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Università degli Studi di Pisa

Dipartimento di Scienze Veterinarie

Tesi Magistrale in Medicina Veterinaria

CARATTERIZZAZIONE DELL'INFILTRATO

INFIAMMATORIO NEI MENINGIOMI DEL GATTO

Tesi di Laurea Magistrale di:

Guido Rocchigiani

Relatore: Controrelatore:

Prof. Carlo Cantile Prof.sa Veronica Marchetti

Co-relatore:

Prof. Alessandro Poli

Anno Accademico 2011/2012

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I meningiomi sono i tumori intracranici più frequenti nel gatto. E' stato osservato

che alcune cellule infiammatorie infiltrano questi tumori nell'uomo e nel cane, però

poco si conosce riguardo alle interazioni tra sistema immunitario e meningioma nel

gatto. Lo scopo di questo studio era quello di individuare quale tipo cellulare fosse

presente all'interno del tumore e di scoprire se fossero state presenti delle

correlazioni tra il quadro clinico del paziente e l'istotipo e il grado del tumore.

Ventisette campioni di tumore, fissati in formalina e inclusi in paraffina sono stati

analizzati utilizzando l'immunoistochimica con anticorpi specifici per CD 3, CD 79a,

CD 20 e FoxP3. I risultati rivelano la complessa fisiopatologia della risposta

immunitaria e la sua relazione con il comportamento biologico dei meningiomi felini.

Parole chiave: Cervello, Gatto, Immunoistochimica, Linfocita, Meningioma, FoxP3,

Tumore

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Abstract: Meningiomas are the most frequent intracranial tumors in cats. A variety

of inflammatory cells have been shown to infiltrate these tumors in humans and

dogs, but little is known about interactions between the immune system and

naturally occurred brain tumors in cats. The purpose of this study was to individuate

the infiltrating immune cells subset within the tumor and find out if there was any

relationship with the clinical picture of the patient and histotype and grade of the

tumor. Twenty-seven formalin fixed, paraffin embedded tumor samples evaluated

using immune-histochemistry with antibodies specific for

CD 3, CD 79a, CD 20 and FoxP3 . The Findings reveal the complex pathophysiology

of the immune response and its relationship to the biological behavior of feline

meningiomas .

Key words: Brain, Cat, Immunehistochemistry , Lymphocyte , Meningioma , FoxP3 ,

Tumor

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Sommario Generalità: ................................................................................................................................ 4

Aspetti clinici: ........................................................................................................................... 7

Diagnosi: ................................................................................................................................. 11

Rilievi Anatomo-Patologici: .................................................................................................... 13

Classificazione dei meningiomi: ......................................................................................... 13

Genetica dei meningiomi in veterinaria: ............................................................................ 17

Caratterizzazione molecolare dei meningiomi:.................................................................. 18

Marker linfocitari : ................................................................................................................. 25

FoxP3: ..................................................................................................................................... 25

Generalità: .......................................................................................................................... 25

Natural T Regulatory lymphocytes (nTreg): ....................................................................... 26

Induced T regulatory lymphocytes (iTreg) : ....................................................................... 29

Attività immunodepressiva dei Treg: ................................................................................. 40

Treg e FoxP3 negli animali domestici: ................................................................................ 42

Tumori e linfociti T : ........................................................................................................... 43

Treg e immunità tumorale: ................................................................................................ 47

FoxP3 ed immunoterapia ................................................................................................... 49

Materiali e metodi: ................................................................................................................. 52

Campioni: ........................................................................................................................... 52

Immunoistochimica (IH): .................................................................................................... 53

Risultati: ................................................................................................................................. 55

Discussione: ............................................................................................................................ 64

Conclusioni: ............................................................................................................................ 68

Bibliografia ............................................................................................................................. 68

Ringraziamenti: ...................................................................................................................... 86

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Generalità:

Il meningioma è la forma tumorale più comune riscontrabile a livello del sistema

nervoso centrale (SNC) sia nel cane sia nel gatto (1) (2) (3), mentre sono riportati

sporadici casi nel cavallo,vacca e pecora (4). I tumori intracranici del SNC vengono

stimati nell'ordine di 14,5 cani e 3,5 gatti ogni 100.000 soggetti . E' stato dimostrato,

in recenti analisi retrospettive, che i meningiomi costituiscono il 45% (nel cane) (5) e

l'85% (nel gatto) (6) dei tumori primari a livello intracranico, ed il 22,3% (cane) ed il

59% (gatto) dei tumori dell'intero sistema nervoso. Non è possibile parlare di

meningioma senza ripassare le strutture anatomiche da cui origina questa neoplasia

ossia le meningi.

Sono rivestimenti che coprono interamente sia l'encefalo che il midollo spinale, e

ne assicurano protezione meccanica, immunitaria e contribuiscono anche alla

regolazione della sua irrorazione sanguigna. Sono sostanzialmente divisibili in 3

componenti, ognuna delle quali possiede delle piccole differenze tra la loro

porzione spinale e quella encefalica :

1. Dura madre: la più esterna, è un tessuto connettivo fibroso, i cui fasci di fibre

collagene, intrecciati in vari sensi, ospitano fibrociti e fibre elastiche. Lungo la

colonna vertebrale, è separata dal periostio vertebrale e lo spazio che si

interpone tra l'osso e questa meninge si chiama spazio epidurale, in cui

vengono praticate iniezioni per l' anestesia locale ; nella parte encefalica invece,

la dura madre unisce il cranio con la meninge sottostante. Qua , in punti ben

precisi, sono presenti i seni venosi della dura madre ,strutture simili a vene

piuttosto grandi, intrappolate nella matrice connettivale della meninge, che

ricevono il sangue refluo da tutto quanto l'encefalo . La dura madre inoltre

presenta dei fori, attraverso cui fuoriescono sia i nervi spinali che i vasi destinati

al midollo spinale e alle meningi più profonde e,rivestendole anche un po' più

internamente, formano come un manicotto attorno ai vasi, insieme al

perinevrio e a una piccola propaggine della 2° meninge ( spazio di Virchow-

Robin, trattato più avanti ). La dura madre è chiamata anche pachimeninge o

"meninge dura".

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2. Aracnoide: contenuta dentro la dura madre, non è vascolarizzata, avvolge e

sostiene tutte le strutture vascolari e nervose che la attraversano. E' costituita

da 2 parti: la prima è costituita da una sottile lamina di collagene e fibre

elastiche addossata alla dura madre e presenta ,su entrambe le facce, alcuni

fibroblasti particolari, in grado di esercitare anche attività fagica; la seconda si

trova più internamente ed è chiamata spazio subaracnoideo, in cui trabecole e

setti di connettivo danno origine ad un reticolo di spazi comunicanti, in cui

scorre il liquido cefalo rachidiano (o CSF - Cerebro Spinal Fluid ). Sono

considerate componenti di questa meninge, delle strutture peculiari chiamate

granulazioni subaracnoidee: sono dei rilievi di forma rotondeggiante o

irregolare, che si proiettano nella dura madre, e, più precisamente, nei suoi seni

venosi, e sono costituite da minuscole villosità, che comportano altrettanti

diverticoli; ognuna di queste è rivestita da uno strato di cellule, che , formando

come un cappuccio sulla sommità della villosità, prende contatto con

l'endotelio venoso del seno. A parte questa piccola area di fusione, le

granulazioni subaracnoidee sono completamente separate dalla dura madre;

inoltre la cavità centrale della villosità presenta un fondo cieco che è in

comunicazione con lo spazio subaracnoideo. La funzione di queste strutture

non è ancora compresa, nonostante si ritenga che costituiscano delle stazioni di

filtrazione del liquido cefalo rachidiano, prima di immettersi nel sangue.

Insieme alla meninge successiva, costituisce la leptomeninge o "meninge

molle"

3. Pia madre: è l'ultima meninge, quella che avvolge direttamente tutto quanto il

SNC. Come la precedente, è priva di vascolarizzazione ed è nutrita per

diffusione dal sangue delle strutture più profonde e dal liquido cefalo

rachidiano. Oltre a rivestire il SNC, emana come dei processi attorno ai vasi e, al

di sopra di essi, l'aracnoide fa la stessa cosa, formando complessivamente un

manicotto ; questo persiste per un certo tratto, prima di unirsi alla parete

vascolare , e nella sua lunghezza, si trova un prolungamento della cavità

subaracnoidea, che avvolge il vaso. Questo spazio perivascolare , in cui sembra

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penetrare il liquido cefalo rachidiano, è conosciuto come "spazio di Virchow -

Robin".

Approfonditi studi dimostrano come queste neoplasie presentino una manifesta

variabilità dal punto di vista istopatologico, mostrando dei "pattern" di tipo

mesenchimale e epiteliale: per esempio la natura mesenchimale si manifesta in

proliferazioni di cellule fusiformi e la produzione di collagene, che forma un

variabile stroma fibroso; invece la presenza di cellule poligonali, munite di diverse

giunzioni intercellulari e la presenza di specifiche proteine , sono le caratteristiche

epiteliali che si riscontrano in diverse forme di questi tumori. Tutto questo forse

rispecchia il fatto che sia il mesoderma che la cresta neurale (ectoderma)

concorrono alla formazione delle meningi. (7) Si crede che questi tumori derivino

da cellule appartenenti all'aracnoide, in particolare dalle granulazioni

subaracnoidee; per questo motivo sono , generalmente , attaccati alla dura madre e

si presentano con una localizzazione ricorrente, che varia da specie a specie, proprio

in corrispondenza con le suddette strutture . Le regioni più frequenti dove si

sviluppano sono ,nel cane, le regioni olfattive / frontali, il pavimento della cavità

cranica, il chiasma ottico ,le regioni sopra e parasellari e spinali; inoltre sono

riportati alcuni casi anche nella regione cerebello- ponto-midollare (8), nello spazio

retro bulbare (9) e nell'orecchio medio (10); inoltre è stata osservata una

prevalenza maggiore nei cani meso e dolicocefalici (11) (12). Nel gatto invece le

localizzazioni maggiormente osservate sono a livello delle meningi sopratentoriali,

della tela corioidea del 3° ventricolo, e più raramente, delle meningi cerebellari e

del midollo spinale (3) (13). Generalmente le razze a pelo corto domestiche

presentano una maggiore probabilità di sviluppare meningiomi, anche se sono

riportati casi in Siamesi, Persiani e Maine coon (14) (15) .Inoltre ,nei felini domestici,

non sono rari meningiomi multipli (16), presentandosi circa nel 17 % dei casi della

neoplasia in questione; in alcuni casi, si assiste anche alla contemporanea presenza

di forme benigne e maligne (17) mentre nel cane è molto rara la presenza di più di

un meningioma (18). Nel gatto è stata osservata una maggiore prevalenza in animali

di mezza età, sopra i 9 anni nonostante siano stati diagnosticati anche in gatti di

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pochi mesi, spesso associati ad una mucopolisaccaridosi di tipo I (19); a differenza

dei cani c'è una ,se pur lieve, maggiore predispozione nel sesso maschile rispetto a

quello femminile (3:2 circa) (14). I meningiomi, sia felini che canini, sono stati

diagnosticati con concorrenti malattie nervose o anche extranervose: Lobetti, per

esempio, ha riportato un contemporaneo linfoma timico (20) oppure anche la

sopracitata mucopolisaccaridosi di tipo I insieme ad altri tipi di neoplasie; in

particolare è stato riscontrato che il 13,9% dei gatti e il 19% dei cani presentava,

insieme ad un meningioma, altre malattie neoplastiche intracraniche.

Aspetti clinici (21):

Come in tutti i tipi di neuropatologie, l'aspetto clinico dipende moltissimo dalla

localizzazione della lesione. Queste forme tumorali , nella maggior parte dei casi,

tendono ad avere un accrescimento espansivo ed è la compressione del

parenchima circostante a determinare i segni clinici della malattia. Proprio per

queste ragioni i meningiomi spinali, che costituiscono solo il 4% della casistica di

tutti questi tumori (22), presentano un quadro clinico molto diverso da quelli

intracranici. La massa tumorale infatti può presentarsi in qualsiasi punto delle

meningi e ,premendo sul midollo spinale, generare segni clinici diversi a seconda del

punto dove compare il tumore. Per esempio un meningioma (prendendo in

considerazione una massa tumorale che comprime molto il midollo spinale) che

compare a livello di T 7-8 genera deficit neurologici a livello degli arti posteriori ma

non a quelli anteriori; invece se il tumore si presenta a livello C4-C5, si

manifesteranno segni neurologici anche a quelli anteriori. In particolar modo, per

poter localizzare il tumore , approssimativamente, bisogna verificare la presenza di

deficit neurologici a livello degli arti e se questi corrispondono ad una sindrome da

motoneurone superiore o sindrome da motoneurone inferiore ( nella letteratura

anglosassone chiamate rispettivamente UMN o LMN syndrome). I segni clinici di

queste 2 sindromi sono riportati nella tabella seguente:

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Riflessi

spinali

Atrofia

muscolare

Tono

muscolare

Paresi /

paralisi

UMNS Normali o

aumentati

Tardiva e

moderata

Normale o

aumentato

Possibili

entrambe

LMNS Diminuiti o

assenti

Precoce e

intensa

Diminuito Possibili

entrambe

Tabella 1 Schematizzazione dei segni clinici per gli UMN e LMN

Lo stato dei riflessi spinali, come quello patellare, è l'indice più importante per

differenziare se la lesione è presente nel motoneurone che innerva il muscolo(LMN)

o se è in un nervo situato a monte(UMN). Questo dipende dal fatto che l'intero

circuito responsabile di questi riflessi ( ossia il neurone sensitivo e quello motore)

sono situati nello stesso segmento midollare; se il riflesso manca, indica ,con ogni

probabilità, che la lesione è confinata in quella porzione di midollo spinale , che

innerva quell'arto ( per l'anteriore è C6 - T2, per il posteriore L4-S2 ). Se invece la

lesione è a monte l'arco riflesso sarà integro e l'intensità della risposta sarà normale

o addirittura aumentata, per l'interruzione di alcune connessioni con nuclei presenti

nell'encefalo,che modulano l'intensità di contrazione della muscolatura scheletrica.

La figura nella pagina seguente (Fig. 1) indica la localizzazione ( in rosso) del danno

( e quindi anche della massa tumorale) in base alla presentazione dei sopracitati

segni clinici. Quanto detto finora è uno schema applicabile a tutte le forme tumorali

che premono sul midollo spinale, dato che sono clinicamente molto difficili da

distinguere tra loro. La crescita lenta del tumore causa una progressiva

compressione sul midollo spinale, che porta ad un decorso generalmente cronico

dei segni clinici quali progressiva paresi / paralisi, atassia , incontinenza urinaria . Il

decorso e la gravità dei segni clinici varia da lieve a molto elevata, in base al tasso di

crescita del tumore, la sua localizzazione e il grado di compressione esercitato sul

midollo spinale (22).

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Figura 1: Localizzazione della lesione spinale in base alla ai segni da motoneuroni a livello degli arti

I meningiomi intracranici ( difficilmente differenziabili anch'essi da altre neoplasie

intracraniche) sono caratterizzati invece da segni clinici molto variabili,anche per

intensità, a causa della moltitudine delle strutture nervose che possono

danneggiare; nonostante questo, nel 50% dei gatti sono asintomatici e costituiscono

dei reperti accidentali in sede necroscopica (14). La massa tumorale altera la

normale fisiologia nervosa a causa della compressione che esercita sul parenchima

circostante( che può portare anche alla distruzione dello stesso), ma può anche

interferire con la circolazione vascolare ( portando a edema cerebrale) e del liquido

cefalo rachidiano . Questi ultimi due effetti causano un aumento della pressione

intracranica, che può provocare l'erniazione del cervello oltre la lamina del tentorio

o del cerveletto oltre il foramen magnum.

