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    CollanaSAMPIETRINI

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    Cani da rapinadi Luca Moretti 2009 Purple Press s.r.l.

    Prima edizione: maggio 2009

    Stampato pressoIacobelli s.r.l., Pavona (Roma)nel maggio 2009

    Purple Press s.r.l.Sede legale: via dei Reti 58/A 00185 RomaRedazione: via delle Vestali 15/A 00181 RomaTel.: 0039 06 97997101 Fax: 0039 06 97997102Email: [email protected] www.purplepress.it

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    Bandog un romanzo. Nessun riferimento a soggetti esistenti o

    esistiti che abbiano a riconoscersi nella narrazione. Personaggi, fattie vicende sono frutto di fantasia.

    Fantasia un par de coglioni, avrebbe aggiunto lo Storto.

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    A Shelly,

    chiedendole nuovamente di non morire mai

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    Personaggi e fedine penali

    Lo Storto - Detenzione e spaccio di stupefacenti. Rapina. Lesioni

    aggravate a sfondo razziale.Davide- Incensurato.Brizio- Guida in stato debbrezza.Er Pitone- Detenzione e spaccio di stupefacenti. Furto con scasso.

    Violazione di domicilio. Violazione della libert vigilata.Er Gettone- Ricettazione. Apologia di reato. Danneggiamento della

    propriet pubblica.Er Delega- Rapina a mano armata.Nanni Discomusic- Ricettazione. Offesa a pubblico ufficiale. Furto

    con scasso. Truffa.Carminiddu da Mezzagno- Incensurato.Gigi lAmante- Omicidio colposo.Sabrinella- Incitamento e sfruttamento della prostituzione.Don Francesco- Incensurato.Gustav- Tentata strage. Occupazione del suolo pubblico.Er Pank- Detenzione e spaccio di stupefacenti. Furto. Detenzione

    darma da fuoco.Chicca- Rissa. Offesa a pubblico ufficiale.

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    Er Cane- Maltrattamento e uccisione di animali.Lo Scenziato- Delitti contro il patrimonio. Truffa. Ricettazione.

    Mimmo il carrozziere- Incensurato.Bambino e Nazzareno- Guardie.Barbara- Atti osceni in luogo pubblico.Tarza- Furto. Ricettazione. Truffa ai danni dello stato.Lij- Falsificazione di documenti.Massud- Violenza carnale. Estorsione.

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    PROLOGOGENEALOGIA DELLA MORALE

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    I pensieri sono le ombre delle nostre

    sensazioni: sempre pi oscuri, pi vani,

    pi semplici di queste.

    Il mare increspava triste sugli scogli a ridosso del Faro. Alcunepiccole bilance venivano sballottate dal vento. Questa era la Focenei tempi di mareggiata. Anche lacqua sembrava rivoltarsi a ba-gnare quella costa, trasportava mucillagine dritto dalla citt river-sando tutto sugli scogli malmessi.

    Carmelo non si era mai occupato di cani, maltrattare animali nongli era mai sembrato un buon business. Troppo sangue e troppechecche ad urlare: avvocati, notai, rispettabili cittadini; il circon-dario del Faro si era riempito di auto di grossa cilindrata e la nottesera dun tratto fatta buia. Poi avevano aperto la cancellata e fattoentrare due grossi camion della nettezza urbana.

    Li avevano disposti uno di fronte allaltro, i fari riempivano unospazio di circa cinquanta metri quadrati delimitato da un murettoche ricongiungeva tutta la struttura al cancello dentrata.

    Una piscina di luce.

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    Il muretto sera riempito di gente, alcuni tiravano, altri sorseggiavanobirra da bottiglie di vetro per poi scaraventarle a terra. In poco pi di

    mezzora lo scintillio luccicante dei vetri aveva reso quel posto similead uno specchio dacqua, mentre il puzzo di gasolio che fuoriusciva daicamion si disperdeva denso sulla spiaggia circostante.

    Un paio di aerei sorvolarono quel tratto di costa, sembravano ri-mirare dallalto tanto splendore, giravano a lungo per poi atterrarenellAeroporto Internazionale poco distante.

    La macchina dei napoletani non si fece attendere, il primo a scen-dere fu un uomo distinto, giacca cravatta e cappotto, spessi occhialiscuri, osserv lora dallorologio nel taschino e lo chiam. Lui:grande, grosso e con uno sguardo inafferrabile, trasse dal cofano ledue gabbie e le pos a terra.

    La gente sul muretto cominci ad applaudire, altre bottiglie ro-vinarono nellarena illuminata dai fari. I napoletani erano statichiari, Carmelo avrebbe potuto scegliere tra le due bestie. Nellaprima gabbia lo guardava minaccioso uno standard UKC: UnitedKennel Club, meno agile ma dalla stazza poderosa e una potenza dipullingpari a quella di un bue. Nellaltra un esemplare dellAmeri-can Dog Breeder Association, ADBAper chi ci capisce qualcosa dicani. Le due associazioni serano contese la gestione dello standardper anni. La bestia della Breeder non pesava pi di diciotto chili: uncorpo simile a quello di un gatto e una testa da leone, contravvenivaogni legge della fisica, con un balzo sarebbe potuto salire sul tettodel camion, i muscoli guizzavano dalle zampe come nodi stretti inuna morsa perenne.

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    Carmelo indic questultimo.Una leggera pioggerella cominci a battere continua, i vetri si mi-

    schiarono alla fanghiglia e lui decise di far uscire la sua bestia, con-sapevole della situazione: niente standard in periferia, nessunaassociazione del cazzo. Solo bandog: cani meticci provenienti dal-laccoppiamento di diversi cani da presa. Bastardi da combatti-mento, cani di strada partoriti in cantina con tanta fame e la vogliadi conquistare il mondo.

    Carmelo avrebbe potuto acquistare tranquillamente un canedarena standard, eppure la questione del meticciato lo affasci-nava. I bandog avevano qualcosa in pi dei cani allevati per i com-battimenti, lottavano per la fame, mordevano perch odiavano ilmondo e non in ossequio a unabitudine mutuata da un qualsiasiallevatore del cazzo. I bandog erano simili a lui, per questo avevacon s un bastardo e per questo su quel cane aveva puntato tutti isoldi che era riuscito ad alzare.

    Il bandog aveva uno sguardo fiero, doveva essere lincrocio tra ungrosso molosso e un pitbull, pesava quasi il doppio dellADBA: lezampe da mastino napoletano, la coda corta, un manto tigrato e latesta di un toro senza orecchie.

    I cani vennero lasciati nel medesimo momento, la folla cominciad urlare. LADBAsi gonfi come un pallone aerostatico rizzando lacoda ad uncino mentre il bandog sembrava ancora sonnecchiare. Sistudiarono per qualche secondo come due pugili, ruotando circo-spetti senza mai abbassare lo sguardo.

    Poi uno dei napoletani batt le mani e lADBA salt sulle zampe

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    posteriori raggiungendo il bandog alla gola e rimanendovi appeso.Il cane tigrato sembrava essersi risvegliato, roteava la testa facendo

    sobbalzare il piccolo pitbull da una parte allaltra, ben presto sistacc lembo di carne e lADBA venne scaraventato contro il mu-retto.

    Il bandog perdeva sangue dal collo ma non sembrava patire al-cuna fatica, nello strattone il pitbull era finito su alcuni vetri con-ficcati nel terreno e mostrava diversi segni sanguinolenti sulla

    schiena.La pioggia cadeva lenta mentre una nube di vapore si sollevava daicorpi dei due cani che erano tornati a studiarsi. Un battito di manie il pitbull attacc di nuovo, questa volta afferr la zampa anterioredestra del bandog che perse lequilibrio sbilanciandosi in avanti. Lostrappo era consistente, aveva raggiunto losso scoprendo i lega-menti agli applausi del pubblico.

    La differenza tra i due cani risult evidente: quello era un com-battente di professione. Un cane cos non aveva mai perso unmatch, i cani che perdono rimangono psicologicamente sottomessi,se non muoiono nellincontro vengono uccisi, non sono pi carneutile allarena.

    Il bandog per non si era arreso, era indietreggiato fino a rag-giungere il muro con la coda ma non aveva ancora abbassato losguardo. Quella era la cosa che affascinava Carmelo, quellosguardo, la forza danimo insita nel meticciato. Quel cane, comela gente di strada, non sapeva da dove veniva n dove sarebbe an-dato a parare, eppure avrebbe lottato fino alla morte per un pezzo

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    di carne ammuffita. Proprio cos. Nonostante i ripetuti attacchiil bandog era ancora in piedi mentre il pitbull cominciava ad an-

    simare, era quasi possibile osservare il cuore scoppiargli nel pettoprominente.Sferr un nuovo attacco, questa volta al garrese, mentre il bandog

    fece per avvitarsi girandosi e rimanendo in una posizione domi-nante.

    LADBAera contro il muro.

    Lafferr al collo chiudendolo in una morsa silenziosa e co-minciando a strappare a gran velocit, senza mai mutare la posi-zione delle zampe. Il sangue scorreva nel fango e il bandogcontinuava a strappare ritirando il collo allindietro e trascinandolADBA nella melma. Lo stratton per un minuto buono, fino aquando il ringhio non si trasform in un rantolo e poi in un si-lenzio tremante.

    Il Napoletano sera tolto gli occhiali e osservava il suo uomo rac-cogliere il cane in fin di vita. Trasse il ferro dalla giacca, un colposolo: sordo, senza rinculo.

    La gente venne via dallarena quasi spinta dal fumo che fuoriuscdallarma.

    Carmelo aveva ritirato il bandog e si apprestava a raccogliere iguadagni del combattimento. Il Napoletano gli porse la mazzetta dibanconote e punt larma sulluomo che aveva preparato il cane.Quello fece per inginocchiarsi nel fango, senza abbassare lo sguardo,con gli occhi fieri, senza pregare la vita che la vita la pregano sologli stronzi.

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    Don Carmelo allora si avvicin, rese i soldi del combattimento esi rivolse alluomo inginocchiato.

    Come ti chiami?Gigi, rispose.Da oggi Gigi lavora con me.

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    UNOCREPUSCOLO DEGLI IDOLI

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    Al mondo ci sono pi idoli che realt.

    1.

    Davide, sai che le maree aumentano.Presto qui non rimarr nulla.Verremo tutti portati via.Il sale disinfetter tutto.Ieri guardavo il sole declinare sulla nostra spiaggia, pensavo a tutte

    le volte che ci siamo promessi che sarebbe stata lultima. Pensavo al tre-more sudato delle nostre notti, a te e a Chicco, sempre a capo tavola.

    Dicono che questo non sia un tramonto naturale, che questo cieloroseo sia causato dagli aerei che vanno e vengono dallAeroportoInternazionale. Io li guardo ogni sera. Mi siedo qui, sulla spiaggiadove venivamo a fumare da bambini. Ogni aereo che parte comese tu volassi via unaltra volta.

    Qui le cose sono molto cambiate. Per strada non c pi nessuno.I ragazzi sfrecciano sul Lungomare con macchine di grossa cilin-

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    drata, delegano i loro affari al cellulare, si sparano per la fila al se-maforo, non hanno pi rispetto di niente e di nessuno. Il mese

    scorso hanno recintato il Parco, i bambini ora giocano a pallone inmezzo alla strada, il campo di bocce stato dismesso, ci verr co-struito un ufficio di vendite immobiliari.

