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Page 1: Paola Romano - Equilibri Astrali

Paola Romano“Equilibri astrali”

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Paola RomanoA cura di Nicolina Bianchi

Roma, Complesso Monumentale di S. Andrea al Quirinale, Sale dei Dioscuri

dal 23 marzo al 6 aprile 2012

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Roma, Complesso Monumentale di S. Andrea al Quirinale, Sale dei Dioscuri

dal 23 marzo al 6 aprile 2012

Roma - Via Piacenza, 1

A cura diNicolina Bianchi

TestiMaurizio Fallace

Claudio Strinati

Nicolina Bianchi

Gianluca Ranzi

Vittorio Sgarbi

Marzia Spatafora

Coordinamento artisticoFrancesco Boni

Marzia Spatafora

Progetto GraficoLisa Camporesi

Supervisione editorialeMaria Paola Poponi

FotografieRicci Photo

Ufficio StampaSegni d’Arte - Ages

AllestimentoAntonio Ciccolini

Si ringraziaMaurizio Fallace MIBAC - Direttore Generale per le Biblioteche, gli Istituti Culturali e il Diritto d’Autore

Claudio StrinatiMinistero per i Beni e le Attività Culturali, Storico dell’Arte

Silvio AmelioConsulente Artistico Complesso Monumentale dei Dioscuri, Scultore

Gianluca RanziCritico d’Arte

Nicolina BianchiPresidente Associazione Culturale Segni d’Arte, Editore, Critico d’Arte

Roberto SparaciEditore - ACCA edizioni Roma

Mara FerloniDirettore Agenzia di stampa AGES, Critico d’Arte

Paola Pacchiani

Miria ViciniEditore d’Arte

Marisa MorelloEsperto di formazione d’Arte

Alessia RiccioliPresentatrice e gemmologa

Finito di stampare nel mese di marzo 2012

© Maretti [email protected]

Nessuna parte di questo libro può essere ri-prodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con mezzo elettronico, meccanico o altro senza l’autorizzazione scritta dei proprietari dei di-ritti e dell’autore

ISBN 978-88-89477-46-5

Equilibri

Marzia Spataforaè lieta di invitarLaall’inaugurazione della mostra

DI PAOLA ROMANO

a cura di Claudio Strinati

INTERVERRANNO

Claudio StrinatiFrancesco BoniNicolina BianchiMaurizio Fallace

Complesso Monumentale di S. Andrea al QuirinaleSale dei DioscuriVenerdi 23 Marzo 2012 - Ore 18,00

Roma - Via Piacenza, 1info: 06.47.82.60.87La mostra proseguirà fino al 6 Aprile 2012

DGBIDDIREZIONE GENERALE PER LE BIBLIOTECHE,GLI ISTITUTI CULTURALI E IL DIRITTO D’AUTORE

Invito paola 2012_Layout 1 08/03/12 15.17 Pagina 2

Si ringrazia per la gentile partecipazione

Marzia Spatafora è lieta di invitare la S. V.

venerdì 23 marzo alle ore 18,00

All’inaugurazione della mostra di

Paola Romano“Equilibri astrali”

a cura di Claudio Strinati

Complesso Monumentale di S. Andrea al QuirinaleSale dei Dioscuri

dal 24 marzo al 6 aprile 2012

Roma - Via Piacenza, 1info: 06.47.82.60.87

interverranno: Claudio Strinati Maurizio Fallace Francesco Boni Nicolina Bianchi

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DI PAOLA ROMANO

a cura di Claudio Strinati

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Complesso Monumentale di S. Andrea al QuirinaleSale dei DioscuriVenerdi 23 Marzo 2012 - Ore 18,00

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Marzia Spatafora è lieta di invitare la S. V.

venerdì 23 marzo alle ore 18,00

All’inaugurazione della mostra di

Paola Romano“Equilibri astrali”

a cura di Claudio Strinati

Complesso Monumentale di S. Andrea al QuirinaleSale dei Dioscuri

dal 24 marzo al 6 aprile 2012

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Paola Romano“Equilibri astrali”

a cura di Claudio Strinati

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a cura di Claudio Strinati

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a cura di Claudio Strinati

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Paola Romano“Equilibri astrali”

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Paola Romano“Equilibri astrali”

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MILANO

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Sommario

Presentazione di Maurizio Fallace p. 9Direttore Generale per le Biblioteche, gli Istituti Culturali e il Diritto d’Autore

Equilibri astrali di Claudio Strinati p. 11

Testo del curatore di Nicolina Bianchi p. 17

Dentro la materia per far affiorare la vita p. 19di Gianluca Ranzi

Paesaggio dell’immaginario p. 23

Intervista a Paola Romano p. 59di Marzia Spatafora

Lune p. 63

Dalla personale del Museo p. 81degli Strumenti Musicali, Roma 2006 di Vittorio Sgarbi

Biografia p. 105

Pensieri illuminati p. 107

Equilibri astrali p. 113

Mostre personali p. 123

Mostre collettive p. 125

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La Direzione Generale per le Biblioteche, gli Istituti Culturali e il Diritto d’Autore del Mibac ha il

piacere di ospitare negli spazi espositivi del Complesso dei Dioscuri al Quirinale la importante mostra

dell’artista Paola Romano.

Scultrice e pittrice, ormai giunta alla notorietà internazionale, grazie alla sua sensibilità nell’interpretare

il mistero della natura e il cosmo e al suo pensiero poetico che racconta la Luna attraverso una moderna

contaminazione di elementi materici.

