Quando le Coste Mediterranee Parlavano in una Lingua
By Erdin Guma Faculty Advisor: Prof. Lucia Guzzi Harrison OSCAR Fall2001
Indice
I. Dei e Dee
II. Cibi e Bevande
III. Il Simbolo del Leone
IV. Miti di Creativita
V. Eroi- Parallelismi
Dei e dee
Una delle simbiosi piu interesanti dei personagi mitologici si trova nelle storie
mitiche di Demetra e Kore, che si rivelano in Sicilia e in Grecia. La presenza dei
«mysteria» in Sicilia è largamente attestata dalle fonti e dal mito. Il passaggio dalla sfera
mitica al rito si applica in modo esemplare proprio nell’isola, quanda si parla di Demetra
e Kore, le due divinità note per i misteri eleusini. È universalmente riconosciuto che
l’istituzione dei «mysteria» si identifica con il famoso Inno a Demetra attributo ad
Omero.
Chi era Demtera e K
prima generazione d
sorelle Era ed Estia
madre ed anche di G
rappresentava l'elem
divinità della terra c
civiltà, Demetra det
leggi. Nel doppio as
Demetra Figlia di Crono e di Rea e quindi sorella di Zeus, è nella mitologia greca la dea delle piante e dei cereali, patrona della fertilità del suolo e della fecondità femminile. Ebbe due figli: Persefone dal fratello Zeus e Pluto (dio delle ricchezze) dal mortale Iasione. Oltre questi ebbe anche il cavallo Arione dal fratello Poseidone. Nella mitologia latina è identificata con Cerere, dea della vegetazione e delle biade il cui culto veniva festeggiato nelle feste cosiddette "cerialia" dove venivano sacrificate delle scrofe, a lei sacre e si offrivano le primiziedei campi.
ore? Nota presso i Romani col nome di Cerere, apparteneva alla
ivina degli dei Olimpi, come i fratelli Zeus, Ade e Poseidone e le
. Era quindi figlia di Crono, che la inghiottì, e di Rea. Alter-ego della
ea, era, come loro, venerata come Madre Terra; ma mentre Gea
ento primordiale e Rea la potenza generatrice, Demetra era la
oltivata, la dea del grano. Con il dono dell'agricoltura, fondamento di
te agli uomini anche le regole del vivere civile e, di conseguenza, le
petto di Rea/Demetra, le storie orfiche accennano al suo
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congiungimento con Zeus dal quale sarebbe nata Kore o Persefone,
l'unica figlia di Demetra secondo la tradizione classica. Nella
leggenda, come nel culto, Demetra era strettamente legata alla figlia
Persefone che fu rapita da Ade. Nella disperata ricerca della figlia, la
dea abbandonò l'Olimpo e rinunciò alle sue funzioni divine, tanto che
la terra deperì e smise di dare frutti finché la figlia non le venne resa,
almeno per un periodo dell'anno. Gli antichi videro adombrati in
questo mito riferimenti impliciti ai cicli della natura, delle stagioni,
dei raccolti, in particolare ai frutti della terra che trascorrono parte
dell'anno nascosti sotto la superficie per poi sbocciare e fruttificare.
Non mancano richiami (messi in evidenza in più di un testo filosofico e, molto
probabilmente, anche nei misteri) al destino dell'uomo, il cui corpo, sepolto sotto terra
come Persefone, non impedisce all'anima di raggiungere l'immortalità in una continua
dialettica di morte e rinascita. Al nucleo centrale della leggenda di Demetra, il cui
significato era rivelato solo agli iniziati dei Misteri di Eleusi, si aggiunsero in varie
epoche miti secondari, come quello della violenza che subì da Poseidone. Un'altra
leggenda vuole che Demetra si sia innamorata di Iasione dal quale ebbe Pluto, la
ricchezza. Tutti i miti, anche se contraddittori, sono comunque concordi nel non attribuire
un marito a Demetra, che generò i suoi figli al di fuori di ogni vincolo coniugale.
Persefone
La Sicilia appare l’isola dedicata alle due dee ed addirittura donata dallo stesso
Zeus e Persefone in occasione delle sue nozze con Plutone: si parte quindi dal
presupposto che il culto era molto noto in Sicilia e diffusissimo, comunque strettamente
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legato all’elemento agrario, alla scoperta del grano e all’insegnamento della tecnica
agricola, quindi a un assestamento politico-economico che crea le basi per un
radicamento dei rituali. Erodoto (VII, 153), scrive:
«Un antenato di Gelone, uno dei primi coloni di Gela, era oriundo
dell’isola di Telo (l’isola di Sicilia)… costui, quando Gela fu fondata dagli
abitanti di Lindo, che venivano da Rodi al comando di Antifemo, non se
ne stesse a casa sua. Poi con il passare del tempo, i suoi discendenti erano
diventati ierofanti delle dee sotterranee, incarico che conservavano sempre
dopo che uno degli antenati, un certo Teline l’aveva ottenuto nella maniera
seguente: una parte degli abitanti di Gela, sopraffatta dagli avversari in
una contesa politica s’era rifugiata nella città di Mactorio… orbene Teline
riuscì a ricondurli a Gela, senza appoggio di forze armate, ma solo con le
insegne di queste dee. Dove egli le avesse ricevute o se le fosse procurate,
non saprei dire».
