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Lezione 8 Teoria e pra-ca dell’argomentazione in Grecia
VI-‐IV a.C.
teoria e pra-ca dell’argomentazione in Grecia V-‐IV a.C.
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Aristotele
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Topici Confutazione Sofis2che
Retorica
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Organon (strumento)
Categorie Sull’interpreta2one
Anali2ci primi e secondi Topici
Confutazioni Sofis2che
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il corpus aristotelico deve la sua a@uale stru@ura a Andronico di Rodi, un aristotelico
del I secolo a.C.
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sistema-zzò il materiale a@ribuito a ad Aristotele allora in circolazione
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lo ordinò raggruppandolo in opere unitarie
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lo dispose secondo una precisa sequenza
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l’edizione di Andronico si apre con le opere di logica, raggruppate so@o il -tolo di Organon
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Organon strumento logica
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la logica non è una scienza o una disciplina rela-va ad un genere determinato dell’essere (nel senso in cui la fisica è rela-va agli en- naturali mobili)
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la logica è lo strumento di cui si servono le
altre discipline
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le scienze si servono di discorsi, ragionamen-, inferenze, deduzioni, e ancora
prima di nomi, verbi e proposizioni
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la logica di Aristotele si propone di indagare la natura di queste stru@ure linguis-che
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Sarebbe ridicolo tentare di dimostrare che la natura esiste. È infaM evidente che esistono molte cose di questo genere (scil. naturali). Dimostrare cose eviden- mediante cose non eviden- è proprio di chi non sa dis-nguere ciò che è di per sé conoscibile da ciò che non lo è. (Phys. 2.1 193 a 3-‐8).
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Topici
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Top. 1.2 Ciò che è stato de@o deve essere ora seguito da un accenno a quali e quante cosa sia u-le questo tra@ato. Propriamente esso lo è per tre cose: per l’esercizio, per le conversazioni e per le scienze connesse alla filosofia.
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Top. 1.1 100 a 18-‐21 Il fine di questo tra@ato è di trovare un metodo con cui poter argomentare riguardo ad ogni problema proposto partendo da idee fondate sull’opinione (endoxa) e con cui non dire nulla di contraddi@orio rispe@o alla tesi che noi stessi difendiamo.
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Che sia u-le per l’esercizio è evidente già da quanto si è de@o: con il possesso del metodo saremo infaM più facilmente in grado di disputare intorno all’argomento che ci viene proposto.
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Inoltre, esso è u-le per le conversazioni, perché una volta passate in rassegna le
opinioni della gente, verremo in rapporto con essa non sulla base di pun- di vista loro estranei, ma su quella delle loro opinioni
par-colari, respingendo quanto risulterà che la gente dice in modo non corre@o.
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Infine è u-le per le scienze connesse alla filosofia, poiché potendo sollevare difficoltà riguardo ad entrambi gli aspeM della ques-one, scorgeremo più facilmente in ogni ogge@o il vero e il falso.
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Questo tra@ato è poi u-le rispe@o ai primi elemen- di ciascuna scienza. Partendo infaM dai principi propri della scienza in esame, è impossibile dire alcunché intorno ai principi stessi, poiché essi sono i primi tra tuM gli elemen-, ed è così necessario affrontarli a@raverso gli elemen- fonda- sull’opinione che riguardano ciascun ogge@o.
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Questa per altro è l’aMvità propria della dialeMca o comunque quella che più le si addice: essendo infaM impiegata nell’indagine, essa indirizza verso i principi di tu@e le scienze.
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Indagare se ciò che è è uno e immobile, non è indagare la natura. InfaM, come lo studioso di geometria non ha più alcun argomento da avanzare a chi elimina i principi (della geometria), ma (una simile discussione) per-ene a una scienza diversa (dalla geometria) o comune a tu@e, lo stesso vale per chi svolge un’indagine sui principi. InfaM, non si tra@a più di un principio, se è solo uno e uno in questo modo. InfaM, il principio è di una o di alcune cose (Phys. I 2, 184b25-‐185a5).
