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Ernesto BuonaiutiLa chiesa e il comunismo

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QUESTO E-BOOK:

TITOLO: La chiesa e il comunismoAUTORE: Buonaiuti, ErnestoTRADUTTORE: CURATORE: NOTE:

CODICE ISBN E-BOOK: n. d.

DIRITTI D'AUTORE: no

LICENZA: questo testo è distribuito con la licenzaspecificata al seguente indirizzo Internet:http://www.liberliber.it/online/opere/libri/licenze/

TRATTO DA: La Chiesa e il comunismo : [il problemadelle relazioni diplomatiche fra Roma e Mosca] / Er-nesto Buonaiuti. - Milano [etc.] : Bompiani, 1945. -50 p. ; 21 cm.

CODICE ISBN FONTE: n. d.

1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 17 ottobre 2017

INDICE DI AFFIDABILITÀ: 10: affidabilità bassa

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TRATTO DA: La Chiesa e il comunismo : [il problemadelle relazioni diplomatiche fra Roma e Mosca] / Er-nesto Buonaiuti. - Milano [etc.] : Bompiani, 1945. -50 p. ; 21 cm.

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1a EDIZIONE ELETTRONICA DEL: 17 ottobre 2017

INDICE DI AFFIDABILITÀ: 10: affidabilità bassa

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1: affidabilità standard2: affidabilità buona3: affidabilità ottima

SOGGETTO:REL084000 RELIGIONE / Religione, Politica e Stato

DIGITALIZZAZIONE:Paolo Alberti, [email protected]

REVISIONE:Paolo Oliva, [email protected]

IMPAGINAZIONE:Paolo Alberti, [email protected]

PUBBLICAZIONE:Catia Righi, [email protected]

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1: affidabilità standard2: affidabilità buona3: affidabilità ottima

SOGGETTO:REL084000 RELIGIONE / Religione, Politica e Stato

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Liber Liber

Se questo libro ti è piaciuto, aiutaci a realizzarne altri.Fai una donazione: http://www.liberliber.it/online/aiuta/.

Scopri sul sito Internet di Liber Liber ciò che stiamorealizzando: migliaia di ebook gratuiti in edizione inte-grale, audiolibri, brani musicali con licenza libera, videoe tanto altro: http://www.liberliber.it/.

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Indice generale

Liber Liber......................................................................4ALLE PRIME ORIGINI................................................9COMUNISMO ANTICO E MODERNO.....................12PIO XI E LA CONFERENZA DI GENOVA...............19ROMA E MOSCA........................................................25LA COMMEMORAZIONE DELLA «RERUM NOVA-RUM»...........................................................................29IL CONCETTO CRISTIANO DELLA PROPRIETÀ. 34IL MATERIALISMO STORICO.................................37CONTRO IL «COMUNISMO ATEO»........................43FRA LIBERALISMO E COMUNISMO.....................48IL COMUNISMO CATTOLICO..................................51ROMA CONTRO I COMUNISTI CATTOLICI..........57ALL'INDOMANI DI JALTA.......................................62POLACCHI E RUTENI...............................................67L'UNITÀ SINDACALE IN ITALIA............................69

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Indice generale

Liber Liber......................................................................4ALLE PRIME ORIGINI................................................9COMUNISMO ANTICO E MODERNO.....................12PIO XI E LA CONFERENZA DI GENOVA...............19ROMA E MOSCA........................................................25LA COMMEMORAZIONE DELLA «RERUM NOVA-RUM»...........................................................................29IL CONCETTO CRISTIANO DELLA PROPRIETÀ. 34IL MATERIALISMO STORICO.................................37CONTRO IL «COMUNISMO ATEO»........................43FRA LIBERALISMO E COMUNISMO.....................48IL COMUNISMO CATTOLICO..................................51ROMA CONTRO I COMUNISTI CATTOLICI..........57ALL'INDOMANI DI JALTA.......................................62POLACCHI E RUTENI...............................................67L'UNITÀ SINDACALE IN ITALIA............................69

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E. BUONAIUTI

LA CHIESAE IL COMUNISMO

di

ERNESTO BUONAIUTI

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E. BUONAIUTI

LA CHIESAE IL COMUNISMO

di

ERNESTO BUONAIUTI

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Gli eventi hanno assunto un ritmo così acceleratoche questa succinta segnalazione dei pronunciamentiecclesiastici romani sul comunismo, a poca distanza ditempo dal momento in cui fu compilata, si trova ad ap-parire in pubblico mentre il problema delle relazioni di-plomatiche tra Roma e Mosca è argomento concreto dipubbliche discussioni e forse di blandamente smentitetrattative diplomatiche.

La Federazione delle Repubbliche Sovietiche è oggiuna potenza europea che incide in maniera indeclinabi-le (non diciamo in quale misura e per chi deprecabile)sugli interessi più gelosi della tradizione cattolicanell'oriente europeo.

La questione dei confini orientali della Polonia didomani non è soltanto una delicatissima questione in-ternazionale: implica anche un sensibilissimo problemareligioso. La Polonia è stata, si può dire, dalle origini,il baluardo della romanità cattolica di fronte allo slavi-smo ortodosso. E la questione di Leopoli, lo ha esplici-tamente riconosciuto Eden alla Camera dei Comuni,prima che una questione etnico-politica, è una questio-ne sostanzialmente religiosa.

Ecco perchè le dichiarazioni dottrinarie formulate daRoma circa il comunismo, che oggi è in Russia un im-portante fatto e un ponderoso fattore politico, e le sue

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Gli eventi hanno assunto un ritmo così acceleratoche questa succinta segnalazione dei pronunciamentiecclesiastici romani sul comunismo, a poca distanza ditempo dal momento in cui fu compilata, si trova ad ap-parire in pubblico mentre il problema delle relazioni di-plomatiche tra Roma e Mosca è argomento concreto dipubbliche discussioni e forse di blandamente smentitetrattative diplomatiche.

La Federazione delle Repubbliche Sovietiche è oggiuna potenza europea che incide in maniera indeclinabi-le (non diciamo in quale misura e per chi deprecabile)sugli interessi più gelosi della tradizione cattolicanell'oriente europeo.

La questione dei confini orientali della Polonia didomani non è soltanto una delicatissima questione in-ternazionale: implica anche un sensibilissimo problemareligioso. La Polonia è stata, si può dire, dalle origini,il baluardo della romanità cattolica di fronte allo slavi-smo ortodosso. E la questione di Leopoli, lo ha esplici-tamente riconosciuto Eden alla Camera dei Comuni,prima che una questione etnico-politica, è una questio-ne sostanzialmente religiosa.

Ecco perchè le dichiarazioni dottrinarie formulate daRoma circa il comunismo, che oggi è in Russia un im-portante fatto e un ponderoso fattore politico, e le sue

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manifestazioni, dalla prima comparsa del manifesto co-munista nel 1848, hanno rivestito improvvisamente unasignificazione e una portata che investono la funzionestessa internazionale del papato questa riorganizzazio-ne del mondo che sta per avere a San Francisco unasua prima delineazione.

Ragione di più per seguire nella loro successione sto-rica i documenti papali relativi al movimento e allaideologia comunisti.

Roma, 18 aprile 1945.ERNESTO BUONAIUTI

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manifestazioni, dalla prima comparsa del manifesto co-munista nel 1848, hanno rivestito improvvisamente unasignificazione e una portata che investono la funzionestessa internazionale del papato questa riorganizzazio-ne del mondo che sta per avere a San Francisco unasua prima delineazione.

Ragione di più per seguire nella loro successione sto-rica i documenti papali relativi al movimento e allaideologia comunisti.

Roma, 18 aprile 1945.ERNESTO BUONAIUTI

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ALLE PRIME ORIGINI

Il cristianesimo è nato comunista, e il comunismo ènato cristiano. Si tratta, naturalmente, di intendersi peròcosì sul significato della parola cristianesimo, come sulsignificato della parola comunismo.

Apriamo il libro degli Atti, ai Capi IV e V. Come sisa, il libro degli Atti degli Apostoli, ufficialmente com-preso nel canone del Nuovo Testamento, è la deliziosadescrizione della edificante vita della comunità cristianadi Gerusalemme, nel primo venticinquennio della suastoria. Il libro è attribuito a Luca, medico e compagno diSan Paolo, cui è parimenti attribuito il terzo Vangelo ca-nonico, terzo dei cosidetti Sinottici. E l'opera ha tutto ilsapore delle testimonianze colte direttamente sui luoghi,con un singolare sentore di itinerari marinari, che ci faspontaneamente rievocare, in tutta la loro patetica dram-maticità, i viaggi missionari di San Paolo. Orbene, cele-brando lo spirito di solidarietà e di carità che avvivavala primitiva famiglia cristiana gerosolimitana, l'autoredegli Atti ci dice letteralmente così: «La moltitudine deicredenti viveva di un cuore solo e di un'anima sola. Nes-

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ALLE PRIME ORIGINI

Il cristianesimo è nato comunista, e il comunismo ènato cristiano. Si tratta, naturalmente, di intendersi peròcosì sul significato della parola cristianesimo, come sulsignificato della parola comunismo.

Apriamo il libro degli Atti, ai Capi IV e V. Come sisa, il libro degli Atti degli Apostoli, ufficialmente com-preso nel canone del Nuovo Testamento, è la deliziosadescrizione della edificante vita della comunità cristianadi Gerusalemme, nel primo venticinquennio della suastoria. Il libro è attribuito a Luca, medico e compagno diSan Paolo, cui è parimenti attribuito il terzo Vangelo ca-nonico, terzo dei cosidetti Sinottici. E l'opera ha tutto ilsapore delle testimonianze colte direttamente sui luoghi,con un singolare sentore di itinerari marinari, che ci faspontaneamente rievocare, in tutta la loro patetica dram-maticità, i viaggi missionari di San Paolo. Orbene, cele-brando lo spirito di solidarietà e di carità che avvivavala primitiva famiglia cristiana gerosolimitana, l'autoredegli Atti ci dice letteralmente così: «La moltitudine deicredenti viveva di un cuore solo e di un'anima sola. Nes-

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suno di loro reputava proprio quel che possedeva. Matutto era comune fra loro... Non c'erano poveri nella co-munità. Chiunque possedesse campi o casa, vendevatutto, per deporre ai piedi degli Apostoli la somma rica-vatane. E tutto si divideva fra i singoli secondo i bisognidi ciascuno». Che la descrizione abbia alquanto del ro-mantico appare da quel che segue. Due coniugi, Ananiae Saffira, vendono il campo che possedevano. Ma nonne portano il ricavato completo agli apostoli. Pietro ne lirimprovera. E fa seguire al rimprovero una sanzionecrudele. Uno dopo l'altro, Anania e Saffira son fulminatiper aver nascosto parte della somma ricavata dalla ven-dita del loro campo. Vien fatto naturale di domandarsicome mai questi due fedeli avevano ceduto alla tenta-zione di trattenersi un po' di denaro, visto che la venditadel campo e la consegna del ricavato agli Apostoli do-vevano essere un gesto spontaneo e cordiale. Perchèquella restrizione mentale e pecuniaria? L'autore degliAtti non ce lo dice.

Prendiamo atto ad ogni modo di questo incontestabilefatto: i membri della prima comunità cristiana di Geru-salemme sentono di non poter vivere in altra forma chemettendo tutti i loro beni in comune. Si tratta, è vero, dicredenti sicuri della prossima fine del mondo, per i qualiquindi i valori dell'economia quotidiana hanno subìtouna svalutazione radicale. Mentre il comunismo odiernoparte da una sopravvalutazione esclusivistica dei benieconomici, il comunismo dei cristiani primitivi parte dauna capitale svalutazione dei beni economici, in vista di

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suno di loro reputava proprio quel che possedeva. Matutto era comune fra loro... Non c'erano poveri nella co-munità. Chiunque possedesse campi o casa, vendevatutto, per deporre ai piedi degli Apostoli la somma rica-vatane. E tutto si divideva fra i singoli secondo i bisognidi ciascuno». Che la descrizione abbia alquanto del ro-mantico appare da quel che segue. Due coniugi, Ananiae Saffira, vendono il campo che possedevano. Ma nonne portano il ricavato completo agli apostoli. Pietro ne lirimprovera. E fa seguire al rimprovero una sanzionecrudele. Uno dopo l'altro, Anania e Saffira son fulminatiper aver nascosto parte della somma ricavata dalla ven-dita del loro campo. Vien fatto naturale di domandarsicome mai questi due fedeli avevano ceduto alla tenta-zione di trattenersi un po' di denaro, visto che la venditadel campo e la consegna del ricavato agli Apostoli do-vevano essere un gesto spontaneo e cordiale. Perchèquella restrizione mentale e pecuniaria? L'autore degliAtti non ce lo dice.

Prendiamo atto ad ogni modo di questo incontestabilefatto: i membri della prima comunità cristiana di Geru-salemme sentono di non poter vivere in altra forma chemettendo tutti i loro beni in comune. Si tratta, è vero, dicredenti sicuri della prossima fine del mondo, per i qualiquindi i valori dell'economia quotidiana hanno subìtouna svalutazione radicale. Mentre il comunismo odiernoparte da una sopravvalutazione esclusivistica dei benieconomici, il comunismo dei cristiani primitivi parte dauna capitale svalutazione dei beni economici, in vista di

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una supervalorizzazione dei valori spirituali, assommatinella visione del Regno di Dio. Ecco il primo fonda-mentale tratto differenziale tra il comunismo del cristia-nesimo primitivo e il comunismo attuale. Il secondotratto differenziale connesso col primo consiste tuttonella spontaneità con cui i cristiani primitivi offrono allacomunità i loro beni materiali, per viverne in comune inuna atmosfera di fraternità e di comunione spirituale.

Una tendenza alla vita comunistica in questo senso laChiesa se l'è portata sempre con sè attraverso tutti i se-coli della sua storia. Gli ordini religiosi, che costituisco-no una delle espressioni più grandiose e più alte dellatradizione cristiana in due millenni di storia, sono fon-damentalmente aggregati umani che praticano la frater-na comunione dei beni materiali e l'amministrazione incomune della quotidiana economia.

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una supervalorizzazione dei valori spirituali, assommatinella visione del Regno di Dio. Ecco il primo fonda-mentale tratto differenziale tra il comunismo del cristia-nesimo primitivo e il comunismo attuale. Il secondotratto differenziale connesso col primo consiste tuttonella spontaneità con cui i cristiani primitivi offrono allacomunità i loro beni materiali, per viverne in comune inuna atmosfera di fraternità e di comunione spirituale.

Una tendenza alla vita comunistica in questo senso laChiesa se l'è portata sempre con sè attraverso tutti i se-coli della sua storia. Gli ordini religiosi, che costituisco-no una delle espressioni più grandiose e più alte dellatradizione cristiana in due millenni di storia, sono fon-damentalmente aggregati umani che praticano la frater-na comunione dei beni materiali e l'amministrazione incomune della quotidiana economia.

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COMUNISMO ANTICO E MODERNO

Cosa di ben diversa natura è il comunismo moderna-mente inteso. Ne fu data la formulazione da Marx e daEngels nel famoso manifesto dettato nel gennaio 1848.È stato chiamato il «comunismo critico» in contrapposi-zione a tutte le altre forme di comunismo, vuoi romanti-co, vuoi mistico-religioso. Uscito in qualche modo dallafilosofia hegeliana, di cui materializzava i presupposti,il comunismo marxista ha due fondamentali caposaldi:il materialismo storico e l'idea-forza della lotta di classe.

A meno di un secolo dalla formulazione teoretica da-tane dal manifesto il comunismo aveva in Russia il suoprimo grandioso e riuscito tentativo di attuazione. Il 25ottobre 1917, i bolscevichi si impadronivano di Pietro-grado. A pochi giorni di distanza si installavano a Mo-sca. La storia del mondo assumeva in qualche modo unnuovo aspetto. La Chiesa doveva logicamente e indecli-nabilmente pronunciarsi.

In realtà, si era già pronunciata. Fin dalla sua primaEnciclica «Qui pluribus», in data 9 novembre 1846, PioIX, Papa da meno che sei mesi, passando in rivista gli

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COMUNISMO ANTICO E MODERNO

Cosa di ben diversa natura è il comunismo moderna-mente inteso. Ne fu data la formulazione da Marx e daEngels nel famoso manifesto dettato nel gennaio 1848.È stato chiamato il «comunismo critico» in contrapposi-zione a tutte le altre forme di comunismo, vuoi romanti-co, vuoi mistico-religioso. Uscito in qualche modo dallafilosofia hegeliana, di cui materializzava i presupposti,il comunismo marxista ha due fondamentali caposaldi:il materialismo storico e l'idea-forza della lotta di classe.

A meno di un secolo dalla formulazione teoretica da-tane dal manifesto il comunismo aveva in Russia il suoprimo grandioso e riuscito tentativo di attuazione. Il 25ottobre 1917, i bolscevichi si impadronivano di Pietro-grado. A pochi giorni di distanza si installavano a Mo-sca. La storia del mondo assumeva in qualche modo unnuovo aspetto. La Chiesa doveva logicamente e indecli-nabilmente pronunciarsi.

In realtà, si era già pronunciata. Fin dalla sua primaEnciclica «Qui pluribus», in data 9 novembre 1846, PioIX, Papa da meno che sei mesi, passando in rivista gli

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errori dell'epoca e chiedendo ai vescovi di dedicare ogniloro attività alla protezione della religione cattolica, fa-ceva già un accenno alla propaganda comunistica. Dopoaver segnalato e definito, in maniera piuttosto disorgani-ca, quelli che erano giudicati dalla Curia romana come«mostruosi e fraudolenti errori», con i quali «coloro chesi occupano solo di cose mondane tentano accanitamen-te di assalire la divina autorità della Chiesa e le sue leg-gi e di calpestare i diritti tanto del potere sacro quanto diquello civile», Pio IX si fermava sul comunismo. E locolpiva così: «Dottrina funesta e più che mai contrariaal diritto naturale, una volta ammessa la quale si abbat-terebbero completamente i diritti, i patrimoni, le pro-prietà e persino la società umana».

A distanza di diciotto anni Pio IX divulgava la suaEnciclica «Quanta Cura» e redigeva un novero di ottan-ta capi dottrinali ribadendone la condanna già pronun-ciata e sanzionata in precedenti atti, decreti, ed allocu-zioni pontificie. Nel novero figurano naturalmente glierrori socialistici e comunistici, di cui si ricorda chesono già stati formalmente e solennemente riprovati ebollati nella Lettera Enciclica «Qui pluribus», del 9 no-vembre 1846; nell'Allocuzione «Quibus quantisque» del20 aprile 1849; nella Lettera Enciclica «Noscitis nobi-scum» dell'8 dicembre 1849; nell'allocuzione «Singulariquadam» del 9 dicembre 1854; nella Lettera Apostolica«Quanto conficiamur moerore», del 17 agosto 1863.

In complesso, eravamo ancora allo stadio dei pronun-ciamenti negativi. Il comunismo era una dottrina netta-

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errori dell'epoca e chiedendo ai vescovi di dedicare ogniloro attività alla protezione della religione cattolica, fa-ceva già un accenno alla propaganda comunistica. Dopoaver segnalato e definito, in maniera piuttosto disorgani-ca, quelli che erano giudicati dalla Curia romana come«mostruosi e fraudolenti errori», con i quali «coloro chesi occupano solo di cose mondane tentano accanitamen-te di assalire la divina autorità della Chiesa e le sue leg-gi e di calpestare i diritti tanto del potere sacro quanto diquello civile», Pio IX si fermava sul comunismo. E locolpiva così: «Dottrina funesta e più che mai contrariaal diritto naturale, una volta ammessa la quale si abbat-terebbero completamente i diritti, i patrimoni, le pro-prietà e persino la società umana».

A distanza di diciotto anni Pio IX divulgava la suaEnciclica «Quanta Cura» e redigeva un novero di ottan-ta capi dottrinali ribadendone la condanna già pronun-ciata e sanzionata in precedenti atti, decreti, ed allocu-zioni pontificie. Nel novero figurano naturalmente glierrori socialistici e comunistici, di cui si ricorda chesono già stati formalmente e solennemente riprovati ebollati nella Lettera Enciclica «Qui pluribus», del 9 no-vembre 1846; nell'Allocuzione «Quibus quantisque» del20 aprile 1849; nella Lettera Enciclica «Noscitis nobi-scum» dell'8 dicembre 1849; nell'allocuzione «Singulariquadam» del 9 dicembre 1854; nella Lettera Apostolica«Quanto conficiamur moerore», del 17 agosto 1863.

In complesso, eravamo ancora allo stadio dei pronun-ciamenti negativi. Il comunismo era una dottrina netta-

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mente materialistica e la Chiesa, depositaria di tuttoquello che c'è di spiritualmente più alto e di più delicatonella trasmissione della civiltà mediterranea, non potevanon assumere e non confermare in tutti i modi la sua ir-riducibile opposizione. Il giorno però in cui il comuni-smo avesse avuto nel mondo una sua applicazione con-creta, l'atteggiamento della Curia avrebbe dovuto irri-mediabilmente sentire il contraccolpo delle sue esigenzediplomatiche e delle sue istanze disciplinari.

Come si sa, le dottrine sociali ed economiche dellaChiesa cattolica hanno avuto una esposizione classica edefinitiva nella Enciclica «Rerum novarum» sulla con-dizione degli operai, emanata da Leone XIII il 15 mag-gio 1891.

