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Como ecoinformazioni 373 | DIC | 06 TEMA | IDENTITÀ Ecoinformazioni da fare • Mensile • Tariffa R.O.C.: Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 ( conv . in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, DCB (Como) • Direttore responsabile Gianpaolo Rosso • Stampa Gr afica Malima

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ECOINFORMAZIONImensile della provinciadi Como

via Anzani, 922100 Comotel [email protected]

Sede legalevia Anzani, 9 22100 Como

DirezioneAntonia Barone,Gianpaolo Rosso

RedazioneBarbara Battaglia, EmilianoBerti, Fabio Cani, SavianaCamelliti, Elena Capizzi,Luciana Carnevale, MaraCavalzutti, Tatiana Cerutti,Laura De Agazio, Patrizia DiGiuseppe, Francesca DiMari, Chiara Donghi, LauraFoti, Cinzia Funcis, AlbaEletto, Micaela Landoni,Danilo Lillia, MarcoLorenzini, Francesca Nieto,Bruno Perlasca, JormaPeverelli, Paolo Portoghese,Rossella Rizza, AndreaRosso, Lorenzo Sanchez,Manuela Serrentino,Francesca Solera, MicolTummino, Laura Verga,Elena Vinci

Grafica e impaginazioneNatura e comunicazioneComo

Abbonamenti(insieme al mensile Laria)Annuale (12 numeri + DVD):50 euro. Annuale contessera Arci -ecoinformazioni e bollinoAgis: 64 euro. Versare sulccp n. 15767460 intestatoa Associazioneecoinformazioni,via Anzani 9 22100 Como

Proprietà della testataAssociazioneecoinformazioni - Arci

RegistrazioneTribunale di Comon. 15/95 del 19.07.95

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LA FINE DEL LAVORO (E DI UNA FABBRICA)FABIO CANI

In questo 2006, ormai giunto al termine, si sono celebrati i cento anni dellaCgil (che per la Camera del Lavoro di Como sono centocinque) e i sessanta annidalla morte di Achille Grandi, figura fondamentale del sindacalismo cristiano efautore, a cavallo della Liberazione, dell’unità sindacale.I due anniversari sono stati l’occasione per una riflessione non episodica sullastoria del movimento di lavoratori e lavoratrici nelle sue varie componenti eper una valutazione del ruolo attuale e futuro del sindacato.In anni recenti si è spesso parlato di “fine del lavoro” (intendendo con tuttaevidenza “fine del lavoro dipendente”), ma in realtà si è solo cercato di chiude-re il sipario senza preoccuparsi se lo spettacolo fosse o meno davvero finito.Paradossalmente, infatti, questa è l’epoca in cui si assiste a un’espansione dellavoro dipendente e ancor di più di quello manuale, quindi del lavoro nella suaforma più elementare, più “primitiva”, direbbe qualcuno. Semplicemente, illavoro più “duro” è stato rimosso: rimosso dal primo mondo ricco e scaricatosul terzo, o quarto, mondo povero. Direttamente, confinando alla periferia del-l’impero le lavorazioni più sporche, o indirettamente, delegando agli immigratii ruoli più pericolosi. Il lavoro non è affatto finito, ma solo sottratto alla vista.Il rischio però, secondo l’antico proverbio, è che se l’occhio non vede, il cuorenon dolga. Perché da dolersi, ahimè, c’è ancora molto: c’è lo sfruttamentocrescente e la disoccupazione cronica, c’è la riduzione dei diritti e la crescitadelle morti sul lavoro, c’è l’impoverimento del tessuto produttivo e la scompar-sa della cultura del lavoro.Su tutto questo e su altro ancora, i sindacati, nelle loro varie componenti,hanno fatto uno sforzo di riflettere. Si può valutare che la riflessione sia insuf-ficiente e che le soluzioni praticate siano sbagliate. Ma quello che non si puòfare è credere che questo sforzo riguardi solo loro. Purtroppo, infatti, da questimomenti di riflessione e di approfondimento, la città e il territorio sono rimastidistanti e con loro i politici e gli intellettuali.Resta solo da sperare che quando la gloriosa Tintoria Comense (o Ticosa che dirsi voglia) verrà demolita, il che accadrà tra breve, qualcuno si ricordi che lìc’era un luogo di lavoro che, proprio in quanto tale, ha svolto un ruolo determi-nante nella storia, nella cultura e negli ideali della città.

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AMBIENTEEcco i risultati preliminari dell’esperimento pilota del

progetto Pumping System per il risanamento del primo

bacino del Lago di Como attraverso l’incremento del

ricambio delle acque superficiali | Lago sanoDIEGO COPETTI*, MARGHERITA CANEPA*, GIANNI TARTARI*, SABRINA ZAFFARONI*

La storiaPer rispondere alla necessità di risa-nare il primo bacino del Lago di Como(la porzione più meridionale del baci-no occidentale su cui si affaccia lacittà di Como), il Centro di CulturaScientifica A. Volta di Como ha costi-tuito e coordinato (grazie al sostegnodella Provincia di Como, della Fonda-zione Provinciale della Comunità Co-masca, della Camera di Commercio diComo e di Banca Intesa) un gruppo dilavoro composto da ricercatori edesperti afferenti alle principali univer-sità e ai principali istituti di ricercalombardi. Al gruppo di lavoro hannopartecipato anche rappresentanti deiprincipali enti pubblici deputati allagestione e al monitoraggio dell’ecosi-stema lariano. Il gruppo di lavoro haultimato, nel mese di maggio 2006,una proposta di risanamento denomi-nata Progetto “Plinius”. Il progettoWAEES (West Arm Exchange Enhance-ment System), noto ai più con il nomedi “Pumping System”, rappresenta untassello del mosaico di nove propostenate in Plinius ed è stato avviato conl’ulteriore sostegno di Comune di Comoe Fondazione Cariplo. Tale progetto siconcentra su due aspetti principali:1. la messa a punto di una azione dirisanamento diretta e specifica per ilprimo bacino del Lago di Como (stra-tegia a breve termine);2. lo sviluppo di un modello tridimen-sionale idrodinamico-ecologico pervalutare le risposte dell’ecosistemalacustre all’intervento diretto sul pri-mo bacino, nonché gli effetti di in-

terventi volti alla riduzione del caricoinquinante (strategia a lungo termi-ne).Tale modello rappresenta lo strumen-to chiave per armonizzare l’interven-to diretto con le diverse azioni, dilungo respiro, volte alla riduzione deicarichi inquinanti. L’obiettivo finaleè di massimizzare il processo di recu-pero dell’ecosistema in funzione dellasua capacità assimilativa complessi-va e in funzione dei diversi usi a cuil’ecosistema è sottoposto (pesca, ri-creazione, uso potabile ecc.).Il progetto è frutto del lavoro con-giunto di ricercatori del CWR e del-l’IRSA-CNR, che hanno sviluppato eintegrato l’idea originale del prof. JörgImberger, direttore del Centre for Wa-ter Research, ed è quindi condotto daun gruppo di lavoro internazionale.

Il problema ecologicoLo stato attuale della qualità delleacque nel primo bacino del ramo oc-cidentale del Lago di Como è forte-mente influenzato dall’assenza di unemissario naturale, da una forte stra-tificazione termica estiva e da condi-zioni di vento generalmente deboli chefavoriscono l’accumulo di sostanzenutrienti (quali fosforo e azoto) e dialtri inquinanti provenienti da baci-no. Tale situazione conduce, inoltre,all’accumulo di batteri patogeni pro-venienti dagli scarichi domestici e allosviluppo di abbondanti fioriture alga-li potenzialmente tossiche. Alcune diqueste specie algali, appartenenti alraggruppamento delle “alghe blu-ver-

di” (o cianobatteri), si aggregano infitte colonie galleggianti di coloreverde brillante riducendo fortementela trasparenza dell’acqua e producen-do, in particolari condizioni ambien-tali, sostanze dannose per i popola-menti lacustri e per l’uomo, note conil nome di ciano-tossine. Queste pro-blematiche si riflettono negativamen-te sull’equilibrio ecologico primo ba-cino, compromettendo la sua fruizio-ne a fini balneabili e il suo aspettoestetico.

L’ideaL’idea su cui si basa l’intervento di-retto sul primo bacino è di favorire ilricambio delle acque superficiali difronte alla città di Como con acquepiù pulite provenienti da centro lagoattraverso l’uso di un sistema di mi-scelatori. Con questo sistema le ac-que di superficie sono spinte ad unaprofondità di circa 15-20 metri limi-tando la presenza di alghe potenzial-mente tossiche e batteri fecali; duetra i diversi problemi che compromet-tono la qualità delle acque nel primobacino del Lago di Como.Il flusso indotto dal sistema di mi-scelatori sfrutta il salto termico esi-stente nelle acque del Lago di Comodurante il periodo estivo. D’estate,infatti, la colonna d’acqua del lago ècaratterizzata da uno strato superfi-ciale maggiormente miscelato contemperature comprese tra i 21 e i 25°C(epilimnio). All’epilimnio segue unmarcato salto termico (metalimnio)che si estende tra i 20 e i 40 m in cui

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la temperatura varia da circa 20 a cir-ca 7,5° C. Sotto il metalimnio (ipoli-mnio) la temperatura diminuisce mol-to più lentamente fino a raggiungerevalori prossimi ai 6-7° C. Il profilodella densità segue invece un com-portamento inverso con valori più ele-vati sul fondo (acque più pesanti) evalori minori in superficie (acque piùleggere). Tale gradiente di densità ren-de la colonna d’acqua del Lago di Comoestremamente stabile ovvero è neces-sario un elevato lavoro meccanico perottenere un suo completo rimescola-mento.Una volta spinte in profondità dal-l’azione dei miscelatori, le acque su-perficiali, giungendo al metalimnioincontrano una barriera idrodinamicache induce una controcorrente profon-da. A causa della struttura del bacinooccidentale (stretto e senza un emis-sario naturale) l’effetto complessivodel sistema di miscelazione è di in-durre una corrente superficiale da norda sud e una controcorrente profondacon direzione opposta che danno luo-go a una sorta di nastro “trasportato-re idraulico” che ricambia continua-mente le acque superficiali del primobacino.L’utilizzo del sistema di miscelazionecostituisce una strategia a breve ter-mine che non agisce direttamente sul-le cause del degrado, ma sui mecca-nismi interni di funzionamento del-l’ecosistema lacustre. La strategia abreve termine rappresenta solo la pri-ma parte di un progetto che, sul lun-

go periodo, punta a ridurre le sorgen-ti inquinanti distribuite nel bacino alfine di ottenere un miglioramento du-revole della qualità delle acque delLario (strategia a lungo termine). Ilprogetto, infatti, contempla lo svilup-po di uno strumento modellistico disupporto alla gestione del Lago diComo che consentirà di guidare unapolitica complessiva volta alla ridu-zione dei carichi inquinanti. Ciò po-trà essere raggiunto mediante unaserie di interventi, alcuni dei quali giàpianificati dalle autorità competenti,come per esempio: lo spostamento deldepuratore di Como dalla convalle inlocalità Monte Baradello; il comple-tamento dell’allacciamento delle uten-ze alla rete fognaria e dell’integrazio-ne di quest’ultima nel sistema di col-lettamento ai depuratori consortili.

I modelli e gli strumenti di misurain continuoI laghi sono sistemi complessi chereagiscono a input esterni e interni.La risposta a interventi di recuperodipende da un elevato numero di pro-cessi fisici, chimici e biologici tra lorointimamente dipendenti. La gestionedei laghi deve quindi tenere conto ditutte queste sinergie in una adeguataprospettiva scientifica. In questo sen-so uno dei più potenti strumenti re-centemente sviluppati nella limnolo-gia applicata è rappresentato dai mo-delli idrodinamici-ecologici tridimen-sionali, in grado di risolvere i princi-pali processi fisici e chimico-biologi-

ci che si verificano nell’ecosistemalacustre.I due modelli utilizzati nell’ambito delprogetto Pumping System, ELCOM eCAEDYM sono entrambi sviluppati dalCWR. ELCOM (Estuary and Lake Com-puter Model) è un modello idrodina-mico tridimensionale usato per predi-re la distribuzione della velocità, del-la temperatura e della salinità in cor-pi idrici naturali soggetti a forzantiambientali esterne quali l’azione delvento, il riscaldamento o il raffredda-mento superficiali. CAEDYM (Compu-tational Aquatic Ecosystem DynamicsModel) è un modello ecologico svilup-pato per essere accoppiato a driveridrodinamici. Esso include una rappre-sentazione completa dei cicli del car-bonio, dell’ossigeno, dell’azoto, delfosforo e della silice e può essere con-figurato al fine di simulare il compor-tamento delle principali specie fito-planctoniche e zooplanctoniche. Ac-coppiato a ELCOM può essere applica-to a laghi, serbatoi ed estuari, al finedi riprodurre i principali processi eco-logici osservati. Entrambi i modellisono stati testati e verificati in diver-si laghi, lagune e serbatoi distribuitiin: Stati Uniti, Canada, Messico, Co-lombia, Venezuela, Brasile, Argentina,Italia (laghi di Pusiano, Como e Fia-stra, Lagune di Venezia e di Barba-marco), Germania, Grecia, Israele,Giappone, Singapore e Australia.Lo strumento modellistico, in corso sisviluppo, è integrato da un insiemedi misuratori in continuo che insieme

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a misurazioni più tradizionali (quali ilmonitoraggio della qualità delle ac-que) forniscono i dati in entrata (inputal modello) e le informazioni per laverifica delle simulazioni (output delmodello). In particolare le simulazio-ni della fisica lacustre si avvalgono diun sistema di misuratori in continuo,unico nel continente europeo, costi-tuito da tre stazioni flottanti LDS(Lake Diagnostic Sistem) che misura-no le principali forzanti meteorologi-che agenti sulla superficie del lago ele risposte della colonna d’acqua at-traverso una catena di sensori per lamisura della temperatura. La primastazione di misura è stata installatain prossimità della Città di Como nelnovembre 2004 (nell’ambito del Pro-getto SimuLake sostenuto dall’Istitu-to Nazionale della Montagna e coor-dinato dall’IRSA-CNR) mentre le altredue sono state installate, nell’ambitodel Progetto Pumping System, nei pri-

mi giorni di ottobre 2006, rispettiva-mente in Alto Lario e nel ramo di Lec-co. Ciò ha consentito di ottenere unadescrizione rappresentativa delle con-dizioni meteorologiche e delle rispo-ste dell’intero lago, necessarie perottenere simulazioni attendibili deiprocessi fisici e per la pianificazionedell’esperimento pilota condotto nel-la prima settimana di ottobre 2006.Le tre stazioni rappresentano i nodidi un sistema informativo nel quale idati acquisiti in campo sono inviatiall’IRSA-CNR di Brugherio e da qui tra-smessi via Internet al CWR di Perthdove sono elaborati in automatico eresi disponibili sul web (http://rtm.cwr.uwa.edu.au/olaris/).

I risultati preliminaridell’Esperimento PilotaLa sperimentazione, svolta nel mesedi ottobre 2006 è stata pianificata,grazie a simulazioni modellistiche pre-

liminari condotte con il modello idro-dinamico ELCOM, al fine di verificareil funzionamento di un miscelatorepilota nell’ambiente. Tali simulazionipreliminari hanno previsto un flussoindotto intorno ai 15-20 m3/s e unaprofondità di intrusione del flussocompresa tra 15 e 20 m. Il miscelato-re è stato posizionato a circa 500 mdi fronte alla città di Como in modotale che la riva meridionale del lagofunzionasse da barriera, mentre le riveoccidentale e orientale determinasseroun “effetto canalizzazione” del flussofavorendo il ricambio delle acque su-perficiali. Il flusso indotto dal misce-latore è stato studiato attraverso untracciante naturale e atossico (la ro-damina WT) che è stato iniettato nelmiscelatore attraverso un diffusore emonitorato in continuo attraverso unsensore specifico per la rodamina WTinstallato su una sonda multiparame-trica (F-Probe). Durante le attività

Nella pagina accanto• La zattera.• Stazione LDS a compensazione dilivello installata in prossimità delComune di Gravedona. I dati delle trestazioni LDS sono elaborati in tempoquasi reale e utilizzati come dati di inputper il modello tridimensionale del Lagodi Como.

Qui a lato• La struttura portante del miscelatoreposizionata a circa 500 m dalla città diComo. Sullo sfondo Villa Olmo, sede delCentro Volta.

In basso• Schema semplificato della catenaalimentare degli ecosistemi acquatici.• Rappresentazione schematica delfunzionamento della pompa e del sistemacomplessivo di miscelamento delle acque.

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sperimentali sono stati svolti anchealcuni campionamenti della qualitàdelle acque con l’obiettivo di studiareil processo di diluizione delle acquenell’immediata vicinanza del miscela-tore. Questo approccio ha sfruttatol’esistenza di gradienti di concentra-zione di sostanze normalmente pre-senti nelle acque del lago (quali peresempio il gradiente di fosforo e disodio).L’esperimento, condotto in condizio-ni meteorologiche e di stratificazioneottimali, ha confermato una profon-dità di intrusione del flusso compresatra 15 e 20 m. Tale profondità si col-loca al di sotto della zona eufotica(lo strato superficiale caratterizzatoda una quantità di luce sufficiente pergarantire la crescita algale) confer-mando l’efficacia del miscelatore nelmitigare esplosioni indesiderate deipopolamenti algali. In termini di flus-so indotto, i dati sperimentali hannoconsentito di calcolare una portataintorno a 30 m3/s, maggiore quindi aquella prevista al calcolatore e più di20 superiore della portata media delTorrente Cosia che insieme al TorrenteBreggia rappresenta il principale vei-colo di sostanze inquinanti nel primobacino.Questi risultati hanno consentito dicalcolare che il volume di acqua spo-stato durante una settimana di lavorodel miscelatore sia stato intorno a 10milioni di metri cubi. Questi valoriconsentono di stimare tempi di ricam-bio dello strato superficiale (primi 5-10 m della colonna d’acqua) che oscil-lano tra i 10 e i 2 giorni a secondache il numero di miscelatori comples-sivo sia rispettivamente 1 o 6.Visto il ruolo primario svolto dal Tor-rente Cosia nel veicolare sostanze in-quinanti e nutrienti, nel primo baci-no, durante il periodo sperimentale èstata studiata la dinamica di immis-sione di questo torrente nelle acquedel lago. Dalle elaborazioni svolte, intempo reale, è stato possibile rilevareche, a causa del suo elevato contenu-to salino, il Torrente Cosia si immettenel lago a una profondità di circa 15m, dove l’azione del vento è sufficientea rimescolare le acque e quindi a ri-mettere in circolo i nutrienti conte-nuti nelle sue acque che diventanocosì disponibili per la crescita dei po-polamenti algali. L’intrusione del Co-sia a profondità maggiori determine-rebbe un drastico abbattimento della

produzione del primo bacino e una ri-duzione delle fioriture di specie po-tenzialmente tossiche che ormai siverificano al termine di ogni estate.Tra le varie azioni che potrebbero es-sere svolte, al fine di favorire unaimmissione del torrente in acque piùprofonde, quella più semplice e im-mediata è la rimozione dei detriti ac-cumulatisi nel tempo con le piene difronte alla sua foce. Altri interventirichiedono una maggiore attenzionee saranno valutati durante la proget-tazione dell’intervento. In tale occa-sione, oltre al numero e alla posizio-ne dei miscelatori che costituirannoil sistema complessivo, saranno valu-tate anche le azioni di riduzione deicarichi inquinanti e altre possibiliazioni di contorno. In questo conte-sto, il sistema informativo-gestiona-le in corso di sviluppo consentirà unagestione in tempo reale dei diversiinterventi.

I prossimi passi del progettoConclusa la fase sperimentale per lavalutazione dell’efficacia del miscela-tore, il progetto Pumping System pre-vede una serie di ulteriori azioni.Innanzi tutto, saranno completate leanalisi sui campioni prelevati duran-te l’esperimento pilota per il control-lo della qualità delle acque. Il siste-ma di misuratori in continuo verràulteriormente potenziato attraversol’installazione di due idrometri (mi-suratori di livello) in prossimità del-l’imbocco a lago dei torrenti Cosia eBreggia.È prevista, altresì, un’analisi delle sor-genti inquinanti e la valutazione deicarichi di nutrienti, ciò consentirà direalizzare lo studio per la riduzionedei carichi da bacino. Parallelamentele stazioni LDS forniranno in conti-nuo i dati per la validazione e l’ulte-riore sviluppo del modello idrodina-mico ELCOM. I nuovi dati sperimenta-li chimico-biologici, prodotti da unmonitoraggio ad hoc previsto per il2007, saranno utilizzati per la cali-brazione del modello ecologico CAE-DYM. Il modello idrodinamico-ecolo-gico verrà quindi utilizzato per valu-tare la risposta del lago ai diversi in-terventi. L’ultimo passo sarà la proget-tazione del sistema di miscelazione piùadeguato a risolvere le criticità del pri-mo bacino del ramo occidentale delLago di Como armonizzandolo con al-tre azioni di contorno e soprattutto con

| Il Centro VoltaIl Centro di Cultura Scientifica “AlessandroVolta” è un’Associazione senza scopo dilucro, costituita con atto pubblico il 18ottobre 1983 e giuridicamente riconosciu-ta con decreto del Presidente della Giuntadella Regione Lombardia del 18 maggio1984 n. 4/R/84/LEG.Soci: Comune di Como, AmministrazioneProvinciale di Como, Camera di Commerciodi Como, Regione Lombardia e Comune diCampione d’Italia.Sono convenzionate con il Centro di Cul-tura Scientifica “A. Volta” numerose Uni-versità lombarde quali: Università degliStudi di Milano, Politecnico di Milano,Università degli Studi di Pavia, Universitàdegli Studi di Brescia, Università Cattolicadel Sacro Cuore, Università Carlo Cattaneo-Liuc, Università degli Studi dell’Insubria,Università degli Studi di Milano Bicocca,Università Commerciale Luigi Bocconi.Obiettivo sociale è la promozione dellacultura e della ricerca scientifica al servi-zio della società civile e del territorio, nelricordo del sommo fisico comasco “Ales-sandro Volta”.Il Centro opera seguendo cinque indirizzitra loro collegati:• L’organizzazione di manifestazioni edeventi di alto profilo scientifico (congres-si, corsi, seminari, tavole rotonde ecc.),in collaborazione con le università e conorganismi nazionali e internazionali.• La costruzione di una rete di coopera-zione scientifica internazionale, per avviareattività di studio e progetti interdiscipli-nari nel campo della tutela dell’ambientecon particolare riguardo alle criticità delterritorio.• La cooperazione scientifica per l’elabo-razione di progetti nell’ambito della sicu-rezza internazionale in collaborazione conil MAE.• Lo sviluppo di attività per l’applicazionedei risultati della ricerca scientifica e tec-nologica a favore del tessuto economico,produttivo e sociale del territorio, con par-ticolare riferimento al trasferimento tec-nologico verso le Piccole e Medie Impresee verso la Pubblica Amministrazione.• Attività mirate alla diffusione della cul-tura scientifica e tecnologica a tutti i li-velli (studiosi, scuole, cittadini,..).

la progressiva riduzione dei carichi in-quinanti provenienti da bacino (previ-sta dall’attuazione de Piano di Tuteladelle Acque della Regione Lombardia)con un approccio che tenga conto del-la capacità assimilativa dell’intero eco-sistema lacustre.

