Download - Vertical branding nella moda
Vertical
branding Nella
Moda
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Indice Introduzione
Prima parte il Brand
1 Il ruolo del brand
1.1 Che cosè?
1.2 Evoluzione
1.3 Brand identity
1.3.1 I testimonial
1.4 Rivisitazione di brand storici
1.5 Brand Name ( l’ importanza della scelta del nome)
2 La costruzione del Brand
2.1 I driver del desiderio
2.2 Desideri Specifici
2.3 Il manifesto del Brand
2.4 Lo Scenario Competitivo
2.5 Definire il core target
2.6 Il marketing mix
2.6.1 Il prodotto
2.6.2 Il prezzo
2.6.3 La distribuzione
2.6.4 La comunicazione
2.7 Collezioni e Sfilate
2.8 Le promozioni delle collezioni
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3 .1 Merchandising
3.2 Co-branding
3.3 Licensing
3.4 Brand Extention
Seconda parte Il retail nella moda
4.1 Che cosè il retail e il concetto di mega –marca
4.2 Il modello Retail Brand equity
4.3 Il retail Strategic Planning
4.4 Scenari futuri
5 Progettazione di Pv
5.1 Come cambia il punto vendita
5.2 La centralità del cliente ,che cosa cerca
5.3 Lo shopping experience
5.4 La Multicanalità
6 Il monomarca , flagship, corner, outlet.
6.1 Il Monomarca
6.2 Flagship Store
6.3 Corner
6.4 Factory outlet
Terza parte Distribuzione
7 Integrazione verticale
7.1 Che cosè? Come è fatta?
7.2 Aspetti critici del Vertical Branding
7.3 La time based competition :Zara , H&M
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7.4 Una realtà italiana: Benetton
8 Negozi indipendenti multimarca, il grande magazzino oggi , l’abbigliamento in
Carrefour e Coop.
8.1 I negozi indipendenti multimarca
8.2 Il grande magazzino oggi
8.3 L’abbigliamento in Carrefour e Coop
9 Caso Aziendale
9.1 Calzedonia
9.2 Stonefly
9.3 Geox
9.4 Tods
10 Conclusioni
11Bibliografia
Introduzione
La moda , i vestiti , le sfilate, le collezioni sono da sempre oggetto di attrazione per chi
è affascinato da questo mondo, e si ritrova a cercare nelle vetrine e guardare nelle riviste
per trovare ed acquistare il capo, il vestito o la scarpa che più li si addice, costruendo via
via un guardaroba ed un ‘insieme che rappresentino in ugual modo la personalità e lo
spirito della persona dal punto di vista interno quanto esterno.
Essere alla moda non significa solamente vestirsi con i capi firmati,ma è uno stile ,un
modo di fare che ti contraddistingue nella vita quotidiana, nel tuo “io” personale, nella
voglia che si ha ogni giorno di cambiare il proprio look senza essere schiavi delle
maison, ma costruirsi uno style personale e unico che ci renda liberi di essere noi stessi.
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I cambiamenti e il riposizionamento del consumatore moderno su un livello attivo e non
più passivo della comunicazione, l’eccesso di informazioni, advertising, da parte di
tutti i competitors del settore moda, causano una perdita di efficienza e una
diminuzione di recezioni dei messaggi lanciati con i media tradizionali.
Nasce allora la profonda convinzione da parte delle aziende che vogliono conoscere e
conquistare il consumatore, di operare con un contatto più diretto, autorevole e
profondo.
Per gestire questi elementi si ha bisogno di una strategia accentrata sul consumatore ,
una completa autonomia dalla creazione del prodotto, alla sua vendita, l’assenza di
brand concorrenti nelle location, e il bisogno di far cogliere al cliente i valori, le
peculiarità che distinguono il marchio . In questi tempi di crisi economica il
consumatore necessità di essere coinvolto in modo completo , facendogli vivere una
shopping experince , ogni volta che si reca nel punto vendita. Egli sente il bisogno di
essere emozionato, sorpreso e accompagnato da luci, storie e valori nell’esperienza di
acquisto , affinchè ci sia una gratificazione , un piacere che si aggiunge oltre al
prodotto voluto.
I primi segnali incominciano a cogliersi intorno agli anni Novanta, quando inizia a
diffondersi la convinzione che il punto vendita multimarca sia inadatto per trasmettere
pienamente l’immagine e i valori dei Brand, e la creazione attorno ad essi di attributi
intangibili ha spinto le imprese ad integrarsi a valle, cercando nuove sinergie tra
produttori e distributori con il risultato dell’apertura dei i primi punti vendita
monomarca, ai quali sono seguiti la creazione di più grandi superfici come i flagship
store.
La tesi affronta il tema del Vertical Branding nel settore moda, è suddivisa in tre parti :
nella prima parte si parla del brand , il suo significato , la sua evoluzione nel tempo, e il
come viene usato oggi per trasmettere e comunicare i valori ai consumatori. Vengono
inoltre affrontate con relativi esempi gli argomenti del Merchanising, Co-Branding,
Licensing, e Brand extention. Nella seconda parte sono trattati argomenti più tangibili
come il concetto di retail, la struttura del punto vendita , la presenza di monomarca e
flagship store ,nella terza parte invece si parla più apertamente del Vertical Branding e
di come le aziende più importanti l’hanno attuato, presentando sia realtà estere come
Zara ,H&M, che esempi italiani come Benetton.
Infine è stato svolto un caso aziendale , con colloqui ed interviste, volto a cercare di
capire e confrontare come alcune importanti aziende Italiane, hanno attuato il Vetical
Branding.
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PRIMA PARTE
Il Brand
1.1) Il Ruolo del Brand ,che cose ?
Quali prodotti scelgono i consumatori? Perché acquistano un prodotto piuttosto che un
altro a parità di prezzo? Che cosa cercano nel prodotto?
Sono solo alcune domande che ci poniamo nel momento in cui viene preso in esame il
lancio di un nuovo prodotto sul mercato, oppure se ci troviamo nella necessità di dover
incrementare le vendite o contrastare un prodotto concorrente.
Il consumatore di oggi è complesso , difficile da conquistare e soddisfare sempre più
esperto nel sapere cosa cerca e di come vuole essere.
Il successo di un prodotto si basa oggi più di ieri su elementi intangibili, che hanno la
funzione di differenziarlo rispetto ai concorrenti e di costruire una solida relazione con i
propri consumatori. Questi elementi intangibili sono alla base del concetto di brand ,
ovvero quel processo che rende visibile e unico un prodotto rispetto ad un altro
nella stessa categoria.
Il concetto di brand è una realtà concreta, che rappresenta determinati valori che unisce
consumatore e azienda nel momento dell’acquisto1.
Il brand oggi è uno stato di essere, (un “Groove” come lo chiamano i musicisti) ,una
serie di elementi intangibili, dove la persona si ritrova nella sua totalità, interezza e si
sente avvolto, coinvolto e il tutto si unisce con la parte più interiore dell’ individuo
che si ricerca nel modo di essere e vestire.
Il brand diviene assolutamente vitale in un contesto complesso, discontinuo o di
ipercompetitività .Il brand deve aiutare il prodotto ad essere la prima scelta in una
determinata categoria in cui ce ne sono altri simili o che si equivalgono per prezzo e per
performance .
1 Il Sole 24ore.
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Non esistono ricette per creare un brand di successo ma esiste un approccio corretto, che
si basa sulla capacità di ascoltare il cliente, su una attenta costruzione dell’ immagine,
sulla reputazione aziendale, leadership, sulla capacità di comunicare e di creare
relazioni lunghe e durature, il brand deve e può distinguersi per il suo carattere
innovativo, lo stile ricercato ma allo stesso tempo glamour, oppure puntare ad essere
una combinazione di artigianalità e industrializzazione, come lo sono molti brand della
moda italiana, che si distinguono nel mondo ,proprio per questo.
La comodità di Replay
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Le libertà di essere Armani
L’inconfondibile eleganza di Chanel
Esistono delle regole per sviluppare un brand Vincente che sono valide in qualsiasi
mercato , e possono essere riassunte in quattro punti:
1) mantenere la promessa iniziale in termini qualitativi e di performance-servizio
(valori tangibili);
2) differenziarsi soprattutto in termini culturali, innovare;
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3)Essere portatore di principi e valori in cui il consumatore si possa riconoscere
ed entrare in relazione con l azienda ( valori intangibili);
4)Sviluppare una elevata capacità attrattiva attraverso una sapiente strategia di
comunicazione che si basa sull’ ascolto del mercato e del consumatore.
1.2 Evoluzione. Il concetto di evoluzione del brand che vogliamo sviluppare è legato
oltre che ,ad una vero e proprio cambiamento del significato originale ,anche ad una
sua costruzione di identità specifica; è infatti proprio grazie a questa che la marca può
rendersi riconoscibile e differenziarsi. Il mercato di oggi impone di superare la classica
visione funzionale, per assumerne una nuova, di narratore , in grado di raccontare storie
che coinvolgono la marca. I consumatori tendono sempre di più a valutare i prodotti per
quello che rappresentano a livello simbolico, si rivolgono verso quei marchi che
rispecchiano i propri ideali. Sempre di più la capacità di costruire miti, di farne
un”fenomeno di massa”, è un elemento caratterizzante del brand che rappresenterà la
linea di demarcazione tra prodotti di successo e prodotti mediocri.
Esempio scarpa Superga
Un esempio che merita di essere analizzato è quello relativo alle scarpe Superga.
Le Superga nascono nel 1913, quando la società "Walter Martiny" decide di mettere in
fabbricazione le scarpe con suola in gomma marchiate Superga. Nel 1925 inizia la
produzione di calzature con fondo in gomma vulcanizzata. Dopo la guerra, Superga
riprende la produzione e si concentra sulla fabbricazione delle calzature, mentre nel
1975, risentendo della nuova crisi che colpisce il mercato italiano, l’azienda si
specializza nella fabbricazione di articoli sportivi debuttando ufficialmente nel settore
dell'abbigliamento sportivo nel 1981. Le Superga da allora sono state viste ai piedi di
milioni di giovani, sotto i jeans e rigorosamente senza calzini; i teenager le amavano
perché costavano poco e si presentavano in tantissimi colori; le mamme, forse, le
adoravano perché, una volta sporche, si buttavano in lavatrice per poi tornare come
nuove. Dal Febbraio 2004, infine, Basic Net ne ha assunto la licenza mondiale per
produrne e distribuirne i prodotti e, dalle ultime apparizioni, è possibile notare
l’andamento positivo. Per la campagna di rilancio 2008 i vertici aziendali hanno colto
una casuale ma interessante opportunità verificatasi una ventina di giorni prima di
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Sanremo 2008, quando il conduttore Chiambretti ha contattato la nota ditta di calzature
(Superga) per chiedere un modello originale. Come è noto, Il sig. Chiambretti ama
indossare le scarpe da tennis sotto lo smoking e gli era stato proposto quindi di puntare
su un paio di scarpe color oro.
Il colore però era stato giudicato troppo banale, ed è stato deciso per un tricolore visto
che si trattava del Festival della canzone italiana. Il problema è che, all’indomani della
chiusura del Festival, su alcuni quotidiani è apparsa la foto della scarpa tricolore,
accompagnata dalla scritta “People’s shoes of Italy”.Da qui nasce la riflessione: su quali
possono essere , forse gli elementi di successo del brand che diventa in rapido tempo
uno dei prodotti più venduti dell’anno ; forse le regole che ho elencato prima per un
brand vincente né sono una guida, ma essa deve essere accompagnata anche dalla
ricerca dei giusti testimonial, e dalla capacità di saper cogliere le opportunità degli
eventi.
Esempio Belstaff un prodotto che è ormai diventato “un must” per l’abbigliamento è il
giubbotto in pelle Belstaff il capo venduto in grande quantità da molti anni, ed è spesso
indossato da grandi attori nei film, e vip nelle serate” mondane” ,facendolo diventare un
elemento di tendenza.
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Esempio Converse :per non parlare poi della scarpa converse; il successo si commenta
da solo, è una delle scarpe più vendute in assoluto negli ultimi anni, si adatta a tutti i tipi
di style: durk, punk, street,fashion, è ormai un accessorio in possesso di almeno ogni
giovane, e non solo; il brand è stato acquisito dal colosso Nike che ne ha rilanciato il
mercato.
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1.3 Brand Identity
Negli ultimi tempi quindi fattori come la moltiplicazione dei prodotti disponibili, la
saturazione dei mercati, la maturità dei consumatori; pongono la marca di fronte a nuovi
scenari. L’ abbinata presenza di valori tangibili e intangibili concorrono alla identità
specifica di un determinato brand che si riunisce nella brand identity cioè quel
processo costruttivo che porta alla identità della marca. Definendola ,possiamo dire che
è tutto quello che un azienda vuole che i suoi consumatori percepiscano utilizzando i
suoi prodotti: è espressione esterna di un marchio e ne comprende il suo nome e la sua
immagine personale.
Composizione della Brand Identity :
Il posizionamento ( target, e le differenziazioni con la concorrenza)
La visione ( Gli obbiettivi a cui tende il brand)
La cultura d azienda ( comportamenti atteggiamenti valori)
L immagine ( la percezione complessiva dell’azienda da parte dei suoi clienti e
interlocutori interni ed esterni)
Chi alimenta la brand identity e ne determina il successo:
il target:
- il consumatore soddisfatto
- gli opinion leader
- i testimonial
Le Strategie di distribuzione:
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- accessibilità del prodotto su tutto il territorio nazionale ed internazionale
La corretta strategia di comunicazione:
- advertising
- Promozioni
- Attività below the line
1.3.1 I testimonial
Esempi di come alcuni brand scelgono i proprio testimonial:
Testimonial Armani:
E’ noto il connubio che lega Giorgio Armani al mondo dello sport e in particolare al
calcio, spesso la scelta cade sui più grandi giocatori al mondo, tra cui Ronaldo, Luis
Figo, Thierry Henry, Christian Vieri, Fabio Cannavaro, Andriy Shevchenko e Kakà.
Giorgio Armani è stato anche il primo stilista ad avere come testimonial un calciatore,
quando scelse David James come protagonista della sua campagna pubblicitaria Armani
Jeans primavera/estate 1996..Oggi il testimonial 2008 è David Beckham.
Testimonial Nike:
La Nike vuole rappresentare una cultura di sport, spettacolare, fatta di sogni, del come
un individuo comune voglia sentirsi campione usando gli stessi tessuti e accessori dei
suoi idoli dello sport.La Nike punta di base su un’alta qualità dl prodotto in più il
brand viene valorizzato con l’, mi voglio spiegare meglio;il vivere a braccetto con il
brand, con la scarpa , la maglietta che ti riesce a fornire la qualità tecnica, poi la voglia
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di vincere ce la metti, tu. E’ forte questo connubio tanto da divenire uno solo
integrandosi , e accompagnado il cliente che oltre a rimanere soddisfatto, si fidelizza al
brand. Quindi Just do it! Dove vuoi, fallo e basta .Non importa chi sei cosa vuoi, se ce
la farai provaci.
1.4 Rivisitazione di brand storici
Parlando di brand, non possiamo aprire una parentesi su una manovra di successo
attuata da molte aziende. in questi ultimi anni, cioè il ri-lancio e la rivisitazione di alcuni
brand storici. Chiamate operazioni “nostalgia”, rievocano in piena regola marchi noti
nel passato per portarle alla ribalta. La riedizione, di marchi mito che hanno segnato gli
anni del boom economico sono stati un forte caso di successo non solo nel mondo della
moda; per citarne alcuni pensiamo al fenomeno Fiat 500, e Mini Cooper della casa
tedesca BMV, inoltre secondo stime degli esperti il rilancio di un brand già noto
permette di ridurre i costi del lancio del prodotto del 30- 70 % , mentre se ex-novo i
costi sono altissimi e spesso insostenibili,(nella sola Inghilterra parliamo di 12-15
milioni di euro investiti in pubblicità). Quando invece si sfrutta un brand gia noto i costi
sono molto minori, alcuni casi di recente successo sono :
Moncler
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Azienda Francese, specializzata nella creazione di piumini, particolari giacche imbottite
di piume, è tornata alla ribalta rievocando e proponendo in chiave moderna lo stile del
“ Paninaro”, è diventato oggetto ricercato e fenomeno delle ultime collezioni, indossato
spesso e volentieri da Vip e personaggi dello spettacolo, si distingue per lo stile e per il
posizionamento status che ne contribuisce a chi lo indossi. Oggi è il primo piumino
d’Europa, con la differenza che se negli anno ottanta era alla portata anche della classe
media, oggi per molti è solo un sogno visto i prezzi che vanno da 400-500 euro fino a
3500 euro per quelli di edizioni limitate.
Lacoste
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Sembrava passato, invece ora possiamo definirlo presente e chissà, probabilmente
futuro. Il marchio ideato da Renè Lacoste nel 1933, per anni simbolo di tendenza e
segno distintivo per giovani cool, è di nuovo tornato di moda.. Oggi Lacoste ha saputo
rinnovarsi e trovare nuova luce ma mantenendo fermo il proprio stile. Negli anni 80,
vestire Lacoste era considerato davvero un segno distintivo.
Poi per un po’ di anni di Lacoste si è persa traccia, restando confinato ad un élite di
acquirenti fedeli e solo saltuariamente legato a soluzioni sportive piuttosto appetibili.
Ora il coccodrillo è tornato, è di nuovo in voga. E questo è stato possibile solo grazie ad
un progetto di rinnovamento iniziato nel 2006 dal designer Junya Watanabe, che ha
magistralmente curato anche la collezione di quest’anno, intervenendo prima sulla linea
scarpe e poi sulle polo, giocando a confondere il coccodrillo tra le tinte spesso accese e
frizzanti.
Tanta pubblicità, tanti eventi. Lacoste ha scelto il duo canoro Paola & Chiara elevandole
a nuove muse ispiratrici e firmando gli abiti del loro ultimo video Vanity and pride, che
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più che un videoclip appare come un lungo spot pubblicitario.
L’ambientazione? Una partita di tennis, classico esempio di come sport ed esperienza
Lacoste possano entrare in simbiosi per creazioni d’avanguardia e innovative.
Mantenendo ben salde le radici del marchio .
1.5 Brand Name , l importanza della scelta del nome.
Il momento della scelta della nome è molto delicato, ed importante per lo sviluppo ed i
possibili scenari che il brand si trova ad affrontare. Esso rappresenta il primo punto di
contatto con l’esterno, ha la funzione di anticipare ma non troppo i contenuti del
messaggio che l’ azienda vuole trasmettere (In un contesto di mercato nel quale i
prodotti mostrano avere cicli sempre più brevi e i consumatori hanno sempre meno
voglia di individuare elementi di differenziazione, il consumatore tende a privilegiare
l’ immagine del prodotto, vedendo nel nome una identità sempre più simbolica e
sempre meno verbale. E’ possibile individuare alcune linee generali da seguire nella
scelta del nome:
1 )Il nome deve essere descrittivo :in modo da semplificare la sua percezione e la sua
precisa collocazione, tuttavia un nome eccessivamente descrittivo non permette di
differenziarsi all’ interno della categoria, inoltre ne limita la capacità comunicativa, non
consentendogli di cogliere le opportunità ne di difendersi dalle minacce che possono
creare. Ci sono nomi che nel tempo hanno perso la loro rilevanza altri invece che con
politiche basate sulla esplicitazione dei propri valori base si sono mantenute nel corso
degli anni sempre su elevati standard.
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2)Il nome non deve essere troppo lungo: Viviamo ormai in un mondo dove la velocità
e la sintesi sono fondamentali e vengono usati anche nei rapporti personali, se pensiamo
per esempio alle sigle che a volte scriviamo negli sms ( TVb, Ki 6, xke? Etc)il
consumatore quindi ha una soglia molto bassa di ricordo e necessariamente privilegia la
sintesi, anche negli spot televisivi si registra una durata che va dai 30 ai 60 secondi oltre
i quali il consumatore perde l’ attenzione.
3) Nella scelta del nome occorre compiere una attenta analisi linguistica:
verificando che il nome sia pronunciabile in modo corretto, e sia privo di connotazioni
negative in contesti linguistici diversi da quelli del paese di origine. Quindi la facile
memorizzazione e pronuncia deve essere verificata a priori. Occorre inoltre che nel
processo di traduzione del nome non si verifichino mutamenti di senso. Per esempio:
“chat room”, che in inglese significa : stanza virtuale in cui si scambiano chiacchiere, in
francese significa stanza del gatto.
Vediamo come alcuni brand hanno stabilito in modo corretto il proprio nome.
Adolf Dassler fu il fondatore dell'azienda di abbigliamento sportivo che
creò questo nome prendendo spunto dal suo: il suo soprannome era Adi e da Adi e
Dassler nacque Adidas
NIKE: era il nome della dea greca della vittoria. Il logo (il famoso baffo
- swoosh in inglese), rappresenta simbolicamente l'ala della dea della vittoria adorata
dagli antichi Greci.
REEBOK: nel 1895, l'atleta inglese Joseph William Foster ideò e
iniziò a produrre un modello di calzatura dalla suola chiodata per la corsa veloce. Nel
1958, due suoi nipoti fondarono una seconda società che assorbì la J.W. Foster & Sons
e che fu battezzata Reebok, dal nome di una gazzella africana.
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4) Un nome efficace deve essere poter ricordato con facilità: seguendo questo
concetto la scelta di nomi insoliti può rivelarsi azzeccata,stimolando la curiosità del
consumatore e la sua capacità di memorizzarlo. In questo senso si può ricorrere a nomi
apparentemente incongruenti. Un nome per esempio come Diesel che fa ricordare il
petrolio è stato utilizzato dalla famosa azienda di moda, che grazie anche a questa
apparente diversità a costruito in piena libertà il proprio brand.
2 La Costruzione del Brand
La costruzione del brand si articola in sei passi fondamentali:
1)identificare il driver del desiderio su cui costruire il posizionamento del brand;
2)identificare i desideri specifici sottesi al driver scelto;
3) esplicitare il manifesto del brand;
4)Definire lo scenario competitivo;
5)Definire il core target;
6)Sviluppare il marketing mix.
2.1 I driver del desiderio: Quali sono i motivatori dei desideri? Il marketing in
quest’area si avvicina agli studi psicologici e sociali utilizzando diverse metodologie.
Un valido modello può essere quello rappresentato nella figura seguente:
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*Per esempio Nike è associata alla forza e alla prestazione(power e
performance)
*Adidas si posiziona vicino al sentimento di appartenenza ad un gruppo
( belonging)
*Ad esempio aziende come Armani , Richmond, D&G, puntano invece sulla
esclusività, sull’ esercizio del potere e il distinguersi dalla massa, e la tradizione.
*Tod’s , Hogan, Fay invece puntano sullo style , funzionalità, tradizione e
innovazione, qualità e creatività.
*ABSOLUT JOY :durezza, forte personalità, divertimento
*Miss sixty: è Femminile, ironico, esuberante,glamourus e sofisticato.
Ogni brand deve seguire uno o più driver universali, e se ne deve appropriare nel
proprio contesto di mercato.La difficoltà delle attività di marketing è nel capire i
desideri e bisogni per soddisfare i consumatori, e i maggiori problemi derivano dal fatto
che solo il 20 % dei bisogni è esplicito mentre l’ 80 % di questi è inconsapevole al
consumatore. Per questo motivo molte aziende come Diesel, Replay,Gas, utilizzano
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degli strumenti tecnici diretti ad osservare il comportamento del consumatore e a
mettersi in stretto contatto con lui; come il direct marketing .Per esempio inscrivendosi
al sito del brand è possibile accedere al catalogo, ricevere newsletter sull’ azienda,
iscriversi ad una e vera propria community nella quale costruire gestire un profilo
personale, mentre innovativo e odierno è lo spazio interno al sito si riserva per
condividere informazioni sulla musica, arte, e design per creare uno stile un senso di
appartenenza al brand e con il quale condividere sempre più valori guida ,intrecciandoli
con emozioni ed interessi personali.
2.2 Identificare i desideri specifici sottesi al driver scelto.
Il passo che dobbiamo fare è analizzare all’ interno di ciascun driver; gli specifici
desideri da soddisfare.
Impegnarsi a soddisfare pienamente ogni driver , porta il brand al successo e
all’apprezzamento completo e soddisfazione dei gusti della clientela
non bisogna però essere soggetti alla miopia, o per meglio dire non ci possiamo solo
impegnare su un determinato benefit, perchè nel caso arrivasse il giorno in cui il
consumatore cambia la sua importanza verso quel fattore o lo rende semplicemente
scontato per quel determinato prodotto potremmo allora trovarci in sgradevoli
situazioni, di notevole perdita di efficienza.(Vedi caso Volvo). Oggi è ovvio che
quando acquistiamo un capo di alta moda o un accessorio come una borsa di Louis
Vuitton per esempio, lo facciamo per la ricerca del piacere, la bellezza dell’ oggetto,
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l’eleganza e il simbolo che rappresenta, ma diamo quindi per ovvio che, i gli interni
siano cuciti bene, la rilegatura sia raffinata, il colore si presenti costante nel tempo,
diamo quindi per scontati questi elementi. Oggi le aziende che portano al successo il
proprio brand quindi non si concentrano solo in un campo ma se in quello sono
eccellenti, non dimenticano però di investire e progredire anche nelle altre dimensioni
altrimenti sarebbero ben presto raggiunte e superate dai concorrenti. (Per esempio la
Nike si è scontrata con una politica di immagine troppo “dura” per il mondo dell’
abbigliamento femminile.) Consapevole di questo per esempio il colosso sportivo( ha
costruito per la clientela del “gentil sesso” una filosofia ed un messaggio volto a puntare
più sull’ essere donna che sulla competizione. A sostegno della causa nel settembre del
2006 ha lanciato una campagna pubblicitaria dove una campionessa di ballo diceva a
chiara voce” you are your own limit”che tradotto significa ;che solo tu e nessun altro
può decidere qual’e il tuo limite; un’altra campagna in questa direzione è quella sempre
dello stesso anno;chiamata “ Little less hurt” tradotto significa “ un pò meno dolore “
dove molti campioni dello sport vengono visti anche nei loro momenti di sconforto e
dolore , di sconfitta e di fatica, e con queste parole “I hurt myself today To see if I still
feel , I focus on the pain ,The only thing that’s real, emerge la natura più pulita, ma a
volte più nascosta, dello sport: la fatica, il sacrificio, il dolore,la passione . Questa è una
direzione molto importante perchè supera quella esteriorità spesso ricercata, per andare
a coglierne un legame più interno ma più vero. Tornando al nostro brand questo
esempio stà a sottolineare come sia necessario associare il brand a elementi che vadano
oltre il beneficio funzionale, creando nuove e più nascoste ragioni per acquistarlo,
ragioni e aspetti affettivi, fatti di sensazioni e percezioni.
2.3 Esplicitare il manifesto del brand.
Ogni brand stila un suo manifesto, ovvero il faro che impronterà tutto quello che il
marketing e le persone che lavorano sul brand faranno. Non sarà necessariamente
comunicato all’ esterno ma aiuterà gli addetti ai lavori a mantenere coerenza e
consistenza nello sviluppo del brand. Nel manifesto sona esplicitati:
il Goal: ovvero il driver del desiderio con cui il brand vuole essere conosciuto
la Mission: ovvero il macro obbiettivo del brand nei confronti del consumatore
i Valori del brand e ciò in cui crede;
Cosa farà il brand: ovvero quali specifici bisogni/ desideri discriminanti rispetto
ai concorrenti vuole soddisfare
Come lo farà: cioè una serie di regole che suguirà nell’ offrire il prodotto
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2.4 Lo scenario competitivo: ogni brand deve definire il suo scenario competitivo
ovvero il mercato in cui operare, considerando le scelte alternative che il consumatore
può fare per soddisfare il suo desiderio. È un mercato trasversale nel quale ci si trova a
competere con concorrenti sempre nuovi e con logiche diverse; questo scenario
comprende il consumatore odierno sempre più aggiornato e razionale, cha a fatica si
lascia coinvolgere da a acquisti non programmati, ma ben programma e studia i prodotti
al quale è interessato, l industria sempre più focalizzata sullo sviluppo di brand meno
numerosi, ma più globali, la concorrenza sempre più ardua, e la tecnologia che con il
suo sviluppo sta contribuendo alla consacrazioni dei mercati di vendita on-line dei
prodotti, e alla forte applicazione che trova nel realizzare capi sempre più tecnici e all’
avanguardia.
2.5 Definire il core target
Oggi i consumatori in generale e quindi anche quelli del settore moda , tessile e
abbigliamento sono sempre più informati e richiedono che i prodotti soddisfino appieno
le loro esigenze. Le aziende rispondono in modo attivo a questo segnale suddividendo
le collezioni; a questo riguardo si registra un aumento,( oltre alle due classiche
autunno/inverno, Primavera / estate) creando anche linee particolari e specifiche come
possono essere per esempio le linee street, e dark di Zara, la linea limited edition di
Sisley, la linea Cool di Dolce e Gabbana.