    Sono tutti andati via.Ho ricevuto il tuo indirizzo da don Francesco, in realt mi ha scon-

    sigliato di scriverti, dice che ti sei sistemato, che hai una bimba, che

    lavori e che il Parco deve solo rimanere un brutto ricordo. Eppuresono sicuro che non cos, sono sicuro che ancora pensi alle nostrescorribande, allacqua fresca di quella fontana che ora non c pi.

    Mimmo ha chiuso la carrozzeria, una sera sono arrivati due ci-nesi e hanno cominciato a perlustrare la zona, poi sono entrati nel-lofficina, Mimmo dormiva sulla sua vecchia amaca. passata solouna settimana e hanno cominciato a ristrutturare il locale.

    Io nel frattempo sono riuscito a laurearmi, sono dottore in Let-tere Moderne, ti ricordi di quando mi chiedevi del perch volessistudiare?

    Be, ora lo so: non avevo voglia di crescere, volevo continuare adessere un adolescente per sempre. Dicono che sono un uomo coltoe pieno di risorse, stanno tutti zitti ad ascoltare le mie storie e nonsi accorgono che tra le mani stringo soltanto un pugno di mosche,che sono un precario, che forse avrei fatto bene a fuggire anchiocome te e come lo Storto.

    Scusa. Ti sto annoiando.Il vero motivo per cui ti scrivo un altro. Nonostante tutti que-

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    sti cambiamenti, il Parco rimane il Crepuscolo degli idoli, qui tuttii nodi vengono al pettine e le cose che si lasciano in sospeso tor-

    nano. Sempre.Ieri morta la madre di Chicco. Mi venuta in mente la sua testaquadrata, quel sorriso furbo e disarmonico. Ho pensato al viso delloStorto che piangeva.Anche lui andato via, siete andati via insieme. Don Francesco

    teme per il suo ritorno. Non mi ha voluto dare il suo indirizzo.

    questo il vero motivo per cui ti scrivo. Brizio

    ***

    La luce filtra leggermente daglinterstizi nel cuneo di cemento,un ammasso di forma trapezoidale che sembra caduto dal cielo.Sincastra a perfezione sul tetto della chiesa, vincide una formatriangolare obliqua, simbologia perversa del Cristo uno e trino. Unagrande porta si apre sulla navata postindustriale: un tavolaccio, unleggio, qualche fiore appassito.

    I fiori campeggiano ai piedi dellaltare, sono pochi ma ben nutriti,il Padovano amava il giglio, in periferia dovr accontentarsi dellemargherite.

    Don Francesco si accorse presto desser naufragato nello spro-fondo: tre o quattro nonnette oltre tempo massimo attendevano lamorte nella maniera pi comoda, un paio di peccatrici sterili e unaperpetua completavano il gregge, cera molto da lavorare.

    Per prima cosa chiam Mimmo il carrozziere e fece sistemare le

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    campane, milioni di piccioni si opposero allo sgombero. Passquindi allalta tecnologia e fece piazzare due casse allesterno della

    chiesa cos che tutti potessero sentire la messa, anche i pi sfaticati.Fece costruire due fioriere e le pose sulla strada, apr la stanza del-loratorio e rimise in moto lorgano.

    In sole due settimane la chiesa torn in vita e le nonnette, da treche erano, arrivarono a dieci. A fianco dellorgano nelloratoriopiazz Burgertime: un videogame in cui bisognava atterrare panini

    e acciughe, in pochi giorni si sparse la voce e cominciarono ad ar-rivare i ragazzi.Tra il drappello di giovani che si litigava il posto per fare una par-

    tita spiccavano tre nanerottoli particolarmente agitati: Francesco,Giovanni e Mirko.

    Il primo doveva aver avuto problemi alla nascita: aveva il volto spro-porzionato, quasi fosse stato strappato via a forza col forcipe dal ven-tre materno; anche laltro era molto strano: Giovanni non amavagiocare alle macchinette, osservava in trance per poi accennare alcunirudimentali passi di danza allavvio della musichetta iniziale. Mirkoera il pi solingo, pieno di vertigini e rosso come la passione.

    2.

    Aveva ammucchiato i vestiti in valigia ancora sudato della notteprecedente e preso lo Zerodue per laeroporto. Davide si era im-barcato sul primo aereo per lAustralia, ci aveva pensato Don Fran-

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    cesco: un biglietto di sola andata, un visto turistico di tre mesi pro-rogabile per altri tre e una pacca sulla spalla, tutto qua.

    Se vuoi rimanere al caldo, trovati una moglie, cos gli avevadetto salutandolo la sera prima e cos sarebbe stato. In Australiasono razzisti e non si interessano al fatto che non hai una lira e staiscappando da qualcuno che ti vuole morto; per loro sei un nomesu una lista e dalla lista non scapperai mai. Sei un turista e quindidopo tre mesi tante grazie e due calci al culo. Potresti anche essere

    un operaio specializzato chiamato per lavorare in miniera, allorazitto in miniera, i due calci in culo sono soltanto rimandati a tempodeterminato. Se poi hai la fortuna, nei tuoi tre mesi da turista, ditrovare la donna della tua vita e di sposartela be allora le cosecambiano, potrebbero pure pensare di fornirti un visto duraturo,magari se ti comporti bene e se il tuo spazzolino continua a stare vi-cino a quello di tua moglie per qualche anno potresti pure divenireun cittadino vero, con tanto di assistenza sanitaria. Ma non cosfacile, ci sono i servizi sociali per queste cose.

    Davide vomit sul passeggero che gli sedeva accanto e si garantgran parte del volo sdraiato su due sedili. Arrivato Australia, in solidue giorni aveva percorso in lungo e in largo la citt, aveva rubatocaramelle a dei cinesi, mangiato a sbafo presso una mensa di pen-sionati e poi, ancora pi sudato, sera fatto il bagno in mutandenella piscina pubblica. La notte aveva dormito nellingresso di ungrande centro commerciale aperto ventiquattro ore su ventiquattro:indossava spessi occhiali da sole, dormiva da seduto. Non se ne eraaccorto nessuno.

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    I primi giorni fu tutto cos facile che un dubbio folto non tarda schermire la sua fronte corrucciata: in quella terra, nessuno sin-

    teressava di nessuno.Fu cos che prese coraggio, torn alla piscina e ne usc luccicante,vest gli ultimi indumenti puliti e fece capolino al bar di Teresa.Allangolo della piscina infatti cera un lussuoso bar gestito da

    una famiglia italiana su cui campeggiava la scritta ex presso & cup ofcino. Aveva adocchiato la ragazza alla cassa, probabilmente la figlia

    del proprietario, mora. Calabrese pens.Era tornato per tre giorni consecutivi alla caffetteria, Teresa con-tinuava a sorridere sgranocchiando il dialetto che conosceva. In duemesi alla ragazza venne un forte mal di pancia, lanno seguente Da-vide sedeva alla cassa mentre Teresa losservava col pancione dallapiscina comunale.

    Quando sei un morto di fame, gli altri possono diventare le tuevittime da un momento allaltro: sono loro la carne di cui hai bi-sogno.

    Ma Davide aveva chiuso col passato, il fagotto nascosto nel pan-cione di Teresa era il suo e lui aveva messo la testa apposto. Certecazzate non le avrebbe rifatte mai.

    3.

    Jale. Mote. Falopa. Merca. In Sud America ci sono molti nomiper chiamare la merce. Con la merce puoi comprare chiunque,

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    anche un buttafuori, la cocaina fa gola a tutti, ma bisogna pos-sederne in quantit. Per strada funziona che vali quanta merce

    pesi.Il sabato alla Kasbha era stato una vera merda, Chicco indossavauna maglia aderente di latex e degli stivali torchiati sulla punta presiin un negozietto in centro. Sera guardato allo specchio, era soddi-sfatto dellacquisto. Avevano atteso per pi di due ore davanti al-lingresso. Il buttafuori li aveva osservati a lungo per poi lasciar

    entrare direttamente il gruppetto alle loro spalle. Il Pitone e queipezzi di merda della Piazza. Lo Storto non sera dato per vinto, vo-leva dare una bella lezione a quello stronzo. Dovettero trascinarlovia a forza, raggiunsero velocemente il Parco e passarono linteranotte a fumare per sbollire la rabbia.

    La domenica, in questo modo, era arrivata in un batter docchio.Er Delega, tutto nfalopito, muoveva il braccio, indice dritto, a de-stra e sinistra. Aveva smesso di parlare, si limitava a indicare le sueproposizioni, le guance incavate e chiuse in una morsa di tigre sem-bravano voler dire: prendi questo qui, mettilo l, poi fai cos di que-sto. Perpetrava le sue attivit anche in silenzio, cos, ancheggiandoleggermente dallalto della colonna dentrata del Parco dove si eraappostato come un gufo.

    Sotto torchio cera Smanacciata: sui trentacinque, stempiato emalconcio, abiti di marca lisi che comunicavano chiaramente lagiostra degli ultimi mesi. Se lo rimbalzavano a schiaffetti. Dopotutto lavevano chiamato Smanacciata apposta: arrivava contrito esupplicante, una volta il braccialetto di mamm, laltra lanellino di

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    Sonietta, avrebbero potuto mandarlo via immediatamente, felice ecoglionato, ma il gusto della rivincita era troppo forte.

    Si litigavano il posto per la prima smanacciata, una, due, tre, tuttivolevano partecipare. Lo Storto arrivava sempre per ultimo, quandola vittima era ormai esausta si alzava dalla panchina su cui aveva di-segnato la forma del culo come un boss daltri tempi e prendevadue metri di rincorsa per caricare la sua smanacciata.

    Si rimpallavano il figlio di pap sorridendo, non cera cattiveria,

    era un atto goliardico, er Delega dirigeva dallalto della sua posta-zione con una strana smorfia sulle labbra.Lo spettacolo aveva durate diverse a seconda dei casi, dellinci-

    dere dei raggi solari sulla crosta terrestre, dellavvento di nuove einteressanti bestie.

    Quel giorno stavano esagerando: Smanacciata cominciava a per-dere sangue dalle froge e nonostante tutto continuava a sorridere.Smanacciata era un debole, non uno stupido, sapeva che un sorrisolavrebbe portato via da l, e poi era lui che aveva bisogno, era luiche era venuto, era lui che chiedeva, era lui a chiamarsi Smanacciatae tornando quotidianamente al Parco decideva di accettare il suoruolo.

    Il Parco era interrato di due metri rispetto alla strada, circa quat-trocento metri quadri derbaccia, piccole scale per scendere, un pur-gatorio alla luce del sole. Chi scendeva le scalette sapeva che in quelluogo si scontavano le pene del crepuscolo degli idoli e le leggi per-devano di consistenza. Lo Storto scaldava la panchina di cementoda due generazioni, ripeteva spesso che Zio Primo, questo era il

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    nome con cui tutti chiamavano suo padre, su quella panchina ciaveva portato pure quel frocio der Poeta, laveva schiaffeggiato

    come un maiale e gli aveva rubato tutto. Er Poeta sera dato a gambeinciampicando sulle scale e rompendosi il muso sul tufo muffo. Fi-nalmente in salvo, la sua Alfa Romeo aveva sgommato avidamentesulla strada antistante.