* Diego Copetti e Gianni Tartari - Istitutodi Ricerca Sulle Acque - CNR; MargheritaCanepa e Sabrina Zaffaroni - Centro di Cul-tura Scientifica “A. Volta”.

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raccogliere segnalazioni tramite lacompilazione del questionario “Io e illago”);- monitoraggio (si prevede la perlu-strazione, sia da terra che da lago, eil rilievo fotografico delle rive inte-ressate effettuata da esperti e volon-tari dell’associazione, per valutare lostato di salute rispetto ad erosione,dissesti, frane, per riscontrare la pre-senza di discariche abusive e scarichinon depurati e per valutare accessibi-lità, pulizia e vivibilità delle aree pub-bliche a lago, come spiagge e passeg-giate);- dossier riepilogativi (i dati raccolti,dalle segnalazioni dei cittadini ai ri-sultati dei monitoraggi, sono raccoltiin un dossier riassuntivo che Legam-biente consegna alle amministrazionilocali e all’Assessorato all’Ecologia edAmbiente della Provincia di Como).Il dossier fornisce un quadro d’insie-me della situazione delle coste deicomuni coinvolti in Goletta del Lario2006, evidenziando aree di pregio ezone critiche e permettendo così lapianificazione di iniziative di riquali-ficazione, pulizia e recupero. Contie-ne i dati sulla soddisfazione dei citta-dini raccolti attraverso il questiona-rio “Io e il lago”, le analisi degli esper-ti e i risultati dei sopralluoghi, in cuisono evidenziate puntualmente le areeritenute critiche. Vi sono inoltre rac-colte alcune proposte di Legambienteper intervenire concretamente sulle si-

tuazioni riscontrate e permettere cosìun migliore sviluppo e gestione dellepotenzialità delle rive lariane nell’ot-tica della sostenibilità ambientale edel rispetto per l’ecosistema lacustre.

Risultati 2006A grandi linee i dati presentati risul-tano analoghi a quelli dell’edizione2005.Anche i nuovi comuni monitorati con-fermano come - da un punto di vistadella tutela e della valorizzazione delterritorio e di quello più generale del-la gestione della risorsa lago - i terri-tori lariani siano in una fase di diffi-cile transizione.A fianco di un indubbio impegno daparte di enti e di amministrazioni fi-nalizzato alla tutela dell’ambiente edel territorio - ad esempio in materiadi qualità delle acque – è evidente unadifficoltà importante nella ricerca enell’individuazione di scelte effettiva-mente improntate alla sostenibilità ealla valorizzazione di un ambiente,come quello del Lario, che è unico estraordinario.Goletta 2005, nata dall’impegno diLegambiente Como e dell’Assessoratoall’Ecologia della Provincia, era stataun’edizione sperimentale. I buoni ri-sultati conseguiti, sia in termini didiffusione che di confronto sui temi esui problemi affrontati, hanno dato ilvia ad un’edizione – quella del 2006 –più corposa in termini di comuni coin-

L’iniziativa è ispirata ad unadelle più importanti e famose campa-gne di Legambiente: la Goletta Verdeche da vent’anni monitora lo stato del-le coste e la qualità delle acque deimari italiani, lottando contro abusi-vismo ed inquinamento e svolgendoun’importante azione di sensibilizza-zione per il rispetto delle coste e deimari, patrimonio comune dal valoreinestimabile.Alla base del progetto, che ci si au-spica di portare avanti nei prossimianni in modo da completare la map-patura delle coste lariane, c’è la con-vinzione che sia necessario sviluppa-re una maggior conoscenza del terri-torio e del paesaggio, allo scopo distudiare e mettere in atto efficaci stra-tegie di tutela e valorizzazione. Ilpaesaggio è infatti considerato comeun elemento dinamico, in continuatrasformazione, per la salvaguardia delquale è essenziale operare per preser-vare l’equilibrio tra esigenze dell’uo-mo e dell’industrializzazione e quelledi conservazione di fauna, flora e am-biente.Il progetto si articola in tre diversefasi:- comunicazione locale dell’iniziativa(per ciascuno dei Comuni coinvolti inGoletta del Lario 2006 è prevista l’or-ganizzazione di un punto informati-vo, situato in un luogo pubblico digrande passaggio, per distribuire ma-teriale informativo sull’iniziativa e

È un progetto nato da un’idea delCircolo Legambiente di Como edell’assessore Francesco Cattaneo esviluppato in collaborazione e con ilsostegno dell’Assessorato all’Ecologiaed Ambiente della Provincia di Como,Crea (Centro di Riferimento perl’Educazione Ambientale) e i comuni diBellagio, Gravedona, Domaso, Unionedei Comuni della Tremezzina, Menaggio,Argegno, Laglio, Torno e Lezzeno

| La Golettadel Lario

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per i comuni già aderenti). Questi irisultati:

Menaggio 3,5Gravedona 3,4Bellagio 3,1Domaso 2,7Tremezzo 2,6Argegno 2,4Colonno 2,4Griante 2,4Lezzeno 2,1Lenno 2,1Ossuccio 2,1Laglio 2,0Torno 1,8

I voti di Legambiente sono dati noncon spirito critico o vessatorio, macome sano confronto tra realtà e comestimolo. Infatti le valutazioni sonoaffiancate da una serie di proposte inmerito ad operazioni di recupero diaree specifiche e alle modalità di in-tervento. Questo – e non tanto il voto– è l’elemento centrale.

Si può comunque affermare come lostato di salute del Lario – inteso comecoste, affacci a lago, percorsi, spiag-ge, spazi pubblici, gestione del po-tenziale turistico – possa essere defi-nito nel complesso sufficiente. Se lesituazioni particolarmente critichesono risultate casi isolati e sporadici,c’è da registrare una carenza di situa-zioni decisamente virtuose in cui tu-tela e valorizzazione siano effettiva-mente alla base delle scelte ammini-strative in materia di territorio. Pro-prio questa mancanza di progettuali-tà e di coraggio si configura come unagrossa occasione persa: uno svilupposano e vero, in ottica anche turistica,passa attraverso modalità nuove e in-novative di interpretare il territorio.Non è un caso, in questo senso, checirca il 50% dei cittadini che hannopartecipato all’iniziativa si dica insod-disfatto dell’uso e della gestione dellago. I motivi di questa insoddisfa-zione sono vari (dalla carenza di de-puratori, alla mancanza di spiaggepubbliche accessibili, dalla cattivamanutenzione di alcune aree alla to-tale assenza di percorsi ciclo-pedonalidi fruizione dell’ambiente lago), mahanno un denominatore comune: ilLario paga la mancanza di un proget-to strategico, complessivo e coraggio-so per le sue coste che sappia coniu-gare lo sviluppo con la sostenibilità,

volti (oltre alle conferme di Bellagio,Gravedona e dell’Unione Comuni dellaTremezzina – Colonno, Ossuccio, Len-no, Tremezzo, Griante – si sono ag-giunti i comuni di Argegno, Domaso,Laglio, Lezzeno, Menaggio e Torno)e più efficace, in virtù dell’esperien-za sviluppata in precedenza.Con l’obiettivo, per i prossimi anni,di arrivare ad una mappatura com-pleta di tutti i paesi lariani (con ilcoinvolgimento anche di quelli dellaparte lecchese) e di fare di Golettaun appuntamento fisso per il Lago diComo si è operato in maniera distin-ta per i comuni di nuova adesione eper quelli già monitorati: analisi com-pleta per i primi, verifica dei cam-biamenti e delle trasformazioni ri-spetto ai temi emersi nel 2005 pergli altri.Lo sfondo culturale dell’iniziativa èrappresentato da alcuni elementi chesono i pilastri del modo di fare poli-tica e associazione di Legambiente.In particolare una concezione del ter-ritorio e del paesaggio come risorsada conoscere, tutelare e valorizzare,come realtà dinamica, entità in con-tinua trasformazione in cui l’uomo ele sue esigenze hanno un ruolo cen-trale e devono integrarsi con quelledell’ambiente e della natura, comeluogo dove è sempre più necessarioconiugare qualità del territorio e qua-lità di vita. Rispetto al Lario, Legam-biente sostiene la straordinarietà delpaesaggio dal punto di vista ambien-tale, storico-culturale e dell’identitàlocale, vede nelle trasformazioni so-cio-economiche degli ultimi decenni(compresa alta densità demografica eimpatti ambientali) un fattore desta-bilizzante e che necessita di risposteurgenti, considera il turismo comeoccasione di sviluppo ma anche comepotenziale elemento di disequilibriodegli ambienti e sottolinea con forzala necessità di uno sviluppo che sap-pia integrare in maniera ottimale esi-genze umane e sociali con la tutela ela salvaguardia degli ambienti.Ogni tappa di Goletta del Lario si con-clude con l’assegnazione delle “golet-te”. Ai comuni è stato assegnato unpunteggio da 1 a 5 “golette” in basealle prestazioni ambientali rispetto asei parametri (qualità delle acque –spiagge - aree verdi - porticcioli eapprodi - piazze e percorsi ciclo-pe-donali - gestione del potenziale turi-stico, oltre al confronto con il 2005

il turismo con le esigenze della popo-lazione che sul lago vive e lavora.

Nella fotografia che Goletta ha scat-tato al Lago di Como, emerge (nonsolo nei paesi monitorati ma più ingenerale lungo tutte le coste) una si-gnificativa ed evidente attività edili-zia con molti cantieri aperti. Tanto piùin un paesaggio delicato e sensibilecome questo, è necessario che taleattività sia regolata, controllata eguidata attentamente. Servono inol-tre politiche che incentivino il riuso eil recupero di edifici e volumi abban-donati o dismessi.Sono numerosi i progetti elaborati pernuove strutture sul lago (soprattuttoper quanto riguarda approdi e percor-si). Al di là delle valutazioni caso percaso, si segnala come Legambientenon sia aprioristicamente contraria aquesto genere di interventi, ma lecaratteristiche di tali realizzazionidevono necessariamente essere: mi-nimo impatto paesistico, valorizzazio-ne dell’ambiente, benefici diffusi siaper i turisti che per i cittadini, incen-tivazione di un uso pubblico e liberodelle coste, confronti e partecipazio-ne dei cittadini alle scelte.Emerge in generale la difficoltà per isingoli comuni e per le singole ammi-nistrazione a sviluppare idee e proget-ti e a guidare i processi di trasforma-zione. I comuni del lago devono colla-borare più attivamente ricercando so-luzioni anche amministrative – comeunioni o consorzi – che diano peso allecomunità locali e che quindi permetta-no di mettere in atto con efficacia azio-ni di tutela, salvaguardia, valorizzazio-ne e programmazione.Tutte le proposte avanzate all’internodel dossier hanno senso e potrebberoprodurre benefici effetti per le costelariane solo e soltanto in un quadrodi miglioramento globale del sistemadella mobilità. È sicuramente questal’emergenza primaria per il lago. Ser-ve ridurre sensibilmente il traffico lun-go la Regina (con una gestione inte-grata, con lo sviluppo del sistema ditrasporto pubblico via gomma e so-prattutto via acqua, con soluzioni difruizione turistica senza auto, con mo-dalità di controllo e di disincentivo)e serve assolutamente che lungo lecoste e all’interno dei paesi venganosviluppati uno o più percorsi ciclo-pedonali, sia in chiave turistica chedi uso da parte dei cittadini.

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LAVOROImmagini del lavoro,immagini del sindacatoFABIO CANI

Il Novecento è il secolo dell’organizzazione del lavoro, di uomini e donne cheprendono coscienza del proprio ruolo produttivo, sociale, economico e politico.Anche a Como, la nascita delle organizzazioni sindacali ha giocato un ruolofondamentale, ancora tutto da indagare.Come piccolo contributo alla storia delle lavoratrici e dei lavoratori abbiamoraccolto queste immagini che ripercorrono alcuni momenti di questo percorso:lungo, complesso, a volte drammatico, a volte contraddittorio, tutt’altro cheesaurito. Le immagini provengono dalle mostre Achille Grandi e il movimento deilavoratori a Como nel primo ’900 e Il filo della memoria. I primi cento anni dellaCgil nonché dall’archivio Nodo.

• 1 - Scontri a Erba, sobillati daesponenti del clero, in occasionedel grande ciclo di sciopero nel1902.• 2, 3 - Abbondio Martinelli,cattolico, e Angelo Noseda,socialista, sono tra i promotoridelle organizzazioni operaieall’inizio del Novecento nelterritorio lariano.• 4 - Operai in attesa di entrare inuno stabilimento tessile aCermenate.

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• 5 - La sezione degli edili diMerate, fondata nel 1900. (Sinotino tra le immagini in bellamostra, quella di Gesù Cristo equella di Carlo Marx.)• 6 - Achille Grandi, principaleesponente del sindacalismocattolico del primo Novecento aComo, in trasferta alla ConferenceInternational du Travail di Ginevranel 1921. (È il quinto da sinistra.)• 7 - Cartello, in uso nellefabbriche comasche all’inizio delNovecento, che ben rappresenta irapporti gerarchici all’interno deglistabilimenti.• 8 - Riunione delle maestranzealla Tintoria Comense negli anniTrenta.

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• 9 - Il palazzo dell’Unione deiSindacati Fascisti dell’Industria,edificato nell’area retrostante allaCasa del Fascio alla fine degli anniTrenta. (Sarà, dopo la Liberazione,la prima sede dei sindacatidemocratici.)• 10-11 - Il biglietto con cui ilprefetto Scassellati condanna alladeportazione in Germania operaiee operai ritenuti responsabili degliscioperi del marzo 1944 e ilricordo dei tre operai morti incampo di concentramento inGermania pubblicato subito dopola Liberazione.• 12 - La piazza del Duomogremita di folla per la celebrazionedel 1° maggio 1945, a pochissimigiorni dalla Liberazione. A parlaredal balcone del Broletto è BattistaTettamanti.

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• 13 - Achille Grandi con laredazione di “Critica sociale” aRoma nel 1946, nel breve periododi unità sindacale.• 14 - Manifestazione operaiaall’Omita di Albate nel 1954. Inprima fila, con gli occhiali, èGabriele Invernizzi, segretariodella Camera del Lavoro.• 15 - La sfilata del 1° maggio1959. Al centro è FrancescaLodolini.• 16 - Il 1° maggio 1961, inpiazza Cavour, le organizzazionicristiane dei lavoratori celebrano,alla presenza del vescovo, il 70°anniversario dell’enciclica RerumNovarum.

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• 17 - Nel 1960 si inaugura lanuova sede della Camera delLavoro in via Italia Libera. Atagliare il nastro è BattistaTettamanti.• 18 - La nuova Camera del Lavoroè anche centro di cultura. Qui ilsegretario della Cgil BrunoSacerdoti inaugura la mostra delgruppo Giovani artisti erbesi.• 19 - Una rara immagine degliinterni della Camera del Lavoro.Alla scrivania, in controluce, èLuisa “Velia” Denti.• 20 - Il palco del comizio del 1°maggio 1965.

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• 21 - La testa del corteo del 1°maggio 1968.• 22 - Lo spezzone “studentesco”della sfilata dello scioperogenerale dell’ottobre 1969.• 23 - Manifestazione deimetalmeccanici nell’autunno“caldo” del 1969. Al microfono èFranco Mauri, ultimo a destraMarte Ferrari.• 24 - Piazza Perretta gremita il1° maggio 1970.

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• 25 - Vittorio Foa parla a Comoin occasione del 1° maggio 1970.• 26 - Bruno Trentin dal palco dipiazza Duomo al comizio finaledella manifestazione dellosciopero generale del febbraio1973.• 27 - I lavoratori della Burgo diMaslianico escono daglistabilimenti l’8 ottobre 1969 altermine della lunghissimaoccupazione.• 28 - I lavoratori della Ranco diLomazzo in piazza nello scioperogenerale per l’occupazione del1975.

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• 29 - Lo striscionedell’occupazione della Ticosa nel1980.• 30 - La testa del corteo del 1°maggio 1974.• 31 - Un momento della sfilatadel 1° maggio 1974.• 32 - Un momento della sfilatadello sciopero generale perl’occupazione del 1975.

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Troppo ai solitiChe questa amministrazione fossepoco incline a un’equa distribuzionedelle risorse, si sapeva. Basta ricor-darsi della vicenda della retribuzionedestinata al Segretario comunale: unmilione in quattro anni. L’attuale po-litica retributiva della giunta comu-nale è stata definita vergognosa dalcapogruppo di Gruppo Misto Giovan-ni Moretti al Consiglio del 13 novem-bre. Moretti ha invitato sindaco egiunta a procedere ad una modificaprofonda in senso maggiormente pe-requativo delle politiche contributivedel Comune. Inoltre ha chiesto di in-formare il consiglio sugli eventuali“benefit” supplementari concessi alprecedente e all’attuale segretariogenerale. Il divario retibutivo tra i di-pendenti comunali è inaccettabile: siva da un minimo lordo di 16.500 eurol’anno ad un massimo di 223.750.Moretti ha invitato le Ooss dei lavo-ratori e dei dirigenti comunali a ritor-nare a svolgere fino in fondo il com-pito che è stato loro affidato dai di-pendenti comunali, iscritti e non aisindacati.

In completa armonia con le sorti del Paese alle prese

con la difficile digestione della finanziaria 2007,

anche al Consiglio comunale di Como si tirano le

somme. Si chiude con un bilancio in rosso, sicure le

sanzioni della Corte dei conti, non mancano però i

soldi quando si tratta di assicurare i soliti privilegi

| La resadei conti CINZIA FUNCIS

Attenti all’acquaBuone notizie: il comune di Como haaderito al manifesto italiano per ilcontratto mondiale sulla gestione pub-blica dell’acqua. La delibera, presen-tata da Ds e Prc, è stata votata du-rante la seduta del 27 novembre dauna maggioranza quasi assoluta, solotre gli astenuti.L’accordo prevede l’introduzione dinuove regole sull’uso dell’acqua al finedi ridurne gli sprechi e prevenire iconflitti per la questione dell’acquapotabile, attraverso una serie di azio-ni concrete locali e globali. Le inizia-tive del comune riguarderanno la tu-tela di corsi d’acqua, la costruzionedi nuove reti idriche efficienti, la ri-duzione di almeno il 40 per cento delleperdite di irrigazione legate al meto-do della polverizzazione, la riduzionedal 30 al 15 per cento del livello diperdita delle reti di distribuzione, laraccolta e il riutilizzo dell’acqua pio-vana ad usi diversi dal consumo uma-no e non ultima, la sensibilizzazionedell’opinione pubblica al consumo cri-tico. In Italia oggi lo spreco dell’ac-qua si aggira attorno al 35 per cento.

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Buonsenso e democraziaLa burocrazia ci ha spesso abituato aqueste assurdità. Bizzarri procedimen-ti intercorsi durante la seduta del 20novembre, hanno determinato l’annul-lamento della nomina di revisore deiconti per Carlo Rodi, presentato dallaminoranza ed eletto il 6 novembre in-sieme a Simona Santini, ragionierapresentata da Forza Italia e a LauraBordoli, revisore dei conti (Udc) cheandavano a formare il Collegio dei Re-visori dei Conti per il triennio 2006/2009 e successivamente la rielezionedello stesso. Nel Consiglio del 6 no-vembre ogni consigliere aveva indi-cato due nominativi permettendo perl’appunto l’elezione di due su tre tra icandidati espressi dalla maggioranza.La delibera è stata in quella stessaseduta contrastata dall’intervento delsegretario generale, l’avvocato Fabia-no, che dopo la dritta filtrata dallasegreteria, si è accorto che forse c’eraun cavillo tecnico: la candidatura diRodi non aveva rispettato il limitenumerico degli incarichi al momentodell’elezione, otto in altrettanti comu-ni. Verificato il sospetto, si è corsi airipari con la dichiarazione di ineleg-gibilità del commercialista e conse-guentemente la formulazione di unadelibera urgente per la rielezione delterzo revisore dei Conti. La delibera,tenendo conto del fatto che il dottorRodi si è di fatto dimesso l’8 novem-bre dall’incarico di Revisore dei contipresso il comune di Albavilla, propo-neva all’attenzione del Consiglio il rie-same della candidatura e l’eventualeannullamento. A questo punto il deli-rio. Dure le reazioni a sinistra preoc-cupate per il fatto che l’eventualenomina di un altro revisore propostodalla maggioranza rappresentasse unagrave lacuna nell’espressione della de-

scrutinio. Ma, a sorpresa, ha nuova-mente vinto Carlo Rodi (36 voti a fa-vore su 37). Il quarto punto, per l’im-mediata eseguibilità è stato votato afavore all’unanimità. Memorabile ilcommento di Vincenzo Sapere (Ds):«Oggi a Como si scrive una pagina nellibro della democrazia».

Fondi al canileFinalmente il canile di Albate otterrài fondi per la fine dei lavori del parco.È quanto stabilito dal consiglio del 20novembre. Sembra che il destino deicani comaschi stia a cuore a tutti glischieramenti politici. La mozione diElisabetta Patelli (Verdi), ha infattivisto 37 voti favorevoli e un solo aste-nuto, suscitando gli applausi dei vo-lontari presenti tra il pubblico. Saràperché la Patelli ha ricordato che sonoa disposizione fondi della Regione,solo ora sbloccati, per i canili lom-bardi per un totale di sei milioni dieuro, di cui il settantacinque per centoè a disposizione dei comuni. Il comu-ne avrà poco da sborsare, la Patelliinfatti ha chiesto alla giunta che siadoperi per ottenere i fondi necessari

mocrazia, facendo venire meno la fun-zione di controllo del collegio di revi-sione. Gli interventi miravano a capi-re quale fosse il vero problema: peresempio se il momento dell’elezionee quello del conferimento fossero omeno distinti. La Margherita (Legna-ni), ha chiesto se ci fosse stato unvizio di incompatibilità, di ineleggi-bilità, o di incandidabilità. Inoltre siè contestata la natura della nuova de-liberazione, Legnani ha precisato chegli uffici non hanno potere di revoca.Gli ha fatto eco Tettamanti: la deci-sione presa dal Consiglio rappresental’espressione massima della democra-zia in quanto unico organo deliberan-te. La delibera è stata votata in quat-tro punti: il primo dichiarava che lepremesse effettuate fossero parte in-tegrante e sostanziale della delibera-zione, il secondo di annullare parzial-mente la deliberazione del 6 novem-bre limitatamente alle procedure dielezione e alla nomina del dottor Car-lo Rodi. Il terzo, inerente alla nominadel terzo Revisore, ha visto la candi-datura del dottor Paolo Quarantottoda parte del Consigliere Claudio Co-rengia di An e le nuove elezioni contanto di schedina elettorale e nuovo

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al completamento dei lavori del parcocanile che si trova in questa situazio-ne di stallo da prima del 2003 e cheaveva visto aumentare le sue difficol-tà con l’annunciato mancato rinnovoper il prossimo dicembre dell’autoriz-zazione da parte dell’Asl.

