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daLLe comunità europee aLL’unione europea

sommario 1  La dichiarazione Schuman e la nascita della CECA.  2  La creazione della CEE e dell’Euratom.  3  Le adesioni di nuovi Stati (1972-1995).  4  Il Libro bianco per il completamento del mercato interno.  5  L’Atto unico europeo.  6  Il mercato unico europeo.  7  La nascita dell’Unione europea: il Trattato di Maastricht.  8  L’Unione economica monetaria (UEM) e l’introduzione dell’euro.  9  Il Trattato di Amsterdam.  10  Il Trattato di Nizza.  11  Il Trattato di lisbona.  12  L’adesione di nuovi Stati e l’Europa a 28.  13  Le prospettive di adesione all’Unione.

1  La dichiarazione schuman e La nascita deLLa ceca

Il 9 maggio 1950 (giorno che in seguito sarà indicato come festa dell’Unio-ne europea) l’allora ministro degli esteri francese robert schuman rende-va pubblica una dichiarazione con la quale proponeva di «mettere l’intera produzione francese e tedesca del carbone e dell’acciaio sotto una comune Alta autorità, nel quadro di un’organizzazione alla quale possono aderire gli altri paesi europei».

Per capire il senso della proposta francese si deve ricordare che lo sfruttamento dei ricchi giacimenti di carbone e di acciaio della Ruhr e della Saar era stato, spesso, mo-tivo scatenante di guerre tra la Francia e la Germania. Inoltre, a cinque anni dalla fine della seconda guerra mondiale, gli Stati occidentali (in particolare gli Stati Uniti e la Gran Bretagna) volevano evitare un nuovo isolamento della Germania, anche nell’ot-tica di contrastare l’affermarsi del blocco sovietico nell’Europa centro-orientale.

La costruzione dell’unione carbo-siderurgica costituiva un’esperienza del tutto originale; a differenza delle altre organizzazioni, si trattava di cedere un frammento di sovranità di ciascuno degli Stati membri (anche se in un settore limitato) ad un organismo sovranazionale, che avrebbe gestito in modo autonomo la politica comune nel settore.Si inaugurava, in tal modo, l’approccio funzionalista al processo di integra-zione europeo, che doveva attuarsi attraverso il graduale trasferimento di compiti e funzioni in settori circoscritti e ben determinati (il cd. sector by sector approach) a istituzioni indipendenti dagli Stati per una gestione ra-zionale e coordinata delle risorse comuni.

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La favorevole accoglienza alla proposta Schuman, che nel frattempo aveva ricevuto anche l’adesione dell’Italia, del Belgio, del Lussemburgo e dei Pa-esi Bassi, portò alla firma del trattato di parigi del 18 gennaio 1951 (entra-to in vigore il 23 luglio 1952) con il quale fu creata la comunità economi-ca del carbone e dell’acciaio (ceca).Firmato per un periodo di cinquant’anni, il 23 luglio 2002 il Trattato CECA è pervenuto a scadenza. tutte le attività e le passività della ceca residua-te al 23 luglio 2002 sono state trasferite alla comunità europea, oggi unio-ne europea. Il loro valore netto, come attualmente stabilito dal Protocollo n. 37 allegato al Trattato di Lisbona, è considerato patrimonio destinato alla ricerca in settori correlati all’industria del carbone e dell’acciaio.

2  La creazione deLLa cee e deLL’euratom

La positiva esperienza dei primi anni di attività della CECA indusse i gover-ni degli Stati aderenti a promuovere nuove forme di integrazione.

Un primo progetto in tal senso fu la firma del trattato istitutivo della comunità eu-ropea di difesa (ced) il 27 maggio 1952, che si proponeva di creare una struttura mi-litare comune in Europa. L’obiettivo, però, si rivelò troppo ambizioso perché gli Stati non erano ancora pronti a delegare la propria sovranità in un settore così delicato come quello della difesa militare, soprattutto a così poca distanza dalla fine del secon-do conflitto mondiale.La mancata ratifica da parte del Parlamento francese bloccò definitivamente il progetto, ponendo fine a qualsiasi dibattito o proposta circa la realizzazione di una «difesa co-mune» europea fino al 1992.

Il fallimento del progetto CED non interruppe, comunque, il cammino dell’in-tegrazione europea. Pochi anni dopo i sei Stati membri della CECA avviaro-no le trattative per costituire altre due Comunità.Nel corso dell’incontro tenutosi a Messina il 1° giugno 1955 i ministri degli esteri di tali Paesi delinearono le tappe per la costituzione della comunità europea dell’energia atomica (euratom o ceea) e della comunità econo-mica europea (cee), affidando ad un Comitato di delegati governativi, pre-sieduto dal ministro degli esteri belga paul henry spaak, il compito di esa-minare, perfezionare e trasformare in strumenti concreti le direttive e le idee scaturite dalla conferenza.I negoziati per la stesura dei due trattati iniziarono il 30 maggio 1956 e si protrassero fino al febbraio del 1957 (Conferenze di Bruxelles e Parigi) e, fi-nalmente, il 25 marzo dello stesso anno si giunse alla firma a roma dei trat-

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tati istitutivi della cee e dell’euratom; i due trattati entrarono in vigore il 1° gennaio 1958.Mentre il Trattato CECA prevedeva l’instaurazione di un’area di libero scam-bio limitatamente al settore del carbone e dell’acciaio (che implica l’aboli-zione dei dazi doganali interni e la soppressione di qualunque limitazione all’importazione e all’esportazione di tali prodotti tra gli Stati membri), i Trattati CEE ed Euratom gettavano le basi per la creazione di un’unione do-ganale di più ampio respiro, che implica anche l’adozione di una tariffa do-ganale comune nei confronti dei Paesi terzi, in aggiunta alle misure prima citate.L’obiettivo dell’instaurazione dell’unione doganale fu raggiunto il 1° luglio 1968, allorché fu fissata una tariffa doganale comune (TDC); dopo questa data tutti gli sforzi dei Paesi membri furono indirizzati alla realizzazione di un’unione economica, cioè di uno spazio interno in cui fosse assicurata la piena libertà di circolazione delle merci, dei servizi, dei capitali e delle per-sone (cd. quattro libertà), nonché il perseguimento di politiche economi-che comuni.