Il cliente quindi oltre che già consapevole di quello che vuole acquistare, si presenta
molto attento alle collezioni esposte e alle tendenze del mercato globale. A maggior
ragione in questo periodo di crisi economica dei consumi, oltre alla variabile prezzo il
consumatore richiede implicitamente di essere coinvolto in eventi, o particolari
iniziative per lasciarsi trasportare in occasioni di acquisto. Rispondono in questa
direzione molte aziende tra cui DIESEL , la quale per esempio , per festeggiare i suoi
trent’anni ha lanciato sia feste nei locali milanesi sia una serie limited edition di jeans
di durata 24 ore in tutti i monomarca Diesel del mondo, dove è stato possibile
acquistare al prezzo modico di 30 euro,( i suoi jeans generalmente hanno un
posizionamento sul mercato medio-alto intorno ai 140 euro) il jeans “Dirty Thirty,”sia
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per la versione uomo che donna e visti i risultati si è rivelato un grande successo di
marketing ed una ulteriore manifestazione di forza del Brand di Renzo Rosso.
Jeans Dirty thirty
Diverso direzione è quella intrapresa per esempio da Benetton e Calzedonia, i quali,
cercano con mezzi come, il crescente sviluppo delle propria forza di vendita, o
temporany shop nelle piazze delle grandi città ,di stimolare l’attenzione del cliente, e
coinvolgerlo in una occasione di shopping particolarmente originale e limitata.
Il cliente viene poi classificato all’interno di un target group ; per le aziende è
fondamentale non sbagliare questo tipo di posizionamento, generalmente si parte
dalle dimensioni dei diversi mercati da cui poi sono definiti i target delle diverse
marche e dei diversi prodotti, in relazione alle strategie prescelte.
Il consumatore stesso è inconsciamente scelto dai prodotti, in virtu’ del fatto che la
sua decisione è spesso emotiva mentre quella del produttore è sempre razionale, le sue
motivazioni sono talvolta istintive mentre quelle del produttore sono
scientifiche .L’analisi del target può essere fatta definendone le caratteristiche socio-
demografiche(età, sesso, reddito) o quelle psicologiche( stile di vita ,motivazioni ,etc.)
ma nel tempo questa operazioni si vanno via via facendo molto complesse, quindi oggi
esistono altri criteri di osservazione del profilo dei consumatori . Per esempio
assumono contorni sempre più definiti i concetti di Tribù, di Mondi, e di
Multiappartenenza.2 .Vediamo di capire i loro significati:
La Tribu’: accoglie coloro che sono alla ricerca di un simbolo univoco del
proprio gruppo sociale d’identificazione o aspirazione.
I Mondi: accolgono invece esigenze più estese, meno monodirezionate, e a
queste offrono universi omogenei ed estesi.Per esempio il mondo Ralph Lauren
2 Il lusso..Magia & Marketing, Tartaglia, 2006
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è completo, va dalle camicie ai sottopiatti, dalla borsa da lavoro allo chalet di
montagna. Questi non sono solo oggetti e luoghi ma una visione del mondo
globale.
La Multiappartenenza: è un concetto plurale, è l’adesione congiunta a modelli
culturali, gruppi di riferimento, stili di consumo, comunità reali e virtuali diverse
tra di loro,ma rese “omogenee” dalla persona che le ha scelte.
Il problema di identificazione del target, per un azienda non riguarda più genericamente
l’identificazione di un gruppo di persone omogenee tra di loro , è invece diventato la
ricerca di raggruppamenti di individui che si uniformano solo nella situazione di
consumo di una specifica merceologia o una particolare occasione.
2.6 Il Marketing mix
Il concetto di marketing mix è stato formulato per la prima volta da Borden nel 1953 e
successivamente si è diffuso nella famosa versione delle 4 P(Product, Price , Place,
Promotion) di McCarthy(1960).3
La versione più attuale modifica in parte la denominazione e il significato delle quattro
leve, identificandole nel prodotto , nel prezzo,nella distribuzione e nella comunicazione
Il Marketing mix é l’insieme dei segnali emessi dal prodotto o della marca per
comunicare il proprio posizionamento , cioè la posizione che intende occupare nella
mente del consumatore4.
Queste sono le principali leve attraverso le quali l’azienda può agire per realizzare il
proprio posizionamento, ed in particolare egli può :
trasmettere al consumatore messaggi che gli permettono di posizionare il
prodotto o la marca in una data posizione mentale;
realizzare delle strategie definite
interagire con la moltitudine di stimoli del mercato.
2.6.1 Il Prodotto
3 Concetti e strumenti di marketing,Grandinetti.20024 Il lusso…Magia & Marketing, Tartaglia.2006.
25
Il prodotto rappresenta il fulcro interno al quale ruota l’attività della azienda, il suo
ruolo è quello di rispondere nel migliore dei modi alle esigenze del mercato e del
consumatore .Una valida politica di prodotto si dovrà rapportare ad una serie di
fondamentali caratterizzazioni del prodotto moda, la cui combinazione dovrà essere
fatta in maniera personalizzata e armonica 5. Vediamole qui di seguito:
-Valenza moda: nel prodotto si devono integrare creatività , innovazione,
rappresentatività di un fenomeno ,quindi il bello,il gradevole,il classico, l ‘elegante , il
personale ; tutto ciò che fa moda.
Attualità: cioè una giusta e puntuale risposta a quanto la domanda richiede.
Innovazione: l’offerta deve in continuazione creare nuovi prodotti.
Styling: il prodotto moda richiede assolutamente la componente creativa dello
stilista .
Tessuto: in conformità al trend della moda si sceglie il tessuto che costituirà la base
d’un capo: molti consumatori attraverso il tessuti intuiscono il livello qualitativo del
prodotto
Accessori di completamento: per esempio bottoni,orli, ornamenti vari; hanno una
loro importanza in quanto integrano il prodotto e spesso sono in grado di dare quel
surplus necessario per l’acquisto.
Colore: è l’elemento che il consumatore riscontra per primo e ne favorisce
l’acquisto d’impulso, cambia spesso in base alle stagioni.
Nella moda i colori hanno dei significati simbolici: per esempio il blu è un colore
rilassante e di moda da lungo tempo, si pensi al blu”denim” e al blu “marina”, richiama
affetto,armonia,calma, ma anche freschezza,è un colore rassicurante tipico
dell’abbigliamento maschile formale, è il colore per eccellenza del casual jeans.
Mentre a differenza il viola è un colore seducente, affascinante,suggestivo
5 Il marketing della Moda , Antonio Foglio 2003
26
Qualità: ci riferiamo alla qualità estetico-stilistica, a quella sartoriale, a quella dei
materiali che formano il capo.
Vestibilità : un prodotto moda deve avere una sua vestibilità,deve calzare alla
perfezione a chi lo indossa.
Durata del prodotto: essa dipenderà dai materiali( tessuti,accessori,
complementari)
Equo rapporto qualità /prezzo: la qualità del tessuto, la buona fattura del capo
dovranno incidere in maniera giusta e proporzionata.
Prima di affrontare la seconda leva del marketing mix, vorrei soffermarmi sul ciclo di
vita del prodotto moda 6 che per l’azienda è importante da conoscere e analizzare
correttamente per giustificare una corretta politica di prodotto.
Possiamo rilevare sei fasi distinte e ricorrenti:
1)Studio del prodotto: consiste nel periodo in cui si realizza l’idea di prodotto, è una
fase in cui l’azienda sostiene dei costi e quindi per non correre troppi rischi è
consigliabile realizzare ricerche di mercato cosi da permettere la giusta messa a punto
del prodotto. Si cerca di capire come vogliono vestire i consumatori, si deve arrivare
all’idea del prodotto richiesto e produrlo nel più breve tempo possibile.
2)Lancio del prodotto: avviene generalmente in questo modo; uno stilista crea un look
o stile particolare e lo lancia in un fashion show( sfilata , rassegna fieristica), poi la
stampa esprimerà un parere positivo o negativo ma è chiaro di solito è teso
6 Il marketing della moda, Antonio Foglio, 2003
27
all’approvazione. Infatti giornali come (Vogue, Cosmopolitan, Grazia) hanno assicurato
in più di una occasione la giusta o ingiusta approvazione di un prodotto moda. A questo
punto entrano in gioco i clienti rappresentativi, infatti veder indossati certi capi da
queste personalità non fa altro che completare il lancio.Guardando i costi che in questa
fase saranno alti dal momento che si sommano a quelli iniziali mentre altri investimenti
saranno volti a far conoscere il prodotto.
3)Espansione del prodotto. Il prodotto se tutto procede come previsto,incomincia ad
avere una certa diffusione, alcuni testimonial lo portano, ed è questo il momento in cui
entrano in azione i consumatori ( follower) se il prodotto verrà richiesto dal pubblico
significherà che il suo ciclo di vita è entrato nella fase della crescita, che significa che si
è fatto ben conoscere e i consumatori lo stanno acquistando progressivamente sotto
l’impulso della comunicazione e promozione.In generale questa fase richiede grandi
capacità organizzative nonché energie e risorse atte al raggiungimento degli obbiettivi
previsti.
4)Picco di popolarità /maturità del prodotto. Il prodotto è molto conosciuto, le
offerte incominciano ad avere prezzi differenziati: alti nei negozi esclusivi, bassi o
medio bassi nei negozi del grande commercio e nei negozi tradizionali, il prodotto si è
fatto un certo spazio ed ha anche raggiunto una redditività quasi costante,
conseguentemente i sostegni comunicazionali vengono diminuiti o anche eliminati.
5)Declino del prodotto. La moda è in continuo cambiamento , di conseguenza il look
dell’anno precedente diventa via via obsoleto, anche se alcuni consumatori continuano
ad acquistarlo e a portarlo , esso non riscontra più tanto interesse quindi esso viene
offerto spesso con forti sconti fino ad esaurimento di stock.
6)Rigetto del prodotto. Questa ultima fase evidenzia come il prodotto sia ormai
sorpassato, per cui non solo non lo si compera ma neppure lo si vuole indossare.
Infine parlando di prodotto concludo con un’ analisi svolta sulla collezione
autunno /inverno 2008/2009 dell’azienda Calzedonia, che dopo un colloquio mi ha
fornito queste specificità.
Se per esempio volessimo andare ad individuare, le promesse, i desideri, di una serie di
prodotti per esempio( calzini uomo, calze donna, e slip uomo) potremmo sviluppare il
seguente schema . calze uomo, calze donna on the top, nice view,slip uomo.Partendo
dal driver del desiderio, in questo caso è stato scelto il fattore comodità, risaliamo
cercando di cogliere i diversi bisogni/desideri che l’azienda cerca di risolvere per il
cliente,per poi arrivare alla promessa che deve essere logicamente mantenuta ed è la
28
prova reale di quello che veniva promesso, infine arriviamo ad identificare il prodotto
che è messo sul mercato.
Calzini uomo Calzedonia 2008
29
Calze donna Uraban Woman
Slip uomo 2008
30
Calze donna nice view
31
2.6.2 Il prezzo ( price)
Il prezzo è sicuramente una variabile fondamentale ma al tempo stesso difficile da
praticare nel fashion marketing poiché mentre in tanti altri settori il prezzo si rapporta
ai costi, alla qualità, alla concorrenza, nella moda diventa una variabile aleatoria
collegata soprattutto alle aspettative del segmento cui il prodotto moda è destinato,
pertanto non è determinato dalle sole regole di costing su cui si deve basare il corretto
pricing. Tra i principali obbiettivi che questa politica si propone di raggiungere sono:
studiare la problematica dei prezzi dei prodotti confrontandosi con le
esigenze del mercato e dei consumatori.
assicurare la competitività del prezzo
conseguire la redditività.
Una buona politica di prezzo deve tenere conto di numerosi fattori: tra cui ricordiamo,
la conoscenza delle norme legislative, il reale stato dell’economia del mercato dove si
opera e le conseguenze di un posizionamento di prezzo alto, medio o basso.Importante è
anche tenere in considerazione il costo del prodotto e della mia capacità produttiva.
La scelta della giusta politica di prezzo. A questa scelta è senz’altro affidato un ruolo
fondamentale visto che è in grado di permettere il conseguimento di importanti volumi
di vendita, quindi è spesso consigliabile attuarla attraverso tappe e con pianificati
interventi di marketing.
Scelta degli obbiettivi di mercato. Il prezzo deve rispettare e supportare gli
obbiettivi fissati sia a livello di mercato che di segmento; questi obbiettivi
s’integreranno con la strategia aziendale globale
Immagine dell’azienda. Un azienda con una immagine prestigiosa deve
rispettare un certo livello di prezzo; infatti un consumatore che sa di acquistare
un prodotto di marca è ben disposto a pagare oltre al prodotto anche la marca.
Coordinamento nel marketing mix. Il prezzo non è un elemento indipendente per
questo deve essere in armonia con gli altri elementi del mix .
32
Individuazione di una politica e relativa scelta di prezzo. Una volta fissato il
prezzo di base si possono successivamente definire gli elementi determinanti per
una relativa politica di prezzo.
Rispetto del prodotto concorrenziale. Un prodotto deve uniformarsi ai prezzi
della concorrenza, per non restare fuori dal mercato.
Rispetto delle norme legislative .Ogni politica di prezzo deve rispettare norme
precise per non incorrere in irregolarità.
Rispetto del grado di accessibilità del consumatore. Nella formulazione del
prezzo non bisogna sottovalutare il cosiddetto grado di accettabilità del prezzo
che il consumatore stabilisce nei riguardi di un determinato prodotto moda.
2.6.3 La distribuzione( Place).
Il ruolo della politica di distribuzione è quello di permettere il rapido incontro tra
domanda e offerta eliminando tutti gli ostacoli che si possono interporre, attivando
quelle azioni che la possono rendere ottimale. Questa politica impone lo svolgimento di
due definite funzioni:
funzione logistica: cioè tutta quella serie di interventi operativi di supporto come il
trasporto, la consegna, lo stoccaggio e il post-vendita.
funzione commerciale: riguarda la distribuzione vera e propria,l’impiego della forza
di vendita, la scelta dei canali etc .Quindi presupposto indispensabile per lo sviluppo
ed il consolidamento di un’azienda sul mercato è la giusta scelta del sistema
distributivo.
Vediamo due diversi circuiti di distribuzione.
1)Circuito Corto(Produttore –Dettagliante-Consuamatore)7: esso è costituito da una
sola intermediazione, e può essere di tre diversi tipi:
– la vendita diretta dal produttore al consumatore con suoi punti di vendita al
dettaglio: generalmente è attuato solo dalle grandi aziende che dispongono di
collezioni e gamme complete di prodotti a marchio proprio.
- la vendita diretta dal produttore al dettagliante : è il caso tipico in cui grandi
aziende in questa maniera nonostante gli alti costi detengono il controllo della
loro distribuzione .
7 Il marketing della moda, Antonio Foglio, 2003
33
– la vendita diretta dal produttore a una centrale o a un gruppo d’acquisto : la
centrale trasmette l’ordine e il produttore provvede direttamente alla spedizione ai
diversi punti di vendita oppure ai depositi
2)Circuito lungo ( produttore –distributore –grossista –dettagliante –consumatore): è il
circuito che dispone di più intermediazioni, sicuramente gli interventi del distributore
e /o grossista riducono notevolmente al produttore i costi, questo modello è in grado di
assicurare al consumatore un prodotto sempre attuale, lo svantaggio si presenta però
quando il dettagliante deve mandare segnali al produttore i quali saranno notevolmente
lenti. In generale comunque la scelta del circuito distributivo è il frutto delle scelte
aziendali, legate sia al tipo di prodotto, che alle aree geografiche nelle quali devo
andare ad operare, ed infine deve tenere in considerazione i canali esistenti che
eventualmente possono in tutto o in parte essere sfruttati. In linea di massima non esiste
un canale di distribuzione migliore di altri però tre sono i punti di riferimento che
bisogna tenere in considerazione; il potenziale di vendita che ogni canale è in grado di
offrire, il costo che la mia azienda deve sostenere ed infine tengo in riferimento il tipo
di consumatore che voglio colpire.
2.6.4 La Comunicazione. La moda è comunicazione, i prodotti ,le collezioni, gli
stilisti ,le griffe, però essa prima di essere accettata e portata deve essere capita, seguita
e ciò diventa possibile se la si conosce e se cè qualcuno che la comunica. L’obbiettivo
principale di una politica di comunicazione è l’incremento delle vendite che arriva a
compimento solo se si realizza una efficace comunicazione che parte con l’individuare
il tipo di messaggio da indirizzare verso il target. Il messaggio quindi per essere
recepito deve:
essere compreso: la comunicazione deve essere lineare cioè presentare il prodotto
al meglio senza far perdere di vista le sue funzioni concrete.
essere identificato: il messaggio si deve facilmente indentificare e legare al
prodotto.
essere attuale: il prodotto moda ha una vita breve e questo richiede una
comunicazione attuale e rapida.
essere interessante e suggestiva: il messaggio deve provocare interesse, mentre il
suo contenuto deve suscitare il consumatore all’acquisto.
34
Gli obbiettivi della comunicazione sono quelli di incrementare le vendite e quote di
mercato, creare e rafforzare l’immagine aziendale,far conoscere i prodotti ai
consumatori, supportare il lancio della forza di vendita, questi sono i frutti di una
corretta comunicazione al trade e ai consumatori.
2.7 Le collezioni e le sfilate.
Parlando di moda non si possono trascurare le sfilate e le collezioni. .L’ambientazione,
la scenografia,la musica,il cating, la regia , la presentazione sono tutti aspetti che
supportano in maniera determinante questo veicolo comunicazionale-promozionale
poiché è appunto sfilata dopo sfilata che stilisti e imprese costituiscono la loro
immagine presso il pubblico e si conquistano spazi nel mercato della moda. Solamente
se ben organizzate raggiungeranno gli obbiettivi prefissati creando informazione presso
il pubblico, affinare l’offerta prima della vendita finale, e divertirlo .Le sfilate diventano
per i mass media pretesto anche per la ricerca di pettegolezzi, di provocazioni che non
fanno altro che alimentare la cassa di risonanza attorno alle finalità comunicazionali
delle aziende. Le principali sfilate hanno luogo a Parigi, Milano,Londra e New York.
Le collezioni di base invece sono generalmente due: autunno inverno: che viene
presenta alla stampa e al trade nei mesi di gennaio –marzo, mentre quella primavera
/estate viene presentata a settembre –ottobre.
Minicollezioni.
Le cose troppo semplici nella moda alla lunga stancano e ora quello che è più in voga
nel fashion, sono queste minicollezioni delimitate da confini ben precisi; come la breve
durata del progetto, il limitato numero di capi prodotti o temi trattati, l’importante è che
la cosiddetta “capsula” resti ben distinti dalla collezione principale .Il suo successo e il
suo conseguente moltiplicarsi è dovuto ad innegabili vantaggi che un progetto così
preciso offre: quando si parla di designer ospiti di un grande marchio,di solito si tratta di
giovani sconosciuti talenti, che altrimenti non avrebbero i mezzi per raggiungere un
pubblico così vasto, che si trovano a lavorare in un team,ben specializzato con i mezzi
migliori a disposizione .L’azienda Tods per esempio è stata una dei primi ad investire su
questo progetto, quando qualche anno fa , ha lanciato una minilinea di abbigliamento
Tods, disegnata dal giovane ed emergente Derek Lam; in molti non avevano compreso
una scelta del genere ma in poche stagioni la collezione è diventata parte fondante del
marchio e lo stesso Derek, è diventato il direttore creativo. Inoltre il carattere
35
circoscritto dei progetti dà poi l’impressione di poterli gestire più facilmente dando
anche quella sicurezza necessaria per idee anche non in linea con il marchio, per
esempio il lancio limited edition 24 di Yves Saint Laurent, di un’intero guardaroba a
prezzi low-cost.
2.7.1 Promozione delle collezioni
Le tendenze delle collezioni vengono comunicate tramite i media, la cui scelta dipenderà
dall’immagine dell’azienda, dal budget disponibile, dagli obbiettivi che si propone di
conseguire,dal target che si vuole raggiungere.Vediamo per esempio come attraverso la
stampa è possibile creare una presentazione alquanto stimolante sia nei confronti del
trade che dei consumatori grazie ai servizi fotografici, giornalistici e redazionali. La
stampa quotidiana o periodica offre la possibilità di disporre d’un mezzo aperto, non
condizionato, in cui è possibile esprimere velocemente e liberamente il messaggio da
comunicare, diffonderlo in qualsiasi area geografica e indirizzarsi in maniera mirata al
proprio target. Ulteriormente con una stampa invece “specialistica di settore” è possibile
fare un gradino ulteriore, sia cercando il riscontro di chi legge, sia presentando diverse
collezioni a lettori mirati come grossisti, buyer,dettaglianti etc. Alcuni esempi di riviste
specialistiche per l’abbigliamento maschile sono : l’Uomo Vogue, GQ, Mondo Uomo,
Men’s Club,invece per l’abbigliamento femminile: Vogue,Glamour , Ellè .Diverso
modo di comunicare è quello usato da altri mezzi come televisione, radio, e cinema; essi
hanno il vantaggio d’inviare un messaggio e di presentare prodotti e collezioni al
consumatore in un momento di rilassamento e quindi trovano una maggiore
predisposizione a essere recepiti.La comunicazione televisiva e radiofonica richiedono
un trattamento specifico dal momento che il messaggio deve assolutamente adattarsi alle
esigenze e alla psicologia dei consumatori e non essere troppo generico. Infine vorrei
segnalare le affissioni che sono usate prevalentemente dalle grandi aziende, che
possono sostenere relativi alti costi, e hanno dimensione su tutto il territorio nazionale,
mentre per quanto riguarda per es i poster sono usati soprattutto in punto vendita, sia
delle grandi che delle piccole e medie aziende
Poster fuori dal negozio Furla, Parma
36
3.1 Merchandising:
Il merchandising utilizza la licenza del marchio per attività al servizio del prodotto e
della sua promozione. Con il merchandising si persegue l’obbiettivo di promuovere le
vendite e la diffusione del marchio. Attraverso il merchandising è possibile aumentare il
traffico verso il proprio punto vendita, massimizzarne i margini, distinguersi dalla
concorrenza e fidelizzare i clienti. Ma a trarne vantaggio sono anche i produttori.
Nel caso specifico del settore moda il termine merchandising, viene sostituito, con il
visual merchandising.
I negozianti sono grandi esperti di merchandising, dispongono la merce in modo da
valorizzarla, mettono in evidenza i prodotti più redditizi e praticano sconti speciali
quando è tempo di sfoltire il magazzino. Oggi le competenze del negoziante non sono
sufficienti,il mercato è molto competitivo e i punti vendita devono difendere la propria
identità e attrattività , nasce allora la figura professionale del Visual merchandising, che
mai come in questo momento viene richiesta ed è importante per creare e mettere a
punto la comunicazione interna( arredamento , design, illuminazione) e comunicazione
esterna (insegna, vetrine ).
37
Il visual merchandising che cosè? E’un modo di pensare come visualizzare al meglio i
prodotti, in modo attivo, curandosi della sua presentazione, ambientazione al fine di
ottimizzare la redditività.
Gli obbiettivi sono molteplici:
Migliorare la funzionalità commerciale: cioè facendo individuare più agevolmente i
prodotti, e i loro raggruppamenti funzionali.
Incrementare l’efficienza economica: aumentando le vendite e riducendo al minimo
la merce esposta accelerando la rotazione.
Per eseguire un efficace processo è necessario giudicare il punto vendita come se
fossimo dei suoi clienti : -dall’esterno: vediamo la sua insegna, la vetrina come spazio
espositivo , i suoi punti focali. e l’ impressione che abbiamo dell’interno; .-dall’interno
del negozio: vediamo il layout, e le aggregazioni merceologiche.
Oggi il punto vendita di abbigliamento , non viene visto solo come un luogo di vendita
dei prodotti, ma presenta una organica offerta merceologica che mette in grado la
clientela di reperire al suo interno tutto quanto abbia bisogno di acquistare relativamente
allo specifico brand8. Nello stesso tempo tutti i prodotti vanno coordinati in modo tale
da soddisfare le esigenze della clientela del negozio.
L ‘offerta merceologica però non basta è importante anche la differenziazione di essa
dalla concorrenza, essa si può realizzare non solo se tratta prodotti differenti , ma anche
se li si combina in assortimenti diversi .Cosi, nel caso di un negozio di abbigliamento donna, di una importante zona commerciale vediamo che tratta specialmente articoli di
tendenza e alla moda.
Esempio marchio Celyb B( abbigliamento donna) .
8 Cristina Ravazzi, Un visual merchandising per l’abbigliamento ,p 25
38
La Celyn b nasce circa dieci anni fa grazie alla sinergia di Elisabetta Franchi e Sabato
Cennamo. L’azienda oggi è in forte crescita( 46%), propone di vestire una donna
sensuale , raffinata , e completamente immersa nella sua contemporaneità. I punti
vendita si distinguono particolarmente per l ‘accurata esposizione dei prodotti che
esprimono lo stile che intende perseguire l’azienda in quel periodo- dice la Store
Manager del punto vendita Celyn B di Imola, la vetrina cambia due o tre volte a
settimana, in modo da attirare sempre l’ attenzione del cliente, i prodotti sono
posizionati in vetrina in modo da creare un senso di profondità e spazio della stessa,
inoltre è frequente l’obbiettivo di cercare una linearità e semplicità di esposizione tra i
pochi prodotti esposti.
La vendita è assistita ma anche possibile il libero servizio in quanto i principali capi
sono facilmente individuabili , suddivisi per colore ma sempre un solo capo per ogni
singolo articolo.
In diverso modo un negozio di abbigliamento intimo può contenere sia articoli per i
giovani, ma anche classici o sexy. Una delle prime aziende ad aprire negozi monomarca
di intimo è Calzedonia che dal 1986 ha incominciato a realizzarli; l’azienda , con i
brands Intimissimi( nata nel 1996) Calzedonia e Tezenis cura particolarmente la diversa
immagine dei punti vendita facendo si che il consumatore non si accorga neanche che si
tratta della stessa azienda. Qui prendiamo in analisi i pv Intimissimi si distinguono per
una vendita assistita , l’esposizione è orientata a pochi prodotti che vogliono
39
manifestare il trend seguito dall’azienda, mentre gli altri prodotti sono riposti in cassetti
o altri contenitori appositi.
Interno negozio Intimissimi
Diversamente i punti vendita Tezenis, sono costruiti in un ambiente più semplice, le
pareti sono grigie, il pavimento è grezzo in moda da ricordare, e far sembrare al cliente
40
un proseguo della strada, che percorreva, mentre i prodotti sono tutti esposti e la vendita
è libera e poco assistiti.
Allo stesso tempo il punto vendita multispecializzato , ha bisogno di avere al suo
interno una ampia varietà ,ciascuno con una profonda gamma merceologica, e prestando
attenzione ai prodotti più innovativi e alla moda, e generalmente la vendita è assistita.
Questo tipo di punto vendita può per esempio aggregare l’offerta per destinazione
d’uso: tempo libero(uomo donna bambino), calzature, sport, abbigliamento classico,
abbigliamento fashion, creando inoltre dei shop in shop per particolari brand.
Generalmente la vendita è assistita , il cliente è particolarmente seguito, e invitato a
provare diversi capi di abbigliamento.
Ritornando al visual merchandising e hai compiti che svolge in punto vendita, egli deve
classificare un assortimento suddividendo i prodotti per affinità merceologica, per
affinità funzionale, per clientela, per stagionalità e per stili di vita. Nello stesso modo
un’ altro momento importante da lui svolto riguarda l’organizzazione dello spazio
interno ed esterno e cioè il layout del negozio.Il tutto deve essere organizzato in modo
tale da creare una linearità di esposizione, nella quale si deve studiare un percorso
ipotetico che farà il nostro cliente all’interno e all’esterno del punto vendita;questo
41
dovrà essere la traccia nell’esporre e collocare i capi , nel scegliere i modi e le
attrezzature esponendoli nel modo più favorevole9.
.
Per esempio, analizzando la superficie interna di questo negozio di Angel di Londra,
eseguendo una analisi spaziale dell’ambiente interno del pv, si possono individuare due
ipotetiche , linee di percorso che io ho evidenziato in viola , mentre le linee gialle ci
identificano la visione che il cliente ha del negozio dall’esterno. In questa foto
possiamo notare il modo di esporre gli accessori , i quali sono riposti in un box centrale
per attirare l’attenzione, inoltre, l’uso di seggiolini o particolari appoggi in legno aiutano
ad evidenziare alcuni prodotti rispetto ad altri.
L’organizzazione dello spazio di vendita, è un importante mezzo di comunicazione, che
quanto meglio strutturato, tanto più diventa veicolo di immagine per il punto vendita di
abbigliamento tra i fattori che si reputano più importanti; cè la possibilità di rendere il
percorso del cliente il più facile e agevole possibile, in moda tale da concedergli una
semplice accessibilità al prodotto.
Due sono fattori che costituiscono le linee guida :
i reparti devono essere tra di loro il più possibile funzionale /omogenei;
la disposizione sistematica di attrezzature nello spazio di vendita..