Alla corte dei contiApprovata con 17 voti favorevoli (16contrari) durante la seduta del consi-glio comunale del 28 novembre, la de-libera sull’assestamento di bilanciopresentata dall’assessore Sergio Gad-di. I 21 consiglieri presenti all’appel-lo delle venti e trenta passate aveva-no dato una speranza al centro sini-stra (tutti presenti a parte Serena Tes-saro dei Ds). Forte la critica dell’op-posizione sulla gestione delle risorsecomunali della giunta. Gaddi ha elen-cato cifre in entrata e in uscita previ-ste per l’assestamento del bilancioconsuntivo e ha anticipato la certez-za di sanzioni della Corte dei contiper il mancato rispetto del patto distabilità. Sanzioni che a detta dell’as-sessore erano inevitabili e tra l’altrogià inserite nel bilancio previsionaledel 2007. Nonostante il richiamo, cheoltre alle sanzioni comporterà l’impos-sibilità di contrarre nuovi mutui, ilcontenimento delle spese per il per-sonale e la riduzione delle spese am-ministrative del dieci per cento, Gad-di ha parlato di un sostanziale apprez-zamento sulle politiche finanziarie delcomune da parte della Corte, cheavrebbe riconosciuto l’impossibilitàdell’amministrazione nel rispettare ilpatto. Tra gli interventi citati: entra-te per la vendita dell’area Ticosa, usci-te per i finanziamenti a Como Depur,diminuzione delle entrate derivantidalle successioni edilizie, alienazione

di titoli per 400.000 euro, 325.000euro per la manutenzione straordina-ria del verde pubblico per il primo lottodi viale Geno, il piazzale Anna Frank,il parco Negretti e l’aiuola di Comoalta. Reazioni sospettose della mino-ranza che ha inoltre sottolineato lacarenza di investimenti utili sul pia-no sociale. Renato Tettamanti ha de-finito grave la decisione assunta dal-la Corte dei conti e altrettanto graveil fatto che la maggioranza abbia ap-provato il bilancio tenendo all’oscuroil consiglio delle comunicazioni inter-corse da agosto con la Corte dei con-ti. La responsabilità di una gestionesbagliata delle risorse è un fallimentoche per altro contrasta con la politicaliberista teoricizzata dagli orienta-menti della maggioranza e andrà a pre-giudicare le scelte della prossima am-ministrazione, l’impossibilità di pro-cedere a nuove assunzioni per l’annoprossimo per esempio fa venire menoquanto stabilito sulla necessità di con-sulenze professionali riguardo i pianiattuativi. Bruno Magatti ha risaltatoil problema della gestione del riscal-

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damento appaltata da Acsm, facendonotare che nonostante negli ultimimesi le temperature siano state miti,nel bilancio appare in merito un in-cremento del 7 per cento. Senza con-tare che il comune non ha mai datorisposta sugli aumenti di spesa per lapulizia delle strade nonostante 66strade su 120 siano state escluse dalservizio di pulizia. Magatti ha denun-ciato anche un problema a fronte nel-la gestione degli appalti che non sonocontrollati dall’amministrazione e agi-scono secondo il proprio interesse,facendo spostare in secondo pianoquello dei cittadini: «Ci sono approc-ci che non convincono». Magatti harivelato la sua perplessità per l’esi-stenza di alcune voci nel bilancio peraumenti troppo elevati per alcune spe-se e ha espresso un giudizio politicogenerale sostanzialmente negativo.Apprezzato una volta tanto l’interven-to del consigliere Claudio Corengia(An) che riguardo all’assenza di alcu-ni consiglieri di Forza Italia, ha invi-tato ad un esame di coscienza all’in-terno della maggioranza.

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Non è facile capire le dinami-che con cui la Provincia di Como ge-stisce il suo bilancio, le cui modifichevengono approvate a colpi di maggio-ranza al Consiglio provinciale. Ancheper modifiche parziali del bilancio lasinistra ha attaccato l’operato dellaGiunta: «Troppi punti generici e pocochiari. Ci sono più di 500.000 euroallocati genericamente, di cui 70.000alla presidenza della Provincia. Nel te-sto della modifica non c’è un nome,un progetto. Con che criterio sonostati distribuiti i contributi alle asso-ciazioni e agli enti della provincia co-masca per l’organizzazione di eventiculturali, sportivi e di promozione delterritorio? Siamo vicini alle elezioniamministrative, se i cittadini cambie-ranno la maggioranza di governo cisarà un radicale cambiamento nelmodo di gestire il bilancio» ha dichia-rato combattivo Andrea Livio dell’Uli-vo. La Lega nord si è detta fiduciosaper l’operato della Giunta e An non siè tirata indietro nell’elogiare la limpi-dezza dell’operato degli assessori. In-somma tutta la maggioranza ha fattodel suo meglio per sottolineare chesiamo davanti a piccole entità di spe-sa e che tutto dipende dalla necessi-tà di soluzioni pratiche immediate:«Solo per questioni di tempo non siutilizzano bandi per tutte le iniziati-ve» ha spiegato Patrizio Tambini diForza Italia. Massimo Patrignani (Prc)ha lanciato una provocazione e la pro-messa di una campagna elettorale in-centrata sullo smascheramento dellelogiche clientelari: «Avete utilizzatoda maestri la possibilità di dare soldiqua e là senza indicazioni precise: flus-si di soldi e ricerca di consenso. Ma èun gioco pericoloso perché c’è sem-

pre qualcuno che rimane scontento».Si è giunti, per placare la polemica eavere qualche punto in più da presen-tare agli elettori, all’approvazione diun nuovo regolamento, utile ormaisolo alla prossima Giunta, in cui ven-gono specificati i metodi di assegna-zione dei contributi e si esige piùchiarezza nella documentazione chespecifica chi li riceve.

Seroldi se ne vaMercoledì 6 dicembre Matteo Seroldisi è dimesso dalla sua carica di presi-dente del C.d.a. della società che ge-stisce il Casinò di Campione, casa dagioco municipalizzata, attorno allaquale si concentra la sopravvivenzadell’enclave italiana in territorio sviz-zero, che vede tra i suoi soci oltre alComune di Campione anche altri entipubblici tra cui la Provincia di Como.Numerose erano state le richieste delConsiglio provinciale e dello stessopresidente Carioni in tal senso, allequali però Seroldi aveva sempre ri-sposto con un rifiuto: «Non posso ac-cettare di ritirarmi assumendo re-sponsabilità che non ho». E avevaperfino proposto: «Chiedo altri duemesi per mettere in atto i cambia-menti dovuti». Il Consiglio era arri-vato a firmare all’unanimità un do-cumento comune che sottolineava lanecessità di una totale discontinuitàcon l’attuale C.d.a., e di conseguen-za il ritiro di Seroldi dalla sua carica,ipotizzando un nuovo C.d.a. di ga-ranzia. «Bisogna tornare alla norma-lità e, con responsabilità, alle coseda fare. Il nostro rappresentante epresidente del C.d.a. ha visto gli atti

poco chiari compiuti dal sindaco diCampione e si è schierato con il Co-mune» ha suggerito Andrea Livio del-l’Ulivo come base su cui partire perporre rimedio ad una situazione digravi difficoltà economiche e gestio-nali: la sospensione di tre consiglieridel C.d.a. della società di gestioneda parte del Commissario prefettizio,che sta reggendo il Comune dopo ledimissioni del Sindaco Roberto Sal-moiraghi, le inchieste aperte dalleProcure di Como e Lecco riguardo apresunti sperperi di denaro e il fortecalo degli utili destinati agli enti lo-cali soci. Anche la maggioranza eperfino il partito di Seroldi, la Leganord, ha ammesso quanto sia megliofare pulizia. Un tentativo di salva-taggio in extremis di Seroldi c’è statoda parte della Lega, che ha reclama-to comprensione verso la posizionedell’ormai ex presidente del C.d.a.,considerando la scarsità di budget asua disposizione e la marginalità dellesue competenze. Le dimissioni di Se-roldi sono arrivate proprio poco pri-ma che si riunisse un Consiglio pro-vinciale straordinario che avrebbe af-frontato la discussione della revocaformale del mandato dello stesso Se-roldi, ribadendo che l’Amministrazio-ne provinciale non ha guadagnatonulla dalla sua presidenza, se non utilimancati e la passiva complicità in unavicenda poco pulita.

Franchi tiratoriUn’altra vittoria a sorpresa per Ulivoe Rifondazione in Consiglio provincialeche hanno chiesto l’azzeramento an-che dei vertici di Spt Linea. La Socie-tà che gestisce il trasporto pubblicolocale, già al centro delle proteste deicittadini che da settembre lamentanopoca funzionalità del servizio dopo ilcambiamento di alcune tratte opera-to dal Comune di Como, ha conferma-to una grave crisi economica e unpossibile peggioramento per il 2007.L’opposizione ha proposto quindi il 5dicembre un documento comune chesfiduciasse i vertici, ritenendo pocoprobabile che chi ha portato la situa-zione a questi livelli sia in grado dirisollevarla. Il voto segreto ha peròmesso in moto qualche incertezza nel-la Casa delle Libertà, che ha visto tredei suoi consiglieri votare a favore fa-cendo approvare il documento.

|Villa Saporiti Si intravedono gli sloganper le elezioni amministrative in programma tra pochimesi. Villa Saporiti cerca un rimedio per uscire a testaalta dalla spinosa questione del Casinò di Campione.Franchi tiratori nella Casa delle libertà

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1.019sono le certificazioni diqualità per il sistemaindustriale comascosecondo un’indagine diAssolombardia. (LaProvincia, 3/11/06)

4sono gli euro guadagnatiall’ora in nero da una donnalaureata in giurisprudenzache faceva l’operatrice in uncall center. (La Provincia 7/11/06)

10.396sono le personeeffettivamente assuntenelle aziende comasche suoltre 13 mila postioccupati. Il che sta asignificare che la stessapersona, in un arco ditempo ridottissimo comequello di un trimestre,viene spesso avviata a piùlavoricontemporaneamente,anche fino a treoccupazioni diverse. (LaProvincia 7/11/06).

95.000sono gli euro messi adisposizione dallafondazione De Orchi perfinanziare progetti volti alrecupero del disagiogiovanile. (La Provincia 8/11/06)

60sono le segnalazioni giuntead Acsm ambiente relative arifiuti che nonrispetterebbero i criteridella raccolta differenziata.(Il Corriere di Como 8/11/06)

75sono i microgrammi permetro cubo di polveri sottiliregistrati martedì 7novembre a Como, mentre èstato stabilito dalll’Ue cheogni città non dovrebbesuperare i 50 microgrammiper più di 35 volte in unanno. Per Como questa ègià la settantacinquesimavolta dall’inizio dell’anno.(La Provincia 9/11/06)

2,26è la percentuale di crescitadell’artigianato nelterritorio comasco, cherisulta al primo posto inLombardia. (La Provincia10/11/06)

8sono gli omicidi di pazientiin corsia di cui è accusatol’ex primario Angelo Rumidell’ospedale Sant’Anna diComo. (La Provincia 10/11/06)

26sono i comaschi inseriti trai “viventi notevoli” in unvolume appena edito daMarsilio. Tra i comaschi,accanto a sportivi,giornalisti, politici,manager e cantanti facapolino anche “l’infermierakiller” Sonya Caleffi. (LaProvincia 10/11/06)

13,2è la percentuale dei ragazzitabagisti già all’età di 14-15 anni nel comasco. (LaProvincia 11/1106))

26è la percentuale diadeguamento delcorrispettivo contrattualerichiesto al Comune da Sptlinea. Palazzo Cernezzi harisposto che è disposto adare solo il 5/6 per cento inpiù, poiché l’aumento delprezzo del gasolio sarebbetale dalla firma delcontratto di servizio. (LaProvincia 11/11/06).

5gli anni previsti per la finedei lavori per larealizzazione dellaBorgovico bis. (LaProvincia, 13/11/06)

47le denunce riguardanti gliabusi sui minori registratenel comasco nel periodocompreso tra il primogennaio 2004 e il 10novembre scorso secondo ilmonitoraggio della questuradi Como. (Il Corriere diComo 19/11/06)

70è la percentuale in menodel traffico che è stataregistrata domenica 19novembre rispetto ad unanormale domenica grazie alblocco stradale. (Il Corrieredi Como, 20/11/06)

5gli anni che i comaschihanno dovuto attendereprima della riapertura dellapiscina Sinigaglia cheriaprirà a fine marzo. (LaProvincia 22/11/06)

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260le richieste di risarcimentodanni presentate da inizioanno all’ufficio legale delComune di Como a causa diincidenti più o meno graviattribuiti alle cattivecondizioni delle strade. (LaProvincia 22/11/06)

4.252.876gli euro spesicomplessivamenteescludendo le spese dimanutenzione straordinariae ordinaria dal 2002 adoggi per la messa insicurezza in 34 cantieri perdiversi istituti scolastici.(La Provincia 23/11/06)

1600saranno i posti auto cheverranno creati nell’areadell’ormai “ex Ticosa”, dicui 800 in dotazionepubblica e 800 a servizio diresidenze,commercio e spaziculturali. (La Provincia 24/11/06)

210sono i detenuti in meno alCarcere Bassone dopol’applicazione dell’indultoche ha fatto scendere ilnumero totale di detenuti a350. Ciò ha creato beneficisia per i carcerati, sia per ilcorpo di poliziapenitenziaria, innalzando laqualità della vita all’internodell’istituto. (La Provincia24/11/06)

15gli alunni sospesi al LiceoPaolo Giovio a causa deivideo girati in aula. (LaProvincia 25/11/06)

150le persone che viaggianomediamente in ognicarrozza da 84 posti lungola tratta Milano-Como-Chiasso. Se non saràpotenziata, il comitato deipendolari valuterà lapossibilità di denunciareresponsabili di regione eTrenitalia per attentato allapubblica sicurezza. (LaProvincia, 25/11/06)

1anno e oltre può essere ladurata delle liste di attesaper una mammografia dicontrollo. Solo una donnasu due aderisce allacampagna di screeninggratuito periodico promossodall’Asl sull’intero territorioprovinciale. (Il corriere diComo 25/11/06)

143sono le tonnellate diprodotti alimentari raccolteper la colletta alimentaresul territorio della provinciadi Como, il 10% in piùrispetto alle 130 tonnellatedell’anno scorso. (LaProvincia 27/11/06)

5.000e oltre sono i cittadini aComo e provincia che,secondo i dati Abi, hannocreduto nel miraggio deibuoni di stato di BuenosAires. Complessivamente,sul Lario, sono statisottoscritti titoli argentiniper un valore non inferioreai 200 milioni di euro. (IlCorriere di Como 27/11/06)

1300è il numero di aziende dellaprovincia di Comoclassificate come innovativeper la tipologia della loroproduzione fortemente hi-tech. (La Provincia 1/12/06)

25euro al mese è il prezzo chei dipendenti dell’ospedaleSant’Anna dovrebberopagare per posteggiare, inbase all’offerta del Csu a cuiperò hanno aderito solo 90dipendenti. (La Provincia 1/12/06)

7le telecamere mobili chesaranno accese nel centrostorico in anticipo suitempi prefissati. (LaProvincia 1/12/06)

4.000.000è il numero di persone chein 13 anni sono venute aComo visitare la Città deibalocchi. (La Provincia 1/12/06)

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Il tema della laicità tocca corde sen-sibili e complesse che riguardano ilnostro vivere quotidiano, ma anche ilmondo dei valori più profondi a cuiciascuno di noi fa riferimento. Per ri-flettere sulla laicità e sulla sua fun-zione proviamo a partire dalla comu-nicazione quotidianaCi sarà capitato d’incontrare personestraniere, che parlano un’altra lingua:

– LaicitàSTEFANO VITALE*

la comunicazione è sempre un po’ dif-ficile perché, se non conosciamo benela lingua dell’altro, occorre trovare deicodici che permettano di capirci. Disolito dapprima si tende ad esprimer-si usando il proprio codice, magarifacendo “traduzioni” anche un po’ ri-dicole che possono generare frainten-dimenti, a volte ci si serve dei gesti,in ogni caso si cerca di creare un “con-

Identità,appartenenze, diversitàIl nono convegno del

Coordinamento

comasco per la Pace si

è svolto a Como dal

17 al 19 novembre

nell’Aula Magna del

Politecnico. In questo

tema proponiamo il

resoconto dell’insieme

delle attività, a cui

hanno partecipato

complessivamente

circa 1.500 persone, e

i testi integrali di

alcune relazioni

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testo” di reciproca comprensione. In-fatti si tratta di “entrare nel codice”dell’altro ponendosi dal suo punto divista, quindi in posizione di ascolto edialogo reciproco. Se vogliamo comu-nicare e capire la cultura dell’altro, ilproblema è trovare un “terzo spazio”,un nuovo contesto diverso dal mio edal suo, dove non si parla esattamen-te la mia lingua e neppure proprio lasua, ma dove però possiamo capirci.Uscendo dall’esperienza, che non èsolo metaforica, della comunicazionelinguistica, credo che il problema dellalaicità sia proprio di trovare una zonaaperta che sia pubblica, accessibile atutti in cui ci si possa incontrare, incui le ragioni, le lingue, le culturedegli altri trovino un luogo per incon-trarsi. Così facendo però troviamo unlimite che, ritornando all’esempio lin-guistico di prima, è di accettare dinon riuscire a capire tutto.Assume così un senso l’idea della tol-leranza verso l’altro (e anche un pòverso se stessi) perché non è facilecapire cosa l’altro mi vuol dire, ma loscambio c’è solo se accettiamo que-sta incompletezza, questa imperfezio-ne. La laicità dovrebbe quindi coinci-dere con la presenza di uno spaziopubblico, di tutti, dove vi sono deilimiti fissati dalla tolleranza che cipermette di dare un senso più profon-do al concetto di libertà.Nella nostra cultura siamo abituati acollegarle la libertà all’espressione.Volgarizzando si pensa che la libertàsia “poter dire e fare quello che cipare” e sempre più spesso si pensache ciò debba avvenire indipendente-mente dagli altri, dalla cornice di co-municazione, dal contesto. Ma si di-mentica che l’esprimersi è condiziona-to, in una società democratica, dal prin-cipio dell’agire in modo da non lederela libertà altrui, da non impedire lapossibilità dell’altro di esprimersi. In-somma, la libertà dovrebbe coinciderecon l’idea di agire in modo da potermantenere sempre disponibili le con-dizioni perchè tutti possano continua-re ad esprimersi.

In quest’ottica, possiamo dire che lalaicità è il senso ultimo, profondo, del-la democrazia in quanto forma di orga-nizzazione politica e sociale che ne-cessita della continua ricerca di nuovi

equilibri. La democrazia ha il ”difetto”di non essere qualcosa di dato unavolta per tutte, ma è una “forma im-perfetta” di gestione della vita socia-le e pertanto dobbiamo continuamenteimpegnarci a ri-costruirla, mettendo-ci in discussione, ed accettando queilimiti, quei “paletti” propri di uno“spazio pubblico” che ci dicono cheesso non può essere occupato e do-minato da un solo soggetto ideologi-co, culturale, sociale, economico, ecc.Altrimenti non c’è più né incontro, néscambio, né democrazia.

Il pensiero laico non impedisce a nes-suno, né ad un credente, ed introdu-co la questione della religione, né adateo di esprimere il proprio pensiero.Parità di dignità e rispetto sono due“norme” fondamentali. D’altra parteuna “radice”, un riferimento, un’iden-tità non si nega a nessuno. Ciò chesi nega, in una prospettiva democra-tica e laica, è il potere esclusivo, ladominanza di questa radice o identi-tà. La laicità va intesa come il terre-no di incontro di diverse scelte e mo-tivazioni accomunate dall’opposizio-ne all’integralismo. Che è senza dub-bio quello del terrorista, figlio del-l’intolleranza, dell’esasperazioneidentitaria, ma che è anche del po-tere religioso e di chi pensa che sidebba contrapporre identità ad iden-tità. Lo scontro delle identità o delleciviltà, come si dice oggi, genera con-flitti e guerre. Al massimo si arrivaad una sopportazione indifferente cheperò può esplodere pericolosamente.Norberto Bobbio parlava di “tolleran-za positiva” nel senso di rifiuto dellatolleranza come sopportazione dell’al-tro, che spesso nella nostra cultura èaccompagnata da un atteggiamentodi pretesa superiorità di una culturasull’altra. Il meccanismo è perverso:ti accetto, ti accolgo e ti sopporto.La laicità afferma un’altra cosa: il ri-conoscimento del diritto di esisteredel diverso rispettandone l’esistenzasenza ghettizzazioni o discriminazio-ni.

Nel mondo occidentale, sia pure conmolte difficoltà, si dice che in lineadi principio si deve separare il priva-to dal pubblico. Cosa che è senz’al-tro utile e necessaria. Purtroppo però

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gli “apriori” ideologici e le intolle-ranze di principio continuano ad es-sere uno scoglio duro da superare.Pensate alla vecchia piaga degli abor-ti clandestini praticati da medici cre-denti ed “obiettori” che in pubblicosi guardavano bene dal dichiararsid’accordo con la necessità di una leg-ge che tutelasse tutte le donne; o allerecenti giustificazioni “di fede” perevitare il rispetto delle leggi delloStato. Questo è un modo vile di usa-re la separazione tra pubblico e pri-vato. La laicità, al contrario, è quel-la dimensione che ci permette di ga-rantire e affermare l’idea della plura-lità quale struttura irriducibile e co-stitutiva della nostra vita, e quindidi sviluppare attraverso quest’ideaforme pacifiche di convivenza civile.Oggi si pensa di risolvere la questio-ne col comunitarismo multiculturalein base al quale si scompone il tes-suto sociale in tante “piccole chie-se”, “piccole associazioni”, dove ilsingolo si sente protetto e poi si hapaura dello spazio pubblico perché “sista solo bene a casa propria”. La scuo-la è uno dei terreni su cui s’è cercatodi affermare questa idea “di scuola pri-vatistica” a scapito di un’idea di scuolapubblica per tutti quale tempo/spa-zio della costruzione di saperi condi-visi. Un fatto deve essere centrale: lalaicità rappresenta una condizioneessenziale per garantire un tessutocivile che sia in qualche modo colle-gato.

La religione ha indubbiamente il me-rito di proporre una visione del mon-do globalizzante, universale, autosuf-ficiente. Il fatto è che questa visionespesso è univoca, definitiva e preten-de di guidare tutti gli aspetti dellavita di un individuo. La religione è unastruttura culturale antilaica per defi-nizione, sebbene vi siano persone re-ligiose, di qualunque religione, che siritengono laici proprio perché hannocompreso che la “parte” che loro rap-presentano, in cui si identificano, nonrappresenta il tutto, non può per nul-la rappresentare il tutto, ma soltantouna parte. E che “altre parti” hannodiritto ad esistere e che può esserviuno spazio “pubblico” in cui sia pos-sibile tutelare e riconoscere una di-versità di vedute sulla base di un ac-

cordo cementato dal rifiuto di ogniforma d’integralismo ed assolutismo.Quindi l’opposto di “laico” non è “re-ligioso”: si può essere religiosi ed es-sere laici al tempo stesso, ricordandoche gli atei, i non credenti hanno ilpieno diritto di portare il proprio pun-to di vista. E non solo: non si faccial’errore di pensare che non vi sia lapossibilità di un pensiero etico al difuori della Religione. O del Partito odi ogni altro ente assoluto che pre-tenda di esaurire l’esperienza e l’oriz-zonte di ciascuno di noi. Siamo esseriirrimediabilmente plurali.