3  Le adesioni di nuovi stati (1972-1995)

L’unico grande Stato europeo che non aveva aderito al progetto lanciato nel 1950 era il Regno Unito, che decise di creare nel 1960 una semplice area di libero scambio in-sieme ad altri Stati europei (l’EFTA - European Free Trade Area). Tuttavia, già a parti-re dal 1961, il governo britannico cominciò a modificare il proprio orientamento e pre-sentò una prima domanda di adesione, a cui si oppose il governo francese (all’epoca guidato dal generale de Gaulle). Sorte analoga toccò ad una nuova domanda di ade-sione presentata nel 1967, bloccando in tal modo per diversi anni qualunque proget-to di allargamento delle Comunità europee.Soltanto nei primi anni Settanta, una volta attenuatasi l’opposizione francese all’ade-sione del Regno Unito, fu possibile riprendere le trattative per estendere la member-ship a nuovi Paesi. I negoziati si conclusero il 22 gennaio 1972 con l’adesione di quat-tro Stati (alla domanda del regno unito, infatti, si erano aggiunte nel frattempo quel-le di irlanda, danimarca e norvegia).Nel corso di quell’anno, però, in norvegia si tenne un referendum che bocciò il pro-getto di adesione dello Stato scandinavo. Dal 1° gennaio 1973, quindi, soltanto 3 Sta-ti aderirono alle Comunità, portando il numero totale dei Paesi membri a 9.Una nuova adesione si ebbe nel 1981, quando entrò a far parte della Comunità la Gre-cia. Lo Stato ellenico aveva già firmato nel 1961 un accordo di associazione, che rap-presentava il primo passo per una adesione a pieno titolo. L’instaurazione di una dit-tatura militare nel 1967, tuttavia (nota come «dittatura dei colonnelli»), impedì per

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diversi anni qualunque progresso nei negoziati di adesione. Una volta ricostituito un regime democratico (1974), le trattative per l’adesione furono riavviate nel 1976 e si conclusero nel 1979; a partire dal 1° gennaio 1981 la Grecia è diventato il decimo Sta-to membro delle Comunità.Negli anni Settanta caddero altri due regimi autoritari in Europa, quello portoghese e quello spagnolo, avviando un processo di democratizzazione che avrebbe consentito a questi due Stati di aderire a pieno titolo alle Comunità europee. Nel 1974, infatti, in portogallo ebbe fine la dittatura militare con la cd. rivoluzione dei garofani e l’anno successivo morì in spagna Francisco Franco, che per circa 40 anni aveva guidato un regime dittatoriale. Le trattative per l’adesione dei due Stati mediterranei si conclu-sero nel mese di marzo del 1985 e dal 1° gennaio dell’anno successivo essi aderirono a pieno titolo alle Comunità, portando il numero totale dei Paesi membri da 10 a 12.Ulteriore ampliamento delle Comunità europee si è avuto nel 1995, con l’acquisizio-ne della membership da parte di austria, Finlandia e svezia. In realtà la domanda di adesione era stata presentata anche dalla Norvegia, ma come negli anni Settanta un referendum aveva bocciato l’ingresso del Paese scandinavo. Dal 1° gennaio 1995, quin-di, i Paesi membri sono passati da 12 a 15, più del doppio rispetto ai sei Stati che ini-zialmente avevano aderito all’idea di Robert Schuman.Nel par. 11 daremo conto del successivo ampliamento dell’Unione che oggi conta ben 27 Stati membri.

4  iL LiBro Bianco per iL compLetamento deL mercato in-terno

Dopo la crisi mondiale che caratterizzò gli anni Settanta e il rallentamento del processo d’integrazione comunitario che ne seguì, era unanimamente avvertita l’esigenza di ridare nuovo slancio e vigore alla cooperazione eu-ropea.L’impulso decisivo venne dalla Commissione presieduta da Jacques delors, che nel giugno 1985 presentò un Libro bianco per il completamento del mercato interno.

In questo documento venivano analizzati tutti gli ostacoli che si frapponevano ad una completa realizzazione dell’unione economica tra gli Stati delle Comunità europee e si avanzavano proposte volte a superarli.

I tre obiettivi principali del programma erano:

• integrare i mercati nazionali per trasformarli in un mercato unico;• rendere questo mercato unico un mercato in espansione, estremamente dina-

mico;• garantire la necessaria flessibilità, al fine di canalizzare al meglio le risorse uma-

ne, materiali e finanziarie verso i settori di utilizzazione ottimali.

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5  L’atto unico europeo

I problemi e le soluzioni individuate nel Libro bianco costituirono la base della Conferenza intergovernativa che si riunì a Lussemburgo il 9 settem-bre 1985 e nella quale furono predisposte le strategie per il rilancio del pro-cesso di integrazione europeo.I lavori della Conferenza, infatti, ebbero termine a Bruxelles il 28 febbraio 1986 con l’adozione dell’atto unico europeo, entrato successivamente in vigore il 1° luglio 1987 a seguito della ratifica dei Parlamenti degli Stati membri (in Italia con la L. 23 dicembre 1986, n. 909).L’obiettivo più importante previsto da tale accordo era la realizzazione, en-tro il 31 dicembre 1992, del mercato unico, cioè di uno spazio senza fron-tiere interne nel quale fosse assicurata la libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali.

6  iL mercato unico europeo

Il periodo che va dall’entrata in vigore dell’Atto unico europeo alla data del 1° gennaio 1993, fissata per l’avvio del mercato unico, è stato caratterizzato da un’intensa attività per le istituzioni comunitarie. La necessità di procedere ad una completa armonizzazione delle diverse legislazioni degli Stati membri, al fine di eliminare tutte le barriere (fisiche, tecniche e fiscali) che si frap-ponevano al processo di integrazione, ha reso necessario un lungo e pa-ziente lavoro da parte della Commissione. Nonostante le inevitabili difficol-tà l’obiettivo è stato comunque centrato e, a partire dal 1° gennaio 1993, tra i paesi membri della comunità europea (nuova denominazione che il Trattato di Amsterdam ha conferito alla Comunità economica europea) sono caduti tutti gli ostacoli di natura burocratica e tariffaria che ostacolavano la circolazione dei beni e dei servizi.Il laborioso e interessante lavoro finalizzato al completamento del merca-to unico è proseguito parallelamente ad un’intensa attività volta a deline-are le future tappe dell’integrazione comunitaria. Preso atto dell’imminen-te raggiungimento dell’obiettivo fissato per il 1993, le istituzioni europee avevano avviato già dal 1988 i contatti che sarebbero sfociati nella firma del Trattato di Maastricht, che ancora una volta sottolineava l’ottica nella quale si muove il processo di integrazione europea: periodicamente ven-gono fissate delle scadenze, raggiunte le quali si passa ad una nuova fase di collaborazione e vengono delineati nuovi e più ambiziosi traguardi: quel-

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lo fissato dal Trattato di Maastricht ha portato ad una completa unione eco-nomica e monetaria.

