CAPITOLO 14
IMPIANTI MOTORI A VAPORE. TURBINE A VAPORE.
Introduzione.
L'utilizzo del vapore per la produzione d'energia meccanica mediante macchine alternative,
sviluppatosi in campo industriale sopratutto a partire dalla seconda metà del XIX secolo, ha dato
un impulso decisivo alla cosiddetta "rivoluzione industriale" trovando impiego nei più disparati
campi per la possibilità di produrre energia meccanica indipendentemente dalla disponibilità "in
loco" di corsi d'acqua o di venti di sufficiente potenza sino ad allora sfruttati.
In epoca attuale, con lo sviluppo d'altri tipi di motori (quali ad es. i motori alternativi a
combustione interna o le turbine a gas), con rapporti peso impianto/potenza utile notevolmente
più bassi di quelli richiesti dagli impianti a vapore, l'uso delle macchine a vapore si è ristretto
principalmente alla produzione d'energia elettrica, tranne alcuni casi, quantitativamente poco
significativi, in cui sono utilizzate per la produzione diretta d'energia meccanica (turbo-pompe,
turbo-compressori, turbo-eliche marine per navi di grande stazza, ecc.).
Le macchine motrici alternative a vapore, storicamente nate per prime, sono oggi cadute in
disuso a causa delle limitate potenze erogate e del basso rapporto potenza/peso, mentre oggi sono
generalmente impiegate le turbine a flusso continuo, con potenze per unità che vanno da poche
centinaia di kW fino ad oltre 1200 MW.
L'acqua è il fluido base degli impianti a vapore sia per la sua disponibilità in natura, e quindi per
la sua convenienza economica, sia per le sue caratteristiche termodinamiche (elevati coefficienti
di scambio termico, elevati calori specifici e latenti) che ne fanno il fluido preferito per il
trasporto e l'immagazzinamento del calore. Cicli con fluidi non convenzionali, quali ad es. i cicli
a vapori metallici o a fluidi organici, trovano a tutt'oggi un'applicazione limitata.
14.1) Ciclo Rankine e componenti dell'impianto.
In fig. 14.11 a) è rappresentato un impianto a vapore semplice in cui si realizza un ciclo di
conversione del calore in lavoro: il fluido è pressurizzato dalla pompa alimento caldaia (1-2),
riscaldato (2-3), vaporizzato (3-4) ed eventualmente surriscaldato (ciclo di Hirn) in caldaia (4-5),
fatto espandere in turbina (5-6) e quindi condensato nel condensatore (6-1) chiudendo in tal
modo il ciclo. Nelle figure 14.1 b), c) e d) è rappresentata la successione delle trasformazioni,
supposte ideali, rispettivamente nei piani termodinamici p vs, T s e h s.
Il fatto che il ciclo tagli la curva limite comporta un diverso peso della fase di compressione
rispetto a quella d'espansione. Infatti, il lavoro di compressione ideale della pompa, nel caso di
fluidi incomprimibili, è espresso dalla:
lc = h2 h1 = vs1
2dp = vs p2 p1( ) (14.1)
ed è molto piccolo rispetto ai gas o ai vapori a causa del piccolo valore di vs. Nella
rappresentazione della fig. 14.1 esso è stato amplificato per chiarezza formale ma, in realtà, il
lavoro di compressione della fase liquida fra due generiche pressioni, non supera pochi punti
percentuali del lavoro d'espansione del vapore fra le stesse pressioni. Per tali ragioni, nelle
valutazioni di massima delle prestazioni degli impianti a vapore il lavoro della pompa d'alimento
caldaia è sovente trascurato.
Il lavoro d'espansione potrà essere valutato mediante il diagramma di Mollier oppure,
disponendo di tabelle, individuando il punto di fine espansione isoentropica mediante le
relazioni:
s5 = s6 = s1 + xv sev (14.2)
h6 = h1 + xv hev (14.3)
165
dove con xv=mvap/mtot si è indicato il titolo di vapore.
Il lavoro utile sarà dato dalla:
lu = lesp lcom = qe qu = h5 h6( ) h2 h1( ) h5 h6( ) (14.4)
e il rendimento termodinamico dalla:
=luqe
=h5 h6( ) h2 h1( )
h5 h2( )h5 h6
h5 h1
(14.5)
Al fine di valutare la qualità termodinamica del ciclo, possiamo suddividere lo stesso in tre cicli
adiacenti separati da trasformazioni isoentropiche come rappresentato in fig. 14.2.
Fig. 14.1
Fig. 14.2
166
Si può osservare che il ciclo centrale, costituito da due isoterme e da due isoentropiche, ha lo
stesso rendimento di un ciclo di Carnot ( c=1 Tmin/Tmax) limitato dalle temperature Tmax=Tev=T3 e
Tmin=Tcon=T6, mentre il ciclo di riscaldamento del liquido, che assorbe calore a temperature
sempre inferiori alla temperatura T3 (a parte il punto 3), avrà un rendimento termodinamico
inferiore al rendimento del ciclo centrale. Il ciclo di surriscaldamento avrà, invece, un
rendimento maggiore di quello centrale poiché il calore è introdotto a temperature sempre
maggiori della T3.
Come già visto nel capitolo 13, il rendimento di un ciclo composto può essere scritto come
media pesata rispetto al calore introdotto dei rendimenti dei tre cicli che lo costituiscono;
indicando con I il ciclo relativo al riscaldamento del liquido, con II il ciclo centrale
d'evaporazione e con III quello relativo al surriscaldamento, si otterrà:
=luqe
=luI + luII + luIII
qe
=luI
qe
qeI
qeI
+luII
qe
qeII
qeII
+luIII
qe
qeIII
qeIII
dove con qei (i=I,II,III) si è indicato il calore entrante nel singolo ciclo. Tenendo presente che il
rendimento d'ogni singolo ciclo è dato da i = lui qei , dall'espressione precedente si otterrà la
relazione del tutto generale:
= I
qeI
qe
+ II
qeII
qe
+ III
qeIII
qe
= i
qei
qei
(14.6)
Per quanto detto più sopra, si può pertanto concludere che la fase di riscaldamento del liquido
costituisce per il ciclo un onere termodinamico, mentre la fase di surriscaldamento ne migliora le
prestazioni.
Condensazione.
Dalle considerazioni sopra svolte, si deduce che è vantaggioso condensare alla temperatura più
bassa possibile compatibilmente con la disponibilità di un fluido refrigerante con temperatura e
capacità termica adeguate. Abitualmente si utilizza acqua di fiume o di mare o aria e quindi ne
consegue che la temperatura di condensazione, in dipendenza dalle condizioni locali e stagionali,
si aggira attorno ai 10÷40 °C, con una pressione di condensazione che, nel caso dell'acqua, è
compresa tra 1.23 e 7.38 kPa. A tale proposito, osserviamo che un vuoto eccessivamente spinto
nell'ultima fase dell'espansione e all'interno del condensatore dà luogo a eccessive infiltrazioni
d'aria dall'esterno (e quindi eccessivo lavoro d'estrazione dell'aria dal fluido di lavoro) ed
eccessive dimensioni del condensatore e degli ultimi stadi della turbina. In pratica, la minima
pressione di condensazione è scelta normalmente attorno a 5 kPa, cui corrisponde una
temperatura di condensazione di 32 °C.
Supponendo d'utilizzare acqua come fluido refrigerante, la potenza termica smaltita dal
condensatore sarà data dalla relazione:
˙ Q u = ˙ m acp Tu Te( ) = ˙ m v h6 h1( ) (14.7)
dove con ˙ m a si è indicata la portata d'acqua di raffreddamento, con Te la temperatura dell'acqua
all'ingresso del condensatore e con Tu=Tcon+3÷4 °C la temperatura d'uscita dal condensar'tore.
Dalla (14.7) si può osservare che, per una data Te e per una data potenza termica ˙ Q u,
all'aumentare di ˙ m a diminuirà Tcon con conseguente aumento del rendimento termodinamico del
ciclo. D'altra parte, l'utilizzo di grandi portate d'acqua comporta elevati costi d'impianto (costi del
condensatore, delle opere di presa, ecc.) e di pompaggio dell'acqua di raffreddamento. La
condizione che minimizza il costo del kilowattora prodotto corrisponde, orientativamente, a un
riscaldamento dell'acqua di raffreddamento di 5÷8 °C. Sempre dalla (14.7), osserviamo ancora
che, a parità di tutte le altre condizioni, dalla disponibilità dell'acqua di raffreddamento dipende
la portata di vapore condensabile ˙ m v e, quindi, la potenza utile ottenibile dall'impianto: per una
centrale da 600 MW sono necessarie portate di 20÷30 m3/s di acqua. Qualora tali portate non
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siano disponibili, sarà necessario ricorrere a soluzioni alternative quali le torri d'evaporazione o il
raffreddamento ad aria.
Evaporazione.