9 Cristina Ravazzoni,Un visual Merchandising per l’abbigliamento,p.49
42
Bisogna creare internamente un percorso principale, che invogli la clientela a circolare
comodamente, questo può avvenire segnalandolo a terra in maniera simpatica( con
colori vivaci ,diversi materiali,differente tipo di pavimentazione o frecce), comunque
non bisogna mai obbligare il cliente a seguire quel percorso. Oltre al percorso primario
si crea poi anche una viabilità secondaria, fatta di spazi tra una e l’altra attrezzatura
espositiva, di corridoi che devono consentire il passaggio della clientela in entrambi i
sensi, e tenendo conto della possibilità di poter sostare o riposarsi, ma senza
ingombrare il passaggio.
Miss Sixty
In questo altro esempio di interno in punto vendita , Miss Sixty Store (Colonia), nella
pavimentazione e nelle attrezzature si richiamano fortemente i colori accesi su cui
punta il marchio, la sua modernità e tendenza., le aree in giallo distinguono i punti di
43
sosta del cliente davanti ai capi di abbigliamento, ed ne evidenziano il percorso “ideale
“ interno, mentre le linee curve suggeriscono un “carattere” avvolgente.
Miss SixtyIIn questo esempio invece ne vediamo , l’importanza data ai giochi di luce sugli
accessori (parete con sfondo bianco), per gli abiti ( parete con sfondo azzurro) le forme
rotondeggianti delle finestre e delle panche, mentre le due poltrone rosse vengono usate
come punto di riposo/sosta .L’illuminazione è un fattore importante poiché aiuta ad
indirizzare il consumatore nelle diverse zone del punto vendita. Il percorso interno di
solito non ha bisogno di una particolare illuminazione mentre occorre dare più luce alla
merce, soprattutto nelle zone più lontane; senza dimenticare di eliminare i punti morti
in moda da tenere sempre alta l’attenzione della clientela in ogni area del punto di
vendita, rendendo piacevole e al più lungo possibile la permanenza considerandola
essenziale per aumentare le vendite.
Infine vediamo alcuni esempi di merchanding :
44
Esempi di merchandising non effettuati in modo corretto; in quanto la troppa
esposizione in vetrina crea disordine e difficoltà nel cogliere in poco tempo il
prodotto.
45
Esempi di eccellente merchandising: pochi prodotti esposti, si nota linearità di
esposizione, la giusta illuminazione, inoltre la vetrina sembra non esserci, il cliente può
quasi toccare con mano i prodotti;annullandone quasi la distanza.
Hermés
46
Max&Co
3.2 Cobranding
Questa operazione consiste in una associazione o accordo tra una marca ospitante ed
una marca invitata, la quale sottoscrive una collaborazione che può presentarsi in diversi
tipi:
A) la co-definizione dei benefici funzionali/ simbolici offerti dal prodotto.
B) la co-firma del prodotto da parte delle marche coinvolte nell accordo; si
presentano almeno due modi :co-branding di tipo funzionale e cobranding di tipo
affettivo:
il co-branding di tipo funzionale permette l’ indicazione sul prodotto di due o più
marche implicate nella realizzazione dello stesso, in modo da rendere esplicita la
realizzazione dello stesso, negli attributi fisici del prodotto. Esempi di
collaborazione sono pèr esempio Ferrero –Asics e Benetton/Trudi.
47
il co-branding di tipo simbolico/affettivo10: il quale consiste nell ‘associare alla
marca del produttore una seconda marca generatrice di attributi simbolici( di tipo
psico-sociale ; o esperienziale) addizionali. La denominazione del prodotto è in
questo caso composta dall’associazione delle due marche, sicché l’accordo in
questione viene anche indicato con il termine di co-naming..
Si tratta di una pratica spesso utilizzata nel mercato automobilistico per esempio (D&G
con Citroen,
oppure la nuova FIAT 500-Diesel per esempio che nasce dall’intervento congiunto
dei designer del Centro Stile Fiat e dei designer DIESEL,si contraddistingue per alcuni
elementi estetici di forte impatto visivo, ad iniziare dal particolare colore di carrozzeria
“verde DIESEL Inoltre, all’esterno, risaltano i cerchi in lega 16″ con logo DIESEL, le
pinze dei freni verniciate in giallo, si presenta in un modello sportivo quindi che sarà
venduto per i prossimi due anni.
10 Busacca e Bertoli Co-branding e valore della marca ,2003
48
logo diesel nel centro
cerchione.
E’ possibile individuare quattro diverse distinzioni di co-branding:
1)il co-branding funzionale esclusivo: il partner vuole esplicitamente comunicare la
collaborazione al fine di offrire un prodotto di qualità nettamente superiore. Per questo
motivo la marca invitata figura chiaramente vicino a quella ospitante, pur senza
partecipare alla denominazione dl prodotto. Questo permette a ciascuna delle marche di
beneficiare del trasferimento di una sull’altra.
2) Il co-branding funzionale di tipo non esclusivo: in questo tipo di accordo abbiamo
benefici di modesta entità per la marca ospitante, poichè quella invitata può essere
apposta anche su altri prodotti appartenenti alla medesima categoria. Esempio in questo
caso sono il caso delle marche Lycra e Goro-Tex frequentemente apposte su piumini,
49
biancheria intima e capi sportivi.( associate alle varie marche come MaxMara, Armani,
Hugo boss). Il co-branding in questo caso permette alla marca ospitante di beneficiare
degli aspetti positivi che la marca ospita può generare grazie alla sua notorietà.
Intimo in lycra
3)il cobranding simbolico esclusivo: in questo caso, l’impresa titolare della marca
ospitante si accorda con un partner in modo da far figurare sul prodotto da essa offerto
una marca esterna alla categoria in cui tale prodotto si inserisce, al fine di indurre, nel
sistema percettivo dei consumatori, il trasferimento delle valenze positive
dell’immagine della marca secondaria sul prodotto (Hillyer e Tikoo, 1995). Il
trasferimento in parola è reso possibile dal carattere esclusivo dell’accordo. Si tratta di
una variante sovente utilizzata nel settore automobilistico (si pensi all’accordo fra
Renault Twingo e Benetton) dove si consente, per una durata generalmente breve, di
mirare quel segmento di clientela potenziale che presenta una consonanza (fit)
particolare con la marca invitata.
4) il cobranding simbolico non esclusivo : rispetto a quanto appena affermato, in
questo caso il carattere non esclusivo dell’alleanza riduce il trasferimento delle valenze
positive associate alla marca secondaria. Si pensi, per esempio, agli accordi con i quali
Walt Disney ha concesso l’uso dei suoi marchi e/o dei suoi modelli a numerose imprese
operanti nei più svariati settori di attività. E’ appena il caso di osservare che se la brand
equity della marca invitata è nettamente superiore a quella della marca ospitata, allora la
prima tende a prevalere, celando la seconda.
50
Possiamo ora sintetizzare i benefici e i rischi potenziali associati agli accordi di
co-branding.
Partendo dai benefici, del co-branding funzionale notiamo che per la marca ospitante,
essi si riconducono fondamentalmente alla segnalazione della qualità superiore del
prodotto coinvolto, nel senso che essi sostengono l’impresa nello sforzo di comunicare
con maggiore efficacia ai consumatori tale qualità, supportandola dunque
nell’attuazione della propria strategia di differenziazione.
I benefici invece del cobranding simbolico si riconducono invece essenzialmente al
trasferimento sulla marca ospitante degli attributi simbolici evocati dalla marca
secondaria. Per esempio, l’obiettivo dell’accordo che ha portato al co-branding fra la
marca Roland Garros e la linea della Peugeot 106 era quello di trasferire su quest’ultima
una certa idea di modernità e dello sport, ossia di trasferire sul prodotto co-firmato
alcuni attributi simbolici addizionali al fine di denotare in maniera diversa il prodotto.
In entrambi i casi, il risultato è quello di migliorare la propensione all’acquisto da parte
dei consumatori. La forza delle marche che contrassegnano il prodotto agisce infatti
come fattore di attrazione nei confronti della domanda intermedia e finale. Ciò permette
ad esempio di:
incrementare il livello di soddisfazione dei clienti tradizionalmente serviti;
conquistare nuovi segmenti di clientela, i quali apprezzano in modo particolare i
benefici funzionali offerti dal prodotto oggetto del co-branding;
far ottenere a tale prodotto un livello di notorietà più alto :
Passando all’analisi dei rischi connessi al co-branding, questi emergono evidenti ove si
consideri che mediante tale accordo una marca si lega a un’altra, anche sul piano dei
valori e dell’immagine. Di conseguenza, l’operazione di co-branding potrebbe tradursi:
- nella generazione di associazioni che riducono il valore del l’immagine della marca
ospitante, con conseguenze comunque circoscritte al solo prodotto co-firmato: ciò si
verifica ad esempio nel caso in cui le valenze distintive della marca secondaria svolgano
un ruolo negativo nella formazione delle percezioni di qualità sviluppate dagli
acquirenti della classe di prodotto in cui va ad inserirsi il prodotto co-firmato, Questo
accade per esempio quando, nell’ambito di un co-branding funzionale, la marca
secondaria è percepita come di qualità inferiore rispetto a quella ospitante;
- nella distruzione delle risorse di fiducia generate dalla marca nell’ambito dei
business in cui questa opera singolarmente. L’utilizzo di una marca caratterizzata da
un alto valore simbolico per co-firmare un prodotto banalizzato può non soltanto
51
determinare il sorgere di associazioni negative riguardo a tale prodotto, ma anche
svilire l’immagine della marca relativamente ai prodotti da essa abitualmente
contrassegnati, deteriorando le relazioni con la clientela 11.
In simili circostanze, si sviliscono in modo sostanziale anche la credibilità
dell’impresa, intesa quale capacità riconosciuta di soddisfare i bisogni della domanda 12,con conseguenze di particolare gravità per quanto concerne il processo di
alimentazione delle risorse immateriali. Sicuramente Roberto Cavalli come afferma”si è
divertito” a rivestire le bottiglie per una vendita di circa 300.000 bottiglie di Coca-Cola
Light 13 in edizione limitata , però a volte viene da chiedersi che non ci sia il rischio di
ritrovarsi con lo sminuire ,l’ importanza di immagine delle rispettive aziende quando la
marca viene “usata” per operazioni che proprio non hanno nulla a che fare.
-
3.3 Licensing:
Con il contratto di licenza, il titolare del marchio concede a un “licenziatario” l’uso del
marchio per la produzione e la vendita di prodotti specifici (solitamente di un settore
merceologico) in un preciso territorio e attraverso determinati canali distributivi, per un
periodo di tempo stabilito, a fronte di un compenso, che il licenziatario si impegna a
corrispondere al licenziante, sotto forma di royalty (percentuale sul fatturato) e di
contributo pubblicitario (percentuale sul fatturato). Attorno alla royalty sono poi
strutturati gli acconti e le garanzie.
11 Rao e Ruekert, 1994; Rao, Ruekert e Benavent, 1994
12 Keller e Aaker, 1992, p. 3713 www.fashionjob.it
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La royalty può essere definita come “... quei proventi propri dei beni immateriali
identificabili e suscettibili di autonoma cessione che un terzo, prescindendo dai benefici
eventuali introduzione mente indotti dalle sinergie, è disposto a riconoscere al
proprietario del bene intangibile a fronte del diritto di utilizzo dello stesso14”. La royalty
permette al licenziante di finanziare il proprio sviluppo mantenendo il controllo, più o
meno diretto, del mercato di sbocco. Il licenziante deve affrontare pochi costi
direttamente associati al business in licenza: i costi di comunicazione istituzionale e
quelli di un licensing manager o di una struttura che si occupi della gestione contrattuale
della licenza.
I costi di produzione e/o di commercializzazione e generali per lo sfruttamento del
marchio sono sostenuti dal licenziatario n base al fatturato realizzato con la licenza.
Questa disciplina è nata negli Stati Uniti sulla fine degli anni cinquanta e per molti
anni le attività di licensing sono state dominio di quel mercato. L ‘esempio più noto
è naturalmente quello dei personaggi creati dalla Walt Disney che negli Stati Uniti
sono stati immediatamente utilizzati per la caratterizzazione di prodotti terzi; ne è
nato un cosi forte mercato che successivamente si è esteso a tutto il sistema
entertainment ;che quindi più avanti ha influenzato altri mercati fino ad arrivare al
mercato dei marchi industriali ed in particolare a quello automobilistico. Negli anni
70 questa tecnica ha iniziato ad influenzare anche le aree Europee, con l Inghilterra
in primis.
Dobbiamo specificare che ad ogni cessione dei diritti di utilizzo di proprietà
intellettuale viene generalmente corrisposta a una percentuale sul giro di affari generato
dal prodotto o dal servizio utilizzatore della proprietà intellettuale. Questa percentuale si
chiama Royalty;per dare un pò di dati: le attività di licensing nel 2007 hanno avuto un
fatturato totale di circa 5.952 milioni di dollari. Nell’ andare ad analizzare possiamo
vedere che ci sono diverse modalità di licenza:
Che cosa è esattamente il licensing?
Al di là delle sofisticazioni legali il licensing è una procedura tramite la quale si dà in
“affitto” una proprietà di natura intellettuale ( sia esso un marchio, un simbolo, un
motto, una firma, un personaggio o una qualsivoglia combinazione di essi). Per poter
fare ciò è necessario che la “proprietà” (ovvero la suddetta combinazione di uno o più
elementi) sia stata legalmente definita e protetta da brevetto o da registrazione. L’affitto
di tale proprietà viene stipulato in riferimento ed unione ad uno o più prodotti o linee di 14 www.ipertesto.it
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prodotto. Già da questa descrizione si capisce che è necessario disporre di una serie di
entità ed elementi per poter procedere ad un accordo contrattuale quale quello di
licensing. I personaggi coinvolti in questo accordo sono : i proprietari o gli agenti ai
quali la proprietà (intellettuale) è affidata che vengono definiti “licenzianti” e, dall’altra
parte color che affittano tale proprietà ovvero i “licenziatari”. L’accordo di licenza
prevede che tale “affitto” sia assolutamente ben definito in termini di territorio,
prodotto/i, durata nel tempo, e remunerazione per il licenziante. Quando si parla di
questo tipo di remunerazione si parla di royalty, un pagamento calcolato su base
percentuale sulla vendita dei prodotti soggetti all’accordo di licenza. E’ comune negli
accordi di licenza che una parte delle royalties siano il così detto “minimo garantito” ed
il resto vincolato alle vendite dei prodotti.
Il minimo garantito viene normalmente richiesto dal licenziante come ”deposito
cauzionale” sull’affitto della proprietà intellettuale ed è inoltre abbastanza comune che
esso venga pagato in anticipo dal licenziatario, indipendentemente dall’andamento
successivo dell’accordo di licenza.
Nella moda il licensing ha inizio circa a meta del secolo scorso con le Maison Francesi
quali Pierre Cardin, Oleg Cassini. e Givency. Il licensing in Italia è stato efficace per la
notorietà e diffusione delle Maison, le cui competenze distintive gravitano
prevalentemente sull’alta moda .
La ragione del suo successo in Italia è legata all’esistenza di una rete capillare di
aziende industriali che dislocate nei vari distretti del paese, rappresentano i partner
ideali per le griffe emergenti. Riguardo all’assetto produttivo , l’Italia è leader del
fenomeno delle licenze nel mondo visto che stime recenti segnalano la presenza di 512
marchi di lusso al mondo ; di cui il nostro paese ne produce 326.
Il licensing15 è usato come strumento commerciale, per cui deve essere gestito con
grande attenzione attraverso la stipulazione di un contratto , il rispetto di standard di
qualità e il continuo controllo. Nel sistema moda il processo di condivisione del know-
how è complesso, poiché le conoscenze di stile, di prodotto, e processo sono in buona
parte tacite, cioè poco codificate e prevalentemente legate a singole persone più che
processi e a meccanismi organizzativi. In secondo luogo queste conoscenze sono
soggette sistematicamente ad una grande variabilità per la necessità di continua
evoluzione della moda.Quindi lo scambio di conoscenze è un processo graduale e
dinamico.
15 Il licensing nel sistema moda, Giannelli –Saviolo, 2002.
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In questi ultimi decenni, nell’ambito della moda questi aspetti di tipo stilistico sono
diventate un asset strategico , modificando le modalità di collaborazione tra le due parti
che stanno diventando sempre più solide e durature rispetto al passato, ( da due-tre anni
a cinque-dieci anni), inoltre aumenta l’attenzione dedicata alla selezione quantitativa dei
canali distributivi, la creazione di ruoli e meccanismi organizzativi volti a garantire una
maggiore concentrazione delle strategie(come per esempio: la formalizzazione delle
politiche di marca. di pricing,di comunicazione, meeting tra licenziatari )
Di fronte ai licenziatari che dimostrano di avere queste competenze, le Maison possono
condividere anche con marchi concorrenti lo stesso licenziatario; esempi importanti
sono quelli di: Luxottica e Safilo negli occhiali, Zegna nell’abbigliamento formale
uomo, Aeffe e Burani Fashion Group nel pret-a-porter donna, Cesare Paciotti nelle
calzature. A sostegno di questo riequilibrio, la presenza di marche proprie nel
portafoglio di licenze non viene considerato un elemento di disturbo ma una garanzia
delle competenze tecnico-produttive del licenziatario, permettendogli di raggiungere
una ,massa critica maggiore e di ottimizzare i processi produttivi e logistici.
Esempio Bulgari
Bulgari .La Maison per il suo primo negozio nel 1884, nel 1905 inaugura il primo
flagship store, nel 1992 si estende la marca ai profumi ma il primo esempio di licenza
l’abbiamo dal 1997 quando concede a Luxottica la propria licenza degli occhiali, ad un
partner valido ed in grado di garantire un proficuo kow-how distributivo.
Altro licensing sempre sviluppato da Bulgari è stata quello concesso a Rosenthal
creando una esclusiva collezione home design, di porcellana, posate etc.La casa e
l’arredamento stanno diventando un fenomeno importante di concessione pari quasi a
quello dell’abbigliamento il problema è semmai rappresentato dal mercato chiuso e
poco competitivo anche a livello di prezzo.
Esempio di licensing D&G.
Domenico Dolce e Stefano Gabbana fondano nel 1982 la Dolce & Gabbana, dopo i non
pochi problemi iniziali, incominciano i primi rapporti di licenza di maglieria nel 1987
con Modella Tricot, nel 1988 accordo di licenza del pret-a-porter con l’azienda Dolce
Saverio , nel 1989 accordo di licenza e distribuzione di intimo donna e mare con le
Bonitas, e con l’azienda Sergio Rossi per la licenza delle scarpe D&G, e da li in poi è un
susseguirsi di successi e crescita.
Le licenze hanno quindi svolto un ruolo fondamentale nell’affermazione di Dolce &
Gabbana. La storia del loro successo dimostra che affinchè il rapporto tra il licenziatario
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e il licenziante funzioni è indispensabile che vengano rispettate determinate regole, la
più importante delle quali è guardare il contratto di licenza in un’ottica di lungo
periodo.Il licenziatario deve dimostrare di credere nella griffe, impegnandosi a farla
crescere anche quando ciò non è strettamente legato all’incremento del proprio giro
d’affari. Dall’altro , anche il licenziante è chiamato a contribuire attivamente agli
investimenti, per esempio, reinvestendo le royalties che riceve , per affermare la griffe.
Considerando questo appare corretto affermare che la scelta dei licenziatari è in realtà
un processo di autoselezione; soprattutto per quanto riguarda il reparto accessori. Anche
con i propri prodotti di licenza, D&G ha cercato di mantenere una coerenza di fondo e
una immagine unitaria: in quanto i prodotti devono essere riconosciuti come parte
integrante del proprio mondo. Nel tempo l’azienda ha incominciato ad acquisire il
controllo della distribuzione, questo è avvenuto sia grazie ad una nuova struttura
organizzativa-strutturale a partire dal 1998, sia a numerosi investimenti in campo
distributivo e produttivo interno.
La produzione interna è strutturata in tre divisioni:
Divisione che gestisce il core business abbigliamento
Divisione finalizzata agli accessori( cravatte, foulard,sciarpe intimo) e la
nuova linea a commerciale
Divisione dedicata alla pelletteria e alle calzature
Il peso delle licenze incide oggi circa del 68% cosi distribuiti:
Profumi: dopo una crescita che nei primi anni, segnava incrementi di oltre il
100% annuo,hanno continuato e continuano a seguire un trend positivo.
Occhiali: dal 1995-96 a oggi gli occhiali hanno quinti plicato il fatturato, con
incrementi del 100% annuo, per i primi tre anni.
Abbigliamento D&G: ha avuto una crescita ottima nei primi anni, per poi
assestarsi su valori costanti.
3.4 Brand extention
L’estensione di marca è prima di tutto, una crescita aziendale al pari delle scelte di
integrazione verticale oppure orizzontale, essa comporta la costruzione e il
consolidamento della brand equità ( ovvero il patrimonio immateriale di reputazione
costituito da immagine della marca, fedeltà della clientela, e relazione con interlocutori
esterni) nelle categorie di mercato originarie, per poi generare un incremento delle
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vendite aziendali su nuove categorie merceologiche o su nuovi segmenti di mercato.
L’estensione della marca costituisce un approccio sempre più utilizzato , nella moda
come in altri settori, per ridurre i tempi, i costi e i rischi associati all’introduzione di un’
altro prodotto all’interno di nuovi ambiti.16 La costruzione di una nuova marca
comporterebbe infatti un investimento e un rischio pesante.
Il processo di estensione prende avvio da un allargamento di gamma dei prodotti
originari e può determinare un cambiamento più o meno importante sia degli aspetti
relativi al know –how teorico(metodi) sia quello più soft come le competenze del canale
distributivo che rivestono un ruolo centrale nella gestione della marca.
Estensione correlata o non correlata.
Se la nuova categoria merceologica ha una similitudine tecnologica con quella iniziale;
soprattutto in termini di canali distributivi si chiama estensione correlata, per esempio
estensioni dall’abbigliamento formale alle linee più casual, o dall’abbigliamento
maschile al femminile, oppure dalla pelletteria alla calzatura; diversamente quando il
divario tecnologico è distante prende il nome di estensione non correllata, per esempio
dall’abbigliamento alla profumeria,all’occhialeria o all’arredo casa. Un ulteriore tipo di
estensione può verificarsi quando la marca si posiziona anche in una altra fascia di
prezzo, soprattutto nel caso delle griffe questo tipo ha avuto lo scopo di allargare il
mercato in termini merceologici.
E’ importante sottolineare che una estensione di marca di successo è notevolmente
subordinata sia alla presenza di un adeguato livello di conoscenza del nuovo prodotto o
segmento, in quanto la percezione di compatibilità tra le due categorie da parte dei
consumatori è di notevole importanza.
La coerenza fra categorie
La coerenza può essere innanzitutto apprezzata a livello di categorie di prodotto
coinvolte nell’estensione: si tratta cioè della coerenza percepita fra la categoria in cui
tradizionalmente opera la marca e quella in riferimento alla quale ha luogo la brand
extention. In quest’ottica, la coerenza può essere in primo luogo valutata in termini di
similarità, cioè a dire in funzione del grado in cui i consumatori percepiscono il nuovo
prodotto in qualche modo collegato agli altri contraddistinti dalla medesima marca.
Boush e Loken(1991) dimostrano che gli atteggiamenti del consumatore in riferimento
ai prodotti contraddistinti da una determinata marca tendono trasferirsi al nuovo
16 Il licensing nel sistema moda, Giannelli-Saviolo, 2003
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prodotto oggetto con maggiore immediatezza se questo è percepito simile ai prodotti
originari.
In una prospettiva più ampia si possono ricondurre le dimensioni utilizzate dai
consumatori per la formulazione dei giudizi di coerenza fra le categorie a tre
fondamentali tipologie17:
La complementarità: intesa come grado in cui il consumatore ritiene che i
prodotti possono essere consumati /impiegati congiuntamente, soddisfando al
meglio il bisogno;
La sostituibilità: intesa come misura in cui il consumatore reputa che due o più
prodotti condividano modalità di applicazione, contesto, bisogni soddisfatti;
Il trasferimento di competenze: il quale riflette la percezione del consumatore
circa l’abilità di un’impresa operante in una categoria di prodotto nel realizzare
prodotti appartenenti ad un’altra categoria; ciò può essere funzione delle
particolari competenze possedute, che possono essere trasferite nel nuovo
prodotto, e/o della facilità di realizzazione di quest’ultimo.
Un ulteriore elemento in grado di influire sulla valutazione di coerenza effettuata dal
consumatore è costituito dal differente livello tecnologico che caratterizza le categorie
dei prodotti. Nel caso l’estensione di marca si collochi a un livello tecnologico superiore
migliora la percezione della stessa, mentre invece in caso inverso , non emergono effetti
di retroazione negativi sulla valutazione del brand.
Estensioni in senso orizzontale.
Per operare in questa direzione, è necessario che i clienti accettino facilmente la marca
nel nuovo ambiente, questo può avvenire per diversi motivi; per il fatto che il prodotto
è connesso a quello originario, o ne costituisce un ingrediente, un attributo, o ancora
uno stile ben conosciuto.
Qualunque sia il legame tra il prodotto originario e il nuovo comunque il cliente deve
avere l’impressione che i due stanno bene insieme e non esistono connotazioni
discordanti ( se la Mc Donalds, ad esempio decidesse di utilizzare la sua marca per
creare una catena di laboratori per lo sviluppo delle fotografie, la marca servirebbe ad
invocare nella mente dei consumatori una immagine di patatine unte piuttosto che un
servizio rapido e affidabile di fotografie) 18.Per quanto a volte questi problemi possono
essere tenuti sotto controllo la possibilità che queste connotazioni controproducenti
esistano deve sempre essere tenuta presente,quando si fanno operazioni di questo 17 Shocker 200418 Brand Leadership , Aaker-Joachimsthaler 2003
58
tipo.Ovviamente ci vuole una certa elasticità, è possibile ad esempio che una o due
estensioni messe in atto in passato rendano un ulteriore estensione, oppure una
estensione che abbia successo può contribuire a cambiare il modo in cui la marca è
percepita. La Virgin per esempio, originariamente era solo una casa discografica, poi ha
utilizzato la marca per fondare una linea aerea, ovviamente una estensione in un capo
poco adatto, ma quando essa si è rivelata un successo, la marca ha subito una
evoluzione divenendo molto più di una marca caratterizzata dalla sua personalità di
concorrente debole, ma aggressivo e privo di timore che punta sul livello elevato di
qualità dei suoi prodotti .
Diversamente quando una marca è legata in modo stretto ad una categoria
merceologica, non sono possibili molte estensioni; per esempio il marchio Cambell’s
Soup pur avendo connotazioni positive, esse non ha funzionato abbastanza bene
quando è stato utilizzato in cotesti diversi da quello delle zuppe.
Per gli stessi motivi, marche come A-1 Steak Sauce, Kleenex e Clorox Beach non
possono estendersi molto al di fuori del settore in cui agiscono, al contrario le marche
che fondano la loro credibilità su connotazioni meno concrete come il controllo del peso
corporeo(Weight Watychers), l’alimentazione salutista, e la moda possono più
agevolmente estendersi ad altri prodotti perché i benefici intangibili che promettono
possono funzionare in molti contesti.
Estensioni in senso Verticale
Spesso sembrano esserci buoni motivi per estendere una marca verso il basso, in modo
che possa entrare in un mercato di prodotti di convenienza gia di notevoli dimensioni e
di crescita ulteriore, o verso l’alto in modo da poter fruire della vitalità e dei margini di
profitto che caratterizzano per esempio i prodotti destinati al mercato dei beni di lusso.
Una estensione in senso verticale è particolarmente insidiosa in quanto può mettere in
pericolo la qualità percepita e perchè può costringere a ricorrere alla creazione di
sottomarche e di marche garantite.
La soluzione più prudente è ovviamente quella che consiste nel mantenere la marca
sempre allo stesso livello in termini di qualità. Sono molte le marche che non hanno
credibilità e prestigio sufficiente a consentire loro di funzionare in un segmento di
mercato più elevato quando l’estensione verso l’alto funzionano si tratta in genere di
operazioni di intenti molto modesti: il posizionamento delle marche è tale da presentarle
come migliori delle marche consolidate, ma non come all’altezza delle marche miglior
in assoluto e alla base vi sono miglioramenti di natura funzionale.
59
Il mercato dei beni a basso prezzo è invece più agevole, ma spesso comporta, in genere
pericoli per la reputazione della marca e può intaccare il patrimonio dei clienti della
marca preesistente dal momento che essi sono attirati da un’ offerta più conveniente.
Aspetti organizzativi dell’estensione di marca
Dal punto di vista organizzativo l’estensione di marca può essere realizzata in due modi:
come modalità interna o attraverso acquisizioni
come modalità esterna attraverso accordi
Con lo sviluppo interno l’impresa amplia il portafoglio prodotti attraverso una simbiosi
tra vecchie e nuove linee di prodotto, anche se ciò può richiedere tempi lunghi e
investimenti rilevanti. Con le acquisizioni invece si ottiene attraverso l’acquisto di
pacchetti azionari di altre imprese, la titolarità oil controllo delle marche. Sicuramente la
modalità interna è privilegiata, soprattutto per le grandi marche e griffe del lusso e
fashion esse hanno sempre sostenuto il controllo diretto del know-how produttivo, oltre
che il ricorso a modalità distributive altamente selettive. Prada invece per esempio è un
azienda che è partita da una specializzazione merceologica sull’accessorio e si è poi
progressivamente affermata come griffe del luxury/fashion.
