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Terminologia

AZEOTROPICA-AZEOTROPICO Si riferisce al comportamento di determinate miscele frigorigene con 2, 3, 4 componenti in cui i

cambiamenti di fase da liquido a vapore o viceversa, avvengono a temperatura e pressione costanti.

BUCO DELL’OZONO All’arrivo del periodo invernale, sopra la calotta polare antartica, l'atmosfera viene isolata dal resto

del mondo da una circolazione naturale del vento, denominata "vortice polare", esso è di colore

scuro e diventa molto freddo, causando la formazione di nuvole nello strato di ozono della

stratosfera. All'interno di queste nuvole le forme inorganiche di cloro subiscono delle reazioni

chimiche dando luogo a specie che, una volta che il sole splende nuovamente all'arrivo della

primavera, vengono ulteriormente convertite dalla luce solare in forme che possono degradare

l'ozono. La distruzione rapida della maggior parte dell'ozono nella regione della stratosfera antartica

che contiene le nuvole porta a un marcato degrado locale denominato "il buco dell'ozono". Questo

buco sparisce quando l'atmosfera antartica si riscalda in modo sufficiente da rompere la circolazione

che la isola dal resto del mondo. L’aria ricca di ozono ha quindi la possibilità di rifluirvi e di

ricostituire lo strato di ozono sull' Antartico. La perdita accentuata di ozono del periodo primaverile

nell' Antartico ebbe inizio verso la fine degli anni Settanta, quando la somma del cloro inorganico

nella stratosfera divenne di circa 1,5 parti per miliardo. Questo valore è stato perciò suggerito come

obiettivo per la riduzione dell'ammontare di cloro. Non si ha invece alcun concreto degrado nella

calotta Artica, anche se si possono formare delle nuvole nella stratosfera ed è stata osservata una

situazione del cloro simile a quella nell'Antartico, ma il grado di isolamento della massa d'aria è

molto inferiore a quello dell' Antartico.

CFC I clorofluorocarburi (CFC) sono composti chimici formati da atomi di cloro, fluoro e carbonio, che

sono molto stabili nella troposfera. Essi subiscono un degrado solo quando si spostano nella

stratosfera e vengono colpiti dalla radiazione solare, rilasciandovi l'atomo di cloro che contribuisce

al degrado dell'ozono. Possono permanere nella troposfera per un periodo di 100 anni e oltre.

CHILLER o PACKAGE CHILLER o CLILLER UNIT Per gli americani significa soprattutto un gruppo raffreddatore di acqua (acqua o soluzione acquosa

di glicole) premontato.

DEGRADO DELL’ OZONO L'ozono viene formato e distrutto continuamente dalle reazioni chimiche che avvengono nella

stratosfera. In essa si hanno delle grandi variazioni naturali della concentrazione di ozono; per

esempio, fra l'estate e l'inverno, avviene una variazione di circa il 25% alle latitudini medie. Il

degrado dell'ozono avviene solo se il tasso di distruzione dell'ozono viene aumentato per via delle

attività umane.

DROP-IN Si dice di un fluido frigorigeno di ricambio di un CFC o HCFC esistente, che non necessita di

modifiche sostanziali dell'impianto, a parte la regolazione dell'organo di espansione (al limite si

sostituisce) e degli apparecchi di comando e di sicurezza (pressostati). Fluido di ricambio semplice,

o facile, o immediato.

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FAN-COIL Ventilconvettore. Apparecchio terminale utilizzato negli impianti di condizionamento dell’aria o

per riscaldamento, costituto da un mobiletto al cui suo interno si trovano una batteria di scambio, un

elettroventilatore (solitamente centrifugo) e un filtro.

FLUOROCARBURI I fluorocarburi sono composti chimici che comprendono i CFC, gli idroclorofluorocarburi (HCFC)

e gli idrofluorocarburi (HFC). Per molti anni i CFC sono serviti a soddisfare funzioni vitali per la

società. Essi sono stati impiegati in una gamma molto vasta di applicazioni, fra cui la refrigerazione,

il condizionamento dell'aria, l'isolamento termico ad alta efficienza, i prodotti medicali e la pulizia

dei componenti elettronici e di misurazione. Gli HCFC e HFC hanno anch'essi molte delle proprietà

vantaggiose dei CFC ma, dato che essi rimangono nell'atmosfera per un periodo più breve, le

preoccupazioni sul degrado dell'ozono e sul riscaldamento globale sono notevolmente ridotte.