Dal brano quotato sì può sospettare che le coste Siciliane possono aver contribuito
ad aggiungere dei importanti miti alla mitologia mediterranea, e specificamente quella
greca, considerata la madre della mitologia mediterranea. Questa affermazione è
fondamentale per chiarire un elemento per tutte le problematiche: i culti demetrii nascono
in Sicilia o provengono dalla Grecia? Diodoro Siculo (v. 4) così scrive:
«Dopo il ratto di Kore, Demetra (così racconta il mito), poiché non
riusciva a trovare la figlia, accese le fiaccole dai crateri dell’Etna, si recò
in molti luoghi della terra abitata e beneficò gli uomini che le offrirono la
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migliore ospitalità, dando loro in cambio il frutto del grano. Gli Ateniesi
accolsero la dea con grandissima cortesia, e a loro per primi, dopo i
Sicelioti, Demetra donò il frutto del grano, in cambio di ciò il popolo di
Atene onorò la dea molto più degli altri, la onorò con famosissimi sacrifici
e con i misteri eleusini, i quali, superiori per antichità e sacralità,
divennero famosi presso tutti gli uomini… Gli abitanti della Sicilia,
avendo ricevuto per primi la scoperta del grano per la loro vicinanza con
Demetra e Kore, istituirono in onore di ciascuna delle dee, sacrifici e feste
cui dettero il nome di quelle e la cui data di celebrazione indicava
chiaramente i doni ricevuti. Fissarono, infatti, il ritorno di Kore sulla terra
nel momento in cui il frutto del grano si trova ad essere perfettamente
maturo. Scelsero per il sacrificio in onore di Demetra il periodo in cui si
incomincia a seminare il grano.
Celebrano per dieci giorni la festa che prende il nome della dea, una festa
splendidissima per la magnificenza dell’allestimento, durante la cui
celebrazione si attengono all’antico modo di vita. In questi giorni hanno
l’abitudine di rivolgersi frasi oscene durante i colloqui, poiché la dea,
addolorata per il ratto di Kore, scoppiò a ridere a causa di una frase
oscena».
Il fatto che Diodoro affermi che la Sicilia sia stata la prima in assoluto a
conoscere il grano e che solo dopo Demetra, vagando alla ricerca della figlia, lo abbia
donato agli Ateniesi, deve fare riflettere: se esistono fattori campanilistici per cui
Diodoro, nativo di Agira, è propenso ad attribuire alla Sicilia il primato della scoperta del
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grano, tuttavia l’antichità del culto sembra un fatto acclamato. Si veda anche Cicerone (In
Verrem. IV, 49, 50) 49:
«Per l’antichità di questa credenza, cioè che in quei luoghi si trovano le
tracce e la culla di queste divinità (Demetra e Kore), vi è in tutta la Sicilia,
uno straordinario culto in privato e in pubblico per la Cerere ennese…
Infatti sono ricercati con forte desiderio i misteri degli Ateniesi, dai quali
si dice Cerere sia giunta in quella peregrinazione e abbia apportato le
messi, quanto grande convenne che fosse allora la venerazione di quelli
presso i quali si attesta sia nata ed abbia scoperto le messi? Pertanto presso
i nostri Padri, in un momento molto difficile dello Stato quando, ucciso T.
Gracco, dai prodigi erano presagiti timori di grandi libri sibillini, e da
questi si ricavò che bisognava placare l’antichissima Cerere. Allora da un
grandissimo collegio dei decemviri, i sacerdoti del popolo romano, pur
essendovi nella nostra città un bellissimo e splendido tempio di Cerere,
tuttavia partirono fino alla volta di Enna. Così grande era l’antichità e
l’autorità di quel culto, che, andando in quel luogo, non al tempio di
Cerere, ma sembrava che si recassero da Cerere in persona».
