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Dalla vendita alla fidelizzazione dei clienti
Mediamente, nel settore dettaglio, circa il 4% dei clienti registra un’insoddisfazione e disaffezione tale da abbandonare il punto
vendita abituale per comperare altrove. Ovviamente questi clienti vanno rimpiazzati e questo avvicendamento definisce il
cosiddetto “turnover”, che è appunto circa pari al 4%.
E’ superfluo ricordare che conquistare il 4% di nuovi clienti costa molto di più cercare di mantenere quelli vecchi. Vale la pena
sottolineare che nel gruppo dei clienti insoddisfatti circa il 96% (in sostanza tutti) non si lamenterà mai con voi. Il danno
ovviamente si diffonde perché questo gruppo parlerà male della sua esperienza con altri. Oggigiorno, per effetto di internet, il
danno generato dal passaparola mediatico è spesso superiore all’effettivo disservizio ed al reale peso dell’insoddisfazione
prodotta.
Quindi evitare che un cliente esca insoddisfatto è particolarmente importante. Adottare accorgimenti e rivedere le proprie
tecniche di relazione e vendita diventa un argomento su cui focalizzare molta attenzione, proprio perché, per l’effetto internet il
danno generato per il successivo passaparola mediatico, è spesso superiore all’effettivo disservizio ed al reale peso
dell’insoddisfazione prodotta.
Considerando gli elementi che maggiormente causano l’abbandono del cliente, l’attenzione dei ricercatori si è concentrata su
quattro fattori, che emergono in quasi tutti gli studi qualitativi come le maggiori aree di miglioramento: mancanza di cordialità,
nessuna empatia, supponenza ed estraneità.
L’approccio personale di chi vende nel negozio fisico è quindi particolarmente rilevante. La capacità di relazione conta quasi
quanto il marchio ed il valore intrinseco del prodotto. La scelta del personale è cruciale: la presenza delle attitudini necessarie
deve essere imprescindibile.
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Prima della vendita Prima che un cliente ci comunichi la sua esigenza o il suo problema, quindi prima che noi abbiamo la possibilità di creare un
rapporto, il cliente si è già fatto un’opinione sul nostro negozio e sul livello di servizio; ha già dato una valutazione emotiva.
Buona parte della riuscita della vendita dipende da questa prima impressione.
Come abbiamo già sottolineato in altri moduli, l’ambiente che accoglie il cliente è fondamentale: può far variare la prima
sensazione del cliente da negativa (disagio) a positiva (fiducia).
Ricordiamo dunque quali sono le variabili ambientali fondamentali per una buona accoglienza al cliente, in ordine di
importanza.
1. Pulizia
2. Ordine (dei prodotti a scaffale e fuori scaffale)
Questi due primi fattori sono imprescindibili; anche se parliamo di agricoltura e non di alta moda, non si creda che l’ordine e la
pulizia non vengano apprezzati dai clienti: vengono inconsciamente associati a una buona organizzazione (che dà sicurezza) e
alla passione per il proprio lavoro (che accomuna venditore e cliente). Un punto vendita non curato può essere molto
frequentato per motivi “storici”, legati a una presenza sul territorio da più generazioni o alla conoscenza e stima personale, ma
sicuramente non attira nuovi clienti.
3. Scaffali pieni
4. Corridoi sgombri e lineari
Gli scaffali devono essere organizzati e pieni; deve essere facile reperire il prodotto di interesse. Nel libero servizio, la facilità
con cui il cliente da solo trova la referenza di interesse è direttamente proporzionale al volume delle vendite stesse. Va da sé
che se lo scaffale è ben organizzato ma il posto dove dovrebbe trovarsi la referenza di interesse è vuoto, la vendita sfuma.
5. Colori di interno / esterno e cartellonistica
6. Luminosità
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Questi aspetti (e i successivi in misura ancora maggiore) sono meno razionali e più emozionali. Una cartellonistica di facile
consultazione, un ambiente luminoso favoriscono la sensazione di benessere generale del visitatore.
7. Musica
8. Profumi
Musica e profumi difficilmente si vedono utilizzati in ambito agricolo, ma scopo di questa Academy è di dare una panoramica a
360 gradi sulle “best prectices” di altri settori della vendita al dettaglio. Certo non possiamo paragonare una Agraria con un
negozio della catena Abercrombie & Fitch (che, se avete figli adolescenti, conoscerete sicuramente), ma con le dovute cautele
potreste prendere spunti interessanti.
Immediatamente dopo l’ambiente subentra l’uomo.