La rassegna personale dell’artista dal titolo “Equilibri Astrali”, raccoglie una importante selezione

della sua più recente produzione e ben si collocano nelle prestigiose sale dello storico Complesso dei

Dioscuri al Quirinale.

E questa connessione tra Storia e Arte, tra prestigio architettonico ed espressione creativa si sviluppa in

un evento di più ampio respiro dove anche la musica e la poesia seguono, sul filo di un legame di alto

profilo culturale, il mirabile fervore creativo di Paola Romano e la realtà artistica contemporanea in una

grande comunicazione di “affinità elettive”.

Maurizio FallaceDirettore Generale per le Biblioteche, gli Istituti Culturali e il Diritto d’Autore

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Paola Romano nel corso degli anni e adesso più che mai ha proceduto a una specie di sistematica ricostruzione visiva di un

suo panorama interiore composto degli stessi elementi della Natura che ci circonda. Le sue opere sono immagini di cielo e

di terra, di sentieri e di stelle, di lune e di passaggi. Un tempo si diceva che l’arte è imitazione della Natura e questa sentenza

antichissima funziona sempre, soprattutto per quegli artisti che sanno bene come il loro lavoro sia, prima di ogni altra cosa,

la fabbricazione. E la Romano è così. Ha un’alta consapevolezza del suo pensiero senza alcuna pretesa di essere una filosofa

dell’arte che ci spiega quale sia la quintessenza delle cose. Ma lo fa in concreto quando crea. Il suo intento è semplice, diretto

e proprio per questo carico di una profonda attitudine a scendere alla radice dei problemi essenziali dell’esistenza. La muove

una volontà ferrea e una urgenza assoluta del fare. C’è in questa artista una emotività evidente che sembra a stento tenuta a

freno. Ma, in realtà, è la sua predisposizione a assecondare gli impulsi più “naturali” e spontanei, così evidenti nei presupposti

necessari della sua arte, che la preserva dalla fretta e dalla difficoltà. In un certo senso è lecito dire che le sue creazioni siano,

appunto, una “imitazione della Natura”. Ma non imitazione perchè l’autrice rappresenta ciò che vede con evidenza mimeti-

ca. Ma per l’esatto opposto, perché crea con la stessa logica che ella ritiene di riscontrare nel suo approccio con la Natura che

ci circonda e ci sovrasta. Tutta la sua arte appare quale atto di amore sviscerato per quella facoltà che è stata data all’essere

umano di poter partecipare, quando ne è in grado ovviamente, al processo creativo della Natura stessa. L’arte è creazione e

lo è per tutti coloro che si chiamano legittimamente artisti. Ma non tutti avvertono questa dimensione della creazione con la

stessa forza, fisica e morale. Va detto allora, esaminando il lavoro anche recentissimo di Paola Romano che questa energia,

fisica e etica al contempo, promana veramente dal suo lavoro. Un tempo tutto ciò si chiamava, semplicemente, “ispirazione”

ma non c’è da vergognarsi a usare un tale termine anche nella attuale temperie artistica. E’ una verità che non verrà mai

meno. L’ispirazione è, in qualche modo, un dono, e c’è o non c’è. Non è possibile ignorare una così elementare osservazione

quando ci si pone di fronte al lavoro d un’artista come la Romano, in cui il flusso inarrestabile dell’ispirazione è il motore pri-

mo di tutto quello che l’autrice affronta, dal primo giorno della sua attività. C’è nella sua opera una sostanziale fiducia nella

possibilità concreta per ognuno di noi, accompagnato dall’artista, di camminare su quelle strade tracciate da una sorta di

volontà superiore, che può essere chiamata il divino o il destino, a seconda della impostazione che ciascuno si reca dentro. Le

Equilibri astraliClaudio Strinati

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immagini, veramente fantastiche e incantate, che l’artista elabora per rappresentare l’amatissima luna già dicono tutto su tale

atteggiamento. Sembra quasi che la Romano si ponga di fronte alla luna con la stessa stupefatta mentalità che ispirò Leopardi

a suo tempo. “Che fai tu luna in cielo”? Così la interrogava il sommo poeta e la Romano sembra interrogarla con la stessa

incrollabile certezza di parlare, in realtà, a se stessi ma specchiandosi su quella remota e pur percepibile terra che sembra

scrutarci da lontano. La contemplazione della luna sembra risalire, per la Romano, alla sua primissima infanzia. Sappiamo

che forse è quella la prima parola, luna, che piccolissima pronunciò dopo aver attraversato uno stato di pena interiore. Quasi

che l’animo, liberatosi da sofferenze terrene, si librasse verso una terra sognata, come racconta l’Ariosto che dice come tutti i

sogni degli uomini vadano lì, sulla luna. E la Romano la sua luna l’ha ricostruita per tutta la vita, rappresentandola con evi-

denza assoluta in certi momenti e come un sogno adorato ma come sfuggente in altri. Ma qui subentra il grande argomento

della “fabbricazione” dell’opera d’arte sempre centrale e cruciale nel lavoro della nostra artista. La concretezza della materia