50: «Mi vengono in mente i templi, i luoghi di quel culto… quel famoso
giorno in cui essendo venuto a Enna, tosto mi vennero incontro i sacerdoti
di Cerere… desideravano che fosse espiata… l’antichità delle cerimonie, il
culto del tempio… Gli Ennesi credono che Cerere abiti presso di loro, così
che mi sembravano non cittadini di quella città, ma tutti sacerdoti, tutti
abitanti e ministri di Cerere». 5 Dii e dee
È chiaro dunque che dalla voce autorevole di Cicerone, sebbene i passi siano
enfatizzati dall’arringa contro Verre, che i riferimenti sono inconfutabili, sia per
l’antichità dei culti che per l’importanza che essi conservarono fino all’epoca romana ed
oltre. Gli stessi misteri che i Greci avevano promosso a Eleusi, e che si diffusero in tutto
il mondo ellenico anche della Magna Grecia e della Sicilia, non è escluso che fossero
presenti nell’isola ancora prima dell’arrivo dei
colonizzatori greci e che poi si siano fusi con la
tradizione misterica eleusina senza pertanto togliere la
presenza di culti pre-greci in Sicilia legati a divinità
femminili della sfera agraria assimilate poi con
Demetra e Kore. Per quanto riguarda i luoghi dove
avviene il ratto si veda Pseudo-Aristotele (De
mirabiliubus auscultationibus, 82):
Testa femminile con copricapo ,VI sec, A.C. Prova della prezenca della divinita femminile
«In Sicilia nei dintorni della città chiamata Enna, si dice ci sia una spelonca
attorno alla quale dappertutto dicono che cresca un’enorme quantità di diversi
fiori per tutto l’anno, e tale luogo sia pieno di una moltitudine di viole che
riempiono di soave odore la terra intorno, così che durante la caccia, pur
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possedendo i cani un forte senso dell’odorato, divengono impotenti ad inseguire le
orme delle lepri. In questo luogo esiste una galleria sotterranea, con l’apertura
invisibile, per la quale dicono che Plutone abbia compiuto il ratto di Kore».
Diodoro Siculo (v. 2): «Favoleggiano che il ratto di Kore sia avvenuto nei
prati vicino ad Enna. È questo un luogo vicino alla città, bello per le viole e altri
fiori… si dice che per il profumo dei fiori presenti,i cani che sono soliti cacciare,
non possono seguire le tracce, impediti nella facoltà percettiva del senso
dell’odorato… nelle vicinanze vi sono prati e boschi… e una spelonca che ha
un’apertura sotterranea… dalla quale dicono che sia uscito Plutone per rapire
Kore».
Diodoro Siculo (v. 4): «Secondo il mito Plutone, compiuto il ratto,
trasportò Kore sul suo carro vicino Siracusa: squarciò la terra, sprofondò con la
rapita nell’Ade e fece sgorgare una fonte chiamata Ciane, presso la quale i
Siracusani celebrano ogni anno una famosa festa; i privati sacrificano vittime di
piccolo taglio, la cerimonia pubblica prevede l’immersione di tori nello specchio
d’acqua; questo sacrificio fu introdotto da Eracle al tempo in cui percorse tutta la
Sicilia…».
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Cibi e Bevande
l vino è come l'uomo.. perché come l'uomo soffre, gioisce ed invecchia....
Si, questa volta parliamo di vino, ma prima di tutto credo sia opportuno parlare un po’
della vite e dell’uva. Risaliamo alle origini fin dai tempi dei tempi e vediamo come le
varie civiltà hanno introdotto attraverso il loro cammino nuove tecniche e nuove abitudini
di consumo. La prima pianta apparsa sulla terra è stata senz’altro la vite. Gli uomini
cominciarono a conoscere i grappoli, si accorsero che l’uva spremuta dava un succo
molto gustoso, che dopo una misteriosa fermentazione il tutto si trasformava in una
bevanda inebriante. Così si ottennero i primi vini. Un fenomeno evolutivo che ha
coinvolto l’uomo, la pianta e la bevanda fino ai giorni nostri.
proprio il caso di dire: "La civiltà del Vino".
La fedeltà al vino la possiamo trovare nel Nuovo e nell’Antico Testamento. In questo
ultimo troviamo continuamente vite e vino, simboli di prosperità e libertà, forza e amore.
Nella Genesi, riguardo a Noè coltivatore della terra, fece la vigna, ottenne il vino, lo
bevve e si inebriò. Nel Cantico dei Cantici, si legge: "Il mio diletto è per me un grappolo
di Cipro nelle vigne di Engaddi". Ma nel Nuovo Testamento, il vino tocca la più alta
celebrazione e diventa elemento religioso: "Bevetene tutti perché questo è il mio
sangue….. Io ve lo dico: non berrò più di questo succo della vite fino al giorno in cui lo
berrò con voi, nuovo, nel Regno di mio Padre". (Matteo, 26, 26 – 29)
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Anche i Sumeri hanno conosciuto il vino, gli Egiziani poi, lo offrivano agli Dei e lo
distribuivano soltanto in occasioni religiose. Addirittura, lo importavano dalla Siria, dalla
Palestina ed anche da Creta.