L'Enciclica è nettamente anticomunista. La proprietàprivata viene energicamente riconosciuta come una esi-genza insopprimibile della personalità umana. «Per lasterminata ricchezza del suo riconoscimento che abbrac-cia, oltre il presente, l'avvenire, per la sua libertà,l'uomo, sotto la legge eterna e la provvidenza universaledi Dio, è provvidenza a se stesso. Egli deve dunque po-ter eleggere i mezzi che giudica più propri al manteni-mento della sua vita, non solo pel momento che passa,ma pel tempo futuro. Ciò val quanto dire che oltre il do-minio dei frutti che dà la terra, spetta all'uomo la pro-prietà della terra stessa, dal cui seno fecondo vede esser-gli somministrato il necessario ai suoi bisogni avvenire.Imperocchè i bisogni dell'uomo hanno, per dir così, unavicenda di perpetui ritorni, sicchè, soddisfatti oggi, rina-

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mente materialistica e la Chiesa, depositaria di tuttoquello che c'è di spiritualmente più alto e di più delicatonella trasmissione della civiltà mediterranea, non potevanon assumere e non confermare in tutti i modi la sua ir-riducibile opposizione. Il giorno però in cui il comuni-smo avesse avuto nel mondo una sua applicazione con-creta, l'atteggiamento della Curia avrebbe dovuto irri-mediabilmente sentire il contraccolpo delle sue esigenzediplomatiche e delle sue istanze disciplinari.

Come si sa, le dottrine sociali ed economiche dellaChiesa cattolica hanno avuto una esposizione classica edefinitiva nella Enciclica «Rerum novarum» sulla con-dizione degli operai, emanata da Leone XIII il 15 mag-gio 1891.

L'Enciclica è nettamente anticomunista. La proprietàprivata viene energicamente riconosciuta come una esi-genza insopprimibile della personalità umana. «Per lasterminata ricchezza del suo riconoscimento che abbrac-cia, oltre il presente, l'avvenire, per la sua libertà,l'uomo, sotto la legge eterna e la provvidenza universaledi Dio, è provvidenza a se stesso. Egli deve dunque po-ter eleggere i mezzi che giudica più propri al manteni-mento della sua vita, non solo pel momento che passa,ma pel tempo futuro. Ciò val quanto dire che oltre il do-minio dei frutti che dà la terra, spetta all'uomo la pro-prietà della terra stessa, dal cui seno fecondo vede esser-gli somministrato il necessario ai suoi bisogni avvenire.Imperocchè i bisogni dell'uomo hanno, per dir così, unavicenda di perpetui ritorni, sicchè, soddisfatti oggi, rina-

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scono domani. Deve pertanto la natura aver datoall'uomo il diritto a beni stabili e perenni, proporzionatialla perennità del soccorso ond'egli abbisogna: beni chepuò somministrarci solamente la terra, con la sua ine-sauribile fecondità».

Messo così in salvo il principio invulnerabile dellagiustizia naturale della proprietà individuale, la Rerumnovarum fa del suo meglio per far sentire alla proprietàstessa la sua funzione sociale, distinguendo preliminar-mente l'uso legittimo dal possesso legittimo. L'Enciclicasi riporta alla dottrina di San Tommaso: «Naturale dirit-to per l'uomo è la privata proprietà dei beni e l'esercitarequesto diritto è specialmente nella vita socievole nonpur lecito, ma assolutamente necessario – è lecito, diceSan Tommaso – anzi necessario all'umana vita chel'uomo abbia la proprietà dei beni». (II II Quaest. LXVI,2). Ma se inoltre si domandi, quale debba essere l'uso ditali beni, la Chiesa, per bocca del santo Dottore, non esi-ta a rispondere che, per questo rispetto, l'uomo non deveavere i beni esterni come propri; bensì come comuni, inmodo che facilmente li comunichi nell'altrui necessità.Onde l'Apostolo dice: – Comanda ai ricchi di questo se-colo di dare e comunicare il proprio facilmente –. (IIaIIae Quaest., LXV, a. 2). Niuno al certo è tenuto a sov-venir gli altri di quello che è necessario a sè ed ai suoi;anzi neppur di quello che è necessario alla convenienza,e al decoro del proprio stato: – perchè niuno deve viverein modo non conveniente – (IIa IIae Quaest. XXXII, a.6). Ma soddisfatto alla necessità e alla convenienza, soc-

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scono domani. Deve pertanto la natura aver datoall'uomo il diritto a beni stabili e perenni, proporzionatialla perennità del soccorso ond'egli abbisogna: beni chepuò somministrarci solamente la terra, con la sua ine-sauribile fecondità».

Messo così in salvo il principio invulnerabile dellagiustizia naturale della proprietà individuale, la Rerumnovarum fa del suo meglio per far sentire alla proprietàstessa la sua funzione sociale, distinguendo preliminar-mente l'uso legittimo dal possesso legittimo. L'Enciclicasi riporta alla dottrina di San Tommaso: «Naturale dirit-to per l'uomo è la privata proprietà dei beni e l'esercitarequesto diritto è specialmente nella vita socievole nonpur lecito, ma assolutamente necessario – è lecito, diceSan Tommaso – anzi necessario all'umana vita chel'uomo abbia la proprietà dei beni». (II II Quaest. LXVI,2). Ma se inoltre si domandi, quale debba essere l'uso ditali beni, la Chiesa, per bocca del santo Dottore, non esi-ta a rispondere che, per questo rispetto, l'uomo non deveavere i beni esterni come propri; bensì come comuni, inmodo che facilmente li comunichi nell'altrui necessità.Onde l'Apostolo dice: – Comanda ai ricchi di questo se-colo di dare e comunicare il proprio facilmente –. (IIaIIae Quaest., LXV, a. 2). Niuno al certo è tenuto a sov-venir gli altri di quello che è necessario a sè ed ai suoi;anzi neppur di quello che è necessario alla convenienza,e al decoro del proprio stato: – perchè niuno deve viverein modo non conveniente – (IIa IIae Quaest. XXXII, a.6). Ma soddisfatto alla necessità e alla convenienza, soc-

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correre col superfluo ai bisognosi è dovere: Quello chesopravvanza, date in elemosina – (Luc. XI, 41). Eccettoil caso di estrema necessità, non sono questi, è vero, ob-blighi di giustizia, ma di carità cristiana, il cui adempi-mento non si può certamente esigere per vie giuridiche;ma sopra le leggi e i giudizi degli uomini sta la legge eil giudizio di Cristo, il quale inculca in molti modi lapratica del donar generoso, ed insegna – essere cosa piùbeata il dare che il ricevere – (Act. XX, 35); e terrà perfatta o negata a sè la carità fatta o negata ai bisognosi:Quanto faceste ad uno dei minimi di questi miei fratelli,a me lo faceste – (Matth. XXIV, 40). In conclusione,chiunque ha ricevuto dalla munificenza di Dio copiamaggiore di beni, sia esteriori e corporali, sia spirituali,a questo fine li ha ricevuti di servirsene al perfeziona-mento proprio, e nel medesimo tempo come ministrodella divina, provvidenza a vantaggio altrui: – Chi hadunque ingegno, badi di non tacere: chi abbonda diroba, si guardi dall'esser, nell'esercizio della misericor-dia, troppo duro di mano: chi ha un'arte da vivere, nepartecipi al prossimo l'uso e l'utilità – (S. Greg. MagnoIn Evang. Hom. IX, numero 7).

Ci si sarebbe potuti domandare in verità se, a risolu-zione del problema sociale che ha assunto nella moder-nità caratteri così nuovi e in pari tempo così urgenti, fos-se tempestivo e praticamente utile riesumare ed invoca-re i principi sociologici di San Tommaso. La configura-zione politica ed economica del Medioevo ha caratteripropri, inconfondibili. La tecnica moderna ha fatto del

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correre col superfluo ai bisognosi è dovere: Quello chesopravvanza, date in elemosina – (Luc. XI, 41). Eccettoil caso di estrema necessità, non sono questi, è vero, ob-blighi di giustizia, ma di carità cristiana, il cui adempi-mento non si può certamente esigere per vie giuridiche;ma sopra le leggi e i giudizi degli uomini sta la legge eil giudizio di Cristo, il quale inculca in molti modi lapratica del donar generoso, ed insegna – essere cosa piùbeata il dare che il ricevere – (Act. XX, 35); e terrà perfatta o negata a sè la carità fatta o negata ai bisognosi:Quanto faceste ad uno dei minimi di questi miei fratelli,a me lo faceste – (Matth. XXIV, 40). In conclusione,chiunque ha ricevuto dalla munificenza di Dio copiamaggiore di beni, sia esteriori e corporali, sia spirituali,a questo fine li ha ricevuti di servirsene al perfeziona-mento proprio, e nel medesimo tempo come ministrodella divina, provvidenza a vantaggio altrui: – Chi hadunque ingegno, badi di non tacere: chi abbonda diroba, si guardi dall'esser, nell'esercizio della misericor-dia, troppo duro di mano: chi ha un'arte da vivere, nepartecipi al prossimo l'uso e l'utilità – (S. Greg. MagnoIn Evang. Hom. IX, numero 7).

Ci si sarebbe potuti domandare in verità se, a risolu-zione del problema sociale che ha assunto nella moder-nità caratteri così nuovi e in pari tempo così urgenti, fos-se tempestivo e praticamente utile riesumare ed invoca-re i principi sociologici di San Tommaso. La configura-zione politica ed economica del Medioevo ha caratteripropri, inconfondibili. La tecnica moderna ha fatto del

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problema sociale un problema per tanta parte nuovo epossiamo dire insospettabile per la mentalità medioeva-le. Basta pensare che per San Tommaso, come per tuttal'etica del Medioevo, non si concepisce neppure la licei-tà che si ricavi un reddito dal denaro a prestito, mentretutta l'economia moderna è proprio basata sul redditoinerte del capitale accumulato, per comprendere di pri-mo acchito che la sociologia escogitata dai maestri dellaScolastica è funzionalmente inadattabile alla realtàdell'economia odierna. Noi vediamo di fatto che la Re-rum novarum, se potè suonare, al momento della suacomparsa, come una ricelebrazione spiritualmente edifi-cativa dei motivi umanitari che hanno sempre idealmen-te guidato e avvivato le dottrine della Chiesa, non fu ca-pace di incidere efficacemente sul corso dei fatti e sullosviluppo dei movimenti di sinistra nel mondo.

La prima guerra europea doveva fatalmente accelera-re l'avanzata di questi movimenti di sinistra, verso larealizzazione dei loro programmi. Non senza ragioniprofonde politiche, militari, sociali e possiamo ancheaggiungere morali e religiose, questi movimenti di sini-stra dovevano avere la loro esplosione vittoriosa nellaRussia czaristica. La chiesa di Roma si trovava ora difronte, non più a rivendicazioni teoriche e a ideali astrat-ti. Sui margini orientali della Europa il comunismo di-ventava una grande realtà politica e sociale, di fronte acui occorreva prendere posizione. Quale sarebbe stato losviluppo della Russia bolscevica? Molti credettero cheessa non avrebbe potuto resistere all'attacco delle armate

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problema sociale un problema per tanta parte nuovo epossiamo dire insospettabile per la mentalità medioeva-le. Basta pensare che per San Tommaso, come per tuttal'etica del Medioevo, non si concepisce neppure la licei-tà che si ricavi un reddito dal denaro a prestito, mentretutta l'economia moderna è proprio basata sul redditoinerte del capitale accumulato, per comprendere di pri-mo acchito che la sociologia escogitata dai maestri dellaScolastica è funzionalmente inadattabile alla realtàdell'economia odierna. Noi vediamo di fatto che la Re-rum novarum, se potè suonare, al momento della suacomparsa, come una ricelebrazione spiritualmente edifi-cativa dei motivi umanitari che hanno sempre idealmen-te guidato e avvivato le dottrine della Chiesa, non fu ca-pace di incidere efficacemente sul corso dei fatti e sullosviluppo dei movimenti di sinistra nel mondo.

La prima guerra europea doveva fatalmente accelera-re l'avanzata di questi movimenti di sinistra, verso larealizzazione dei loro programmi. Non senza ragioniprofonde politiche, militari, sociali e possiamo ancheaggiungere morali e religiose, questi movimenti di sini-stra dovevano avere la loro esplosione vittoriosa nellaRussia czaristica. La chiesa di Roma si trovava ora difronte, non più a rivendicazioni teoriche e a ideali astrat-ti. Sui margini orientali della Europa il comunismo di-ventava una grande realtà politica e sociale, di fronte acui occorreva prendere posizione. Quale sarebbe stato losviluppo della Russia bolscevica? Molti credettero cheessa non avrebbe potuto resistere all'attacco delle armate

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bianche; che ad ogni modo non si sarebbe potuta regge-re su quelle basi comunistiche che erano state sempreuniversalmente riconosciute come inguaribilmente uto-piche e inattuabili. Sta di fatto che attraverso evoluzioni,di cui si può facilmente comprendere la logica necessità,il comunismo russo era destinato a diventare una formi-dabile forza etnico-politica, con cui l'Europa, e non sol-tanto l'Europa, avrebbe dovuto fare i conti.

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bianche; che ad ogni modo non si sarebbe potuta regge-re su quelle basi comunistiche che erano state sempreuniversalmente riconosciute come inguaribilmente uto-piche e inattuabili. Sta di fatto che attraverso evoluzioni,di cui si può facilmente comprendere la logica necessità,il comunismo russo era destinato a diventare una formi-dabile forza etnico-politica, con cui l'Europa, e non sol-tanto l'Europa, avrebbe dovuto fare i conti.

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PIO XI E LA CONFERENZA DI

GENOVA

Ed ecco allora la necessità per Roma di pronunciarsial riguardo. Il 6 febbraio del 1922 il Cardinale AchilleRatti, passato dalla Nunziatura in Polonia all'Arcivesco-vato di Milano, era innalzato al soglio pontificio, comesuccessore di Benedetto XV. Prendeva il nome di PioXI. Il primo grande avvenimento internazionale a cuiegli si trovò di fronte fu, tra l'aprile e il maggio, la Con-ferenza di Genova per il riassetto economico europeo emondiale. Ne era stata decisa la convocazione a Cannes,dalle cinque Potenze alleate, le quali il 6 gennaio aveva-no divulgato un comunicato così concepito: «Le Poten-ze alleate, riunite in conferenza, sono unanimi nel rite-nere che una conferenza di ordine economico-finanzia-rio dovrebbe essere convocata per il febbraio o agli inizidi marzo, a cui tutte le potenze europee, Germania, Au-stria, Ungheria, Bulgaria e Russia comprese, dovrebberoessere invitate perchè inviino rappresentanti. Esse riten-gono che una tale conferenza possa costituire una tappa

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PIO XI E LA CONFERENZA DI

GENOVA

Ed ecco allora la necessità per Roma di pronunciarsial riguardo. Il 6 febbraio del 1922 il Cardinale AchilleRatti, passato dalla Nunziatura in Polonia all'Arcivesco-vato di Milano, era innalzato al soglio pontificio, comesuccessore di Benedetto XV. Prendeva il nome di PioXI. Il primo grande avvenimento internazionale a cuiegli si trovò di fronte fu, tra l'aprile e il maggio, la Con-ferenza di Genova per il riassetto economico europeo emondiale. Ne era stata decisa la convocazione a Cannes,dalle cinque Potenze alleate, le quali il 6 gennaio aveva-no divulgato un comunicato così concepito: «Le Poten-ze alleate, riunite in conferenza, sono unanimi nel rite-nere che una conferenza di ordine economico-finanzia-rio dovrebbe essere convocata per il febbraio o agli inizidi marzo, a cui tutte le potenze europee, Germania, Au-stria, Ungheria, Bulgaria e Russia comprese, dovrebberoessere invitate perchè inviino rappresentanti. Esse riten-gono che una tale conferenza possa costituire una tappa

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urgente ed essenziale sulla via della ricostruzione eco-nomica dell'Europa centrale ed orientale, ed hanno laferma opinione che i primi Ministri di ciascuna nazionedebbano, se possibile, assistere personalmente alla con-ferenza, affinchè le raccomandazioni e i suggerimentiche questa potrà formulare possano essere seguitidall'azione più rapida ed efficace possibile».

Si comprende come il mondo dovesse essere pieno diaspettativa e di fiducia in una conferenza di questo ge-nere, alla quale, non solamente le cinque Potenze alleateinvitavano gli stati ex-nemici, ma a cui anche la Russiabolscevica doveva intervenire.

Nella Segreteria di Stato c'era sempre il Cardinal Ga-sparri e l'atmosfera di Curia era ancora l'atmosfera diBenedetto XV: atmosfera di fiducioso ottimismo e dilarga elasticità. Chi scrive queste righe ricorda ancoracome, dinanzi a questo intervento della Russia bolscevi-ca alle discussioni internazionali e ai piani di ricostru-zione economica mondiale, il Cardinal Gasparri, in unaconversazione improntata al più duttile spirito di ogget-tività e di chiaroveggenza, ebbe a dire che la Chiesa, inlinea teorica, non aveva nulla da opporre pregiudizial-mente ad una organizzazione statale comunistica. LaChiesa, disse allora testualmente il Cardinale Gasparri, ècompletamente agnostica ed indifferente alle formedell'economia. I suoi interessi spirituali sono al di là e aldi sopra dei sistemi economici e possono essere tutelatiin un qualsiasi clima politico e sociale. Essa chiede sol-tanto che le organizzazioni statali, di qualsiasi tipo, non

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urgente ed essenziale sulla via della ricostruzione eco-nomica dell'Europa centrale ed orientale, ed hanno laferma opinione che i primi Ministri di ciascuna nazionedebbano, se possibile, assistere personalmente alla con-ferenza, affinchè le raccomandazioni e i suggerimentiche questa potrà formulare possano essere seguitidall'azione più rapida ed efficace possibile».

Si comprende come il mondo dovesse essere pieno diaspettativa e di fiducia in una conferenza di questo ge-nere, alla quale, non solamente le cinque Potenze alleateinvitavano gli stati ex-nemici, ma a cui anche la Russiabolscevica doveva intervenire.

Nella Segreteria di Stato c'era sempre il Cardinal Ga-sparri e l'atmosfera di Curia era ancora l'atmosfera diBenedetto XV: atmosfera di fiducioso ottimismo e dilarga elasticità. Chi scrive queste righe ricorda ancoracome, dinanzi a questo intervento della Russia bolscevi-ca alle discussioni internazionali e ai piani di ricostru-zione economica mondiale, il Cardinal Gasparri, in unaconversazione improntata al più duttile spirito di ogget-tività e di chiaroveggenza, ebbe a dire che la Chiesa, inlinea teorica, non aveva nulla da opporre pregiudizial-mente ad una organizzazione statale comunistica. LaChiesa, disse allora testualmente il Cardinale Gasparri, ècompletamente agnostica ed indifferente alle formedell'economia. I suoi interessi spirituali sono al di là e aldi sopra dei sistemi economici e possono essere tutelatiin un qualsiasi clima politico e sociale. Essa chiede sol-tanto che le organizzazioni statali, di qualsiasi tipo, non

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frappongano ostacoli e non cerchino di insidiare il liberosvolgimento della vita religiosa e sacramentale, in che èil compito e il ministero della Chiesa.

L'arcivescovo di Genova, Monsignor Signori, emana-va il 2 aprile una pastorale al suo clero e al suo popolocon la quale indiceva pubbliche preghiere per la feliceriuscita della Conferenza. Evidentemente non l'avevafatto senza il previo consenso della Curia romana. E apochi giorni di distanza del resto, il Pontefice indirizza-va una sua Lettera al prelato, approvandone la Pastoralee constatando, con cristiano compiacimento, come fosseun gran fatto che per la prima volta, dopo il conflitto ar-mato, intorno al medesimo tavolo diplomatico, in pienauguaglianza di diritti e di dignità, si trovassero insiemevinti e vincitori. Pio XI formulava vivi voti perchè«sull'altare del comune benessere» i diversi Governi im-molassero le loro singole velleità e i loro preconcetti.Pio XI inoltre augurava che da tale scambio di idee po-tessero scaturire propositi di mutua condiscendenza chepermettessero ai vinti l'assolvimento dei propri impegni.

In Segreteria di Stato sembrava che si nutrissero cosìforti speranze sulla Conferenza di Genova, non sola-mente per il risanamento dell'atmosfera politica interna-zionale europea, bensì anche per la possibile azione reli-giosa della Santa Sede in Russia, che il 29 aprile, fra laprima e la seconda seduta plenaria della Conferenza, PioXI dava conferma del proprio atteggiamento fiduciosocon una lettera al Cardinale Gasparri in cui, compiacen-dosi per la rimozione degli ostacoli al raggiungimento di

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frappongano ostacoli e non cerchino di insidiare il liberosvolgimento della vita religiosa e sacramentale, in che èil compito e il ministero della Chiesa.

L'arcivescovo di Genova, Monsignor Signori, emana-va il 2 aprile una pastorale al suo clero e al suo popolocon la quale indiceva pubbliche preghiere per la feliceriuscita della Conferenza. Evidentemente non l'avevafatto senza il previo consenso della Curia romana. E apochi giorni di distanza del resto, il Pontefice indirizza-va una sua Lettera al prelato, approvandone la Pastoralee constatando, con cristiano compiacimento, come fosseun gran fatto che per la prima volta, dopo il conflitto ar-mato, intorno al medesimo tavolo diplomatico, in pienauguaglianza di diritti e di dignità, si trovassero insiemevinti e vincitori. Pio XI formulava vivi voti perchè«sull'altare del comune benessere» i diversi Governi im-molassero le loro singole velleità e i loro preconcetti.Pio XI inoltre augurava che da tale scambio di idee po-tessero scaturire propositi di mutua condiscendenza chepermettessero ai vinti l'assolvimento dei propri impegni.

