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Politecnico di MilanoFacoltà del DesignCorso di Laurea in Disegno IndustrialeOrdinamento Prodottoanno accademico 2004-2005

PERCORSI LUMINOSI NEGLI AMBIENTI PUBBLICIIlluminazione di emergenza e sistemi wayfinding

Alice Viola Pintus

relatore: Prof. Giovanna Piccinnocorrelatore: Ing. Adriano Crippa

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INTRODUZIONE pag. 101. INFORMATION DESIGN pag. 13

1.1 Informazione pag. 131.2 La società dell’informazione pag. 141.3 La progettazione dell’informazione pag. 151.4 L'Information Design e l'approccio User Centered pag. 161.5 Il concetto di Wayfinding, indicazioni progettuali pag. 19

2. ENVIRONMENTAL DESIGN pag. 252.1 Oltre l'orizzonte, sistemi di mappatura pag. 26

2.1.1 Come costruire sistemi di mappatura migliori? pag. 292.2 Cenni storici sulla progettazione della segnaletica pag. 38

2.2.1 Immagine e comunicazione pag. 402.2.2 Le categorie di segni pag. 412.2.3 Principi di progettazione della segnaletica pag. 42

3. PSICOLOGIA AMBIENTALE pag. 513.1 L'orientamento pag. 513.2 La percezione dell'ambiente pag. 523.3 Aspetti cognitivi e comportamentali nel processo di orientamento pag. 55

4. L’EMERGENZA4.1 Rischio ed emergenza pag. 614.2 Le procedure di evacuazione pag.614.3 La psicologia dell’emergenza pag.63

5. ILLUMINAZIONE E SISTEMI DI SEGNALAZIONE DI EMERGENZA pag. 695.1 Illuminazione di emergenza pag. 70

5.1.1 Illuminazione delle vie di fuga pag. 715.1.2 Illuminazione antipanico pag. 76

5.2 Alimentazione dei sistemi di illuminazione di emergenza pag. 765.3 Segnaletica di sicurezza pag. 775.4 Mappe di evacuazione pag. 79

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INDICE

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6. EMERGENCY WAYFINDING LIGHTING SYSTEMS, LE RICERCHE DELLA READING UNIVERSITY (UK) pag. 836.1 La sperimentazione su utenti ipovedenti pag. 84

6.1.1 Le tipologie dei sistemi di illuminazione testati pag. 856.1.2 La valutazione dei diversi sistemi pag. 876.1.3 Confronto tra le velocità dei due gruppi di volontari (con e senza disabilità) pag. 886.1.4 I risultati dei questionari pag. 896.1.5 Linee giuda per l’illuminazione di emergenza wayfinding pag. 916.1.6 Conclusioni sulla sperimentazione con utenti ipovedenti pag. 94

6.2 Lo studio dell’effetto del fumo sulla velocità di camminamento degli utenti pag. 956.2.1 Le tipologie dei sistemi di illuminazione testati pag. 966.2.2 I risultati pag. 976.2.3 Conclusioni sulla sperimentazione dei sistemi di illuminazione di emergenza in ambienti con fumo pag. 99

6.3 Lo studio dell’effetto del fumo sulla distanza di riconoscimento della segnaletica pag. 1006.3.1 Le tipologie di sistema testate pag. 1006.3.2 Risultati dei test con l’impiego di filtri a densità neutra pag. 1026.3.3 Risultati dei test con l’impiego di fumo fittizio pag. 1046.3.4 Conclusioni sulla sperimentazione delle visibilità dei componenti dei sistemi wayfinding in ambienti con

fumo pag. 107

7. IPOTESI PROGETTUALI PER UN NUOVO SISTEMA DI ILLUMINAZIONE DI EMERGENZA pag. 1097.1 La freccia pag. 1107.2 Il concept pag. 1157.3 Il sistema di controllo pag. 1187.4 Il sistema di segnalazione/illuminazione pag. 1207.5 I componenti del prodotto pag. 1247.6 Specifiche tecniche e materiali pag. 1477.7 Considerazioni finali pag. 155

APPENDICE pag. 157Tabella A Illuminazione di sicurezza in ambienti particolariTabella B Sistemi testati con utenti ipovedentiTabella C Sistemi testati in presenza di fumo

BIBLIOGRAFIA pag. 163

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“Consideriamo ora taluni passi scientifici contenutinell’opera in versi e in prosa di Dante. Per affermare,secondo i principi della scienza del tempo, che lefacoltà visiva corre incontro allo stimolo luminoso, ilpoeta si serve di un’efficace rappresentazione; eglidescrive infatti la scena dell’incontro tra la luce chegiunge nell’occhio passando di membrana inmembrana (gonna, nell’accezione medica del tempo) ela facoltà visiva che le si fa incontro provocando losvegliarsi (si disonna) del soggetto:

E come a lume acuto si disonnaper lo spirito visivo che ricorrea lo splendor che va di gonna in gonna

Paradiso XXVI”

Dardano, I linguaggi scientifici

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RINGRAZIAMENTI

Arch. Giovanna Piccino e Ing. Adriano Crippa per la conoscenza, la competenza e soprattutto per la disponibilità

Prof. Salvatore Zingale per la revisione del capitolo sull’Information Design

BSc, PhD, MCIOB Geoffrey Cook; BSc, PhD M.S. Wright e Tracey Wigmore (Reading University, UK) per la collaborazionesul capitolo sulla sperimentazione dei sistemi di illuminazione di emergenza con utenti ipovedenti e in caso diincendio dell’Università di Reading, UK

Ing. Bonfanti dell’azienda 4Bi per la consulenza sull’ingegnerizzazione dei prodottiIng. Luigi Piacente dell’azienda Archimede per la consulenza sulla progettazione del circuito elettronico

Fernando, Fabrizio, Enzo, Elena e Fabrizio, Gaia, Lara e Aulo, Miguel, Marianna, Paolo, Alberto, Ray, Franz e Martinaper il contributo alla realizzazione di questa tesi

Giorgio, Filli, Nonna e Nonno per il loro costante supporto

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Dalla prima metà del novecento in poi cominciano adacuirsi le problematiche connesse alla relazione trauomo e mondo attraverso un’interfaccia artificiale,questa situazione è causata dal fenomenodell’immigrazione, dall’aumento progressivo dellavelocità e dell’accessibilità dei trasporti, dal proliferaredi apparecchiature che contengono una black boxelettronica che sfugge al controllo dell’utente medio,dalla diffusione dei mezzi di comunicazione di massa(TV, radio, telefono, internet) e quindi dall’incrementodel numero di informazioni che si possono e devonofruire. Infine anche le continue trasformazioniarchitettoniche a cui sono sottoposti i luoghi hannoportato a perdere i punti di riferimento che da semprehanno sancito il legame tra territorio e soggetto.L’utente si trova a dover affrontare con difficoltà anchele attività elementari della vita quotidiana comelavorare, cucinare, spostarsi in una grande città,utilizzare un elettrodomestico…È diventata, quindi, sempre più necessaria unaprogettazione di Information Design che semplifichil’interagire dell’uomo nell’ambiente e limiti loscollamento in atto tra queste due realtà.

Questa ricerca di tesi prende in considerazione leproblematiche connesse all’esplorazione dell’ambiente costruito. Le mappe e la segnaletica, cioè i mezzi utilizzati inquest’ambito per trasmettere le informazioni, sonoanalizzate per mettere in evidenza i punti di forza e didebolezza che le contraddistinguono e quindi perfornire le indicazioni progettuali che portino allarealizzazione di sistemi che facilitino i compiti degliutenti nello spazio. Da questa analisi risulta inoltre che la luce potrebbe

essere impiegata in modo molto efficace nell’ambitodell’Environmental Design, sfruttando le sue intrinsechequalità a livello emotivo e l’attrazione istintiva cheesercita sull’uomo.Per comprendere in che modo avviene il processo diorientamento sono presi in considerazione gli studisulla percezione e sulle modalità di formazione dellemappe mentali, individuando le cause deldisorientamento cronico e gli stati psicologici connessia questa condizione.

La corretta comprensione dell’informazione può essereanche di vitale importanza. Il caso della progettazionedei sistemi di segnaletica per le situazioni diemergenza viene individuato come indicativo perdimostrare il valore di un’efficace progettazione diInformation Design. La ricerca pone le sue basi sullo studio dell'attualesistema di segnalazione di emergenza negli edifici adaffluenza pubblica. Vengono delineate le inefficienzecomunicative date sia dal posizionamento degliapparecchi illuminanti sia da un utilizzo nonsufficientemente integrato degli apparecchi luminosi diemergenza e dei piani di evacuazione.La risoluzione di queste problematiche si concretizzanella progettazione di un sistema di percorsi luminosidi emergenza inseriti come un "filo di Arianna" nellospazio, di immediata riconoscibilità perché riportanodirettamente nell'ambiente le vie di fuga evidenziatedal piano di evacuazione, necessario per legge.Le guide luminose saranno posizionate a terra permigliorare la gestione dei flussi di sfollamento in casodi evacuazione, infatti è dimostrato che in situazioni digrave stress emotivo i soggetti pongono maggioreattenzione sul piano di camminamento, inoltre le

INTRODUZIONE

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ricerche condotte dalla Reading University confermanoche l'illuminazione di emergenza wayfinding al suolofavorisce l'orientamento e segnala in modo nonfraintendibile la presenza di dislivelli, scale e bruschicambiamenti di direzione. Il percorso di luce deve così mostrare, in situazioni dinon normalità, chiaramente ed efficacemente: le vie diesodo, le uscite di sicurezza, la dislocazione delleattrezzature antincendio, di pronto soccorso e i telefonidi emergenza.Questo sistema di illuminazione integra e completal'attuale apparecchiatura di illuminazione diemergenza.Il sistema dei percorsi luminosi deve cambiare di statoin funzione della calamità e di cosa accadenell'edificio. Se un'uscita di sicurezza viene ostruita edè quindi impraticabile, la segnalazione deve adeguarsie mostrare percorsi alternativi. In caso di incendio,invece, dovrà entrare in funzione solamentel'illuminazione a terra per non limitare la visibilitàdell'intorno spaziale. L'utilizzo della luce come medium privilegiato per lacomunicazione delle informazioni riguardo i percorsi el'ambiente limita il sovraccarico informativo datodall'utilizzo della segnaletica tradizionale ed elimina leproblematiche connesse alla comprensione deimessaggi da parte di un'utenza con diversi backgroundculturali.

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1.1 Informazione“Informazione” è un termine polisemico e pervasivo. Leproblematiche connesse a questo concetto sono moltocomplesse, innanzitutto perché la parola informazioneassume significati diversi in relazione agli ambiti in cuiviene utilizzata, ed in secondo luogo perché la nozionestessa di informazione è stata oggetto, e lo è tuttora, diimportanti ricerche che hanno avuto una forteripercussione sulle tecnologie informatiche. Disciplinemolto differenti tra cui la linguistica, la giurisprudenza,la filosofia, la fisica, l’elettronica, l’informatica, labiologia e le scienze sociali, hanno ampiamentedibattuto sul significato della parola informazione,utilizzandola per identificare realtà e fenomeni moltodiversi tra loro. Etimologicamente deriva dal latinoinformare che letteralmente significa “formare” ovvero

“dare forma” a qualcosa di nuovo, che, seppuresistente, non è ancora stato definito. Questo concettodi informazione coincide essenzialmente con laprospettiva espressa dagli scienziati statunitensi WarrenWeaver e Claude E. Shannon nella loro teoriamatematica dell’informazione e della comunicazione1.Shannon ha sperimentato che si ottiene informazionesolo in un caso specifico, ovvero quando un individuo ouna macchina che hanno una conoscenza parziale diun evento o di un fenomeno ottengono, attraverso unatto comunicativo, una serie di dati che costituisconoun accrescimento della loro conoscenza. In altri terminii dati che contengono notizie già conosciute, ocomunque tali da non generare nuova conoscenza, nonsono da considerarsi vere e proprie informazioni. In questo senso un processo informativo può innescarsi

1. INFORMATION DESIGN

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solo quando le conoscenze di una sorgente in meritoad uno specifico argomento sono superiori allaconoscenza di cui dispone il destinatario. Le notiziedivengono informazione poiché rispondono comunquea domande che avremmo potuto formulare e perché, inogni caso, suscitano il nostro interesse. Al fine di quantificare l’informazione, per Shannon si èrivelato determinante capire quali fossero lecaratteristiche che contraddistinguono una sorgente diinformazione da una più generica sorgente di dati. Atal proposito individua nell’interesse del destinatarioper uno specifico argomento il fattore determinante pertrasformare una generica fonte di dati in una specificasorgente di informazioni. Secondo questa prospettiva ilriconoscimento di una sorgente di informazione inquanto tale è strettamente soggettivo e peculiare.

1.2 La società dell’informazioneLo sviluppo delle nuove tecnologie dell’informazione egli effetti economici e sociali prodotti dai nuovi mediasono stati oggetto di studio da parte di Daniel Bell2 nellibro intitolato The Coming of Post-Industrial Society.Qui viene introdotto il concetto di “societàpostindustriale” datando la fine della societàindustriale al 1956, ovvero quando negli Stati Uniti ilavoratori del terziario raggiunsero e superarono ilnumero degli addetti agli altri settori produttivi. Dalle intuizioni di Bell nasce il concetto di “societàdell’informazione” che vede studiosi come John R.Pierce, autore del volume Information Technology andCivilization del 1984, e Luc Soete, autore del libroInnovation, Knowledge Creation and Technology Policyin Europe del 1999, concordi nel sostenere che laprincipale peculiarità della società dell’informazione

consiste nel nuovo modo di impiegare la telematica,intesa come connessione tra informatica etelecomunicazione. Al centro del nuovo sistemaproduttivo, infatti, vi sono ora la raccolta,l’elaborazione e il trasferimento di dati, tanto che oggiè possibile parlare di una vera e propria economiadell’informazione. Il capitale industriale vienesostituito con l’informazione e le tecnologie per il suotrattamento, come sostiene Sless, l’informazione stadiventando oggi la merce imprescindibile e definitiva. Nella società dell’informazione, l’innovazionetecnologica si connota sempre più come un processocollettivo e globale3: i risultati conseguiti da partidiverse devono essere spiegati e diffusi al fine direalizzare proficuamente una condivisione che alimentiil sistema e il mercato. Questo meccanismo conduce adun crescente bisogno di tecnologie per laconservazione, il recupero e la diffusione delleinformazioni. Le tecnologie informative vengono quindipercepite come strumenti per attuare un controllosull’informazione affinché si possa produrre laconoscenza necessaria per agire efficacementenell’ambiente circostante.L’informazione deve essere controllata e trasformataperché, quando questa diviene sovrabbondante, siverifica “l’implosione” dell’informazione stessa: i datitrasmessi risultano eccessivi rispetto alla quantità chel’individuo riesce ad assimilare, quindi non vengonopiù recepiti. L’aspetto psicologico ha un ruolo importante in questocontesto: l’utente vive con ansia la propria condizioneperché si sente non sufficientemente preparato adaffrontare la realtà e continuamente in ritardo rispettoalle esigenze del presente4: la nostra vita quotidiana

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dipende sempre più dall’uso efficace dell’informazione,i ruoli lavorativi e sociali sono sempre più specializzati,ciò crea una maggiore complessità e, di conseguenza,un ulteriore bisogno d’informazione specifica. Anche l’ambiente urbano e architettonico si èsviluppato in modo sempre più complicato; solo trovareil nostro percorso all’interno delle città è oggi uncompito difficile.Le variabili che possono influire sul processo dielaborazione e di decodifica dell’informazione sonoquindi molteplici; oltre alla condizione di sovraccaricoinformativo, bisogna tener conto della complessità deimessaggi stessi, delle differenze delle competenze deiriceventi (legate al background culturale, sociale econnesse all’età) e delle variabili del contesto in cuiviene fruita. Resta indiscusso il fatto che l’informazione debbaessere ritagliata sulla base delle specifiche necessità deidestinatari; questa deve essere infatti controllata inmodo che ne venga garantita la trasmissione, lafruizione e la comprensione. Infatti l’informazione checi mette in grado di operare delle scelte, quindi quellaefficacemente recepita dal destinatario, è la sola cheproduca realmente conoscenza. La conoscenza è dunque la sintesi dei processi dicomprensione ed apprendimento in relazione alleinformazioni che vengono inserite all’interno di uninsieme organizzato di nozioni ed esperienze, grazie alquale possiamo scegliere di agire in un modo anzichéin un altro. Così per produrre informazione che generi conoscenza ènecessaria una pianificazione a monte, che tengaconto, per esempio, del contesto in cui verrà fruita,degli obiettivi che si intendono raggiungere e delleesigenze conoscitive dei possibili fruitori. Si tratta di

una vera e propria progettazione dell’informazione chediviene necessaria in una realtà sempre più complessacome quella attuale.

1.3 La progettazione dell’informazioneL’Information Design è un settore di ricerca teorica eapplicata che si occupa di individuare e fornireindicazioni per modellare l’informazione sulla basedelle necessità degli utenti, ricorrendo a precisi criterifinalizzati ad ottimizzare l’organizzazione dei contenutiper facilitare l’apprendimento di ciò che vienetrasmesso.I risultati delle ricerche condotte nell’ambito di questadisciplina consistono nella formulazione di modellidiversificati di elaborazione dell’informazione, chepossono essere efficientemente applicati ai diversisettori quali, per esempio, quello scientifico, didatticoed economico. L’obiettivo finale dell’Information Design è quello direalizzare pacchetti di contenuto che risultino non soloinformativi, ma anche effettivamente comunicativi, inquanto promuovono e determinano una trasmissionedi conoscenza. La capacità di apprendere da partedell’utente, infatti, dipende anche dal modo in cui ilsapere viene progettato, organizzato e,conseguentemente trasmesso.L’information designer ha quindi il compito diprogettare l’informazione in modo che sia appetibileper l’utente e funzionale rispetto alle sue esigenze(Cavina, La Piccirella, 2002).

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Gli obiettivi fondamentali vengono così riassunti daHorn5:- sviluppare graficamente documenti in modo che

questi siano comprensibili, fruibili rapidamente edefficacemente, e facilmente traducibili in un’azioneeffettiva6

- progettare interfacce di interazione con leapparecchiature che siano semplici, naturali edesteticamente piacevoli (interactive design)

- dare il supporto necessario alle persone che hannobisogno di orientarsi nello spazio tridimensionale inmodo che questo processo sia svolto con facilità ecomfort (environmental design).

I valori che distinguono l’Information Design dalle altrebranche del design sono l’efficienza e l’efficacia con lequali il compito comunicativo deve essere portato atermine. Nel modello esposto da Dick e Carey (1990)l’Information Design deve tener conto del livello fisicodi interazione con l’artefatto (1) cioè delle abilitàdell’utente di percepire le informazioni a livellofisiologico, del livello cognitivo-intellettuale (2), cioèdelle abilità di comprendere le informazioni date, einfine di quello affettivo-emozionale (3) cioè relativoalla possibilità di sentirsi a proprio agio con l’utilizzodel dato.

1.4 L’Information Design e l’approccioUser CenteredOgni oggetto esistente può potenzialmente comunicareinformazione, ed ogni nostra azione ha in nuce lastessa facoltà. Per questo motivo la conoscenza di baseper la progettazione dell’informazione emerge dallescienze comportamentali, in particolare dal lavorosvolto nel campo della psicologia cognitiva. È inoltreconnessa all’ergonomia, alla psicologia ambientale edalla teoria dell’informazione. L’Information Designdovrebbe aiutare gli utenti ad interagire nel modo piùsemplice e immediato possibile con i prodotti complessi(elettrodomestici, computers, ma anche moduli per ladichiarazione delle tasse…) guidando un’attentaprogettazione delle interfacce, dei libretti di istruzioni ein generale delle modalità di interazioneartefatto/utente. In questo modo i soggetti, pur non conoscendo imeccanismi alla base del funzionamento dei prodotti,possono fruirne senza difficoltà; viene quindi mediatoed alleviato quello stato di frustrazione che insorgequando si percepisce che l’artefatto contiene una blackbox, cioè una parte di cui si ignora il contenuto e chequindi è fuori dal nostro controllo.Un’altra applicazione dell’Information Design è laprogettazione dell’informazione in modo che questaaiuti le persone a trovare il proprio percorso inambienti complessi. La progettazione grafica è tradizionalmente il campopiù strettamente associato con la progettazionedell’informazione. La distinzione tra la progettazionedell’informazione e della grafica potrebbe appariresottile ad un primo sguardo. Entrambe trattano dicomunicazione e del modo in cui l’informazione viene

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mostrata, ma la distinzione prende forma se vieneanalizzata sia da un punto di vista storico, sia dalpunto di vista della funzione del messaggio trasmesso. La grafica negli ultimi decenni ha teso ad enfatizzarel’apparenza e a dare espressione ad alcuni valoriestetici contemporanei. La professione, così com’èancora insegnata e praticata, ha le sue radici all’iniziodel XX secolo nello stile Art Decò e, con un’estensioneminore, nel Dadaismo (Kinross, 1992). L’InformationDesign, al contrario, enfatizza la comunicazione e sioccupa tanto del contenuto quanto della forma (Sless,1994). È così necessario concepire la progettazionedell’informazione come un campo di applicazioneindipendente. Infatti le problematiche che sipresentano nel progettare un manifesto, per esempio,non sono del tutto comuni a quelle necessarie perprogettare un sistema di segnaletica per l’orientamentoo un segnale d’allarme. Questi ultimi artefatticomunicativi devono in primo luogo rispondere ad unaspecifica funzione (orientare, avvertire…) che puòanche essere di vitale importanza. Romedi Passini nelsaggio Sign Posting Information Design7 ritiene checomprendere a fondo questa funzione siaprobabilmente l’aspetto più importante per unaprogettazione efficiente dei dati. Ogni volta che le persone si prefissano un obiettivo eutilizzano l’informazione per perseguirlo in ambiti nuovi,mettono in atto un’attività mentale che può essereconcettualizzata come quella del problem solving(Passini, 1992). Infatti riempire un modulo od orientarsisono entrambe attività di risoluzione di problemi.Fornire informazione per il problem solving è uno deicompiti più importanti dell’Information Design.Comprendere il modo in cui gli utenti risolvonosituazioni incerte fornisce ai progettisti i criteri necessari

a determinare quali dati sono richiesti e dove o quandoquesti debbano essere accessibili (Passini 1999). Le modalità con cui le persone leggono e recepisconoun messaggio varia in funzione del compito prefissato econ le caratteristiche dell’individuo.A questo riguardo riportiamo il modello elaborato daBruno Munari nel libro Design e comunicazione visiva.Munari traccia uno schema con il quale spiega in chemodo l’utente recepisce una comunicazione visiva: “La comunicazione visiva avviene per mezzo dimessaggi visivi i quali fanno parte della grandefamiglia di tutti i messaggi che colpiscono i nostrisensi, sonori, termici, dinamici, ecc. Si presumequindi che un emittente emetta messaggi ed unricevente li riceva. Il ricevente è però immerso in unambiente pieno di disturbi i quali possono alterareod addirittura annullare certi messaggi.Per esempio, un segnale rosso in un ambiente nelquale predomini una luce rossa verrà quasiannullato, oppure un manifesto stradale con coloribanali, affisso con altri manifesti altrettanto banali simescolerà con loro annullandosi nell’uniformità.Supponiamo quindi che il messaggio visivo siaprogettato bene, in modo che non venga deformatodurante l’emissione: esso arriverà al ricevente, maqui incontrerà altri ostacoli. Ogni ricevente, ed ognuno in modo diverso, haqualcosa che potremmo definire come filtri,attraverso i quali il messaggio dovrà passare peressere ricevuto.Uno di questi filtri è di carattere sensoriale.Esempio: un daltonico non vede certi colori e quindi imessaggi basati esclusivamente sul linguaggiocromatico vengono alterati o addirittura annullati. Unaltro filtro lo potremmo definire operativo,

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dipendente dalle caratteristiche psico-fisiologiche delricevente. Esempio: è chiaro che un bambino di treanni analizzerà un certo messaggio in modo moltodiverso da un individuo maturo. Un terzo filtro che sipotrebbe definire culturale, lascerà passare invecesolo quei messaggi che il ricevente riconosce, cioèquelli che fanno parte del suo universo culturale. Questi tre filtri non sono rigorosamente distinti e nonsi susseguono nell’ordine dato, ma ci possono essereinversioni e contaminazioni reciproche.Supponiamo infine che il messaggio attraversata lazona dei disturbi e dei filtri, arrivi ad una zonainterna del ricevente che chiamiamo zona emittentedel ricevente. Questa zona può emettere due tipi dirisposte al messaggio ricevuto: una interna ed unaesterna. Esempio: se il messaggio visivo dice “qui c’èun bar”, la risposta esterna manda l’individuo abere, la risposta interna dice: non ho sete.”

Comprendere in che modo vengono elaborate dalricevente le diverse tipologie di contenuti fornisce aldesigner suggerimenti sulle forme più appropriate incui modellare quell’informazione. Vengono individuate due “macro-modalità” di ricercaper analizzare le reazioni dell’utente nel campodell’Information Design: (1) la ricerca con test edinterviste ad ampio raggio e l’analisi statistica delrisultato, di solito svolta da professionisti del settore,che valuta i prodotti in base a metodologiescientifiche ed usa un ampio campione di indagine;oppure (2) l’analisi svolta dagli stessi designerdurante il processo progettuale. I progettisti di solitopreferiscono il secondo tipo di approccio data larapidità dell’indagine in termini di tempo e la libertà

di studiare le questioni che vengono ritenute piùimportanti (anche se questo tipo di ricerca ha unvalore chiaramente molto più limitato).

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1.5 Il concetto di Wayfinding,indicazioni progettualiIl termine wayfinding, delineato da Passini nel saggioWayfinding in Architecture (1992), si riferisce alle abilitàcognitive e comportamentali connesse alraggiungimento in modo finalizzato di unadestinazione fisica richiesta. Fu introdotto nella metàdegli anni Settanta per rimpiazzare la nozione diorientamento spaziale, termine che si riferisce piùspecificamente all’abilità di un individuo di crearenella propria mente una rappresentazione di unluogo8. Ci si riferisce a questa rappresentazione anchecon l’espressione mappa cognitiva.Il wayfinding, concettualizzato nei termini dellarisoluzione di problemi, comprende tre processiprincipali: (1) prendere una decisione connessa con losviluppo di un piano d’azione per raggiungere unadestinazione; (2) eseguire la decisione presa etrasformare il piano in un comportamento appropriatoall’interno del luogo lungo il percorso; (3) procurarsi leinformazioni necessarie per eseguire la decisione(Arthur e Passini 1992).Il processo del wayfinding viene messo in atto in spaziarchitettonici, urbani o geografici. Allo stesso modopartecipa alla formulazione della mappa cognitiva, larappresentazione mentale di uno spazio. Le mappecognitive, nel contesto delineato nel saggio di Arthur ePassini, sono una parte della modalità di elaborazionedei dati; queste sono infatti, oltre che registrazioni dipercezioni e cognizioni dirette dell’ambiente, possibilirisorse di contenuti sia per formulare ipotesi che pereseguire piani.Una distinzione deve essere fatta tra il concetto diwayfinding in ambienti non conosciuti e, all’opposto,

in ambienti familiari o lungo percorsi noti. Inquest’ultimo caso gli utenti hanno già una registrazionedei compiti richiesti e non hanno bisogno di fare dellescelte, ma solo di eseguirle. Eseguire le decisioni prese èun processo più automatico dell’atto di prenderle, fattoche giustifica la facilità con cui le persone seguonopercorsi ben conosciuti. Gli utenti hanno già elaborato ilpiano decisionale e ricordano o riconoscono i luoghidove devono eseguire specifici compiti.Invece nel caso di un luogo sconosciuto gli utentinecessitano di informazioni per prendere ed eseguiredecisioni. Quindi le risoluzioni che devono essereattuate determinano il contenuto dell’informazionerichiesta. Ma che cosa comporta questo nellaprogettazione dell’informazione? Come un designer puòsapere quali scelte gli utenti futuri opereranno?Due osservazioni empiriche ci aiutano nel rispondere aqueste domande. In primo luogo, per compiti simili, lescelte variano moltissimo a seconda dello scenario. Insecondo luogo, all’interno di uno stesso ambiente, lescelte di diversi utenti rispetto ad un compito datotendono ad essere simili (Passini 1984). Questeosservazioni suggeriscono che le decisioni chiave sonodeterminate in misura maggiore dai luoghi e dalle lorocaratteristiche architettoniche piuttosto che dallecaratteristiche degli utenti. Indica inoltre chel’informazione, se è rilevante e coerente con il compitodi orientamento, verrà utilizzata più facilmente. Più ilveicolo dell’informazione è efficace, più saranno similile soluzioni di wayfinding dei diversi utenti. La questione viene leggermente complicatadall’osservazione del fatto che alcuni utenti tendonoa fare più affidamento sui contenuti presentati in unordine lineare e sequenziale che li conducano da un

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“Si potrebbe identificare l’obiettivo dell’Information Design con quello della produzionedell’informazione, invece l’obiettivo dovrebbe essere quello di conseguire una finalità progettuale piùgenerale. Allo stesso modo l’obiettivo dell’Information Design nell’ambito del wayfinding non è quellodi progettare la segnaletica, ma piuttosto quello di aiutare le persone a muoversi in modo piùefficiente verso una destinazione prescelta. La misura della qualità di un progetto non riguardasemplicemente il design del prodotto, ma soprattutto il comportamento e la soddisfazione dell’utente.L’informazione non è fine a se stessa. Se questo punto non viene enfatizzato, il designdell’informazione potrebbe ridursi ad essere meramente la progettazione di un bel (o bellissimo)layout. E che cosa ne guadagneremmo?”

R. Passini, Sign-Posting Information Design 1999

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punto dell’itinerario ad un altro, mentre altripreferiscono contare su informazioni di naturaspaziale che forniscano un’immagine complessivadello scenario9. In generale la maggior parte della persone faràaffidamento sulla segnaletica sequenziale e lineare pertrovare il percorso in ambientazioni complesse, cioèquando sarà più difficile il delinearsi della mappamentale; in altre situazioni sarà più propensa a crearsiuna mappa cognitiva dello spazio. Questo suggerisceche i progettisti dovranno fornire informazioni perentrambi gli approcci di wayfinding.

Esiste una tendenza a concepire le informazioni diwayfinding solo in termini di segnaletica. L’analisidelle decisioni prese dall’utenza in situazioni dove èdavvero necessario il processo di orientamento,comunque, mostra chiaramente che la maggior partedelle scelte sono prese in realtà sulla base diinformazioni di tipo architettonico10 - le entratedell’edificio, i punti di transizione da un luogo ad unaltro, uscite, corridoi, scale, scale mobili, ascensori -così come sulle informazioni che riguardano l’interadisposizione spaziale, per esempio la pianta di unedificio (Arthur e Passini 1992). Per questa ragione ilcontenuto delle informazioni per il wayfinding nondovrebbe essere limitato al veicolo della segnaletica,ma dovrebbe anche includere queste entitàarchitettoniche e spaziali. Ognuno di questi treelementi (disposizione degli spazi, visione d’insieme esegnaletica) dipende dalla presenza e dall’elaborazionedegli altri.Per stabilire una lista di decisioni in funzione dellequali i progettisti possono fornire informazione, essidevono per prima cosa identificare la localizzazione dei

principali punti di accesso dello scenario e le funzioniprincipali dello spazio dal punto di vista dell’utente(per esempio principali zone di destinazione). Le più importanti scelte di wayfinding possono esserestabilite considerando i seguenti compiti per l’utente:(1) andare da ogni punto di accesso alla zona di arrivoe viceversa, (2) andare da un punto-destinazione ad unaltro, e (3) circolare all’interno dei punti didestinazione. Il progettista può individuare le necessitàper scelte più specifiche registrando i punti all’internodei percorsi di circolazione dove l’utente deve decideretra diverse opzioni direzionali (Romedi Passini Sign-Posting Information Design).La localizzazione di un’unità di contenuto lungo unpercorso è così determinata dalla localizzazione deipunti decisionali corrispondenti. Graphic designer ebuilding manager lamentano spesso, a questoriguardo, il fatto che gli utenti non fanno attenzione aicartelli. Le persone che stanno cercando di interagirecon un ambiente complesso non fanno caso a tutto, matendono a scegliere quello che sembra loro rilevante;fanno attenzione solo a ciò che serve loro. Una unità dicontenuto posizionata in un luogo in cui non ènecessaria in quel momento ha buone probabilità diessere ignorata.Se il contesto e la localizzazione delle informazionidi wayfinding sono determinate dalle decisionirelative all’orientamento degli utenti, la loro forma epresentazione deve essere progettata per esserecomprensibile e riconoscibile da un’utenza piùampia possibile. Rispetto a questa problematica vengono fornitenumerose indicazioni riguardo le tipologie di font e laloro forma, lo spazio fra queste, la leggibilità e ladistanza, le distorsioni angolari, gli spessori, l’uso dei

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simboli e dei colori, l’illuminazione dei segni ed ancheil design delle frecce11. Inoltre bisogna tener presente che la leggibilità di unoschermo in uno studio può essere dissimile da quellanello scenario reale. Un segno contiene molteplici unitàdi informazione, per esempio, che possono esserefacilmente lette in un ambiente calmo e stabile, mapossono essere di difficile fruizione in uno spaziocomplesso nel quale gli utenti sono in movimento. Laragione, in questo caso, è che banalmente le abilitàpercettive dell’utente in movimento in un luogocomplesso sono diverse rispetto a quelle a disposizionequando è fermo e in una situazione di quiete. Perquesto motivo i designer dovrebbero conoscere le basidei processi cognitivi e percettivi e testare il modo incui l’informazione viene presentata in ambientazionirealistiche e con reali utenti, piuttosto che sottrarsi aquesti test generalizzando dai risultati ottenuti incondizioni non conformi all’ambiente reale.

