ecco spagine della domenica 80

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spagine Periodico culturale dell’Associazione Fondo Verri Un omaggio alla scrittura infinita di F.S. Dòdaro e A. L. Verri della domenica n°80 - 21 giugno 2015 - anno 3 n.0

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Con il numero 80 “Spagine della domenica” prende una pausa, tornerà sul web e in piccola tiratura in stampa digitale nell’ultima settimana di agosto. La pubblicazione degli interventi dei nostri collaboratori e delle segnalazioni dell’agenda proseguirà su www.spagine.it In questo numero la copertina è dedicata a “Segni di una comunità. Arti e inclusione sociale: primo evento di Community Dance” che avrà luogo oggi, domenica 21 giugno, alle Officine Martinucci di Galatina. All’interno gli interventi di Gigi Montonato, Antonio Zoretti, Gianni Ferraris, Vito Antonio Conte, Marcello Buttazzo, Massimo Grecuccio, Rocco Boccadamo. A seguire un agenda molto musicale e gli appuntamenti di “Io non l’ho interrotta. La seconda Repubblica parla troppo?", rassegna dedicata al giornalismo e alla comunicazione politica che si terrà venerdì 3 e sabato 4 luglio tra Lecce e San Cesario di Lecce; della Fiera di San Giovanni a Zollino. Buona lettura e buona estate.

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spagine Periodico culturale dell’Associazione Fondo Verri

Un omaggio alla scrittura infinita di F.S. Dòdaro e A. L. Verri

della domenica n°80 - 21 giugno 2015 - anno 3 n.0

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spagine

Il risvegliodel centrodestra

di Gigi Montonato

Il ballottaggio di domenicascorsa, 14 giugno, hafatto registrare qualcherisveglio del centrode-stra. Niente di eclatante,ma nell’enfasi d’ordi-

nanza del centrosinistra e nell’umo-ralità depressiva del centrodestra, hafatto gridare in quest’area al mira-colo: a destra uniti si vince. Bum! E la novità in che consiste? Im-magino che in un momento qualsiasidella preistoria qualcuno cercasse dasolo di smuovere un sasso e non riu-scendovi ritentasse con l’aiuto di unaltro e – oh, miracolo! – il sasso simuoveva. Da allora si è capito chel’unione fa la forza. Oggi lo si scoprecome una novità assoluta. Non ci simeraviglia della meraviglia. Ormai,dopo il nozionismo, sacrificato sull’al-tare di una malintesa democrazia, edopo la cultura, è la volta della sag-gezza popolare. Non passerà molto eci si sorprenderà perfino della piog-gia e del vento, totalmente dimentichidel giorno prima. E’ il trionfo del-l’uomo non nuovo e non vecchio, manato e non creato, come una volta siindicava il rimbambito.I politici italiani e i loro embeddedsono proprio rimbambiti. Non hannoancora smesso di prendere sul serioMatteo Renzi, un vagheggino, un po’sbruffone e un po’ furbo. Se la poli-tica fosse la scuola sarebbe comeprendere un alunno discolo, saputelloe sfrontato, e metterlo in cattedra adinsegnare ad alunni e professori. Unavolta accadeva di carnevale, quandosi metteva un asino al posto del preteo del vescovo ad officiar la messa.Ma era uno sfogo popolare tollerato,

semel in anno, una sorta di rovescia-mento del mondo, ben spiegato dal-l’antropologo russo Bachtin.Il bischero fiorentino è infuriato, lasconfitta brucia. Basta primarie, al-lora; bisogna tornare a rottamare; viaMarino dal Comune di Roma. Ma mal glien’è incorso. Le primarie –hanno reagito in tanti – caso maivanno disciplinate. Quanto a rotta-mare ormai sono rimaste solo lemacchine nate con un difetto di fab-brica, che sono tutte della ditta Pd. Eda Roma Marino non si muove: lodice Orfini, che è il presidente delpartito, di cui Renzi è segretario. In-somma, Renzi, se pure volesse tor-nare a pazziare, come dicono aNapoli, non potrebbe.Ma la crisi c’è ed è grave, a destracome a sinistra, a parte gli umori piùrecenti. Fanno la voce grossa Salvinie Grillo, il primo a capo di un partitodi fantasmi medievali, il secondo ditanti testimoni di geova. Sono sicurigli uni e gli altri che Marino a Romasta come d’autunno sull’albero unafoglia (perdonami, Ungaretti! perdo-natemi, caduti in battaglia!), chebasta scuotere il tronco e vien giù. Eloro pronti ad approfittarne.Non amo Marino. Ritengo che unbravo chirurgo dovrebbe fare il chi-rurgo e non il politico. Non lo amoperché un sindaco non deve mettersialla testa del gay-pride e marciaresulla sua città, non deve sostituirsialla legge e sfidarla rubando il me-stiere ai centri sociali. Non lo amoperché esprime tutto il contrario diquel che è il mio patrimonio di ideepolitiche. Ma francamente non vedo – salvo

che non ci siano altre ragioni, diconoche non sa governare – perché do-vrebbe dimettersi per “mafia capi-tale”. Mi dà l’impressione di unCelestino V e dell’avventura di un po-vero cristiano, come ebbe a definireIgnazio Silone la vicenda del suoconterraneo Pietro da Morrone, vit-tima di quel figlio di puttana di Boni-facio VIII. Se pure l’onda malavitosa– non parlerei di mafia a Roma –abbia lambito la sua maggioranzaconsiliare, non è sufficiente a ren-derlo responsabile di una situazionecancrenosamente pregressa. Si dice:ma è opportuno che si dimetta perevitare che il Comune di Roma vengacommissariato, per evitare lo scornomondiale. Ma quale scorno? Come se il mondonon sapesse già tutto di quel che statravagliando Roma e l’Italia. Sto conOrfini, che ha risposto a muso duro aldittatorello fiorentino. Poi magari siscoprirà che è tutto un gioco delleparti; ma intanto teniamo cippo di lì. Sul fronte dell’immigrazione Renzi èstato insuperabile. Qui è stato pro-prio il re delle spacconate. Se l’Eu-ropa si rifiuta di accogliere gliimmigrati, ho pronto il Piano B. E poi:faremo da soli. Ma quale Piano B,quale da soli? Ma si rende conto diquello che dice? Ormai sta diven-tando la barzelletta d’Europa.Certo, non tutte le colpe sono diRenzi. Lo sono nella misura in cuinon guarda in faccia la realtà e ca-valca le criticità come si può caval-care una pecora. Siamo in un paesein cui il Capo dello Stato parla comeil Capo della Chiesa, e fanno lostesso il Presidente del Senato, il

Renzi: ora teme di rivelarsi un bluff

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spagine della domenica n°80 - 21 giugno 2015 - anno 3l’opinione

PROVOCAZIONE - della serie: "Illavoro bisogna inventarselo." Mipropongo d'ora in poi comeUOMO IMMAGINE, posto ac-canto alle molteplici presenta-zioni di testi letterari profuse dai

sedicenti scrittori d'oggi (coatti assistiti, che nonhanno nient'altro da fare, purtroppo). La mia mutapresenza inserita durante le loro Conversazioni saràimpiegata come simbolo ambizioso ed esperto ri-guardo la Sapienza, la Sofia, Il Logos; e lieta sia

l'averla utilizzata alla loro ribalta effigiando l'odiernoscrittore in azione. Possa dunque il significato del-l'immagine servire di buon auspicio ai loro piccoliracconti. Bene! Ecco una di quelle idee che piovonoin mente ad un disoccupato e piacciono più ad egliprima che possa prevedere l'accoglienza che le tri-buterà il pubblico, sommo giudice del momento.Spero che, con questa mia presentazione breve esugosa, si dia subito inizio alle danze. Grazie!

Antonio Zoretti

pensamenti La muta presenza

Presidente della Camera e chissàquanti altri presidenti di questa no-stra repubblica. L’Italia è un paeseteocratico camuffato da democrazialaica. In Italia comanda il Papa. Ilquale fa il suo mestiere. Sono gli altriche non fanno il loro. Siamo precipi-tati indietro di diverse decine di anni.Presidenti del Consiglio cattolicis-simi, come De Gasperi e Moro, ave-vano la dignità e il coraggio dimettersi contro il Papa quando questipretendeva di imporre certe scelte.

Oggi pendono tutti dalle labbra diPapa Francesco, il più sgarrupato ditutti i papi da Giovanni Paolo I in poi.Non v’è dubbio che interpreta i tempi.Ma anche il Marino – Giambattistadico – era osannato come poeta im-mortale nel suo tempo ed oggi è ap-pena citato per le sue stravaganzepoetiche. C’è un grande vuoto politico che in-comincia a preoccupare. Un’interaclasse dirigente sta andando pro-gressivamente scomparendo senza

mai aver preso le redini del potere.Mi riferisco ai sessantenni e ai cin-quantenni, quelli che una volta da-vano il meglio delle capacitàpolitiche; oggi si sono fatti “rotta-mare” senza reagire, col complessodi errori fatti dai loro padri. Ma il pro-blema non è personale, è politico, èsociale, è generale. Un vecchio pro-verbio delle nostre parti recita: alberopecca e minchia paga. I minchia – aquante pare – siamo noi; noi popoloitaliano.