In Segreteria di Stato sembrava che si nutrissero cosìforti speranze sulla Conferenza di Genova, non sola-mente per il risanamento dell'atmosfera politica interna-zionale europea, bensì anche per la possibile azione reli-giosa della Santa Sede in Russia, che il 29 aprile, fra laprima e la seconda seduta plenaria della Conferenza, PioXI dava conferma del proprio atteggiamento fiduciosocon una lettera al Cardinale Gasparri in cui, compiacen-dosi per la rimozione degli ostacoli al raggiungimento di

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un accordo alla Conferenza medesima, proclamava cheil buon esito del Congresso avrebbe segnato una veradata storica per la civiltà cristiana. Evidentemente perdare maggiore risalto e più vasta portata al proprio ge-sto, Pio XI faceva comunicare ufficialmente il testo del-la sua Lettera al Presidente della Conferenza, che era ilCapo del Governo italiano onorevole Facta, e alle Dele-gazioni di quei Stati, con i quali il Vaticano aveva rap-porti diplomatici.

In questa Lettera al Cardinale Gasparri Pio XI avevalasciato cadere una frase sulle condizioni delle popola-zioni in Russia e sulla necessità di soccorrerle. E d'altraparte, dando comunicazione della sua Lettera ai delegatialla Conferenza dei Paesi con i quali la Santa Sede erain rapporti diplomatici, il Pontefice stesso enunciava ipostulati che egli riteneva necessari alla tutela degli in-teressi religiosi in territorio bolscevico e di cui si ripro-metteva la pratica sanzione dalla stessa conferenza ge-novese.

Ma a Genova ci fu qualcosa di più. Ad un pranzo uf-ficiale l'Arcivescovo di Genova scambiava il propriomenù con quello del Ministro degli Esteri russo Cicerin,fra lo stupore dei presenti, cui doveva seguire l'impres-sione del gran pubblico. Era una cordiale presa di con-tatto e non fu la sola. Due Monsignori della Segreteriadi Stato, i monsignori Sincero e Pizzardo, furono man-dati a Genova a trattare direttamente con i delegati dellaRepubblica sovietica questioni di natura religiosa. Il Va-ticano si interpose a favore del Patriarca della Chiesa or-

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un accordo alla Conferenza medesima, proclamava cheil buon esito del Congresso avrebbe segnato una veradata storica per la civiltà cristiana. Evidentemente perdare maggiore risalto e più vasta portata al proprio ge-sto, Pio XI faceva comunicare ufficialmente il testo del-la sua Lettera al Presidente della Conferenza, che era ilCapo del Governo italiano onorevole Facta, e alle Dele-gazioni di quei Stati, con i quali il Vaticano aveva rap-porti diplomatici.

In questa Lettera al Cardinale Gasparri Pio XI avevalasciato cadere una frase sulle condizioni delle popola-zioni in Russia e sulla necessità di soccorrerle. E d'altraparte, dando comunicazione della sua Lettera ai delegatialla Conferenza dei Paesi con i quali la Santa Sede erain rapporti diplomatici, il Pontefice stesso enunciava ipostulati che egli riteneva necessari alla tutela degli in-teressi religiosi in territorio bolscevico e di cui si ripro-metteva la pratica sanzione dalla stessa conferenza ge-novese.

Ma a Genova ci fu qualcosa di più. Ad un pranzo uf-ficiale l'Arcivescovo di Genova scambiava il propriomenù con quello del Ministro degli Esteri russo Cicerin,fra lo stupore dei presenti, cui doveva seguire l'impres-sione del gran pubblico. Era una cordiale presa di con-tatto e non fu la sola. Due Monsignori della Segreteriadi Stato, i monsignori Sincero e Pizzardo, furono man-dati a Genova a trattare direttamente con i delegati dellaRepubblica sovietica questioni di natura religiosa. Il Va-ticano si interpose a favore del Patriarca della Chiesa or-

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todossa Russa Ticone e di altri ecclesiastici che eranostati sottoposti a Mosca ad un processo per imputazionipolitiche. Anche all'indomani della Conferenza la SantaSede intervenne in questo senso direttamente presso Le-nin.

Non si può dire che i risultati conseguiti rispondesse-ro alla fiducia che la Conferenza genovese aveva susci-tato e alimentato, non solamente negli organi supremidel Governo ecclesiastico, ma possiamo dire in tutto ilmondo. Il bilancio della Conferenza fu quasi integral-mente negativo. Cicerin, ad ogni modo, si mostrò nonrefrattario del tutto alle richieste e alle sollecitazioni de-gli emissari della Segreteria di Stato. Il Governo di Mo-sca acconsentì a che missionari cattolici entrassero inRussia, per portarvi i soccorsi raccolti dalla Santa Sedea favore delle popolazioni colpite dal flagello della care-stia. E il 24 luglio una missione vaticana salpava daBari. La guidava Monsignor Walsh. Quindici giorni pri-ma, in data 10 luglio, Pio XI aveva divulgato una carita-tevole Lettera apostolica, sollecitando da tutto il mondocontributi e soccorsi per la grande opera di assistenzaumanitaria in Russia.

In verità il Governo di Mosca non mantenne a lungoquell'atteggiamento di condiscendenza e di favoreall'opera assistenziale del Pontefice che Cicerin avevaostentato alla Conferenza di Genova. Se gli inizidell'opera spiegata dalla Delegazione guidata da Monsi-gnor Walsh furono sereni e propizi, ben presto le autori-tà russe cambiarono il loro contegno. Il Walsh, caduto in

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todossa Russa Ticone e di altri ecclesiastici che eranostati sottoposti a Mosca ad un processo per imputazionipolitiche. Anche all'indomani della Conferenza la SantaSede intervenne in questo senso direttamente presso Le-nin.

Non si può dire che i risultati conseguiti rispondesse-ro alla fiducia che la Conferenza genovese aveva susci-tato e alimentato, non solamente negli organi supremidel Governo ecclesiastico, ma possiamo dire in tutto ilmondo. Il bilancio della Conferenza fu quasi integral-mente negativo. Cicerin, ad ogni modo, si mostrò nonrefrattario del tutto alle richieste e alle sollecitazioni de-gli emissari della Segreteria di Stato. Il Governo di Mo-sca acconsentì a che missionari cattolici entrassero inRussia, per portarvi i soccorsi raccolti dalla Santa Sedea favore delle popolazioni colpite dal flagello della care-stia. E il 24 luglio una missione vaticana salpava daBari. La guidava Monsignor Walsh. Quindici giorni pri-ma, in data 10 luglio, Pio XI aveva divulgato una carita-tevole Lettera apostolica, sollecitando da tutto il mondocontributi e soccorsi per la grande opera di assistenzaumanitaria in Russia.

In verità il Governo di Mosca non mantenne a lungoquell'atteggiamento di condiscendenza e di favoreall'opera assistenziale del Pontefice che Cicerin avevaostentato alla Conferenza di Genova. Se gli inizidell'opera spiegata dalla Delegazione guidata da Monsi-gnor Walsh furono sereni e propizi, ben presto le autori-tà russe cambiarono il loro contegno. Il Walsh, caduto in

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disgrazia, era costretto ad abbandonare la Russia. E i ne-goziati che egli aveva iniziato per una definizione dellecondizioni giuridico-politiche cattoliche sul territoriobolscevico, rimasero senza approdo e senza risultato.

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disgrazia, era costretto ad abbandonare la Russia. E i ne-goziati che egli aveva iniziato per una definizione dellecondizioni giuridico-politiche cattoliche sul territoriobolscevico, rimasero senza approdo e senza risultato.

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ROMA E MOSCA

Il processo politico intentato a Mosca contro l'Arcive-scovo cattolico di Moghilev, monsignor Cieplak, e con-tro il suo coadiutore, monsignor Butchiewics, si conclu-deva il 26 marzo 1923 con una condanna a morte. IlCieplak aveva poi la sua condanna commutata in diecianni di carcere e il Pontefice anzi giunse a ottenerne laliberazione, ma il Butchiewics era fucilato il 31 marzo.Nell'allocuzione concistoriale, del 23 maggio successi-vo, Pio XI parlava con accorata tristezza della condizio-ne fatta alla Chiesa cattolica in Russia. Il medesimotono di accoramento trapelava dall'Enciclica del 12 no-vembre dedicata al Centenario di San Giosafat e dallaAllocuzione concistoriale del 20 dicembre.

L'atteggiamento della Santa Sede di fronte al Gover-no comunista andava rapidamente cambiando. L'inizialeottimismo fiducioso si avviava a diventare una diffiden-za ostile e addolorata. Nel maggio del 1924 il Cieplakveniva a Roma e poteva dare ragguagli diretti e perso-nalmente controllabili sulle condizioni fatte alla Chiesacattolica dal Governo comunista. Le comunità religiose

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ROMA E MOSCA

Il processo politico intentato a Mosca contro l'Arcive-scovo cattolico di Moghilev, monsignor Cieplak, e con-tro il suo coadiutore, monsignor Butchiewics, si conclu-deva il 26 marzo 1923 con una condanna a morte. IlCieplak aveva poi la sua condanna commutata in diecianni di carcere e il Pontefice anzi giunse a ottenerne laliberazione, ma il Butchiewics era fucilato il 31 marzo.Nell'allocuzione concistoriale, del 23 maggio successi-vo, Pio XI parlava con accorata tristezza della condizio-ne fatta alla Chiesa cattolica in Russia. Il medesimotono di accoramento trapelava dall'Enciclica del 12 no-vembre dedicata al Centenario di San Giosafat e dallaAllocuzione concistoriale del 20 dicembre.

L'atteggiamento della Santa Sede di fronte al Gover-no comunista andava rapidamente cambiando. L'inizialeottimismo fiducioso si avviava a diventare una diffiden-za ostile e addolorata. Nel maggio del 1924 il Cieplakveniva a Roma e poteva dare ragguagli diretti e perso-nalmente controllabili sulle condizioni fatte alla Chiesacattolica dal Governo comunista. Le comunità religiose

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avevano perduto i loro beni. Gli edifici di culto eranotrasformati profanamente secondo il libito dei Sovietilocali. Vietato era qualsiasi insegnamento religioso.

Pio XI non poteva non far sentire le sue rimostranzecontristate. Nell'Allocuzione concistoriale del 18 dicem-bre 1924, egli, pur enunciando il suo proposito di conti-nuare nella misura del possibile il soccorso all'inenarra-bile sofferenza della popolazione russa colpita dalla ca-restia, riteneva opportuno ammonire che simile operaumanitaria non poteva essere interpretata come segno difavore e di condiscendenza per una forma di Governo,in nulla approvata dalla Santa Sede: Pio XI, al contrario,rivolgeva fervidissime esortazioni a tutti gli uomini distato perchè raccogliessero i loro sforzi onde scongiura-re i funesti pericoli rappresentati dal dilagare delle ideesocialistiche e comunistiche. A questo fine Pio XI indi-rizzava le preghiere di tutto il mondo cattolico per il ve-niente anno giubilare. La crociata papale contro il co-munismo cominciava.

Il movimento dei senza-dio patrocinato e favorito inRussia dal Governo bolscevico non poteva non destarein Vaticano le più serie preoccupazioni e la più recisacondanna. La Segreteria di Stato, così largamente dispo-sta a trattative pur con il Governo bolscevico per la re-golarizzazione dei rapporti fra vita politica e vita reli-giosa in Russia, constatata l'inutilità dei suoi sforzi, siaccinse a contrapporre all'azione irreligiosa del bolsce-vismo un'azione illuminatrice e polemica. Fra quelli chemeglio avevano secondato la tattica conciliatrice della

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avevano perduto i loro beni. Gli edifici di culto eranotrasformati profanamente secondo il libito dei Sovietilocali. Vietato era qualsiasi insegnamento religioso.

Pio XI non poteva non far sentire le sue rimostranzecontristate. Nell'Allocuzione concistoriale del 18 dicem-bre 1924, egli, pur enunciando il suo proposito di conti-nuare nella misura del possibile il soccorso all'inenarra-bile sofferenza della popolazione russa colpita dalla ca-restia, riteneva opportuno ammonire che simile operaumanitaria non poteva essere interpretata come segno difavore e di condiscendenza per una forma di Governo,in nulla approvata dalla Santa Sede: Pio XI, al contrario,rivolgeva fervidissime esortazioni a tutti gli uomini distato perchè raccogliessero i loro sforzi onde scongiura-re i funesti pericoli rappresentati dal dilagare delle ideesocialistiche e comunistiche. A questo fine Pio XI indi-rizzava le preghiere di tutto il mondo cattolico per il ve-niente anno giubilare. La crociata papale contro il co-munismo cominciava.

Il movimento dei senza-dio patrocinato e favorito inRussia dal Governo bolscevico non poteva non destarein Vaticano le più serie preoccupazioni e la più recisacondanna. La Segreteria di Stato, così largamente dispo-sta a trattative pur con il Governo bolscevico per la re-golarizzazione dei rapporti fra vita politica e vita reli-giosa in Russia, constatata l'inutilità dei suoi sforzi, siaccinse a contrapporre all'azione irreligiosa del bolsce-vismo un'azione illuminatrice e polemica. Fra quelli chemeglio avevano secondato la tattica conciliatrice della

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Sede Romana c'era stato un padre gesuita, il Padre Mi-chele d'Herbigny, un francese specialista in cose slave.

Pio XI lo creò presidente del Pontificio Istituto perl'Oriente e lo consacrò vescovo. In un primo momentoegli poteva, sempre sotto la figura giuridica dell'assi-stenza alle popolazioni russe colpite dalla carestia, com-piere un viaggio nel territorio sovietico, giungendo a ce-lebrare un pontificale nella chiesa di San Luigi a Mosca.Ora, iniziatasi la campagna di reazione al movimentodei Senza-Dio, il d'Herbigny iniziava una serie di pub-blicazioni destinate a far conoscere all'opinione occiden-tale le reali condizioni religiose dell'U.R.S.S. Fra questeopere, la più nutrita e documentata è quella pubblicatadal d'Herbigny nel 1930 La guerre antireligieuse enRussie soviétique (Paris, 1930). Proprio nel medesimotorno di tempo in cui il d'Herbigny pubblicava questo li-bro e precisamente il 2 febbraio del 1930, Pio XI indi-rizzava al Cardinal Vicario di Roma, Pompili, una Lette-ra vivace e serrata contro l'azione antireligiosa del Go-verno russo. Si era nel periodo in cui, vinta l'opposizio-ne di destra e di sinistra e proclamato che la Nep era ter-minata, Stalin accentuava la sua politica antireligiosa. Eil Pontefice, dopo aver ricordato le sue iniziative allaConferenza di Genova, l'azione da lui spiegata in pro delPatriarca Ticone e degli affamati russi, denunciava lacrudele reazione antireligiosa nella Russia dei Sovieti egli indegni carnevali a dileggio delle cose religiose,sfacciatamente organizzati dalle autorità bolsceviche.Quasi a riparazione di questi attentati sacrileghi il Pon-

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Sede Romana c'era stato un padre gesuita, il Padre Mi-chele d'Herbigny, un francese specialista in cose slave.

Pio XI lo creò presidente del Pontificio Istituto perl'Oriente e lo consacrò vescovo. In un primo momentoegli poteva, sempre sotto la figura giuridica dell'assi-stenza alle popolazioni russe colpite dalla carestia, com-piere un viaggio nel territorio sovietico, giungendo a ce-lebrare un pontificale nella chiesa di San Luigi a Mosca.Ora, iniziatasi la campagna di reazione al movimentodei Senza-Dio, il d'Herbigny iniziava una serie di pub-blicazioni destinate a far conoscere all'opinione occiden-tale le reali condizioni religiose dell'U.R.S.S. Fra questeopere, la più nutrita e documentata è quella pubblicatadal d'Herbigny nel 1930 La guerre antireligieuse enRussie soviétique (Paris, 1930). Proprio nel medesimotorno di tempo in cui il d'Herbigny pubblicava questo li-bro e precisamente il 2 febbraio del 1930, Pio XI indi-rizzava al Cardinal Vicario di Roma, Pompili, una Lette-ra vivace e serrata contro l'azione antireligiosa del Go-verno russo. Si era nel periodo in cui, vinta l'opposizio-ne di destra e di sinistra e proclamato che la Nep era ter-minata, Stalin accentuava la sua politica antireligiosa. Eil Pontefice, dopo aver ricordato le sue iniziative allaConferenza di Genova, l'azione da lui spiegata in pro delPatriarca Ticone e degli affamati russi, denunciava lacrudele reazione antireligiosa nella Russia dei Sovieti egli indegni carnevali a dileggio delle cose religiose,sfacciatamente organizzati dalle autorità bolsceviche.Quasi a riparazione di questi attentati sacrileghi il Pon-

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tefice annunciava che per il prossimo giorno di San Giu-seppe, 19 marzo, avrebbe celebrato una Messa espiatri-ce sul sepolcro di San Pietro. Tutto il mondo cristianoavrebbe dovuto unirsi a lui nella preghiera supplice e ri-paratrice. Il 6 aprile, quasi a dar forma organica e mag-giormente redditizia a tutto il lavoro di propaganda dacontrapporre alla politica antireligiosa di Mosca, Pio XIistituiva con motu proprio, in forma di sezione autono-ma, una sezione della Congregazione per la Chiesaorientale, perchè si occupasse unicamente ed ex-profes-so della Russia. La Presidenza ne fu affidata al d'Herbi-gny. Per un quinquennio il d'Herbigny fece di questosuo dicastero una vera e propria fucina di lavoro diplo-matico e culturale antirusso. Nel marzo del 1935 brusca-mente l'autonomia della Commissione per la Russia fuannullata. La Commissione fu aggregata alla Congrega-zione degli affari ecclesiastici straordinari. Il d'Herbignyfu allontanato dal suo posto e anche da Roma. Non siparlò più di lui. Egli andò a chiudere i suoi giorni oscu-ramente in Francia. Si seppe a Roma che il Governobolscevico era riuscito a mettere al suo fianco un suo fi-duciario, un ex-prete belga vissuto molti anni in Russiae passato al comunismo. Si vociferò anzi negli ambientiromani che questo emissario moscovita avesse giuocatoqualche grosso tiro, non soltanto al d'Herbigny.

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tefice annunciava che per il prossimo giorno di San Giu-seppe, 19 marzo, avrebbe celebrato una Messa espiatri-ce sul sepolcro di San Pietro. Tutto il mondo cristianoavrebbe dovuto unirsi a lui nella preghiera supplice e ri-paratrice. Il 6 aprile, quasi a dar forma organica e mag-giormente redditizia a tutto il lavoro di propaganda dacontrapporre alla politica antireligiosa di Mosca, Pio XIistituiva con motu proprio, in forma di sezione autono-ma, una sezione della Congregazione per la Chiesaorientale, perchè si occupasse unicamente ed ex-profes-so della Russia. La Presidenza ne fu affidata al d'Herbi-gny. Per un quinquennio il d'Herbigny fece di questosuo dicastero una vera e propria fucina di lavoro diplo-matico e culturale antirusso. Nel marzo del 1935 brusca-mente l'autonomia della Commissione per la Russia fuannullata. La Commissione fu aggregata alla Congrega-zione degli affari ecclesiastici straordinari. Il d'Herbignyfu allontanato dal suo posto e anche da Roma. Non siparlò più di lui. Egli andò a chiudere i suoi giorni oscu-ramente in Francia. Si seppe a Roma che il Governobolscevico era riuscito a mettere al suo fianco un suo fi-duciario, un ex-prete belga vissuto molti anni in Russiae passato al comunismo. Si vociferò anzi negli ambientiromani che questo emissario moscovita avesse giuocatoqualche grosso tiro, non soltanto al d'Herbigny.

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LA COMMEMORAZIONE DELLA

«RERUM NOVARUM»

Frattanto Roma aveva avuto modo e forse aveva sen-tito la necessità di lasciare di fronte alla Russia la politi-ca degli armeggi diplomatici e degli approcci politici,per tornare alle sue proclamazioni teoretiche anticomu-niste.

Nel 1931 era caduto il quarantennio dalla divulgazio-ne della Rerum novarum. Era una data che meritava diessere commemorata e Pio XI la commemorava con laEnciclica «Quadragesimo Anno».

Non si potrebbe dire che l'Enciclica, per ampiezza direspiro, per larghezza di visuali, per consapevolezza deiproblemi sociali presenti, fosse all'altezza della Encicli-ca di cui voleva istituire in qualche modo la celebrazio-ne solenne. Il documento tradiva una certa preoccupa-zione che le dottrine formulate nella Rerum novarum,che pur non avevano nulla di rivoluzionario, avesseropotuto o potessero ancora destare in qualche spirito ti-morato apprensione e diciamo pure la parola che il Pon-

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LA COMMEMORAZIONE DELLA

«RERUM NOVARUM»

Frattanto Roma aveva avuto modo e forse aveva sen-tito la necessità di lasciare di fronte alla Russia la politi-ca degli armeggi diplomatici e degli approcci politici,per tornare alle sue proclamazioni teoretiche anticomu-niste.

Nel 1931 era caduto il quarantennio dalla divulgazio-ne della Rerum novarum. Era una data che meritava diessere commemorata e Pio XI la commemorava con laEnciclica «Quadragesimo Anno».