7  La nascita deLL’unione europea: iL trattato di maastricht

Ufficialmente noto come trattato sull’unione europea (tue), il Trattato fir-mato a maastricht il 7 febbraio 1992 (ed entrato in vigore il 1° novembre 1993) ha inaugurato una nuova fase del progetto di integrazione europea, che ha previsto la realizzazione di una comunità politica, oltre che econo-mica, unica nel suo genere.Per le sue peculiarità, l’Unione europea non trova paragoni in altre forme di cooperazione interstatuale e, pertanto, è stata spesso definita come un ordinamento sui generis che alterna elementi straordinariamente innova-tivi di sovranazionalità ad altri, più tradizionali, di cooperazione intergover-nativa.

La sua struttura, così come delineata a Maastricht (e fino alle innovazioni apportate dal Trattato di Lisbona), si è presentata come un complesso mo-dello interistituzionale a composizione mista (Stati, istituzioni, persone) che, secondo una visione alquanto «barocca», può essere immaginato come un tempio sorretto da tre «pilastri»:

• la dimensione comunitaria, disciplinata dalle disposizioni prima conte-nute nei Trattati istitutivi delle Comunità europee (cd. primo pilastro) e poi confluite, con la riforma di Maastricht, nel Trattato sulla Comunità europea (TCE);

• la politica estera e di sicurezza comune (pesc), disciplinata dal titolo V del Trattato sull’Unione europea (cd. secondo pilastro);

• la cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni (Gai), poi trasformata in cooperazione di polizia e giudiziaria in materia pe-nale (cd. terzo pilastro) dal Trattato di Amsterdam e contemplata dal ti-tolo VI del Trattato sull’Unione europea.

La struttura a tempio è frutto di un compromesso faticosamente raggiunto fra le vo-lontà contrapposte degli Stati membri al momento della firma del Trattato di Maa-stricht. In quell’occasione alcuni Paesi, temendo che una netta separazione potesse provocare la disgregazione della costruzione europea, propendevano per l’inserimen-to dei tre pilastri in un testo giuridico unitario, assimilando di fatto le nuove politiche a quelle già previste dai trattati originari. Altri sostenevano, invece, la necessità di sal-vaguardare il potere decisionale degli Stati membri nei settori della politica estera

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nonché degli affari interni e della giustizia. Il risultato finale fu questa anomala strut-tura che attribuiva alle diverse istituzioni ruoli diversi a seconda del pilastro in cui ope-ravano.

La comunità europea (ce) è sempre stata considerata come una comuni-tà di diritto di tipo sovranazionale, fondata su competenze di attribuzione: gli Stati membri, ricorrendo al principio costituzionale della cessione di quo-te di sovranità, hanno affidato alla gestione centralizzata delle istituzioni comunitarie tutte quelle materie che ritenevano potessero essere meglio disciplinate ad un livello sovranazionale (riguardanti essenzialmente la sfe-ra economico-sociale), sottoponendosi ad atti normativi (regolamenti, de-cisioni, sentenze della Corte di giustizia etc.) aventi effetti giuridici vinco-lanti, in grado persino di abrogare fonti del diritto interne.il secondo ed il terzo pilastro, invece, sono stati sempre caratterizzati da una struttura più tradizionale, intergovernativa, in cui il potere decisiona-le è stato attribuito agli Stati membri.L’adozione degli atti riconducibili a tali pilastri (strategie, azioni e posizioni comuni), infatti, è stata demandata al Consiglio europeo e al Consiglio che, a differenza della Commissione e del Parlamento europeo, ancora oggi non rappresentano gli interessi collettivi dell’Unione europea, bensì quelli na-zionali.

PRIMOPILASTRO

CE +CECA

(FINO AL 2002) +EURATOM

METODOCOMUNITARIO

SECONDOPILASTRO

POLITICA ESTERAE DI SICUREZZACOMUNE (PESC) (TITOLO V TUE)

TERZOPILASTRO

COOPERAZIONEGIUDIZIARIA

E DI POLIZIA INMATERIA PENALE(TITOLOO VI TUE

UNIONEEUROPEA

DISPOSIZIONI COMUNI

METODOINTERGOVERNATIVO

METODOINTERGOVERNATIVO

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8  L’unione economica e monetaria (uem) e L’introduzione deLL’euro

Il Trattato di Roma non conteneva disposizioni che impegnassero gli Stati membri dell’allora Comunità economica europea a cedere alle istituzioni comunitarie competenze in materia di politica economica e monetaria, pur prevedendo un coordinamento delle rispettive politiche nazionali.

Tale coordinamento era stato rafforzato negli anni Settanta con la creazione del siste-ma monetario europeo (sme), meccanismo entrato in vigore il 13 marzo 1979 per superare il fallimento del precedente «serpente monetario» stabilendo tra le econo-mie dei Paesi membri non soltanto relazioni di cambio più stabili e una progressiva convergenza tra le diverse valute, ma anche una disciplina comune nel campo della politica economica e monetaria.

L’Atto unico europeo (AUE) del 1986 aveva gettato le basi per una «coope-razione in materia di politica economica e monetaria», trasposta anche nel Trattato CEE all’art. 102, che prevedeva la realizzazione di una vera e pro-pria «unione economica e monetaria» (uem).

Le tappe concrete di tale processo sono state individuate dal rapporto de-lors approvato in occasione del Consiglio europeo di Hannover del 26-27 giugno 1988, che ha scandito il processo di integrazione monetaria in tre fasi successive:

• durante la prima fase (1° luglio 1990 – 31 dicembre 1993) è stato com-pletamente liberalizzato il movimento dei capitali e si è raggiunta una maggiore convergenza economica tra gli Stati membri. Con l’entrata in vigore del trattato di maastricht, in particolare, l’uem è stata concre-tamente realizzata, e il suo obiettivo di introdurre una moneta unica esplicitamente inserito all’art. 2 del Trattato sull’Unione europea;

• nel corso della seconda fase (1° gennaio 1994 – 31 dicembre 1998), gli Stati membri si sono impegnati a far convergere le proprie econo-mie attraverso il rispetto di quattro criteri, meglio noti come parame-tri di maastricht (v. infra) ed stato istituito l’IME (Istituto Monetario Europeo) con funzioni di coordinamento tra le varie politiche mone-tarie;

• la terza fase (iniziata il 1° gennaio 1999) ha previsto la fissazione di tas-si di cambio irrevocabili tra l’euro, entrato materialmente in circolazio-ne il 1° gennaio 2002, e le valute nazionali dei paesi aderenti alla mo-neta unica.