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Sceglieredi Gianni Ferraris

Ad illustrare una straordinaria opera dell’artista Yinka ShonibareHomeless Man, 2012Manichino, cera olandese, cotone stampato tessile, valigie di cuoio,il globo e base in metallo.320 x 80 x 115 centimetri.La fotografia è di Shaun Bloodworth

la vita

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spagine della domenica n°80 - 21 giugno 2015 - anno 3nel tempo

La Dichiarazione Universale dei diritti umanirecita: Articolo 5 - Nessun individuo potrà es-sere sottoposto a tortura o a trattamento o apunizione crudeli, inumani o degradanti. Arti-colo 6 - Ogni individuo ha diritto, in ogni luogo,al riconoscimento della sua personalità giuri-

dica. La domanda di Danilo Dolci è attualissima: si può sopravviverecome se nulla fosse di fronte alla tragedia di persone alla qualeassistiamo ogni giorno? In particolare nei nostri luoghi, l’Europae l’Italia che dovrebbero essere culle di democrazia e civiltà e sidimostrano, nei fatti, annientatori dei diritti essenziali delle per-sone? La tragedia degli immigrati ci si propone con una crudeltàdelle istituzioni che ricorda da vicino altri momenti, altri “campidi lavoro". Altri genocidi. Nei fatti siamo colpevoli non di nonsaper gestire un’emergenza che non si può più chiamare tale,parliamo piuttosto di omicidi plurimi premeditati. L’emergenza sicavalca con misure emergenziali ed ha durata limitata neltempo, se questa dura da un decennio almeno si chiama im-provvisazione, incapacità o peggio, premeditata volontà di met-tere in mano alle mafie, ai corrotti, le vite umane di quellepersone che cercano solo dignità. Le parole e i comportamenti di governi sedicenti civili comequello Francese, quello Svizzero, quello britannico che respin-gono immigrati che vogliono solo passare sui loro territori perandare altrove, oppure, che il caso dell'Inghilterra, rifiuta di ac-cogliere, sono inquietanti pensando ai destini dell'Europa chenon vuole trovare una soluzione ad un'emergenza epocale, cherimanda le decisioni di mese in mese mentre i profughi sbarcanodi ora in ora. Questi governi violano gli accordi che hanno sot-toscritto con la dichiarazione universale dei diritti umani. Mentresono rigidi con la Grecia e con l'Italia imponendo la legge del-l'economia da far pagare ai più poveri, sono molli a fronte delleconvocazioni urgenti per pianificare come salvare vite umane,sono inesistenti. Mentre sono guerreggianti esportando demo-crazia, sono colpevolmente impotenti nel praticarla a casa loro.Colonialisti d’accatto, complici nei fatti con le mafie internazio-nali.E in Italia assistiamo ad una barbarie degna di altri tempi, di unaltro ventennio. Governatori indecenti rifiutano di accogliere, mi-nacciano di lasciare i loro comuni virtuosi allo sbando, così hadetto Maroni, così plaudono Zaia e l’altro, il servo muto di Ber-lusconi, l’automa, dalla Liguria. Maroni nei fatti minaccia di ta-gliare i servizi ai cittadini lombardi. Quando dice che bloccherài versamenti ai comuni che accolgono, sta dicendo esattamentequesto: cari cittadini, non concordo con il vostro sindaco, quindi

taglio i fondi alla vostra sanità, ai vostri servizi essenziali, allavostra vita. Un tempo si chiamava rappresaglia!Queste porcate nulla hanno a che vedere con la Democrazia econ la Costituzione.Come si può sopravvivere a tutto ciò? Come si può permetterea qualche imbecille di chiamare "buonismo" la banale acco-glienza? Questi analfabeti nostrani non conoscono neppure lalingua italiana, così il vocabolario Treccani spiega la parola "buo-nismo": buonismo s. m. [der. di buono]. – Ostentazione di buoni senti-menti, di tolleranza e benevolenza verso gli avversarî, o nei ri-guardi di un avversario, spec. da parte di un uomo politico; ètermine di recente introduzione ma di larga diffusione nel lin-guaggio giornalistico, per lo più con riferimento a determinatipersonaggi della vita politica.Bene, noi non ostentiamo nulla, gli immigrati non sono nostri av-versari, anzi. E con personaggi come i tre governatori del nord,i corrotti, gli esponenti inetti di un governo accattone non ester-niamo neppure tolleranza, solo gelido disprezzo.Definire "emergenza" un traffico di esseri umani è follia pura, èvoler negare l'innegabile: la responsabilità dei governi italiani!Negli anni hanno, di fatto, favorito le mafie e i corrotti di estremadestra e di sinistra. Coop sedicenti "rosse" che taglieggiavano,criminali di varia natura diretti da un nazista legato a sua voltaalle mafie dei pacchetti di voti e via dicendo. Ora Alemanno vain TV a dire che lui non c'entra con i voti che gli arrivavanochissà come e chissà da dove.Ora il PD di Renzi scarica Marino e sostiene a spada tratta DeLuca. Giusto per segnare il territorio forse. Il tutto sulla pelle dimigliaia di esseri umani. Nessuno ha diritto di chiamare emer-genza un movimento voluto, foraggiato, creato e gestito dai si-gnori del crimine ("rende di più l'accoglienza del traffico dicocaina" diceva un criminale della mafia romana), e gestito sottol'ala protettrice di governanti ad ogni livello al servizio di questicorrotti, di questo malaffare.Il governo Renzi si limita, colpevolmente, a cavalcare quella

che chiama emergenza ma che le persone normali chiamanoquotidianità.Fino a quando? Fino a quando ci vedremo costretti a vedereimmigrati derubati dalle mafie, depredati anche della dignità incambio di “cinquanta centesimi l’uno a l giorno mi bastano”, edora scaricati in una stazione o sugli scogli di Ventimiglia comepacchi? L’emergenza finirà quando avrà termine la pazienza. Inquesta fanghiglia viscida gestita da un governo incapace, inetto,nei fatti colluso, esiste solo una piccola luce, sta negli occhi deiragazzi, delle donne, dei bimbi che riescono a sbarcare.

Su quel pagliericcio, c'era morto un bambino, di fame. Danilo* decisedi sdraiarsi lì sopra, decise di starci senza più mangiare nè bere,starci fino a morire. O fino a quando le autorità non avessero prov-veduto a fare dell'inferno di Trappeto un posto più degno nel qualevivere. A quanti domandavano a Danilo il senso di quel gesto lui ri-spondeva che non si può sopravvivere a qualunque cosa, perchè cisono momenti nel quali la morte è preferibile a una vita che appaiaoscena convivenza con una ingiustizia troppo grande" [...] Sicilia,1952.

(da: La Mossa del riccio, Davide Mattiello - Add Editore, 2011)

*Danilo Dolci, Sesana, 28 giugno 1924 - Trappeto 30 dicembre 1997 Sociologo, Poeta, Educatore, Attivista non violento

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spagine della domenica n°80 - 21 giugno 2015 - anno 3nel tempo

Se la vita vale meno d’uncent è perché la ric-chezza si misura con lebanconote, con quellacarta filigranata (chedetta così sembra una

cosa bella, ma è sudicia…) con cui sidà grasso agli ingranaggi del potere,quello bieco e cieco, quello dei circoliviziosi, quello che si può spezzare sol-tanto sparando o scrivendo. Sparandoin tanti. O scrivendo da soli. Un tempoho manifestato, urlato, occupato... eho visto chi ci ha speculato… Ormainon sopporto più le speculazioni. Nonsopporto più nessuna speculazione.Sulla guerra. Sulla fame. Sul sesso.Sulla lingua. Sulla carestia. Sui mi-granti. Sull’economia. Sulla morte.Anzi, sulle morti. Su tutte le morti. Sispecula su tutto. Soprattutto sulla vita.E sulla morte. E non sopporto più chilo fa. Nutro una fortissima idiosincra-sia verso tutti quelli che speculanosulla vita e sulla morte… odio tutti iprogrammi che della vita (anzi, delleesistenze) e della morte (anzi, dellemorti) fan spettacolo... Se la vita valemeno d’un cent è perché la ricchezzasi misura coi soldi. Quelli che in tascatintinnano e chiudono l’amore in unabara di metallo. Quelli buoni soltantoper lasciarli cadere per terra, spe-rando che a trovarli sia uno più dispe-rato di te. Oppure un bambino. Quelliche stringi nel pugno della mano e li-beri in un angolo di marciapiede, go-