Abbiamo già sottolineato il fatto che la progettazionearchitettonica coinvolga anche il tema del wayfinding.L’articolazione degli ingressi dell’edificio, i punti ditransizione da una zona ad un’altra, le uscite, i corridoi,le scale, le scale mobili e gli ascensori sono tutti partedella comunicazione architettonica e sono essenziali per ilwayfinding. Anche gli architetti e i pianificatoriintervengono, ad un livello differente, nell’organizzazionee nella connessione degli spazi, creando in questo modola planimetria che include il sistema di circolazione.Facendo ciò stabiliscono il contesto e determinano iproblemi connessi all’orientamento che gli utentidovranno risolvere. Il sistema di circolazione è un fattoreche determina la facilità o la difficoltà con la quale lepersone formuleranno le mappe cognitive dello scenario.

È vero che i designer dell’informazione possono agevolareil processo di mappatura cognitiva trovando efficacimodalità di comunicare il layout, includendo il sistema dicircolazione; non di meno però la gran parte dell’abilitàdell’utente di crearsi una mappa dell’ambiente è inerentealla natura dell’ambiente stesso.La concezione di layout e di circolazione è uno deiprimi punti presi in considerazione nel processoprogettuale, e a questo punto le considerazioni diwayfinding sono già cruciali. La comunicazione dipercorso, per essere efficiente, non deve solo seguire laconcezione architettonica della planimetria ed essererelegata a “rimettere ordine al caos”, ma dovrebbeessere presa in considerazione fin dai primi stadi dellaprogettazione per definire i problemi di orientamentoche i futuri utenti dovranno risolvere.

La branca dell’Information Design che si occupa dellaprogettazione finalizzata ad agevolare il processo dicomprensione degli spazi e dei percorsi nell’ambientecostruito è quella dell’Environmental Design. Gli ambitidi cui questa si occupa possono essere così riassunti:- comunicazione grafica (sistemi di

mappatura e di segnaletica)- comunicazione architettonica (informazione implicita

nell’ambiente, valorizzazione dei “punti notevoli”12

dell’edificio)- comunicazione verbale (servizio “banco

informazioni”)

L’Environmental Design riguarda la comunicazione,l’ambiente ed il linguaggio ed ha fra i suoi compitiquello di fornire dei sistemi informativi di descrizionedello spazio e di istruzione all’uso delle sue funzioni;deve quindi supportare, semplificare e trasmettere la

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conoscenza ambientale.L’environmental graphic designer si occupaspecificamente della comunicazione graficadell’ambiente, per mezzo delle mappe e dei sistemi disegnaletica, viene infatti definito in questo modo dallaSEGD (Society for Environmental Graphic Design,Washington, USA): “The environmental graphic designerplans, designs, and specifies, sign system and otherforms of visual communication in the builtenvironment. The environmental graphic design servesthree basic functions: to assist users in negotiatingthought space by identifying, directing and informing,to visually enhance the environment and to protect thesafety of the public. In creating graphical elements forbuilding or a site, environmental designers analyse thearchitectural, cultural and aesthetic factors to meet theneeds of both clients and users. Their design process isinformed by their visual communication skills andknowledge of appropriate materials, methods andtechnologies”.

In questa sede verranno presi in considerazione isistemi di mappatura e di segnaletica per gli ambientiad uso collettivo sottolineandone i limiti e proponendoalcune indicazioni progettuali.

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1 C.E.Shannon, “A mathematical theory ofcommunication” in Bell System Technical Journal, vol27, luglio e ottobre 1948, e C.E.Shannon e W.Weaver,Recent contributions to the mathematical theory ofcommunication, University of Illinois Press, Urbana,1949

2 accademico di Harvard e figura di spicconell’American Academy of Arts and Sciences

3 James R. Beninger Le origini della societàdell’informazione. La rivoluzione del controllo editoin Italia da UTET, 1995

4 vedi Richard S. Wurman, Information Anxiety, 19905 AAVV, Information Design, a cura di Robert Jacobson,

MIT 19996 vedi il lavoro di Maria Grazia Tonfoni esposto da

Cavina e La Piccirella in Information Design, Utet,2002

7 AAVV, Information Design, a cura di Robert Jacobson,MIT 1999

8 per riferimenti precedenti a proposito del concetto diwayfinding, vedi Kaplan (1976), Downs e Stea (1977)

9 per studi precedenti sulle tipologie di mappecognitive vedi Appleyard (1970). In questa tesi vedicap. 3.3

10 “If you see a road you understand that you can walkalong it without having to see a sign saying that youcan do so. You can enter a building through adoorway even if it is without an entrance sign. Youmay even know what is in the building and how it isspatially organized just by looking at it. You can use anature trail, a park, a square, an avenue, an elevator,or a stair, because wayfinding information iscontained in these elements. People in their dailymovements have to pick up circulation information in

order to find their way. They have to find out whereto enter a setting and where to exit it. They have torecognize destinations. They have to identify thepaths of horizontal and vertical circulation systems.To be fully efficient, they have to understandcirculation systems” R.Passini, Wayfinding inarchitecture, van Nostrand Reinhold, New York, 1992

11 per riferimenti generali si veda Arthur e Passini(1992), Wildbur (1989) e McLendon (1982). In questatesi si veda il capitolo seguente.

12 per “punti notevoli” si intendono quei punti chepermettono la comprensione dell’intorno spaziale.

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“10 anni fa la fotografa Paola Di Bello ha ricostruito la mappa della rete metropolitana di Parigi conun collage di centinaia di fotografie a colori. Ogni piccola stampa riproduce il punto in cui, neicartelloni segnaletici presenti in tutte le stazioni sotterranee, i passeggeri appoggiano il dito pensando“Bene io sono qui”. Il risultato è una strana mappa, dalla quale Parigi emerge come un nodo vitale.Un mondo nel quale gli snodi della rete dei trasporti e i luoghi più celebri, quelli dell’immaginarioturistico, sono cancellati dal tatto, erosi dalla intensità con cui vengono frequentati. L’opera di PaolaDi Bello è un atlante del turismo di Parigi. Un atlante particolare, in cui al codice impersonale dellacartografia classica si sovrappone il ticchettio di migliaia di gesti individuali. L’atlante dellametropolitana parigina ci racconta una geografia eclettica, fatta di percorsi abitudinari, punti diattrazione, brevi soste, corridoi di flusso, zone d’ombra, luoghi solitari. Una geografia di tempi emovimenti, e non solo di spazi, che assomiglia inaspettatamente al nostro modo di pensare ememorizzare la città contemporanea. Di atlanti di questo tipo, capaci di raccontare la vita nelle nostregrandi città (e non solo i loro dati e la loro forma) abbiamo oggi sempre più bisogno.”

Domus, maggio 2004, n° 870

2. ENVIRONMENTAL DESIGN

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2.1 Oltre l’orizzonte, sistemi dimappaturaLe mappe sono rappresentazioni figurative didimensioni, attributi e relazioni tra oggetti del mondofisico o logico, riprodotte secondo una scala. Le mappe danno a coloro che le consultano la semplicee magica abilità di vedere oltre l’orizzonte. Lacaratteristica illuminante e rivelatoria di una buonamappa deriva dalla sua capacità di racchiudere la realtàin un unico e solido modello illustrato, con lapossibilità inoltre di avere simultaneamente sia unapunto di vista da “panorama” sia di dettaglio13. Una mappa racchiude il lavoro, la conoscenza el’intelligenza degli altri, possiamo infatti ottenereinformazioni topografiche di un luogo che potremmonon vedere mai, o notare un pattern mai preso inconsiderazione in un’area che pensiamo di conoscere afondo. Così consultiamo una mappa come faremmo conun consigliere per localizzare, identificare e decidere;questo atteggiamento ci porta a soffrire, a volte, di unagrande illusione di onnipotenza nel credere che lemappe contengano tutto quello che è necessario percomprendere o controllare un’area (anche tematica).Dimentichiamo, infatti, che colui che scrive la mappaha una propria visione delle cose, non per forzaallineata al nostro modo di concepirle (Owen, 2002). Le mappe sono imperfette, esistono informazioni che siperdono per la sovrapposizione di diversi livelli dicontenuti (“Londra”, disse il suo ‘biografo’ PeterAckroyd, “è così grande e così diversa che mille mappedifferenti sono state scritte per descriverla”).Paradossalmente molte informazioni possono essereottenute dalle lacune lasciate irrisolte, non solo aproposito delle intenzioni del ‘mapmaker’.

Questo è solo un aspetto della loro bellezza.Le mappe sono oggetti creati dall’uomo, per questomotivo non possono essere considerate né arbitrarie népure, esse dichiarano la propria visione oggettiva e‘naturale’ della realtà scaturita dall’osservazionescientifica, ma ancora le osservazioni sono selettive edevono essere tradotte e comunicate attraverso il mezzografico: lo scienziato confida nell’arte del cartografo perillustrare le proprie scoperte (Owen, 2002).Le mappe sono concepite come contenitori neutrali diinformazioni perché esse hanno la facoltà di persuaderein modo non eclatante, questa ‘naturalezza’ è data dallinguaggio e dalle convenzioni utilizzate, basate su di unsistema semiotico carico di valore.Le mappe contengono convenzioni gerarchiche checondizionano il modo in cui vediamo il mondo; una diqueste è, per esempio, l’orientamento secondo gli assinord/sud, est/ovest. Non c’è nessun buon motivo perquesta scelta che non sia quello di individuare unaconvenzione, ma ciò ha portato a considerare che soloquesto orientamento sia ‘corretto’. Nel medioevo le carte geografiche eranoprevalentemente orientate con l’est verso l’alto, in basealla concezione religiosa per cui il paradiso terrestre sitrovava ad est, e quindi l’est era il punto diorientamento più rilevante. Gli arabi inveceorientavano le carte con il sud verso l’alto, perché ilsud era il punto cardinale più facile da individuare, inbase alla posizione del sole nel momento in cui era piùalto sull’orizzonte, in tutti i giorni dell’anno (mentre ipunti in cui il sole sorge o tramonta sono soggetti, nelcorso dell’anno, a lievi variazioni). Dal quattordicesimosecolo in poi prevale, nelle carte nautiche, laconsuetudine di collocare il nord verso l’alto, sulla basedella facilità di individuarlo facendo riferimento alla

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stella polare e alla bussola, il cui uso era appuntoormai diffuso14. Questo è solo uno dei sistemi di segnie di valori che fondano la cartografia. Oggi il linguaggiocartografico è così integrato nel nostro modo di vederele cose che può essere considerato invisibile: nonquestioniamo più la connessione tra una linea blu sullamappa ed il concetto di ‘fiume’, vediamo il significanteequivalente con il significato, uno derivantenaturalmente dall’altro. E’ normale che il nord stiasempre in alto, che la sfera del mondo sia trasformatain un piano bidimensionale, che la Gran Bretagna sitrovi al centro di ogni planisfero, che sia stata fatta unaparticolare scelta tematica e utilizzata una determinatascala. Il cartografo, però, ha la responsabilità di esserefranco rispetto alle proprie scelte e degli effetti di questenell’atto della fruizione delle mappe (Owen, 2002).La cartografia dispone di un bagaglio di convenzioniiconografiche, geometriche, linguistiche e formali conle quali mediare i dati reali in rappresentazionifigurate. Le mappe richiedono traslazioni geometriche(da una realtà tridimensionale ad un pianobidimensionale), trasformazioni di scala (da 1:1 a 1:n),scelte di edizione (cosa mostrare e cosa ignorare) erappresentazioni iconografiche.Perlopiù sono due i sistemi di segni usati per definireattributi e dimensioni: in primo luogo le icone, chenormalmente definiscono le caratteristiche generali e leestensioni dimensionali (che genere di oggetto èquesto? una città con un numero di abitanti compresotra 50.000 e 10.000), e in secondo luogo il testo chedescrive le caratteristiche specifiche (come si chiama, aquando risale?...).William Owen ha delineato quattro ulteriori sistemi disegni (pattern) che vengono utilizzati nelle mappe perdefinire relazioni spaziali e dimensionali: la matrice

(detta anche ‘chloropleth’) che segna confini edivisioni, dove un’area diventa un’altra e cosa giacevicino a cosa; la rete (network), che mostra sistemi diflusso come reti fognarie, di comunicazione su strada odi navigazione; il punto che marca la posizione dioggetti discreti nello spazio, come insediamenti,landmarks o edifici; il livello, che raggruppa lacontinuità, come nel caso delle curve isoipse chedemarcano le stesse altezze o come per le isobare chesegnalano la stessa pressione dell’atmosfera. Ognuno di questi sistemi di segni esiste sempre nelcontesto di un quinto, le coordinate (meridiani eparalleli) e gli assi cartesiani (nord-sud, est-ovest), chedanno i punti di riferimento assoluti di un oggetto edefiniscono i confini della mappa (e in extremis iconfini del mondo conosciuto). I pattern - la matrice, la rete, il punto ed il livello -sono utilizzabili ed adattabili in un infinita tipologiadi narrazioni non geografiche. Le attività che hannouna relazione con lo spazio fisico utilizzanonormalmente una metafora geografica perrappresentarsi e sono chiaramente accettate comemappe nella convenzione occidentale; sistemimeccanici, elettronici o biologici (come il corpoumano o i circuiti elettrici) possono infatti essererappresentati topologicamente o topograficamente. Sipuò effettuare una mappatura di idee edinformazioni, di sistemi logici di pensiero nel campodella filosofia, della religione, della scienza e dellatassonomia; fino ad una rappresentazione allegoricadelle relazioni politiche e sociali - la mappa deiviaggi di Gulliver di Jonathan Swift non è meno“reale” dell’Atlante del Mondo, sebbene stiasemplicemente mimando il linguaggio scientificodell’altro -.

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Nella cultura occidentale si tende a restringere ladefinizione di mappa alla riproduzione di relazionidimensionali lineari. L’arte islamica e dell’India del sudutilizza questi pattern in modo ulteriore, vengonoinfatti create rappresentazioni topologiche intuitive direlazioni umane o fisiche indipendenti dalladimensione spaziale e del tempo. Questi costrutti sonopotenzialmente dei modelli di comunicazione nonlineari multistrato e poliprospettici che potrebberoessere proficuamente utilizzati nella societàdell’informazione digitale (Owen, 2002). Le mappe e i frammenti di mappe sono in ogni luogoed in ogni momento. Oggi non hanno nessun inizio néfine grazie alla loro consultazione su supportiinformatici connessi ad internet, o grazie all’utilizzo delprotocollo GPS (Global Positioning System) fruibile con ilcellulare o con computer palmari. Le mappe digitali

hanno scale multiple che offrono la possibilità diingrandire fino ad individuare il dettaglio desiderato,inoltre è possibile integrare vari livelli digitali perdifferenti temi: trasporti pubblici, luoghi di interesseturistico, rotte navali... I sistemi di informazionegeografica (Geographical Information Systems)definiscono milioni di oggetti in forma di datitelematici, in questo modo la mappa è connessa ad undatabase, ed il database è interrogato attraverso lamappa. Se le informazioni del database vengonomodificate la mappa cambia di conseguenza, in questomodo si supplisce al problema della vita breve dellemappe cartacee.

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2.1.1 Come costruire sistemi di mappatura migliori?“Senza indirizziLe vie di questa città [Tokyo] non hanno nome. Certo, c’è un indirizzo scritto, ma non ha che un valore postale, siriferisce ad un catasto (per quartieri e per blocchi, assolutamente non geometrici), la cui conoscenza è accessibileal postino ma non al visitatore: la più grande città del mondo è praticamente inclassificata, gli spazi che lacompongono nei dettagli sono innominati. Questo annullamento domiciliare sembra scomodo a chi (come noi) èabituato a stabilire che la cosa più pratica è sempre la più razionale (principio in virtù del quale la migliortoponomastica sarebbe quella delle vie-numero, come negli Stati Uniti o a Kyoto, città cinese). Tokio invece ciripete che il razionale non è che un sistema tra altri. Perché ci sia padronanza del reale (in questo caso quellodell’indirizzo) è sufficiente che ci sia un sistema, anche se questo sistema è apparentemente illogico, inutilmentecomplicato, curiosamente diverso: un buon bricolage può non soltanto resistere a lungo, come si sa, ma puòanche soddisfare milioni di abitanti addestrati d’altronde a tutte le perfezioni della civiltà tecnologia.L’anonimato è sostituito da un certo numero di espedienti (o per lo meno è così che essi ci appaiono), la cuicombinazione forma un sistema. Si può indicare l’indirizzo con uno schema di orientamento (disegnato ostampato), sorta di rilevamento geografico che situa il domicilio a partire da un punto di riferimento conosciuto,una stazione, per esempio: gli abitanti eccellono in questi disegni improvvisati, in cui si vede prender forma, suun foglietto di carta, una strada, un edificio, un canale, una ferrovia, un’insegna; disegni che rendono loscambio di indirizzi una comunicazione gentile, in cui riprende spazio la vita del corpo, l’arte del gesto grafico:ha sempre un certo sapore vedere qualcuno scrivere, a maggior ragione disegnare: di tutte quelle volte che unindirizzo mi è stato comunicato in questo modo, io trattengo nella memoria il gesto del mio interlocutore mentregira la sua matita per cancellare delicatamente con la gomma posta all’estremità, la curva eccessiva di un viale,il raccordo di un viadotto (nonostante sia la gomma un oggetto contrario alla tradizione grafica del Giappone,proveniva da questo gesto qualcosa di sereno, di carezzante e di sicuro, come se, anche in questo futile atto, ilcorpo “lavorasse con più riserbo dello spirito” conformemente al precetto dell’attore Zeami: la fabbricazionedell’indirizzo aveva molta più importanza dell’indirizzo stesso e io, affascinato, avrei desiderato cheimpiegassero delle ore a darmi quell’indirizzo). Si può, anche per poco che si conosca già il posto in cui si va,dirigere noi stessi il taxi di strada in strada. Si può infine pregare il taxista di lasciarsi guidare dall’ospite lontanopresso cui si è diretti, grazie ad uno di quei grossi telefoni rossi installati quasi ad ogni banchetto lungo lestrade. Tutto ciò fa dell’esperienza visiva un elemento decisivo dell’orientamento: affermazione banale, se sitrattasse della giungla o della boscaglia, ma che lo è molto meno se riguarda una grandissima città moderna,la cui conoscenza è quasi sempre assicurata dalla carta, dalla guida, dall’elenco telefonico, in una parola, dalla

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cultura stampata e non dalla pratica gestuale. Qui, al contrario, l’indicazione di domicilio non è sostenuta daalcuna astrazione: ad eccezione del catasto, non è che una pura contingenza: molto più pratica che legale, cessadi esprimere la congiunzione tra un’identità e una proprietà. Questa città non può essere conosciuta che graziead un’attività di tipo etnografico: bisogna orientarsi non con il libro, l’indirizzo, ma con lo stesso camminare apiedi, con la vista, l’abitudine, l’esperienza: ogni scoperta è insieme intensa e fragile, non potrà essere ritrovatache grazie al ricordo di quella traccia che ha lasciato in noi: visitare un posto per la prima volta è, in questomodo, cominciare a scriverlo: non essendo scritto, l’indirizzo deve fondare da sé la propria scrittura.”

Roland Barthes, L’impero dei segni , 1970

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Il linguaggio delle mappe è composto dalla famiglia deisegni, che comprende simboli, icone ed indici. Lamediazione che ha luogo durante la trasformazione dadati scientificamente oggettivi alla produzione di unamappa leggibile ha come risultato una narrazioneinteramente soggettiva (Owen, 2002). Le mediazioni fondamentali sono la proiezione,l’orientamento e la scala. La proiezione dà il punto divista, l’orientamento dà la gerarchia e la scala provvedea creare il senso del tempo e dell’orizzonte (quantolontano bisogna vedere e quanto lontano bisognaandare). Il semplice dato della scala ci dice per chi èstata progettata e quale è lo scopo della mappa.L’individuazione del destinatario ha quindi un valorefondamentale nella stesura di una pianta, infatti ilnostro senso di luogo, di posizione e la nostracomprensione delle relazioni tra le cose (determinateda dimensioni ed attributi) è forgiata e rinforzata dallaloro rappresentazione sulla mappa.La costruzione di una mappa mentale cometrasposizione della mappa cartacea nella mentedell’utente è uno degli atti fondamentali, consci oinconsci, per consentire il processo di orientamento.

L’utilizzo del solo mezzo grafico limita le potenzialitàintrinseche della rappresentazione spaziale. Ilpassaggio dalla tridimensionalità del luogo allabidimensionalità della carta induce a semplificazioniche a volte confondono l’utente. Un esempio di questadisfunzione è stato rivelato dagli studi compiuti supiloti di aereo15: le mappe isoipse rappresentano condiverse curve isometriche tutti gli ostacoli che sipossono incontrare durante il volo. I piloti volanoattraverso o intorno queste curve, non solamente sopra

ma anche sotto di esse, muovendosi liberamente nellospazio tridimensionale. Ogni cambiamento di posizionein altezza modifica il punto di vista dell’utente chedeve ricalcolare la sua posizione sulla mappa. Poichéquesta è stata scritta per essere letta preferenzialmenteda un punto di vista superiore all’ostacolo più alto,risulta difficile comprenderla se la posizione delvelivolo, per questioni metereologiche o per disfunzionimeccaniche, non è tale.Le popolazioni Inuit hanno supplito a questo problemacreando mappe tridimensionali. La caccia in kayaklungo le coste della Groenlandia e del Canada orientaleavviene per tutti i mesi invernali in condizioni dioscurità. E’ quindi necessario creare una mappacomprensibile al tatto, impermeabile all’acqua e chegalleggi nel caso cada in mare. Gli Inuit hanno cosìcominciato a scolpire su pezzi di legno il profilo dellacosta, creando un sistema di orientamento piùfunzionale e meno astratto.

Alcune sperimentazioni dimostrano che larappresentazione tridimensionale anche su semplicesupporto cartaceo aiuta la comprensione degliambienti, soprattutto in spazi aperti come i campusuniversitari, nei quali sono presenti numerosi edifici.Risulta infatti più facile svolgere i compiti di wayfindingse siamo già in possesso dell’immagine realisticadell’edificio che stiamo cercando. Nel caso in cui ilnumero di informazioni da veicolare sia esiguo (peresempio relativo solamente all’ubicazione) l’utilizzo didisegni tridimensionali può essere una buonasoluzione.

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Quando viene presa in considerazione la comunefruizione di una mappa esposta in bacheca in ambientecittadino ci accorgiamo che si presentano molteplicidifficoltà. Le mappe dei pannelli informativi sonosempre orientate secondo gli assi nord/sud est/ovest,l’utente quindi deve compiere uno sforzo diimmaginazione per riorientare la pianta in modo chesia aderente alla realtà circostante. Inoltre è sempremolto difficile interpretare la scala, visto che questa èraramente indicata. Saranno necessari cinque minuti dicammino o trenta? Un buon sistema di mappe constadi una progettazione della loro disposizione, in modoche queste siano orientate correttamente rispetto aglioggetti che segnalano. Si tratta quindi di mappe piùspecifiche per l’utenza e ad una scala in sintonia con lavelocità di spostamento del fruitore.Un altro problema connesso alla consultazione dimappe, oltre al riconoscimento della propria posizioneall’interno di esse e al loro corretto orientamento, è ladeterminazione e la memorizzazione del percorso chesi intende compiere. A volte risulta difficile districarsi ericonoscere i dati a noi utili nella foresta dei segni dellemappe. La luce è un ottimo mezzo per sottolineare unpercorso sia a livello bidimensionale che direttamentenell’ambiente. Il tabellone riassuntivo dei mezzi ditrasporto pubblici sotterranei di Parigi, il PILI (pannelloindicatore luminoso di itinerario), è un esempio diquesta possibile applicazione. Premendo il pulsantecorrispondente alla stazione in cui ci si vuole recare lamappa delle linee si illumina lungo l’itinerario. Anchese oggi il PILI è stato rimpiazzato per questionilogistiche dal PLI (Plan Lumineux Interactif) su supportoinformatico e consultabile via internet, per quasi 50anni ha affascinato ed aiutato migliaia di viaggiatori.

Questo esempio dimostra come utilizzare strumentiulteriori rispetto al solo supporto grafico può essere unmetodo da tenere in considerazione nella stesura dimappe; utilizzando la luce, nel caso specifico, si colpiscel’utente in modo più immediato e inconsapevole,agevolando il delinearsi della mappa mentale e quindilimitando il senso di spaesamento. Un altro metodo utilizzato per ridurre la difficoltà dimemorizzazione del proprio percorso è quello dicostruire diagrammi di flusso riassuntivi che sottolineanosolo le funzioni del luogo, senza più nessuncollegamento con la realtà planimetrica dello scenario. L’utente viene quindi guidato attraverso l’uso esclusivodella segnaletica e del colore. L’Ospedale Bufalini diCesena utilizza questo tipo di comunicazioneambientale. In questo stesso contesto vengono anchefornite mappe tradizionali che omettono però tuttequelle parti dell’ospedale il cui accesso non è consentitoal pubblico, ma solo al personale medico. In questomodo si previene e limita il passaggio delle personenelle zone riservate. Si è quindi deliberatamente sceltodi omettere una mappa generale.Quando le mappe omettono spazi in funzionedell’utenza a cui sono destinati il progettista opera unasemplificazione dell’informazione specifica per ilfruitore. Il livello di semplificazione da attuare è untema ampiamente dibattuto, infatti è possibile che inquesto caso l’utente non riesca più a ritrovare iparametri che di solito lo guidano nel processo diorientamento. Edward Tufte, docente alla YaleUniversity di Statistica, Information Design ed InterfaceDesign, nel suo saggio Envisioning Informationsostiene appunto questa tesi. Egli ritiene infatti che lafacilità di lettura derivi esclusivamente dalla corretta

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organizzazione del contesto in cui l’informazionedettagliata e complessa viene presentata. “A mostunconventional design strategy is revealed: to clarify,add detail. Less is bore.” Secondo Tufte lavisualizzazione di informazioni fortemente dense dicontenuto permette agli utenti di selezionare,riorganizzare e personalizzare i dati in base allespecifiche necessità. In questo modo sono gli stessiutenti ad avere il controllo dell’informazione,sottraendolo ai progettisti e agli editori. Lavisualizzazione di un contenuto eccessivamentesemplificato spinge i destinatari ad un’attitudinepassiva e, allo stesso tempo, diminuisce la credibilitàdella sorgente. Come può questa posizione coesistere con il problemadel sovraccarico informativo? L’informazione nondovrebbe essere semplificata e modellata per l’utenza?Tufte sostiene che queste domande non centrano ilpunto, infatti ritiene che la quantità di dati sia unaquestione totalmente estranea alla difficoltà di lettura.La confusione e il disordine sono prodotti dellaprogettazione non attributi dell’informazione. Moltospesso vengono estrapolati dai dati dei dettagli perperseguire la semplicità di lettura, basandosi sucompetenze personali e specifiche del progettista,queste considerazioni possono anche essere irrilevantirispetto al contenuto sostanziale del dato. La facile,convenzionale equazione “semplicità dei dati e dellaprogettazione = chiarezza di lettura” è falsa; lasemplicità è una preferenza estetica soggettiva non unastrategia di visualizzazione. Quello che Tufte propone èinvece una rappresentazione ricca di dati e di contesticomparabili tra loro, una comprensione dellacomplessità rivelata con un’economia di significati.

I mezzi più potenti per ridurre il “rumore” e arricchireil contenuto della visualizzazione sono (1) la tecnica delmostrare il contenuto per livelli separati, stratificandovisivamente i vari aspetti del dato; (2) creare dellenarrazioni attraverso i parametri di spazio e di tempo;(3) presentare i contenuti per piccoli multipli, in modoche siano comparabili tra loro; (4) utilizzare il colore inmodo strategico. Il colore è un ottimo strumento perseparare i livelli di contenuto. Le aree maggiori, quindiquelle di sfondo16, dovrebbero avere dei colori tenui edesaturati in modo che le aree piccole (figura-dato),con colori brillanti, siano facilmente riconoscibili (Tufte, 1990).

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Anche un punto inerente alla percezione visiva deveessere preso in considerazione: gli elementi vicini sulpiano bidimensionale interagiscono fra loro creandopattern non informativi e texture non progettate chederivano semplicemente dalla loro simultanea presenza.Josef Albers17 descrive questo effetto visivo come il

fenomeno del 1+1=3 o più. La dimostrazione di questoassunto è visualizzata qui sopra. La questione sta nel limitare l’attivazione dello spazionegativo creato dalle costruzioni grafiche. Un’attentaprogettazione del layout può fortemente limitarel’insorgenza di questo fenomeno.

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Non esistono regole generali ma Tufte consiglia diridurre il più possibile i costrutti grafici che distolgonol’utente dalla percezione del reale contenuto. Peresempio si tratta di evitare di circondare le parole concornici nere che attivano lo spazio bianco tra le parolee il box di testo, questo fenomeno rende l’immaginevibrante e complica la lettura. Tufte per esemplificarela sua teoria riprogetta i Marshall Signals aeroportuali.

“To direct attention towards the information at hand,the revision extends the light to dark range of color,separating and layering the data in rough proportion totheir relevance. Gray calms a contrasty silhouette,bringing about in turn more emphasis on the lampsand their position and motion. Coloring these lampshelps to separate the signals from all the rest. Some260 lamps-whiskers were erased, whiskers whichoriginally read in confusion as glowing light and alsotrembling motion. Note the effectiveness and eleganceof small spots of intense, saturated color for carryinginformation - a design secret of classical cartographyand, for the matter, of traffic light. Finally, in outrevised version, the type for the title (upper left corner)has emerged from its foggy closet. Also the labels, nowset in Gill Sans, are no longer equal in visual weight tothe motion arrows, among several typographicalrefinements.”La regola di base è quella di concentrare l’attenzionedell’utente sul dato e non sul contenitore del dato.

Un ulteriore miglioramento che si può attuare perprodurre sistemi di visualizzazione dell’informazioneper l’orientamento è quello di progettare un sistema disegnaletica integrato alla mappa e inserito

nell’ambiente. Infatti, poiché solo una percentualemolto bassa di utenti possono leggere e comprendereproficuamente una mappa, questa non può mai esserelo strumento principale con cui i visitatori vengonoguidati in un luogo (Paul Mijksenaar). È utile utilizzarlaper fornire la visone d’insieme di uno spazio ma deveessere sempre affiancata alla segnaletica inseritanell’ambiente. La mappa in questo modo è in partetridimensionale, quindi meno astratta e piùcomprensibile.

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2.2 Cenni storici sulla progettazionedella segnaleticaLa progettazione grafica o “comunicazione visiva”,legata al filone dell’editoria e della pubblicità fino allaseconda metà dell’ottocento, con il novecento18 trovala sua vera e propria fondazione disciplinare:all’interno del Bauhaus Jan Tschichold con “Die NeueTypographie” del 1928 promuove l’uso di una tipografiache abbia come finalità la chiarezza: fino ad allorainfatti era molto diffuso l’uso di carattericlassicheggianti o gotici che sottolineavano l’aspettodecorativo della pagina a scapito della sua capacitàcomunicativa. Nel manuale vengono esposte regoletipografiche pratiche e teoriche che saranno la base perla moderna concezione di impaginazione e layout. L’apporto di Otto Neurath è imprescindibile invecenell’evoluzione dei metodi di visualizzazionedell’informazione attraverso simboli: egli infatti verso lametà degli anni ‘20 sviluppa l’Isotype (InternationalSystem of Typographic Picture Education), un sistemache, attraverso segni visivi, presenta dati statistici permezzo di un linguaggio pittografico facilmentecomprensibile che possa essere una valida alternativaai diagrammi fino ad allora utilizzati (curve astratte,colonne e tabelle). Neurath vuole rendere il messaggiovisivo universalmente comprensibile al di là dellebarriere linguistiche nazionali creando una sorta dialfabeto universale per immagini in grado dicomunicare i processi della società a chiunque, aprescindere dal suo grado di competenza o istruzione.“Abbiamo realizzato un linguaggio internazionale perimmagini (che funga da linguaggio ausiliario) nel qualeè possibile esprimere proposizioni tratte da qualsiasilinguaggio naturale del pianeta. Lo abbiamo chiamato

Isotype. Un linguaggio per immagini di questo tipo èsenza dubbio molto importante e di grande utilità. Adesempio un uomo che giunge in una città straniera enon conosce la lingua del luogo avrebbe difficoltà adacquistare un biglietto alla stazione, o al porto; inoltrenon saprebbe dove riporre il proprio bagaglio, comeusare il telefono nella cabina, dove trovare un ufficiopostale. Ma se costui vede delle figure accanto alleparole straniere, queste immagini potranno metterlosulla buona strada. L’educazione mediante immagini,realizzata in armonia col sistema isotype contribuirà inmodo determinante a dotare le differenti nazioni di uncomune sguardo sul mondo. Se le scuole saranno ingrado di insegnare mediante la visione servendosi diquesto linguaggio diventeranno artefici di unaeducazione comune a tutto il pianeta e daranno unnuovo impulso ad ogni tipo di problematiche connessealla prassi educativa internazionale.” Questaentusiastica presentazione del principale manifesto diIsotype, chiamato anche linguaggio internazionale perimmagini, viene pubblicata nel 1936.19

L’interesse per l’aspetto comunicativo dei luoghi adutenza pubblica, come ad esempio le stazioni, comincianei decenni successivi ad accentuarsi sempre di più,tanto che, negli anni sessanta, si inaugura anche in Italiaun corso sulla grafica di pubblica utilità con intenti socialied educativi. L’università che lo ospita è l’ISIA di Urbino,istituto che organizza la didattica sulla scia delleteorizzazioni di Albe Steiner (egli nel 1969 progettal’immagine municipale della città).Steiner sostiene che il linguaggio grafico scelto per questotipo di progetti deve essere appropriato al luogo eall’utenza: devono essere presi in considerazione gliaspetti percettivi, psicologici e sociali che permeano

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l’ambiente pubblico in modo che gli utenti si sentanoaccolti e possano comprendere facilmente le funzioni e ladislocazione di tutti i servizi. Solo in questo modo lospazio può essere veramente “accessibile”. L’ambientedeve essere spiegato visivamente mediante l’usosofisticato di segni e di simboli che vada ben oltre il loroattuale impiego di vendere o proibire (Kevin Lynch, 1960). Il campo della segnaletica su committenza pubblicadiventa l’occasione di nuove ed importanti esperienzeprogettuali: lo studio Unimark di Bob Noorda (con sedea Milano) e di Massimo Vignelli (con sede a New York),con la collaborazione dei progettisti dello studio Albini-Helg, progetta nel 1964 l’immagine grafica complessivaper la metropolitana milanese. Quattro anni dopo il New York City Transit, l’autorità deitrasporti di New York commissiona alla UnimarkInternational, in occasione della progettazione delsistema di segnaletica per la metropolitananewyorkese, la realizzazione dell’Authority GraphicStandards Manual. A questa esperienza seguiranno consuccesso i progetti grafici per la metropolitana di SanPaolo in Brasile. Nel 1974 viene istituito negli Stati Uniti il “FederalDesign Improvement Programm” per il quale vengonostanziati fondi federali per migliorare la qualità deldisegno visuale per comunicare informazionigovernative ai cittadini. John Massey elabora uno deiprimi manuali omnicomprensivi di standard grafici. Dalprogramma di standardizzazione della grafica statalescaturisce anche il progetto Unigrid (1977) sviluppatodall’agenzia Vignelli per la comunicazione istituzionaledei 350 parchi americani: 350 sistemi di segnaleticavengono così uniformati in un unico.Tra fine degli anni ‘80 e l’inizio degli anni ‘90 si

delinea più autonomamente la branca teorica eprofessionale del Sign Design, infatti in questo periodoviene fondata a Washington (USA) la SEGD (Società perEnviromental Graphic Design), che si occupaspecificamente della comunicazione graficadell’ambiente, per mezzo delle mappe e dei sistemi disegnaletica.