Sul tema dell’identità vale la pena diriprendere il libro “Contro l’identità”di Francesco Remotti. L’autore, un an-tropologo, fa un ragionamento inte-ressante: l’identità è una cosa irrinun-ciabile, necessaria, ma viene di solitoassociata a parole come coerenza,scelta e poi anche ordine, conserva-zione e purtroppo anche pulizia etni-ca. “L’identità è il processo necessa-rio di una riduzione della molteplici-tà”, per poter trovare un’identità dob-biamo in realtà eliminare dei pezzi chenon rientrano in quella identità, dob-biamo insomma affermare una parti-colarità. Questo è il paradosso: l’iden-tità è particolare, è un aspetto par-ziale, è qualcosa di incompleto. Peraffermare l’identità procediamo a se-parare, scartare, discriminare, elimi-nare, annientare: questi sono i predi-cati dell’identità che dimentica l’ori-gine da cui proviene, ovvero la molte-plicità. La laicità non nega l’identitàin sé, ma sa bene che nessuno è limi-tabile ad una sola identità. In veritànoi siamo tante persone possibili: cer-to tenerle assieme non è facile. Sinda piccoli ci hanno insegnato che bi-sogna costruire una propria identità,essere strutturati, ma sappiamo beneche dentro quest’unità c’è la molte-plicità della nostra stessa personali-tà. Allora il problema di fondo è dieducarsi ad “un’identità plurale”. Nonsi tratta di negare l’identità, ma iopreferisco un’identità che ci aiuti avivere assieme agli altri. Nel libro“Voci d’Italia” Pasolini scrisse: “Labandiera è una sopravvivenza. Usoquesto termine nell’accezione etnogra-fica e folkloristica, sopravvivenza dilivelli culturali anacronistici o preisto-

rici sotto forma oggettiva, sotto for-ma di strato nei centri culturali... inogni caso la bandiera è dunque pri-mitiva, barbarica e irrazionale, tipicostrumento di reazione e opposizione,non c’è bandiera che non sia bagnatadi sangue. La vera democrazia, io speroe credo, non conosce le bandiere, soloforse qualche semplice simbolo dipace”.

Un’ultima considerazione. Io mi oc-cupo, tra le altre cose, di gestione deiconflitti. Oggi si parla molto di bulli-smo che è figlio dell’intolleranza, del-la scarsa educazione e della culturaindividualistica del “facciamoci i fattipropri”. Credo sia molto importante ra-gionare in termini di dialogo, ma an-che di accoglienza del conflitto. Lai-camente i conflitti non vanno rimos-si, non vanno dimenticati, ma espres-si, certo messi a distanza, riconosciutie ripensati. Purtroppo la violenza, l’ag-gressività fanno parte della nostracultura e natura: il conflitto stesso faparte dei processi di crescita di cia-scuno di noi. È folle pensare all’esi-stenza di un essere “tutto buono” o“tutto cattivo”. Ecco perché è impor-tante lavorare sulla mediazione deiconflitti intesa come espressione e ra-zionalizzazione dei conflitti che ciattraversano. Credo che sia anche que-sto un esercizio di laicità: accoglierela difficoltà e il disagio, la diversitàanche di comportamento, ripensarla,riorientarla nella dimensione del vi-vere comune. Siamo troppo schiavi delmito della soluzione finale e questo èun atteggiamento non laico. Per par-te mia sono convinto che così comeper andare in bicicletta dobbiamo pe-dalare e stare in disequilibrio, cosìcome l’equilibrista sul filo per poternon cadere deve continuamente muo-versi e correggere il suo movimento,così noi dobbiamo imparare laicamen-te a stare in equilibrio tra elementiche stanno in conflitto tra loro, manon per questo in un conflitto distrut-tivo. La laicità insegna il pensiero cri-tico ed ha fiducia, prima di tutto, nellaragione dell’uomo e nella sua possibi-lità di saper far convivere le differen-ze.

*Pedagogista, presidente dei Cemea delPiemonte.

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per esser più amico della mamma,perché son d’accordo e il bambinostramazza al suolo con cinque dita miesulla faccia e la mamma si mette adurlare come una pazza: «Lei è un cre-tino!» E io rispondo: «Si...ehm…se citiene…». «Ma come si permette!».Non dovrei permettermi, solo che pro-babilmente lo zucchero... mi sentopoco bene… svengo, mi accascio alsuolo, riprendo i sensi, e c’è il baristache mi dice: «Ma cosa fa, sta male?»E io: «Si, sto male, sono d’accordo». Elui dice: «Ma com’è pallido!» e la si-gnora che mi aveva quasi perdonatomi mette una mano sulle spalle e midice: «Ma com’è pallido! Dovrebbemettere due dita in bocca per vomi-tare». E io: «Signora sono d’accordo»,prendo la mano della signora e me lametto in fondo alla gola per vomita-re. Vomito, e tutto il vomito va sullapelliccia di visone della signora, laquale dice: «Che schifo!» E io dico:«Si, sono d’accordo signora, anche ame il vomito fa schifo, l’ho sempre det-to». Siamo finiti in caserma con unoche mi diceva oltraggio al pubblicoufficiale e io non ho fattoniente…siete d’accordo?

Il conflittoBuongiorno. Scusate questo inizio unpo’ particolare, ho voluto iniziare conquesto piccolo monologo, chiamatelocome volete: storiellina, stupidatina,per due motivi: il primo motivo è cheio faccio l’insegnante di mestiere, la-voro all’università con i ragazzi, hoinsegnato per tanti anni alle superio-ri, adesso lavoro con ragazzi poco piùgrandi di voi e credo sia molto impor-tante, quando si parla con i giovani,colpire un po’ lo stomaco, andare unpo’ a stupire. Come mai raccontare unastoriellina stupida? Credo sia impor-tante anche trovare nelle barzellette,nelle storielline, gli eventi apparen-temente insignificanti (potrei dire unaltro paio di storielline brevi), trova-re in queste storie una serie di princi-pi, una serie di elementi di discussio-

caffè mi fa venire l’ulcera però natu-ralmente rispondo «si, anche due!».«Lo vuole doppio?» «Ma certo!» e midà una tazzona di caffè. «Zucchero?»«Dica lei». Ecco quando fanno così mifanno incazzare. Dico, ma decidi tu!Mi da questo caffè che era solido, pra-ticamente bianco con delle chiazzenere e io comincio a “mangiare”, berequesta cosa e penso «però che belloandare d’accordo!». Entra un altrocliente e dice «ciao». «Ciao». «Oh haivisto la partita ieri? Grande vittoria!»e io «si, grande vittoria proprio, sonod’accordo». E il barista gli dice: «Macosa stai dicendo? Ma avete rubato,non era rigore» e io «è vero, non erarigore ha proprio ragione lei». E l’al-tro: «Ma stai zitto! Dai l’ha falciato inarea!» e io «si lo ha falciato, lo hannoanche portato via senza gambe, eraevidente…». L’atmosfera si stava unpo’ surriscaldando, continuavo a man-giare lo zucchero con il caffè quandoentra una signora con un bambinettodi sei o sette anni, e il bambino dice:«Mamma voglio la brioche» e io: «Sisignora, sono d’accordo, gli dia la brio-che!». La signora mi ignora e dice «No!Ti rovini l’appetito». Io dico al bambi-no: «Ha ragione la mamma! Ti rovinil’appetito!» E il bambino: «Mammamamma voglio la brioche!» E allora io,perché un gesto vale più di mille pa-role, prendo tutto il vassoio delle brio-che e lo porgo al bambino che comin-cia tranquillamente a mangiarsi sei,sette brioche per volta e io gli dico:«Sono d’accordo, alla tua età serve».E la mamma si inalbera un po’ e midice: «Ma scusi lei, ma si faccia un po’gli affari suoi». E io: «Si beh, io spes-so me li faccio ma ha ragione lei». Adun certo punto continuiamo un po’ ascaldarci, io non capisco perché, era-no tutti d’accordo! Cominciamo un po’a litigare e ad un certo punto il bam-bino: «Mamma! Mamma! Voglio anco-ra le brioche!». E la mamma dice: «Por-ca miseria, quando fai così ti darei unasberla!». Io dico: «Son d’accordo!»...Sbam! E do io una sberla al bambino

– La costruzione di identità pluraliRAFFAELE MANTEGAZZA*

L’altro giorno ero lì, arriva uno:«Scusi passa di qui il 73 barrato?». Iogli ho detto si, ma io non lo sapevose passava di lì il 73 barrato. Non sononeanche di quella zona di Milano. Ilproblema è che io ho un principio nellavita: andare d’accordo con tutti. E selui voleva che il 73 barrato passassedi lì…«Si, sono d’accordo, passa diqui». Io sono fatto così, a me non pia-ce litigare, non mi piace il conflitto,non mi piacciono le tensioni. Magarisiamo in cinque o sei. Uno dice unacosa… basta! No… non ci deve esse-re quello che dice la cosa opposta al-trimenti si comincia a litigare e poi sifinisce come l’altro giorno.L’altro giorno entro al bar, entro, vadoal banco, il barista mi guarda e dice:«Buongiorno!» e io «si sono d’accor-do, è un buon giorno! » e il barista miguarda e mi fa «beh, mica tanto buongiorno, piove!» e io ho detto «si, ineffetti ha ragione, che schifo di tem-po, una giornata di merda!» e mi dice«cosa prende?» e io «E lei cosa?». Luidomanda: «Vuole un caffè?». A me il

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ne come Freud, grande Freud, l’inven-tore della psicoanalisi. Non so se losapete, Freud ha scritto un libro conuna barzelletta, Un moto di spirito sichiama, ha analizzato le barzellette,pareva che nelle barzellette ci fosserosegni di culture, di problemi psichici,tutte queste cose qua. Allora, l’uomoche andava d’accordo con tutti l’ab-biamo lasciato in caserma, poi lo ri-troveremo alla fine del mio interven-to, lo andremo a trovare a casa suaper chiudere questa mia breve chiac-chierata. Però adesso lasciamolo lìdavanti ai carabinieri. Perché l’uomoche andava d’accordo con tutti fini-sce così male? Perché è evidente chebisogna andare d’accordo, ma io cre-do che non si possa andare d’accordose non a partire dal conflitto. Io cre-do che il conflitto sia fondamentale,per poter veramente andar d’accordo.E vi accorgete che l’uomo che andavad’accordo con tutti vuole proprio farequesto, evitare qualunque tipo di con-flitto e paradossalmente ne crea dipeggiori, ne crea di più violenti. Dauna sberla a un bambino! L’uomo cheandava d’accordo con tutti non credeche il conflitto serva per crescere, eguardate che questa cosa noi la fac-ciamo tutti i giorni: «io dico semprela verità» poi ne incontri una che nonvedi da un po’ d’anni: «Ah ciao»«ciao!» «come stai?», e quella lì tidice: «Senti, mi trovi ingrassata?» «sisei una barca», questa è la verità. Ilmio emisfero destro mi dice però:«Nooo, è un po’ in carne» e questa hai pezzi di cellulosa che perde per stra-da! Ma, ecco, non è ipocrisia. In qual-che caso si, è il fatto che noi non di-ciamo sempre la verità, e non andia-mo sempre d’accordo con tutti.Allora il conflitto è la base della con-vivenza. Conflitto non vuol dire guer-ra. Quando a scuola scrivete magariin un compito in classe «il primo con-flitto mondiale», lì invito i miei col-leghi insegnanti a correggervelo, per-ché è una guerra mondiale. Cos’è laguerra? È un modo di risolvere i con-flitti. Non bisogna eliminare i conflitti,bisogna eliminare le guerre, che èun’altra cosa. Allora cosa possiamofare? Possiamo fare in modo che ilconflitto con l’altro entri dentro di noi,cioè che tutte le volte che abbiamoun’idea ci sia dentro di noi una voce

che ci dice «stai attento, pensaci, seisicuro?». Però attenzione, cosa vuoldire configgere con l’altro? Discutere,per esempio, con l’altro. Io ogni tan-to mi sento dire: «Se tu vuoi discute-re con me e parti dall’idea di aver ra-gione sei violento». Io non sono d’ac-cordo, perché se partissi dall’idea chehai ragione tu non mi metterei nean-che a discutere, apprenderei la tua ideae la farei mia. Se dobbiamo discutere,guardate anche su una cosa banale,di calcio, di gusti musicali, di gustialimentari, quelli son banali, no? Dob-biamo partire ognuno dei due dall’ideapropria. Naturalmente se uno discutee si finisce ogni volta ognuno dellasua idea è probabile che sia un po’ottuso. Ma discutere vuol dire partiredalla mia posizione. Ma perché discu-to? Perché mi interessa la tua! Ma miinteressa davvero! E allora convinci-mi, io cerco di convincere te, e cer-chiamo di convincerci a vicenda. Par-tendo dalle nostre posizioni, ma di-sponibili a metterle in discussione conl’altro. Questo è fondamentale.Non si discute tra persone che nonhanno idee, perché la persona che nonha idee è l’uomo che andava d’accor-do con tutti, aspetta che arriva unocon un’idea così se la prende e la fasua. Questo è un primo punto.

Tagliare l’albero giustoCosa vuol dire però conflitto? Vi fac-cio un esempio:in Amazzonia sapeteche nella foresta amazzonica, come intutte le foreste, o come anche nell’or-to di casa vostra è necessario qualchevolta abbattere qualche albero o qual-che ramo perché altrimenti se sonotroppi si soffocano a vicenda. È di-sboscamento quello giusto, quello ra-zionale, anche nel vostro orto toglie-te ogni tanto qualche cespuglio per-ché soffoca gli altri, no? Allora alcu-ne tribù locali devono decidere qualealbero tagliare.È un’operazione di sofferenza perchél’albero è vivo. Lo sciamano mette ilcostume tradizionale, esce, va nellaforesta e chiede all’albero se vuoleessere tagliato. Va lì prende un ba-stone sacro, percuote l’albero e chie-de «vuoi essere tagliato?», ascolta edice: «No, questo non vuole». Ad uncerto punto ne trova uno e dice: «Si,si, questo vuole essere tagliato». Va

bene, lo tagliamo. Regolarmente suc-cede che l’albero che ha chiesto diessere tagliato è un albero che stamorendo, e quindi è un albero che ègiusto tagliare perché tanto comun-que tra poco sarebbe morto, e oltre-tutto è un albero cavo perché stamorendo, l’interno è vuoto, così i com-pagni di tribù dello sciamano posso-no farsi una bella piroga senza sca-varlo perché è già pronto.Cosa dice lo sciamano? «L’albero miha parlato». Cosa dice lo scienziatooccidentale? «Suona vuoto». Perchéha scelto quell’albero lì? Perché perquelli di prima picchiando ha sentitoche suonava pieno, e quindi vuol direche l’albero non era cavo, non stavamorendo, qui ha sentito che suonavavuoto e quindi ha capito che stavamorendo ed era cavo. Chi ha ragione?E chi se ne frega! Chi se ne frega dichi ha ragione! Ma perché deve perforza aver ragione qualcuno? Cioè ioRaffaele Mantegazza, occidentale, noncredo che gli alberi parlino, ma nonposso andare a dire allo sciamano «no,

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guarda è una questione di onde sono-re». L’importante è che l’applicazionecorretta della scienza occidentale el’applicazione corretta della religioneanimistica della tribù, porta ad ab-battere l’albero giusto che non dan-neggia la foresta. Allora io credo chesia ora di finire di dire «ma hanno ra-gione gli scienziati, hanno ragione…». La ragione è ciò che fa star beneil mondo. Tutti, i più piccoli soprat-tutto, i bambini, gli alberi, le piante,gli animali, i poveri, le donne, ciò chefa star bene il mondo ha ragione.Non è così importante arrivarci tra-mite un percorso scientifico (a cui noioccidentali non possiamo rinunciare),o tramite un percorso religioso, o tra-mite un percorso animistico, o trami-te un qualunque percorso. L’importan-te è dialogare, l’importante è che guar-da caso lo scienziato ragionevole e losciamano arrivano a non distruggerela foresta perché tagliano l’albero giu-sto, allora il conflitto significa cerca-re ciò che va bene per il mondo, pertutti. La parola tutti, non uno di meno.

La forza dei bastardiCos’è che ci vieta di fare questo? Lapaura. Guardate, ragazzi, che la pauraè un sentimento, è un’emozione, per-lomeno, che c’è negli animali, in tuttigli animali. Noi siamo animali, e quin-di abbiamo paura. Ma qual è la paurapeggiore? La paura peggiore è proprioquella di non incontrare l’altro. Lapaura peggiore è proprio quella che ilnostro perfetto mondo rotondo, levi-gato, senza un angolino, senza unamacchiolina, senza una smussatura,venga intaccato.Vi faccio qualche esempio. Molto ba-nale, guardate, ragazzi, faccio esempiconcreti perché tutti noi viviamo unavita fatta anche di piccole cose e dibanalità. Festival di San Remo: cos’èil Festival di San Remo? È la manife-stazione più nota di una certa canzo-ne italiana, una canzonetta. All’este-ro le televisioni pagano un sacco disoldi per trasmettere il Festival di SanRemo in diretta. Al Festival di SanRemo chi c’è a presentare? Lasciatestare i casi particolari in cui ha pre-sentato una donna tipo una volta Si-mona Ventura, mi pare o forse anchela Carrà. Normalmente chi presenta?Il maschio, Baudo. E chi ha di fianco

Baudo? Chi dovrebbe avere di fiancoBaudo nella classica icona televisiva?La valletta. Perché ne ha due? La bion-da e la mora. Perché, scusate, se inuna tradizione sicuramente maschili-sta la valletta dovrebbe rappresenta-re la bellezza italiana, la grazia italia-na, la donna, bla, bla…perché due?Perché qual’è la donna italiana? È laalta un metro e novanta, bionda, oc-chi azzurrissimi, grandi, o è la sicilia-na più bassa, formosa, pelle scura,capello nero, occhio nero? Qual’è? At-tenzione: o nessuna delle due, ma ilsignore con la barba. Allora se noiabbiamo la fortuna di essere un po-polo dove tu incontri un italiano coni capelli rossi, poi un altro con i ca-pelli rossi ma gli occhi verdi, poi unaltro con gli occhi verdi ma biondo,poi uno moro, poi uno altro un metroe novantacinque, italianissimo datrenta generazioni, ma ce n’è uno altoun metro e sessanta, italianissimo…allora la vogliamo finire con questaballa della bellezza italica, delle radi-ci dell’Italia? Le radici…noi siamo unpopolo di bastardi! Ma perché? Maperché voi ragazzi e ragazze l’avetestudiata la storia a scuola. In Italia sonovenuti tutti a fecondare le nostre don-ne. Quindi in Italia tutti hanno fattol’amore con le nostre donne, no? E iLanzichenecchi, e allora abbiamo il cep-po biondo, e gli arabi, allora in Siciliaabbiamo, nel sud, ma non solo, abbia-mo i ragazzi e le ragazze dalla pelleolivastra. Allora, se Dante Alighieri, Mi-chelangelo, Raffaello, Leopardi, insom-ma se non fossero stati un po’ bastar-di, nel senso di meticci, probabilmen-te, anzi, sicuramente la cultura italia-na sarebbe meno straordinaria e stra-ordinariamente forte di quello che è.Forte nel senso culturale del termine.Allora pensare a questo discorso del me-ticcio, dell’incontro con l’altro, dovenell’altro c’è anche un po’ di me. Se voiandate a Genova, il Duomo di Genovaha dentro di tutto, dall’architetturagotica, al romanico, transenne, ma purepartI dell’architettura araba.C’è un pezzo del Duomo di Genova,dovevo fare questo esperimento, chefotografato trasmesso in diapositiva sedicessi «è una moschea» tutti ci crede-rebbero, eppure è tipicamente arabaperché il Duomo di Genova è un Duo-mo che vengono a studiare dall’univer-

sità degli Stati Uniti perché è bastar-do, perché è meticcio, perché non silascia ridurre, perché il Duomo di Ge-nova non è un Duomo che andava d’ac-cordo con tutti. È un Duomo che litigae litiga ma prende anche dall’altro ciòche c’è di buono.

La religioneVado avanti rapidamente, non vogliofarla troppo lunga. La religione, cos’èla religione? La religione è un legame.La religione è un legame orizzontale everticale, con chi? Con l’altro. Con l’al-tro con la a maiuscola e con gli altricon la a minuscola. Qualche orticellodi riflessione non lo vorrei lasciare lì.Il primo: il buon samaritano. Voi cono-scerete, l’avrete sentita in chiesa ol’avrete letta sui Vangeli la parabola delbuon samaritano. C’è un povero disgra-ziato che viene rapinato, picchiato, la-sciato mezzo morto. Passa un sacerdo-te e lo ignora, passa un levita e lo igno-ra, lo ignorano perché non possonotoccare un cadavere. Passa il samarita-no, il buon samaritano, lo prende, loporta a casa e lo cura. Fine della para-bola. Cosa abbiamo imparato? Abbia-mo imparato che su tre persone duesono cattive e uno è buono. Ma va benecosì. Lasciamola in italiano. Questa pa-rabola di Cristo…vi parla un laico chenon professa religioni ma che studiateologia, per passione, non a scuola.Traduciamo in italiano, passa un prete,passa un funzionario il levita, e poi tipassa un terronazzo…no, no, non ri-dete! La Samaria, è la terronia di Israe-le! E perché la Samaria è la terronia?Perché quando gli Assiri, gli stranierinel 722 hanno invaso Israele il sud - lìla terronia è al nord e va bè, mi dispia-ce - il sud ha resistito, e le donne delsud (anche perché in realtà gli Assirinon è che sono andati molto giù sonorimasti su) sono rimaste pure.«Io sono un’israelita vado a letto solocon gli israeliti» le donne del nord, al-cune sono state purtroppo stuprate,altre invece sono andate con l’assiro,hanno visto arrivare l’Assiro e han det-to «porca boia che bel pezzo d’Assiro!»Isamaritani sono i bastardi dell’anticotestamento. Cosa dice Gesù? Il sacer-dote perché non tocca il morente? Per-ché vuole essere puro. Il levita, i levitisono la tribù di Dio. I leviti sono i puri,purissimi, alcuni addirittura non si spo-

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sarono per mantenersi nella purezza delsangue. Il levita non si ferma, il puro.Il bastardo, il terrone, quello proprioche dici «passa il samaritano figurativa lì lo deruba ancora, lo ammazzapure» Questo è il messaggio di Cristo.Quanti lo sapevano?Allora non mi dite che l’Italia è un pa-ese cattolico. Non mi dite che in clas-se si fa religione. Perché se non vi rac-contano queste cose, che cosa accidentivi raccontano quando si fa religione? La religione cristiana è fondata sul-l’idea che Gesù Cristo, Gesù figlio diDio, per i credenti, si mescolava con leputtane, con le prostitute se voleteessere un pochino più morbidi. E se unonon presenta questo volto di Gesù nonsta facendo religione. Un oggetto dilegno con due asticelle, una verticale,l’altra orizzontale, non è un crocifisso,è un oggetto di legno con due asticelleuna in verticale l’altra in orizzontale. Ilcrocifisso, è come in una pala d’altarein Germania dove c’è il corpo di Cristomartoriato, straziato, che perde i bran-delli. Quello lì è il crocifisso perchédavanti tu dici: «Ma cosa gli han fattoa quest’uomo? Ma perché l’han ridottocosì? Perché l’han torturato così?». Al-lora l’hanno torturato, l’hanno massa-crato, gli hanno strappato la carne!Andiamo a leggere cosa ha detto, an-diamo a leggere i vangeli! Perché di-fendeva i bastardi della Samaria, nonsolo per quello… Allora io sono per-fettamente d’accordo con chi dice «bi-sogna studiare la storia delle religio-ni», credo che il cristianesimo abbiatutto da guadagnare nel togliere i cro-cifissi dai muri per metterli sul i ban-chi per fare studiare la storia di Cristo.Sapete che una recente inchiesta di-mostra che l’80 per cento dei ragazzidi terza media confonde Noè e Mosè?Qual’è quello dell’Arca? Ma si tanto sonouguali! Mosè, Noè, Fefè, un mio amicoche ha un bar a Milano. In effetti lui,quando piove, c’è il diluvio…eh! Allo-ra capite le religioni cosa dicono? Tut-te! Basta leggere Geremia. Il libro diGeremia, Geremia è un profeta, vienedeportato non dagli Assiri ma dai Ba-bilonesi (deportazione babilonese 576avanti Cristo). È lì, deportato, e dice:«Dio benedica…» e tutti pensano «diràIsraele». E ivece no. È deportato da queicari, bastardi, maledetti, babilonesi, malui dice: «Dio benedica Babilonia».