dendo della gioia di chi li raccoglierà,confidando che a trovarli sia uno piùdisperato di te. Oppure un bambino.Un altro, comunque, che sappia che iltempo tra il primo vagito e l’ultima pa-rola è un viaggio, breve o lungo nonimporta, verso l’eternità. Un altro in-consapevole, cui - per una moneta -hai raccontato un sogno. Se la vitavale meno d’un cent è perché la ric-chezza si misura col danaro. È troppotempo ormai che non sopporto tante,molte, troppe cose. È da tanto che nescrivo. È da molto che ne scrivo. È datroppo che ne scrivo. Fors’anche perquesto, negli ultimi tempi, scrivo (pub-blicamente) pochissimo. Fors’ancheper questo, negli ultimi tempi, m’am-morbano quasi tutti quelli che scri-vono. Fors’anche per questo, negliultimi tempi, la stanchezza ha spentoquasi ogni entusiasmo. Mi salva ilquasi. C’è sempre qualcosa o qual-cuno che mi salva. C’è sempre unapossibilità. Una via d’uscita. Un’altravita. Un altro mondo. Un altro inizio.Non lo scordo mai. Non rinnego nulla.Non mi vanto di niente. Ma ne ho ab-bastanza. Quasi di tutto. Quasi. C’èche, oggi (più di ieri), se la vita valemeno d’un cent è perché la ricchezzasi misura con quel che hai e non conquel che sei. Quasi sempre. Non èuna resa. È una presa d’atto. È guar-darsi dentro. È vedere intorno. Èascoltare ogni voce. È la possibilitàd’approcciarsi alla realtà obiettiva-

mente e dire per quel che sei e ciò chesenti con la propria voce. La novità ela bellezza stanno nell’autenticità.L’omologazione dovrebbe essere con-templata tra i reati penali e punita conuna pena desueta: non più carcere(che, invero, è soltanto una pena perchi sta fuori e barbarie per chi sta den-tro…), ma una tetra isola deserta dovemanderei tutti quelli che - previa con-fisca dei beni da riutilizzare immedia-tamente… - si sono arricchiti rubando.Condannati a spaccare pietre, piantu-mare alberi e prendersi cura – per unavolta – di qualcosa di buono. Per ilresto dei loro giorni. Altro che conti-nuare a succhiare risorse a chi hasempre pagato e a chi verrà dopo dinoi. Sarebbe bellissimo. Per la primavolta nella (…) storia, dei parassitiche, invece di nutrirsi del nostro san-gue, sboccano il loro (sangue) per rin-verdire un pezzo di Terra. Ce nesarebbe da dire, oh se ce ne sa-rebbe… Utopia? Forse sì. E, a volerciragionare su, son costretto a ripetermi:ce ne sarebbe da dire! Ma ripetermi, losapete, non mi è mai piaciuto. C’è checi hanno martellato i coglioni per annicon la crisi: ebbi a dire che la crisi nonesiste, ch’era soltanto la giustifica-zione al fallimento d’un modello eco-nomico sociale e politico (Chi credeche una crescita esponenziale possacontinuare all'infinito in un mondo fi-nito è un folle, oppure un economista– Kenneth Boulding) per continuare a

Meno di un cent...di Vito Antonio Conte

“Anni fa, diversi anni addietro, ebbi a scrivere unpezzo in cui auspicavo un gran rogo da cui salvarepoche cose, prima fra tutte la grundnorm, madre deldiritto positivo, da accordare con i principi del diritto naturale e dar vita (nuova) a un (nuovo) corpo dinorme estremamente sintetico e chiaro… che avesse sostanza comprensibile a tuttie certezza fattuale per tutti Utopia? Forse sì...”

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fotterci. Poi, ci hanno anestetizzato legonadi a furia di spot sull’incapacitàdei politici di trovare soluzioni al de-grado istituzionale… Adesso ci stannomassacrando le palle con la corru-zione imperante…Anni fa, diversi anni addietro, ebbi ascrivere un pezzo in cui auspicavo ungran rogo da cui salvare poche cose,prima fra tutte la grundnorm, madredel diritto positivo, da accordare con iprincipi del diritto naturale e dar vita(nuova) a un (nuovo) corpo di normeestremamente sintetico e chiaro… cheavesse sostanza comprensibile a tuttie certezza fattuale per tutti Utopia?Forse sì. Ma, senza scomodare nésposare filosofia alcuna (e, meno chemai, far riferimento a qualche ideolo-gia…), tra tutto il ciclico reiterare di ri-cette politiche e pseudo tali, nonsarebbe il caso di praticare un vecchioistituto del diritto romano? Quale? Ladittatura! Un attimo, non quella chegenera la tirannide e il dispotismo.Non quella di tante nefaste pregresse(e attuali...) esperienze di governo to-talitario. Ma quella cui i Romani ricor-revano in situazioni di emergenza (lepiù note erano quelle del dictator sedi-tionis sedandae causa e del dictatorrei gerendae causa), dando un potereillimitato per un tempo limitato (seimesi) al dittatore per la difesa delloStato e della costituzione… Si po-trebbe azzerare quel che non va inquesto SISTEMA, per ripartire dal

buono che c’è, praticando modera-zione e giustizia… Utopia? Forse sì.Ma quel che, sin dal 1972, accade inBhutan (ne ho scritto altrove…) è re-altà! Non credo sia un modello imita-bile (ogni luogo è tale per le peculiaritàche lo caratterizzano…), ma un mododi vivere secondo cui ha fondamentaleimportanza l’esistenza individuale e irapporti con l’altro, un modo di viverecui tendere… Diceva bene Bukowski,imparo molto di più da un dialogo conun meccanico che da una lezione d’uncattedratico… Io non ho lezioni dadare a nessuno, però quando scrivonon lo faccio soltanto per me. Tra i di-versi libri accumulati sul comodinoprendo quello di Kapuściński ché, gra-zie a dio, leggere è sempre un viaggio,anche se prima mi piacerebbe… Mipiacerebbe dirvi d’un vecchio marinaioirlandese. D’una casa di pochissimimetri quadrati. La sua. Un paio di mi-nuscoli ambienti. Stracolmi d’oggetti,di carte, d’utensili, di tele colorate, divita. Un vecchio marinaio irlandese inpensione. Capace di vivere in solitu-dine. Tra le sue cose. Quelle d’un’esi-stenza intera. Raccolte in giro per ilmondo. Sulle navi mercantili. E d’unadonna australiana. Che voleva spo-sare. Che non l’aspetta più, ormai. Allaquale nemmeno lui più pensa, come sipuò pensare a qualcosa che riguardail futuro. Mi piacerebbe parlarvi dellasua stufa a legna e del fornello dovesi fa da mangiare. E mi piacerebbe

sfogliare una copia del suo libro stam-pato in cento esemplari e fermarmisulle pagine di quella sua vita (cometante sconosciute). Chissà, un giornocapiterò da quelle parti. So che abitanel quartiere adiacente quello di casea due piani tutte uguali, dove, per rico-noscere la propria, i portoni sono unogiallo, l’altro rosso, l’altro ancora az-zurro e via dicendo. Lì dove il colore(della porta d’ingresso e soltantoquello) ti dice: entra, sono casa tua,t’aspetto. Forse svicolerei ancora unpo’, nella strada del commercio, dovec’è un negozio di, no, non provate achiedere di cosa, vi risponderebberoch’è un negozio, nient’altro, un nego-zio e basta. Un negozio di niente,dove si vende tutto, esclusa Sophie.Tutto e niente. Proprio come la parolanegozio. Proprio come ogni parola.Quando la si ripete tante volte. Comeun gioco. Come una musica. Come ilfunk. Come quello che adesso è nel-l’aria. Come quello che sto ascol-tando. E (dal suono) le immagini, lemeravigliose immagini, immagini (oltretutto) d’energia pura: Rufus Thomasche si esibisce sulle note di FunkyChicken nell’indimenticabile edizionedi WattStax di non ricordo quale anno,ma fa niente, ché quel che conta nonè chi canta bensì chi balla e lì balla-vano tutti…

Ad illustrare una fotografia di Henri Cartier-Bresson

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spagine della domenica n°80 - 21 giugno 2015 - anno 3contemporanea

In questi giorni, il presidenteemerito della Repubblica,Giorgio Napolitano, ha lan-ciato un appello affinché si ri-mettesse mano alla riformapenitenziaria del 1975. Se-

condo l’autorevole parere di Napolitano,è necessario intraprendere un nuovocorso per le carceri italiane, dal momentoche non c’è solo un problema normativo,ma anche “culturale” da affrontare. Lagente continua a sopravvivere in carcerisovraffollate, sporche, con servizi igienicicarenti. I suicidi, purtroppo, si susse-guono. Dopo la Serbia e la Grecia, l’Italiaè il paese del Consiglio d’Europa con ilmaggiore sovraffollamento.L’Italia è anche al terzo posto per numeroassoluto di detenuti in attesa di giudizio,dopo Ucraina e Turchia. I Radicali sono,da sempre, sensibili a tale tematica e dif-fondono periodicamente documenti spe-cifici. Da un recente dossier, redatto daipolitici di via di Torre Argentina, emer-gono dati molto allarmanti. Dall’analisicomplessiva del “pianeta carcere”, com-piuta in questi anni, è palese una vera epropria situazione emergenziale di sfa-scio della legalità. Negli ultimi dieci anni,la popolazione carceraria è cresciutadell’80%. Gli spazi e le strutture sono ri-masti pressoché invariati, e quindi invivi-bili.Ci sono carceri come Poggioreale, Re-gina Coeli, San Vittore davvero in pes-sime condizioni. E un po’ dappertutto leprigioni sono vecchi stabili costruiti nel