GAS A EFFETTO SERRA I gas a effetto serra sono presenti nell'atmosfera in quantità relativamente piccole e hanno la

peculiarità di assorbire in modo notevole la radiazione infrarossa, ovvero il "calore", emesso dalla

terra. I gas a effetto serra principali sono: vapore d'acqua, anidride carbonica, metano, biossido di

azoto, ozono e alcuni dei fluoroclorocarburi. Le concentrazioni di molti di questi gas a effetto serra

stanno crescendo, principalmente a causa delle attività umane.

GLIDE Scorrimento di temperatura nelle miscele di gas zeotropiche durante i processi di cambiamento di

fase (condensazione e evaporazione). In pratica a pressione costante la temperatura varia.

GWP (Glabal Warming Potential) Il potenziale di riscaldamento globale è un indice sviluppato per avere un mezzo semplice e chiaro

in grado di descrivere la relativa capacità di ogni emissione di un gas a effetto serra di influenzare la

radiazione forzata nel globo e, di conseguenza, il clima globale. I GWP vengono definiti su base di

massa, in relazione al CFC -11 (noto come un halocarburo GWP, o HGWP), oppure in relazione

all'anidride carbonica. Poiché il CFC-11 ha una vita atmosferica ben definita, il HGWP può essere

calcola- to esplicitamente e con un singolo numero. Dato che l'anidride carbonica non ha una vita

atmosferica ben definita, il GWP a essa relativo deve essere calcolato per un particolare orizzonte di

tempo, per esempio per 20, 100 o 500 anni.

HC Gli idrocarburi (HC) sono composti chimici formati da atomi di idrogeno e carbonio. Quelli usati

come refrigeranti fanno parte della classe degli alifatici saturi della serie del metano propano,

butano e isobutano, etano propilene ecc. e loro miscele. Essi offrono un ODP nullo e GWP e TEWI

assai ridotti, oltre a presentare caratteristiche di efficienza energetica molto interessanti. La

caratteristica di infiammabilità delle miscele con aria impone molte precauzioni nel loro impiego.

HCFC Gli idroclorofluorocarburi (HCFC) sono composti chimici formati da atomi di idrogeno, cloro e

carbonio. Questi composti hanno molte delle proprietà vantaggiose dei CFC, ma vengono distrutti

per cause naturali negli strati più bassi dell'atmosfera e non vi rimangono così a lungo come i CFC.

Solo una frazione degli HCFC emessi può essere trasportata fino allo strato dell'ozono nella

stratosfera, dove il loro contenuto di cloro può rovinare lo strato di ozono. Gli HCFC hanno

tipicamente un potenziale di degrado dell'ozono che va dal 2 all'11 % di quello dei CFC.

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HFC Gli idrofluorocarburi sono composti chimici formati da atomi di idrogeno, fluoro e carbonio che,

analogamente agli HCFC, vengono distrutti per cause naturali negli strati più bassi dell'atmosfera.

Essi hanno molte delle proprietà vantaggiose dei CFC. Poiché essi non contengono cloro, non sono

coinvolti nel ciclo di degrado dell'ozono, alcuni di essi però contribuiscono all'effetto serra.

HVAC&R Riscaldamento, ventilazione condizionamento d’aria e refrigerazione.

HACCP (Hazard Analysis Critical Control Point). Sistema di controllo della filiera alimentare applicato

nell’Unione Europea.

LCA (Life Cycle Assessment). Valutazione del ciclo di vita di un prodotto riferito al suo impatto totale

sull’ambiente, fabbricazione, uso, riciclo componenti, ecc..

LCCP (Life Cycle Climate Performance)

L'impatto sul clima del ciclo di vita serve per calcolare l'impatto sul riscaldamento globale, dalla

culla alla tomba, di qualsiasi prodotto, compresi quelli che impiegano gli HFC.