La qualità percepita dal visitatore del punto vendita dipende dalle caratteristiche di chi ha il contatto con il cliente, in
particolare:
1. L’attitudine al rapporto personale;
2. Le competenze relative al prodotto;
3. La capacità di ascoltare e sostenere la relazione con il cliente.
L’attitudine al rapporto interpersonale rientra nei talenti delle singole persone; può essere messa in luce, può essere coltivata,
ma difficilmente può essere insegnata.
Le competenze relative ai prodotti invece sono conoscenze che si possono apprendere. E’ importante dunque che il personale di
vendita sia preparato sugli argomenti più tecnici ed è ancor meglio se alla preparazione teorica si riesce ad affiancare anche un
po’ di esperienza in campo, che lo renda più sicuro di sé e credibile.
Per quanto riguarda l’ultimo punto, ossia la capacità di gestire la relazione col cliente, può essere d’aiuto adottare una
metodologia.
Vendere vuole dire comprendere i valori (e quindi le esigenze e i desideri) che il cliente si aspetta di ritrovare, e saper dare loro
risposta. Chi vende efficacemente deve quindi in primo luogo saper ascoltare e in secondo luogo deve saper sviluppare una
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capacità di consulenza verso il cliente. La relazione consultiva è particolarmente importante in un punto vendita specializzato
e tecnico.
I ruoli che il venditore-consulente all’interno del negozio tecnico deve assumere sono due:
1) Consulente: ruolo da medico di famiglia L’ascolto delle esigenze del cliente e la proposta di soluzioni adeguate ricorda
il lavoro del medico che dopo aver visitato/ascoltato i suoi pazienti arriva alla
diagnosi ed indica la “terapia” su misura.
2) Consulente: ruolo da timoniere
Nel rapporto con il cliente ricorda che il timoniere è chi sta parlando e
vendendo.
Indispensabile fare in modo di garantire al cliente una “tranquilla
navigazione”.
Il premio per entrambi è la fidelizzazione.
Nel corso del rapporto occorre sempre rammentare che il comportamento del venditore deve far sentire il cliente in buone mani.
Occorre quindi evitare di far insorgere dubbi, insicurezze, preoccupazioni o perplessità, perché così facendo si rischia di
precludere futuri sviluppi, quindi si mette a rischio la fidelizzazione. In particolare, si è verificato che la rassicurazione si
ottiene anche attraverso messaggi “indiretti” come quelli inviati mediante la gestualità (che non deve essere eccessiva ma deve
enfatizzare i temi più importanti) e il modo di esprimersi: numerosi studi hanno mostrato che esprimersi con i verbi al presente
indicativo, evitando il condizionale o il futuro, tranquillizza l’interlocutore.
Riassumendo, la professionalità dell’addetto alle vendite non è fatta solo di orentamento ai rapporti interpersonali (cioè la
capacità di costruire relazioni piacevoli, sicure, durature ed affidabili col cliente) e di competenze tecniche, ma anche di
capacità di ascolto, comprensione delle esigenze del cliente e capacità di risoluzione (problem-solving) necessaria per la sua
soddisfazione.
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Durante la vendita: (a) i tre principi guida
Se l’ambiente ha ben predisposto il cliente, il compito dell’addetto alle vendite sarà agevolato.
Tale compito si sviluppa secondo di norma secondo tre principi guida:
1) La soddisfazione del cliente sta in cima alle priorità. Ciò significa saper ascoltare, capire gli interessi e i bisogni del
cliente e cercare soluzioni “su misura”.
2) La relazione deve diventare stabile e continuativa. Occorre agire da risolutore dei problemi per facilitare la
fidelizzazione, anche se talvolta questo comporta rinunciare ad una vendita; il rapporto non deve essere finalizzato alla
vendita una tantum (come forse una volta si pensava), ma alla fidelizzazione. Diventando sempre più difficile attrarre
nuovi clienti, è logico che mantenere i clienti attuali diventa fontamentale.
3) La comunicazione è a due vie, non è un monologo: occorre coinvolgere. Il cliente si convince più facilmente con il
coinvolgimento che con mirabolanti argomentazioni di vendita. L’addetto alle vendite parla poco e ascolta molto. È
stimolato dal confronto con il cliente.
Questi tre punti, se accuratamente sviluppati, portano a un meccanismo virtuoso, esposto in figura:
L'orientamento al cliente facilita
la partnership
La partnership produce
fidelizzazione
La fidelizzazione facilita lo
sviluppo della relazione
Tutti questi fattori
producono redditività
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Durante la vendita: (b) l’importanza delle variabili non verbali
Nel processo comunicativo agiscono diversi elementi: non solo le parole che diciamo, ma anche il modo in cui le pronunciamo, i
movimenti del nostro corpo e la direzione dello sguardo.