Nell’antichità il vino era considerato una rarità, pertanto l’uomo lo commerciava a prezzi
molto alti. Nell’antica Grecia, la più rinomata per i vini fu senza dubbio la Tracia, ed
Omero sottolinea quello di Maronea, che Ulisse adoperò per ubriacare Polifemo. Poi,
ancora narra dell’infanzia di Dioniso, il quale per ricambiare l’aiuto avuto dagli uomini,
insegna loro l’arte del vino.
In Grecia, 2500 anni fa, per diventare cuoco bisognava frequentare due anni di scuola.
Temachides di Rodi scrisse ben undici volumi su "diverse sorte di banchetti" e solo i
Greci arrivarono a consacrare la gastronomia, dedicandole una dea: Adefagía. Quando i
Romani occuparono la Grecia ne scoprirono anche le meraviglie gastronomiche e ne
furono conquistati tanto che Catone il Censore protestò invano, affermando che i Greci
corrompevano i puri (primitivi) costumi romani. Così la cucina greca si trasfuse a Roma,
la cui cucina, nella realtà, è cucina greca. E cucina greca è tutta la cucina dell'Impero
bizantino che si ramificò in Italia ed in Europa, attraverso le repubbliche marinare prima,
attraverso la diretta presenza poi d'Italiani e Francesi.
Dioniso è il Dio della vegetazione e della fertilità, è figlio di Zeus e di Semele. Il suo
nome, secondo l'etimologia più accreditata, significherebbe "figlio di Zeus". Nato infatti
miracolosamente da una doppia gestazione, sia materna che paterna, era ritenuto il
protettore della vita nella fase embrionale. A lui si attribuiscono l'invenzione del vino e
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quell’entusiasmo misterioso che diede origine alle feste dionisiache che, solitamente in
primavera poiché legate al tema della fertilità, si diffusero in tutto il mondo greco. Nella
mitologia latina fu venerato con il nome greco Bacco fino a tutto il primo secolo
dell'Impero. Le feste in suo onore, chiamate Baccanali, erano prettamente orgiastiche.
Bacco, in greco Bákchos, nome recenziore (compare la prima volta in Sofocle, Edipo Re,
211), e prevalente nel mondo romano, del dio greco Dioniso, identificato con l'antico dio
italico Liber Pater. In epoca classica, è essenzialmente il dio del vino e del delirio
mistico. Il culto di Bacco Dioniso, d’origine greco-orientale, in Italia ebbe larga
diffusione, prima nelle regioni meridionali, poi in quelle centrali, penetrando a poco a
poco anche in Roma (III, II sec. a.C.). Le sue feste presero il nome di baccanali, e la loro
proibizione per motivi politico-morali (186 a.C.) non impedì che il dio continuasse a
essere oggetto di culto, nella suggestiva forma del mistero dionisiaco, fino a tutto il primo
secolo dell'Impero, come testimoniano gli affreschi della villa dei Misteri a Pompei.
Dionisio, dipinto su un vaso Greco
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Dalla vite si ottiene il vino, la bevanda preferita da Dioniso. A lui si attribuisce
l'invenzione della famosa bevanda alcolica. Si pensa che il vino fosse necessario
all'interno dei rituali dionisiaci per provare l'estasi (che significa, etimologicamente,
"uscire da se stessi") che permetteva di entrare in contatto con la divinità. Inoltre con i
tralci di vite si decorava la punta del tirso, scettro sacro di Dioniso usato anche dalle
Baccanti nei loro rituali dionisiaci.
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Il Simbolo del Leone
“Il forte ragazzo che voi vedete in tutte le gallerie d’arte, strangolando il leone avrà un
nome ed una storia” —Michael B. Poliakoff, Ph.D.
Uno si meraviglia con il profondo tema, quando vede il simbolo del leone nella
mitologia. Questo elemento fa la mitologia sembrare cosi reale quando si prova
universale e considerata con lo stesso senso e caratterizzata con le stesse storie, al meno,
alle coste del mediterraneo.
Il fatto piu interesante e che le storie non servono e non sono creati solo per divertire il
lettore. Il simbolo del leone significa particolarmente nel campo della psicoterapia, ma le
origini sono nella mitologia. Sembra che in questo campo la psicoterapia abbia preso
molto dalla mitologia (particolarmente quella mediterranea). Certe storie mitologiche
spiegano il leone, come simbolo negativo, è da sempre il simbolo degli istinti non domati
che ci rendono preda della concupiscenza sfrenata (desiderio sfrenato di possedere tutto
ciò che cade sotto i sensi), istinti che dobbiamo cercare di domare per non diventarne
preda, il che porterebbe a comportamenti sociali scorretti, dannosi per noi e per gli altri.