Arto posteriore

UMNS

Arti toracici normali

T2 - L3

Arti toracici UMNS

Cervello o C1 - C5

Arti toracici LMNS

C6 - T2

LMNS

Arti toracici normali

L4-S2

Arti toracici UMNS

L4 - S2 e cervello o C1-C5

Arti toracici LMNS

L4 - S2 E C6 - T2

Normale

Arti toracici UMNS

raro ( cervello o C1 - C5)

Arti toracici LMNS

Plesso brachiale

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I meningiomi possono diventare piuttosto grandi prima di dare una sintomatologia

clinica, che, molto spesso, esordisce semplicemente con una alterazione del

comportamento. Oltre a questo stato, che può protrarsi anche per diversi mesi

senza altri deficit neurologici, il primo sintomo di neoplasia intracranica, soprattutto

nel cane, è spesso una crisi convulsiva (23). Mano a mano che la neoplasia aumenta

di volume, possono comparire altri segni neurologici e le crisi convulsive si possono

presentare più frequenti e refrattarie al trattamento con anticonvulsivanti. Se il

meningioma è localizzato nel prosencefalo i sintomi più comuni sono ,oltre

all'alterazione comportamentale, presenza di "circling" ( continui di movimenti in

cerchio), cecità (o amaurosi) , deficit della risposta alla minaccia, con i riflessi

palpebrali e fotomotori normali , diminuita propriocezione controlaterale e deficit

sensitivi facciali (22). La causa del "circling" non è totalmente chiara e si pensa che

una disfunzione talamica sia la responsabile, mentre per le alterazioni della vista si

ritiene che i deficit visivi siano dovuti o alla pressione sulla radiazione ottica ( o

tratto genicolo-striato) o sulla corteccia visiva (occipitale) (14). Meningiomi nella

restante parte dell'encefalo presentano invece una sintomatologia piuttosto

differente: quelli a livello del tronco encefalico possono causare emi o tetraparesi e

deficit dei nervi cranici ( tranne del I e del II paio, dato che hanno le loro emergenze

nel prosencefalo ) mentre quelli che si localizzano nel cervelletto possono provocare

atassia, dismetria, tremori e "circling" (24) (25). I meningiomi che si formano

nell'angolo ponto-cerebellare sono invece spesso associati alla sindrome vestibolare

paradossa: con questo termine si intende un quadro neurologico sovrapponibile

con quello di danno vestibolare (con segni neurologici quali inclinazione della testa,

nistagmo) ,che però si presentano dal lato opposto rispetto alla forma classica (13).

In alcuni casi però, la precisa localizzazione neurologica non può essere rilevata, a

causa di segni clinici prodotti da complicazioni del tumore, quali edema cerebrale,

idrocefalo da ostruzione o erniazione cerebrale.

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Diagnosi: Data la variabilità con cui si presenta al punto di vista clinico la malattia, la diagnosi

a volte può essere insidiosa. Sicuramente in qualsiasi gatto con più di 7 anni, con

deficit neurologici, che progrediscono lentamente e che non esordiscono in maniera

iperacuta/acuta, bisogna inserire tra i primi posti, nella diagnosi differenziale, una

neoplasia intracranica. Esami di laboratorio quali emogramma, biochimica clinica e

analisi delle urine purtroppo non ci danno alcun tipo di informazione sulla presenza

o meno della patologia in questione; nemmeno l'analisi del liquido cefalo rachidiano,

tecnica diagnostica tra le più importanti le malattie del sistema nervoso, sembra

essere d'ausilio per la diagnosi di meningioma. In primo luogo perchè il prelievo del

CSF è sconsigliato in tutti i casi dove è presente un aumento della pressione

intracranica, segno a volte presente in caso di meningioma: infatti il prelievo,

normalmente svolto a livello della cisterna cerebello-midollare, determina una

riduzione della pressione a valle dell' encefalo, e questo, in caso di aumentata

pressione intracranica, può portare ad una erniazione del cervelletto o del cervello;

inoltre gli unici reperti riscontrabili sono un aumento delle proteine ed una

lieve/moderata pleiocitosi, prevalentemente neutrofilica (3), reperti comuni in

diverse malattie. La diagnostica per immagini rappresenta uno strumento

diagnostico sicuramente più efficace, rispetto a quelli sopracitati. Nel caso di

meningiomi spinali, la radiografia semplice (anche se effettuata correttamente ) non

sempre permette di rivelare la presenza di un meningioma, anche se l'espansione

del tumore può allargare uno o più spazi intervertebrali e ridurre lievemente lo

spessore dell'osso che lo contiene, mentre la mielografia a contrasto è senza dubbio

più affidabile: è una tecnica che permette di localizzare abbastanza precisamente la

massa, valutare la sua grandezza e verificare se il tumore è extradurale, intradurale

e extramidollare, o intramidollare. I tumori intradurali e extramidollari, come il

meningioma, sono i tumori delle guaine nervose, il sarcoma, il neuroepitelioma, il

linfoma o altri tumori metastatici ed appaiono alla radiografia con un "pattern" a

golf tee ( come indicato nella foto seguente) .

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Figura 2: Aspetto a "golf tee" di una neoplasia intradurale alla radiografia

Per quanto riguarda i tumori intracranici, le tecniche diagnostiche migliori ante-

mortem, sono la tomografia computerizzata (TC) e la risonanza magnetica (RM):

queste tecniche di imaging avanzate ci rivelano la precisa localizzazione anatomica

del tumore e le sue relazioni con i tessuti circostanti, utili elementi nel pianificare

un'escissione chirurgica. Nel gatto purtroppo queste tecniche non sono molto

utilizzate: infatti , per la RM, l'accuratezza diagnostica nel gatto è solamente

stimata del 96% (6) e non ci sono studi che mettano in correlazione caratteristiche

della RM con il tipo e il grado di sviluppo del meningioma; per la TC, invece, ancora

non ci sono nemmeno stime. Un caratteristico reperto evidenziabile con queste

tecniche,associato con i meningiomi umani (26),canini (27) e felini (6), è l'iperostosi

del tessuto osseo attorno al tumore: con questo termine si indica un'erosione

ossea , provocata sia dall'atrofia ,prodotta dall'espansione della massa, che da un

assottigliamento prodotto dall'invasione dei canali di Havers da parte delle cellule

tumorali (22); addirittura è stato riportato un caso di iperostosi cranica secondaria a

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meningioma, generato da una vera e propria invasione di tessuto tumorale, in un

gatto (28). Da recenti studi è emerso che le caratteristiche del meningioma rilevabili

con la RM possono essere "imitate" da altre patologie, quali forme cerebrali di

toxoplasmosi (29) e criptococcosi (30). Comunque, nonostante tutti i progressi fatti

in queste tecniche di imaging avanzate, la diagnosi definitiva può avvenire solo

tramite biopsia che può essere eseguita prendendo il campione direttamente dopo

una craniotomia, oppure mediante un complesso sistema guidato dalla TC (31).

Rilievi Anatomo-Patologici:

Classificazione dei meningiomi (32):

Macroscopicamente, nel gatto appaiono come masse globulari, con margini netti,

di un colore da grigio a giallo, solide e consistenti, a sede intradurale ed

extramidollare. La loro base d'attacco, con la dura madre o con le leptomeningi, può

essere peduncolata, ampia o totale ( in questo caso si parla di meningioma "en

plaque" ); hanno la tendenza a comprimere i tessuti circostanti,senza infiltrarli, e

possono presentarsi, come già detto, multipli. Dal punto di visto

istopatologico,possono essere classificati in diversi stadi, secondo il sistema WHO

( World Health Organization) dei meningiomi umani: questa tipizzazione prende in

considerazione le caratteristiche istopatologiche e genetiche di queste neoplasie,

che vengono raggruppate in 3 categorie, sostanzialmente in base al grado di

malignità. All'interno di questi gruppi sono presenti ulteriori sottotipi ( per un

totale di 16 ), i cui più importanti in veterinaria sono riportati nell'elenco qui

riportato:

1) Meningiomi di grado I: questo gruppo contiene la maggior parte dei tumori

benigni. Questi sono caratterizzati dal fatto di non invadere il tessuto nervoso e

di non presentare caratteristiche citologiche atipiche o anaplastiche.

a) Meningoteliale: fini fibre di collagene delineano nidi e lobuli di cellule

neoplastiche meningoteliali, a forma poligonale o epiteliode,nucleo

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ovoidale vescicolare, spesso con un nucleolo prominente e abbondante

citoplasma; é una delle forme più comuni nel gatto.

b) Fibroblastico: sono presenti fasci di cellule sottili, con nucleo allungato,

immerse in una matrice extracellulare di collagene, che, a volte, ostacola

la visione delle cellule stesse.

c) Transizionale: presenta caratteristiche morfologiche a metà tra le 2

categorie sopracitate. Un elemento abbastanza tipico è la presenza di

cellule disposte in vortici ed è possibile la presenza di corpi

psammomatosi (concrezioni calcaree concentriche)

d) Angioblastico: la componente dominante è quella vascolare, che occupa

più del 50 % della massa tumorale; in genere i vasi sanguigni

presentano un elevato grado di ialinosi

e) Psammomatoso: è presente un elevato numero di corpi psammomasi

presenti nella massa tumorale; talvolta è talmente alto da coprire

addirittura le scarse cellule neoplastiche, in genere meningoteliali.

f) Microcistico: presenta un aspetto cribroide, dovuto alla presenza di

cellule con varie digitazioni (ricordano proprio l'aracnoide) ed un certo

grado di spongiosi cellulare.

g) Mixoide: ricco di matrice alcianofila e cellule vacuolate.

2) Meningiomi di grado II: mentre quelli di grado I sono facilmente diagnosticabili

al microscopio, questo gruppo di meningiomi vengono spesso confusi con altri

tipi di tumori. Nella recente revisione, tra le loro caratteristiche, è stata inserita

la capacità invasiva del tumore, nonostante in diversi casi non si presenti

questa proprietà.

a) Meningioma atipico: le caratteristiche di questi sono la presenza di un

indice mitotico più elevato ( 4 o più mitosi su 10 campi microscopici, a

40X) e almeno 3 delle seguenti caratteristiche (33):

i) crescita a tappeto

ii) necrosi

15

iii) elevata cellularità

iv) nucleolo prominente

v) cellule con elevato rapporto nucleo/citoplasma

Il termine "atipico" può essere fuorviante, dato che l'atipia cellulare non

è necessaria per la diagnosi e nemmeno così comune nei preparati,

mentre molto più significativo è l'indice mitotico. Per necrosi, si intende

un fenomeno spontaneo, non mediato da altri fattori come

embolizzazioni o radiazioni.

b) Meningioma cordoide: presenta cordoni o trabecole di cellule di aspetto

epiteliale eosinofiliche, uno stroma ricco di mucine, con vacuoli. In

genere, questa struttura è intervallata ad aree tumorali meningoteliali o

di transizione.

3) Meningiomi di grado III: sono considerati i tumori maligni, fortunatamente

molto più rari dei precendenti.

a) Meningioma anaplastico: presenta diverse caratteristiche, tipiche del

tumore maligno, come un elevato indice mitotico ( 20 o più mitosi per

10 HPF) o una completa anaplasia, cioè un elevato grado di

sdifferenziazione in cui risulta abbastanza complicato diagnosticare se si

tratti effettivamente di un meningioma o di un altro tumore, primario o

metastatico.

b) Meningioma papillare: variante della prima, caratterizzato da un

"pattern" di crescita papillare o pseudopapillare a livello perivascolare,

una parziale perdita di coesione cellulare e di strutture , simili alle

rosette presenti in alcune forme di ependimomi. Di solito sono presenti

porzioni di tumore che mantengono caratteristiche meningoteliali e si

assiste ad un marcato ispessimento della parete vascolare.

c) Meningioma Rabdoide: altra variante del primo, qui sono presenti

cordoni di cellule rabdoidi (ricordano dei bastoni), che posseggono

nucleo eccentrico e nucleolo prominente e un citoplasma eosinofilico

con spesso inclusioni globulari paranucleari, costituiti da fasci di

16

filamenti intermedi, avvolti su se stessi. Ovviamente sono spesso

presenti altre caratteristiche tipiche di un tumore maligno quali elevato

indice mitotico, atipia cellulare e necrosi. Come nel precedente, il

sottotipo rabdoide è associato ad incrementata mortalità e possibili

comparsa di metastasi extra-craniche.

Nonostante questa classificazione, stilata dalla WHO, sia destinata alla medicina

umana, viene utilizzata anche in veterinaria: infatti l'aspetto istopatologico di

queste forme tumorali è praticamente uguale a quelle dei nostri animali, mentre

cambiano le frequenze di distribuzioni dei vari tipi di tumore. Per esempio, da alcuni

studi (34), è emerso che la prevalenza del meningioma atipico(grado II) è molto più

elevata nel cane (40%) che nell'uomo ( 8%), mentre quella dei meningiomi benigni

(grado I) è minore ( 40-57% del cane contro l' 80% dell'uomo). Inoltre, sempre nel

cane, è stato osservato che può essere sufficiente un indice mitotico > 4 x HPF e

l'invasione del tessuto nervoso per diagnosticare un meningioma di grado grado II.

Nel gatto invece non sono stati riportati casi di meningiomi grado grado III ( tranne

un sospetto caso di meningioma papillare, localizzato al cervelletto) (35) ,

confermando l'ipotesi che i meningiomi felini abbiano un comportamento meno

aggressivo; per queste ragioni, il sistema di "grading" in questione, dovrebbe , nel

gatto, subire alcune modificazioni. Le metastasi sono rari reperti nei meningiomi di

cane ( prevalentemente a cuore e polmoni ) mentre è stato riportato solo uno nel

gatto (36) ( a livello dei reni e dell'utero ). Ci sono varie teorie che tentano di

spiegare la bassa prevalenza di metastasi di questi tumori. I meningiomi possiedono

diverse interdigitazioni e giunzioni intercellulari e questo potrebbe ridurre

l'esfoliazione di cellule tumorali e la loro diffusione nel torrente ematico;

inoltre ,dato che la maggior parte sono istologicamente benigni, le poche cellule che

si staccano dalla massa potrebbero non essere in grado di insiedarsi in altri tessuti e

colonizzarli (37).

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Genetica dei meningiomi in veterinaria:

La correlazione che si osserva tra alcune razze di cani e meningiomi, ci suggerisce

della forte componente genetica nello sviluppo e nella progressione di questi

tumori. Nella specie canina sono stati fatti diversi studi, intenzionati a caratterizzare

la principali alterazioni genetiche correlate ai meningiomi, tra cui riporto uno del

2009, ad opera di Dickinson et al (38): questo lavoro si propone di verificare se

fosse presente una correlazione tra la perdita di alcuni oncosoppressori e

l'insorgenza di meningiomi. Con l'RT-PCR è stato ricercata la presenza del gene NF2,

e con Western blotting sono stati misurati i livelli d'espressione delle proteine,

tradotte da NF 2, 4.1B e TSLC1:

1) NF 2: oncosoppressore presente sull'autosoma 22 umano e responsabile

dell'espressione di una proteina, la Neurofibromina (o schwannomina o

merlina) , che possiede funzioni regolatorie sul ciclo cellulare. Individui che

presentano alterazioni a questo gene sono predisposte a sviluppo di

meningiomi e schwannomi multipli (39); la perdita d'espressione di NF 2 è stata

correlata al 30-80% di meningiomi umani, ed in particolar modo, è stato

osservato che questa modifica genetica è molto meno presente nei meningiomi

di tipo meningoteliale (40).

2) 4.1B: anche la proteina codificata dal suo gene (chiamato anche DAL, che , in

inglese, vuol dire "proteina differentemente espressa nel adenocarcinoma

polmonare) possiede proprietà regolatrici e una sua alterazione è stata

riscontrata nel 76% dei meningiomi umani (41).

3) TLSC: codifica per una proteina trans-membrana che interagisce con quella

precedente e una sua perdita d'espressione, nell'uomo, è stata riscontrata nel

30-85% del tumore in questione (42).

I meningiomi presi in esame erano 30, ed erano presenti sia di grado WHO I che e II,

e comprendevano forme sia intracraniche che spinali e ,da questi, sono emersi dati

interessanti: infatti non è venuta alla luce nessuna associazione tra l'espressione

delle proteine sopracitate e il grado del tumore, contrariamente a quanto avviene

nell'uomo; inoltre , sempre contravvenendo a quanto avviene in medicina umana,

non è stata osservata una minore associazione tra meningiomi meningoteliali e la

18

perdita d'espressione di NF 2. Dallo studio quindi emerge che la disfunzione di

oncosoppressori come 4.1B e TLSC1 sono presenti in alcuni meningiomi canini, e

che alterazioni genetiche di NF2 non seguono il "pattern" umano. Ciò nonostante,

secondo molti studiosi, il cane rappresenta un modello ottimale, dato che

avvengono spontaneamente e con un'incidenza simile (se non superiore) a quella

della popolazione umana (43). Uno studio del 2009 è volto proprio a verificare le

caratteristiche genetiche in comune tra tumori intracranici nell'uomo e nel cane

(11): tramite un'analisi dell'ibridazione genomica comparativa basata su micro-

array di DNA, sono stati studiati i profili citogenetici e individuare le alterazioni più

frequenti associate ai meningiomi . Ne è scaturito che le aneuploidie (alterazioni nel

numero di cromosomi) più comuni nei meningiomi erano una perdita di CFA

(cromosoma canino) 17 (66,7%,) e CFA 27 (40%), mentre l'acquisizione di

cromosomi era più rara, di cui, i più comuni erano CFA 19 e 26 ; purtroppo però non

è stata osservata un'associazione tra un aberrazione cromosomica specifica e un

grado o un istotipo di meningioma.

