i suoi proprietari le avevano suggerito di recarsi a Dunroch. Le avevano spiegato che Dunroch era la dimora dei Maclean nella parte meridionale di Mull e che il laird attuale risiedeva nel castello, benché lo si vedesse di rado. Viveva da recluso e non era sposato, una vergogna terribile, avevano commentato. E come per altri aristocratici, motivi economici lo avevano costretto ad aprire al pubblico una parte del castello. Incuriosita, Claire si era precipitata a Dunroch, arrivan-

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do un'ora prima della chiusura. Il castello di pietra grigia l'aveva impressionata a tal punto che nel momento in cui aveva attraversato il ponte levatoio, abbassato sopra un fossato ormai vuoto, aveva sentito un brivido scenderle lungo la schiena. Senza fiato, era passata sotto la saraci-nesca sollevata e lo scuro passaggio del corpo di guardia, considerando che erano parti del castello originale eretto agli inizi del XIV secolo da Brogan Maclean. Si era fermata nella corte interna per guardare verso il mare e il mastio. Non aveva avuto bisogno che qualcuno le dicesse che an-che la torre affacciata sull'Atlantico faceva parte della struttura originale dell'edificio. Tutte le stanze erano chiuse al pubblico, eccetto la sala principale. Quando vi era entrata, Claire era rimasta allibi-ta: la sala le era parsa familiare, benché non ci fosse mai stata prima. Osservando l'ampio salone, non aveva visto i tre eleganti divani, bensì un lungo tavolo occupato dal si-gnore del castello e dai suoi nobili. Il caminetto era vuoto, ma Claire aveva avvertito il calore di un grande fuoco. Quando un altro turista le era passato accanto, lei era tra-salita, quasi si aspettasse di vedere il laird di Dunroch. Ricordava come se ci fosse appena stata il profilo del-l'imponente castello che incombeva sulla strada sotto le alte scogliere a strapiombo. Aveva pensato molto a quel luogo e aveva svolto alcune ricerche, ma i Maclean si era-no rivelati una famiglia misteriosa. Una ricerca su Google e nelle biblioteche online non le aveva procurato alcuna in-formazione utile sui Maclean dopo Brogan Mor, morto nel 1411 durante la sanguinosa battaglia di Red Harlaw. In ogni caso la mancanza di notizie era servita solo a stimo-lare il suo interesse, dal momento che Claire era sempre stata insaziabile quando si trattava di storia.

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Scelse alcune paia di jeans, il respiro sempre più agita-to. In quel viaggio avrebbe trascorso la prima notte a E-dimburgo, poi avrebbe preso un'auto per raggiungere Dunroch. Aveva prenotato una camera al bed-and-breakfast Malcolm's Arm e prevedeva di trascorrere tre giorni interi sull'isola, ma c'era di più. In qualità di mer-cante di libri rari, intendeva domandare all'attuale laird il permesso di visitare la biblioteca del castello. Era solo un pretesto per incontrarlo e non avrebbe saputo dire perché sentisse quella necessità. Forse perché non aveva trovato informazioni su quel ramo dei Maclean dopo Brogan Mor. Claire presumeva che l'attuale laird dovesse avere una sessantina di anni e lo immaginava come una versione matura di Colin Farrell. Mise in valigia i jeans. Ormai le mancava poco prima di finire. Era alta per essere una donna, un metro e settanta-cinque, ed era straordinariamente in forma dal momento che praticava kickboxing, corsa e sollevamento pesi quasi tutti i giorni. Essere forte la faceva sentire più sicura. Quando Claire aveva dieci anni, sua madre era uscita per andare al negozio all'angolo, assicurandole che sarebbe tornata in pochi minuti. Invece non era più rientrata. Claire cercava di non pensare mai a quella notte inter-minabile; era sempre stata una bambina piena di fantasia, che credeva in mostri e fantasmi e tormentava la madre per il timore che ci fossero creature malvagie annidate nel-l'armadio e sotto il suo letto. Quella notte aveva scorto sagome terrificanti in ogni ombra, in ogni movimento di tende. Ormai era passato molto tempo, eppure sentiva ancora la mancanza di sua madre. Quel giorno indossava uno strano ciondolo che era appartenuto a lei, una pietra se-