Non si potrebbe dire che l'Enciclica, per ampiezza direspiro, per larghezza di visuali, per consapevolezza deiproblemi sociali presenti, fosse all'altezza della Encicli-ca di cui voleva istituire in qualche modo la celebrazio-ne solenne. Il documento tradiva una certa preoccupa-zione che le dottrine formulate nella Rerum novarum,che pur non avevano nulla di rivoluzionario, avesseropotuto o potessero ancora destare in qualche spirito ti-morato apprensione e diciamo pure la parola che il Pon-

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tefice stesso del resto vi adoperava, un certo sentore discandalo. Vi diceva infatti il Pontefice: «La dottrina diLeone XIII, così nobile, così profonda e così inaudita almondo, non poteva non produrre anche in alcuni cattoli-ci una certa impressione di sgomento, anzi di molestia eper taluno anche di scandalo. Essa infatti affrontava co-raggiosamente gli idoli del liberalismo e li rovesciava,non teneva in nessun conto pregiudizi inveterati; preve-niva i tempi ogni oltre aspettazione; onde che i troppotenaci dell'antico disdegnavano questa nuova filosofiasociale e i pusillanimi paventavano di ascendere a tantaaltezza; taluno anche vi fu, che pure ammirando questaluce, la riputava come un ideale chimerico di perfezionepiù desiderabile che attuabile. Per queste ragioni – con-tinuava Pio XI – mentre con tanto ardore da tutto ilmondo e specialmente dagli operai cattolici, che da ogniparte convengono in quest'alma città (Roma naturalmen-te) si va solennemente celebrando la commemorazionedel quarantesimo anniversario dell'Enciclica Rerum No-varum, stimiamo opportuno di servirci di questa ricor-renza, per ricordare i grandi beni che da quella Enciclicaridondavano alla Chiesa, anzi a tutta l'umana società;per rivendicare la dottrina di tanto Maestro sulla que-stione sociale ed economica contro alcuni dubbi sorti intempi recenti e per svolgerla con maggior ampiezza inquesto o in quel punto; e infine, dopo una accurata disa-mina della economia moderna e del socialismo, per di-scoprire la radice del presente disagio sociale, ed insie-

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tefice stesso del resto vi adoperava, un certo sentore discandalo. Vi diceva infatti il Pontefice: «La dottrina diLeone XIII, così nobile, così profonda e così inaudita almondo, non poteva non produrre anche in alcuni cattoli-ci una certa impressione di sgomento, anzi di molestia eper taluno anche di scandalo. Essa infatti affrontava co-raggiosamente gli idoli del liberalismo e li rovesciava,non teneva in nessun conto pregiudizi inveterati; preve-niva i tempi ogni oltre aspettazione; onde che i troppotenaci dell'antico disdegnavano questa nuova filosofiasociale e i pusillanimi paventavano di ascendere a tantaaltezza; taluno anche vi fu, che pure ammirando questaluce, la riputava come un ideale chimerico di perfezionepiù desiderabile che attuabile. Per queste ragioni – con-tinuava Pio XI – mentre con tanto ardore da tutto ilmondo e specialmente dagli operai cattolici, che da ogniparte convengono in quest'alma città (Roma naturalmen-te) si va solennemente celebrando la commemorazionedel quarantesimo anniversario dell'Enciclica Rerum No-varum, stimiamo opportuno di servirci di questa ricor-renza, per ricordare i grandi beni che da quella Enciclicaridondavano alla Chiesa, anzi a tutta l'umana società;per rivendicare la dottrina di tanto Maestro sulla que-stione sociale ed economica contro alcuni dubbi sorti intempi recenti e per svolgerla con maggior ampiezza inquesto o in quel punto; e infine, dopo una accurata disa-mina della economia moderna e del socialismo, per di-scoprire la radice del presente disagio sociale, ed insie-

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me additare la sola via di una salutare restaurazione,cioè la cristiana riforma dei costumi».

Nessuna meraviglia che, dall'alto della fede pontifica-le romana, si insistesse così, ancora,una volta, sulla ne-cessità di mandare innanzi ad una qualsiasi riforma so-ciale la riforma morale e il rinnovamento della spiritua-lità cristiana. Ma perchè questi reiterati moniti alla re-staurazione di costumi rimanevano praticamente senzaeffetto? Perché la Chiesa si rivelava così ancora a qua-rant'anni di distanza costretta a ripetere, pressochè conle stesse formule, quanto era stato detto dalla Rerum no-varum, mentre il mondo aveva continuato a fare tantocammino nella direttiva dei movimenti sociali tutti avvi-vati da spirito laico, anzi diciamo meglio da spirito net-tamente antireligioso e anticristiano? La rivoluzione co-munista, è vero, aveva trovato il terreno adatto in unpaese tradizionalmente ostile a Roma come la Russia,ereditante da secoli la vecchia rivalità di Bisanzio controla Sede del primato latino di san Pietro. Ma movimenticomunistici si profilavano sempre più invadenti e ag-gressivi nei paesi classici del cristianesimo occidentale,e in Germania, a quarant'anni di distanza dalla Rerumnovarum, il partito del Centro, che era stato sempre ani-mato da un ardito programma cristiano sociale, stavaper essere sommerso dal nazionalsocialismo. È questaun'osservazione che si potrebbe probabilmente ripetereanche per altri aspetti dell'attività dottrinale e pedagogi-ca del magistero cattolico. I princìpi solennemente affer-mati dalla Sede romana nei suoi pubblici documenti e

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me additare la sola via di una salutare restaurazione,cioè la cristiana riforma dei costumi».

Nessuna meraviglia che, dall'alto della fede pontifica-le romana, si insistesse così, ancora,una volta, sulla ne-cessità di mandare innanzi ad una qualsiasi riforma so-ciale la riforma morale e il rinnovamento della spiritua-lità cristiana. Ma perchè questi reiterati moniti alla re-staurazione di costumi rimanevano praticamente senzaeffetto? Perché la Chiesa si rivelava così ancora a qua-rant'anni di distanza costretta a ripetere, pressochè conle stesse formule, quanto era stato detto dalla Rerum no-varum, mentre il mondo aveva continuato a fare tantocammino nella direttiva dei movimenti sociali tutti avvi-vati da spirito laico, anzi diciamo meglio da spirito net-tamente antireligioso e anticristiano? La rivoluzione co-munista, è vero, aveva trovato il terreno adatto in unpaese tradizionalmente ostile a Roma come la Russia,ereditante da secoli la vecchia rivalità di Bisanzio controla Sede del primato latino di san Pietro. Ma movimenticomunistici si profilavano sempre più invadenti e ag-gressivi nei paesi classici del cristianesimo occidentale,e in Germania, a quarant'anni di distanza dalla Rerumnovarum, il partito del Centro, che era stato sempre ani-mato da un ardito programma cristiano sociale, stavaper essere sommerso dal nazionalsocialismo. È questaun'osservazione che si potrebbe probabilmente ripetereanche per altri aspetti dell'attività dottrinale e pedagogi-ca del magistero cattolico. I princìpi solennemente affer-mati dalla Sede romana nei suoi pubblici documenti e

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nelle manifestazioni ufficiali del suo magistero risuona-no come enunciazioni indiscutibili di un patrimoniodogmatico, che si è mantenuto inalterato nei secoli. Ilpubblico ecumenico ne riconosce la impeccabile validitàastratta e la perfetta coerenza al patrimonio tradizionaledell'ortodossia cattolica. Ma in concreto il mondo sem-bra procedere per le sue vie con una logica che si direb-be si sottragga ostinatamente alla presa e all'efficacia delmagistero medesimo. Non è in questa soluzione di con-tinuità e in questa mancanza di contatti tra l'insegna-mento canonizzato dell'ortodossia romana e il corso fa-tale dell'evoluzione storico-sociale, una delle ragioni piùprofonde del disagio attraverso cui il mondo sembra es-sersi avviato ad una delle sue più preoccupanti crisi cheda secoli e secoli si siano mai registrate?

L'Enciclica Quadragesimo Anno, riecheggiando laRerum novarum, stimolava i Governi a favorire e a pra-ticare, nella più vasta misura possibile, una politica so-ciale, mercè cui fossero tutelate le legittime esigenzedella classe operaia nei contratti di lavoro, nella pubbli-ca assistenza, nel miglioramento sempre più avanzatodelle condizioni igieniche e morali del popolo. Esagera-va un po' probabilmente l'Enciclica nel definire la Re-rum novarum come «la magna charta» sulla quale dove-va posare tutta l'attività cristiana nel campo sociale,come sul proprio fondamento. Ed era forse eccessiva-mente dura ed aspra nel bollare «coloro che mostrano difare poco conto di quella Enciclica e della sua comme-morazione» con parole particolarmente severe. Diceva,

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nelle manifestazioni ufficiali del suo magistero risuona-no come enunciazioni indiscutibili di un patrimoniodogmatico, che si è mantenuto inalterato nei secoli. Ilpubblico ecumenico ne riconosce la impeccabile validitàastratta e la perfetta coerenza al patrimonio tradizionaledell'ortodossia cattolica. Ma in concreto il mondo sem-bra procedere per le sue vie con una logica che si direb-be si sottragga ostinatamente alla presa e all'efficacia delmagistero medesimo. Non è in questa soluzione di con-tinuità e in questa mancanza di contatti tra l'insegna-mento canonizzato dell'ortodossia romana e il corso fa-tale dell'evoluzione storico-sociale, una delle ragioni piùprofonde del disagio attraverso cui il mondo sembra es-sersi avviato ad una delle sue più preoccupanti crisi cheda secoli e secoli si siano mai registrate?

L'Enciclica Quadragesimo Anno, riecheggiando laRerum novarum, stimolava i Governi a favorire e a pra-ticare, nella più vasta misura possibile, una politica so-ciale, mercè cui fossero tutelate le legittime esigenzedella classe operaia nei contratti di lavoro, nella pubbli-ca assistenza, nel miglioramento sempre più avanzatodelle condizioni igieniche e morali del popolo. Esagera-va un po' probabilmente l'Enciclica nel definire la Re-rum novarum come «la magna charta» sulla quale dove-va posare tutta l'attività cristiana nel campo sociale,come sul proprio fondamento. Ed era forse eccessiva-mente dura ed aspra nel bollare «coloro che mostrano difare poco conto di quella Enciclica e della sua comme-morazione» con parole particolarmente severe. Diceva,

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infatti che costoro «o bestemmiano quel che non sanno,o non capiscono quello di cui hanno solo una superficia-le cognizione, o se lo capiscono meritano di essere so-lennemente tacciati di ingiustizia e di ingratitudine». Lastoria, tutta la storia delle agitazioni sociali degli ultimidecenni non era lì a dimostrare che fra le teorie dellaRerum novarum e la pratica della vita internazionalecorreva un divario incolmabile?

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infatti che costoro «o bestemmiano quel che non sanno,o non capiscono quello di cui hanno solo una superficia-le cognizione, o se lo capiscono meritano di essere so-lennemente tacciati di ingiustizia e di ingratitudine». Lastoria, tutta la storia delle agitazioni sociali degli ultimidecenni non era lì a dimostrare che fra le teorie dellaRerum novarum e la pratica della vita internazionalecorreva un divario incolmabile?

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IL CONCETTO CRISTIANO DELLA

PROPRIETÀ

Comunque, la Quadragesimo anno tornava a ribadirel'inviolabile inattaccabilità della proprietà privata, puremettendone in risalto la funzione sociale. «Voi conosce-te, ammoniva Pio XI, rivolgendosi ai vescovi di tutto ilmondo, come il nostro predecessore di felice memoriaabbia difeso gagliardamente il diritto di proprietà controgli errori dei socialisti del suo tempo, dimostrando chel'abolizione della proprietà privata tornerebbe, non avantaggio, ma ad estrema rovina della classe operaia. Epoichè vi ha di quelli che con la più ingiuriosa delle ca-lunnie accusano il sommo Pontefice e la Chiesa stessaquasi abbia preso o prenda ancora le parti dei ricchi con-tro i proletari, e poichè tra i cattolici stessi si riscontranodissensi intorno alla vera e schietta sentenza leoniana, cisembra bene ribattere ogni calunnia contro quella dottri-na, che è la cattolica, su questo argomento, e difenderlada false interpretazioni».

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IL CONCETTO CRISTIANO DELLA

PROPRIETÀ

Comunque, la Quadragesimo anno tornava a ribadirel'inviolabile inattaccabilità della proprietà privata, puremettendone in risalto la funzione sociale. «Voi conosce-te, ammoniva Pio XI, rivolgendosi ai vescovi di tutto ilmondo, come il nostro predecessore di felice memoriaabbia difeso gagliardamente il diritto di proprietà controgli errori dei socialisti del suo tempo, dimostrando chel'abolizione della proprietà privata tornerebbe, non avantaggio, ma ad estrema rovina della classe operaia. Epoichè vi ha di quelli che con la più ingiuriosa delle ca-lunnie accusano il sommo Pontefice e la Chiesa stessaquasi abbia preso o prenda ancora le parti dei ricchi con-tro i proletari, e poichè tra i cattolici stessi si riscontranodissensi intorno alla vera e schietta sentenza leoniana, cisembra bene ribattere ogni calunnia contro quella dottri-na, che è la cattolica, su questo argomento, e difenderlada false interpretazioni».

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Questa difesa si riduceva in sostanza a insistere sullafunzione sociale della proprietà, sulla necessità che lecondizioni degli operai fossero tutelate dal capitale, sic-chè il salario fosse conguagliato a quelle necessità divita che solo consentono ad un aggregato familiare ilnecessario al sostentamento, all'educazione, al dignitosovivere morale. Un certo idilliaco ottimismo sembravaispirare al riguardo l'Enciclica pontificia. Scriveva PioXI nella sua Enciclica: «La quantità del salario devecontemperarsi col pubblico bene economico. Giova aquesta prosperità o bene comune che gli operai mettanoda parte la porzione di salario, che loro sopravanza allespese necessarie, per giungere a poco a poco ad un mo-desto patrimonio; ma non è da trasandare un altro puntodi importanza forse non minore e ai nostri tempi affattonecessario, che cioè a coloro i quali e possono e voglio-no lavorare, si dia opportunità di lavorare. E questo nonpoco dipende dalla determinazione del salario; la quale,come può giovare là dove è mantenuta tra giusti limiti,così alla sua volta può nuocere se li eccede. Chi non sainfatti che la troppa tenuità e la soverchia altezza dei sa-lari è stata la cagione per la quale gli operai non potes-sero aver lavoro? Il quale inconveniente, riscontratosispecialmente nei tempi del Nostro Pontificato in dannodi molti, gettò gli operai nella miseria e nelle tentazioni,mandò in ruina la prosperità delle città e mise in perico-lo la pace e la tranquillità di tutto il mondo. È contrariodunque alla giustizia sociale che per badare al propriovantaggio senza aver riguardo al bene comune, il salario

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Questa difesa si riduceva in sostanza a insistere sullafunzione sociale della proprietà, sulla necessità che lecondizioni degli operai fossero tutelate dal capitale, sic-chè il salario fosse conguagliato a quelle necessità divita che solo consentono ad un aggregato familiare ilnecessario al sostentamento, all'educazione, al dignitosovivere morale. Un certo idilliaco ottimismo sembravaispirare al riguardo l'Enciclica pontificia. Scriveva PioXI nella sua Enciclica: «La quantità del salario devecontemperarsi col pubblico bene economico. Giova aquesta prosperità o bene comune che gli operai mettanoda parte la porzione di salario, che loro sopravanza allespese necessarie, per giungere a poco a poco ad un mo-desto patrimonio; ma non è da trasandare un altro puntodi importanza forse non minore e ai nostri tempi affattonecessario, che cioè a coloro i quali e possono e voglio-no lavorare, si dia opportunità di lavorare. E questo nonpoco dipende dalla determinazione del salario; la quale,come può giovare là dove è mantenuta tra giusti limiti,così alla sua volta può nuocere se li eccede. Chi non sainfatti che la troppa tenuità e la soverchia altezza dei sa-lari è stata la cagione per la quale gli operai non potes-sero aver lavoro? Il quale inconveniente, riscontratosispecialmente nei tempi del Nostro Pontificato in dannodi molti, gettò gli operai nella miseria e nelle tentazioni,mandò in ruina la prosperità delle città e mise in perico-lo la pace e la tranquillità di tutto il mondo. È contrariodunque alla giustizia sociale che per badare al propriovantaggio senza aver riguardo al bene comune, il salario

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degli operai venga troppo abbassato o troppo innalzato;e la medesima giustizia richiede che, nel consenso dellementi e delle volontà, per quanto è possibile, il salariovenga temperato in maniera che a quanti più possibilesia dato di prestare l'opera loro e percepirne i frutti con-venienti per il sostentamento della vita».

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degli operai venga troppo abbassato o troppo innalzato;e la medesima giustizia richiede che, nel consenso dellementi e delle volontà, per quanto è possibile, il salariovenga temperato in maniera che a quanti più possibilesia dato di prestare l'opera loro e percepirne i frutti con-venienti per il sostentamento della vita».

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IL MATERIALISMO STORICO

Preoccupata soprattutto di battere in breccia la conce-zione materialistica della storia e la visuale della impla-cabile lotta di classe, risolubile soltanto mercè la dittatu-ra del proletariato, l'Enciclica insisteva, con tutto il pos-sibile calore, sulla necessità di un'azione pubblica e sta-tale che favorisse l'armonia delle classi e la solidarietàtra capitale e lavoro: «Questa deve essere la prima mira,questo lo scopo e dello Stato e dei migliori cittadini:mettere, fine alle competizioni delle due classi opposte,risvegliare e promuovere una cordiale cooperazione del-le varie professioni dei cittadini... Quantunque il lavoro,come spiega egregiamente il Nostro Predecessore nellaSua Enciclica non sia una vile merce, anzi vi si debba ri-conoscere la dignità umana dell'operaio e quindi non siada mercanteggiare come una merce qualsiasi, tuttavia,come stanno ora le cose, nel mercato del lavoro l'offertae la domanda divide gli uomini in due schiere; e la disu-nione che ne segue trasforma il mercato come in uncampo di lotta, ove le due parti si combattono accanita-mente. E a questo grave disordine, che porta al precipi-

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IL MATERIALISMO STORICO

Preoccupata soprattutto di battere in breccia la conce-zione materialistica della storia e la visuale della impla-cabile lotta di classe, risolubile soltanto mercè la dittatu-ra del proletariato, l'Enciclica insisteva, con tutto il pos-sibile calore, sulla necessità di un'azione pubblica e sta-tale che favorisse l'armonia delle classi e la solidarietàtra capitale e lavoro: «Questa deve essere la prima mira,questo lo scopo e dello Stato e dei migliori cittadini:mettere, fine alle competizioni delle due classi opposte,risvegliare e promuovere una cordiale cooperazione del-le varie professioni dei cittadini... Quantunque il lavoro,come spiega egregiamente il Nostro Predecessore nellaSua Enciclica non sia una vile merce, anzi vi si debba ri-conoscere la dignità umana dell'operaio e quindi non siada mercanteggiare come una merce qualsiasi, tuttavia,come stanno ora le cose, nel mercato del lavoro l'offertae la domanda divide gli uomini in due schiere; e la disu-nione che ne segue trasforma il mercato come in uncampo di lotta, ove le due parti si combattono accanita-mente. E a questo grave disordine, che porta al precipi-

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zio l'intera società, ognuno vede quanto sia necessarioportare rimedio. Ma la guarigione perfetta si potrà otte-nere allora soltanto, quando, tolta di mezzo una tale lot-ta, le membra del corpo sociale si trovino bene assesta-te, e costituiscano le varie professioni, a cui ciascunodei cittadini aderisca, non secondo l'ufficio che ha nelmercato del lavoro, ma secondo le diverse parti socialiche i singoli esercitano».

Tutto questo può apparire piuttosto astratto e teoreti-co. Quando l'Enciclica Quadragesimo anno, era manda-ta per il mondo, il 15 maggio del 1931, il comunismo,da quindici anni, non era più una utopia irreale e un ban-do lungi dalla sua attuazione: era al contrario un regimeconcreto che si era instaurato in un immenso territorio,come quello sovietico, che aveva avuto ragione di tutti imovimenti inscenati e patrocinati per abbatterlo, che an-dava diramando per tutto i tentacoli della sua sottile pe-netrazione e della sua formidabile propaganda. La SantaSede prendeva nettamente posizione. E lo faceva in varimodi.

In uno dei documenti pubblici più largamente com-mentati nel mondo, la Federazione delle repubbliche so-cialistiche sovietiche aveva fatto proprio il motto di SanPaolo nella Lettera ai Tessalonicesi: «Chi non vuole la-vorare non mangi». Pio XI trova la applicazione delmotto indebita e abusiva. "Egli spiega nell'Enciclica:«Fuori di argomento e bene a torto applicano alcuni leparole dell'Apostolo – Chi non vuole lavorare non man-gi – perchè la sentenza dell'Apostolo è proferita contro

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zio l'intera società, ognuno vede quanto sia necessarioportare rimedio. Ma la guarigione perfetta si potrà otte-nere allora soltanto, quando, tolta di mezzo una tale lot-ta, le membra del corpo sociale si trovino bene assesta-te, e costituiscano le varie professioni, a cui ciascunodei cittadini aderisca, non secondo l'ufficio che ha nelmercato del lavoro, ma secondo le diverse parti socialiche i singoli esercitano».

Tutto questo può apparire piuttosto astratto e teoreti-co. Quando l'Enciclica Quadragesimo anno, era manda-ta per il mondo, il 15 maggio del 1931, il comunismo,da quindici anni, non era più una utopia irreale e un ban-do lungi dalla sua attuazione: era al contrario un regimeconcreto che si era instaurato in un immenso territorio,come quello sovietico, che aveva avuto ragione di tutti imovimenti inscenati e patrocinati per abbatterlo, che an-dava diramando per tutto i tentacoli della sua sottile pe-netrazione e della sua formidabile propaganda. La SantaSede prendeva nettamente posizione. E lo faceva in varimodi.

In uno dei documenti pubblici più largamente com-mentati nel mondo, la Federazione delle repubbliche so-cialistiche sovietiche aveva fatto proprio il motto di SanPaolo nella Lettera ai Tessalonicesi: «Chi non vuole la-vorare non mangi». Pio XI trova la applicazione delmotto indebita e abusiva. "Egli spiega nell'Enciclica:«Fuori di argomento e bene a torto applicano alcuni leparole dell'Apostolo – Chi non vuole lavorare non man-gi – perchè la sentenza dell'Apostolo è proferita contro

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quelli che si astengono dal lavoro, quando potrebbero edovrebbero lavorare e ammonisce a usare alacrementedel tempo e delle forze del corpo e dell'anima, nè aggra-vare gli altri, quando da noi stessi ci possiamo provve-dere; ma non insegna punto che il lavoro sia l'unico tito-lo per ricevere vitto e proventi».