    Ma non cerano solo loro. Nel Parco passeggiavano le ragazze-madri tirandosi dietro i ragazzini dichiarati figli di nessuno per met-

    terla nel culo allo stato italiano. Insieme a loro, cerano i cani e, inun cantuccio, i vecchi del campetto di bocce. Qui crescevano lenuove leve. I ragazzetti che avrebbero preso il loro posto fin da pic-coli osservavano e imparavano, desiderando di diventare prestocome loro.

    Il Parco era una famiglia allargata, una trib, un microcosmo o

    addirittura uno stato. Alla resa dei conti, senzaltro pi giusto e pivero di quello spacciato dalla televisione e dai giornali.

    ***

    Abbaiavano forte da un estremo allaltro, camminavano sullezampe posteriori, protesi in avanti come iguana.

    Grande passione quella per i cani: collari da mucca chiodati eguinzagli cortissimi per tirar su vibrazioni e ruggiti fino al cuore.Cerano il Cane, lo Scenziato, tassativamente senza i, cos tag-gava le prodezze anatomiche che usava dipingere sui muri dei pa-lazzi, Nanni Discomusic e Gettone.

    Nanni sera appartato col Gettone, la solita solfa. Il Gettone

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    sinalberava per il suo soprannome, non ci stava proprio. Nanni eraperentorio, e scuotendo le braccia al ritmo della musica che filtrava

    dalle cuffiette sentenziava:A Gett, chai la riga nmezzo e sei roscio come n pommidoro,sei solo che ngettone, stacce.

    Il Cane veniva chiamato cos perch ormai viveva in preda a unalenta metamorfosi, aveva occupato uno dei negozi davanti al Parcoe recintato un tratto di vialetto, nel recinto aveva messo in ordine

    sparso: un Rotweiler, due Pitbull tassativamente a catena e il bar-boncino di mamma. In realt il barboncino era della mamma diun altro, ma anche la mamma del Cane voleva un barboncino e lavita talvolta produce brutti scherzi. Aveva preso in prestito il ca-gnolino da una terrazza in centro, cos giusto per vedere se mammaavrebbe gradito, aveva risposto agli annunci di smarrimento, eraandato a ritirare la ricompensa, aveva deciso infine di tenere il bar-boncino perch mamma, cos diceva, sera tanto affezionata aquello scallapizzette.

    Insomma il Cane era un cane nei modi e nella realt. Campavacon la pensione della nonna e qualche furtarello, il resto del tempolo dedicava alle sue bestie: le portava in pineta a correre, le allenavaattizzandole su tutto ci che cera in movimento. Con il tempo,aveva preso le loro sembianze.

    La catarsi canina dello Scenziato era pi intellettuale. Aveva pas-sato due anni per meditare la razza perfetta, infine aveva convintoMimmo il carrozziere a far accoppiare il suo mastino. Mimmo nonsapeva del Doberman in calore della Cartolara, il risultato fu che i

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    cuccioli fecero tutti una fine strana. Tutti tranne uno: Turbo, oradritto sulle zampe posteriori.

    Li avvicinavano e li ritraevano, i cani muso muso sbavavano, identi battevano come tagliole, tuttattorno un tip tap di sospiri.Dalla strada sudiva lo stereo di Nanni a palla di cannone con NinoDAngelo. Sabrinella, dal balcone, rispondeva con un Venditti at-tempato e calvo.

    Il Cane era un cane, fece finta di perdere il controllo del guinza-

    glio, facevano tutti cos, non erano combattimenti come li dipin-gono quei coglioni sul giornale, i cani si erano attaccati, si eranoattaccati e punto. Attraverso la cura cosmetica della descrizione del-lavvenimento, al Parco ci si dimenticava del passato e si pensavapoco al futuro.

    Turbo attacc Borman alle zampe facendolo rotolare su se stesso.Il Cane sembr gradire la prodezza ginnica della sua bestia e co-minci ad attizzarlo aspirando aria in un fischio muto, a risucchio.

    Fiuuuuu!

    Borman impettiva in stato allucinatorio, lo Storto si portava lin-dice alla narice destra gridando: Er cane der Cane tira pi der Cane!.

    Fiotti di sangue uscivano dalla pellaccia zozza di Turbo e la co-mitiva applaudiva contenta.

    Er Delega ancora applaudiva saltellando sulle punte quando ar-riv la 12F con Bambino e Nazzareno. I due erano vecchie cono-scenze del Parco: Guardie che so peggio de noantri, aveva dettolo Storto. Viaggiavano sempre sulla stessa utilitaria scassata, ormaili chiamavano come le ultime cifre della targa: 12F.

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    Bambino afferr er Delega per un braccio ritrovandosi la strisciadi lumaca dellultimo tatuaggio sul palmo: PPP, Padre Pio Proteg-

    gimi.Nazzareno scese di corsa le scale venendo incontro al Cane che nelfrattempo aveva ritirato Borman ancora incazzato.

    Intervenne Nanni, con le mani alzate in senso di giubilo: Semoinnocenti, stavamo solo a fa npicnic. Diceva sempre cos quandosi avvicinava la 12F.

    Bambino ispezion a fondo i cani, nessun tatuaggio, non risulta-vano registrati presso lanagrafe canina.Ho detto che so du randagi e stavamo solo a cerc de staccalli.Come al solito i cani erano randagi e loro cercavano solo di divi-

    derli per evitare che si facessero male. Nazzareno sbuff, allunguna pizza al Delega e sal in macchina facendo cenno al collega diseguirlo.

    4.

    Sabrinella era una delle ragazzemadri del Parco: non aveva colpe,era bella e formosa come il sole, basta.

    Sabrina sera innamorata di Davide, a soli dodici anni avevanopercorso la Litoranea con un motorino rubato per andare a man-giare in un ristorante cinese a lume di candela. Davide aveva ordi-nato una costosissima bottiglia di vino, il cinesino aveva chiesto seera siculo, Davide aveva risposto di essere romano da tre genera-

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    zioni e laveva minacciato di morte se avesse continuato a parlarecon tutte quelle elle del cazzo. Davide i soldi ce li aveva, vendeva il

    fumo gi da diversi mesi e in tasca portava sempre un rotolo di ban-conote accartocciate. Ne tir fuori una manciata e le gett sul ta-volino accanto al suo. Il povero cameriere non ebbe pi il coraggiodi avvicinarsi.Avevano fatto allamore sulla spiaggia, Sabrina aveva gli occhi lu-

    cidi quando disse a Davide che era la sua prima volta. Davide, gi

    scaltro e prevenuto, non aveva dato tanto peso a quelle lacrime. Mada quella ragazza proveniva un profumo insolito, inebriante, frescocome una bevuta alla fontanella in unestate torrida.

    Erano saliti sul Jolly, una vecchio peschereccio adibito a barcaper gite turistiche, avevano percorso il Tevere zozzo fino a PonteMarconi, avevano sorriso alle luci cos lontane della Capitale e sierano promessi di scappare insieme: Londra, Parigi, una citt qual-siasi, lontano da quella periferia cos triste. Serano stretti in un te-nero abbraccio e Sabrina gli aveva sussurrato un ti amo allorecchiodestro, lui aveva finto di non sentire.

    Ma il destino di Sabrina era segnato.Sabrinella faceva i bocchini con gli occhi, avrebbe sostenuto

    anni dopo lo Storto.Sabrinella era sola, sola come lo era stata la madre e la nonna.Sabrinella era sola e aveva deciso di dedicarsi al mestiere pi an-

    tico del mondo.Sabrinella era stata lamore illibato di Davide. Sabrinella aveva

    preso gusto per la merce, chiusa in casa tirava con la madre quasi

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    CANI DA RAPINA

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    fosse una cosa normale. Laveva tradito per una busta. E la donnache si vende per una busta non merita perdono. Davide laveva

    schiaffeggiata davanti a tutti, poi, solo a casa, aveva pianto a lungo.Sabrinella ora stava con lo Storto, o meglio era lo Storto che stavacon Sabrinella, insomma scopavano quotidianamente ma non sipoteva dire che stavano insieme perch lo Storto si sentiva uomodonore e il mestiere antico di Sabrinella non lo percepiva comelustro. In ogni caso Sabrinella era in gamba, bella come il sole, e allo

    Storto andava bene cos.Il giorno di Pasqua era venuto a trovarla il Pitone. Sera presen-tato con un uovo in mano e dieci nel culo, gli occhi scoppiati comemeteore; era entrato guardando in basso, velocemente. Al Parconon se ne era accorto nessuno, quel giorno cerano solo er Delega,impalato sul pilastro, e il Pank che aveva difficolt persino a ricor-darsi il suo vero nome.

    Solo dopo arrivarono Nanni e lo Storto, appuntati sulla saraci-nesca del carrozziere a discutere delle ultime modifiche da appor-tare a una Uno Turbo.

    Dun tratto le urla coprirono la voce del Venditti sulle note di Inquesto mondo di ladri, er Delega indic compunto la finestra di Sa-brinella, Nanni guard lo Storto e in un secondo furono sul piane-rottolo.

    Picchiarono sulluscio ma non apriva nessuno. Lo Storto spalancla porta con un calcio. Franceschino, il figlio che Sabrina diceva diaver avuto dal capitano della Magica, piagnucolava dal seggiolonein cucina, la ragazza doveva essere in camera da letto.

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    La scena era inverosimile: il Pitone laveva legata alle gambe delletto a mo di vitruviano e sera messo a rimirarla tutto nfalopito.

    Nanni gli assest un calcio sulle palle, cos giusto per gradire, loStorto fece per saltargli addosso, ma il verme gi piangeva.Lo privarono del frustino sadomaso che portava nel cinturo di

    pelle e cominciarono a frustarlo sulla testa calva. La donna legatacontinuava a sbraitare, la voglia di violenza copriva tutto.

    Allora non sei npitone, sei solo nserpentello.

    Lo Storto spalanc la finestra, gi al Parco erano arrivati anche erCane, lo Scenziato e Davide, che fingeva di guardare altrove. Le-garono il Pitone e lo appesero dalla finestra, tutti dovevano ammi-rare latto di forza.

    Nanni frustava il capo del Pitone a suon di musica, lo Storto loteneva per il collo e le nonnette del palazzo godevano dello spetta-colo mentre Sabrinella si dimenava ancora legata al letto.

    Un urlo arriv dalla strada, era la madre dello Storto.I due fecero per stufarsi, il Pitone mugugn qualcosa del tipo non

    finisce cos, due calci al culo e se ne torn da dove era venuto.Sabrinella cominci a piangere, lo Storto decise di slegarla, fece

    per darle un bacio, lei lo schiaffeggi e corse da Franceschino cherischiava di strozzarsi a forza di lacrimare.

    So donne, aveva chiuso la storia Nanni con una pacca sullaspalla dellamico.

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    CANI DA RAPINA

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    5.

    Er Pank, punk lo era stato davvero, aveva passato una decinadanni a Londra, faceva il segretario per un gallerista gay e la sera fu-mava eroina per dimagrire. Er Pank ormai era alla frutta, cinqueanni di robba e ventidue di metadone. Si raccontava che, a rotapersa, un giorno, in tutta fretta siniett uninsulina di spirito: aveva

    dimenticato che la pera era ancora in lavaggio, gi se la sognavanelle vene. Era finito cos allospedale in preda ai bruciori, una vam-pata acre gli aveva percorso il braccio tumefatto.