Quando invece l’impresa vuole diversificare in ambiti competitivi diversi dal suo core
business l’accordo con il partner specializzato rappresenta l’unica via percorribile.
In settori come l’abbigliamento intimo, la maglieria e le calzature, questo è un percorso
quasi obbligato: visto che le aziende specialiste hanno una clientela amplia e
garantiscono al partner la continua innovazione. Questo sviluppo esterno può avvenire
in settori come l’occhialeria, la cosmetica etc.
Una classificazione propone tre tipi di accordi19: gli accordi verticali che avvengono tra
diverse fasi della stessa filiera e riguardano produttori e distributori( es il franchising);
gli accordi orizzontali si realizzano tra imprese operanti nello stesso settore e allo stesso
livello di distribuzione, mentre gli accordi laterali prevedono invece la collaborazione
tra imprese di settori merceologicamente diversi.
Il caso più frequente è quello della licenza di marchio concessa ad imprese di un
comparto differente da quello dell’impresa licenziante.
Un caso di estensione verticale e orizzontale della marca Polo Ralph Lauren.
Nel 1968 lo stilista Ralph Lauren ha fondato una propria impresa per commercializzare
abbigliamento maschile di alta qualità con la marca Polo Ralph Lauren. 20
19 Il licensing nel sistema moda, Giannelli-Saviolo.20 Ralph Lauren ,Rizzoli International.
60
L’immagine di alto profilo di un giocatore di polo si adatta perfettamente a quello che è
il nucleo centrale della identità di marca in cui figurano connotazioni ispirandosi ad uno
stile di vita da country club, caratterizzato dal buon gusto , una linea classica., elegante
nel vestire nonché qualità eccezionale e cura artigianale nelle finiture.La garanzia di
Ralph Lauren ha contribuito a personalizzare e differenziare la marca, ma ha fatto anche
sì che attorno a questo nome si costruisse una marca che poi si è rivelata preziosa in
altri costesti.
Nel 1971 è stata lanciata una linea di abbigliamento femminile con il marchio Ralph
Lauren, dal momento che lo stilista era gia evocativo anche nel campo della moda
femminile .
.
61
Poichè la marca Polo era gia stata spesa per l’abbigliamento maschile, sarebbe stato
rischioso utilizzarla anche per la linea donna.
Nel 1974 Ralph Lauren è entrato nel segmento dell’abbigliamento maschile di prezzo
contenuto lanciando Chaps, una nuova marca destinata ad essere venduta solo nei
grandi magazzini. La sua personalità tutta americana e più accessibile è molto diversa
da quella più snobistica di Polo. L’operazione ha avuto successo in quanto i prodotti
Chaps erano caratterizzati dallo stile classico tipico del precedente marchio, la nuova
marca è servita per guadagnare un accesso, non solo ad un segmento meno elitario, ma
anche a punti di vendita molto più accessibili alla gente comune.
Durante gli anni 80 la marca Ralph Lauren è stata estesa in senso verticale sino a coprire
anche i vertici più alti della moda femminile con la marca Ralph Lauren Collection, che
prometteva moda aggiornatissima con un tocco leggero di distintività. Distribuita solo
attraverso negozi di abbigliamento di alto livello questa marche( Ralph Lauren
Collection, Chaps,) hanno permesso insieme alla marca originaria Polo Ralph Lauren di
coprire una vasta gamma di livelli di prezzo senza cadere nella tentazione di forzare
troppo l’estensione ma anzi hanno reso più credibile l’immagine di Lauren come stilista
e hanno rafforzato il Brand. Negli anni 90 invece abbiamo il lancio di una linea di
prodotti di alta qualità maschile prodotta in Inghilterra, questo per ribadire l’origine
dello stilista ma anche per rimarcare le caratteristiche distintive di marca che una
gamma così ampia di prodotti rischiava di banalizzare.
Per stare sempre al passo con i tempi e attenta al target dei più giovani negli anni
novanta vengono lanciate alcune estensioni con il marchio Polo jeans, Polo sport, e
Ralph Lauren Polo Sport per l’abbigliamento femminile.
62
Queste ulteriori linee di prodotto allargano la base potenziale dei clienti ma permettono
allo stesso tempo di reagire positivamente al mutamento dello stile di vita improntato su
una maggiore informalità , che segue i valori del fitness e dello stare bene.
Oggi per raggruppare le linee di prodotti destinate da uno stile contemporaneo e per
differenziarle dalle marche ispirate ad uno stile classico, l’impresa ha creato un nuovo
simbolo di marca che sostituisce il giocatore di polo a cavallo; il nuovo simbolo è
rappresentato da una bandiera Usa con le stelle sostituite dalle iniziali RL a
simboleggiare, in modo evidente, l’abbandono delle connotazioni britanniche. Per
concludere ;l’ architettura della marca Ralph Lauren ha coperto diversi canali di
distribuzione; vari segmenti di mercato e numerose categorie di prodotto con marche
che sono l’una distinti dall’altra, ma collegate da marchi legati l’uno all’altro(come
Ralph Lauren),sottomarche(polo Sport e Ralph Lauren Collection) e marche garantite
come(Polo By Ralph Lauren).Questa strategia ha consentito ai nuovi arrivi di sfruttare il
valore accumulato nel tempo attribuendo alle varie marche una personalità propria:
possiamo infine dire che Polo funge da ancora per la moda maschile , mentre Ralph
Lauren è al centro del valore della marca destinata alle donne.
Esempi di brand extention Diesel
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Numerosi esempi di brand extention , li troviamo nell’azienda Diesel, ultimo in ordine
temporale, è nel settore enogastronomico, che ha recentemente presentato a Marostica i
primi prodotti della tenuta agro-vinicola Diesel Farm, acquisita nel 1994 da Renzo
Rosso. . Vi sono tre varietà di vino, due di olio ed una di grappa, prodotte con tecniche
artigianali fino alla stampigliatura diretta sulle bottiglie delle tre etichette, numerate a
mano, Rosso di Rosso (Merlot e Cabernet), Bianco di Rosso (Chardonnay) e Nero di
Rosso (Pinot Nero). "Quando sorseggi un bicchiere di vino, puoi assaporarne tutte le
sottili influenze - ha spiegato Renzo Rosso -. Nel mio vino, come in tutti i prodotti di
Diesel Farm, ci sono le cose che amo: le mie origini, la mia terra, le tradizioni che ho
appreso da mio padre, tra cui l’antica arte del vino. Questi ingredienti, combinati a
tecniche innovative, creano i prodotti unici di Diesel Farm".
Oltre ai tre vini, cui sono dedicati sei ettari della tenuta compresi nella zona DOC
Breganze, negli oltre 100 ettari di Diesel Farm sono prodotte anche due varietà di olio e
di Grappa .
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Altro esempio può essere il profumo Diesel chiamato Flue for life
Definito da Renzo Rosso, un concentrato di energia, freschezza e adrenalina, il
profumo ,come un paio di jeans, ha una fragranza che si adatta a chi la indossa ed
evolve nel tempo raccontandone la storia. Strategicamente “imbottigliata” in un
ricercato flacone quasi fosse un elisir di lunga vita che si tramanda di generazione in
generazione in un irreale viaggio nel tempo. Ogni boccetta è un pezzo unico grazie alle
nove differenti incisioni che caratterizzano i tappi delle fragranze .Per la donna Fuel for
Life è un tuffo in un mondo cipriato, un omaggio alla femminilità in una sintesi tra
legno, fiori e cassis, una combinazione del frutto e del fiore del ribes, dosati in modo
tale da mantenere il giusto equilibrio tra spirito e carne.
All’uomo sono invece riservate le note più potenti, che suggeriscono energia e vitalità
in un susseguirsi di vibrazioni aromatiche e fresche; anice stellato, lampone e vetiver si
accordano tra loro in perfetta armonia. Inoltre Diesel ha creato anche una linea più
“glamour” contenente un fialetta di 15 ml di Fuel For Life che permette di portare
sempre con sé questo elisir di vita. La catena, come un orologio da taschino d’altri
tempi, diventa un vero e proprio accessorio moda di tendenza21.
Esempio brand extention Sisley
21 www.luxurygallery.it
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Il marchio Sisley, appartenente al gruppo Benetton ,l’intimo del marchio Sisley debutta
con la collezione autunno/inverno 2008 firmata SISLEY UNDERWEAR, che si rivolge
alla donna e all’uomo attraverso il linguaggio dell’eleganza totale e della seduzione
raffinata. SISLEY UNDERWEAR propone tutto ciò che dell’intimo serve per tentare e
farsi tentare: libertà delle forme, valorizzazione del corpo, attenzione alla qualità. Con
in più il piacere di indossare tessuti preziosi e sexy al tempo stesso - sete, cotoni
pregiati, tessuti plissé, angora, cachemire i dettagli sono sartoriali, innovative e
seducenti le modellistiche: per lei mini cup per scollature profonde a valorizzare il
decolleté, reggiseni carioca, bustini, culotte, stringivita, triangolini con giochi di lacci e
trasparenze per lui, parti basse valorizzanti (push up e soft push up), vita bassa e t-shirt
in figura con spalle in evidenza.22
Altrettanto raffinato e seducente è il concept dei nuovi store sisley underwear che
rinnova il tradizionale punto vendita dell’intimo puntando sul mistero e sulla scoperta,
sulla curiosità del cliente, invitato ad esplorare con i sensi e lo sguardo; a cominciare
dalla vetrina “aperta", che lascia vedere il negozio dall'esterno, ma non racconta niente
del prodotto. Infatti gli armadi espositivi centrali, posti "di spalle" rispetto all'entrata,
impongono di immaginare e quindi di entrare, per scoprire un'atmosfera sognante
22 www.fashionunited.it
66
quanto rigorosa, volutamente diversa, per un'esperienza di shopping sofisticata e
sensuale.
La nuovissima collezione SISLEY UNDERWEAR, che dalla primavera 2009 si
arricchirà di una linea mare, sarà distribuita a partire da novembre da una rete di 150
corner all'interno degli store Sisley e da quattro negozi dedicati SISLEY
UNDERWEAR, in Italia e nel mondo.
Esempi Armani Casa e Versace home.
Un caso di estensione molto celebre, che va dal mondo della moda vestiaria a quello
della moda nel design d’interni. È quello di Armani/Casa e Versace Home collection
che già celebri marche di Moda, estendendosi nel campo limitrofo
dell’arredamento,mantengono alcune loro caratteristiche visive di fondo, citandosi in
qualche modo a vicenda, forse addirittura costruendo un’immagine caricaturale
dell’altro, per riaffermare alla fine il proprio stile. Questi due Maison sono in
concorrenza e opposizione anche nella struttura del nome tralasciamo il lettering
istituzionale (ovviamente diverso) e la componente significante del nome (iniziale
opposta nella grafica e nell’ordine alfabetico; solo due lettere in comune, ma in
posizione diversa). Osserviamo semmai che il primo pone nella medesima riga ,
separandole con uno slash, il brand name e la sua estensione (“Armani/Casa”),
67
facendoli precedere da uno specifico logo (il profilo di una lampada); il secondo,
invece, pone in due righe diversi il nome (“Versace”) e Home.
Armani/Casa nasce nel 2000 come divisione ‘ad hoc’ che si integra con gli altri "mondi"
del Gruppo e nella quale Giorgio Armani trasmette e infonde la sua visione della
dimensione abitativa: un luogo intimo e speciale, sofisticato e confortevole allo stesso
tempo. La collezione spazia dal mobile al complemento, dal tessile all’oggettistica fino
all’illuminazione. Oggi il catalogo comprende anche un sistema modulare per il bagno e
un sistema completo di cucina, andando a soddisfare ogni esigenza d’arredo.
Armani/Casa ha una rete articolata di negozi monomarca e shop in shop nelle più
importanti città del mondo, in oltre 35 nazioni ed in continua crescita. Un’ulteriore
espansione della divisione sarà caratterizzata dalla creazione della catena alberghiera
Armani Hotels&Resorts, che Giorgio Armani, in collaborazione con Emaar Properties,
sta sviluppando con arredi Armani/Casa appositamente creati.23.
La collezione per la casa ha la sua parola d’ordine sia nel nascondere, che nel
rinchiudere sotto le linee pure ed essenziali di arredi dal rigore zen. Il tavolino è
pensato per contenereun televisore al plasma: quando lo si chiude, lo schermo
scompare. Gli armadi invece nascondono specchi che si aprono a ventaglio e spazi
funzionali mentre una rivisitata coiffeuse, omaggio alla civetteria femminile, ha uno
specchio a ribalta e una sedia a scomparsa che dopo il trucco si abbracciano in una
scultura cilindrica. Pochi gli oggetti concessi al decoro, rigorosi e materici si va dalle
iconiche candele a cubo con trama a fibra di carbonio ai vasi ellittici in vetro bianco di
murano, dalle macro ciotole in ossidiana alle macchie di colore lasciate delle scatole in
diaspro rosso.
Anche i tessuti damascati appaiono come uno strappo al rigore minimale. I motivi
platino appena percepibili si uniscono alle tonalità dominanti: antracite, acciaio, wengè,
23 www.giorgioarmani.com/casa
68
oro, avorio e l’immancabile nero. Le forme asimmetriche della dormeuse e quelle
stondate delle poltroncine addolciscono i tagli netti delle collezioni passate, donano
intimità e un’ allure ricercata.
Ora resta solo da vedere se lo stile che guida la collezione Armani casa, saprà resistere
alle forme audaci e al total decoro in arrivo con le nuove tendenze. Oppure se re
Giorgio, sulla cresta dell’onda da oltre 30 anni nel mondo della moda, saprà ancora una
volta tradurre il suo stile in qualcosa di inequivocabile e fuori dal tempo.
Versace Home
L’universo creativo di Gianni Versace ha sempre avuto fin da subito confini molto
vasti, come arte e design, la collezione home nasce nel 1992 prima con la realizzazione
di tessuti per la casa poi con la creazione di sculture in porcellana nate dalla
collaborazione con Rosenthal,Barocco , Roi Solein e altri; dal 1992 a oggi le collezioni
si sono susseguite di volta in volta con temi nuovi ma sempre a partire da alcuni
elementi decorativi di base come la medusa, oggi icona della Maison.24
Le proposte casa di Versace si declinano in Design, Eritage e Art de la table, e tutte
rispecchiano i valori storici del marchio: tradizione artigianale, sensibilità alle nuove
tecnologie, hand-made in Italy, lusso e innovazione stilistica.
L'attenzione al cliente è sottolineata dalla possibilità di richiedere la realizzazione di
progetti di interior design personalizzati, oltre all'affiancamento nella scelta degli arredi
24 www.versacehome.it
69
e degli allestimenti, direttamente dall'area riservata del sito o prendendo un
appuntamento negli uffici di Versace Home.
La linea Design di Versace Home propone allestimenti e mobilia dallo stile essenziale,
moderno, pulito e raffinato; uno stile che concede all'anima minimalista espressa nelle
forme e nell'esclusivo utilizzo del bianco e del nero, soltanto l'elemento decorativo della
greca, storico simbolo riconoscibile della maison Versace.
La collezione Versace Home Heritage è invece dedicata agli amanti del lusso sfarzoso,
della tradizione neoclassica, dei dettagli in oro; realizzata in materiali preziosi e ricercati
è la perfetta espressione della bellezza senza tempo e della candida classicità che
attraversa la storia, conservando un'incredibile, raffinata attualità.
Per dare un tocco di classe anche alla vostra cucina Versace Home propone infine la
linea Art de la table: nata dalla collaborazione con la grande tradizione di Rosenthal, si
compone di una serie di porcellane per la tavola finemente decorate, con motivi ormai
inconfondibili come la Medusa, l'Arabesque, Les Tresors de la Mer, Dedalo e Le Jardin
de Versace. 25
Parte seconda
25 www.modeonline.it
70
Il Retail nella Moda
Introduzione
4.1Che cosè il retail ,e il concetto di mega marca.
La distribuzione, i suoi canali di vendita, e il retail in senso generale rappresentano per
un’azienda le fondamenta e gli aspetti su cui puntare per costruire il proprio successo.
Sono tutti quegli aspetti e passaggi che permettono all’azienda di posizionare sul
mercato di riferimento i propri prodotti.
Le aziende industriali hanno dunque assunto maggiori competenze distributive e si
sono integrate a valle per ottenere vantaggi competitivi. Parallelamente i distributori,
non si limitano più a svolgere le semplici funzioni di intermediari; ma si integrano a
monte nel design, nell’acquisto dei semilavorati, e nel branding entrando così in diretta
sovrapposizione col ruolo svolto dal produttore confezionista.26
All’interno di questo ambito il retail rappresenta anche lo strumento attraverso cui una
marca è libera di esprimersi ed esprimere la sua anima, narrare le sue promesse le sue
storie.
Il retail rappresenta lo spazio principale nel quale la marca trova lo spazio di
rappresentarsi in maniera esclusiva, e completa integrandosi con esso.
Marche come Louis Vuitton, Hermès, Zara, H&M, hanno fondato la loro strategia sulla
distribuzione selettiva mono-marca, e sul controllo dei canali di vendita, anche per
trasmettere la propria filosofia in modo pieno e più controllato al consumatore.
Il retail rappresenta quindi l’ambito nel quale l’impresa sviluppa tutte le sue strategie e
sostiene la marca nella crescita arricchendola di contenuti e significati verso il target di
riferimento.
Quindi negozi monomarca, franchising, flagship store, o factory outlet sono il frutto
dello sviluppo del retail moderno, fatto di forte competizione tra le imprese, tendenza
verso uno spostamento a valle nella filiera, e bisogno di un maggior controllo dei propri
prodotti . Il percorso ideale da compiere per evolvere e sviluppare la marca, può essere
suddiviso in quattro parti:
commodity: il prodotto è semplice, ha un nome, non intende per ora produrre
particolari effetti e tende ad assimilarsi alla sua categoria di riferimento;
label name: il prodotto cerca di assumere delle connotazioni differenzianti
dotandosi di segni riconoscibili come, ( etichetta, logo, nome) ma non riesce
ancora ad emergere e a generare valori;
26 Marketing Channel ,Gianpiero Lugli, 2007.
71
Brand: il prodotto ha una sua immagine precisa nella mente del consumatore, e
produce valori intorno a sé;
Mega –Brand: il marchio ha un ruolo sociale , che va ben oltre la sua categoria,
ha una affermata reputazione ed una capacità relazionale che produce e
autoalimenta il patrimonio di marca.
La mega –marca è sinonimo di qualità e superiorità, si attribuisce solo alle aziende che
sono state e saranno abili e capaci di evolvere il proprio marchio in eccellenza.
Ovviamente , non tutti i prodotti e le marche hanno le ambizioni, le intenzioni e le
risorse per aspirare a diventare mega-brand: anzi molte di queste si posizionano nella
parte media del mercato.
È importante però entrare nel merito e spiegare le strategie di pianificazione e
progettazione di un retail efficace ed efficiente per il raggiungimento degli obbiettivi di
business prefissati .
Il primo passo consiste nel definire qualè il ruolo del retail nella strategia globale della
marca. Si possono sintetizzare tre ruoli principali del retail nell’evoluzione della marca:
aggiungere valore e profondità cognitiva alla marca
creare valore emozionali addizionali
raggiungere un target di piccole dimensioni in maniera più profonda, con lo
scopo di consolidare la relazione
Seguendo questo approccio si potrà raggiungere i risultati necessari per diventare un
centro di profitto sia per i capitali materiali, sia per quelli immateriali.
4.2 Retail Brand Equity
Un buon modello che segue questa direzione è quello del Retail Brand Equity che si
basa sull’assunto che le leve insite nel retail( location, concept store, staff,
micromarketing) hanno un effetto diretto e sistematico sui valori e sul patrimonio di
marca e di conseguenza sull’affermazione della mega marca.27
Leve strategiche Valori di marca Patrimonio della
mega -marca
Localizzazione Notorietà Attrattività
Insegna Soddisfazione Reputazione
Concept/format Qualità percepità Distintività
Offerta Associazioni Valoriali Price Premium
Micromarketing Quote di mercato Fedeltà
27 La strategia retail nella moda e nel lusso, Emanuele Sacerdote
72
Staff di vendita Estensione
Servizi aggiuntivi Profitti
Le leve strategiche: esse raffigurano nel complesso gli elementi del retail che si
propongono sul mercato:
la localizzazione : è la presenza, la sua visibilità e l’esistenza del retail-negozio
l’insegna: cioè il logo tipo che richiama la marca e tutto il suo vissuto.
il Concept/Format: racchiude tutti gli elementi esterni ed interni che vengono
trasmessi tramite l’aspetto architettonico e stilistico del negozio
l’offerta:cioè la presentazione del prodotto(varietà e profondità
dell’assortimento)
staff di vendita: il personale dedicato alla vendita.
micromarketing: sono tutte le varie attività di comunicazione e di promozione
rivolte al cliente
servizi aggiuntivi: sono tutti quei servizi correlati direttamente o indirettamente
alla vendita
Tutti questi elementi insieme producono nel breve periodo effetti sui valori della marca
e nel lungo a seguito di un rafforzamento si consolideranno nel patrimonio di marca.
I valori e il patrimonio sono l’immagine della marca, cioè il complesso delle percezioni
mentali che il consumatore decodifica dalle sue esperienze; il valori della marca
comprendono la notorietà: che esprime il livello di conoscenza della marca e del retail;
la soddisfazione: che indica il grado di gradimento post acquisto; la qualità percepita:
esprime i giudizi relativi alla qualità e funzionalità del prodotto; le associazioni
valoriali: rappresentano le percezioni del consumatore associate alla marca; infine la
quota di mercato : sintetizza il peso relativo di mercato del fatturato rapportato al totale
valore del mercato di riferimento. Lo sviluppo ed il consolidamento dei valori creano di
conseguenza il patrimonio della marca: il quale è il vantaggio competitivo che si
costruisce con decenni di attività e di promozione della propria identità ottenendo un
ruolo sociale. Gli elementi che principalmente lo formano sono: - attrattività: intesa
come apprezzamento della marca e del retail da parte del consumatore( di cui il
principale indicatore è la reason to visit: cioè l’intenzione di visitare il negozio); -la
reputazione: rappresenta il livello di stima, di rispetto di fiducia nella marca; - la
distintività: esprime il vantaggio competitivo; -il price premium: cioè la percentuale di
ricarico addizionale sostenibile; -la fedeltà: esprime la percentuale di consumatori
73
soddisfatti che hanno intenzione di riacquistare in futuro( di cui il suo particolare
indicatore è la reason to back); l’estensione: rappresenta la potenzialità di estendere la
marca in altri canali; e infine il profitto : che sintetizza la percentuale di profitto sul
fatturato totale che la marca è in grado di generare.
4.3 Il Retail Strategic Planning
Successivamente nel processo di pianificazione strategica si cercano di individuare le
linee guida per lo sviluppo del retail.
Il Retail Strategic Planning ha proprio lo scopo di assicurare e garantire la migliore e
più efficace combinazione delle leve stategiche del retail, puntando a definire la
strategia aziendale. Utilizzando il Prisma dell’Identità di marca (di Jean-Noel
Kapferer28) arriviamo a descrive le componenti portanti della marca tramite questo
schema:
La parte alta (fisico e personalità) del prisma rappresenta le caratteristiche dell’identità
progettate dall’impresa, la parte centrale (relazione e cultura) costituisce il contenuto
della relazione tra marca e consumatore, la parte bassa invece( riflesso e immagine di
sé) esprime l ‘immagine percepita e la decodificata del consumatore
28 J.N Kapfere, Strategic Brand Management, 1995
74
Questo schema può essere utile nella fase di analisi e nella fase di pianificazione
strategica del retail , in quanto evidenzia e riassume tutti gli aspetti costituenti la
progettazione. Diciamo che per rendere la marca credibile, tutte le leve devono essere
coerenti, compatte e lineari nel loro insieme.
Il retail nel mercato della moda che contribuisce e favorisce l’immagine della mega-
marca diventa:
1) un veicolo di comunicazione di identità di marca con cui l’azienda entra
direttamente in contatto con il consumatore
2) il luogo per la marca per esprimere la sua essenza senza influenze dell’ambiente
e della concorrenza
3) lo spazio per relazionarsi direttamente con il consumatore ed aumentare la sua
esperienza con la marca tramite il prodotto e l’intrattenimento.
4) Un monitor per captare i segnali del mercato
4.4 Scenari futuri
Il retail sta assumendo un ruolo cruciale nella nostra società, esso è diventato uno tra i
maggiori momenti di intrattenimento che il consumatore si concede .Da questo scenario
il retail dovrà aumentare ancora la sua capacità di attrazione con possibili:
Allargamento delle superfici: i singoli negozi dovranno ampliare la propria
metratura per poter dare maggior spazio alla propria offerta ma anche per creare
degli ambienti per interagire con il consumatore. Il negozio potrà dotarsi di aree
interne per eventi, incontri, corsi, oltre ad offrire diversi servizi come libreria,
caffetteria, parrucchiere.
Segmentazione: si sta verificando e si fortificherà in futuro un fenomeno di
iper-segmentazione questa avverrà in tre aree: 1) il prezzo: i canali di vendita si
segmenteranno per fasce di prezzo nette e precise 2) stile di vita: verranno
offerti prodotti e servizi inerenti ad uno style preciso. 3) occasioni di consumo:
alle varie occasioni d’uso corrisponderanno dei momenti nei quali il retail offrirà
prodotti e servizi speciali( per es. solo per il periodo Natalizio)
Nuovi poli commerciali: Ci saranno sempre più aree commerciali che si
differenziano per le marche presenti e per i servizi offerti. Un ottimo esempio è
presente a Milano in Colonne di S.Lorenzo, e Corso Porta Ticinese che negli
ultimi tre anni ha visto la comparsa di parecchie marche cha hanno fatto
rinascere l’area e portato nuovi consumatori.
75
Mega-Brand –Entertainment: saranno luoghi molto grandi dedicati alla
marca: alcuni esempi sono la galleria Ferrari(Maranello –Modena), Nike
Town(London),Guinnes Storehouse(Dublin).
5 Progettazione di punti vendita
5.1 Come cambia il punto vendita .
L’evoluzione del ruolo del punto vendita segue una direttrice fondamentale che
modifica progressivamente l’originaria funzione logistica dei luoghi di vendita
trasformandoli in luoghi di comunicazione ed interazione con i consumatori.
L’importanza di questo “nuovo” ruolo è stata ben compresa dal mondo delle imprese
industriali che, specialmente in alcuni settori, cercano di integrare la gestione degli
spazi privilegiati all’interno delle superfici di vendita dei distributori (definiti in
relazione alla dimensione “corner” o “shop in shop”) con un contatto diretto con il
mercato attraverso il presidio di nuove tipologie di format quali il flagship store o il
mega store.
Il tratto distintivo che accomuna tali format è che ad essi, diversamente dalle logiche
che in passato guidavano le politiche di gestione dei punti vendita, non viene attribuito
l’obiettivo di incrementare o dare stabilità al volume delle vendite, bensì, seppur con
modalità diverse, la finalità di dare una rappresentazione compiuta dell’identità di
marca.
L’importanza di comunicare all’esterno i tratti distintivi dell’identità di una marca
assume una valenza ancora maggiore in una realtà in cui si assiste ad un mutamento
profondo anche del concetto e della funzioni svolte dalla marca stessa.
Le politiche di branding come visto in precedenza sono sempre più orientate a
diffondere un “universo di valori della marca in cui il prodotto si fonde con lo stile di
vita e con i valori che animano la filosofia della impresa.,” un concept “per il quale è
fondamentale che venga data una giusta rappresentazione all’interno del punto vendita
attraverso spazi, ambientazioni e strutture .Il senso dell’evoluzione del ruolo del punto
vendita è, quindi, insito proprio nella capacità di creare l’“ambiente naturale” ai
connotati della marca, un ambiente nel quale i “consumatori possano immergersi a
360°, circondati da colori, forme, suoni, sensazioni che caratterizzano la marca..
Il tradizionale point of sale gestito con logiche prettamente industriali e considerato in
maniera riduttiva come leva finalizzata a conseguire obiettivi di vendita, si trasforma in
76
point of purchase29 nel quale il protagonista non è più il prodotto ma il consumatore che
compie l’atto di acquisto; un atto di acquisto sempre più stimolato dagli stessi fattori
endogeni al punto vendita e la cui valorizzazione genera la trasformazione definitiva del
punto vendita in un point of permanence, dove il consumatore non entra esclusivamente
per comprare ma per visitare un luogo che sappia attrarlo, incuriosirlo e intrattenerlo.
Ciò impone che lo spazio di vendita si arricchisca di nuove leve di valore che possano
consentire di dare rappresentazione dell’esperienza di marca; il ricorso
all’intrattenimento, e alla spettacolarizzazione dell’atto di acquisto che consenta al
consumatore di sentirsi appagato anche di quei bisogni, legati all’autogratificazione, al
desiderio di fuga dalla routine e alle emozioni, che in passato solo parzialmente
trovavano realizzazione negli spazi di vendita.