Al crescere della temperatura e della pressione d'evaporazione aumenta il rendimento del ciclo
ma diminuisce il peso del ciclo centrale che scompare per una temperatura d'evaporazione
corrispondente alla temperatura critica (per l'acqua, Tcr=374.5 °C e pcr=22.1 MPa). Di
conseguenza, il rendimento del ciclo di Rankine ha un massimo che, per l'acqua, si aggira attorno
ai 340÷360 °C con una pev=14.6÷18.7 MPa a seconda dell'estensione del ciclo di
surriscaldamento; tale massimo viene però raggiunto con un andamento molto piatto per Tev>330
°C e pev>12.8 MPa, zona nella quale i guadagni di rendimento non compensano più i maggiori
costi d'impianto. L'uso di pressioni maggiori, anche della pressione critica, negli impianti di
grande potenza dovrà perciò essere associato all'utilizzo di un elevato numero di
surriscaldamenti ripetuti in modo da aumentare il lavoro utile.
Surriscaldamento e risurriscaldamento.
Il surriscaldamento nei cicli a vapore è realizzato per le seguenti ragioni: aumento del
rendimento del ciclo e aumento del titolo di fine espansione. Un eccessivo contenuto di liquido a
fine espansione provoca infatti la corrosione delle pale ed un aumento delle perdite di carico
negli ultimi stadi della turbina; per tali ragioni il titolo in vapore minimo ammesso deve essere
normalmente maggiore di 0.9÷0.92.
Con pressioni d'ammissione in turbina maggiori di130÷150 bar e temperature d'inizio espansione
di 500÷600 °C un solo surriscaldamento non garantisce un titolo finale accettabile. Questo
potrebbe essere ottenuto con temperature massime più elevate ma ciò renderebbe necessario
l'utilizzo di materiali speciali con eccessivo incremento dei costi del generatore di vapore in cui
sono ingenti le quantità di materiale utilizzato.
Per motivi economici si preferisce realizzare un secondo surriscaldamento (risurriscaldamento)
realizzato estraendo dalla turbina tutta la portata di vapore dopo una prima espansione negli stadi
ad alta pressione per inviarla nuovamente al generatore di vapore e immetterla di nuovo in
turbina alla temperatura massima; nei cicli ipercritici può essere necessario un doppio
risurriscaldamento. La pratica del risurriscaldamento si traduce ovviamente in un maggior del
costo dell'impianto a causa della maggior complessità della turbina e della caldaia, ma l'aumento
del costo dell'impianto è compensato dall'aumento del rendimento termodinamico e del lavoro
utile ottenibile.
Fig. 14.3
168
Nelle figure 14.3 a) e b) sono rappresentati un impianto a vapore con risurriscaldamento ed il
corrispondente ciclo termodinamico.
Per quanto riguarda la scelta della pressione d'estrazione del vapore dalla turbina di alta
pressione, possiamo osservare che al diminuire della p6 diminuirà il rendimento del ciclo
aggiunto (6'678) ma aumenterà il suo peso (dato dal calore entrante qe=h7 h6) nella costituzione
del rendimento termodinamico complessivo, il contrario all'aumentare della p6. Esisterà, quindi,
un livello di pressione ottimale a cui effettuare il risurriscaldamento come indicato in fig. 14.4,
dove è rappresentato l'andamento dell’aumento di rendimento conseguente al surriscaldamento
ripetuto in funzione del rapporto tra la pressione d'estrazione p6 e quella d'ingresso in turbina p5;
nella figura sono, inoltre, rappresentati gli andamenti della temperatura di risurriscaldamento e
del titolo in vapore allo scarico della turbina.
14.2) Ciclo Rankine a rigenerazione.
Si è visto nel paragrafo precedente che il riscaldamento del liquido comporta un abbassamento
del rendimento del ciclo in quanto è effettuato a temperature inferiori alla temperatura
d'evaporazione. In linea di principio, si potrebbe eliminare questa fase condensando solo
parzialmente il vapore sino ad un titolo opportuno e comprimendo direttamente la miscela
(trasformazione 3'-3 di fig. 14.5 a)); tale trasformazione non è però tecnicamente possibile
poiché non esistono macchine in grado di realizzarla convenientemente e sarebbe, comunque,
inutile in quanto la forte irreversibilità di una compressione reale rimetterebbe in gioco un ciclo
"triangolare".
Fig. 14.4
Fig. 14.5
169
Si potrebbe, pensare di realizzare un'espansione ad entropia decrescente con la cessione del
calore necessario al riscaldamento del liquido ottenendo in tal modo una trasformazione iso-
entropica alla (2-3) e, quindi un ciclo di Carnot (fig. 14.5 b)).
Anche in questo caso, mancano macchine idonee alla trasformazione e si avrebbe, comunque, un
titolo a fine espansione troppo basso che renderebbe necessario un numero eccessivo di
surriscaldamenti.
E' possibile, però, ridurre in parte il peso del riscaldamento della fase liquida prelevando una
frazione di vapore in un punto intermedio dell'espansione ("spillamento") per condensarla
completamente e utilizzare, per mezzo di uno scambiatore di calore, il calore di condensazione
per preriscaldare il liquido compresso. In fig. 15.6 è rappresentato un impianto in cui la frazione
di vapore xA è derivata dalla turbina d'alta pressione ed inviata ad uno scambiatore a superficie,
mentre la frazione xB è inviata ad uno scambiatore a miscela; in fig. 15.7 è riportato il ciclo
realizzato.
Le frazioni spillate xA e xB saranno determinabili dai bilanci entalpici a cavallo dei rigeneratori;
nell'esempio riportato e supponendo un'efficacia dei rigeneratori unitaria (temperatura in uscita
Fig. 14.6
Fig. 14.7
170
del liquido d'alimento caldaia uguale alla temperatura di condensazione della frazione spillata),
per lo scambiatore a superficie si avrà:
hB' + xAhA = hA' + xAhA' xA =hA' hB'
hA hA'
(14.8)
e per lo scambiatore a miscela:
xBhB + xAhA' + 1 xA xB( )h1 = hB' xB =hB' h1 xA hA' h1( )
hB h1
(14.9)
Le relazioni sopra scritte permettono la determinazione delle frazioni spillate una volta note le
condizioni di spillamento e, in particolare, le entalpie hA e hB; a tale proposito possiamo dire che
pressioni e temperature di spillamento saranno stabilite in base a criteri di ottimizzazione (sia
economica che di rendimento del ciclo) e che, in base a tali criteri, risulta conveniente
suddividere approssimativamente il salto entalpico totale in salti entalpici uguali.
Sempre riferendoci all'impianto rappresentato in fig 14.6, a trasformazioni ideali e trascurando
per semplicità formale il lavoro di pompaggio, la potenza utile sarà data da:
Pu = ˙ m v h5 hA( ) + ˙ m v xA ˙ m v( ) hA hB( ) + ˙ m v xA ˙ m v xB ˙ m v( ) hB h6( ) (14.10)
Il lavoro utile, definito come la potenza utile riferita alla portata di vapore nominale ˙ m v , sarà, di
conseguenza, dato da:
lu =Pu
˙ m v= h5 hA( ) + 1 xA( ) hA hB( ) + 1 xA xB( ) hB h6( ) (14.11)
da cui discende:
lu = h5 h6( ) xA hA h6( ) + xB hB h6( )[ ] = h5 h6( ) xi hi h6( )i
(14.12)
Il calore entrante sarà dato da:
qe = h5 hA'( ) (14.13)
ed il rendimento termodinamico del ciclo da:
=luqe
=h5 h6( ) xi hi h6( )
i
h5 hA'( ) (14.14)
Come si può osservare dalle relazioni scritte, l'effetto degli spillamenti rigenerativi è sì quello di
ridurre l'energia termica primaria entrante, ma anche quello di ridurre il lavoro utile ottenibile e,
quindi, non è immediatamente evidente l'effetto degli spillamenti sul rendimento del ciclo.
L'utilità della rigenerazione nei cicli a vapore può essere dimostrata in diversi modi; partendo
dalla definizione di rendimento termodinamico di un ciclo semplice ideale, si può scrivere:
=luqe
=qe qu
qe
=1qu
qe
e analogamente, per un ciclo rigenerativo:
R =1quR
qeR
dove quR<qu perché al condensatore non arriva più la frazione spillata e qeR<qe in quanto il
riscaldamento del liquido non parte da 1 ma da A'. Facendo riferimento al diagramma di fig. 14.7
e nell'ipotesi di un solo spillamento, si potrà scrivere:
quR = qu qu = qu x h6 h1( ) = qu xxv con
dove x è la frazione spillata, xv il titolo di vapore a fine espansione e con il calore latente di
condensazione alla temperatura T1. Sarà inoltre:
qeR = qe qe = qe x hA hA '( )
Nelle due relazioni scritte qu e qe rappresentano i calori di condensazione della frazione
spillata x a due temperature e titoli diversi. Con buona approssimazione si può ritenere qu qe
in quanto la diminuzione del calore di condensazione all'aumentare della temperatura è
171
compensata dall'opposta influenza del titolo (minore in 6). Essendo qu<qe e sottraendo la stessa
quantità a qu e qe si deduce che R > .