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Fanno parte dell’UEM sin dal 1° gennaio 1999 Belgio, Germania, Francia, Spa-gna, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Austria, Portogallo e Finlandia; ad essi si sono poi aggiunti la Grecia (1° gennaio 2001), la Slovenia (1° gen-naio 2007), Cipro e Malta (1° gennaio 2008), la Slovacchia (1° gennaio 2009), l’Estonia (1° gennaio 2011) la Lettonia (1° gennaio 2014) e la Lituania (1° gen-naio 2015).

i criteri di convergenza (o parametri di maastricht)I criteri di convergenza per adottare la moneta unica sono stati inseriti in un Proto-collo allegato al previgente Trattato di Maastricht (ora divenuto Protocollo n. 13 e al-legato al Trattato di Lisbona). Essi riguardano:

• la stabilità dei prezzi. Il tasso medio di inflazione misurato sui prezzi al consumo e rilevato in tutti gli Stati membri non deve superare dell’1,5% quello dei tre Stati membri che hanno conseguito il più basso tasso d’inflazione nei dodici mesi pre-cedenti l’esame d’ammissibilità;

• il bilancio pubblico. Il rapporto tra disavanzo pubblico (indebitamento della pub-blica amministrazione) e PIL non deve essere superiore al 3%, mentre il debito to-tale non deve superare il 60% del PIL;

• la stabilità del cambio. Le monete nazionali devono aver fatto parte per almeno due anni dello SME (divenuto SME-2 dal 1999) rispettando il proprio margine di oscillazione (± 15% rispetto alla parità centrale) e non devono aver subito svaluta-zioni valutarie;

• i tassi d’interesse. Il tasso di interesse nominale a lungo termine di uno Stato mem-bro non deve essere superiore del 2% rispetto a quelli dei tre Stati membri, al mas-simo, che hanno conseguito i migliori risultati in termini di stabilità dei prezzi.

La crisi greca e l’unione europea Nel 2009 inizia ufficialmente la crisi economica della Grecia, quando il primo mini-stro socialista Papandreou rivela pubblicamente che per garantire l'adozione dell'eu-ro da parte del paese i bilanci economici, inviati all’Unione europea dai precedenti governi, erano stati falsificati. Da quel momento crisi di fiducia e forte crescita del debito pubblico hanno creato l’al-larme e il 2 maggio 2010 è stato approvato un prestito di salvataggio dai paesi dell’ eurozona e dal Fondo monetario internazionale condizionato alla realizzazione di se-vere misure di austerità.La situazione non sembra migliorare nel 2011, e una seconda operazione di salvatag-gio è stata attivata, nel marzo del 2012, grazie alla troika (l’insieme dei creditori uffi-ciali durante le negoziazioni con i paesi, costituita da rappresentanti della commis-sione europea, della Banca centrale europea e del Fondo monetario internazionale e volta alla risoluzione della crisi economica della Grecia il cui intervento ha permes-

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so di convincere la Germania ad attivare il cosiddetto “fondo salva-stati” –MES), in-tanto istituita allo scopo di assicurare alla Grecia maggiore disponibilità economica e scongiurare il rischio di insolvenza dello Stato. Ma ciò ha richiesto, in cambio, la mes-sa in opera di politiche di austerità, mediante diversi tagli alla spesa pubblica; il pia-no avrebbe dovuto coprire i bisogni di questo Stato per il triennio 2012-2014. Nel frattempo le misure di contenimento delle spese, adottate dal governo greco, fan-no crescere un sentimento antipolitico; fanno emergere chiaramente il peso degli eu-roscettici, sostenitori di un’Europa diversa e degli antieuropeisti, più oltranzisti che vorrebbero ritornare alla piena sovranità nazionale e, soprattutto, l’uscita della Gre-cia dall’euro. Tale quadro politico risulta , inoltre, confermato (nonostante la vittoria dei sostenitori dell’Unione) all’indomani delle elezioni del Parlamento europeo, nel maggio 2014.Verso la fine dello stesso anno, sebbene la Grecia registri una debole crescita, la si-tuazione politica e sociale precipita, le varie restrizioni messe in atto determinano conseguenze disastrose sul piano dell’occupazione e della protezione sociale, con una forte crescita della povertà. Le elezioni del 2015 premiano il raggruppamento di sinistra Siriza, e Alexis Tsipras, il leader del raggruppamento, è il nuovo capo del governo. Il suo obiettivo è quello di instaurare un diverso rapporto con le istituzioni europee, ma quando la Grecia si sot-trae alla restituzione di un prestito al F.M.I, in scadenza a giugno del 2015, le trattati-ve per ottenere nuovi aiuti e una decurtazione del debito diventano via via più diffi-cili. Di conseguenza la BCE smette di erogare credito alla Banca centrale greca e le banche elleniche chiudono gli sportelli e i prelievi vengono contingentati. Tsipras indice così un referendum sulle proposte dei creditori di ristrutturazione del debito, con le relative misure di austerità, ottenendo da parte della popolazione, or-mai esasperata, un trionfo del no al piano presentato dai creditori.a seguito del vertice euro del 12 luglio, anche se è stato concluso un negoziato, com-plicatissimo, con i partner europei, per ottenere l’esborso di prestiti per un ammonta-re complessivo di circa 86 miliardi di euro, vista l’assoluta necessità di ricostruire la fi-ducia con le autorità greche (e accogliendo quindi il Vertice gli impegni assunti da det-te autorità a legiferare su una prima serie di misure), rimane il fatto che l’unione eu-ropea è in declino e la sua unione monetaria si è notevolmente indebolita, essendo-si prospettata per la prima volta l’espulsione di un paese dalla zona euro (peraltro non prevista dai Trattati). E ciò, come molti pensano, trae origine soprattutto dalla dispera-zione e dalla conseguente disaffezione dei cittadini verso una Unione nella quale si ri-conoscono sempre meno, piuttosto che da una reale strategia di dimensione europea.In quest’ottica, si sottolinea che se da un lato occorre stimolare l’Unione europea e le sue istituzioni a una maggiore solidarietà, unione politica e visione strategica, consi-derando che l’Europa delle regole ha creato fratture sempre più profonde scatenan-do guerre di religione e di interessi tra paesi forti e deboli, dall’altro è necessario per la Grecia, come per tutti i paesi europei puntare a una più seria responsabilità per ri-costruire la propria economia, affrancandosi da derive assistenzialiste.