Il punto vendita, quindi, partecipa alla costruzione della brand identity attraverso la
combinazione di modalità “hard” che caratterizzano il ricorso agli elementi della
struttura fisica del punto vendita con modalità “soft” che prevedono, invece, la
realizzazione di attività di diversa natura.
Figura 1. Gli elementi di comunicazione del punto vendita che supportano la diffusione della brand identity.
29 Significa : punto di acquisto
77
Fra le modalità di comunicazione di tipo “hard”, ai fini della nostra analisi assumono
rilevanza sia alcuni elementi relativi alla struttura esterna (location e layout esterno) sia
elementi che invece caratterizzano la struttura interna (atmosfera e layout interno).
La location. La scelta del posizionamento del punto vendita si presenta strategica
perché richiede necessariamente coerenza tanto con il posizionamento della marca
quanto con il target di riferimento; la location tende quindi ad essere fortemente
condizionata dalla tipologia di format considerato poiché, è proprio in relazione ai
differenti obiettivi della strategia di comunicazione che i flagship store, ad esempio,
tendono a concentrarsi nelle vie storiche e prestigiose dei centri cittadini.
Il layout esterno. Fra gli elementi che costituiscono il layout esterno è importante
sottolineare il ruolo che ricoprono in particolar modo l’ingresso e le vetrine, che
sono in grado di influenzare la decisione del consumatore di dare inizio ad
un’esperienza che, anche se non finalizzata all’acquisto, potrebbe comunque
intrattenerlo e incuriosirlo. L’ingresso svolge un ruolo importante nella
rappresentazione della marca poiché costituisce il punto di contatto fra il mondo
esterno e quello interno e può svolgere la funzione di “filtro” verso l’esterno
contribuendo a selezionare la clientela. Le vetrine, che rispetto alla soglia hanno la
peculiarità di potersi rinnovare periodicamente, rappresentano un valido supporto in
termini comunicazionali, possono essere, infatti, utilizzate non solo per offrire una
sintesi dell’offerta commerciale e delle novità proposte ma anche per rispondere ad
esigenze d’intrattenimento (ad esempio videoclip nei music stores o nei bookstore,
oppure schermi interattivi sulle collezioni).
78
Esempio di display interattivo in un negozio di Parma del centro
Il layout interno. Nell’approfondire questo elemento è innanzitutto necessario
analizzare separatamente il layout delle attrezzature dal layout merceologico, relativo
alla classificazione e all’esposizione dell’assortimento. Riguardo alle decisioni che
riguardano la disposizione delle attrezzature nella superficie di vendita comportano, e
tra l’altro, la definizione del percorso della clientela all’interno è stato già affrontato nel
capitolo precedente .Affrontiamo invece le scelte che invece riguardano il layout
merceologico le quali possono essere dettate da criteri relativi alla funzione d’uso o da
occasioni di consumo se il fine è quello di comunicare sensazione di ordine e armonia o
in casi limite essere addirittura totalmente prive di criteri, come nel flagship store
Fiorucci a Milano in cui è assente qualunque tipologia di classificazione
dell’assortimento, se l’obiettivo è proprio quello di stupire il consumatore comunicando
istanze di originalità e diversità.. Altro esempio è il flagship store della Gas
inaugurato lo scorso anno a Milano,dove sia il layout delle attrezzature così come
quello merceologico è totalmente progettato per dare rappresentazione alla filosofia del
brand ispirata ai concetti di velocità, libertà di movimento ed espressione: i banchi sono
realizzati con cartelli piegati ad U, l’helpdesk è costruito con lattine di birra e i capi
sono riposti in lavelli da cucina con ruote, cestelli della lavatrice o in pallet di legno
marchiati.
L’atmosfera. é considerata come un importante mezzo di comunicazione per
posizionare la marca e rinforzare il legame con il consumatore; gli stimoli visivi
(illuminazione, segnaletica, ) così come quelli sonori e olfattivi, contribuiscono ad
esprimere concretamente l’identità del brand, connotando in modo differenziante
l’ambiente di vendita. Si tratta di stimoli polisensoriali che, coerentemente con
l’immagine complessiva del brand, influenzano la sfera emotiva del consumatore e
sono finalizzati a rendere la sua visita un’esperienza piacevole . Una modalità a cui
sempre più spesso le imprese ricorrono per qualificare l’atmosfera del punto vendita
è la tematizzazione ovvero l’individuazione di un tema, una storia, che diventa il
principio ispiratore di tutte le decisioni relative alla rappresentazione della marca,
dal layout alla pianificazione delle attività di intrattenimento.
79
La scelta del tema a cui ispirarsi può rispondere a criteri differenti 30 tuttavia è
necessario che la rappresentazione risulti congrua con il contesto di riferimento e che
sia dotata di un sufficiente livello di attrazione per il consumatore (Codeluppi, 2003).
All’interno del punto vendita è possibile comunicare la brand identity anche attraverso il
ricorso ad elementi “soft” che prevedono la realizzazione di attività volte ad
enfatizzare la dimensione ludica, ricreativa e socializzante dell’esperienza di acquisto.
L’intrattenimento. Può essere ormai considerato a tutti gli effetti una leva
strategica a disposizione dell’impresa per rispondere ai bisogni di tipo edonistico e
ricreativo dei consumatori. L’offerta di entertainment viene oggi nella gran parte dei
casi realizzata attraverso due modalità distinte; può avere innanzitutto la natura di
“performance” musicale, artistica o teatrale legata ad un evento realizzato ad hoc nel
punto vendita, si pensi ad esempio alle sfilate di moda nei negozi di abbigliamento o
alle rappresentazioni musicali nelle librerie. Pur non attivando un livello elevato di
interazione del consumatore, che si limita ad essere spettatore passivo della
rappresentazione, tali eventi suscitano comunque elevato coinvolgimento e stupore.
L’intrattenimento può, anche consistere nel presentare in punto vendita , aree dedicate
alla lettura, all’ascolto di musica o al relax o quando vengono proposti servizi edonistici
di diversa natura (come ad esempio le competizioni fra clienti con giochi all’interno del
punto vendita 31). Inoltre devono essere considerate forme di intrattenimento anche i
servizi che facilitano l’acquisto come i servizi di baby parking,o l’ animazione per i
bambini nei centri commerciali e nei factory outlet.
I servizi. l’offerta di servizi può essere motivata dalla necessità di accrescere il bisogno
informativo non esclusivamente connesso alle caratteristiche dell’ offerta commerciale
ma più in generale legato a bisogni più ampi di natura culturale. E’ possibile, infatti,
distinguere fra servizi informativi di “tipo interno” e di tipo“esterno”; nella prima
categoria rientrano tutti quei servizi finalizzati a migliorare la conoscenza relativa ai
prodotti proposti (dimostrazioni d’uso dei prodotti, servizi di consulenza offerti da
esperti esterni, opuscoli e riviste) mentre la seconda comprende i servizi finalizzati a
rendere la visita nel punto vendita un’esperienza formativa e di scambio culturale
(corsi gratuiti, seminari, totem informatici, monitor con la trasmissione delle
principali notizie).
30 Schmitt e Simons, nel saggio Marketing Aesthetics (1997), propongono nove diversi ambiti che possono caratterizzare la tematizzazione del punto vendita: la storia, la religione, la politica, la cultura, la filosofia, la psicologia, le arti, le tradizioni popolari e la natura.
31 La Nike Italy organizza all’interno dei Nike Town Center, il Panna Knock Out, un torneo di calcio che si svolge fra duegiocatori all’interno di una gabbia con una durata di tre minuti.
80
La musica: in genere la si tende ad acquistare già adattata in colonne sonore ; è un
errore ricorrente andrebbe studiata e adattata per il target da servire.
La tecnologia: sta entrando prepotentemente nei punti di vendita, per esempio in
Italia in un futuro , mentre il altri paesi è già presente l’uso di vetrine interattive:
che combinano audio e immagini per catturare i clienti, fuori e dentro al negozio,
camerini multimediali: che offrono la possibilità di prendere le misure al cliente
con scanner tridimensionali, di visionare l’assortimento, di verificare la disponibilità
di un capo.
Interessante è anche il sistema di riconoscimento del cliente che tramite tecnologie
moderne viene identificato, in modo da usufruire di un servizio personalizzato e
tempestivo
5.2 La centralità del cliente. Cosa cerca.
Il consumatore di oggi si presenta nella maggioranza dei casi molto informato sulle
opportunità offerte dal mercato: è spesso in movimento e avendo così la possibilità di
conoscere abitudini, prodotti e prezzi di diversi paesi. “Naviga” quotidianamente su
internet , cercando e trovando in modo rapido tutte le informazioni a costi molto bassi
inoltre è perennemente “bombardato da messaggi e iniziative pubblicitarie attraverso
tutti i canali ,dalla tv alla mail .
Sono e stanno cambiando anche le sue abitudini di acquisto: per i prodotti basici con
scarso investimento emozionale, il cliente chiede di massimizzare il potere di acquisto
cercando prodotti a prezzi ridotti;mentre nell’acquisto di prodotti ad alto contenuto
emozionale richiede di massimizzare il suo valore personale, orientandosi verso marchi
che offrono un’esperienza di acquisto differenziata ed esclusiva.
Si sposta spesso dal basico al lusso e viceversa richiedendo per i primi un prezzo
competitivo, mentre per i secondi un brand attraente ed una forte qualità ed immagine,
inoltre è cosi in grado di individuare i punti di forza e debolezza di entrambe.
Il consumatore richiede un continuo rinnovamento delle proposte con elementi di
innovazione, creatività; ricerca informazioni relative alle procedure di lavorazione e
delle materie prime, presenta una crescente attenzione ai fattori etico sociali, nel
complesso ricerca “una shopping experience”nella quale ci siano interattività,
coinvolgimento e almeno ,nella sua percezione, una unicità o esclusività.
81
Anche nelle aziende si sta assistendo a dei cambiamenti, se in passato si sono evolute
lanciando e consolidando i propri marchi sul mercato , con una organizzazione
fortemente focalizzata sul prodotto, che si è riflettuta perfino nelle organizzazioni
interne aziendali.
Infatti in passato il canale retail è stato utilizzato soprattutto per rinforzare la
comunicazione ad una sola via; oggi stiamo assistendo ad un inversione di
tendenza ,dove le aziende spostano la loro attenzione sul cliente e la sua soddisfazione.
Infatti non basta solo capire cosa i clienti comprerebbero e dove , è bensì più importante
e difficile è riuscire a portare quel modello con quelle taglie e colori, in quell’insieme di
negozi della rete retail proprio nel momento in cui il consumatore è disposto ad
acquistarlo.
Questo è ottenibile solo con il risultato di una organizzazione aziendale e di pv che è in
grado di recepire rapidamente i cambiamenti di tendenza ed adattarsi di conseguenza.
Il monitoraggio di tutti i comportamenti è in forte crescita da parte di molte aziende di
moda, capire e studiare per esempio il caso nel cui il mio cliente non trovi il prodotto
desiderato( colore/taglia) e vada a cercare altrove un prodotto sostitutivo , non sapendo
di poter richiederlo nel punto vendita stesso , è sintomo di una inefficienza da parte del
pv sulla quale si può e si deve migliorare.
E’ prevedibile nel futuro che i punti vendita dovranno sempre più trasformarsi in punti
di servizio, attraverso nuovi concept, che favoriscano il successo del marchio attraverso
lo sfruttamento intelligente della tecnologia.32 Da alcune ricerche svolte da IBM su un
campione di 400 clienti italiani, emerge che spesso l’assitenza nel pv, non soddisfa le
richieste dei clienti, anche a causa dell’elevato turnover e della mancanza di strumenti
adatti ad essa.In molti casi la clientela si accorge della possibilità di servizi aggiuntivi
solo quando alcune aziende la propongono. Queste possibilità di miglioramento
dovrebbero spingere le aziende di moda a cercare nuove forme di servizio
5.3 Lo shopping experience
Il consumatore di oggi nella maggioranza dei casi effettua i propri acquisti seguendo
processi di tipo “problem solving”33 (tale processo parte dalla percezione del bisogno,
come una sensazione di mancanza, per arrivare alla scelta del bene che, a suo giudizio,
meglio soddisfa tale esigenza). al processo d’acquisto ci arriva attraverso una serie di
32 La strategia retail nella moda e nel lusso,2007,p 72
33 Cfr. Pellegrini L., “Luoghi dell’ acquisto e relazione con il consumatore”, Micro & MacroMarketing, n. 3, 2001.
82
fasi sequenziali, tra cui la ricerca di informazioni e l’identificazione e valutazione delle
alternative, questo comporta l’attivazione del sistema cognitivo individuale, e la
definizione di personali atteggiamenti che si traducono in intenzioni di acquisto
caratterizzate da forte emotività .34 Ci si rende conto perciò che, per avere successo in un
settore come la moda, caratterizzato da forte competitività e da brand molto forti,
nonché dalla predominanza della dimensione del piacere rispetto a quella utilitaria , non
si può fare a meno dalla capacità del punto vendita, attraverso i suoi diversi elementi, di
stimolare continuamente l’interazione e il coinvolgimento del consumatore.
Come illustrato nelle pagine precedenti l’organizzazione dello spazio di vendita e la
disposizione delle attrezzature contribuiscono significativamente a favorire
l’interazione fra il cliente e l’ambiente circostante, mentre la realizzazione di eventi e
l’offerta di entertainment facilitano l’interazione tra i diversi clienti. Ciò impone che lo
spazio di vendita si arricchisca di nuove leve di valore che consentano la
rappresentazione dell’esperienza di marca.
L’esperienza di acquisto è determinato dunque dall’effetto congiunto della presenza,
all’interno del concept store di stimoli sensoriali volti a suscitare una risposta emotiva
e dalle presenza delle caratteristiche individuali e benefici ricercati. E’molto più
probabile, infatti, che gli stimoli volti a produrre emozioni siano percepiti e
interiorizzati soprattutto da acquirenti di questo tipo, che possono risultare
particolarmente sensibili a quei sistemi che permettono di suscitare effettivamente il
coinvolgimento emotivo nell’ acquisto.
Tale relazione positiva deriva dal valore soggettivo che il cliente attribuisce alla marca
del prodotto acquistato e dal significato simbolico che essa è in grado di esprimere. Il
concept store, quindi, dovrebbe essere in grado di soddisfare non solo le esigenze
prettamente funzionali che spingono l’acquirente potenziale alla visita ( vale a dire
l’acquisto del bene o la ricerca di informazioni ) ma anche i bisogni di tipo affettivo,
legati alle emozioni e agli aspetti sensoriali.
Questi bisogni oggi assumono un ruolo sempre più importante nella struttura delle
preferenze tra le diverse marche e i comportamenti di acquisto.
Il consumatore del duemila è curioso ed esigente, vive lo shopping come un momento
di evasione dalla routine, vuole una gratificazione emotiva, e lo cerca nell’ atto di
acquisto in sé , piuttosto che dai benefici propri del bene di cui sia venuto
eventualmente in possesso. Quindi creare valore per il cliente significa a renderlo
34 Cfr. Castaldo S., Botti S., “La dimensione emozionale dello shopping”, Economia &Management, n. 1, 1999, pp.
83
protagonista di una memorabile esperienza di acquisto emozionandolo tramite la
stimolazione di tutti i suoi sensi.
Un azienda che volesse rimanere vicino al cliente offrendogli uno shopping experince
si scontra con notevoli impatti in ambito organizzativo e il cambiamento di molti
processi aziendali.Significa costruire una organizzazione e una rete di vendita pensata
dalla prospettiva del cliente e non solo da quella dell’azienda, proponendo processi di
acquisto semplici, utilizzare al meglio le informazioni da lui pervenute per
personalizzare l’esperienza di acquisto .Per arrivare a tutto questo bisogna:
1) costruire una organizzazione che riesca ad adattarsi ai cambiamenti delle
esigenze dei clienti
2) offrire una esperienza di acquisto facile e appagante , con i servizi e il livello di
informazioni necessari per consentire un’acquisto consapevole
3) essere in grado di riconoscere il valore del cliente che entra in contatto con
l’azienda e di conseguenza offrirgli un servizio di pari importanza
4) proporre un’offerta di prodotti e servizi flessibile, permettendo al cliente di
scegliere tra diversi modelli di consumo
Le aspettative dei clienti evolvono molto più rapidamente che in passato e non basta
capire cosa i clienti acquisterebbero ;oggi il negozio deve adattarsi alle necessità nel
tempo; per fare ciò è necessario focalizzarsi sui propri clienti target35 e osservarli
regolarmente, catturando i loro feedback formali ed informali,investire nella
sperimentazione di nuovi format, e puntare sulla qualità del personale.
Il personale se esperto è in grado di mantenere la memoria storica dei clienti
conoscendo direttamente preferenze e abitudini ed integrando così le informazioni
disponibili attraverso i sistemi tecnologici, inoltre è in grado di offrire un migliore
allineamento con l’immagine aziendale, in termini di comportamento, look, rispettando
quindi i valori del brand in ogni suo aspetto. Offrire un’esperienza di acquisto
coinvolgente e piacevole assicura un maggior stazionamento del cliente nel negozio, ed
una più alta probabilità che concluda l’acquisto. A questo scopo oltre a proporre un
percorso in punto vendita accattivante è necessario fornire al cliente un facile accesso
alle informazioni di cui ha bisogno per concludere la transazione sentendosi a proprio
agio; ad esempio dotare il personale di vendita di un palmare che permetta di visionare
la disponibilità nel back office di un certo articolo o diversamente proporre informazioni
35 E’ notizia di pochi giorni fa la messa a punto di una videocamera che visualizza io movimento delle ombre dei clienti davanti alle vetrine e all’interno del punto vendita, per individuarne i punti caldi e altri meno strategici.
84
sul prodotto relative alla lavorazione e alle materie prime, nonché possibili abbinamenti
con altri prodotti .
Un altro aspetto importante è il rispetto dei tempi del cliente: tipicamente nella moda il
comportamento d’acquisto richiede tempi lunghi nella scelta ,per gustarsi il momento
appagante ma una volta essa avvenuta occorre evitare lunghe code alle casse per
escludere eventuali ripensamenti.
Creare una shopping experience è quindi strategico, i dati aziendali sui clienti se
opportunamente studiati permettono di proporre offerte su misura , di anticipare i
cambiamenti nei gusti e tarare opportunamente le strategie di marketing e
merchandising.
Un esempio a riguardo è costituito dal nuovo centro commerciale costruito a
Londra, il più grande d’Europa.
Westfield questo è il suo nome, e con i suoi 280 negozi rappresenta un punto di
riferimento nello shopping londinese; molto spazio viene dedicato alla moda uomo e
donna ; dalla A di Adidas alla Z di Zara, passando per Dior. Dotato di ben 50
ristoranti vanta anche una spa, un cinema con 14 sale, una palestra, banche e una
biblioteca. Ospita anche una redazione, quella di Grazia UK che si è trasferita nei
nuovi locali vantando un trasloco alla moda.
5.4 La Multicanalità .
85
Proseguendo nell’analisi sugli aspetti con cui le aziende cercano di rispondere alle
esigenze dei clienti incontriamo una nuova sfida che essi stanno affrontando cioè quella
della multicanalità .Con questo termine indichiamo internet e tutto ciò che ne comporta.
I canali principali con i quali le aziende interagiscono rimangono sempre quelli
tradizionali (eventi, sfilate,media,e punto vendita) ma la realtà del canale distributivo
della “rete” è e sarà per le maison più sviluppate un fattore che completerà l’offerta e
che costruirà un rapporto anche off-line.
E’ noto che la maggior parte delle aziende ha già sviluppato esperienze più o meno
evolute di tipo B2B36 e B2E 37 con i quali si scambiano informazioni tra clienti e
fornitori su ordini, stato di avanzamento, produzione e spedizione,ma è dal miglior
sfruttamento dell’e-commerce che potrebbero nascere forti ricavi futuri.Vediamo ora
però quelli che possono essere i principali rischi .
Un rischio di spersonalizzazione del servizio reso attraverso internet e la necessità da
parte dei clienti di valutare dal vivo i prodotti; la qualità delle trasparenze per esempio
per prodotti particolari come i gioielli, la qualità del tessuto nell’abbigliamento,la
comodità e lo stile delle calzature sono tutti fattori difficilmente riproducibili attraverso
il mezzo elettronico. Inoltre questo canale deve poi essere supportato da una forte
integrazione con le altre funzioni dell’azienda dal marketing e
comunicazione,all’information Tecnology ,alle vendite.
La possibilità di non provare la correttezza delle taglie o la reale visione del colore di un
capo sono state solo in parte risolte dagli ultimi progressi tecnologici, attraverso le
immagini tridimensionali nelle quali i prodotti possono assumere colori diversi, tabelle
di conversione per le taglie, e modalità di possibilità di restituzione del prodotto in caso
di mancata soddisfazione. I limiti sicuramente non sono trascurabili ma se l’azienda
vuole conoscere i propri clienti questa è e sarà una strada ad alto potenziale.
Se andiamo ad analizzare un’ indagine statistica condotta da IBM Global Business
Services (nel 2007) su campione di 85 player della moda in tutto il mondo, possiamo
trarre alcune indicazioni su come si sono mosse le aziende su questo fronte.38
36 Business to Business: è la gestione elettronica di tutte le principali attivita dell’azienda, che coinvolge anche partner, fornitori e clienti
37 Business to employess : si tratta di una evoluzione del commercio elettronico, dove viene prevista la fornitura di servizi e prodotti da parte di una impresa verso i suoi dipendenti e collaboratori diretti o indiretti38 La strategia retail nella moda e nel lusso, Emanuele Sacerdote , 2007
86
I leader del lusso e moda hanno puntato principalmente su un miglioramento del
look& feel del proprio sito adottando la tecnologia come Flash Player molto gradevole
ed in grado di poter fornire funzioni elevate come giochi o communities ,altri invece
rivolti ad una clientela particolarmente giovane hanno dimostrato di puntare
decisamente su concorsi on line, communities misicali, dimostrando vitalità e creatività
nei confronti del canale web.
Si segnalano anche una principale attenzione nel coinvolgere lo spettatore in
esperienze multisensoriali con immagini in movimento,filmati,e musica che
caratterizzano la visita sul sito della Brand Diesel (www.diesel.com) dove il cliente
interagisce scaricando cataloghi, potendo acquistare edizioni limitate di particolari
prodotti ,inscriversi ad a feste ed eventi, e entrando a far parte della community del
Brand .
Il Brand Diesel si distingue particolarmente per la presenza di uno store on-line molto
qualificato e ben strutturato rispetto agli altri brand, poichè è possibile una visione dei
prodotti con immagini tridimensionali ed un’ accurata interfaccia grafica.
87
L’azienda Stefanel invece permette su ( www.stefanel.it) di guardare le ultime
collezioni,partecipare al concorso “vinci e fai shopping”, guardare le sfilate e il loro
back stage , le vetrine di alcuni negozi, ed infine di comprare on -line attraverso
l’inscrizione alla community.
.
88
Anche il gruppo TODS che sul proprio sito permette con video di vistare virtualmente
la sede principale, di trovare i punti vendita del marchio nel mondo, guardare i filmati
degli ultimi spot, di saperne di più sui prodotti, come vengono realizzati , la loro storia
ed evoluzione.
Il sito www.tods.com contiene anche un link chiamato “Tv” che aggiornato
frequentemente permette di vedere Film cult che rievocano lo stile inconfondibile di
Tods, scoprire gli eventi nel mondo legati al marchio e saperne di più sulla sua
“philosophy”.
89
Questi sono alcuni esempi di come le aziende della moda si stanno
muovendo,purtroppo queste realtà non sono cosi diffuse anche se questa per molti
esperti del settore sembra la direzione da seguire per fidelizzare sempre più il cliente.
La presenza su internet comunque deve essere opportunamente calibrata visto che i
messaggi legati al brand devono essere studiati e veicolati ; questo canale comunque se
sapientemente utilizzato può costituire per il proprio brand un fattore di esclusività
sostenuto dal fatto che la popolazione di internet è in continua crescita e i
“naviganti”sono sempre più alfabetizzati, usufruiscono di sempre maggiori
connessioni,hanno una elevata propensione all’acquisto, derivando un ‘estensione
quindi del mercato.
L’opportunità consiste nello sfruttare il web per indurre il proprio business anche sui
negozi tradizionali, proprio grazie ad una maggiore informazione del cliente ma anche
attraverso funzioni di sinergia tra i due ambiti.
Alcuni esempi possono essere le prenotazioni di visita nel pv per creare un servizio
personalizzato, la partecipazione ad eventi, sfilate del brand ,ed eventualmente la
creazione di promozioni incrociate tra il punto vendita on-line e quello reale.
90
6 Monomarca, Flagship store, corner e outlet
La rapida e crescente diffusione delle forma di integrazione verticale sottolinea il
riconoscimento dell’importanza per le imprese di distribuzione e produzione di sfruttare
tutte le potenzialità e i benefici che derivano dall’utilizzare la rete di vendita al servizio
esclusivo dei propri prodotti. Questa strategia può essere realizzata a diversi livelli di
intensità e con diverse modalità; dall’apertura di alcuni negozi monomarca che
affiancano la rete retail, fino alla scelta di adottare una rete totalmente controllata in
modo diretto, a seconda degli obbiettivi specifici delle singole organizzazioni
imprenditoriali e dei diversi contesti competitivi.
L’adozione di punti vendita controllati direttamene consente di raggiungere un duplice
obbiettivo:
avere una maggiore disponibilità di informazioni provenienti dal mercato
comunicare all’esterno la propria identità di marca con modalità uniche e
distintive.
Partendo dal primo aspetto è opportuno sottolineare come il contatto diretto con il
consumatore offra l’opportunità di monitorare costantemente il mercato e di adeguare le
strategie aziendali all’evoluzione continua dei comportamenti di acquisto e di
consumo.Gli ultimi scenari vedono emergere un consumatore che con maggiore
intensità rispetto al passato ricerca la soddisfazione di bisogni di tipo simbolico e
valoriale, vive l’attività di shopping come un momento ricreativo, apprezza ogni stimolo
emotivo oltre che razionale e ricerca sempre più prodotti che propongono un modo di
essere e nuove occasioni di consumo.
Le imprese produttrici cosi possiedono informazioni relative alla dinamica dei
comportamenti di acquisto consumo questo costituisce per esse un valore aggiunto
importante, dal momento che la loro utilizzazione nelle politiche di marketing consente
una risposta immediata ed efficace alle diverse sollecitazioni del mercato , inoltre il
controllo diretto del canale di vendita consente di raggiungere un altro importante
obbiettivo rappresentato dalla possibilità di specificare con caratteri distintivi la propria
strategia di comunicazione in punto vendita.
91
I nuovi format
6.1 Monomarca
E’ un punto vendita ,generalmente di proprietà dell’azienda ma spesso è anche in
franchising, dove tutti i capi in vendita sono marchiati dal brand. L’azienda attraverso
questo format cerca di estendere la propria rete di vendita e di imporre la propria
presenza nelle maggiori città del paese e delle capitali estere.
E’ un esempio di integrazione verticale dimostrando di essere un buon modello di
business più efficace rispetto ai multimarca , per unire i benefici derivanti
dall’innovazione di prodotto e dallo sviluppo della marca,39 permette di offrire una
gamma di capi abbastanza completa al consumatore . I monomarca soprattutto se
sfruttati in modo accurato riescono nell’intento di recepire i segnali di cambiamento del
mercato e dell’evoluzione delle preferenze dei clienti., inoltre hanno tre obbiettivi
guida:
aggiungono valore e profondità cognitiva alla marca presentando in maniera più
diretta e marcata le sue caratteristiche distintive
creano valori addizionali ad una semplice e routinaria transazione di acquisto
riescono a raggiungere direttamente il target di riferimento creando una
relazione più profonda e duratura.
Inizialmente attratto dalla forte specializzazione dei prodotti il consumatore spesso
scopre, all’interno del negozio, che l’offerta è molto più ampia di quanto immaginato:
per esempio Louis Vuitton e oltre ai tradizionali accessori propone anche vestiti, Geox
affianca alle famose scarpe sportive modelli più eleganti ma anche capi di
abbigliamento ,Tods spazia dalle calzature, alle borse,dagli accessori alle linee di
abbigliamento.
I vantaggi per la marca sono numerosi, dalla maggiore fidelizzazione della clientela
all’assenza dei diretti concorrenti spesso presenti nel negozio tradizionale. Anche la
citata migliore possibilità di differenziazione, derivante dall’estensione del numero di
categorie merceologiche presentate nel punto vendita, consente di affacciarsi in nuovi
settori, mentre la velocità di riassorbimento e il legame più diretto con il cliente
garantiscono un più rapido aggiornamento della merce.
Un altro aspetto da considerare, specie per i marchi più commerciali, è il maggior valore
percepito da parte del cliente nel momento in cui effettua l’acquisto. Il paio di scarpe
comprato nel negozio monomarca ha infatti un impatto emozionale diverso rispetto al
39 Marketing Channel, Giampiero Lugli, 2007.
92
medesimo acquisto effettuato in un negozio tradizionale, il che può consentire, ad
esempio, migliori margini a livello di prodotti..