Come? Il nemico, il nemico! Ma Cristonon ha forse detto «ama il tuo nemi-co»? Cristo non ha detto ama quelloche ti sta un po’ sulle scatole! Il nemi-co, ama il tuo nemico! Ama quello chequando lo vedi lo vorresti ammazzare,questo è il cristianesimo. Allora, sequesto è il cristianesimo, nelle radiciculturali d’Europa c’è il cristianesimo,perché l’Europa nasce da questo mes-saggio di conflitto democratico, di con-flitto non distruttivo. Queste sono leradici.

Democrazia occidentale?Io sono molto d’accordo su quello cheè stato detto prima sull’Occidente. L’Oc-cidente ha creato delle cose orrende:campi di sterminio, bombe atomiche,ma anche cose meravigliose. Imparia-mo ad accettare le cose meravigliose ea criticare quelle orrende. La democra-zia è una cosa bellissima, meraviglio-sa. Non è il massimo che si può fare,ma è è un modo di risolvere i conflitti,un modo non violento, senza ammaz-zarsi. Ma allora, facciamo la moschea aComo? C’è sempre quello che dice: «E,ma loro non la fanno la chiesa cattoli-ca a Riad». È inutile nasconderci: è vero.A Riad, e non ho fatto questo esempioper caso, non fanno la chiesa cattoli-ca, perché? Perché non sono democra-tici. E allora facciamo anche noi comeloro? «Siccome non mi hai dato il pal-lone non ti do la macchinina!». Allorasiamo convinti che la democrazia oggisia la miglior forma di governo? Non èmica obbligatorio, eh! Non è mica ob-bligatorio essere convinti, ma se lo sia-mo allora dobbiamo fare la moschea aComo, poi andiamo a Riad e diciamo«”riadese”, guarda cosa ho fatto io!Perché sono democratico. Dai, non èche anche a te un po’ di democraziafarebbe bene? Te lo dimostro: caro “ria-dese”, i tuoi compagni di fede a Comopossono pregare il loro Dio, noi catto-lici (io non sono cattolico) i cattolici aRiad non possono pregare il loro Dio.Fai la chiesa». Questa è la democrazia.La democrazia non aspetta mica che ilprimo passo lo faccia quell’altro, il pri-mo passo lo deve fare la democrazia.Altrimenti, noi non ci crediamo nellademocrazia, diciamolo.

Democrazia è autolimitazioneSi è parlato molto di differenza di ge-

nere. Le vittime, le prime vittime delmaschilismo sono le donne, ma imme-diatamente dopo le seconde vittime delmaschilismo sono i maschi. Perché iosono stufo che ogni volta che mi vieneda piangere in pubblico c’è quello chedice: «Dai, non far la femminuccia!».Io sono stufo che essere maschio vo-glia dire nascondere i propri sentimen-ti, essere virile, andare in giro a far ve-dere gli attributi e francamente daquando sto iniziando timidamente adimparare il mestiere di padre con unbimbetto di un mese e trentaquattrogiorni, ho capito quanto è difficile dareuna carezza a tuo figlio di trenta giorniper uno grande un metro e novanta,senza magari disturbarlo, senza darglifastidio. L’ho capito, e ci vuole moltapiù forza e più virilità a dare una ca-rezza che per dare un cazzotto nei denti.C’era un signore che si chiamava Anto-nio Gramsci, un politico, il fondatoredel partito comunista, un filosofo,morto in carcere assassinato dai fasci-sti un po’ di anni fa. Gramsci raccontaquesta storia, non è una storia politi-ca. Oppure è altamente politica. Staandando in treno, stà viaggiando intreno, è nello scompartimento “fuma-tori” quindi lui può fumare.Accende il sigaro e vede che di fronte alui c’è una signora molto anziana checomincia a tossire. Lui vede la soffe-renza della signora, il treno è strapie-no, e pensa «cambia posto! Eh, qua c’èscritto fumatori». Gramsci spegne ilsigaro. E a casa sul suo diario scrive«Oggi ho capito cos’è la democrazia».Riflettete su questo episodio. Perché l’ha spento? La legge era dalla sua par-te! Aveva ragione lui, e torto lei! Nona tossire, poverina. Gramsci cosa hadetto? «Cos’è la legge?». La tutela deldebole. Cos’è la democrazia? La tute-la dell’ultimo. Chi è forte tra me e lei?Era giovanissimo Gramsci, avevavent’anni. Tra un ragazzo di vent’annie una signora anziana malata, chi èforte? il ragazzo di vent’anni. E allo-ra? E allora mi autolimito. Non c’è bi-sogno della legge, c’è bisogno dellalegge della coscienza. C’è bisogno diaver interiorizzato l’altro. Cosa faccio,dico a una signora di 90 anni «signo-ra cavoli suoi, si alzi, cerchi un postonell’altro scompartimento»? No! Spen-go io il sigaro. La democrazia è auto-limitarsi per far spazio all’altro. C’è una

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Io non sono abituata a stare sedu-ta dietro una cattedra perché non sonoun’insegnante e credo che chi fa que-sto lavoro dovrebbe essere strapaga-to, più di un direttore di banca o diuna soubrette e sicuramente di un gior-nalista e vi ringrazio, intanto, per es-sere qui in tanti e tante e ringrazio ivostri insegnanti, ringrazio chi ha fat-to in modo che io sia qui con voi que-sta mattina e vi voglio dire che occa-sioni di questo genere per me sono pre-ziose perché imparo moltissimo da chiascolta e interloquisce con me.Io ho quarantasette anni, sono di Ge-nova, ho due figli uno di undici e l’al-tro di sedici anni, e a questo puntodella mia vita posso dire in realtà chedi certezze ne ho pochissime, idee con-fuse molte, però una cosa la so perchél’ ho costruita grazie agli incontri, gra-zie alle testimonianze, grazie ai con-flitti che la vita mi ha dato la possibi-lità di attraversare. Ecco io se dovessidefinirmi direi in primo luogo che sonouna donna e in secondo luogo che sonouna femminista. Io faccio una serie dicose che la vita mi ha portato in qual-che modo a scegliere, in qualche modoa subire e poi decidere che erano quel-le da fare, faccio la giornalista, faccioformazione alle pratiche di non violen-za, sono stata in luoghi così detti dif-ficili, non sono mai stata in zone diguerra direttamente come il vostro con-

terraneo, ma ho conosciuto molte don-ne, e qualche uomo, che si sono messein gioco non per rischiare la vita, per-ché gli eroi non ci piacciono e non cipiacciono neanche le culture che pro-ducono e inneggiano agli eroi, perchédove ci sono gli eroi c’è la guerra e c’èla morte, ma ho imparato tanto da per-sone che in situazioni dove l’istinto,l’abitudine tendeva a voler risolvere iproblemi con la violenza, hanno deci-so invece di affrontare questi problemicon il dialogo, con il conflitto costrut-tivo, quindi non col conflitto armato eda questo ho imparato che è l’unicascelta possibile per la convivenza. Nonè perché io sono buona che cerco ten-denzialmente la non violenza comestrumento, non è perché non sono ar-rabbiata, non è perché a volte, soprat-tutto perché sono una donna, questomondo mi appare come devastante einvivibile, è perché io penso che sianecessario costruire una situazionenella quale il conflitto produca e nondistrugga. Mi fate un piacere? Alzatela mano, e qui parlo alle ragazze, a chiè successo di sentirsi dire non fare ilmaschiaccio, così, una volta nella vita.Ok e ora i maschi. Potete alzare la manoquando almeno una volta nella vita viè stato detto non fare la femminuccia.Ok allora, perché ho fatto questa do-manda? Perché introducendo il temadell’identità io non posso fare a meno

– Identità sessuateMONICA LANFRANCO*

vecchia, un’antica legenda ebraica chedice che quando Dio ha creato il mon-do prima c’era solo Dio, e non c’era ilmondo. Ad un certo punto Dio ha detto«Sono stufo di stare da solo! Ho biso-gno dell’altro». E allora Dio ha fattouna cosa che in ebraico si chiama zimzum. Zim zum succede quando voi la-vate un vestito dI lana e si rattrappi-sce, si infeltrisce, diventa piccolo, èproprio il termine tecnico che usano itessitori in Israele. Dio si “infeltrisce”,cioè, solo Dio si ritira, e lì e nascel’uomo.Dio dice «cavoli, quest’uomo è vera-mente interessante, buono» e conti-nua a rattrappirsi, finché Dio lasciatotalmente spazio libero all’uomo perpoi tornare alla fine dei tempi. Mapensate che bella quest’immagine diDio che rinuncia alla sua onnipotenzaper lasciar spazio all’altro, per lasciarspazio a noi.Credenti o no, non ha nessuna impor-tanza.Allora lasciare spazio all’altro vuol direanche rinunciare soprattutto là dovesi avrebbe anche ragione, perché seio prendo la metropolitana per primoe occupo il posto per primo, non c’ènessuna legge che mi impone di farsedere la signora anziana. Ci sono iposti riservati agli anziani e agli in-validi. Io sono salito per primo, sonoin un posto non riservato ad anzianie ad invalidi, ma la signora anziana lafaccio sedere perché c’è un’altra leg-ge, oltre a quella fondamentale dellostato, che è la legge dello spostarmi,“rattrappirmi”, per far emergere l’al-tro.Detto questo, andiamo a trovare l’uo-mo che andava d’accordo con tutti.L’uomo che andava d’accordo con tut-ti è a casa sua, la sera, da solo, e piùo meno dice così: «E adesso io conchi vado d’accordo? Non c’è più nes-suno, la televisione è spenta, la radionon funziona, sono solo. A chi rubole idee? Che senso ha la mia vita?Adesso che non c’è più nessuno a cuidire «sono d’accordo!», l’unica cosache mi viene in mente è che potreifarla finita qui. Potrei tirarmi un col-po in testa, potrei svenarmi, potreiporre fine a questa esistenza inutilepassata a fare la carta assorbente, anon avere mai una mia idea, a nondire mai «no! Non sono d’accordo!»,

«sbagli!», e alla fine anche a non diremai veramente dal cuore «hai ragio-ne», «son d’accordo», «sono con te».Allora potrei veramente questa serafare in modo che questa vita finiscaqui, in modo che l’ultimo mio accordosia con la morte. Però è strano, stase-ra curiosamente, per la prima volta,non sono d’accordo, e non sono d’ac-cordo con me stesso. Non sono d’ac-cordo col fatto che la vita si possafinire così. Non sono d’accordo sulfatto che questa solitudine vinca, nonsono d’accordo sul fatto che io possadare ragione a ciò a cui non si deve

mai dare ragione:e cioè alla morte. Eallora magari mi vesto, esco, incon-tro qualcuno e comincio a discutere,a dirgli che non sono d’accordo, co-mincio a litigare, comincio a sentirela passione di due diversi che si in-contrano. Facciamo così e poi vedia-mo come va a finire. Strano, no? Per-ché vivi? Per vedere come va a finire.Perché è vero che c’è una fine per tut-to, ma io non sono d’accordo che siaper forza la morte..

* Pedagogista, Università La Bicocca diMilano.Testo non rivisto dall’autore.

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di collegare questa parola, le parolesono tutte apparentemente inoffensi-ve, però negli anni in cui non ero an-cora nata, però ero lì lì per, c’era statoqualcuno che aveva detto che le parolesono pietre, non dimentichiamoci diquesta affermazione perché è sicura-mente vero che è meglio una parola cheuna pallottola, ma i luoghi dove le pal-lottole non circolano ancora, tra pa-rentesi, è molto importante fare atten-zione anche alle parole che usiamo per-ché queste parole possono creare le pre-condizioni perché poi davvero questeparole comincino a fischiare e alloraaccanto e insieme alla parola identitàio metto immediatamente la parola ste-reotipo e quella subito dopo è pregiu-dizio. Perché faccio questo ragionamen-to? Perché voi che siete ancora a scuo-la e quindi spero freschi di allenamen-to a fare collegamenti, connessioni, amettere insieme, la parola identità voisapete che ha come riferimento l’ugua-le, l’uniforme, il simile, la connessionee che cosa ci ricorda la parola identità?Ci ricorda l’appartenenza, una cosa èidentica... è una cosa uguale, è una cosache sta insieme con. Automaticamentequesta parola, questo concetto, que-sta visione, questa immagine ha a chefare con il suo contrario. Se io sono identica a qualche cosa o aqualcuno e appartengo ad un gruppo,automaticamente non faccio parte diun altro gruppo, posso quindi fronteg-giarmi, non specchiarmi da un’altraparte, posso in qualche modo trovarela forza in una sorta di linguaggio co-mune, in un luogo, lo posso fisicizzarequesto appartenere ad una identità efin qui siamo in stand-by cioè siamo inuna situazione nella quale io mi rico-nosco in qualche cosa di simile a me.

Identità femminile e gabbie socialiIdentità quindi è una parola che se noila attraversiamo in maniera neutra ciracconta le caratteristiche, allora ioposso dire che ho un’identità femmini-le, questo significa che il mio corpo èfatto in un certo modo, che appaio inun certo modo diversamente dall’altraparte di me cioè dal maschile. Una si-gnora che adesso è davvero molto an-ziana che si chiama Elena Gianini Be-lotti ha scritto un libro che è stato unpo’ la madre dei libri del movimentodelle donne in Italia se così si può dire,

ce ne sono altri ma vi cito volentieriquesto, si chiama Dalla parte delle bam-bine e fu in Italia la prima indagine, ilprimo sguardo vero sui guasti, sui pe-ricoli, sulle ingiustizie, sulle violenzeche la cultura che noi chiamavamo pa-triarcale aveva creato nella collettivi-tà, nella società a partire dal pregiudi-zio identitario per cui c’erano gli uomi-ni, c’erano le donne, le donne non era-no nominate se non specificamente per-ché si diceva uomini per intendere ilgenere umano e in particolare in que-sto libro si analizzava come la costru-zione dell’identità femminile cioè diquelle caratteristiche che presuntame-ne dovevano essere affiancate, colle-gate direttamente alle donne stava cre-ando.C’è una descrizione straordinaria nelleprime pagine di questo libro nelle qua-li Elena Gianini Belotti guarda una bim-ba, c’è una bambina piccola di circaquattro anni, una delle età più straor-dinarie della vita umana dove si co-mincia ad apprendere ogni giorno, an-che ogni minuto c’è una scoperta nuo-va. Si è già abbastanza capaci di starein piedi, si chiacchiera un po’, si co-mincia a desiderare di stare insieme aglialtri e non si dice più «mio, mio, mio»,c’è l’inizio dell’approccio comunicativo,dello scambio, della comunicazione.Bene, Elena Gianini Belotti guarda que-sta bimba e dice: «Com’è possibile chequesto essere straordinario, pieno divita, che salta, che gioca, che è affa-mata appunto dell’esistenza, di novi-tà, che è libera, libera come è un pic-colo cucciolo animale improvvisamen-te a un certo punto possa veder ri-stretta questa energia vitale, questaenergia creativa, questa energia cheè prodromo alla comunicazione in unapiccola, scialba, sciatta, spenta signo-rina che deve tenere le ginocchia chiu-se che non può fare alcuno sport per-ché non sono “femminili”, che devemostrare modestia, che deve abbas-sare la voce perché altrimenti passaimmediatamente una linea invisibilema spessissima con la quale la si po-trebbe categorizzare ed emarginarecome “maschiaccio”». Ecco perché hofatto quella buffa affermazione facen-dovi una domanda, perché questa for-ma di definizione identitaria è in re-altà una gabbia costruita socialmen-te, cioè non c’è nessuno che con uno

stampino quando nasciamo e la primacosa che vediamo è o maschio o fem-mina, poi vediamo se ci sono tutte leditine dei piedi, delle mani, se ha tuttele orecchie a posto eccetera, però laprima cosa evidente quando si nasceè «è un maschio o una femmina?».Addirittura dopo che pelle ha, di checolore è, questo è il primo tratto iden-titario, peccato che su questa questio-ne identitaria che parte dal corpo siinnestino tutta una serie di caratteri-stiche che poi diventano gabbie. At-tenti, attente, gabbie che valgono pertutti e per tutte. Ecco perché in unadefinizione che così, ho buttato lì, ioposso in realtà dire che tra tutte leidentità che ho attraversato o che misono state appiccicate o che ho do-vuto combattere per uscire da questegabbie, quella dell’incontro con i mo-vimenti delle donne, in una parola ilfemminismo che poi non andrebbenemmeno detto al singolare, ma chedovrebbe essere detto al plurale per-ché sono tanti, è quella che mi ha aiu-tato di più a liberarmi da tutte le gab-bie identitarie.Se io dovessi darvi un consiglio davecchia zia o comunque da personapiù grande. anche se so che non servetanto dare consigli o pontificare otrasmettere così qualche minuto la no-stra esperienza, però io una cosa ve lavorrei dire e sarebbe questa, di diffida-re fieramente con la vostra intelligen-

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za curiosa e suppongo anche un po’impertinente, di chi vi vuole appiop-pare definizioni identitarie perché die-tro ad ogni definizione identitaria, sec-ca, ci sono delle gabbie, ci sono delleprigioni, ci sono degli impedimenti. Èchiaro che noi viviamo in tempi in cuila sicurezza, la rassicurazione, il biso-gno di forti strutture per combattere lapaura e la difficoltà della vita, sono lìin agguato a tendere, a volerci fare rin-chiudere perché c’è un nemico fuorisempre, qualunque esso sia, un momen-to sono le persone che vengono da al-tri paesi, nell’altro può essere una per-sona orientata sessualmente in mododiverso, in un altro momento ci posso-no essere persone che hanno visionidel mondo differenti, invece di inne-stare e di innescare nell’incontro conle differenze un circolo virtuoso di aper-tura e di conflitto pacifico «io ho que-sta visione, tu questa, vediamo qual èil terreno comune» fatte salve alcunelibertà e alcuni diritti che devono es-sere per tutti e per tutte garantiti, in-neschiamo un processo di rifiuto iden-titario in cui sicuramente ci sarà qual-cuno che vince, sicuramente ci saràqualcuno o qualcuna che perde e inqueste battaglie, in questi confronti,in quelle che è stata definita anche unaguerra alle donne, le donne hanno sem-pre perso.

Comunque sconfitteBadate bene, hanno perso anche quan-do hanno vestito i panni dell’altra iden-tità, perché io considero che sia unavera e propria sconfitta il fatto chequalcuno o qualcuna debba vestire pan-ni identitari che non sono i suoi perentrare dentro una comunità, per vin-cere o semplicemente per esistere. C’èstato un periodo, una ventina di annifa, in cui era nata una definizione, unadefinizione un po’ buffa, come tanteche probabilmente anche la mia cate-goria aiuta a creare e a pervadere, sidiceva le “donne in carriera”. Bhè, que-ste “donne in carriera” erano rispettoad uno dei diritti che oggi voi oggi tro-vate come assolutamente fondamenta-li, importanti e che, attenzione, biso-gna tenersi stretti perché non esiste ilmondo in cui questo diritto o questidiritti siano diffusi, ci sono luoghi almondo dove non solo le donne non pos-sono lavorare ma non possono nemme-

no esistere come persone, in cui l’alfa-beto, in cui il vocabolario non com-porta, non comprende la parola donna.Uno per tutti, l’avete visto, in Afgha-nistan ci sono luoghi dove ancora per-siste la cultura e la religione e la poli-tica talebana, le donne non esistono enon sono nemmeno nominate. Bene,queste “donne in carriera”, per tornareagli anni ottanta, erano le pioniere ri-spetto al diritto al lavoro e al potereche deriva dal fatto di lavorare, non siparlava ancora di autorevolezza, si par-lava di potere. E quindi queste donnechi erano? Erano intanto le più fierenemiche di altre donne perché pratica-vano una competizione pazzesca, espri-mevano un’identità femminile apparen-te, ma in realtà erano portatrici di unossimoro, cioè di un non senso, le “don-ne con le palle” si diceva, che è pale-semente un ossimoro perché una don-ne le palle non ce le ha e come vedetequando si parla di femminile e di ma-schile e si torna al corpo si fanno delleoperazioni interessanti rispetto all’iden-tità, si parla spesso di sessualità o siallude ad essa per indicare nuovamen-te queste gabbie identitarie dentro cuimettere le persone ma dietro le defini-zioni, quindi dietro le identità appicci-cate ci sono le persone e noi le perdia-mo quando facciamo operazioni delgenere e piano piano prepariamo il ter-reno a cose terribili. La guerra nonscoppia di giovedì, quando vi diconoo leggete sui libri «la guerra è scoppia-ta» o «un certo tipo di violenza è scop-piata», è una semplificazione perico-losa perché badate bene dietro a tuttii fenomeni totalitaristi e in questo ioci metto davvero tutti i fenomeni tota-litaristi, laici e religiosi, politici e so-ciali c’è una preparazione che ha a chefare con l’utilizzo di forti identità pre-suntamene superiori ad altre che crea-no un terreno sociale, oserei dire pro-prio un linguaggio, ma anche un’abi-tudine fisica, un atteggiamento corpo-reo di alienazione di altri esseri umaniper il colore della pelle, per il loro ses-so, per le loro abitudini sessuali.