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Noi invece assumiamo che le cose che sono per natura, o tu@e o alcune, sono in movimento. Ciò è evidente sulla base dell’esperienza (epagoge). E non è opportuno confutare insieme tu@e (le obiezioni), se non quelle false che siano state derivate dai principi, mentre quelle che non sono tali, no, come per esempio è compito di uno studioso di geometria confutare la quadratura del cerchio sviluppata mediante segmen-, ma non quella di An-fonte (Phys. I 2, 185a12-‐17).
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Confutazioni sofis2che
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classificazione delle argomentazioni ingannevoli usate dai sofis- e dai dialeMci
disones- ai danni di un interlocutore ingenuo
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questa classificazione, arricchita di un ricco dossier di esempi, deve essere usata dalle
viMme dei sofis- come an-doto per smascherare l’inganno
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nell’ambito della sua ricerca di un criterio di classificazione Aristotele si sforza anche di chiarire i meccanismi a@raverso i quali ci si
inganna nei ragionamen-
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ES. 1 164 a 20sgg. Parliamo ora delle confutazioni sofis-che, cioè di quelle che sembrano confutazioni mentre in realtà sono paralogismi e non confutazioni (…)
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Che veramente alcune argomentazioni siano sillogismi e altre lo sembrino senza esserlo è manifesto, giacché come questo avviene per le altre cose in virtù di una certa somiglianza, così avviene anche per le argomentazioni.
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InfaM alcuni sono in buona condizione fisica mentre altri lo sembrano perché si agghindano e sono impeM- come offerte tribali; alcuni sono belli per la bellezza, mentre altri sembrano belli perché si truccano (…)
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Allo stesso modo anche le argomentazioni, qualcuna è veramente sillogismo e confutazione, qualche altra non lo è ma sembra esserlo a causa dell’inesperienza, giacché gli inesper-, come se fossero distan-, guardano le cose da lontano.
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Il sillogismo infaM è cos-tuito da alcune cose poste in modo che sia necessario dire qualcosa di diverso dalle cose poste in virtù delle cose poste, mentre la confutazione (elenchos) è un sillogismo accompagnato dalla contraddi@oria delle conclusione.
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Certe argomentazioni invece questo non lo fanno, ma sembrano farlo per molte cause, fra le quali ce n’è una che è il luogo più fer-le e diffuso: quello che dipende dalle parole
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Elenchos sillogismo accompagnato dalla contraddi@oria delle conclusione
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questa definizione isola, cancellando tu@o il contesto, l’ossatura logica di un dibaMto che ha luogo tra due interlocutori, un rispondente e un
interrogante.
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due interlocutori: uno interroga e l’altro risponde
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colui che interroga deve proporre una scelta tra due tesi contraddi@orie e tentare di
confutare la tesi scelta dal proprio interlocutore
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colui che risponde deve scegliere una tesi e tentare di non farsi confutare
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la domanda di partenza ha questa forma: x è y o no?
l’universo è eterno o no? il piacere è un bene o no? la virtù è insegnabile o no?
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il tenta-vo di confutazione avviene ponendo all’interlocutore una serie di domande
finalizzate a fargli acce@are le premesse da cui segue la contraddi@oria della tesi scelta
in partenza o qualche conseguenza assurda o impossibile
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ogni risposta nega-va (cioè ogni rifiuto di concedere una proposizione) deve essere
mo-vato
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la domanda iniziale è un problema
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un problema è cara@erizzato da una par-colare forma proposizionale (in questo caso: x è y o no?) e da un par-colare contenuto.
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dal punto di vista del contenuto, il tra@o dis-n-vo del problema consiste nel fa@o che riguarda qualcosa che non è evidente per tuM o per la maggior parte delle persone, cioè qualcosa rispe@o a cui esistono dubbi diffusi.