Un professionista gestisce in modo coerente i diversi fattori del processo di comunicazione, cercando di evitare contraddizioni e
dissonanze. La comunicazione non verbale veicola stati d’animo, sensazioni, punti di vista, etc.
Il bravo venditore controlla bene:
• Il saluto (anche se breve, non deve essere una frase fatta, pronunciata distrattamente; il cliente deve percepire
che è indirizzato proprio a lui)
• Il sorriso (aperto e cordiale)
• Lo sguardo (di riconoscimento e attenzione)
• La stretta di mano (decisa, a mano aperta)
Nella comunicazione occorre poi fare attenzione anche ad altri aspetti della “microcomunicazione”, come il tono della voce, il
linguaggio (parole semplici e comprensibili o più tecniche, in base al cliente), la postura (attenta, attiva, ma anche paziente). In
generale è sempre opportuno fare in modo che la propria comunicazione sia in sintonia con il cliente che si ha davanti.
Per sviluppare l’efficacia della comunicazione, e per fare arrivare con immediatezza i messaggi al cliente, è anche utile usare
gesti simbolici positivi che aiutino a capire e comprendere.
L’apertura
Per quanto riguarda il primo approccio con il cliente, molti sono i comportamenti che si possono mettere in atto, ma di sicuro
successo è la regola del “4 x 20”. Si tratta di una regola mnemonica conosciuta da tempo e sempre valida.
E’ importantissimo dare una buona prima impressione, quindi sono importanti
I primi 20 passi: il venditore si muove con sicurezza ed affidabilità
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I primi 20 centimetri della faccia: il venditore comunica con il viso cordialità e “ospitalità”
Le prime 20 parole: il venditore stimola l’interesse sin dalle prime parole
I primi 20 secondi: ahinoi, il venditore ha davvero poco tempo per creare la “prima impressione”!
Immediatamente dopo l’apertura comincia l’analisi delle esigenze. Prima di iniziare la fase di scoperta è buona norma
preparare il cliente alle nostre domande per non sembrare impiccioni o impreparati. E’ importante chiedere il permesso di fare
domande e chiarire che è per poter fornire la migliore soluzione: “per poterle essere utile ho bisogno di sapere qualcosa di più
su di lei, posso farle alcune brevi domande?”
L’esigenza può essere definita come ciò che serve per portare una persona dalla sua situazione attuale alla situazione
desiderata.
Spesso però il cliente ha esigenze vaghe, espresse in un linguaggio impreciso e che richiedono ulteriori approfondimenti. Vanno
individuati ed interpretati i bisogni anche latenti dell’interlocutore attraverso una vera e propria analisi. I passaggi successivi
CLIENTE
GAP ESIGENZA
SITUAZIONE ATTUALE
SITUAZIONE DESIDERATA
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sono quindi focalizzati nell’identificare le necessità e le aspettative del cliente. Dopo aver capito le esigenze, si devono
possibilmente anticipare preoccupazioni e reali necessità dedicando del tempo all’ascolto e dando risposte mirate.
Occorre tenere sempre a mente quanto già citato, ossia che conoscere i prodotti e avere esperienza diretta e dimestichezza
restituisce sicurezza e fiducia al cliente. E’ quindi fondamentale che chi è deputato al rilascio di competenze ed informazioni in
negozio sia bravo e competente. Non va dimenticato, comunque, che la sensibilità del cliente si può orientare verso modelli
diversi di relazione. Il grafico che segue illustra come i clienti possono dare maggiore o minore importanza ad all’aspetto
relazionale nei confronti di un approccio più informativo e/o maggiore o minore importanza al livello di servizio percepito nei
confronti del valore intrinseco, funzionale e tecnologico del prodotto.
Cliente
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Indipendentemente dalla maggiore o minore propensione dei clienti verso questi diversi aspetti, tutti apprezzano chi fornisce
risposte precise senza dilungarsi in spiegazioni poco pertinenti che potrebbero far perdere tempo.
E’ buona norma:
fornire la propria esperienza diretta evitando di lasciare impliciti alcuni argomenti, come se fossero noti o scontati;
comunicare con efficacia, usando termini comprensibili ed indicazioni precise;
ricordarsi di pensare ai prodotti complementari ed associabili per indirizzare il cliente verso un paniere di beni più
ampio o costituito da alternative.