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mipreziosa chiara e lucida incastonata tra quattro bracci d'oro, ciascuno dei quali decorato con un intricato motivo celtico. Ogni volta che si sentiva particolarmente triste, Claire stringeva il ciondolo nel palmo della mano e il dolo-re si affievoliva. Non sapeva perché sua madre fosse stata tanto affezionata a quel monile – non se lo toglieva mai – ma sospettava avesse qualcosa a che fare con suo padre. Non che Claire ne avesse avuto uno; sua madre era sta-ta molto onesta in proposito e le aveva parlato di una sin-gola notte di passione a cui si era abbandonata quando era giovane e ribelle. Lui si chiamava Alex ed era tutto quello che Janine sapeva, o sosteneva di sapere, di lui. Dopo la morte della madre, Claire era andata a vivere con i suoi zii in una fattoria. Zia Bet l'aveva accolta a braccia aperte e, crescendo, lei aveva legato con le cugine Amy e Lorie, che erano quasi sue coetanee. Quando Claire aveva quindici anni, la zia le aveva chiesto di sedersi e le aveva raccontato tutta la verità. Sua madre non era stata uccisa nel corso di una rapina, era stata vittima di un pleasure crime. Quella rivelazione aveva cambiato la vita di Claire. Sua madre era stata uccisa da un pervertito e ciò confermava le sue peggiori paure: esistevano realmente creature malvagie che colpivano di notte. Poi, durante il primo anno di università, sua cugina Lo-rie era stata uccisa mentre una sera tornava da un cinema poco lontano dal campus. La polizia aveva stabilito senza difficoltà che anche lei era stata vittima di un maniaco. Era successo cinque anni prima. Claire non sapeva quando la stampa nazionale avesse coniato la brillante espressione pleasure crime, ma le sem-brava di averla sempre sentita circolare. Giornalisti, psi-

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chiatri, politici, tutti dichiaravano che la società si trovava in uno stato di anarchia in cui ormai l'80% dei crimini era legato al sesso, e ogni anno la situazione peggiorava. Lorie era morta come migliaia di altre. Aveva avuto un rapporto carnale, i fluidi corporei avevano rivelato che era molto ec-citata e che il suo assalitore aveva raggiunto l'orgasmo svariate volte. Non c'erano segni di lotta per cui la polizia non era mai riuscita a identificare il colpevole. Si trattava di crimini particolarmente inquietanti: gli as-sassini sembravano sempre dei completi sconosciuti, ep-pure riuscivano a sedurre le proprie vittime, benché nes-suno fosse ancora riuscito a capire come. C'erano diverse teorie. Chi propendeva per qualche culto esoterico e ipo-tizzava che i responsabili appartenessero a una società se-greta che si serviva dell'ipnotismo per procurare alle vitti-me uno stato di trance. I sociologi attribuivano le cause di quello che definivano un trend patologico a videogiochi, musica rap, droga, problemi familiari e cultura della vio-lenza. Claire era giunta alla conclusione che erano tutte sciocchezze: nessuno sapeva come o perché quegli assas-sini colpissero. Ogni vittima era giovane e attraente e moriva nello stesso modo: il cuore smetteva semplicemente di battere, sopraffatto dall'eccitazione. Dopo l'assassinio della cugina, Claire si era voluta assi-curare di essere forte abbastanza da causare qualche dan-no, nel caso in cui qualche criminale avesse tentato di ag-gredirla. Era stata Amy a proporle di seguire insieme un corso di autodifesa e di imparare a sparare. Da allora, en-trambe le giovani donne tenevano in casa una pistola. Claire era lieta che il marito di Amy lavorasse per l'FBI. Era certa che John fosse a conoscenza di qualche particolare