    Er Pank aveva una svastica tatuata sulla mano e un cane biancodi nome Sturzo, come don Luigi. Er Pank ci teneva a dire che lui,a scuola, cera andato.

    Nonostante lo scorrere implacabile del tempo, er Pank aveva unsuo ruolo allinterno del microcosmo, er Pank faceva la retta.

    Ora: qualsiasi uomo degno dessere chiamato tale, uno come loStorto, non avrebbe mai lasciato la merce in mano a un tossico, maal Parco non si vendeva robba n affini, solo fumo ed eccitanti. Tuttisapevano che il Pank si sarebbe venduto per una bustina ma nellastessa maniera tutti conoscevano la triste vicenda del suo cuore, sa-rebbe bastata una botta di cocaina a fargli schizzare sangue dalle orec-chie. Ergo: il Pank aveva tutte le carte in regola per essere luomodella retta. Non rompeva i coglioni, non aveva parenti impiccioni,non aveva mai venduto in vita sua, era un sottomesso e si acconten-tava di pochi spicci per tenere anche grossi carichi di fumo o cocaina.

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    Nonostante questo, er Pank rimaneva uno schifoso, il suo appar-tamento sembrava uscito dal silenzio degli innocenti, e tutte le volte

    che bisognava andare a fare il taglio, in genere di gioved, allo Stortogli veniva il voltastomaco e finiva per mandarci Gettone.

    ***

    La gente fluiva ordinata, scendeva le scalette di tufo, sedeva vicinoallo Storto, scambiava due chiacchiere con Nanni, sempre intentoa ballare sulle punte, poi risaliva contenta e veloce. Davide contavai soldi dalla finestra verificando che ogni cosa andasse per il versogiusto.

    Talvolta le giornate sembravano tutte uguali. Il primo a svegliarsiera Nanni, abitava a cento metri dal Parco ma veniva comunque inmacchina. Arrivava a stereo spianato, con uno stuzzicadenti inbocca spavaldo, testimone dellultima abbuffata. Parcheggiava aspina di pesce, lasciava lo stereo acceso e le portiere aperte cos chetutti savvisassero del suo arrivo e del subwoofer da mille che avevasotto il culo.

    Lo Storto replicava dalla panchina: arrivato larrotino, arri-vato larrotino.

    In realt il Parco non era stato sempre cos, era tutta colpa dellaDicc. Lo Storto raccontava che ai tempi di zio Primo, al Parco noncerano case n palazzi, solo il campo di bocce e il chinotto Neri. Ilbar di Franco stava cento metri pi gi, in una catapecchia di legnocon il poster di Falcao affisso sulla porta dingresso.

    Era colpa della Dicc se avevano costruito tutti quei palazzi del

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    CANI DA RAPINA

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    cazzo, materiali fatiscenti, cantieri sequestrati e, come semplice ri-sultato, occupazioni. Le famiglie erano giunte da ogni dove a oc-

    cupare quei palazzoni, da Napoli, da Battipaglia, alcuni eranosiciliani e altri romani di tre generazioni, venuti qui, ancora pi inperiferia, come vermi reietti di un sistema edilizio centrifugo.

    Il Parco aveva dato una casa a tutti, anche due a chi era stato pifurbo e veloce.

    Dal Parco non andavi mai in vacanza, se ti allontanavi troppo o

    per troppi giorni, rischiavi che qualcuno ti occupava la casa dove eriandato ad abitare.Al Parco erano ammesse solo un tipo di vacanze, quelle in dire-

    zione Regina, a spese dello stato; in quel caso nessuno ti avrebbemai occupato la casa, sarebbero intervenuti tutti.Al ritorno di don Francesco dalla Puglia, questi non aveva cre-

    duto ai suoi occhi: unintera famiglia sudamericana, cileni proba-bilmente, aveva occupato la sagrestia della chiesa di SantAntonio.I banchi erano stati inchiodati uno contro laltro a formare piccoligiacigli, due neonati dormivano coperti da vecchie tende annerite.Cera voluto lintervento di Davide, aveva a lungo discusso con idue uomini in una lingua mista, una sorta ditaliano spagnoleg-giante. I due se ne erano andati a brutto muso con una serie diminacce mentre il povero sacerdote genuflesso pregava il Pado-vano.

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    6.

    Nanni aveva fatto il suo ingresso al Parco a soli nove anni. Eravenuto qui dopo la morte del padre, originario di una paese vicinoCastellammare di Stabbia.

    Era di discendenza zingara, come la gonna indossata dalla madreprima e dalla sorella poi. La stessa gonna, lunga fino allalluce del

    piede, che avrebbe dovuto indossare la sua futura moglie.Appena arrivato, aveva preso la bicicletta scassata ed era sceso.Lo Storto, er Delega e Davide tiravano a pallone alternandosi

    nelle posizioni di portiere e rigoristi. Era lestate del 1982, PaoloRossi segnava e Pertini esultava rischiando un infarto, i tre non ave-vano mai visto un altro ragazzino al Parco per cui si guardavanobene dal passargli la palla.

    Era unestate strana quella, da tempo alla TVnon si sentivano pinotizie sui terroristi, sembravano tutti morti, si parlava solo deiMondiali. Poi lItalia aveva vinto e Renato Guttuso aveva immor-talato Zoff mentre alzava fiero la coppa del mondo dopo averlastrappata di mano al Re di Spagna. Al Parco sera festeggiato per tresettimane consecutive.

    Quel ragazzino aveva i pantaloncini bianchi che pareva uscissedalla prima comunione, si presentava sempre con un lecca lecca inbocca, insomma era un alieno in un luogo come il Parco dove De-lega e Storto erano neri come tizzoni e per comprare un lecca leccauna volta avevano dovuto sequestrare la bici a una bambina.

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    CANI DA RAPINA

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    Ma Nanni non si dava per vinto, ogni giorno scendeva al Parco,pantaloncini bianchi, lecca lecca e radio a batterie sotto braccio.

    Pass solo una settimana che la radio di Nanni cominci a creareinteresse in uno dei ragazzi del bar di Franco. Quello si avvicin si-curo: Che bella me la fai provare?.

    Nanni stringeva la radio a s ma quello continuava a chiedergli:Che bella la posso provare, finch non gliela strapp.

    Nanni non mollava, si avvent sul cristone dandogli una craniata

    tra le gambe e quello prese a schiaffeggiarlo. Lo Storto aveva smessodi osservare e, seguito dar Delega, si era appostato dietro ad un al-bero. Davide sera avvicinato dalla parte opposta.Al Parco non cera nessun altro. Quello, sicuro di s, fece per ab-

    bassare i pantaloncini illibati di Nanni, che ormai frignava. LoStorto per aveva capito tutto e si era mosso di conseguenza. Gli fu

    alle spalle, sal sul muretto e gli lanci un grosso pezzo di tufo sullatesta. Lo stronzo era a terra mentre Davide calciava duro sui co-glioni, Nanni si tir su i pantaloni, riprese la radio e corse via.

    ***

    Non era sempre infanzia fatta di soprusi subiti. Molti erano cre-sciuti emulando Pinuccio la Rana, quello che dicevano avesse am-mazzato er Poeta.

    La storia la conoscevano tutti: Pinuccio era un amico di zioPrimo, di lui si parlava sempre al passato tanti erano ormai gli anniche stava in vacanza. Gli avevano accollato la questione del-lIdroscalo, lavevano fregato, qualcuno voleva morto quel poeta e

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    la Rana sera trovato in mezzo. Pinuccio non era un assassino e unmarchettaro, ma solo un ragazzo di strada che si limitava a svoltare.

    Bella svorta del cazzo, disse Zio Primo in quelloccasione.Non si trattava di vere e proprie marchette. Una volta un vecchiodallaccento toscano aveva dato due banconote da cinquanta alloStorto e al Gettone che increduli dovettero pisciargli addosso.

    Un altro, aveva visto passeggiare Nanni e Gettone sul lungote-vere Zozzo, li aveva avvicinati, erano scesi sul fiume e questo aveva

    preso a masturbarsi. Nanni laveva colpito con la catena del moto-rino mentre Gettone lo ripuliva per benino.Poi cerano le storie dei trans brasiliani, di Chicco che aveva con-

    tratto una malattia venerea difficilissima da pronunciare per affon-dare in quelle tette enormi e farsi fare un gran lavoro di bocca; cerala storia della dottoressa che pagava il Cane per farsi toccare, maquesta puzzava di cazzata e non ci aveva creduto nessuno.

    Il pallone del Delega raggiunse lentamente le gambe mingherlinedi Nanni mentre Davide riconsegnava a questultimo la sua radio.

    Gir la manopola, Alberto Camerini con Tanz bambolinaera lahit dellestate. I quattro presero a saltellare felici. Il sodalizio eracompiuto.

    7.

    Moana Pozzi, Petra, Ramba, Baby Pozzi, Eva Orlowsky giran-dosi la videocassetta tra le mani, lesse attentamente la trama: La

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    CANI DA RAPINA

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    lotta senza esclusione di colpi di un gruppo di disinibitissime ra-gazze per evitare che sia distrutta linvenzione del secolo: il vaccino

    anti-AIDS. Ogni mezzo fisico sar lecito per sconfiggere un indu-striale del campo dei contraccettivi e la sua banda di scagnozzi.Unautentica battaglia del sesso per vedere trionfare quel mondodellamore libero da lungo tempo vagheggiato dalle dive pi scan-dalose degli anni novanta.

    Gustav girava per rave illegali e discoteche di periferia: di mestiere

    faceva il piccolo chimico e stava a catena con Tarzanello, trucu-lento, zozzo e maleodorante.Il Gustav passava poco tempo al Parco: si presentava il venerd sera

    con un pacco degno di un eroe dei fumetti porno, verso mezzanottese ne andava, pacco fortemente diminuito e tanti soldi in tasca.

    Il Gustav faceva il chimico e vendeva le bombe, di quelle che tiesplodono dentro. Per essere sicuro di ritrovarle sempre, le conser-vava tra le palle.

    Verso le 10 di mattina tornava, suonava al Pank, rimediava dueRoip, un chinotto al campetto delle bocce ed era pronto per la tra-fila del sabato. Domenica mattina, il mercato si svegliava e Gustavtornava in trincea, qualche Tavor e un altro paio di Roip per smor-zare e dormiva per lintera settimana. Talvolta si svegliava per ab-buffarsi di schifezze, altre per masturbarsi su uno dei film della poraMoana: la Divina, lunica in quasi un secolo di storia democraticaad aver fottuto tutta la classe politica italiana.

    Non usciva infrasettimanale dai tempi in cui la Magica vinse laCoppa Italia nel 1990.

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    Il Tarzanello invece stava sempre in giro, appizzava lappizzabilee viveva in un loft allIdroscalo. In realt il loft era lex carrozzeria

    di Mimmo, un capannone grigio a ridosso del campo fangoso doveavevano raccolto er Poeta. Tarza ci stava comodo: cera spazio pergli autoricambi, che di tanto in tanto rimediava per Mimmo e glialtri carrozzieri della zona, e pure per un materasso per dormire.

    Insomma Gustav e Tarza stavano a catena, collaboravano, eranosoci.