Per alcune categorie merceologiche il maggiore livello di specializzazione garantito da
queste tipologie di negozi è coinciso con una migliore differenziazione in termini di
gamma e proposte. Catene di intimo come ad esempio Calzedonia e Yamamay hanno
infatti dato un forte impulso al settore, ampliando la gamma di offerta introducendo
nello stesso tempo una maggiore creatività e stagionalità nell’assortimento
Il personale di vendita è spesso altamente addestrato e ha frequentato corsi di
formazione specifici riguardanti il brand in modo tale da soddisfare al meglio le
esigenze informative e di offerta del cliente. Un maggior numero di monomarca è
direttamente correlato con la grandezza dell’azienda stessa che indica quindi una
sviluppata forza di vendita sia in ambito retail che di immagine.
Tutti i brand principali hanno dei punti vendita monomarca da Prada a Bulgari, da
Gucci , Armani a Max Mara dai brand di fascia media Benetton, Espirit, fino a quello
di fascia bassa.come Zara e H&M, il formato è in forte aumento ed è ormai considerato
la norma per ogni brand che si rispetti.
.
Monomarca Calzedonia, Parma.
93
Monomarca Benetton, Parma.
Monomarca H&M, Parma.
6.2 Flagship store
È sicuramente il format che rappresenta in modo più completo le modalità con cui le
imprese industriali interpretano la nuova funzione di punto vendita, esso risponde
all’obbiettivo di dare una rappresentazione della marca nella sua interezza, al di là del
veicolo rappresentato dal prodotto, e usando il punto vendita per comunicare i valori e
gli stili che essa rappresenta. I negozi bandiera (flagship) hanno spesso spazi di vendita
94
molto ampi , vengono localizzati nelle aree più prestigiose delle città più grandi ed
importanti del mondo ,offrono un ampio assortimento di prodotto, e cercano di
veicolare un life style concept legato al brand coinvolgendo il cliente in modo totale sia
dal punto di vista emotivo che dell’offerta di prodotti . Oggi molti brand stanno
seguendo questa politica offrendo come visto in precedenza un’ offerta di prodotti non
sola puramente legati all’abbigliamento di base ma anche accessori e design per la casa.
Ci sono degli elementi critici che bisogna tenere in considerazione quando si procede
alla realizzazione di un flagship store, affinché contribuisca con efficacia al
potenziamento della marca:40
Essere in possesso di una identità di marca ben delineata: è importante che
esista una identità di marca chiara che servirà da guida; tutti gli elementi del
flagship store o devono essere coordinati tra di loro,e essere combinati con le altre
leve aziendali.
Fornire un beneficio al consumatore che sia legato alla marca: bisogna evitare
di fare del flagship store un contesto che non abbia nulla a che fare con la marca
stessa, al contrario “educare il consumatore “ a capire e scoprire meglio i prodotti
e l’azienda.
Sfruttare a fondo le caratteristiche principali della marca: il flaghip store deve
presentare tutte le caratteristiche principali e i vantaggi della marca, compresi i
simboli, colori,musica e tradizioni.
Rendere possibile un’esperienza di acquisto indimenticabile: il flaghip store
deve essere progettato in moda tale da far provare un’esperienza di acquisto
divertente , produttiva ed eccitante.
Introdurre continuamente innovazioni cosi da rendere l’esperienza di
acquisto sempre nuova: il flagship store ha bisogno di innovazioni continue oltre
al cambiamento dei prodotti, ma suscitare atmosfere nuove che inducano il
consumatore a sperimentare un’esperienza di acquisto
Sfruttare il negozio e la sua capacità di imparare: occorre sfruttare il flagship
store per far parlare della marca, imparare da coloro che vi entrano, sperimentare
per capire quello che funziona e che piace.
40 Flagship store, Prophet Brand Strategy.
95
Il flagship store è la realtà più forte e se vogliamo dire più importante per l’azienda
rispetto al monomarca, in quanto permette di conciliare la dimensione del branding e
quella dell’intrattenimento,. rappresentando un punto d’incontro fra la necessità di
diffondere i valori distintivi della marca e quella di valorizzare la dimensione
esponenziale dello shopping. All’interno di questa tipologia è necessario effettuare una
ulteriore distinzione fra “flagship brand store” e “ themed flagship brand store” 41:
I flagship brand store sono punti di vendita che possono dare una
rappresentazione esclusiva ad una sola marca industriale oppure ospitare una
pluralità di marche differenti tra di loro ; nel primo caso questi rappresentano
l’evoluzione del negozio monomarca che tenta di ridurre ulteriormente le
distanze dal consumatore finale attraverso una proposta originale ed autonoma;
mentre nel secondo caso i flagship store assumono le connotazioni di concept
store, cioè superfici di vendita in cui si mescolano più offerte commerciali con
l’obbiettivo di permettere al consumatore di soddisfare attraverso diverse
proposte, tra cui anche quelle esigenze legate al tempo libero.42
Flagship store Emporio Armani via Manzoni 31
Questo è l’ultima tappa ma solo in ordine cronologico di un lungo progetto
incominciato con il primo Emporio Armani nel 1981, aperto il 5 Ottobre di quest’anno
è definito da Giorgio Armani “ un progetto molto ambizioso per l’impegno economico
che richiede e per la complessità della sua realizzazione; ogni oggetto è stato
immaginato, pensato realizzato secondo il mio stile”.Articolato su tre piani si sviluppa
su circa 8mila metri quadrati, dei quali oltre 6mila di superficie commerciale,
caratterizzato da una semplicità minimalista frutto dell’intenzione di progettare spazi
puliti e funzionali che svolgano una funzione di fondale rispetto al contenuto.
Tre ingressi principali con pavimenti a lastre di granito( una miscela di polvere di
quarzo), i pilastri di sostegno sono rivestiti con una pietra chiamata supai di color
crema ; tutte le superfici che si completano tra loro grazie a una tattilità fisica e visiva:
opache e lucide, in rilievo e lisce, riflettenti e opacizzate.
Al pianterreno , l’Emporio Donna( 460 metri quadri) presenta camerini-cabina di
plexiglass, pannelli grafici sospesi, display Led a muro in vetro offrono trasmissioni ,
scambio ininterrotto di messaggi ed incerti periodi dell’anno temi e immagini del
repertorio Giorgio Armani. I reparti Emporio Uomo, Emporio Accessori e profumi
sono dotati di una illuminazione molto particolare, che assorbe e schiarisce, con
strutture che sospendono o mettono in risalto un oggetto o un’area, mentre in 41 Cecconi-Cuomo,l’evoluzione del ruolo del punto vendita nel potenziamento delle politiche di branding42 Flagship store Emporio Armani , Milano Via Manzoni 31.
96
un’atmosfera simile ad una palestra o una sala fitness si estende il reparto dedicato
Armani jeans uomo e donna .
Nella struttura sono presenti anche un ristorante di 235 mq, un caffè Armani di 77 mq
ed infine 900 mq dedicati alla collezione Armani Casa. Il tutto si coniuga in un’
insieme omogeneo, un senso di grandezza e ambiziosità caratterizza questa struttura
unica per il Brand Emporio Armani, ed elitaria per pochi altri brand.
Flagship store Armani/Via Manzoni 31, Milano.
I “themed Flagship brand store” sono invece negozi che individuano nella
tematizzazione del punto vendita il canale privilegiato di espressione dell’identità
di marca, in luoghi dove tutto ruota attorno alla tematica prescelta, e che
inevitabilmente diventano luoghi di aggregazione per i consumatori che
prediligono tale tematica.
Individuando uno degli esempi importanti di “themed Flagship brand store “ che
si sviluppano attorno alla tematica prescelta abbiamo il concept store Tad 43di
Roma: ideato come un casa privata dove il colore divide lo spazio e ne genera
armonia, è un luogo dove si possono trovare proposte per la casa , abiti
lussuosi,design floreali, musica,mostre d’arte senza dimenticare che ci si può
concedere anche un pò di relax nell’area beauty o la ristorante caffè quindi un vero
“universo “per creare il proprio lifestyle.
43 www.tad.it
97
A cui poi è seguito un secondo concept store che si basa sempre sulle “radici” del primo
ma rivolto più al lusso, alla moda e al design. Distribuiti su mille metri quadrati, sono
quattro i piani tutti d’ispirazione cosmopolita legati tra loro da un “albero ideale” che fa
dialogare l’idea di natura con quella di funzionalità. Ogni piano è una sorpresa, un mood
da vivere, un luogo dove armonia e contrasti convivono all’insegna di un gusto e di uno
stile molto personale. All’ultimo piano, c’è la Lunge Gallery, una scatola di cristallo
essenziale ed elegante, totalmente modulare e dedicata alla creatività. Ideato come
tempio high tech multiforme per accogliere ogni genere di evento, la Lounge è uno
spazio flessibile che ospita mostre d’arte ed iniziative legate alla cultura contemporanea.
98
Tad reparto fashion
in
i reparti casa,profumi,hair styling e arts/events.
6.3 Corner.
Questo format è rappresentato da un’area dedicata alla marca e ai suoi prodotti
generalmente all’interno di un punto vendita multimarca. Si caratterizza per le
dimensioni ridotte della superficie di vendita ( non oltre i 30 mq, se lo spazio assume
dimensioni maggiori si definisce shop in shop) che il brand utilizza per isolare la marca
rispetto alle concorrenti e dichiararne l’identità specifica attraverso i prodotti che la
rappresentano.
L’obbiettivo che ci si pone è quello di far percepire al consumatore in maniera più
nitida le valenze distintive della marca rispetto ad una collocazione dell’offerta che non
99
si avvale di spazi a lei dedicati. Il corner rappresenta sicuramente uno strumento
privilegiato per la comunicazione in store, dal momento che consente di prendere
decisioni autonome in termini di layout e assortimento tuttavia le limitate dimensioni
non rendono possibile una rappresentazione della marca nella sua interezza, rispetto al
flagship store presenta sicuramente minori costi di sviluppo e gestione, potendo nella
maggioranza dei casi sfruttare le strutture della distribuzione.
Corner Cornelliani ai Magazzini Harrods
6.4 Factory outlet
Rappresentano l’evoluzione dello spaccio aziendale che assume oggi la duplice
divisione in :
Factory stand alone se gestito direttamente dall’azienda produttrice.
Factory outlet village se inserito in un centro in cui sono presenti altri marchi
industriali appartenenti a diverse categorie merceologiche
Il factory outlet nasce con l’obbietivo di permettere lo smaltimento delle eccedenze di
stock ( collezioni passate, surplus di magazzino) in maniera redditizia attraverso
un’offerta di capi generalmente di alta qualità , che presentano un prezzo che in molti
casi è del 50% inferiore al costo medio di prodotto44 di una determinata marca
industriale.44 Cecconi-Cuomo,l’evoluzione del ruolo del punto vendita nel potenziamento delle politiche di branding.
100
Il recente successo che questo formato ha riscontrato ha ampliato progressivamente gli
obbiettivi che le imprese attribuiscono a questo format consentendo di affermare che
esso svolge un ruolo di sostegno comunicazionale della marca.
In particolare se per il” factory stand alone” esiste il rischio che l’immagine della marca
possa risultare depotenziata a causa di una politica di pricing che può in alcuni casi
distorcere dal vero posizionamento, invece i “factory outlet village” si caratterizzano per
il tentativo di imitare una planetaria area urbana, con strade piazze , traverse, ponti, in
cui i singoli punti vendita sono affiancati da una serie di servizi complementari come
punti di ristoro, baby parking, o intrattenimento con eventi particolari. L’idea che si
vuole riprodurre è quella di una città ideale dove il consumatore entra per trascorrere i
momenti di acquisto lontano dal traffico cittadino, e in assoluto relax.
Oggi i factory outlet villane comportano per le aziende costi di sostenimento maggiori
che in passato , vista la maggior valenza comunicativa, inoltre per questo format sta
diventando un vero e proprio canale di vendita autonomo che si allontana sempre di piu
dalla funzione di smaltimento di eccedenze di stock, proponendo per le imprese piu
rinomate una produzione ad hoc per esso.
Vediamo ora di schematizzare alcuni aspetti caratteristici degli outlet, in modo da avere
un quadro più sistetico ed immediato :
Strutture commerciali complesse, nelle quali, accanto alla notevole
concentrazione di negozi, viene fornito un elevato livello di servizi, quali:
ristorazione, aree bimbi, servizi navetta, parcheggi gratuiti, sportelli Bancomat,
ufficio informazioni turistiche e, in alcuni casi, parrucchiere, sartoria. La
dimensione dell’entertainment assume dunque una valenza distintiva che
caratterizza queste formule rispetto agli spacci stand alone: i punti vendita,
infatti, sono curati nel layout e nel merchandising, il personale di vendita è
adeguatamente formato e viene prestata particolare attenzione all’estetica
complessiva del centro (che rappresenta un fattore veramente distintivo oltre che
un elemento necessario per la differenziazione rispetto ai centri commerciali
tradizionali);
superficie molto vasta - superiore a 10.000 mq - solitamente risultante da un
progetto articolato in diverse fasi scaglionate nel tempo;
strutture extraurbane, con localizzazione al di fuori di grandi centri abitati, in
prossimità di grandi reti viarie che consentono una facile e comoda accessibilità in
auto;
101
architettura esperienziale, uniformata a quella degli altri paesi europei nei quali
il fenomeno è gia attivo da molti anni. Si tratta, in particolare, del “village style”,
che prevede la predisposizione di centri particolarmente semplici, ma accoglienti,
che riprendono aspetti tipici, storici o culturali del contesto nel quale si
inseriscono, attraverso la ricostruzione di stradine, piccole piazze, panchine. Si
dedica, inoltre, molta attenzione all’atmosfera: i colori, l’illuminazione, la musica
di sottofondo, le decorazioni della struttura da un lato e la cura nella sistemazione
delle vetrine o del layout dei punti vendita dall’altro generano un ambiente
accogliente, familiare, che predispone meglio all’acquisto e alla permanenza
all’interno del centro;
punti vendita gestiti direttamente dal produttore;
presenza di marche note ad elevato appeal: inizialmente le marche note erano solo
4-5 , oggi la tendenza è presentare un’offerta con un numero elevato di marche
note al pubblico.
assortimento variabile: collezioni passate, articoli di seconda scelta, varietà di
modelli e taglie limitata;
varietà di categorie merceologiche: l’abbigliamento presente è vario, comprende
diversi stili;
prezzi permanentemente ribassati : dal 30 al 70% rispetto a quelli applicati nei
punti vendita tradizionali. Il ribasso è comunicato attraverso il meccanismo dei
doppi prezzi sul cartellino (prezzo retail-prezzo outlet) e questo, unitamente ai
controlli svolti con una certa frequenza dalla società di gestione del centro,
garantisce una notevole trasparenza in materia.
Tabella riassuntiva dei principali Outlet presenti in Italia.
102
Terza parte
7 Integrazione Verticale
7.1 Che cosè? Comè fatta?
Il ruolo economico della distribuzione commerciale per l’ industria di marca si
rappresenta per alcuni aspetti complessa; da un lato è indispensabile per colmare la
distanza fisica ma anche di relazione e di comunicazione che la separa dai consumatori
finali,dall’altro affidarsi a distributori forti, dotati di un’immagine di insegna credibile,
comporta per i produttori delegare, almeno in parte, funzioni che sono indispensabili al
successo della loro marca come la relazione diretta con il consumatore, la gestione
dell’assortimento, il merchandising e la costruzione della brand image sul punto
vendita, i cui criteri di arredo rispondono sempre più alle esigenze dell’insegna.
Inoltre sempre maggiore è l’ esigenza di una maggiore snellezza e flessibilità attraverso
un contatto diretto con il proprio mercato da qui la decisione di entrare direttamente o
indirettamente nella distribuzione rappresenta per un’impresa manifatturiera una scelta
impegnativa. Nella catena logistica, infatti, si possono eliminare gli intermediari, ma
non le funzioni da loro svolte, che devono, quindi, essere prese in carico dall’azienda, in
generale quindi, l’azione verticale nel canale comporta per l’impresa produttrice un
aumento dei costi fissi anche a causa dell’ampliamento delle sue competenze. Il brand
può fare sia ricorso a negozi di proprietà, gestiti direttamente,che diversamente
adottare forme di franchising, in cui, pur essendo i singoli punti vendita di franchisee
indipendenti, la gestione dell’immagine, degli arredi, delle strategie di comunicazione e
103
di prodotto è condizionata fortemente dall’azienda franchisor. Una terza via è
rappresentata dall’attuazione di un modello misto sia con negozi di proprietà che in
franchising.
Negozi propri, flagship shop, franchising, monomarca sono aspetti diversi legati alla
necessità di sviluppare la distribuzione all’interno della propria strategia di
comunicazione della marca industriale. I brand, infatti, comunicano in modi sempre più
complessi e articolati. I punti di contatto quindi con i consumatori potenziali non sono
circoscritti al packaging o all’advertising, ma si allargano a strumenti e spazi diversi: in
particolare, l’immersione del consumatore in un ambiente fortemente caratterizzato
dalla brand image è sempre più rilevante, in quanto consente di “toccare” fisicamente la
marca, dando corpo a un concetto altrimenti astratto. Questa evoluzione delle modalità
di comunicazione delle marche ha dato vita al “retail branding”, ossia alla disciplina
strategico-creativa che si occupa di far vivere la marca all’interno degli spazi di vendita.
Ovviamente, per sviluppare strategie coerenti e omogenee di retail branding, un’azienda
deve essere in grado di intervenire sui punti vendita, questo è realizzabile con la
massima efficacia solo adottando modalità distributive sotto il proprio diretto controllo,
di qui la definizione di “vertical branding”,che sottolinea l’integrazione “verticale” dei
diversi soggetti della catena del valore. La concentrazione e l’aumento del potere della
distribuzione comportano, al contrario, il rischio di una crescente distonia tra i contenuti
della comunicazione pubblicitaria del produttore e quelli del distributore nel punto
vendita. L’integrazione a valle, quindi, è guidata dalla ricerca di nuove sinergie tra la
comunicazione della marca a livello industriale e la comunicazione attuata dalla
distribuzione da e nei punti vendita, in una nuova logica di co-marketing verticale. A
tali motivazioni se ne affiancano altre più legate alle strategie di prodotto, quali la
possibilità di modulare ampiezza e profondità di gamma o di mettere in opera attività di
marketing distributivo su base geografica.
7.2 Aspetti critici del vertical branding
Il ricorso all’integrazione a valle, con l’apertura diretta di punti vendita monomarca di
proprietà, comporta una serie di implicazioni sull’organizzazione delle funzioni e delle
risorse aziendali da non sottovalutare. Il ricorso a processi di vertical branding, infatti,
impone alle imprese di relazionarsi con professionalità eterogenee: architetti, designer
d’interni, visual merchandising, retail manager, store manager.
A meno di voler delegare l’intera operazione a strutture specializzate esterne, l’azienda
deve sviluppare approcci interdisciplinari al canale, orientati alla decodifica e alla
104
esaltazione dei valori della marca indispensabili per definirne la brand identity nella
forma e nei contenuti, attraverso la realizzazione di punti vendita che utilizzino
soluzioni tratte dal mondo della comunicazione e dello spettacolo. In altri termini,
l’azienda manifatturiera si trova a dover gestire un sostanziale cambiamento
organizzativo, per trovare soluzione a “nuovi” problemi gestionali e di sviluppo, tipici
delle organizzazioni distributive e di servizi.45 Il successo nel vertical branding, quindi,
è strettamente correlato alle capacità dimostrate dall’impresa nell’integrazione sinergica
di problematiche e soluzioni multidisciplinari. In particolare, la creazione di negozi
monomarca non sarebbe una scelta distributiva efficace ed efficiente laddove l’azienda
non dovesse offrire al mercato un’ampia gamma di prodotti supportati dalla marca forte.
Il meccanismo di crescita numerica dei monomarca, tipico degli anni Novanta, ha
conosciuto un importante arresto per effetto della crisi mondiale, che ha ridotto gli
investimenti in monomarca del lusso in cui l’architettura e il design ruotano attorno alla
marca .Allora,si è cercato di per creare una fedeltà che non sia più solo di marca, ma
anche di punto vendita, attraverso la costituzione di nuovi e più moderni
format distributivi e di maggiori servizi offerti al consumatore come i megastore o i
Flagship store. Questi investimenti rappresentano la strada scelta dalla maggior parte
dei brand visto che commercio elettronico è ancora poco sviluppato, e fonte di
attrazione relativamente debole sul consumatore, vista la presenza di alcuni aspetti di
criticità non ancora del tutto risolti. non dimentichiamo infatti, che i vestiti e i gioielli, in
particolare, non possono essere venduti tramite un video , né tramite un catalogo anche
se sono all’ordine del giorno continue innovazioni e miglioramenti per questo canale.
7.3 La time based competition: gli esempi di Zara, H&M
Il ciclo di vita della moda , in questi ultimi tempi ,si è notevolmente accorciato, creando
di fatto una competizione basata su questo fattore;dove le imprese che riescono ad
accorciare i tempi di arrivo dei prodotti sul mercato si creano un vantaggio competitivo
nei confronti dei concorrenti.
Diventa di conseguenza necessario conciliare l’outsourcing delle diverse attività, alla
delocalizzazione della produzione con l’esigenza di rinnovare continuamente il prodotto
ponendolo in negozio con il minore tempo possibile.Gli esempi più significativi sono
rappresentati da Zara e H&M.
Zara
45 Il retail nella moda e nel lusso,Emanuele Sacerdote.
105
Zara presenta una distribuzione integrata a monte nella manifattura dei prodotti posti in
vendita nei suoi negozi monomarca, produce in piccoli lotti nel distretto spagnolo in cui
è nato, così facendo il suo processo produttivo e logistico dura appena cinque settimane
per prodotti interamnete nuovi e due settimane per le nuove versioni di modelli
esistenti.
La produzione in piccoli lotti è volta a creare un effetto scarsità che stimola il
consumatore a decidere l’acquisto rapidamente infatti siccome la maggior parte dello
stock non viene riassorbito,il consumatore sà che se non compra oggi il prodotto
potrebbe non trovarlo più disponibile domani ,quando finalmente avrà preso la
decisione di acquisto.
Le attività di design e approvvigionamento materiali del gruppo cominciano da tre a sei
mesi prima dell'inizio della stagione di vendita, in modo da acquisire la disponibilità di
circa il 65% del fabbisogno di tessuti, subordinando la definizione della restante parte
agli andamenti di mercato.
Gli ordini di prodotti finiti realizzati per intero da fornitori esterni al gruppo, si
effettuano: per un 15-20% del totale da tre a sei mesi prima dell'inizio della stagione,
per un 50-60% all’inizio della stagione, per poi completarsi durante le vendite al
consumo, al fine di ridurre in modo sostanziale il rischio di passaggio della moda.
Nell'approvvigionamento dei tessuti gioca un ruolo fondamentale Comditel, società con
sede operativa in Spagna, di cui Inditex è proprietaria al 100%, che soddisfa circa il
45% del fabbisogno di tessuto finito e gestisce, in esclusiva per il gruppo, le seguenti
attività: acquisto materie prime e trasformazione in tessuto, acquisto di tessuto non
finito, tintura, stampa e rifinitura La restante parte degli acquisti di tessuto proviene da
fornitori esterni al gruppo, localizzati in massima parte in Europa (95%) ed in misura
marginale in Asia (4%) e America centrale (1%).46
La produzione interna si concentra essenzialmente sugli articoli a più elevata rotazione,
e su quelli con maggior rischio moda, per i quali sono stati effettuati gli investimenti di
ricerca e sviluppo più rilevanti e che rappresentano i punti fondanti della politica di
caratterizzazione della brand image del gruppo.
Inoltre tutti i 2300 punti vendita Zara sono forniti di terminali connessi con la sede
centrale di La Coruna in modo tale che giornalmente sia possibile ordinare e prendere
visioni dei nuovi modelli; così facendo la creazione dei modelli è orientata
direttamente in risposta delle esigenze del consumatore mentre i punti vendita possono
offrire un assortimento specifico e derivato dalle preferenze espresse nel relativo
46 Marketing e produzione del pronto moda,2007
106
territorio di vendita.47.Un’altro modello di business basato sul fast fashion è quello di
H&M.
H&M.
Distribuzione
Il gruppo vuole far trovare al cliente, l’articolo giusto nel paese giusto e al negozio
giusto ; H&M gestisce un traffico annuale di milioni di articoli, che vengono inviati a
oltre 1.500 negozi in 28 paesi attraverso una serie di centri di distribuzione visti gia in
precedenza Per far arrivare le merci nella quantità corretta al negozio, è necessario un
sistema di distribuzione perfettamente funzionante che per riuscirvi necessita di una
catena didistribuzione integralmente caratterizzata da accuratezza, flessibilità ed
efficienza.
H&M controlla ogni anello della catena, da quando nasce l’idea fino a quando il
prodotto giunge nelle mani del cliente. Questo metodo rende il flusso logistico molto
più efficiente rispetto a quello di un singolo fabbricante, importatore e/o rivenditore. un
altro fattore cruciale per il funzionamento della catena di fornitura è una buona struttura
informatica in grado di trasmettere rapidamente i dati di vendita dei negozi.48
La maggior parte delle merci sono trasportate via mare, ma per inviare gli articoli dai
paesi di produzione ai centri di distribuzione H&M si utilizzano anche le reti ferroviarie,
stradali e a volte i trasporti aerei. si sceglie l’opzione migliore per ogni spedizione e
l’ambiente ha un peso importante nella decisione.
Quando possibile, il trasporto ferroviario è sempre la prima scelta ma l’obiettivo è
combinare tutti i trasporti aerei con trasporti marittimi, generando così un impatto
ambientale notevolmente inferiore. Concentrare i trasporti e riempire al massimo i
mezzi per raggiungere direttamente i paesi di vendita è un altro fattore importante.
Dopo essere stati ricevuti e controllati, gli articoli sono distribuiti direttamente ai negozi
o ai magazzini call-off centrali via via che si esauriscono le merci, i negozi ripristinano
il loro assortimento. Nel 2007 H&M ha aperto un nuovo grande centro di distribuzione
a Poznan, in Polonia, responsabile dell’approvvigionamento dei paesi in cui è possibile
fare acquisti su internet e per corrispondenza al di fuori della regione nordica e i negozi
dell’Europa orientale; sta costruendo inoltre un nuovo centro di distribuzione di
grandi dimensioni ad Amburgo, in Germania che dovrebbe entrare in funzione
nell’estate del 2008 e darà servizio ai negozi in Germania, Paesi Bassi e Austria.
Assortimento
47 Marketing Channel,Gianpiero Lugli,200748 www.H&M.com
107
H&M cerca di creare un equilibrio tra basic moderni, trend attuali e alta moda
l’assortimento è costituito da un mix equilibrato di pezzi basic moderni, trend attuali e
capi di alta moda all’interno di ogni concetto. La composizione finale della gamma
dipende da una serie di fattori diversi: i più venduti della stagione precedente si
uniscono ai grandi trend, ai colori e ai modelli della stagione che si avvicina lo scopo è
creare un assortimento che risponda sempre i desideri dei clienti.inoltre anche le
dimensioni dei negozi, la loro posizione e il tipo di punto vendita influiscono sulla
distribuzione della gamma di prodotti.
I capi di alta moda prodotti in quantità limitata, ad esempio, sono resi disponibili solo
nei negozi delle grandi città, gli articoli “ basic moderni”, come giacche, top e pantaloni
in diversi colori e con il taglio della stagione in corso, vengono ordinati in volumi
superiori e vengono poi distribuiti in più negozi..
Clienti e acquisti in punto vendita
I clienti di H&M hanno a disposizione diversi canali di vendita: il negozio, internet e il
catalogo, i prodotti così diventano sempre più accessibili e sono sempre più numerosi;
la vendita su internet e per corrispondenza per esempio è disponibile nei paesi nordici,
nei Paesi Bassi, in Germania e in Austria.
Nella struttura di H&M rientrano diversi tipi di negozi: dai grandi punti vendita in cui è
possibile trovare tutti i tipi di prodotti ; ai negozi più piccoli rivolti a un gruppo target
più ristretto. È per questo motivo che spesso vi sono più punti vendita H&M su una
stessa strada l’azienda cerca di offrono esperienze d’acquisto diverse che si rivolgono a
segmenti di clienti diversi. La vetrina ha un ruolo molto importante nell’attirare i clienti
e profilare H&M come marchio; è chiara e invitante, simultaneamente deve offrire ai
clienti idee e ispirazioni per lo shopping.
Nei negozi H&M il cliente si serve spesso da solo e si orienta con facilità in
un’ambiente deve essere piacevole e generare una sensazione di benessere deve
suggerire idee e offrire ispirazione, per far sì che il cliente scelga sempre i capi più
adatti al suo stile individuale. L’assortimento di capi nei negozi è presentato secondo
precisi abbinamenti per facilitare al cliente il compito di combinare gli articoli; le
vetrine, i manichini, i torsi e i tavoli devono fornire sempre straordinarie proposte
d’acquisto e sono quindi aggiornati molto spesso.