In verità si potrebbe sussumere qualcosa. È vero chenella fattispecie San Paolo ha di mira quei cotali fedelidi Tessalonica che, prendendo troppo materialmente allalettera l'insegnamento dell'Apostolo sulla imminenzadell'avvento del Regno di Dio, si erano abbandonati adun ozio indolente ed infingardo. Ma è pur vero che ilsuo aforisma sembra trascendere le circostanze peculiariche gliene hanno suggerito l'enunciazione ed assumereil valore di una vera massima universalmente normativaper tutti e sempre. Ad ogni modo non è su questo puntoparticolare che si arresta la polemica anticomunista del-la Enciclica Quadragesimo anno. Da un capo all'altrodel documento il Pontefice Pio XI si dimostra costante-mente preoccupato della minaccia incombente su tutto ilmondo a causa della propaganda favorita da Mosca.Egli dice di aver voluto con tanta solennità rievocare e –ribadire i princìpi della Rerum Novarum proprio perchè,«se ora non si prende finalmente a metterli in esecuzio-ne senza indugio e con ogni rigore, niuno potrebbe ri-promettersi possibile un'efficace difesa dell'ordine pub-blico e della tranquillità sociale contro i seminatori dinovità sovversive».

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quelli che si astengono dal lavoro, quando potrebbero edovrebbero lavorare e ammonisce a usare alacrementedel tempo e delle forze del corpo e dell'anima, nè aggra-vare gli altri, quando da noi stessi ci possiamo provve-dere; ma non insegna punto che il lavoro sia l'unico tito-lo per ricevere vitto e proventi».

In verità si potrebbe sussumere qualcosa. È vero chenella fattispecie San Paolo ha di mira quei cotali fedelidi Tessalonica che, prendendo troppo materialmente allalettera l'insegnamento dell'Apostolo sulla imminenzadell'avvento del Regno di Dio, si erano abbandonati adun ozio indolente ed infingardo. Ma è pur vero che ilsuo aforisma sembra trascendere le circostanze peculiariche gliene hanno suggerito l'enunciazione ed assumereil valore di una vera massima universalmente normativaper tutti e sempre. Ad ogni modo non è su questo puntoparticolare che si arresta la polemica anticomunista del-la Enciclica Quadragesimo anno. Da un capo all'altrodel documento il Pontefice Pio XI si dimostra costante-mente preoccupato della minaccia incombente su tutto ilmondo a causa della propaganda favorita da Mosca.Egli dice di aver voluto con tanta solennità rievocare e –ribadire i princìpi della Rerum Novarum proprio perchè,«se ora non si prende finalmente a metterli in esecuzio-ne senza indugio e con ogni rigore, niuno potrebbe ri-promettersi possibile un'efficace difesa dell'ordine pub-blico e della tranquillità sociale contro i seminatori dinovità sovversive».

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Queste novità sovversive Pio XI le bolla energica-mente, più energicamente si direbbe di tutti i suoi prede-cessori. Pio XI mette in un fascio comunismo e sociali-smo e li dichiara entrambi i minacciosi pericoli dell'ora:«Il comunismo, è scritto nella Quadragesimo anno, in-segna e persegue due punti, nè già per vie occulte o perrigiri, ma alla luce aperta e con tutti i mezzi, anche piùviolenti: una lotta di classe la più accanita e l'abolizioneassoluta della proprietà privata. E nel perseguire i dueintenti non v'ha cosa che esso non ardisca, niente che ri-spetti; e dove si è impadronito del potere, si dimostratanto crudele e selvaggio, che sembra cosa incredibile emostruosa. Di che sono prova le stragi spaventose e lerovine ch'esso ha accumulato sopra vastissimi paesidell'Europa orientale e dell'Asia. Quanto poi sia nemicodichiarato della santa Chiesa, e di Dio stesso, è cosapurtroppo dimostrata e a tutti notissima. Non crediamoperciò necessario premunire i figli buoni e fedeli dellaChiesa contro la natura empia e ingiusta del comuni-smo, ma non possiamo tuttavia, senza un profondo dolo-re, vedere l'incuria e l'indifferenza di coloro che mostra-no di non dar peso ai pericoli imminenti, e con una pas-siva fiacchezza lasciano che si propaghino per ogni par-te quegli errori, da cui sarà condotta a morte la societàtutta intiera, con le stragi e la violenza. Ma soprattuttomeritano di essere condannati coloro che trascurano disopprimere o trasformare quelle condizioni di cose, cheesasperano gli animi dei popoli e preparano con ciò lavia alla rivoluzione e alla rovina della società...

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Queste novità sovversive Pio XI le bolla energica-mente, più energicamente si direbbe di tutti i suoi prede-cessori. Pio XI mette in un fascio comunismo e sociali-smo e li dichiara entrambi i minacciosi pericoli dell'ora:«Il comunismo, è scritto nella Quadragesimo anno, in-segna e persegue due punti, nè già per vie occulte o perrigiri, ma alla luce aperta e con tutti i mezzi, anche piùviolenti: una lotta di classe la più accanita e l'abolizioneassoluta della proprietà privata. E nel perseguire i dueintenti non v'ha cosa che esso non ardisca, niente che ri-spetti; e dove si è impadronito del potere, si dimostratanto crudele e selvaggio, che sembra cosa incredibile emostruosa. Di che sono prova le stragi spaventose e lerovine ch'esso ha accumulato sopra vastissimi paesidell'Europa orientale e dell'Asia. Quanto poi sia nemicodichiarato della santa Chiesa, e di Dio stesso, è cosapurtroppo dimostrata e a tutti notissima. Non crediamoperciò necessario premunire i figli buoni e fedeli dellaChiesa contro la natura empia e ingiusta del comuni-smo, ma non possiamo tuttavia, senza un profondo dolo-re, vedere l'incuria e l'indifferenza di coloro che mostra-no di non dar peso ai pericoli imminenti, e con una pas-siva fiacchezza lasciano che si propaghino per ogni par-te quegli errori, da cui sarà condotta a morte la societàtutta intiera, con le stragi e la violenza. Ma soprattuttomeritano di essere condannati coloro che trascurano disopprimere o trasformare quelle condizioni di cose, cheesasperano gli animi dei popoli e preparano con ciò lavia alla rivoluzione e alla rovina della società...

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Più moderato è l'altro partito che ha conservato ilnome di socialismo; giacchè non solo professa di riget-tare il ricorso alla violenza, ma se non ripudia la lotta diclasse e l'abolizione della proprietà privata, la mitiga al-meno con attenuazioni e temperamenti. Si direbbe quin-di, che, spaventato dei suoi principî e delle conseguenzeche ne trae il comunismo, il socialismo si pieghi e inqualche modo si avvicini, a quelle verità che la tradizio-ne cristiana ha sempre solennemente insegnato; poichènon si può negare che le sue rivendicazioni si accostinotalvolta, e molto da vicino, a quelle che propongono aragione i riformatori cristiani della società».

Pur rilasciando al socialismo questo certificato di mi-nore capacità attossicatrice, la Enciclica non concedevaper questo al socialismo medesimo un lasciapassare per-chè potesse essergli riconosciuto il diritto di cittadinanzanell'ambito della tradizione e della vita cristiane. A po-chi periodi di distanza, dopo avere così riconosciuto unacerta divergenza fra socialismo e comunismo, l'Encicli-ca infatti ribadiva ugualmente il suo verdetto di ostraci-smo «Che se il socialismo, come tutti gli errori, ammet-te pure qualche parte di vero (il che del resto non fu mainegato dai Sommi Pontefici), esso tuttavia si fonda inuna dottrina della società umana, tutta sua propria e di-scordante dal vero cristianesimo. Socialismo religioso esocialismo cristiano sono dunque termini contraddittori:nessuno può essere buon cattolico ad un tempo e verosocialista».

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Più moderato è l'altro partito che ha conservato ilnome di socialismo; giacchè non solo professa di riget-tare il ricorso alla violenza, ma se non ripudia la lotta diclasse e l'abolizione della proprietà privata, la mitiga al-meno con attenuazioni e temperamenti. Si direbbe quin-di, che, spaventato dei suoi principî e delle conseguenzeche ne trae il comunismo, il socialismo si pieghi e inqualche modo si avvicini, a quelle verità che la tradizio-ne cristiana ha sempre solennemente insegnato; poichènon si può negare che le sue rivendicazioni si accostinotalvolta, e molto da vicino, a quelle che propongono aragione i riformatori cristiani della società».

Pur rilasciando al socialismo questo certificato di mi-nore capacità attossicatrice, la Enciclica non concedevaper questo al socialismo medesimo un lasciapassare per-chè potesse essergli riconosciuto il diritto di cittadinanzanell'ambito della tradizione e della vita cristiane. A po-chi periodi di distanza, dopo avere così riconosciuto unacerta divergenza fra socialismo e comunismo, l'Encicli-ca infatti ribadiva ugualmente il suo verdetto di ostraci-smo «Che se il socialismo, come tutti gli errori, ammet-te pure qualche parte di vero (il che del resto non fu mainegato dai Sommi Pontefici), esso tuttavia si fonda inuna dottrina della società umana, tutta sua propria e di-scordante dal vero cristianesimo. Socialismo religioso esocialismo cristiano sono dunque termini contraddittori:nessuno può essere buon cattolico ad un tempo e verosocialista».

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E perchè il verdetto di ostracismo potesse apparirepiù cogente, la Enciclica lo accompagnava con una for-male minaccia. «È nostro dovere pastorale, diceva PioXI, mettere in guardia dal danno gravissimo imminentee ricordare che del socialismo è padre bensì il liberali-smo, ma l'erede è e sarà il bolscevismo».

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E perchè il verdetto di ostracismo potesse apparirepiù cogente, la Enciclica lo accompagnava con una for-male minaccia. «È nostro dovere pastorale, diceva PioXI, mettere in guardia dal danno gravissimo imminentee ricordare che del socialismo è padre bensì il liberali-smo, ma l'erede è e sarà il bolscevismo».

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CONTRO IL «COMUNISMO ATEO»

Quanto la minaccia bolscevica fosse assillante negliambienti supremi del magistero cattolico romano, lo sipotè vedere del resto a pochi anni di distanza, quando il19 marzo del 1937, giorno festivo di San Giuseppe, pa-trono della Chiesa universale, il medesimo Pio XI divul-gava una solenne ampia Enciclica, dalle parole iniziali«Divini Redemptoris Promissio», tutta diretta contro il«comunismo ateo».

È senza dubbio l'Enciclica più organica, più impegna-tiva, dottrinalmente più forte, che Pio XI abbia diretta almondo cattolico durante tutto il percorso dei suoi dicias-sette anni di pontificato. Dal punto di vista della chia-rezza e della saldezza dottrinale la si può senza esitazio-ne paragonare l'Enciclica Pascendi Dominici Gregis diPio X. Qui come là il medesimo sforzo di appoggiare lacondanna teorica e pratica dell'errore preso di mira conargomentazioni stringenti e con riferimenti ai presuppo-sti lontani. Nell'Enciclica Pascendi si era fatto di tuttoper ridurre a linearità le enunciazioni di un movimentocomplesso come quello che i polemisti ortodossi aveva-

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CONTRO IL «COMUNISMO ATEO»

Quanto la minaccia bolscevica fosse assillante negliambienti supremi del magistero cattolico romano, lo sipotè vedere del resto a pochi anni di distanza, quando il19 marzo del 1937, giorno festivo di San Giuseppe, pa-trono della Chiesa universale, il medesimo Pio XI divul-gava una solenne ampia Enciclica, dalle parole iniziali«Divini Redemptoris Promissio», tutta diretta contro il«comunismo ateo».

È senza dubbio l'Enciclica più organica, più impegna-tiva, dottrinalmente più forte, che Pio XI abbia diretta almondo cattolico durante tutto il percorso dei suoi dicias-sette anni di pontificato. Dal punto di vista della chia-rezza e della saldezza dottrinale la si può senza esitazio-ne paragonare l'Enciclica Pascendi Dominici Gregis diPio X. Qui come là il medesimo sforzo di appoggiare lacondanna teorica e pratica dell'errore preso di mira conargomentazioni stringenti e con riferimenti ai presuppo-sti lontani. Nell'Enciclica Pascendi si era fatto di tuttoper ridurre a linearità le enunciazioni di un movimentocomplesso come quello che i polemisti ortodossi aveva-

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no intenzionalmente designato col qualificativo globaledi «modernismo». Nella «Divini Redemptoris promis-sio», dopo avere sommariamente rievocate le precedenticondanne papali anticomunistiche, si riportava, conmossa polemicamente felice, il movimento complessodel comunismo al materialismo marxista.

«La dottrina, affermava in sugli inizi l'Enciclica, cheil comunismo nasconde sotto apparenze talvolta così se-ducenti, in sostanza oggi si fonda sui principî già predi-cati da Marx, del materialismo dialettico e materialismostorico, di cui i teorici del bolscevismo pretendono pos-sedere l'unica genuina interpretazione. Questa dottrinainsegna non esserci che una sola realtà, la materia, conle sue forze cieche, la quale, evolvendosi, diventa pian-ta, animale, uomo. Anche la società umana non è altroche un'apparenza e una forma della materia che si evol-ve nel detto modo, e per ineluttabile necessità tende, inun perpetuo conflitto delle forze, verso la sintesi finale:una società senta classi. In tale dottrina, com'è evidente,non vi è posto per l'idea di Dio, non esiste differenza fraspirito e materia, nè tra anima e corpo; non si dà soprav-vivenza dell'anima dopo morte, e quindi nessuna speran-za in un'altra vita. Insistendo sull'aspetto dialettico delloro materialismo i comunisti pretendono che il conflit-to, che porta il mondo verso la sintesi finale, può essereaccelerato dagli uomini. Quindi si sforzano di renderepiù acuti gli antagonismi che sorgono fra le diverse clas-si della società, e la lotta di classe, con i suoi odî e le suedistruzioni, prende l’aspetto di una crociata per il pro-

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no intenzionalmente designato col qualificativo globaledi «modernismo». Nella «Divini Redemptoris promis-sio», dopo avere sommariamente rievocate le precedenticondanne papali anticomunistiche, si riportava, conmossa polemicamente felice, il movimento complessodel comunismo al materialismo marxista.

«La dottrina, affermava in sugli inizi l'Enciclica, cheil comunismo nasconde sotto apparenze talvolta così se-ducenti, in sostanza oggi si fonda sui principî già predi-cati da Marx, del materialismo dialettico e materialismostorico, di cui i teorici del bolscevismo pretendono pos-sedere l'unica genuina interpretazione. Questa dottrinainsegna non esserci che una sola realtà, la materia, conle sue forze cieche, la quale, evolvendosi, diventa pian-ta, animale, uomo. Anche la società umana non è altroche un'apparenza e una forma della materia che si evol-ve nel detto modo, e per ineluttabile necessità tende, inun perpetuo conflitto delle forze, verso la sintesi finale:una società senta classi. In tale dottrina, com'è evidente,non vi è posto per l'idea di Dio, non esiste differenza fraspirito e materia, nè tra anima e corpo; non si dà soprav-vivenza dell'anima dopo morte, e quindi nessuna speran-za in un'altra vita. Insistendo sull'aspetto dialettico delloro materialismo i comunisti pretendono che il conflit-to, che porta il mondo verso la sintesi finale, può essereaccelerato dagli uomini. Quindi si sforzano di renderepiù acuti gli antagonismi che sorgono fra le diverse clas-si della società, e la lotta di classe, con i suoi odî e le suedistruzioni, prende l’aspetto di una crociata per il pro-

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gresso dell'umanità. Invece, tutte le forze, quali che essesiano, che resistono a quelle violenze sistematiche, deb-bono essere annientate come nemiche del genere uma-no».

«Inoltre il comunismo spoglia l'uomo della sua liber-tà, principio spirituale della sua condotta morale, toglieogni dignità alla persona umana e ogni ritegno moralecontro l'assalto degli stimoli ciechi. All'uomo individuonon è riconosciuto, di fronte alla collettività, alcun dirit-to naturale della personalità umana, essendo essa, nelcomunismo, semplice ruota e ingranaggio del sistema;nelle relazioni poi degli uomini fra loro è sostenuto ilprincipio dell'assoluta uguaglianza, rinnegando ogni ge-rarchia ed ogni autorità che sia stabilita da Dio, compre-sa quella dei genitori; ma tutto ciò che tra gli uominiesiste della così detta autorità e subordinazione, tuttoderiva dalla collettività, come da primo ed unico fonte.Nè viene accordato agli individui diritto alcuno di pro-prietà sui beni di natura e sui mezzi di produzione, poi-chè, essendo essi sorgente di altri beni, il loro possessocondurrebbe al potere di un uomo sull'altro. Per questoappunto dovrà essere distrutta radicalmente questa sortadi proprietà privata, come la prima sorgente di ognischiavitù economica».

«Rifiutando alla vita umana ogni carattere sacro e spi-rituale, una tale dottrina naturalmente fa del matrimonioe della famiglia una istituzione puramente artificiale ecivile, ossia il frutto di un determinato sistema economi-co; viene rinnegata l'esistenza di un vincolo matrimonia-

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gresso dell'umanità. Invece, tutte le forze, quali che essesiano, che resistono a quelle violenze sistematiche, deb-bono essere annientate come nemiche del genere uma-no».

«Inoltre il comunismo spoglia l'uomo della sua liber-tà, principio spirituale della sua condotta morale, toglieogni dignità alla persona umana e ogni ritegno moralecontro l'assalto degli stimoli ciechi. All'uomo individuonon è riconosciuto, di fronte alla collettività, alcun dirit-to naturale della personalità umana, essendo essa, nelcomunismo, semplice ruota e ingranaggio del sistema;nelle relazioni poi degli uomini fra loro è sostenuto ilprincipio dell'assoluta uguaglianza, rinnegando ogni ge-rarchia ed ogni autorità che sia stabilita da Dio, compre-sa quella dei genitori; ma tutto ciò che tra gli uominiesiste della così detta autorità e subordinazione, tuttoderiva dalla collettività, come da primo ed unico fonte.Nè viene accordato agli individui diritto alcuno di pro-prietà sui beni di natura e sui mezzi di produzione, poi-chè, essendo essi sorgente di altri beni, il loro possessocondurrebbe al potere di un uomo sull'altro. Per questoappunto dovrà essere distrutta radicalmente questa sortadi proprietà privata, come la prima sorgente di ognischiavitù economica».

«Rifiutando alla vita umana ogni carattere sacro e spi-rituale, una tale dottrina naturalmente fa del matrimonioe della famiglia una istituzione puramente artificiale ecivile, ossia il frutto di un determinato sistema economi-co; viene rinnegata l'esistenza di un vincolo matrimonia-

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le di natura giuridico-morale, che sia sottratto al bene-placito dei singoli o della collettività, e, conseguente-mente, l'indissolubilità di esso. In particolare, per il co-munismo non esiste alcun legame della donna con la fa-miglia e con la casa. Esso, proclamando il principiodell'emancipazione della donna, la ritira dalla vita do-mestica e dalla cura dei figli, per trascinarla nella vitapubblica e nella produzione collettiva nella stessa misu-ra che l'uomo, devolvendo alla collettività la cura del fo-colare e della prole. È negato infine ai genitori il dirittodi educazione, essendo questo concepito come un dirittoesclusivo della comunità, nel cui nome soltanto e persuo mandato i genitori possono esercitarlo».

«Che cosa sarebbe dunque la società umana, basatasu tali fondamenti materialistici? Sarebbe una collettivi-tà senz'altra gerarchia che quella del sistema economico.Essa avrebbe come unica missione la produzione deibeni per mezzo del lavoro collettivo e per fine il godi-mento dei beni della terra in un paradiso in cui ciascunodarebbe secondo le sue forze e riceverebbe secondo isuoi bisogni. Alla comunità il comunismo riconosce ildiritto, o piuttosto, l'arbitrio illimitato, di aggiogare gliindividui al lavoro collettivo, senza riguardo al loro be-nessere personale, anche contro la loro volontà e persinocon la violenza. In essa tanto la morale quanto l'ordinegiuridico non sarebbero se non un'emanazione del siste-ma economico del tempo, di origine quindi terrestre,mutevole e caduca. In breve, si pretende di introdurre

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le di natura giuridico-morale, che sia sottratto al bene-placito dei singoli o della collettività, e, conseguente-mente, l'indissolubilità di esso. In particolare, per il co-munismo non esiste alcun legame della donna con la fa-miglia e con la casa. Esso, proclamando il principiodell'emancipazione della donna, la ritira dalla vita do-mestica e dalla cura dei figli, per trascinarla nella vitapubblica e nella produzione collettiva nella stessa misu-ra che l'uomo, devolvendo alla collettività la cura del fo-colare e della prole. È negato infine ai genitori il dirittodi educazione, essendo questo concepito come un dirittoesclusivo della comunità, nel cui nome soltanto e persuo mandato i genitori possono esercitarlo».

«Che cosa sarebbe dunque la società umana, basatasu tali fondamenti materialistici? Sarebbe una collettivi-tà senz'altra gerarchia che quella del sistema economico.Essa avrebbe come unica missione la produzione deibeni per mezzo del lavoro collettivo e per fine il godi-mento dei beni della terra in un paradiso in cui ciascunodarebbe secondo le sue forze e riceverebbe secondo isuoi bisogni. Alla comunità il comunismo riconosce ildiritto, o piuttosto, l'arbitrio illimitato, di aggiogare gliindividui al lavoro collettivo, senza riguardo al loro be-nessere personale, anche contro la loro volontà e persinocon la violenza. In essa tanto la morale quanto l'ordinegiuridico non sarebbero se non un'emanazione del siste-ma economico del tempo, di origine quindi terrestre,mutevole e caduca. In breve, si pretende di introdurre

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una nuova epoca e una nuova civiltà, frutto soltanto diuna cieca evoluzione: un'umanità senza Dio».