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per esempio, sul fa@o che la neve sia bianca tuM o la maggior parte delle persone sono d’accordo.
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quindi la domanda “la neve è bianca o no?”, pur avendo la forma del problema, non è un problema.
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invece, sul fa@o che il cosmo sia eterno non esiste un analogo consenso generale.
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quindi, la domanda “il cosmo è eterno o no?” è un auten-co problema.
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Topici I 11, 104b1-‐5 “un problema dialeMco è un ogge@o di indagine che porta o alla scelta e al rifiuto oppure alla verità e alla conoscenza, di per sé oppure come aiuto rispe@o a qualche altra cosa di questo -po, e che riguarda qualcosa su cui le persone o non hanno un’opinione né in un senso né in un altro, o le masse hanno un’opinione contraria ai saggi, o i saggi alle masse o ciascuno di ques- tra loro” .
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-pi diversi di problemata
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Anali2ci secondi II 1
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qua@ro -pi di oggeM di ricerca e di conoscenza scien-fica organizza- in coppie
ordinate
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la ricerca procede da domande rela-ve all’esistenza o meno di un fa@o o di uno stato di cose a domande rela-ve al perché e alla definizione di quel fa@o o di quello stato di
cose
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1) x è y o no? (ho2): il bene è il piacere o no? 2) Perché x è y? (dio2): perché il bene è il piacere? 3) x è qualcosa? (ei es2): il caso è qualcosa/esiste? 4) Che cos’è x? (2 es2): che cos’è il caso?
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1) x è y o no? (ho2): la virtù è insegnabile o no?
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Menone
Dimmi Socrate: la virtù è insegnabile? O non è insegnabile, ma frutto di esercizio? O non si impara né è frutto di esercizio, ma si forma negli esseri umani per natura? Oppure si forma in un altro modo ancora?
!
Che domada dif@icile! Voi tessali siete diventati davvero sapienti! Qui ad Atene invece la sapienza si è insterilita. I miei concittadini direbbero che non si può sapere se la virtù è insegnabile o meno senza prima sapere che cos’è la virtù. E per quanto mi riguarda, io non so nulla della virtù né ho incontrato alcuno che sapesse che cos’è.
!
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2) Perché x è y? (dio2)
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Probl. X 53
perché mai nell’uomo il pe@o è più villoso del dorso, mentre nei quadrupedi è più villoso il dorso?
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forse perché tuM i bipedi hanno la parte davan- più villosa? InfaM negli uccelli è lo stesso che nell’uomo.
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oppure la natura protegge sempre le par- più deboli, e ogni parte è debole in qualche modo? In tuM i quadrupedi il dorso è più debole del davan- per la sua posizione. InfaM è maggiormente esposto al caldo e al freddo. Invece nell’uomo sono le par- davan- ad essere più deboli ed esposte alle stesse cose.
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3) x è qualcosa? (ei es2): il caso è qualcosa/esiste?
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Phys. 2.4. 195b 31-‐196a 11 Ma anche la fortuna e il caso sono de@e cause, e di molte cose [si dice che] sono e avvengono per fortuna e per caso (...). Per alcuni, a dire il vero, è ogge@o di dubbio se [il caso e la fortuna] esistono o meno. Affermano, infaM, che nulla avviene per caso, ma vi è una causa determinata per ogni cosa che diciamo che si verifica in maniera casuale o fortuita: per esempio, dell’andare al mercato per fortuna e dell’incontrarvi chi si sarebbe voluto [incontrare] ma non si pensava [di incontrare] la causa è il voler andare al mercato. Allo stesso modo, anche rispe@o alle altre cose che chiamiamo fortuite è sempre possibile individuare una qualche causa, ma non la fortuna (…)
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4) Che cos’è x?: Che cos’è il caso? Che cos’è la virtù?