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2.2.1 Immagine e comunicazioneIl linguaggio visivo, che ha come prodotto l’immagine,è più limitato di quello parlato, ma risulta spesso piùimmediato. Affinché non risulti equivoco devecomunque sottostare a regole sintattiche, compositive esemantiche in relazione alla specificità dei contenuti,del luogo di applicazione e dell’utenza.L’emisfero sinistro del cervello viene designato comequello che si occupa delle funzioni verbali e analitiche,del pensiero logico e del ragionamento; l’emisferodestro invece opera in maniera spaziale, percettiva emetaforica, la comprensione avviene attraversol’immaginazione in modo unitario, intuitivo e spessoinvolontario. Nella società del sovraffollamentoinformativo l’utente ha sviluppato razionali barriere diautodifesa che fanno sì che l’emisfero destro delcervello sembri rimanere il canale più aperto allacomunicazione. Negli ultimi decenni però, con ildilagare sregolato della pubblicità20, l’immagine èentrata così fortemente nella quotidianità che staperdendo progressivamente il suo potere persuasivo,tanto che l’utente sceglie di ignorarla nell’ottica di unaeconomia percettiva. Questo complica le modalità concui è possibile solleticare ed incuriosire l’emisferodestro. In linea generale è necessario utilizzare unlinguaggio visivo che sia sintetico e semplice, checomunichi una percezione a livello emotivo e che vengaripetuto al fine di creare impressioni di familiarità efissarsi nella memoria. Probabilmente l’utilizzo di uncodice misto (codice iconico e codice verbale) è larisoluzione più efficace ai fini della comprensione edell’apprendimento in quanto il messaggio si rivolgesia all’intelligenza che all’immaginazione.Adrian Frutiger nel suo saggio Segni e simboli dà un

ulteriore spiegazione della maggiore ricettività delpubblico per il messaggio visivo; egli sostiene chequest’ultimo viene preferito alla comunicazionepuramente verbale perché l’utente considera guardareun’immagine come un atto meno impegnativo rispettoall’attenzione richiesta per la comprensione di unmessaggio orale: è possibile recepire l’immaginetrasmessa “ad occhiate”, senza seguirla continuamente,a differenza di quanto accade invece con un discorsoverbale. Questo infatti si sviluppa in maniera linearenel tempo e per essere compreso deve essere seguitosenza cadute di attenzione. L’immagine invece rivela ilmessaggio immediatamente nella sua interezza. Mitzi Sims nel saggio Sign Design, graphics materialstechniques valuta un’immagine simbolica in base allesue proprietà semantiche (relazione tra l’immaginevisiva e il suo significato), sintattiche (relazione tra leimmagini di uno stesso sistema) e pragmatiche cioè cheriguardano la relazione che si instaura con l’utente che,attraverso la contemplazione e la sintesi istantanea diun insieme di simboli, percepisce, comprende edescrive lo spazio. Il linguaggio grafico diventa cosìnecessario per permettere una continuitàdell’esperienza esplorativa e l’armonia tra spazio edinformazione.L’utilizzo strategico dell’immagine nell’ambito dellasegnaletica deve far leva sia sulle reazioni inconsce cherazionali dell’utente e deve suscitare uncomportamento. La segnaletica deve informare, aiutarenella scelta, provocare una sequenza di risposte edorganizzare il comportamento provocato dai segni in undeterminato complesso unitario21. È quindi moltoimportante a fini di una buona progettazione aver benpresente che tipi di risposta si vuole provocarenell’utente.

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2.2.2 Le categorie di segniLa segnaletica per lo spazio pubblico deve limitare ilpiù possibile il sovraccarico informativo e deve forniresistemi di orientamento che prendano inconsiderazione:- gli aspetti utilitaristici relativi alla questione

dell’orientamento e quindi della funzionalità e dellareperibilità dell’informazione

- gli aspetti estetici di identità dell’immagineambientale, di identificabilità del linguaggiocomunicativo e di qualità dell’organizzazione globaledegli spazi

- gli aspetti di caratterizzazione espressivadell’ambiente, sia esso lavorativo, di intrattenimentoo di servizio.

Mitzi Sims individua sei categorie di segni:- segni di orientamento: consentono di localizzarel’utente in un dato ambiente e possono essereprogettati per tale scopo (mappe) o essere riconosciutidall’utente come tali (punti architettonici diriferimento)

- segni di informazione: utilizzano essenzialmente illinguaggio verbale e sono veicolati dal testo scrittoe/o dal segno grafico. La loro efficacia comunicativarisiede principalmente nella chiarezza del messaggioche può essere ulteriormente rafforzato dalla forma,dal colore del segnale e dalla sua esatta collocazione

- segni di direzione: strumenti di navigazioneambientale, progettati all’interno del sistema segnicoglobale, essenziale ed indispensabile alla circolazionein luoghi pubblici ad elevata frequentazione e adibitial trasporto di merci e persone in condizioni di stresse di velocità d’uso elevate (aeroporti, metropolitane,

ospedali, tribunali...)- segni di identificazione: rappresentano forse la piùantica forma di segnalazione e riconoscimento di unospazio e di un punto nello spazio al fine di dareconferma della raggiunta destinazione edidentificazione di un dato luogo. Necessitano di unaprecisa localizzazione e tendono ad essere visti dalvisitatore come landmarks

- segni di regolazione: sono i più normalizzati ecodificati in ambito internazionale, sia a livellografico che costruttivo, per via dell’importanzacruciale dei loro contenuti comunicativi specienell’ambito della segnalazione di sicurezza. Essiriguardano infatti la tutela dalla salute dell’individuo,gli obblighi e i divieti, le istruzioni in condizione diemergenza e quelle per l’uso di alcuni dispositivi

- segni di decorazione: hanno finalità prevalentementeestetiche ed appartengono forse alla menocomunicativa delle categorie segnaletiche perché illoro scopo principale non è quello di supplireinformazioni, ma di abbellire ed evidenziare. I segnidecorativi sono i fautori del fascino, del mistero edella gradevolezza estetica di alcuni tipi di ambienteo di parte di essi, e contribuiscono ad arricchire laveste grafica e comunicativa dell’ambiente senzainterferire con gli altri segni presenti

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2.2.3 Principi di progettazione dellasegnaletica“I’m successful if nobody notices the sign and findstheir way” Paul Mijksenaar

Nella progettazione della segnaletica è importanteprevedere che le dimensioni siano adeguate al compitovisivo e che la soluzione grafica che si utilizza siaadatta ai meccanismi della percezione visiva e dellapsicologia ambientale. Inoltre è necessariaun’approfondita conoscenza dell’intero contestospaziale, sociale e comportamentale.Perché la comunicazione avvenga in modo efficacebisogna utilizzare un linguaggio e un codice che sipresuppone siano comuni e condivisi, quindi più omeno standardizzati, ma comunque flessibili rispettoallo scenario. La flessibilità è data dal fatto che neldesign grafico standard e normative sono entità ancorapoco strutturate, fatta eccezione per la segnaleticastradale e di sicurezza. In questo campo di applicazionesia la Gran Bretagna che gli Stati Uniti hanno stabilitoleggi e normative che forniscono i limiti entro i quali ilprogettista di segnaletica può operare, questeriguardano: standard specifici, codici, consigli d’uso eprincipi di progettazione per l’installazione. Tuttavial’utilizzo della segnaletica rimane ancora poco unificatosia a livello nazionale che internazionale.Possono essere forniti però dei principi di progettazioneche riguardano l’ambito tipografico (1), la scelta delcolore (2), il posizionamento del segnale nello spazio(3) e l’utilizzo della luce (4).

1. Ambito tipograficoQuando i caratteri vengono disegnati appositamenteper fini segnaletici è importante che alcuniaccorgimenti di carattere gestaltico e percettivovengano presi in considerazione; per esempio le letteresimili di un alfabeto devono essere differenziate perscongiurare errori di interpretazione e abbattere lacosiddette “barriere tipografiche” che possonocostituire un ostacolo spesso insormontabile per chisoffre di disturbi alla vista. Un’interessante esempio diquesta ricerca tipografica è lo studio condotto inInghilterra per migliorare la lettura delle persone conproblemi di dislessia. La dislessia è un difetto visivoche porta ad invertire e confondere i caratteri durantela lettura. È una condizione che, solo nel Regno Unito,affligge circa il 10% della popolazione pertantocostituisce un problema particolarmente esteso.Analizzando i meccanismi della visione e diapprendimento del dislessico, Natasha Frensch haprogettato nel 2003 un apposito carattere tipografico.

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La serie completa del font Read Regular è caratterizzatainfatti dall’unicità di disegno per ogni lettera: le b, d,p, q, per esempio, non sono il semplicecapovolgimento di un unico glifo, ma forme univoche.Ogni lettera è quindi diversa e questo consente diridurre l’errore di decodifica da parte del lettore.22

Altri accorgimenti sono quelli di evitare spessori elevati(bold o condensed) che riducono la leggibilità adistanza; un altro aspetto importante è quello cheriguarda la spaziatura, infatti lo spazio tra le letteredeve saper creare consistenza e ritmo nella scansionedei pieni e dei vuoti, così come quello tra le parole equello tra le righe (interlinea) devono garantire uncorretto e confortevole equilibrio visivo alla lettura deltesto. Se la distribuzione degli spazi vuoti vieneprogettata con una logica, il ritmo che ne derivafaciliterà la lettura. È preferibile inoltre utilizzare alfabeti regolari cheriproducono forme più armoniche e lineari, dato che leparole sono riconosciute per via della loro formaglobale, non per quella di ogni singola lettera. In generale si può affermare che non esistono fontgiusti o sbagliati, ma devono essere scelti in base allaloro appropriatezza rispetto al loro scopo. Un carattereclassico serif o sans serif come il Times, il Frutiger ol’Helvetica è una scelta di design sicura. Utilizzare fontstravaganti può portare ad un riconoscimento e ad unaidentificazione difficile, infatti generalmente le personericonoscono gli oggetti familiari23, così font comunisono più riconoscibili di quelli meno utilizzati. JockKinneir, un progettista britannico di sistemi disegnaletica24, sottolinea nel suo libro Words andbuilding che la scelta del carattere è molto importanteperché questo ha in sé dei livelli di significato, dei

concetti, delle sensazioni e dei messaggi subliminaliche non devono essere sottostimati.Nell’ambito del “copy wording” i suggerimentiriguardano la chiarezza delle parole utilizzate nelsegnale: l’headline e il testo devono essere il più brevipossibile, le frasi non devono essere ambigue. Il codiceusato deve essere appropriato all’utenza, un codiceamichevole e positivo incoraggerà l’utente a risponderenella maniera auspicata dal progettista. Si dimostrasempre più necessaria la presenza del testo in almenodue lingue.Come regola generale le abbreviazioni non sonoutilizzate quando la segnaletica è destinata ad un’utenzapubblica, in quanto possono causare confusione esensazione di spaesamento. Anche la punteggiatura nondovrebbe essere utilizzata: l’informazione che richiedepunteggiatura, per essere compresa, non dovrebbe esserecontenuta nella forma di un segnale. È necessario evitareun numero elevato di messaggi sullo stesso cartello, èbene invece avvalersi di un sistema di segnaleticagerarchico, secondo il quale vengono inseriteprogressivamente le informazioni lungo il percorsoeffettuato dall’utente. Sono da evitare anche lunghielenchi di nomi nei quadri sinottici e nei pannelliinformativi, una serie di brevi messaggi è più semplice daleggere e da ricordare. I segnali devono essere letti ecompresi molto velocemente e un sovraccarico diinformazione può causare incertezza. Soprattutto lasegnaletica di identificazione dovrebbe essere semplice econcisa; scelta una denominazione, questa dovrebbeessere mantenuta in tutto l’edificio.Per quanto riguarda la posizione della scritta sul cartello èpreferibile che il margine inferiore sia maggiore di quellosuperiore, in quanto le parole sono visivamente piùsoddisfacenti se sono leggermente più in alto del centro.

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2. La scelta del coloreCome si diceva è molto importante che i segnali sianostrutturati gerarchicamente, secondo l’importanza delmessaggio veicolato, in modo logico e coerenteall’interno di tutti gli spazi dell’edificio. Il colore puòessere uno strumento molto efficace per raggiungerequesto scopo. Infatti il colore è “un mezzo dipersuasione in grado di condizionare la memoria, unostrumento di seduzione in grado di creare fortisuggestioni. La comunicazione visiva si avvale della suaefficacia e universalità per evidenziare le informazioni,rendere agevole il messaggio e imprimerne il ricordonella memoria”. (Lia Luzzatto e Renata Pompas, 1988).Nell’ambito della progettazione è utile considerare lequalità intrinseche della gradazione cromatica utilizzata,i suoi usi sociali all’interno della cultura specifica, ovveroi significati e i comportamenti ad essa associati25.In generale il colore deve aiutare l’utente a pensare ilmeno possibile e quindi a comprendere il messaggiovelocemente, per questo la CEE ha normato i colori dautilizzare in caso di emergenza e per la sicurezza26,situazioni in cui la prontezza di reazione ha un ruoloanche di vitale importanza. Rosso: segnale di pericolo e allarme; utilizzato permateriali e attrezzature antincendio Suggerisce una situazione pericolosa e l’idea di arresto esgombero, sottolinea l’identificazione e l’ubicazione deidispositivi di emergenzaGiallo/Arancione: segnale di avvertimentoSuggerisce che è necessaria una maggiore attenzione ocautela, oppure una verificaAzzurro: segnale di prescrizione (direzione ed indicazione)Suggerisce un comportamento o un’azione specifica(sottolinea uscite, percorsi)

Verde: segnale di salvataggio, soccorsoSuggerisce il ritorno alla normalità e ad una situazionedi sicurezza.

Jorrit Tornquist, ricercatore sul colore e progettista, nelsuo libro Colore e luce sostiene che quando un colore ècollegato ad un oggetto diviene un segnale sinestetico:attraverso il colore si coglie infatti la commestibilità diun cibo, la pericolosità di una situazione ecc. Lareazione al colore diviene quindi immediata einconsapevole poiché questo è dotato di un intrinsecoma forte valore di richiamo/conferma. Un’altracaratteristica è quella di riuscire a staccare il segnaledell’uniformità cromatica dello sfondo. In questo sensoè sempre necessario valutare il colore scelto in rapportoagli altri presenti nell’ambiente. Quando devono esserecomunicate differenze, somiglianze e distinzioni diordine qualitativo il colore è uno dei mezzi più efficaciche si possono utilizzare.

Un esempio applicativo molto interessante è l’uso delcolore nella progettazione della segnaletica perl’aeroporto JFK di New York27. Paul Mijksenaar haconfigurato 3 modalità differenti di segnale, questesono basate sullo stato d’animo dei viaggiatori. La prima modalità, la più importante, è quella deldover prendere l’aereo e della fretta: gli utenti devonoessere diretti alla biglietteria, al check in, al loro gatedi imbarco oppure dall’aereo all’area di ritiro bagagli.Questa tipologia di segnali ha il lettering nero susfondo giallo, un colore brillante utilizzato anche neisegnali di avvertimento (per esempio i lavori stradali). Il secondo gruppo guida ai servizi offerti dall’aeroportocome sale d’attesa, ascensori, telefoni ecc; il lettering

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giallo su sfondo grigio scuro segnala la modalità diattesa, del tempo che si può impiegare liberamentementre si aspetta. L’ultima tipologia è quella dei cartelli con scritta biancasu sfondo verde, il colore caratteristico delle uscite e,negli Stati Uniti, della segnaletica stradale. Questisegnali conducono ai parcheggi e ai mezzi di trasportoverso la città. Mijksenaar ha scelto il verde perché è un“colore naturale, che esprime lo stato d’animo delvoler andare a casa”. I passeggeri selezionano in modo intuitivo edimmediato il tipo di indicazione di cui hanno bisognoescludendo tutte le altre. L’idea di base è quella dioffrire solo l’informazione necessaria per il percorso ela modalità scelta, da un punto di vista globale ad unospecifico e viceversa: ciò può accadere grazie ad unaprogettazione gerarchica della segnaletica. L’utente

deve essere prima guidato alla zona desiderata e poialla specifica destinazione. È importante che lasegnaletica mostri veri e propri punti-destinazione enon punti intermedi, questi dovrebbero essere giàfacilmente deducibili dall’organizzazionedell’architettura stessa e dalla logicità del sistema disegnaletica; questo accorgimento, quando benprogettato, limita la sovrabbondanza di segni, comesostiene Mijskenaar “a large number of signs are used,often unjustifiably, to indicate entrances and exits,elevators and escalators, wings, floors, intersections,and areas such as the central hall. These elements,which are not destinations in themselves, should bemade recognizable by architecture or interior design. Awide variety of resources are available for this purpose:lighting, use of color and materials, a design thatfeatures many uninterrupted sight lines connecting

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important points, a view of the surrounding landscape,and the creation of landmarks that are easy toremember”. In un sistema di segnaletica si raccomanda di usare unmassimo di 4 o 6 colori, desaturandoli all’aumentaredel loro numero28. Nel momento della scelta dellegradazioni cromatiche è importante tener conto deidati relativi alla percezione e l’invecchiamento: peresempio il 25% della popolazione mondiale al di sopradei 50 anni fatica nel percepire il blu, dato ilpeggioramento della dilatazione della pupilla rispettoalla condizioni di buio/luce (fonte SEGD).

3. Posizionamento del segnale nello spazioLa posizione del segnale è molto importante perchédetermina la sua visibilità e la capacità di catalizzarel’attenzione dell’utente in una data direzione inrelazione al contesto/sfondo dell’ambiente diriferimento. La collocazione del segnale di sicurezza,per esempio, è normata in riferimento al campo visivodell’osservatore, alla sua posizione nello spazio, al tipoe alla velocità dello spostamento e alle caratteristichefisiche dell’ambiente (illuminazione…). Il cono visivo diuna persona normale copre un angolo di circa 60°,l’area esterna a questo angolo tende ad essere vistacon un dettaglio molto minore. Anche se una personapuò allargare il campo visivo movendo la testa, lamaggior parte della persone tende a limitare questosforzo ulteriore29. Per esempio se un segnale è posto inmodo che la linea dello sguardo formi un angolomaggiore di 30° verrà probabilmente ignorato.Un’attenta progettazione della posizione del segnalenello spazio aumenta le probabilità che questo venganotato. È inoltre necessario accertarsi che l’ambientenon interferisca visivamente con la lettura del segnale,le parole dovrebbero essere visivamente isolate, quindiun ambiente statico e neutro è lo scenario ideale. Seguendo le indicazioni formulate dalla teoria delwayfinding di Passini, il segnale deve essere collocatonello specifico punto in cui l’utente formula unadomanda relativa all’orientamento, la cui risposta deveessere tanto esauriente da fagli prendere la successivadecisione. Questi punti specifici sono per esempio i bivima più in generale tutti quei nodi in cui l’utente èforzato a prendere decisioni e quindi necessitaindicazioni di wayfinding.

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4. L’utilizzo della luce“L’esperienza spaziale è intimamente connessa conl’esperienza di luce: senza luce non c’è visione, e senzavisione non ci può essere lo spazio visibile. Lo spazio,in senso visivo, è spazio-luce. Normalmente questospazio luce non è evidente all’occhio. Percepiamorelazioni spaziali solo quando la luce è intercettata daqualche medium. Ciò che in realtà vediamo comemondo spaziale è il modo in cui la luce è dissociata eriflessa, cioè modulata da questi media. I modi sensoridi registrare la luce modulata, le varie sensazioni dicolore divengono, quindi, i mezzi per l’ordinamentospaziale di oggetti ed eventi.Ma l’esperienza di luce e colore significa qualcosa dipiù che i dati sensoriali del mondo spaziale. La parolaluce, o colore, denota ricchezza, salute, integrità; non èsemplicemente un segno spaziale dell’ambiente ma unbisogno umano fondamentale (…).La luce è la fondamentale energia vivificante di ogniesistenza organica. L’orientamento, nel suo significatofondamentale, è l’adattamento da parte dell’uomodelle energie solari imbottigliate nella infinità varietàdi forme-natura. L’esperienza di luce esiste per lasicurezza dell’organismo, (…) la luce è esperienzafondamentale di vita.”Gyorgy Kepes, Il linguaggio della visione, 1944

La luce è necessaria per la percezione dell’intornospaziale ed una corretta illuminazione garantisce ilbenessere psicofisico dell’individuo. Circa l’80% di tutte le impressioni sensoriali sono dinatura ottica e necessitano della luce come vicolo diinformazioni30. Ciò dimostra la straordinariaimportanza della luce per l’uomo.

La luce non solo trasmette attraverso l’occhio leinformazioni ai centri della vista del cervello, ma,attraverso una particolare ramificazione di nervi,influisce anche sul sistema neurovegetativo che regolale funzioni dell’organismo. Sono infatti note leripercussioni dei diversi tipi di illuminazione sulleattività dell’uomo, soprattutto per quanto riguarda lacapacità di concentrazione, la prevenzione dellastanchezza precoce e il corretto svolgimento deibioritmi fisiologici. Nell’intorno spaziale l’occhio svolge, consciamente oincosciamente, una continua azione di monitoraggio: èattratto dalle entità più brillanti presenti nel campovisivo, dagli oggetti in movimento, dagli elementiimprevisti e da tutto ciò che può essere potenzialefonte di pericolo31. Sottolineare con la luce gli elementiche sono utili alla fruizione dello spazio è una dellemetodologie più efficaci per veicolare l’informazioneche è ritenuta dal progettista più importante. Perquesto motivo la corretta progettazione di un ambienteluminoso è un fattore determinante nell’accettazione enell’identificazione di uno spazio: creare paesaggiluminosi adeguati e corrispondenti alle aspettativedell’utente è un fattore qualificante non solo per ilbuon fine di un progetto illuminotecnico, ma anche perla fruizione di qualsiasi spazio.L’azione positiva della luce a livello neurovegetativonell’uomo è verificabile anche in ambienti sconosciuti,l’uomo ritiene un luogo ignoto illuminato più sicuro diper sé rispetto ad uno più buio. La luce viene quindiritenuta una fonte di sicurezza in se stessa, infatti laforte carica emotiva che riesce a stimolare limitaimmediatamente il senso di spaesamento e agiscecome grosso deterrente contro il panico nelle situazioni

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di emergenza. La luce trova un diffuso impiego nell’ambito dellasegnaletica ed anche qui porta numerosissimi vantaggi:agendo a livello istintivo la luce si configura come unlinguaggio universale, al di là di ogni barrieralinguistica e culturale, l’uomo ne è incosciamenteattratto e questa attitudine può essere sfruttata dalprogettista per posizionare le sorgenti in modostrategico e guidare l’utente in ambienti complessisenza creare le situazioni di stress date dal sovraccaricoinformativo della segnaletica tradizionale.

Se analizziamo le applicazioni attuali la luce vienelargamente utilizzata nella segnaletica retroilluminata,questo perché, come con il colore, il segnale vienesottolineato rispetto all’intorno spaziale. Inoltrequando esiste un problema di visibilità i segnaliluminosi possono aumentare la velocità con cui il segnoviene recepito. Paul Mijksenaar sostiene in proposito:“Don’t save money on lighting. The sunnier the climateand the more daylight available, the bigger the need ofilluminated signs.”

L’utilizzo della luce nella segnaletica può avere ancheun piacevole effetto estetico. Un esempio èl’applicazione nel centro di arte moderna GeorgesPompidou di Parigi dove si alternano segnali grafici esegnali creati con tubi al neon colorato. Lo studioIntègral Ruedi Baur et Associates ha sviluppato tra il1997 e il 2001 un sistema esteticamente inseritonell’ambiente che, allo stesso tempo, svolge conefficacia la sua funzione. Ruedi Baur sottolineal’opportunità di trasformare ogni ambiente in un luogodi comunicazione creativa. Questo significa integrare un

alto livello di invenzione progettuale con un altolivello di comunicazione. La progettazione dellasegnaletica per il Pompidou si basa sull’ideadell’esplosione spaziale dell’informazione, che disolito è contenuta in un solo pannello, in modo taleche il sistema di segnalazione equivalga allascenografia. Qui la luce, oltre ad essere veicolod’informazione, esalta l’aspetto scenograficodell’ambiente.

Lo sviluppo tecnologico di sorgenti che richiedonoalimentazione a bassissima tensione ha aperto la stradaalla luce come vera e propria guida visiva continuanell’ambiente. Una di queste sorgenti sono i LED, i qualisi presentano come barre di lunghezza variabile. Èpossibile installare elementi molto lunghi (vari metri)con piccoli LED collegati in parallelo, oppure accoppiarepiù barre realizzando linee spezzate e ramificate. Poichégli apparecchi si posano senza difficoltà a incasso o a filodi pareti, soffitti e pavimenti (in ambienti esterni ointerni), la sporgenza ridotta può servire a creare undiscreto confine ed una guida visiva tra le zone di unlocale, in funzione di corsia o di linea direttrice, utili perfavorire l’orientamento in condizioni normali o diemergenza32. La creazione di percorsi luminosinell’ambiente è già stata sperimentata in alcuni ospedalidove i pazienti possono deambulare durante la notteutilizzando solo questa “luce di cortesia” che segnaladestinazioni come bagni, cucine o altri servizi. Altre sorgenti utilizzate nell’ambito della segnaleticaed in quello dei percorsi luminosi sono le lampadefluorescenti lineari o compatte, i sistemi a condottiottici (fibra ottica e guide di luce con pellicola OLF) e i pannelli elettroluminescenti.

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L’Associazione Italiana di Illuminazione (AIDA) haclassificato i parametri generali che influenzano lavisibilità e la comprensione del segnale luminoso.Questi sono: le dimensioni angolari dell’oggetto che sideve percepire, la luminosità del segnale, l’ambiente incui deve essere inserito, il tempo che si ha adisposizione per la percezione, il contenutosignificativo del segnale, il contrasto diluminanza/cromatico tra il segnale e lo sfondo e tra icaratteri e il segnale stesso. La luminosità del segnale deve essere garantita intutte le condizioni di visibilità dell’atmosfera previsteper la comprensione del messaggio. La luminositàminima perché si abbia la visibilità di un segnaleluminoso con sfondo nero, alla distanza d, infunzione della trasparenza T dell’aria è riportata nellatabella qui sopra33:

Queste prescrizioni sono imprescindibili per campi diapplicazione della segnaletica luminosa più specifici,utilizzati a livello internazionale e conseguentementenormati. Questi sono la segnalazione luminosamarittima, aeroportuale, stradale e l’illuminazione diemergenza.

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13 William Owen, Mapping, Rotovision, Hove UK, 2002Owen è giornalista di design ed editore. Consulentedi design, branding e tecnologie. Scrive per ID edEye.

14 Maria Rosa Baroni, Psicologia ambientale, il Mulino,1998

15 fonte William Owen, Mapping, Rotovision, Hove UK,2002

16 vedi Geatano Kanizsa Grammatica del vedere, ilMulino, 1980

17 Josef Albers (1888-1976) insegnante al Bauhaus diDessau; quando il Bauhaus viene chiuso nel 1933emigra come molti dei suoi colleghi negli stati Uniti.Qui continua la sua attività di insegnante (BlackMountain College, North Carolina), di artista, didesigner e di scrittore.

18 questo è infatti il secolo della grande diffusione deltrasporto pubblico e privato, dello sviluppo di cittàche hanno sempre più bisogno di comunicare acittadini che provengono da culture e luoghi diversi,della creazione di grandi imprese che necessitanouna corporate identity, della diffusione di mezzi dicomunicazione di massa come i giornali e internet,della contaminazione tra arte e linguaggio visivo...

19 vedi Progetto Grafico, anno 1, numero 2, dicembre2003 “Otto Neurath e la grafica come linguaggiouniversale” a cura di Alan Zaruba, Giovanni Anceschi,Daniele Turchi

20 si parla infatti di “inquinamento visivo”21 Charles Morris sottolinea il fatto che può essere più

persuasivo descrivere le conseguenze di una certaazione che comandare l’azione direttamenteattraverso il segnale (ne è un esempio il segnalenella metropolitana milanese “non appoggiarsi “

applicato sulle porte dei treni) 22 Domus 869, Aprile 2004, “Social Design” a cura di

Mauro Bubbico, Andrea Rauch, Gianni Sinni, pag 148 23 “Ognuno vede ciò che sa” Bruno Munari, Design e

comunicazione visiva, 196824 Jock Kinner (1917-1994) ha progettato il sistema di

segnaletica dell’aeroporto di Gatwick e, alla finedegli anni ’50, il sistema di segnaletica stradaleinglese che portò ad uno dei più importanti dibattitisulla segnaletica di pubblica utilità. Vedi ProgettoGrafico 4/5, febbraio 2005, pag 128-149.

25 vedi J.Tornquist, Colore e luce, Istituto del colore,1999

26 uni 7543, “colori segnaletici ad uso industriale”; inItalia decreto legislativo 439 del 1996 “colori disicurezza”

27 nel 1999 la New York Port Authority ha affidato alloStudio Mijksenaar la progettazione degli scali JFK,LaGuardia e Newark. La sperimentazione dello studioolandese è partita dallo scalo Kennedy.

28 su questo tema gli autori sono discordanti: altriammettono l’uso dai 5 ai 7 colori

29 Mitzi Sims, Sign Design, graphics materialstechniques, Thames and Huston, London, 1991

30 fonte Silvio De Ponte Architetture di luce, GangemiEditore, 1996

31 fonte Donatella Ravizza Progettare con la luce FrancoAngeli, 2001

32 vedi Gianni Forcolini, Stefania Forte Luce dinamicaTecniche Nuove, 2003

33 AIDI, Manuale di Illuminotecnica, Tecniche Nuove,1999

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Per progettare nell’ambito dell’Information Design peril wayfinding è utile aver presente quali siano iprocessi cognitivi e mentali che permettonoall’individuo di orientarsi nello spazio costruito.Riportiamo in proposito le teorie sviluppate nell’ambitodella psicologia ambientale.

3.1 L’orientamento“Trovare la propria strada è la funzione originaledell’immagine ambientale e la base per le sueassociazioni emotive. Ma l’immagine è apprezzabile nonsoltanto nel senso immediato per la quale essa funzionacome una pianta per dirigere i movimenti; in senso piùampio essa può servire come uno schema di riferimentogenerale, in seno al quale l’individuo può agire, o nelquale egli può fissare le sue conoscenze. In questo essa ècome un corpo di convinzioni o un gruppo diconsuetudini sociali: organizza fatti e possibilità” Kevin Lynch, L’immagine della città 1960

La parola “orientamento” deriva dal latino oriri cioènascere. Il concetto di orientamento si riferisce algenerarsi dell’ordine a sostituzione del caos esistente.Nella vita di ogni individuo la quantità e la qualità delleinformazioni che si ricavano dall’esplorazionedell’ambiente per mezzo dei sensi sono fattori importantidi sopravvivenza. Per orientarci nella quotidianità abilitàcome il saper ricavare informazioni dalle indicazionistradali o da una cartina topografica sono altrettantoessenziali del fatto di avere buone capacità dilocomozione. Riconoscere le caratteristiche dell’ambienteche permetteranno o ostacoleranno le nostre azioni,capire le possibilità di un luogo di darci rifugio o dimetterci in pericolo e, quindi, mettere in moto un

processo di pianificazione del nostro comportamento e dipresa di decisione, sono tutte operazioni che comincianocon il processo di percepire uno spazio, inteso inquest’ambito come oggetto-stimolo34. La disciplina che studia i processi e le dinamiche dellapercezione e dell’esplorazione dell’ambiente è lapsicologia ambientale. Quest’ambito di studio nascenegli Stati Uniti negli anni ‘70 e tratta i seguenti temi35:- environmental assessment che comprende la

valutazione sia delle qualità affettive del luogo sia diquelle funzionali, intese come la capacitàdell’ambiente di aiutarci nel raggiungere i nostriobiettivi. Riguarda inoltre il tema della “compatibilitàambientale” cioè dell’interazione tra le azioni che unindividuo cerca di realizzare nello scenario e leinformazioni che vengono offerte dallo spazio stesso

- cognitive mapping, cioè la formazione di mappecognitive data dall’acquisizione delle conoscenzespaziali mediante processi tipicamente mentali e diautorappresentazione

- stress ambientale, inteso come una situazione dicostrizione e oppressione caratterizzata da numerosifattori; questa condizione può influenzare il normaleprocesso di percezione ed elaborazionedell’informazione, far cadere il livello di altruismo ecooperazione tra gli individui e aumentarel’aggressività

- il comportamento spaziale relativo ai concetti dispazio personale, territorialità e privacy checaratterizzano il modo di usare e vivere gli ambientiprivati e collettivi.