ODP (Ozone Depletion Potential)

Il potenziale di degrado dell'ozono è una quantità che descrive l'ammontare del degrado dell'ozono

stratosferico "calcolato" che si forma in seguito all'immissione nell'atmosfera di un chilogrammo di

un determinato composto, in relazione al degrado riferito a una simile immissione di CFC -11. Il

calcolo è una integrazione di tutti i possibili effetti sull'ozono per tutto quel tempo in cui tracce dei

composti possono rimanere nell'atmosfera: esso indica il potenziale totale.

OEM (Original Equipment Manufacturer)

Costruttore di macchine.

OZONO L'ozono viene formato nella stratosfera per mezzo dell'azione della luce solare sull'ossigeno ivi

presente, ma è anche un inquinante atmosferico che si trova vicino al terreno. L'ozono stratosferico

(a basse altitudini) viene formato dalle reazioni fra gli idrocarburi e gli ossidi di azoto sottoposti alla

luce solare.

PED (Pressure Equipment Directive)

Direttiva adottata dal parlamento europeo sugli apparecchi in pressione.

Plug-in Inserimento immediato della spina nella presa elettrica. Apparecchi frigoriferi che non hanno

bisogno di installazione.

RADIAZIONE FORZATA Esistono diversi fattori che possono far variare l'equilibrio fra l'energia assorbita dalla terra e quella

emessa dalla stessa sotto forma di radiazione infrarossa a onde lunghe. Questi fattori, che

comprendono i cambiamenti stagionali della radiazione solare, le variazioni della riflettività della

superficie terrestre e la presenza di aerosol, provocano la situazione di radiazione forzata del clima.

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RADIAZIONE UV-B È costituita dalle lunghezze d'onda della radiazione solare nella gamma fra 280 e 320 nanometri e

che forma lo 0,5% di tutta l'energia solare che raggiunge la terra. La radiazione UV-B rappresenta

la proporzione di radiazione solare che raggiunge la superficie terreste e che viene con più efficacia

filtrata e controllata dall’ozono.

RETROFIT Modifica, modernizzazione, adattamento, restauro, rinnovo. Il termine americano deriva

dall'espressione "retreive with profit" che, abbreviato, diventa retrofit, retreive: salvare,

salvaguardare; profit: economia di tempo e di denaro. In refrigerazione si usa per indicare la

trasformazione che si fa per mantenere attivo un componente o un impianto che altrimenti andrebbe

smantellato e sostituito.

RISCALDAMENTO GLOBALE Il riscaldamento globale, noto anche come effetto serra, si riferisce al fenomeno fisico che può

portare al riscaldamento della terra e che comporta un aumento dell'effetto serra naturale. La

maggior parte dell'energia del sole raggiunge la terra sotto forma di luce visibile, dopo essere

passata attraverso l'atmosfera, parte di questa energia viene assorbita dalla superficie terrestre e, in

questo processo, viene convertita in energia termica. La terra, riscaldata dal sole, irradia a sua volta

questa energia nell' atmosfera e verso lo spazio. I gas presenti naturalmente quali anidride

carbonica, vapore d'acqua e ozono assorbono e trattengono una parte di questa energia termica

emessa. Questo processo rallenta la perdita di calore, rendendo la superficie terrestre più calda di

quello che sarebbe stata se questa energia termica fosse passata indisturbata attraverso l'atmosfera

nello spazio. Questo processo di riscaldamento, provocato dall'assorbimento da parte dell'atmosfera

dell'energia termica irradiata dalla superficie terrestre, viene denominato l'effetto serra. L’aumento

delle concentrazioni di gas emesse da sorgenti di creazione umana (per esempio anidride carbonica,

metano e CFC) e che assorbono la radiazione termica, può portare a un lento e progressivo

riscaldamento della terra. Questo fenomeno viene comunemente chiamato “riscaldamento globale”.

SEER (Seasonal Energy Effidiency Ratio)

Rendimento stagionale di una macchina.

SOSTANZE DI TRANSIZIONE (drop-in)

Gli HCFC possono essere usati per soddisfare alcune delle necessità e richieste impellenti, dovute

all’eliminazione dei CFC, poiché essi posseggono molte delle proprietà favorevoli dei CFC, mentre

hanno un ODP molto inferiore a essi e quindi offrono un minore rischio di degrado dell'ozono.