è tipica della Romano come tutti gli esegeti hanno notato nelle numerose e sempre acute analisi critiche cui i suoi pezzi sono

stati sottoposti. E’ facile trovarla al lavoro coperta di calce e cemento a costruire i suoi oggetti astrali combattendo vittoriosa

con i diversi materiali. “Imita”, insomma, la Natura, o, per meglio dire, la rivive in una continua tensione lirica che conferisce

al suo lavoro globalmente inteso un potente afflato poetico. Sembra che operi per farci sognare, ma per farci sognare a occhi

ben aperti e concentrati sulla esaltazione della materia che la Romano ha imparato a plasmare sia ispirandosi a esperienze

memorabili dell’arte nostra del Novecento (il nome di Burri è stato spesso evocato per certi suoi lavori più antichi) sia ponen-

dosi in una condizione di totale autonomia che la porta, appunto, a calarsi nei panni dell’”indagatore della Natura” volta a

ricostruirne una specie di radice segreta e attingibile solo dall’atto estetico. E così nascono i suoi equilibri stellari, le sue scalate

verso l’alto; così nascono quei grumi di materia che penetrano gli uni dentro gli altri come in una colata lavica. Le osservazioni

della Romano paiono scaturire da esperienze multiple che si sintetizzano magistralmente nella forma raggiunta. Addirittura,

in certe opere si percepisce a volte l’esito di una contemplazione dei movimenti lenti e implacabili di enormi masse di materia

che richiamano alla nostra mente l’ancestrale dottrina della deriva dei continenti, delle terre che si sovrappongono in una

metamorfosi continua. Certo i tempi beati in cui l’essere umano poteva muoversi seguendo soltanto la luce delle stelle e l’an-

damento dei venti e delle maree, sono ormai inattingibili se non nella dimensione della fantasia e della memoria. Ma l’artista

può reimmergersi nel mito di questo fatale andare che obbedisce soltanto alla sollecitazioni delle forze naturali.

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Occorre, però, una grande dottrina e una grande sapienza tecnica per apparire poi spontanei e diretti. La Romano ha in sé

una immediatezza che la rende estremamente interessante e intensamente comunicativa. Forse i tempi dei dibattiti sulla astra-

zione e sulla figurazione, sull’arte concettuale o sull’arte povera, sul recupero della figuratività o sul rilancio delle avanguardie,

sono definitivamente tramontati. Ed è giusto che sia così e da quel tramonto si intravede una luce che sta sorgendo ed è la luce

dell’intramontabile ritorno dell’idea eterna in base a cui l’arte esiste soltanto quando diviene un complemento, desiderato e

essenziale, al ritmo naturale dell’esistenza, quel ritmo che non abbiamo scelto ma che sentiamo intimamente nostro.

Paola Romano, nel suo appassionato lavoro, si muove in questa direzione e le sue immagini sono come tante bussole su cui

l’amante della pittura e della scultura può cercare e verificare il proprio orientamento mentre lo sguardo osserva ammirato la

pregnanza e la bellezza della materia sempre necessaria e mai esornante, scaturita con totale spontaneità e solida elaborazione

da una mente artistica sensibilissima e competente.

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Nicolina Bianchi - Curatore della mostra

Chi sei tu che nel buio della notte osi inciampare nei miei più profondi pensieri?

William Shakespeare

E’ la richiesta alla Luna più probabile anche per Paola Romano, la vera scrittura materica di tutta la sua storia creativa, il

riflesso di un approfondimento concreto in termini squisitamente poetici.

E’ la realtà dei luoghi e delle cose, delle emozioni e degli affetti vissuti o desiderati, è quella realtà che coincide spesso con il

suo immaginario emotivo, come una immensa Luna oltre i limiti del bianco, come una pittura oltre i confini del colore.

Un colore che diventa sviluppo ed evoluzione di fondamentali percorsi espressivi, che è voglia di trascrivere sulla tela un im-

patto concreto con la luce quasi a crearne da subito una nuova natura, forse una originale intuizione di Paola Romano per

affiancare alla stessa materia la sua idea del dipingere.

Lune da inventare che si inabissano nella profondità del blu di oltremare, che emergono nel vigore cromatico del rosso, nella

preziosa sacralità di quel bianco inventato come l’inizio di una nuova e sconosciuta struttura fisica narrata ogni volta in una

sorta di romanticismo materico che aggiunge luce alle forme dei suoi incisi d’oro.

Ma anche stratificazioni da incanalare nei cunicoli delle sue pennellate, nella pittorica corporeità di simboliche architetture,

di un lineare succedersi dei raccordi cromatici come in quegli affreschi da impaginare con impreviste variazioni, o in quelle ri-

petute coniugazioni grafiche del segno, quasi millenarie incisioni rupestri, che si alternano a concitate rarefazioni di bianchi e

di bruni su campiture ruvide di materia. Sabbia, calce, pigmenti che si fanno magma naturale sulla tela, limature di ferro, che

come una pioggia astrale si associano ai codici della sua energia pittorica in una nuova interpretazione dell’entità materica.

Ogni azione è avventura per Paola Romano, è ricerca.

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Ogni azione è atto estetico, gesto, rischio e necessità creativa. Mai ogni azione è per lei un definito approdo. Tutto nella sua

esperienza pittorica si evolve e il sentimento del passato, è recuperato nell’infinito presente creativo e lasciato scivolare nell’e-

stensione dei suoi impasti cromatici, nel fluire del suo tratto, nei labirinti di una sostanza poetica immersa e riemersa dal suo

profondo interiore, sollecitata da quell’io avido di libertà che vive nelle sue opere, dominato dalla necessità di ripetersi e rinno-

varsi senza posa, in un processo determinato da sensazioni ed intuizioni immediate.

In un groviglio di umori, di luci, di silenziosa musicalità dei colori dove spiccano guglie di cattedrali irreali e paesaggi che si

inventano nella traccia opaca di un affresco, o si solidificano, nella coraggiosa tenacia della riscoperta creativa, al di là dell’o-

pera, come in un vuoto cosmico, l’impeto sentimentale di Paola Romano crea e riempie di sé ogni frammento, ogni pausa,

ogni nota enfatica della sua arte.