    Uscivano il venerd sera dopo aver fatto un grosso carico dibombe e cominciavano un giro lungo due giorni.Ai rave illegali li conoscevano tutti, al Gustav i comunisti facevano

    schifo, poi se erano comunisti, figli di pap e intrippati, gli facevanopure pena, ma la catarsi era semplice: pap dava i soldi, i pupi an-davano ai rave, il Gustav ritirava contraccambiando con mille bolleblue. Facile.

    Lattivit scientifica del Gustav non si limitava alla vendita, alcontrario, consisteva soprattutto nella sperimentazione. Ne ven-deva cos tante, di bombe, da potersi permettere di farne due fuorie una in bocca. Arrivato a tredici si fermava e cominciava a inveiresui quei piccoli stronzetti. Il Gustav era cinico, muoveva indice emedio davanti le labbra come per chiedere una sigaretta e chiedevainvece gli oggetti pi impensabili.

    Che chai no sgabello?.Gli stronzetti rimanevano attoniti e si avviavano verso casa con

    lidea di aver esagerato, di esserci rimasti sotto. Il Gustav si com-piaceva.

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    CANI DA RAPINA

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    Gli illegali si svolgevano in vecchi capannoni in disuso ai bordidella citt, veniva costruito un palco di fortuna, montato limpianto

    e statue improbabili di metallo. Lo sciamano dirigeva i lavori dal-lalto della sua roulotte.Gustav e Tarza non erano i soli ad andare agli illegali, succedeva

    spesso che si andasse tutti insieme. Quando a muoversi dal Parcoerano pi di cinque persone, trattavasi di: mbarcata.

    Ogni mbarcata di quelli del Parco lasciava brutti ricordi, qualche

    osso rotta e un precedente in pi sulla fedina penale.Una volta una volante ferm la Uno Turbo dello Storto propriomentre erano imbarcati verso un illegale. In macchina cerano: Gu-stav, Tarza, Nanni e Gettone. Un intero comitato scientifico.Chicco aveva alzato le mani e aveva urlato: Sonnocente. Gli altrierano scoppiati a ridere.

    I poliziotti non si erano arresi, avevano levato le chiavi dal qua-dro della Uno e si erano chiusi nella volante con la patente delloStorto per fare accertamenti.

    La risposta alla richiesta fatta in centrale sembrava lunga e cosTarza e Gettone serano messi a girare un paio dinvortini prima-vera. La faccia del poliziotto al suo ritorno non aveva un bel colo-rito: avrebbero passato la notte in albergo a spese dello stato.

    Allora signor Faringei Francesco, figlio di Faringei Vasco, dettoPrimo, deceduto nel 1980, a Latina, in dubbie circostanze, da dovevuole che comincio nella lettura del suo Curriculum Vitae?.

    La guardia sembrava incazzata.Lo Storto gli sbuff una nuvoletta di fumo in faccia.

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    Curri che? Ma che cazzo stai a d. Sonnocente, nun choncazzo, famme na perquisa e manneme via!.

    Il poliziotto cominciava a gonfiarsi: il nuovo conio, mille euro almese, una famiglia da campare, quattro giovani stronzi con unamacchina che per mantenerla ci volevano tre stipendi statali, abitisgargianti e costosi. Nanni Discomusic, faccia da zingaro del cazzoe mezzo chilo doro appeso al collo. Trattenne a stento uno schiaf-fone.

    Allora Signor Faringei Francesco, detto Chicco. Gi noto da annialla questura per possesso e spaccio di cocaina; incriminato nel 1999per la rapina ai danni del gioelliere De Cubertis in via DelCorso.

    Chicco diventava rosso.Era un ebreo di merda!.Ma il poliziotto procedeva spedito: Due anni di carcere per ra-

    pina e violenza a sfondo razziale. Membro per alcuni mesi delgruppo di destra Roncaglia, ben presto allontanato per lutilizzodi droghe.

    Chicco si stringeva le palle con la mano ferma.Ah bello, passa ar presente. Ho sbagliato, ho pagato, sonno-

    cente.Il poliziotto era diventato rosso come un tizzone.Francesco Faringei, detto anche lo Storto per le particolari ca-

    ratteristiche somatiche, attualmente avvistato in compagnia di Da-vide Benigna, incensurato, suo probabile socio daffari nello spacciodi stupefacenti. Devo continuare?.

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    CANI DA RAPINA

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    Chicco si arrese, sput per terra e pose le mani incrociate al po-liziotto che stranamente gli gett in macchina chiavi e patente an-

    dando via.I ragazzi si guardarono, Nanni fece un gran tiro bruciandosi lelabbra con un tizzone ardente, scoppiarono a ridere e si avviaronoverso casa.

    La questione della rapina al gioielliere era acqua passata, eppureancora bruciava: lo Storto e Gettone avevano rubato un motorino

    alla Stazione, erano entrati spavaldi in centro con tre Roip a testanello stomaco. Chicco aveva puntato la scacciacani di Mimmo con-tro il De Cubertis, il vecchio gli aveva consegnato oro e gioielli dasotto il banco. I due erano fuggiti sparando due colpi per aria perfare un po di far west e sul Lungotevere Zozzo serano schiantaticontro un autobus della linea urbana. Lo Storto era scappato sulponte, sera infilato in una chiesa ed era uscito solo dopo due ore.Er Gettone sera messo a correre sul Lungotevere Zozzo come unostronzo e le guardie lavevano raggiunto a piedi.

    Le firme infami del Gettone avevano fregato lo Storto che serafatto anni due a spese dello stato e uno a casa ai domiciliari, garan-tendo la libert su condizionale allamico. La condizionale fu quelladellinfamit, il Gettone era ormai macchiato a vita, nessuno gliavrebbe mai pi concesso di trattare neanche un pezzetto di merda,mentre la popolarit e il fegato dello Storto erano cresciuti a di-smisura.

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    DUEAURORA

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    Il serpente che non pu disquamarsi perisce.

    Cos pure gli spiriti, ai quali si impedisce

    di mutare le loro idee: cessano di essere spiriti.

    1.

    La biondina entr dalla porta di servizio del Gigol ancheggiandoin un succinto abito da sera, bastarono due piroette ben assestateperch il velo le cedesse sui fianchi cadendo a terra. La gente duntratto smise di ballare e cominci a fissare le volute sinuose delladonna intenta in unoperazione di struscio millesimale. Poi quellasi arrest, cal la cerniera di uno degli uomini in prima fila e co-minci a succhiarglielo trascinandolo al centro della sala.

    Benidorm era un piccolo paese della comunit autonoma Valen-ciana. Si diceva che in quella baia, al riparo dai venti freddi delnord, germogliasse un clima unico, buono per gli amori estivi, diquelli consumati allaperto.

    Benidorm destate si popolava di tedeschi, inglesi e olandesi. An-

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    davano a smaltire la noia di una vita; in quella baia si ubriacavanoe accedevano a pi truculenti affari. A Benidorm, talvolta, qual-

    cuno perdeva la vita.Per Lij, Benidorm non era una novit, era gi venuto nella baiauna decina danni prima. Aveva attraversato lo Stretto a bordo di unpeschereccio muffo, per tutto il viaggio aveva tenuto un ciondolonella mano sinistra.

    Il tuo il nome del capo dei capi.

    Cos gli aveva detto la madre prima di crepare per dissenteria. LijTafari Makonnen era il nome di battesimo di Haile Selassie, RasTafari, limperatore dEtiopia: il Condottiero, il Modello, il Messianero, la reincarnazione di Jha.

    Lij aveva percorso il continente a piedi, voleva raggiungere la ca-pitale. A Benidorm aveva incontrato Massud e qui sera fermato.Massud gestiva la vendita delle pasticche di MDMAprovenienti daRotterdam e, nei due mesi estivi, calava i suoi ormeggi su quellabaia ricolma di fringuelli pronti a volare.A Benidorm era tutto molto diverso dal villaggio di Lij: vestiti

    sgargianti, belle donne pronte a concedersi al suo proverbiale mem-bro e tanti, tanti soldi. I ricordi della povert ormai erano lontani:si era stabilito in un alberghetto maleodorante sopra al Gigolos ela notte vendeva extasy a turisti intenti a strappare economici lavoridi bocca nel locale a luci rosse.A Benidorm, Lij aveva sparato per la prima volta con la Walther

    P38 di Massud. Lavevano chiamato blody nigger. Il grassone avevauna quarantina danni, quando fece per voltarlo dalla pozza di san-

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    gue not una grossa scritta sulla maglia blue luccicante: Proud to beenglish.

    Erano solo ricordi.Per Lij, Benidorm non era una novit, nella parentesi invernale lacittadina diveniva il luogo da dove Massud partiva con grossi cari-chi di cocaina alla volta del Belpaese. Arrivava sempre con un paiodi giorni danticipo, Massud amava il pesce e la sangria.

    ***

    Il furgone non si fece attendere: un turbodiesel tedesco addobbatocon i loghi di una grande casa sportiva europea. Quando aprironoil portellone e il contatto picchi sorridendo sulla miriade di pal-loni allinterno, a Lij venne in mente la palla di cartone e nastrocon cui giocava nel suo villaggio da bambino.

    Cinquecento palloni di cuoio, sessantaquattro centimetri di cir-conferenza, una pressione pari a zero punto sei atmosfere. Cinque-cento palloni di cuoio professionali alloggiati a dieci a dieci incinquanta reti di stoffa.

    Cinquecento palloni tutti identici. Solo allapparenza.Il peso di dieci di quei palloni era di venti volte superiore alla

    norma. Dieci di quei palloni, solo dieci, contenevano dieci chili dipolvere bianca sapientemente confezionata e distribuita.

    Massud sosteneva fosse un lavoro da principianti.

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    2.

    Brizio al Parco cera finito per un meschino gioco del destino. Igenitori avevano trovato lavoro nella scuola proprio dietro il vecchiobar di Franco e acquistato un appartamento nella strada dirimpettole case occupate. Venivano da lontano, bast un anno di perma-nenza perch si accorgessero dove erano finiti. Il padre e la madre

    di Brizio erano due insegnanti della scuola elementare ReginaPacis, il primo giorno che si presentarono in servizio trovarono leaule deserte. Dovettero pregare le madri-mignotte di mandare i pro-pri figli a scuola ed evitare di presentarsi svestite alluscita. Dovet-tero replicare alle minacce di morte dei padri e degli zii. Daltrondela loro era scuola dellobbligo e tutto si stava lentamente trasfor-mando in una missione.

    La radio trasmetteva le Supremes, era estate e a Brizio non erapermesso di scendere a giocare al Parco. La madre stava correggendoil tema di uno dei ragazzi pi strani della zona.

    Gi il titolo era un programma: Il luogo dove vivo. La mia casa, il fo-colare domestico. Avevano tutti raccontato di calzini spaiati e finestrerotte. Pane, mortadella e frittata figuravano in quasi tutte le cene. As-senti indiscreti: i genitori. Quei bambini sembravano tutti orfani.

    Davide aveva concluso con poche righe sostenendo che la sua casaera la strada, che non c casa dove non c un letto e una stufa e cheil caldo te lo procuri da solo, accendendo un bel fuoco in Pineta.