Caratterizzazione molecolare dei meningiomi:

Da quanto detto finora, I meningiomi sono delle forme tumorali, che, se pur ben

conosciute, possono risultare talvolta difficili da diagnosticare, anche con le

tecniche sopracitate. Per questo motivo, la metodica che permette con maggiore

sicurezza caratterizzare tale neoplasia è l' Immunoistochimica (IHC). Sono stati

eseguiti molti studi basandosi su IHC per verificare quali erano le proteine

maggiormente espresse in questo tipo di neoplasie. Nel 1990 fu dimostrata la

presenza di recettori per estrogeni e progesterone in meningiomi del cane e del

gatto (44) , ipotizzata da tempo dato che era già nota la presenza nei meningiomi

umani. E' stato osservato ,in più studi, che , in queste neoplasie, il riscontro di

recettori del progesterone (PR) è più elevato di quello per gli estrogeni (ER),

nonostante ci siano delle discrepanze tra vari studi sull'oggettiva prevalenza di

meningiomi PR positivi. Adamo , Cantile e Steinberg (45), nel loro studio, avevano

notato che l'immunopositività per il PR era presente in 14 su 15 casi di meningioma,

tra cane e gatto( di questi 15, 2 erano campioni di cervello sano), ed un valore

19

analogo emergeva da uno studio del Mandara (46); altri due autori, Theon e Ramos

Vara,hanno riscontrato ,nei loro studi (47), dei valori differenti, e cioè,

rispettivamente, 70% ( questo lavoro però prendeva in esame solamente

meningiomi di cane) e 44% dei casi totali. Opinione condivisa da tutti invece è la

rarissima espressione ,in questi tumori, di ER. Le ricerche su queste molecole, oltre

ad avere un interesse diagnostico non indifferente, possono avere anche dei risvolti

clinici interessanti : infatti è plausibile che trattamenti anti-progestinici possano

costituire un trattamento, soprattutto in quei tumori inoperabili o ricorrenti che

esprimono questi recettori. Uno degli studi più recenti riguardante l'analisi dei

marker tumorali specifici per i meningiomi risale a 3 anni fa ed è stato condotto da

Ramos Vara e colleghi (48): nel loro articolo, hanno valutato con quale percentuale,

nuove molecole si presentassero in queste neoplasie mediante IHC, confrontandole

con i marker tradizionali. Nei meningiomi umani, l'antigene ritrovato nella

stragrande maggioranza, tra il 75 e il 100% dei meningiomi (49) e considerato il

marker più affidabile di queste neoplasie, è l' EMA ( "Epithelial Membrane Antigen);

sfortunatamente gli anticorpi anti -EMA non cross-reagiscono con i tessuti felini o

canini (50). Le molecole ricercate nello studio con l'IHC sono:

Citocheratine: numeroso gruppo di molecole prodotto dalle cellule epiteliali.

Costituiscono il marker aspecifico ma caratteristico per quasi tutti i tumori di

natura epiteliale

Vimentina : Presente praticamente in tutte le neoplasie di origine

mesenchimale.

GFAP ( "Glial Fibrillar Acidic Protein" ): Proteina fibrillare prodotta in alcune

cellule del sistema nervoso tra cui astrociti e cellule ependimali (51).

Ki67: proteina situata a livello nucleare nell'interfase, mentre nelle altre fasi del

ciclo cellulare si trova sulla superficie dei cromosomi. Il fatto di essere presente

in tutte le fasi attive di replicazione cellulare (G1 , S, G2 e mitosi) ed assente nel

G0, la rende un ottimo marker per vedere se le cellule sono in fase di

replicazione oppure no. La sua identificazione viene usata per verificare la

20

correlazione tra l'indice di proliferazione e il comportamento biologico e clinico

di alcune neoplasie (52).

S 100: sotto questo nome sono comprese un grande numero di proteine che

condividono la stessa struttura molecolare di base, che possiedono funzioni

fisiologiche tra le più disparate e rivestono un ruolo in malattie come

cardiomiopatie, disordini neurologici e tumori (53).

Enolasi specifica neuronale: molecola che deve il suo nome al fatto di essere

stata scoperta inizialmente solo nelle cellule nervose e neuroendocrine. In

realtà questo enzima è espresso anche in altre cellule normali ed in alcuni tipi di

tumore.

PCNA(Proliferating Cellular Nuclear Antigen): Proteina responsabile della

polimerasi del DNA, possiede praticamente le stesse caratteristiche della

proteina Ki67.

Sinaptofisina: è una proteina presente nelle cellule neuroendocrine e in tutte le

cellule che posseggono sinapsi; essendo specifica dalle cellule nervose , è un

marker ottimale per i tumori che sorgono da questi tessuti (54) . Il meningioma

non esprime questo marker.

H - telomerasi: è un complesso ribonucleico che previene accorciamenti delle

estremità cromosomiche ( chiamate telomeri) nelle cellule eucariote.Questi

enzimi sintetizzano a livello telomerico sequenze ricche di guanosina e proteine

associate. La presenza di questi enzimi in un tumore rendono le sue cellule

capaci di un'attività replicativa maggiore e quindi indice di maggiore malignità.

Recettori per gli estrogeni e progesterone.

Questi costituiscono comuni marker ricercati nei meningiomi delle specie

domestiche (55) (56) . Lo studio di Ramos Vara si prefigge di valutare la presenza di

nuovi marker nei meningiomi, sia canini che felini. Quelli considerati nello studio

sono :

CD 34: chiamato anche sialomucina, è una glicoproteina espressa nelle cellule

endoteliali , e funge da ligando per le integrine.

21

E caderine e Claudina 1: entrambe sono proteine che compongono alcune

giunzioni intercellulari. L' assenza di espressione di queste proteine è un segno

spesso associato a malignità (57)

GLUT 1( proteine trasportatrice di glucosio 1) :è una proteina di membrana

fortemente espressa a livello di cellule endoteliali che regola il transito oltre il

vaso di glucosio (58). La molecola in questione è stata riscontrata in molti casi

di meningioma giovanile umano (59).

Laminine: sono una vasta famiglia di proteine che ,insieme ad altre,

compongono le lamine basali di tutti quanti gli organi e prendono parte a

diversi processi , tra cui differenziazione, migrazione ed adesione cellulare (60) ;

sembra che queste svolgano un ruolo nella carcinogenesi (61).

PGP 9,5 ( Protein Gene Product): proteina che si presenta in elevate

concentrazioni, circa 50 volte che negli altri organi nelle cellule nervose

encefaliche; costituisce un marker per tutte le malattie che si manifestano in

queste cellule (62).

Tutti questi studi di IHC sono state eseguite prima su meningi sane, per verificare

l'espressione di queste molecole in assenza di tumore. I risultati ottenuti , molto

simili tra cane e gatto, sono i seguenti: ( in parentesi sono indicate le regioni in cui si

riscontra immunopositività) :

o Fortemente espressi : S-100 e PGP 9,5 ( leptomeninge) ;

CD 34 ( lo strato più superficiale della leptomeninge,alcune cellule sparse negli

strati più profondi e le cellule endoteliali) ; E caderine ( anche loro nello strato

più esterno mentre in quelli interni una presentano un moderata positività);

laminina ( soprattutto gli strati esterni )

o Leggermente espressi: Claudina - l ( solo in alcune cellule più interne) ; GLUT 1

( moderata positività citoplasmatica granulare in alcune cellule nella membrana

più esterna ed in scarse cellule più interne ) ; vimentina ( dappertutto) ;

o Non espressi: Citocheratine ; GFAP.

22

I risultati provenienti invece dai meningiomi, con le relative frequenze sono i

seguenti :

Ramos-Vara , a partire da questi dati, propone come marker per i meningiomi canini

e felini vimentina, CD 34 ed E-caderina, a cui è possibile associare la claudina-l, che ,

pur avendo una bassa - moderata specificità per questa tipologia di tumore,

possiede elevata specificità; questa proteina ,inoltre , in medicina umana, permette

di differenziare meningiomi dagli schwannomi (63), elemento che sarebbe

opportuno indagare anche in veterinaria. Dallo studio infine emerge che manca una

correllazione tra la positività al Ki67 e l'indice mitotico : questo, potrebbe derivare

dal fatto che ci siano delle differenze nelle fasi di moltiplicazione delle cellule

tumorali oppure che ci siano delle difficoltà nel distinguere cellule in mitosi con

nuclei picnotici (64).

Altri due recenti studi italiani sono orientati a caratterizzare i tumori in questione,

con lo scopo di trovare dei marker prognostici relativi ai meningiomi e/o possibili

bersagli farmacologici .Il primo risale al 2007 e prende in considerazione le già citate

telomerasi (65): l'immunopositività è stata osservata prevalentemente a livello

nucleare e nucleolare ( anche con rari reperti citoplasmatici) mentre non è stata

riscontrata nessuna correlazione tra la positività e istotipo,sesso o età, esclusa una

0% 20% 40% 60% 80% 100%

GFAP

Citocheratine

PR

PGP 9.5

claudina-l

Laminina

S 100

GLUT-1

CD 34

Vimentina

9%

39%

44%

55%

60%

72%

75%

86%

94%

100%

Risultati dello studio di Ramos-Vara

Positività nei meningiomi campionati

23

maggiore espressione nei meningiomi felini che in quelli canini. Questi dati sono

stati messi a confronto con indici di replicazione cellulare, ossia con il Ki67

( precedentemente già menzionato) e il conteggio delle mitosi con una colorazione

con blu di toluidina. L'IHC del Ki67 non ha dato nessun risultato positivo, forse a

causa del prolungato tempo di stoccaggio nei blocchetti di paraffina o in formalina,

che ha portato a modificazioni subcellulari tali da impedire il legame tra anticorpo e

proteina in questione. il conteggio mitotico eseguito con la colorazione con blu di

toluidina permette di distinguere molto bene le cellule in mitosi (66); nello studio è

stato riscontrato un basso indice mitotico nell' 84 % delle neoplasie totali e questo

dato non è correlato con l'immunopositività alla h-telomerasi. Una possibile

spiegazione per questo elemento forse risiede nel fatto che l'attivazione della

telomerasi ,un parametro che comunque rientra nelle caratteristiche dei tumori

maligni , possa avvenire indipendentemente da una incrementata proliferazione.

L'espressione del suddetto enzima infatti conferisce alle cellule una capacità infinita

di replicazione (67). Questi dati fanno presupporre che la telomerasi possa rivestire

un ruolo nella prognosi del tumore, indipendente da parametri cinetici e che abbia

un valore diverso tra gatto e cane, data la diversa prevalenza riscontrata.

L'altro studio invece si occupa dell'espressione nel tumore delle metalloproteasi di

matrice (MMP) . Queste fanno parte di una famiglia di più di 9 endoproteasi, capaci

di degradare macromolecole della matrice extracellulare del tessuto connettivo .

Possiedono una struttura abbastanza omologa, con alcune piccole differenze che si

riflettono su una maggiore specificità per alcuni substrati: Le MMP 2 e 9 per

esempio vengono chiamate rispettivamente gelatinasi A e B perchè degradano fibre

collagene già parzialmente degradate (gelatina). La malignità di un tumore è stata

da molto tempo correlata alle MMP (68) : infatti questi enzimi , degradando le

membrane basali e le proteine extracellulari, aprono dei passaggi per le cellule

tumorali e ampliano di fatto le capacità invasive della neoplasia. Le più importanti,

in questo ruolo, sono proprio le gelatinasi A e B, che sono quelle che degradano

meglio il collagene IV, costituente più diffuso nelle membrane basali di tutti i tessuti.

Inoltre è emerso da diversi studi che le MMP rivestono un determinati ruolo

24

nell'angiogenesi e nell'iniziazione del tumore (69). Proprio sulla scia di studi del

genere si pone il lavoro di Mandara et al., del 2009 (70). Lo scopo dello studio in

questione è quello di verificare l'espressione delle MMP 2 e 9 in meningiomi felini e

canini, e di valutare il loro rapporto con altri parametri, quali Ki67, PCNA, tempo

dalla chirurgia, PR e h- telomerasi. E' stato osservato che le MMP ,nelle forme

benigne, si riscontravano nei vortici e nei cordoni cellulari , mentre, in quelle

maligne, si localizzavano in alcuni ammassi cellulari, nella periferia della massa

cellulare. I risultati sono riportati sotto in tabella:

Le MMP ,dai risultati, non hanno dimostrato alcuna correlazione tra di loro, nè con

l'istotipo del meningioma, nè l'espressione di Ki67, PCNA e h telomerasi, tranne che

con la specie: infatti la MMP 2 è stata trovata in un numero statisticamente più

elevato nei tumori felini rispetto a quelli canini. Inoltre è stato osservato che,

sempre nel gatto, al maggior tempo trascorso dalla chirurgia, si associava un minor

indice mitotico, rilevato con la PCNA. Il dato forse più rilevante però che emerge dal

lavoro di Mandara è che le MMP non aumentano nelle forme maligne di tumore,

contrariamente a quello che succede in oncologia umana: nell'uomo infatti

l'aumento dell'espressione di questi enzimi è associato sempre a forme non benigne

0 10 20 30 40 50

60

MMP 2

MMP 9

H- telomerasi

Progesteron R

Ki67

PCNA

30

49

39

50

41

51

21

2

1

10

0

Prevalenza nello studio di Mandara

Negativi

Positivi

25

di tumore (71), anche se ci sono delle incongruenze ,in letteratura, tra la presenza

delle MMP e il sistema di "grading" WHO.

Marker linfocitari :

Da quanto emerso finora quindi, in veterinaria, mentre ci sono diversi marker che

permettono di distinguere se un tumore sia un meningioma o meno, poche sono le

molecole che ci danno informazioni sulla prognosi della neoplasia e, proprio in

questo ambito, si inserisce il mio lavoro. La ricerca del sottoscritto è volta infatti

alla caratterizzazione dell'infiltrato infiammatorio,soprattutto nei confronti delle

sottopopolazioni linfocitiche. I marker di membrana utilizzati per la

caratterizzazione dell'infiltrato infiammatorio sono stati il CD 3,CD 79a,CD 20 e

FoxP3:

CD 3: chiamato anche TCR (Recettore cellulare T), riconosce gli antigeni e

traduce questo in segnali intracellulari che determinano l'attivazione del

linfocita T (72).

CD 79: Eterodimero composto dalla subunità CD79a e CD79b presente sulla

membrana dei linfociti B, costituisce il BCR (Recettore Cellulare B) insieme a

immunoglobuline di membrana, come le IgD o IgM (73).

CD 20: è un antigene di membrana che consiste di 4 regioni transmembrana ed

un dominio citoplasmatico che contiene più diversi siti ad attività catalitica.

Viene espresso principalmente sui linfociti B, ma è stato individuato anche su

linfociti T normali e neoplastici (74).

FoxP3:

Generalità:

questa fa parte di una vasta famiglia di proteine, chiamate Forkhead box, che sono

coinvolte in un ampia varietà di processi biologici, agendo da fattori di trascrizione:

con questo termine si indicano molecole che ,legandosi in siti specifici del DNA ,

favoriscono o inibiscono la trascrizione e, di conseguenza, modulano l'espressione

di proteine. Il nome di questa famiglia deriva dalle strutture a due teste appuntite,

26

simili a una forchetta, ritrovate negli embrioni di Drosophila fork head , un

mutante che mancava di intestino anteriore e posteriore; al suo interno è stata

scoperta la Fox, con dominio di 110 amminoacidi capace di legarsi al DNA,

altamente conservato in tutte le molecole della famiglia (75). Questo è costituito da

un cuore di 3 α-eliche , affiancato da due anse ,chiamate anche "ali" ( infatti ,nella

letteratura anglosassone, sono conosciute come "winged helix protein") ; sono

capaci di legarsi al DNA tramite la loro caratteristica struttura a "elica-ripiegamento-

elica" delle 3 catene α, permettendogli di regolare la trascrizione con questo

legame. L'attuale nomenclatura prevede che con Fox, si indichi la famiglia, con una

lettera ( da A a Q ) la sotto famiglia e con un numero arabo il gene/ la proteina (il

gene si distingue dalla proteina perchè scritto in corsivo) in particolare .La FoxP3

viene chiamata anche scurfina perchè venne scoperta in una linea di topi mutanti

chiamata scurfy, in cui gli esemplari venivano a morte per un iperproliferazione di T

helper e massiva produzione di citochine infiammatorie (76), simile alla IPEX

(immunodisfunzioni, poliendocrinopatia, enteropatia relativa al cromosoma X) (77).

E' sicuramente la molecola più studiata all'interno della famiglia , soprattutto per il

suo ruolo in immunologia. Viene fortemente espressa in una classe di linfociti

chiamati T regolatori ( Treg ) caratterizzati dalla positività al CD4 CD25 e alla FoxP3:

la presenza del CD 4 è tipica anche dei linfociti T helper ( essendo uno specifico

recettore per gli MHC di classe II, a cui si lega insieme al TCR ), mentre il CD 25 è la

catena α del recettore per l'IL 2, presenta anche su linfociti attivati,monociti e

linfociti B. Pur essendo state scoperte in tempi relativamente recenti, costituiscono

un importante classe linfocitica, che riveste un ruolo essenziale nell'immuno-

omeostasi della risposta immunitaria (78). Da molti studi effettuati sull'uomo e sul

topo , queste cellule hanno marcate capacità immunosoppressive, conferite proprio

dalla FoxP3, e sono divisibili principalmente in cellule regolatorie T naturali e

indotte.