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Quel che colpisce subito nel lavoro di Paola Romano è il suo trascorrere leggero dalla superficie pittorica alla scultura e

viceversa. Questo passaggio è talmente rapido, in alcuni casi si verrebbe da dire automatico, da assottigliare in gran parte la

distinzione tra i due generi. Questo slittamento continuo tra la linearità bidimensionale della pittura e il corpo volumetrico

della scultura avviene sempre, ed è facile accorgersene, sotto l’egida di un segno-scrittura che sembra affiorare sottotraccia

e bucare l’immagine, come se sollevasse la pelle del quadro, o forasse la corteccia della scultura, premendo al di sotto fino a

fuoriuscirne e proliferare o aprendo l’interno dell’opera allo sguardo dell’osservatore.

Questo sollevamento della pelle dell’opera operato dai solchi automatici e rapidissimi della Romano, fa si che la superficie

lieviti e si sovrapponga, si spezzi e si deformi, si faccia cratere di avvenimenti secondari, eruzione continua di materia organica

che evolve e talvolta si riconduce all’origine attraversando le fasi del suo crescere e disfarsi.

Gli ultimi quadri, giocati su impercettibili differenze di tonalità di bianco, sembrano coagulare sulla superficie un segno arcaico

che talvolta si fa scrittura e plasma nuovi territori sconosciuti. Scrittura e materia infatti hanno qui medesime caratteristiche:

spontaneità, organicità, precarietà, ripetizione, accumulo.

Vengono alla mente quelle poche righe di uno dei primissimi documenti in volgare, un indovinello: “…nigro semen seminaba,

alba pratalia araba..”. E quindi: cos’è che semina un seme nero e ara dei campi bianchi? Ovviamente il segno della scrittura:

l’inchiostro è come un seme nero che verga i campi bianchi delle pagine di carta. Anche il lavoro di Paola Romano accosta

la scrittura e il segno in un risultato che evoca la metafora del campo da arare, o della superficie lunare dove avvengono mille

accadimenti e la materia si fa organo vivo e pulsante. I segni solcano tele e sculture come un aratro dissoda un campo per

essere seminato, ne infioretta la superficie aprendola in centinaia di solchi e di accidenti, o meglio, come dicono i maestri

calligrafi giapponesi, di incidenti controllati. Snodandosi in una dimensione dinamica e aperta il segno fuoriesce dal quadro e

si allaccia all’ambiente ricomponendosi nelle sculture e ultimamente nelle installazioni, che giocano anche con l’impalpabilità

del suono e la smaterializzazione della luce.

Dentro la materia per far affiorare la vitaGianluca Ranzi

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Eppure nelle opere dell’artista il segno si fa scrittura, mai calligrafia, si organizza in catene e spirali che richiamano la struttura

del DNA, il colore diviene emozione e sembra acquistare vita propria: grumoso, organico, elastico e persistente. In definitiva i

lavori di Paola Romano respirano e mutano come un organismo vivente sulla cui pelle sta scritta la propria memoria genetica

e su cui poggia la determinazione del suo futuro.

Questa visione articolata trova nella serie degli ultimi monocromi bianchi, che scaturisce consequenzialmente dalle precedenti

Lune, la sua dichiarazione più esplicita. Sono opere dal contorno geometrico regolare, per lo più rettangolari, al cui interno la

tela si piega in venature, cordonature e evoluzioni che divelgono la struttura chiusa del bordo aprendo l’opera alla possibilità

del divenire. Le pieghe impresse dall’artista sembrano assumere l’accidentalità del caso, richiamano le morfologie naturali

della crosta planetaria e intaccano ogni sviluppo prevedibile descrivendo eccentriche evoluzioni, tragitti grafici che non si

ripetono mai pur essendo dotati di una singolare armonia

Le textures materiche che vibrano nelle sue opere, la pastosità diafana dei bianchi, così come la profondità assorbente del nero,

le trame segniche che si sfaldano o si ricompattano in successione, sono tutti elementi che scandiscono la superficie pittorica in

stratificazioni, campiture, solchi e rigagnoli sovrapposti che creano un gioco di movimento fatto non solo di trapassi cromatici

e luminosi, ma soprattutto di quinte spaziali che a volte si aprono in profondità l’una sull’altra e altre volte sfaldano l’ordito

segnico per annullarsi nel non-finito.

La sua opera, impastata di colore, immagine, scrittura e memoria incarna tutti gli aspetti biologici della visione di un evento

vivente, che l’arte sa preservare e trasmettere nella pienezza della sua vitalità.

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Paesaggi dall’immaginario

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24affresco polimaterico su tela, cm 100x100

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25affresco polimaterico su tela, cm 100x100

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26affresco polimaterico su tela, cm 100x100

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27affresco polimaterico su tela, cm 100x100

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28affresco polimaterico su tela, cm 100x100

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29affresco polimaterico su tela, cm 100x100

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30affresco polimaterico su tela, cm 80x90

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31affresco polimaterico su tela, cm 100x100

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32affresco polimaterico su tela, cm 100x100

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33affresco polimaterico su tela, cm 100x100

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affresco polimaterico su tela, cm 100x70

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affresco polimaterico su tela, cm 100x150

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affresco polimaterico su tela, cm 80x120

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affresco polimaterico su tela, cm 100x150

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affresco polimaterico su tela, cm 100x150

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affresco polimaterico su tela, cm 100x150

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46affresco polimaterico su tela, cm 100x120

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47affresco polimaterico su tela, cm 70x100

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dittico: affresco

polimaterico su tela,

cm 100x200

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50affresco polimaterico su tela, cm 70x100

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51affresco polimaterico su tela, cm 100x120

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52affresco polimaterico su tela, cm 80x120

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53affresco polimaterico su tela, cm 80x120

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affresco polimaterico su tela, cm 80x120

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affresco polimaterico su tela, cm 80x120

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Installazione, 54. Mostra Internazionale d’Arte, la Biennale di Venezia, Padiglione Italia, Arsenale

Luna in plexiglass, polveri, limatura di ferro, cristalli, smalti, Ø cm 250

“La Terra”, smalto su tavola, Ø cm 150

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La luna è il motivo ricorrente delle tue opere, come nasce questa idea?