Nell’antichità il simbolismo del Leone ebbe un ampio impiego. Ciò dipese dalla sua
natura forte e dalle sue sembianze.Quando sogniamo un "leone ruggente", quindi un
leone che ci fa paura, l'inconscio cerca solo di avvertirci che stiamo facendo un cattivo
uso della funzione di sensazione che ci fa comportare, nella vita cosciente, come
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quell'animale quando è affamato, la qual cosa si ripercuote a nostro danno oltre che a
danno degli altri. Il sogno con questa immagine ci fa vedere come ci comportiamo e nello
stesso tempo come ci vedono e ci vivono gli altri, ossia cerca di renderci coscienti
dell'effetto pratico e psicologico che fanno i nostri comportamenti sugli altri: li
aggrediamo come leoni affamati inducendo la paura e suscitando reazioni adeguate.
Il leone, dal lato positivo rappresenta l'Eroe, la regalità e la saggezza. Nella mitologia
l'Eroe deve sempre compiere delle "fatiche", durante il suo viaggio iniziatico, per
migliorare se stesso, tra le quali, alla fine, c'è un combattimento con una bestia feroce,
leone o drago, come appunto fanno Ercole o San Giorgio o i cavalieri delle saghe
germaniche. La figura simbolica del Re, che rappresenta l'uomo perfetto, cioè l'Eroe che
ha compiùto le sue fatiche iniziatiche ed è diventato guida ed esempio per gli altri
uomini, è da sempre rappresentato con un leone domato ai suoi piedi cosa che sta a
significare che l'Eroe è riuscito ad addomesticare e quindi ad asservire alla sua volontà gli
istinti vitali che erano diventati (non per colpa sua ripeto) selvaggi. Anche Ermete
incoronato ha dietro di sé un Leone ammansito e accovacciato. Quando cominciamo a
porre un freno alle pulsioni dei nostri istinti selvaggi presieduti dalla funzione di
Sensazione, oppure quando gli educatori non hanno "demonizzato" troppo l'uso dei nostri
sensi con i divieti dettati dalle loro paure inconsce, se sogniamo o vediamo in realtà un
leone e questo non ci fa paura, ciò vuol dire che l'inconscio ci sta comunicando il nostro
stato psicologico del momento, dovuto al fatto che la funzione di sensazione si comporta
correttamente in tutte le manifestazioni di relazione rispetto alla concupiscenza.( Fig.1 )
13 Il Simbolo del Leone
.
Fig.1 “Uomo selvaggio” Un dipinto trovato in Vaticano, XV secolo
Il leone lo ritroviamo nella nostra simbologia cristiana in quanto è anche simbolo di Gesù
(Fig 2, 3). Le immagini dei leoni, presenti nell’arte romanica sia in pittura che in
scultura, erano prevalentemente utilizzate come simbolo del Bene. Erano simbolo della
resurrezione in quanto si pensava che i cuccioli di leone appena nati giacessero come
morti finché il leone padre alitava sui loro corpi; rappresentavano anche la forza con cui
Cristo difendeva la sua Chiesa e le sue cattedrali. Per questo motivo si affermò sempre di
più l’uso di due leoni di pietra, posizionati a lato del portone d’ingresso di molte chiese
romaniche. La più moderna figura dell'Eroe o di Mercurio - Ermete, ma esso è anche
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simbolo del Diavolo, cosa di cui non ci dobbiamo stupire se ci ricordiamo della doppia
natura simbolica di tutte le immagini. Tutto ciò non è blasfemo in quanto Gesù si serve di
questa parabola per indicare solo due stati psicologici della stessa Natura umana uno dei
quali è quello corretto mentre l'altro è deformato dalle cattive informazioni.
Fig. 2 Una sclutura che suggerische il leone simbolo del Cristo
15 Il Simbolo del Leone
Il dualismo dei leoni
Il simbolo del leone lo ritroviamo anche nelle favole moderne di scrittori moderni come
C.S. Lewis con “Il leone, la strega, l'armadio”, uno degli episodi delle celebri Cronache
di Narnia. Tre fratelli scoprono una porta di comunicazione tra la propria realtà e il
mondo parallelo di Narnia, in cui si volge un'epica lotta tra il bene (Aslan, il leone) ed il
male (la strega bianca che copre Narnia sotto una coltre permanente di neve e di
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ghiaccio). Secondo antiche profezie questa lotta per concludersi attende che vengano
occupati i tre troni vuoti del castello di Caer Paravel. L'appoggio di Peter, Lucy ed
Edmund si rivelerà così determinante per la vittoria di Aslan, alla fine di un percorso che
li vedrà incontrare personaggi come il fauno Tumnus, Roddy il castoro, Babbo Natale, o
scontrarsi con il Lupo Maugrin e il Nano.