Natural T Regulatory lymphocytes (nTreg) (79):

Sono prodotti nel timo, preferenzialmente ma non esclusivamente a livello della

midollare, dove avviene la selezione negativa dei linfociti T (80). Successivamente lo

27

abbandonano per costituire circa il 5% di tutti i linfociti CD4+ presenti nella periferia

dell'organismo. Esprimono CD4, alti livelli di CD25 e anche FoxP3 e sono essenziali

per la prevenzione di fenomeni di autoimmunità e per mantenere sotto controllo il

sistema immunitario. Sono state individuate diverse molecole chiave per lo sviluppo

e il mantenimento delle nTreg:

TCR ( CD3 ): all'unanimità è stato accettato che la stimolazione di questa

molecola, presente su tutti i vari tipi di linfociti, è essenziale nella formazione

delle Treg; diversa è la situazione riguardo a quali antigeni siano implicati in

questa presentazione, per cui sono stati proposti modelli differenti. Quello

attualmente più accreditato afferma che i nTreg derivino da timociti con un TCR

che abbia un'affinità verso self-antigeni più elevata di quella richiesta per una la

selezione positiva, ma generalmente più bassa per subire una selezione

negativa (81).

CD 28: molecola presente anch'essa sulla membrana della stragrande

maggioranza di linfociti, e capace di legarsi ad una coppia di proteine di

membrana presente sulle APC,la B7-1 (o CD 80) e la B7-2 (o CD 86). Questo

legame, come quello dell'antigene con il TCR, risulta essenziale per lo sviluppo

del linfocita e, per questo motivo, suddetto passaggio viene chiamato

costimolazione e le molecole che rientrano in questo processo, che possono

essere diverse, costimolatorie . In realtà questo doppio legame è vitale non solo

per i nTreg ma anche per l'attivazione di tutti quanti i linfociti (82). Da alcuni

esperimenti, è stato osservato che topi mancanti di CD 28 e B7 presentavano

una riduzione del numero di nTreg nel timo e nei tessuti periferici; questo fatto

fu inizialmente interpretato come se difetti a livello della costimolazione

abbassassero i livelli di IL-2, un'altra molecola fondamentale per i nTreg.

Questa prima tesi però fu smentita grazie ad uno studio, in cui precursori che

mancavano di CD 28, non riuscivano a differenziarsi in nTreg ,nonostante fosse

reso disponibile ai linfociti T IL-2 (83). Questo lavoro ha dimostrato come la

costimolazione, mediata dal CD 28 linfocitico e il B7 dell'APC, risulti di primaria

importanza per queste cellule.

28

Interleuchina 2( IL-2): costituisce una molecola essenziale per la sopravvivenza

e la funzione delle nTreg, fenomeno dimostrato dal fatto che proprio il CD25,

che è una subunità del recettore di questa citochina, sempre presente su

queste cellule,. La relazione tra questa e i Treg è stata messa in evidenza da

diversi esperimenti, tra cui quello di Setoguchi, in cui alti livelli di anticorpi

monoclonali ( d'ora in avanti indicati con la sigla mAb ) anti IL-2 hanno causato

una temporanea riduzione di nTreg e , di conseguenza, una malattia

autoimmune,simile ad altre prodotte da una deplezione di Treg (84). Nella

regolazione della risposta immunitaria, proprio l'IL-2 riveste un ruolo essenziale ,

in un sistema di tipo feed-back negativo (Fig. 3): infatti questa molecola,

prodotta da cellule infiammatorie, oltre a stimolare le Teff, stimola anche i

Treg che, una volta attivati, sopprimono proprio le cellule infiammatorie che

avevano secreto prima l' IL-2.

TGF-β: è stato evidenziato che anche questa molecola riveste un ruolo n nella

formazione dei nTreg, anche se il suo studio è tutt'altro che facile, dato che il

TGF-β è prodotto dai Treg ed è coinvolto nel meccanismo di

immunosoppressione (85). Da alcuni studi (86), è stato osservato che topi privi

Figura 3: Feed-back negativo dell' Interleuchina 2 sulle cellule immunitarie tramite i Treg

29

di TGF-β avevano, nei primi giorni di vita, una ridotta quantità di nTreg, mentre,

nei giorni successivi il numero di queste cellule tornava normale. Da questo

dato si è dedotto che la molecola in questione è implicata nella iniziale

proliferazione di nTreg, ma non costituisce affatto un elemento essenziale nella

loro genesi.

Induced T regulatory lymphocytes (iTreg) (81) : sono Treg che condividono praticamente le stesse caratteristiche antigeniche dei

nTreg (FoxP3+ ; CD 4+ ; CD 25+ ), ma ,diversamente da loro, si formano da linfociti T

"vergini" ( o naive), dimostrando una maggiore versatilità rispetto ai primi. Le cellule

iTreg sono attualmente oggetto di studi approfonditi, dato che si crede siano

coinvolte nella tolleranza agli antigeni alimentari e dei batteri commensali e per il

fatto che sono le Treg maggiormente riscontrate a livello di trapianti, tessuti in

preda a infiammazioni croniche (87) e microambienti tumorali. Sono diversi i

meccanismi e le molecole chiave implicate nel fenomeno della loro induzione e

sono affrontate nell'elenco sottostante :

TCR : tutte le APC ( cellule che presentano l'antigene) sono in grado di indurle ,

insieme a linfociti B, cellule staminali mesenchimali e cellule soppressorie di

derivazione mieloide ( MDSC). E' stato osservato che una bassa dose di antigeni

favorisce una trasformazione in Treg mentre una elevata porta alla conversione

in cellule T effettrici ( Teff ) (88). Inoltre emerge da uno studio che una piccola

concentrazione di un buon agonista TCR induce molto meglio la formazione di

iTreg rispetto ad un'alta concentrazione di uno debole. Da ciò si desume che il

destino di un linfocita naive dipenda dalla quantità di TCR impegnati nel legame,

e cioè se elevata si convertirà in un Teff, se bassa in un iTreg.

TGF-β: Il suo ruolo nell'induzione dei iTreg in vivo e in vitro è confermata da

molti lavori a tal riguardo (89), e, addirittura, è in grado di trasformare T naive

in iTreg in presenza di una elevata quantità di TCR stimolata,contrariamente a

quanto avviene in sua assenza (90). Ciò nonostante, sono state individuate delle

cellule precursori CD4+CD25+FoxP3- che, dopo aver lasciato il timo, si sono

trasformate in iTreg dopo l'incontro con self-antigeni e il legame con l'IL2,

30

dimostrando un modello d'induzione indipendente dal TGF-β. La presenza di

suddette cellule meriterebbe ulteriori approfondimenti (81).

CTLA 4 ( CD 152): ha una struttura omologa al CD 28, menzionato prima, ed è

infatti capace di legarsi alle molecole B7-1 e B7-2 presenti sulle APC, rivestendo

un ruolo però diverso nella costimolazione dei Treg e delle Teff. Infatti la

stimolazione di questo recettore o del CD 28 ha effetti diversi in base alla

cellula T in esame. Per le Teff il legame con il CD 28 è essenziale per

l'attivazione e la proliferazione dei linfociti effettori attivati, mentre il legame

con CTLA 4 ha un effetto inibitorio (82). i nTreg possiedono un comportamento

analogo per quanto riguarda il CD 28 (vedi sopra ), mentre le iTreg possiedono

proprio un rapporto inverso con queste molecole costimolatorie: infatti il

legame tra CTLA 4 e B7 costituisce un processo fondamentale nell'induzione dei

iTreg da parte del TGF-β, mentre la costimolazione B7-CD28 sembra essere

importante solo per la produzione di IL-2 e, ad alti livelli , esercita addirittura

l'inibizione, nell'induzione TGF-β dipendente. Questo è stato dimostrato in un

esperimento (91), in cui topi che avevano problemi nel meccanismo di

costimolazione CD28-B7 sviluppavano un maggior numero di iTreg. Questo

complesso ruolo della costimolazione nella fisiologia linfocitica è schematizzata

nella figura seguente (Fig.4)

Figura 4: Schematizzazione della costimolazione nelle diverse sottopopolazioni di linfociti T

Costimolazione CD28/B7

Essenziale nelle Teff

Essenziale nelle nTreg

Ad alti livelli,

inibisce le iTreg

Costimolazione CTLA4/B7

Inibisce le Teff

Essenziale nelle nTreg

Essenziale nelle iTreg

31

IL 2: non è ancora chiaro il ruolo che questa molecola rivesta nell'induzione dei

Treg in vivo ma sicuramente è essenziale nell'induzione TGF-β dipendente (92).

Acido Retinoico e batteri commensali: sembra che sia l'acido retinoico ( o più

precisamente un suo metabolita, ossia "all-trans retinoic acid" o ATRA ) sia i

batteri commensali enterici regolino il fenomeno della tolleranza immunitaria

a livello intestinale, agendo proprio sulla formazione dei iTreg: infatti da diversi

studi è emerso che la mucosa enterica esprime alti livelli di ATRA , che potenzia

la conversione dei T naive e determina una infiltrazione intestinale, anche in

presenza di forti segnali di costimolazione CD28-B7 (93). Inoltre alcune cellule

dendritiche CD 103+ presenti proprio nella lamina basale ,soprattutto del

piccolo intestino, aumentano la conversione in iTreg , secernendo ATRA e TGF-β

(94) ; proprio queste ultime 2 molecole ,secondo recenti studi,

condividono ,parzialmente, il meccanismo con cui inducono la conversione in

iTreg dei linfociti T naive . I batteri della microflora intestinale invece hanno

sui Treg un impatto variabile , che varia in base alla loro complessa

composizione : per esempio, il trattamento con la vancomicina(un antibiotico )

di alcuni topi, aumenta la quantità di Treg nella lamina propria mentre abbassa

quella dei linfociti T helper (95). La proliferazione di iTreg è stata osservata

anche in altri esperimenti, come quello svolto da Atarashi , in cui ha iniettato

via os alcune specie di Clostridium in topi neonati (96); un risultato analogo è

stato ottenuto attraverso la somministrazione del polisaccaride A , prodotto da

Bacteroides fragilis, in cui la moltiplicazione avveniva a livello intestinale, e più

precisamente nel GALT ( tessuto linfoide associato all'intestino ) (97). E' stato

osservato invece che la somministrazione di DNA di batteri della microflora

nell'intestino viene riconosciuto dal TLR 9 e porta alla produzione di

interleuchine pro infiammatorie che inibiscono la conversione dei iTreg (98). Da

questa serie di esperimenti, si capisce come la flora batterica, perennemente

presente nell'intestino, metta in comunicazione l'immunità innata ed acquisita

e costituisca un elemento chiave nella regolazione delle risposte immunitarie

locali, esplicando azioni positive o negative proprio sui nTreg e iTreg (81).

32

Alcuni farmaci possono infine influenzare l'induzione delle Treg ,come per

esempio la rapamicina: questo farmaco immunodepressore inibisce i linfociti T

effettori, bloccando la proteina chinasica B ( conosciuta come PKB o Akt, vedi

più avanti), senza impedire la moltiplicazione dei nTreg e stimolando allo stesso

tempo la trasformazione dei T naive in iTreg, con un meccanismo sinergico con

quello del TGF-β (99). La ciclosporina invece, pur essendo sempre un farmaco

immunosoppressore, inibisce la formazione dei iTreg e delle Teff sia in vitro

che in vivo (100).

Inoltre, da alcuni studi, è emerso che anche le nTreg hanno un ruolo in questo

processo di induzione: infatti loro possono convertire cellule T naive in iTreg, che, a

loro volta, vanno ad inibire l'attività dei T helper vicini, con una regolazione

omeostatica tale da mantenere un equilibrio bilanciato che i Treg e le Teff. Kendal

et al. (101) hanno dimostrato però che la presenza di nTreg è essenziale per la

continua immunosoppressione locale, mentre i iTreg possono mantenerla,

convertendo i linfociti T naive locali in iTreg. E' stata osservata anche la formazione

di iTreg in sedi di trapianti , dove assumono un ruolo cruciale le cellule dendritiche

plasmocitoidi (102). Ma quali sono i meccanismi con cui questi mediatori chimici

inducono questa trasformazione a livello dei linfociti T naive? La risposta a questa

domanda risiede nell'espressione della proteina chiave delle Treg, ossia la FoxP3.

Questo processo avviene grazie alla trascrizione del suo gene Foxp3 , che comincia

quando la RNA polimerasi si lega alla promotore, ed è regolata anche da alcune

sequenze non codificanti conservate (CNS) : per l'esattezza sono 3 le CNS nel locus

Foxp3 che modulano, tramite varie interazioni con altre molecole, l'espressione

della proteina in questione e, più precisamente :

1. CNS 1: sembra non essere un elemento di vitale importanza nella

differenziazione dei Treg ,anche se possiede un ruolo prominente

nell'induzione dei iTreg nel GALT

2. CNS 2: è coinvolto nell'espressione di Foxp3 nelle cellule figlie di Treg in

divisione e costituisce un elemento indispensabile per la stabilità d'espressione

della proteina in questione in queste

33

3. CNS 3: è responsabile di un imponente aumento della frequenza di Treg

generati sia nel timo che a livello periferico (103).

Vediamo adesso più in dettaglio come viene regolata l'espressione di questo

essenziale fattore di trascrizione nei linfociti:

Sistema di attivazione TCR-dipendente: la stimolazione antigenica mediata dalle

APC e la costimolazione porta all'attivazione intracellulare di alcuni fattori di

trascrizione come NF-kB ( fattore nucleare kB), NFAT (Fattore nucleare delle

cellule T attivate ) e AP1 ( Proteina di attivazione 1).

o NF-kB : dopo la stimolazione antigenica, per la produzione di questo fattore di

trascrizione, è essenziale un complesso di molecole intracellullari ossia il

complesso CBM (CARMA1 / Bcl 10 / Malt1) , come evidenziato da alcuni

esperimenti (104); inoltre è stato osservato che questo complesso è a monte

del NF-kB per il fatto che topi, con difetti sull'elemento CARMA1,

sviluppavano normali Treg , in presenza di una forma attiva di NF-kB (105) .

NF-kB agisce sull'espressione della FoxP3 grazie ad un'altra molecola, la c-rel,

che si lega direttamente al promotore del FoxP3 e al suo CNS 3.

o NFAT e AP1: anche questi fattori di trascrizione, prodotti dalla stimolazione

antigenica del TCR, si legano al promotore del FoxP3, favorendo così la sua

espressione.

o Questi fattori di trascrizione non sono esclusivi dei Treg, ma sono presenti

anche nella regolazione dell'espressione di tutti i linfociti ed un difetto in un

"pathway" comune ad altri linfociti si ripercuote sull'intero sistema

immunitario. Un esperimento che dimostra questo è quello svolto nel 2010 da

Fu G. et al. (106), in cui, una mutazione in un enzima coinvolto nel

segnalamento del TCR, la PLCγ1 ( fosfolipasi C gamma 1 ) , si ripercuote sulla

normale fisiologia sia dei Treg e delle Teff.

Complesso IL 2 - STAT5: L'interazione tra l'IL 2 ed il suo recettore è alla base di

una vasta serie di meccanismi intracellulari, tra cui quello della MAPK ( MAP

chinasi ) o del PI3K ( fosfoinositide 3 chinasi), ma il più importante ,nel sistema

immunitario, è sicuramente quello dello STAT5 ( o trasduttore del segnale ed

34

attivatore della trascrizione 5 ): questo infatti va a legarsi al promotore e al

CNS2 del FoxP3, favorendo la sua espressione in una maniera analoga ai fattori

di trascrizione sopracitati.

Asse IP3K - Akt - mTOR: queste 3 molecole e cioè ,rispettivamente IP3K,

proteina chinasica B (Akt) e il bersaglio della rapamicina nei mammiferi (mTOR)

sono presenti in tutte le cellule linfocitiche e vengono attivate anch'esse dal

TCR, CD 28 e dall'IL2. In questo meccanismo vediamo però come le Treg si

comportino in maniera differente dai Teff convenzionali: in quest'ultime infatti

l'attivazione di quest'asse porta non solo ad attivazione delle Teff, ma anche ad

un blocco dello sviluppo delle Treg,fenomeno osservato in diversi esperimenti

(107). La ragione di tutto questo risiede nel fatto che una bassa concentrazione

di queste proteine mantiene elevato il numero di 2 fattori di trascrizione, la

Foxo1 e la Foxo3: quest'ultime molecole, appartenenti alla stessa famiglia della

FoxP3, si legano al promotore e alla CNS 2 e facilitano l'espressione di

quest'ultima proteina (108).