Tolleranza ghettizzantePer concludere, perché mi piacerebbeche ci fosse spazio per il dibattito elo scambio, io vorrei dire ancora duecose. La prima: io non credo, e que-sto davvero l’ ho sperimentato, che la

tolleranza da sola, cioè il fatto didire:«si tu porti questo tipo di abitu-dine o di identità- intesa come ve l’ho descritta anche malamente e mene scuso- va bene fai quello che vuoi»sia la strada, l’unica strada per costru-ire un incontro tra differenze e darevita ad una terza visione: la tua, lamia, la terza che sarà il frutto di unincontro conflittuale tra la mia e latua. La tolleranza, cioè il fatto didire:«tu arrivi, tu sei così, fatti la cosaun po’ più in là» crea una situazioneche io definisco da enclave ovveronella migliore delle ipotesi tu arrivi,sei, porti una differenza, la pratichiun po’ più in là rispetto a me, non midai fastidio. Socialmente questa è l’ini-zio della costruzione di strutture dienclave, cioè luoghi chiusi nei qualisi aprono e chiudono porte, nei qualiè possibile entrare ma si deve subitopoi uscire, nei quali si deve accettareuna regola e poi si esce e la si smetteperché non è la mia. Io penso che unasocietà accogliente, creativa, giustain cui differenti visioni possono con-vivere e possono essere costruite ericostruite identità (che non sono fis-se per sempre come non lo è nullanella vita, tranne il nascere e il mori-re), si possa costruire insieme se cisono delle regole che attraversanoidentità, scelte e visioni, panorami,decisioni, scelte di vita. La prima perme è che non c’è una società giusta,accogliente, creativa dove uomini edonne non abbiano le stesse possibi-lità, la stessa libertà d’azione e diespressione. Diffidate nuovamente dachi vi dice che prima si costruisceun’ipotesi e dopo si pensa ai sogget-ti, i primi soggetti e quindi le primeforme se volete di appartenenza iden-titarie sono quelle legate a chi sietevoi uomini e donne e se vi appare oggicome facile essere uomini e donne edessere liberi e libere diffidate ancheda chi vi dice che c’è questa libertàperché non è vero. Abbiamo una seriedi diritti fragili, fragilissimi, messi indiscussione ogni minuto che partonoproprio dalla necessità intrinseca dicerte società e di certe visioni di con-trollare i corpi e in particolare di par-tire dal controllo dei corpi femminili.Badate bene, le società e le strutturea identità fortemente patriarcali, cioèdove le regole vengono poste da un

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Don Giancarlo prima diceva, cosìcon un po’ di ironia, che l’identità nonè un discorso da lasciare in mano agliaccademici però io che sono una let-trice di Hannah Arendtz penso che laparola e l’azione, dove con parola siintende il logos che è anche l’intelli-genza dei fatti, non soltanto il rac-conto, siano due aspetti che si illu-minano a vicenda per cui se la parolasenza l’azione è retorica e questo èun rischio molto alto soprattuttoquando si parla di questi temi, l’azio-ne senza la parola è muta o comun-que non riesce poi ad essere incorpo-rata nell’identità, quindi faccio que-sta piccola premessa a difesa dellacategoria quando appunto la catego-ria lavora in coscienza come si dovreb-be.Il mio intervento mira, anche se inmaniera molto sintetica, e per questomi scuso, e anche un po’ grossolana acercare di fornire delle piccole cate-gorie che non vogliono essere deimodelli rigidi, le categorie sono utilima sono anche da abbandonare il piùpresto possibile cioè servono solo permettere ordine nella sovrabbondanzadegli stimoli e noi oggi abbiamo rice-vuto una sovrabbondanza di stimoliche rischiano di rimanere un po’ epi-sodici, di farci più confusione su que-sto tema di quanto invece non possa-no fare chiarezza quindi io prenderòquesti due concetti di identità soprat-tutto e di appartenenza molto più ve-locemente cercando appunto di darequalche strumento per interpretare letrasformazioni che ci stanno sotto gliocchi e cercare di leggerle in qualchemodo.

Come nasce e cambia l’identità?Secondo me il primo modo di inter-pretare è quello di contestualizzare iconcetti cioè il tema dell’identità nonè sempre esistito, non è che l’uomo siè sempre interrogato sulla questionedell’identità, il tema dell’identità hauna data di nascita in qualche modo

che è appunto la fase della Moderni-tà, cioè il momento in cui l’urbaniz-zazione, l’industrializzazione provocadegli spostamenti di persone che van-no a lavorare in città partendo dallacampagna o che emigrano negli StatiUniti partendo dalla Sicilia e si scon-trano con un mondo completamentediverso che resta incomprensibile, conuna serie di dinamiche e shock cultu-rale e di adattamento che si innesca-no. Allora da un lato c’è per la primavolte questa messa a confronto di duemodi culturali diversi che si rendonoconto l’uno dell’altro perché finché siresta nel proprio posto il problemadella diversità culturale non si pone edall’altro c’è invece la questione delmondo occidentale ricco in cui l’iden-tità è un lusso che uno si può per-mettere nel momento in cui ha a di-sposizione una vasta gamma di risor-se: la letteratura, il cinema, più tardila televisione, la possibilità di viag-giare, quindi l’identità diventa non piùqualche cosa che uno si trova addos-so, quella che i sociologi chiamanol’identità ascritta, ma diventa una

– Categorie, non modelli rigidiCHIARA GIACCARDI *

potere e da un sapere maschile sonooppressive anche per gli uomini per-ché gli uomini finiscono poi a doverfare e a dover essere, a dover incarna-re cose terribili, si dice le donne re-stano a casa e gli uomini vanno allaguerra, adesso ci vanno anche un po’le donne, ma questo a me non appa-re come un guadagno.

Nonviolenza è la rispostaVi leggo due righe da un testo cheho avuto il privilegio di curare per-ché le parole di questa donna sonostate per me un viatico straordinarionella riflessione sull’importanza diaprire le gabbie identitarie e aprirequindi cuore e mente a delle diffe-renze portando anche dentro il con-flitto rispetto a ciò che per me è irri-nunciabile cioè appunto la libertàfemminile come paradigma della li-bertà di tutti e tutte. Lei si chiamaVandana Sciva, è una femminista, masoprattutto è una scienziata, un am-bientalista, una donna indiana, can-didata più volte al Nobel per la Pace,per la scienza che nella sua terra, unaterra ricchissima e devastata anchedalla fame di dominio che spesso inmolte parti del mondo dell’occidenteha distrutto e sta distruggendo le ri-sorse, lei scrive: «Reclamare la no-stra libertà e i nostri spazi, l’uscitadalle nuove recinzioni è essenziale pernoi come è essenziale per gli altrianimali. Gli animali non sono fattiper vivere imprigionati in gabbie, gliesseri umani non sono fatti per vivereimprigionati nei mercati e per viveredisperati e disponibili se non posso-no essere consumatori nel mercatoglobale. La nostra de-umanizzazionecrescente è alle radici del cresceredella violenza, reclamare la nostraumanità in modo inclusivo e compas-sionevole è il primo passo verso laPace. La Pace non si creerà dalle armie dalla guerra, dalla barbarie e dallaviolenza. La violenza non si contienepropagandandola, la violenza è diven-tata un lusso che la specie umana nonpuò più permettersi se vuole soprav-vivere, la nonviolenza è diventata unimperativo per la sopravvivenza.

* Giornalista, direttrice della rivista Mareae collaboratrice di Rai international. Testonon rivisto dall’autrice.

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scelta, un progetto che qualcuno co-struisce sulla base delle proprie com-petenze, della propria creatività, del-le proprie risorse anche economiche,quindi diventa elettiva, sempre comedicono i sociologi, cioè il prodotto diuna scelta.Allora l’identità diventa appunto unaquestione quando diventa un proble-ma, quando diventa qualche cosa cheappunto suscita delle difficoltà siaperché ripeto causa problemi di adat-tamento sia perché anche la questio-ne dell’autorealizzazione è una que-stione complessa: la depressione, lanevrosi si accompagnano a questo fal-limento della costruzione del proget-to identitario, io non sono psicologama i confini spesso sono molto labili,quindi la pressione all’autorealizzazio-ne che si lega all’idea dell’identitàcome scelta e come progetto provocaanche tanti fallimenti, tanto senso diinadeguatezza di tante persone, quindil’identità diventa una questione quan-do diventa un problema.La questione dell’identità poi cambiacon quella che noi chiamiamo la mon-dializzazione, nel momento in cui si

aprono le frontiere non solo fisicheperché ci si può spostare, ci si spostamolto più facilmente di quanto non sifaceva alla fine dell’ottocento, maanche simboliche, noi vediamo Alja-zeera, la Cnn, noi vediamo Espansio-ne tv e diciamo che il palcoscenico incui presentiamo le nostre identità ela gamma delle risorse che noi utiliz-ziamo per costruire la nostra identitàsi allarga moltissimo. Quindi questodal punto di vista della ricostruzionedel contesto è il quadro entro cui sicolloca il discorso sull’identità, undiscorso che io vorrei articolare inquattro modelli, anche qui sono solodei suggerimenti per cercare di met-tere ordine negli stimoli che abbiamoricevuto oggi. Un primo modello in cuimetterei l’intervento che mi ha pre-ceduto, mi dispiace che Andrea Vitalisia andato, è quello che ci è più fami-liare perché noi siamo sempre un po’etnocentrici quando ragioniamo sultema dell’identità e la pensiamo appun-to come autorealizzazione individuale,come quello che noi sperimentiamocome personale ricerca dell’identità.

L’identità individualistaAllora questo primo modello è il mo-dello individualista che definirei anchearcheologico nel senso che, come ab-biamo visto, si scava nella propria me-moria per capire chi si è, si va a tirarefuori i significati che sono stati rile-vanti nella nostra storia, a indagareattraverso l’introspezione nel nostroessere profondo e si tirano fuori que-sti significati e si dice «ecco io sonoquesto». È un modello molto parzia-le, molto discutibile. Parziale perchéaccentua appunto la dimensione del-l’individualismo, come se l’identitàpotessimo tirarla fuori da noi stessicome qualcosa che c’è già e che dob-biamo solo scoprire, in realtà l’identi-tà è un processo che non finisce maiper fortuna e in cui noi continuamen-te incorporiamo delle risorse che civengono dall’esterno, l’identità è unconcetto intrinsecamente relazionale,io scopro chi sono nel momento in cuiqualcun altro mi fa un po’ da spec-chio, mi rimanda un’immagine di mein cui posso identificarmi o no ma concui comunque mi metto in relazione,questo succede al bambino piccolo,per questo le mamme quando ricevo-

no lo sgorbio fatto coi pennarelli di-cono «che bello», non dicono «cheschifezza, che cosa vorrebbe rappre-sentare?», proprio perché quest’imma-gine che viene rimandata dall’altro èfondamentale nella costruzione del-l’identità. Ricoeur che è uno dei mieifilosofi preferiti, diceva appunto chel’identità è questa dialettica tra ideme ipse cioè tra il medesimo, il nucleoche diciamo da continuità e invecel’incorporazione dell’alterità in questomedesimo che appunto genera unmovimento che non ha mai fine equindi non è mai, come dire, l’identi-tà non è un prodotto, non è qualcosache io trovo scavando dentro di me,però questa è sicuramente una com-ponente, quella che per molti versiviene più valorizzata nel mondo con-temporaneo occidentale e questo è ilmodello: un’identità individualista, unpo’ archeologica e un po’ solipsistacome se appunto l’identità fosse unacosa solo mia in cui l’altro è o unostrumento della mia autorealizzazio-ne o un ostacolo a questa e ripeto lacritica a questo modello è che occul-ta la natura intrinsecamente relazio-nale e processuale dell’identità.

L’identità collettivaSul versante opposto c’è l’identità in-vece collettiva che tende a essereun’identità difensiva, un identità dicui parlava Gad Lerner nel primo in-tervento cioè quelle identità che re-cuperano il discorso delle radici inchiave di contrapposizione noi-loro,nell’arena globale in cui appunto que-sto grande palcoscenico in cui tuttisi affacciano, in cui ciascuno vuoledire «io sono questo, sono diversoda te» c’è la tendenza a utilizzare laretorica delle radici culturali comestrumento di differenziazione, anchequi con una serie di processi moltocomplessi di cui non c’è tempo diparlare però non so, l’etnicizzazionedei conflitti ad esempio, lo sposta-mento sul piano identitario e cultu-rale di conflitti che hanno più radicieconomiche, che sono basati sulla di-suguaglianza sociale o radici di tipopolitico, ecco questo, butto solo de-gli stimoli perché non c’è tempo diapprofondire, però questo è il versan-te un po’ opposto, le identità collet-tive sono quelle identità in cui l’in-

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dividuo non conta in cui conta l’af-fermazione della propria differenza ein cui si innescano dei processi diesagerazione di identità come dico-no gli antropologi, quindi di accen-tuazione di ciò che mi differenziapiuttosto che ricerca di una conver-genza sulla quale poi poter costruireanche un dialogo.Nelle identità collettive non si puòmettere niente in discussione perchéla messa in discussione significa l’in-debolimento di questi confini che pro-teggono appunto la mia identità daquella dell’altro. Che si verifichino que-sti processi di esagerazione dell’identi-tà è evidente per quanto riguarda adesempio l’identità dei cattolici nel mo-mento in cui noi siamo tutti appuntocattolici, rigorosissimi quando si trattadi contrapporsi all’Islam, mentre quan-do si tratta poi di applicare altre nor-ma evangeliche nella vita quotidianasiamo ovviamente molto meno attac-cati, quest’identità nella gerarchia del-le nostre identità cade molto più inbasso. Un terzo modello di identità cheè un po’ intermedio tra l’individuale eil collettivo è l’identità che chiamereimimetica che ha una variante che èl’identità resistente. L’identità mimeti-ca è quella che noi assumiamo unpo’imitando chi ci sta intorno, seguen-do le mode, quindi esprimendoci attra-verso il consumo, facendo delle espe-rienze emozionali che ci fanno sentireparte di un gruppo, cambiando look cosìfacendo convinti di cambiare identitàper cui se mi faccio un tatuaggio daquel momento lì sono più convinto diessere una persona di un certo tipo,insomma è un’identità che passa so-prattutto per delle azioni esteriori, ilconsumo è un elemento emblematicoin questo senso perché il consumo cidà l’illusione di collettività perché noifacciamo la stessa cosa insieme ad al-tre persone, siamo tutti nel centro com-merciale a comprare, è vero che siamotutti da soli però stiamo facendo que-sto atto solitario insieme al altri, que-sto da un po’ l’illusione della colletti-vità e infatti non è un caso che peresempio gli immigrati frequentino i luo-ghi tipo Spizzico, Mac Donald’s, nonsolo perché sono a buon mercato, maanche perché si sentono parte della vitacittadina frequentando questi luoghiche sono frequentati anche da altri.

Quindi l’identità mimetica è quella cheun po’ riproduce i modelli culturali inmaniera acritica.

L’identità resistenteUna variante, e secondo me non è cosìscontato che sia una variante, ma iopenso che lo sia, è l’identità resistentecioè quell’identità che si oppone almodello culturale cercando di rovesciar-lo, faccio solo un esempio: la culturapunk degli anni settanta era la culturache diceva che la spilla da balia nonserve per proteggere la pelle, ma serveper forare la guancia, cioè io prendoquesto significato e lo ribalto per op-pormi alla cultura dominante, però que-sto gioco della resistenza non crea unnuovo ordine di significati, ma si muo-ve dentro l’ordine di significati che vie-ne definito dalla cultura dominante,quindi anche il rovesciamento è in re-altà in un certo senso succube, impli-citamente riconosce il valore dell’ordi-ne dominante quindi anche la reazionenon istituisce un nuovo ordine di si-gnificati ma si muove sempre dentro leregole del gioco che sono fissate daaltri, per questo io sono una fan diMarianella Sclavi che è un po’ una fi-gura di mezzo tra l’antropologia e lasociologia che dice che bisogna spiaz-zare, fare un nuovo passo di danza, nonstare dentro ai movimenti, dentro ilgioco che viene definito, ma si cambiaveramente, si innova veramente quan-do si riesce a spiazzare, a uscire da que-sto circolo vizioso dell’azione e dellareazione. Comunque anche molte iden-tità reattive sono realtà che in effettinon riescono a istituire un nuovo ordi-ne di significati.

L’identità riflessivaL’ultimo modello, che è un po’ un mo-dello ideale che volevo proporre anchealla vostra attenzione, è quello chechiamo l’identità riflessiva, critica cioèun’identità che da un lato non da nien-te per scontato, cioè qualunque scel-ta, anche quella più tradizionale, nonso, sposarsi e fare tanti bambini nonè più qualcosa che faccio in modomimetico perché lo fanno tutti, ma èqualche cosa che io riscelgo avendosaputo che ci sono possibilità diver-se. Quindi l’identità riflessiva criticaè l’identità che non da niente per scon-tato e che cerca di scegliere sulla base

di due cose fondamentali che sonol’esperienza e il dialogo. L’esperienzasecondo me è un concetto fondamen-tale per quanto riguarda l’identità, quici sono molte mie studentesse e losanno perché io faccio sempre unatesta così a lezione, io parto sempredall’etimologia delle parole, esperienzaviene da ex-per-ire cioè prima uscire,poi attraversare e poi tornare, quindil’esperienza è un uscire da sé, dal pro-prio senso comune, da ciò che vienedato per scontato, attraversare qual-che mondo ignoto e poi tornare conla consapevolezza che si è acquisitain questo giro lungo, c’è un antropo-logo, Remotti, che usa questa bellaespressione del giro lungo per tornarea noi stessi, cioè tornare a noi stessipassando da fuori, passando da altro.Quindi l’esperienza è qualche cosa diindividuale, di fondamentale e poi c’èil dialogo, anche qui l’etimologia èdialeghein cioè legare ciò che è sepa-rato e il dialogo è quella forma di re-lazione con l’altro in cui riconosco l’al-tro come interlocutore, mi metto ingioco, e inizio un processo di cui nonconosco l’esito, cioè il dialogo non èindottrinare l’altro o cercare di assi-milare l’altro alla mia verità, il dialo-

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Io in realtà la carta d’identità ce l’hosempre scaduta e quando faccio il gio-co delle associazioni se uno dice iden-tità mi viene in mente lapide, identi-tà plurima, padre operoso, cittadinoesemplare oppure madre affettuosa,donna piissima, una pietra tombale…Proprio non mi ci ritrovo. Considerouno degli aspetti negativi della mo-dernità che come contraltare della glo-balizzazione riesca a mettere in cam-po solo l’identità. L’identità nella for-ma più esasperata, quella proprio, tral’altro, piccina, leghista diciamo perintenderci rapidamente. Quindi ho dif-ficoltà. Per rappresentare me stessaio ho bisogno della narrazione, per-ché la narrazione è un elemento rela-zionale, io parlo, mi ascoltano, ascol-to altri, e la narrazione si colloca nel-la storia, nel contesto, non viene giùdal cielo, non ha delle radici metafi-siche e quindi mi si attaglia bene, misi adatta, mi ci ritrovo, premetto nonè una cronaca, è la scelta di eventisignificativi. Allora io proverò a sfio-rare la ricchissima tematica che è sta-ta proposta oggi attraverso la sceltadi alcuni eventi della mia vita. Il pri-mo è il seguente: io ho una sorellache ha tre anni meno di me, noi ave-vamo due compagne di classe rispet-tivamente della stessa distanza di età,che si chiamavano una Ruth e l’altraEster. Una mattina non vengono ascuola e allora noi, come si usava al-lora, andiamo a casa loro a portarle icompiti, perché i ragazzini allora era-no esclusi dall’uso del telefono a finiscolastici, dovevamo camminare eandare a portare i compiti. Suoniamoalla loro porta, esce la loro domesticae noi: «Siam venute a portare i com-piti!». Lei risponde: «Non serve, nonverranno più a scuola». Io domando:«Ma perché?». E lei r: «Perché sonoebree», chiude la porta e noi ce neandiamo. Io sono la maggiore, dove-vo dare delle spiegazioni alla mia so-rellina, perché noi non avevamo capi-to cosa volesse dire, cioè ogni singo-la parola, ma non cosa significasse,

cosa voleva dire “perché sono ebree?”.Allora io mi ricordo che, proprio lo ri-cordo con un po’ di rossore perché c’èdentro un elemento di disprezzo, mispiace, dico a mia sorella: «Quella lì –intendendo la loro domestica - saràproprio una ragazza di campagna, nonsarà mica una malattia infettiva esse-re ebrei!». Perché l’unica ragione percui non si veniva a scuola a lungo e sipoteva finire l’anno scolastico era cheuno aveva la tosse canina, la scarlat-tina, il morbillo, allora stava a casaquaranta giorni. Questa spiegazionenaturalmente non aveva soddisfattoneanche me, sicché a cena, allora nonc’era la televisione, la radio anchepoco, allora la nostra famiglia che eramolto modesta economicamente, condue genitori illuministi senza nean-che capire cosa fosse l’illuminismo, sidiscorreva molto a tavola, allora iodico: «Papà, hanno detto che Ester eRuth non possono venire a scuola per-ché sono ebree» questo si colloca al-l’interno del fascismo naturalmente,mio padre pensò come poteva affron-tare questa cosa senza metterci trop-po a rischio tutti quanti e quindi dis-se: «Si, hanno fatto una legge per cuigli ebrei non possono andare a scuo-la, possono andare a scuola solo gliariani» e noi in coro: «Ma chi sono gliariani?» mio padre rispose: «Mi ver-gogno, ma siamo noi». E io ho capitobenissimo che dire che uno poteva fareuna cosa o no perché uno era ariano oebreo era una cosa da vergognarsi.Questo ha collocato dentro di me ilrifiuto del razzismo, perché io ho ca-pito cosa voleva dire, infatti l’ho det-to: «Io mi vergogno a vivere in unpaese in cui una perché si chiama Esterdeve rimanere ignorante». Avevo ca-pito che il razzismo consiste nel farcolpa di uno di ciò che è, non di ciòche fa, perché insomma se uno è ebreoe ruba è un ladro, ma non perché èebreo, perché ruba! Tu non gli puoiimputare che è ebreo, gli puoi impu-tare semmai di aver rubato. Se unalesbica truffa, è una truffatrice, ma

– Tagliare il cordone ombelicaleLIDIA MENAPACE*

go è entrare in un processo in cui mimetto in gioco e magari accetto an-che la possibilità di cambiare qualcosadel mio punto di vista perché altrimentinon è dialogo, è un dialogo finto, è undialogo travestito e questi due mecca-nismi, l’esperienza non nel senso diqualcosa che io consumo andando aGardaland e comprando emozioni alprezzo di un biglietto, ma qualche cosache appunto mi costa perché devo pri-ma di tutto uscire da ciò che mi è fa-miliare, andare attraverso l’ignoto, poitornare e incorporarlo.Ecco, questo tipo di identità che se-condo me è quello che è il compito chela contemporaneità ci affida, non tan-to l’attaccarci a dei valori che ci sonogià e che noi semplicemente difendia-mo, questo è il principio del conflitto,io credo che il valore, come dice unafilosofa che mi piace molto e che sichiama Sheila Benhabib, non è qual-che cosa che sta alle spalle e che noidobbiamo difendere, ma che sta davantie che noi dobbiamo cercare di testimo-niare, di raggiungere e anche di preci-sare, perché il valore non è qualcosache ha dei contorni precisi, quindi inquesto senso l’identità è un compitoche ci spetta e che ci richiede ancheuno sforzo, perché uscire da se non ècomodo, è un’azione che ci lascia nel-l’incertezza, che ci espone al fallimen-to. È più comodo attaccarsi a delleverità o dire che non esiste niente,che tutto è uguale a tutto, anche que-sto è un po’ un’ideologia postmoder-na non molto utile in realtà ancheesistenzialmente.

* Sociologa, Università Cattolica di Mila-no. Testo non rivisto dall’autrice.