D'altra parte, poiché hanno un apporto sia pur ridotto di cloro allo strato di ozono, possono essere

impiegati solo per un periodo transitorio, in tal modo gli HCFC devono essere considerati come

sostanze di transizione. Vengono anche detti «drop-in».

STRATOSFERA La stratosfera costituisce lo strato sopra la troposfera, variando in altitudine fra 8 e 15 chilometri al

confine inferiore, fino a circa 50 chilometri per il limite superiore, e che comprende circa il 10%

della massa atmosferica della terra. Gli aumenti di temperatura con l'altitudine e la miscelazione

sono relativamente lenti. Nel caso delle altezze comprese tra 15 e 35 chilometri, l'aria contiene

concentrazioni relativamente elevate di ozono a produzione naturale (fino a 10 ppm); questa zona è

nota come strato di ozono.

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TDODP (Time Dependent Ozone Depletion Potential)

L’indice ODP che dipende dal tempo, di transizione o a breve termine, quale può essere l'ODP a

piena durata di vita o a stato di equilibrio, viene calcolato per un chilogrammo del composto in

relazione a un chilogrammo di CFC-11, ma il calcolo vie- ne interrotto a un determinato momento

(fra i 5 e i 50 anni). Diversamente dall'ODP a piena durata di vita, non viene preso in

considerazione alcun effetto del composto (o CFC-11) dopo un tempo indeterminato.

TEWI (Total Equivalent Warming Impact)

L’impatto totale equivalente di riscaldamento è la somma delle emissioni dirette (chimiche) e

indirette (energetiche) dei gas a effetto serra dovute al funzionamento o all'impiego di un impianto a

CFC o a fluorocarburi per tutta la sua vita utile. Il TEWI è stato quantificato per ogni alternativa,

comprese le alternative non chimiche e per ogni maggiore area di applicazioni: refrigerazione,

condiziona mento dell'aria, isolamento e pulizia con solventi.

TROPOSFERA La troposfera è costituita dallo strato più basso dell'atmosfera, che si estende dalla superficie

terrestre fino ad altezze comprese fra 8 e 15 chilometri. La troposfera contiene il 90% del

l'atmosfera ed è ben miscelata dal sistema meteorologico. La temperatura della troposfera

diminuisce con l'altezza.

ZEOTROPO, ZEOTROPICO o NON-AZEOTROPICO Si riferisce al comportamento di determinate miscele frigorigene con 2, 3, 4 componenti in cui

durante il cambiamento di fase da vapore a liquido o viceversa, si ha una certa variazione di

temperatura ("glide"). Causata dal diverso comportamento dei componenti durante queste fasi.

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LA REFRIGERAZIONE

Funzionamento:

Il funzionamento di un circuito frigorifero implica continue trasformazioni di energia da una

forma ad un’altra e scambi di energia tra un’entità ed un’altra.

La figura mostra un diagramma schematico di un

impianto frigorifero elementare per la produzione di

freddo. Questo ciclo costituisce un esempio

importante per la produzione ad esempio di impianti

di condizionamento e trattamento aria che vedremo

però più nello specifico successivamente. Il

funzionamento di questo impianto, si basa su

continue variazioni di pressioni e volume, di una

relativamente piccola massa costante di un liquido,

con particolari proprietà chimico fisiche, chiamato

“refrigerante” che viene fatto passare, tramite un

compressore, in un condensatore, successivamente

attraverso una valvola di laminazione e poi

nell’evaporatore.

» Il funzionamento del compressore avviene grazie all’energia elettrica che esso assorbe dalla

linea di alimentazione.

In funzione del rendimento del compressore tale energia elettrica viene trasformata parte in

energia meccanica (che consente di far circolare il refrigerante nel circuito) e parte in energia

termica (che produce un riscaldamento del refrigerante allo stato di vapore in uscita dal

compressore).

In alcuni tipi di compressori viene realizzato uno scambio termico tra il refrigerante entrante nel

compressore e gli avvolgimenti elettrici del rotore e dello statore del compressore stesso, con il

duplice scopo di raffreddare questi ultimi e di vaporizzare eventuali goccioline liquide presenti

nel refrigerante prima che giungano nel cilindro per la compressione.