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che l'opinione pubblica ignorava, perché Amy aveva riba-dito più volte quanto fossero perversi quegli omicidi, an-che se non aveva voluto rivelare di più, inducendola a cre-dere che il marito glielo avesse proibito. Per ogni evenien-za Claire teneva la pistola carica nel cassetto del comodi-no. Nessuno le avrebbe mai fatto del male, non se lei fos-se stata in grado di impedirlo. Decise di prepararsi uno spuntino dal momento che i bagagli erano quasi pronti. Sorrise al gatto, che si era appi-solato sul cuscino. «Non sul mio cuscino, mascalzone! Andiamo, su, magari troverò qualcosa da mangiare anche per te.» Il gatto nero scese dal letto, come se avesse capito per-fettamente ogni parola. Claire si chinò ad accarezzarlo. «Forse dovrei tenerti con me. Sei talmente bello...» Aveva appena finito di parlare, quando i sensori di mo-vimento suonarono e qualcuno cominciò a bussare alla porta del negozio. Claire rimase impietrita. I colpi alla porta continuarono e lei guardò la sveglia sul comodino: erano le nove e mez-za. Doveva trattarsi di un'emergenza o di uno squilibrato. Corse verso il comodino ed estrasse la Beretta dal cas-setto. Piccole gocce di sudore le si formarono tra i seni. I due vicini di casa avevano il suo numero di telefono, quindi doveva trattarsi di uno sconosciuto. Si avviò scalza verso le scale. Cercò di non pensare ai crimini orrendi perpetrati di re-cente in città. Cercò di non pensare alla sua vicina, a sua madre e a Lorie. «Claire! So che sei lì dentro!» urlò una voce femminile, irritata.

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Claire esitò. Chi diavolo era? Non riconosceva quella voce. Chiunque fosse, era tanto impaziente di entrare che martellava sulla porta come se volesse abbatterla. In fondo alle scale c'era un'anticamera con un tavolino dove Claire teneva sempre accesa una lampada. L'ufficio di Claire si apriva sulla parete opposta, a sinistra delle sca-le c'era la cucina e a destra la grande stanza che usava come negozio. Claire entrò nel negozio e premette un in-terruttore, inondando l'ambiente di luce. Le veneziane nere erano abbassate. «Chi è?» chiese, senza andare alla porta. I colpi si interruppero. «Claire, sono io, Sibylla.» Lei era quasi certa di non conoscere nessuno con quel nome. Stava per mandarla al diavolo, ovviamente in modo cortese, quando la donna parlò di nuovo. «So che hai la pagina, Claire. Fammi entrare.» «Ho milleduecento libri in catalogo. Se calcoliamo circa quattrocento pagine ciascuno, di pagine qui dentro ce ne sono parecchie.» «È la pagina del libro della guarigione» replicò l'altra, il tono sempre più infastidito. «Viene dal Cladich, lo sai be-ne.» A quel punto spalancò la porta ed entrò nel negozio. Claire rimase impietrita per un secondo: solo Ter-minator avrebbe potuto forzare la porta in quel modo, ma la donna dai capelli rossi appena comparsa nella stanza non assomigliava per niente a Terminator. Doveva essere alta circa un metro e sessantacinque e pesare sui cinquan-tacinque chili. Claire notò che era completamente vestita di nero, come una scassinatrice, e in effetti aveva appena scassinato la serratura della sua porta. L'indomani avrebbe installato un nuovo sistema di allarme, si ripromise. Claire le puntò la pistola tra gli occhi. «Ferma lì! Non ti

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conosco e scherzi di questo genere non mi piacciono. Vattene.» Fu stupita nel notare che non le tremavano le mani, benché avesse una gran paura: non aveva mai visto occhi tanto freddi e senza anima. Sibylla le rivolse un sorriso privo di allegria e il suo bel viso si trasformò in una maschera crudele. Il cuore di Clai-re prese a battere impazzito, quando lei capì che la donna non l'avrebbe ascoltata. Se non altro non sembrava arma-ta e Claire era più pesante di lei. Poi Sibylla scoppiò a ridere. «Tu non mi riconosci... Non sei ancora tornata indietro, vero?» Claire tenne la pistola puntata nel bel mezzo della fron-te della sconosciuta. «Vattene.» «Solo quando mi avrai dato la pagina» ribatté Sibylla, avanzando verso di lei. «Non ho nessuna pagina!» urlò Claire, incredula. Co-minciarono a tremarle le mani e allora cercò di premere il grilletto, puntando la pistola alla spalla della donna, ma si mosse troppo tardi. Sibylla le tolse l'arma di mano con un guizzo da serpente, poi alzò il pugno. Claire vide arrivare il diretto e tentò di pararlo, ma l'altra donna era straordinariamente forte e spazzò via il suo a-vambraccio. Il colpo si abbatté sulla sua testa come se le nocche dell'estranea fossero di acciaio; Claire sentì un do-lore acuto e vide un'esplosione di stelle. Poi ci fu solo buio. Claire riprese i sensi lentamente, mentre strati di oscuri-tà venivano sostituiti da ombre grigie. La testa le faceva un male cane e quello fu il suo primo pensiero coerente. Poi si accorse di essere sul pavimento di legno e ricordò ogni cosa.