Gestire i conflitti
In ogni trattativa di vendita i possibili conflitti e le divergenze sono all’ordine del giorno. Gestire un rapporto conflittuale
richiede molta energia e fa perdere tempo e concentrazione. La cosa migliore è tenere sempre a mente l’obiettivo finale:
l’obiettivo NON E’ dimostrare che si è bravi e preparati MA E’ offrire una proposta che fornisca delle soluzioni alle esigenze e
del cliente. Il centro è il cliente, non siamo noi.
Volgere il colloquio al positivo, all’efficacia di quanto proposto, alla pertinenza delle argomentazioni produce di norma un esito
positivo.
Di solito nessuno ama discutere e quindi mantenere l’equilibrio è la chiave di volta. Assumere un posizione distaccata senza
farsi coinvolgere direttamente ma dimostrando empatia per l’atteggiamento e le argomentazioni del nostro interlocutore aiuta
a cercare le soluzioni “win-win”. Un cliente è un capitale per il futuro e quindi vale la pena avere il controllo delle proprie
emozioni e cercare di risolvere qualsiasi divergenza senza creare tensioni!
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La chiusura
Questa fase, al contrario di quello che si pensa comunemente, non si esaurisce con la vendita, ma include altri due punti
fondamentali: la costruzione delle condizioni per il ritorno del cliente e la generazione di prospettive di vendita per il futuro.
Se abbiamo fatto un buon lavoro, ossia se il prodotto che abbiamo venduto risponde alle esigenze del cliente, se il prezzo di
cessione è remunerativo per noi ed alla portata del cliente, se abbiamo anche fornito consulenza e mantenuto un atteggiamento
positivo ed empatico, allora il cliente percepirà il valore di tutto questo anche successivamente alla vendita e ritornerà.
Tra le poche regole empiriche e di buon senso che aiutano a generare un sentimento di soddisfazione e di potenziale
fidelizzazione nel cliente, ricordiamo: l’importanza dell’ultimo istante della visita, le piccole gentilezze, il fatto di “sorprendere e
meravigliare”.
Altre azioni, sempre finalizzate al ritorno e alla fidelizzazione, possono essere messe in atto dopo che il cliente è uscito. Si
tratta di tutte quelle attività, cosiddette di post-vendita, che tengono il cliente legato dopo i primi aquisti.
Le principali sono:
1. Sconti su misura
2. Fidelity card (o omaggio dopo un certo numero di acquisti)
3. Servizi o prodotti dedicati e riservati
4. Social media marketing e attività DEM atte a mantenere il contatto
5. Eventi, open day, esperienze pratiche.
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L’NPS
Se, come si è visto nelle pagine precedenti, la fidelizzazione dei clienti è l’obiettivo ultimo, è necessario trovare un modo per
misurarla per verificare se le nostre azioni sono davvero efficaci a tale scopo.
Il Net Promoter Score (NPS®) è il più conosciuto di tutti gli indici per misurare la fidelizzazione dei propri clienti.
Come si calcola l'NPS di un'azienda? Semplicemente ponendo ai clienti la domanda banalissima: “Raccomanderesti questo
prodotto/servizio ad altri?”
In base al grado di “gradimento” del prodotto/servizio, i clienti vengono quindi divisi in Promotori (che raccomandano il
prodotto/servizio), Neutrali, e Delatori (che non lo raccomandano).
Per quanto il legame possa sembrare vago, migliaia di studi hanno confermato che quanto maggiori sono i promotori rispetto ai
delatori (quindi quanto più è alto l’ NPS, come vedremo tra poco), tanto più i clienti restano fedeli, i margini aumentano, e
aumenta il circolo virtuoso della reputazione (il passaparola positivo).
L’utilizzo di questo indice è ormai diffusissimo: dalle linee aeree alle società telefoniche, dai prodotti tecnologici alle palestre,
sicuramente anche a voi sarà capitato di sentirvi porre la fatidica domanda: “Raccomanderesti…?”
Come si calcola l’NPS
Le risposte alla domanda : “Raccomanderesti questo prodotto/servizio a qualcuno?” sono inserite in una scala di valori, da 1 a
10, dove 1 è pari a ASSOLUTAMENTE NO e 10 significa ASSOLUTAMENTE SI.