1700- 1800, decadenti, privi di spazi disocialità, di aree verdi, di strutture spor-tive. È vero, ci sono anche strutture piùnuove, come ad esempio le “carcerid’oro”, costate miliardi di lire ai cittadininegli anni ’80, progettate per fronteggiarel’emergenza terroristica. La situazionesanitaria è raccapricciante. Quasi tutte lecarceri hanno bagno e cucina nellostesso locale; il cambio delle lenzuolaavviene dopo molti giorni. Il personale èinsufficiente. Sono pochi gli assistenti so-ciali, gli educatori, gli psicologi, i medici.L’assistenza sanitaria è deficitaria. Il di-ritto alla salute dei detenuti è rimastosulla carta. Una situazione particolar-mente grave riguarda i tossicodipendentie i sieropositivi. Solo un numero limitatodi ospiti delle patrie galere ha la possibi-lità di svolgere un lavoro. Duole davveroil cuore sapere di uomini e donne, stipatein luoghi fatiscenti. Si può accettare cheun essere umano stazioni, umiliato, incelle di due metri quadrati? Ma quantovale un uomo? Espiare la pena non vuoldire affatto subire ammende “nonumane”. Detenuti, direttori, operatori,guardie penitenziarie sono le vittime sa-crificali d’un sistema malato, che an-drebbe curato con una terapia d’urtosostenuta. L’emergenza non si risolvecon misure magiche, miracolistiche, masolo affidandosi alla programmazione eal buon senso. Ristretti Orizzonti lavorain contatto diretto con i direttori degli isti-tuti di esecuzione penale.Bisognerebbe ripartire dall’uomo, dalle

di Marcello Buttazzo

sue necessità, dalla sua fragilità, tenendoconto che tanta sofferenza può esserequantomeno tamponata, lenita. Co-struire, ad esempio, nuove prigioni senzaconcentrare energie per sistemare quellegià esistenti è un eccessivo sperperio dirisorse. Bisogna solo ricominciare dal-l’uomo, capirlo nel profondo, nella consa-pevolezza che ogni patimento non puòessere mai una irreversibile landa deso-lata: nei fatti ogni ferita merita d’essereascoltata, nutrita.Da tempo, l’Europa condanna il nostroPaese per il mancato rispetto dei dirittiumani nei penitenziari. Anche la nostracoscienza di uomini liberi sbraita, si la-menta. Se un essere umano non è più unessere umano, s’approfondisce un vul-nus nel connettivo democratico. Eppure,con misure ordinarie di lungimirante am-ministrazione, i nostri parlamentari po-trebbero revisionare ancora piùradicalmente alcune leggi dichiarate in-costituzionali dalla Consulta (quella Fini-Giovanardi sulle droghe e quella Bossi-Fini sull’immigrazione), introducendo lepene alternative, in alcuni casi la depe-nalizzazione e gli arresti domiciliari. Sipotrebbe davvero decongestionare un si-stema avvelenato, rendendo più accetta-bile l’esistenza degli uomini.E’ fondamentale diventare razionali, pro-positivi, mirare alla funzione primariadella rieducazione: il carcere non può di-ventare una terribile e definitiva con-danna.

Quale carcere? Ad illustrare una fotografia di Robert Mapplethorpe

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Con stupore bambino!

In un’era di turbolenze, di scon-quassi, di avanzante crisi lavo-rativa e economica, dipolverizzazione d’ogni cer-tezza, possiamo sempre fer-marci ai bordi del mondo e

misurare il tempo che ci lambisce. In que-sta società contraddittoria, di tecnicismiesasperati, di comunicazione contraffattae manifestamente abnorme, non ci restadavvero che recuperare parti sensibili dinoi: quel nucleo radiante che tutto muove,da cui sorgono desideri, attese, speranze,passioni. Quel nocciolo che emerge allaluce del sole, e ci dona quotidianamenteun ventaglio di sentimenti ambiti: fragilità,sensibilità, ansietà, grazia, bellezza, ami-cizia, corrispondenza d’amorosi sensi.Sensazioni diversificate, di varia umanità,che caratterizzano un dominio ben defi-nito, all’interno del quale ci muoviamo e“recintiamo” la nostra vita senza barriere.È vero, attraversiamo attualmente unaprofonda manchevolezza antropologica, diprincipi e di valori, siamo troppo frammen-tati fra interessi troppo dispersivi. Ma al co-spetto d’una frattura evidente, possiamosempre attivare le risorse più sotterraneee farle prosperare per nutrirci di linfa vitale,per bere a mani unite sorsi d’acqua fresca.Gli scenari che sommuovono le nostrefibre e scuotono le membra sono innume-revoli: ognuno ha la sua significazione, ilsuo passo. Anche ciò che nella vulgata co-mune viene identificato come un limite, pernoi anime pure e adamantine può diven-tare un patrimonio di inesausto sapore. Lafragilità, che a certuni appare un’imperfe-zione, un lato debole, qualcosa da tenerenascosto, in realtà può divenire un puntodi riconoscimento, un bel segno identitario.Fragilità dinanzi ad una quotidianità so-vente vorticosa, divorante, che non si curadi noi. Fragilità dei nostri vissuti che nonriescono ad uniformarsi al pensiero domi-

nante dei cosiddetti strati vincenti, di chidetiene invasivamente e volgarmente ilpotere. La fragilità non è un accidente, nonè una iattura, non è una landa di desola-zione: essa è connaturata all’essere pre-cipuo di alcuni di noi. Essa è tenerezza,comportamento delicato, dolce e virtuoso,è sapienza, è riconoscimento del limite. Èspazio soave entro cui oscillare, tralucere,farsi riconoscere dall’altro. La fragilità èuno strumento formidabile, di coesione,che ci mette in contatto empatico con l’al-tro da sé. Di converso ad essa c’è l’arroganza, la su-perbia, di chi ritiene artificiosamente dipoter piegare sempre il mondo e l’esi-stente al proprio volere. La fragilità è sino-nimo di umiltà, di bellezza, è stagione disogno. E i sogni sono variabili e fragili. Fra-gile è la nostra timidezza, altra virtù capi-tale. La nostra riservatezza è fragile,destino dei giorni azzurri, quando atten-diamo albe solitarie e frementi per abbrac-ciare il mondo. Fragile e benedetta è lanostra ansia esistenziale. Che, se malau-guratamente raggiunge livelli insostenibilidi guardia, può diventare perniciosa, inva-lidante. Ma se l’ansia viene mantenuta alivelli accettabili, fisiologici, può essere fi-nanche una panacea, un’ancora di sal-vezza. Una molla che ci sospinge e ciinvoglia ad affrontare gli accadimenti conanimo rinfrancato. L’ansia è intimamentelegata all’amore, e alla sensazione divuoto e di pieno.La madre che partorisce il suo bimbo o lasua bimba si svuota d’una interiorità cheaveva in grembo. Ora ha il suo bimbo (ola sua bimba) che le dà pienezza, ma den-tro nell’anima le rimane un’impressione divuoto. Un altro baluardo inespugnabile èl’amicizia, che fra i beni non consumisticiè forse quello più ricercato. A volte, piùdelle storie d’amore, l’amicizia ci fa contat-tare gioie e dolori, notti e improvvisi lucori.

Come poi non provare stupore bambino,meraviglia, quando ci troviamo a costeg-giare la grazia e la bellezza. Il bello, in tuttele sue molteplici forme, è un antidoto po-tente contro le brutture. La nostra costel-lazione minimalistica s’arricchisce dellasemplicità, che è un gene del Dna codifi-cato contro l’altezzosità e l’insolenza dicertuni, che tendono quotidianamente astuprare il vivente in corsa e ad enfatizzarepateticamente le loro “meravigliose gesta”.Ciò che accomuna gli umani è l’espe-rienza amorosa. L’amore vissuto, o anchequello solo vagheggiato, vezzeggiato.L’amore per una donna o per un uomo èuna mirabilia, che ti fa cogliere la straordi-narietà della Natura e dell’Universo. I pal-piti del sole, i tenui bagliori delle stelle, itrasalimenti rossicci del crepuscolo, l’ar-monia della sera serena. L’amore per un uomo o per una donna tifa vincere la morte, ti dà una luce d’eterno.L’amore per un uomo o per una donna èslancio vitale, è alba che barbaglia sem-pre. Anche quando l’amore è assente, c’èl’attesa che esso possa tornare impreve-duto e prepotente, perché l’amore è dentrodi noi.I poeti hanno dedicato il loro sangue a trat-teggiare la fragile bellezza e l’amore.Come Dino Campana, che celebra unadonna genovese: Tu mi portasti un po’-d’alga marina/ Nei tuoi capelli, ed un odordi vento,/ Che è corso di lontano e giungegrave/ D’ardore, era nel tuo corpo bron-zino:/ -Oh la divina/ Semplicità delle tueforme snelle-/ Non amore non spasimo, unfantasma,/ Un’ombra della necessità chevaga/ Serena e ineluttabile per l’anima/ Ela discioglie in gioia, in incanto serena/Perché per l’infinito lo scirocco/ Se lapossa portare./ Come è piccolo il mondoe leggero nelle tue mani!/

Marcello Buttazzo

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spagine

Rocco, ho letto unosolo dei tuoi scritti(Fratello narra-stor ie! ,Spag ineFondo Verri Edi-zioni, 2015) e mi

viene da dire che mi piace la tua linguaperchè contiene una buona dose dianacronismo (non è una dichiarazioneassoluta, non può esserlo; sarebbetroppo azzardato). Già l’introduzione altuo ricordo di Giorgio Cretì è punteg-giata di parole, qua e là, con macchiedi ruggine. Queste parole ossidate, traaltre più lucide, perché di uso corrente,indicano in modo marcato un distacco.