Sarebbe triste se ogni idea avesse un perché di fondo. Ogni tanto è meraviglioso affidarsi alla spontaneità o addirittura a un percorso

apparentemente casuale che non è altro che un incontro con il tuo subconscio. Capita in certi giorni di aprire gli occhi e di stupirsi, esat-

tamente come fanno i bambini di fronte alle novità.

Dopo magari ci si accorge che sono solamente prese di coscienza diverse di ciò che già si conosce. A quel punto senti nascere all’improv-

viso una sensazione di appartenenza, una sintonia e un’affinità così potenti da apparire come la soluzione ad ogni quesito. Non è un’idea

che sono in grado di spiegare, sinceramente spero che rimarrà anche per me un mistero, una magia.

La luna rappresenta la femminilità, questo aspetto ha condizionato la tua scelta?

La luna mi affascina per il suo essere e per l’immaginario comune che crea. Appare sempre diversa ma alla fine è sempre lei. Esattamente

come l’anima, è in grado di scomparire e apparire in forme e colori diversi, di allontanarsi o avvicinarsi. Rappresenta la coscienza di

ogni individuo e di conseguenza la vita. Una vita fatta di passioni, gioie e dolori che si manifesta sempre in modi diversi, anche se come

sfondo c’è sempre l’uomo. Si va quindi ben oltre il concetto di maschile e femminile dato che alla fine entrambi convergono in qualcosa

di più assoluto e universale.

La tua arte si muove tra pittura e scultura, cosa pensi che ti rappresenti di più?

Pittura e scultura sono strumenti e linguaggi diversi, utili per rappresentare una stessa realtà che, nel mio caso, è un sentimento che non

saprei esprimere in altro modo. È come la differenza tra un ritratto fotografico e uno dipinto: mezzi diversi, punti di osservazione diversi

di uno stesso oggetto. Esistono così tanti linguaggi nell’arte che l’unica cosa che so è che non vedo l’ora di impararne sempre di nuovi

perché ciò che più mi rappresenta è il desiderio di poter rendere tangibile un’esperienza emotiva e vorrei farlo con tutti gli strumenti che

l’arte mette a disposizione.

Intervista a Paola RomanoMarzia Spatafora

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Le tue opere hanno una consistenza materica, misteriosa e affascinante. Ci vuoi rivelare il tuo segreto?

Non posso. Non perché voglio tenerlo per me ma perché lo sto ancora cercando dentro di me. Il vero segreto è quello di non cercare

spiegazioni a tutti e costi. Molto meglio investire le nostre energie per trovare la forza di saper vivere ogni sensazione in modo naturale,

istintivo. In fondo tutto l’esistente si carica di senso solo nel momento in cui lo accettiamo per quello che è.

Il segreto. Forse, non c’è, forse è solo tutto scritto e a noi non resta che imparare a leggere.

Sei stata scelta per partecipare alla Biennale da un grande personaggio della cultura italiana come il Prof. Giovanni Puglisi, come te lo spieghi?

Non me lo spiego. Per me è stato una vera sorpresa, un vero onore. Ha visto le mie opere qualche anno fa a Palermo durante l’esposizione

di Palazzo Ziino. Chissà quanti altri artisti avrà conosciuto nel frattempo, eppure lui si è ricordato di me e mi ha scelta per la Biennale.

Ancora mi emoziono al solo pensiero. Non ho spiegazioni da poter offrire, solo un ringraziamento sincero.

Tu sei una persona molto sensibile ed emotiva, cosa provi ad essere presente a Venezia alla Biennale?

Davvero sono alla Biennale di Venezia? Non era quindi un meraviglioso sogno, è proprio vero allora!

All’Arsenale hai portato un’installazione di grandi dimensioni, addirittura si può entrare dentro la tua luna: hai pensato di far partecipare pure il pubblico alla

tua gioia?

La gioia diventa tale solo nel momento in cui hai qualcuno con cui condividerla. Si può entrare dentro la luna ma non si tratta né di un

giro turistico né di un parco giochi: è piuttosto l’opportunità di rendersi conto di come possa essere percepita la nostra realtà rovesciando

le prospettive. Un invito a comprendere come il nostro Io possa diventare sia uno che molteplice: per farlo basta solo frantumare l’idea

del nostro apparire perché mai corrisponderà alla percezione che l’altro ha sul Sé.