Delle altre storie interessanti ci rilevano le similarità della mitologia greca e romana.
Ercole è ordinato dal re Eurystheus in Tiryns di sconfiggere il leone di Nemea, perché il
reame era in grave rischio dal quello leone. Dopo avventure interessanti, Ercole ha
sconfitto il leone ed e tornato vittorioso. Quando il re lo visse si e intimido dalla
triumfalita e dalla apparenza di Ercole perché costui aveva indossato la pelliccia del leone
sconfitto ed alla testa indossava come casca la testa del leone.
Il mito come appare e stato molto popolare nelle regioni mediterranee. Uno dei più
divertenti esempi è la statua commissionata dal re Commodus, che ha regnato a Roma tra
le 180 e 192. L’enorme statua e una scultura di Commodus che indossa una pelliccia di
leone, una esatta copia di Hercules. Cosi, Commodus ha elevato se stesso ai livelli di un
dio. I romani di quel tempo consideravano tali statue come veri rappresentanti di dei.
(Fig.4)
17 Il Simbolo del Leone
Fig.4 Commodus con la pelliccia di leone.
18 Il Simbolo del Leone
Miti di creatività (Greci e Romani)
Non esisteva la terra, il mare o qualunque altra cosa del creato. Era solo il Caos, senza
forma al di là del tempo e dello spazio.
All'improvviso dal Caos apparve Gea, la terra principio di vita e madre della stirpe
divina, prima realtà materiale della creazione. Dopo di lei apparvero Eros (l'amore), il
Tartaro (luogo di punizione delle anime malvagie) e l'Erebo (la notte).
I Titani
I miti della Creazione possono essere suddivisi grossolanamente in 5 categorie:
Il mondo ha avuto origine......
1. dal caos o non esistenza (ex nihilo)
2. da un uovo cosmico o da un originale materno "qualcosa"
3. da genitori che si sono separati
4. da un processo di immersione della terra
19 Miti di creativita
5. da periodi di manifestazione da altri mondi
Un grande numero di miti della creazione combina due o più di questi forme.
Un numero sorprendente di miti della creazione ha annesso il mito collaterale del
"diluvio". Nella mitologia di molto civiltà antiche esiste una leggenda del diluvio, con
un'inondazione di proporzioni così enormi da aver ricoperto la Terra intera. Tale era la
forza distruttiva di questa inondazione che pochi animali e piante sarebbero
sopravvissuti.
Nella civiltà Occidentale la versione più famosa è la storia di Noé e dell'Arca come
narrata nella Genesi. Sebbene sia forse fra i più conosciuti, il racconto dell'avventura di
Noé non è né l'unico né il più antico.
Ma la leggenda dell'inondazione su cui si basa la storia di Noé ha avuto origine fra le
popolazioni dell'antica Mesopotamia, nel poema epico "Gilgamesh" (fu durante l'era
sumera che una grande inondazione sommerse la Mesopotamia). Questa inondazione è
stata così imponente che il suo ricordo si può trovare in molte antiche letterature. La
controparte sumera di Noè era Ziusudra, e da lui è stata sviluppata la figura babilonese
Utnapishtim, la cui storia è riferita nel "Epopea di Gilgamesh").
Nella versione greca di questa leggenda Zeus decide di distruggere la Terra, ma
permette al buon Re Deucalione e alla sua famiglia di salvarsi, rifugiandosi in un'arca ben
rifornita di provviste. “Altro castigo gli piacque: sommergere il genere umano, pioggia
dirotta versando da tutte le parti del cielo. Tosto serrò l’Aquilone negli antri dell’isola
Eolia con tutti i venti che mettono in fuga le nubi nembose, Noto sciogliendo che vola per
l’aria su l’umide penne, con la terribile faccia di negra caligine avvolta... Come
compresse col pugno le nuvole pendule e larghe, si rovesciò con fragore dal cielo
20 Miti di creativita
scrosciando la pioggia… Giove vedendo stagnare la terra per tutto allagata e rimanere un
sol uomo di tante migliaia e una donna, ambo innocenti e devoti, disperse le nubi e,
cacciate lungi le piogge nembose col vento Aquilone, la terra scoprì alla vòlta celeste e la
vòlta celeste alla terra.”
Persefone, nota anche come Proserpina nella mitologia romana, era la dea della fertilità e
regina degli inferi.