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Una donna si era introdotta nel suo negozio e l'aveva aggredita. Per un momento Claire rimase immobile, fin-gendo di essere ancora priva di sensi, mentre ascoltava i rumori della notte intorno a sé. Udì unicamente le auto che passavano sulla strada all'esterno. Aprì lentamente gli occhi e si rese conto di essere stata spostata tra la cucina e il negozio, poco lontano dal suo ufficio; la lampada sul tavolino nel disimpegno era ancora accesa. Claire spostò lentamente lo sguardo verso il nego-zio e dovette trattenere un grido. Non c'era nessuno e la porta era chiusa, ma sembrava che ogni singolo libro fosse stato scaraventato a terra. Si sedette, rigida per l'incredulità e lo sconforto. Eviden-temente la donna stava davvero cercando la pagina del libro che le aveva menzionato. Claire si toccò la testa e sentì un gonfiore dietro l'orecchio; sperò contro ogni pro-babilità che i suoi testi più preziosi non fossero stati ruba-ti. Doveva chiamare la polizia, ma doveva anche scoprire che cosa avesse preso Sibylla. Non aveva mai sentito parlare del Cladich, ma nel Me-dioevo molti libri e manoscritti erano ritenuti dotati di po-teri curativi. Nonostante il mal di testa, fu percorsa da un brivido di eccitazione al pensiero di cercare il termine Cla-dich su Google. Ma perché l'intrusa credeva che quel libro si trovasse nel suo negozio? Per quanto la donna si comportasse in modo strano, c'era qualcosa che non tornava a Claire. Le era parso, in-fatti, che Sibylla la conoscesse e non le era sembrata poi così pazza, bensì crudele, spietata e determinata. Acca-rezzò il ciondolo, concedendosi un istante per riprendere il controllo. Era la notte peggiore per subire un'aggressione e un tentativo di furto! Ma non era ferita gravemente e,

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con un po' di fortuna, la donna non aveva trovato ciò che cercava. Claire sarebbe stata ancora più fortunata se la pa-gina fosse stata veramente in suo possesso. Si alzò; si sentiva più tranquilla e il dolore si era atte-nuato, sostituito da una ben nota eccitazione. Se avesse seguito l'istinto si sarebbe precipitata in negozio per con-trollare se mancasse qualcosa, ma sapeva che prima era meglio mettersi del ghiaccio sulla testa e chiamare la poli-zia. E poi voleva anche verificare se esisteva un libro chiamato Cladich. Ma la sicurezza veniva prima di ogni cosa. Claire entrò in negozio per chiudere a chiave la porta, procedendo con cautela in modo da non calpestare i libri preziosi. Raccolse la pistola. La porta aveva già una serratura doppia, l'indo-mani ne avrebbe fatta montare una terza e avrebbe ag-giunto un chiavistello. Girò la chiave nella serratura e la sentì scattare; il suono la rassicurò, ma quando cercò di aprire la porta per assicurarsi che la serratura funzionasse, si aprì. Avvertì un tuffo al cuore: se la serratura non funziona-va, avrebbe dovuto dormire in un albergo. Claire esitò un momento prima di socchiudere la porta e controllare la serratura. Spalancò gli occhi incredula quando vide i solchi profondi nella cornice di legno. Sembrava quasi che Si-bylla avesse aperto la porta squarciando lo stipite. Era impossibile. Claire richiuse la porta di scatto, imponendosi di man-tenere la calma. La strada esterna era relativamente tran-quilla, a parte poche auto che passavano, ma Claire non aveva più alcuna protezione. Ogni notte si verificavano decine di pleasure crime. Lo sapeva bene. Si avvicinò alla sua scrivania, afferrò la sedia e la siste-