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Lune

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64smalti, sabbie, metalli e cristalli su tavola, ø cm 100

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65smalti, sabbie, metalli e cristalli su tavola, ø cm 100

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66smalti, sabbie, metalli e cristalli su tavola, ø cm 100

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67smalti, sabbie, metalli e cristalli su tavola, ø cm 120

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68smalti, sabbie, metalli e cristalli su tavola, ø cm 120

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69smalti, sabbie, metalli e cristalli su tavola, ø cm 80

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70smalti, sabbie, metalli e cristalli su tavola, ø cm 120

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71smalti, sabbie, metalli e cristalli su tavola, ø cm 120

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72smalti, sabbie, metalli e cristalli su tavola, ø cm 80

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73smalti, sabbie, metalli e cristalli su tavola, ø cm 80

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74smalti, sabbie, metalli e cristalli su tavola, ø cm 100

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75smalti, sabbie, metalli e cristalli su tavola, ø cm 80

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76smalti, sabbie, metalli e cristalli su tavola, ø cm 100

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77smalti, sabbie, metalli e cristalli su tavola, ø cm 100

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79smalti, sabbie, metalli e cristalli su tavola, ø cm 100

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80smalti, sabbie, metalli e cristalli su tavola, ø cm 120

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C’è una matrice prevalente nell’ultima produzione artistica di Paola Romano, una matrice che è stata definita di “arte concet-

tuale”, in termini che possono essere corretti dal punto di vista etimologico, certamente meno se riferiti al lessico della critica

d’arte così come storicamente si è codificato fino ai nostri giorni. Nel suo celebre “Ultime tendenze dell’arte d’oggi”, edizione

1984, Gillo Dorfles dice che per “concettuale” dobbiamo intendere un’arte “basata sopra un ritorno all’elemento conoscitivo,

ideologico, gnoseologico, come base dell’opera o dell’operazione artistica, e come tale è spesso an-oggettuale, ossia rifiuta la

riduzione a oggetto mercificabile.” Già da questa prima definizione, si capisce che essa sarebbe difficilmente applicabile agli

ultimi lavori della Romano, che sono fortemente “oggettuali” – sono sintesi di forma, materia, gesto – e implicano per essi una

percezione sensoriale e intellettuale strettamente determinata dalla natura fisica delle opere, autonoma da qualsiasi “elemento

conoscitivo, ideologico, gnoseologico” che a essa volesse sovrapporsi. Se comunque le parole di Dorfles non ci risultassero an-

cora risolutive, e potrebbe esserlo se non si avesse in mente come gli artisti abbiano messo in pratica la nozione generale da lui

desunta nella definizione appena riferita, pensiamo a come agivano alcuni dei più rappresentativi artisti “concettuali”. Pen-

siamo, per esempio, a Joseph Kosuth, forse l’artista che con più proprietà di qualunque altro è stato ritenuto “concettuale”.

Cosa proponeva Kosuth? Di fare un’ “investigazione”, come la chiamava, che superasse la tradizionale necessità per la quale

l’arte doveva darsi come un fatto estetico. L’arte, per Kosuth, è riflessione mentale, un’informazione su cui meditare, da offrire

al pubblico senza ricorrere a una forma ricercata. L’arte deve essere un linguaggio puro nel quale contano solo i meccanismi

comunicativi che vengono attivati e la sostanza di ciò che si afferma, non il modo più o meno bello in cui ci si esprime. Così al-

cune delle opere più note di Kosuth sono costituite da una sedia, una sua fotografia e una sua definizione tratta dal dizionario,

oppure da scritte estratte dai testi di Freud. Niente dipinti, niente oggetti che valgono per sé stessi, solo pretesti che rimandano

a riflessioni a priori. Se l’americano Kosuth è considerato il massimo esponente del Concettualismo puro, il tedesco Joseph

Beuys lo è per un versante più implicato con l’oggettualità dell’arte, ma sempre in un modo che rifiuta il ricorso al tradizio-

nale quadro da cavalletto. Beuys si esprimeva attraverso oggetti di ready made, poveri, consumati, deteriorabili (il burro, per

esempio), ricavati dalle abitudini materiali di tutti i giorni. Beuys si esprimeva anche attraverso performance, happenings, esi-

Vittorio Sgarbi

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bizioni del proprio corpo e di quello altrui con i quali intendeva comunicare messaggi di valore extra-artistico, riguardanti la

politica, l’ecologia, il bisogno di contrapporre la componente spirituale dell’uomo alla mercificazione del sistema capitalistico.

Cosa ha a che fare l’arte più recente di Paola Romano con il Concettualismo di Kosuth o di Beuys? Niente, direi, e per fortu-

na. E’ evidente che quando per essa si usa il termine “concettuale” lo si intende alla lettera (“arte che non vuole rappresentare

cose già esistenti, ma esprimere concetti”), avvicinandosi a significati che in altro modo potrebbero essere sfiorati da defini-

zioni come “arte anti-mimetica” – dove la mimèsis è ovviamente la classica imitazione della natura – o “arte astratta”. Direi,

anzi, che rispetto alla direzione storica del Concettualismo, segnata da esperienze fondamentali come quelle di Kosuth e di

Beuys, quello della Romano sia paradossalmente un “anti-Concettualismo”. Nel senso che propone una rinnovata idea del

Concettualismo, impossessandosi perfino della sua terminologia, come se avesse constatato il sostanziale fallimento di quello

an-ogettuale, anti-estetico, anti-mercificante dei tempi di Kosuth e Beuys. La teoria di quel Concettualismo è rimasta bella

e suggestiva, per quanto massimalista e tirannica nel sostenere la morte dell’arte così come è stata intesa da tremila anni a

questa parte, ma gli effetti previsti dalle sue operazioni sono stati totalmente vanificati. Kosuth e Beuys sono diventati feno-

meni del mercato artistico, ultrapagati; le loro opere, o anche le semplici documentazioni fotografiche di certe performance,

che dovevano negare l’esteticità dell’arte, sono diventati feticci ammiratissimi, guardati nei musei pubblici e nelle collezioni

private come se fossero la Gioconda. Il mercato ha vinto sulla rivoluzione, in fondo con buona soddisfazione anche di Kosuth

e Beuys che si sono presto piegati alle sue lusinghe. Ha vinto una concezione dell’arte, borghese quanto si voglia, per la quale

gli uomini attribuiscono al gusto estetico un’importanza notevolissima nei loro costumi e intendono ancora riconoscerlo in

oggetti particolari, finalizzati a scopi estetici, segnati come un’impronta dallo spirito di chi li ha creati.