Le ricerche applicative della psicologia ambientaleriguardano soprattutto due ambiti: il primo è quellodegli ambienti costruiti, con particolare riferimento alla

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3. PSICOLOGIA AMBIENTALE

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soddisfazione residenziale, all’affollamento e ai luoghidi abitazione, di studio, di lavoro, di cura, didetenzione; il secondo si occupa di studiare più ingenerale le reazioni a determinate situazioni (comequella di stress provocato dal rumore, dal caldo; gliatteggiamenti nelle situazioni di rischio o dicoinvolgimento personale; i comportamenti diorientamento nello spazio; i contributi dello scenarionella direzione di favorire o prevenire comportamentiantisociali e criminali...).36 Nell’ambito di questo capitolo verranno presi inconsiderazione solamente gli aspetti relativi allapercezione, alla comprensione e al ricordo di unambiente e quelli relativi alle modalità di orientamentoe di descrizione mentale di un luogo.

3.2 La percezione dell’ambienteLa psicologia ambientale studia lo spazio costruito,l’esperienza dell’uomo di questo luogo avviene permezzo della percezione. Il modo in cui percepiamo ilmondo intorno a noi rappresenta un insieme di fattorideterminanti nella comprensione e nella spiegazionedei meccanismi che ci portano a relazionarciall’ambiente naturale o costruito e interagire con esso. Il soggetto è costantemente immerso nell’ambiente-stimolo e prende come punto di riferimento primario lapropria posizione spaziale. Questa autodeterminazioneha una funzione importante anche in situazioni conproblematiche percettive classiche: la valutazione didistanze, di grandezze, di costanze di stimoli visivi.Tutti questi fattori hanno un ruolo centrale nellapercezione di un ambiente nuovo e conduce altentativo di rendere leggibile lo scenario per successive

esigenze di orientamento e azione. Esplorare unambiente, attraversarlo fisicamente o anche solopercorrerlo con lo sguardo implica il riferimentoimplicito a coordinate spaziali in cui il soggetto occupafisicamente uno dei centri possibili (Baroni, 1998). Lapercezione avviene attraverso una serie di canalisensoriali attivi contemporaneamente37 che fornisconoinformazioni diverse per qualità e quantità, questearrivano al soggetto sotto forma di un continuo flussodi stimoli in relazione alla coscienza dell’individuo. Ilpiù delle volte l’informazione si presenta come uncomplesso unitario: la percezione in sé, secondo l’otticaadottata dai gestaltisti e generalmente abbastanzaaccettata, è un processo di unificazione degli stimolisecondo precise leggi (Wertheimer, 1922). La modalitàpercettiva privilegiata è, in quest’ambito di studio,quella della visione: le immagini retiniche vengonotrasformate in configurazioni tridimensionali spazialiche ci consentono di strutturare realisticamente icontenuti della visione. Questa strutturazione seguedelle regole razionali relative agli attributi di forma(somiglianza, uguaglianza, continuità), colore, distanzae dimensione, posizione (vicinanza, chiusura, ritmo),movimento, figura e sfondo (trasparenza) checaratterizzano gli oggetti presenti nel campo visivo. Le regole sono state dedotte dai numerosi esperimentisui fenomeni di illusione ottica e costanza percettiva.Le illusioni ottiche possono essere interpretate con ilfatto che la mente raggruppa, continua, integra glistimoli visivi anche in situazioni in cui nessun oggettoreale corrisponde alla nostra impressione; in generequesti errori percettivi sono favoriti dal contesto,dall’esperienza precedente e anche, secondo alcuniautori, dal background culturale.

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L’ambiente è quindi percepito come un tutto unitarioed è in una relazione di funzionalità con ilcomportamento dell’individuo. Due teorie principali suposizioni opposte spiegano questa caratteristica dellapercezione ambientale (McAndrew, 1993): il modellodella lente di Brunswik (1956)38 e il modello ecologicodi Gibson (1957, 1966, 1979)39.

Nel modello a lente di Brunswik gli stimoli ambientali(rappresentati come raggi divergenti) passano attraversouna lente (i nostri processi percettivi) dalla qualepossono anche venire deformati, per poi ricongiungersiin un’operazione di convergenza in cui vengonoricombinati in modo non strettamente dipendentedall’ordine che avevano prima di attraversare la lente.L’individuo è un attivo elaboratore di informazioni. Egliricostruisce le percezioni dall’interazione di sensazionipresenti ed esperienze passate. Il mondo, secondoquesto modello che potremmo definirefenomenologico, non viene solo percepito, ma ancheinferito in base agli indizi percettivi a cui il soggetto dàpiù o meno peso.

Il punto di vista di Gibson, la cosiddetta teoriaecologica della percezione, invece è molto più realisticoe fa spesso riferimento agli aspetti biologici delcomportamento umano nell’ambiente in unaprospettiva evoluzionistica. La registrazione che i nostrisensi ci offrono degli eventi del mondo è correttaproprio perché i nostri sensi si sono evoluti in modo dapermetterci la sopravvivenza nel nostro ambiente.“Dalla prospettiva ecologica, la percezione diventa unprocesso dell’ambiente che rivela se stesso al soggettoche lo percepisce; il sistema nervoso non costruisce le

percezioni, ma piuttosto le estrae” (Gibson). Alcontrario della visione di Brunswik, l’esperienza non hanessun ruolo nella percezione in quanto la maggiorparte delle risposte percettive è innata e determinatadal funzionamento di specifiche parti del cervello. Ma,mentre nella percezione l’individuo non è attivo e devesolamente registrare l’informazione (corretta) che gliviene dal mondo attraverso i sensi, i passaggi successiviper la conoscenza dell’ambiente presuppongono unaserie di attività, come l’attenzione selettiva el’esplorazione dell’ambiente. Il soggetto evolvendosi haperò sviluppato risposte percettive che gli consentonodi individuare gli aspetti utilitaristici dell’ambiente,ossia le affordances o aiuti che il luogo è in grado dioffrirgli e verso cui egli è portato a dirigereselettivamente la propria attenzione. (Baroni, 1998)

Attraverso la teoria ecologica di Gibson (1966, 1979) el’elaborazione di Neisser (1976) è stato introdotto nellapsicologia ambientale il concetto di schema. Questo è uncostrutto mentale che media la percezione. Secondo lateoria degli schemi mentali le informazioni percepitedall’ambiente sono selezionate per mezzo di schemipreesistenti nella nostra mente, che dirigono la nostraattenzione verso certi aspetti piuttosto che altri (comecon le affordances di Gibson). Ma anche i nostri schemimentali si modificano in base alle informazioniambientali, in una situazione dinamica in cui gli schemisono da un lato all’origine della nostra conoscenzadell’ambiente e dall’altro il prodotto finale della stessa. Maria Grazia Baroni nel suo saggio Psicologiaambientale illustra così il significato di schemamentale: “Quando entriamo in contatto con unambiente nuovo, attraverso la percezione, attiviamo

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una serie di aspettative dovute alle nostre esperienzeprecedenti, che ci inducono a categorizzare l’ambientepercepito come una particolare istanza di una categoriadi ambienti di cui possediamo lo schema. Se, peresempio, ci troviamo di fronte ad un ambiente internoarredato con tavolo e sedie, fornello, frigorifero elavello, lo categorizzeremo facilmente, in base allenostre esperienze precedenti, come cucina. (...) Perarrivare ad una definizione: gli schemi ambientali sonorappresentazioni astratte e gerarchicamente organizzatein base alle quali è possibile concettualizzare ecategorizzare un ambiente. L’organizzazione gerarchicasi riferisce al grado di astrazione degli schemi, conmacroschemi generalissimi che includono suddivisionia diversi livelli. Per esempio per percepire un ambientecome “cucina” il soggetto attiva uno schemasuperordinato di “ambiente costruito” (contrapposto a“naturale”) e, subordinatamente, lo schema di“ambiente interno” (e non “ambiente esterno”), loschema di “stanza” (e non di “corridoio” o scale”), ecosì via. Gli schemi si modificano a seguito di nuoveesperienze e si arricchiscono durante la vita.”Jean Matter Mandler (1984), ricercatore in scienzecognitive alla California University, San Diego, prende inconsiderazione tre tipi di informazione contenuti in unoschema ambientale: a) informazione di inventario, cioègli oggetti tipici di un certo ambiente, gli oggetti chedevono essere presenti perché l’ambiente siariconosciuto come un’istanza di quello schema; b)informazione sulle relazioni spaziali, che descrivono laposizione tipica di un oggetto in ambiente; c)informazione descrittiva, cioè relativa alle caratteristichedegli oggetti che possono variare, entro certi limiti, comeil colore o la forma degli elettrodomestici di una cucina.

Gli elementi presenti in un ambiente si possono dividerein quattro categorie:a) elementi attesi in base allo schema, come i banchi in

un’aula scolastica, le file di sedili e lo schermo in uncinema

b) elementi compatibili con lo schema, come in unteatro la presenza di palchi laterali

c) elementi irrilevanti con lo schema, come un ombrellodimenticato su una panchina dei giardini pubblici

d) elementi opposti allo schema, la cui presenza èinvece estremamente importante perché mette indiscussione la correttezza dell’attivazione di undeterminato schema, come per esempio la presenzadi un albero in una piscina.

L’attivazione da parte del soggetto dello schemacorretto per riconoscere un ambiente come unaparticolare istanza di una certa categoria ha unaconseguenza immediata sul ruolo dell’attenzione,perché l’individuo esplorerà il luogo in cerca deglielementi attesi. D’altra parte la sua attenzione saràcatturata dagli elementi inattesi e incompatibili chepotrebbero mettere in discussione l’attivazione delloschema ambientale. Entrambe le categorie di elementiinfluenzano il processo di memorizzazione del luogo,questo viene spiegato attraverso due teorie. Quella elaborata da Brewer e Treyens (1981), Mandler eParker (1976), Ritchey (1977), sostiene che, poiché ilsoggetto decide a quale categoria appartienel’ambiente in base allo schema attivato, investirà piùattenzione nell’esplorazione degli elementi attesi inbase allo schema e quindi il ricordo di questi sarà piùvivido. Un’altra teoria dice che, al contrario, glielementi attesi sono dati per scontati e trascuratidall’attenzione, che invece si soffermerà di più sugli

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elementi “nuovi” (Bobrow e Norman, 1975). Per venirea capo della questione Maria Grazia Baroni (1998) haeffettuato dei test sugli utenti ed è risultato che incondizioni incidentali, in cui l’obiettivo del soggetto èsoltanto quello, per esempio, di raggiungere un’altrastanza, vengono ricordati meglio gli elementistrutturali, “obbligatori” dell’ambiente. Nellacondizione intenzionale invece vengono ricordati di piùgli elementi variabili, compatibili con l’ambiente manon necessari alla sua definizione. In condizioni di attenzione diverse quindi i soggettiselezionano elementi diversi. Un ulteriore risultato èstato quello di riscontrare che gli elementi strutturalivengono ricordati nella stessa proporzione nelle duecondizioni di attenzione, mentre nel caso di attenzioneintenzionale gli elementi variabili vengono ricordati conpiù precisione rispetto al caso incidentale. È come sel’attenzione rivolta intenzionalmente al momento dellacodifica delle varie parti dell’ambiente fosse focalizzatasolo sulle parti variabili (forse un modo pereconomizzare le risorse cognitive) mentre gli elementistabili vengono elaborati comunque e senza sforzo.Questo fenomeno potrebbe essere funzionale ad unagenerale strategia di sopravvivenza nell’ambiente (allaGibson), funzionale per esempio all’orientamentospaziale, alla codifica e alla memoria dei percorsi, insintesi al trovare la strada.In conclusione è possibile sostenere che molteinformazioni, provenienti dai diversi canali sensoriali,vengono codificate inconsapevolmente, ma abbastanzaprofondamente da essere poi riutilizzabili dallamemoria, qualunque sia il nostro scopo di interazionecon l’ambiente e qualunque sia il grado di attenzioneche gli dedichiamo (Baroni, 1998).

3.3 Aspetti cognitivi e comportamentalinel processo di orientamentoDopo aver compreso in che tipo di luogo ci troviamoattraverso il processo degli schemi mentali, procediamocon la sua esplorazione: la diversa dislocazione degliambienti viene organizzata ed immaginata sotto formadi una mappa mentale del luogo. Se per esempioentriamo per la prima volta in una stazione dellametropolitana, dopo aver compreso le funzioni deidiversi ambienti attraverso la formazione di un nuovoschema mentale (punto di ingresso con macchinetteobliteratrici, banchina di attesa, treno…), cominciamol’esplorazione per individuare da quale banchinaabbiamo accesso al treno che va nella nostra direzione,quale uscita è quella più vicina a casa nostra ecc.Creiamo quindi nella nostra mente una mappacognitiva della stazione.Abbiamo già delineato nel capitolo relativo alwayfinding il concetto di mappa cognitiva. Poiché ilprocesso di creazione dell’immagine mentale di unluogo è una delle fasi fondamentali dell’orientamento,riprenderemo qui la definizione di questo concetto.La mappa cognitiva è la rappresentazione mentale diun ambiente, delle strade che dobbiamo prendere perpercorrerlo, dei suoi elementi percettivamente piùrilevanti, degli oggetti che possono essere utili ai nostriscopi e di quelli che invece ci ostacolano; la mappacognitiva è quindi “la rappresentazione in memoriadelle informazioni spaziali”40 che permette l’usodell’ambiente da parte del soggetto. Molti studi sono stati compiuti sulle modalità diformazione nella mente delle mappe cognitive. Uno deiprimi e certamente il più classico dei modelli teorizzatiè quello di Lynch (1960)41; egli estrae cinque

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componenti principali dall’immagine di una città: paths(percorsi), edges (margini), districts (zone), nodes (nodi),landmarks (punti di riferimento). Paths sono per esempiole strade, edges sono i margini che separano una parte dispazio da un’altra, districs sono le aree che hannoqualche caratteristica che li contraddistingue come parchio quartieri, nodes sono punti focali per il comportamentospaziale degli individui, come per esempio i punti disvolta, landmarks sono punti fisici particolarmentericonoscibili ed evidenti come i monumenti. Altre componenti sono state aggiunte da Garling, Booke Lindberg attraverso studi più recenti (1984), questesono: places (luoghi) nei loro aspetti fisici e nelle lorofunzioni, comprese le valenze affettive che possonoavere per l’individuo; spatial relations (relazionispaziali) che comprendono le relazioni di vicinanza equelle metriche, e i travel plans (piani di viaggio) checonsistono della programmazione del percorso,attraverso mappe ed altro, prima che questo vengarealmente effettuato.“La formazione di una mappa cognitiva parteinvariabilmente dalla porzione di ambiente accessibileal soggetto, per poi arricchirsi di una serie di relazionitra parti note e avere un disegno complessivo, incontinua correzione e rimaneggiamento, dei singolipunti di attrazione, della loro collocazione spaziale edelle loro distanze. Da una prima rappresentazionespaziale che comprende solo alcune partidell’ambiente, a cui si ha accesso direttamente, senzanessuna connessione spaziale stabile con altre parti, sipassa a una conoscenza a “isole” (caratterizzate dallapresenza di un landmark, cioè di uno stimoloambientale percettivamente vistoso a cui fareriferimento) ma senza la relazione le une con le altre.

Siamo ancora in una fase di conoscenza “egocentrica”e non basata su coordinate ambientali valide ingenerale. Con la familiarizzazione successiva siistituiscono dei rapporti spaziali tra queste isole diconoscenza, sulla base di coordinate geografico-ambientali, indipendenti dal soggetto e stabili”M.G.Baroni, Psicologia ambientale, 1998.La memorizzazione dei percorsi da compiere avvieneper itinerari segmentati, con alcuni punti più rilevantiperché presentano delle alternative e con un punto dipartenza ed uno di arrivo noto. Lo sforzo cognitivonella memorizzazione non è correlato alla lunghezzadel percorso, ma al numero di segmentazioni che ènecessario introdurre: tanti più sono i nodes, tante piùsono le informazioni che il soggetto deve ricordare.Questo porta l’utente a concepire come più breve unpercorso rettilineo rispetto ad uno segmentato dellastessa lunghezza (Golledge, 1992). Oltre a questi fattori di distorsione che potremmochiamare “cognitivi” ne esistono altri legati allemotivazioni e alle emozioni. Esistono per esempiosituazioni in cui un adulto, che ha già una certafamiliarità con un ambiente, può commettere erroridovuti ad una rappresentazione basata su coordinateallocentriche. Se dovesse disegnare una cartina delsuo quartiere, per esempio, è molto probabile cheassegnerà alla sua casa o alla sua via una posizionecentrale mentre sarebbe più ragionevole inquadrareprima l’insieme del territorio che si deve disegnare,stabilendone i confini e le coordinate geografiche.La mappa mentale è in ogni caso unarappresentazione soggettiva, questa esprime il modoin cui organizziamo l’informazione spaziale. Lachiarezza e la soggettività di queste immagini mentali

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dell’ambiente contribuiscono notevolmente al correttofunzionamento dei nostri comportamenti esplorativi edelle nostre prestazioni di wayfinding. Le rappresentazioni mentali si possono differenziare perun’importante caratteristica, cioè il punto di vistadell’osservatore. Le due prospettive principali descrittenella letteratura sono la prospettiva survey (visionedall’alto) e la prospettiva route (visione da dentro). Laprima è relativa ad una organizzazione non egocentricadello spazio, la cui rappresentazione è essenzialmentetopologica e priva di riferimento all’azione delsoggetto. La seconda, invece, è legata al movimentodell’individuo nello spazio, questo viene organizzato inmaniera sequenziale o lineare, come una mappa dipercorsi in cui il fattore tempo diviene determinante.Naturalmente è raro il caso in cui il soggetto utilizziesclusivamente la prospettiva survey o route, molto piùfrequentemente si usa una prospettiva mista, orientataperò verso uno di questi due poli. Anche Franco La Cecla nel suo libro Perdersi (1988)analizza le due metodologie, sottolineando come nellaprospettiva route42 l’interpretazione dell’ambiente siaesperienziale ed aneddotica. Egli pone l’accento sullegame che si crea tra un popolo e il suo territorio, peresempio spiega come per un nomade il tragitto stessonon sia uno spostamento ma “uno srotolare il tappetodelle proprie mappe mentali, simboliche culturali incorrispondenza dei luoghi del territorio che siattraversano”. La sua tesi è che ogni popolo siidentifica con il proprio territorio e vi si orienta,mediante processi cognitivi operanti ed appresi permezzo del linguaggio, che risultano pertanto specificidi ogni cultura e di ogni luogo. Infatti ogni culturacostruisce con la propria esperienza e i propri artefatti

le mappe mentali che strutturano lo spazio occupato.Il processo di identificazione tra la comunità el’ambiente viene continuamente rinnovato ericontrattato a seguito dell’evoluzione continua checoinvolge entrambi i sistemi. Se il comportamento spaziale tipico di una cultura deveessere appreso da una diversa comunità sociale, questa,essendo dotata di mappe mentali e schemi ambientalidifferenti, leggerà il mondo e lo interpreterà secondogriglie strutturali diverse. Tutto ciò significa chenell’affrontare ambienti sconosciti o semplicementenuovi useremo sempre la rete di senso che fa parte dellanostra cultura, delle nostre conoscenze, delle nostreesperienze spaziali, ma, allo stesso tempo saremocostretti a trascenderla e reinterpretarla per adattarla anuovi contesti specifici e a nuove situazioni cognitive.La capacità dell’uomo di trovare la strada risulta cosìcompromessa dai continui spostamenti e migrazioni che,nella storia, è sempre stato costretto a compiere. Infattiha perso la capacità di orientarsi per mezzo dei proprisensi attraverso la fisicità delle cose (La Cecla, 1988). Questo senso di spaesamento e disorientamentocronico è accentuato dalla cattiva progettazione dellacomunicazione ambientale, gli spazi sono infatticomplessi, ridondanti di input e confusi rendendo lanavigazione sempre più impegnativa: i luoghi nonriescono più a comunicare un percorso in se stessi.L’ambiente intorno a noi sembra parlare una linguadiversa dalla nostra, eppure siamo noi a sentircicolpevoli di non riuscire a comprenderla. “Quandoquesto avviene, ed è messa in forse la leggibilitàdell’ambiente, la frustrazione degli sforzi cognitivi delsoggetto lo mette in uno stato di disagio e lopredispone, sul piano emozionale, ad una valutazione

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“Non sapersi orientare in una città non vuol dir molto. Ma smarrirsi in essa come ci si smarrisce inuna foresta è una cosa tutta da imparare. Chè i nomi delle strade devono suonare all’orecchiodell’errabondo come lo scricchiolio di rami secchi e le viuzze interne gli devono scandire senzaincertezze, come le gole montane, le ore del giorno.”Walter Benjamin, Infanzia e storia

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negativa e di rifiuto del luogo stesso” M.G.Baroni.Ci sono invece dei luoghi, o degli ambienti della città,che viviamo con più agio di altri, perché risolvonomeglio il processo di identificazione tra individuo eambiente, in questi spazi ci si scopre capaci di fruireserenamente dei servizi e delle funzioni. In questo casola mappa mentale si è delineata in modo funzionale edefficiente grazie ad una buona progettazione dellospazio e all’accessibilità dell’informazione. L’azione deldesigner è stata efficace nella pianificazione enell’organizzazione delle informazioni; in questo modolo scenario è progettato in modo tale che il soggettoriconosca la propria posizione nello spazio e possaformulare decisioni per raggiungere la meta preposta etrasformarle in azioni esecutive.La psicologia ambientale studia le emozioni suscitatenel soggetto dall’ambiente e descrive, secondo la teoriadi Kaplan (1977, 1989), quali sono i predittori di unavalutazione di piacevolezza ambientale.

Le due dimensioni considerate in colonna sono la“comprensione” e “l’esplorazione”, cioè i due passisuccessivi della conoscenza di un ambiente: lacomprensione è il tentativo di dargli un senso (peresempio di attivare lo schema mentale appropriato, selo possediamo) e l’esplorazione è il tentativo diapprofondirne la conoscenza, anche con l’azione.Perché il soggetto, quindi l’individuo con tutte le suecaratteristiche personali, le sue esperienze passate, i

suoi scopi attuali, possa dare una valutazione affettivapositiva di un ambiente, devono essere soddisfatte,rispettivamente nei quattro incroci delle dimensioniconsiderate, le condizioni di coerenza, leggibilità,complessità e mistero. La prima ci dà il controllo visivoglobale dell’ambiente e quindi ci mette nellacondizione di poter prevedere come orientarci; laleggibilità consente ad un dato luogo o spazio di esserepercepito e compreso i modo chiaro e puntuale, èquindi la capacità che l’ambiente ha di spiegarsi agliocchi di chi lo attraversa. La complessità è qui intesanell’accezione positiva del termine, delinea cioèambienti ricchi di stimoli percettivi, richiama inoltre ilconcetto della seduzione del perdersi. Il mistero infineè quella caratteristica particolare di alcuni ambienti,per cui si ha la sensazione che addentrandosi siotterranno ancora più informazioni, come potrebbeessere, in alcuni casi, una stanza con una porta diuscita da cui si vede un altro tipo di ambiente, o conuna finestra da cui si vede fuori; oppure, in unacategoria diversa di ambienti, un bosco ad alberi alti inmezzo a cui si addentri un sentiero. La congruenza tra certe caratteristiche fisiche di unambiente e le aspettative, le motivazioni, gli scopi delsoggetto fa scattare la valutazione affettiva e il giudiziodi preferenza o in caso contrario di rifiuto. Un ambienteper essere apprezzato deve avere una certa complessitàche non vada però a scapito della leggibilità e chepermetta un pò di mistero. Uno spazio leggibile devedichiarare chiaramente di che tipo di ambiente si tratta(per non mettere a dura prova gli sforzi cognitivi delsoggetto) e quale tipo di aiuti può fornire allarealizzazione dei nostri piani. Questi aspetti sonoriassunti nel concetto di supporting environment di

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Canter (1983), cioè di ambiente che facilita l’utentenell’ottenere tutte le informazioni che gli servono, eche quindi, in prospettiva, ne faciliti l’azione. Lacomponente affettiva dell’ambiente ha la funzione disostegno e di facilitazione alla comprensione e allapresa di decisioni attuative.

34 vedi Maria Grazia Baroni, Psicologia ambientale, ilMulino, 1998

35 fonte ibidem36 Annual Review of Psychology, Sundstrom e

collaboratori, 199637 i cinque sensi classici, il senso di equilibrio e di

posizione, la percezione della temperatura, gli statifisici di benessere e disagio...

38 E. Brunswik (1903-1955) ricercatore in psicologia delcomportamento. È sua la teoria del funzionalismoprobabilista

39 J.J Gibson (1904-1979) psicologo americano,considerato uno dei più importanti del XX sec per glistudi sulla percezione visiva

40 R.Golledge “Environmental Cognition”, in D.Stokolse I.Altman (a cura di) Handbook of EnvironmentalPsychology, New York, Wiley, vol.I, 1987

41 Kevin Lynch, The image of the city, MassachusettsInstitute of Technology, 1960

42 definita dall’autore come “orientamento relativo”,mentre la prospettiva survey è “orientamentotopografico”

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4.1 Rischio ed emergenzaUn’emergenza è spesso conseguente al verificarsi dieventi improvvisi, talvolta difficilmente prevedibili, etali da mettere in condizione di potenziale o realepericolo una o più persone o beni.Se interpretiamo in questo modo il concetto diemergenza si deduce facilmente che l’analisi dei rischiè uno dei passi fondamentali per gestireadeguatamente questo tipo di situazioni. Ogniambiente è suscettibile di rischi specifici e necessita diun piano di valutazione ad hoc per mettere a punto leadeguate contromisure. Per esempio in una filiale dibanca il rischio di rapina è molto più alto rispetto allapossibilità che si verifichi un incendio, in questo sensodevono venir attivati dei piani di emergenza chepossano rispondere efficacemente alle situazioni di crisiche si verificano con più probabilità.Nel caso di un’impresa con un elevato numero dilavoratori o di un luogo ad utenza pubblica, l’analisidei rischi si deve concentrare sull’incolumità personaledei dipendenti, dei clienti e dei visitatori e deve tenerconto anche dei risvolti economici e di sopravvivenzadell’azienda o dell’ente stesso.

L’elaboratore del piano di valutazione dei rischi stila unalista delle situazioni d’emergenza che vengono ritenuteprobabili; questa può comprendere emergenze mediche,sismi, esplosioni in genere, incendi, black out, rapine,inondazioni ed allagamenti, aggressioni, attacchiterroristici…Per legge deve essere redatto un piano diemergenza e di evacuazione che risponda efficacementealle situazioni di pericolo e possa condurre in salvo,attraverso vie di fuga precedentemente individuate esegnalate, tutte le persone presenti.

Nel piano di emergenza ed evacuazione devono esseredocumentate le caratteristiche generali dell’edificio, lemappe di evacuazione43, l’ubicazione delle dotazioni disicurezza (telefoni d’emergenza, estintori, uscite…), ilmodo in cui i dipendenti si devono organizzare in casodi non normalità, la classificazione delle emergenze, lasegnalazione di queste (attraverso dispositivi acustici o dialtro tipo), come deve essere svolto il primo soccorso, ilmodo in cui deve essere diffuso l’ordine di evacuazionee come questa debba avvenire.La pianificazione a monte è assolutamenteindispensabile per una gestione efficacedell’emergenza: lo strumento più utile per fronteggiareuna situazione di crisi, con ragionevoli probabilità disuccesso, è l’accurata preparazione di tutti coloro che visaranno coinvolti. Non è possibile, per ragioni organizzative e strutturali,impartire a tutti i dipendenti una formazioneapprofondita per fronteggiare un’emergenza, ènecessario quindi selezionare alcune persone affinchévengano istruite in modo particolare e guidino i visitatorie gli altri lavoratori in caso di crisi. A seconda delledimensioni dell’azienda queste persone di riferimentopossono occupare un ruolo istituzionale (gli addetti allasicurezza) o possono essere dipendenti volontari. Un programma base di formazione e addestramentodeve essere impartito a tutto il personale; ad un ristrettonumero di persone deve essere invece insegnato comeutilizzare gli estintori, le nozioni di primo soccorsosanitario, l’ubicazione di centraline e valvole critiche,l’assistenza ai disabili, la guida degli altri dipendentiverso le vie di fuga e i punti di raccolta.In generale avremo gli addetti alla sicurezza, la squadradi emergenza e di pronto soccorso codipendenti-

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4. L’EMERGENZA

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volontari, il personale in genere e gli utenti visitatoriche non hanno alcuna conoscenza dell’edificio e dellemisure di sicurezza specifiche del luogo.

Periodicamente devono essere organizzate dellesimulazioni ed esercitazioni che mostrino cosa fare in casodi emergenza, dove dirigersi una volta fuori dall’edificio, achi chiedere assistenza e quali sono i colleghi a cui fareriferimento in queste specifiche situazioni. Esistono tre tipi principali di esercitazione: la simulazionesit down, stand up e get out.La prima ha obiettivi piuttosto limitati ma è determinanteper mettere a punto le fasi successive. L’obiettivofondamentale è quello di verificare la funzionalità erapidità di attivazione della catena di comando in oraridiversi ed in diversi giorni della settimana. La simulazione stand up invece consiste non solonell’individuare la disponibilità dell’addetto o delvolontario, ma anche nel verificare il suo stato dipreparazione rispetto alla situazione.L’ultimo caso è quello della simulazione realistica conabbandono dei locali, questa richiede un’accuratapreparazione ed è l’unica i cui risultati siano del tuttocredibili. Per legge va ripetuta almeno una voltaall’anno con scenari di crescente complessità edarticolazione. È importante perché è un’esperienzaconcreta per tutto il personale che lascia un ricordoforte dell’ubicazione delle vie di fuga e delle uscite disicurezza, inoltre predispone al tipo di comportamentocorretto da mantenere in queste situazioni speciali.

4.2 Le procedure di evacuazioneSe viene impartito il segnale di evacuazione ilpersonale si deve aggregare all’addetto o al dipendentevolontario precedentemente istruito e deve seguire lesue indicazioni. È bene che tutti interrompanoimmediatamente ciò che stanno facendo e lascino ilposto di lavoro abbandonando gli oggetti personaliingombranti e dirigendosi il più velocemente possibileverso le vie di fuga sotto la guida degli addetti e dellasegnaletica di sicurezza. Se si sta compiendoun’operazione pericolosa questa deve essere portata atermine (spegnere una fiamma libera, tappare unrecipiente con sostanze chimiche…). Ogni dipendente dovrebbe memorizzare il percorso chedeve compiere dalla sua postazione all’uscita disicurezza o al punto di raccolta più vicino.Quando il personale si è riunito nel punto di raccoltadel proprio piano o settore dovrebbe ordinatamentedirigersi verso l’esterno dell’edificio.Il piano di evacuazione prevede che venga designatoun luogo esterno all’edificio dove tutti devono riunirsi.Il percorso dall’edificio al punto di raccolta esternodeve essere breve, compatibilmente con la certezza chesia protetto e defilato rispetto alla situazione di crisiche sta coinvolgendo l’insediamento principale. Ènecessario che non sia raggiungibile da un’onda d’urtoe dalle schegge scagliate centrifugamentedall’insediamento in seguito ad esplosioni. In uncentro cittadino è sufficiente girare l’angolo di una viaper essere protetti dalle schegge e dai detriti proiettatida uno scoppio.Talvolta un percorso leggermente piùlungo è preferibile ad uno più diretto se questo risultapiù esposto alla caduta di detriti.Il coordinatore del punto di raccolta dovrebbe tenere

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continuamente informati i presenti sull’evoluzionedella situazione, infatti un pericolo non noto o nonchiaramente identificato è sempre sopravvalutato, conle conseguenze deleterie del caso: una delle maggioricause di stress è proprio la mancanza di informazioni,il non sapere cosa succede, il non sapere che fare.

Anche se negli ultimi anni le leggi sulla prevenzionedei rischi e sulla sicurezza stanno diventando piùrestrittive, accade frequentemente che la maggior partedelle vittime di una situazione di emergenza perda lavita nell’atto di abbandonare l’edificio. Questo avvieneanche perché la segnaletica di sicurezza e le mappe dievacuazione non sono chiaramente leggibili ecomprensibili in situazioni critiche. L’incertezza data dal contesto e dall’agire della follapuò portare quindi a danni ancora maggiori di quelligià creati dall’evento scatenante l’emergenza.