Naturalmente, come è di prammatica, l'Enciclica pa-pale investiva il comunismo in quelle che sono le sueformulazioni astratte e genericamente programmatiche.In realtà, il comunismo russo, contro cui palesemente sidirigeva la condanna papale, era già venuto nel 1937 aquegli accomodamenti pratici e a quelle attenuazioniconcrete cui non può sottrarsi nessun movimento che siesponga al cimento quotidiano della sua pratica realiz-zazione tra gli uomini. A pochissimo tempo di distanzadalla Enciclica «Divini Redemptoris Promissio» il co-munismo avrebbe dato prova sui campi di battaglia diuna tale consistenza interna, di una tale tenacianell'assolvimento dell'immane compito militare, nellafedeltà ad un ideale etnico e politico, da far rifletteremolto seriamente sulla misura in cui la pregiudizialecondanna pontificia fosse in grado di investire positiva-mente un movimento, rivelatosi già così saldamente im-piantato nella realtà di una comunità federale pletorica-mente ricca di forze demografiche come di capacità tec-niche ed industriali.

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una nuova epoca e una nuova civiltà, frutto soltanto diuna cieca evoluzione: un'umanità senza Dio».

Naturalmente, come è di prammatica, l'Enciclica pa-pale investiva il comunismo in quelle che sono le sueformulazioni astratte e genericamente programmatiche.In realtà, il comunismo russo, contro cui palesemente sidirigeva la condanna papale, era già venuto nel 1937 aquegli accomodamenti pratici e a quelle attenuazioniconcrete cui non può sottrarsi nessun movimento che siesponga al cimento quotidiano della sua pratica realiz-zazione tra gli uomini. A pochissimo tempo di distanzadalla Enciclica «Divini Redemptoris Promissio» il co-munismo avrebbe dato prova sui campi di battaglia diuna tale consistenza interna, di una tale tenacianell'assolvimento dell'immane compito militare, nellafedeltà ad un ideale etnico e politico, da far rifletteremolto seriamente sulla misura in cui la pregiudizialecondanna pontificia fosse in grado di investire positiva-mente un movimento, rivelatosi già così saldamente im-piantato nella realtà di una comunità federale pletorica-mente ricca di forze demografiche come di capacità tec-niche ed industriali.

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FRA LIBERALISMO E COMUNISMO

Nel suo proposito di illustrare non solamente nellesue applicazioni rovinose, bensì anche nei suoi presup-posti remoti l'aberrante anticristianesimo del comuni-smo, l'Enciclica riportava la genesi del comunismoall'allontanamento dalla religione effettuato già dal libe-ralismo. «Per spiegare, diceva l'Enciclica, come il co-munismo sia riuscito a farsi accettare da tante masse dioperai, conviene ricordarsi che questi vi erano già pre-parati dall'abbandono religioso e morale nel quale eranostati lasciati dall'economia liberale. Con i turni di lavoroanche domenicale non si dava loro tempo neppur di sod-disfare ai più gravi doveri religiosi dei giorni festivi;non si pensava a costruire chiese presso le officine nè afacilitare l'opera del sacerdote; anzi si continuava a pro-muovere positivamente il laicismo. Si raccoglie dunqueora l'eredità di errori dai Nostri predecessori e da Noistessi tante volte denunziati, e non è da meravigliarsiche in un mondo già largamente scristianizzato dilaghil'errore comunista».

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FRA LIBERALISMO E COMUNISMO

Nel suo proposito di illustrare non solamente nellesue applicazioni rovinose, bensì anche nei suoi presup-posti remoti l'aberrante anticristianesimo del comuni-smo, l'Enciclica riportava la genesi del comunismoall'allontanamento dalla religione effettuato già dal libe-ralismo. «Per spiegare, diceva l'Enciclica, come il co-munismo sia riuscito a farsi accettare da tante masse dioperai, conviene ricordarsi che questi vi erano già pre-parati dall'abbandono religioso e morale nel quale eranostati lasciati dall'economia liberale. Con i turni di lavoroanche domenicale non si dava loro tempo neppur di sod-disfare ai più gravi doveri religiosi dei giorni festivi;non si pensava a costruire chiese presso le officine nè afacilitare l'opera del sacerdote; anzi si continuava a pro-muovere positivamente il laicismo. Si raccoglie dunqueora l'eredità di errori dai Nostri predecessori e da Noistessi tante volte denunziati, e non è da meravigliarsiche in un mondo già largamente scristianizzato dilaghil'errore comunista».

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Dal ripudio teorico dei principî comunistici l'Encicli-ca passava alla registrazione di quelli che chiamava gliorrori della propaganda e del governo comunistici inRussia e nel Messico. Dopo di che l'Enciclica si indu-giava nella contrapposizione dei principî sociali cristiania quelle che chiamava le aberrazioni e le insidie del van-gelo comunista. All'accusa poi che il cristianesimo orga-nizzato e in particolare la Chiesa Cattolica proclamasse-ro sani ideali, ma fossero in stato di vera e constatata ca-renza di fronte ad essi, la Enciclica replicava adducendolo spettacolo offerto dalla storia della grande conquistacristiana nel mondo: «Fedele ai suoi principî, la Chiesaha rigenerato la società umana; sotto il suo influsso sor-sero mirabili opere di carità, potenti corporazioni di arti-giani e lavoratori di ogni categoria, derise bensì dal libe-ralismo del secolo scorso come cose da Medio Evo, maora rivendicate all'ammirazione dei nostri contempora-nei che cercano in molti paesi di farne in qualche modorivivere il concetto. E quando altre correnti intralciava-no l'opera e ostacolavano l'influsso salutare della Chie-sa, questa fino ai giorni nostri, non desisteva dall'ammo-nire gli erranti. Basti ricordare con quanta fermezza,energia e costanza il Nostro Predecessore, Leone XIIIrivendicasse all'operaio il diritto di associazione, che illiberalismo dominante negli Stati più potenti si accanivaa negargli. E questo influsso della dottrina della Chiesaanche al presente è più grande che non sembri, perciògrande e certo, benchè invisibile e non facilmente men-surabile, è il predominio delle, idee sui fatti».

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Dal ripudio teorico dei principî comunistici l'Encicli-ca passava alla registrazione di quelli che chiamava gliorrori della propaganda e del governo comunistici inRussia e nel Messico. Dopo di che l'Enciclica si indu-giava nella contrapposizione dei principî sociali cristiania quelle che chiamava le aberrazioni e le insidie del van-gelo comunista. All'accusa poi che il cristianesimo orga-nizzato e in particolare la Chiesa Cattolica proclamasse-ro sani ideali, ma fossero in stato di vera e constatata ca-renza di fronte ad essi, la Enciclica replicava adducendolo spettacolo offerto dalla storia della grande conquistacristiana nel mondo: «Fedele ai suoi principî, la Chiesaha rigenerato la società umana; sotto il suo influsso sor-sero mirabili opere di carità, potenti corporazioni di arti-giani e lavoratori di ogni categoria, derise bensì dal libe-ralismo del secolo scorso come cose da Medio Evo, maora rivendicate all'ammirazione dei nostri contempora-nei che cercano in molti paesi di farne in qualche modorivivere il concetto. E quando altre correnti intralciava-no l'opera e ostacolavano l'influsso salutare della Chie-sa, questa fino ai giorni nostri, non desisteva dall'ammo-nire gli erranti. Basti ricordare con quanta fermezza,energia e costanza il Nostro Predecessore, Leone XIIIrivendicasse all'operaio il diritto di associazione, che illiberalismo dominante negli Stati più potenti si accanivaa negargli. E questo influsso della dottrina della Chiesaanche al presente è più grande che non sembri, perciògrande e certo, benchè invisibile e non facilmente men-surabile, è il predominio delle, idee sui fatti».

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«Si può ben dire con tutta verità che la Chiesa, a so-miglianza di Cristo, passa attraverso i secoli facendo delbene a tutti. Non vi sarebbe nè socialismo nè comuni-smo se coloro che governano i popoli non avessero di-sprezzato gli insegnamenti e i materni avvertimenti del-la Chiesa: essi invece hanno voluto sulle basi del libera-lismo e del laicismo fabbricare altri edifizi sociali, chesulle prime parevano potenti e grandiosi, ma ben prestosi videro mancare di solidi fondamenti, e vanno misera-mente crollando l'uno dopo l'altro, come deve crollaretutto ciò che non poggia sull'unica pietra angolare che èGesù Cristo».

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«Si può ben dire con tutta verità che la Chiesa, a so-miglianza di Cristo, passa attraverso i secoli facendo delbene a tutti. Non vi sarebbe nè socialismo nè comuni-smo se coloro che governano i popoli non avessero di-sprezzato gli insegnamenti e i materni avvertimenti del-la Chiesa: essi invece hanno voluto sulle basi del libera-lismo e del laicismo fabbricare altri edifizi sociali, chesulle prime parevano potenti e grandiosi, ma ben prestosi videro mancare di solidi fondamenti, e vanno misera-mente crollando l'uno dopo l'altro, come deve crollaretutto ciò che non poggia sull'unica pietra angolare che èGesù Cristo».

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IL COMUNISMO CATTOLICO

A due anni di distanza dalla divulgazione dell'Encicli-ca contro il «Comunismo, ateo», Hitler scatenava nelmondo la seconda guerra universale. Essa non è ancoraconclusa ed è difficile antivedere quali ne saranno leprossime e le remote ripercussioni. Una cosa è certa find'ora. La Repubblica dei Sovieti ha superato in una ma-niera imprevedibilmente portentosa la sua prova delfuoco e domani essa farà sentire indubbiamente la suavoce.

Ma noi in Italia per ciò che riguarda le formulazioniteoriche del comunismo abbiamo già avuto una singola-re sorpresa che sembra porsi come un'istanza contro ledefinizioni dell'Enciclica pontificia. Abbiamo cioè assi-stito alla comparsa di un comunismo che non solo non èateo, ma si professa energicamente e volutamente catto-lico. Già nel periodo dell'occupazione nazista questopartito comunista cattolico ha avuto i suoi testimoni. Ungiorno la cronaca clandestina di Roma apprese che era-no stati tratti in arresto parecchi giovani che si dicevanocomunisti cattolici e che si radunavano regolarmente nel

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IL COMUNISMO CATTOLICO

A due anni di distanza dalla divulgazione dell'Encicli-ca contro il «Comunismo, ateo», Hitler scatenava nelmondo la seconda guerra universale. Essa non è ancoraconclusa ed è difficile antivedere quali ne saranno leprossime e le remote ripercussioni. Una cosa è certa find'ora. La Repubblica dei Sovieti ha superato in una ma-niera imprevedibilmente portentosa la sua prova delfuoco e domani essa farà sentire indubbiamente la suavoce.

Ma noi in Italia per ciò che riguarda le formulazioniteoriche del comunismo abbiamo già avuto una singola-re sorpresa che sembra porsi come un'istanza contro ledefinizioni dell'Enciclica pontificia. Abbiamo cioè assi-stito alla comparsa di un comunismo che non solo non èateo, ma si professa energicamente e volutamente catto-lico. Già nel periodo dell'occupazione nazista questopartito comunista cattolico ha avuto i suoi testimoni. Ungiorno la cronaca clandestina di Roma apprese che era-no stati tratti in arresto parecchi giovani che si dicevanocomunisti cattolici e che si radunavano regolarmente nel

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vecchio oratorio del Caravita, nei pressi di sant'Ignazio,sotto la guida spirituale dei Padri gesuiti. Quando ai pri-mi di giugno del 1944 gli Alleati entravano a Roma, ilpartito comunista cattolico fece anch'esso la sua pubbli-ca apparizione. Sedi di reclutamento si aprivano nei variquartieri della città e il movimento del partito comunistacattolico ebbe anche il suo settimanale. I cattolici orto-dossi mostrarono di non gradire troppo questa che si po-trebbe chiamare anche «concorrenza politico-religiosa».E «Il Quotidiano» organo dell'Azione cattolica italiana,intervenne apertamente per ripetere una ad una dinanzial pubblico dei cattolici comunisti le molteplici e reite-rate condanne papali che avevano posto al bando qual-siasi innaturale e aberrante avvicinamento tra la profes-sione comunistica e la professione cristiana e cattolica. Icattolici comunisti risposero dal canto loro mostrandosiben poco impressionati dalla aggressione degli scrittoridella Azione cattolica italiana. Essi ebbero in qualchemodo buon giuoco nel rilevare che le condanne pontifi-cie avevano voluto colpire con esplicita dichiarazione ilcomunismo ateo. Dal momento, che essi non solamenteripudiavano l'ateismo del comunismo leninista, ma si di-cevano senza meno cristiani e cattolici, non c'era nessu-na ragione di continuare a ritenere che le condanne pa-pali li riguardassero.

D'altro canto bisogna riconoscere che il comporta-mento della propaganda comunistica in Italia autorizza-va una revisione delle precedenti posizioni e una nuovavalutazione dei pronunciamenti pontifici.

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vecchio oratorio del Caravita, nei pressi di sant'Ignazio,sotto la guida spirituale dei Padri gesuiti. Quando ai pri-mi di giugno del 1944 gli Alleati entravano a Roma, ilpartito comunista cattolico fece anch'esso la sua pubbli-ca apparizione. Sedi di reclutamento si aprivano nei variquartieri della città e il movimento del partito comunistacattolico ebbe anche il suo settimanale. I cattolici orto-dossi mostrarono di non gradire troppo questa che si po-trebbe chiamare anche «concorrenza politico-religiosa».E «Il Quotidiano» organo dell'Azione cattolica italiana,intervenne apertamente per ripetere una ad una dinanzial pubblico dei cattolici comunisti le molteplici e reite-rate condanne papali che avevano posto al bando qual-siasi innaturale e aberrante avvicinamento tra la profes-sione comunistica e la professione cristiana e cattolica. Icattolici comunisti risposero dal canto loro mostrandosiben poco impressionati dalla aggressione degli scrittoridella Azione cattolica italiana. Essi ebbero in qualchemodo buon giuoco nel rilevare che le condanne pontifi-cie avevano voluto colpire con esplicita dichiarazione ilcomunismo ateo. Dal momento, che essi non solamenteripudiavano l'ateismo del comunismo leninista, ma si di-cevano senza meno cristiani e cattolici, non c'era nessu-na ragione di continuare a ritenere che le condanne pa-pali li riguardassero.

D'altro canto bisogna riconoscere che il comporta-mento della propaganda comunistica in Italia autorizza-va una revisione delle precedenti posizioni e una nuovavalutazione dei pronunciamenti pontifici.

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Il Capo del partito comunista italiano, Palmiro To-gliatti, dal giorno che presentatosi a Napoli col suo veronome e nella sua vera qualità aveva iniziato la campa-gna della sua nuova propaganda e della nuova organiz-zazione del Partito in Italia, aveva senza ambagi, con vi-sibile e compiaciuta ostentazione, dichiarato che il co-munismo si proponeva in Italia di rispettare con ogni ri-guardo e con ogni deferenza la religione cattolica, qualereligione della maggioranza degli italiani. Come da unaparte il Governo di Mosca aveva riconosciuto il Gover-no Badoglio aprendo senz'altro le relazioni diplomatichecon esso, così dall'altra i dirigenti del movimento comu-nista fra noi, che recavano l'ufficiale investitura bolsce-vica, non si stancavano di ripetere ad ogni occasione chementre essi, pur accettando la coalizione con i partiti an-tifascisti, nutrivano ben scarsa fiducia sulle possibilitàcostruttrici e riedificatrici dei vecchi partiti liberali e de-mocratici, sopravvivenze sparute di correnti e di gruppinettamente superati dagli eventi uraganici degli ultimianni, tendevano le mani con fiducia e con simpatia aipartiti di massa quale il democratico-cristiano, che sipresentavano senza preconcetti, almeno essi così pensa-vano, e senza pregiudiziali conservatrici nel nuovo ar-ringo politico.

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Il Capo del partito comunista italiano, Palmiro To-gliatti, dal giorno che presentatosi a Napoli col suo veronome e nella sua vera qualità aveva iniziato la campa-gna della sua nuova propaganda e della nuova organiz-zazione del Partito in Italia, aveva senza ambagi, con vi-sibile e compiaciuta ostentazione, dichiarato che il co-munismo si proponeva in Italia di rispettare con ogni ri-guardo e con ogni deferenza la religione cattolica, qualereligione della maggioranza degli italiani. Come da unaparte il Governo di Mosca aveva riconosciuto il Gover-no Badoglio aprendo senz'altro le relazioni diplomatichecon esso, così dall'altra i dirigenti del movimento comu-nista fra noi, che recavano l'ufficiale investitura bolsce-vica, non si stancavano di ripetere ad ogni occasione chementre essi, pur accettando la coalizione con i partiti an-tifascisti, nutrivano ben scarsa fiducia sulle possibilitàcostruttrici e riedificatrici dei vecchi partiti liberali e de-mocratici, sopravvivenze sparute di correnti e di gruppinettamente superati dagli eventi uraganici degli ultimianni, tendevano le mani con fiducia e con simpatia aipartiti di massa quale il democratico-cristiano, che sipresentavano senza preconcetti, almeno essi così pensa-vano, e senza pregiudiziali conservatrici nel nuovo ar-ringo politico.

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Questa oggi la situazione dei rapporti in Italia fra cat-tolicesimo e comunismo. Le condanne papali che sisono con una uniformità inderogabile rinnovate da unsecolo contro il comunismo basato sui principi econo-mici del marxismo non hanno perduto, ufficialmente,nulla del loro teoretico valore. D'altro canto la praticasembra voler contrapporre a quelle condanne teoricheuna smentita sempre più concreta e precisa.

Quali trasformazioni profonde non si vengono lenta-mente operando nella materia tuttora fluida dei grandimovimenti sociali, sollecitati dal rinnovamento ab imisoperato dalla grande guerra!

Noi abbiamo visto socialisti astrattamente e letteral-mente fedelissimi al verbo marxista, segnalare, come unevento pieno di significato e di avvenire, l'affiancarsidella bandiera rossa al tricolore, e proclamare la neces-sità di una guerra liberatrice anti tedesca. Ma a normadelle teorie di Carlo Marx gli ideali patriottici non sonopiatti ideali borghesi e la guerra non è un fenomeno dicalcolata degenerazione capitalistica, a cui le masse pro-letarie avrebbero dovuto contrapporre sempre e dovun-que la più fiera resistenza?

La verità è che ci sono trasformazioni spirituali che sieffettuano sotto vecchie formule e al riparo di schemimolto duri e molto tenaci nella loro volontà di sopravvi-venza. Perchè il vino nuovo rompa i cerchioni degli otrivecchie, è necessario sempre un certo lasso di tempo.

Oggi la situazione dei partiti estremi, non soltanto inItalia, è questa. Essi promettono alle grandi masse uma-

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Questa oggi la situazione dei rapporti in Italia fra cat-tolicesimo e comunismo. Le condanne papali che sisono con una uniformità inderogabile rinnovate da unsecolo contro il comunismo basato sui principi econo-mici del marxismo non hanno perduto, ufficialmente,nulla del loro teoretico valore. D'altro canto la praticasembra voler contrapporre a quelle condanne teoricheuna smentita sempre più concreta e precisa.

Quali trasformazioni profonde non si vengono lenta-mente operando nella materia tuttora fluida dei grandimovimenti sociali, sollecitati dal rinnovamento ab imisoperato dalla grande guerra!

Noi abbiamo visto socialisti astrattamente e letteral-mente fedelissimi al verbo marxista, segnalare, come unevento pieno di significato e di avvenire, l'affiancarsidella bandiera rossa al tricolore, e proclamare la neces-sità di una guerra liberatrice anti tedesca. Ma a normadelle teorie di Carlo Marx gli ideali patriottici non sonopiatti ideali borghesi e la guerra non è un fenomeno dicalcolata degenerazione capitalistica, a cui le masse pro-letarie avrebbero dovuto contrapporre sempre e dovun-que la più fiera resistenza?

La verità è che ci sono trasformazioni spirituali che sieffettuano sotto vecchie formule e al riparo di schemimolto duri e molto tenaci nella loro volontà di sopravvi-venza. Perchè il vino nuovo rompa i cerchioni degli otrivecchie, è necessario sempre un certo lasso di tempo.

Oggi la situazione dei partiti estremi, non soltanto inItalia, è questa. Essi promettono alle grandi masse uma-

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ne una sistemazione dei rapporti economici e sociali,domani, basata tutta sulla scala dei valori e sulla gerar-chia degli ideali care al mondo borghese. E non si accor-gono che c'è qui una contraddizione stridente e c'è undivario incolmabile. Preparando l'umanità nuova, questipartiti di sinistra aprono la porta, per quella legge di ete-rogenesi dei fini che è il paradosso della storia, ad unaumanità che probabilmente adotterà una scala di valori euna gerarchia di ideali nettamente in antitesi con quelledel decadente mondo borghese.

Perchè non è detto che l'uomo viva solo del necessa-rio. A volte non soltanto vive del superfluo, ma viveproprio di quello che distrugge il necessario alla vitamaterialmente intesa. I martiri che hanno sofferto inquest'ultima tragica vicenda della vita italiana lo hannodimostrato in una maniera portentosa.

Il comunismo crede di lavorare alla costituzione di unmondo economico, che assicuri a tutti l'indispensabile alsostentamento quotidiano. Probabilmente ignora le verefinalità verso cui la Provvidenza lo dirige. Se le cono-scesse, forse si ritrarrebbe dalla sua via e dal suo sforzo.Per questo le deve ignorare.

Il cristianesimo ha bisogno di nuovi proseliti. Perchègli innumerevoli eserciti dei catalogati nelle sue anagra-fi vivono solo in superficie, o diciamo meglio solo inapparenza, le grandi realtà della spiritualità suscitata eretta dal Vangelo.