E' possibile giungere alla medesima conclusione mediante una rappresentazione globalmente
equivalente del ciclo sul piano termodinamico T-s, tale, cioè, da consentire la determinazione di
tutti i parametri atti a definire le prestazioni del ciclo.
Riferendoci alla fig. 14.7, possiamo dire che l'entropia specifica media, riferita alla portata
nominale di vapore del sistema costituito dal vapore surriscaldato (alle condizioni A) e dal
condensato (alle condizioni A') è esprimibile mediante la relazione:
sA'' =SA ''
˙ m v=
xA ˙ m vsA' + ˙ m v xA ˙ m v( )sA
˙ m v= xAsA' + 1 xA( )sA (14.15)
Analogamente, per il sistema costituito dal vapore nelle condizioni B e dal condensato nelle
condizioni B' sarà:
sB'' =SB''
˙ m v=
xA ˙ m vsA' + xB ˙ m vsB' + ˙ m v xA ˙ m v xB ˙ m v( )sB
˙ m v= xAsA' + xBsB' + 1 xA xB( )sB (14.16)
Relazioni analoghe alle (14.16) e (14.17) possono essere scritte per qualsiasi altra grandezza
termodinamica, in particolare per l'entalpia: restano così definite le condizioni d'equilibrio
termodinamico in A'' e B'' una volta che siano fissate le frazioni spillate xA e xB; viceversa,
restano definite le frazioni spillate una volta che siano fissate le entalpie o le entropie dei punti
A'' e B''.
Unendo i punti A" e B" si ottiene una spezzata (5-6'') ad entropia decrescente (mediamente
isoentropica alla curva del riscaldamento del liquido) e quindi un ciclo con rendimento
termodinamico maggiore di quello del ciclo non rigenerativo. L'area del ciclo (12345AA"B"6''),
costruito a portata costante, sarà uguale, a meno del fattore di scala, al lavoro utile lu. Nella fig.
14.8 è evidenziato il miglioramento del rendimento termodinamico di un ciclo ideale a vapore
surriscaldato per una rigenerazione ideale (numero di rigeneratori infinito) al variare della
pressione d'ammissione in turbina e per una temperatura massima di 540 °C.
In fig. 14.9 è riportata la riduzione nel consumo di combustibile al variare del numero di
rigeneratori e della pressione d'ammissione in turbina: si può osservare dalla figura come l'utilità
della rigenerazione sia maggiore all'aumentare della pressione massima e, quindi,
dell'irreversibilità nella fase di riscaldamento del liquido. Dalla figura si può altresì notare che
l'aumento di rendimento è inizialmente molto pronunciato, con un gradiente che va gradatamente
attenuandosi all'aumentare del numero di scambiatori; oltre un certo numero di scambiatori
l'aumento di rendimento è così modesto da non compensare l'aumento del costo dell'impianto. Da quanto detto si deduce che il numero di rigeneratori sarà stabilito mediante un criterio
d'ottimizzazione del costo dell'impianto.
Fig.14.8
172
Per ciò che concerne il tipo dei rigeneratori, possiamo osservare che gli scambiatori a miscela
hanno un minor costo e una maggior resa termodinamica di quelli a superficie; ogni scambiatore
a miscela deve, però, essere alimentato da una pompa che imponga all'acqua d'alimento dello
scambiatore la stessa pressione del vapore spillato (fig. 14.6): non così per quelli a superficie per
cui è sufficiente una sola pompa d'alimento per tutti gli scambiatori. Per ragioni, quindi, di
convenienza economica e di semplicità operativa, i rigeneratori sono generalmente costituiti da
scambiatori a fascio tubiero. La presenza di uno scambiatore a miscela (degasatore), è
giustificata, soprattutto negli impianti in cui la condensazione avviene a pressione inferiore alla
pressione atmosferica, oltre che dal compito di riscaldare il liquido, anche dalla necessità di
eliminare dall'acqua i gas non condensabili che, liberandosi durante l'espansione a bassa
pressione, renderebbero problematico lo scambio termico nei diversi scambiatori ed in caldaia,
peggiorando il rendimento e provocando pericolosi surriscaldamenti locali.
La temperatura dell'acqua d'alimento caldaia in uscita dai rigeneratori a superficie, che nelle
relazioni precedenti è stata assunta per semplicità di trattazione uguale alla temperatura di
condensazione della frazione spillata, è in realtà, determinata in base criteri d'ottimizzazione che
tengano conto delle dimensioni della caldaia, degli scambiatori e dell'efficienza dello scambio
termico. In via del tutto generica, possiamo dire che la temperatura del liquido riscaldato in
uscita dal rigeneratore dovrà essere di qualche grado (6÷8 °C) inferiore alla temperatura di
condensazione del vapore spillato.
14.3) Ciclo reale.
Il ciclo Rankine reale differirà da quello ideale principalmente causa delle perdite di carico nelle
diverse sezioni dell'impianto (caldaia, rigeneratori, tubazioni e valvole), e del fatto che la
compressione del liquido e l'espansione del vapore non sono isoentropiche
A causa delle perdite di carico, il processo di riscaldamento del liquido non sarà un processo
isobaro e la perdita complessiva dipenderà dal tipo e dal numero di scambiatori che l'acqua deve
attraversare, potendo variare da circa il 10% sino al 50% della pressione d'ammissione in turbina.
Per quanto riguarda la pompa d'estrazione del condensato e quella d'alimento caldaia, possiamo
osservare che se p è il salto di pressione richiesto alla pompa, praticamente coincidente con la
prevalenza fornita, la potenza assorbita sarà data da:
Fig.14.9
173
Pa =˙ V p
g
L'aumento di temperatura dovuto alla compressione del liquido (tenendo presente che si
trasforma in entalpia sia l'energia dissipata e sia quella utile) è dato da:
h2 h1 = cp T2 T1( ) = ghe =ghm
i
p
i
Si è già osservato come l'aumento di temperatura del liquido per effetto di una compressione
adiabatica sia molto piccolo (÷3.2 °C per una variazione di pressione pari a 100 bar con
rendimento i) e, pertanto, è trascurato nei calcoli di prima approssimazione.
L'espansione in turbina è un'adiabatica ad entropia crescente che può essere caratterizzata da un
rendimento isoentropico:
is =hreale
hideale
In definitiva la correzione del ciclo Rankine per effetto delle perdite di carico si riduce al calcolo
delle pressioni effettive nei vari punti dell'impianto e nella determinazione, mediante il
diagramma di Mollier o apposite tabelle, del corrispondente valore d'entalpia. Le temperature
saranno mantenute uguali a quelle del ciclo ideale in quanto, in genere, la scelta delle
temperature corrisponde a un criterio d'ottimizzazione dell'impianto e alle caratteristiche di
resistenza termica dei vari componenti.
Come si può osservare dalla fig. 14.10 in cui è rappresentato il ciclo effettuato in una centrale da
320 MW, il ciclo di Rankine reale non si discosta molto, né quantitativamente né
qualitativamente, da quello ideale a differenza di altri cicli quali il ciclo Brayton- Joule o i cicli
dei motori alternativi a combustione interna; nella fig. 14.11 è rappresentato lo schema
dell'impianto.
Fig. 14.10 Ciclo realizzato nell'impianto di Piacenza Levante.
174
14.4) Ciclo Rankine a recupero (produzione combinata).
Negli impianti a ciclo semplice soltanto il 40-50% (55% negli impianti più moderni) dell'energia
termica contenuta nei combustibili fossili è trasformata in energia elettrica, mentre la rimanente
quantità è scaricata nell'ambiente senza alcun utilizzo In alcuni casi, tuttavia, tale calore residuo
può trovare impiego nell'industria, ad esempio sotto forma di vapore, oppure può essere
Fig. 14.11 Schema dell'impianto della centrale di Piacenza Levante.
175
destinato ad usi civili, come il riscaldamento degli edifici. In tal caso, si parla di produzione
combinata di energia elettrica e di energia termica (o, semplicemente, produzione combinata).
Nel caso di un produttore d'energia elettrica, la produzione combinata comporta una rinuncia al
lavoro che si potrebbe ottenere espandendo tutto il vapore fino alla temperatura minima in vista
di una disponibilità di calore in quantità nettamente superiore al lavoro perduto. Il vantaggio
energetico dell'operazione è dato dal fatto che il calore ceduto all'utenza è nettamente maggiore
di quello che è necessario spendere per ripianare in un'altra centrale la perdita d'energia elettrica
che la produzione combinata ha comportato.
Nel caso di un imprenditore che necessiti di calore a temperatura relativamente bassa la
produzione combinata rappresenta un'opportunità di produzione d'energia elettrica che dovrebbe
essere acquistata dall'azienda fornitrice.