4.3 La psicologia dell’emergenzaLa risposta umana all’emergenza e in particolare alladichiarazione di evacuazione può essere molto difficileda controllare e solo l’analisi attenta di eventi trascorsiha permesso di mettere a fuoco dei modelli dicomportamento e di reazione.Una prima tipologia di reazione è quella definitadell’apatia, cioè del minimizzare l’evento e di ritenereche la situazione non sia così grave come la si descrive.Sono frequenti i casi di dipendenti che prima diallontanarsi dal posto di lavoro compiono una serie dioperazioni inutili che rallentano di molto il tempo diabbandono dei locali. In alcuni casi si è scoperto che ilpersonale indugiava nel riordinare la scrivania, che

prendeva il cappotto nello spogliatoio nella direzioneopposta alla vie di fuga, che portava con sé documentie pratiche di lavoro non essenziali. La mancatapercezione della gravità e dell’urgenza della situazioneè quasi una costante44. Durante il tragico incendio dello stadio di Bradford nel1985, durante il quale morirono 51 persone, moltispettatori si fermarono ad osservare le fiamme chedivampavano senza rendersi conto che queste liavrebbero coinvolti. In particolare molti morti siverificarono quando gli spettatori rimasero in piedi adosservare le pareti ed il tetto della tribuna che stavanobruciando senza pensare che di lì a poco sarebberocrollati sopra di loro.Soprattutto nel caso di evacuazione ordinata prima delverificarsi dell’evento, molte persone vogliono verificaredi persona la gravità del pericolo prima di abbandonarei locali e si allontanano con esitazione per timore chegli effetti personali che abbandonano sul postovengano danneggiati o derubati.Le persone in genere sono più portate a credere allarealtà dell’emergenza se l’ordine di evacuazione èripetuto più volte e viene impartito da una fontecredibile. Ecco perché una voce impersonale trasmessada un altoparlante o un anonimo segnale acusticospesso non vengono presi sul serio, mentre sel’annuncio è dato da un collega che ripete più volte lostesso ordine la reazione è molto più pronta.Può anche verificarsi l’evento opposto: il panico.Questo stato d’animo si manifesta soltanto quando lapersona percepisce che esclusivamente il propriocomportamento immediato può garantirle lasopravvivenza a scapito di quella degli altri. Lacondizione di panico non è così automatica, ma si

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verifica se: esiste una condizione di ansietà diffusaprecedente al disastro, non è presente una chiara equalificata leadership che possa guidare la folla maquesta viene lasciata senza alcuna informazione, siverifica un fattore di precipitazione che di solito è laveloce e progressiva chiusura dell’unica via di fuga.Statisticamente quest’ultima condizione è quella chestata più spesso accomunata al verificarsi di panicocollettivo, ne diviene quindi la causa principale. “Nelloscatenarsi del panico ha molto peso la convinzione o iltimore di un possibile intrappolamento. Nel racconto dichi ha partecipato ad un caso di panico questaconsiderazione viene più volte ripetuta. Non è vero chegli individui credano o avvertano di esseredefinitivamente intrappolati. In questi casi infatti nonsi produce panico. Questo si manifesta, invece, soloquando, nel pericolo, si avverte l’imminente chiusuradi una possibile via d’uscita” 45.Il primo studio sul panico riguarda la carneficinaverificatasi al Campo Kondinka di Mosca il 18 maggio1896 quando, durante una cerimonia ufficiale, lo zarfece lanciare tra i sudditi manciate di monete d’oro:durante la ressa morirono 2.000 persone; altri casifamosi sono la calca davanti ad un rifugio antiaereo diTokyo, il 2 aprile 1942 (1.500 morti), le 463 personemorte il 28 novembre 1942 in una precipitosa fugadurante l’incendio della discoteca Coconout di Boston,ma soprattutto lo “sbarco dei marziani” annunciato daOrson Welles. Il 20 ottobre 1938 una trasmissione dimusica leggera fu bruscamente interrotta e venneannunciato dalla radio che invasori extraterrestriprovenienti da Marte stavano accerchiando la città; unapossibile via di scampo si trovava ancora a nord di NewYork ma questa sarebbe stata chiusa, di lì a poco,

dall’avanzare dei marziani. Gli effetti della trasmissionefurono disastrosi: in pochi minuti cessarono difunzionare i trasporti pubblici, gli ospedali, numerosestazioni di polizia e dei vigili del fuoco. I funzionaripreposti a questi servizi e un milione di newyorkesi sierano precipitati a piedi o in automobile in direzionenord per sfuggire all’accerchiamento. Si ebbero morti,feriti e ingenti danni. Orson Welles se la cavò dichiarando che aveva reso un“grande servizio all’America rivelando quanto essa fossevulnerabile ad un attacco nemico” ed evitò il carcere.Perché questa clamorosa reazione della popolazione?Per l’ansietà diffusa: la popolazione americanaidentificò nei marziani una serie di gravi paure chestava vivendo in quel periodo storico (la minaccianazista, la paura di una nuova recessione...), poil’indiscussa autorevolezza che rivestiva allora il mezzoradiofonico, infine l’annuncio di una linea di fuga chesi sarebbe chiusa da lì a poco. “Quale sarebbe stata lareazione della popolazione di New York se l’annuncioavesse escluso ogni possibile via di fuga?Probabilmente le persone si sarebbero asserragliatenelle loro case in attesa del nemico e non si sarebberoverificati incidenti di rilievo”46.Lo psicologo americano N.Marshall in proposito sostieneche “non si verificano mai casi di panico quando lagente ritiene che le vie di fuga siano chiuse, almassimo possono registrarsi casi di regressioneinfantile. Una reazione abbastanza diffusa al fuoconemico durante gli attacchi anfibi della seconda guerramondiale era l’assoluta immobilità. Alla spalle delletruppe attaccate dalle difese costiere c’era il mare, nonc’era modo di sfuggire. I soldati si disponevano mutilungo la linea del fuoco con il cervello svuotato e con le

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dita troppo deboli per impugnare un’arma. Non si èmai verificato un caso di panico tra le pur centinaia diattacchi anfibi che ho avuto modo di analizzare”. Il pericolo costituito dalla percezione di una possibile eprovvisoria via di fuga durante un’emergenza ponel’operatore di protezione civile in situazioni solitamentedifficili. In alcuni incendi che si sono verificati negliUSA in grandi edifici ad utenza pubblica i vigili delfuoco hanno preferito non comunicare l’esistenza diuna possibile linea di fuga perché la reazione dellafolla a questa notizia avrebbe scatenato un caos cheavrebbe ostacolato o impedito i soccorsi.

Il comportamento della folla in una situazione diemergenza non è la semplice sommatoria di quellodelle singole persone, ma sembrerebbe delinearsi comequello di un “organismo” caratterizzato da unadinamica propria, relativamente autonoma da quelladegli individui che lo compongono. In parecchi casi,infatti, persone interrogate sul loro agire nella follahanno riferito di essere state pesantemente influenzateda qualcosa di “irrazionale”, determinato dal grannumero di individui, che le spingeva ad assumereatteggiamenti imprevedibili e per essi inspiegabili.Il comportamento, apparentemente paradossale, dellafolla è quindi caratterizzato dal fatto che, in assenza diprecise informazioni o di leadership, ogni individuoadegua il proprio agire a quello delle persone che glistanno accanto. Questa componente di irrazionalità non può esserecontrollata direttamente, ma solo per via indiretta.Nel caso di evacuazione di un edificio le persone inprima fila possono forse vedere il pericolo e potrebberocercare di fermarsi e dirigersi altrove, ma coloro che

spingono dal fondo non si rendono conto di ciò che sitrova davanti e continuano a spingere.Più volte persone in prima fila sono state schiacciatecontro porte chiuse a chiave da altri che, ignorando lasituazione, spingevano in modo incontrollato. In qualchecaso addirittura delle persone sono state proiettate nelvuoto di una passerella crollata, spinti da coloro che allespalle cercavano di raggiungere questa ipotetica via difuga, purtroppo non più disponibile. Il fatto che chi èdietro non reagisce in modo coordinato con chi è davantiè una delle principali ragioni di comportamentoanomalo della folla. Chi deve cercare di guidare la folla verso una direzione disalvezza non deve quindi porsi davanti ai primi cercandodi fermarli perché chi segue non potrebbe vederlo edegli finirebbe travolto. Si deve invece correre davanti allafolla tenendo le mani bene in alto ed agitandole inmodo che chi segue, ed ha una visione limitata, possapercepire il messaggio e cogliere questi segnali.La mancanza di informazioni, o la cattiva diffusione diqueste, rimane un punto determinante nel verificarsidei comportamenti fuori controllo delle folle.

Oltre all’apatia e al panico, la reazione che si presentacon più facilità in caso di emergenza è la paura.La paura è una caratteristica presente, in modo più omeno accentuato, in tutti gli animali superiori ecostituisce una garanzia contro i pericoli, un riflessoindispensabile che permette che l’organismo si preserviil più a lungo possibile.Esistono negli esseri umani sostanzialmente tre reazionialla paura. La prima (abbastanza rara) é la catalessi: un fenomenodi automatismo psiconeurotico che immobilizza il

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soggetto rendendolo incapace di fare alcunché; questa éuna reazione ereditata dagli animali predati i quali sifingono morti per evitare di essere sbranati dai predatori. Un’altra reazione é lo sbiancarsi o il rizzarsi di capelli epeli: una tecnica che permette all’animale aggredito diconfondere o di sembrare “più grande” agli occhidell’animale aggressore. La terza reazione, e la più diffusa, é l’iperattivitàdeterminata dall’immissione di un surplus diadrenalina; ne consegue l’accelerazione dellepulsazioni cardiache e della respirazione, laredistribuzione vascolare a vantaggio dei muscoli, lacontrazione della milza e l’immediato aumento deglizuccheri nel sangue. Tutto ciò è finalizzato a renderedisponibile un surplus di energia destinato alcontrattacco o alla fuga. È necessario che gli addettialla sicurezza e i volontari riescano ad incanalarequesta energia positiva scatenata dalla paura nelladirezione giusta impartendo indicazioni chiare.

Donald A.Norman analizza in Emotional Design quelloche accade in una situazione di iperattività da paura alivello neurologico:”Quando ci troviamo in uno statoaffettivo negativo e ci sentiamo in ansia o in pericolo, ineurotrasmettitori focalizzano l’operatività del cervello. La focalizzazione riguarda le capacità di concentrarsi suun problema specifico, senza distrazioni, per poiandare sempre più a fondo nello stesso fino araggiungere una soluzione. La focalizzazione indicainoltre la concentrazione sui dettagli. Cosa moltoimportante per la sopravvivenza, ambito in cuil’affezione negativa gioca un ruolo cruciale. Ogni voltache il cervello intercetta qualcosa che può rivelarsipericolosa, tramite l’elaborazione viscerale oppure

quella riflessiva47, il sistema affettivo agisce attivandola tensione muscolare per prepararsi all’azione eallertando i livelli comportamentale e riflessivo, inmodo da bloccarli e farli concentrare sul problema. Ineurotrasmettitori costringono il cervello a focalizzarel’attenzione sul problema ed evitare le distrazioni.Proprio quello che bisogna fare per affrontareadeguatamente il pericolo.”Questa focalizzazione spinta riduce al minimo la capacitàdi immaginazione e la creatività negli individui,condizione che da un lato agevola il pensiero logico e lafreddezza, ma dall’altro fa risultare problematiche banaliinsormontabili. “Al fuoco” urla qualcuno in un teatro.Immediatamente tutti si accalcano verso le uscite. Cosafanno una volta raggiunta la porta? Spingono. Se la portanon si apre spingono più forte. Ma cosa succede se laporta si apre verso l’interno e va tirata anziché spinta? Èmolto improbabile che persone molto stressate, moltoconcentrate, pensino a tirare. (Norman, 2004)Per questo motivo i dispositivi di sicurezza sono progettatiin modo da ridurre al minimo la necessità di pensierocreativo e con un’attenzione particolare ai dettagli.

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43 vedi paragrafo 5.3 Le mappe di evacuazione44 fonte Adalberto Biasotti Le procedure di emergenza

ed evacuazione EPC Libri, 199845 D.Wenger, E.Quarantelli, R.Dynes Disaster Analysis:

police and fire department, Final Report, The disasterresearch center, University of Delaware, Newark, NE,1986

46 E.Smelser, Il comportamento collettivo, Valecchi 196547 Norman in Emotional Design definisce tre livelli di

elaborazione nell’uomo: viscerale, comportamentalee riflessivo. Il livello viscerale è veloce: emette rapidigiudizi su cosa è buono o cattivo, sicuro o pericoloso,inviando il segnale appropriato ai muscoli eallertando il resto del cervello. Il livello successivo èquello comportamentale: questo non è cosciente ecomprende tutte le azioni umane. Il livellocomportamentale può essere inibito o accentuatodallo stato riflessivo, il livello più elevato. Questoricopre funzioni di controllo e riflessione generale.

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“Ad ogni impianto di illuminazione è affidato il compito di garantire la sicurezza degli utilizzatori. Ilpoter vedere, infatti, è il presupposto per ogni efficace azione di risposta in tutte le situazioni dirischio, anche meramente potenziale. La luce è un forte deterrente contro il panico collettivo,contrastando essa quel senso di paura che l’oscurità incute in ognuno di noi.L’illuminazione di emergenza è finalizzata a mantenere il controllo visivo anche in condizioni critiche,cioè quando viene a mancare la normale erogazione di energia elettrica della rete. Le cause diimprovviso black out energetico possono essere molteplici: dal guasto sulla linea esterna dell’edificioallo sgancio degli interruttori automatici di protezione dell’impianto elettrico interno (sovraccarichi,cortocircuiti), fino ai casi più gravi di incendi, fulmini, allagamenti, terremoti.In molti ambienti di lavoro l’assenza anche momentanea dell’illuminazione può provocare incidenti dinotevole gravità. Il poter disporre di una riserva di energia elettrica che, all’insorgere di uno stato diemergenza sostituisca quella di rete, automaticamente e immediatamente o nel volgere di qualchesecondo, costituisce uno dei più importanti fattori di sicurezza in tutti i luoghi aperti al pubblico enegli ambienti di lavoro.”

Manuale di Illuminotecnica, AIDI Associazione Italiana di Illuminazionea cura di L. Fellini, G.Forcolini, P. Palladino

5. ILLUMINAZIONE E SISTEMI DI SEGNALAZIONE DI EMERGENZA

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5.1 Illuminazione di emergenzaLa Norma UNI EN 1838 “Illuminazione di emergenza”offre una classificazione delle possibili forme diilluminazione destinate a sostituire l’illuminazioneartificiale ordinaria quando questa, per una qualsiasiragione accidentale, dovesse venire a mancare.

I luoghi in cui questi sistemi di illuminazione vengonoinstallati sono principalmente quelli destinati adaccogliere lavoratori, pubblico, studenti e degenti.Con il termine illuminazione di emergenza si definiscecosì l’insieme dei sistemi illuminanti destinati agarantire una continuità di alimentazione tale daconsentire un certo livello di visibilità anche al venirmeno della fonte energetica ordinaria.Lo scopo di tale continuità può essere il proseguimento

dell’attività in corso, in questo caso si parla diilluminazione di riserva, che deve assicurare la pienafunzionalità di quanto contenuto negli edifici. Oppure il fine può essere quello di garantire, in caso diemergenza, la sicurezza delle persone presenti negliedifici, in questo caso si parla di un sistema perl’illuminazione di sicurezza. Questa si componedell’illuminazione delle vie di fuga, di quella antipanicoe di quella per le aree ad alto rischio.

Tutte le nozioni e le tabelle del capitolo sono tratte daEnrico Grassani Illuminazione di emergenza e sistemi disicurezza, Utet, 2000

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5.1.1 Illuminazione delle vie di fuga Per svolgere nel migliore dei modi la sua funzione, cioèquella di garantire un livello di illuminamentosufficiente a consentire l’evacuazione delle persone daun luogo chiuso ad un luogo sicuro, l’illuminazione disicurezza deve contare su una serie di apparecchiilluminanti48 che devono porre in particolare evidenzale seguenti aree interne all’edificio:- le zone in cui si trovano i varchi di uscita e le portedestinate all’evacuazione in caso di emergenza- le zone entro 2 m di distanza (in senso orizzontale)dalle scalinate e in modo tale che ogni rampa risultiilluminata direttamente - le zone entro 2 m di distanza (in senso orizzontale) daogni cambio di livello o gradino- in corrispondenza di ogni dispositivo o attrezzatura di

pronto soccorso e antincendio- in corrispondenza di ogni segnale di sicurezza,cambio di direzione, incrocio o bivio, varco di uscita- le zone entro 2 m di distanza (in senso orizzontale)dai locali di pronto soccorso e da ogni punto dichiamata (telefono) per il pronto soccorso sanitario oantincendio.

L’illuminazione di sicurezza delle vie di fuga lungocorridoi, scale, pianerottoli e atri deve garantire lavisibilità per la corretta individuazione dei percorsi dievacuazione, dei dislivelli, delle strutture sporgenti opericolose, dei varchi di uscita e delle attrezzatureantincendio e pronto soccorso.

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Altezza di installazioneL’eventuale presenza di ostacoli deve poter essereindividuata fino a 2 m di altezza. La direzione del flussoluminoso emesso dagli apparecchi illuminanti deveessere tendenzialmente discendente, cioè rivolto versoil pavimento.Gli apparecchi devono, secondo la normativa, essereinstallati ad un’altezza di almeno 2 m rispetto al pianodi calpestio. A questa altezza la sorgente diilluminazione, oltre a consentire l’individuazione dieventuali ostacoli e ad essere protetta contro gli urtiaccidentali, non rischia di essere coperta dal flusso dipersone che abbandonano i locali.È possibile installare sorgenti luminose anche ad altezza

inferiore, ma queste vanno considerate comeintegrative del sistema basilare richiesto dalla norma.Le sorgenti luminose montate vicino al suolo svolgonocorrettamente la propria funzione a beneficio dellepersone che transitano sole, ma vengono via via semprepiù oscurate all’aumentare del numero di individui chetransitano insieme. Inoltre devono essere progettate inmodo da resistere agli urti, alle alte temperature e aipossibili allagamenti.Per contro gli apparecchi installati a soffitto o all’altezzadi 2 m possono facilmente essere oscurati dalla coltre difumo nero che potrebbe formarsi in seguito ad unincendio.

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Livelli di illuminamentoLe vie di fuga, se di dimensione non superiore ai 2 m,devono presentare un livello minimo di illuminamento,misurato a pavimento e in assenza di riflessioni, noninferiore ad 1 lux in corrispondenza della linea che neidentifica il punto di mezzo lungo tutto il percorso. Prendendo tale linea come punto mediano, deve esseregarantito, lungo una fascia di lunghezza pari alla metà diquella dell’intero percorso di evacuazione, un livello diilluminamento minimo di 0,5 lux.Questi livelli di illuminamento, che la norma stessa indicacome minimi, devono essere maggiorati in presenza dileggi o norme specifiche che affrontano il temadell’illuminazione di sicurezza in ambienti particolari.Peresempio nella attività alberghiere con più di 25 posti lettoè richiesto un livello minimo di sicurezza pari a 5 lux(D.M. 9/4/94); lo stesso vale per le scuole (D.M. 26/8/92);

mentre per i locali di pubblico spettacolo sia il D.M.19/8/96 che la norma CEI 64-8/7 prescrivono che il livellodi illuminamento di sicurezza, misurato su un pianoorizzontale ad 1 m di altezza dal pavimento non debbarisultare inferiore a 5 lux sulle scale e in corrispondenzadelle porte, e a 2 lux in ogni altro ambiente in cui abbiaaccesso il pubblico. (Per tutti i casi specifici vedi tabella Ain appendice)Il livello di illuminamento generico siattesta quindi su valori non inferiori a 2 lux, daaumentare a 5 lux per le vie di fuga e per gli ambientidestinati ad accogliere persone anziane o ipovedenti.Secondo la Norma UNI EN 1838, bisogna evitare il crearsidi un’eccessiva disuniformità fra le parti illuminate equelle che non lo sono. Questo perché la pupillanecessita di tempo (sempre più lungo con l’avanzaredell’età) per abituarsi ad una riduzione drastica del livellodi lluminamento.

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A salvaguardia dell’uniformità di illuminazione lungo levie di fuga il rapporto tra il livello di illuminamentomassimo che si riscontra al centro del percorso e quellominimo non deve essere superiore a 40.Il rapporto 1:40 è comunque da considerarsi un limiteestremo, nella realtà occorrerebbe avvicinarsi il piùpossibile al rapporto 1:20.

Sempre in relazione alla difficoltà incontrata dall’occhioad adattarsi ad una drastica e repentina riduzionedell’illuminamento è opportuno che si prenda inconsiderazione la necessità che negli ambienti moltoilluminati dall’impianto ordinario siano tenuti livelli diilluminamento elevati (più elevati della norma) ancheper l’impianto di sicurezza: questo dovrebbe produrreun illuminamento non inferiore al 10% di quelloprodotto dall’illuminazione ordinaria.L’abbagliamento deve essere limitato il più possibilecontrollando l’emissione diretta nel campo visivo dellepersone. La norma offre un’indicazione circa l’intensitàluminosa massima consentita nell’ambito del campovisivo dell’utente in relazione all’altezza diinstallazione dell’apparecchio.Il rischio maggiore di abbagliamento si concretizzadurante le fasi di discesa da una rampa di scale. Ingenere gli apparecchi di emergenza sono equipaggiaticon ottiche diffondenti e schermature trasparentiprismatizzate che, producendo una certa diffusione deiraggi, riducono l’effetto abbagliante dovuto alla visionediretta della sorgente.

È importante tener presente anche la resa cromaticadella sorgente che si utilizza nell’illuminazione disicurezza poiché la tipologia dei messaggi contenuti

nella segnaletica si basa anche sui colori (in particolareil verde, il rosso, il giallo). Per la classificazione della resa cromatica le normeidentificano 5 differenti gruppi di resa del colore comemostrato nella tabella seguente:Ogni gruppo comprende le sorgenti il cui indice di resadel colore (indice con la sigla Ra) è compreso entro unadeterminata gamma.La Norma UNI EN 1838 prescrive, che per l’illuminazionedelle vie di fuga, l’indice Ra delle sorgenti luminoseimpiegate non debba essere inferiore a 40; vienepertanto esclusa la possibilità di impiego delle lampadeappartenenti al gruppo 4.

Tempo di intervento e autonomiaIl tempo di intervento automatico dell’illuminazione disicurezza è quello che intercorre tra l’istante in cuiviene meno l’alimentazione all’impianto ordinario el’istante in cui vengono attivate le sorgenti di sicurezza.Per i tempi specifici prescritti si veda la tabella A inappendice.Lungo le vie di fuga le sorgenti devono raggiungerealmeno il 50% della propria resa luminosa entro 5 s edil 100% entro 60 s.L’autonomia di un’illuminazione di sicurezza equivaleal tempo per il quale viene garantita la prestazione diilluminazione richiesta, il tempo minimo prescritto è diun’ora.Anche il tempo di ricarica deve essere preso inconsiderazione: questo non dovrebbe mai superare le12 ore, e quando possibile essere ridotto a 6 o 8 orenegli ambienti più critici, come negli ospedali e neilocali aperti al pubblico che non possono usufruire diluce solare.

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5.1.2 Illuminazione antipanicoL’obiettivo che si pone l’illuminazione antipanico èquello di ridurre la probabilità che nelle personepresenti nei locali possano insorgere stati di grave stresspsicologico. Per questo deve essere garantita ai presentiuna visibilità sufficiente per muoversi con sicurezza,individuando ed raggiungendo in modo agevole ipercorsi previsti come vie di fuga.Le norme49 prevedono un’illuminazione di sicurezzaantipanico nei seguenti casi:aree dalle quali non è sempre identificabile la direzionee la posizione in cui si trovano i percorsi di evacuazionearee occupate da un elevato numero di personeluoghi di area superiore ai 60 mq

È necessario considerare più probabile l’insorgenza dielevato stress e di confusione nel caso in cui le personenon conoscono l’ambiente (perché non lo frequentanocon assiduità o vi si trovano per la prima volta).Situazioni del genere caratterizzano i luoghi aperti alpubblico.

Livelli di illuminamentoL’illuminazione antipanico deve fornire un livellominimo di illuminamento, misurato a pavimento, di 0,5lux lungo tutta l’estensione della stanza, tranne unbordo perimetrale non superiore a 0,5 m. Nei calcoliilluminotecnici non deve essere considerato l’apportodella luce riflessa.Per quanto riguarda l’uniformità del livello diilluminamento, variazione repentinadell’illuminamento, l’abbagliamento, la resa del colore,il tempo di intervento e l’autonomia valgono le stesseprescrizioni date per l’illuminazione delle vie di fuga.

5.2 Alimentazione dei sistemi diilluminazione di emergenzaGli apparecchi di emergenza vengono classificai dallanorma CEI EN 60598-2-22 in due grandi categorie legatealla modalità di alimentazione:Autonoma, cioè con una fonte energetica localizzataall’interno dell’apparecchio (di solito una batteria alnichel-cadmio)Centralizzata, nel caso in cui la fonte energetica siaesterna all’apparecchio. La fonte può essere un gruppodi continuità statico (UPS) o un gruppo elettrogeno,questi sono collocati in modo da servire più apparecchiilluminanti di emergenza installati in vari puntidell’edificio.

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5.3 Segnaletica di sicurezzaNegli ambienti di lavoro la segnaletica di sicurezza deve essere conforme al dettato del D. Lgs. 493/96 cheha dato attuazione in Italia alla direttiva 92/58/CEE. Essa ha lo scopo di trasmettere alla persone unmessaggio attinente: - la presenza di un pericolo, di un divieto, di un

obbligo (in condizioni di lavoro normali, per esempio“indossare il casco protettivo”)

- la dislocazione delle attrezzature antincendio o dipronto soccorso

- i percorsi e i valichi di sicurezza.

I segnali che riguardano le attrezzature antincendiodevono essere adeguatamente visibili in caso diemergenza grazie all’illuminazione di sicurezza (sono

difficilmente retroilluminati). Questi hanno per legge unpittogramma bianco su sfondo rosso. I segnali per le vie di fuga e di pronto soccorso hannoinvece sfondo verde; quest’ultimo deve estendersi peralmeno il 50% della superficie totale del segnale.L’integrazione tra il sistema di segnaletica el’illuminazione di sicurezza è un elemento di progetto cheprende avvio sostanzialmente dall’individuazione di rischispecifici e che cura i criteri di localizzazione sia dei segnalisia delle sorgenti. Il segnale di sicurezza deve risultaresempre visibile: grazie alla luce naturale, all’impiantoordinario o all’impianto di sicurezza.La corretta collocazione dei segnali indicanti le vie di fuga,il fatto che questi risultino chiaramente individuabili ogniqualvolta il locale è occupato dagli utenti, sono elementiessenziali che contribuiscono a evitare o almeno ridurre ifenomeni di stress emotivo e confusione.

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Segnali retroilluminatiLa segnaletica di pronto soccorso e di evacuazione èmolto spesso retroilluminata e, in questo caso, vieneconsiderata a tutti gli effetti un elemento del sistemadi illuminazione di sicurezza. Questa soluzione èlargamente diffusa perché incrementa la visibilità delpittogramma. L’illuminazione data dal segnalecontribuisce a creare un minimo livello diilluminamento anche nell’ambiente, ma va sempreintegrata da una sorgente specificamente destinata adilluminare il percorso di fuga o l’area antipanico.La luminanza, misurata su ogni parte del segnale, nondeve mai essere inferiore a 2 cd/m². La differenza diluminanza tra più punti di una stessa area cromaticanon deve superare il rapporto 10:1; la differenza fra laluminanza del pittogramma bianco e quella dellosfondo verde deve essere compresa tra 5:1 e 15:1.La segnaletica di sicurezza deve essere sempre accesa,anche in condizione di normalità, soprattutto in localibui (come cinema e teatri). È possibile che in presenzadi corrente di rete gli apparecchi emettano un flussoluminoso ridotto, mentre al mancare della corrente ilflusso deve aumentare progressivamente fino al valoremassimo nominale.Nei locali normalmente illuminati compete alprogettista stabilire l’opportunità o meno di mantenerei segnali sempre accesi oppure di prevedernel’accensione in automatico solo in caso di guastodell’illuminazione ordinaria con un tempo diaccensione brevissimo (minore di 0,15 s) oppure breve(minore di 0,5 s).

Posizione dei segnali nello spazioPer i segnali di sicurezza l’altezza minima di installazioneè di 2 m, come si è già visto per gli apparecchi

illuminanti. Anche il messaggio di sicurezza non deverischiare di essere coperto dai corpi o dalle teste dellepersone. Valgono le stesse remore espresse in precedenzanell’evenienza di fumo nero provocato da incendio.I segnali destinati ad indicare il percorso di fugadevono essere collocati strategicamente in modo chepossano accompagnare le persone da qualsiasi puntoin cui esse si trovano fino al punto più vicino al varcodi uscita. Per esempio lungo un corridoio incorrispondenza di un cambio di direzione, se ilpercorso è corretto ai fini dell’evacuazione, il segnaledirezionale di fuga va posizionato sul fronte di chi trovaa percorrere il corridoio.

Sempre lungo il corridoio nel caso si presentassero duedirezioni alternative, andrebbero segnalate come vie di fugasolo quelle effettivamente utili all’evacuazione in sicurezza.I segnali destinati ad indicare le uscite di sicurezza devonoessere posti al di sopra delle porte designate.

Queste sono le indicazioni prescritte dalle norme ma,nella realtà dei fatti, l’architettura degli edifici non èmai così lineare come nei casi esposti. Risulta quindimolto difficile in ambientazioni complesse seguire ipercorsi che la segnaletica delinea, sia per la caoticitàdella disposizione dei cartelli sia per le dimensioniridotte della freccia del pittogramma. La segnaletica che segue le indicazioni delle norme èquindi comunque difficilmente leggibile in condizionidi non normalità e soprattutto in presenza di fumo.L’installazione in fila continua di sorgenti a pavimentoinvece condurrebbe l’utente passo passo verso le uscitedi emergenza attraverso un percorso luminoso nonfraintendibile ed univoco, provvedendo anche a fornireun livello di illuminamento adeguato.

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5.4 Mappe di evacuazioneFa parte del sistema di segnalazione di sicurezzaanche una mappa dell’edificio sulla quale sono statiindicati gli itinerari che gli utenti dovrannopercorrere, in caso di esodo forzato, per lasciarel’edificio lungo le vie di sicurezza.Per ogni punto dello stabile viene indicata qual è la viapiù breve per raggiungere l’uscita.La mappa di evacuazione è di solito affissa nei corridoi,ma risulta impossibile da consultare nelle situazioni diemergenza, sia per questioni di tempo, sia perquestioni psicologiche, sia perché intralcerebbe il flussodelle persone che percorrono le vie di esodo.Lo staff che lavora quotidianamente nell’edificio hauna visione chiara della planimetria del luogo. Capitafrequentemente però che, in caso di profondo stress

emotivo, l’utente si senta disorientato, confuso e nonsappia riconoscere l’itinerario che deve percorrere. La soluzione delle mappe cartacee affisse nei corridoiper determinare i percorsi di uscita risulta, a mioavviso, totalmente inadeguata per gli edifici ad utenzapubblica.

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48 Questi devono essere costruiti in conformità allaNorma CEI EN 60598-2-22

49 EN 50172 “Sistema per l’illuminazione di sicurezza”

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Gli studi più interessanti nel campo dell’illuminazionedi emergenza sono stati condotti in Europadall’Università di Reading (UK). Qui il dott. Geoffrey Cook è il direttore del ResearchGroup for Inclusive Environment che si occupa distudiare in che modo l’ambiente luminoso e sonoropossa venire incontro ai bisogni delle persone condisabilità visive50.Uno dei progetti che vengono portati avanti è l’analisidettagliata delle performance degli utenti ipovedenti inambienti illuminati solo da apparecchi di emergenza.Questi studi hanno influenzato la stesura dei BritishStandards relativi.

L’innovazione più interessante apportata ai sistemi diilluminazione di emergenza sperimentati dal Groupfor Inclusive Environment è l’installazione degliapparecchi al suolo. I sistemi luminosi wayfinding montati a terra offronoun nuovo approccio progettuale che sottolinea alcunemanchevolezze associate al sistema tradizionale. Peresempio la ridotta visibilità in caso di incendio, ladifficoltà nel seguire il percorso delineatoesclusivamente dalla segnaletica di sicurezza el’impossibilità di consultare le mappe di evacuazione incaso di emergenza. Il sistema luminoso wayfinding consiste in tracciatilineari composti da piccole sorgenti di luce chedemarcano le uscite di sicurezza e si snodano lungotutto il percorso di evacuazione, disponendosi in modocoordinato alla segnaletica di sicurezza. L’obiettivo delsistema è quello di dirigere in modo sicuro le personeverso e lungo le vie di fuga affinché vengano condottenelle aree sicure senza interruzioni e limitando la

possibilità che possano perdersi nell’edificio o esseredisorientate dalla situazione. Le normative che prevedono queste applicazioni sonoBS 5266 Parte 2 e EN 60598-251.Per questi nuovi sistemi di illuminazione di emergenzavengono testate dall’università diverse tipologie disorgenti, i differenti punti in cui gli apparecchi possonoessere installati e due tipologie di tracciato luminoso: isistemi composti da una sola linea di luce al centro delpiano di camminamento o da due linee ai lati.

Data l’attinenza con il tema trattato in questa tesiriportiamo i risultati delle sperimentazioni condottedall’università sia in assenza che in presenza di fumosu utenti senza disabilità e/o ipovedenti.

Tutte le tabelle sono tratte da Lightning Research &Technology, n° 2, 1999, pag. 35-45

6. EMERGENCY WAYFINDING LIGHTING SYSTEMS, LE RICERCHE DELLA READING UNIVERSITY (UK)

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6.1 La sperimentazione su utentiipovedenti Questo studio condotto nel 199752 riporta le indicazioniprogettuali dedotte dai test di 9 tipologie di sistemiwayfinding di illuminazione delle vie di fuga su 12utenti senza disabilità e su 60 utenti con problemi allavista. I disturbi della visione comprendono glaucoma,cataratta, retinopatie da diabete, degenerazionemaculare e retinite pigmentosa; 15 utenti utilizzano ilbastone bianco. Poiché solo il 5% delle persone non vedenti èinsensibile a bagliori53 basare un sistema di emergenzasulla luce è sostanzialmente opportuno anche perquelle fasce di utenza che presentano unamenomazione visiva. Gli utenti ipovedenti possono avere sia un campo divisione molto ristretto sia una bassa acuità visiva (o lacombinazione dei due). Il campo di visione è ingenerale la quantità di spazio che una persona vedesenza muovere gli occhi; l’acuità visiva è il livello didettaglio che gli occhi riescono a percepire.Una menomazione alla vista può includere:_Perdita di visione periferica: le porte di sicurezza o igradini lungo il percorso possono non essere notati

_Perdita della visione centrale: conduce ad unaperdita dell’acuità visiva e alla sparizione deglioggetti che sono guardati direttamente

_Perdita di visione a macchie: gli oggetti appaiono escompaiono nel campo visivo a seconda delmovimento dell’utente

_Suscettibilità all’abbagliamento, per esempio, nelcaso di cataratta, le occlusioni sulle lenti diffondonola luce peggiorando la percezione dei contrasti eannebbiando i dettagli

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pianta del percorso di evacuazione fittizio allestitoper le sperimentazioni

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_Problemi di percezione al cambiare dei livelli diilluminamento: questi causano cecità temporanea siain seguito ad abbagliamento sia quando si entra inuna stanza in penombra provenendo da una benilluminata.