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9  iL trattato di amsterdam

Frutto dei lavori svolti dalla Conferenza intergovernativa (CIG) dal marzo 1996 al giugno 1997, il trattato di amsterdam è stato ufficialmente firma-to il 2 ottobre 1997 ed è entrato in vigore il 1° maggio 1999 (l’Italia ha prov-veduto alla ratifica con L. 16 giugno 1998, n. 209).La più importante novità introdotta dal Trattato nell’ambito delle politiche comunitarie è consistita nell’impegno assunto per la promozione di un più alto livello occupazionale: nel Trattato istitutivo della Comunità europea, infatti, è stato aggiunto un nuovo titolo interamente dedicato alle proble-matiche occupazionali, con il quale, pur ribadendo la responsabilità dei sin-goli Stati membri in materia di occupazione, si è tentato di introdurre un coordinamento anche a livello europeo. Si è, inoltre, modificato l’assetto istituzionale, aumentando i poteri del Parlamento europeo (divenuto co-le-gislatore dell’Unione insieme al Consiglio grazie all’introduzione della cd. procedura di codecisione), snellendo il processo di adozione degli atti co-munitari e rafforzando i poteri del Presidente della Commissione.Le modifiche più rilevanti hanno, però, investito il terzo pilastro, con la co-munitarizzazione di alcune materie che in precedenza venivano trattate esclusivamente secondo il metodo intergovernativo (rilascio di visti, conces-sione di asilo, azione comune in materia di immigrazione, cooperazione giu-diziaria in materia civile etc.). Conseguentemente, la cooperazione in mte-ria di giustizia e affari interni istituita a Maastricht ha assunto la nuova de-nominazione di «cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale».È stata, infine, introdotta la cd. cooperazione rafforzata, consistente nella facoltà, per quegli Stati membri intenzionati a perseguire determinate po-litiche comuni, di procedere anche in assenza di una volontà condivisa da tutti i Paesi membri. Tale strumento ha rappresentato il fondamento di un’integrazione differenziata, multilivello, ideata allo scopo di far procede-re il processo di integrazione al ritmo degli Stati più dinamici, superando in tal modo le reticenze dei Paesi meno «europeisti».

10  iL trattato di nizza

Uno dei nodi irrisolti con l’approvazione del Trattato di Amsterdam era il nuovo assetto istituzionale da dare all’Unione europea in previsione del fu-turo allargamento, che comportava la necessità di rendere le procedure decisionali delle istituzioni comunitarie più semplici ed efficaci.

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Per evitare che l’adesione di nuovi Paesi comportasse la paralisi deci-sionale dell’Unione, è stata convocata una nuova Conferenza intergo-vernativa, incaricata di elaborare una bozza di trattato contenente le necessarie modifiche istituzionali. I lavori si sono conclusi nel corso del Consiglio europeo del 7-9 dicembre 2000 e gli Stati membri hanno po-tuto ufficialmente procedere alla firma del trattato di nizza il 26 febbra-io 2001.

Il nuovo testo ha apportato ai trattati preesistenti modifiche estremamente tecniche, ma indispensabili per delineare il nuovo equilibrio istituzionale dell’Unione. Tra le no-vità più significative ricordiamo:

• una nuova ripartizione del numero dei rappresentanti degli Stati membri nelle isti-tuzioni e negli organi comunitari. Per il Consiglio, invece, è stata introdotta una nuova ponderazione dei voti;

• un ulteriore ampliamento dei poteri del Presidente della Commissione europea, a cui è stato attribuito un vero e proprio potere direttivo sulla Commissione, con la possibilità di decidere sulla struttura interna, sulla nomina dei vicepresidenti e con la facoltà di richiedere le dimissioni di un «commissario»;

• una drastica riduzione dei casi in cui era previsto il voto all’unanimità da parte del Consiglio, con il relativo aumento degli atti adottati a maggioranza qualificata;

• modifiche all’ordinamento giudiziario comunitario. Per poter assorbire l’aumen-tato carico di lavoro, la competenza del Tribunale di primo grado è stata estesa anche ad altre materie in precedenza di esclusiva competenza della Corte di giu-stizia, creando nella pratica un vero e proprio doppio grado di giurisdizione tra il Tribunale e la Corte.

11  iL trattato di LisBona

In seguito al fallimento del progetto di costituzione europea, si è deciso di avviare un processo di riforma che, anziché portare all’adozione di un unico testo di livello costituzionale, riformasse i trattati già vigenti, supe-rando in tal modo le reticenze dei Paesi membri.

Le istituzioni europee e i Paesi dell’Unione avevano deciso, nel 2000, di procedere all’approvazione di una sorta di «trattato costituzionale europeo», in concomitanza con il processo di allargamento, affidando ad un organismo ad hoc, la Convenzione sul futuro dell’Europa, il compito di prepararne la bozza (nato nel 2002, tale organismo era diretto dall’ex Presidente francese Valéry Giscard d’Estaing e composto da rappre-sentanti delle istituzioni europee, dei governi nazionali e della società civile).Dopo circa un anno di intenso lavoro, nel mese di luglio del 2003 il testo è stato pre-sentato agli Stati membri, e firmato a Roma il 29 ottobre 2004, ma è stato poi boccia-to dai referendum tenutisi in Francia e nei Paesi Bassi.

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Il Consiglio europeo del 21-22 giugno 2007 ha, così, incaricato la Conferen-za intergovernativa svoltasi tra il 23 luglio e il 18 ottobre dello stesso anno di elaborare il testo di riforma (che ha ripreso, tra l’altro, molte delle pro-poste del progetto costituzionale).Il 13 dicembre 2007 è stato, dunque, firmato a Lisbona il nuovo trattato (ufficialmente «Trattato che modifica il Trattato sull’Unione europea e il Trattato che istituisce la Comunità europea»), entrato in vigore il 1° di-cembre 2009 dopo un lungo e travagliato iter di ratifica da parte degli Sta-ti membri.