“Dei passi indietro rispetto all’attua-lità?”, ho subito pensato, proseguendo. L’esperienza di lettore mi suggerisce,tra tante possibilità, che le parolascritte in un ipotetico presente, alcunevolte indietreggiano e altre si portanoavanti. Nulla di trascendentale, per ca-rità (forse sto solo esprimenendo pre-concetti). Sono maniere, mi sembra,che la parole scritte perseguono nellaloro tensione verso la letteratura.Verso qualcosa, cioè, che ambisce adurare poco più dello spazio di un mat-tino della rosa poetica. Qualcosa che,magari, emani fotoni anche singoli aperturbare lievemente il presente.

È una storia di fratellanza, quella di cuitu hai scritto. Nel ricordo di GiorgioCretì, i dati biografici sono accostatialla presentazione per frammenti di al-cuni suoi scritti (Faccellavatu, L’eroeantico, Pòppiti). E tra questi inframezzibrani di tuoi racconti. Così evidenzi lacomunanza di temi nella rievocazionedella vita contadina nelle perifericheplaghe del Basso Salento.

Per tornare all’anacronismo di cui scri-vevo all’inizio, osservo come la tuaprosa, non casualmente fané, qualchevolta ha un andamento placido, che re-stituisce per allusione i ritmi lenti deitempi passati; altre volte subisce ra-pide accellerazioni e condensa inpochi righi anni di biografia.

Alla fine del tuo ricordo di Cretì, indichiper la letteratura il ruolo di maestra divita, ossia di formare e guidare le co-scienze. Ora, leggo abbastanzaspesso giaculatorie sulla fine dei libridi carta. Se questa paura si avvera, siazzererà la funzione dei libri di esseremaestri di vita. Io non credo molto inquesta funzione della letterature esono integrato, non apocalitico, ri-guardo alla fine dei libri. Sono aumen-tati i supporti, i medium, su cui leggere.Mi piace leggere e io li uso tutti. Equesto credo che capiti a buona partedelle persone che amano leggere. Nella chiave di volta del tuo ricordo,però, hai indicato nel mal di Salento lamolla che ha spinto Giorgio Cretì ascrivere racconti ambientati nel Sa-lento. Ricordare, annotare, scrivere,queste le tre azioni che poni alla basedella scrittura, che unisce precisione erigore descrittivo, di Cretì.Più che letteratura maestra di vita, quimi sembra che sia la letteratura cometestimonianza, la letteratura comeestremo baluardo all’erosione implaca-bile del presente. Maestra di vita o te-stimonianza, quanti compiti che sonoassegnati alla letteratura! (E la lettera-tura, come una coperta che è tirata dapiù parti, nel mentre copre meglio unazona forse ne lascia meno copertaun’altra.)

La guida per le giovani coscienze è uncompito posticcio rispetto alla testimo-nianza, io credo. Penso però ancheche la testimonianza, per me una fun-zione fondamentale, possa averecome cascame quella di fornire unesempio formativo.Sia la tua scrittura che quella di Cretìhanno il mal di Salento. Tra i due malic’è una bella differenza. Il tuo è a chi-lometro zero, ed è originato dalla no-stalgia per la scomparsa della vitàcontadina, che così splendidamenterievochi nell’introduzione. In quello diCretì, che dopo il servizio militare sistabilisce in Lombardia, a questa no-stalgia si aggiunge quella della lonta-nanza geografica.Mi viene in mente, a proposito della te-stimonianza, quello che ha scrittoPrimo Levi in I sommersi e i salvati. Sericordo bene, non ho il libro sottomano,lì Levi dice che i veri testimoni dell’or-rore di Auschwitz sono coloro che sonomorti, non i sopravvissuti.Sembra un paradosso, ma non lo è. Alcospetto della testimonianza delle per-sone che sono morte e che non pos-sono più parlare, le parole deisopravvissuti sono una testimonianzaparziale. Tutte le testimonianze dellaletteratura, e non solo, sono parziali.Non fa niente.

Ben venga l’antologia degli scritti diCretì. Io auspico però la pubblicazioneintegrale, se non di tutti, di almeno unodei suoi libri, di cui tu hai fornito piccoliassaggi di scrittura. Una scrittura d’altritempi. Ma di un buon valore letterario,a giudicare dagli stralci.

Massimo Grecuccionella fotografia Giorgio Cretì ritratto da Antonio Chiarello

ai padri!Onore

Su “Fratello narrastorie” da Spagine il ricordo di Giorgio Cretì

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della domenica n°80 - 21 giugno 2015 - anno 3

lettera aperta a Rocco Boccadamo

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spagine

Leggibilmente, “pingula, pingula, barbaria(traduzione sconosciuta), vedi che dice lamia maestra, la mia maestra, la Pignatara,vedi che dice il cucchiaio, il cucchiaio puli-sce pulisce, vedi che dice la trombetta, latrombetta che fa tuu, tuu, esci fuori perché

tocca a te”.Una filastrocca alla buona, vuota di significati e nessi e, per-ciò, leggera, autenticamente d’altri tempi, sopravvissuta astagioni, abitudini, modi d’essere, soli e cieli lontani.E però, ricca della forza del tramando orale fra generazioni,lessico dialettale rigorosamente salvaguardato nella termi-nologia d’origine.Circa sessantacinque anni fa, andava di tanto in tanto scio-rinandomela nonno Cosimo, classe 1879 e omega a cento-due primavere e mezzo, e, ora, m’accorgo che, per incanto,senza il minimo preordino d’idee, sono io, con i miei settantae passa calendari, che, all’ombra della veranda o al frusciolieve dei pini della casetta al mare, la dico e ripeto allabimba bionda, figlia della figlia, che, d’anni, aspetta di com-pierne sei.Nonno Cosimo, il quale, dopo aver avuto per prima zita lavicina di casa Marta, passò ad amoreggiare, si fa per dire,altri tempi, con una seconda giovane del rione “Ariacorte”,di poi sposandola, ecco nonna Consiglia, e procreando in-sieme ben sei eredi.Durante la guerra mondiale 1915/1918, nonno Cosimo erastato soldato a Belluno, esperienza di cui soleva raccontarea guisa, sullo stesso piano e genere delle impressioni edemozioni che, di lì a tanti decenni, sarebbero state riferitedai primi cosmonauti sbarcati sulla luna.Ritornato incolume dalla trincea al lavoro nei campi al pae-sello, mentre brandiva la familiare falce d’una mietitura, inun esercizio, quindi, banale, gli capitò, purtroppo, di perdereun occhio, letteralmente devastato dalla penetrazione di unaspiga. Così che, dovette portarsi avanti una fila di lunghestagioni con l’unico rimastogli, a sua volta, per la verità, acausa del carico di sforzi, a un certo punto compromesso eridotto al lumicino da un’invasione di cataratta.Ad ogni modo, nonno Cosimo, sia pure con un fievole bar-lume di luce davanti a sé, non si fermò, né si lascio andare,sino al raggiungimento del ragguardevole traguardo di ge-netliaci accennato all’inizio.Restò contadino a tempo pieno, già ottantenne e passa, piùvolte al giorno faceva su e giù da casa al vicino piccolofondo di “Monticelli”, sovente, alla controra, vi si trattenevaa interrompere la lunga quotidianità di fatica attraverso unriposino sotto la tettoia, rilassandosi in breve a corpo morto:così assopito, in un’occasione, dai muri della casupola cam-pagnola si calò e discese un serpentello, infilandosi diretta-mente in una manica della camicia. S’immagini il bruscoridestarsi a soprassalto del povero uomo e l’indumento da