Coloro che hanno espresso un voto pari a 9 o 10 sono detti PROMOTORI (e sono quelli che parleranno bene del
prodotto/servizio)
coloro che hanno votato 7 o 8 sono gli indifferenti o neutrali; il loro voto non conta poiché si è verificato che sono i più
opportunisti, cambiano idea facilmente, non sono dei veri “difensori” dell’azienda;
infine tutti coloro che hanno votato da 1 a 6 sono i DETRATTORI (sicuramente hanno una cattiva opinione)
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E’ la differenza tra la percentuale di promotori e di detrattori a dare il Net Promoter Score.
Ad esempio:
se il 40% degli acquirenti ha votato 9 o 10
il 50% ha votato tra il 7 e l'8,
e il 10% ha votato tra 1 e 6,
il nostro punteggio NPS è pari a: 40% - 10% = 30%
E’ importante sapere che non esistono valori assoluti di NPS “buoni” o “cattivi”.
A rigor di logica, l’NPS deve essere positivo. In caso contrario, abbiamo più clienti scontenti che contenti e quindi è necessaria
un’analisi approfondita di cosa c’è di sbagliato nel nostro modello di business, nella qualità dei nostri prodotti o nel nostro
livello di servizio.
Ma quando l’NPS è positivo, non esistono valori di riferimento universalmente validi a cui confrontarsi: ogni business è diverso,
addirittura ogni area geografica può dare risultati diversi (certe regioni sono più di manica larga rispetto ad altre). Il modo
corretto di usare il valore dell’NPS è di monitorarlo nel tempo, ossia confrontarlo con il valore ottenuto dalla stessa attività in
un periodo precedente.
Ogni azienda, o ogni punto vendita, può quindi effettuare questa semplice indagine clienti ad es. una volta all’anno e verificare
l’andamento dell’NPS nel tempo.
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Perché usare il metodo del Net Promoter Score?
L’NPS è il termometro dello stato di salute della nostra attività.
Un NPS in calo ci segnala che c’è qualcosa che non va; non ci suggerisce le azioni da intraprendere per guarire, ma ci dà
un’indicazione precisa che, se non mettiamo in atto delle manovre correttive, i nostri margini caleranno, le spese
aumenteranno, e perderemo dei clienti.
Un NPS in crescita, al contrario, è indice di buona salute del business: si verifica infatti che i Promotori sono più fedeli, meno
elastici al prezzo, comprano di più e più spesso dei Delatori; sono inoltre più interessati a nuovi prodotti e ampliamenti di
gamma dei Delatori o dei Neutrali. I Delatori, pur continuando a essere clienti, sono insoddisfatti e reclamano più spesso,
consumando risorse e servizi post-vendita. I Detrattori sono inoltre responsabili dell’ 80-90% del passaparola negativo su
Internet.
E’ logico quindi che, a parità di profitti, un’attività voglia monitorare se i suoi clienti sono promotori o delatori, per poter
decidere se continuare ad adottare le medesime strategie oppure modificarle.
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Per riassumere
Mediamente, nel settore dettaglio, circa il 4% dei clienti registra un’insoddisfazione e disaffezione tale da abbandonare il punto
vendita abituale per comperare altrove. Ovviamente questi clienti vanno rimpiazzati e questo avvicendamento definisce il
cosiddetto “turnover”, che è appunto circa pari al 4%.
E’ superfluo ricordare che conquistare il 4% di nuovi clienti costa molto di più cercare di mantenere quelli vecchi. Vale la pena
sottolineare che nel gruppo dei clienti insoddisfatti circa il 96% (in sostanza tutti) non si lamenterà mai con voi. Il danno
ovviamente si diffonde perché questo gruppo parlerà male della sua esperienza con altri. Oggigiorno, per effetto di internet, il
danno generato dal passaparola mediatico è spesso superiore all’effettivo disservizio ed al reale peso dell’insoddisfazione
prodotta.
Quindi evitare che un cliente esca insoddisfatto è particolarmente importante. Adottare accorgimenti e rivedere le proprie
tecniche di relazione e vendita diventa un argomento su cui focalizzare molta attenzione, proprio perché, per l’effetto internet il
danno generato per il successivo passaparola mediatico, è spesso superiore all’effettivo disservizio ed al reale peso
dell’insoddisfazione prodotta.
In questo modulo abbiamo preso in considerazione gli aspetti ambientali che accolgono il cliente prima ancora che cominci la
fase della vendita, le qualità del personale addetto e gli obiettivi e i principi che lo devono guidare; abbiamo poi esaminato le
fasi della vendita: l’apertura, la gestione dei conflitti e la chiusura. Infine, abbiamo imparato a calcolare il NPS, un facile indice
di gradimento e fidelizzazione dei nostri clienti, utile per prevedere la crescita del business.