L’arrivo di articoli nuovi tutti i giorni rende i negozi interessanti e vivaci inoltre la
disponibilità di varie collezioni stagionali consente anche di cambiare spesso l’aspetto
108
del negozio che vuole far trovare al cliente sempre qualcosa di nuovo ed
entusiasmante.
7.4 Una realtà italiana: Benetton
Un’azienda italiana che presenta un buon modello di time competition è rappresentata
dal Gruppo Benetton.
La struttura inizialmente svolgeva internamente le operazioni ad alta valenza
strategica o a forte investimento fisso attuato nel complesso produttivo di Castrette in
provincia di Treviso ,dove veniva svolto circa il 70% della produzione ;(attorno 120
milioni di capi all’anno ) mentre svolgeva fin da subito esternamente fasi come il
confezionamento , lo stiraggio del prodotto , affidandolo a piccole e medie imprese
specializzate. Successivamente il modello originale di Castrette è stato poi replicato
all’estero in Spagna, Portogallo,Tunisia Croazia Ungheria, delocalizzando così buona
parte della produzione fatta precedentemente in Italia.
Per esempio, Benetton- Ungheria coordina le attività produttive dei terzisti di Ungheria,
Ucraina, Repubblica Ceca, Polonia, Moldavia, Bulgaria e Romania, inoltre,
l’internazionalizzazione della produzione è stata realizzata valutando la specializzazione
e le competenze dei vari paesi coinvolti ; per esempio, produzione di t-shirt in Spagna,
oppure di capospalla nell’Est europeo ,così da creare poli focalizzati su una determinata
tipologia di prodotto, con garanzia di elevata qualità. I vari poli esteri organizzano poi
l’assegnazione delle singole lavorazioni ai terzisti collegati; successivamente i capi
prodotti rientrano quindi in Italia, dove vengono smistati in funzione del cliente
destinatario. Attualmente l’apporto delle sedi produttive internazionali è ancora
limitato, se confrontato con le strategie di delocalizzazione dei principali competitor: ma
tale percentuale è destinata a diminuire visto chè il sistema di produzione stà
cambiando forma modificandosi rispetto alla struttura iniziale .
Le fasi un tempo considerate critiche, di controllo qualità in ingresso e uscita, taglio e
tintura, si stanno trasferendo progressivamente a una rete di aziende esterne
controllate al 50-100% da Benetton.
Inoltre con l’obiettivo di presidiare gli approvvigionamenti delle materie prime( fase
strategica nel settore per la compressione dei tempi di risposta ) Benetton ha, nel corso
degli anni, esteso di molto il proprio livello di integrazione a monte con i fornitori di
tessuti e filati si pensi che il principale fornitore italiano (che garantisce il 90% del
tessuto maglia cotone e il 90% del filato di lana cardato e pettinato) è controllato
109
all’85% da Benetton. 49 Questa e altre integrazioni con i più importanti fornitori
localizzati, oltre che in Italia, anche negli Stati Uniti, Giappone, Corea ecc, sommata
all’instaurarsi di rapporti consolidati di partnership, consente, da un lato, di affidare a
monte al fornitore stesso, il controllo qualità dei tessuti/filati, e dall’altro di inviare i
materiali acquistati direttamente ai laboratori alle aziende esterne e alle sedi
delocalizzate, con evidenti benefici in termini di costi di movimentazione e di lead time
complessivo di produzione
Processo logistico
Anche la logistica viene presidiata direttamente; Benetton ha investito fortemente per
l’automazione dei processi logistici, con l’obiettivo di ottenere la completa integrazione
del ciclo produttivo, dall’ordine cliente all’imballo e spedizione. Per rendere più
efficiente la produzione, ogni ordine cliente viene inizialmente frazionato in lotti
produttivi caratterizzati da omogeneità del modello, e alla fine viene ricomposto
l’ordine nel mix e nei volumi richiesti dal cliente. In passato, dato che non era possibile
sincronizzare l’arrivo al sistema di imballo dei diversi lotti produttivi terminati, al
cliente venivano inviati molti colli per ordine, e solo parzialmente riempiti. Oggi
giorno, invece, grazie all’impianto automatico di smistamento chiamato “Plussort”,
Benetton è in grado di gestire in modo integrato sia gli ordini cliente sia i lotti di
produzione, realizzando una ricomposizione dell’ordine cliente in sede di imballaggio,
con la conseguente ottimizzazione dei colli. Il risultato è un aumento del 30-40% del
rapporto capi/collo, con la riduzione dei costi fissi (viene ridotto lo spazio mediamente
necessario per stoccare un ordine) e variabili (vengono ridotti i costi di trasporto),
nonché dello spazio necessario ai dettaglianti per conservare la merce non ancora
esposta. 50
Una volta imballati, infatti, i colli vengono trasferiti, via nastro automatizzato,
attraverso un tunnel di collegamento, ad una struttura specifica , che gestisce le fasi di
magazzinaggio e distribuzione. Questa rappresenta una delle innovazioni e realizzazioni
più importanti del “modello Benetton” il cuore del sistema logistico ; il magazzino è
robotizzato in cui i colli vengono stoccati con logica casuale e successivamente
identificati in base alla loro posizione. A valle del magazzino vi è “un riordinatore”
che ripartisce i colli verso le stazioni di carico in base non solo all’area geografica, ma
anche allo specifico cliente destinatario , ha una capacità di gestione fino a 30.000 colli
49 Benetton, i colori del successo,Giovanni Favero,2005.50 L’evoluzione di un network per la competizione globale,Andrea V
inelli 2002
110
al giorno,e questa ha consentito di diminuire drasticamente i costi relativi al personale e
soprattutto di migliorare sensibilmente l’efficienza distributiva. Attualmente la struttura
garantisce un tempo medio di sette giorni per consegne in tutto il mondo con una
capacita di spedizione di 10 milioni di capi al mese.
Come reagisce Benetton ai competitors nell’integrazione verticale.
La modalità tradizionale di operare della rete vendita Benetton ,che affida a terzi
la vendita diretta dei prodotti ritenuta da molti, negli anni passati, l’arma vincente del
Gruppo, sembra non bastare più a sostenere l’offerta sul mercato. Infatti, l’evoluzione
recente del mercato vede l’affermarsi delle grandi superfici di vendita monomarca con
dimensioni sempre maggiori, fino ai 1500-3000 m2, laddove la dimensione media dei
punti vendita Benetton e sensibilmente inferiore. Il rischio, per l’azienda, è vedere le
proprie location soffocate dall’aggressiva strategia di penetrazione del mercato attuata
dai competitor internazionali, che puntano sulle grandi dimensioni per imporre la
propria presenza. Anche per contrastare questo fenomeno, il Gruppo ha istituito un
processo di razionalizzazione delle politiche commerciali e delle superfici di vendita:
ha ampliato, dove possibile, le dimensioni dei punti vendita, allo scopo di
esporre tutta la gamma di prodotti a marchio Benetton (o Sisley),
dall’abbigliamento alle calzature, agli accessori;
in alternativa ha specializzato i punti vendita per segmento di mercato e/o di
prodotto (per esempio, solo uomo, o solo donna, solo Colors per la maglieria,
Undercolorse Sisley per l’intimo e abbigliamento mare ecc.);
ha aperto nuovi punti vendita di dimensioni consistenti (700-2000 m2) nelle
principali vie commerciali delle grandi città.
Gestione diretta dei punti vendita da parte di Benetton
La gestione diretta dei punti vendita è iniziata con un progetto retail, operativo dal
novembre 1999, che aveva come obiettivo affiancare alla rete di vendita di negozi
indiretti gestita con la formula tradizionale del licensing, una rete diretta, chiamata
“Retail” e costituita da negozi di dimensioni medio-grandi, di proprietà e direttamente
gestiti dalla casa madre. Il progetto ha implicato una completa integrazione a valle,
puntando a rinnovare l’esposizione nei negozi attraverso la fornitura frequente di
pacchetti di nuovi prodotti, che permettano il continuo rinnovo di ogni punto vendita
che viene rifornito costantemente con articoli moda studiati, disegnati e realizzati per
la stagione . Con l’apertura e la gestione diretta dei megastore, Benetton è stato in
grado di avvicinare meglio il consumatore finale e rafforzare l’immagine del Gruppo in
111
un settore sempre più imprevedibile e caratterizzato da cambiamenti fulminei, dove,
pertanto, il tempo di risposta al mercato rappresenta un fattore di primaria importanza
per il vantaggio competitivo. Le informazioni sul sell out provenienti da negozi e
megastore di proprietà attraverso il sistema informativo diretto, punto vendita -sede
centrale, aggiornano continuamente il sistema di progettazione e produzione delle
collezioni.
Questo processo comporta necessariamente un cambiamento nei tempi e nelle modalità
dei processi di creazione, produzione e distribuzione del prodotto che portano anche alla
ideazione di collezioni flash lanciate nel corso della stagione per cogliere le ultime
tendenze della moda. Benetton intende così soddisfare nel modo migliore le esigenze
del consumatore finale: creando moda ma rispettandone l’imprevedibilità, ovvero
accettando la sfida di esporre nei negozi modelli con forte contenuto moda, ma in
grado di rinnovarli tempestivamente al variare della domanda. Infine, nella rete di
vendita diretta cambiano anche, totalmente,l’approccio alla vendita e i rischi connessi;
mentre nel sistema di licensing tradizionale, i negozi indiretti sceglievano liberamente
gli articoli tra tutti quelli presenti nello showroom dell’agente; In tal modo, eventuali
prodotti, ordinati e invenduti, vengono gestiti dai proprietari dei negozi, che hanno la
piena responsabilità della gestione della merce. Per la rete diretta, invece, gli ordini
sono creati e proposti dal Commerciale, in base a previsioni derivanti da analisi di
mercato, in coordinamento con la struttura Retail centrale per quanto riguarda la
definizione dei volumi.
8 Negozi indipendenti multimarca,il grande magazzino oggi, l’abbigliamento in Carrefour e Coop
8.1 I negozi indipendenti multimarca
I negozi indipendenti multimarca nell’abbigliamento uomo e nelle calzature hanno
ancora una buona quota di mercato mentre nell’abbigliamento donna e nello sportwear i
punti vendita indipendenti hanno perso quota rispetto alle catene monomarca.
L’assortimento di questi punti vendita è sostanzialmente programmato ed è costretto ad
effettuare consistenti “mark –down per esaurire le rimanenze.
La GD non food ha assunto un posizionamento di convenienza ,progressivamente
sostituendo il made in Italy con prodotti fabbricati nei paesi asiatici per contenere i
costi; accettando di conseguenza di mettere in secondo piano la qualità e il time to
market rispetto al ciclo della moda. Si registra una perdita di quota da parte dei punti
112
vendita indipendenti nell’Unione Europea dal 1993-1997, dove sono passati dal 44%
al 33%; questa parte è stata conquistata dai magazzini e dagli ipermercati-supermercati
che nello stesso periodo sono cresciti.51
In diverso modo dal grocery in Italia , il dettaglio tradizionale ha uno spazio di mercato
consistente ma in contrazione; la riduzione numerica di questo formato è condizionata
dallo scarso potenziale dell’associazionismo tra i vari gruppi; in particolare nel tessile
abbigliamento .
La stagionalità e la deperibilità del prodotto tessile rendono difficile e complicata la
centralizzazione degli acquisti e i fornitori possono cambiare da una stagione all’altra ;
tutto ciò ostacola lo sviluppo associativo dei dettaglianti. La marca deve ricostruire ogni
stagione il suo valore ed eventuali casi di insuccesso possono decretare effetti negativi.
L’eventuale positivo andamento tra i dettaglianti multimarca non deriva tanto dal
vantaggio nel costo di acquisto , ma dalla capacità di selezionare i prodotti che saranno
maggiormente richiesti, nelle quantità e nelle taglie necessarie e dovendo acquistare
con molto anticipo rispetto al tempo di vendita, senza avere una sicurezza sulla reale
affermazione delle tendenze, il rischio di magazzino viene minimizzato riducendo la
quantità acquistata.
8.2 Il grande magazzino oggi.
L’andamento attuale dei grandi magazzini non è per niente a positivo; ad eccezioni di
pochi esempi che in seguito verranno presentati. Il mantenimento di un’offerta nella
maggior parte dei casi programmata con troppi giorni di anticipo peccando in quelle che
possono essere le ultime tendenze della m oda , unita alla difficoltà e d incapacità in
alcuni casi di integrarsi a monte della filiera nello sviluppo del prodotto, hanno portato
ad una stagnazione dell’andamento delle vendite in generale. La formula di
approvvigionamento di questo format deve essere svecchiata e mettersi in linea con le
richieste del cliente moderno se vuole sperare in scenari positivi.
Un’altra caratteristiche che deve essere migliorata è rappresentata dall’aspetto relativo
alla integrazione verticale , la quale è spesso poco sfruttata e mal eseguita in quanto il
buyer dei grandi magazzini spesso si limita solamente ad individuare le linee guida
dello stile che si vuole offrire , lasciando interamente al produttore la realizzazione.52
51 Marketing Channel, Gianpiero Lugli 200752 Marketing Channel, Gianpiero Lugli,2007
113
Gli ultimi scenari relativi all’anno in corso evidenziano un cambiamento in questa
direzione; per esempio La Rinascente dopo l’arrivo del nuovo proprietario Maurizio
Boltoletti ha cambiato strategie creando un’offerta di prodotti più completa ; attuando
un rinnovo dei layout , attrezzature, e migliorando la relazione con il cliente,volta a
conoscere il suo profilo, le sue esigenze e istaurando una relazione personalizzata.
Tutto questo si somma ad un’orientamento dell’offerta sempre più rivolta ai brand più
famosi e contemporaneamente riducendo l’offerta dei prodotti a marchio proprio.
Alle maggiori griffe viene lasciato la possibilità di gestire direttamente i propri stand e
corner all’interno del Ds, in modo autonomo e con politiche simili ad un vero e proprio
negozio,per esempio il brand di Luis Vuitton è presente in ben due piani della struttura;
in questo modo si cercherà di recuperare immagine e fatturato legandosi ai brand di alta
moda; con l’intento di creare un’esperienza di shopping simile ai magazzini Lafayette di
Parigi, i magazzini Harrods di Londra inedita in Italia, ma già attuata in queste due
importanti realtà.
Da ricordare è anche il restyling e il riassetto operato a partire dal 2006 da Upim,
sempre di proprietà del gruppo Rinascente , che rivolta però ad una fascia di prezzo
medio-basso,nel 2007 dopo 15 anni è tornata ad avere un’utile positivo.
Si rivolge principalmente ai consumatori con più di trentanni con linee di prodotto
classiche; limitando il contenuto moda e sviluppando quasi esclusivamente marche
private;inoltre sta puntando fortemente anche sul target infantile e sui prodotti per la
casa. Un luogo dove poter fare acquisti per la famiglia a prezzi accessibili a tutti.
Il gruppo Coin.
Il gruppo Coin è oggi leader nel mercato italiano della vendita di abbigliamento al
dettaglio con il 4,2% di quota di mercato, opera con due marchi distinti, OVS Industry
e Coin, a cui si è recentemente aggiunto il nuovo marchio Young Village.Il gruppo ha
chiuso l’esercizio 2007 con un fatturato di 1172 milioni di euro in crescita del 5%
rispetto all’anno precedente questo è il risultato di una ristrutturazione operata
all’interno del gruppo dove la politica attuata non è solamente rivolta ad una giusta
scelta di prezzo ma l’attuazione di un brand mix corretto ,offrendo nuove proposte ,
marchi più tradizionali e lusso accessibile. I punti vendita sono stati ristrutturati e
ripensati con l’aggiunta di reparti rivolti alla casa, alla cura della persona, agli accessori
e una attenzione particolare ai marchi più di tendenza con una suddivisione delle linee
in fashion, denim, marchi di designer emergenti. Ma il gruppo sta puntando più in alto
114
specializzando la distribuzione; come sta avvenendo per CoinCasa che ha già aperto
con successo 15 negozi, e l’housebrand Luca d’Altieri per il quale sono stati aperti 3
punti vendita in Italia e al’estero, inoltre è prevista l’estensione in franchising di punti
vendita a Belgrado e a Budapest, segno dell’intenzione rivolta ad espandersi anche
all’estero.
Coin Milano
115
La Rinascente Milano
8.3 L’abbigliamento in Carrefour e Coop
Gli ipermercati e supermercati hanno registrato in questi ultimi anni un’aumento della
quota di mercato destinata al reparto tessile e abbigliamento. L’offerta per questo tipo
di prodotto spesso era collocata senza troppa cura e in modo confusionale nei reparti, gli
articoli potevano anche essere di discreta qualità ma non riuscivano a cogliere
l’attenzione dal cliente. L’aumento dell’importanza delle vendite legate al non food per
gli iper e super ha dichiarato una necessaria e imminente ristrutturazione.53
La Coop in questi ultimi anni si è distinta ,oltre che per una ristrutturazione del reparto
abbigliamento nei propri punti vendita dal punto di vista del layout, per il lancio di
collezioni equo solidali denominate “Solidal Coop”.
Questa linea tessile è costituita da 14 articoli provenienti dal Sud del mondo, in
particolare, si tratta di polo, T-shirt, jeans, camicie tutti realizzati secondo le regole che
caratterizzano il Fair Trade, secondo un mix di : materie prime di qualità, nessun
sfruttamento della manodopera,e rapporti commerciali equi . A sostegno di questo
progetto ogni capo d’abbigliamento viene prodotto in zone diverse, prendiamo in
esempio una polo che arriva dall’India centrale ;Coop versa un contributo aggiuntivo
del 2% sul prezzo,54 quota che serve ad alimentare il fondo sociale per il sostegno di una
scuola per la formazione professionale; infrastrutture di servizi per le famiglie come
53 Marketing Channel, Gianpiero Lugli, 200754 www.coop.it
116
impianti per la produzione di gas biologico, pozzi, impianti per irrigazione; centri di
assistenza sanitaria per le comunità di quella zona.
E cosi per i vari altri articoli come le sciarpe fatte in Nepal, i calzoni e tshirt prodotti
nell’Africa Occidentale, sottolineando che in questa generale crisi dei consumi,
valorizzare un’ ingrediente di questo tipo può diventare un fattore importante.
Accordo Coop-Benetton
Coop ha siglato un’accordo di partnership con la società Olimpias, appartenente al
gruppo Benetton,con l’obbiettivo di puntare ad una riqualificazione dell’offerta dei capi
di abbigliamento negli Ipercoop; i primi effetti saranno visibili con la prossima
collezione primavera/estate( sugli scaffali da febbraio 2009) completamente progettata
all’interno della parntnership.55
Careffour invece da alcuni anni ha lanciato il marchio Tex Carrefour per prodotti ad
alta qualità nei segmenti della teleria casa, abbigliamento uomo, donna e bambino,
l'offerta dei vari reparti include l'abbigliamento stagionale e permanente; i prodotti a
marchio Tex sono costantemente attualizzati seguendo la moda e le tendenze del
momento.
E’ iniziativa di quest’anno invece la collaborazione con il noto designer americano Max
Azria per la collezione moda donna low -cost da parte di Careffour; già in vendita in
Francia, Portogallo, Spagna, Belgio e Grecia, è arrivata nel nostro paese solo in questi
ultimi mesi. l’insegna da un po’ di tempo si sta concentrando sul settore non food,
quasi a voler cercare di essere un nuovo modello di ipermermecato più spostato verso
questo segmento .
55 Fonte:Prof Lugli G.2008
117
Linea Max Azria-Carrefour
9 Caso aziendale
Il caso che ho sviluppato si pone l’obbiettivo di andare ad analizzare come alcune
grandi imprese della moda dell’abbigliamento , attuano il Vertical Branding.
È stato eseguito con interviste e colloqui eseguiti negli ultimi mesi in modo da essere il
più possibile aggiornato e fornire una attuale presentazione. Sono state poste simili
domande a tutte le aziende contattate in modo da poter poi nella parte finale fare un
confronto e arrivare dei giudizi.
Le aziende in questione sono:
Calzedonia
Stonefly
Geox
Tods
9.1
118
Calzedonia nasce nel 1986 alle porte di Verona a Vallese di Oppiano, con l’intenzione
di creare un business nella vendita delle calze e in seguito di costumi da bagno per
uomo,donna e bambino, attraverso una rete di negozi di proprietà ( 20%) e in
maggioranza franchising (80%).Oggi l’ Headquarter è a Dossobuono di VillaFranca in
provincia di Verona. Dopo poco più di vent’anni la rete di vendita comprende più di
1100 negozi sparsi per il mondo : Italia, Austria, Cipro, Croazia,Repubblica Ceca,
Federazione Russa, Grecia Messico, Polonia Serbia, Slovenia, Spagna Turchia,
Ungheria. Il fatturato dichiarato al 2007 raggiunge è più di 600 milioni di euro.
L’azienda ha principalmente tre marchi :
Calzedonia con il quale opera nelle calze da donna, calzini uomo, e costumi da
bagno, uomo donna, e bambino;
il marchio Intimissimi : intimo uomo e donna
Il marchio Tezenis: intimo, homewear e pigiameria per lui e per lei.
Il colloquio è avvenuto in sede principale a Dossobuono di Villafranca con Laura
Franceschetti, Ufficio selezione Calzedonia S.p.a
Domande:
In un mercato maturo e fortemente competitivo come quello dell’
abbigliamento,quali possono essere tre caratteristiche, oltre a quelle che posso
dedurre guardando il sito intenet (calzedonia.it); su cui puntate fortemente?
“L’azienda Calzedonia punta principalmente sull’essere sempre in linea con le tendenze
del mercato, cercando di rispondere sempre meglio alle esigenze di un consumatore
sempre più esigente e rivolto a cercare prodotti fatti e pensati apposta per lui.
119
2) In questi ultimi anni il canale retail sta diventando sempre di più un fattore
strategico,in una azienda come Calzedonia, come lo implementate o meglio avete
unità specifiche che lavorano in questo ambito? e rappresenta per voi il primo
canale di distribuzione sul quale puntate fortemente?”
“Tra i vari reparti di cui è composta l’azienda, quello commerciale è sicuramente il più
sviluppato, dovendo sostenere una rete composta da tre marchi Calzedonia, Tezenis,
Intimissimi.I vari uffici però operano tutti in modo autonomo. A sostegno della rete
retail l’azienda forma e istruisce delle figure di consulenti di zona che operano proprio
come intermediari tra la casa madre e il punto vendita per monitorare le vendite e gli
andamenti, gestire il merchandising,e offrire consulenza specializzata.
3) In un percorso ideale da compiere per evolvere e sviluppare il brand diviso in
quattro parti:
–commodity: il prodotto è semplice , ha un nome e tende ad assimilarsi alla sua
categoria di riferimanto
- Label name: il prodotto cerca di assumere delle connotazioni differenti
dotandosi di segni riconoscibili, ma non riesce ancora ad emergere.
- Brand:il prodotto ha una immagine precisa , ha conquistato spazio nella mente dl
consumatore.
- Megabrand:l affermazione va oltre la sua stessa categoria, il marchio ha un ruolo
sociale, ha una affermata reputazione ed una capacità relazionale che produce e
autoalimenta il suo patrimonio di marca..
In quale fascia Vi riconoscete oggi e a quale volete arrivare?
“In un percorso suddiviso in queste quattro classi è utile porre una giusta distinzione; il
marchio Calzedonia è sicuramente il più conosciuto e sviluppato , lo si potrebbe
collocare quindi nella terza fascia, ma si pone sempre obbiettivi di continua crescita
verso il mega brand poiché vuole diventare il punto di riferimento per chi a bisogno di
calze da donna o calzini da uomo. Il marchio Intimissimi è entrato da pochi anni nella
fascia di collocazione relativa al brand in quanto è nato nel 1996 opera in un settore
altamente competitivo, si rivolge ad un target che va dai 15 ai 50 anni circa, ha un
design giovane e sempre in linea con gli ultimi trend. Infine il marchio Tezenis è una
linea più cosmopolita, più easy è si rivolta a tutta la famiglia, ma principalmente i nostri
120
clienti sono i giovani o giovanissimi, il marchio è nato nel 2003, ma gia opera con più di
160 negozi monomarca tra Italia ed Europa. Il suo successo è da attribuire ad una
pluralità di fattori tra cui posizioni di primaria importanza, vasto assortimento e prezzi
di vendita molto competitivi”
4) Nel pensare i monomarca Calzedonia o Intimissimi, Tezenis, avete un ideal tipo
retail; cioè un modello che viene pensato tenendo considerazione l’ambiente
esterno (es parcheggi,insegne), l’ambiente interno( es design dello spazio, ingresso-
uscita ,casse,aree di attesa, pensando quindi che il tutto sia un “veicolo” per
comunicare al consumatore la Vostra brand identity oppure non ci sono criteri ben
precisi?
“ I punti vendita Calzedonia sono gestiti principalmente con una vendita assistita, una
numerosa e assortita esposizione dei prodotti ; presentano layout omogenei in tutti i
negozi per dare l’idea al consumatore di trovarsi a “casa”, ritrovando sempre la stessa
cortesia e qualità dell’offerta. I punti vendita Intimissimi si caratterizzano invece per
una minore esposizione, spesso i prodotto sono riposti in cassetti o contenitori appositi,
la vendita è assistita e il personale è altamente qualificato. Anche qui i layout sono
omogenei per tutti i punti vendita. In vetrina abbiamo sempre i prodotti più nuovi e
vengono disposti su busti rotanti, sia per attirare l’attenzione di chi passa, sia per una
migliore esposizione dei prodotti.
I pv Tezenis invece si caratterizzano per una altissima esposizione degli articoli , spesso
il cliente non ha bisogno dell’aiuto della commessa, in quanto sà già cosa deve
comprare; questa linea di prodotti si presenta a prezzi economici in quanto punta a
sostituire il classico acquisto ( quotidiano)di biancheria fatta presso il mercato, i capi
hanno spesso colori sgargianti , mentre sia la pavimentazione che le pareti laterali sono
colorate di una tonalità di grigio simile al colore del marciapiede per far sembrare al
cliente di proseguire la sua cammina dalla strada all’interno del pv”
5) Negli ultimi anni il consumatore è sempre più alla ricerca di una
multicanalità dove poter acquistare i prodotti,tra questi cè l’e-commerce ;
rimanendo su caratteri generali, secondo lei, per la vostra azienda potrebbe
rappresentare un canale interessante oppure no?
“Il canale e-commerce è certamente un canale interessante, però la nostra azienda
ancora non lo attua anche se non lo esclude in un prossimo futuro.”
121
6) Alcuni studiosi pensano che il futuro del negozio retail consista nel
realizzare un ambiente ed un contesto atti a creare attorno al consumatore una “
shopping experience” nel punto vendita, con --l’uso di vetrine interattive per
catturare i consumatori che sono ancora fuori dal negozio,
-schermi interni per diffondere messaggi in pv, - camerini multimediali che offrono
la possibilità di visionare l assortimento, prendere le “misure”, -proposte ad hoc
per il cliente. Come considerate queste possibili iniziative, e le ritenete interessanti
per il vostro target? In caratteri generali in pv cercate di creare questa “ shopping
experience”?
“ Queste iniziative non sono attuate nei nostri punti vendita , dove invece si cerca di
coinvolgere il cliente con una offerta ampia ed in linea con le sue esigenze”
7)In un ottica di Vertical Branding, quali sono i fattori che spingono l’impresa
Calzedonia ad integrarsi a valle?
-comunicare il valore del Brand
-avere una relazione diretta con il consumatore
-emozionare i clienti in pv
- ridurre i costi di distribuzione
-perdita di efficacia della comunicazione tradizionale
-perché i negozi in vie di prestigio aumentano il valore del brand
Se ce ne sono altri che non ho scritto potrebbe segnalarmeli?
“ L’azienda Calzedonia ha incominciato come rivenditrice di Golden Lady poi dopo
aver acquisito il know-how necessario ha iniziato ad operare con i punti vendita
monomarca, sia per meglio comunicare la propria brand identity, sia con l’intenzione di
gestire direttamente la propria rete di vendita senza intermediari,e per interagire
direttamente con il consumatore finale”
122
Tezenis
Calzedonia
9.2
123
Stonefly nasce nel 1993 a Montebelluna ( Treviso) si distingue per aver introdotto un
nuovo concetto di confort, consistente nel riuscire a tradurre le performance della
scarpa sportiva in confort per la scarpa casual ,da città; con questo obbiettivo e grazie al
know-how raggiunto nel distretto dove l’azienda h a origine, viene brevettato nel 1994
il “blu soft system”: consistente in uno speciale cuscinetto in gel posto sulla suola che
permette di camminare con meno fatica e di sentirsi più leggeri.
Nel 1996 l’azienda cresce con un tasso del 30% conquistandosi quote di mercato in
Italia ed iniziando una espansione all’estero;nel 2001 il prodotto viene distribuito in
oltre 40 paesi al mondo, nel 2006 prende avvio il progetto retail, con la creazione di
monomarca, ed infine nel2008 è stato siglato un accordo di parttnership per l’apertura di
350 punti vendita in Cina.