_Bassa acuità visiva che porta a percepire lo spazio comeannebbiato e confuso, causando problemi nella lettura.

Lo scenario dei test viene allestito negli edifici BRE(Building Research Establishment)54, è lungo 29 m ecomprende un ufficio, corridoi e scale. La ricerca ha classificato l’efficacia delle diversesoluzioni di illuminazione sulla base dell’acuità visivapossibile per ogni sistema, della velocità di percorrenzadelle vie di fuga e del grado di soddisfazione/difficoltàespresso dai volontari attraverso questionari orali.

La prova del sistema si svolge con questa procedura: ilteste entra in ufficio e siede alla scrivania per 10minuti, sul piano della scrivania l’illuminamento è di400 lux. Il tempo di permanenza nell’ufficio ènecessario all’occhio per adattarsi al tipo diilluminamento presente. Successivamentel’illuminazione ordinaria viene spenta e viene attivatouno dei 9 sistemi di illuminazione, l’utente deve usciredall’ufficio, percorrere le scale e i corridoi attraversandodue porte (A,B) fino a giungere all’uscita di sicurezzafittizia (C) e quindi ritornare all’ufficio.Dopo altri 10 minuti di adattamento ai 400 lux dellastanza vengono compiute le prove sulle altre tipologiedi illuminazione di emergenza. In questo lasso ditempo vengono poste ai volontari delle domande sulgrado di difficoltà e soddisfazione rispetto allasoluzione appena testata.

Le prove vengono riprese con una telecamera per calcolarei tempi di percorrenza di tutte le sezioni del percorso e pervalutare la facilità di movimento degli utenti.Quando tutti sistemi sono stati testati viene ripetuta laprova del primo: questo è utile per confrontare ladifferenza di velocità e agio nel percorrere la via difuga nel caso in cui si conosca il tragitto e nel caso ci sitrovi in un luogo per la prima volta. L’ordine in cui le varie soluzioni di illuminazione diemergenza sono presentate agli utenti segue la regoladel sistema del quadrato Latino, questo per eliminarele distorsioni date dal fatto che è stato testato primauno o l’altro sistema55.

6.1.1 Le tipologie dei sistemi dilluminazione testativedi tabella B in appendice

3 sistemi di illuminazione tradizionale con apparecchiinstallati a soffitto e a parete a 2 m di altezza:- N: Illuminazione ordinaria con 10 apparecchi asoffitto (7 nei corridoi, 3 sulle scale) che forniscono unilluminamento minimo di 24 lux sulla linea centrale delpiano di camminamento; sono presenti 3 apparecchinell’ufficio- O: Illuminazione di emergenza base composta da 5apparecchi con sorgente fluorescente da 4 watt cheforniscono un illuminamento minimo di 0,7 lux neicorridoi56, e da un altro apparecchio fluorescente allafine delle scale che fornisce minimo 1,1 lux. Un segnaledi uscita con pittogramma retroilluminato (sorgentefluorescente) è posto sopra l’uscita di sicurezza. Gli altrisegnali direzionali non sono retroilluminati ma

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rispondono alla normativa- O2: Illuminazione di emergenza (con disposizionedegli apparecchi come in O) con sorgente fluorescentepotenziata, illuminamento minimo di 2,5 lux neicorridoi e di 4 lux sulle scale. Un segnale di uscita conpittogramma retroilluminato è posto sopra l’uscita disicurezza. Gli altri segnali direzionali non sonoretroilluminati ma rispondono alla normativa.

4 sistemi di illuminazione wayfinding elettrificata:- E: Sistema wayfinding elettroluminescente: unacoppia di tracciati elettroluminescenti larghi 5 mm sonoposizionati sui due lati del corridoio, delle scale enell’atrio tra l’ufficio e il corridoio. Questi tracciati sonoinstallati ad un’altezza compresa tra 110 e 120 mm dalsuolo, mentre sulle scale sono posizionati sul piano dicamminamento. Le porte A,B,C hanno il profiloilluminato dalla traccia elettroluminescente, ma iltracciato non è continuo all’interno della porta. Sonopresenti 8 segnali direzionali nel percorso e segnali diuscita sopra l’ultima porta. 5 di questi segnali sonoposizionati nel corridoio, 4 ad una altezza di 400 mmed uno a 1580 mm. Altri due sono alla fine delle scale(a 400 mm e 1580 mm) e nell’ufficio c’è un segnale diuscita di sicurezza sulla porta. Sul lato destro delcorridoio la segnaletica ha una luminanza di 30 cd/m² ela traccia di 78 cd/m²; sul lato sinistro invece il segnale10 cd/m² e la traccia ha 8 cd/m². L’illuminamentominimo è di 0,1 lux nei corridoi e di 0,2 lux sulle scale.- I: Sistema wayfinding con incandescentiminiaturizzate: la traccia luminosa è installata suentrambi i lati del corridoio ad un’altezza di 180 mm(sulle scale sono invece al suolo). Il profilo delle porteA,B,C è illuminato, ma il tracciato non è continuo

all’interno della porta. Le sorgenti utilizzate sonolampade ad incandescenza miniaturizzate da 100 mcd,distanziate di 100 mm una dall’altra. Non sono presentisegnali direzionali speciali, ma solo quelli nonretroilluminati previsti dalla normativa. L’illuminamentominimo è di 0,3 lux nei corridoi e di 1,1 lux sulle scale- L1: Sistema wayfinding con LED variante 1: questosistema è installato allo stesso modo del sistemaelettroluminescente, l’altezza di montaggio però qui ètra i 200 mm e i 240 mm. Il profilo della porta B non èsottolineato ma la traccia continua attraverso la porta.La segnaletica di questo sistema è interamentepittorica, il segnale (1380x80 mm) posto sulla porta C ècomposto da LED da 140 mcd. I segnali direzionali sonofrecce costituite da 13 LED da 140 mcd montate adun’altezza compresa tra 800 e 900 mm. Sono presenti12 frecce nel corridoio, 2 sulle scale, 1 sul pianerottolo e2 nell’ufficio. Su ogni pedata dei gradini sono montati6 LED da 15 mcd. I tracciati invece montano LED da 35mcd ogni 25 mm che puntano verso il basso e ogni 100mm che puntano verso l’alto. L’illuminamento minimoè di 0,45 lux nei corridoi e di 3,4 lux sulle scale- L2: Sistema wayfinding con LED variante 2: come laprima variante ma il tracciato è composto da un’unicalinea e le scale non sono illuminate sulla pedata.L’illuminamento minimo è di 0,38 lux nei corridoi e di3,4 lux sulle scale.

1 sistema wayfinding non elettrificato- P: Sistema fotoluminescente: una serie di traccefotoluminescenti di altezza 100 mm vengono fissatesullo zoccolino o a pavimento su entrambi i lati delcorridoio. Sulle scale sono fissate tracce di 80 mm sullapedata e di 35 mm sul corrimano. Il profilo della porta

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A è sottolineato da una striscia di 15 mm, la porta C dauno di 50 mm. Un segnale fotoluminescente di sicurezza(120 mm) è installato ad un’altezza di 1150 mm sopra laporta C. Lungo la via di fuga sono presenti 9 segnalidirezionali, 5 ad un’altezza dal suolo di 600 mm, gli altria 1700 mm. Le strisce vengono illuminate da sorgentiincandescenti per almeno 10 minuti prima del test.

1 sistema wayfinding composto - LO: combinazione del sistema tradizionale diilluminazione di emergenza a parete e del sistemawayfinding con LED variante 3: l’illuminazione diemergenza tradizionale fornisce l’illuminamento alsuolo della vie di fuga insieme ai LED che puntanoverso l’alto come nel sistema LED variante 2. I LED sullapedata delle scale non sono in funzione.L’illuminamento minimo è di 1,2 lux nei corridoi e di1,3 lux sulle scale.

La sperimentazione è stata condotta in due fasi,ognuna con 30 volontari ipovedenti. La Fase I prende inconsiderazione l’illuminazione ordinaria N, e i sistemiO, E, I, L1, L2 e P. La Fase II è stata introdotta in seguito per verificare icambiamenti delle prestazioni nel caso in cui il sistemadi illuminazione di emergenza base fornisse unilluminamento maggiore (O2) e nel caso in cui venisserocombinati più sistemi (LO). Per ottenere dei termini diparagone sono stati testati anche sul secondo campionedi 30 volontari i sistemi O, L, I e L2.

6.1.2 La valutazione dei diversi sistemiLo studio ha classificato i diversi sistemi in baseall’acuità visiva consentita dal livello di illuminamentofornito e dalla velocità di evacuazione.La percentuale del numero di soggetti che sono stati ingrado di leggere un’intera linea del test dell’acuitàvisiva (Snellen Chart) nella Fase I e II è mostrata nelletabelle seguenti.Viene qui mostrata la relazione tra la percentuale totaledi soggetti che sono stati in grado di leggere un’interariga della Snellen Chart e l’altezza della lettere. Nel primo grafico la prova è stata condotta incondizioni di illuminazione di emergenza (da 1.43 lux a2.65 lux), la seconda di illuminazione ordinaria(illuminamento di 92.1 lux sulla tabella Snellen).La tabella mostra come nella Fase II gli utenti ipovedentiabbiano un’acuità visiva maggiore di quella nella Fase I.La variazione dell’acuità visiva dei soggetti non ha peròeffetti significativi sulle loro performance; ancheanalizzando le risposte ai questionari non si possonotrovare responsi migliori dati dalla maggiore acuità.

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Per quanto riguarda la velocità di evacuazione, invece,sono state prese in considerazione sei diverse sezionidel percorso: dall’alzarsi dalla scrivania all’usciredall’ufficio (office outward), dall’inizio alla fine dellarampa di scale (stairway outward) e dalla fine dellescale all’uscita di sicurezza fittizia (corridor outward). Levelocità vengono inoltre misurate nei tratti di ritorno(corridor return, stairway return, office return).Mettendo a confronto tutti gli 8 sistemi elettrificati si èvisto che, eccetto per l’illuminazione ordinaria chefornisce un illuminamento di 24 lux al suolo (sistemache permette una velocità di cammino leggermente piùveloce), tutti gli altri 7 sistemi hanno permesso agliipovedenti di camminare a velocità simili.La tabella in alto a sinistra si riferisce alla Fase I disperimentazione, quella in alto a destra alla Fase II.

6.1.3 Confronto tra le velocità dei duegruppi di volontari (con e senzadisabilità)Nella Fase I della sperimentazione (tabella in basso asinistra) i volontari ipovedenti camminano tra 0,43 e0,87 la velocità degli utenti normali mentre nella Fase II(tabella in basso a destra) i valori vanno da 0,54 a0,86. Questi risultati suggeriscono che i sistemi O2 e LOaiutano le persone con disabilità visive a camminarepiù velocemente, in relazione alla velocità dellepersone normali.

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6.1.4 I risultati dei questionariLa domanda posta ai volontari è:”Quanto è stato difficilevedere dove andare sulle scale/nel corridoio?”. La risposta può essere un punteggio compreso tra 1(molto semplice) e 7 (molto difficile). Punteggi bassi,sotto il 4, indicano che il sistema di illuminazionepermette alla persone di vedere bene dove stannoandando. Le tabelle a sinistra si riferiscono ai risultati ottenuti sullescale, quelle sulla destra nel corridoio. La barra mostral’intervallo di errore standard. Al sistema fotoluminescente è stato arbitrariamenteattribuito un valore di illuminamento pari a 0.002 lux.

Fase I (sopra): i volontari con disabilità visive ritengonoche sia molto difficile vedere dove andare quando vieneutilizzato il sistema P, infatti questo ha punteggiparticolarmente negativi sia sulle scale che nel corridoio.Anche i risultati con il sistema O sono negativi rispetto aisistemi E, I, L1 e N. Si può notare che i sistemiwayfinding, in generale, facilitano la visione del luogorispetto al sistema tradizionale base di emergenza aparete O.

Fase II (sotto): si nota ancora che il sistema O èparticolarmente peggiore dei sistemi O2, LO, L1 e L2. I risultati suggeriscono che i 6 LED che segnano la pedatadei gradini sono molto apprezzati. I valori ottenuti nel corridoio sono comparabili a quellidelle scale, sebbene i sistemi L2 e I sianosignificativamente più negativi di O2, LO e L.

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Quando questi risultati vengono confrontati con quellidegli utenti senza disabilità si vede che, come èfacilmente intuibile, le persone con problemi alla vistatrovano molto più difficile vedere dove andare. Per tutti e tre i sistemi (P,O,I) che sono stati comparatitra i due gruppi di utenti, i punteggi medi degli utentiipovedenti sono significativamente più alti, e quindipeggiori, di quelli degli utenti senza disabilità. Ilsistema I è quello che ha una variazione accettabile (1,8per utenti normali e 3,0 per utenti con problemi) inveceO ha un cambiamento più serio: da 1,7 a 4,6 (tenendoin considerazione il fatto che la sufficienza minima dipunteggio è 4). Per P la situazione è simile, infatti si ha3,5 per gli utenti senza disabilità e 6,2 per i volontariipovedenti; questo significa che le opinioni cambianodall’essere “più che sufficiente” per l’utente normale a“molto difficile” per gli ipovedenti.

Sia i volontari ipovedenti che quelli con piene facoltàvisive sono interrogati anche a proposito dellabrillantezza del sistema. Le tabelle qui sopra mostrano i punteggi ottenuti con lerisposte alla domanda: ”Quanto hai trovato fastidiosa labrillantezza del sistema?” 1= troppo poco brillante7= troppo brillante

Confrontando i diversi sistemi di illuminazione lasoluzione O è quella che viene indicata come la piùdebole rispetto a tutte le altre, il sistema L è quello cheviene dichiarato come il più luminoso anche se il livellodi illuminamento medio che fornisce sulla lineamediana del piano di camminamento è meno dellametà di quello fornito da O2.

Fase I

Fase II

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6.1.5 Linee giuda per l’illuminazione diemergenza wayfindingI sistemi di illuminazione di emergenza wayfindingdovrebbero seguire questi principi di progettazione:_Fornire un illuminamento minimo di 3 lux sul piano dicamminamento sia delle scale che dei corridoi nei luoghicon afflusso di utenti con disabilità visive_Rendere l’illuminazione delle vie di fuga il più chiara esemplice possibile (gli utenti ipovedenti hanno maggioridifficoltà nel comprendere gli ambienti). In questo casonon vale la regola “più informazioni vengono fornite,migliore è il sistema”. Le persone devono trovare leinformazioni essenziali tra molte distrazioni: un modoper fornire solo informazioni utili è quello di progettareun percorso luminoso il più continuo possibile_Mantenere l’illuminazione il più possibile uniforme:non devono essere presenti aree particolarmenteilluminate o buie che possono causare problemi diadattamento alla pupilla. Questo problema deve esseretenuto particolarmente in considerazione sel’illuminamento generale è molto basso o molto alto_Identificare ogni porta di sicurezza lungo il percorso difuga e la porta di uscita finale_Guidare la persone verso queste uscite utilizzando untracciato wayfinding installato a terra + un sistema disegnaletica a terra e a parete_Enfatizzare i cambiamenti di livello, come nel caso discale, scalini singoli e rampe_Indicare la localizzazione delle attrezzature e dei puntidi chiamata per l’allarme antincendio e pronto soccorso.

Le ricerche dell’università forniscono anche delleindicazioni riguardo i livelli di illuminamento, ilposizionamento degli apparecchi e le tipologie di sorgentie di segnaletica da utilizzare in relazione alle diverseambientazioni in cui il sistema può essere applicato.

Ufficio: la parte più lenta del percorso è quella in cuil’utente deve lasciare l’ufficio, questo perché i volontariipovedenti trovano difficile localizzare la porta: più del10% ha impiegato più di 30 secondi per attraversare i 3metri che separano la sedia della scrivania dall’uscitadella stanza e il 6% ha utilizzato più di 1 minuto. Perquesto motivo può essere dimostrato che, sebbenel’ufficio sia piuttosto piccolo e ai volontari venga dettoche il percorso comincia “dalla porta aperta di fronte aloro”, quando si tratta di alzarsi dalla sedia per lasciarela stanza le persone con disabilità visive impiegano piùtempo, incorrono in errori e hanno bisogno di diversitentativi. Questo è chiaramente dimostrato dal fatto chenel percorso di ritorno camminano ovunque tra l’80% eil 130% più velocemente. Questo fenomeno si è verificato anche nelle provecon utenti senza disabilità anche se la differenza trail percorso di andata e ritorno è meno marcata, circadel 40% più veloce nel ritorno, ad eccezione delsistema fotoluminescente per il quale non ci sonoparticolari variazioni.Una spiegazione di questi risultati può essere il fattoche le persone con disabilità visive necessitino di untempo maggiore per adattare la pupilla alcambiamento di intensità luminosa, tale variazione puòinfatti renderli completamente ciechi per un po’.Questa ipotesi è suffragata dal fatto che la differenzatra le velocità medie dei diversi sistemi testati è moltobassa. L’unica differenza significativa è quella tra ilsistema fotoluminescente e l’illuminazione ordinaria.

Corridoi: tracciati lungo i muriNei corridoi che fanno parte delle vie di fuga, un sistemadi illuminazione montato a parete su entrambi i lati delcorridoio, ad un’altezza minore di 250 mm, dà una buonaindicazione del livello del pavimento e della posizione

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delle pareti, fornendo un’illuminazione diretta del suolo. I colori raccomandati per i tracciati sono il bianco e ilverde. Sebbene sia molto più economico avere solo una traccialuminosa su un unico lato del corridoio quando questo èlargo meno di 2 m, è preferibile avere una traccia su ognilato del corridoio per sottolineare la via di fuga e mostrarel’ampiezza del corridoio.I tracciati creati dalle linee luminose dovrebbero essere ilpiù continui possibile. Quando non è possibile installaresulle pareti tracciati continui, come nel caso in cui siincontrino porte lungo il percorso di evacuazione,dovrebbero essere installati altri tratti di tracciato persuperare il gap di segnalazione. Questo può essere fattocon strisce fotoluminescenti che attraversano la porta allastessa altezza dei tracciati a parete. Spostare il tracciato luminoso al suolo quando siincontrano porte fornisce una segnalazione più continua,ma può essere confuso con una segnalazione dicambiamento di livello. È importante che il metodoutilizzato per rendere il tracciato continuo non induca infalse impressioni.Il sistema dei tracciati deve permettere la visione direttadella sorgente luminosa da tutti gli approcci possibili.Questo suggerisce un intervallo di altezza di visione da600 mm a 1800 mm per una distanza orizzontale tral’utente e il muro di circa 200 mm o più. La distribuzioneangolare del flusso della sorgente dovrebbe essere quindiabbastanza ampia. La luce dei tracciati deve essere visivamente evidenterispetto allo sfondo.

Tracciati al suoloI tracciati al suolo possono essere costituiti sia da 2 lineeche segnano i limiti delle vie di fuga, o da una sola lineache funziona come una linea guida da seguire. I tracciati luminosi al suolo possono essere usati perdelineare un percorso in spazi aperti, dovel’installazione a muro non è possibile.Il sistema al suolo non fornisce luce diretta sulpavimento, ma solo indiretta data dalla riflessione sullesuperfici circostanti. Anche se le linee luminose sonomolto efficaci per l’orientamento, gli ostacolipotrebbero essere più difficili da vedere a meno chenon ostruiscano la linea stessa.

Scale e altri cambiamenti di livelloScale, gradini singoli e rampe sono le parti delle vie difuga che dovrebbero essere marcate in modoparticolarmente accurato perché sono la parte delpercorso di evacuazione più insidiosa. Sarebbe preferibile avere le tracce luminose su ognigradino delle scale oppure marcare sia la pedata chel’alzata, se questo non è possibile è utile posizionare itracciati almeno sul primo e sull’ultimo gradino. Anche lo zoccolino può essere sottolineato con ilpercorso luminoso (da entrambi i lati se la scala è piùprofonda di 1 m altrimenti da un solo lato).Nel caso in cui nessun apparecchio possa essereapplicato a terra, le battute devono essere almenofortemente contrastate.

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Tracciato del profilo delle uscite di sicurezzaLe uscite di emergenza e le porte intermedie delle viedi fuga dovrebbero avere il profilo sottolineato daltracciato. Questo deve essere visibile da ogni possibileangolo di approccio da almeno 30 metri. I profili dellealtre porte non dovrebbero essere sottolineati.

Segnaletica per uscite di sicurezza e per le vie di fugaI segnali sono richiesti per assicurare che, duranteun’emergenza, le vie di fuga siano chiaramentericonoscibili e possano essere seguite da ogni punto finoad un luogo sicuro. I segnali per le uscite di sicurezza devono essereposizionati sia in alto che in basso. Un segnale in alto(da 2 m a 2,5 m) sarà visibile sopra le teste delle personein assenza di fumo, mentre un segnale basso (fino a 500mm) fornirà una migliore visibilità in caso di incendio. Seil segnale viene installato al centro della porta, comenello scenario dei test, può causare abbagliamento,soprattutto se le sorgenti utilizzate sono LED; per questomotivo questa posizione è sconsigliata.La segnaletica luminosa è utile per gli ipovedenti, sia isegnali retroilluminati che i pittogrammi composti dasorgenti puntiformi sono molto apprezzati. I cartelli devono essere abbastanza grandi da esserericonoscibili ad una distanza ragionevole. Le frecce, peressere visibili da 1 m di distanza, devono essere altealmeno 35 mm, i simboli e i pittogrammi almeno 150 mm.Segnali composti da molte sorgenti possono essere piùdifficili da leggere rispetto agli apparecchi con serigrafiaretroilluminata, ma sono visibili da una distanzamaggiore. I segnali con sorgenti puntiformi progettatiper funzionare a massima intensità in caso di fumopossono essere troppo brillanti in condizioni normali.

Questi segnali possono essere progettati per operare aduna intensità minore in assenza di fumo e a quellamassima in caso di incendio.

I tracciati e i segnali fotoluminescenti testatinell’edificio BRE sono risultati non adeguati per utenticon problemi alla vista ed il loro utilizzo non èconsigliato. Questo perché lo scenario risulta troppobuio, le persone comminano molto più lentamenterispetto agli altri sistemi ed è più facile che perdanol’orientamento.

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6.1.6 Conclusioni sulla sperimentazionecon utenti ipovedenti Le ricerche condotte negli edifici BRE hanno dimostratoche i sistemi wayfinding elettrificati permettono agliutenti (con e senza disabilità) di camminare a velocitàequiparabili o più elevate di quelle ottenute con isistemi di illuminazione a parete tradizionali. Inoltrequesti sistemi offrono una migliore visibilità delpercorso di evacuazione e facilitano l’orientamento.Infatti gli utenti con disabilità visive ritengono che isistemi di illuminazione tradizionali a parete nonpermettano loro di vedere bene dove andare quanto isistemi wayfinding elettrificati: la tabella delle velocitàdesigna O come il quinto sistema più lento (seguito soloda quello fotoluminescente). Questa preferenza non èdirettamente correlata ai livelli di illuminamentoforniti, anche se le normative enfatizzano semprequesto dato.I risultati mostrano quindi che le soluzioni wayfinding,che seguono le raccomandazioni precedentementeesposte, sono preferibili ai sistemi di illuminazione diemergenza a parete che forniscono un illuminamento di1 lux al suolo. La combinazione di un sistema di luci di emergenzatradizionale con un sistema wayfinding di segnaleticaluminosa con sorgenti LED (LO) è da ritenersi lasoluzione più efficace.

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6.2 Lo studio dell’effetto del fumo sullavelocità di camminamento degli utenti Dopo aver condotto le sperimentazioni dei sistemi diilluminazione di emergenza su utenti ipovedenti, ilResearch Group for Inclusive Environment si è occupatodi studiare quali effetti avessero gli ambienti con l’ariasatura di fumo sulle velocità di evacuazione e qualisoluzioni illuminotecniche agevolassero di piùl’orientamento e i movimenti delle persone.

Riportiamo i risultati dei test condotti su 18 volontarisenza disabilità che hanno dovuto percorrere, inpresenza di fumo, la stessa via di fuga fittizia utilizzataprecedentemente. L’illuminazione viene fornita da 6diversi sistemi. Le velocità di evacuazione vengonoanalizzate per mostrare quale soluzione illuminotecnicapermetta alla persone di camminare più velocemente.Sono presi in considerazione 4 sistemi di illuminazionewayfinding, un sistema di illuminazione d’emergenzatradizionale che risponde alle normative e unasoluzione di illuminazione in funzione normalmente.Quest’ultimo esempio è stato analizzato perché èpossibile che le persone debbano lasciare un edificio incaso di incendio senza che l’impianto di emergenzaentri in funzione, quindi con tutte le luci accese.Il fumo viene ottenuto da un fluido a base minerale, èbianco57 e non tossico. La densità ottica media nelcorridoio è di 1,1 m¯¹ e di 1,2 m¯¹ nel pozzo delle scale.Non c’è alcuna variazione significativa della densità delfumo per le diverse tipologie di illuminazione testate.

Il percorso di evacuazione, come nel caso dellasperimentazione con persone ipovedenti, comincia inun ufficio con un’illuminazione di 400 lux: l’utente

deve uscire dalla porta, percorrere un piccolopianerottolo, scendere un piano di scale fino ad uncorridoio composto da due sezioni (una corta di 6 m euna lunga di circa 13 m) che porta all’uscita diemergenza. Lo scenario viene allestito negli edifici BRE.

La velocità di evacuazione dei soggetti viene calcolatagrazie alle riprese compiute con telecamere adimmagini termiche e sensibili ad una bassa intensitàluminosa. Prima dei test viene anche chiesto agli utenti di lasciarecadere un segnalino nel punto del percorso in cuipossono riconoscere i segnali luminosi di uscita diemergenza disposti lungo la via di fuga.Tra una prova e l’altra, l’utente rimane nell’ufficio per10 minuti affinché la pupilla si adatti ad unilluminamento di 400 lux, in questo tempo gli vengonoposte delle domande circa il grado disoddisfazione/difficoltà dei vari sistemi.I 18 soggetti non hanno problemi alla vista, hannoun’età compresa tra i 23 e i 63 anni. Partecipano 11donne e 7 uomini.

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6.2.1 Le tipologie dei sistemi di illuminazione testativedi tabella C in appendice

Illuminazione ordinaria: 9 apparecchi con fluorescenti asoffitto (6 nei corridoi, 2 sulle scale) che forniscono unilluminamento minimo di 166 lux sulla linea centrale delpiano di camminamento; è presente un segnalefluorescente (164x394 mm apparecchio conforme allanorma) montato ad un’altezza di 1,7 m sopra la porta disicurezza e un segnale direzionale (130x430 mm graficaconforme alla norma) illuminato esternamente da 80 luxed installato nella congiunzione tra i due corridoi.

Illuminazione di emergenza tradizionale a parete: 6apparecchi con sorgente fluorescente da 4 watt cheforniscono un illuminamento minimo di 0,7 lux neicorridoi58. Un segnale di uscita con pittogrammaretroilluminato (sorgente fluorescente,164x394 mmapparecchio conforme alla norma) è posto sopra l’uscitadi sicurezza a 1,7 m. L’unico segnale direzionale (149x210mm grafica conforme alla norma) presente non èretroilluminato ma sfrutta una luce incidente di circa 6luxSistema wwaayyffiinnddiinngg elettroluminescente: sistemacomposto da un tracciato elettroluminescente singololargo 24 mm, posizionato ad un’altezza di 1 m dalsuolo. Le porte A,B,C hanno il profilo illuminato dallatraccia elettroluminescente. Il tracciato ha unaluminanza compresa tra 18 e 26 cd/m². Sono presentisegnali tattili direzionali direttamente applicati sullastriscia ogni 260 mm, nell’ufficio c’è un segnale disicurezza elettroluminescente. Sono inoltre presenti 2segnali retroilluminati (uno sulla porta e uno

direzionale) di dimensioni 150x210 mm installati adun’altezza di 1,5 m. L’illuminamento minimo è di 0,25lux nei corridoi.

Sistema wwaayyffiinnddiinngg con incandescenti miniaturizzate:la traccia luminosa è installata su entrambi i lati delcorridoio ad un’altezza di 180 mm (sulle scale sonoinvece al suolo). Il profilo delle porte è illuminato. Lesorgenti utilizzate sono lampade ad incandescenzaminiaturizzate da 100 mcd, distanziate di 100 mm unadall’altra. È presente un unico segnale direzionale(130x430 mm grafica conforme alla norma) illuminatoesternamente da 1 lux ed installato nella congiunzionetra i due corridoi a 1,7 m dal suolo. Sopra la porta disicurezza è montato ad un’altezza di 1,7 m un segnalefluorescente di uscita (164x394 mm apparecchioconforme alla norma). L’illuminamento minimo neicorridoi è di 0,58 lux.

Sistema wwaayyffiinnddiinngg con LED variante 1: sistemacomposto da due tracciati, l’altezza di montaggio aparete è tra i 200 mm e i 240 mm. I tracciati montanoLED da 35 mcd ogni 25 mm che puntano verso il basso eogni 100 mm che puntano verso l’alto. Il profilo dellaporta di emergenza finale è sottolineato dalla traccialuminosa con LED da 35 mcd ogni 50 mm. Lasegnaletica di questo sistema è interamente pittorica, ilsegnale posto sulla porta finale è installato a 1,4 m daterra. Sono presenti 17 frecce direzionali composte daLED alte 50 mm e montate ad un’altezza compresa tra800 e 900 mm. Su ogni pedata dei gradini sonomontati 6 LED da 15 mcd. L’illuminamento minimo neicorridoi è di 0,25 lux

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Sistema wwaayyffiinnddiinngg con LED variante 2: sistemacomposto da due tracciati installati a terra nel corridoioe a parete sulle scale (nello stesso modo di LED variante1). I tracciati montano triplette di LED raggruppati ogni200 mm. Il massimo picco della tripletta è di 140 mcd.Sono presenti 17 frecce direzionali composte da LED alte50 mm e montate ad un’altezza compresa tra 800 e900 mm. Il profilo della porta di emergenza èsottolineato fino all’altezza della maniglia (1230 mm).Qui è anche presente un segnale di uscitaretroilluminato da LED con picco di intensità di 117 mcd.Le lettere sono alte 48 mm con uno spessore di 7 mm.Nel corridoio l’illuminamento minimo è di 0,16 lux,questo perché i tracciati installati al suolo produconoluce verso l’alto per dare l’informazione luminosaall’occhio, ma non illuminano direttamente il suolo.

6.2.2 I risultatiI tempi di percorrenza sono calcolati in 4 sezioni: ilpianerottolo, le scale, il corridoio corto e il corridoiolungo.

Pianerottolo : in questo punto l’utente deve cercarel’inizio delle scale.I due sistemi di illuminazione da parete o da soffittofanno in modo che gli utenti camminino in modomolto più lento rispetto agli altri sistemi wayfinding,soprattutto con LED e con incandescenti.

Scale : i volontari scendono le scale con l’illuminazioneordinaria o di emergenza base in molto più temporispetto a quello impiegato con i sistemi LED oelettroluminescenti

pianerottolo

scale

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Corridoio corto: come negli altri casi i sistemi diemergenza tradizionale e l’illuminazione ordinaria sonoi più lenti rispetto ad entrambi i sistemi LED e allasoluzione con elettroluminescenti. Il sistema LED 1 èparticolarmente efficace. Si può notare che le personecamminino molto più velocemente con sistemi contracciati montati a terra piuttosto che con sistemi aparete che producono al suolo un illuminamento diecivolte più grande.

Corridoio lungo: qui il sistema wayfinding a terra piùlento permette una velocità di camminamento di 0,75m/s mentre il più veloce di quelli a soffitto 0,53 m/s. Un’altro dato interessante è che non esistono particolaridifferenze di velocità per i due sistemi LED testati nelcorridoio lungo: in un caso il tracciato è a 220 mm daterra con un illuminamento minimo di 0,3 lux,nell’altro è sul piano di camminamento e fornisce lametà dei lux del primo sistema. Questa differenza diilluminamento non comporta variazioni di velocità,anche se probabilmente questo risultato è influenzatodal fatto che entrambi i sistemi utilizzino un sistema disegnalazione con frecce LED.

corridoio corto

corridoio lungo

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6.2.3 Conclusioni sulla sperimentazione dei sistemi di illuminazione diemergenza in ambienti con fumoI sistemi di illuminazione di emergenza tradizionale el’illuminazione ordinaria fanno sì che gli utentiimpieghino molto più tempo a percorrere le vie difuga rispetto ai sistemi wayfinding a terra, anche sequesti forniscono un illuminamento al suoloparticolarmente basso. Aumentare i lux a terra non è quindi un buon metodoper incrementare la velocità di camminamento. Infattiquando il fumo viene illuminato dall’alto daapparecchi a soffitto viene impedita la visionedell’ambiente poiché viene notevolmente ridotta ladistanza massima di visione.L’efficacia dei sistemi wayfinding non è solo legataall’illuminamento prodotto, ma è soprattuttocorrelata al fatto che vengono dati all’utente deisuggerimenti visivi continui che sottolineano lastruttura della via di fuga e delle porte di emergenza.Nel caso si utilizzino apparecchi a terra sono quindipiù importanti i valori delle curve fotometriche dellesorgenti, il posizionamento e l’orientamento delflusso luminoso.