» Al condensatore il refrigerante entra allo stato di vapore ed esce allo stato liquido: il

passaggio di stato avviene in conseguenza dello scambio di energia termica (calore) tra il

refrigerante e l’ambiente esterno.

La quantità di calore ceduta dal refrigerante verso l'esterno è pari alla quantità di calore

acquistata durante il passaggio nell'evaporatore aumentata dell'equivalente termico del lavoro di

compressione (ossia della quantità di calore dovuta all'aumento di pressione del gas)

» Nell’organo di laminazione il refrigerante si raffredda e diminuisce di pressione: la resistenza

che il refrigerante liquido incontra nell’attraversare l’organo di laminazione fa spendere ad una

parte di refrigerante l’energia termica che possiede (ed in conseguenza di ciò esso si raffredda).

Tale energia viene assorbita dalla restante parte di refrigerante che grazie ad essa vaporizza.

Durante il processo di laminazione non si ha scambio di energia termica tra refrigerante ed

ambiente esterno ma solo un trasferimento di tale energia all’interno del refrigerante stesso

(processo adiabatico).

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» All’evaporatore entra refrigerante allo stato liquido (più una piccola parte di vapore) ed esce

refrigerante allo stato di vapore: il passaggio di stato avviene grazie allo scambio di energia

termica tra la sorgente da raffreddare (la cella frigorifera o l’ambiente da condizionare) ed il

refrigerante. Oltre che nei quattro componenti fondamentali di un impianto frigorifero si possono

realizzare scambi di energia anche in altri punti dell’impianto stesso: basti pensare alle più

comuni procedure per il surriscaldamento del vapore nella linea di aspirazione o al

sottoraffreddamento del liquido in uscita dal condensatore.

Rappresentazione grafica di un ciclo limite:

Nella figura è riportato il diagramma entalpico p-h per il fluido frigorigeno R22 e le varie

trasformazioni che interessano su tale piano relativamente al ciclo frigorifero elementare.

Descriviamo ora schematicamente le quattro trasformazioni che il fluido frigorigeno subisce

nella macchina frigorifera.

· La trasformazione 1- 2 è la compressione durante la quale il fluido frigorigeno (allo stato

gassoso) proveniente dall’evaporatore viene inviato al condensatore, si osserva quindi il

passaggio dalla pressione pe alla pressione pc e il cambiamento della temperatura che da te passa

a tc. Il lavoro che il compressore effettua è dato dalla variazione di entalpia scriveremo quindi la

seguente relazione: Lc = h2 – h1

· La trasformazione 2 - 3 è isobarica e rappresenta la condensazione a temperatura tc preceduta

da un desurriscaldamento. Durante questa trasformazione il fluido frigorigeno cede il calore dato

da: qc = h3 – h2

· La trasformazione 3 – 4 interessa la valvola di laminazione dove il fluido (divenuto ormai

liquido) si espande in modo isoentalpico passando dalla isobara pc a quella pe a cui corrisponde

l’abbassamento della temperatura da tc a te.

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· La trasformazione 4 – 1 rappresenta la fase attiva del ciclo ovvero dove si riscontra l’effetto

frigorifero. Il fluido frigorigeno evapora nell’evaporatore a pressione pe e alla temperatuta te

assorbendo calore che si esprime: qe = h1 – h4

Per valutare l’efficienza di una macchina frigorifera ci avvaliamo di una ulteriore relazione che

ci fornisce il coefficiente di effetto frigorifero. Tale coefficiente è denominato C.O.P. (coefficent

of performance) cioè coefficiente di prestazione. C.O.P.= qe / Lc

Per ogni fluido frigorigeno esiste il proprio diagramma che avrà come ordinata la pressione in

scala logaritmica e come ascissa l’entalpia.

Per capire il funzionamento effettivo che svolgono i componenti li associamo passo passo alle

trasformazioni del ciclo:

Spiegazione della produzione del freddo:

Perchè il frigorifero produce freddo? Per dare una spiegazione ci riferiamo alla figura a lato, che

mostra la vista esplosa dei vari componenti.