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mò sotto la maniglia; quando fosse arrivata la polizia, a-vrebbe chiesto agli agenti di aiutarla a spostare una libreria di fronte alla porta. Ma come sarebbe potuta partire l'indomani? Dopo quello che era successo, doveva posticipare il viaggio; a-vrebbe dovuto controllare tutti i libri e la polizia avrebbe voluto sapere se mancava qualcosa. E se qualcuno avesse inserito una pagina preziosa in uno dei suoi volumi? Il fascino della vacanza e di Dunroch si scontrava con l'eccitazione per una possibile, clamorosa scoperta. Claire corse in ufficio e senza nemmeno accendere la luce batté più volte sulla barra spaziatrice del computer portatile per riavviarlo; le pulsazioni del cuore erano accelerate. Passò in cucina e cominciò a riempire di ghiaccio un sacchetto da congelatore. Il dolore al capo si era ridotto a uno sgra-devole mal di testa. Forse non c'era neppure bisogno di andare in ospedale. All'improvviso sentì una sedia strisciare sul pavimento del negozio e un uomo imprecare. Non poteva esserci un altro intruso!, si disse incredula. Tuttavia afferrò la pistola, controllò che fosse carica e spense la luce. Si addossò alla parete dietro la porta della cucina e tese l'orecchio, cercando di non lasciarsi prende-re dal panico. Nessun rumore. Eppure non se lo era immaginato, aveva davvero sentito un uomo imprecare. Il ritmo dei suoi battiti era fuori con-trollo. Se n'era andato? Oppure stava saccheggiando il suo negozio? Sarebbe stata aggredita di nuovo? Stava cercando anche lui la pagina del Cladich? Quella non era certo una coincidenza considerando che non era mai stata rapinata da quando aveva aperto quella attività. Il telefono era dall'altra parte della cucina; avrebbe do-

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vuto chiamare il 911, ma temeva di attirare su di sé l'at-tenzione dell'intruso. Strinse la pistola con più forza tanto da farsi male alle dita. Temendo che il respiro affrettato la tradisse, cominciò a muoversi lentamente lungo la parete. La maledettissima lampada nel disimpegno era ancora accesa, facendola sen-tire spaventosamente vulnerabile. Lanciò un'occhiata nel negozio, verso la porta, ma non vide nessuno. Mentre passava di fronte alle scale, fu afferrata alle spal-le. Gridò quando un braccio possente la intrappolò contro quello che le parve in un primo momento un muro di pie-tra, ma che si rivelò un corpo enorme, palesemente ma-schile. Il cuore le martellava furioso nel petto, ma rallentò rapi-damente e Claire sperimentò una familiarità sconcertante. A poco a poco la paura svanì, sostituita dall'acuta consa-pevolezza dell'eccezionale forza virile dietro di sé. Lui parlò. Claire non capì una singola parola e il suo cuore accele-rò nuovamente i battiti mentre la paura la ghermiva. L'i-stinto la spinse a tentare di divincolarsi; se avesse avuto i tacchi avrebbe cercato di conficcarli nei piedi dell'uomo che calzava un paio di stivali. Le sue gambe vennero in contatto con quelle di lui e Claire si immobilizzò renden-dosi conto che erano nude. Lui parlò di nuovo, scuoten-dola con il braccio robusto. Anche senza conoscere la sua lingua, intuì che le ordinava di restare ferma. Quando la strinse a sé, lo sentì irrigidirsi alle sue spalle. Boccheggiò in cerca d'aria: il suo aggressore aveva u-n'erezione! La sensazione di quella virilità eccitata che premeva contro il proprio dorso fu terrificante, ma allo stesso tempo elettrizzante. «Lasciami andare» mormorò

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disperata. Un solo pensiero attraversò la sua mente scon-volta: pleasure crime. Lui aumentò la stretta per la sorpresa e infine parlò: «Abbassa la tua arma, donna». Si espresse in un inglese con un marcato accento scozzese. «Ti prego. Non cercherò di scappare, lasciami andare. Mi stai facendo male.» Con suo grande sollievo, lui allentò la presa. «Abbassa l'arma, fa' la brava.» Mentre parlava, lei sentì la sua barba contro la guancia e il respiro che le sfiorava l'orecchio. La sua mente si svuotò e lei riuscì a pensare unicamen-te all'intensa pulsazione che premeva contro il suo corpo. Stava succedendo qualcosa di terribile e Claire non sapeva come reagire. Il suo corpo aveva cominciato a vibrare. Era così che erano morte quelle donne nel cuore della notte? Erano rimaste confuse e stordite? Si erano eccitate? Lasciò cadere la pistola a terra. «Per favore.» «Non urlare» ripeté lui. «Non voglio farti del male. Mi serve il tuo aiuto.» Claire riuscì ad annuire. Appena lui ritrasse il braccio, lei corse dall'altra parte del disimpegno, girandosi poi di scat-to e premendo la schiena contro la parete per fronteggiar-lo. Fu allora che, suo malgrado, lei si lasciò sfuggire un grido. Si sarebbe aspettata di tutto, eccetto la perfezione ma-scolina che si trovò di fronte. Era un uomo imponente, almeno quindici centimetri più alto di lei e molto musco-loso. I capelli erano neri come la notte, la pelle abbronzata e gli occhi incredibilmente chiari. E ora la stavano fissando con snervante intensità. Sembrava stupito di vederla quan-to lei di trovarselo davanti. Claire rabbrividì. Santo cielo, quanto era bello! Il naso