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6.3 Lo studio dell’effetto del fumo sulladistanza di riconoscimento dellasegnaleticaQuesto studio riporta i risultati delle sperimentazioni su6 sistemi di illuminazione e segnalazione di emergenzacondotti negli edifici BRE. Lo scopo della ricerca èquello di stimare qual è la distanza massima alla qualesono visibili i componenti dei sistemi wayfinding inpresenza di fumo. Lo scenario che si presenta in caso di incendio vienesimulato con l’utilizzo di filtri metallici a densità neutrache vengono posti di fronte agli occhi dei volontari.Questo metodo elimina le problematiche connesseall’utilizzo di fumo fittizio: è difficile mantenerecostante la densità del fumo e risulta complesso alivello logistico compiere prove a diversa densità ottica. Gli svantaggi connessi con l’utilizzo di questi filtri,invece, sono quelli per cui non è possibile replicare ladiffusione della luce, l’irritazione degli occhi e delle vierespiratorie date dal fumo.Le prove sono state condotte in un corridoio di circa 13,7m. Il volontario, dopo l’adattamento adun’illuminazione di 0,3 lux, deve camminare lungo ilcorridoio guardando attraverso una particolarecombinazione di filtri a densità neutra finché ilcomponente da testare (un segnale luminosodirezionale o di uscita, la traccia di luce montataintorno alle porte, a terra o a parete) diventariconoscibile. Questo intervallo tra il segnale e l’utenteviene annotato in relazione al filtro utilizzato. La distanza alla quale il segnale può essere compreso(riconoscibilità) è più piccola rispetto a quella divisibilità, per la quale l’utente percepisce solo la luce.

Le osservazioni vengono compiute in posizione eretta(altezza degli occhi di circa 1600 mm) e i valori vengonocalcolati come la distanza tra l’occhio e il componente. Questa procedura viene ripetuta per ogni sistemawayfinding utilizzando un intervallo prestabilito didensità ottiche.

6.3.1 Le tipologie di sistema testateA: sistema elettroluminescente con segnaleticainstallata sia al suolo che a parete in alto (altezza delsegnale 150 mm, luminanza media 6 cd/m²); sistema dimarcatura dei profili della porte e tracciato luminoso aterra (traccia continua, larghezza 5 mm, luminanzamedia 5 cd/m²)

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B: sistema con incandescenti miniaturizzate contracciati sui profili delle porte e a terra (distanza tra lesorgenti di 100 mm, intensità media 100 mcd);segnaletica fluorescente retroilluminata (altezza delsegnale 160 mm, luminanza media 935 cd/m²)

C: sistema LED con segnaletica a pittogrammi (altezzadel segnale 80 mm, intensità media 140 mcd); sistemadi marcatura dei profili della porte e tracciato luminosoa parete a 300 mm da terra (traccia sul profilo delleporte con LED ogni 50 mm, a parete ogni 100 mm,intensità media 140 delle sorgenti mcd)

D: sistema LED con segnaletica verticale (larghezza delsegnale 50 mm, intensità media 120 mcd) sistema dimarcatura dei profili della porte e tracciato luminoso aparete a 300 mm dal suolo e a terra composto da triplettedi LED (spazio tra le triplette di 200 mm, intensità media140 mcd)

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E: sistema fotoluminescente con segnaletica conpittogrammi (altezza di 125 mm); tracciato sul profilodelle porte (larghezza tracciato di 50 mm, luminanza di0,042 cd/m² un minuto dopo che è stata tolta la fonteal tungsteno che ha eccitato la strisciafotoluminescente); traccia al suolo (larghezza 100 mm,luminanza 0,017 cd/m²)F: cartello con pittogramma illuminato esternamentedall’illuminazione di emergenza tradizionale

6.3.2 Risultati dei test con l’impiego di filtri a densità neutraLe performance luminose dei componenti sono stateanalizzate in termini di N, il valore della densità neutratotale in relazione alla distanza di visione, V, associatacon la riconoscibilità.L’analisi dei dati ha portato alla formulazione empiricadella seguente equazione:

(1) N = p [log10 V0 - log10 V] m

Dove V0 è la distanza a cui il segnale è visibile inassenza di fumo e senza filtri; p ed m sono costanti.I grafici seguenti mostrano i valori N in ascissa e di V inordinata. Per valori di V fissi, più alta è la curva piùgrande è il valore di oscurazione del filtro (e quindi didensità del fumo) con il quale il segnale risulta ancoravisibile. Il valore V0 è indicato dal valore di V dove la curvaincontra l’asse orizzontale.

I segnali di uscita di sicurezza Il punto di vista dell’osservatore èapprossimativamente perpendicolare al segnale.La performance migliore viene ottenuta con l’utilizzodi segnali di uscita di sicurezza composti da LED; labassa visibilità del segnale con LED verticali è causatadalle dimensioni ridotte (altezza di 50 mm rispetto ai75 mm del primo tipo) e dalla bassa intensità (circa lametà del primo).Il valore dell’indice di visibilità N del segnaleelettroluminescente ad una distanza di 5 m è di circa0,6 volte quello del pittogramma LED, questo valore siriduce a 0,3 volte ad una distanza di 30 m.Le prestazioni della soluzione con sorgentefotoluminescente sono particolarmente inferiori rispettoa quelle dei sistemi elettrificati.La curva del segnale LED verticale montato a terra siferma alla distanza minima alla quale il segnale vienericonosciuto da una posizione eretta.Se le persone si inginocchiassero e camminassero carponii segnali sarebbero visibili da una distanza inferiore, lecurve per i vari sistemi sarebbero quindi diverse.La performance peggiore di questa serie di prove èquella dei cartelli illuminati dall’esterno.

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Tracciati luminosi sui profili delle porteIn questi test il punto di vista del volontario èperpendicolare ai tracciati fino a quando l’utente nonsi trova vicino alla porta.I valori di N sono molto simili per la tripletta di LED eper i profili con incandescenti miniaturizzate, questevengono seguite a poca distanza da i tracciaticomposti da LED da 35 mcd.Il valore dell’indice di visibilità N per il sistemaelettroluminescente è 0,8 volte quello della triplettadi LED per distanze comprese tra 5 e 30 m.

Tracciati luminosi montati a muro e a pareteLa distanza dell’utente dal tracciato sul pianoorizzontale è di 0,5 m.Le curve si fermano al valore della distanza minima diriconoscimento da una posizione eretta: in questopunto se gli utenti guardano al suolo riescono avedere i tracciati, ma questi non sono più visibili se siguarda in avanti.In assenza di fumo la distanza di riconoscimento dellafine dei tracciati è compresa tra 13 e 20 m, questovalore viene influenzato anche dalla prospettiva e dallaristrettezza dell’area di proiezione della luce (infunzione dell’ampiezza di fascio). Le curve mostranopattern più complessi per i tracciati luminosi rispetto aquelli ottenuti dalle prove con i segnali e i profili delleporte, in particolare le curve subiscono bruschicambiamenti per distanze di visione basse a causa siadelle aree di proiezione sia del rapido cambiamentodella distribuzione dell’intensità angolare dellasorgente luminosa.Per distanze di osservazione minori di 8 m il sistemamigliore è quello della tripletta di LED installati a terra,per intervalli maggiori di 8 m il valore di N è più altocon la soluzione ad incandescenti miniaturizzate.

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6.3.3 Risultati dei test con l’impiego di fumo fittizioNel 1994 il Research Group for Inclusive Environmentaveva compiuto degli studi sulla visibilità dei sistemiwayfinding in presenza di fumo simulato59. La proceduraè la stessa delle prove con i filtri a densità neutra.La performance visiva dei componenti era stataanalizzata nei termini del prodotto δV dove δ è ladensità ottica del fumo espressa in m¯¹ e V e ladistanza di visione in m. Il prodotto δV rappresenta laquantità totale di fumo tra l’osservatore e ilcomponente da testare. In questa nuova serie di test sono stati rianalizzati irisultati ottenuti dalla sperimentazione del 1994utilizzando un’equazione diversa che tiene inconsiderazione i dati delle caratteristiche di visibilitàdel sistema nei termini di N. L’effetto della diffusione della luce sulla visibilità deicomponenti è espressa nella relazione empirica:

(2) δV = N - q [log10 V0 - log10 V] n

dove N è il valore ottenuto dalla relazione (1); q ed nsono costanti.Semplificando dalle equazioni (1) e (2) e assumendon=m si ottiene

δV=fNdove f è una costante relativa alla sorgente utilizzata eal tipo di fumo.La presenza dell’effetto di diffusione della luce produceun velo luminoso che riduce il contrasto tra ilcomponente e il background.I valori più bassi di f (f =0,43) sono associati allesorgenti luminose piane.

Valori maggiori sono invece correlati alle sorgentipuntiformi: f =0,5 per le incandescenti miniaturizzate; f=0,55-0,58 per i LED.I risultati qui riportati sono stati ottenuti mantenendospente le luci di emergenza tradizionali, infattiqualsiasi illuminazione dall’alto in caso di incendioridurrebbe notevolmente le distanze di visibilità deisistemi wayfinding60. I grafici seguenti possono essereutilizzati per predire la visibilità dei componenti inpresenza di fumo, nella prova i volontari percorrono uncorridoio di 20 m.

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C: sistema LED f = 0,55 LED da 35 mcd (tracciati sui profili delle porte)f = 0,58 LED (pittogramma)

Prendendo il valore di densità ottica pari a 0,4 m¯¹, ladistanza massima di riconoscibilità per il tracciato LEDinstallato a 300 mm dal suolo è per i successivi 4,5 m.A questa densità ottica il tracciato, percepito da unaposizione eretta, è riconoscibile sul piano orizzontaleper i successivi 4,2 m. Con l’aumentare della densità ottica la riconoscibilitàdel tracciato si riduce: per una densità ottica di 1,8 m¯¹il percorso luminoso non è più visibile.Il segnale e il profilo della porta ad una densità otticadi 0,4 m¯¹ non sono riconoscibili da 20 m: l’utentedeve camminare avanti di 12 m per riconoscere il

segnale di uscita e di circa 14 m per vedere i LED checompongono il profilo della porta. In queste posizionici sarà un gap tra la fine del tracciato a terra (nonvisibile) e il profilo della porta (visibile). Camminandoin avanti di 16 m (cioè ad una distanza di 4 m dallaporta) il tracciato luminoso risulterà continuo.

D: sistema LED a triplettaf = 0,58 LED

La figura mostra che la massima distanza diriconoscibilità per il tracciato a parete e al suolo èrispettivamente di 6 m e di 5,6 m (distanze orizzontalidi circa 5,9 m e di 5,4 m) per densità ottica pari a 0,4m¯¹. L’utente deve camminare in avanti di 13,5 m perriconoscere il segnale di uscita e il profilo della porta.

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B: sistema con incandescentif = 0,5 incandescenti dei tracciati sui profili delle portee a paretef = 0,43 segnale con pittogramma retroilluminato dafluorescente

La figura mostra che la massima distanza diriconoscibilità per il tracciato a parete è di circa 4,8 m(distanza orizzontale di circa 4,5 m) per densità otticapari a 0,4 m¯¹. L’utente deve camminare in avanti di 14 m perriconoscere il profilo della porta e di 15 m per il segnaledi uscita.

A: sistema elettroluminescentef = 0,43 sorgente elettroluminescente

La figura mostra che la massima distanza diriconoscibilità per il tracciato a parete è di circa 4,2 m(distanza orizzontale di circa 3,8 m) per densità otticapari a 0,4 m¯¹.L’utente deve camminare in avanti di 16 m perriconoscere il profilo della porta e il segnale di uscita.

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6.3.4 Conclusioni sulla sperimentazione delle visibilità dei componenti deisistemi wayfinding in ambienti confumoLa combinazione dei tracciati installati a terra o aparete (a 300 mm dal suolo) con i marker dei profilidelle porte, cioè la formazione di un tracciato luminosocontinuo, rende più semplice l’orientamento rispettoall’utilizzo della segnaletica di direzione e delle uscitedi sicurezza. La presenza di apparecchi che emettonoluce dall’alto (ordinari o di emergenza) riduce ilcontrasto e produce una diffusione della luce che nonfacilita l’utente. Infatti i sistemi wayfinding cheutilizzano sorgenti puntiformi con intensità assiale piùgrande di 100 mcd hanno performance di visibilitàmigliori rispetto alle soluzioni di illuminazione dasoffitto o da un’altezza superiore ai 2 m.Quando un sistema wayfinding è installato incombinazione con l’illuminazione di emergenzatradizionale, in caso di incendio il potenziale divisibilità è altamente compromesso, in presenza difumo il sistema wayfinding deve essere l’unico adentrare in funzione.

50 Il progetto Rainbow, per esempio, ha portato adefinire quale sia la differenza limite di luminanzatra più punti di uno spazio per un utente conproblemi alla vista

51 fonte Gerard Honey, Emergency and security lighting,Newnes, 2001

52 Nella trattazione si fa riferimento anche alla ricercacondotta nel 1993 su utenti senza disabilità

53 i bagliori, si è scoperto, aiutano maggiormente inon vedenti nell’orientamento dei segnali acustici

54 edifici interni al campus universitario in cuivengono allestiti tutti i set per le sperimentazioni

55 man mano che l’utente prova le diverse soluzioniimpara il percorso, questo porta ad unabbassamento della velocità di percorrenza

56 dal 1999 secondo la normativa europeal’illuminamento minimo richiesto sulla lineamediana del piano di camminamento è di 1 lux

57 Anche il colore del fumo, che dipende dal tipo dimateriale che sta bruciando, modifica la distanza divisibilità massima: con l’illuminazione ordinariaaccesa il fumo bianco oscura la segnaleticailluminata in modo più accentuato rispetto a quellonero o marrone, se sono in funzione solo i sistemiwayfinding il colore del fumo non è rilevante.

58 dal 1999 secondo la normativa europeal’illuminamento minimo richiesto sulla lineamediana del piano di camminamento è di 1 lux

59 lo stesso utilizzato nei test sulla velocità dievacuazione

60 vedi capitolo 6.2.3

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108

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Poiché è possibile attuare alcune variazioni sullemodalità di segnalazione di emergenza, in base alDecreto Legislativo n° 493 del 199661, viene proposto ilprogetto di un sistema di segnalazione di emergenzawayfinding a terra.Come è già stato sottolineato nel capitolo 2.2.3,paragrafo 4, una fonte luminosa (se progettata perquesto scopo) ha delle proprietà percettive tali daattirare l’attenzione del soggetto in modo involontario.Infatti, secondo gli studi condotti da Gaetano Kanizsanell’ambito della psicologia della Gestalt, le variazionidi contrasto, di intensità luminosa e di colore, ilmovimento e la brillantezza attirano l’interessedell’occhio al di là della volontà dell’individuo.Il filo conduttore del progetto è così quello di utilizzarela luce come il veicolo primario delle informazioni utiliall’utente in caso di emergenza, sfruttando il valoreuniversale di fonte di sicurezza e di medium che essaricopre.Un percorso luminoso continuo nello spazio comunicain modo più diretto della segnaletica di sicurezzatradizionale. Quest’ultima è infatti composta di icone escritte che devono essere elaborate in modo complessoe sono soggette ad interpretazioni diverse rispetto albackground culturale; la guida di luce invece,delineando la struttura dell’ambiente, conduce l’utentepasso passo, facilita l’orientamento e limita l’insorgeredi situazioni di grave stress emotivo. Le sperimentazioni dell’Università di Readingdimostrano che persino gli utenti ipovedentiprediligono questa modalità di segnalazione, è inoltreprovata dai test la maggiore efficacia dei sistemiwayfinding in caso di incendio.

La progettazione di questo nuovo sistema diilluminazione/segnalazione di sicurezza ha la sua basenell’utilizzo del simbolo “freccia“ come l’unico segnoche diriga il flusso verso le uscite di sicurezzapraticabili. Data l’enorme diffusione di questo segnoviene data per assodata la sua comprensibilità.

61 Il Decreto parla del principio di intercambiabilità ecomplementarietà della segnaletica di sicurezza,secondo cui, a parità di efficacia e a condizione chesi provveda ad una azione specifica di informazionee formazione a riguardo, si può decidereliberamente di adottare segnali luminosi o acusticiche agevolino la comprensione del messaggionell’utente.

109

7. IPOTESI PROGETTUALI PER UNNUOVO SISTEMA DIILLUMINAZIONE DI EMERGENZA

“La luce si pone come elemento di guida, orientamento e assistenza, sia nell’ambito domestico che inquello collettivo, oltre a quello eccezionale dello stato di pericolo”.M. Vitta, L’arca n° 166, 2002

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7.1 La frecciaAdrian Frutiger in Segni e simboli inserisce la freccia trai simboli fondamentali nella storia dell’umanità,

insieme con il quadrato, il triangolo, il cerchio e lacroce. L’autore sostiene che la freccia sia uno dei segnipiù antichi perché è associata sia alla sopravvivenza (lacaccia) che alla ferita, questo segno risveglia quindisentimenti di aggressività e allarme, pulsioni primarienell’assetto psicologico dell’uomo. Nella mitologia la freccia ha significati contrastanti,infatti, le divinità greche Apollo e Artemide uccidonocon frecce, mentre Eros scaglia dardi che portanol’amore ai colpiti; il dio indiano della tempesta Rudra,nella sua incarnazione cattiva, colpisce con frecce checausano malattie, mentre, nella sua veste buona oShankara, lancia tiepidi raggi benefici.

Nelle raffigurazioni cristiane le frecce, chesimboleggiano l’amore di dio, trafiggono i santi rapitidall’estasi come Teresa d’Avila e sant’Agostino; sanSebastiano invece viene trafitto dai suoi stessicompagni, pagani, arcieri come lui. Al contrario archi e frecce posti tra le mani di scheletridiventano, come si legge nell’Apocalisse di Giovanni(6,8), i simboli della morte. Questa narrazione vienetraslata nelle immagini delle epidemie, specialmente lapeste, raffigurate come angeli vendicatori saettantifrecce mortifere. La leggenda della freccia, che da sola può esserefacilmente spezzata, ma che insieme a molte altrediventa invulnerabile, simboleggia, e non solo inOccidente ma anche in Cina, la forza dell’unione. Moltipatti, presso i cinesi e gli indiani del Nord America,venivano siglati spezzando una freccia, atto che

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simboleggiava la volontà di pace.

Nell'immaginario moderno, però, la freccia ha assuntoil significato quasi univoco di segnale direzionale.Veicola un messaggio relativo all’orientamento oppure,se punta verso l’interno, alla concentrazione in unpunto (come nel caso del puntatore del mouse). Inoltreha la funzione di indicare con immediatezza, come nelcaso delle lancette, la misura di un valore che varia(bussole, orologi, manometri, tachimetri e strumentivari). È utilizzata anche per raffigurare l’elettricità (datal’immagine simile a quella del fulmine), la riciclabilitàdei materiali ed è anche presente nel simbolo di Marte(traslato il simbolo dell’uomo).

Frutiger analizza anche il significato della freccia inrelazione all’apertura dell’angolo delle braccia:

“Quando due linee oblique si incontrano per formareun angolo, l’immagine di un movimento o di unadirezione viene in qualche modo prodotta. Angoli chepuntano a destra o a sinistra hanno movimenti piùforti di quelli che puntano in alto o in basso, perl’ovvia ragione che i movimenti umani sono perlopiùsul piano. (…) L’immagine dell’angolo come indicatoredi direzione varia notevolmente con la misuradell’angolo. Un angolo maggiore di 45° viene vistopiuttosto come una resistenza contro una forzaapplicata, come in una diga. Un angolo di 45° vienericonosciuto come segno di movimento, ma lento edifficile come uno spazzaneve. A circa 30° l’angolo puòessere messo in relazione ad un aratro. Sotto i 20° circal’angolo diventa una freccia. L’area interna è piccola emeno visibile; la punta aguzza produce una reazione dipericolo, rispetto al quale l’osservatore deve

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proteggersi. Il segno dell’angolo è diventato un’arma.”Generalmente la freccia viene posta in relazionesimbolica anche con messaggi come l’impulso, lavelocità, la minaccia e la tenacia.

Si può constatare il valore simbolico dato alla frecciaanche dallo studio dei logotipi di numeroseorganizzazioni, qui viene associata allo scambio, almovimento, all’analisi, all’efficienza.

Le applicazioni in cui la freccia oggi è più diffusa sonocomunque quelle relative alla segnaletica di pubblicautilità e specificamente a quella stradale e diorientamento in luoghi complessi aperti al pubblico.

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Impiego della freccia nella segnaletica della metropolitana milanese (progetto Bob Noorda) su cartello e sulle obliteratrici

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Impiego della freccia nella segnaletica pedonale di Venezia nella sue varie evoluzioni

La freccia nella segnaletica dell’aeroporto di Parigi (A. Frutiger) e di New York (P. Mijskenaar)

La freccia nella segnaletica degli aeroporti di Milano e Roma (studio Sottsass)

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7.2 Il conceptIl progetto per un nuovo sistema di segnalazione diemergenza consta di una guida luminosa composta dafrecce che indicano la direzione dell’uscita di sicurezzapiù vicina. Poiché sono posizionate lungo il percorso difuga saranno sempre parallele al suolo. In questo modosi elimina la problematica connessa all’utilizzo di freccecon un’inclinazione di 45°, diffuse sulla segnaleticatradizionale, questo orientamento infatti trae moltospesso in inganno l’utente.Il concept del progetto è quello di fornirel’illuminamento adeguato e di esprimere, attraverso laforma della freccia, la direzione verso la quale il flussosi deve dirigere, indicando solo le uscite praticabili.Poiché il percorso di evacuazione è univoco per ognipunto dell’edificio le direzioni che si possono

percorrere sono solamente verso destra o verso sinistra. Si è scelto di utilizzare il segno “freccia” per nonincorrere in alcun tipo di fraintendimento.L’angolo compreso tra il braccio e la parte rettilineadella freccia è di 32°.

La freccia è composta da 32 LED bianchi da 20mA e 3,5 V; i LED nella parte rettilinea sono ad intermittenzae “corrono” nella direzione utile, quelli posizionatisulle braccia della freccia sono invece a luce fissa.Per questioni relative alla tensione di funzionamento(24 V secondo i parametri di sicurezza) i LED adintermittenza sono raggruppati in 3 gruppi da 6 LEDciascuno. I LED sulle braccia sono invece 2 gruppi da 7LED ciascuno.

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Esempio di segnaletica confreccia inclinata a 45°

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All’interno dei gruppi i LED sono collegati in serie, igruppi invece sono collegati tra loro in parallelo.

La sequenza di accensione e spegnimento dei 3 gruppidi LED, posizionati sulla parte rettilinea, avviene circa 3volte per ogni secondo. Nella figura a lato viene simulata l’intermittenza versosinistra, infatti i LED sulle braccia a sinistra sono accesi.

I LED ad intermittenza non sono equidistanti tra loroper evitare l’insorgenza dell’effetto ottico descrittoanche da Kanizsa in Grammatica del vedere, l’autore lopone come esempio per dimostrare l’importanza delfattore vicinanza nella percezione visiva. “Il fattore divicinanza può essere messo in evidenza moltochiaramente impiegando il movimento stroboscopico,cioè quel movimento fenomenico che si ottienepresentando successivamente, a brevissimo intervallodi tempo, due stimoli luminosi immobili in due puntidiversi dello spazio. Se si presentano in un ambientebuio prima i punti A, B, C, D e poi, dopo un brevissimointervallo di oscurità,si accendono i soli punti e, f, g,posti a metà strada tra le posizioni occupate in unprimo tempo dagli altri, alcuni osservatori possonovedere i punti A, B, C spostarsi verso destra e fermarsinei punti e, f, g (il punto D in questo caso si spegnesenza ricomparire), ma altri osservatori possono vedereB, C, D spostarsi verso sinistra per occupare i medesimiposti e, f, g (in questo caso non ricompare il punto A).Tale ambiguità finisce non appena si modifichino leposizioni in cui si accendono e, f, g. Nella disposizionedi figura y il movimento avviene coercitivamente versosinistra e nella situazione di figura z il movimento siattua sempre verso destra. Il fattore che determina inmodo decisivo il verso del movimento è dunque la

lunghezza del percorso.”

È molto importante che non avvengano distorsioninella percezione della direzione del movimento daseguire data la pericolosità della situazione in cuiquesto messaggio deve essere fruito. Limitare il più possibile gli effetti ottici chel’intermittenza può creare è uno dei punti nodali delprogetto.Per questo motivo si è scelto di seguire le indicazioni diKanizsa nella disposizione dei LED.

117

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7.3 Il sistema di controlloIl sistema dei percorsi luminosi di emergenza devecambiare di stato in funzione della calamità e di cosaaccade nell'edificio. Se un'uscita di emergenza vieneostruita ed è quindi impraticabile, la segnalazione deveadeguarsi e mostrare percorsi alternativi, quindi se ilpercorso di evacuazione ordinario indica l’uscita disicurezza più vicina a sinistra ma questa non èutilizzabile, la freccia cambierà verso e segnalerà la viadi fuga a destra.

Questo cambiamento di stato della segnalazione puòavvenire mettendo in comunicazione gli apparecchi diemergenza con gli altri rilevatori già presentinell'edificio:_ rilevatori di gas e fumo (rilevamento incendi e gas

tossici)

_ rilevatori sismici antirapina (rilevamento di crollidovuti ad esplosioni, cedimenti strutturali...)

_ dispositivi sensore presenza acqua (rilevamentoallagamenti).

I rilevatori inviano informazioni anche riguardo alluogo in cui si sta verificando l’emergenza,consequenzialmente possono essere individuate leuscite non più disponibili e il flusso di persone chedevono abbandonare l’edificio può essere ridistribuitograzie alla segnaletica flessibile.

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All'apparecchio confluiscono due circuiti:l'alimentazione elettrica centralizzata e l'alimentazionedi emergenza. Quest'ultima scatta e mette in funzionele luci di segnalazione di percorso se:_ viene rilevata presenza di fumo o gas tossico_ viene rilevata una scossa sismica o un’esplosione_ viene rilevata la rottura di una tubazione dell'acqua_ viene rilevata una caduta di tensione elettrica (come

già avviene nelle lampade di emergenza).

La guida luminosa deve inoltre proseguire ancheall'esterno dell'edificio fino a portare al punto diraccolta designato dal piano di evacuazione (vedicapitolo 4.2, Procedure di evacuazione)

Il sistema può quindi essere schematizzato come nellafigura qui sopra.Il circuito del sistema (schematizzato) è composto da:_ due rilevatori (destro e sinistro) per determinare la

direzione della freccia_ centralina di controllo di tutti i sistemi di rilevamento

dell’edificio (compreso il caso di black out) di tipo RSsequenziale

_ 2 sincronizzatori (destro e sinistro) che dannol’impulso ai moduli secondo la direzione determinatadalla centralina

intermittenza per la parte rettilinea della freccialuci fisse per le braccia della freccia

_ alimentatore integrato nei sincronizzatori contensione a 24 V d.c. stabilizzato (ogni LED è da 3,4-3,6 V d.c.)

_ modulo freccia.

Ogni alimentatore/sincro da 20 W ha potenza per 10moduli, quindi per ogni direzione di marcia,nell’istante e per ogni alimentatore, si avranno:_ parte rettilinea: 6 LED x 10 moduli = 60 LED

simultanei in “movimento” _ braccia della freccia: 7 LED x 10 moduli = 70 LED a luce

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7.4 Il sistema disegnalazione/illuminazioneIl sistema si compone di 3 moduli fondamentali:_ incasso a terra (LED ad intermittenza nella parte

rettilinea) _ battiscopa (LED ad intermittenza nella parte rettilinea) _ lineare (LED a luce fissa)

Queste 3 tipologie di apparecchio sono progettate peressere inserite negli ambienti ad utenza pubblica neiquali è necessaria la segnaletica e l’illuminazione disicurezza: i corridoi, le scale, gli atri e le uscite diemergenza. I luoghi presi in esame per la progettazione di questosistema sono: stazioni, aeroporti, ospedali, ufficipubblici, centri commerciali, musei, biblioteche, scuole,

ambienti di lavoro (soprattutto quelli con più di 100lavoratori), alberghi, impianti sportivi (stadi, piscine…)e luoghi di pubblico spettacolo e di intrattenimento(cinema, teatri, discoteche…). La modalità di scelta e di installazione dei diversimoduli deve essere in funzione delle caratteristichedimensionali dell’ambiente, della tipologia di utenzache lo frequenta e della visibilità dei diversi segnali.Verranno quindi dati dei suggerimenti per ogni macro-ambiente in cui il sistema deve essere impiegato.In generale se un edificio viene progettato ex novo lapossibilità di inserire l’incasso a terra, la metodologiapiù efficace di segnalazione/illuminazione, è piùfacilmente realizzabile; altrimenti il modulo abattiscopa può essere installato in qualsiasi scenario“precostruito” senza che vengano apportatiall’ambiente cambiamenti strutturali.

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Le tipologie di ambiente:- corridoi: Se si tratta di un luogo in fase di progettazione, oppurese sono presenti molti oggetti (vending machines,fotocopiatrici, armadi…) lungo i corridoi è preferibilel’installazione degli apparecchi al suolo. Questi modulicreano un percorso continuo, modalità che facilitamolto l’utente nel seguire la strada per le uscite disicurezza (come sottolineato dagli studi dell’Universitàdi Reading).

Se invece non è possibile, o è troppo oneroso,apportare all’ambiente questi cambiamenti, il moduloa battiscopa può essere inserito in qualsiasi luogosostituendo lo zoccolino tradizionale con gliapparecchi. Se il corridoio è molto ampio questamodalità è comunque preferibile perché l’utente

capisce meglio la struttura dell’edificio e può quindiprendere decisioni di conseguenza.

- scale:Se la scala è progettata secondo le proporzioniarchittettoniche canoniche, il modulo lineare puòessere installato sull’alzata del gradino a circa un terzodell’altezza da terra, oppure sotto la sporgenza delpiano del gradino (nosing).

Se invece la scala è realizzata con materiali particolari,o se non sono state rispettate le proporzioni canoniche,l’installazione sull’alzata potrebbe intralciare ilmovimento dell’utente. In questo caso si consiglia diposizionare il modulo lineare a lato a circa 200 mm daterra, su entrambe le pareti se la scala è chiusa, su unasola se è “aperta”.

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- atrio:In generale l’installazione negli atri dovrebbe avveniresempre a terra, con un unico filare di apparecchi adincasso al suolo se la stanza è piccola o con due sel’ambiente è ampio. Se non fosse possibile modificare i pavimenti o se illuogo fosse spesso soggetto a cambiamenti diallestimento per i quali il percorso al suolo potrebbeessere coperto (come nel caso dei musei o dellediscoteche) l’installazione del modulo a battiscopa ècomunque consigliata. Infatti verrebbe perlomenosottolineata la struttura della stanza.

- uscite di emergenza:Il profilo delle porte di sicurezza deve esseresottolineato dalla linea di luce emessa dal modulolineare, a luce fissa. Il modulo lineare deve essereinstallato in entrambe le direzioni di percorrenza dellaporta ma deve accendersi solo dal lato utile perl'evacuazione.

Il modulo ad incasso a terra, poiché è IP 65 e IP 67, puòessere installato anche in esterni. Può quindi essereimpiegato nelle strade per collegare le uscite disicurezza con il punto di raccolta esterno all’edificio,nelle gallerie e nei tunnel.

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E’ molto importante che l’aspetto estetico degliapparecchi spenti sia il più sobrio e piacevole possibilein modo da avere un impatto leggero sull’ambiente nelquale si interviene. Per questo motivo si è scelto dicolorare la serigrafia del vetro del modulo ad incasso aterra dello stesso colore della pavimentazione.Il modulo a battiscopa e quello lineare sono invecesemplicemente bianco opaco.

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7.5 I componenti del prodotto- incasso a terra (installazione nei corridoi e negli atri)Il modulo a incasso al suolo viene declinato in 4tipologie:

o modulo base con freccia: lunghezza 680 mm,larghezza 120 mm

Grado di protezione IP 65 (sommersione temporanea) eIP 67 (getto d’acqua).Le braccia della freccia sono a luce bianca fissa, vieneaccesa solo la punta della freccia che indica la direzionedi fuga. La parte rettilinea è ad intermittenza e “corre”nella direzione della via di uscita più vicina.

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I componenti di questo modulo sono:Cassaforma in nylon caricato vetro(40%) da cementare a terra pergarantire l’isolamentodell’apparecchio. Spessore 2 mm.

Estruso in alluminio, spessore 2 mm.

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Testata (spessore 5 mm) econtrotestata (spessore 2 mm) inalluminio per garantire una chiusuraermetica del modulo. Le due testatesono inoltre circondate da unaguarnizione in EPDM.

Circuito stampato con 32 LED bianchida 20 mA.

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Vetro temperato di sicurezza dellospessore di 6 mm, resistenza ad unpeso minimo di 500 kg.

Tappo di chiusura per foro cavi inPVC; sistema di aggancio cassaforma-estruso con perno e molla.

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Processi produttiviDopo che è stato estruso il pezzo in alluminio, vienefissata con viti M5 la testata (verde chiaro in figura);questa è necessaria per fornire un piano di appoggioperpendicolare alla direzione di estrusione perprocedere alla vulcanizzazione del vetro all’estruso,processo che mantiene stagno l’internodell’apparecchio. (Per le specifiche sul processo divulcanizzazione vedi pag. 147).Sulla testata ci sono due fori: uno è rettangolare epermetterà l’inserimento del circuito stampato con iLED, l’altro è rotondo e permette il passaggio dei cavida un modulo all’altro. Il circuito stampato può essereinserito solo in seguito alla vulcanizzazione perché nonresiste alle alte temperature che questo processocomporta.