Tale iter si è concluso solo il 3 novembre 2009, in seguito alla sentenza emessa dalla Corte costituzionale della Repubblica ceca che ha confermato la compatibilità del Trat-tato con la Carta costituzionale.

Prima di ciò, il processo di ratifica era stato ostacolato da una serie di circostanze:

• l’esito negativo del referendum tenutosi in Irlanda il 12 giugno 2008, superato con l’indizione di una seconda consultazione il 2 ottobre 2009 in cui il popolo irlande-se, ottenute le necessarie garanzie giuridiche in ordine alle politiche fiscali, alle que-stioni sociali e ai diritti alla vita e alla famiglia, si è espresso in favore della ratifica;

• la lunga attesa, in Germania, della pronuncia di compatibilità del Trattato con la Legge fondamentale tedesca da parte della Corte costituzionale federale;

• l’euroscetticismo del Presidente polacco, che ha finalmente firmato lo strumen-to di ratifica nell’ottobre 2009 (dopo ben sei mesi dall’approvazione di quest’ulti-mo in sede parlamentare).

Nei suoi aspetti essenziali, il Trattato di Lisbona prevede una profonda mo-difica del Trattato della Comunità europea (TCE) e del Trattato dell’Unione europea (TUE).

Il tue conserva la sua originaria denominazione ed è suddiviso in 6 Titoli, i primi tre dei quali presentano le innovazioni di maggior rilievo:

• il Titolo I (disposizioni comuni) accoglie un esplicito riferimento ai valo-ri su cui si fonda l’Unione, una chiara ripartizione di competenze tra l’unione e gli stati membri e un definitivo richiamo ai diritti fondamen-tali dell’uomo. Sotto l’ultimo profilo, la carta dei diritti fondamentali dell’unione europea diventa finalmente atto giuridico vincolante per tutte le istituzioni europee, sebbene non sia stata incorporata nel TUE e resti, dunque, un testo separato;

• nel Titolo II (disposizioni relative ai principi democratici) sono inseriti al-cuni importanti articoli aventi ad oggetto, ad esempio, i principi di ugua-glianza giuridica dei cittadini, di democrazia rappresentativa e parteci-

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1 Dalle Comunità europee all’Unione europea 19

pativa, il diritto di iniziativa dei cittadini e il ruolo dei parlamenti nazio-nali nella vita democratica dell’Unione;

• nel Titolo III, infine (disposizioni su una cooperazione rafforzata), tro-vano spazio tutte le principali norme che disciplinano le istituzioni eu-ropee. Di particolare rilevanza è l’inserimento del consiglio europeo nel quadro istituzionale dell’unione (il Consiglio europeo non aveva mai fatto parte delle istituzioni europee fino ad allora, trattandosi più semplicemente di una riunione dei capi di Stato e di governo dei Pae-si membri).

Il tce, invece, assume la nuova denominazione di trattato sul funziona-mento dell’unione europea (tFue): la comunità europea viene, così, as-sorbita dall’unione, razionalizzando notevolmente la complessa struttura «a tempio» dell’organizzazione.

Tra le principali novità presenti nel TFUE ricordiamo:

• la formulazione di nuovi obiettivi (circa una trentina) che l’Unione deve perseguire. Tra essi la pace, la piena occupazione, lo sviluppo sosteni-bile, la tutela della diversità culturale, la solidarietà, la coesione e la pro-tezione dei cittadini;

• l’estensione del voto a maggioranza qualificata ad alcuni settori in cui era precedentemente richiesta l’unanimità;

• la generalizzazione della procedura di codecisione, rinominata «proce-dura legislativa ordinaria», che prevede un coinvolgimento a pieno tito-lo del Parlamento europeo nell’adozione di (quasi tutti) gli atti europei;

• la chiara distinzione tra atti legislativi e atti non legislativi europei;• l’introduzione di una clausola di recesso dall’Unione, che consente ad

un Paese membro di abbandonare l’organizzazione al termine di una specifica procedura.

12  L’adesione di nuovi stati e L’europa a 28

Fino al 1990 il continente europeo si presentava nettamente separato in due, quale conseguenza della guerra fredda che aveva caratterizzato le re-lazioni internazionali dal secondo dopoguerra: da un lato, gli Stati dell’Eu-ropa occidentale, alleati degli Stati Uniti e riuniti militarmente nella NATO, dall’altro, i Paesi dell’Europa orientale, posti sotto l’influenza dell’Unione Sovietica e stretti da un’alleanza militare tramite il Patto di Varsavia.Gli eventi politici che si sono susseguiti nell’ultimo decennio del secolo scor-

20 La nascita e la struttura istituzionale dell’Unione europea

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so hanno definitivamente posto fine alla divisione (politica, militare, ideo-logica, economica) dell’Europa, e negli anni successivi ben 10 stati appar-tenenti all’ex blocco comunista hanno presentato domanda di adesione all’Unione europea, cui si sono aggiunte le richieste di malta e cipro.Il 16 aprile 2003 sono stati firmati ad atene i trattati di adesione di 10 nuo-vi stati, 8 ex socialisti (Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Repubblica ceca, Slovacchia, Slovenia e Ungheria) e 2 appartenenti all’area del Mediterra-neo (Cipro e Malta), che hanno acquisito la membership a pieno titolo il 1° maggio 2004.Successivamente è stato firmato sotto il trattato di adesione con la roma-nia e la Bulgaria, entrambe entrate ufficialmente a far parte dell’Unione europea dal 1° gennaio 2007. Nel dicembre 2011 anche la croazia firma il trattato di adesione con l’Unio-ne e diventa, a pieno titolo, Stato membro il 1° luglio 2013. A partire da tale data l’Unione europea conta 28 Stati membri.