La sua duplice natura di dea della rinascita e del regno dei morti era dovuta ad un poetico
mito riportato anche da Ovidio nel quinto libro delle Metamorfosi.
Persefone, figlia di Zeus e Demetra, fu rapita da Plutone, che la sorprese mentre
raccoglieva dei fiori vicino alle porte dell'Ade.
Demetra venuta a conoscenza del fatto implorò il Re degli Inferi affinché le restituisse la
figlia, alla fine implorò lo stesso Zeus, che tra l'altro era il padre di Persefone, la sua
supplica non restò inascoltata, gli dei concessero alla fanciulla di ritornare sulla terra per
otto mesi l'anno...
Il suo mito è veniva celebrato e ricordato nel corso dei Misteri Eleusini, come simbolo
del ciclo di rinascita della natura: quando lei lascia la terra la vita sfiorisce, le foglie
cadono dai rami, il gelo invernale trionfa... ma quando lei ritorna i fiori sbocciano di
nuovo nei campi, gli alberi si coprono di nuovi germogli e l'aria tiepida si riempie del
profumo della primavera...
Il mistero del ciclo delle stagioni trovava in questo mito una straordinaria veste poetica e
la stessa Persefone compariva anche in altri miti sotto un aspetto benigno e gentile, a lei
21 Miti di creativita
infatti si rivolge Orfeo per strappare dal Regno dei Morti l'amata Euridice...
LA NASCITA DEL PRIMO UOMO
Nelle antiche leggende tramandateci ora in forma orale, ora il forma scritta da persone
tanto lontane da noi da essersene perso persino il ricordo, si racconta del più saggio tra i
giganti, Prometeo il cui nome significa "Colui che è capace di prevedere".
Zeus, per la stima che riponeva in Prometeo, gli diede l'incarico di forgiare l'uomo che
modellò dal fango e che animò con il fuoco divino.
L
Z
a
s
A
Prometeo crea l'uomo assistito dagli altri dei
A NASCITA DELLA PRIMA DONNA
eus diede incarico ad Efesto di modellare un’immagine umana servendosi di acqua e di
rgilla. Efesto fu tanto bravo nel modellarla che la donna che ne ebbe origine era
uperiore ad ogni elogio. Tutti gli dei furono incaricati da Zeus di riporre in lei dei doni:
tena le donò morbide vesti a significare il candore, fiori ed una splendida corona d’oro
22 Miti di creativita
mentre Ermes pose nel suo cuore pensieri malvagi e sulle curve sinuose delle sue labbra,
discorsi affascinanti ma ingannevoli. A questa creatura fu dato nome Pandora (dal greco
"pan doron = tutto dono") perché tutti gli dei le avevano donato qualcosa. Mancava solo
il regalo di Zeus che fu superiore a tutti gli altri doni. Egli infatti, donò alla fanciulla un
vaso, con il divieto di aprirlo, contenente tutti i mali che l’umanità non conosceva: la
vecchiaia, la gelosia, la malattia, la pazzia, il vizio, la passione, il sospetto, la fame e così
via.
Pandora
23 Miti di creativita
Eroi- Parallelismi Il materiale studiato dà prova che il Mediterraneo è un regione che ha coltivato immagini
mitologiche assai spettacolari. Questo, forse, si spiega dal fatto che le coste mediterranee
sono le coste dei tre continenti (Europa, Asia e Africa). Gli eroi mitologici del
Mediterraneo antico si rivelano altrettanto gloriosi, potenti e protagonisti di storie piene
di intrighi come le divinità (che in fondo le hanno create). Le coste d’Egitto hanno
contribuito con figure interessanti alla mitologia mediterranea. Lo stesso possiamo dire
anche per le coste Persiane (oggi una regione complessa di varie nazionalita).
In Egitto, la figura di Anubi o Anup o Anupev, (lo abbiamo visto ultimamente nel film
holliwoodiano “The Mummy Returns”) è figlio di Osiride, raffigurato con testa di
sciacallo. Anubi aveva aiutato la dea Iside a seppellire Osiride e per tale motivo divenne
dio dei morti e guida delle anime. I Greci e i Romani lo identificarono con Ermete,
perché anch'egli conduceva nell'oltretomba le anime dei morti.
In Egito, Horus, Dio Solare, immaginato come un falco che sollevato
in cielo illuminava la terra con i suoi raggi. È raffigurato anche come
un bambino sul dorso di un coccodrillo, recante in mano per la coda
animali dannosi. Dai Greci fu assimilato ad Apollo (Horoapollo), e
d
r
f
Horus
venerato anche come Arpocrate, dio del silenzio. Nel periodo dellaecadenza Horus è raffigurato come uomo con testa di falco indossante una divisa
omana, una corona doppia e a volte seduto a cavallo. Il più famoso tempio a lui dedicato
u quello tolemaico di Edfu.