I cicli realizzati negli impianti di produzione combinata, detti cicli a recupero, sono cicli semplici
o rigenerativi in cui il vapore è definitivamente estratto in uno più punti dalla turbina durante
l'espansione per essere adibito ad usi tecnologici. Un ciclo a recupero è, quindi, un ciclo
parzialmente o totalmente "aperto" a seconda che una parte del vapore usato per fini tecnologici
sia recuperata o meno già condensata e parzialmente calda.
La definizione usuale di rendimento termodinamico perde significato nel caso dei cicli a
recupero in quanto il calore entrante non ha solo la funzione di produrre lavoro utile ma anche
vapore per uso tecnologico; considerando che il vapore per uso tecnologico dovrebbe essere
comunque prodotto e pagato, si può definire convenzionalmente un rendimento di produzione
dell'energia elettrica:
el =Pel
˙ Q el
=lu
qe qr
=qe qu
qe qr
in cui il lavoro utile lu non è riferito a tutto il calore entrante qe, ma a questo è stato detratto il
calore qr che sarebbe stato necessario per produrre direttamente il vapore per uso tecnologico.
Nel caso di recupero totale, sarà qu=qr e, quindi el=1.Nella valutazione del rendimento mediante
la relazione precedente si dovrà tenere presente che le portate di vapore variano durante
l'espansione. Facendo riferimento alla fig. 14.7, nell'ipotesi che i due spillamenti siano estratti
dall'impianto per scopi tecnologici, si otterrà:
qe = h5 h1
qr = xA hA h1( ) + xB hB h1( )qu = qr + 1 xA xB( ) h6 h1( )lu = qe qu = h5 h1( ) qr 1 xA xB( ) h6 h1( )
el =lu
qe qr
=h5 h1( ) qr 1 xA xB( ) h6 h1( )
h5 h1( ) qr
=11 xA xB( ) h6 h1( )
h5 h1( ) qr
da cui, nel caso di recupero totale (xA+xB=1), si ottiene el=1.
14.5) Turbine a vapore. Generalità e classificazione.
Le turbine sono macchine motrici a flusso continuo costituite da uno o più stadi contenuti
all'interno di una cassa. Per stadio di una turbina si intende l'insieme del distributore e delle
palettature mobili o rotore (stadio intermedio). Poiché l'energia messa a disposizione
dall'espansione di un vapore ad alta pressione e temperatura è molto grande mentre il lavoro che
si può ricavare con buon rendimento da un singolo stadio è relativamente modesto, le turbine a
vapore saranno in genere costituire da più stadi ad azione e/o a reazione che possono essere
raggruppati in una sola cassa (turbina monocorpo) o in più casse (turbina a più corpi).
Frequentemente le turbine sono distinte in gruppi, o turbine, di alta pressione (A.P.), media
pressione (M.P.) e bassa pressione (B.P.).
176
Queste turbine possono essere montate sullo stesso asse o più assi; in particolare, per grandi
potenze e per grandi macchine può essere conveniente per ragioni meccaniche e di regolazione
realizzare due o più assi indipendenti accoppiati a diversi alternatori o diverse macchine motrici.
Una prima classificazione delle turbine può essere fatta in base al tipo di flusso: si avranno
quindi turbine assiali e turbine radiali.
Le prime, di gran lunga le più frequenti, sono costituite da schiere assiali e sono caratterizzate
dal fatto che il flusso è mediamente parallelo all'asse di rotazione.
Le turbine radiali sono costituite da schiere radiali e si suddividono in turbine centrifughe,
quando il flusso entra assialmente e si muove mediamente in direzione radiale centrifuga, e in
turbine centripete, quando il flusso entra radialmente nella girante e viene scaricato assialmente.
In quest'ultimo caso, a differenza degli altri, il fluido non può passare direttamente da uno stadio
a quello successivo ma deve subire una forte deviazione di 270°. Queste turbine sono molto rare
nel campo del vapore.
In fig. 14.12 è schematicamente rappresentata una turbina assiale mentre in fig. 14.13 a) e b)
sono rispettivamente riportati gli schema semplificati di una turbina radiale centrifuga e di una
centripeta.
Diversi criteri di classificazione quali, ad esempio, quello basato sul grado di reazione e il
confronto fra i diversi tipi di turbine saranno sviluppati nei paragrafi successivi.
14.6) Stadio semplice ad azione.
Vogliamo ora descrivere brevemente il comportamento degli stadi di una turbina facendo
riferimento esclusivamente a palettature di tipo assiale, che sono quelle maggiormente utilizzate,
approfondendo il comportamento generale dello stadio piuttosto che l'aspetto progettistico.
Come già in precedenza osservato, le turbine a vapore, particolarmente quelle utilizzate per
produrre energia elettrica, sono costituite in genere da un gran numero di stadi ad azione e/o a
Fig. 14.12
Fig-14.13
177
reazione. Ciascuno di questi può, però, essere studiato singolarmente, salvo caratterizzarlo
opportunamente per quanto riguarda il suo collegamento con gli stadi che lo precedono e con
quelli che lo seguono.
Si inizierà la trattazione con lo studio di uno stadio semplice ad azione nell'ipotesi che lo stadio
sia alimentato da una grande camera di distribuzione e sia, perciò, trascurabile l'energia cinetica
all'ingresso del distributore. Essendo lo stadio isolato, esso scarica in un ambiente dove l'energia
cinetica del vapore è dissipata in moti vorticosi; tale energia cinetica di scarico deve quindi
essere considerata perduta ai fini dello scambio energetico dello stadio.
In fig. 14.14 a) sono rappresentate schematicamente due sezioni di uno stadio ad azione isolato
praticate in corrispondenza di un diametro medio. Nella figura sono osservabili il distributore
costituito da una piastra forata e il rotore palettato. In fig 14.14 b) sono rappresentati i triangoli di
velocità a cavallo del rotore.
Come già visto in precedenza, in uno stadio ad azione la trasformazione dell'energia disponibile
in energia cinetica avviene esclusivamente nel distributore mentre a cavallo del rotore si ha solo
variazione della direzione della velocità relativa a pressione costante. A causa delle dissipazioni,
l'espansione nell'ugello non sarà isoentropica pur potendosi supporre adiabatica. Indicando con
(0) la sezione d'ingresso del distributore e trascurando la velocità d'ingresso v0, si potrà scrivere:
v1 = 2 h = 2 h0 h1( ) = 2 his = 2 h0 h1is( )
dove è un coefficiente che tiene conto delle perdite a cavallo del distributore che possiamo
assumere 0.96. A cavallo del distributore si ha quindi una perdita di energia utile data da:
hd =v1is
2
2
v12
2= his 1 2( )
Analogamente, lungo la palettatura del rotore l'esistenza di fenomeni dissipativi si traduce in una
riduzione della velocità: w2 = w1
dove 0.92 è il coefficiente di perdita a cavallo del rotore, minore di in quanto maggiore è la
deviazione indotta dalle pale della girante. La perdita di energia utile nella girante sarà:
hg =w1
2
2
w22
2=
w12
21 2( )
Come osservato più sopra, a tali perdite si dovrà aggiungere l'energia cinetica di scarico dissipata
in moti vorticosi:
Fig. 14.14
178
hs =v2
2
2
In fig. 14.15, in cui è stata accentuate per ragioni di visibilità l'entità delle dissipazioni, sono
riportate le considerazioni sopra esposte.
Come si può osservare dalla figura, il punto (3), corrispondente allo scarico girante, si trova
sempre alla pressione d'ingresso girante p1 ma ad una temperatura maggiore con conseguente
volume specifico maggiore. Di questa variazione di volume specifico si dovrà tenere conto nel
disegno della pala la cui altezza dovrà aumentare tra l'ingresso e l'uscita.
Facendo riferimento alla fig. 14.15, si può definire un rendimento globale dello stadio, detto
anche rendimento alle palette, come:
i =h0 h4
h0 h1
(14.17)
Osserviamo ancora che, a parte ogni considerazione di reversibilità, la trasformazione non segue
la linea (0-4) ma la (0-2-4).
Vogliamo ora calcolare analiticamente il rendimento dello stadio partendo dall'espressione del
lavoro scambiato con l'esterno. Dall'espressione del lavoro euleriano:
le = u v1 cos 1 v2 cos 2( ) (14.18)
Facendo riferimento alla fig. 14.14, nell'ipotesi di palettature simmetriche ( 2=180° 1) e
tenendo conto dell'orientamento dei vettori, si potrà scrivere:
v2 cos 2 = w2 cos 2 + u = w1 cos 180 1( ) + u = v1 cos 1 u( ) + u
Sostituendo nella (14.18) e raccogliendo a fattor comune si otterrà:
le = u v1 cos 1 u( ) + u v1 cos 1 u( ) = u v1 cos 1 u( ) 1+( ) (14.19)
e dalla definizione di rendimento dello stadio:
=lehis
=lev1
2
2 2
= 2 2kp cos 1 kp( ) 1+( ) (14.20)
dove con kp=u/v1 si è indicato il coefficiente di velocità periferica.