lavoro, con relativo ospite, strappato d’addosso con forza eridotto a brandelli!Sorpresa, brutta sorpresa per nonno Cosimo, tuttavia nonpaura vera e propria.Occupazioni agricole, non solamente a “Monticelli”, maanche in altri minuscoli terreni di proprietà assai più distanti,“Marina di Diso”, “Marina d’Andrano”, nonché in appezza-menti di maggiore estensione condotti in regime di mez-zadria, “Magno”, “Bosco dell’Acquaviva” e “Frasciule” neipressi di Castro, accanto al Casino del titolare del fondo,don Gustavo, immancabile destinatario e beneficiario delleprimizie degli alberi da frutta delle “Frasciule”, che nonnoCosimo gli omaggiava di persona nel palazzotto di villeg-giatura, giustappunto a Castro.Dal rione Aracorte alle “Frasciule” si stendevano un paio dichilometri, che, talora, chi scrive, a 6/7 anni, aveva agio dicoprire a cavalcioni sulle spalle dello zio Vitale, rigorosa-mente coprendosi gli occhi, con le palme delle mani, intornoal passaggio davanti al cimitero, bastavano, infatti, quei ci-pressi a suscitargli dentro agitazione e paura.C’era, alle “Frasciule”, una grande vasca scoperta (pilune)ricolma d’acqua piovana, regno permanente di rane e rospigracidanti, ma, talvolta, luogo di sosta di qualche biscia e,allora, via a gambe levate.Nella casetta di pietre, si consumavano, al fresco, i poveri,ma sani e genuini pasti del tempo, in genere acqua e salecon “friselle” inzuppate e una cria d’olio, per cucchiai i gambirobusti di cipollotti appositamente sagomati e arrotondatialla base inferiore, onde poter attingere allo spartano ali-mento nell’unica scodella per l’insieme dei commensali.Nella remota fanciullezza, l’attuale ultra settantenne dai ca-pelli scarsi e bianchi, provava un senso d’impressione alsemplice transito lungo il muro di cinta del camposanto.Adesso, non succede più, quel sito, con i cipressi che, inparte, sono rimasti gli stessi, gli sembra naturalmente fami-liare, forse perché, ivi, sono presenti le tracce di nonno Co-simo e, ancora più, i volti dei genitori che fanno capolinouno accanto all’altro.Una novità a sorpresa, si è appalesata in occasione di unarecente visita alla dimora dei trapassati: sotto la soglia d’unacappella di famiglia, è spuntata e cresciuta rigogliosa unaverde pianta di cappero, come ve ne sono tante, fra terra erocce, nelle marine di queste plaghe e, finanche, sulle atti-gue scogliere profumate di salmastro.Notandola e soffermandomi un attimo con lo sguardo e ipensieri, ho voluto immaginare la provvidenziale opera d’unrefolo di vento che ha spostato, proprio in quel punto e inquel luogo, un seme della pianta in discorso, quasi a volerporre un ricordo di vita a contatto di un’umanità, comenonno Cosimo, che, da breve o lungo tempo, è intenta adarare, coltivare e percorrere campi e strade, finalmente condesueta leggerezza e senza il peso della stanchezza.

di Rocco Boccadamo

Un’antica filastrocca e la “chiapparata” del camposanto

Pingula, pingula...

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spagine della domenica n°80 - 21 giugno 2015 - anno 3racconti salentini

Pingula, pingula, barbaria,vi ce dice la mescia mia,la mescia mia, la Pignatara,vi ce dice la cucchiara,la cucchiara netta netta,vi ce dice la trummetta,la trummetta tuu, tuu,essi fori, ca tocca a tu.

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spagine della domenica n°80 - 21 giugno 2015 - anno 3

La saudadeportogheseincontra lamalìa deicanti tradi-zionali sa-

lentini, tra le corde dellaguitarra portuguesa di MarcoPoeta, ambasciatore del fadoin Italia, e Roberto Licci, vocefatata e storica del Salento,fondatore dei Ghetonìa. Ildisco, il cui titolo tra porto-ghese e griko salentino signi-fica una scintilla nel cuore, èun incontro tra due terre piùsimili di quanto possa sem-brare. Dalle sonorità delle lin-gue (portoghese e dialetto

salentino romanzo) all'ariositàdei canti d'amore e nostalgicidella Grecìa Salentina. Arran-giamenti delicati e calibrati,suoni caldi e tanto pathosfanno di quest'album una verachicca.Marco Poeta e Roberto LicciDalla bossa nova al fado,dalle collaborazioni con jazzi-sti come Franco D'Andrea,Franco Cerri, Enrico Intra,Ares Tavolazzi ai cantautoriFinardi, Dalla, Servillo, Bu-bola, Bindi, Francesco di Gia-como ma soprattutto SergioEndrigo. Marco Poeta è uneclettico chitarrista di cui ènoto il suo amore per la gui-

tarra portuguesa e il fado, peril quale in Italia è un amba-sciatore. Roberto Licci è in-vece una voce unica e storicadella musica tradizionale sa-lentina. Cantante solista primadel Canzoniere GrecanicoSalentino e dal 1992 leaderdei Ghetonìa, famoso ensem-ble dallo stile raffinato e il re-pertorio in griko, idioma dellaGrecìa Salentina. I due si in-contrano per la prima voltaqualche anno fa ed esordi-scono con il disco Mia spittano coração (AnimaMundi)pubblicato grazie al sostegnodi “Puglia Sounds Record2015".

Mia spitta no coraçãoIn uscita, da Anima Mundi, l’album di Roberto Licci e Marco Poeta

Il brano Comu è belluè su www.suonidalmondo.com

in agenda - musica

in agenda - videoarte

Cala il telo su Washing by Watching, larassegna dedicata alla videoarte e alla fo-tografia contemporanea curata dall’asso-ciazione DamageGood all’interno dellaLavanderia Jefferson di Lecce. Dome-nica 21 giugno spetta a canecapovolto,

collettivo attivo in Sicilia dagli inizi degli anni Novanta, chiu-dere la seconda stagione di un progetto curatoriale che haaccolto, tra gli altri, gli interventi di The Cool Couple, Na-styNasty©/blisterZine e Cyop&Kaf. Si tratta di quattro col-lettivi “ibridi”, per filosofia e tipologie di ricerca artistica, cheattraverso il talk informale – strumento principe degli ap-puntamenti in calendario – si sono confrontati su metodi epratiche collaborative, rappresentazione, spazio pubblicoe paesaggio, main core della rassegna, approntandoanche diversi interventi installativi all’interno di questa lo-cation d’eccezione, la Lavanderia Jefferson, per l’appunto.Ospiti dell’ultimo appuntamento canecapovolto. In unacontinua sperimentazione, supportata dall'uso di vari mezziquali film acustici, video, installazioni, happening, collage,il gruppo sviluppa un'indagine sulle possibilità espressivedella visione e sulle dinamiche della percezione, adope-rando tecniche originali di trattamento e manipolazione del-l'immagine. Partendo dal cinema, dunque da esperimentivisivi e sonori inizialmente legati al cortometraggio in super8, canecapovolto ricorre a diverse pratiche di produzioneaudio-video, "sabotando" l'immagine mediatica di partenzacon l'intento di attuare strategie di spiazzamento, rivol-gendo grande attenzione alla matrice scientifica della co-municazione e alla risposta nello spettatore.Per Washing by Watching volume quattro il collettivo ap-profondirà gli aspetti legati alla loro produzione di film acu-stici ed altri modelli di narrazione sonora all’interno dellasezione speciale Spin Cycle della rassegna, che comeogni edizione, chiude il cerchio nella rassegna. L’appunta-mento è alle 19, in via Egidio Reale, a Lecce. A seguire,alle 21, l’afterparty con il djset a cura di Federico Primiceriche si terrà presso Il Baroccio, a pochi passi dalla lavan-deria.

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spagine della domenica n°80 - 21 giugno 2015 - anno 3in agenda - giornalismo

Marco Dami-lano, Ric-cardo Luna,M a r i a n n aAprile, Ales-sia Rotta,

Massimo Bray, Vittorio Alvino, LucaBottura sono alcuni degli ospiti di“Io non l’ho interrotta. La secondaRepubblica parla troppo?", rasse-gna dedicata al giornalismo e allacomunicazione politica che si terràvenerdì 3 e sabato 4 luglio tra SanCesario di Lecce e Lecce.Il numero zero della rassegna - chevedrà la partecipazione di docentiuniversitari, giornalisti, esperti dicomunicazione, social media mana-ger, politici - vuole indagare, tra ilserio e il faceto, l'attuale situazionedella comunicazione politica in Italiaattraverso l'analisi del linguaggio edei social, delle parole e dei com-portonamenti dei giornalisti e dellaclasse politica ma soprattutto ana-lizzare le contraddizioni tra "il dire"e "il fare".La manifestazione sarà suddivisa indue fasi: un seminario mattutino euna rassegna serale. Nel corsodelle due serate del 3 e 4 luglio(dalle 20.30 alle 23.30 circa) l 'exDistilleria De Giorgi di San Cesa-rio di Lecce ospiterà alcuni incontriper discutere di giornalismo e poli-tica, comunicazione e social net-work.