Il vecchio aforisma di Bossuet ci torna alla mente«L'umanità si agita e Dio la conduce».

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ne una sistemazione dei rapporti economici e sociali,domani, basata tutta sulla scala dei valori e sulla gerar-chia degli ideali care al mondo borghese. E non si accor-gono che c'è qui una contraddizione stridente e c'è undivario incolmabile. Preparando l'umanità nuova, questipartiti di sinistra aprono la porta, per quella legge di ete-rogenesi dei fini che è il paradosso della storia, ad unaumanità che probabilmente adotterà una scala di valori euna gerarchia di ideali nettamente in antitesi con quelledel decadente mondo borghese.

Perchè non è detto che l'uomo viva solo del necessa-rio. A volte non soltanto vive del superfluo, ma viveproprio di quello che distrugge il necessario alla vitamaterialmente intesa. I martiri che hanno sofferto inquest'ultima tragica vicenda della vita italiana lo hannodimostrato in una maniera portentosa.

Il comunismo crede di lavorare alla costituzione di unmondo economico, che assicuri a tutti l'indispensabile alsostentamento quotidiano. Probabilmente ignora le verefinalità verso cui la Provvidenza lo dirige. Se le cono-scesse, forse si ritrarrebbe dalla sua via e dal suo sforzo.Per questo le deve ignorare.

Il cristianesimo ha bisogno di nuovi proseliti. Perchègli innumerevoli eserciti dei catalogati nelle sue anagra-fi vivono solo in superficie, o diciamo meglio solo inapparenza, le grandi realtà della spiritualità suscitata eretta dal Vangelo.

Il vecchio aforisma di Bossuet ci torna alla mente«L'umanità si agita e Dio la conduce».

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Chissà che dalla propaganda dei senza-Dio non escadomani un manipolo di idealisti che mostri agli uominicome la giustizia e la pace si introducono nel mondo,non attraverso propagande che pongono le loro basisull'interesse gretto e precario del vivere quotidiano, masolo attraverso predicazioni spirituali, che instillanonell'uomo il senso di quelle idealità superiori per le qua-li soltanto vale la pena di vivere e di morire.

Quel giorno si potrà valutare la tempestiva funzionedei comunisti cattolici.

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Chissà che dalla propaganda dei senza-Dio non escadomani un manipolo di idealisti che mostri agli uominicome la giustizia e la pace si introducono nel mondo,non attraverso propagande che pongono le loro basisull'interesse gretto e precario del vivere quotidiano, masolo attraverso predicazioni spirituali, che instillanonell'uomo il senso di quelle idealità superiori per le qua-li soltanto vale la pena di vivere e di morire.

Quel giorno si potrà valutare la tempestiva funzionedei comunisti cattolici.

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ROMA CONTRO I COMUNISTI

CATTOLICI

Ma anche contro questi comunisti cattolici è scesa direcente una sentenza ecclesiastica che, per quanto noncontenuta solennemente in una enciclica o in un docu-mento comunque sanzionato da una esplicita ufficialità,ma consegnato in una laconica nota dell'«OsservatoreRomano», ha avuto immediatamente i suoi effetti. I cat-tolici comunisti hanno preso la nuova etichetta di «sini-stra cristiana» e hanno imperterriti continuato a batterela loro strada. In parecchie occasioni pubbliche hannoespresso pubblicamente la loro adesione a posizioni pro-grammatiche del comunismo italiano organizzato e han-no partecipato anche a pronunciamenti diciamo così dipiazza che coinvolgevano posizioni fondamentali dellacampagna antifascistica. Si potrebbe dire che il processodella epurazione sia diventato il comune denominatoredi tutte le manifestazioni delle nostre correnti di sinistraavanzata.

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ROMA CONTRO I COMUNISTI

CATTOLICI

Ma anche contro questi comunisti cattolici è scesa direcente una sentenza ecclesiastica che, per quanto noncontenuta solennemente in una enciclica o in un docu-mento comunque sanzionato da una esplicita ufficialità,ma consegnato in una laconica nota dell'«OsservatoreRomano», ha avuto immediatamente i suoi effetti. I cat-tolici comunisti hanno preso la nuova etichetta di «sini-stra cristiana» e hanno imperterriti continuato a batterela loro strada. In parecchie occasioni pubbliche hannoespresso pubblicamente la loro adesione a posizioni pro-grammatiche del comunismo italiano organizzato e han-no partecipato anche a pronunciamenti diciamo così dipiazza che coinvolgevano posizioni fondamentali dellacampagna antifascistica. Si potrebbe dire che il processodella epurazione sia diventato il comune denominatoredi tutte le manifestazioni delle nostre correnti di sinistraavanzata.

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Frattanto, però, in seguito ai più recenti avvenimentibellici e diplomatici il problema dell'atteggiamento pos-sibile della Chiesa cattolica romana di fronte al comuni-smo è sceso dalla sfera dei puri astratti principî teorici,per toccare e coinvolgere l'espressioni più concrete dellavita politica internazionale europea.

Le strepitose vittorie ad oriente hanno portato ormaiin maniera sovranamente preminente la Russia nel giuo-co delle forze politiche europee. Con le decisioni prese aJalta relativamente alla Polonia e ai suoi nuovi confini,il cattolicesimo romano si è venuto a trovare in una si-tuazione nuova e piena di delicatissime e compromet-tenti responsabilità. La linea Curzon, su cui si è conve-nuto genericamente a Jalta, lascia Leopoli alla Russia.Come il Ministro Eden ha dichiarato formalmente allaCamera dei Comuni il problema di Leopoli è un proble-ma etnico-religioso e in pari tempo economico, primache un problema politico-territoriale. Lo si dovrebbe di-menticare meno che mai oggi. La storia di Leopoli è unpo' in sintesi la storia dei movimentatissimi rapporti fraEuropa orientale ed Asia occidentale nei secoli di mezzoe agli albori della modernità. Fondata a mezzo il secoloXIII da Leone Principe di Halicz vuol essere fortezzacontro i Mongoli Tatari. La sua posizione ne aveva fattogià nel secolo XV un centro di rilevante importanza nel-lo sviluppo del commercio carovaniero tra l'Occidente egli stabilimenti commerciali genovesi in Crimea e piùgenericamente con gli empori commerciali del vicinooriente. La sua importanza assurse speditamente a tale

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Frattanto, però, in seguito ai più recenti avvenimentibellici e diplomatici il problema dell'atteggiamento pos-sibile della Chiesa cattolica romana di fronte al comuni-smo è sceso dalla sfera dei puri astratti principî teorici,per toccare e coinvolgere l'espressioni più concrete dellavita politica internazionale europea.

Le strepitose vittorie ad oriente hanno portato ormaiin maniera sovranamente preminente la Russia nel giuo-co delle forze politiche europee. Con le decisioni prese aJalta relativamente alla Polonia e ai suoi nuovi confini,il cattolicesimo romano si è venuto a trovare in una si-tuazione nuova e piena di delicatissime e compromet-tenti responsabilità. La linea Curzon, su cui si è conve-nuto genericamente a Jalta, lascia Leopoli alla Russia.Come il Ministro Eden ha dichiarato formalmente allaCamera dei Comuni il problema di Leopoli è un proble-ma etnico-religioso e in pari tempo economico, primache un problema politico-territoriale. Lo si dovrebbe di-menticare meno che mai oggi. La storia di Leopoli è unpo' in sintesi la storia dei movimentatissimi rapporti fraEuropa orientale ed Asia occidentale nei secoli di mezzoe agli albori della modernità. Fondata a mezzo il secoloXIII da Leone Principe di Halicz vuol essere fortezzacontro i Mongoli Tatari. La sua posizione ne aveva fattogià nel secolo XV un centro di rilevante importanza nel-lo sviluppo del commercio carovaniero tra l'Occidente egli stabilimenti commerciali genovesi in Crimea e piùgenericamente con gli empori commerciali del vicinooriente. La sua importanza assurse speditamente a tale

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alto livello e così dal punto di vista artistico, come dalpunto di vista industriale e militare Leopoli raccolse insè le più complesse correnti dell'Occidente e dell'Orien-te. Quella che era stata altra volta la linea confinale deirapporti fra romanità e bizantinismo lungo il corso delDanubio sembrò dovesse essere la Galizia nei rapportifra cattolicesimo polacco e ortodossia slavo-moscovita.Il più popoloso fra tutti i voivodati di Polonia, il voivo-dato di Leopoli è uno dei più complessi dal punto di vi-sta etnico. La percentuale dei polacchi è del 56%; men-tre la percentuale dei ruteni è del 36%. Il resto è rappre-sentato dalle minoranze ebraiche e tedesche. Bastaenunciare dati statistici di questo genere per comprende-re il significato della attribuzione di Leopoli ai Russi oai Polacchi.

Come si sa l'appellativo di Ruteni applicato indiscri-minatamente agli Ucraini o ai piccoli Russi già sudditidell'Austria, non è altro che una forma latinizzata diRussi. Sono soltanto le vicende storiche che hanno aper-to fratture fra l'immenso mondo russo, e queste sezionislave entrate più profondamente nel circolo della vitaeuropea ad oriente del nostro continente. Lo scenderedella Russia verso l'occidente non doveva portare auto-maticamente al tentativo moscovita di riassorbire e diassimilare queste membra sparse del vecchio ceppo et-nico? Ecco il quesito più religioso e sociale che politicoe territoriale coinvolto nelle decisioni di Jalta a proposi-to della Polonia.

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alto livello e così dal punto di vista artistico, come dalpunto di vista industriale e militare Leopoli raccolse insè le più complesse correnti dell'Occidente e dell'Orien-te. Quella che era stata altra volta la linea confinale deirapporti fra romanità e bizantinismo lungo il corso delDanubio sembrò dovesse essere la Galizia nei rapportifra cattolicesimo polacco e ortodossia slavo-moscovita.Il più popoloso fra tutti i voivodati di Polonia, il voivo-dato di Leopoli è uno dei più complessi dal punto di vi-sta etnico. La percentuale dei polacchi è del 56%; men-tre la percentuale dei ruteni è del 36%. Il resto è rappre-sentato dalle minoranze ebraiche e tedesche. Bastaenunciare dati statistici di questo genere per comprende-re il significato della attribuzione di Leopoli ai Russi oai Polacchi.

Come si sa l'appellativo di Ruteni applicato indiscri-minatamente agli Ucraini o ai piccoli Russi già sudditidell'Austria, non è altro che una forma latinizzata diRussi. Sono soltanto le vicende storiche che hanno aper-to fratture fra l'immenso mondo russo, e queste sezionislave entrate più profondamente nel circolo della vitaeuropea ad oriente del nostro continente. Lo scenderedella Russia verso l'occidente non doveva portare auto-maticamente al tentativo moscovita di riassorbire e diassimilare queste membra sparse del vecchio ceppo et-nico? Ecco il quesito più religioso e sociale che politicoe territoriale coinvolto nelle decisioni di Jalta a proposi-to della Polonia.

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Quando nel secolo XIV la Galizia e la Volinia cadde-ro sotto il dominio della Polonia e della Lituania, le loroclassi superiori furono rapidamente assimilate dalle na-zioni conquistatrici, di cui adottarono la lingua e la fedecattolica. Roma spiritualmente vinceva Bisanzio. Leclassi inferiori però e soprattutto il contadiname rimase-ro fedeli alla loro lingua e alla loro fede ortodossa. Mala decadenza del loro clero, l'allentarsi dei contatti e deirapporti con la metropoli religiosa dello slavismo, porta-rono adagio adagio i ceti inferiori a seguire l'esempiodelle classi alte e ad avvicinarsi a Roma. Con l'unione diBrest-Litovsk dell'ottobre 1596, i Ruteni furono accetta-ti in blocco nella chiesa cattolica. Sorgeva così la cosi-detta chiesa Uniate. I Ruteni mantennero la loro liturgiaslavonica e la massima parte delle loro tradizionali for-me derivate dalla chiesa ortodossa greca, compreso adesempio il matrimonio dei preti. Riconobbero pertanto ilprimato spirituale e disciplinare del Pontefice romano,in una maniera però che non mancò mai di tradire crepee incertezze più che superficiali. Le due liturgie ebberoufficialmente in Polonia uguaglianza di trattamento.Questo non vuol dire però che i Ruteni non fossero co-stantemente riguardati dalla gerarchia e dall'aristocraziapolacche come inferiori e mantenuti in uno stato lamen-tevole di ignoranza e di povertà dovuto in parte all'esoseesazioni dei loro signorotti feudali, in parte all'oppres-sione nazionale, in parte alle loro strane consuetudiniper cui ad esempio, accettando in pari tempo le feste deidue calendari così il giuliano, come il gregoriano, conta-

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Quando nel secolo XIV la Galizia e la Volinia cadde-ro sotto il dominio della Polonia e della Lituania, le loroclassi superiori furono rapidamente assimilate dalle na-zioni conquistatrici, di cui adottarono la lingua e la fedecattolica. Roma spiritualmente vinceva Bisanzio. Leclassi inferiori però e soprattutto il contadiname rimase-ro fedeli alla loro lingua e alla loro fede ortodossa. Mala decadenza del loro clero, l'allentarsi dei contatti e deirapporti con la metropoli religiosa dello slavismo, porta-rono adagio adagio i ceti inferiori a seguire l'esempiodelle classi alte e ad avvicinarsi a Roma. Con l'unione diBrest-Litovsk dell'ottobre 1596, i Ruteni furono accetta-ti in blocco nella chiesa cattolica. Sorgeva così la cosi-detta chiesa Uniate. I Ruteni mantennero la loro liturgiaslavonica e la massima parte delle loro tradizionali for-me derivate dalla chiesa ortodossa greca, compreso adesempio il matrimonio dei preti. Riconobbero pertanto ilprimato spirituale e disciplinare del Pontefice romano,in una maniera però che non mancò mai di tradire crepee incertezze più che superficiali. Le due liturgie ebberoufficialmente in Polonia uguaglianza di trattamento.Questo non vuol dire però che i Ruteni non fossero co-stantemente riguardati dalla gerarchia e dall'aristocraziapolacche come inferiori e mantenuti in uno stato lamen-tevole di ignoranza e di povertà dovuto in parte all'esoseesazioni dei loro signorotti feudali, in parte all'oppres-sione nazionale, in parte alle loro strane consuetudiniper cui ad esempio, accettando in pari tempo le feste deidue calendari così il giuliano, come il gregoriano, conta-

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no in un anno non meno di duecento giorni festivi. I Ru-teni in Polonia son circa quattro milioni. Per decenniessi cercarono di ottenere dall'Austria una università se-parata. Non l'ottennero mai. Soltanto nel 1877 una catte-dra di ruteno fu istituita a Leopoli quando già da set-tant'anni esisteva colà un patriarca ruteno che ha rappre-sentato sempre il corifeo e il simbolo vivo di tutte le se-colari avversioni anti-polacche. La Polonia sotto il go-verno di un comitato patrocinato sostanzialmente dallaRussia con la perdita di quella parte della Galizia che hain Leopoli il suo centro etnico-religioso, non rappresen-ta una perdita considerevole, forse irreparabile, del pre-stigio cattolico e romano nell'oriente europeo? Ecco per-chè la questione astratta dei rapporti fra il cattolicesimoe il comunismo si è trasformata improvvisamente in unaquestione concretissima di diplomazia e di politica in-ternazionale, ed ecco perchè allo indomani di Jalta,Roosevelt ha spiccato un suo emissario di fiducia a Mo-sca, per avviare si è detto trattative in vista di una possi-bile instaurazione di rapporti diplomatici fra la SantaSede e il Kremlino. Si giungerà ad un risultato?

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no in un anno non meno di duecento giorni festivi. I Ru-teni in Polonia son circa quattro milioni. Per decenniessi cercarono di ottenere dall'Austria una università se-parata. Non l'ottennero mai. Soltanto nel 1877 una catte-dra di ruteno fu istituita a Leopoli quando già da set-tant'anni esisteva colà un patriarca ruteno che ha rappre-sentato sempre il corifeo e il simbolo vivo di tutte le se-colari avversioni anti-polacche. La Polonia sotto il go-verno di un comitato patrocinato sostanzialmente dallaRussia con la perdita di quella parte della Galizia che hain Leopoli il suo centro etnico-religioso, non rappresen-ta una perdita considerevole, forse irreparabile, del pre-stigio cattolico e romano nell'oriente europeo? Ecco per-chè la questione astratta dei rapporti fra il cattolicesimoe il comunismo si è trasformata improvvisamente in unaquestione concretissima di diplomazia e di politica in-ternazionale, ed ecco perchè allo indomani di Jalta,Roosevelt ha spiccato un suo emissario di fiducia a Mo-sca, per avviare si è detto trattative in vista di una possi-bile instaurazione di rapporti diplomatici fra la SantaSede e il Kremlino. Si giungerà ad un risultato?

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ALL'INDOMANI DI JALTA

A distanza di pochi giorni dalla conferenza di Jalta, ilnoto giornalista Herbert L. Matthews mandava al suogiornale, il «New-York Times», una corrispondenza dicui mette conto riferire letteralmente il testo:

«Se voi vi mettete a riflettere in questi giorni ai rap-porti ideali fra Vaticano e Kremlino, voi vi imbattete,immediatamente in uno strano paradosso. Perchè da unaparte voi trovate che c'è uno scambio di vicendevoli ac-cuse e recriminazioni. E dall'altra parte voi siete costret-ti a constatare che in linea generale Roma e Mosca sonopiù vicine l'una all'altra di quanto non si sia mai verifi-cato dal 1917 in poi. Si ha la sensazione che volenti, no-lenti, esse siano trascinate a riavvicinarsi. Preso atto diciò, voi siete tratti immediatamente a far una netta edesplicita distinzione. L'unica base sulla quale un accordoha l'aria di poter essere raggiunto, è una base pratica,politica, diplomatica. Si tratterebbe puramente e sempli-cemente di uno stato sovrano come è quello della Cittàdel Vaticano, che verrebbe a trattative con un altro statoparimente sovrano. Non è il caso affatto di parlare di in-

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ALL'INDOMANI DI JALTA

A distanza di pochi giorni dalla conferenza di Jalta, ilnoto giornalista Herbert L. Matthews mandava al suogiornale, il «New-York Times», una corrispondenza dicui mette conto riferire letteralmente il testo:

«Se voi vi mettete a riflettere in questi giorni ai rap-porti ideali fra Vaticano e Kremlino, voi vi imbattete,immediatamente in uno strano paradosso. Perchè da unaparte voi trovate che c'è uno scambio di vicendevoli ac-cuse e recriminazioni. E dall'altra parte voi siete costret-ti a constatare che in linea generale Roma e Mosca sonopiù vicine l'una all'altra di quanto non si sia mai verifi-cato dal 1917 in poi. Si ha la sensazione che volenti, no-lenti, esse siano trascinate a riavvicinarsi. Preso atto diciò, voi siete tratti immediatamente a far una netta edesplicita distinzione. L'unica base sulla quale un accordoha l'aria di poter essere raggiunto, è una base pratica,politica, diplomatica. Si tratterebbe puramente e sempli-cemente di uno stato sovrano come è quello della Cittàdel Vaticano, che verrebbe a trattative con un altro statoparimente sovrano. Non è il caso affatto di parlare di in-

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contro fra cattolicesimo e comunismo. La distinzione èfondamentale. La Chiesa cattolica ha condannato il co-munismo fin da quando esso apparve come socialismomarxista. Era allora pontefice Pio IX. La più recentecondanna del comunismo è quella pronunciata il 19marzo 1937 da Pio XI nella sua Enciclica «Sul comuni-smo ateo». Questa Enciclica concludeva con queste pa-role: – Il comunismo è intrinsecamente errato e nessunoil quale voglia salvare la comunità cristiana può collabo-rare con esso in una qualsiasi maniera. Ecco parole mol-to forti. Ma evidentemente esse debbono essere interpre-tate in un significato esclusivamente religioso. Il fattoche il Governo russo è un Governo comunista non im-plica affatto che non possa instaurare relazioni diploma-tiche con la Santa Sede. I giapponesi hanno stretto rela-zioni diplomatiche col papato nel fitto di questa guerra,e questo non ha voluto dire per nulla che il Vaticano ab-bia concepito simpatie per lo scintoismo. Dobbiamo bentener presente allo spirito che la partita in giuoco non èun interesse religioso, ma è un problema politico. La li-bertà di milioni di cattolici risentirà il contraccolpo diquel che sta oggi accadendo. La libertà religiosa e il ri-spetto dei diritti religiosi dei cattolici sono ben finalitàecclesiastiche, le quali però possono essere tutelate soloattraverso mezzi diplomatici, i quali, a loro volta, nonpossono essere posti in atto che mercè la partecipazionealla politica internazionale. Sul piano politico c'è promi-nente un problema il quale spiega benissimo perchè gliorgani sovietici hanno recentemente attaccato con tanta

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contro fra cattolicesimo e comunismo. La distinzione èfondamentale. La Chiesa cattolica ha condannato il co-munismo fin da quando esso apparve come socialismomarxista. Era allora pontefice Pio IX. La più recentecondanna del comunismo è quella pronunciata il 19marzo 1937 da Pio XI nella sua Enciclica «Sul comuni-smo ateo». Questa Enciclica concludeva con queste pa-role: – Il comunismo è intrinsecamente errato e nessunoil quale voglia salvare la comunità cristiana può collabo-rare con esso in una qualsiasi maniera. Ecco parole mol-to forti. Ma evidentemente esse debbono essere interpre-tate in un significato esclusivamente religioso. Il fattoche il Governo russo è un Governo comunista non im-plica affatto che non possa instaurare relazioni diploma-tiche con la Santa Sede. I giapponesi hanno stretto rela-zioni diplomatiche col papato nel fitto di questa guerra,e questo non ha voluto dire per nulla che il Vaticano ab-bia concepito simpatie per lo scintoismo. Dobbiamo bentener presente allo spirito che la partita in giuoco non èun interesse religioso, ma è un problema politico. La li-bertà di milioni di cattolici risentirà il contraccolpo diquel che sta oggi accadendo. La libertà religiosa e il ri-spetto dei diritti religiosi dei cattolici sono ben finalitàecclesiastiche, le quali però possono essere tutelate soloattraverso mezzi diplomatici, i quali, a loro volta, nonpossono essere posti in atto che mercè la partecipazionealla politica internazionale. Sul piano politico c'è promi-nente un problema il quale spiega benissimo perchè gliorgani sovietici hanno recentemente attaccato con tanta

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vivacità la Santa Sede. Stella rossa, organo delle forzearmate sovietiche, lo ha mostrato chiaramente. Essa haaccusato il Pontefice di essere il portavoce dei tedeschi,di predicare una pace di compromesso, di opporsi allademocratizzazione dell'Italia e (qui secondo gli ambientivaticani, è la chiave di tutto l'affare) ha conchiuso dicen-do che il Governo sovietico si sarebbe energicamenteopposto ad un qualsiasi intervento della politica vatica-na, in Germania, in Austria, in Ungheria, in Polonia. Ilnuovo Patriarca di Mosca a nome delle chiese ortodossedipendenti dal Sinodo radunatesi attraverso i loro rap-presentanti recentemente nella capitale sovietica, ha ri-volto anche lui simili accuse alla Santa Sede. In altri ter-mini Stalin non intende di consentire che il Vaticanospieghi un'azione qualsiasi nella sistemazione pacificadell'Europa centrale. La Santa Sede, dal canto suo, nonintende accettare una simile pregiudiziale. Si capisceperfettamente in Vaticano che finchè Stalin ha qualcosada dire in argomento, nessun rappresentante della SantaSede potrà partecipare a conferenze alleate. E di questonaturalmente non si parla. Pur tuttavia nessuno potrebbepensare che il Vaticano possa disinteressarsi del destinodi paesi o di regioni che contano milioni e milioni dicattolici. Se ne contano trenta milioni in Germania ed inAustria, altrettanti in Polonia, sei milioni in Ungheria,pure a prescindere dai dieciotto milioni popolanti laCzecoslovacchia, la Lituania, la Jugoslavia».