Se è questo è stato l’esito della battaglia, ha ragione Paola Romano a proporre un “Neo-Concettualismo” che recuperi

il piacere di ciò che il Concettualismo storico voleva negare. Ritornando, per prima cosa, all’arte come “oggettivazione”

necessaria, espressione individuale che può stabilire una comunicazione di idee e di sentimenti solo se si materializza in

qualcosa di facilmente inquadrabile dai nostri sensi, gli occhi in primo luogo, ma anche gli altri che possano concorrere alla

determinazione di una percezione sinestetica, come il tatto. Molte opere della Romano chiederebbero di essere toccate come

fossero scritte in codice Braille, perché il passaggio dei polpastrelli lungo certe rugosità a intervalli variati o regolari, lungo

certi improvvisi accumuli o diradamenti di materia, aggiungerebbe sensazioni emotive che completerebbero quelle avvertite

dagli occhi, arricchendole notevolmente. Potrebbe perfino permettersi di capovolgere i tradizionali termini con cui le pitture

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vengono percepite dai sensi, Paola Romano, proponendo che certi suoi dipinti venissero prima toccati e poi visti, aumentando

progressivamente l’intensità della luce nel luogo dove fossero esposti. Sarebbe interessante verificare le reazioni di chi perce-

pisce le opere in questo modo, e quanto queste reazioni si differenzino da quelle derivate dalla semplice visione a luce piena.

Al di là di questo possibile esperimento, è chiaro che l’arte della Romano abbia sorvolato l’abituale divisione disciplinare fra

pittura e scultura, ma non certo secondo l’indirizzo rivoluzionario promosso dal primo Concettualismo. Lo ha fatto, semmai,

ricorrendo alla lezione delle esperienze storiche che dal punto di vista filologico sono certamente le più adatte a ricostruire

la sua matrice ispirativa, l’Astrattismo e soprattutto l’Informale. Proprio all’Informale, rivissuto dalla Romano in un modo

comunque assai personale, con la forza proveniente da una disposizione intimistica che all’imitazione e al riferimento colto

preferisce la freschezza della propria immaginazione, farei risalire la coscienza con cui l’artista trova nella fisicità del gesto

pittorico il livello attraverso cui far giungere a sintesi gli elementi fondamentali della sua arte: la materia, il colore e il segno.

Tutto si offre come una meditata combinazione alchemica, come flusso variabilissimo nelle sue possibili manifestazioni, ma

sempre facendo affidamento a una concezione spirituale, forse spiritualistica dell’espressione artistica. Perché l’arte non è solo

il modo con cui l’anima di un’artista cerca di comunicare le proprie sensazioni a altre anime, anche le più sottili e inesprimi-

bili, anche le più sconosciute a sé stessi, ma è anche il modo con cui esse, a loro volta, riconoscono di far parte di una grande

anima mundi, contenente tutta l’energia spirituale disponibile nell’universo. Un mare in cui, ricordando Leopardi, è dolce

naufragare, quando si ha la possibilità di farlo.

Dalla Personale del Museo degli Strumenti Musicali, Roma 2006

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84smalti, sabbie, metalli e cristalli su tavola, ø cm 80

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85smalti, sabbie, metalli e cristalli su tavola, ø cm 100

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86smalti, sabbie, metalli e cristalli su tavola, ø cm 100

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93smalti, sabbie, metalli e cristalli su tavola, ø cm 100

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94smalti, sabbie, metalli e cristalli su tavola, ø cm 100

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95smalti, sabbie, metalli e cristalli su tavola, ø cm 80

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96smalti, sabbie, metalli e cristalli su tavola, ø cm 80

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99smalti, sabbie, metalli e cristalli su tavola, ø cm 60

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100smalti, sabbie, metalli e cristalli su tavola, ø cm 60

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Paola Romano nasce a Monterotondo il 17 Settembre del 1950. Pittrice e scultrice si forma a Roma, dove vive e lavora. Dopo

gi studi Al Rufa, Accademia di Belle Arti di Roma, negli anni ‘90 segue una propria ricerca sulla figurazione gestuale. Conclu-

sa da diversi anni la stagione di ricerca figurativa, l’artista attraversa un periodo strettamente aniconico per approdare, intor-

no al 2000, ad una pittura di matrice informale dominata dall’utilizzo della materia, che si lascia maneggiare fino a fondersi,

offrendo sensazioni tattili quasi tridimensionali. La tela è quindi il campo in cui si consuma l’incontro-scontro tra la materia,

il bianco e il nero, il rosso e l’oro. E’ il teatro di un contrasto. Nelle opere della Romano ogni elemento nasce da una sorta di

processo di sedimentazione del pigmento e degli altri materiali utilizzati. Paola Romano espone in numerose collettive con

un grande consenso. A partire dal 2004, con una serie di mostre personali, si afferma in maniera prorompente nel panorama

artistico italiano ed internazionale. Oggi le sue opere sono presenti in importanti collezioni pubbliche e private (alcune tra le

sue opere sono esposte stabilmente presso la Fondazione Magna Carta e le Sale Urbaniane della Città del Vaticano) e sono

sempre più richierste da istituzioni museali europee ed internazionali. Negli ultimi anni Paola Romano ha ricevuto numerosi

riconoscimenti, tra cui il “Premio internazionale Arcaista” (Taequinia, 2007), “Approdi d’autore” (Ischia 2007), “Premio

Roma 2009”. In un unico giorno le 35 tele-sculture dell’artista sono state esposte presso la Pontificia Università Urbaniana.