24 Eroi- Prallelismi
ISIDE (Egito)
Sposa di Osiride e madre di Horus, coi quali forma una triade suprema. Il suo mito è
complesso e ha numerosissime versioni. Iside è principalmente, nella mitologia egiziana,
la massima divinità della natura e della fecondità la madre di tutte le cose, la dea
universale, adorata sotto forme svariatissime, ma per lo più con corna o testa di vacca,
animale a lei sacro. I Greci identificarono Iside con varie loro divinità (Era, Demetra,
Afrodite, Selene, Io, ecc.); il culto della dea egizia venne trapiantato in Grecia e più tardi
in Roma, e nel periodo ellenistico si diffuse in tutto il bacino mediterraneo, in forma
misterica. Faceva parte del tribunale dell'aldilà.
Ka- Gli Egizi distinguevano l'uomo in tre elementi: il corpo, l'anima e il Ka, che faceva
intima parte della persona e svolgeva compiti spirituali. Si può affermare che era
qualcosa di simile al Genio dei Romani e al Daimon dei Greci. Secondo I Romani Genio
e il simbolo della creatività dell'uomo, divenne in seguito l'essenza dell'individuo, che lo
accompagnava dalla nascita fino alla fine come protettore. Il Genio però non muore con
l'individuo ma gli sopravvive.
Neith
Dea egiziana antropomorfa dal carattere guerriero, ma anche marino. Identificata dai
Greci con Atena, viene ritenuta di origine libica derivata, probabilmente, da una
antichissima divinità cacciatrice del mediterraneo. Atena era figlia di Zeus e di Metis.
Così come aveva fatto Crono anche Zeus divorò la moglie incinta in modo di avere
sempre con sè la consigliera. Finita la gestazione Zeus avrebbe partorito la figlia dalla
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testa. Efesto funse da ostetrico spaccandogli la testa con un colpo di scure. Atena nacque
già adulta ed armata di tutto punto. Atena era una dea dalle molteplici attività; ella
rappresenta l'invito alla ponderazione e alla misura. Da lei impararono l'arte i fabbri, i
carpentieri navali, gli orafi, i fonditori e da lei le donne impararono l'arte di filare e
tessere. Atena è pure patrona di tante altre arti e scienze, fra le quali la medicina,
l'agricoltura, la pedagogia e tante altre scienze. Era raffigurata vestita di peplo con l'elmo
in testa e armata di lancia e scudo. Dai Romani venne identificata con la dea Minerva. Lei
era Dea delle arti e dei mestieri, protettrice dei musici e degli scritturali nonché dei
medici e della città di Roma.
Sfinge -Esistono due Sfingi: quella egizia e quella greca. La prima rappresenta la potenza
regale del faraone ed è un monumento funerario formato da un corpo leonino e dal volto
del Faraone. La Sfinge greca invece è un mostro alato col corpo mezzo di donna e mezzo
di leonessa nato dalla unione incestuosa del cane Ortro con la madre Echidna.
Thot o Thóth o Thouth, la versione egiziana inizialmente era un dio lunare, col tempo
divenne prima dio contatore del tempo, poi dio delle scienze e per chiudere in bellezza la
sua carriera diviene dio della Giustizia e della Verità e con questo compito egli giudica
sia gli dèi che i mortali. Era raffigurato come un uomo con testa d'ibis o di sciacallo. I
Greci lo identificarono col loro Hermes, il dio della cultura e della musica. Era
considerato un antichissimo sacerdote-Re dell'Egitto, fonte di ogni pensiero e sapere e gli
si attribuivano l'invenzione dell'alfabeto e della scrittura, le prime leggi e istituzioni civili
e un gran numero di sacri scritti, gelosamente custoditi dai sacerdoti egizi, dal significato
oggi difficile da comprendere, detti libri ermetici. I Romani lo consideravano come il Dio
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del commercio e protettore dei guadagni. Suoi attributi sono: il cappello alato, il caduceo,
il gallo, lo scorpione e la sfinge.
ANAHITA
Dea iraniana simile a Mitra, era vestita di un manto d'oro e una pelliccia di ermellino
coperta da gioielli e reggeva in mano un ramo sacrificale. Il suo culto si diffuse anche
fuori dall'Iran, difatti la
dea aveva molti templi in Armenia, famoso quello di Erez per la statua d'oro. I greci la
identificavano a seconda che consideravano le qualità fecondatrici o quelle guerriere con
Afrodite o con Artemide.
RUSTAM
Eroe iraniano simile al greco Eracle.
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