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non perché è lesbica perché ha fattouna truffa. Qui c’è un punto, fonda-mentale della mia presa di coscien-za, espressione che io preferisco aidentità, la mia presa di coscienzapunta lì sul razzismo, rifiutato addi-rittura con disgusto, io non possoneanche sentir parlare di etnia, mi fagià ribrezzo, si può parlare di multi-culturalità, perché la cultura è unacosa storica che si può cambiare, cisono molti scrittori che non hannoscritto nella loro lingua materna,come Kafka, per esempio, che hascritto in tedesco. Capita per unoscrittore, la lingua sarà pure un fattoimportantissimo, ma si può scegliereperfino quell’aspetto dell’identità,vuol dire che gran parte di quella cheviene chiamata identità è una sceltache avviene in un contesto storicoper molteplici ragioni. Allora da quelmomento in poi siccome avvenne ilfatto che alla fine dell’anno noi por-tammo a casa la pagella e sulla pa-gella in alto c’era scritto “di razzaariana”, perché nel fascismo conve-niva sapere queste cose di vita quo-tidiana, sulle pagelle di tutti quelliche potevano andare a scuola erascritto “di razza ariana”, adesso poidicono che era una robina all’acquadi rose… insomma, non proprio. Miamadre ci domandò, a me e a mia so-rella: «Siete state promosse?» «Si»«Strappate la pagella!». In Piemon-te, io sono nata a Novara, era un sa-crilegio, noi siamo molto ligi alla leg-ge, il fatto che mia madre fosse anti-fascista si capiva dal fatto che quan-do parlava di Mussolini diceva quel’là,in Piemonte non si dice quel’là quan-do si parla del presidente del Consi-glio se non proprio si vuol ingiuriar-lo. Allora mia madre ci dice: «Strap-pate la pagella perché io conosco raz-ze ovine, bovine, suine, non conoscorazze umane!» che come sapete, è lastessa risposta che dette Einstein, malei non lo sapeva, insomma.Quindi sul tema razza io dico bastar-da, sono orgogliosa di apparteneread una razza bastarda, ad una formastorica di popolo che si è formatoattraverso i più straordinari incroci ele più straordinarie stratificazioni ge-ologiche che si possano mai immagi-nare.Io, dicevo, faccio la resistenza e in un

certo momento ricevo, nel ’45, un “pa-piello” grande così con scritto: «Men-tre la patria languiva sotto il tallonenemico, Lidia resistè». Questo pezzo dicarta finì nelle mani di mio fratello,che ha dieci anni in meno di me, e al-lora era proprio un ragazzino, e alloraconvoca tutti i ragazzini del vicinato equando io compaio sulla porta in tuttala mia maestosità lui dice: «Cosa feceLidia?», tutti in coro ghignando: «Re-sistè!» e io riflettendo su questo attri-buto che mi era stato dato d’aver resi-stito… ma a me non me ne fregavaniente che la patria languisse, per laverità, la resistenza italiana non fu unfenomeno patriottico, fu un fenomenopolitico, noi ci davamo da fare perchél’Italia perdesse la guerra che era chia-mato “alto tradimento” se non mi sba-glio, e davvero questo aspetto.. io nonmi sentivo…

Le radici stanno sotto terraHo scoperto che vivo bene dappertut-to. Questo mi definisce vagabonda.Quindi sono di razza bastarda, di pro-fessione vagabonda. Ogni volta chedico che sono una vagabonda c’è qual-cuno che dice: «Ma no signora!» per-ché, ovviamente, essendo noi unapopolazione residenziale, il vagabon-daggio è già un reato, essere senzafissa dimora è un reato. Quindi io midefinisco vagabonda, anche perché unpo’ lo sono in verità, mi sento chedavvero io sto bene quasi dappertut-to, sono curiosa, mi piace cambiarearia, cibi, consuetudini, proverbi. Nonho paura del nuovo e del diverso, sonoincuriosita. É perfino pericoloso per-ché a volte mi capita anche che deirischi mi accorgo dopo, prima ci vadodentro perché sono curiosa, poi miaccorgo che la cosa è magari ancherischiosa- Quindi non consiglio comemetodo di vita un vagabondaggio diquesto tipo. Però nello stesso tempoho cominciato ad accorgermi che del-le identità qualcuno tentava di appic-cicarmele addosso. Trovo anche qui unpaio di esempi. Alla discussione dellamia tesi di laurea, il relatore, con l’in-tenzione di farmi un grande compli-mento, mi disse: «Questa tesi è se-gno di un ingegno davvero virile!».Io mi alzai dicendo: «Non voglio lau-rearmi per errore di persona, io sonouna donna!». Mi dettero lo stesso

quello che pensavano di darmi, cen-todieci, la lode, quelle robe lì, e poi ilcorrelatore, che era amico mio mi dis-se: «Ah, era furibondo, era furibondoil prof! Ha detto: «È proprio una don-na anche lei, è proprio isterica!». Lìho cominciato a pensare quello cheadesso vi dirò, uno scoop: che io nonsono solo di razza bastarda, di pro-fessione vagabonda, ma anche di ge-nere femminile! È un vero scoop per-ché in tutto il giorno non si è detto!Per la verità nessuno ha neppure det-to di essere maschio, però sempreuomo, uomo.. Allora, questa roba tec-nicamente si chiama maschile nonmarcato come neutro universale. Io stosempre a domandarmi come mai gliuomini sono sempre così orgogliosi disé, ma quando si tratta di potere sonotutti neutro universale. Appunto per-ché si tratta del potere, ma questocomporta una tale alienazione, la loroidentità si erge inconoscibile davantia loro che non possono essere sog-getti della loro liberazione, né io fac-cio la missionaria…Allora, di genere femminile, mi con-solo così, poi anche femminista, per-ché per essere femminista è necessa-rio essere di genere femminile, ma nonbasta, bisogna essere politicamentedonna, avere coscienza di sé come pertutte le appartenenze, le attribuzio-ni, le narrazioni, le rappresentazionidi sé che abbiano diritto ad una qual-che mobilità, deve pure esserci un ele-mento di coscienza, e allora questo èanche molto importante per esseredonna, politicamente donna, cioè fem-minista.Per farmi capire, io adopero una paro-

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la che è stata usata frequentemente:le radici. Quando qualcuno dice radiciio dico: vuoi morire? Perché le radicistanno sotto terra. Le radici cristianed’Europa sono una cosa che fa morirel’Europa perché io so che invece pervivere bisogna tagliare il cordone om-belicale, se tu non tagli il cordone, faimorire chi invece doveva nascere. Cosavuol dire questo politicamente oggi?Vuol dire che tu devi dare oggi un giu-dizio storico tremendo perché l’Europaè stato il continente di gran lunga piùaggressivo e cruento in tutta la storiaumana. Noi siamo andati ovunque, ocon la scusa della vera religione o dellescoperte scientifiche o del portare lademocrazia.. la democrazia è più recen-te, cose varie.. il colonialismo ecc.. ecc..e nessuno ha conquistato noi. Quandouno dice “vogliamo metterci insiemetutti noi europei così non ci facciamopiù la guerra”, un riflesso di paura po-trebbe nascere negli africani “perchécosì siete più forti per farla a noi?”. Senoi non tagliamo le nostre radici e nonpensiamo che l’Europa è incinta delmeglio di sé, ma perché il meglio di sénasca è necessario tagliare il cordoneombelicale, io credo che facciamo ungioco identitario pericolosissimo, per-ché è inutile, viene fuori inevitabilmen-te il cosiddetto “scontro di civiltà” per-ché cominciamo comunque a ritenercidepositari di qualche cosa, di che cosapossiamo ritenerci depositari senza ver-gognarcene? Di due grandi movimenti:il movimento operaio e il movimentofemminista, due movimenti che nonhanno mai fatto guerra a nessuno, chehanno cambiato la faccia della terra

usando tutti e solo i metodi dell’azio-ne nonviolenta. Il movimento operaiopersino per potersi dichiarare a dovutosuperare delle persecuzioni terribili, siè ricostituito in sindacato, ha inventa-to il picchetto, ha inventato il boicot-taggio, che lo mette in comunicazionecoi consumatori, il sabotaggio che ri-chiede una assolatissima dominazionedelle azioni che fai, perché tu devi farequalche cosa che danneggia il padro-ne, ma non chi compra la merce e an-che il padrone non in modo violento,ma solo i suoi interessi. Ancora nel ’68all’Auto Bianchi di Milano facevanoquesta cosa, non sabotavano i freni,perché se no chi compra la macchinava a sbattere da qualche parte, ma peresempio facevano dei sedili cuciti malecosì chi si sedeva finiva col culo sulfondo della macchina, non partiva ne-anche, li denunciava perché era in ga-ranzia, il danno era del padrone del-l’Autobianchi. Questa cosa è unastraordinaria lezione di politica, l’azio-ne nonviolenta è un’azione politicasignificativa che ha molti metodi. Lastessa cosa vale per il movimento delledonne che ha inventato le forme del-l’azione nonviolenta. Gandhi ricono-sce di avere imparato dalle suffragi-ste inglesi e dal movimento operaio.A ciò sono improntate tutte le rap-presentazioni che le donne danno disé a cominciare da Olympe de Gougesche scrive I diritti della donna e dellacittadina [anche le bambine vadano ascuola e gli ospedali diventino tali chepartorire non sia una condanna a mor-te] dopo che nella Rivoluzione fran-cese avevano scritto i diritti dell’uo-mo e del cittadino e le suffragiste in-glesi fanno la loro prima uscita occu-pando le tribune di Saint Paul e but-tando giù dei volantini, perché il Par-lamento inglese, stava discutendo unalegge gentilmente chiamata legge suibastardi e allora loro buttano giù vo-lantini sui quali era scritto: «Forse cisono dei genitori bastardi, ma i fi-gli..». Quindi rivendicando l’assolutae totale cittadinanza piena e parita-ria di chiunque comunque e dovun-que fosse nato. Questo vuol dire es-sere femminista, non soltanto procla-matrice di sé. Allora se mi chiedono:«Sei lesbica?» io non rispondo no, ri-spondo: «Non mi è ancora capitato diinnamorarmi di una donna, ma non

mettiamo limiti alla provvidenza» per-ché anche questo è un elemento chenon voglio vivere come una gabbia.Penso che rappresentare, narrare lapropria differenza significhi dire: «Ame questa storia delle radici non miappartiene proprio» fa venire tristez-za perché io so che per vivere biso-gna tagliare il cordone ombelicale eallora io rispetto all’Europa voglio ta-gliare il cordone ombelicale della spoc-chia eurocentrica, dell’idea che ci sonodelle religioni superiori. Insomma per-ché della religione cristiana da van-tarsene tanto per il suo passato nonc’è: è stata una religione molto aggres-siva, molto violenta, sia nel nuovomondo che nelle colonie. Ci siamo tan-to scandalizzati della jihad, ma la guerrasanta l’abbiamo inventata noi, l’idea diavere dio come appartenenza viene daPierre Lhermitte, «Dio lo vuole» quan-do prepara la prima crociata e finiscesulla pancia dei soldati nazisti con «Gotmit uns». Come si fa a non vergognarsidi questo, anon volere queste radici?Questi sono i pensieri che vengono intesta a me quando provo a pensare altema che oggi avete proposto, non rie-sco neanche a distinguere bene identi-tà, appartenenze e diversità, a me quel-lo che mi viene in mente soprattutto èla differenza che è la grande sfida dellasocietà complessa dove tu devi nellostesso tempo affermare l’uguaglianzadi tutti e tutte e non appena hai finitodi dire siamo tutti uguali, si ma io sonodifferente. La differenza coniugata conl’uguaglianza è una grande sfida poli-tica e secondo me stiamo andandomolto indietro perché piuttosto vienenegata la differenza o assimilata inve-ce questo vale per le donne alle qualiviene proposto di nuovo quel piccolotraguarda di emancipazione cooptatae non la possibilità della propria libe-razione, questo è lo stesso modelloche viene offerto a quelli che migra-no da noi, quelli che vogliono entrarein Europa… sempre una specie di esa-me di ammissione per essere uguali alneutro universale. Io trovo che sareb-be un mondo noiosissimo, oltre cheper me escludente, spero di trovarealleanze e amicizie.

* Convenzione internazionale di donnecontro le guerre, senatrice. Testo non rivi-sto dall’autrice

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VENERDÌ 17 NOVEMBRE il convegnoIdentikit, organizzato dal Coordinamen-to comasco per la Pace, si è aperto da-vanti ad un pubblico di circa centocin-quanta persone, con l’intervento di Clau-dio Bizzozero, direttore del Coordina-mento, che dopo gli onori di casa, haceduto per illustrare l’iniziativa la paro-la a Celeste Grossi, vicepresidente delCcP, che ha affermato: «Sappiamo di averscelto un tema difficile e particolare,soprattutto nel nostro territorio, rite-niamo che le nostre terre siano attra-versate da realtà territorialiste e spessoanche fondamentaliste. L’identità puòessere multipla e l’unica possibilità peril futuro è imparare a convivere con lealtre numerose identità, non rinchiuder-ci».I D’altrocanto hanno quindi presentatobrani popolari di varie tradizioni, sia ita-liane, spaziando dal nord al sud, in unasuggestione magnetica d’altri tempi, cheebraiche, zingare, francesi, proponendocanti di lavoro, di guerra e d’amore, coin-volgendo il pubblico anche grazie al rit-mo incalzante dei brani. La musica, tra-scinante e ricca di citazioni e sugge-stioni tratte dalle culture musicali piùdisparate, ha coinvolto il pubblico cheha più volte richiamato i musicisti sullascena ottenendo ben tre bis.

SABATO 18 NOVEMBRE è stata la gior-nata dedicata alle scuole. Circa 500 stu-denti con i loro insegnanti, provenientida sei scuole della provincia, Giovio,Magistri Cumacini, Volta, Gallio, Ciceridi Como e il Terragni di Olgiate hannoseguito con attenzione gli interventi sultema partiti alle 8.30 introdotti da Clau-dio Bizzozero, direttore del Coordina-mento comasco per la Pace, e da Gem-ma Tavasci, ex vicepresidente del Coor-dinamento. Dopo la proiezione di un vi-deo su Gabriele Moreno Locatelli, pa-cifista ucciso a 34 anni in Jugoslavia eche Bizzozero ha sottolineato essere«uno di voi» poiché aveva iniziato lasua attività nel pacifismo all’età di 18 –20 anni e ha affermato che è fondamen-

tale iniziare un convegno sull’identitàcon un video girato in un luogo dove sisono confrontate due identità apparen-temente inconciliabili, ci sono stati glispunti di riflessione sull’identità di ge-nere di Monica Lanfranco, giornalistadirettrice di Marea e collaboratrice Raiinternational [intervento riportato inte-gralmente in questo stesso numero diecoinformazioni]. Durante il momento didibattito le è stato chiesto cosa inten-desse per femminismo. La risposta, sin-tetica a causa dei tempi, è stata: «In-sieme alla psicanalisi e al movimento diliberazione legato al marxismo, è il mo-vimento che ha dato l’impronta al seco-lo precedente e che può aiutare a supe-rare il conflitto tra i generi anche delsecolo che abbiamo davanti, l’unica ri-voluzione non violenta». Alla Lanfrancoè stato anche chiesto se non pensavache i figli di coppie omosessuali potes-sero avere problemi identitari. La gior-nalista ha detto: «Ci sono studi che di-mostrano che l’avere genitori dello stes-so sesso non influisce sull’identità ses-suale del bambino, ciò che conta è l’equi-librio effettivo, le capacità parentali».Il dibattito è continuato vertendo sulcrocifisso: «Questa sua foga di elimina-re il crocifisso dalle aule, non c’è il ri-schio che diventi un ulteriore gabbia?».

La risposta: «Non bisogna dare nulla perscontato, anche se appartiene alla no-stra cultura. Il mio problema non è ilcrocifisso in sé, ma ciò che significa quied ora».Ha continuato Zubeide Kasapoglu cheha portato la sua testimonianza di don-na, figlia di migranti turchi e mediatri-ce culturale nelle scuole, raccontandole difficoltà che una giovane apparte-nente a due mondi distanti incontra nellavita quotidiana. La Kasapoglu ha rac-contato che le difficoltà che i bambiniincontrano nell’inserimento nella nostrasocietà sono più o meno quelle che haincontrato lei, ovvero la diversità dicultura, religione lingua. Per questi bam-bini esiste un ribaltamento di valori fuorie dentro casa e devono riuscire a rico-noscersi nelle due diverse identità, sisentono estranei in entrambi i luoghi espesso si chiedono dove sia il loro po-sto e se sia una colpa emigrare. Kasapo-glu ha poi parlato di come l’aspetto este-riore sia spesso motivo di giudizi pocolusinghieri sugli stranieri: «L’abbiglia-mento identifica la diversità, molte vol-te il pregiudizio è più forte della volon-tà di capire e quando un “diverso” entrain un posto pubblico viene offeso attra-verso sguardi e commenti ad alta voceperché tanto se è vestito diverso parle-rà un’altra lingua e non capirà». Una stu-dentessa le ha poi chiesto sulla condi-zione della donna in Turchia e la rispo-sta della migrante è stata: «Non biso-gna confondere il mio paese con altripaesi come l’Afghanistan, in Turchia ledonne non possono stare nei luoghi pub-blici, nelle scuole, con abbigliamentoislamici, ad esempio. Poi ci sono sia ledonne in carriera, relativamente libere,ed altre che vorrebbero ma ancora nonriescono». Un’altra domanda da parte diuno studente è stata se lei avesse tro-vato un modo diverso di pensare nel-l’arco di tempo che va dal suo arrivo inItalia ad oggi. La mediatrice ha dettoche quando era più piccola riscontravanegli italiani un sincero interesse nelvoler capire la sua cultura, mentre ora

– Tre giorni diparole, suoni,immaginiIl Convegno Identikit,identità, appartenenze,diversità che si è svolto aComo dal 17 al 19novembre 2006 nell’AulaMagna Politecnico, neiresoconti scritti perl’Agenzia stampaecoinformazioni daEmiliano Berti, SavianaCamelliti, Chiara Donghi,Alba Eletto, Cinzia Funcis,Francesca Solera

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generalmente più si conosce, più si for-mano pregiudizi verso l’altro che non siha intenzione di dismettere o approfon-dire. «So che è musulmana, so che èterrorista». I bambini comunque sonospesso più aperti dei loro genitori.Dopo l’intervento di Stefano Vitale, pre-sidente dei Cemea del Piemonte [inter-vento riportato integralmente in que-sto stesso numero di ecoinformazioni],Claudio Bizzozero ha illustrato il pro-getto della Scuola dei diritti umani. Iragazzi che hanno frequentato questocorso di trenta ore su un argomento cosìpoco valutato nei programmi ordinari,si sono recati in Messico, non per farevolontariato, ma proprio per osservaresul luogo come in alcune parti del mon-do questi diritti siano ignorati, in Chia-pas il livello di violenza sta diventandosempre più elevato e questi studentiaiutano le associazioni che si occupanodella tutela dei diritti. Sono state mo-strate alcune foto dei ragazzi in Messi-co e Bizzozero ha spiegato che alcuninon sono ancora tornati in Italia, masvolgono un’azione itinerante nel ten-tativo di creare una campagna elettora-le corretta e a contatto con i cittadini.Ha poi parlato Stefano Mantegazza,pedagogista dell’Università La Bicoccadi Milano [intervento riportato integral-mente in questo stesso numero di ecoin-formazioni]. Una domanda per Vitale dauno studente è stata: «Cosa intende per“ripensamento del conflitto?». Vitale harisposto dicendo che l’importanza delconflitto sta proprio nella parte in cuimetto in discussione la mia idea attra-verso la riflessione su ciò che vieneespresso dall’altro in direzione di unacrescita.È stato poi il turno di don Annino Ron-chini, responsabile Caritas per la salutementale. Ronchini si occupa da quindicianni di disagi psichici e ha notato negliultimi sei - sette anni una crescita espo-nenziale del disagio minorile. La ricercadelle motivazioni di questa crescita haportato a riscontrare nei casi analizzatiuna difficoltà generica a “stare nei co-dici”, che implica una fatica nel relazio-narsi in ambienti diversi da quelli cono-sciuti e circoscritti. Il relatore commen-ta: «Perché non riescono a stare nei co-dici? Perché c’è una radicale incapacitàstrutturale nella società postmoderna atrasmettere le norme » e aggiunge che;il conflitto sta sparendo, senza di essonon si stabilisce la norma e in questomodo «Si è rotta una delle tre gambeche reggevano l’identità».

Inoltre: «Il processo costitutivo del-l’identità è un processo inclusivo, nonesclusivo, e una delle cose che devo in-cludere è l’altro. Senza il terzo che sta-bilisce la norma, il limite, noi ci divo-riamo. Il sé abbandonato a se stessoprima o poi si autocannibalizza. Senzal’unità, di plurali non ce ne sono». Etermina affermando: «C’è bisogno di ri-conoscere la diversità per conoscerel’identità».Un’ultima domanda è stata sconcertan-te: «Come educa la scuola?». RispondeVitale: «Il segreto sta anche nella bra-vura degli insegnanti che non si devonolimitare a trasmettere nozioni».Ha concluso la mattinata il video Su-nek, sulle difficoltà derivanti dalla di-sabilità prodotto dal Csv. Gli ospiti sonostati accompagnati dalla musica metic-cia dal vivo di Maurizio Aliffi, France-sco D’auria e Simone Mauri sabatomattina, come per tutto il resto del con-vegno. Altre attività che hanno accom-pagnato interamente la tre giorni sonostate: la mostra fotografica Lugares deOlvido, realizzata in Messico, una vastalibreria, numerosi banchetti informatividi associazioni come Donne in Nero,Ecoinformazioni, Avc-Csv, Pachamama…

NEL POMERIGGIO DEL 18 NOVEMBREper la rassegna cinematografica non-stopsono stati proiettati i film East is East diDaniel O’ Donnel, Un bacio appassionatodi Ken Loach, Billy Elliot di Stephen Daldry, Saimir di Francesco Munzi con il com-mento di padre Giuseppe Lietti.

ALLE 9 DI DOMENICA 19 NOVEMBRE lamattinata si è riaperta con i laboratoricui hanno partecipato una cinquantinadi persone e durante i quali Nicole Ja-nigro e Filippo Trasatti hanno trattatoil tema della ricostruzione dell’identitàdopo i conflitti e del costruire e deco-struire identità a scuola mentre ClaudioBizzozero ha animato la discussionesulle prospettive della Scuola dirittiumani del CcP.