Complesso TGF-β - Smad e Acido retinoico: Nonostante non sia stato ancora

compreso a pieno il ruolo che il TGF-β abbia nella formazione delle Treg in vivo,

è chiaro che questa molecola faccia parte del complesso meccanismo all'origine

delle iTreg e non solo,come vedremo più avanti. Il legame con il suo recettore

determina la produzione di una serie di fattori di trascrizione, le Smad (XXX) ed

è proprio la Smad 3 che va a legarsi al CNS 1 del FoxP3 ,facilitando l'espressione

del gene in questione (109); a ciò si aggiunge il fatto che il TGF-β esercita

un'azione inibitoria su un fattore di repressione, il Dnmt 1 (110). Ciò nonostante,

è stato visto che un blocco delle Smad solo parzialmente riduce l'induzione in

vitro delle iTreg, e questo fenomeno indica che l'espressione del FoxP3 dipende

anche da altri fattori TGF-β indipendenti, come ERK e JNK/MAPK, il cui ruolo in

queste cellule però non è stato ancora studiato a fondo (111).

Il meccanismo con cui ATRA agisce, tramite il legame con il suo recettore, è

legato al suo effetto inibitore su un altro fattore di trascrizione, il GATA-3:

questa molecola, che riveste un importante ruolo nella normale fisiologia dei

35

Th2 (82), sembra infatti inibire la trascrizione del FoxP3, mediante il legame col

promotore di questo gene (112). Con il complesso TGF-β, ATRA condivide

proprio il bersaglio molecolare, ossia il GATA-3: infatti le Smad 3 e 4 inducono

l'espressione di una importante proteina, ossia la Id3, che promuove

l'induzione delle Treg mediante un doppio meccanismo. In primo luogo ,

sinergicamente con ATRA, blocca il GATA-3, impedendo il suo legame con il

promotore del FoxP3 ,lasciandolo sgombro per la fase successivo; qua, un altro

fattore di trascrizione, E2A , trova spazio per legarsi a questo segmento di DNA

e, tramite il suo legame, facilita la espressione di FoxP3. Ciò nonostante, il TGF-

β non sembra in grado di convertire, da solo, T naive in Treg senza la presenza

di IL 2 e la stimolazione antigenica/ costimolazione. Tutti questi complessi

meccanismi, alcuni dei quali sono tuttora ancora oggetti di studio, sono

riassunti nell'illustrazione seguente (Fig. 5)

Figura 5: Principali "pathway" molecolari coinvolti nella regolazione dell'espressione di FoxP3

36

Quanto detto finora dà un'idea di come le molecole finora descritte costituiscano

degli elementi essenziali nella differenziazione dei linfociti T naive in Treg, anche se

una di queste è in realtà "fa il doppio gioco": con questo termine voglio indicare che

la" molecola incriminata", ossia il TGF-β, è coinvolto non solo nella conversione del

linfocita T naive in Treg ma anche in Th17,una linea di linfociti helper scoperta

recentemente che esula dalla accademica divisione in Th1 e Th2 e che presenta un

rapporto molto complesso con i Treg. Queste cellule sono in grado di secernere

diversi tipi di interleuchine, come IL 17 e 21, e sembra che siano coinvolte nella

patogenesi di diverse malattie autoimmuni (113) . Quindi ,se il TGF-β è presente in

entrambe queste differenziazioni, chi è il responsabile della conversione dei T naive

in Treg o in Th17 ? La risposta a questa domanda è stata trovata in una serie di

esperimenti, risalenti al 2011. Alcune T naive sono state infatti convertite in Th17

utilizzando TGF-β associato a IL 6 o altre interleuchine proinfiammatorie (114),

mentre altre in Treg , con TGF-β in associazione a IL 2 o acido retinoico (115).

Sembra inoltre che questo meccanismo molecolare permetta la formazione o di

Treg o di Th17, dato che alcune molecole espresse durante la trasformazione in un

tipo cellulare inibiscono mediatori dell'altro tipo: per esempio l'espressione della

FoxP3 esercita un'interferenza su alcuni fattori di trascrizione essenziali per lo

sviluppo dei Th17, ossia RORγt e RORα. La chiave di volta però, che determina il

futuro di un T naive, è legato al rapporto tra la concentrazione di STAT5 (molecola

espressa dall' IL2, che facilita l'espressione della FoxP3) / STAT3 (fattore di

trascrizione prodotto dall'IL 6, capace di inibire la conversione in Treg) (116).

Oltre a questa linea specifica di T helper, interleuchine differenti possono indirizzare

la risposta immunitaria più verso una di tipo T helper 1 o 2, dimostrando la grande

plasticità e variabilità del sistema immunitario. Nella foto in basso sono riportati i

principali tipi cellulari in cui i T naive possono differenziarsi e le molecole chiave in

questi processi (Fig. 6).

37

Figura 6: Differenziazione del linfocita T "naive" in Treg o Teff e le molecole coinvolte.

Nell'illustrazione precedente però non sono considerate altre cellule, scoperte

recentemente, con proprietà immunosoppressive, quali per esempio i Tr1 : queste

sono prodotte in vitro a partire da linfociti T naive in presenza di IL 10 e secernono

sia IL 10 che TGF-β (117); pur non presentando FoxP3, i Tr1 possiedono

caratteristiche simili a quelle dei Treg regolari, come il fatto di presentare una

ridotta proliferazione dopo stimolazione antigenica, deprimere per contatto cellule

adiacenti, produrre una modesta quantità di IL 2 e dimostrare un fenotipo di

membrana attivato (118). Sembra quindi che queste cellule in vitro condividano

parzialmente le stesse funzioni dei Treg, anche se il loro ruolo in vivo è ancora da

scoprire.

A rendere ancora più complesso e variabile la risposta immunitaria ci pensano

ancora una volta i Treg, per il fatto che questi infatti possono , in presenza di

determinati stimoli, dedifferenziarsi e convertirsi in altri tipi linfocitari, tra cui ,per

esempio, anche nei già menzionati Th17. In uno studio infatti è stato osservato che

38

Treg, FoxP3+, si sono convertite in Th17 in un ambiente infiammatorio, con un alta

concentrazione di IL6 (119). Inoltre sono state individuate in vivo delle cellule

FoxP3+che presentavano incredibilmente anche RORγt, mettendo in evidenza

l'intricato ma parallelo rapporto che queste 2 linee linfocitarie possiedono. Queste

cellule però, producevano una minore quantità di IL 17, probabilmente per il fatto

che FoxP3 inibisce l'espressione di questa citochina, inibendo direttamente sul

RORγt (120). Questa transizione sembra mediata dall'attività delle istone deacetilasi,

un gruppo di enzimi che sottraggono gruppi acetili dagli istoni del DNA, regolando di

fatto la sua trascrizione: è stato evidenziato che l'utilizzo di un inibitore di questi

enzimi, la tricostatina A, determina un marcato calo di questa trasformazione,

suggerendo che modifiche epigenetiche sono essenziali in questo processo (121).

Una maggiore trasformazione delle Treg in Th17 è stata invece osservata in un

esperimento, in cui erano state inserite in colture cellulari cellule dendritiche

attivate da un recettore di tipo C per le lectine ( dectina-1), implicato in meccanismi

nel riconoscimento di cellule fungine (122). Oltre a Th17, i Treg possono

differenziarsi in vere e proprie Teff: per esempio, in uno studio alcuni

nTreg ,prelevati dalle placche di Peyer e messi in un ambiente linfopenico, hanno

dimostrato una perdita d'espressione di FoxP3 ed hanno avviato un'attività da T

helper, volta a promuovere la produzione di IgA (123). Zhou, nel suo esperimento,

ha osservato che alcuni Treg, in vivo, perdono l'espressione della FoxP3 ed

assumono il fenotipo di cellule T della memoria: queste "ex FoxP3" derivano sia da

nTreg che da iTreg ed sono in grado di produrre grandi quantità di citochine

infiammatorie, soprattutto interferone γ (INF γ) (124) Quest'ultime cellule meritano

molte attenzioni dato che sono state ritrovate in diverse patologie autoimmuni,

come la sclerosi multipla (125), e questo fa presupporre che siano coinvolte nella

patogenesi di queste malattie. Da quanto detto finora, si può intendere quanto

possa essere complesso classificare ed individuare questa nuova versatile linea

cellulare. Per fortuna la FoxP3 ci aiuta nel riconoscimento di queste cellule, per il

fatto che rappresenta il marker migliore per queste cellule, nonostante molte altre

proteine vengano espresse: per esempio il CD 25 è frequentemente espresso sulla

39

loro membrana però è espresso anche su altri linfociti T attivati ed, inoltre, in

occasione di infezioni batteriche, alcune Treg hanno dimostrato un fenotipo FoxP3+

CD 25- (126). Una caratteristica tipica di questi Treg, utilizzabile in alternativa alla

FoxP3 ma più complicata, è una contemporanea up-regulation dei CD 25 ed una

down-regulation del CD 127, una subunità del recettore per l'IL7 (127). FoxP3 è un

marker ideale, non solo per il fatto che viene espresso esclusivamente dalle Treg,

ma che proprio costituisce un elemento essenziale nella loro attività

immunosoppressiva: infatti, è stato osservato che FoxP3 agisce da fattore di

trascrizione, riducendo l'espressione di IL 2 e 4 e IFN γ, mentre favorisce la sintesi di

CTLA 4 e CD 25 e GITR (proteina indotta dai glucocorticoidi correlata al TNFR) (128).

Dato che molti dei geni con cui interagisce la FoxP3, sono bersaglio di un altro

fattore di trascrizione, la NFAT insieme alla AP 1, e che sono stati osservati diversi

domini in grado di legarsi alla FoxP3 adiacenti a NFAT, si ipotizza che questi due

fattori di trascrizione siano correlati. La teoria più recente è che la FoxP3 inibisca

l'assemblaggio dei complessi NFAT:AP1:DNA, sostituendosi all'AP 1 e quindi

formando complessi NFAT :FoxP3:DNA (129). La FoxP3 riduce l'espressione di

queste IL interagendo anche con un altro fattore di trascrizione, la NF-kB (130).

Oltre a quest'azione cooperativa con NFAT e NF-kB, altri aspetti della FoxP3 come

fattore di trascrizione devono essere ancora approfonditi. Da due recenti studi , uno

di Marson et al (131) ed uno di Zheng et al. (132), condotti tramite tecniche di

immunoprecipitazione della cromatina ( ChIP), sono emersi dei risultati

interessanti . Nel suo studio, Marson, dopo aver visto che la FoxP3 era in grado di

legarsi con promotori di più di mille geni, ha confrontato i geni che venivano

espressi in cellule di ibridomi FoxP3 positivi e negativi, dopo una stimolazione

antigenica: da questo sono stati individuati per l'esattezza 125 geni che venivano

down-regolati nella popolazione FoxP3+ e non in quella Foxp3-, e la maggior parte di

questi sono coinvolti nella stimolazione del TCR e delle cellule T attivate. Risultati

analoghi sono emersi dallo studio dal lavoro di Zheng, che, oltre a confermare

l'ipotesi di Marson, ha rilevato la presenza di alcune modificazioni istoniche a livello

delle regioni a cui si lega la FoxP3, suggerendo che ,anche in questo ambito,

40

modifiche epigenetiche concorrono alla funzione di questo fattore di trascrizione.

Infine è stato riscontrato che la FoxP3 inibisce la CREB ( cAMP response element

binding ), un altro fattore di trascrizione, mediante il legame con la p300, una

proteina co-attivatrice di questa molecola (133). Un altro marker che potrebbe

essere utilizzato per differenziare nTreg dalle iTreg è Helios,un fattore di

trascrizione appartenente alla famiglia delle Ikaros (134): questa comprende una

serie di proteine capaci di interagire col DNA grazie ad due domini "zinc-finger" N-

terminali ed uno in grado di legarsi alle proteine C-terminale, struttura condivisa da

tutti i membri della famiglia (135). In realtà il loro utilizzo per distinguere nTreg

dalle altre recentemente è stato confutato da uno studio in cui sono stati

riscontrati Helios proprio in iTreg in vivo. Ciò nonostante, il loro utilizzo come

marker può essere sempre valido, dato che sono direttamente correlati alla loro

funzione rispetto che al grado di differenziazione delle Treg (136): infatti è stato

osservato che Helios determina una maggiore espressione di FoxP3, legandosi al

suo promotore e facilitando la sua trascrizione e che modificazioni di Helios possono

presagire ulteriori modifiche sulla FoxP3. Inoltre sembra che una iper espressione di

Helios induca apoptosi nei linfociti T CD 4 e questo fenomeno potrebbe essere

utilizzato per combattere malattie neoplastiche (137).

Attività immunodepressiva dei Treg:

Dopo aver trattato in lungo e in largo come viene regolata l'espressione e la

funzione della FoxP3, ed delle Treg, vediamo come le Treg esercitano la loro azione

immunodepressiva sulle altre cellule del sistema immunitario, la quale può essere

riassunta in 2 differenti meccanismi:

Meccanismo dipendente da contatto: come indicato nella definizione, la

soppressione della risposta immunitaria avviene grazie al contatto tra Treg e

cellule immunitarie, o , più precisamente grazie all'interazione tra le varie

proteine di membrana che possiedono. La più conosciuta è sicuramente il CTLA

4: questa proteina ( già discussa anteriormente), è in grado di legarsi alle

proteine B7-1 e B7-2, presenti sulle APC, e questo legame stimola l'attivazione

delle Treg ( e quindi gli altri meccanismi soppressivi) e riduce l'espressione del

41

CD 28, il cui legame con le B7 potrebbe inibire lo sviluppo delle Treg (138). A ciò

si aggiunge il fatto che il legame tra CTLA 4 e B7, determina l'attivazione di un

enzima all'interno delle cellule dendritiche, e cioè la indoloammina-pirrolo 2,3

diossigenasi,chiamata anche IDO: questa catalizza una reazione che porta alla

conversione del triptofano in chinurenine e altri metaboliti che esercitano

effetti immunodepressivi nell'ambiente circostante (139). Questi infatti

inducono citotossicità sulle APC oppure convertono T naive in Treg, oltre a

ridurre la concentrazione di triptofano, che determina una riduzione

dell'attivazione delle cellule T (140). A ciò, si aggiunge la capacità che hanno

queste Treg di indurre apoptosi, e lo fanno in maniere differenti: è stato

osservato per esempio che iTreg umani esprimono granzimi B e sono in grado

di eliminare cellule tumorali utilizzando perforine (141); inoltre , sia nTreg che

iTreg , possiedono capacità citotossiche mediate da perforine contro diverse

cellule autologhe del sistema immunitario, come linfociti T helper, citossici,

macrofagi CD 14+ e cellule dendritiche, eliminandole senza l'intervento del FasL

(142) . Infine è presente una molecola d'adesione, il CD 223 ( chiamato anche

LAG 3, ossia gene per l'attivazione del linfocita) ed è associato al CD 4 , con cui

riesca ad interagire con l'MHC di classe II. Il ruolo di questa proteina di

membrana nella immunosoppressione non è ancora chiara, ma sembra che ne

prenda parte, dato che anticorpi anti-LAG3 eliminano l'effetto depressore delle

Treg in vivo (143).

Meccanismo mediato da citochine: questo costituisce un importante mezzo

con cui le Treg riescono a provocare nelle loro vicinanze immunodepressione,

in cui assumono un ruolo chiave le citochine IL 10, TGF-β e IL 2.

o IL 10: Per quanto riguarda l'IL 10 sono stati fatti diversi studi in vivo: in uno di

questi , era stato osservato che l'utilizzo di Treg in trapianti allogenici di cute

induceva tolleranza, mentre l'aggiunta a questi di anticorpi anti-recettore dell'IL

10, determinava un rapido rigetto (144). In vitro è stato notato che l'IL 10

induce l'espressione nelle APC di una molecola costimolatoria di superficie, la

B7-H4, e questa rendeva l'APC stessa immunodepressiva (145).

42

o TGF-β: questa proteina oltre ad inibire la proliferazione e la differenziazione

delle Teff e l'attivazione dei macrofagi (82), è coinvolto nell'inattivazione dei

natural killer ( NK ) (146) e nella tolleranza ad alcuni parassiti. Riguardo a

quest'ultimo aspetto , è stato condotto uno studio in cui un parassita,

Heligmosomoides polygirus¸ aumenta la popolazione di Treg a livello intestinale

e si ritiene che questo fenomeno costituisca una valida strategia contro il

sistema immunitario dell'ospite del parassita. Alla base di questo processo è

stato individuato un antigene parassitario chiamato HES ( H.polygirus excretory-

secretory antigen), che ha la capacità d'indurre Treg e di sopprimere la

replicazione delle Teff in vitro: si presume che questo HES possa legarsi ai

recettori del TGF-β e mimare la sua azione per il fatto che il suoeffetto

immunodepressivo mancava se venivano utilizzati degli inibitori del TGF-β (147).