    Era una domenica assolata e Brizio aveva passato la mattina in fi-

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    nestra. La polizia stava trascinando via il padre di quello che pre-sumibilmente doveva essere il pi grande dei ragazzi che facevano

    gruppo allentrata del palazzone grigio. Aveva visto la madre di que-sto sputare ripetutamente e gridare guardie infami.Sera poi ritirato in camera a giocare quando sua madre aveva

    chiuso la finestra. Il pomeriggio era arrivato caldo e quei ragazzierano ancora in strada con bandiere e gagliardetti a festeggiare la vit-toria della loro squadra del cuore. Brizio stava ancora appeso alla fi-

    nestra, tra una pianta di gerani e un cespuglietto di peperoncinicalabresi.Arriv la sera, la madre del bambino sent sbattere la porta e cap

    subito che lera di quella prigione dorata finiva per sempre.In un attimo fu in cortile, via lungo la strada privata che divideva

    in due il palazzo, attraverso il cancello, fuori, al Parco, con il cuorein gola.

    Il Gettone aveva appuntato Sabrinella contro un ippocastanomentre er Delega le spingeva la testa sulla corteccia ruvida bloc-candole la bocca con la mano. Il ragazzo a cui avevano portato viail padre osservava seduto sul pilastro dentrata. Doveva aver avutoproblemi alla nascita, aveva il viso deforme, rispose al tartagliare diBrizio con un: Che cazzo te guardi!.

    Brizio si era avvicinato mentre il ragazzo con i capelli rossi tiravasu la gonna di quella bambina cos bella e delicata, sera buttato acapofitto dandogli una testata allaltezza della cintola. Quello avevasputato e sera girato per colpirlo centrandolo nellorecchio destro.Un fischio sordo.

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    Le lacrime di Brizio non arrivavano alla bocca, si asciugavano acrisulle guance arrossate. I due continuavano a picchiarlo. Lo Storto, dal-

    lalto del pilastro, non muoveva un dito. A lui quelle scorribande delcazzo non interessavano, lui sarebbe diventato ricco e famoso, avrebbesfondato e comprato un attico in centro, avrebbe scopato con la me-glio delle meglio e si sarebbe potuto permettere la macchina pigrande e bella del mondo. Quelli erano solo dei morti di fame.

    Davide aveva appoggiato il motorino al muro ed era corso sulle scale

    di tufo. Con un calcio nelle palle aveva atterrato il Gettone e sera poiavventato sul Delega che gi piangeva come una femminuccia.Brizio aveva percorso le scale nel senso inverso e con i polmoni

    che ancora gli bruciavano era rientrato a casa. Sera chiuso nella suacamera, non aveva voluto parlare con nessuno.

    Poi, il tempo aveva fatto il suo corso e anche i pi duri avevanoaccettato la presenza di quel bambino cos timido. Dopo alcunianni era ancora domenica, lo Storto festeggiava la vittoria della Ma-gica con Brizio sulle spalle mentre la madre osservava muta dalla fi-nestra dellinfanzia.

    Le Supremes erano ancora impigliate nellaria.

    3.

    Mario era lidraulico (probabilmente dorigine italiana) pi fa-moso del mondo. Mario aveva un fratello gemello di nome Luigi.Oltre a tubature e serpentine i due gestivano una pizzeria. Mario

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    doveva attraversare il Mushroom Kingdom, annientare le truppe diBowser e salvare la principessa.

    Mario eliminava i suoi nemici semplicemente saltandoci sopra.Mario amava i funghi, ne ingeriva in quantit trasformandosi inSupermario e divenendo invincibile.

    Mario aveva attraversato ben otto mondi esplosi alla maniera diun foruncolo dalla mente nipponica di Miyamoto ed entrati di pre-potenza nelle case di tutti i ragazzi del mondo insieme a una con-

    solle di plastica.Lo Storto e Nanni avevano percorso quei mondi nelle vesti diMario e Luigi, serano mossi in ambienti bui e sotterranei, avevanofatto una grande scorpacciata di funghi nello schermo e playginnello stomaco smorzando di tanto in tanto con una trentina digocce di tavor.

    Per interi mesi nella camera tre per tre dello Storto serano avvi-cendati i ragazzi del Parco per combattere contro le armate di Bow-ser: il Cane si smozzicava la lingua a ogni salto mentre er Deleganon riusciva mai a sopravvivere oltre il secondo livello.

    Quando il Gustav si present anni dopo con un francobollo con-tenente ben venticinque miniature di Supermario, per Chicco nonci furono dubbi, quella sera avrebbe sconfitto i nemici e fattolamore con la principessa.

    Baratt il francobollo con una palla di fumo a soldi rifatti, an-cora da pagare. Si lav le mani alla fontanella e ne inger un quar-tino, la testa del povero Mario.

    Dopo un bel chinotto da Franco salt sul motorino e si diresse verso

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    lo smog della Capitale, la Stazione Centrale. Davide tornava dalla najae questi voleva condividere con lamico il nuovo videogame.

    Lo Storto si ferm due volte in mezzo alla strada, in un bar pienodi extracomunitari cerc un chinotto ma dovette accontentarsi diuna birra ghiacciata.

    Scipp fuori programma la borsa ad una nonnetta in un incrociopoco affollato e si diresse coi pochi spicci trafugati alla Stazione.

    Qui caric lamico, non si vedevano da un anno, un anno di ser-

    vizio militare al nord. La fanteria dello spazio laveva chiamataChicco: spediva mensilmente le palle di fumo che Davide vendevaai commilitoni. Due chili, otto palle a settimana.

    Sabrinella sera occupata dei viaggi. Lo Storto finanziava il trenoe la coca cheporamammasi sparava nel naso. Davide riceveva ilpacchetto e talvolta faceva allamore con Sabrina in un motel squal-

    lido. Molto spesso questo lo rendeva triste. Alla spedizione succes-siva restituiva al socio una quota di tutto rispetto.In caserma aveva conosciuto un altro ragazzo proveniente dalla

    Capitale, un tatuatore, e sera tatuato sulla spalla destra San Anto-nio con in braccio il Bimbo.

    ***

    Davide mont in sella senza dire nulla, accennando ad un sem-plice sorriso. I due attraversarono la Capitale e si diressero verso ilLungotevere Zozzo ove Chicco gli porse un quartino.

    Faticarono un po a riprendere il filo con le consuete cazzate, poitracannarono due birre e altri due quartini e tutto fu pi chiaro.

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    Lo Zozzo Tevere scorreva giallo come piscio di vacca e i due tira-vano sassi dal ponte alle piccole imbarcazioni intente a risalire il

    fiume. Davide pens a Sabrina e a quella serata sul Jolly. Un pallonegalleggiava trasportato dalla corrente fermandosi nei gorghi in pros-simit del ponte. Sembrava rappresentare linfanzia violata. Un sas-sofono riscaldava laria per poche monete.

    Stiamo crescendo, aveva iniziato Davide.Non possiamo rimanere attaccati a quel muretto del cazzo.

    Guarda la citt, guarda tutta questa gente. Per loro non sei nes-suno.I tratti somatici di Chicco serano dun tratto ammorbiditi, guar-

    dava lamico negli occhi, per la prima volta sembrava ascoltare ecomprendere le sue ragioni.

    Non possiamo continuare a rimpiangere la nostra sfortuna e ipalazzi grigi dove siamo nati. Dobbiamo fare un salto di qualit,concederci un futuro diverso, dobbiamo trovare la maniera di noncrepare in quelle case occupate di merda.

    Davide tirava su con il naso e cominciava a muovere circolar-mente le mascelle.

    Cosa ci resta dei soldi che abbiamo guadagnato arrischiandocinella vendita di un pezzo di fumo? Nulla, un motorino e questi ve-stiti di marca, che tra qualche mese saranno passati di moda. Lo saiche fine fanno quelli come noi? Crepano o finiscono in Albergo, aspese dello stato.

    Il volto dello Storto era tornato aguzzo: Io al gabbio non ci vo-glio pi andare! Fanculo Regina!

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    questo il punto, replicava Davide. tempo di fare un salto di qualit, di levarsi dalla strada. Non

    abbiamo mai lavorato e non lavoreremo mai, non vero che ilmondo si conquista spaccando le pietre, il lavoro rende pi schiavidel gabbio. Dobbiamo cambiare.

    Lo Storto aveva ascoltato attentamente le parole di Davide, i dueserano chiusi in un silenzio contemplativo. Il Tevere Zozzo conti-nuava a trasportare mucillagine e sporcizie, Davide pens che tutti

    quei detriti prima o poi sarebbero arrivati nelle loro case, alla foce.Da quella Foce dovevano risalire.

    4.

    Lij aveva ritirato il biglietto al casello dellaAigunda de la Comi-nitat Europeae sera diretto spedito verso la citt di Valencia. Diecieuro e trenta. Massud sonnecchiava appoggiato al vetro del fur-gone. La strada era deserta, una notte come tante, Lij pens a tuttiquei palloni e ai bambini pakistani di sette, otto anni, intenti a cu-cire il cuoio. Palloni di tutte le marche e dimensioni. Una storiamolto simile alla sua e a quella del suo villaggio. Guid senza fu-mare fino a Sagunto, qui usc dallautostrada e accost presso unbar, torn con due panini e vide Massud che lo aspettava sgran-chendosi le gambe di fronte al furgone.

    Questo era il terzo carico per Massud, non lavevano mai fermato.Il viaggio durava quasi due giorni ma, tornato in Spagna, riusciva

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    a racimolare molti soldi. Spediva la met alla famiglia. Otto fratellie cinque sorelle.

    I due si alternarono alla guida per lintera nottata, pagarono pe-daggio a Terragona e a Martorell. Massud vide le indicazioni perBarcellona allontanarsi. Entrarono in terra francese che albeggiava,la costa si allontanava e si apprestava una nuova sosta.

    Massud si ferm nei pressi di Montpellier, acquist due baguettee segu il compagno al bagno per urinare. Tornati in macchina rin-

    francati dal caff fecero il pieno al furgone e ripresero il camminoalla volta di Marsiglia.Il tratto che stavano per attraversare era il pi pericoloso, Massud

    aveva due cugini che vivevano a Marsiglia, si sarebbe potuto fer-mare per riposare un po.

    Ma Marsiglia mostrava movimenti macabri.Linfamit era un morbo dilagante in quella citt. Uno dei suoi

    cugini era stato arrestato pi di una volta a causa di spiate prove-nienti dai suoi stessi contatti. A Marsiglia guardie e ladri erano unacosa sola, Massud lo sapeva e sapeva che nessun poliziotto si sa-rebbe fatto sfuggire un carico cos gustoso.

    Stavano ancora percorrendo il tratto di strada che da Marsigliaconduceva a Toulon quando una macchina della polizia fece segnodi accostare. Massud disse a Lij di stare calmo, prese la 38 dal cas-settino e lasci scivolare la canna fredda tra le mutande. Lij abbassil finestrino, fece per non capire le richieste del poliziotto rispon-dendo in inglese. La guardia insisteva perch facevano sempre cos,laveva raccontato il cugino a Massud: anche se capivano perseve-

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    CANI DA RAPINA

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    ravano le loro richieste nella lingua che credevano fosse la prima almondo.