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leggermente storto – forse se l'era rotto in passato – gli zigomi pronunciati e la mascella forte gli conferivano u-n'aria da eroe. Una cicatrice gli attraversava un sopracci-glio nero e un'altra gli disegnava una falce di luna su una guancia aumentandone l'aspetto di guerriero temprato dalle battaglie, esperto e pericoloso. Ma molto più probabilmente era uno squilibrato. Dove-va essere così, perché indossava degli abiti che Claire ri-conobbe immediatamente: una corta tunica di lino color senape che gli arrivava a metà coscia, stretta da una cintu-ra all'altezza della vita, e sopra, un mantello di lana blu e nero fissato su una spalla da uno spillone d'oro. Calzava stivali di pelle consumati che gli arrivavano al ginocchio e al fianco sinistro portava una spada enorme con l'impu-gnatura impreziosita da pietre dure. Era vestito come un Highlander medievale! Sembrava vero. Le braccia muscolose avrebbero potuto brandire senza fatica un'enorme spada a due mani nel ge-nere di battaglie descritte dai libri di storia. E chiunque a-vesse creato quel costume aveva svolto ricerche approfon-dite. La léine, tinta con zafferano, sembrava autentica e il plaide blu e nero sembrava tessuto a mano. Claire guardò i muscoli rilevati delle cosce che sembravano forgiati da anni trascorsi cavalcando e correndo sulle montagne. Con lo sguardo risalì verso la parte inferiore della tunica, dove si scorgeva ancora un rigonfiamento pronunciato. Si rese conto che lo stava fissando mentre il sudore le scorreva tra i seni. Il respiro si era fatto affannoso, ma lei lo imputò alla paura. Poi notò che lo sguardo di lui si era abbassato sulle sue gambe. Arrossì. Lui la fissò con occhi inequivocabilmente colmi di desi-

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derio. «Non pensavo che ti avrei rivista.» Claire sgranò gli occhi. Lui le rivolse un sorriso seducente. «Non mi piace che le mie donne svaniscano nella notte.» Era incontestabilmente pazzo, pensò Claire. «Tu non mi conosci e io non conosco te. Non ci siamo mai incon-trati prima d'ora.» «Mi offende che non ti ricordi dell'evento.» Il suo sorri-so soddisfatto, tuttavia, non svanì mentre le osservava le gambe e la striminzita canotta che le lasciava scoperta la vita. «Che sorta di abito è mai quello?» Lei arrossì ancor di più e pregò che non fosse uno di quegli assassini in cerca di sesso. «Potrei farti la medesima domanda» ribatté, tremando. «Questa è una libreria. Tu stai andando a una festa in maschera che, palesemente, non è qui!» Non voleva contraddire quell'uomo, ma dove-va indurlo ad andarsene. «Non temere. Per quanto tu sia una tentazione, ho altre questioni per la testa. Mi serve il tuo aiuto. Ho bisogno della pagina.» La mente cercò frenetica una soluzione. «Torna doma-ni.» Abbozzò un sorriso. «Siamo chiusi adesso. Potrò aiu-tarti domani.» Lui le scoccò un altro sorriso ammaliante, che eviden-temente usava per irretire le donne e portarsele a letto. «Non posso tornare domani.» Poi mormorò: «Tu vuoi aiu-tarmi, lo so. Dimentica la paura. Puoi fidarti di me». Il tono della sua voce accese una spirale di desiderio dentro di lei. Nessun uomo l'aveva mai guardata né le a-veva parlato in quel modo, men che meno un uomo come lui. I battiti furiosi del suo cuore rallentarono e parte della paura scomparve. Claire voleva credergli, fidarsi e lui le