Oltre a questi effetti, dobbiamo ricordare l'importanza di questo mediatore nel

mantenimento delle nTreg e nell'induzione di nuove iTreg.

o IL 2: oltre a costituire un importante fattore di proliferazione e differenziazione

dei linfociti attivati dall'antigene, funge da feed back negativo sulla risposta

immunitaria (79).

Treg e FoxP3 negli animali domestici:

Tutto ciò che abbiamo finora riportato, sono i dati di innumerevoli esperimenti e

lavori su Treg umane e di topo, ma cosa sappiamo di più specifico nei nostri animali

domestici ? Sicuramente nella specie canina, le nostre conoscenza sono più vaste: il

concetto di "tolleranza periferica" non è affatto nuovo dato che Weiden, già nel

1976 aveva notato che una popolazione di cellule T, trasferita in alcuni cani trattati,

era responsabile dell'assenza di rigetto al trapianto (148). I Treg, in questa specie,

sono state scoperte in uno studio di Sacchini et al (149) nel 2007 e da allora sono

stati fatti molti altri lavori che prendevano in esame questa nuova linea

cellulare ,relativamente a malattie infiammatorie, parassitarie, autoimmuni e

tumorali; proprio su quest'ultimo ambito , riporto uno studio del 2009 ad opera di

O'neil (150), in cui comparava la quantità Treg in cani sani e in cani che

presentavano diversi tipi di tumori presenti, utilizzando come campioni, sangue e

43

linfonodi che drenavano il tumore: gli animali con tumori mostravano valori più alti

della popolazione sana, e, presi individualmente, nei carcinomi si rilevava il numero

più elevato di Treg. C'è da dire però che non tutti i lavori ,svolti da molti ricercatori

differenti, hanno dato i medesimi risultati: per esempio Rissetto et al (151). non

hanno riscontrato differenze nella quantità di Treg nel sangue o nei linfonodi, sia

vicini che lontani, tra cani sani e quelli che presentavano osteosarcoma.

Nel gatto, la scoperta di " cellule soppressorie" sono già note dai primi anni ottanta,

grazie ad un lavoro di Langweiler (152), ma si inizia a parlare di Treg dopo una serie

di lavori "cardine" sul rapporto di queste cellule con il FIV (Virus dell'

immunodeficienza felina) ad opera di Wayne e Mary Tompkin: da questi lavori è

stato scoperto che:

1. Queste cellule esprimevano FoxP3 (153)

2. Il contatto tra queste e altre cellule immunitarie determinava un arresto della

proliferazione e della produzione di IL 2 in vitro (154)

3. La presenza di queste cellule e la loro attivazione durante le prime fasi

dell'infezione sembrava che riducesse la risposta immunitaria contro il virus e

quindi permettesse l'instaurarsi dell'infezione cronica (155)

4. il legame tra TGF-β e il suo recettore influenzava l'attività di queste cellule e la

progressione dell'infezione. (156)

5. La deplezione dei Treg che poteva indurre questa malattia (157)

6. l'impatto che queste cellule avevano sulla risposta anti-virale di soggetti

cronicamente infetti (158).

Tumori e linfociti T :

Dopo aver parlato della presenza di queste cellule nei nostri animali domestici,

dobbiamo ancora chiarire un aspetto. Qual' è di preciso il rapporto tra le malattie

neoplastiche e la risposta T e Treg? E' stato osservato che la morte di cellule

tumorali , rilascia antigeni tumorali e altri segnali di pericolo che vengono captati

dalle cellule dendritiche locali, le quali , una volta attivate, sono capaci di reclutare

diversi linfociti T tumore -specifici nel sito d'infiammazione, chiamati TIL ( tumor-

infiltrating lymphocytes) ; i TIL dimostrano di saper reagire specificamente agli

44

antigeni delle cellule neoplastiche e , la loro presenza in alcuni tumori è stata

associata ad una maggiore probabilità di sopravvivenza del paziente (159) (160). La

presenza di TIL ( in cui possono presentarsi anche i Treg) non indica ,di per se, una

migliore prognosi o meno, dato che le cellule tumorali possiedono un vasto e

complesso "arsenale" molecolare, che le permette di sfuggire al sistema

immunitario.

I meccanismi con cui lo fanno sono principalmente:

Alterazione del riconoscimento antigenico: uno delle maniere con cui i tumori

riescono meglio a sfuggire alla risposta immunitaria è proprio quello di evadere

il meccanismo di riconoscimento antigenico, come una minor espressione o la

perdita completa dell' MHC di classe I: infatti è questa la molecola attraverso

cui i linfociti T citotossici ( CD 8+) monitorano le nostre cellule, eliminandole in

caso riscontrino infezioni virali o trasformazioni tumorali. Le cause che possono

portare ad alterazioni del MHC I sono mutazioni genetiche, alterazione della β-2

microglobulina, implicata nel trasporto del MHC I sulla superficie cellulare (161),

o altre modifiche epigenetiche , come una ipermetilazione istonica, che

determinano una riduzione dell'espressione di questa molecola (162). Difetti in

altre molecole coinvolte nella presentazione dell'antigene, come LMP 2 e 7,

TAP 1 e 2 o chaperoni come la tapsina, possono causare una perdita, parziale o

totale, di MHC di classe I sulla membrana cellulare (163). Anche difetti nel IFN γ

o in molecole del suo "pathway" possono dare luogo ad uno scenario simile,

dato che l'IFN γ regola l'espressione di TAP 1 e LMN 5 (164). Insieme a questi

fenomeni, un tumore può sfuggire al confronto con linfociti T citotossici

riducendo l'essudazione di questi dai vasi sanguigni: ciò viene raggiunto grazie

alla riduzione dell'espressione di alcune molecole d'adesione, come ICAM 1 o

altre selectine sui vasi che attraversano alcune neoplasie (165).

Resistenza al meccanismo di eliminazione mediato dai T citotossici: sono

sostanzialmente due i "pathway" con cui i CD 8+ possono indurre una cellula in

apoptosi, e sono quello delle perforine / granzimi e quello del recettore della

morte. Al primo, alcuni tumori possono sfuggire, grazie alla produzione di un

45

enzima che inibisce l'azione del granzima B, ossia la PI 9/ SPI 6, in particolare

alcuni melanomi, carcinomi cervicali e mammari (166). Il funzionamento

dell'altro sistema di "killing" è un po' più complesso: il legame tra recettori della

morte come CD 95 (o Fas) o TRAILR 1 e 2, e il loro ligando naturale, e

cioè,rispettivamente FasL e TRAIL, scatena un complesso sistema di trasduzione

del segnale, che porta alla distruzione guidata della cellula intera. Questo

processo però presenta diverse fasi in cui può essere bloccato: per esempio è

stato osservato che c-FLIP può opporsi all'apoptosi mediata da TRAIL ed

un'espressione elevata di questa proteina anti-apoptotica in tumori intestinali è

stata associata ad prognosi peggiori (167). Le cellule tumorali possono sfuggire

all'apoptosi anche esprimendo una minor quantità di recettori della morte

come accade, per esempio, in alcune forme di cancro al colon, dove si ha una

riduzione di CD95 (Fas); ciò nonostante è stato osservato che i livelli di questo

recettore sono aumentati in presenza di alcune citochine, come TNF-α e IFN γ

(168). Un'altra strategia adottabile dai tumori per scampare alle attacco delle

cellule immunitarie, è la produzione di recettori della morte transmembrana e

solubili non funzionali("decoy"): è stato evidenziato infatti che, in alcuni tumori,

queste molecole competono con i recettori funzionali per i loro ligandi,

aumentando di fatto le possibilità di sopravvivenza delle cellule tumorali (169).

Disattivazione del linfocita T attivato : grande importanza viene rivestita da una

molecola già ampliamente trattata, ossia il CTLA 4. Da uno studio è emerso

infatti che le cellule tumorali ,insieme ad altre immunitarie, sono in grado di

determinare una up-regulation di queste proteine di membrana e, quindi ,

ridurre la risposta immunitaria nel micro ambiente del tumore (170). Alcuni

tumori sono in grado di produrre invece TGF-β , che, oltre a essere implicata

nell'induzione delle Treg (vedi sopra), influenza anche l'attività dei Teff: infatti

sembra che la citochina in questione ostacoli la cascata di reazioni intracellulari

alla base dell'attivazione dei linfociti T (171) e riduca la citotossicità dei CD 8+,

andando a ridurre l'espressione di proteine quali perforine e granzimi (172); per

questi motivi si ritiene che tumori in grado di secernere TGF-β presentino una

46

prognosi peggiore (173). In altri tumori invece, elevate concentrazioni di

ciclossigenasi-2 (COX 2) e suoi prodotti ( PGE2) sono stati individuati da tempo :

molti concordano sul fatto che la presenza di queste molecole faccia virare la

risposta immunitaria verso il tipo Th2, meno efficace nell'immunità tumorale

(174). Infine, un altro meccanismo utilizzato dalle cellule neoplastiche per

ridurre l'attivazione dei T citotossici consiste nell'utilizzo delle galectine : queste

sono delle proteine capaci di glucidi, in particolar modo β-galattosidi, e sono

coinvolte in diversi processi cellulari quali, chemiotassi,adesione , apoptosi etc.

(175); le galectine sono state recentemente considerate dei fattori

immunosoppressivi, e la loro presenza è stata riscontrata in diversi tipi di

tumori umani (176). La galectina 1 , in particolar modo, sembra possedere

proprietà immunodepressive , inducendo apoptosi nei linfociti T (177) e

ostacolando l'attivazione del TCR (178).

Meccanismi di "killing" mediati dal tumore : alcuni tumori sono in grado di

adottare dei meccanismi con cui uccidere le cellule del sistema immunitario. Un

esempio, un po' contradditorio riguarda proprio una proteina già menzionata,

ossia il FasL: questa molecola viene secreta in grande quantità dai linfociti T che

subiscono una stimolazione al TCR,ma non una costimolazione e questa grande

quantità di FasL rilasciata, va ad indurre apoptosi in altre cellule T ( linfocita

"fratricida" ), comprese i linfociti che la secernono (linfocita "suicida"). Questa

molecola dunque , espressa in diversi tipi di tumore differenti (179) , sembra

possedere un effetto inibitorio sulla risposta immunitaria (180). Ciò

nonostante ,alcuni studi affermano che la FasL possegga proprietà pro

infiammatorie e quindi antitumorali in vivo, come evidenziato in alcuni

esperimenti. In questi il trapianto di tumori geneticamente modificati in modo

da esprimere sulla membrana FasL , inducevano un rigetto più

rapido ,accompagnato da una abbondante infiltrazione neutrofilica (181).

Ulteriori complicazioni sono sorte quando recenti studi hanno messo in

evidenza alcune microvescicole contenenti FasL presenti in alcune cellule di un

melanoma, la cui degranulazione determinava la morte di diversi precursori

47

della linea linfoide ed effetti immunodepressori sistemici (182); oltre agli effetti

mediati dal legame di questo col suo recettore della morte, si ritiene che le

microvescicole contengano anche molecole con proprietà immunosopressive

(183). Un altro sistema di difesa adottato dalle cellule neoplastiche utilizza un

enzima la cui azione è già stata trattata, ossia il IDO: infatti ,in uno studio, è

stato osservato che alcune tumori esprimono questa molecola e che l'utilizzo di

levo-1 metiltriptofano blocca il suddetto enzima (184). Da questo lavoro si

pensa che molecole in grado di ridurre la concentrazione di questo enzima,

possano essere utilizzate per migliorare l'immunoterapia.

Reclutamento di cellule ad azione immunosoppressiva : oltre ai già discussi Treg

è stata descritta un altra categoria cellulare ,responsabile di modulare la

risposta immunitaria nei tumori, e, cioè, le MDSC (o cellule soppressorie di

derivazione mieloide): queste cellule vengono prodotte in risposta ad alcune

citochine provenienti dal tumore e sono costituite da una serie di cellule

mieloidi a vari stadi di differenziazione. In stadi avanzati di cancro, sono stati

ritrovati MSDC, probabilmente attirati da GM-CSF (fattore di stimolazione delle

colonie di granulociti e macrofagi) secreto da cellule tumorali (185), hanno

dimostrato di indurre una riduzione dell'IFN γ secreto da parte di linfociti T CD

8+. Infine Le MSDC sembra che inibiscano i linfociti T grazie alla produzione di

enzimi in grado di metabolizzare amminoacidi, quali arginasi, ossido nitrico

sintasi e altri (186).

Treg e immunità tumorale:

Da quanto riportato in questa parte, possiamo notare quanto può essere complessa

ed articolata la difesa che oppone un tumore alla sua eliminazione, ma che ruolo

hanno i Treg in tutto questo ? Il primo studio che ha messo in evidenza un rapporto

tra Treg e immunità tumorale, risale al 1999 : qui l'utilizzo di anticorpi monoclonali

anti CD 25 (recettore dell' IL 2) prima dell'inoculazione di un tumore, conferiva

protezione nei confronti della malattia neoplastica (187). Seguenti studi hanno

rivelato infatti la presenza di Treg in diversi tipi di tumori e l'anticorpo che blocca il

suddetto recettore determina una riduzione del numero di queste cellule ; è stato

48

osservato in un altro esperimento che la deplezione di Treg mediata dalla

"Denileuchina Difitox", un'immuno-tossina coniugata con l'IL 2, provoca un

potenziamento della risposta immunitaria e la riduzione della crescita del tumore

(188). Un'altra dimostrazione delle loro proprietà immunodepressive nei tumori, è

data da un esperimento in cui trasferimenti di T helper senza Treg risultano molto

più protettivi rispetto a trasferimenti con questi ultimi presenti (189). Come la

deplezione di Treg aumenta la risposta antitumorale, così un aumento di questi

linfociti riduce la protezione che il sistema immunitario conferisce nei confronti di

queste malattie. Postulando che i Treg sono in grado di riconoscere alcuni antigeni

self associati al tumore, identificati dal SEREX (acronimo per "SErological

identifaction of antigens by Recombinant EXpression cloning" ), un innovativo

metodo per rilevare antigeni tumorali, riporto un lavoro del 2003: qui

l'immunizzazione con plasmidi codificanti per questi antigeni self immunogeni

facilitavano la metastatizzazione di cellule tumorali iniettate via endovenosa. Il

trasferimento di Treg e non di T helper, da questi soggetti, potenziava la metastasi,

indicando che i primi sono ,almeno in parte, responsabili dell'immunodepressione in

questi soggetti (190).

Nell'uomo il coinvolgimento dei Treg nell'immunità tumorale è illustrato , per

esempio, dalla risposta a NY-ESO-1, un antigene espresso in diversi tipi di neoplasie

umane. E' stato osservato che la risposta umorale verso questo antigene è

direttamente proporzionale all'attività dei linfociti T citotossici specifici per NY-ESO-

1, e ciò indica che anche i Linfociti helper sono coinvolti in questa reazione,

aumentando i livelli di immunità cellulo-mediata e anticorpale contro l'antigene in

questione. La risposta Th1 è rilevabile in pazienti affetti da cancro,in cui

spontaneamente vengono prodotti (191) ; straordinariamente, T helper prelevati

da individui sani, possono, in vitro, reagire contro NY-ESO-1 dopo l'eliminazione di

Treg. Da questo dato si intuisce che linfociti T CD 4+ NY-ESO-1 specifici sono

presenti in tutti gli individui, ma la loro attivazione è regolata proprio dai Treg.

Analogamente, anche altri T helper "naive" contro diversi antigeni tumorali, come la

tirosinasi nel melanoma, sono presenti in soggetti sani e mantenuti quiescenti dai

49

Treg (192). Questi sono stati riscontrati in masse tumorali e linfonodi drenanti di

diversi tipi di neoplasie ed il loro numero e, in particolar modo, il rapporto tra T CD

8+ e FoxP3+ sono stati correlati a prognosi infauste nel tumore mammario (193) ,

gastrico (194) e ovarico (195). Il meccanismo di reclutamento, si ritiene sia mediato

dai macrofagi infiltranti il tumore ( o TIM), tramite la loro secrezione di chemochina

CCL 22, capace di attrarre Treg per la loro espressione superficiale di CCR 4 (196);

sembra che anche uno stato infiammatorio sia in grado di attirare Treg (197) nel sito

tumorale. Inoltre c'è da considerare che alcune cellule neoplastiche e/o cellule

dendritiche all'interno del tumore producono una grande quantità di TGF-β,

responsabile dell'induzione di Treg in vitro (198). Si ipotizza che gli antigeni rilasciati

dalle cellule tumorali in attiva mitosi o mentre muoiono vengano riconosciuti dai

Treg , e che ciò induca una loro moltiplicazione (199). Nell'illustrazione sottostante

è raffigurato schematicamente come viene attuata l'immunodepressione a livello di

un tumore, i cui meccanismi molecolari sono stati ampiamente trattati

precedentemente.