    Lij esib i documenti. I due verificarono a lungo le generalit delragazzo: Thomas Soynka, nato a Barcellona e ivi residente, nessunprecedente penale. Anche la targa del furgone risultava spagnola eregistrata nella medesima citt, sembrava tutto a posto. Poi il se-condo agente fece cenno a Lij di scendere e aprire il cassone dietro.Massud fece scattare la sicura della 38 e cominci a osservare at-

    tentamente il movimento dei tre dallo specchietto retrovisore.Lij e i due agenti erano scomparsi dalla visuale, mentre proveni-vano dei rumori dal retro. Fin per perdere la calma. Le guardie sta-vano toccando i palloni. Con un salto fu gi, la 38 schiacciata sullagamba camminando raso il profilo destro del furgone. Stava pervoltare sul retro con larma spianata, pronto a fare i primi due mortinella sua carriera di corriere, che subito dovette ritirare la cannanegli slip sentendo delle strane risa provenire dal cassone.

    La guardia che li aveva fermati aveva rotto una delle sacche, i pal-loni serano rovesciati ambiguamente nel grande vano. Il tizio neaveva preso uno e laveva passato al collega, poi un altro con cui avevacominciato a palleggiare quasi a volerne saggiare la perfezione. Tuttocontento aveva dato una pacca sulla spalla di Lij mentre continuavaripetere Thierry Henry, Thierry Henry. Si riferiva alle prodezze delgiocatore dorigine martinicana che militava nella nazionale francese.

    Massud colse loccasione per unirsi al palleggio, i due agenti saluta-rono e portarono i due palloni nellautopattuglia. Lij torn alla guidain silenzio. Massud decise di riporre nuovamente la 38 nel cassetto.

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    5.

    Brizio era entrato alluniversit con un anno danticipo. Avevacomprato una vespa PX, percorreva ogni mattina la via del Mare,poi il Lungotevere Zozzo, in soli trenta minuti era in aula.

    Sera iscritto a un corso monografico su Alberto Savino intento ariportare alla luce il genio del povero fratello di De Chirico messo

    in ombra dalla maestosit di questultimo. Il pomeriggio studiavain biblioteca e seguiva dei corsi sullipermelodrammaticit del-lopera almodovariana. Il sole calava insieme allo smog sulla CittEterna e Brizio era nuovamente in sella, trenta minuti e un chi-notto al bar di Franco con gli amici.Aveva trovato un equilibrio nuovo, superiore. Sera rifiutato di

    conformarsi a un atteggiamento o a una classe sociale. Divenivagiorno dopo giorno avvezzo di uomini e profili. Il giorno alluni-versit, lezioni interessanti, altre noiose, piccole scorribande politi-che, comode e fesse allo stesso tempo. La sera tornava alla Foce, alParco, tra i suoi amici di sempre.

    Con gli anni era riuscito a tenersi fuori dagli impicci, aveva resi-stito pi volte alle proposte inferte dallo Storto di cominciare a farela retta, sera drogato s, ma con dovizia, senza mai sgarrare, sem-pre con unidea fissa in testa.

    Nel tempo aveva anche assunto una funzione allinterno delParco: Chicco e Davide non facevano mai una mossa senza con-sultarlo, traduceva le parole astruse dei verbali, quelle dei giornali

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    a volte: Blitz al Parco dove i giovani tornano dopo le incursioni in ne-gozi e tabaccherie del centro.

    Altre volte sera limitato allopera di traduzione di alcune parolefeconde nelluso comune ma difficili da interpretare. Un pomerig-gio pass pi di tre ore in piedi sulla panchina a illustrare il signi-ficato della parola coatto.

    Era stato ore a spiegare il concetto sociale di costrizione a genteche si sentiva libera in tutto e per tutto. Coatto significava costretto,

    costretto da uno status sociale, costretto da uno status giuridico,dalla locazione geografica, dalle guardie, dalla paura del gabbio.Erano costretti dalla droga, dalla cocaina in primis, dagli abiti dimarca che indossavano, dalle pubblicit di quei televisori sempre ac-cesi che sostituivano ogni discorso famigliare, costretti da quelParco, dalloscurit di certe notti, dalla loro provenienza, dalla Foceche non e non diverr mai la sorgente.

    Quella era la costrizione: due ragazzi in gamba, intelligenti comeChicco e Davide, non avrebbero mai fatto una fine degna dei lorocuori e del loro cervello. Si sarebbero sempre costretti a fuggire, ascappare dalle Madame, dalla bevuta, dal gabbio, dalla morte.

    Brizio aveva scritto le lettere per la madre analfabeta dello Stortoal figlio carcerato, laveva accompagnata allHotel Regina, avevaparlato con un avvocato annoiato e superficiale, sera fatto carico diquelle ansie e di quelle frustrazioni, sera costretto e amalgamatocon quel sistema pur rimanendo schivo e autonomo.

    Spesso aveva pensato che i suoi amici del Parco, da coatti cheerano, fossero in realt pi liberi di molti suoi compagni delluni-

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    versit. Un ragazzo al Parco guadagnava come un manager, non ac-cumulava ricchezza perch non pensava al futuro e spendeva tutto

    in droga e cazzate. Un buon venditore al Parco avrebbe potuto ven-dere di tutto. I soldi facili andavano via felici come erano arrivati.Le ragazze del Parco nascevano adulte, allet di diciassette anni ri-manevano incinta delegando a piccoli esseri in fasce un futuro mi-gliore del loro.

    Talvolta Brizio aveva portato qualche amico dalluniversit, al-

    cuni serano uniti per una notte alle scorribande sudate del Parco,tutti, poi, serano chiesti per quale motivo frequentasse quellordadi miserabili.

    La risposta risiedeva nella lungimiranza del ragazzo, nella truceconcettualit della costrizione. Per Brizio, erano tutti dei coattianche lavvocato dello Storto, la sua borsa di pelle, quella giacca ditweed e la tessera dei Canottieri Lazio. Tutti erano una sorta di cir-costanza per il Lungotevere Zozzo. Solo che alcuni erano pi for-tunati di altri e Brizio proprio agli altri, ai pi sfortunati, avrebbededicato unopera di scrittura, un romanzo privo di pregiudizi, unastoria corale.

    Una volta sera appuntato della bevuta dello Storto.Nazzareno aveva parcheggiato la 12F allestremit orientale del

    Parco, dalla parte opposta al bar di Franco. Con Bambino eranoentrati nel palazzone grigio, approssimativamente alle sei di mat-tina, lo Storto aveva tirato tutta la notte e il Tavor aveva appena co-minciato a mollare la presa della merce.

    I due avevano abbattuto la porta di legno marcio con una semplice

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    pedata, poi Bambino aveva sparato un colpo su Mafalda, lo staffor-dshire della sorella dello Storto, Chicca. In realt il nome di Chicca

    era Concetta, ma tutti la chiamavano cos per via del fratello.I guaiti del cane, ferito a una zampa, serano sentiti per tutto il pa-lazzo, lo Storto era stato colto da una paralisi facciale. Bambino loammanettava mentre Chicca sbatteva la testa sulla lettiera minac-ciando che li avrebbe denunciati per violenza.

    Per Chicco furono due notti da incubo. Torn con il sopracciglio

    spaccato e il labbro gonfio. Lavevano picchiato per ore in una cellapiccola e maleodorante e lui, imperterrito, non aveva fatto il nomedi nessuno. Erano stati costretti a rilasciarlo. Per questo avevanoscaricato a pugni e calci la loro frustrazione.

    Non contento Nazzareno aveva deciso di illuminarlo sulle formeatipiche del suo aspetto. Gli aveva raccontato a grandi linee del ven-tennio che aveva portato tutti gli sfollati in quei palazzoni grigi, disuo padre, e della tossica con cui viveva che poi mise al mondo unbimbo deforme.

    Lo Storto ruggiva rabbia quando la 12F sgomm alzando un pol-verone davanti allofficina di Mimmo.

    6.

    La pasquetta era arrivata a mattina inoltrata. Gustav aveva gi oc-cupato parte del campetto delle bocce con limpianto. Non man-cava nulla: due piatti, il mixer e un amplificatore da mille. Er

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    Delega dirigeva la disposizione delle casse valutando la diffusionedel suono. Gustav aveva piazzato un cavo lungo le scale che attra-

    versava la strada e raggiungeva la carrozzeria di Mimmo. Per loc-casione Nanni aveva disposto la sua macchina a spina di pesce.Onde evitare il traffico improprio, aveva replicato a Franco

    quasi fosse un vigile urbano.Verso mezzogiorno serano presentate Sabrinella e Chicca e ave-

    vano cominciato ad armeggiare con il frigo, avevano cucinato per

    tutta la mattina. Nanni sera rivolto al cugino in una lingua zin-gara, mista di viaggi e sud, del tipo: muta hili, che significava sem-pre figlio di puttana o qualcosa di simile. Quello sera affrettato adaccendere il fuoco.

    Poi era arrivato lo Storto, aveva trapiantato il culo sulla panchinafacendo alzare Chicca che fumava la prima canna della mattina eaveva cominciato a spillare un po di fumo con il suo Opinel pic-colo e affilato.Alluna il fuoco era alto e il Gustav passava ai primi dischi techno

    della giornata, mentre il resto della comitiva arrivava richiamata dalsuono assordante delle casse posizionate dal Delega.

    Lo Storto aveva appena congedato un cliente che fece capolinoSpiccio dalla discesa con una vespa nuova nuova. Spiccio, il tossicoche non vale neanche uno spiccio, aveva fatto due giri panoramiciattorno al Parco e poi sera posizionato supplichevole al cospettodello Storto. Spiccio veniva dalla Piazza, dalla Piazza era stato rin-negato perch caveva er vizietto de la robba e di tanto in tanto ve-niva al Parco per fare le sue tristi proposte commerciali. Tornava

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    fresco fresco dal tribunale, uscendo sera imbattuto in quel vespinodi un avvocato che stava prendendo un caff, ne aveva saggiato lo

    sterzo libero e con un cacciavite aveva forzato il quadro. Se neratornato felice con la robba che gli brillava gi negli occhi. Avevadetto sessanta, lo storto aveva replicato trenta, quello aveva con-trattato trentacinque, lo Storto aveva allora ricacciato il tocco difumo tra le palle e aveva risposto: Venti e te ne vai affanculo chestamo a lavor.

    Quello aveva mutato la sicurezza in sudore e sera accontentatodei venti, lo Storto avrebbe fatto un bel regalo a Brizio, avrebberorivestito la sua vespa arrugginita con la carrozzeria nuova del PXdellavvocato.

    Intanto il Gustav continuava a colpire laria calda con note in-dustriali di spessore equivoco mentre Nanni era intento a girare lagriglia ricolma di ali di pollo sculettando.Alcuni morti di fame della zona serano aggiunti al picnic men-

    tre Davide scendeva dalle scalette di tufo assonnato.Chicca aveva allestito due grandi tavolacci al centro del campo di

    bocce e serano seduti a mangiare. Davide perlustr velocemente latavola, cerano tutti, ma qualcosa non tornava, qualcuno mancava.Analizzava sempre tutto, questo gli aveva parato il culo in molte oc-casioni. Er Gettone. A tavola mancava quel roscio del Gettone.

    Nanni aveva un cosciotto di pollo bruciacchiato tra i dentiquando sentirono un grido provenire dalla cima delle scale. Bar-bara, la sorella del Pitone, sbracciava strafatta. Lo Storto moll ilpranzo e risal velocemente le scale con Davide.