Nell'ipotesi semplificativa che e siano costanti, la (14.20) rappresenta una parabola con
cavità rivolta verso il basso e vertice in corrispondenza di kp=cos 1/2; per tale valore del
coefficiente di velocità periferica si avrà il rendimento massimo dello stadio dato da:
max = 2 1+
2cos2
1 (14.21)
Osserviamo che, a parità degli altri fattori, il rendimento aumenta al diminuire di 1 e sarà
massimo per 1=0. Tale condizione non è però in pratica accettabile perché ad essa
corrispondono sezioni di passaggio infinite per portate fluenti diverse da zero. Al fine di avere
Fig. 14.15
179
rendimenti elevati e sezioni di passaggio non eccessivamente grandi, il valore dell'angolo 1 è
generalmente compreso tra 12° e 20°.
Per i valori di e più sopra indicati e per 1=20° si ottiene max 0.78 .
Nel caso di flusso ideale sarà =1 e =1 e la (14.20) diviene:
id = 4kp cos 1 kp( ) (14.22)
Il massimo rendimento si avrà sempre per kp=cos 1/2 e sarà dato da:
id max = cos21 (14.23)
che per 1=20° varrà id max 0.88 .
Osserviamo che anche nel caso ideale il rendimento massimo è inferiore a 1 per 1 0 in quanto,
come già detto, non è nulla per valori di 1 0 l'energia cinetica di scarico dallo stadio contenuta
nel rendimento.
In fig. 14.16 è riportato l'andamento del rendimento dello stadio in funzione del coefficiente kp
sia nel caso di flusso ideale che nel caso di flusso reale per 1=20°, =0.96 e 0.92.
Notiamo ancora che, nel caso di flusso ideale, la condizione di massimo rendimento corrisponde
a quella di scarico assiale ( 2=90°), condizione per cui, per una data portata fluente, è minima la
velocità di scarico. Infatti, dal triangolo delle velocità riportato in fig. 14.17, dove 2=90°, si
ottiene: v1cos 1=2u, da cui u/ v1= kp=cos 1/2.
Nel caso di flusso reale, il kp di massimo rendimento resta immutato (salvo che la v1 è ora la
velocità reale) ma la w2 è inferiore alla w1. Il triangolo delle velocità risulta quindi modificato e
lo scarico non è più assiale come si può osservare in fig. 14.18.
Fig. 14.16
Fig. 14.17
180
Rinunciando alla simmetria della palettatura e aumentando l’angolo 2 è possibile ridurre la
velocità di scarico e, con essa, la perdita di energia cinetica, migliorando il rendimento.
Dalle relazioni soprascritte osserviamo che, nel caso ideale, il salto entalpico elaborabile in uno
stadio semplice è dato da :
hott =v1
2
2=
u2
2kp,ott2 =
2u2
cos2 1
dalla quale risulta che il salto entalpico dipende praticamente dalla velocità periferica ( 1 può
variare molto poco) ed è limitato in quanto tale velocità è limitata dai massimi sforzi centrifughi
tollerabili o, come sarà mostrato più avanti, dalla minima altezza delle palette ammissibile.
L'unica possibilità di aumentare il salto entalpico elaborabile dallo stadio sarebbe quella di
realizzare un rapporto kp<kp,ott e cioè di operare in condizioni lontane da quelle di massimo
rendimento.
Il salto entalpico smaltibile può essere aumentato o, viceversa, può essere diminuita la velocità
periferica a parità di salto, mediante una configurazione a più salti di velocità o più salti di
pressione.
14.7) Stadio ad azione a salti di velocità (stadio Curtis).
In fig. 14.19 è schematicamente rappresentata la vista del piano meridiano e di quello intrapalare
di uno stadio Curtis a due salti di velocità costituito da due statori e due rotori: il salto entalpico è
unicamente elaborato nel distributore dal quale il fluido esce con elevata energia cinetica per
entrare nel 1° rotore in cui parte del salto entalpico è trasformato in lavoro per variazione della
quantità di moto a cavallo dello stadio. All'uscita della prima girante il vapore è raccolto da un
Fig. 14.18
Fig. 14.19
181
raddrizzatore che lo invia con direzione opportuna alla seconda girante a cavallo della quale si
ha un'ulteriore trasformazione in lavoro dell'energia cinetica posseduta dal fluido allo scarico
della prima girante. La pressione rimane costante sui due rotori e sul raddrizzatore interposto.
In fig. 14.20 sono riportati, nelle condizioni di massimo rendimento (scarico assiale), i triangoli
di velocità relativi ad uno stadio Curtis a due salti di velocità per flusso ideale e flusso reale; per
quanto più sopra detto, nel caso di flusso reale e volendo uno scarico assiale le palettature del
raddrizzatore e delle due giranti non potranno essere simmetriche.
Per uno stadio costituito da più salti di velocità si potrà scrivere:
le=le1+ le2+ le3+…..
e limitandoci a uno stadio a due salti di velocità, per la (14.19) sarà:
le = u v1 cos 1 u( ) 1+ 1( ) + u v3 cos 3 u( ) 1+ 2( ) (14.24)
dove con 1 e 2 si sono indicati i coefficienti di perdita a cavallo del primo e del secondo
rotore.
Dai triangoli di velocità riportati in fig. 14.20 nel caso di flusso reale, per palettature simmetriche
e tenendo conto dell'orientamento dei vettori, si ottiene:
v3 cos 3 = 2v2 cos 2 = 2 w2 cos 2 u( ) = 2 1w1 cos 1 u( ) = 2 1 v1 cos 1 u( ) u[ ]
dove con 2 si è indicato il coefficiente di perdita a cavallo del raddrizzatore.
Sostituendo nella (14.24) e raccogliendo i vari termini si ottiene:
le = uv1 cos 1 1+ 1( ) + 1+ 2( ) 1 2[ ] u2 1+ 1( ) + 1+ 2( ) 1+ 1 2 + 2( )[ ] (14.25)
Indicando con A e B le funzioni dei vari e contenuti nelle parentesi quadre, il rendimento
termodinamico dello stadio sarà dato da:
=lehis
= 2kp 12 cos 1A 2kp
212B (14.26)
Nel caso di flusso ideale è 1= 2= 1= 2=1, A=4, B=8 e le (14.25) e (14.26) diventano:
leid = 4uv1 cos 1 8u2
id = 8kp cos 1 16kp2
da cui si possono derivare le formulazioni di carattere generale:
leid = 2zu v1 cos 1 zu( ) (14.27)
id = 4zkp cos 1 zkp( ) (14.28)
dove con z si è indicato numero di salti di velocità.
Fig. 14.20
182
La condizione di massimo rendimento si avrà per kp=cos 1/2z e il rendimento varrà
max = cos21. Nel caso di flusso ideale, il massimo rendimento non dipende, quindi, da z
mentre il coefficiente kp è inversamente proporzionale a z. Come sarà illustrato meglio in
seguito, ciò vorrà dire che, per una data u, al crescere di z cresce la velocità d'efflusso v1 e quindi
cresce con il quadrato di v1 il salto entalpico elaborato dallo stadio.
Nella fig. 14.21, in cui è mostrato l'andamento del rendimento ideale per 1=20° e z=1,2,3, sono
evidenziate le considerazioni sopra esposte.
In fig. 14.22 sono riportate le curve di rendimento reale. Come si può notare dalla figura, il
rendimento massimo in questo caso è ben inferiore a cos2
1 ( 0.88 per 1=20°) e si riduce
sempre di più al crescere del numero dei salti di velocità. Ciò a causa di due effetti: l'aumento
Fig. 14.21
Fig. 14.22
183
delle velocità di efflusso e delle superfici di passaggio con conseguente aumento degli effetti
dissipativi. Per tali ragioni non si superano mai i 3 salti di velocità e anche questi si realizzano
molto di rado.
14.8) Stadio ad azione a salti di pressione (stadio Rateau).
La turbina Rateau è costituta da una successione di stadi semplici ad azione in cascata in cui si
ripartisce il salto entalpico complessivo. Se gli stadi sono molto distanziati fra di oro il recupero
dell'energia cinetica di scarico è pressoché nullo e il comportamento di ciascuno stadio è identico
a quello di uno stadio semplice ad azione. Se invece gli stadi sono immediatamente consecutivi,
l'energia cinetica all'uscita di uno stadio può essere recuperata anche totalmente nello stadio
successivo (v0=v2). Il recupero dell'energia cinetica allo scarico del generico stadio intermedio fa
sì che non sia necessario imporre 2=90° per ottimizzare il rendimento e quindi l'angolo
d'ingresso negli stadi successivi non sarà necessariamente assiale.
Il salto entalpico disponibile negli stadi successivi al primo sarà dato da:
his =v1is
2
2
v22
2=
v12
2 2
v22
2
e, sempre per gli stadi intermedi, il rendimento sarà dato da:
=lehis
=2le
v1is2 v2
2
da cui si può osservare che, a pari v1 e le, gli stadi intermedi hanno un rendimento migliore del
rendimento dello stadio iniziale o di uno stadio semplice, miglioramento che, nel caso di
recupero totale, può essere del 5 10%. Nella pratica il recupero di energia cinetica è spesso solo
parziale con miglioramenti del rendimento meno consistenti. La diminuzione del salto entalpico
disponibile comporta, inoltre, un aumento del kp di massimo rendimento da circa 0.47 a circa
0.57.