Figura 7 Rappresentazione del ruolo dei Treg nell'immunità tumorale

FoxP3 ed immunoterapia

La conoscenza di tutti questi complessi meccanismi molecolari alla base della

fisiologia dei Treg sono di importanza essenziale, dato che ,da queste nozioni, è

possibile individuare possibili bersagli per farmaci immunoterapici, come

dimostrato da diversi studi a riguardo. Da questi, sono stati elencati una serie di

50

molecole che possono entrare nel novero di possibili bersagli ed i più interessanti

sono :

IL 2 e CD 25: sicuramente l'utilizzo di anticorpi anti-CD 25 o immunotossine

unite all' IL 2 ,come dimostrato da alcuni esperimenti(riferimenti bibliografici

prima), hanno come effetto quello di ridurre la popolazione di Treg attivati; Ciò

nonostante, dato che il Cd 25 è comunque espresso sulla superficie di linfociti T

attivati e l' IL 2 è importante anche nell'attivazione dei T citotossici, il blocco di

queste molecole sembra ostacolare parzialmente anche la risposta

antitumorale (200). A questo riguardo però bisogna osservare che , se

l'anticorpo monoclonale contro il CD 25 viene somministrato prima del tumore,

la risposta immunitaria è comunque sempre forte, mentre se avviene dopo

l'inoculazione della massa neoplastica risulta molto più debole (201). Da ciò si

deduce che l'utilizzo di IL 2 possa avere degli effetti opposti, in base alla fase e

allo stato della risposta immunitaria contro il cancro.

GITR: già menzionata prima, è una molecola costimolatoria espressa in linfociti

T helper e citotossici "naive", ed up-regolata durantela loro attivazione (202).

Inoltre è espresso ad alti livelli nelle Treg e la sua attivazione tramite un

anticorpo monoclonale agonista o il suo ligando, determina un calo dell'attività

immunodepressiva di questo tipo cellulare (203); trattamenti con le 2 molecole

sopracitati hanno dimostrato un aumento della risposta tumore -specifica, sia

di tipo T helper che citotossica (204). Inoltre è stato osservato che il

trattamento anti-GITR era più efficace se il tumore era di maggiori dimensioni:

questo rispecchia probabilmente il fatto questo trattamento potenzia l'attività

di linfociti T citotossici a cui è già stato presentato l'antigene e ,quindi, attivati

(205). Infine la stimolazione di questo recettore insieme a quella di antigeni

tumorali, ha dimostrato non solo un incremento delle Teff tumore-specifiche,

ma anche una refrattarietà all'azione soppressiva delle Treg (206). I risultati qui

riportati fanno del GITR uno dei bersagli terapeutici più interessanti al

momento

51

CTLA-4: abbiamo già discusso abbondantemente sul ruolo di questa molecola

costimolatoria nella fisiologia dei linfociti, sia Teff che Treg. Alcuni studi hanno

messo in evidenza che il blocco selettivo di questa proteina di membrana

determini un'inibizione sulla crescita del tumore, riducendo gli effetti depressivi

dei Treg e potenziando quelli infiammatori delle Teff (207). Oltre a questo però,

è stato osservato che l'inibizione della CTLA 4 determina non solo una riduzione

di Treg nella massa neoplastica,ma anche di T citossici (208). Pertanto,

l'associazione di mAb anti-CTLA 4 con altre immunoterapici sembra una

promettente via per stimolare efficaci risposte antitumorali.

OX 40: anche questa è una molecola costimolatoria, della famiglia dei recettori

del TNF ed è espressa transitoriamente dai linfociti T attivati, mentre è

costitutiva nei Treg. Alcuni studi avevano dimostrato che la stimolazione

tramite mAb anti-OX 40 riduce la loro attività immunodepressiva (209). In un

altro studio, l'uso di Treg e Teff, entrambi privati di OX 40, ha dimostrato che la

stimolazione di questa molecola non ha solo effetto sulle Treg, ma anche sulle

Teff, le quali vengano potenziate dal suddetto stimolo. Inoltre In uno studio è

stato osservato che l'uso di OX40L o anticorpi con azione agonista aumentasse

la protezione contro forme tumorali, quali melanoma, carcinoma mammario,

sarcoma e carcinoma al colon, in alcuni topi (210).

Recettore per l'acido folico (FR) 4: i roditori hanno le Treg che esprimono RF 4

ad un livello maggiore delle T naive e, su stimolo del TCR, sono in grado di

esprimerlo ancora di più (211). Pertanto l'utilizzo di mAb anti FR 4 sembra

aumentare la risposta immunitaria, riducendo la popolazione di Treg attivati,

risparmiando le altre popolazioni linfocitarie. Rimane da dimostrare se nei

nostri animali anticorpi anti FR 4 hanno la stessa azione.

In tutte queste, il traguardo che si è cercato di raggiungere è quello di spostare

l'equilibrio della risposta immunitaria dalla parte delle Teff, come si può vedere

nella figura 8.

52

Materiali e metodi:

Campioni:

Ventisette meningiomi che presentavano all'istologia un infiltrato infiammatorio

sono stati prelevati da altrettanti gatti, le cui caratteristiche sono riportate nella

pagina sottostante (tabella 2). I campioni, fissati in formalina di Policard al 10 % al

momento del prelievo, sono stati inclusi in blocchetti di paraffina e tagliati al

microtomo in sezioni di 5 micrometri e posti su alcuni vetrini, per poi essere

sparaffinati tramite un passaggio in xilolo ed infine idratati grazie all'uso

di ,rispettivamente, alcol 100° e alcol a 96°.

Figura 8: Potenziali bersagli utilizzabili per alterare l'equilibrio tra Treg e Teff ed effetto sulla risposta immunitaria antitumorale

53

Numero

istologiaSesso Età Localizzazione della massa

12852 Maschio castrato 8 Fronto parietale

12451 Femmina castrata 13 Multifocale

12321 Femmina castrata 8 Parieto occipitale

12166 Femmina 15 Temporo parietale

12103 Maschio castrato 11 Temporale

12100 femmina 13 Frontale

11815 Maschio castrato 13 Parieto occipitale

11796 Maschio castrato 16 fronto parietale

11772 Maschio 14 Prosencefalo

11748 Maschio 13 Fronto parietale

11427 Femmina castrata 14 Parietale

11319 Maschio castrato 13 Parietale

11183 Femmina castrata 13 Emisfero sx

11134 Femmina 15 Spinale (T1- 2)

11019 Femmina n.d. n.d.

10923 Femmina castrata 11 Fronto temporale

10867 Femmina castrata 11 Spinale (C3-4)

10845 Femmina 18 mesi Tela corioidea 3° ventricolo

10360 Femmina castrata 12 Parieto occipitale

10301 Maschio castrato 17 Prosencefalo

10296 Maschio 15 Temporale

10105 Maschio 15 Prosencefalo

10104 Maschio 14 Prosencefalo

10039 Femmina 11 Spinale (T13-L1)

10037 Maschio 11 Tela corioidea 3° ventricolo

10005 Maschio 9 Della falce

9857 Maschio castrato 13 Multifocale

Tabella 2 Sesso, età (anni) e localizzazione del meningioma, dai pazienti analizzati nello studio

Immunoistochimica (IH):

Come prima fase, è stato effettuato un "antigen -retrieval" su tutti i

campioni,tranne quelli destinati ad essere incubati con gli anticorpi anti-CD 20, con

Tampone Citrato pH 6 (Bio-Optica, Milano), portata ad una temperatura vicina al

punto di ebollizione per circa 13 minuti,grazie ad un forno a microonde. Una volta

raffreddati i vetrini, sono stati montati su sheldon coverplate. Ho bloccato le

54

perosidasi endogene impiegando un bloccatore delle perossidasi (Peroxidase

Blocking Solution ,Dako REALTM , Carpinteria, CA ), e dopo il lavaggio con una

soluzione "madre"(costuita da 500 ml di TBS 1X + 250 µl di tween), ho aggiunto 2

gocce di Ultra V-block ( Ultra V Block ,Thermo Scientific, Fremont, CA ) .Dopo aver

eseguito ancora lavaggi, ho somministrato nel serbatoio del vetrino,100 µl di

anticorpo primario diluito, utilizzando la soluzione madre, a concentrazioni

specifiche per anticorpo:

Anti CD 3 : mouse monoclonal IgG1 , Santa Cruz Biotechnology - diluizione 1:50

Anti CD 79a: mouse monoclonal IgG1 ,Santa Cruz Biotechnology - diluizione 1:50

Anti CD 20: Thermo Scientific, Fremont, CA - diluizione 1:400

Anti Foxp3: Anti-human/mouse Foxp3 purified, eBioscience - diluizione 1:100

Ho lasciato gli anticorpi primari a incubare per un'ora a temperatura ambiente,

tranne per i quelli anti FoxP3, per i quali li ho lasciati in una overnight a temperatura

di refrigerazione. Dopo aver eseguito un lavaggio con la soluzione madre, è stato

impiegato ,per tutti, l'anticorpo secondario (Biotynilated goat polyvalent scondary,

Thermo Scientific Fremont, CA ) e, dopo 10 minuti di attesa, un ennesimo lavaggio,

è stato inserito il complesso streptavidina-perossidasi ( Streptavidin - Peroxidase,

Thermo Scientific Fremont, CA). Per la rivelazione, si è ricorsi alla soluzione DAB

( ImmPACT TM DAB Peroxidase Substrate Kit, Vector, Burlingame, CA ) e,

successivamente il vetrino ha subito un lavaggio con acqua distillata e smontato dal

coverplate. Successivamente, il vetrino è stato messo 50 secondi in ematossilina,

per poi sciaquato e essere disidratato ed infine montato su un vetrino normale, con

sopra un vetrino coprioggetti. Un linfonodo di gatto è stato utilizzato come

controllo positivo mentre i risultati sono stati calcolati mediante dieci conteggi

"random" su un'area standardizzata di 8,25 x 10-2 mm2 per vetrino ; le analisi

statistiche dei risultati sono state effettuate con il software SPSS 13 (Statistical

Package for Social Science, IBM ,New York, USA) dove: L'analisi della varianza è

stata effettuata mediante un ANOVA, mentre Le differenze tra i gruppi presi in

esame con il test di Tuckey e Bonferroni Le correlazioni tra le diverse popolazioni

con il test di Pearson

55

Risultati:

I campioni sono stati prelevati per la maggiora parte da necroscopie, e provengono

da 27 gatti domestici. La quasi totalità (89,2%) è rappresentata da tumori

intracranici, mentre la restante parte (10,8%) da neoplasie spinali; all'interno dei

primi la stragrande maggioranza delle neoplasie si presentava nella regione

sopratentoriale (87,5%) Tutti i meningiomi presi in esame sono di grado WHO I e

sono costituiti da diversi istotipi, tra cui transizionale (48,1%), meningoteliale

(33,3%), psammomatoso (11,1%) e fibromatoso ( 7,4%). I gatti da cui è stata

effettuato il prelievo erano per il 51,8% femmine, e 48,1 maschi, mentre la

percentuale di pazienti sterilizzati era di 51,8 % contro il 48,1% di pazienti interi. I

controlli positivi sono venuti positivi per CD 3 e CD 20, dimostrando cellule positive

per i primi nella zona perifollicolare,mentre per i secondi nel follicolo linfatico (Fig. 9)

Figura 9: A: Linfociti T presenti nella sezione del linfonodo felino B: Linfociti B nella medesima sezione

Il controllo positivo per il CD 79a non ha avuto successo, al contrario di quello per la

FoxP3,in cui si poteva vedere la disposizione nucleare della proteina cercata(Fig. 10 )

Figura 10: A: Linfociti Treg nella sezione di linfonodo felino, 20X B: Linfociti Treg nella stessa sezione , 40 X

56

Tabella 3: Sono indicati i l'istotipo, localizzazione, media di linfociti CD 3+,CD 20

+ , FoxP3

+ intra e peritumorali e

grado di necrosi singolarmente, caso per caso . * = media delle cellule immunopositive calcolata mediante dieci conteggi "random" su un'area standardizzata di 8,25 x 10

-2 mm

2 |n.d. = non determinata |

- = assente | +/- = microfocolai isolati | + = microfocolai confluenti

57

I risultati sono esposti nella tabella presente nella pagina precedente. Subito è

manifesta la completa assenza dei linfociti FoxP3+ , al contrario dei CD3+ e CD 20+.

Nella tabella 3 sono rappresentati la quantità di linfociti T nell'infiltrato

intratumorale per campione di meningioma analizzato. Solo in 2 casi non sono state

evidenziate queste cellule ed , escluso 3 campioni, le medie si sono attestate a

valori inferiori a 5 cellule per campo microscopico. Nella figura 4 sono raffigurati

linfociti T individuati in 2 casi differenti.

Grafico 1: Distribuzione dei linfociti CD 3+ all'interno dei 27 meningiomi felini analizzati

Figura 11 A: Linfociti CD 3+ presenti nell'infiltrato intratumorale in un meningioma transizionale

B: Linfociti CD 3+ presenti nell'infiltrato intratumorale in un meningioma meningoteliale

58

Grafico 2: Distribuzione dei linfociti CD 20+ all'interno dei 27 meningiomi felini analizzati

Nel grafico 5 viene raffigurata la quantità di linfociti B ritrovata nell'infiltrato

intratumorale di tutti i meningiomi analizzati. Tranne 2 casi, le medie di cellule

positive non superava l'1 e in quasi la metà dei tumori non sono state riscontrate.

Nella figura sottostante(Fig. 14) sono riportate foto delle cellule positive osservate

in 2 casi differenti:

Figura 112 A: Linfociti CD 20+ presenti nell'infiltrato intratumorale in un meningioma transizionale, 25 X

B: Linfociti CD 20+ presenti nell'infiltrato intratumorale in un meningioma meningoteliale , 40 X

59

E' stata confrontata inoltre la correlazione tra la distribuzione di linfociti CD 3+ (Gra.

3) e CD 20+ (Gra. 4)con l'istotipo del tumore, ma non erano presenti valori significati.

Grafico 3: Distribuzione di linfociti CD 3+ per istotipo di meningioma felino analizzato

Grafico 4: Distribuzione di linfociti CD 20+ per istotipo di meningioma felino analizzato

60

Per i CD 3+ i meningiomi di transizione presentavano il grado più elevato di

variabilità, con una media di 2,8 accompagnata anche dalla deviazione standard più

elevata. Quelli meningoteliali invece ,pur possedendo in media meno linfociti T,

dimostravano una distribuzione più omogenea. Le medie di numero di linfociti CD

20+ per istotipo si presentano tutte abbastanza omogenee, con un valore di circa 0,2

cellule per campo microscopico ; l'unico istotipo che dimostra un valore

leggermente più alto è quello meningoteliale ma, allo stesso tempo, presenta il più

alto valore di deviazione standard.

Successivamente è stata verificata l'eventuale correlazione tra la localizzazione

anatomica della neoplasia ed il grado di infiltrazione di linfociti T(Gra. 5) e B(Gra. 6) .

Grafico 5: Distribuzione di linfociti CD 3+ per regione anatomica occupata dal meningioma felino analizzato

61

Grafico 6: Distribuzione di linfociti CD 20+ per regione occupata dal meningioma felino analizzato

In entrambi i linfociti T e B è stata osservata una correlazione statisticamente

significativa tra l'infiltrazione linfocitica e l'insorgenza del tumore a partire dalla tela

corioidea del 3° ventricolo; le altre localizzazioni anatomica non hanno dimostrato

una simile associazione, sia per le cellule CD3+ che per quelle CD 20+.

Inoltre è stato ricercata una correlazione tra linfociti che infiltravano la periferia, sia

T (Fig 11) che B con l'istotipo (Fig. 12 ; Fig 13) e la localizzazione anatomica (Fig 14 ;

15) :

62

Figura 123 A: Linfociti CD 3+ che infiltrano la periferia di un meningioma transizionale

B: Linfociti CD 3+ che infiltrano la periferia di un meningioma meningioteliale

Grafico 7: Distribuzione del numero di cellule CD 3 presenti nella periferia del tumore , in base all'istotipo

63

Grafico 8: Distribuzione del numero di cellule CD 20+

presenti nella periferia del tumore , in base all'istotipo

Grafico 9: Distribuzione del numero di cellule CD 3+ presenti nella periferia del tumore

in base alla

localizzazione

64

Grafico 10: Distribuzione del numero di cellule CD 20+ presenti nella periferia del tumore

in base alla

localizzazione

Dai dati qui riportati non sono state verificate correlazioni statisticamente

significative tra i linfociti presenti nell'infiltrato peritumorale ed istotipo e

localizzazione anatomica. E' stato valutato anche una associazione tra questo e la

presenza di necrosi all'interno della massa, ma anche questa si è dimostrata

insignificante dal punto di vista statistico.