Il circuito frigorifero è composto da un evaporatore (posizione

7 e 9) dentro il quale circola un liquido refrigerante che ha la

proprietà di evaporare a temperature molto basse (anche -30/-

40 °C).

Per evaporare tale liquido ha bisogno di calore (il cosiddetto

calore latente di evaporazione), che sottrae all'aria che è

presente all'esterno dell'evaporatore, nella cella frigorifera

(posizione 4).

Togliendole calore, l'aria si raffredda. Per avere differenti

temperature dell'aria dentro la cella esiste un termostato,

regolabile mediante una manopola (posizione 3). Il termostato ha un elemento sensibile

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(posizione 10) che solitamente viene collocato a contatto con l'evaporatore per sentirne la sua

temperatura.

Il refrigerante, una volta evaporato, viene aspirato allo stato gassoso dal compressore (posizione

13), che lo comprime (aumentandone la sua pressione) e lo spinge verso il condensatore

(posizione 8) posizionato nella parte retrostante del frigorifero. Qui il refrigerante cede il calore

posseduto (che aveva acquistato passando dentro l'evaporatore) all'aria che lambisce

esternamente il condensatore. Per tale ragione il condensatore è sempre molto caldo! (posizione

6) Cedendo calore, il gas si trasforma in liquido (fenomeno della condensazione). Passando in un

tubicino molto sottile, il liquido diminuisce fortemente la sua pressione e risulta così pronto per

transitare nuovamente nell'evaporatore, dove è in grado di produrre un'ulteriore quantità di

freddo. L'apertura della porta del frigo (posizione 1) provoca l'entrata di aria calda e umida nel

frigorifero. Tale umidità, a contatto con la superficie fredda dell'evaporatore tende a congelare,

formando la brina. Periodicamente è necessario, quindi, procedere allo sbrinamento, per evitare

che il frigorifero raffreddi di meno e consumi di più. L'acqua proveniente dallo sbrinamento

viene raccolta in un gocciolatoio (posizione 12) che convoglia tale acqua all'esterno del

frigorifero, sopra il compressore, che grazie all'alta temperatura a cui si trova riesce a farla

evaporare.

Tecniche ed accorgimenti per aumentare il coefficiente di effetto frigorifero:

Compressione a due stadi con refrigerazione intermedia

Un aumento del coefficiente di effetto frigorifero può essere ottenuto effettuando una

compressione a due stadi refrigerando il fluido frigorifero all’uscita della prima fase di

compressione. Tale accorgimento produce notevoli vantaggi: per primo riduce il lavoro di

compressione, basta ricordarlo dalla relazione della compressione a stadio unico : Lc = h2l –

h1 Con la compressione realizzata da un compressore bistadio risulta invece la seguente: Lc

= (h2 – h1) + (h4 – h3). Per realizzare tale ciclo bisognerà utilizzare un compressore bistadio e la

refrigerazione intermedia che dovrà sottrarre la quantità di calore: qr = h2 – h3 mediante un

opportuno refrigerante

Compressione due stadi con refrigerazione intermedia e sottoraffreddamento

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Per migliorare ulteriormente il coefficiente di effetto frigorifero oltre a diminuire il lavoro di

compressione si procede al sottoraffreddamento del liquido frigorigeno. Si ottiene così un

aumento dell’effetto frigorifero ed una diminuzione del lavoro di compressione. Utilizziamo

come fluido refrigerante lo stesso fluido frigorigeno del circuito sia per effettuare la

refrigerazione intermedia del fluido frigorigeno, tra i due stadi del compressore, che per

sottoraffreddare il fluido frigorigeno all’uscita del condensatore . L’impianto può essere

realizzato in due modi con cicli frigoriferi differenti, noi analizzeremo un impianto frigorifero a

due stadi con espansione intermedia parziale :