Ricordiamo che le turbine a salti pressione presentano maggiori rendimenti rispetto a quelle a
salti di velocità per effetto del recupero da frazionamento trattato nel parte relativa all'espansione
frazionata.
A fronte dei vantaggi elencati, le turbine a salti di pressione smaltiscono un salto entalpico per
stadio inferiore a quello di uno stadio Curtis e quindi è necessario un maggior numero di stadi
per smaltire lo stesso salto entalpico. Sono, inoltre, maggiori le perdite per fughe di vapore
attraverso le tenute tra statore e albero che diminuiscono il rendimento complessivo della
macchina e che devono essere limitate mediante opportune tenute.
14.9) Stadi a reazione.
In fig. 14.23 sono rappresentate le palette e i triangoli di velocità di un stadio a reazione.
Ricordiamo che negli stadi a reazione il salto entalpico è ripartito tra rotore e statore e il grado di
reazione è definito come rapporto tra il salto entalpico elaborato sulla girante e l'energia totale
messa a disposizione. Nell'ipotesi di trasformazioni ideali, si potrà quindi scrivere:
his =v1
2 v02
2+
w22 w1
2
2= le +
v22 v0
2
2 (14.29)
Fig. 14.23
184
=hg
his
=w2
2 w12
v12 v0
2 + w22 w1
2 (14.30)
,id =le,id
his
= 2uv1 cos 1 v2 cos 2
v12 v0
2 + w22 w1
2 (14.31)
Le (14.29) e (14.31) non sono facilmente semplificabili nel caso generale e perciò consideriamo
separatamente due casi semplici: 1) lo stadio in considerazione è isolato o il primo di una serie di
stadi in cascata (in tal caso si può supporre v0=0); 2) lo stadio è intermedio di una serie di stadi in
cascata (in tal caso si può supporre v0=v2).
Stadio isolato (v0=0).
Dalle relazioni sopra scritte si deduce immediatamente:
=w2
2 w12
v12 + w2
2 w12 =
v22 v1
2 + 2le,id
v22 + 2le,id
=1v1
2
v22 + 2le,id
(14.32)
,id = 2uv1 cos 1 v2 cos 2
v12 + w2
2 w12 (14.33)
Riferendoci alle condizioni di massimo rendimento (scarico assiale) rappresentate in fig. 14.24,
si ottiene:
v12 = v2
2 + v12 cos2
1 ; w12 = v1
2 + u2 2uv1 cos 1 ; w22 = u2 + v1
2 sin21
e sostituendo nella prima delle (14.32):
max =2uv1 cos 1 v1
2 cos21
2uv1 cos 1 + v12 sin2
1
=2kp cos 1 cos2
1
2kp cos 1 + sin21
=11
2kp cos 1 + sin21
da cui;
kp, max =cos 1
2+
1
1
2cos 1
(14.34)
e sostituendo nella (14.33):
id max = 2uv1 cos 1
2uv1 cos 1 + v12 sin2
1
=2kp cos 1
2kp cos 1 + sin21
= + 1( )cos21 (14.35)
che nel caso di =0 restituisce la (14.23).
Dalle relazioni scritte si può osservare che il rendimento aumenta con il grado di reazione ed è
massimo e uguale a 1 per =1; a tale condizione corrisponde però kp= e cioè v1=0 o u= ,
condizione impossibile nella pratica e per tale ragione si realizzano stadi con grado di reazione
massimo inferiore a 0.8.
Un caso frequente di stadio a reazione è quello in cui in cui i triangoli di velocità a cavallo del
rotore siano simmetrici come mostrato in fig. 14.25. In tal caso, per stadi intermedi il salto
entalpico è ugualmente ripartito tra statore e rotore e il grado di reazione è pari a 0.5; ciò
comporta avere palettature identiche nello statore e nel rotore che è una soluzione
economicamente vantaggiosa in quanto richiede un'unica geometria di pale per l'intero stadio. Va
Fig. 14.24
185
rilevato che a triangoli di velocità simmetrici non corrispondono palette simmetriche e che il
grado di reazione dello stadio iniziale, per cui sia v0=0, sarà seppur di poco inferiore a 0.5.
Per uno stadio iniziale con triangoli di velocità simmetrici, dalla (14.33) si ricava mediante
banali passaggi non riportati per brevità:
= 2kp
2cos 1 kp
1+ 2kp cos 1 kp2
Come si può osservare il rendimento non è più una funzione parabolica di kp come lo era per gli
stadi ad azione, ma è ancora rappresentato da una curva simmetrica rispetto a kp=cos 1 che è
anche l'ascissa del punto di massimo rendimento ,max = 2cos21 1+ cos2
1( ) . L'andamento del
rendimento in funzione del coefficiente di velocità periferica per stadi ad azione a 1 e 2 due salti
di velocità (rispettivamente, curva A e B) e per stadi caratterizzati da triangoli di velocità
simmetrici (curva C) è riportato in fig. 14.26.
Stadio in cascata. (v0= v2).
In tal caso la (14.31) diventa:
,id = 2uv1 cos 1 v2 cos 2
v12 v2
2 + w22 w1
2 = 2uv1 cos 1 v2 cos 2
2u v1 cos 1 v2 cos 2( )=1
ossia il rendimento è sempre uguale a 1 qualunque siano le condizioni di funzionamento. Ciò
dipende dal fatto che, nell'ipotesi di recupero completo dell'energia cinetica di scarico, non vi
sono altre perdite nel caso ideale.
Fig. 14.25
Fig. 14.26
186
Le precedenti relazioni possono essere corrette per la presenza di fenomeni viscosi in modo
analogo a quanto fatto per gli stadi ad azione introducendo i coefficienti di perdita nello statore e
nel rotore e .
Il salto isoentropico complessivamente sfruttato dallo stadio sarà:
his = his,d + his,g =v1
2
2 2
v02
2+
w22
2 2
w12
2
Per uno stadio isolato, il rendimento termodinamico sarà espresso da:
=lehis
= 2uv1 cos 1 v2 cos 2
v12
2 +w2
2
2 w12
e per uno stadio in cascata da:
=lehis
= 2uv1 cos 1 v2 cos 2
v12
2 v22 +
w22
2 w12
Per stadi intermedi con grado di reazione =0.5 (triangoli di velocità simmetrici) l'espressione
del rendimento in funzione del coefficiente di velocità periferica kp sarà data da:
=2kp cos 1 kp
2
2kp cos 1 kp2 +
1
2 2 +1
2 2 1
Anche nel caso reale si ottiene una curva simmetrica rispetto a kp=cos 1 che è anche l'ascissa del
punto di massimo rendimento, inferiore a 1 per la presenza degli effetti viscosi. Osserviamo
ancora che nel caso reale il rendimento non è massimo per qualsiasi condizione di
funzionamento, come lo è invece nel caso ideale, ma lo è solo in determinate condizioni di
progetto per le quali è massimo il recupero di energia cinetica.
14.10) Confronto e campi d'impiego delle palettature.
Diversi sono i criteri e i punti di vista in base ai quali si devono confrontare i diversi tipi di
palettature.
Un primo confronto è basato sul salto entalpico utilizzabile. Ricordiamo che in uno stadio ad
azione il salto entalpico è elaborato unicamente nello statore e quindi, assumendo v0=0, risulta:
h =v1
2
2
Dalla condizione di massimo rendimento per stadi ad azione kp=cos 1/2z si ottiene v1=2u/cos 1
per uno stadio semplice e v1=4u/cos 1 per uno stadio a due salti di velocità e v1=6u/cos 1 per
uno stadio a tre salti di velocità. Sostituendo nell'espressione sopra scritta si ricava:
h =2u2
cos 12 per uno stadio ad azione semplice
h =8u2
cos 12 per uno stadio a due salti di velocità
h =18u2
cos 12 per uno stadio a tre salti di velocità
Per uno stadio a reazione con grado di reazione =0.5 il salto entalpico elaborato sarà uguale al
doppio di quello elaborato nello statore e quindi, assumendo v0=0, risulta:
h = v12
Nelle condizioni di massimo rendimento, per triangoli di velocità simmetrici, è v1cos 1=u da cui:
187
hr =u2
cos 12
Dalle relazioni scritte si deduce che uno stadio ad azione a salti di velocità è in grado di
elaborare, a pari velocità periferica, un salto entalpico 2, 8, 18 volte maggiore di quello elaborato
da uno stadio a reazione. Viceversa, a pari salto entalpico, la velocità periferica di uno stadio ad
azione sarà inferiore di 2 , 2 2 , 3 2 volte quella di uno stadio a reazione.