Discussione: Le cellule infiammatorie ricercate in questo lavoro sono state linfociti T , B e Treg. I

CD 3+ hanno dimostrato una discreta tendenza a presentarsi nell'infiltrato

infiammatorio nei meningiomi analizzati. Un simile risultato è emerso da alcuni

studi volti a caratterizzare l'infiltrato infiammatorio in meningiomi umani e canini:

infatti in uno studio sull'uomo (212) sono stati individuati nel 94% dei casi, valore

molto vicino a quello ottenuto da un analogo studio sui tumori meningei del cane

(213) . Questo trend non è affatto eccezionale, dato che i linfociti T sono

notoriamente preposti alla sorveglianza dell'organismo, riconoscendo ed

65

eliminando cellule neoplastiche potenzialmente nocive. Nell'uomo sembra che la

maggior parte di questi siano linfociti T citotossici CD 8 + mentre i T helper CD 4+

non erano praticamente presenti nell'infiltrato infiammatorio dei tumori.

Sfortunatamente non sono disponibili anticorpi rivolti contro questi 2 antigeni in

grado reagire con tessuti di cane o gatto , fissati in formalina e inclusi in paraffina .

Per quanto riguarda i B sono stati incontrati delle difficoltà con la loro rivelazione

tramite anticorpi anti-CD 79a e, per questo motivo, è stato utilizzato un altro

antigene di membrana, ossia il CD 20. Nel gatto, la media di queste cellule si è

attestata ad un livello molto basso ,sia per campioni positivi (il 51,8% dei casi non ne

presentava nemmeno uno) sia per quantità; risultati analoghi provengono da analisi

sui meningiomi umani e canini, suggerendo che i linfociti T e B si comportino nella

stessa maniera nel cane e nel gatto. Ciò nonostante, nell'uomo è riportata una

rarissima variante di meningioma , caratterizzato da un imponente infiltrato di

linfociti, plasmacellule e pochi istiociti, che costituisce un eccezione a questi risultati

(214). Dall'analisi dei campioni, i pochi linfociti B che sono stati riscontrati non

hanno dimostrato nessuna correlazione con i T. Il significato della loro presenza

all'interno dei TIL è ancora oggetto di approfonditi studi ,anche se si crede che le

cellule qua presenti esplichino attività di APC (215). Il risultato forse più interessante

che emerge da questo lavoro è la completa assenza di Treg nei meningiomi felini. Il

fatto che queste neoplasie non presentino nessuna cellula FoxP3+ nell' infiltrato

infiammatorio fa sorgere non pochi interrogativi, considerando che sono state

ritrovate in molte altre neoplasie, anche a livello encefalico (216): Treg sono stati

individuati infatti anche in meningiomi canini, se pur con una distribuzione non

correlata con il grado del tumore (213). Una possibile ragione per la completa

assenza di queste cellule immunitarie nei meningiomi felini può risiedere in 2

proteine, la CCL22 e la CCL2: queste sono delle chemochine che presentano

proprietà chemiotattiche nei confronti dei Treg (196), ed è stato osservato che la

prima nei meningiomi umani è scarsamente prodotta, mentre la seconda non viene

espressa in quelli di grado I . Inoltre è stato osservato che i Treg presenti nel tumore

esprimevano alti livelli di CCR 4, il principale recettore per la CL22, mentre non

66

esprimevano CCR 7, responsabile della convenzionale infiltrazione linfocitaria:

questa discrepanza potrebbe spiegare il motivo per cui non è stata riscontrata una

correlazione tra cellule T effettrici e Treg (217). E' plausibile quindi pensare che il

gatto possa reclutare in questi tumori Treg in una maniera analoga, giustificando

quindi la totale assenza di linfociti FoxP3+ nei meningiomi analizzati,per il fatto di

appartenere tutti al grado WHO I; il cane invece sembra non condividere queste

caratteristiche, per il fatto di presentare Treg nell'infiltrato di tumori meningei

benigni, facendo supporre che all'origine di questa differenza ci siano fattori non

considerati finora. Un altro dato che è stato raccolto con questo lavoro, è che

l'istotipo del meningioma non sembra influenzare la qualità e la quantità

dell'infiltrato infiammatorio. Bisogna premettere che nel gatto questi tipi di tumore

si presentano spesso in una forma stereotipata, in cui cioè coesistono più parti che

presentano caratteristiche morfologiche di istotipi differenti e, classificato come

"transizionale" ; a volte il meningioma può essere classificato in maniera diversa se

è diffuso prevalentemente un istotipo, ma questo tipo di distinzione non è affatto

netta. Risultati analoghi provengono da uno studio sui meningiomi canini (213).

L'unica correlazione statisticamente significativa, è stata quella della localizzazione

anatomica con il numero di linfociti infiltrati, sia T sia B : infatti i meningiomi che

originavano dalla tela corioidea del 3° ventricolo, hanno mostrato la media di

linfociti B e T più elevata. Questo risultato indica forse che la ragione di questa forte

correlazione, risiede nell'anatomia cerebrale: infatti la tela corioidea, che fa parte

della pia madre, si addossa ai plessi coroidei, ed i tumori che originano da questo

strato protrudono nel sistema ventricolare. Infatti è possibile che il microambiente

in cui si sviluppa il tumore sia differente rispetto a tutte le altre localizzazioni

anatomiche del meningioma, e questo possa influenzare di conseguenza il tipo di

cellule che lo infiltrano. In questa sede è ipotizzabile che possano essere coinvolte

anche un particolare tipo cellulare, ossia i macrofagi intraventricolari, termine che

comprende 3 tipi cellulari differenti, ossia le cellule sopraependimali, le c. "free

floating" e le c. dell'epiplesso: le prime stanno addossate all'ependima dei ventricoli,

le seconde si situano in posizione più distante dall'epitelio, mentre le ultime, che

67

costituiscono il gruppo più rappresentato dei macrofagi intraventricolari, stanno

strettamente associate all'epitelio dei plessi coriodei. Pur presentando una

localizzazione differente tra loro, queste cellule condividono le caratteristiche

immunofenotipiche, come l'immunopositività all' MHC I, MHC II , antigene comune

leucocitario ed altri antigeni, tipici di una cellula macrofagica (218). Si può ipotizzare

che una neoplasia in questa sede, possa determinare un'attivazione dei macrofagi

intraventricolari, e che, una volta attivati,siano in grado di attirare un numero

maggiore di cellule infiammatorie in grado di infiltrare la massa neoplastica. Un

altro aspetto che è stato valutato è la presenza di linfociti nell'immediata periferia

del tumore : a tal proposito, bisogna premettere che non è stato possibile

effettuare l' analisi dei linfociti periferici in tutti i campioni (solo nel 26 % dei casi

totali), dato che il tessuto nervoso periferico alla neoplasia era presente solo nei

casi di provenienza necroscopica e non chirurgica. Ciò nonostante non è stata

osservata alcuna correlazione tra il numero di linfociti peritumorali ed il numero di

quelli all'interno della massa, istotipo o localizzazione. Questo si è rivelato

sicuramente un fenomeno alquanto peculiare che ci ha fatto interrogare su quale

fosse la causa all'origine di questa discrepanza ed è stato il motivo che ha richiesto

la verifica della presenza di necrosi all'interno del tumore: infatti cellule in stato di

necrosi sono in grado di rilasciare diverse molecole ad azione flogogena, ed attrarre

quindi cellule infiammatorie. Nonostante fossero presenti alcuni microfocolai di

necrosi all'interno della neoplasia, questi non hanno dimostrato alcuna relazione

con il tipo e la quantità di linfociti infiltrati, sia all'interno della massa che nella sua

immediata periferia. Inoltre all'esame microscopico erano riconoscibili ,tra le cellule

infiltrate, neutrofili e macrofagi , fenomeno già documentato in meningiomi umani

(219) . I macrofagi, insieme alle cellule della microglia, potrebbero rivestire il ruolo

di APC ma il loro ruolo in queste malattie, è ancora non molto chiaro ed oggetto di

dibattito (220)

68

Conclusioni:

Questo studio costituisce uno dei primi tentativi di caratterizzazione i subset

linfocitari nell'infiltrato dei meningiomi felini: questi hanno dimostrato una discreta

infiltrazione di linfociti T, una esigua di B ed una totale assenza di Treg. Inoltre le

popolazioni prese in considerazione non hanno dimostrato alcuna correlazione con

linfociti peritumorali, istotipo, grado di necrosi a parte la localizzazione a livello

della tela corioidea del 3° ventricolo in cui il tumore presenta un maggior numero di

linfociti sia T che B. Il fatto che non fossero presenti cellule Treg immunopositive

comporta diversi aspetti da considerare. In primo luogo che il numero di linfociti T

regolatori non possa costituire un valore pronostico / predittivo per la malignità del

tumore; inoltre l'introduzione potenziale di un protocollo immunoterapeutico, volto

a ridurre il numero di Treg all'interno della massa neoplastica, nel meningioma

felino, non pare essere apllicabile. Questi risultati iniziano a rivelare la complessa

fisiopatologia del sistema immunitario e della sua relazione con il comportamento

biologico delle neoplasie del SNC.

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Ringraziamenti: Premettendo che sarebbe veramente troppo difficile ringraziare adeguatamente

tutte le persone che mi hanno aiutato in questo mio lungo cammino, il mio primo

ringraziamento va alla mia famiglia, che mi ha sostenuto,spronato,accudito anche

nei momenti più sconfortevoli; allo stesso modo ringrazio anche i miei nonni e zii

che hanno contribuito non poco fino all'arrivo di questo importante giorno.

Ringrazio moltissimo anche tutto lo "staff tecnico" che mi ha insegnato e guidato in

questo lavoro ,a partire da Pietro, che non solo mi ha assistito in ogni fase della mia

tesi, ma ha regalato autentici momenti di ilarità in laboratorio; medesimi

ringraziamenti li rivolgo ai miei professori, Carlo e Alessandro, che oltre ad essere

estremamente competenti nel loro campo , si sono dimostrati comprensivi ,pazienti

e premurosi con il sottoscritto. Ringrazio molto anche Lisa, che mi ha trasmesso

l'arte del "taglio al microtomo" come un artigiano fa al proprio discepolo.

Ringrazio poi Giuliosky e Ferdi i miei due coinquilini, nonchè amici da sempre, che

87

hanno dovuto sopportare molteplici fisime personali nonchè angherie di qualsiasi

natura, ma con cui ho condiviso veramente una grossa fetta della mia PESante

personalità . Ringraziamenti senesi vanno anche a tutti i membri del Jah Parks (Fero,

Dieghito, Zio, Nicco, Jerry, Imps) ,ai mostri storici del liceo (Faze, Bubbolo, Mido,

Vivio, Boa ), agli amici di vecchia data come Filippo,Ozzy, Gigio, Breaks e Giulia.

Grazie anche agli innumerevoli mostri minori, che allietano ogni ritorno nella città

natale, sia con reggae funesto, cialde che durano notti intere o serate passate a

ricordare sketch passati. Un ringraziamento lo meritano sicuramente anche tutti i

miei vecchi compagni di classe (Rosinò,Vala,Bibons,Numba, Paris, Elisa, Vitty, Susò,

Elena,Marta,Marghe, Silvia, Pia, Carla, Virgy, Rizzo, Aitio Cate, Aly ) per aver

condiviso momenti tra i più cari che tengo dentro. Ringrazio anche i vecchi troiai

dei Cappuccini United ( Mone, Trek, Shorts, Grinch, Daddo,Lucche, e il Duca ) che ,

pur essendo passato molto tempo da quei momenti, custodisco ancora

gelosamente il numero 0,5. Mi sento poi di dover ringraziare tutti i miei amici

"pisani", che mi hanno fatto sentire a casa per tutti questi anni, e che mi

mancheranno terribilmente, una volta tornato in terra natia e più precisamente:

Agre, Moglie, Vio,Donni, Chiara,Della,Dome,Elisa,Arianna, Eleonora tutti grandi

prototipi ideali della M.V. moderna |Astra ragazza dall'estro formidabile

|Bomber|Cencio: accanito frequentatore della biblio |Chiara e Giulia grandissime

amiche e compagne di studio con cui ho condiviso moltissimi momenti di felicità, tra

esami e cene|Chiara una testona dal cuore d'oro che mi ha sopportato in queste

lunghe giornate|Cinzia e Lore coppia eterna di questo percorso|Clarks sempre

fissato con le zucchine e le meduse|Corso compagno di infinite notti in vetto|Diego,

diventato babbo da poco, ma amico da molto, insieme a tutto il magico staff della

Tana, sponsor di innumerevoli gioviali convivi, passati e ,spero, futuri |Domz, a cui

l'unica cosa che posso dire è minore tre|Edo che ci tira sempre peso nell'arte del

Subeba|Elettra amica dal cuore grande e color giallo blu|Fede compaÑero y oficial

heredor de mi erammù espaÑol|Fynetz che nonostante le avversità riesce sempre a

tirare fuori il meglio di sè|Giovà e Dani grandi festaioli da disco |Giulia e Alice le

uniche vere pisane conosciute il 1° anno|Jacopo grande appassionato di basket e

88

caccia| Jack, Giulia,Alessandra, Elettra, Giacomo, Luca, Silvia, Valeria, Valeria,

Costanza, Giovanna, Camilla, Valentina, Sandy, Gaia, Sonia,Costy, Valeria, Luca,

Sara Compagni di moltissimi momenti in facoltà e cene||Laura Marta Alessia

Roberta Marta eterne amiche che mi sono state al lato dai momenti più felici a

quelli più tristi e duri || Lottaccio che beve sempre di meno, come Elena può

confermare |Magna Tola e Cristiano dediziosi compagni di biblioteca|Manuela

Arianna Roby Carlotta bimbe dall'originalità smisurata|Marrux , con cui non vedo

l'ora di rifare la prossima scomessa|Matteo Ciccio e David tra le menti più svitate di

tutta facoltà

Matthews un vero collega di trash nonchè primo compagno di Paci|Michele e

Matteo : colleghi di laurea (spero)|Monica che mi ha permesso di fare una delle

esperienze più belle della mia vita, l'erasmus|Nicola il cecio col dito esploratore più

esplosivo che abbia mai conosciuto |Paolo Successore e sostituto ufficiale, nonchè

vicino da tempi immemori| Patri carissima persona che mi ha aiutato e confortato

in svariati momenti |Peppe sempre iperattivo, tamponato dalla bontà di Giulia |

Pons Jennifer Marta e Paesans compaÑeros con la sangre mas caliente que nà

|Samu a cui non so quante glie ne devo per aiuti di tipo logistico, ma che ha un

piccolo difetto : non si ricorda mai a che età il cavallo ha la bocca fatta | Susan

Chiara e Clara uno splendido trio di bimbe |Uarons un amico dalla rocciosità unica,

FAX|Tazio un fvustone d'eccellenza| Vale, Ludo e Fede instancabili pausare sempre

pronte a rallegrarti | Zinnaccio, Macciò e Marrius mostri di giurisprudenza che

hanno tenuto a freno il cane dei cani

e poi tutti gli altri colleghi di veterinaria che non ho citato finora.

Ringraziamenti speciali vanno anche ai migliori / peggiori elementi che hanno

caratterizzato il mio erasmus e mi riferisco a |Rocco e Umberto due dei migliori

tegami che potessi trovare a giro, in grado di farti sorridere con un sol gesto | Fede

il capo-cambusa tra i più molesti e forti mai conosciuti |Claudio e Jacopo Gli

inseparabili stanlio e onlio dello schifo| il Proca il più grande esperto di tecnologia

mai conosciuto, nonostante i suoi problemi| Adrian il pazzo per eccellenza, che

andrò a visitare presto | Tuttifrutti l'irrefrenabile viaggiatore che viaggia a barcelò|

89

Clement companero de piso che adorava i russian torpedo | il Boyler sempre caldo

a dovere |Turrins che si è sempre battuto contro la schiavitù dei suoi amici |

Giovanni Startac che non ha mai apprezzato il giouco del pallone| i Dottori Fazio,

Nania e Capilli che mi hanno fatto consocere Messina stando a Cordoba | Baffo |

Marione Massa l'uomo dalla chiacchera più convincente al mondo. Ringrazio poi i

carissimi colleghi veterinari conosciuti nella mia esperienza spagnola : Giulia da Pisa,

le mitiche torinesi Costy, Betta, Betta, Silvia (CLEMOOOOOO), le mie beddazze che

hanno vegliato su di me molte volte Irene e Roby, i diligenti, Nassi e Fabio, e tutti gli

altri miei amici erasmus, in primis le mitiche limonere,Laura MondAino, Monica,

Aidish e Manon, poi Francesco, Danilo , Diogo, Filipa,Anaconda-Filip, Helen,

Sballantaines . Ringrazio infine tutti i miei migliori amici spagnoli, ossia Alex, fratello

spirituale che mi manca troppo, le mie mamme amorose spagnole Ester e Celeste,

insieme alla mitica famiglia senesa Enrique,Cristina,Javi e Frassino. PQLP.


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