Si osserva l’uscita del fluido frigorigeno dal

condensatore (6), lo stesso fluido si divide secondo

due tubazioni distinte, una piccola parte di esso (x)

viene inviata alla valvola di laminazione dove si

espande alla pressione pi ed inviata direttamente al

refrigeratore intermedio (7). Allo stesso arriva il

fluido frigorigeno surriscaldato proveniente dal primo

stadio di compressione. I due fluidi si miscelano nella

parte superiore, uno desurriscaldandosi e l’altro

vaporizzando (x). L’altra aliquota (1-x) proveniente

dal condensatore entra nel refrigeratore intermedio

che funziona anche come uno scambiatore a superficie

e si raffredda per poi entrare nella valvola di

laminazione principale. Il fluido frigorigeno passa

così dal punto 6 al punto 8 sottoraffreddandosi. Con

l’espansione nella valvola di laminazione principale il

fluido frigorigeno si porta nel punto 9 all’entrata

dell’evaporatore, esce vaporizzato nel punto 10 e si

surriscalda passando da 10 a 1, per compiere poi un

nuovo ciclo.

Pompa di calore e frigorifero

Analizzando il ciclo frigorifero, abbiamo visto che l'effetto ottenuto è quello di trasferire calore

da un ambiente interno ad uno esterno; non abbiamo però dato alcuna importanza al calore

ceduto all'aria esterna, considerandolo come perduto in quanto ciò che interessava era

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raffreddare l'aria interna. Però questo è un effetto che può essere utilizzato dato che il calore

ceduto all'ambiente può risultare molto utile d'inverno per riscaldare l'ambiente stesso. L'idea è

molto semplice. Tenendo fissi i due scambiatori di calore, se al posto di percorrere un ciclo

frigorifero in senso orario come abbiamo visto finora, lo percorriamo in senso antiorario,

l'evaporatore, che prima raffreddava l'aria, diventa un condensatore in grado di riscaldarla.

Questa inversione del ciclo è realizzata in un condizionatore che funziona anche come pompa di

calore. Esso sarà in grado di raffreddare l'ambiente in estate e riscaldarlo in inverno solo

percorrendo il ciclo frigorifero in senso orario o in senso antiorario. L'inversione richiede

l'inserimento nel circuito di una valvola a quattro vie che permetta, a seconda della funzione su

cui è commutata la macchina, di inviare il fluido in uscita dal compressore, indifferentemente

nella batteria interna o in quella esterna che in questo caso non sono state indicate coi termini di

condensatore ed evaporatore in quanto si scambiano vicendevolmente le loro funzioni.

Concludiamo dicendo che ci sono due tipi di funzionamento della Macchina frigorifera:

· La pompa di calore, che produce un riscaldamento

· Il frigorifero, che produce un raffreddamento

Nota: Il rendimento della pompa di calore (Cop = Coefficent of performance)è sempre il

rapporto tra ciò che entra e ciò esce dal sistema, perciò in questo caso sarà il rapporto tra il

calore prodotto nel condensatore (Qc) e il lavoro del compressore (Lc): C.O.P. = Qc / Lc

solitamente il Cop è uguale al coefficiente di prestazione del frigorifero più uno, e questo è

significativo perché dimostra che a pari consumi il rendimento della pompa di calore sarà

sempre maggiore di quello di un frigorifero.

Riscaldamento tramite pompa di calore:

Nel caso di funzionamento invernale il cassetto interno della valvola a 4 vie si è spostato

mettendo in comunicazione il lato ad alta pressione del compressore (scarico) con la batteria

interna che diventa calda e si comporta da condensatore, ed il lato a bassa pressione

(aspirazione) con la batteria esterna che diventa fredda e si comporta da evaporatore: abbiamo

così realizzato un ciclo che utilizza il calore del condensatore che nel caso estivo veniva invece

disperso.

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Fig.: Esempio di utilizzo di una pompa di calore per il generico riscaldamento di una casa,

mediante raffreddamento dell’aria esterna.

Raffreddamento con “frigorifero”

Nel caso di funzionamento estivo il percorso dl fluido è inverso ovvero con la parte calda

costituita dalla batteria esterna che si comporta da condensatore.

Fig.: Esempio di raffreddamento di una generica casa, mediante riscaldamento dell’aria esterna.

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I fluidi frigorigeni

Come si è detto, vengono definiti frigorigeni i fluidi utilizzati negli impianti frigoriferi e a

pompa di calore.