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sorrise, come se intuisse il suo dilemma. «Tu mi aiuterai. Mi metterai sulla strada giusta.» Per un momento Claire fu sul punto di accettare, poi le sirene di un'autopompa dei pompieri lacerarono il silenzio della notte passando davanti al negozio. Lui trasalì, vol-tandosi verso la porta, e lei tornò in sé. Era coperta di su-dore ed era stata sul punto di fare ciò che voleva quello sconosciuto! «No.» Lui la fissò con aria sorpresa. «La mia assistente ti aiuterà domani.» Deglutì. Aveva usato un tono categorico ed era stata un'impresa non da poco. Con mano tremante si scostò la frangia dagli occhi. Era quasi come se lui avesse cercato di ipnotizzarla, perciò evitò di guardarlo negli occhi. «Se è importante, puoi tor-nare. Ora vattene, per favore. Come puoi vedere, devo mettere in ordine e probabilmente sei in ritardo per la tua festa.» Avrebbe voluto esprimersi con voce ferma senza tradire la tensione e la paura che provava. Lui non si mosse; difficile dire se fosse infastidito, ar-rabbiato o semplicemente sorpreso. «Non posso andar-mene senza la pagina» disse infine, una sfumatura di ca-parbietà nella voce. Claire guardò la Beretta che si trovava sul pavimento e si domandò se sarebbe riuscita ad afferrarla per costringer-lo a uscire. «Non ci provare» la ammonì lui con tono dolce. Lei si irrigidì comprendendo che mettere alla prova quell'uomo era pericoloso. Non sembrava violento, ma era palesemente pazzo. Decise di aiutarlo, così forse sarebbe riuscita a convincerlo ad andarsene. «D'accordo. Dubito di avere ciò che stai cercando, ma va' avanti e dimmi cosa

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vuoi con esattezza.» Per una frazione di secondo guardò il suo viso e non poté fare a meno di ammirarne di nuovo la ruvida bellezza; il suo cuore effettuò una doppia capriola. Un'espressione di trionfo scintillò negli occhi dello sconosciuto. «Gli sciamani del regno di Dalriada molto tempo fa ricevettero un'antica saggezza che riposero in tre libri. Il Cladich è il libro della guarigione. Fu rubato dal suo santuario ed è scomparso da secoli, ma sappiamo che una sua pagina si trova qui.» Claire trasalì. «La tua amica è già stata qui. Ha detto che cercava una pagina del Cladich. Mi dispiace dirtelo, ma all'epoca di Dalriada non esistevano libri.» Lui la fissò e un guizzo d'ira avvampò nei suoi occhi. «Sibylla è stata qui?» «Non solo è stata qui, ma mi ha anche colpito alla te-sta.» Appena ebbe finito di parlare, si pentì di aver aperto bocca. Lui attraversò l'anticamera prima che Claire potesse prendere fiato per urlare. Il suo braccio la cinse di nuovo e i loro sguardi si incontrarono. «Ho detto che non intendo farti del male. Sarebbe me-glio se ti fidassi di me.» «Col cavolo» replicò lei, il cuore che le martellava al-larmato in petto. Ciò nonostante era incapace di distoglie-re lo sguardo dai suoi occhi grigi. «Lasciami andare.» «Per il sangue di Dio!» imprecò lui, scuotendola. «La-sciami vedere la ferita!» Quando Claire capì le sue intenzioni, ne rimase turbata. Perché gli importavano le sue condizioni? «Rilassati» la esortò lui con un sorriso suadente. E appena Claire si rilassò un poco, lui allentò la presa. «Brava ragazza» mormorò, un suono carezzevole come