Da questo primo confronto si deduce che uno stadio ad azione è in grado di determinare subito,
(all'interno del distributore) una caduta di pressione maggiore di quella che si determina in uno
stadio a reazione. Ne risulta che la cassa in cui è contenuta la turbina ad azione sarà meno
sollecitata dell'altra e ciò consente una struttura più leggera ed economica, specialmente negli
stadi iniziali ad alta pressione.
Un secondo vantaggio delle turbine ad azione è connesso alla lunghezza della macchina che
possiamo qualitativamente considerare proporzionale al numero di schiere di pale. Tenendo
presente che gli stati ad azione a 1, 2 e 3 salti sono costituiti da 2, 4 e 6 schiere di pale, possiamo
concludere che, a pari velocità periferica, il salto entalpico elaborato per coppia rotore-statore è
negli stadi ad azione 2, 4, 6 volte maggiore di quello elaborato negli stadi a reazione. La
macchina ad azione risulterà perciò approssimativamente e rispettivamente 2, 4, 6 volte più corta
di quella a reazione.
Osserviamo ancora che, essendo nelle turbine ad azione a salti di velocità costante la pressione
negli stadi successivi al primo distributore, l'ammissione a questi ultimi può essere parzializzata
mentre ciò non è possibile negli stadi a reazione dove la pressione varia continuamente lungo gli
stadi.
Le considerazioni precedenti sono state svolte a parità di velocità periferica però, per quanto
riguarda quest'ultima, sono necessarie alcune considerazioni:
1) la velocità periferica è legata alla portata e all'altezza l delle pale secondo la relazione:
˙ m = Dl 1( ) 1( )v1 sin 1 = 1( ) 1( )sin 1l60u2
nkp
dove con si è indicato il grado di parzializzazione.
Le palettature ad azione hanno valori del coefficiente kp di massimo rendimento bassi e, per
quanto detto prima, sono utilizzate nelle zone di alta pressione dove la densità è maggiore il che
può comportare, per una data portata e una data velocità periferica, un'altezza di pala troppo
bassa. Osserviamo che l'altezza delle pale non può essere ridotta eccessivamente (non meno di
10 mm) in quanto al diminuire di l aumenta la superficie lambita dal vapore e aumentano di
conseguenza le perdite per attrito.
L'effetto di un valore molto elevato del termine /kp può essere compensato aumentando il grado
di parzializzazione ma questo non può essere aumentato eccessivamente in quanto la
parzializzazione introduce delle dissipazioni aggiuntive dovute all'effetto ventilante delle palette
che trascinano il vapore e introduce un'asimmetria nelle spinte sulla ruota.
Da tali considerazioni si deduce che nelle turbine ad azione è frequentemente richiesto che la
velocità periferica u sia inferiore a quella degli stadi a reazione e inferiore ai limiti che sarebbero
consentiti dal punto di vista meccanico ( 250 m/s per i materiali correntemente utilizzati e 400
m/s per turbine speciali costituite da acciai altamente legati).
2) per gli stadi ad azione e nelle condizioni di massimo rendimento, la velocità v1 e il salto
entalpico elaborabile sono legati alla velocità periferica dalle relazioni:
v1 =2zu
cos 1
; h =2z2u2
cos21
dalle quali si può dedurre che velocità periferiche troppo elevate possono comportare il
raggiungimento o il superamento della velocità critica con conseguente flusso supersonico.
Come già visto in precedenza ciò comporta da una parte la realizzazione di condotti convergenti-
divergenti (con notevoli complicazioni costruttive) e dall'altra un curva del rendimento più
188
ristretta con l'insorgere di fenomeni dissipativi e di instabilità (coking e stallo) in condizioni di
funzionamento fuori progetto.
Dalle relazioni scritte si può ancora osservare che, a pari salto entalpico elaborabile, uno stadio a
più salti di velocità consente velocità periferiche inferiori a quelle di uno stadio semplice. Si è
già osservato, però, che in pratica non sono convenienti stadi oltre i due salti di velocità,
raramente tre, in quanto il rendimento diminuisce fortemente all'aumentare del numero degli
stadi e le successive giranti raccolgono un lavoro sempre più piccolo. Infatti, dalla (14.27) per z
salti si può scrivere:
leid = 2u v1 cos 1 u( ) + 2u v1 cos 1 3u( ) + ......2u v1 cos 1 2z 1( )u[ ]
al termine comune v1cos 1 si sottrae perciò un termine sempre più grande; il che indica che il
lavoro diminuisce fortemente (il che è connesso con il fatto che la deviazione provocata dalle
successive schiere di pale è sempre più piccola).
Possiamo quindi riassumere i vantaggi e gli svantaggi delle palettature ad azione e a reazione:
a) palettature ad azione
- consentono una rapida caduta di pressione e, quindi, un alleggerimento della cassa e dei
vari problemi costruttivi connessi
- non presentano spinte assiali dovute a differenze di pressione sulle palettature. I problemi
di tenuta sulle palettature non sono essenziali in quanto il vapore non tende a scavalcare
la paletta.
- consentono la parzializzazione e quindi di avere un'altezza di pala sufficientemente
grande senza dover diminuire il diametro, il che comporterebbe una diminuzione di u e
quindi di v1 e, in definitiva, del salto entalpico elaborabile. La parzializzazione consente
una regolazione a gradini che, come vedremo, è conveniente dal punto di vista del
rendimento.
- a parità di salto entalpico elaborato la macchina è costituita da un minor numero di stadi
rispetto a quella a reazione e perciò è più piccola ed economica.
- Gli aspetti negativi consistono essenzialmente nel basso rendimento soprattutto per
palettature a più salti di velocità.
b) palettature a reazione
- il loro vantaggio si può ridurre fondamentalmente al maggior rendimento dovuto alle
minori velocità del flusso
- consentono, per pale di una certa lunghezza, che le varie sezioni di canale a raggi diversi
funzionino in condizioni termodinamiche e fluidodinamiche diverse e, cioè, che vari
lungo il raggio il grado di reazione (pale svergolate) con rendimenti migliori rispetto alle
pale diritte
- a questi vantaggi di efficienza le turbine a reazione associano tutti gli aspetti opposti a
quelli segnalati come vantaggi delle turbine ad azione: maggiore lunghezza, problemi di
fughe, spinte assiali, necessità di ammissione totale, ecc..
La scelta di un tipo o dell'altro di palettatura dipenderà quindi dall'applicazione della macchina e
dal campo di funzionamento. Macchine che debbano pesare e costare poco e per le quali non sia
importante il rendimento possono essere completamente ad azione. D'altra parte, tutte le
macchine per le quali sia essenziale il rendimento (quali ad es. macchine per la produzione di
grande potenza elettrica) non potranno essere realizzate completamente a reazione a causa delle
eccessive dimensioni che ne risulterebbero e dei problemi costruttivi connessi con le alte
pressioni e con l'ammissione totale.
Tali macchine sono sempre di tipo misto, caratterizzate da uno o due stadi ad azione in testa (sia
nell'A. P. che nella M.P.) seguiti da stadi a reazione, raggiungendo in tal modo da una parte un
compromesso fra le caratteristiche dei diversi stadi.
Il fatto di disporre in testa gli stadi ad azione permette da una parte di abbattere subito la
pressione e dall'altra rende possibile un recupero parziale dell'energia dissipata negli stadi
successivi per il fenomeno del recupero di frazionamento.
189
Le turbine di B.P. sono invece fatte in genere completamente a reazione. Infatti, nel campo delle
basse pressioni non esistono gravi problemi di sollecitazioni e la turbina di bassa pressione non
presenta esigenze di parzializzazione ma semmai, data la bassa densità, l'esigenza opposta.
14.11) Aspetti termodinamici della regolazione.
Dall'espressione della potenza fornita da un generico impianto motore, si può, in linea generale,
dedurre che l'adeguamento della potenza erogata dall'impianto alla richiesta dell'utenza può
essere ottenuto agendo sul rendimento dell'impianto, sul lavoro utile e sulla portata.
A tale riguardo occorre però precisare che esigenza fondamentale di una regolazione della
potenza è quella di limitare il più possibile la caduta di rendimento correlata allo scostamento
dalle condizioni di funzionamento nominali e ciò fa escludere subito la possibilità di poter
variare la potenza agendo sul rendimento elettromeccanico o su quello termodinamico.
Sempre secondo tale linea di principio, non è neppure opportuno agire sul lavoro utile in quanto
ciò comporterebbe un modifica del ciclo termodinamico e quindi un caduta di rendimento. La
soluzione ottimale sarebbe quindi quella di variare la potenza variando la portata fluente e
lasciando inalterato il ciclo e il rendimento dell'impianto.
Negli impianti a vapore, i metodi fondamentali di regolazione della portata in ingresso alla
turbina sono la laminazione e la parzializzazione: il primo metodo è sempre adottabile per
qualsiasi tipo di turbina mentre il secondo può essere adottato solo per gli stadi ad azione.
Laminazione.