13  Le prospettive di adesione aLL’unione

La grande forza di attrazione esercitata dall’Unione europea in questi anni è ben evidenziata dalle diverse adesioni che hanno portato il numero de-gli stati membri dagli originari 6 agli attuali 28.Tra i Paesi che hanno presentato domanda di adesione estremamente con-troversa è la posizione della turchia.A seguito delle conclusioni del Consiglio europeo di Bruxelles (16-17 dicembre 2004), nell’ambito delle quali si era pervenuti alla constatazione che la Turchia poteva soddisfare i criteri di politici di Copenaghen (garanzia di democrazia, principio di legalità, diritti umani e rispetto e protezione delle minoranze), si era raggiunto l’accordo per iniziare i negoziati di adesione il 3 ottobre 2005. tuttavia le prospettive di ingresso nell’unione sono ancora lontane.Altri Stati che hanno presentato richiesta di adesione sono la ex Repubbli-ca jugoslava di macedonia, a cui è stato accordato lo status di paese can-didato (nel 2005, poi confermato nel 2011), il montenegro e l’albania che hanno acquisito lo status di candidati rispettivamente nell’ottobre 2011 e nel giugno 2014. Anche la serbia è dal 1° marzo 2012 paese candidato e nel gennaio 2014 sono iniziati i negoziati di adesione.La Bosnia-erzegovina e il Kosovo hanno avviato con l’Unione un processo di stabilizzazione e associazione che ha portato per la prima, nel giugno del

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1 Dalle Comunità europee all’Unione europea 21

2008, alla firma dell’accordo e, nel 2012, ad istituire un dialogo ad alto livel-lo con l’UE sul processo di adesione. Per il Kosovo invece c’è solo la decisio-ne, adottata nel 2013, di intraprendere l’accordo di stabilizzazione e associa-zione.L’islanda, in passato restia all’ingresso nell’Unione europea, ha presentato do-manda ufficiale di adesione il 7 luglio 2009; i negoziati sono poi stati avviati il 27 luglio 2010. Ma nel 2013 dopo le elezioni parlamentari e la vittoria degli euroscettici, il nuovo governo ha sciolto il comitato per i negoziati di adesio-ne e ha comunicato poi nel marzo 2015 il ritiro della domanda di adesione.La domanda di adesione della svizzera, pur non essendo mai stata formal-mente ritirata, è da considerarsi sospesa a seguito del referendum che, nel 1992, bocciò l’adesione allo Spazio Economico Europeo; i rapporti con que-sto Stato sono attualmente regolati da diversi accordi bilaterali.

La struttura deL trattato di LisBona

articoli contenuto

art. 1 Modifiche, in 61 punti, al Trattato sull’Unione europea (TUE)

art. 2 Modifiche, in 295 punti, al Trattato istitutivo della Comunità europea (TCE), ride-nominato Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE)

art. 3 Durata: il trattato è concluso per una durata illimitata

art. 4 Protocolli allegati:— protocollo n. 1, contenente le modifiche ai protocolli allegati al TUE, al TCE e/o

al Trattato che istituisce la Comunità europea dell’energia atomica (TCEEA)— protocollo n. 2, contenente le modifiche al TCEEA

art. 5 Nuova numerazione del TUE e del TCE (articoli, sezioni, capi, titoli, parti) così come indicata nelle «tabelle di corrispondenza» allegate al trattato per costituirne parte integrante

art. 6 Entrata in vigore: prevista per il 1° gennaio 2009 o il primo giorno del mese suc-cessivo al deposito dell’ultimo strumento di ratifica

art. 7 Lingue di redazione: sono ventitré. L’«unico esemplare» in ciascuna lingua del trattato è depositato negli archivi del governo della Repubblica italiana.

22 La nascita e la struttura istituzionale dell’Unione europea

parteparte

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La struttura deL trattato suLL’unione europea (tue)

preambolo

titolo i Disposizioni comuni

titolo ii Disposizioni relative ai principi democratici

titolo iii Disposizioni relative alle istituzioni

titolo iv Disposizioni sulle cooperazioni rafforzate

titolo v Disposizioni generali sull’azione esterna dell’Unione e disposizioni specifiche sulla politica estera e di sicurezza comune Capo I. Disposizioni generali sull’azione esterna dell’UnioneCapo II. Disposizioni specifiche sulla PESC (con due Sezioni)

titolo vi Disposizioni finali

Il Trattato sull’Unione europea riformato consta, oltre che del preambolo, di 55 articoli che, a seguito del conso-lidamento, hanno la «rinumerazione» progressiva da 1 a 55.

La struttura deL trattato suL Funzionamento deLL’unione europea (tFue)

preambolo

parte i Tit. I. Categorie e settori di competenza dell’Unione

principi Tit. II. Disposizioni di applicazione generale

parte iinon discriminazione e cittadinanza dell’unione

parte iiipolitiche e azioni interne dell’unione

Tit. I. Mercato internoTit. I bis. Libera circolazione delle merciTit. II. Agricoltura e pescaTit. III. Libera circolazione persone, servizi, capitali (con 4 Capi)Tit. IV. Spazio di liberà, sicurezza e giustizia (con 5 Capi)Tit. V. TrasportiTit. VI. Norme comuni concorrenza, fiscalità, ravvicinamento legisla-zioni (con 3 Capi e Sezioni)Tit. VII. Politica economica e monetaria (con 5 Capi)Tit. VIII. OccupazioneTit. IX. Politica socialeTit. X. Fondo sociale europeoTit. XI. Istruz., formaz. professionale, gioventù e sportTit. XII. CulturaTit. XIII. Sanità pubblicaTit. XIV. Protezione dei consumatoriTit. XV. Reti transeuropeeTit. XVI. Industria

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1 Dalle Comunità europee all’Unione europea 23

La struttura deL trattato suL Funzionamento deLL’unione europea (tFue)

parte iiipolitiche e azioni interne dell’unione

Tit. XVII. Coesione economica, sociale e territorialeTit. XVIII. Ricerca e sviluppo tecnologico e spazio Tit. XIX. AmbienteTit. XX. EnergiaTit. XXI. TurismoTit. XXII. Protezione civileTit. XXIII. Cooperazione amministrativa

parte ivassociazione dei paesi e territori d’oltremare

parte vazione esterna dell’unione

Tit. I. Disposiz. gen. sull’azione esterna dell’UnioneTit. II. Politica commerciale comuneTit. III. Cooperazione con i paesi terzi e aiuto umanitario (con 3 Capi)Tit. IV. Misure restrittiveTit. V. Accordi internazionaliTit. VI. Relazioni dell’Unione con le organizzazioni internazionali e i paesi terzi e delegazioni dell’UnioneTit. VII. Clausola di solidarietà

parte vidisposizioni istituzionali e di bilancio

Tit. I. Disposizioni istituzionali (con 3 Capi e Sezioni)Tit. II. Disposizioni finanziarie (con 6 Capi)Tit. III. Cooperazioni rafforzate

parte viidisposizioni generali e finali

Il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea consta, oltre che del preambolo, di 358 articoli.

GlossarioCooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale: rientrano in tale definizione la coope-razione fra forze di polizia, autorità doganali e autorità competenti di tutti gli Stati membri (anche tramite l’Ufficio europeo di polizia - EUROPOL) volta a prevenire e individuare i reati attraverso lo scambio di informazioni, la formazione di ufficiali e funzionari e l’uso di attrezzature, nonché la cooperazione tra le autorità giudiziarie in materia penale volta a rendere più facile l’estradizio-ne fra Stati membri, a garantire l’applicazione di normative compatibili negli Stati membri e a prevenire eventuali conflitti di giurisdizione.

Dazi doganali: tributi indiretti dovuti al momento dell’entrata in un dato Paese della merce estera.

Libro bianco: documento elaborato dalla Commissione nel quale sono presentate proposte uffi-ciali in settori specifici e individuate le azioni necessarie per darvi seguito.

24 La nascita e la struttura istituzionale dell’Unione europea

parteparte

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Meccanismo europeo di stabilità (MES): Il MES creato come organizzazione internazionale con sede a Lussemburgo ha l’obiettivo di fornire assistenza finanziaria agli Stati euro ove indispen-sabile per salvaguardare la stabilità finanziaria della zona euro.La crisi del debito sovrano (iniziata a partire dal 2008) di alcuni paesi dell’Eurozona ha indotto le istituzioni e gli Stati membri ad adottare nuovi strumenti di stabilizzazione e di assistenza finanziaria.È stato istituito, dunque, con una decisione degli Stati dell’area dell’euro di natura intergoverna-tiva, operando una sorta di rinvio alla stipula di un accordo internazionale.L’11 luglio 2011 gli Stati facenti parte dell’area euro hanno firmato un primo Trattato istitutivo. Successivamente modificato per potenziarne l’efficacia, un nuovo Trattato MES è stato firmato il 2 febbraio 2012 ed è entrato in vigore il 27 settembre 2012.

Metodo comunitario: espressione con la quale si indicava il procedimento di adozione degli atti nell’ambito del primo pilastro, che utilizzava le procedure proprie delle tre Comunità istituite negli anni Cinquanta; era fondato sul criterio dell’integrazione fra Stati membri e ha contribuito al ca-rattere di sovranazionalità delle Comunità, prima, e dell’Unione, poi.

Metodo intergovernativo: espressione con la quale si definiva il sistema di funzionamento istitu-zionale proprio del secondo e terzo pilastro dell’Unione europea, le cui politiche erano persegui-te mediante una collaborazione tra Stati secondo strumenti tipici del diritto internazionale (in particolare le convenzioni), anche se la loro gestione veniva comunque affidata alle stesse istitu-zioni comunitarie.

Politica estera e di sicurezza comune (PESC): ambito di cooperazione che abbraccia tutti i set-tori della politica estera e tutte le questioni relative alla sicurezza dell’Unione; introdotta dal Trat-tato di Maastricht, era originariamente concepita come «secondo pilastro» della struttura tripolare dell’UE. Oggi è disciplinata dal Titolo V TUE così come modificato a Lisbona e si prefigge alcuni obiettivi comuni a tutte le altre politiche esterne elencati all’art. 21 TUE. Tra questi, in particolare:• la salvaguardia dei valori comuni, degli interessi fondamentali, della sicurezza, dell’indipen-

denza e dell’integrità dell’Unione;• il consolidamento e il sostegno della democrazia, dello Stato di diritto, dei diritti dell’uomo e

dei principi del diritto internazionale;• la preservazione della pace, la prevenzione dei conflitti e il rafforzamento della sicurezza

internazionale, conformemente a quanto disposto dalla Carta ONU, dall’Atto finale di Helsin-ki e dalla Carta di Parigi.

Tariffa doganale comune (TDC): diritti di dogana applicati sul territorio comunitario alle merci prove-nienti dai Paesi terzi che si sono sostituiti alle tariffe doganali applicate da ciascuno Stato membro.Nel 1988 la TDC è stata sostituita dalla Tariffa integrata comunitaria (TARIC).

Unione doganale: accordo in base al quale alcuni Stati si impegnano a sopprimere reciprocamen-te qualsiasi barriera doganale (dazi doganali, tasse d’effetto equivalente e regolamentazioni restrittive), ad adottare una legislazione doganale comune e ad applicare, nei confronti dei Pae-si terzi, una tariffa doganale comune.

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La natura Giuridica deLL’unione. adesione, recesso e stipuLa di accordi

sommario 1  La personalità giuridica unica dell’Unione.  2  I valori, gli obiettivi e i principi democratici.  3  L’adesione all’Unione.  4  Il diritto di recesso.  5  La personalità giuridica internazionale dell’Unione.  6  La conclusione degli accordi internazio-nali e il principio del parallelismo.  7  Il procedimento di conclusione degli accor-di.  8  La personalità giuridica di diritto interno dell’Unione.

1  La personaLità Giuridica unica deLL’unione

Con la riforma introdotta dal Trattato di Lisbona viene a cadere la distinzio-ne tra Comunità europea e Unione europea e si fa riferimento ad un unico ente: l’unione europea. La stessa, infatti, «sostituisce e succede alla co-munità» (art. 1, comma 3 TUE) e le viene attribuita «personalità giuridica unica» (art. 47 TUE).L’antico problema della coesistenza tra due soggetti giuridici, dunque, è sta-to ampiamente superato, così come la necessità di comprendere quale fos-se la natura giuridica di entrambe.

La natura giuridica dell’Unione europea è attualmente quella di un’organizzazione in-ternazionale dotata di elementi in parte di sovranazionalità (soprattutto per quanto riguarda le politiche relative al mercato unico), in parte di tipo intergovernativo, dun-que con competenze certamente più estese e articolate rispetto alle tradizionali for-me di associazione tra Stati, ma non tali da poter parlare di ente costituzionale o fe-derale.

Ciò che invece fa discutere in dottrina è, dal punto di vista tecnico forma-le, l’espressione «sostituisce e succede»: non sembra si sia propriamente manifestato un fenomeno di sostituzione e successione, in quanto tali no-zioni comporterebbero, sul piano del diritto internazionale, un’estinzione della Comunità europea come organizzazione e un trasferimento di tutte le sue attività e passività all’Unione, né risulta evidente una fusione delle precedenti CE e UE in una nuova organizzazione. Più semplicemente, la questione si risolve con l’acquisizione da parte della Comunità europea del-la denominazione di «Unione europea», pur continuando la stessa a soprav-vivere (DRAETTA).

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