Tra gli ospiti (il programma è ancorain fase di completamento) RiccardoLuna (giornalista e Digital Cham-pion), Marco Damilano (giornalistal’Espresso – Gazebo), MassimoBray (Direttore editoriale Treccani),Alessia Rotta (responsabile comuni-cazione del Partito Democratico),Elisabetta Piccolotti (responsabilecomunicazione Sinistra Ecologia elibertà), Marianna Aprile (giornalistaOggi), Vittorio Alvino (presidentedell’associazione Open Polis), Gen-naro Pesante (giornalista), StefanoCristante (sociologo), Dino Amen-duni (esperto in comunicazione po-litica), Luca Bottura (voce storica diRadio Capital), Adelmo Monachese(autore di Lercio), Antonello Taurino(attore, autore e regista), Fulvio To-taro (giornalista TgrPuglia), UbaldoVillani Lubelli (giornalista e ricerca-tore universitario), Serena Fortu-nato (esperta di comunicazione),Alessandra Lupo (giornalista NuovoQuotidiano di Puglia), Gabriele DeGiorgi (giornalista LeccePrima.it edirettore Salento Review) e GiorgioScolozzi (blogger).Sabato 4 luglio (dalle 10 alle 12)nell’Open Space di Palazzo Carafaa Lecce si terrà, invece, il seminarioOpen Data: Leggere, Compren-dere, Informare. Cosa sono gliopen data? Cos’è che rende que-sti dati davvero aperti e accessi-bili? Di quale tipo di dati stiamo

parlando? Cosa devono fare igiornalisti per leggere, compren-dere e trasferire ai proprilettori/utenti le informazioni nelmiglior modo possibile?A queste e altre domande rispon-derà Vittorio Alvino, presidente del-l'Associazione Open Polis che, daquasi dieci anni, lavora con gli opendata, fa progetti open source, pro-muove l’open government. Costrui-sce polis su internet, comunitàpolitiche autonome e libere in cuiogni abitante partecipa alla vita col-lettiva e alla costruzione del benecomune, come nelle città stato dellaGrecia antica, la forma più antica epiù pura di democrazia (Infowww.openpolis.it). Il seminario è or-ganizzato in collaborazione conl’Ordine dei giornalisti della Puglia edarà diritto a 2 crediti per tutti gliiscritti all’Ordine dei giornalisti.La manifestazione è organizzata da(Ri)Generazione Politica e l’Alam-bicco in collaborazione con Xoff.Conversazioni sul Futuro e Coope-rativa Coolclub, con il patrocinio e ilsostegno del Comune di San Cesa-rio di Lecce, del Corso di Laurea inScienze della Comunicazione del-l'Università del Salento e di alcuneaziende private.Si può sostenere la rassegna conuna piccola "promessa" su Produ-zioni dal basso.

Tra San Cesario e Lecce il 3 e il 4 luglio il numero zero della rassegna

“Io non l’ho interrottaLa seconda Repubblica parla troppo?"

Spagine è un periodico di informazione culturale dell’Associazione Fondo Verri

esce la domenica a cura di Mauro Marinoè realizzato nella sede

di Via Santa Maria del Paradiso, 8.a , Leccecome supplemento a L’Osservatore in Cammino

iscritto al registro della Stampa del Tribunale di Leccen.4 del 28 gennaio 2014

Spagine è stampato in fotocopia digitale a cura di Luca Laudisa Studio Fotografico San Cesario di Lecce

Programma delle Attività Culturali della Regione Puglia2015 Artigiana - La casa degli autori*SpagineFondo Verri Edizioni

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spagine della domenica n°80 - 21 giugno 2015 - anno 3in agenda - musica

Vento

Il 19 giugno è uscito il singolo “Vento”, canzone scritta a sei mani daIrene Scardia, Daniele Vitali e Carolina Bubbico e interpretata dalcollettivo musicale Workin’ Family. L’idea nasce dalla partecipazionedell’etichetta pugliese Workin’ Label al bando “Salento in Musica” in-detto da Puglia Sounds nel 2014 allo scopo di incoraggiare la produ-zione di musica che interpretasse una visione di cambiamento e di

valorizzazione del territorio.Entusiasti dell’idea gli autori si sono messi al lavoro concependo la canzone“Vento” che, tra strofe rap e andamento funk, si fa portavoce di nuove idee, posi-tività ed energia vitale. “Dalle pietre del Barocco soffia dolce il cambiamento. Io cisono dentro!” canta il refrain della canzone immaginando, lontani da intenzionicampanilistiche, che il vento portatore di cambiamento e di buone visioni provengadalla terra salentina, la cui immagine è sintetizzata nella pietra leccese. “Vento”arriva in breve tempo nelle sale di Sudestudio, noto studio di registrazione salen-tino, e prende forma negli arrangiamenti di Carolina Bubbico e i suoni di FilippoBubbico, sound engineer nella sessione di registrazione e dei musicisti che hannocomposto il collettivo Workin’ Family: Fabrizio Palombella al basso, Mimmo Cam-panale alla batteria, Roberta Mazzotta interprete degli archi e una sezione fiaticomposta da Emanuele Coluccia sax, Gaetano Carrozzo trombone e AlessandroDell’Anna tromba; le voci sono della stessa Carolina Bubbico e di Daniele Vitali.

Nella foto Carolina Bubbico ritratta da Bursomanno

da Workin’family

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Esce oggi Donne inblack la compilationche raccoglie le vocifemminili italiane diblack, soul e reggaemusic. Il progetto nasce

da un’idea di Alessandra Margiotta a cuiin questa pagina rivolgiamo alcune do-mande. La giornalista salentina - redat-trice del sito Music in Black con il qualepromuove tutta la black music - ha cer-cato e selezionato le tredici cantanti dellacompilation. Il progetto è supportato dalMei e dall’etichetta discografica Irma Re-cords. La track list è composta tutta davoci femminili e presentano tutte brani ori-ginali. La compilation sarà presentata daAlessandra Margiotta e Giordano San-giorgi durante il #NuovoMei che si svol-gerà dal 1 al 4 ottobre 2015 a Faenza.

Perché e da cosa nasce questa com-pilation di voci black femminili e qualeil motivo che muove il progetto?È un’idea che avevo da diverso tempo edaspettavo il momento giusto per poterlarealizzare. Ne ho parlato un giorno al fon-datore del Mei Giordano Sangiorgi, cheha accolto il mio progetto con entusiasmoe da lì è iniziato il mio lavoro di ricerca escoperta di queste voci femminili. Il mo-tivo di questa compilation è principal-

mente quello di mettere la donna al cen-tro della musica dove spesso ricopre unruolo marginale soprattutto nella blackmusic. Voci promettenti e piene di talentoche spesso si trovano a fare solo le cori-ste o, addirittura, ad abbandonare la mu-sica. Basta guardare ad esempio i gruppimusicali, quante donne vediamo suonarein ogni band? Davvero poche. Spero chequesta compilation sia di aiuto ad ognunadi loro dal punto di vista della visibilità chepossono trarne e che possa essere unostimolo per fare sempre di più, per nonsottovalutare il proprio talento e per lot-tare al raggiungimento dei propri obiettivi.Spero che ognuna possa realizzare il pro-prio ‘sogno nel cassetto’.Le protagoniste che hai scelto sonotutte italiane? C’è una scena chenasce dai movimenti migratori?Le artiste che ho scelto sono italiane edalcune straniere ma in ogni modo semprelegate al nostro Paese. Il motivo è volutodal fatto di voler valorizzare artiste italianeperché l’Italia è ricca di talenti nascostitutti da scoprire… basta solo cercare. Neapprofitto per citarle tutte, sono tredici:Azzurra, Francisca, Jahba, Jennifer Villa,La Marina, La Nena, Layla Yallow, SimpleMomy, Sista Namely, Sistah Awa, Tizla,Vahimiti e Valentina Benaglia.Le voci femminili sono sempre state

organiche alla scena black italiana?Se no, quando hanno iniziato ad emer-gere?Di talenti femminili ne abbiamo davverotanti, c’è chi è riuscito ad emergere ma cene sono tante che invece avrebbero biso-gno di aiuto. Donne in Black nasce ancheper questo, per aiutare a dar loro un po’di visibilità sulla scena.Tu sei un’attenta osservatrice di tuttociò che suona in Italia. Puoi raccon-tarci la scena black in Italia?L’Italia è un Paese con grandi potenzia-lità, abbiamo validi artisti e musicisti nellablack music e spesso questi talenti nonnascono dai talent show. Mi accorgospesso però che gli italiani guardanomaggiormente e supportano gli artististranieri a discapito di quelli della nostraterra. Va bene guardare oltre i confini mache sia uno sguardo costruttivo e cheaiuti nella crescita musicale, e non unaforma denigratoria nei confronti dei pro-dotti italiani. Dobbiamo prima valorizzare,con sguardo critico, i talenti che abbiamonoi e poi guardare oltre i confini in modocostruttivo.

Mauro Marino

www.musicinblack.orgLink per ascoltare Donne in Black su Deezer:

https://www.deezer.com/album/10618370

spagine della domenica n°80 - 21 giugno 2015 - anno 3in agenda - musica

Donne in blackEsce oggi la compilation a cura di Alessandra Margiotta

In ottobre la presentazione al #NuovoMei di Faenza

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spagine

Tutti in sella a una biciletta con il Ciclotourdi San Giovanni! L’iniziativa di Città Fer-tile (Gruppo Tecnico Orizzontale per leStrategie Urbane Partecipate) è il fioreall’occhiello della Fiera di San Gio-vanni, a Zollino il 23 e il 24 giugno.