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    La sorella del Pitone era arrivata tutta infalopita in cerca di unabusta. Sulle scale aveva incontrato il Gettone che aveva preso i soldi

    con un ci penso io scomparendo allinterno di un palazzo per poiuscire dallentrata posteriore. Quella era rimasta impalata per pi dimezzora per poi scoppiare in quelle urla isteriche che tutti avevanosentito.

    Davide sera inalberato ma per Chicco la Legge era pi impor-tante, il loro problema era che Gettone avesse fatto una cosa del

    genere sulla loro piazza, nel luogo dove vendevano loro, non chelavesse perpetrata ai danni della sorella del Pitone.Chicco e Davide fecero spallucce e tornarono al tavolo. I pro-

    blemi di Barbara non erano affar loro. La ragazza and via urlandoa squarciagola, dai palazzi intorno saffacciarono molte persone. In-tervenne Nanni col microfono: fateve li cazzi vostra!.

    Quindi lo zingaro sfoder la sua piccola collezione di vinili.Il primo assaggio di Nanni ai piatti fu Franco Califano: S, dac-

    cordo lincontro, unemozione che ti scoppia dentro linvito a cenadove c atmosfera, la barba fatta con estrema cura.... La macchinaa lavare ed era ora! Hai voglia di far centro quella sera, si daccordoma poi.

    Chicca e Sabrina erano salite in piedi sul tavolo e avevano presoa urlare allunisono: Tutto il resto noia, no, non ho detto gioia,ma noia, noia, noia. maledetta noia.

    Il pranzo scorreva dolce, il vino di Nanni era niente male e la mu-sica cominciava a fluire nel copro trasportata dalle meraviglie del-lalcool. Per un attimo la serenit sembro scendere su quel luogo

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    come un manto candido. Anche Davide, in genere silenzioso e cor-rucciato, sembrava sollevato.

    Purtroppo quel momento suon come un attimo, stavano assapo-rando un caff offerto dalla madre dello Storto quando il Pitone egli altri della Piazza invasero con una Mercedes rubata il campettodelle bocce. Quando Davide vide che allinterno della macchina ceraanche Barbara cap tutto e fece scattare il serramanico sotto al tavolo.

    Lamantedi Gianni Celeste in vinile crocchi tra le mani di Nanni

    proiettando quel momento in un altrove immobile. In un attimoDavide fu testa a testa col Pitone mentre dalla macchina scendevaun altro dei ragazzi della Piazza con una Browning automatica. LoStorto non aveva dubbi, era identica a quella che avevano seppel-lito in pineta un anno prima, in attesa di tempi migliori.

    Chicco si fece avanti calmo restituendo una banconota rossa fiordi conio al Pitone e replicando che non si rovinava un pranzo cosper mezza piotta. I ragazzi della Piazza tornarono alla macchina si-curi dessersi fatti rispettare mentre al Parco la bella giornata seradata per sempre.

    7.

    Lij e Massud avevano raggiunto Nizza in un batter docchio aiu-tati dallautostrada poco trafficata. Serano fermati a Cannes per ilpranzo. Massud aveva ordinato delle cozze gratinate in un lussuosoristorante con una splendida vista sulla Costa Azzurra. Avevano be-

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    vuto una bottiglia diAdoration Ctes du Rhne, un vino bianco dalsapore dolciastro ma dal prezzo assai amaro. La stanchezza comin-

    ciava a farsi sentire mescolata alla leggera sonnolenza prodotta dalvino e dal pasto.Usciti dal ristorante serano recati al furgone e Massud aveva ad-

    ditato uno dei palloni. Voleva saggiarne un po del contenuto.Lij non era daccordo, dovevano rimanere lucidi fino alla fine del

    viaggio. La sua purtroppo era unopposizione debole, anche a lui era

    venuta voglia di assaggiare un po di cocaina. Massud sollev cin-que palloni di quelli estratti dalla sacca dalle guardie francesi la-sciandoli ricadere e rimbalzare nel furgone, il sesto fu quello giusto.

    Unincisione quasi invisibile percorreva longitudinalmente la sferada parte a parte. Proprio accanto alla valvola per il gonfiaggio, av-vicinando il pallone agli occhi, Massud riscontr la presenza di unpiccolo filo di nylon spuntare ritto come un capello.Aiutandosi con un piccolo serramanico, fece per sciogliere il bro-

    glio cui il nylon sembrava legato e la palla si apr in due calotte di-stinte. Allinterno Massud scorse la camera daria gonfia contenenteun pacchetto traballante.

    Bast una lieve pressione del serramanico che sput fuori laria ri-ducendosi ad uno straccio di gomma.

    La merce era sapientemente incartata con del cellophane moltospesso, quindi il pacchetto era stato chiuso sottovuoto in una pla-stica per alimenti, questa era stata avvolta in una carta marronecompletamente ricoperta di scotch da pacco. Massud cap che fareil procedimento inverso sarebbe stato impossibile per cui inizi a

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    fantasticare con Lij sulla storia che si sarebbero inventati alla con-segna e poi al ritiro dei soldi tornati nella Capitale.

    Avrebbero utilizzato la storia delle guardie marsigliesi, avrebberoraccontato di aver dovuto dividere una parte di quel pacchetto coni due stronzi per salvaguardare il resto del carico di cui i poliziottinon serano neanche accorti.

    Lij non sembrava molto convinto, entrambi sapevano che un soloerrore in quella spedizione avrebbe significato la loro morte e che

    nessuna variante al progetto originario andava presa con leggerezza.Mentre parlavano chiusi nel vano del furgone, Massud aveva giaaperto il pacchetto.

    Lodore della squamata lo fece quasi svenire, si stava letteralmentecacando sotto. Lantro angusto del furgone sera riempito di unolezzo simile a quello dei solventi: buono e forte a un tempo.

    Massud aveva lasciato cadere un bel po di polvere per terra mapreso dalleuforia non se nera neanche curato. Intaccato il panettocol serramanico affilato, sera immediatamente cacciato un sassolinoin bocca cominciando a smascellare pochi secondi dopo. Poi avevapreso i documenti del furgone e vi aveva steso altre due sassolinipassando il tutto a Lij.Aveva diviso il contenuto del pallone: aveva stipato un quarto, di

    cui pi della met era rovinata a terra, in un cartoccio di giornale,il resto laveva riposto nei resti esanimi della palla, laveva ricucitaalla buona, appariva sgonfia e malandata, ma si perdeva nel muc-chio.

    Poi Lij gli aveva reso i documenti del furgone con i due sassi bian-

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    chi e brillanti. Massud aveva preso a schiacciarli avidamente conuna carta telefonica lanciando schegge per ogni dove.

    Un piccolo sassolino sincagli sul maglione di Lij che ne saggiil sapore amarognolo cominciando presto a seguire lamico nel-lavido gioco di mascelle. Da tutto quel lavorio risultarono tre bottelunghe circa sei centimetri. Massud tir avidamente la prima ri-schiando di vomitare sullamico per il singulto nervoso che ne de-riv. Lij divise la sua in due che diresse in due tempi consecutivi in

    ambedue le narici. La terza botta venne accuratamente inserita indue sigarette cave e prive di filtro, che i due si accesero tornando alfurgone e lasciandosi alle spalle nuvole bianche come un mandatodi cattura.

    In quella mezzora la Costa Azzurra era migliorata, era ancora pibella, il soffice tappeto sonoro del mare sera finalmente distintodal rumore delle auto e i raggi solari attraversavano il parabrezzaraggiungendo direttamente lo stomaco. Massud sorrise, quel viag-gio stava prendendo una nuova piega, piacevole e calda.

    8.

    I giornalisti italiani sono una manica di coglioni rattrappiti. Inuno dei suoi comizi pomeridiani Brizio li aveva condannati a vita.

    Nei trafiletti di stampa sostenevano nel Belpaese non esistesse ilproblema del crack. Secondo la stampa italiana, il crack, la droga chestava rovinando gli Stati Uniti, non aveva attecchito in maniera pre-

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    occupante nei giovani del Mediterraneo. Troppo complesso il suo ap-provvigionamento, troppo devastanti gli esiti del suo consumo.

    Tutte cazzate.Una cosa era vera, il crack in Italia non era mai arrivato, ma soloper un motivo: nel Belpaese anche il tossico pi strafatto era ingrado, con alcune semplici accortezze, di derivare il cristallo dallacocaina smerciata ovunque.

    Era questo il problema del Gettone. Ormai lo sapevano tutti.

    Numerose volte sera smarrita la merce in sua presenza e poi que-sti era sparito per diversi giorni. Altre volte lavevano visto cammi-nare da solo, gli occhi rivoltati e miotici a profetizzare la fine delmondo. Er Gettone aveva un grosso problema, er Gettone coceva,non pippava pi la cocaina, se la cucinava.

    Per carit, nulla in contrario, al Parco tutti avevano cotto qualchevolta, lo Storto in un viaggio di canne e relax con il Nanni a Rot-terdam sera fumato mezzetto in una sola notte.

    La cottura era una vecchia usanza. Zio Primo coceva con il bi-carbonato ai tempi in cui Muhammad Ali si massacrava di bottecon Frazier a Manila. La stampa aveva chiamato quellincontro:Thrilla in Manila.

    Quindici riprese di sangue.Per cuocere, bastava rimediare cocaina con una buona percen-

    tuale di purezza, quindi riscaldarla con lammoniaca. Ai tempi delpadre dello Storto la cottura avveniva con bicarbonato e acqua, poidefinitivamente sostituiti dallammoniaca a causa del basso grado dipurezza della cocaina in circolazione.

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    La cottura avveniva in un semplice cucchiaio riscaldato da un ac-cendino; in pochi secondi la cocaina abbandonava tutte le impurit

    mostrando il cristallo base.La base libera. Il cristallo puro.Per fumarlo veniva utilizzata una lattina piegata in due al cui in-

    cavo venivano fatti dei piccoli fori su cui adagiare il cristallo, oppureun narghil artigianale ricavato da una bottiglia di plastica

    Con un grammo di cocaina potevi fare uno, due, massimo tre ti-

    roni. Leffetto era devastante. Un rumore di coccio rotto.Crack appunto.Bastava passare una notte a fumare per essere colpiti da cacarella

    e mal di stomaco allindomani, da quella voglia ambigua di cuocereancora, di non dire mai basta, di bruciare tutto senza tener contodi niente e di nessuno.

    La cottura rendeva schiavi pi dogni altra cosa, questo era il pro-blema del Gettone.

    La sera che Nanni e Chicco cucinarono a Rotterdam fu indi-menticabile. Tirarono per sei ore consecutive e passarono il restodel fine settimana a percorrere tastoni il pavimento dellalbergonella ricerca di qualche sasso sfuggito al computo.

    Il Gettone sera cotto il cervello non cerano dubbi.Frequentava sempre meno il Parco, si raccontava avesse letteral-

    mente prosciugato il conto della nonna e venduto ogni cosa la po-vera vecchia possedesse. Durante le feste natalizie era entrato incartoleria con un Opinel cinque dita e aveva rubato lincasso dellagiornata. Lavevano riconosciuto tutti nonostante fosse a volto co-

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    perto. Non lo volle denunciare nessuno. Unaltra volta Chiccalaveva visto percorrere velocemente la vietta dietro il bar di Franco

    con in braccio un televisore. Sera proprio rovinato.***

    Il Cane stava chino sul PX di Brizio insieme a Tarza, Mimmoaveva messo a disposizione lofficina, a


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