Un fluido frigorigeno deve avere particolari caratteristiche:

· Non deve essere pericoloso per le persone,

· Non deve essere dannoso per l’ambiente,

· Non deve aggredire chimicamente i componenti del ciclo;

In più

· Deve poter mantenere all’interno del suo campo di lavoro, una pressione maggiore di quella

atmosferica, al fine di impedire entrate di aria umida nell’impianto;

· Occore che presenti nelle normali condizioni operative, un rapporto non troppo elevato tra e

pressioni di condensazione ed evaporazione, per minor consumo di energie per la compressione;

· Occorre infine, che alla temperatura di evaporazione, sia particolarmente elevato il valore

del calore latente di cambiamento di fase, mentre allo stesso tempo deve essere basso il valore

del volume specifico, per diminuire la portata volumetrica per unità di flusso termico asportato.

Anche l’acqua presente certe caratteristiche che soddisfano queste condizioni: è infatti

assolutamente ecologica e a basso costo, ma purtroppo non consente di scendere a valori

inferiori di 0°C. Inoltre il suo volume specifico alle basse temperature è elevato, con pressioni di

saturazione piuttosto ridotte. Ciononostante l’acqua si presta a certi compiti, come nelle

macchine frigorifere ad assorbimento, utilizzate nel condizionamento ambientale.

Oltre all’acqua, nel corso della storia si sono provati altri fluidi “naturali”, tra i quali anidride

carbonica, propano e l’ammoniaca ( l’unica utilizzata ancora ai nostri giorni, con le dovute

precauzioni che impone, specie nei grandi magazzini frigoriferi).

Con l’avvento dei fluidi alogenati, ottenuti partendo dal metano o dall’etano, per sostituzione,

totale o parziale, degli atomi di idrogeno con atomi di cloro e fluoro (dai quali poi prendono il

nome di Cloro-Fluoro-Carburi), si è abbandonato l’utilizzo dei prodotti naturali.

I fluidi alogenati, hanno buone caratteristiche;

· Non sono tossici

· Non sono infiammabili

· Non sono corrosivi

· E sono caratterizzati da proprietà termodinamiche favorevoli,

· E infine per ogni campo di applicazione a varie temperature, è possibile scegliere tra uno o

più fluidi frigorigeni che possiedano i più adatti requisiti

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Si capisce perciò come i fluidi frigorigeni “naturali” siamo stati abbandonati quando la DuPont

ha messo sul mercato questi nuovi fluidi specifici, sotto il nome commerciale di “Freons”.

Ora la normativa tende a catalogare questi fluidi sintetizzati, contraddistinguendoli con l’iniziale

R della parola inglese “Refrigerant”, seguita da un numero con più cifre che ne identifica la

composizione chimica.

Quanto calore si deve togliere ad un litro di acqua per diminuire la sua temperatura?

Quanto calore si deve togliere ad un litro di acqua per diminuire la sua temperatura, senza che

cambi di stato?

Dipende di quanti gradi si vuole raffreddare l'acqua. E se vogliamo raffreddare due litri di acqua,

occorre sottrarre la stessa quantità di calore? Ovviamente no, occorre sottrarne di più. E se

invece di raffreddare un litro di acqua volessimo raffreddare un litro di un'altra sostanza? La

nostra esperienza ci dice che è necessario sottrarre una differente quantità di calore. Ma allora

come esprimere tutto questo in forma matematica?

Se chiamiamo Q il calore che deve essere sottratto alla sostanza, cs il suo calore specifico, tf la

temperatura finale e ti la temperatura iniziale, allora possiamo scrivere la seguente

equazione: Q = Cs . m

. ( ti – tf )

Da essa notiamo come la quantità di calore sensibile da sottrarre risulta direttamente

proporzionale alla massa della sostanza, al suo calore specifico, ed alla diminuzione di

temperatura che vogliamo ottenere.

Esempio

Per raffreddare 1 litro di acqua dalla temperatura di 30 °C a 2 °C occorre sottrarre una

quantità di calore pari a

Q = 4,18 x 1 x ( 30 - 2 ) = 117,04 kJ

Evidentemente il raffreddamento di una quantità doppia di acqua richiede la sottrazione di

una quantità doppia di calore


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