L’appuntamento è per mercoledì 24 giugno, con ritrovoin via Vittorio Emanuele (presso Palazzo Raho) alle16.15, per un suggestivo percorso lungo 18 chilometri trapietre e acqua.Coloro che non dispongono di una bicicletta potranno pre-notarla inviando una mail a [email protected] entroil 23 giugno o comunque presentandosi entro le 16.00 inpiazza san Pietro. Sempre in piazza sarà allestita unaciclo-officina mobile dove poter riparare la propria bici.L’escursione rientra nel progetto «Stone.trad», finanzia-mento Interreg Stone and Tradition, l’arte della pietra traGrecìa ed Epiro. All’organizzazione, con Città Fertile, Sa-lento Bici Tour, In-Cul.tu.re - Futuri Possibili, Puglia Me-galitica, Meditfilm, Ciclofficina popolare Bicivetta.Non è tutto: entrambi i giorni della festa vedranno prota-gonista la comunità. La sera del 23 giugno, dalle 21, il La-boratorio urbano To Kalò Fai - Salento Km0dell’associazione Meditfilm, propone un dialogo tra i rap-presentanti di diverse realtà locali e la giornalista TizianaColluto sul tema: Coltivatori di cambiamento. Per unanuova cultura rurale.Il 24 invece, dalle 21.30 il progetto di ricerca In-Cul.tu.representa una tavola rotonda con Gabriele Miceli daltema: Coltivatori di cambiamento. Pratiche di sostenibilità,alla quale parteciperà anche Città Fertile. Sempre il 24 giugno a Palazzo Raho sarà inaugurata unasezione espositiva per gli esperimenti di comunità, dueprogetti in itinere ideati e attuati dal Comune di Zollino eda Città Fertile: «Aleola» e «Topos = Logos».Aleola è un percorso didattico realizzato con l’istituto sco-lastico di Zollino insieme all’illustratore Alberto Giamma-ruco e della designer Donata Bologna per la definizionedi un’immagine identitaria del paese. Topos=Logos è una ricerca sulla toponomastica storicadel territorio comunale realizzata con l’ etno-antropologae linguista Manuela Pellegrino. Una ricognizione di tuttele fonti scritte per la ricostruzione della mappa dei topo-nimi delle campagne zollinesi, una georeferenziazionecon la tecnologia gis e la ricostruzione dell’apparato eti-mologico.

Info: https://www.facebook.com/Fiera.San.Giovanni.ZollinoCittà Fertile al numero: 3287345384

tra partecipazione

AZollino mercoledì 24 giugno, dalle 21.30, inPiazza San Pietro l’Associazione culturalePapagna presenta l’Orchestra Popolare diVia Leuca. L’orchestra è il risultato di unanno di ricerca musicale e antropologica te-nutasi nel quartiere Leuca della città di

Lecce. L’indagine che ha avuto come fine la creazione di un’or-chestra musicale appartenente al quartiere, ha messo in evi-denza le diverse entità etniche e spirituali che lo abitano:dall’etnia indiana di religione Sikh con il loro tempio sito nelquartiere, al coro di religione cattolica dell’associazione Mi-grantes di Lecce, che accoglie le sonorità africane del Keniaed i canti cattolici cantati in lingua malawi, passando per l’an-tica danza sufi del lato arabo del Mediterraneo. L’orchestrariassume lo scambio tra culture, mescolando alla spiritualitàculturale la convivenza e la condivisione tra gli abitanti delquartiere, mettendo in evidenza l’antico spirito di accoglienzadel Salento.L’orchestra popolare di via Leuca, vede nella sua compagine:Richard Gathiomi Murigu, rappresentanti dal Coro Migrantes,Antonio Castrignanò, Meli Hajderaj, Ramis Muthupitchchi, Giu-seppe Spedicato, Gianni Gelao, Laura De Ronzo. La direzioneartistica è di Raffaella Aprile; la direzione musicale è di RoccoNigro. Produttore esecutivo Emanuela De Giorgi.

Il 23 e il 24 giugno a Zollino per la Fiera di San Giovanni

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e cambiamentoLa tradizione

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Escursione turistica,molto facile e adatta atutti con pochi Km dipercorrenza, visto ilcaldo. Il percorso cheMeditazioni in Movi-

mento propone sarà volto alla cono-scenza di Lama d'Antico e del tempiettodi Seppannibbale in zona Fasano.

Il Parco Rupestre Lama D’Anticoospita uno dei più suggestivi insedia-menti rupestri della Puglia; all’interno diesso è possibile esplorare le diversestrutture che dovevano far parte del vil-laggio (X-XVI secolo d.C.): l’imponentechiesa scavata nella roccia, le grotte abi-tazioni e quelle legate al lavoro.Nell’area del Parco rientrano anche le in-cantevoli chiesette rupestri di San Lo-renzo e San Giovanni dalle splendide evivaci decorazioni pittoriche.L’intero percorso si svolge all’interno diun incantevole paesaggio naturale ani-mato da uliveti e profondamente im-merso nella macchia mediterranea.Successivamente ci sposteremo con lemacchine per visitare il tempietto di Sep-pannibale. Terminata la visita tutti inacqua a Savelletri. E per chi ne avessepiacere, al tramonto ci possiamo fermare

per una frittura di pesce in riva al mare.Nel parco rupestre di Lama d’Antico, SanGiovanni e San Lorenzo è riconoscibileun insieme di temi intrecciati tra loro, lacui varietà interpreta la complessità e laricchezza del sito.La lama sui cui fianchi si aprono le grotteche compongono il villaggio rupestreoffre una rara isola di naturalità: inattesipercorsi di natura si svolgono tra la mac-chia e le colture; straordinario è il pae-saggio agrario storico in cui è immerso ilvillaggio tra cui spicca un giardino degliulivi in cui ciascun albero appare unicoper forma e forza evocativa.Sulle pareti delle grotte e sulla roccia èscritto il racconto della pietra, con la suaricchezza di fossili, segni e storiaIl villaggio rupestre rileva le tracce del vi-vere quotidiano e delle attività domesti-che nelle grotte, tra gli innumerevolisegni del lavoro dell’uomo legati alle at-tività produttive del villaggio e le traccedelle vie dell’acqua, laboriosamentecreate per soddisfare il bisogno primariodi raccogliere e conservare la preziosa ri-sorsa.Accanto ai segni della vita quotidiana edel lavoro, appaiono, straordinarie e ina-spettate, le chiese rupestri: magistrale èla sapienza con cui sono state scavate le

forme del sacro, cui si associano i colorie le espressioni delle vivaci ed intensedecorazioni pittoriche che le arricchi-scono.E non solo segni nella roccia, ma anchereperti, tracce del passato restituite allaricerca archeologica, che attestano lamillenaria frequentazione del sito daparte dell’uomo.Temi e suggestioni si lasciano scoprirepoco alla volta, un dettaglio dopo l’altro,e ogni volta da angolazioni e con sfuma-ture differenti, mutevoli nel corso dellagiornata e delle stagioni.

Note tecniche:Difficoltà: facile/ turisticaLunghezza del percorso: 3/4 KmDislivello: trascurabileDurata: 5 oreAttrezzatura richiesta: scarpe da trekking, pantaloni lun-ghi, giacca a vento, cappello, crema solare, costume dabagno, telo mare, ricambio (pantaloni, maglietta, calzini,etc), zaino giornaliero con acqua e pranzo al sacco, mac-china fotografica, torcia.

Quota di partecipazione: € 12 per chi è già socio. +€10per chi non è ancora socio (necessario per aderire alleiniziative dell'associazione, comprensive di iscrizione epolizza assicurativa)

Partenza: ore 13:30 presso Bar Liberty di Brindisi. Oppure14:30 appuntamento presso il parco Lama D'Antico.

Guida: Luigina Geusa 320/9771234

In camminonel Parco Rupestre

Domenica 5 luglio un’escursione in zona Fasano

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spaginein agenda - l’appuntamento

L'Associazione Barriere al Vento presentadomenica 21 giugno, dalle 19.00, alle Offi-cine Martinucci a Galatina, sulla via per So-gliano, “Segni di una comunità - Arti einclusione sociale: primo evento di Commu-nity Dance” una performance a cura della

coreografa Chiara Dollorenzo. "Le parole non dicono tutto,l’arte nelle sue molte forme, dà la possibilità di esprimersi,di raccontarsi, di conoscerci... Questo accadrà! Tutti insiemenel grande gioco della pittura e della danza...” così recital’annuncio dell’iniziativa che coinvolgerà persone con di-versa abilità. Una dimensione corale che costruisce “aiuto”e solidarietà attraverso il contatto e il movimento.Ecco di seguito uno stralcio del diario di lavoro redatto daViviana Indraccolo: “Tutti seduti. Nessuna differenza tra chiè su una sedia a rotelle e chi su una normale. Ci si saluta, si

sbadiglia, ci si stiracchia. Movimenti leggiadri con mani ebraccia in alto a toccare il cielo e poi schhh in giù verso terraper ricevere riposo. Si piegano, si allungano in movimenti si-nuosi a tramare forme nello spazio. Mani si trovano, bracciasi cercano. Si muovono come fossero serpenti. S'intrec-ciano, ruotano. È una danza esotica. S'iniziano a formare lelettere con il corpo e si aggiunge anche la voce... T, bracciaaperte; O, chiuse a cerchio; I, in verticale. Braccia che scen-dono piano, schhh, come una pioggia che scroscia. Fragilità,equilibri mantenuti dal sostegno del compagno... La fiducia,il lasciarsi andare tra persone incontrate per la prima volta.In un presente che chiama tutti a mettersi in gioco. Un vor-tice di corpi. Una moltitudine di corpi che si muove. Non è così nel Mondo? C’è da sperare accada in pace. Sor-ridendo!

Segni di una comunità

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Oggi a Galatina, l’Associazione Barriere al vento propone

“Arti e inclusione sociale: primo evento di Community Dance”