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Dire che cos’è la virtù è facilissimo! La virtù dell’uomo consiste nell’essere capace di svolgere attività politica, e svolgendola, nel fare del bene agli amici e del male ai nemici, stando attenti a non ricevere a propria volta danno. La virtù della donna consiste nell’amministare bene la casa, conservandone i beni e restando fedele al marito. E poi ci sono la virtù del bambino, quella del vecchio, del libero, dello schiavo, e molte altre ancora.
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Ma io cercavo una sola virtù, e tu invece ne hai trovate molte: uno sciame! Ti farò quindi una serie di esempi per chiarire che cosa intendo con la domanda ‘che cos’è la virtù?’
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elenchos Fisica I
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Physica 1.2 È necessario che il principio sia uno o più di uno, e se è uno, che sia immobile, come dicono Parmenide e Melisso, o in movimento, come (dicono) i naturalis-, gli uni affermando che il primo principio è aria, altri che è acqua. Se invece i principi sono più d’uno, (è necessario che siano) limita- o illimita- di numero, e se sono fini- di numero ma più di uno, (è necessario che siano) o due o tre o qua@ro o un qualche altro numero, e se (sono) infini-, (è necessario che siano) o di un unico genere ma differen- tra loro per figura, come dice Democrito, oppure differen- per specie o anche contrari tra loro.
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Immobile Uno In movimento Principio/i Fini- Mol- Infini-
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Metaphysica 4.4
Ci sono alcuni i quali affermano che la stessa cosa può essere e non essere e che in questo modo si può pensare.
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Si servono di questo argomento anche mol- dei naturalis-.
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Noi invece riteniamo che è impossibile che una cosa allo stesso tempo sia e non sia, e per questo abbiamo stabilito che questo è il più saldo di tuM i principi.
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Alcuni, per mancanza di formazione, ritengono che anche questo principio debba essere dimostrato.
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InfaM è mancanza di formazione non sapere di quali cose si debba ricercare una dimostrazione e di quali invece no.
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InfaM, in generale, è impossibile che ci sia dimostrazione di tu@o: in tal caso si procederebbe all’infinito e in questo modo, di conseguenza, non ci sarebbe affa@o dimostrazione.
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Se dunque di alcune cose non si deve cercare dimostrazione, essi non potrebbero indicare altro principio che più di questo non abbia bisogno di dimostrazione.
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Tu@avia, anche per questo principio si può dimostrare per via di confutazione che è impossibile (che la stessa cosa allo stesso tempo sia e non sia), a condizione che l’avversario dica qualcosa.
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Se invece l’avversario non dice nulla, allora è ridicolo cercare un’argomentazione contro chi non dice nulla, in quanto appunto non dice nulla: costui, in quanto tale, sarebbe simile ad una pianta.
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E la differenza tra la dimostrazione per via di confutazione e la dimostrazione vera e propria consiste in questo: che, se uno volesse dimostrare, cadrebbe palesemente in una pe-zione di principio; invece se causa di questo fosse un altro, allora si tra@erebbe di confutazione e non di dimostrazione.
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Physica 1.3 Lo stesso -po di discorso vale anche contro Parmenide, insieme ad altri che [eventualmente] siano a lui propri. E la confutazione consiste nel fa@o che, da una parte, [il suo argomento comporta il] falso e, dall’altra, non inferisce corre@amente la conclusione (non conclude): -‐ [il suo argomento comporta il] falso in quanto
assume che “essere” si dica in un solo senso, mentre si dice in più sensi,
-‐ e non inferisce corre@amente la conclusione in quanto, se si prendessero solo le cose bianche, nell’ipotesi che “bianco” abbia un unico significato, nondimeno le cose bianche sarebbero molte e non una [sola]. InfaM….
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-‐ Pertanto è necessario che egli assuma non solo che essere ha un unico significato rispe@o a ciò di cui si predica, ma anche che significhi ciò che propriamente è e ciò che propriamente è uno (…) Ma se ciò che propriamente è essere non è predicato di qualcosa ma è di esso che i predica- si dicono, allora perché ciò che propriamente è essere significa essere piu@osto che non essere?