L’artista, ha già esposto presso il Museo degli Strumenti Musicali di Roma, riscuotendo un grande successo di critica. Ha in

agenda diverse mostre personali in Italia e all’estero. Ad Hong Kong ha esposto le proprie opere presso il “Cultural Center”

Teatro dell’Opera nell’ambito di una manifestazione organizzata per valorizzare il talento italiano. In tale occasione è stata

rappresentata l’“Aida” di Giuseppe Verdi: una prova, quindi di come l’opera della Romano sia stata considerata rappresenta-

tiva dell’arte italiana contemporanea. Quattro tele sono state richieste da Pupi Avati per il film “La cena per farli conoscere”.

“La prima cosa che colpisce della tecnica di Paola Romano - sostiene Giuseppe Di Giacomo, docente di Estetica presso la

Facoltà di Filosofia dell’Università La Sapienza di Roma - è la commistione di colore e materia: si tratta infatti di una pittura

materica che si serve di un’eterogeneità di materiali. L’artista predilige gli smalti mescolati con sabbia e metalli e i colori bian-

co, nero, giallo e rosso: insomma per la Romano dipingere significa entrare nella materia e nel colore esplorandone tutte le

possibilità e dando vita al suo obiettivo dichiarato, il movimento”. Si tratta di un’arte informale che antepone all’esigenza di

estenare un’immagine quella di comunicare la difficoltà del vivere umano, la mancanza di certezze, il desiderio di spiegazioni

più profonde. Tutto ciò, unito ad un forte impatto visivo, rende le tele della Romano non solo suggestive ma anche concettuali.

Biografia

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Pensieri illuminati

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108sculture luminose in plexiglass, cm 195

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110sculture luminose in plexiglass, cm 180

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Equilibri astrali

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scultura in bronzo dorato cm 30x30x30

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116scultura in bronzo dorato ø cm 30

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117scultura in bronzo dorato ø cm 25

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118scultura in bronzo dorato ø cm 40

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119scultura in bronzo dorato ø cm 40

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scultura in bronzo dorato ø cm 40

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121scultura in bronzo dorato ø cm 30

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2012 Equilibri astrali, Roma - Complesso Monumentale

di S. Andrea al Quirinale, Sale dei Dioscuri

2011 Biennale di Venezia - Padiglione Italia

2010 Plenilunio fantastico, Brescia - Arttime

2009 Plenilunio fantastico, Palermo - Palazzo Ziino

Nove lune Novilunio, Roma - Bloomsbury Auction

Plenilunio fantastico, Cherasco - Palazzo Salmatoris

2008 Quarta fase emozioni plastiche, Napoli

Castel dell’Ovo

Quarta fase emozioni plastiche, Roma

Museo degli Strumenti Musicali

Universi plastici, Tarquinia - Palazzo comunale

Universi plastici, Roma - Galleria l’Indicatore

Vitarte, Viterbo

2007 Ricci Ensemble, Roma - Palazzo Donarelli

Bari - Spazio Nessun dorma

Vitarte, Viterbo

Emozioni plastiche, Hong kong - Cultural center

Dal cosmo al caos, Roma - Palazzo Taverna

Dal cosmo al caos, Città del Vaticano

Pontificia Università Urbaniana

Esperienze estetiche, Roma - Galleria dei leoni

2006 Opere, Monterotondo - Palazzo Orsini

Esperienze estetiche, Roma - Museo Nazionale

degli Strumenti Musicali

Vitarte, Viterbo

2005 Roma - Galleria dei leoni

2004 Roma - Galleria dei leoni

Roma - Galleria Lancellotti

2003 Roma - Galleria Lancellotti

2002 Roma - Galleria Lancellotti

2001 Roma - Galleria Lancellotti

2000 Roma - Galleria Lancellotti

Mostre Personali

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2008 Confronti, Catania - Sala del Palazzo Comunale

Natale 1223, Isernia - Galleria Comunale

Castelpizzuto

Le donne in pittura, Roma - Galleria l’Indicatore

Confinamenti, Roma - Castel Sant’Angelo

2007 Legami e legami, Savona - Castel Cambiaso

Ischia - Palazzo Comunale

Natività, Roma - Museo Venanzio Crocetti

Tarquinia - Palazzo Comunale

2006 Spoleto - Festival dei Due Mondi

Natività, Roma - Museo Venanzio Crocetti

Roma - Torretta Valadier

2005 Spoleto - Festival dei Due Mondi

Natività, Roma - Museo Venanzio Crocetti

Roma - Torretta Valadier

2004 Roma - Torretta Valadier

Spoleto - Festival dei Due Mondi

Natività, Roma - Museo Venanzio Crocetti

2003 Roma - Torretta Valadier

Spoleto - Festival dei Due Mondi

Natività, Roma - Museo Venanzio Crocetti

Collezioni permanentiCittà del Vaticano

Sale Urbaniane - Musei Vaticani

Roma - Fondazione Magna Carta

Mostre Collettive

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