La laminazione consiste nel determinare una riduzione di pressione isoentalpica mediante
un'apposita valvola posta a monte di una turbina. Nella luce della valvola si avrà una
trasformazione di entalpia in energia cinetica con conseguente diminuzione della pressione. Il
brusco allargamento del condotto a valle della sezione di strozzamento determina la
riconversione dell'energia cinetica in entalpia che riprende il suo valore originario mentre la
pressione resta ridotta pressoché al valore che aveva nella luce. La portata risulta ridotta sia per
la diminuzione di densità all'ingresso del distributore e sia per la diminuzione di salto entalpico a
cavallo della turbina con conseguente diminuzione della componente assiale della velocità. Nella
fig. 14.27, in cui sono riportate le trasformazioni subite dal fluido nel piano termodinamico T, s,
si possono osservare la riduzione di pressione a cavallo della valvola (p'0<p0) e la riduzione di
salto entalpico a cavallo della turbina (h3 h4<h1 h2).
Fig. 14.27
190
Il rendimento della turbina sarà ridotto in quanto, a causa della riduzione della velocità dovuta
alla diminuzione di salto entalpico elaborato, è cambiato il coefficiente di velocità periferica kp
che non sarà più quello di massimo rendimento.
La regolazione per laminazione provoca quindi una variazione della potenza in seguito alla
variazione di tutte le sue componenti: portata, salto entalpico e rendimento. Il fatto che il
rendimento peggiori durante la regolazione evidenzia l'aspetto poco efficiente di questo tipo di
regolazione.
Parzializzazione.
La parzializzazione è in pratica attuabile riducendo il numero di canali alimentati del distributore
della prima ruota ad azione di una turbina. Questo può essere ottenuto suddividendo gli ugelli in
gruppi racchiusi in casse comunicanti con la condotta d'alimentazione per mezzo di valvole che
possono essere chiuse in maggiore o minor numero secondo le esigenze del carico (fig. 14. 28).
Poiché in questo tipo di turbine l'espansione avviene tutta nel distributore, il salto entalpico
resterà immutato negli ugelli che continuano ad essere alimentati, mentre la portata sarà ridotta
nella stessa proporzione in cui si riducono i canali alimentati.
Il rendimento resterà praticamente invariato a parte un piccolo aumento delle perdite per
ventilazione che per le turbine di grande taglia è addirittura trascurabile.
Bisogna però tenere presente che, per quanto sopra descritto, la parzializzazione consente
soltanto una regolazione discreta, a gradini, e pertanto ad essa dovrà essere di norma associata la
laminazione per poter rispondere alle richieste dell'utenza.
Gli stadi ad azione parzializzati, inoltre, sono sempre seguiti da altri stadi, ad azione o a
reazione, non parzializzati nei quali la portata di vapore è sempre distribuita su tutta la corona di
360°. Poiché la portata è stata ridotta in seguito alla parzializzazione saranno alterati i triangoli di
velocità e i salti entalpici a cavallo dei diversi stadi con conseguente caduta di rendimento. In
pratica la parzializzazione effettuata sull'elemento di testa ha sugli stadi successivi lo stesso
effetto di una laminazione. Ciononostante il rendimento globale di questa regolazione è migliore
essendo rimasto pressoché immutato il rendimento dell'elemento di testa.
14.12) Produzione di energia elettrica e di vapore. Diagrammi di consumo.
In alcuni casi di impiego industriale l'impianto termoelettrico non ha solo la funzione di produrre
energia elettrica ma anche quella di produrre vapore per uso tecnologico (produzione
combinata). In questo tipo di impianti l'erogazione del vapore è in genere variabile secondo le
esigenze dell'utenza e tale variazione si riflette ovviamente sulla produzione di energia elettrica
che dipende dalla portata di vapore utile. Ci poniamo il problema di definire le relazioni che
legano fra di loro la produzione di energia elettrica e di vapore facendo riferimento ad un
Fig. 14.28
191
semplice impianto di produzione combinata e con lo scopo di individuare le caratteristiche
fondamentali che sono poi comuni ad ogni impianto di questo tipo.
L'impianto cui facciamo riferimento è quello schematicamente rappresentato in fig. 14.29
assieme alla rappresentazione delle trasformazioni effettuate dal vapore nel piano termodinamico
T-s. Come si può osservare dalla figura, esso è costituito da una turbina di alta pressione (AP) e
da una di bassa pressione (BP) con un'estrazione intermedia di portata ˙ m d e uno scarico ˙ m s. Ambedue le portate di vapore sono destinate all'uso tecnologico e la pressione di scarico è
superiore a quella atmosferica (turbina in contropressione).
L'impianto così definito ha fondamentalmente la funzione di produrre vapore e produce energia
elettrica soltanto con il vapore d'uso tecnologico. E' possibile aumentare la produzione elettrica
immettendo nella turbina una portata maggiore di quella complessivamente richiesta dall'uso
tecnologico e utilizzare la parte rimanente dopo le due estrazioni per un'espansione fino ad una
pressione di condensazione inferiore alla pressione atmosferica. In tal caso si può dire che la
funzione dell'impianto è quella di produrre energia elettrica e solo secondariamente quella di
produrre vapore per uso tecnologico.
Facendo riferimento alla fig. 14.29, la portata di vapore prodotta dal generatore e immessa in
turbina sarà data da: ˙ m = ˙ m d + ˙ m s
e la potenza all'asse da: Pa = ˙ m h1 g1 + ˙ m s h2 g2
Dalla relazione sopra scritta fra le portate elaborate dalle turbine si potrà ancora scrivere:
Pa = ˙ m h1 g1 + ˙ m ˙ m d( ) h2 g 2 = ˙ m h1 g1 + h2 g2( ) ˙ m d h2 g 2
e ancora:
˙ m =Pa
h1 g1
˙ m s1
h2 g 2
(14.36)
˙ m =Pa
h1 g1 + h2 g 2
+ ˙ m d1
h2 g 2
(14.37)
Nell'ipotesi semplificativa di salti entalpici e rendimenti costanti al variare delle condizioni
operative, la (14.36) rappresenta una famiglia di rette parallele per diversi valori di ˙ m s e
analogamente per la (14.37) al variare di ˙ m d . Le rette ottenute ponendo ˙ m s = 0 e ˙ m d = 0
delimitano il campo di funzionamento riportato in fig. 14.30.
Fig. 14.29
192
Il campo di funzionamento è inoltre delimitato superiormente dalla retta ˙ m = ˙ m max che definisce
la portata massima di vapore che può essere immessa nell'impianto e a destra dalla condizione
Pa=Pa max che rappresenta la massima potenza per cui è progettata la turbina.
Il punto P caratterizzato dalle condizioni ( ˙ m max,Pa max ) rappresenta le condizioni di progetto
dell'impianto; in tali condizioni anche la portata che passa nella turbina di B.P. è la massima
possibile. Ciò vuol dire che esiste un altro limite al campo di funzionamento rappresentato dalla
retta a ˙ m s = cost = ˙ m smax passante per il punto P.
In definitiva, il campo riportato in figura è quello in cui l'impianto può funzionare e fornisce per
ogni punto i valori delle grandezze fondamentali Pa, ˙ m s e ˙ m d . In particolare, si può osservare
che una data potenza Pa può essere ottenuta con valori diversi delle portate spillate.
Nella pratica, i diagrammi reali di consumo si discostano alquanto da quello ideale riportato in
figura per le seguenti ragioni:
1) l'esistenza di un consumo a vuoto ˙ m 0 = f ˙ m necessario a vincere gli attriti statici delle
macchine senza che si abbia potenza utile all'asse. Il coefficiente di consumo a vuoto f è
suggerito dall'esperienza in funzione delle pressioni e delle potenza dell'impianto.
2) la turbina di BP non può funzionare con portata nulla in quanto, in tali condizioni, si
determinerebbero moti vorticosi dissipativi indotti nel vapore stagnante dalle palette in moto
che innalzerebbero la temperatura del vapore e delle palette sino a valori pericolosi. Il
diagramma di consumo non è, quindi, delimitato dalla retta a ˙ m s = 0 ma da una a ˙ m s = ˙ m s,min
più spostata a sinistra e dove ˙ m s,min si aggira attorno al 10÷15% della ˙ m s di progetto.
Le considerazioni sopra esposte sono evidenziate nella fig. 14.31.
Fig. 14.30
193
3) i rendimenti e i salti entalpici non si mantengono costanti durante la regolazione e ciò si
traduce nella trasformazione delle rette in curve a diversa pendenza.
4) la presenza di spillamenti rigenerativi altera ulteriormente il diagramma in quanto
rappresenta un'altra causa di non linearità delle relazioni fra potenza e portate
5) l'esistenza di più di un'estrazione intermedia complica il diagramma per la presenza di altre
variabili (le portate spillate per uso tecnologico in diversi punti dell'espansione).
Nella fig. 14.32 è riportato un esempio di diagramma reale con 4 spillamenti dalla turbina di AP
e due estrazioni dalla turbina di BP.
Fig. 14.31
Fig. 14.32