E il Matthews concludeva la sua corrispondenza conqueste parole: «Non è necessario in questo articolo

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vivacità la Santa Sede. Stella rossa, organo delle forzearmate sovietiche, lo ha mostrato chiaramente. Essa haaccusato il Pontefice di essere il portavoce dei tedeschi,di predicare una pace di compromesso, di opporsi allademocratizzazione dell'Italia e (qui secondo gli ambientivaticani, è la chiave di tutto l'affare) ha conchiuso dicen-do che il Governo sovietico si sarebbe energicamenteopposto ad un qualsiasi intervento della politica vatica-na, in Germania, in Austria, in Ungheria, in Polonia. Ilnuovo Patriarca di Mosca a nome delle chiese ortodossedipendenti dal Sinodo radunatesi attraverso i loro rap-presentanti recentemente nella capitale sovietica, ha ri-volto anche lui simili accuse alla Santa Sede. In altri ter-mini Stalin non intende di consentire che il Vaticanospieghi un'azione qualsiasi nella sistemazione pacificadell'Europa centrale. La Santa Sede, dal canto suo, nonintende accettare una simile pregiudiziale. Si capisceperfettamente in Vaticano che finchè Stalin ha qualcosada dire in argomento, nessun rappresentante della SantaSede potrà partecipare a conferenze alleate. E di questonaturalmente non si parla. Pur tuttavia nessuno potrebbepensare che il Vaticano possa disinteressarsi del destinodi paesi o di regioni che contano milioni e milioni dicattolici. Se ne contano trenta milioni in Germania ed inAustria, altrettanti in Polonia, sei milioni in Ungheria,pure a prescindere dai dieciotto milioni popolanti laCzecoslovacchia, la Lituania, la Jugoslavia».

E il Matthews concludeva la sua corrispondenza conqueste parole: «Non è necessario in questo articolo

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prender posizione. Le attuali circostanze esigono unica-mente che ci si renda conto con chiarezza e lealtà dellealternative che sono in giuoco. Si ha la sensazione preci-sa che le attuali relazioni tese fra il Vaticano e il Kremli-no, sono di natura altamente concreta e politica. Si trattadei problemi immediati della sistemazione pacifica eu-ropea. Si tratta cioè di problemi la cui natura fa pensareche sarebbe alla fin fine di vantaggio per entrambe leparti se esse potessero trovare un terreno di contatto.Questi ottanta milioni di cattolici dell'Europa centralerappresenterebbero una massa troppo cospicua per esse-re manovrata il giorno in cui Stalin si attentasse di darl'abbrivo ad un altro movimento riformatore ad un for-midabile «via da Roma». Da parte vaticana si riconoscesenza esitazioni, il fatto che, quanto meno i cattolici po-lacchi, lituani, lettoni, ungheresi e croati stan per caderesotto il controllo e l'efficienza di Mosca. E che non sa-rebbe di alcun vantaggio continuare a stare permanente-mente in armi contro il Governo russo. La Santa Sedenon può ignorare quella che è diventata la più potentenazione in Europa. E non può desiderare di aver sempredinanzi a sè la Russia nemica. Pio XII è un fine diplo-matico e se c'è una base possibile per un modus vivendicon la Russia nella sfera politica, si può essere sicuriche la troverà e la farà propria».

Non ci sembra che la corrispondenza del Matthewsabbia bisogno di larghi commenti. È di per sè eloquenteed esplicita anche, specialmente diremo anzi nelle suesfumature e nelle sue accortezze diplomatiche. La situa-

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prender posizione. Le attuali circostanze esigono unica-mente che ci si renda conto con chiarezza e lealtà dellealternative che sono in giuoco. Si ha la sensazione preci-sa che le attuali relazioni tese fra il Vaticano e il Kremli-no, sono di natura altamente concreta e politica. Si trattadei problemi immediati della sistemazione pacifica eu-ropea. Si tratta cioè di problemi la cui natura fa pensareche sarebbe alla fin fine di vantaggio per entrambe leparti se esse potessero trovare un terreno di contatto.Questi ottanta milioni di cattolici dell'Europa centralerappresenterebbero una massa troppo cospicua per esse-re manovrata il giorno in cui Stalin si attentasse di darl'abbrivo ad un altro movimento riformatore ad un for-midabile «via da Roma». Da parte vaticana si riconoscesenza esitazioni, il fatto che, quanto meno i cattolici po-lacchi, lituani, lettoni, ungheresi e croati stan per caderesotto il controllo e l'efficienza di Mosca. E che non sa-rebbe di alcun vantaggio continuare a stare permanente-mente in armi contro il Governo russo. La Santa Sedenon può ignorare quella che è diventata la più potentenazione in Europa. E non può desiderare di aver sempredinanzi a sè la Russia nemica. Pio XII è un fine diplo-matico e se c'è una base possibile per un modus vivendicon la Russia nella sfera politica, si può essere sicuriche la troverà e la farà propria».

Non ci sembra che la corrispondenza del Matthewsabbia bisogno di larghi commenti. È di per sè eloquenteed esplicita anche, specialmente diremo anzi nelle suesfumature e nelle sue accortezze diplomatiche. La situa-

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zione europea è ormai chiarissima. A Jalta la Poloniache le truppe sovietiche hanno liberato dal giogo tede-sco, non poteva non essere sacrificata al prevalente ver-detto di Stalin. Il quale naturalmente, ha avuto ancorauna volta modo di spiegare la sua astuzia ricca di risor-se, appellandosi alla linea Curzon. Ma la linea Curzonnelle sue mani non è soltanto un abile argomento ad ho-minem di fronte all'Inghilterra e di rimbalzo di fronteagli Stati Uniti, ma è anche un provvido strumento perquelle rivendicazioni sociali ed economiche, che più omeno, bene o male, è evidente, sono sempre nel quadrogenerale delle prospettive politiche e internazionali so-vietiche. Il distacco dei ruteni dalla Polonia significheràanche una insurrezione comunistica contro magnati po-lacchi: Ruteni, Uniati e Polacchi sono ugualmente catto-lici. Ed ecco il grosso dramma della politica vaticana inquesto momento.

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zione europea è ormai chiarissima. A Jalta la Poloniache le truppe sovietiche hanno liberato dal giogo tede-sco, non poteva non essere sacrificata al prevalente ver-detto di Stalin. Il quale naturalmente, ha avuto ancorauna volta modo di spiegare la sua astuzia ricca di risor-se, appellandosi alla linea Curzon. Ma la linea Curzonnelle sue mani non è soltanto un abile argomento ad ho-minem di fronte all'Inghilterra e di rimbalzo di fronteagli Stati Uniti, ma è anche un provvido strumento perquelle rivendicazioni sociali ed economiche, che più omeno, bene o male, è evidente, sono sempre nel quadrogenerale delle prospettive politiche e internazionali so-vietiche. Il distacco dei ruteni dalla Polonia significheràanche una insurrezione comunistica contro magnati po-lacchi: Ruteni, Uniati e Polacchi sono ugualmente catto-lici. Ed ecco il grosso dramma della politica vaticana inquesto momento.

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POLACCHI E RUTENI

È stato annunciato che avendo il Governo polacco diLondra fatto pervenire alla Santa Sede una patetica ri-chiesta perchè il Vaticano si pronunciasse sulle decisionidi Jalta, il Vaticano ha declinato prudentemente l'invitopur protestando di prendere sempre a cuore le sorti spi-rituali della nazione cattolica, che per secoli e secoli harappresentato l'avanguardia della romanità cattolica sul-la linea dell'oriente europeo.

Ma oggi diventa straordinariamente difficile fare untaglio netto fra interessi economici ed interessi religiosi,da poi che la Russia di Stalin, abbandonato e ripudiatodecisamente il programma dei senza-Dio ha risollevatola dignità del patriarcato ed è tornata a riconoscere l'effi-cienza della disciplina religiosa con centro a Mosca nelmovimento di espansione e di conquista della Russia so-vietica.

All'indomani di Jalta, il rappresentante di RooseveltE. J. Flynn ha preso la via di Mosca. E da Mosca haspiccato il volo per l'Italia e per Roma. Che cosa portanel suo bagaglio? Non si può non essere scettici in ma-

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POLACCHI E RUTENI

È stato annunciato che avendo il Governo polacco diLondra fatto pervenire alla Santa Sede una patetica ri-chiesta perchè il Vaticano si pronunciasse sulle decisionidi Jalta, il Vaticano ha declinato prudentemente l'invitopur protestando di prendere sempre a cuore le sorti spi-rituali della nazione cattolica, che per secoli e secoli harappresentato l'avanguardia della romanità cattolica sul-la linea dell'oriente europeo.

Ma oggi diventa straordinariamente difficile fare untaglio netto fra interessi economici ed interessi religiosi,da poi che la Russia di Stalin, abbandonato e ripudiatodecisamente il programma dei senza-Dio ha risollevatola dignità del patriarcato ed è tornata a riconoscere l'effi-cienza della disciplina religiosa con centro a Mosca nelmovimento di espansione e di conquista della Russia so-vietica.

All'indomani di Jalta, il rappresentante di RooseveltE. J. Flynn ha preso la via di Mosca. E da Mosca haspiccato il volo per l'Italia e per Roma. Che cosa portanel suo bagaglio? Non si può non essere scettici in ma-

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teria. Anche un secolo fa o poco più i principî della San-ta Alleanza, sbandierati dallo Czar Alessandro I a Vien-na, non poterono riscuotere l'approvazione di Roma.

Certo la situazione universale è profondamente diver-sa. L'Europa che ancora nel 1805 costituiva il centro diproduzione della politica mondiale, è oggi passata alrango di continente secondario di fronte allo strapoteredelle due grandi constellazioni in conflitto più o menolatente: il conglomerato anglo-sassone, il conglomeratoeuro-asiatico sotto l'egemone slavo. Gli interessi dellacristianità cattolica impersonati dal Vaticano romano,corrono un'alea quale mai si è avuta nella storia.

La crisi giunta all'acme della sua acutezza porta pre-potentemente alla superficie le esigenze della spiritualitàe della tradizione cristiane al di qua e al di sopra di ognipreoccupazione politica, di ogni presupposto economi-co? Ci sono indizi che lo farebbero pensare.

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teria. Anche un secolo fa o poco più i principî della San-ta Alleanza, sbandierati dallo Czar Alessandro I a Vien-na, non poterono riscuotere l'approvazione di Roma.

Certo la situazione universale è profondamente diver-sa. L'Europa che ancora nel 1805 costituiva il centro diproduzione della politica mondiale, è oggi passata alrango di continente secondario di fronte allo strapoteredelle due grandi constellazioni in conflitto più o menolatente: il conglomerato anglo-sassone, il conglomeratoeuro-asiatico sotto l'egemone slavo. Gli interessi dellacristianità cattolica impersonati dal Vaticano romano,corrono un'alea quale mai si è avuta nella storia.

La crisi giunta all'acme della sua acutezza porta pre-potentemente alla superficie le esigenze della spiritualitàe della tradizione cristiane al di qua e al di sopra di ognipreoccupazione politica, di ogni presupposto economi-co? Ci sono indizi che lo farebbero pensare.

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L'UNITÀ SINDACALE IN ITALIA

Proprio di questi giorni il Pontefice Pio XII ha ricevu-to in speciale udienza i rappresentanti delle associazionicattoliche dei lavoratori italiani. E rivolgendo ad essi,convenuti da tutte le zone dell'Italia liberata per un so-lenne convegno a Roma, la sua parola, Pio XII ha pro-nunciato sentenze, che in fatto di dottrine sociali e di or-ganizzazione lavoratrice costituiscono una vera e pro-pria virata di bordo.

Un giornale cattolico romano ha avuta perfettamenteragione di dire che in virtù di tali parole pronunciate dalPapa, la giornata dell'11 marzo 1945 «resterà consacratanella storia del movimento operaio italiano non menoprofondamente di quella nella quale Leone Harmelmenò in pellegrinaggio gli operai francesi ai piedi delPapa della Rerum novarum».

In realtà nell'allocuzione del pontefice sono stati due ipunti a proposito dei quali la parola del Papa ha rappre-sentato una presa di posizione nuova e coraggiosa capa-ce di sortire conseguenze di altissimo rilievo.

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L'UNITÀ SINDACALE IN ITALIA

Proprio di questi giorni il Pontefice Pio XII ha ricevu-to in speciale udienza i rappresentanti delle associazionicattoliche dei lavoratori italiani. E rivolgendo ad essi,convenuti da tutte le zone dell'Italia liberata per un so-lenne convegno a Roma, la sua parola, Pio XII ha pro-nunciato sentenze, che in fatto di dottrine sociali e di or-ganizzazione lavoratrice costituiscono una vera e pro-pria virata di bordo.

Un giornale cattolico romano ha avuta perfettamenteragione di dire che in virtù di tali parole pronunciate dalPapa, la giornata dell'11 marzo 1945 «resterà consacratanella storia del movimento operaio italiano non menoprofondamente di quella nella quale Leone Harmelmenò in pellegrinaggio gli operai francesi ai piedi delPapa della Rerum novarum».

In realtà nell'allocuzione del pontefice sono stati due ipunti a proposito dei quali la parola del Papa ha rappre-sentato una presa di posizione nuova e coraggiosa capa-ce di sortire conseguenze di altissimo rilievo.

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I due punti sono: l'unità sindacale e la socializzazionedelle aziende.

Come si sa, l'unità sindacale è stata già introdotta inItalia nella pratica delle organizzazioni lavoratrici. PioXII l'ha solennemente sanzionata. Ecco le sue parole:«Contrariamente al sistema anteriore, si è avuta di re-cente in Italia la costituzione della unità sindacale. Noinon possiamo se non attendere ed augurare che le rinun-zie consentite con la loro adesione anche dai partiti deicattolici, non arrechino danno alla loro causa, ma porti-no il frutto sperato per tutti i lavoratori. Ciò supponecome condizione fondamentale che il sindacato si man-tenga nei limiti del suo scopo essenziale, che è quello dirappresentare e difendere gli interessi dei lavoratori neicontratti di lavoro».

A proposito della socializzazione delle aziende pro-duttive, le enunciazioni del Sommo Pontefice non sonostate meno importanti, anche se accompagnate ancorada qualche cautelata e circoscritta riserva. Ha detto PioXII: «Le associazioni cristiane assentono alla socializza-zione soltanto nei casi in cui questa appare realmente ri-chiesta dal bene comune, vale a dire come l'unico mezzoveramente efficace per rimediare ad un abuso o per evi-tare uno sperpero delle forze produttive del Paese; e perassicurare l'organico riordinamento di queste medesimeforze e dirigerle a vantaggio degli interessi economicidella Nazione».

Tanto l'una che l'altra dichiarazione pontificale sonostate valutate nella loro giusta efficienza. Gli avveni-

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I due punti sono: l'unità sindacale e la socializzazionedelle aziende.

Come si sa, l'unità sindacale è stata già introdotta inItalia nella pratica delle organizzazioni lavoratrici. PioXII l'ha solennemente sanzionata. Ecco le sue parole:«Contrariamente al sistema anteriore, si è avuta di re-cente in Italia la costituzione della unità sindacale. Noinon possiamo se non attendere ed augurare che le rinun-zie consentite con la loro adesione anche dai partiti deicattolici, non arrechino danno alla loro causa, ma porti-no il frutto sperato per tutti i lavoratori. Ciò supponecome condizione fondamentale che il sindacato si man-tenga nei limiti del suo scopo essenziale, che è quello dirappresentare e difendere gli interessi dei lavoratori neicontratti di lavoro».

A proposito della socializzazione delle aziende pro-duttive, le enunciazioni del Sommo Pontefice non sonostate meno importanti, anche se accompagnate ancorada qualche cautelata e circoscritta riserva. Ha detto PioXII: «Le associazioni cristiane assentono alla socializza-zione soltanto nei casi in cui questa appare realmente ri-chiesta dal bene comune, vale a dire come l'unico mezzoveramente efficace per rimediare ad un abuso o per evi-tare uno sperpero delle forze produttive del Paese; e perassicurare l'organico riordinamento di queste medesimeforze e dirigerle a vantaggio degli interessi economicidella Nazione».

Tanto l'una che l'altra dichiarazione pontificale sonostate valutate nella loro giusta efficienza. Gli avveni-

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menti dell'ultimo quinquennio costituiscono un così va-sto e profondo rivolgimento di tutti i tradizionali quadriinternazionali, che non poteva non risentirsene la riper-cussione in Vaticano.

Pio XII ha convalidato il presupposto che nel grandecircolo delle forze progressive del mondo sul suolo ita-liano, i lavoratori cattolici non hanno più ragione diguardare con diffidenza quelle organizzazioni operaieche tendono fortemente alla tutela degli interessi dei la-voratori, e in pari tempo all'attuazione di quelle nuoveforme economiche, le quali sono richieste, diciamo me-glio, imposte, così dalla tecnica progredita, comedall'affinato senso umanitario.

È difficile ed è anche intempestivo sentenziare, se inuovi orientamenti delle dottrine ufficiali cattoliche infatto di economia e di organizzazione sociale, sono il ri-sultato della cambiata configurazione politica europea, osono l'ormai indeclinabile presupposto di una nuova po-litica pontificia di fronte alla ingigantita potenza dellaRussia sovietica. Ma è certo che di fronte alla eventuali-tà ormai prossima di una immissione di milioni e milio-ni di cattolici nella sfera di influenza sovietica nel baci-no danubiano e nel nord-est europeo, la Santa Sede nonpoteva fare a meno di gettare risolutamente a mare qual-siasi preconcetto e qualsiasi pregiudiziale di natura eco-nomica e sociale per mirare unicamente agli interessidella grande famiglia religiosa su cui Roma esercita damillenni la sua tutela.

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menti dell'ultimo quinquennio costituiscono un così va-sto e profondo rivolgimento di tutti i tradizionali quadriinternazionali, che non poteva non risentirsene la riper-cussione in Vaticano.

Pio XII ha convalidato il presupposto che nel grandecircolo delle forze progressive del mondo sul suolo ita-liano, i lavoratori cattolici non hanno più ragione diguardare con diffidenza quelle organizzazioni operaieche tendono fortemente alla tutela degli interessi dei la-voratori, e in pari tempo all'attuazione di quelle nuoveforme economiche, le quali sono richieste, diciamo me-glio, imposte, così dalla tecnica progredita, comedall'affinato senso umanitario.

È difficile ed è anche intempestivo sentenziare, se inuovi orientamenti delle dottrine ufficiali cattoliche infatto di economia e di organizzazione sociale, sono il ri-sultato della cambiata configurazione politica europea, osono l'ormai indeclinabile presupposto di una nuova po-litica pontificia di fronte alla ingigantita potenza dellaRussia sovietica. Ma è certo che di fronte alla eventuali-tà ormai prossima di una immissione di milioni e milio-ni di cattolici nella sfera di influenza sovietica nel baci-no danubiano e nel nord-est europeo, la Santa Sede nonpoteva fare a meno di gettare risolutamente a mare qual-siasi preconcetto e qualsiasi pregiudiziale di natura eco-nomica e sociale per mirare unicamente agli interessidella grande famiglia religiosa su cui Roma esercita damillenni la sua tutela.

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Guai a contrapporre di nuovo Roma a Bisanzio. I de-stini del cristianesimo non sono stati mai come oggi le-gati a rapidità di decisioni, e a chiaroveggente apprezza-mento delle nuove sorti del mondo.

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Guai a contrapporre di nuovo Roma a Bisanzio. I de-stini del cristianesimo non sono stati mai come oggi le-gati a rapidità di decisioni, e a chiaroveggente apprezza-mento delle nuove sorti del mondo.

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