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seta sulla pelle nuda. Poi le insinuò le dita tra i capelli, scostando le ciocche che le arrivavano alle spalle, fino ad arrivare al cuoio capelluto. Claire trattenne il respiro: il tocco delle sue mani era come la carezza di un amante e le procurava piccoli brividi in tutto il corpo. Per un folle momento lei desiderò che le passasse quelle dita lungo il collo, le braccia e sui seni, turgidi e dolenti. Lui la osservò compiaciuto. «Tha ur falt brèagha.» Il tono della sua voce si era ridotto a un sussurro sensuale. Claire espirò. «Come?» Lui aveva trovato il rigonfiamento e quando lo toccò Claire trasalì per il dolore. «È grosso come un uovo. Sibylla ha bisogno di una lezione di buone maniere e credo pro-prio che sarò io a impartirgliela.» Claire ebbe l'impressione che dicesse sul serio. Lo guardò negli occhi, cercando di capire chi e che cosa fos-se, mentre lui sollevava il suo ciondolo e lo osservava. Stranamente, non le diede fastidio. Lui strinse tra le dita la pietra lattiginosa, le nocche a contatto con la pelle di Clai-re, proprio sotto l'incavo della gola. «Porti un amuleto.» Lei non era in grado di parlare, ipnotizzata dal suo fa-scino. «Sei della mia gente allora? Vieni da Alba? Sei originaria delle Lowlands?» La sua mano si abbassò verso il cuore martellante di Claire. Alba era il termine gaelico per Scozia. «No.» Lui lasciò cadere il ciondolo sulla sua pelle, ma mentre abbassava la mano le sfiorò deliberatamente la sommità del seno, procurandole un brivido caldo. Claire boccheggiò, guardando nei suoi occhi ardenti e scorgendo i loro corpi intrecciati, là nella piccola antica-

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mera di casa sua. «No.» Non avrebbe saputo dire perché avesse protestato, dal momento che non era sua intenzio-ne farlo. Parve passare un'eternità. Senza dubbio anche lui vide la stessa immagine che aveva visto Claire. E lei ebbe l'im-pressione che si stesse domandando se arrendersi all'evi-dente attrazione che li univa. Poi la sua espressione cam-biò di colpo e lui sorrise, scuotendo leggermente il capo. «Ti serve un abito di foggia diversa» disse con voce pro-fonda. «Un uomo non può pensare chiaramente con te davanti.» Ciò detto, le voltò le spalle. Fu un sollievo. Claire tornò immediatamente in sé e si staccò dal muro, il corpo in fiamme. Quell'uomo era peri-colosamente seducente. Infine chiese: «Chi sei? Chi sei veramente? E perché sei vestito in quel modo?». Una scintilla divertita lampeggiò nei suoi occhi e la sua espressione si addolcì. Le sorrise, un sorriso talmente ge-nuino che lui parve l'incarnazione della bellezza con le due fossette nelle guance. «Avevi bisogno delle presenta-zioni ufficiali? Lass, non essere timida. Sarebbe bastato chiedere.» Poi aggiunse con tono colmo di orgoglio: «Io sono Malcolm di Dunroch».

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Amanti e complicidi Shayla Black

Kerry Sullivan è disposta a tutto pur di dimostrare l’innocen-za del fratello Mark, accusato di appropriazione indebita dalla banca per cui lavora. E quando il mago del computer, l’affa-scinante e sensuale Rafe Dawson si rifiuta di aiutarla, arriva a escogitare un rapimento rocambolesco per costringerlo a collaborare. Ma la trappola che ha ideato le si ritorce contro. Isolata in un pied-à-terre dotato di tutte le comodità e legata all’irresistibile Rafe da un accordo tanto eccitante quanto pe-ricoloso, Kerry scoprirà di avere dentro di sé il potenziale per trasformarsi in un’amante seducente, appassionata e pronta a tutto per soddisfare le fantasie erotiche di un uomo che ne sa una più del diavolo. E così si ritrova proiettata in una dimensio-ne trasgressiva in cui non si capisce più chi sia il prigioniero e chi il rapitore...

Notti selvaggedi Sarah McCarty

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Un duca da sposareKasey Michaels

Inghilterra, 1814 - Quando Rafael Daughtry, da poco diventa-to Duca di Ashurst, si rivolge a lei perché l’aiuti a far fronte a quella che ritiene un’impresa più ardua delle battaglie com-battute contro Napoleone, Charlotte Seavers accetta di buon grado anche se presentare in Società le sorelle del duca non si prospetta un compito facile. Ospite nella tenuta di Ashurst Hall dove ha trascorso molti momenti felici durante l’infan-zia, Charlie riscopre insieme a Rafael la complicità e l’affetto che li avevano legati da ragazzini e sente sbocciare in sé un sentimento più maturo e profondo. Ma qualcosa le impedi-sce di abbandonarsi all’amore, e Rafael non può fare a meno di chiedersi come mai una donna decisa e sicura di sé come lei continui a tenerlo sulla corda nonostante l’attrazione che palesemente vibra tra loro.

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