Stonefly è un’azienda che fattura 85 milioni di euro, con oltre 600 tra dipendenti e
collaboratori in tutto il mondo. L’azienda oggi ha raggiunto una leadership nel settore
internazionale del confort, con una gamma completa di calzature per l’uomo, la donna e
il bambino.
L’intervista è avvenuta in sede principale a Montebelluna con Federico Matteoni,
Ufficio Retail Stonefly.
Domande:
.1) In un mercato maturo e fortemente competitivo come quello delle calzature ;
quali sono le caratteristiche che reputate particolarmente strategiche?
124
“le 3 caratteristiche su cui puntiamo principalmente sono:
qualità del prodotto (in particolare l'aspetto di qualità costruttiva unita alla
confortevolezza e alla morbidezza della calzatura percepita dal cliente)
aggiornamento costante e puntuale della gamma di prodotti per essere sempre in
linea con i principali trend del mercato
un mix mirato fra comunicazione istituzionale e comunicazione in-store al fine
di mantenere un messaggio coerente verso il cliente consumatore
2) In questi ultimi anni il canale retail sta diventando sempre di più un fattore
strategico,in una azienda come Stonefly, come lo implementate o meglio avete
unità specifiche che lavorano in questo ambito? e rappresenta per voi il primo
canale di distribuzione sul quale puntate fortemente?
“All'interno della divisione commerciale di Stonefly è presente un ufficio retail
interamente dedicato alla gestione del network di negozi monomarca ed outlet. Nella
struttura customer service è presente un addetto esplicitamente dedicato al contatto
diretto con i clienti retail; questo canale di distribuzione è sicuramente in fase di
crescita per Stonefly, è attualmente in fase di evoluzione un ambizioso progetto di
espansione sia in Italia che in Europa che porterà nell'arco di 2-3 anni all'apertura di
decine di negozi ad insegna Stonefly; mentre abbiamo siglato in Cina una jointventure
con la ''Scienward International Holdings'', attore di primo piano nella produzione e
distribuzione di abbigliamento nel Far East. Il progetto prevede l'apertura di 50 punti
vendita monomarca Stonefly nel prossimo biennio, che saliranno a 120 contando i
negozi in franchising. Il nostro marchio sarà presente nelle maggiori città del Paese,
come Pechino, Shenzhen, Chengdu.
A livello produttivo, l’azienda ha scelto di fabbricare le scarpe fuori dall'Italia,
controllando però l'intera filiera. Ha uno stabilimento in Bulgaria con 300 dipendenti e
altre 2 mila persone lavorano in outsourcing fra Nord Africa e Far East; qui a
Montebelluna i dipendenti sono invece 132.”
3) In un percorso ideale da compiere per evolvere e sviluppare il brand diviso in
quattro parti:
–commodity: il prodotto è semplice , ha un nome e tende ad assimilarsi alla sua
categoria di riferimento.
- Label name: il prodotto cerca di assumere delle connotazioni differenti
dotandosi di segni riconoscibili, ma non riesce ancora ad emergere.
125
- Brand:il prodotto ha una immagine precisa , ha conquistato spazio nella mente dl
consumatore.
- Megabrand:l affermazione va oltre la sua stessa categoria, il marchio ha un ruolo
sociale, ha una affermata reputazione ed una capacità relazionale che produce e
autoalimenta il suo patrimonio di marca.
In quale fascia Vi riconoscete oggi e a quale volete arrivare?
“ Sicuramente il marchio Stonefly può essere collocata nella fascia “Brand”, essendo
riconosciuta dal pubblico per una distinzione rispetto alla concorrenza, nel settore della
calzatura comoda, per gli aspetti quali la morbidezza e la robustezza dei suoi prodotti.
Chiaramente l'obiettivo dell'azienda è quello di raggiungere una posizione di leadership
sul mercato di riferimento sia in termini di vendite che di valore attribuito al brand dalla
clientela.”
4) Nel pensare i monomarca, avete un ideal tipo retail; cioè un modello che viene
pensato tenendo considerazione l’ambiente esterno , l’ambiente interno( es design
dello spazio, ingresso-uscita ,casse,aree di attesa, pensando quindi che il tutto sia
un “veicolo” per comunicare al consumatore la Vostra brand identity ? I pv
presentano caratteristiche simili almeno nel design per creare uniformità agli occhi
del cliente?
“Il modello retail di Stonefly prevede il rispetto di una serie di requisiti preliminari per
l’individuazione della location ottimale (in termini di posizione/bacino di
clientela/dimensione/affitto/costi gestionali/ecc..). Una volta selezionata la location
adatta, la strutturazione del punto vendita avviene secondo logiche di design in linea con
il concept aziendale e anche grazie all’ausilio di un team di architetti e produttori di
strutture d’arredo si cerca di personalizzare efficacemente i locali con planimetrie a
volte molto differenti.
Dal punto di vista della produzione
5) Negli ultimi anni il consumatore è sempre più alla ricerca di una
multicanalità dove poter acquistare i prodotti,tra questi cè l’e-commerce ;
rimanendo su caratteri generali, secondo lei, per la vostra azienda potrebbe
rappresentare un canale interessante oppure no?
“Attualmente l’e-commerce non è un canale di vendita utilizzato in maniera diretta da
Stonefly”
126
6) Alcuni studiosi pensano che il futuro del negozio retail consista nel
realizzare un ambiente ed un contesto atti a creare attorno al consumatore una “
shopping experience” nel punto vendita, con -l’uso di vetrine interattive per
catturare i consumatori che sono ancora fuori dal negozio,-schermi interni per
diffondere messaggi in pv, - camerini multimediali che offrono la possibilità di
visionare l assortimento, prendere le “misure”, -proposte ad hoc per il cliente.
Come considerate queste possibili iniziative, e le ritenete interessanti per il vostro
target? In caratteri generali in pv cercate di creare questa “ shopping experience”?
“In linea di massima il potenziale impatto di ciascuna di queste iniziative và
parametrato in funzione del proprio target di clientela (in funzione per esempio dell’età
o della predisposizione caratteriale di ciascun cliente, queste iniziative possono risultare
vincenti o al contrario controproducenti) e dell’immagine del brand che si vuole
veicolare. Per quanto concerne Stonefly, è in fase di definizione l’introduzione sul punto
vendita di uno strumento rivoluzionario che modificherà in maniera sensibile la
shopping experience di un cliente Stonefly , che però per segreti professionali non posso
specificare ; comunque sarà impiantato nei prossimi mesi, presso i nostri monomarca)
7) In un ottica di Vertical Branding, quali sono i fattori che spingono l’impresa
Stonefly ad integrarsi a valle?
tra i seguenti fattori in quale Vi riconoscete:
-comunicare il valore del Brand
-avere una relazione diretta con il consumatore
-emozionare i clienti in pv
- ridurre i costi di distribuzione
-perdita di efficacia della comunicazione tradizionale
-perché i negozi in vie di prestigio aumentano il valore del brand
“Le esigenze che spingono la nostra azienda ad attuare una strategia di Vertical
Branding sono molteplici:
controllo diretto della distribuzione del prodotto al cliente finale;
ottimizzazione dei costi distributivi;
penetrazione nei mercati ‘complessi’ o ancora poco serviti dai clienti
multimarca;
127
supporto in termini di visibilità del brand alla comunicazione istituzionale”
128
9.3
L’azienda Geox nasce nel 1995, da un’idea del suo fondatore Mario Moretti Polegato
che durante un viaggio in Nevada (Usa) durante una passeggiata, infastidito dal
surriscaldamento dei piedi causato dalle scarpe con le suole gomma che indossava,
istintivamente, fora entrambe le suole di gomma con un coltello. In questo modo aveva
trovato una soluzione semplice ed efficace per far fuoriuscire il calore in eccesso dalle
129
sue scarpe. Dopo aver proposto, senza successo, la sua invenzione ad affermate aziende
calzaturiere , Moretti Polegato inizia a produrre calzature a marchio Geox a livello
industriale. Nello stesso anno migliora il brevetto iniziale ed estende la gamma di
prodotto al segmento delle scarpe per adulti. Nel 1999 Geox entra nel mercato italiano
con una linea di abbigliamento dove applica il brevetto a giacche, giacconi e giubbotti.
Nel 2000 l’azienda supera i confini nazionali, mentre nel 2008 il Gruppo Geox
presenta un nuovo brevetto NET® System applicato ad una linea di calzature sportive
che consentono la fuoriuscita del sudore prodotto dalla pianta del piede durante l’intensa
attività fisica.
Struttura aziendale
Mario Moretto Polegato detiene l’85% del capitale sociale di Lir SPa che a sua volta
possiede il 100% del capitale della società Geox, mentre il figlio Enrico detiene il
residuo 15% del capitale sociale della Lir.Spa
L’intervista è stata effettuata con tramite mail con Belussi Claudia , Ufficio Prodotto
Geox S.p.A
1) Il gruppo Geox opera in mercati maturi e fortemente competitivi come quello
delle calzature e dell’abbigliamento, quali sono le caratteristiche che vi
distinguono?
“Gli aspetti su cui principalmente punta la nostra azienda sono l’innovazione continua
sapientemente combinata con moda e tecnologia. facciamo molta ricerca per apportare
miglioramenti continui ai nostri prodotti e tutte innovazioni sono protette da una
attenta politica di tutela della proprietà intellettuale e industriale. Ad esempio
abbiamo circa 40 brevetti ancora da mettere sul mercato , aspettiamo solo il via
libera.”
2) In questi ultimi anni il canale retail sta diventando sempre di più un fattore
strategico,in una azienda come Geox, come lo implementate o meglio avete unità
specifiche che lavorano in questo ambito? e rappresenta per voi il primo canale di
distribuzione sul quale puntate fortemente?
“ Si per noi la struttura retail è molto importante,dal punto di vista logistico il Gruppo
dispone di 5 grandi magazzini dislocati in Italia e all’estero; i due magazzini italiani
130
sono a Cusignana(TV) e Signoressa (TV), gli altri tre magazzini sono a Edison in USA,
Toronto in Canada e a Tokyo in Giappone. L’organizzazione logistica deve essere
ottimizzata con la gestione dei flussi di prodotti ,combinandola con l’affidabilità delle
consegne. Per quanto riguarda i tempi di trasporto delle merci in entrata abbiamo per il
magazzino centralizzato di Signoressa due o tre giorni lavorativi, mentre per quelli
esteri parliamo di trenta/trentadue giorni di calendario. Per quanto riguarda i prodotti
finiti, i tempi medi di consegna presso i magazzini italiani sono in linea con quelli delle
materie prime, mentre per la consegna ai clienti abbiamo un tempo di 48/72 ore.
La produzione del gruppo si sviluppa in due diversi processi : il primo utilizzato per la
realizzazione delle calzature classiche, le quali vengono prodotte in stabilimenti
direttamente gestiti; mentre il secondo per le calzature sport prevede che collezioni
vengano realizzate in aziende di terzi ,in linea con le indicazioni del gruppo. La
produzione propria viene realizzata negli stabilimenti di Geox in Romania e in
Slovacchia; mentre la produzione presso terzi che permette di coniugare qualità e
controllo del prodotto senza investimenti fissi; viene realizzata in Brasile,Cina e paesi
dell’est Europa.”
3) In un percorso ideale da compiere per evolvere e sviluppare il brand diviso in
quattro parti:
–commodity: il prodotto è semplice , ha un nome e tende ad assimilarsi alla sua
categoria di riferimento.
- Label name: il prodotto cerca di assumere delle connotazioni differenti
dotandosi di segni riconoscibili, ma non riesce ancora ad emergere.
- Brand:il prodotto ha una immagine precisa , ha conquistato spazio nella mente dl
consumatore
- Megabrand:l affermazione va oltre la sua stessa categoria, il marchio ha un
ruolo sociale, ha una affermata reputazione ed una capacità relazionale che
produce e autoalimenta il suo patrimonio di marca.
In quale fascia Vi riconoscete oggi e a quale volete arrivare?
“ Ci riconosciamo nella 4 fascia in quanto siamo attualmente la seconda scarpa al
mondo venduta, per quanto riguarda il nostro mercato ,le calzature comode, dopo le
clarks”
131
4) Nel pensare i monomarca, , avete un ideal tipo retail; cioè un modello che viene
pensato tenendo considerazione l’ambiente esterno , l’ambiente interno( es design
dello spazio, ingresso-uscita ,casse,aree di attesa, pensando quindi che il tutto sia
un “veicolo” per comunicare al consumatore la Vostra brand identity ? I pv
presentano caratteristiche simili almeno nel design per creare uniformità agli occhi
del cliente?
“ Geox ha una rete di più di 800 negozi monomarca nel mondo, in ognuno di essi il
prodotto gode della massima visibilità grazie ad un particolare struttura chiamata”vela”,
leggermente curvata, dotata di ganci di metallici che sostengono le calzature, in questo
modo il consumatore in un solo gesto può apprezzar sia l’estitica del prodotto che la
qualità del materiale.Abbiamo negozi monomarca nelle principali città dl mondo come:
Londra, Los Angeles, New York,Milano, Francoforte, Dusseldorf, Toronto Hong
Kong., ed in tutti vi è un’ area interamente dedicata ai prodotti junior e baby”
5) Negli ultimi anni il consumatore è sempre più alla ricerca di una
multicanalità dove poter acquistare i prodotti,tra questi cè l’e-commerce ;
rimanendo su caratteri generali, secondo lei, per la vostra azienda potrebbe
rappresentare un canale interessante oppure no? “ quello dell’e-commerce è un
canale che stiamo valutando , ma nel breve non pensiamo di entrare”
6) Alcuni studiosi pensano che il futuro del negozio retail consista nel
realizzare un ambiente ed un contesto atti a creare attorno al consumatore una “
shopping experience” nel punto vendita, con --l’uso di vetrine interattive per
catturare i consumatori che sono ancora fuori dal negozio,-schermi interni per
diffondere messaggi in pv, - camerini multimediali che offrono la possibilità di
visionare l assortimento, prendere le “misure”, -proposte ad hoc per il cliente.
Come considerate queste possibili iniziative, e le ritenete interessanti per il vostro
target? In caratteri generali in pv cercate di creare questa “ shopping experience”?
“ Bhè , noi come Geox ci stiamo muovendo in questa direzione per noi è importante che
il cliente venga colpito e viva una shopping experience nel nostro punto vendita;
certamente l’esempio più importante il flagship store di Manhattan , strutturato su due
piani, con una superficie di cirac600 mq, tutto il design all’interno è del genere
futuristico e rappresenta per noi un punto vendita di immagine dell’azienda nel mondo”
132
7) In un ottica di Vertical Branding, quali sono i fattori che spingono l’impresa
Geox ad integrarsi a valle?
tra i seguenti fattori in quale Vi riconoscete:
-comunicare il valore del Brand
-avere una relazione diretta con il consumatore
-emozionare i clienti in pv
- ridurre i costi di distribuzione
-perdita di efficacia della comunicazione tradizionale
-perché i negozi in vie di prestigio aumentano il valore del brand
Se ce ne sono altri che non ho scritto potrebbe segnalarmeli?
“L’integrazione a valle per un’azienda come Geox è fondamentale per comunicare i
nostri valori,per “colpire “ direttamente il consumatore coinvolgendolo nella concept
del nostro punto vendita. Inoltre grazie ai monomarca possiamo esporre in miglior
modo i nostri prodotti e le ultime novità, come per esempio il nuovo brevetto Net
system applicato ad una linea di calzature sportive che ci consentirà di estendere la
nostra linea”
.
Monomarca Geox, Londra.
133
Il flagship store di Manhattan
9.4
134
La storia dell'azienda inizia nei primi anni del 1900, quando il nonno di Diego Della
Valle, Filippo, creò una piccola fabbrica di scarpe. Il passaggio da azienda familiare ad
azienda industriale avviene a fine anni 70, con l'ingresso in azienda di Diego Della
Valle, e l'inizio del processo di progressivo sviluppo dell'attività.
Oggi Tod's SpA è la holding operativa di un Gruppo, che si colloca tra i principali
players nella produzione e commercializzazione di calzature e pelletteria di lusso, con i
marchi Tod's e Hogan, attivo anche nell'abbigliamento con il marchio Fay.
L’intervista è stata effettuata con tramite mail con Luciani Francesca, Ufficio risorse
umane , Tods Group.
1) Il gruppo Tods opera in un mercato altamente specializzato come quello delle
calzature e pelletteria di lusso, quali sono le caratteristiche che vi distinguono?
“ Per noi le caratteristiche più importanti sono:
l’Artigianalità : significa che ogni singolo prodotto viene realizzato con la
stessa cura del dettaglio e ricercatezza dei materiali;
il Lusso elegante e discreto: viene realizzato avendo a disposizione artigiani
specializzati, che tagliano a mano la pelle, la cuciono e la trasformano
rendendo così i nostri prodotti inimitabili;
l’Altissima qualità: si crea con i pellami provengono dalle migliori concerie
del mondo, ogni singola pelle viene controllata per valutarne colore
135
resistenza e spessore affinchè si raggiunga una perfetta omogeneità; il taglio
del pellame è fatto interamente a mano,poi i singoli pezzi vengono cuciti e
assemblati.”
2) In questi ultimi anni il canale retail sta diventando sempre di più un fattore
strategico,in un gruppo come il vostro, come lo implementate o meglio avete
unità specifiche che lavorano in questo ambito? e rappresenta per voi il primo
canale di distribuzione sul quale puntate fortemente?
“Lo sviluppo della nostra rete di distribuzione diretta è in linea con la trasformazione
del mercato verso una maggiore attenzione al cliente oggi circa il 52% del fatturato
del Gruppo è realizzato attraverso il canale diretto di distribuzione, in crescita
significativa rispetto ai dati del’anno precedente; per il 2008 abbiamo aperto 27 nuovi
negozi di cui , 16 in Cina; per noi il canale retail è di primaria importanza e abbiamo
unità apposite in azienda”
.
3) In un percorso ideale da compiere per evolvere e sviluppare il brand diviso
in quattro parti:
–commodity: il prodotto è semplice , ha un nome e tende ad assimilarsi alla sua
categoria di riferimento.
- Label name: il prodotto cerca di assumere delle connotazioni differenti
dotandosi di segni riconoscibili, ma non riesce ancora ad emergere.
- Brand:il prodotto ha una immagine precisa , ha conquistato spazio nella mente dl
consumatore
- Megabrand:l affermazione va oltre la sua stessa categoria, il marchio ha un
ruolo sociale, ha una affermata reputazione ed una capacità relazionale che
produce e autoalimenta il suo patrimonio di marca.
In quale fascia Vi riconoscete oggi e a quale volete arrivare?
“Ci collochiamo nella quarta fascia, i nostri brand Tods, Fay ,Hogan, sono tutti
caratterizzati ad altissima qualità , e nei nostri monomarca e flagship store vogliamo
offrire al cliente tutta una serie di prodotti che lo aiutino a esprimere il suo stile , in
modo completo, dalle borse alle scarpe,agli accessori”
4) Nel pensare i monomarca, avete un ideal tipo retail; cioè un modello che viene
136
pensato tenendo considerazione l’ambiente esterno , l’ambiente interno( es design
dello spazio, ingresso-uscita ,casse,aree di attesa, pensando quindi che il tutto sia
un “veicolo” per comunicare al consumatore la Vostra brand identity ? I pv
presentano caratteristiche simili almeno nel design per creare uniformità agli occhi
del cliente?
“Operiamo con dei punti vendita monomarca Tods, e Hogan, altamente studiati e
pensati dai nostri designer, dove viene ricreata la filosofia del marchio; e per i prossimi
cinque anni puntiamo a raggiungere rispettivamente i 200 e 250 nuove aperture, in
parallelo stiamo sviluppando nelle medie e grandi città boutique con l’insegna “Dev”
dovei clienti troveranno assieme ai marchi Tod’s, Hogan e Fay, anche marchi come
Acqua di Parma e Brooks Brothers; la filosofia di questi punti vendita è improntata su
un’eleganza classica e intramontabile, ma allo stesso tempo minimale e accogliente,
utilizzando materiali di grande impatto e pregio.”
5) Negli ultimi anni il consumatore è sempre più alla ricerca di una
multicanalità dove poter acquistare i prodotti,tra questi cè l’e-commerce ;
rimanendo su caratteri generali, secondo lei, per la vostra azienda potrebbe
rappresentare un canale interessante oppure no?
“ Per il momento questo canale non ci interessa”
6) Alcuni studiosi pensano che il futuro del negozio retail consista nel
realizzare un ambiente ed un contesto atti a creare attorno al consumatore una “
shopping experience” nel punto vendita, con --l’uso di vetrine interattive per
catturare i consumatori che sono ancora fuori dal negozio,-schermi interni per
diffondere messaggi in pv, - camerini multimediali che offrono la possibilità di
visionare l assortimento, prendere le “misure”, -proposte ad hoc per il cliente.
Come considerate queste possibili iniziative, e le ritenete interessanti per il vostro
target? In caratteri generali in pv cercate di creare questa “ shopping experience”?
“Creare una shopping experience per il nostro cliente è fondamentale,dai flagship store
nelle città più importanti Milano, Roma, Firenze, Parigi, New York, nelle location
estive d’elite, fino agli altri punti vendita vogliamo stupirlo e creare un rapporto unico
tra noi e il cliente.Architetti e designer di fama mondiale realizzano per i nostri punti
vendita più importanti non solo la struttura esterna, ma anche gli ambienti interni.”
137
7) In un ottica di Vertical Branding, quali sono i fattori che spingono l’impresa
Tods ad integrarsi a valle?
-comunicare il valore del Brand
-avere una relazione diretta con il consumatore
-emozionare i clienti in pv
- ridurre i costi di distribuzione
-perdita di efficacia della comunicazione tradizionale
-perché i negozi in vie di prestigio aumentano il valore del brand
Se ce ne sono altri che non ho scritto potrebbe segnalarmeli?
“Comunicare i valori del brand, emozionarlo in punto vendita fagli cogliere le nostre
peculiarità sono tutti fattori che hanno certamente spinto il Gruppo ad attuare una
strategia di Vertical Branding”
Tods -Milano
138
Dev-Roma
10 Conclusioni
Le aziende intervistate attuano il vertical branding in modo apparentemente simile, ma
se analizziamo più nello specifico possiamo cogliere delle differenze. Calzedonia
utilizza il punto vendita monomarca ,come elemento cardine della propria rete di
vendita; all’interno cerca di esporre in modo più o meno elevato i propri prodotti
seguendo i diversi criteri che contraddistinguono i suoi brand. Le iniziative di
shopping experience per Calzedonia sono ancora minime in quanto non viene segnalato
nessun strumento in questa direzione; l’azienda è orientata invece a voler diventare
punto di riferimento per il consumatore a cui necessita intimo e costumi.
Diversa è invece l’attuazione e il ruolo assegnato al punto vendita da aziende come
Geox e Stonefly; esse distribuiscono i propri prodotti ancora nei negozi multimarca ; al
contrario si servono del monomarca o eventuale Flagship store sia per presentare al
consumatore i nuovi prodotti, che per fargli comprendere la qualità dei materiali
utilizzati e le innovazioni tecnologiche ad esso applicate, come i sistemi innovativi di
traspirazione e impermeabilità nella suola di gomma , nel cuoio della scarpa, nelle
giacche e giubbotti, per Geox, mentre per Stonefly vi sono gli speciali cuscinetti in gel
posti sulla suola delle scarpe, per facilitare la camminata e ridurre i microtraumi.
139
Le aziende Geox, Stonefly e Calzedonia,hanno saputo attuare in modo consapevole e
vincente il processo di vertical branding. Tutte hanno punti vendita di proprietà o
franchising , e si avvalgono di figure professionali interne all’azienda che svolgono il
compito di mediare tra l’azienda stessa e il commerciante del punto vendita, alla prima
forniscono e raccolgono informazioni direttamente dai punti vendita, al secondo
garantiscono la consulenza tecnica necessaria per comprendere le funzionalità e
prestazioni del prodotto. Ognuna di queste aziende svolge le fasi più importanti del
prodotto negli stabilimenti italiani, mentre delega le produzione più “grezza” a paesi
esteri, con minori costi di produzione.
L’azienda Tod’s si contraddistingue dalle altre perché si serve esclusivamente di
monomarca e flagship store, per vendere i propri prodotti, questi vogliono essere una
presenza del marchio nelle capitali mondiali, e nelle località d’elite di villeggiatura ;
proprio a sottolineare il posizionamento nel mercato del lusso,del’azienda,che si rivolge
a un consumatore con elevato potere di acquisto .
A monte invece l’azienda dei Della Valle si distingue per una produzione rigorosamente
made in Italy, le calzature sono prodotte nello stabilimento di Casette d’Ete (AN),
mentre l’intero settore pelletteria, contenente portafogli e borse è a Pontassieve(FI),
queste scelte sono in linea con lo stile e i valori dell’azienda volti a valorizzare i
caratteri dell’artigianalità e altissima qualità italiana.
Nella competizione del settore moda dell’abbigliamento , dopo la diffusa convinzione
che il pluri-marca sia inadatto a sostenere gli attributi intangibili del brand , uno dei
fattori che inducono maggiormente le aziende ad integrarsi a valle è proprio il bisogno
di superare i vincoli passati e costruire una relazione diretta con il consumatore. Il punto
vendita diventa quindi una leva della strategia aziendale , modificando gli equilibri del
passato, dove era solo un semplice location; oggi è il principale strumento di diffusione
della brand experince ,che trasmette messaggio e promessa della marca; a volte diventa
anche un’icona per la marca stessa o per il contesto ambientale/ urbanistico nel quale si
inserisce; pensiamo per esempio al palazzo albero di Tod’s a Tokyo o all’Epicenter di
Hermes, alto 14 piani sempre a Tokyo.
Questa integrazione richiede per l’azienda l’acquisizione di competenze specifiche
da parte di architetti,designer, visual merchandising, retail manager solo per citarne
alcuni; che vengono spesso integrati all’interno e devono uniformarsi con gli altri
reparti, per far fuoriuscire una comunicazione stilistica-funzionale in linea con i valori
del brand.
Un altro fattore che induce al Vertical Branding è rappresentato dalla necessità delle
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aziende di rispondere prontamente alle esigenze e ai cambiamenti di gusti e preferenze
dei consumatori, attuando un processo di time based competition;il quale necessità di
espandersi sempre di più lungo la filiera proprio per ridurre sia i tempi di produzione,
che quelli di consegna ai punti vendita.
Il processo verticale comporta certamente dei costi maggiori , e un lavoro più intenso di
pianificazione e organizzazione ma consente anche una miglior struttura distributiva,
aiutando chi pensa il prodotto (come i designer e stilisti), chi ne decide le quantità da
distribuire ; a compiere le scelte più corrette , per collocare il prodotto giusto, al
consumatore giusto nel momento opportuno.
Possibili scenari futuri
Le aziende della moda probabilmente dirigeranno in misura ancora più marcata, le loro
organizzazioni interne attorno alle esigenze del cliente ; non solo pensando prodotti
appositamente per lui prodotti, ma facendoli disegnare e progettare proprio dal
consumatore stesso; esempi concreti esistono già; come la fase di realizzo della nuova
500 Fiat la quale è stata pensata dai possibili potenziali clienti; altro esempio da
considerare è relativo al colosso Nike che già da qualche hanno dà la possibilità al
cliente di decidere i colori delle scarpe, creando un prodotto unico e personale, da qui il
passo è breve per una progettazione della scarpa stessa pensata in autonomia dal
cliente.
Un altro esempio è costituito dalla catene giapponese Ranking Ranqueen che tramite
referendum in shop, chiede al consumatore di decidere, l’allestimento delle merci,i
servizi che vuole disponibili e gli orari che preferisce; oppure ci sono già dei
cosiddetti “club shop” ossia negozi aperti solo ai soci, dove un personal shopper si
occupa di selezionare e sottoporre gli acquisti, al cliente comodamente seduto al
bar ;questo realtà esiste già da Sainsbury a Manchester.
I brand per attuare sempre più in modo totale il Vertical Branding, potranno e dovranno
sfruttare anche le innovazioni tecnologiche come le realizzazione di punti vendita con
vetrine interattive che a sua volta si connettono con le vetrine degli altri negozi in altre
città del mondo; per esempio il flagship store di Ralph Lauren a NY, lo fa già
permettendo al cliente di interagire con gli altri store del brand , vedere i capi
disponibili come in un catalogo e acquistarli tramite carta di credito. Oppure camerini
multimediali, già realizzati in prototipo in alcuni punti vendita di Manhattan dove
tramite uno specchio hi-tech viene mostrata la vestibilità di un capo senza indossarlo
realmente.
Il Vetical Branding sarà sempre più attuato dalle imprese della moda; monomarca e
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flagship store diventeranno la regola per ogni azienda, indipendentemente dal target a
cui si rivolge e al posizionamento nel mercato, costruendo per i clienti un’esperienza di
shopping sempre più personalizzata, e rivolta ad assecondare sia le esigenze riguardanti
il prezzo che quelle più teoriche di prodotto; questa sembra la soluzione per superare
anche i momenti di crisi .
Francesco Berretta
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