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Una controtestata (verde scuro in figura) viene poiagganciata alla testata con viti M5 per permettere laclassificazione IP 65 e IP 67 del modulo.In seguito, un tappo in PVC (blu in figura) chiuderà ilforo nel quale verrà inserito, al momento dell’installazione, il pressacavo.Ultimate tutte le fasi, l’apparecchio potrà quindi essereinserito a terra nella cassaforma.

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o modulo raccordo: lunghezza 230 mm,larghezza 120 mm

Grado di protezione IP 65 (sommersione temporanea) eIP 67 (getto d’acqua).Questo modulo è utile per fare in modo che il percorsoluminoso sia il più continuo possibile nell’ambiente.Per distanze minori di 210 mm non si è ritenutanecessaria l’installazione di apparecchi di segnalazionee illuminazione.La luce è bianca ed ad intermittenza, questa “corre”nella direzione della via di uscita più vicina.

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La modalità di aggancio dell’apparecchio allacassaforma avviene per mezzo di 4 perni che siincastrano in 4 molle posizionate nella cassaforma. Per l’estrazione del modulo dal suolo è quindinecessaria una ventosa.Per garantire la continuità del percorso a livello visivonon esiste nessuna interruzione tra un modulo el’altro, infatti il vetro temperato termina alla fine dellacassaforma stessa. Nella parte inferiore del vetro è presente una serigrafiadella freccia a due punte. La serigrafia può essere diqualsiasi colore per meglio integrarsi con lapavimentazione.

L’estruso in alluminio crea una cornice laterale intornoal vetro di 4 mm.

Se si vuole inserire il modulo in un ambienteprecostruito, sarà necessario tagliare il pavimento. Se questo dovesse rovinarsi o sbeccarsi nell’operazione(come nel caso delle piastrelle) è possibile utilizzare unestruso di alluminio che sporga di 5 mm sul piano dicalpestio, coprendo così ogni imperfezione.

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o modulo segnaletica: lunghezza 120 mm, larghezza 120 mm

Grado di protezione IP 65 (sommersione temporanea) eIP 67 (getto d’acqua).Il modulo segnaletica viene inserito a terra, con lestesse modalità degli altri apparecchi, incorrispondenza di quelle attrezzature che possonoessere utili in condizioni di emergenza. Nei sistemi di segnalazione e illuminazione diemergenza molto spesso questo tipo di segnaletica nonè luminosa, fattore che rende difficile trovare ciò di cuisia ha bisogno.La luce di questo apparecchio è fissa, sono impiegatiLED rossi per indicare la presenza di attrezzatureantincendio e di telefoni di emergenza; se invecevengono utilizzati LED verdi si vuole segnalare lapresenza di attrezzature di primo soccorso.

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I componenti di questi due modulisono raffigurati nelle figure di questapagina e seguenti. La testata, la controtestata, il sistemadi aggancio e il tappo di chiusurasono comuni al modulo base

Cassaforma in nylon caricato vetro(40%) da cementare a terra pergarantire l’isolamentodell’apparecchio. Spessore 2 mm.

Estruso in alluminio, spessore 2 mm.

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Vetro temperato dello spessore di 6 mm. Le caratteristiche sono lestesse del modulo base, tranne perqunto riguarda il disegno dellaserigrafia.

Circuito stampato con 6 LED bianchiper il modulo raccordo, 8 LED rossi overdi per il modulo segnale, tutti da20 mA.

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o modulo ad angolo: dimensioni 400 x400 mm, larghezza 120 mm

Grado di protezione IP 65 (sommersione temporanea) eIP 67 (getto d’acqua).

Questo modulo è utile per fare in modo che il percorsoluminoso sia il più continuo possibile nell’ambiente.Viene utilizzato per rendere più evidenti i cambiamentidi direzione del percorso.La luce è bianca ed ad intermittenza, questa “corre”nella direzione della via di uscita più vicina.

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I componenti del modulo ad angolosono illustarti in queste figure.Anche questo modulo utilizza alcunidei componenti presenti nel modulobase: la testata, la controtestata, ilsistema di aggancio e il tappo dichiusura.

Cassaforma, le caratteristiche sono lestesse del modulo base.

Estruso, le caratteristiche sono lestesse del modulo base.

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Vetro temperato, le caratteristichesono le stesse del modulo base,tranne per quanto riguarda il disegnodella serigrafia.

Circuito stampato con 20 LED bianchida 20 mA.

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- battiscopa (installazione nei corridoi e negli atri)Il modulo a battiscopa viene declinato in 3 tipologie:

o modulo base: lunghezza 675 mm, altezza 100 mm

Grado di protezione IP 40.

Le braccia della freccia sono a luce bianca fissa, vieneaccesa solo la punta della freccia che indica la direzionedi fuga. La parte rettilinea è ad intermittenza e “corre”nella direzione della via di uscita più vicina.

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I componenti del modulo basebattiscopa sono illustrati nelle figuresegunti.Il circuito stampato con LED è lostesso utilizzato nel modulo base adincasso al suolo (vedi pag. 124).

Estruso in policarbonato, spessore 2 mm.La lunghezza dell’estruso è variabilesecondo le necessità, infatti puòessere tagliato a misura secondo ledimensioni del luogo di installazione,i circuiti stampati vengonosuccessivamente inseriti da un lato.In questo modo l’apparecchiosostituisce completamente lozoccolino di legno; per i raccordinegli angoli l’estruso viene tagliatocon lo stesso procedimento utilizzatoper i battiscopa tradizionali.

Estruso in nylon caricato vetro,spessore 2 mm.Anche l’attacco al muro può essereestruso a misura. Viene fissato allaparete con viti, l’apparecchio inveceviene agganciato come mostrato infigura nella parte superiore edinferiore.

Testata di chiusura in policarbonato,tappo in PVC.

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o modulo raccordo: lunghezza 210 mm, altezza 100 mm

Grado di protezione IP 40

Come nell’apparecchio raccordo ad incasso a terra,questo modulo è utile per fare in modo che il percorsoluminoso sia il più continuo possibile nell’ambiente.La luce è bianca ed ad intermittenza, questa “corre”nella direzione della via di uscita più vicina.

Questo apparecchio sarà utilizzato solo in situazionimolto particolari, infatti in condizione di installazioneordinaria il pezzo in policarbonato verrà estruso amisura e sarà utilizzato solo il circuito stampato con iLED.

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o modulo segnaletica: lunghezza 99,5 mm, altezza 100 mm

Grado di protezione IP 40

Il circuito del modulo segnaletica viene inseritonell’estruso in policarbonato con le stesse modalitàdell’apparecchio a raccordo, in corrispondenza di quelleattrezzature che possono essere utili in condizioni diemergenza.

La luce di questo apparecchio è fissa, sono impiegatiLED rossi per indicare la presenza di attrezzatureantincendio e di telefoni di emergenza; se invecevengono utilizzati LED verdi si vuole segnalare lapresenza di attrezzature di primo soccorso.

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I componenti del modulo raccordo esegnali battiscopa sono illustrati inqueste figure.I circuiti stampati con LED sono glistessi utilizzati nei moduli raccordo esegnali ad incasso al suolo (vedi pag.134). La testata e il tappo sono glistessi impiegati nel modulo base abattiscopa.

Estruso in policarbonato, spessore 2 mm.

Estruso in nylon caricato vetro,spessore 2 mm.

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- lineare (installazione lungo i profili delle porte e sulle scale)Il modulo lineare viene declinato in 2 tipologie:

o modulo base: lunghezza 640 mm, altezza 13 mm

Grado di protezione IP 44

o modulo raccordo: lunghezza 220 mm altezza 13 mm

Grado di protezione IP 44

La luce emessa è bianca e fissa, i LED puntano verso ilbasso. Questo modulo è utile per sottolineare le uscitedi sicurezza e per fornire l’illuminamento necessariosulle scale. L’estruso può essere tagliato (di solito a 45°)a misura per gli angoli delle porte e per l'installazionea lato delle scale.

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I componenti dei due moduli linearisono:Estruso in policarbonato,spessore 2 mm.

Estruso in nylon caricato vetro,spessore 1 mm. Fissabile al muro con viti.

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Circuito stampato da 18 o 6 LED bianchia luce fissa da 20 mA.

Tappo e controtappo di chiusuradell’estruso in PVC.

Anche in questo caso l’estrusioneavviene secondo la misura desiderata, i circuiti stampati vengono infilati dal lato. L’estruso in policarbonato e quello innylon sono uniti attraverso un agganciovisibile nella figura qui a lato.

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7.6 Specifiche tecniche e materiali

I LED impiegati nel progettoI LED utilizzati nell’incasso a terra, nei moduli abattiscopa e negli apparecchi lineari installati lungo iprofili delle porte hanno un angolo di apertura delflusso luminoso maggiore di 60°, in questo modoinfatti si evita l’insorgenza di problematiche connesseall’abbagliamento dell’utente.Tutti i LED utilizzati rientrano nella categoria LASERClasse I secondo le prescrizioni della normainternazionale IEC 60825.

I LED impiegati nel modulo lineare installato sulle scalesono invece a flusso concentrato (angolo di emissione24°), sono infatti direzionati verso il basso in modo danon abbagliare l’utente che sale le scale, mailluminando solamente la pedata del gradino.

Il processo di vulcanizzazioneQuesto processo permette di far aderire il vetrotemprato di copertura all’estruso di alluminio in modoche l’apparecchio sia stagno e quindi non sianonecessarie ulteriori viti e guarnizioni.

Una sottilissima pellicola di PVC di 5 mm di larghezzaviene posizionata lungo l’estruso e la testata creandoun perimetro di adesione tra il vetro e l’alluminio. Inseguito viene applicata la lastra di vetro, il pezzo vieneportato a 130-140°C e viene mantenuto a questatemperatura per 8 ore.Dopo questo trattamento il vetro è perfettamenteincollato all’estruso e consente la tenuta stagnadell’apparecchio.

LEDLED è l’acronimo di Light Emitting Diode (diodoemettitore di luce).Questa sorgente luminosa sfrutta le proprietà ottiche dialcuni materiali semiconduttori per produrre fotoni apartire dalla ricombinazione di coppie elettrone-lacuna. Gli elettroni e le lacune vengono iniettati inuna zona di ricombinazione attraverso due regioni deldiodo drogate con impurità di tipo diverso, e cioè ditipo n per gli elettroni e p per le lacune. Il colore dellaradiazione emessa è definito dalla distanza in energiatra i livelli energetici di elettroni e lacune e corrispondetipicamente al valore della banda proibita delsemiconduttore in questione. I LED sono uno specialetipo di diodi a giunzione P-N, formati da un sottilestrato di materiale semiconduttore drogato. Quandosono sottoposti ad una tensione diretta per ridurre labarriera di potenziale della giunzione, gli elettronidella banda di conduzione del semiconduttore siricombinano con le lacune della banda di valenzarilasciando energia sufficiente da produrre fotoni. Acausa dello spessore ridotto del chip, un ragionevolenumero di questi fotoni può abbandonarlo ed essereemesso come luce. I LED sono formati da GaAs (arseniuro di gallio), GaP(fosfuro di gallio), GaAsP (fosfuro arseniuro di gallio),SiC (carburo di silicio) e GaInN (nitruro di gallio e indio).L'esatta scelta dei semiconduttori determina lalunghezza d'onda dell'emissione di picco dei fotoni,l'efficienza nella conversione elettro-ottica e quindil'intensità luminosa in uscita. In molti casi i LED sono alimentati in corrente continuacon una resistenza in serie Rs per limitare la correntediretta al valore di lavoro, il quale può variare da 5-6mA fino a 30 mA quando molta luce è richiesta.

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Il valore della resistenza in serie Rs è calcolatomediante la legge di Ohm conoscendo la corrente dilavoro richiesta If, la tensione di alimentazione Vs e ladifferenza di potenziale del LED alla corrente di lavorodata, Vf. I LED devono essere fatti operare solo con tensionediretta e non devono essere sottoposti a tensioniinverse che potrebbero danneggiarli. Se un LED vienealimentato in corrente alternata deve essere protettodalla tensione inversa mediante un semplice circuito. Ilmetodo più semplice è quello di usare un diodocollegato in parallelo al LED che limiti tutte le tensioniinverse. Ciò protegge il LED, ma, durante il ciclonegativo della sinusoide, non viene emessa luceriducendone così l'efficienza. Un metodo alternativo,che inoltre mantiene attiva l'uscita luminosa, consistenell'usare un ponte di quattro diodi per assicurare cheuna corrente diretta scorra sempre attraverso il LED. La massima quantità di luce che può essere emessa daun LED è limitata essenzialmente dalla massimacorrente media sopportabile, che è determinata dallamassima potenza dissipabile dal chip. Quando sonorichiesti valori d'uscita più alti normalmente si tende anon usare correnti continue, ma ad usare delle correntipulsanti con duty cycle scelto in maniera opportuna.Ciò permette alla corrente e, di conseguenza, alla lucedi essere notevolmente incrementate, mentre lacorrente media e la potenza dissipata rimangono neilimiti consentiti.

Diversamente da quanto avviene nelle lampade adincandescenza che irradiano uno spettro continuo, unLED emette luce praticamente monocromatica di uncolore specifico in funzione del materiale utilizzato.L'emissione monocromatica genera livelli di saturazione

del colore decisamente più elevati di quelli ottenuticon le sorgenti luminose convenzionali ed assicuracolori particolarmente brillanti.

La diffusione dell'impiego dei LED e dei moduli LED èavvenuta, in un primo momento, soprattuttonell’ambito della segnaletica e delle insegnepubblicitarie, questo fenomeno è determinato dainotevoli vantaggi che queste sorgenti luminose offronorispetto ai neon convenzionali. Per esempio i LED sonopiccoli e compatti, grazie a queste caratteristichepossono essere installati in punti in cui l’utilizzo dialtre sorgenti sarebbe molto difficoltosa. Inoltre, graziealla loro geometria flessibile è possibile utilizzaresorgenti standard al posto di tubi al neon custom, unasoluzione che permette di realizzare risparmi negliacquisti e/o in produzione.Negli ultimi anni si è cominciato ad utilizzare i LEDanche come vere e proprie sorgenti luminose, questo èstato possibile perché l'efficienza è notevolmentemigliorata ed ha già raggiunto livelli di oltre 30 lm/W aseconda del colore.Dato che la tensione di funzionamento dei moduli LEDè 10V (12V) e 24V DC, il loro impiego è regolamentatodalle normative per dispositivi a bassissima tensione.Ciò significa che non è necessario mantenere unadistanza minima tra i moduli e le parti metalliche ed èquindi possibile disporre di maggiore libertà creativanella progettazione.Una delle peculiarità di queste sorgenti è lastraordinaria robustezza: i LED sono prodotti senzaimpiego di filamenti, elettrodi o tubi di vetro, unacaratteristica che riduce i costi di imballaggio ediminuisce drasticamente le possibilità di rotturadurante il trasporto e l'installazione.

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Con una vita utile compresa tra le 50.000 e le 100.000ore (a temperatura di funzionamento ottimale) i moduliLED riducono drasticamente i costi di manutenzionesostitutiva rispetto alle tecnologie convenzionali.Inoltre permettono un notevole risparmio di energia: icosti energetici risultano ridotti poiché l'efficienzainterna è alta e la luce colorata viene generata in mododiretto (efficienza cromatica).

VETROIl vetro è un materiale solido amorfo che si producesolitamente quando un adatto materiale viscoso vienesolidificato rapidamente, in modo tale che non abbia iltempo di formare una regolare struttura cristallina.Comunemente si intende con il termine vetro unospecifico tipo, il vetro siliceo.In forma pura, il vetro è trasparente, relativamenteduro, pressoché inerte dal punto di vista chimico ebiologico e presenta una superficie molto liscia. Questecaratteristiche fanno del vetro un materialeampiamente utilizzato in molti settori, ma nello stessotempo è fragile e tende a rompersi in frammentitaglienti. Questi svantaggi possono essere modificati inparte o interamente con l'aggiunta di altri elementi oper mezzo di trattamenti termici.

Il vetro comune è costituito quasi esclusivamente dabiossido di silicio (SiO2), chiamato anche silice, lostesso componente del quarzo, e dalla sua formapolicristallina, la sabbia. In forma pura, il silice ha unpunto di fusione di circa 2000°C ma spesso durante laproduzione del vetro vengono aggiunte altre sostanzeper abbassare questa temperatura. Una di queste è lasoda (Carbonato di sodio Na2CO3) oppure la potassa(Carbonato di potassio) che abbassano il punto di

fusione a circa 1000°C. Purtroppo la presenza di sodarende il vetro solubile in acqua (caratteristica certo nondesiderabile), per cui viene aggiunta anche calce(Ossido di calcio, CaO) per ripristinare l'insolubilità.

VETRO TEMPRATOIl vetro temprato è ottenuto per indurimento tramitetrattamento termico (tempra). Il pezzo deve esseretagliato alle dimensioni richieste e ogni lavorazione(come levigatura degli spigoli o foratura) deve essereeffettuata prima della tempra.Il vetro è quindi posto su un tavolo a rulli su cui scorreall'interno di un forno che lo riscalda alla temperaturadi tempra di 600°C. Quindi è rapidamente raffreddatoda getti di aria. Questo processo raffredda gli stratisuperficiali causandone l'indurimento, mentre la parteinterna rimane calda più a lungo. Il successivoraffreddamento della parte centrale produce uno sforzodi compressione sulla superficie bilanciato da tensionidistensive nella parte interna. Gli stati di tensionepossono essere visti osservando il vetro in lucepolarizzata.Il vetro temprato è circa sei volte più resistente delvetro float (comune), questo perché i difetti superficialivengono mantenuti chiusi dalle tensioni meccanichecompressive, mentre la parte interna rimane più liberada difetti che possono dare inizio alle crepe.Oltre al trattamento di tempra termica è possibileeffettuare la tempera chimica del vetro. Questa siottiene immergendo i vetri da trattare in un bagno disali fusi di potassio a temperature superiori ai 400°C,producendo uno scambio tra gli ioni di sodio (Na+)presenti sulla superficie del vetro e gli ioni di potassio(K+) contenuti nel sale. Lo scambio di ioni di potassio(K+) con dimensioni superiori, al posto degli ioni di

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sodio (Na+), aventi diametro inferiore, determinal’instaurarsi di sollecitazioni di compressione laddovequesto avviene: sulla superficie e sui bordi della lastra.Queste forze sono compensate da tensioni di trazionepresenti nella parte interna del vetro. Infatti, il vetrotemperato chimicamente ha tensioni superficialisuperiori e tensioni in profondità inferiori, rispetto alvetro temperato termicamente: la tensione superficialeche si ottiene nel caso del vetro temperatochimicamente comporta quindi un notevole aumentodella resistenza a flessione, uno dei requisiti principalidi tale prodotto. Le proprietà di resistenza meccanicaalla flessione di un vetro temperato chimicamente sonosuperiori da circa 5 a 10 volte a quelle di un vetrotemperato termicamente sottoposto a medesima forza.Questo particolare processo produttivo aumenta anchela resistenza agli urti: basti pensare che se un vetrotemperato termicamente ha una resistenza all’urto, consfera di acciaio, superiore di circa due volte quella diun vetro normale, la resistenza di un vetro temperatochimicamente, arriva a superare di ben 5 volte quelladi un vetro normale.Il vetro temperato è spesso impiegato per larealizzazione di elementi senza struttura portante (tuttovetro) come porte in vetro e applicazioni strutturali. Èanche considerato un vetro di sicurezza in quanto, oltreche più robusto, ha la tendenza a rompersi in piccolipezzi smussati, poco pericolosi.

ALLUMINIOL'Alluminio è il terzo elemento più abbondante ediffuso nella crosta terrestre (8%); non si trova allostato elementare e si produce per elettrolisi dallaBauxite (Al2O3). Ha densità 2,71 g/cm3, strutturacristallina a temperatura ambiente, numero atomico 13.La temperatura di fusione è 660°C. Nel loro insieme, le leghe di alluminio offrono unagamma di resistenze meccaniche che va da 60 a 530 N(Newton)/mm2 e cioè da quella del piombo fino allaresistenza dell'acciaio in lega.Un elemento di alluminio può sostituirne uno diacciaio con notevole diminuzione di peso. Mediamentesi può ipotizzare un risparmio di peso pari al 50-60%per profilati aventi le stesse caratteristiche meccanichedi quelli in acciaio.L'utilità di un qualunque metallo è limitata se nonpossiede una certa resistenza alla corrosione. Anche laresistenza alla corrosione è una proprietà relativa;quella dell'alluminio ha dei valori elevati rispetto aquella dell'acciaio a basso tenore di carbonio ed inalcuni casi è superiore anche a quella dell'acciaioinossidabile. Il rame resiste all'attacco di alcuni agentichimici ai quali l'alluminio è sensibile, ma in altri casila resistenza dell'alluminio è superiore a quella delrame. In generale l'alluminio resiste meglio allamaggior parte degli agenti chimici ed è considerato ilmetallo più economico che abbia una elevata resistenzaalla corrosione.Ugualmente le leghe di alluminio mantengono ingenere tale caratteristica in atmosfera industriale erurale, ma solamente le leghe ad alta purezza, o quelleal magnesio od al magnesio-silicio, dimostrano unaelevata resistenza all'atmosfera marina ed all'acquasalata.

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L'alta riflettività favorisce l'impiego dell'alluminio nelsettore dell'illuminazione per la costruzione dei corpiriflettori. Ampio uso viene anche fatto nelle costruzionicivili ed industriali per la sua alta capacità di riflettereil calore ed i raggi infrarossi.La capacità di riflessione dell'alluminio varia secondo lalunghezza d'onda dell'energia e le condizioni dellasuperficie del metallo e passa dal 75% per i raggiultravioletti all'85% per i raggi visibili, fino al 95% peri raggi infrarossi.Per ogni impiego pratico, l'alluminio e le sue leghesono da considerare amagnetici. Sfruttando taleproprietà, venne subito usato per le sale comando dellenavi non portando ad alcuna variazione nella letturadella bussola e nei rilevamenti. In molti settoridell'elettronica vi è una crescente richiesta proprio perquesta sua caratteristica.L'alluminio ed i suoi sali sono completamente atossici.Inoltre, al contrario dei metalli ferrosi, l'alluminio nongenera scintille quando viene strofinato con altrimetalli, per tale motivo viene preferito evidentementenei settori degli infiammabili ed esplosivi.L'alluminio ha una eccellente lavorabilità, ossia le sueproprietà tecnologiche lo rendono particolarmente attoa subire tutti i processi di lavorazione meccanica perl'ottenimento di prodotti trasformati delle più variefogge.Può essere lavorato a caldo od a freddo, può essereestruso e pressofuso in una grande varietà di forme contolleranze minime dimensionali, può essere laminatoin spessori sottilissimi fino a meno di 0,005 mm.Inoltre può essere brasato, saldato od unito con tutti inormali sistemi meccanici.Gli estrusi rappresentano la parte preponderante deisemilavorati ottenibili con l'alluminio, il processo

dell'estrusione in cui il materiale per compressioneviene fatto passare attraverso i fori di una matrice,garantisce una grande libertà progettuale, una notevolerapidità ed economicità di produzione. Nel campo dellestrutture si possono perciò realizzare profili convantaggio ineguagliabile, studiando opportunamente lesezioni, in modo da disporre il metallo nelle zone dimaggior sollecitazione e con forme tali da favorire lesuccessive lavorazioni ed applicazioni di ulterioriaccessori. Proprio per questo il suo uso aumentacostantemente nel campo dell'edilizia industrializzata.L'alluminio è un metallo bianco ed inoltre si presta adessere trattato con una gamma vastissima di finituresuperficiali.Tali trattamenti possono essere chimici, meccanici,galvanici, organici, elettrolitici, di verniciatura, diricopertura con materie plastiche. Nessun altromateriale può essere rifinito con tanti procedimenti edessere ottenuto con aspetti così diversi, tutti di grandeeffetto estetico.Il valore di ricupero o valore di rottame è perl'alluminio molto elevato e questo grazie al fatto dellasua praticamente inesauribile fonte diapprovvigionamento, lo fa preferire nella scelta anchese il costo di produzione iniziale risulta più alto rispettoad altri metalli.

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POLIESTERII poliesteri sono una famiglia molto complessa edifferenziata di resine sintetiche, composta da polimeriin forma di fibre. Si dividono in poliesteritermoindurenti e poliesteri termoplastici. I poliesteriinsaturi sono termoindurenti in forma liquida più omeno viscosa, che induriscono quando vengonocatalizzati. I poliesteri termoplastici principali sono PET (polietilenetereftalato), PC (policarbonato e policarbonatometacrilato), PBT (polibutilene tereftalato), PEN(polietilennaftalato). Vengono utilizzati nell'edilizia,nella nautica, industria automobilistica e dei trasporti.

POLICARBONATOIl policarbonato riunisce in sé le molte buonecaratteristiche dei metalli, del vetro e delle materieplastiche come la resistenza all'urto, la trasparenza, larigidità, la stabilità dimensionale e la elevata resistenzatermica; molteplici sono le possibilità di trasformazionee le lavorazioni.La densità di questo materiale va da1.20 a 1.24 g/cm3, la sua struttura è caratterizzatadall’essere ampiamente amorfo, ha scarsa tendenzaalla cristallizzazione ed non è soggetto ad assorbimentodi acqua.Ha elevata resistenza meccanica e all'urto,una buona stabilità dimensionale e una soddisfacenteresistenza ad usura.Come ogni polimero permette unbuon isolamento elettrico (praticamente indipendentedalla temperatura e umidità dell'ambiente).Ilcoefficiente di dilatazione termica del policarbonato èbasso ed ha elevata resistenza dimensionale al calore(130°C), mentre l’infragilimento della struttura avvienesotto -190°C.È autoestinguente, proprietà migliorabileulteriormente con agenti antifiamma, e noninfiammabile. Con opportuni trattamenti reste agli UV

ed è antigraffio.È possibile saldarlo con il procedimentoad ultrasuoni.Il policarbonato è resistente a: acidiminerali, idrocarburi alifatici, benzina, grassi, oli,acqua (sotto i 60°C), alcoli (no alcol metilico); è inoltresufficientemente resistente alle intemperie. Le soluzionialcaline, l’ammoniaca e gli idrocarburi aromatici,invece, sono corrosivi.È spesso preferito al metacrilato, anche se quest’ultimomateriale è più trasparente, perché rammollisce atemperature relativamente basse ed èinfiammabile.EPDM,

ETILENE PROPILENEL’EPDM (Ethylene Propylene Diene Monomer) è unagomma ad alta densità ed alta resistenza sia a torsioneche trazione, non subisce l’azione corrosiva né degliabrasivi né dei solventi. Quando aderisce ad un altromateriale non permette infiltrazioni di vapori acquei.Inoltre ha un’eccezionale flessibilità sia a temperatureelevate che molto basse, senza che avvengano rilevantitrasformazioni strutturali.Le caratteristiche dell’EPDM hanno reso ottimale il suoimpiego nelle guarnizioni e negli isolanti elettrici (ilprodotto commerciale più noto è l’O-Ring).Il materiale si presenta in teli di spessore variabile inbase al tipo di impiego previsto. Il fissaggio è realizzatocon colle bicomponenti.

POLIAMMIDILe modalità di produzione delle poliammidi sonopressoché similari fra loro: i monomeri allo stato fuso,oppure sciolti in quantità variabili d'acqua, vengonocaricati in autoclave dove avviene la polimerizzazionele cui condizioni operative determinano la differenterealizzazione dei diversi materiali.

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NYLON CARICATO VETRO 40% (PA 6 40GF)L'unico polimero che però ha condizioni direalizzazione vincolate è il PA 6: raggiunto l'equilibrio(90% polimero e 10% monomero) il nylon 6 può esserelavorato dopo un preventivo lavaggio che elimini ilmonomero restante.Il PA 6 è il tipo più economico, di facile lavorabilità, haun punto di fusione di 220°C, possiede ottimaresistenza all'urto specie su pezzi condizionati, è moltopiù morbido del PA 66. Anch'esso è molto usato infilatura.Le poliammidi sono caratterizzate da ottime proprietàmeccaniche, resistenza all'usura, basso coefficiented'attrito, elevato punto di fusione, buona resistenzaall'urto, elevata resistenza alla fatica. Ottima resistenzaanche ai solventi organici (tranne acido formico ed m-cresolo). Facile stampabilità ed ampia gamma dipolimeri colorati. Ottima brillantezza delle superfici. I polimeri rinforzati con vetro sono caratterizzati daelevata rigidità, buona stabilità dimensionale, ottimaresistenza termica fino a 150 °C, buona resistenzaall'usura e basso coefficiente d'attrito.I nylon 66 e 6, che sono i più usati per lo stampaggioad iniezione, possiedono elevato assorbimento d'acquacon conseguenti variazioni dimensionali dei pezzi ediminuzione della rigidità, ciò a vantaggio dellaresistenza all'urto. Le poliammidi, oltre all'additivazione inpolimerizzazione, possono essere colorate, caricate confibre di vetro o, mediante successiva estrusione, conaltre cariche minerali ma in modalità rigorosamentecontrollate per evitare possibili degradazioni. Lepoliammidi possono essere facilmente stampate adiniezione, per soffiaggio e col sistema rotazionaleoppure per estrusione.

I Cicli di stampaggio sono molto rapidi.Per i tipi caricati con vetro, si ha qualche difficoltà infase di stampaggio (occorre aumentare di molto lepressioni e le velocità di iniezione), il ritiro allostampaggio è in funzione della percentuale di caricavetrosa. Il peso specifico è più elevato. Questi polimeri vengono messi in commercio con unapercentuale di umidità <0,2% dunque non necessitanodi pre-essiccamento. Il riciclo del nylon 6 può essere effettuato senzaparticolari problemi e senza drammatiche perdite diproprietà purché le operazioni di lavorazioni allo statofuso vengano effettuate su materiali ben essiccati.In caso contrario, la scissione idrolitica delle catene(depolimerizzazione in presenza di acqua) si sommaalla degradazione termomeccanica provocando unanotevole diminuzione del peso molecolare e quindidella viscosità. In particolare, la diminuzione della viscosità implicache il materiale riciclato non potrebbe esseresottoposto alle stesse operazioni di trasformazioneusate per il polimero vergine. La presenza di piccole quantità di stabilizzante, però,può ancora ridurre gli effetti degradativi dovuti allosforzo termomeccanico durante la lavorazione delmateriale essiccato.La presenza di umidità durante la lavorazione allo statofuso porta a un drastico peggioramento delle proprietàdel materiale. Tuttavia, anche in questo caso, piccolequantità di stabilizzante, aggiunte prima di ognioperazione di trasformazione, possono rallentaresignificativamente i processi degradativi e permettonodi riciclare più volte il nylon ottenendo materieseconde con proprietà meccaniche e lavorabilità similia quelle del materiale vergine.

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7.7 Considerazioni finaliSecondo la normativa vigente il sistema diilluminazione/segnalazione esposto in questa tesi puòessere considerato solamente un’integrazione delsistema di emergenza tradizionale. Se vengono però presi in considerazione i numerosilimiti dell’attuale sistema di segnalazione edilluminazione di emergenza, sia per quanto riguarda lacomprensibilità delle informazioni di percorso da partedi un’utenza più allargata sia per quanto riguarda lavisibilità dell’ambiente e dei segnali in caso diincendio, è auspicabile che nella stesura delle futurenorme si punti l’attenzione non solo sui livelli diilluminamento forniti dai vari apparecchi, ma anchesulla comprensibilità dei messaggi veicolati. È inoltre molto utile che le future sperimentazioniavvengano in condizioni particolari (presenza di gastossici, allagamenti, incendi) e prendano in esameanche le reazioni psicologiche dellutenza che si trova inuna situazione di emergenza, agevolando i comportamenti delle persone che, in condizione digrave stress emotivo, possono avere reazioni anchemolto dissimili dalla norma.

Questo progetto, invece, secondo le indicazioni fornitedall’Università di Reading, accompagna l’utente inmodo continuativo lungo il percorso di evacuazionefino all’uscita di sicurezza, limitando l’insorgenza delpanico. Inoltre, in caso di incendio, risulta molto piùvisibile del sistema di illuminazione di emergenzatradizionale. Ci si augura quindi che negli studi che porteranno allastesura degli aggiornamenti delle norme, questiparametri (comprensibilità e visibilità in tutte lecondizioni possibili) vengano presi più seriamente in

considerazione. In questo modo il progetto potrà essere a tutti glieffetti inserito sul mercato ed entrare in funzioneinsieme al sistema tradizionale o da solo a secondadelle condizioni ambientali.

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Tabella AIlluminazione di sicurezza in ambienti particolari

APPENDICE

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Tabella BSistemi testati con utenti ipovedenti

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Tabella CSistemi testati in presenza di fumo

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Donatella RavizzaProgettare con la luceFranco Angeli, 2001

Silvio de PonteArchitetture di luce Gangemi Editore, 1996

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Gerard HoneyEmergency and security lightingNewnes, 2001

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BRE Information PaperG.M.B. Webber, M.S. Wright, G.K. CookEmergency wayfinding lighting system for visuallyimpaired peopleBRE, 1997

Sicurezza

Adalberto BiasottiLe procedure di emergenza ed evacuazioneEPC Libri, Roma, 1998

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Riviste

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"Otto Neurath e la grafica come linguaggio universale"a cura di Alan Zaruba, Giovanni Anceschi, Daniele TurchiProgetto Grafico n° 2, anno 1, dicembre 2003

“Social Design” a cura di Mauro Bubbico, Andrea Rauch, Gianni SinniDomus n° 869, aprile 2004, pag 148

”Il dibattito pubblico sull’alfabeto per i segnali stradalidi Jock Kinner”Ole LundProgetto Grafico n° 4/5, anno 3, febbraio 2005

” Voi siete qui. Segni di passaggio a confronto. Lasegnaletica negli aeroporti; le riflessioni di PaulMijksenaar e di Mario Milizia”Alessandro CoalizziProgetto Grafico n° 4/5, anno 3, febbraio 2005

Siti web

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