NEL POMERIGGIO DI DOMENICA 19novembre i lavori sono iniziati con Da-vide Ciucci, presidente dell’associazio-ne Incroci, che ha introdotto un videocontenente quattro interviste registra-te a Como un anno e mezzo fa a personeche frequentavano la mensa dei poveri:Concittadini Senzadimora.Il primo relatore del pomeriggio è statoil giornalista Gad Lerner che ha premes-so che il tema del convegno di quest’an-

no è complicato perché ci costringe aguardare dentro noi stessi, ad autodefi-nirci, ad autorappresentarci. Nell’espe-rienza concreta, individualmente siamoin affannosa ricerca di definire la comu-nità in cui stiamo, ad esempio sulla basedella fede religiosa o dell’ impegno so-ciale: «Il paradigma dell’uguaglianza tragli uomini è superato, anche se ancorac’è la tendenza a sottolineare comunanzerispetto a differenze che si potrebberoinvece mettere a frutto, non bisognatemere le mescolanze». Spesso i para-metri per identificarci sono definiti dal-l’esterno, ma ci sono delle difficoltà.L’identità è stratificata. In base a qualecriterio potrebbe in un momento preva-lere una o un’altra identità? È in vogal’idea che ci siano delle identità inscin-dibili da noi che fanno da confine allealtre ad esempio il cristianesimo per glioccidentali, come se dall’esterno ci fos-se una spinta per far prevalere un’ap-partenenza rispetto ad un’altra. La no-stra naturale ricerca d’identità viene abu-sata, piegata, si cerca si riesumareun’omogeneità secondo la quale il terri-torio e il sangue si rifarebbero ad unafede religiosa. «Oggi il cristianesimo nonè vissuto come scelta di vita, ma comeapparenza usa e getta, non è un’identi-tà-pelle. Troppo spesso le culture uni-versalistiche annullano le individualitànella massa, come la sinistra comuni-sta, crea una frattura tra chi a paroleaccetta che gli uomini sono tutti ugualitra di loro sotto un’unica bandiera, maognuno di noi in fondo non ci crede,siamo abituati a definirci in comunità acui ci fa comodo appartenere, ma la dif-ferenza si manifesta negli individui, nonnei gruppi».«Educarci ad un’identità plurima, edu-carci a non rifiutare il conflitto ed infi-ne educarci a vivere religiosamente»sono questi i punti che sintetizzano ilpensiero di Giancarlo Quadri, respon-sabile dell’ufficio pastorale dei migrantidella diocesi ambrosiana. Don Quadrititola il suo intervento con tre parolechiave: identità, religione e conflitto,che cerca di definire portando la suatestimonianza: osservando comunità dimigranti come quelle latino-americana,coreana, ucraina e peruviana ha notatoquanto l’elemento religioso sia identi-tario, spesso infatti una tradizione comequella peruviana della processione delSeñor de los milagros da semplice devo-zione diventa un’identità nella quale ri-conoscersi, e aggiunge: «L’identità è unacosa seria, io la toglierei alle chiacchie-

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re degli universitari, bisogna confron-tarla continuamente. Credo inoltre chedobbiamo oggi educarci a vivere conun’identità che scopriamo essere sem-pre più plurima, somma, se ci riferiamoad una sola identità ci sbagliamo». Conquesta riflessione don Quadri si ricolle-ga alla seconda parola chiave: «il con-flitto rappresenta una realtà inelimina-bile e utile perché ci permette di rico-noscere le varie identità. Non è realisti-co pensare ad una società priva di con-flitto, bisogna educarsi a lavorare per lapace senza però dimenticare che va sem-pre costruita. Il conflitto fa parte di noie demonizzarne la presenza all’internodell’identità è il servizio peggiore chepossiamo fare per la pace». La terzaparola chiave, religione, nella quale ècomunque sempre presente un elemen-to di conflitto, è per lui preponderantenell’identità personale, come emergedagli esempi che ha citato. Per conclu-dere: «La migrazione definirà la nuovaidentità dell’Italia e prima riusciremo adimparare che la diversità ci arricchisce,prima riusciremo a definire meglio lanuova identità di cittadini italiani chesi sta facendo avanti».Presentata da Claudio Bizzozero la pro-posta del Premio per la Pace 2006 a donRenzo Scapolo prima della pausa vienelasciato un breve spazio al dibattito,Fabio Cani muove una critica n agli in-terventi di Gad Lerner, non più presen-te, e di don Quadri chiedendosi comepossa essere possibile inserire nel con-testo di un argomento serio come quel-lo dell’identità la “fede” calcistica. Ri-scontra poi nei due discorsi un elemen-to convergente: il tema dell’identità plu-rima, che pare risultare dalla somma edalla stratificazione di idee diverse. Daquesto spunto si chiede se questa som-ma di identità non sia un rischio per-ché, nonostante metta in discussionel’identità unica, annette delle caratteri-stiche che non sono poi così identita-rie, quindi sorge una seconda domanda:«Non è il caso di pensare ad un’identitàche ragioni per sottrazione, che provi avedere cosa c’è davvero di essenziale?Una serie di elementi inessenziali ri-schiano di compromettere l’insieme del-l’identità». A questi quesiti, dopo averringraziato per lo spunto di riflessione,don Quadri risponde che è certo di tro-varsi di fronte ad identità plurime perquanto ci sia bisogno di un’identità uni-taria, ma si trova nell’impossibilità diavere elementi che riescano a convin-cere gli altri di ciò, mentre alla doman-

da: «Può essere che l’appartenenza aduna religione sia limitante?» posta dauno studente, risponde: «Ovviamente sela religione viene fatta in un certo modoè limitante, dobbiamo educarci a viverereligiosamente, se vuoi sapere cosa in-tendo, vieni a messa da me e te lo spie-go». Al che una signora dal pubblicointerviene commentando che vivere re-ligiosamente, se non è inteso nel rispettodi tutte le altre religioni, diventa peri-coloso, e invita ad una riflessione sulfatto che spesso la religione ha perso ilsenso di vivere insieme religiosamente,diventando vivere fanaticamente.Andrea Vitali, narratore della realtàcomasca che nella sua carriera di scrit-tore ha contribuito a delineare quadridella vita dei piccoli paesi del Lario, hadetto: «Quando mi è stato proposto dipartecipare mi sono trovato a rifletteresul concetto dell’identità e ho indivi-duato quattro momenti precisi che han-no determinato il percorso della miaidentità». Per arrivare a questa conclu-sione, Vitali ha detto di aver utilizzatolo schema che solitamente usa per rac-contare le sue storie, al fine di riscopri-re il senso di quello che rappresenta lasua vita. ». Vitali ha quindi raccontatoil suo percorso formativo di scrittore«non è stato semplice, sono dovuti pas-sare degli anni in cui ho dovuto gestirela necessità di scrivere e che sono ser-viti per capire che scrivere è il sistemamigliore di comunicare con il numeromaggiore di persone possibile». Lo scrit-tore è risalito poi alla prima esperienza,quando all’età di 14 anni, timido ragaz-zo di paese, scrisse delle «Orribili lette-re d’amore» per conquistare una ragaz-za. Un percorso in quattro tappe che cor-rispondono a quattro case all’internodelle quali sono maturate le sue storie ela sua identità. In primo luogo la casapaterna, qui maturò la prima idea di scri-vere un romanzo, intorno all’86. Conti-nuando il percorso, Vitali ha parlato dellacasa delle zie in campagna: «A onoredel fatto che sono le donne a governarele case e il mondo. La terza casa cheaffascinò la gioventù dello scrittore egli consentì di maturare in senso narra-tivo è il municipio: «Mio padre era im-piegato comunale, anche mia madre la-vorava al comune, lo scenario dell’am-biente comunale ha un peso rilevantenella mia esperienza passata. Il comuneè l’ambiente all’interno del quale ho co-nosciuto l’impiegata zitella che ha ispi-rato uno dei personaggi a cui sono piùaffezionato». L’ultima casa fu quella

della nonna Maria: «Una casa aperta, fre-quentata da ogni sorta di personaggiodurante gli anni sessanta, da zie e ziiveri e presunti. In questa casa si realiz-zavano incroci straordinari, molti deipersonaggi a cui sono affezionato sononati da questi incontri».Dopo l’intervento della sociologa del-l’Università cattolica di Milano ChiaraGiaccardi e quello della senatrice LidiaMenapace [riportati integralmente inquesto stesso numero di ecoinformazio-ni] c’è stato un ultimo momento di di-battito con la domanda posta dal pub-blico da Grazia Villa: «Se la Giaccardiparlava dell’identità resistente che quan-do tenta il rovesciamento sta in ciò checontesta, allora quando il femminismosi è dovuto scontrare con l’identità resi-stente patriarcale, come ha detto laMenapace, ha dato credito a questa iden-tità. Cosa ne pensate? E poi i tre uominisi sono narrati partendo da se. Ma que-sto partire da se a che identità colletivao quantomeno relazionale li ha condot-ti? Ne è nato un pensiero?». Lidia Me-napace ha risposto per prima dicendoche avrebbe sicuramente apprezzato dipiù gli interventi maschili se avesseroammesso che la narrazione di se, il par-tire da se stessi è una pratica proposta,sperimentata, inventata dalle donne: «Sel’avessero riconosciuto gli avrei volutobene, così no. Non mi interessano i bre-vetti, ma le citazioni sono essenziali».La Giaccardi ha poi aggiunto: «Nella miaprofessione di sociologa sono stata laprima donna assistente di un uomo cheaveva avuto solo assistenti uomini. Inuna disciplina che era “maschile” losguardo femminile incorporato nella di-sciplina ha dato un contributo episte-mologico essenziale con lo sviluppo adesempio della sociologia della vita quo-tidiana, della dimensione relazionale,dell’attenzione ai microcontesti. Perquanto riguarda il femminismo il momen-to della resistenza mette in moto il pro-cesso di cambiamento dall’identità resi-stente, ma non ne è l’esito. Io sono unamadre di cinque figli, ma non sono cosìperché le donne cattoliche devono faretanti figli, ma perché l’ho riscelto nelquadro che tiene conto dell’ottica ma-schile e femminile che tengono contol’una dell’altra».In chiusura i ringraziamenti di Mariari-ta Livio, presidente del Coordinamen-to, a tutte e a tutti gli intervenuti e inparticolare a Mimmo Arnaboldi per ilpreziosissimo e puntuale lavoro svoltonell’organizzazione del convegno.

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commenti |Singolaritàe identità MAURIZIO MIGLIORI

C’è una strana tensione traquesti due termini, entrambi peri-colosi. Ma prima di discuterne, vor-rei chiedermi qual è il punto di vi-sta da cui porsi per un’analisi criti-ca.Il punto di vista è quello tradizio-nalmente “materialista” dei proces-si in corso, delle prospettive cheaprono e dei pericoli che contengo-no.Ora, in pochi righe mi pare che sipossa dire solo questo. Nei processiche abbiamo visto scorrere negliultimi decenni, ma che vengonoanche da molto lontano, l’unico ele-mento che ha trionfato è l’indivi-dualismo. Per restare nel nostro pa-ese, questo è il senso primario dellatrasmutazione che il berlusconismoha determinato: va bene pensaresolo all’oggi, va bene essere egoistibenevoli, va bene riuscire a concen-trare nelle proprie mani ricchezze,va bene garantire quelli che noi vo-gliamo garantiti, a partire dai no-stri figli, va bene decidere se le re-gole ci vanno bene e vanno rispet-tate o se non rispondono ai nostriinteressi e/o alle nostre opinioni equindi riteniamo lecito non rispet-tarle... Quanto agli altri, saremobenevoli.Questo è quello che si ritrova nelleposizioni di Bush, questo nella cen-tralità del denaro o nella parola d’or-dine “arricchitevi” della “trasforma-zione” della Cina etc.Tutto male dunque? No, perché l’af-fermazione dell’individuo e il rispet-to dell’individuo sono tuttavia unvalore, un prodotto e una speranzadella nostra tradizione. L’individuoè il luogo in cui si spera si radichi-

no i valori universalistici che l’Oc-cidente ha affermato. In assenza diquesto tali valori potrebbero sola-mente essere imposti e ciò aprireb-be una contraddizione insanabile.Per usare un vecchio argomento con-servatore, che ha certamente unasua fondatezza: si può costringereuno ad essere libero? Ad essere au-tonomo? Ad essere migliore? Ad es-sere sano? Ad essere felice? E cosìvia.Certo che no! Lo sforzo e la speran-za di una sinistra che ha capito glierrori di una storia recente (e diesperienze non ancora chiuse) è chela maggioranza delle persone, purprese nella loro individualità, voglia-no questo e che per questo si orga-nizzino in gruppi capaci di produrreuna massa critica sufficiente a pro-durre i risultati sperati.L’individuo in quanto tale non è ilnemico. L’individualismo lo è, per-ché è l’affermazione che l’unico va-lore veramente universale sono “io”e ciò che io ritengo “buono”. Il chevuol dire, ovviamente, quello che“ora” ritengo buono, stante il datoelementare che l’individuo, per de-finizione, cambia (quanto meno cre-sce e poi invecchia e poi - ma que-sto l’individualista difficilmente lopensa - muore).Il guaio è che l’individualista ha bi-sogno di molta forza e di molta for-tuna e di molto tempo, perché dif-ficilmente le speranze di afferma-zione che lui ha presente e che lomotivano si realizzano. Per lo più ciattende una “aurea mediocrità”, che- se è davvero aurea - può consenti-re la realizzazione di un individuoche si senta parte di un mondo che

è limitato e limitante, oltre che ac-cogliente e remunerante. Ma que-sto non può accettarlo l’individua-lista per il quale lo stesso concettodi limite appare poco tollerabile.Il risultato è la ricerca, crescente,di identità che, senza creare proble-mi, diano forza e sostegno all’indi-viduo stesso. Così si moltiplicanoesperienze politiche costruite adpersonam, o esperienze religiose chenon chiedono nulla, non impongo-no nessuna etica, nessuna attenzio-ne ad una regola che si impone alsoggetto. Anche quelle più dure,soprattutto in occidente, sembranoattente a quello che va imposto aglialtri, alle regole che vogliono vede-re realizzate nella società piuttostoche ad una condotta di vita anchesolo coerente. E infatti queste pro-poste si moltiplicano in una straor-dinaria commistione con tanti va-lori di questa società individualisti-ca, a partire dai soldi. Con tuttoquello che consegue.Ma neanche questa spinta va rifiu-tata in toto, perché manifesta unaesigenza che ha un fondo “giusto”.Ricordate Guccini? «E voi materiali-sti, col vostro chiodo fisso / che Dioè morto e l’uomo è solo in questoabisso, / le verità cercate per terra,da maiali, / tenetevi le ghiande, la-sciatemi le ali». In effetti la solitu-dine è difficile da reggere, e d’altraparte, finite – come si dice – “legrandi narrazioni” o siamo in gradodi ricostruire un tessuto sociale, apartire da atteggiamenti e valoricondivisi, oppure come è possibile“andare nel mondo”?Ed è questa la cartina di tornasoleche dovrebbe permetterci di distin-guere tra le diverse possibili identi-tà da costruire e ri-costruire. Nonuna identità per difendersi, per af-fermarsi, per dominare, ma una percapire le proprie radici, e magariun’altra per capire il senso delle pro-prie scelte e un’altra ancora per ge-stire il proprio tempo libero e cosìvia, certamente tante e diverse, percapirsi e per capire e così aprirsi almondo per tutta quella serie di rap-porti che ci attendono, prevedibilie imprevedibili, positivi e negativi,facili e difficili, pacifici e… speria-mo solo conflittuali.

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9VRX]V9VRX]V9VRX]V9VRX]V9VRX]VNAVIGAZIONIDARWINIANE

Merda d’occidenteMARCO LORENZINI

T f ] e f c R

Il pensiero lo sa ma fin-ge di accettare una veri-tà scomoda. I muscoli sitirano, duri, gonfi di im-probabile certezza, comearcieri dietro solide muradi pietra. Il sangue scor-re, ritmato, tump tutumptump tutump tump tu-tump. Le articolazioni di-segnano gesti riconosciu-ti, specchio di un cosmosicuro: noi. Poche parolescaldano il gluglu dellapancia. Noi bianchi, noieuropei, noi dell’occiden-te, noi italiani, noi pada-ni, noi cristiani, noi la ci-viltà. La posizione è naturale, c’è una specie di ergonomia del pensiero chesi conforma alle viscere per produrre sostanza. Gluglu, la pancia chiama,parla, rielabora; noi bianchi, noi europei, noi dell’occidente, noi italiani,noi padani, noi cristiani, noi la civiltà. Il pensiero lo sa ma finge di accet-tare una verità scomoda. Il viso si contrae, le palpebre si socchiudono, gliaddominali si induriscono e si tirano, il respiro si ferma come sospeso traun pensiero e una sostanza. Il sangue scorre, ritmato, tump tutump tumptutump tump tutump. Le articolazioni disegnano gesti riconosciuti, spec-chio di un cosmo sicuro: noi. Noi bianchi, noi europei, noi dell’occidente,noi italiani, noi padani, noi cristiani, noi la civiltà. Nell’angolo alto unragno disegna la tela della vita e della morte, i punti di fuga tra un ioipertrofico e un noi prigione sono pochi. Avanza, avanza come un treno ingalleria; quel punto bianco all’orizzonte è un nuovo inizio. Gluglu, gluglu,la pancia chiama, parla, rielabora; noi bianchi, noi europei, noi dell’occi-dente, noi italiani, noi padani, noi cristiani, noi la civiltà. Il pensiero lo sama finge di accettare una verità scomoda. E’ un gesto unico collettivodifferito.Plooff plooff, il pensiero ha prodotto sostanza, una sostanza che ci rendeancora più eguali. Il viso si distende e un lungo sospiro caldo come unostronzo getta un ponte tra il microfono e la pancia. Il pensiero lo sapeva,ma non può più fingere: è soltanto una cagata fantasmagorica d’occidente.

La posizione ènaturale, c’è una speciedi ergonomia delpensiero che siconforma alle viscereper produrre sostanza.Gluglu, la panciachiama, parla,rielabora; noi bianchi,noi europei, noidell’occidente, noiitaliani, noi padani,noi cristiani, noi laciviltà

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C< DFJKI<C< DFJKI<C< DFJKI<C< DFJKI<C< DFJKI<EspritSphériqueSfere dalla CollezioneLegler, BergamoGalleria Gottardo, Lugano- CH - Viale StefanoFranscini 12Fino al 23 dicembre2006

Decine e decine dideclinazioni diverse peruna forma che dovrebbeessere sempre uguale a sestessa: sfere di utilizzomilitare, decorativo,religioso, tecnico,artistico; sfere antiche emoderne, colte e popolari,rigorose e irregolari. Unamostra curiosa estimolante, accompagnatada un “catalogo” che èun’articolata raccolta disaggi sul tema.

Orari: martedì 14-17; damercoledì a sabato 11-17;chiuso domenica e lunedì(aperto anche durante igiorni festivi 1 novembree 8 dicembre). Entratalibera.Per informazioni: 0041918081988; www.galleria-gottardo.org.

degli anni Cinquanta aoggi, nella convinzioneche la dissoluzione deglioggetti tradizionalidell’interesse artistico (diqui il vuoto) nonsignifichi in modo linearela rinuncia alla figurazione(di qui l’immagine). Molteopere esposte sono veri epropri capolavori, nonsolo tra i grandi ispiratori(Fontana, Klein, Manzoni,Paolini, Boetti) ma anchetra i “giovani”.

Orari: martedì 14-17; damercoledì a sabato 10-17;domenica 11-18; lunedìchiuso.Ingresso: Fr. 10, ? 7; AVS,studenti, gruppi Fr. 7, ? 5.Per informazioni: tel.004191 9104780;www.museo-cantonale-arte.ch

Le più bellestatuedell’antichitàMuseo d’Arte, Mendrisio -CHFino al 14 gennaio 2007

Provenienti dallaSkulpturhalle di Basilea,la più antica gipsotecadella Svizzera, vengonopresentate a Mendrisio 75

In alto• Piero Manzoni, Achrome,1961-1962in mostra al Museo Cantonaled’Arte di Lugano.

A destra• Sfera decorativa, 1990,Firenze, Italia - Legno didiverse essenzeIn mostra alla GalleriaGottardo di Lugano.

Pagina accanto• Alcuni esemplari dellecollezioni numismatiche deiMusei Civici di Como.

MassimoBallabioFluiditàGalleria d’Arte Il Salotto,Como - Via Carloni 5/cFino al 23 dicembre 2006

Lo scorrere del tempo,l’avvicendarsi di luce eoscurità, il fluire dellavita sono tema diriflessione della recenteproduzione di opere ligneedelle scultore MassimoBallabio, nato a Erba nel1952 e diplomato inscultura a Ginevra.

Catalogo con testi diMichele Caldarelli,

Giampaolo Mascheroni,Luca MoscatelliPer informazioni:www.caldarelli.it

L’immaginedel vuotoUna linea di ricercanell’arte in Italia 1958-2006Museo Cantonale d’Arte,Lugano - CHFino al 7 gennaio 2007

Una coppia antitetica(l’immagine - il vuoto) fada titolo a una mostra dinotevole impegno cheindaga gli sviluppidell’arte italiana dalla fine

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copie in gesso delle piùfamose statue antiche. Èun’occasione non solo perammirare le capacità diricalco e di patinatura“all’antica” dei secolipassati, ma per entrarenel clima culturale deisecoli passati, quando lacopia in grandezza realeera – nella generaledifficoltà di viaggiare – ilmodo più semplice e piùefficace di entrare inrapporto con la grandearte dell’antichità.

Orari: da martedì adomenica 10-12, 14-17;chiuso lunedì.Per informazioni:[email protected]

I.DoT Back toItalyIl design italiano torna acasaMuseo d’ArteContemporanea, Lissone -Viale Padania 6Fino al 28 gennaio 2007

Il Museo di Lissoneaccoglie per la prima voltain Italia il tourinternazionale che in dueanni e otto tappe haesposto la selezione dei100 migliori prodotti didisegn italiano degli annipiù recenti. Vi sonocompresi alcuni oggettiormai noti e saldamentepresenti nella memoriacollettiva, ma anche nonpoche sorprese.

Orari: da martedì avenerdì 15-19; sabato edomenica 10-12, 15-19;chiuso lunedì. IngressoliberoPer informazioni:

www.comune.lissone.mi.it;[email protected]

I buffi ritrattidi ArcimboldoMuseo in erba, Bellinzona- CH - Piazza Magoria 8Fino al 27 gennaio 2007

Un pittore straordinariopresentato attraversoun’esposizione ludica einterattiva composta dauna quindicina di valige dilegno giganti rosse checontengono lariproduzione dell’opera,brevi testi, giochi emanipolazioni. Attraversoi cinque sensi i bambiniscoprono il percorsoartistico di questo artistaitaliano del Rinascimento;con gli occhi, le mani, labocca, le orecchie e ilnaso si scoprono non soloalcuni aspetti dellapittura ma anche lavarietà di frutta e verdurefresche.

Orari: da lunedì a venerdì8.30-11.30, 13.30-16.30;sabato 14-17; domenicasu appuntamento pergruppi; chiuso festivi.Ingresso FRS 5, euro 3.50.Per informazioni eprenotazioni:004191.8355254;www.museoinerba.com

Sergio EmeryNel settembredel ’43Museo Villa dei Cedri,Bellinzona - CH - Piazza S.Biagio 9Fino al 27 gennaio 2007

L’ultima serie di opere delpittore ticinese (Chiasso1928 - Gentilino 2003) èispirata da un’immaginevista da ragazzo – un B17americano atterrato nellapiana di Magadino nelsettembre del 1943 –dimenticata e tornata adimporsi con veemenzadopo cinquant’anni. Latematica è svolta in unatrentina di opere, tra telee carte, presentate tutteinsieme per la primavolta.

Orari: da martedì avenerdì 14-18; sabato efestivi 11-18; chiusolunedì.Per informazioni:004191.8218518;www.villacedri.ch

CarloBernardiniLight sculptures(Catalizzatori di luce)Milly Pozzi ArteContemporanea, Como -via Parini 18La percettività visiva è iltema che anima la ricercadi Carlo Bernardini. Le sueinstallazioni e sculture,realizzate con acciaio,fibre ottiche, superfici OLF

e superfici elettro-luminescenti creano unospazio di luce incorporeoma visibile, che modificala percezionedell’ambiente circostante.

Catalogo con testi diLuciano Caramel, edizioniMilly Pozzi ArteContemporanea.Orari: da martedì a sabato15-19.Per informazioni:www.millypozziarte.it

Monet@Un numismatico, unacollezione, un museo.Civico Museo Archeologico“Giovio”, Como - piazzaMedaglie d’Oro 1Fino al 29 aprile 2007

In occasione delcentenario della morte diSolone Ambrosoli, ilMuseo Archeologicodedica una mostra alla suafigura e ai suoi studi, epresenta nuovamente alpubblico, dopo diversidecenni, la collezionenumismatica del museo.

Orari:da martedì a sabato9.30-12.30, 14-17,domenica 10-13.Per informazioni:031.271343,[email protected]

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Uno spettacolo teatrale, gliincontri con i Ragazzi di Locri e la

proiezione di Vite da cantiere,documentario di denuncia contro

il lavoro nero e il caporalato.Molti modi per dire no ad ogniforma di mafia, combattendolaovunque, a cominciare dalla

Lombardia

ANTIMAFIEEMILIANO BERTI

La Carovana antimafieanche quest’anno ha fat-to tappa a Como, propo-nendo tre iniziative persensibilizzare la popola-zione comasca rispetto adun problema che spessonel nord Italia viene per-cepito come distante escarsamente rilevante: lamafia.La ricca Lombardia è laquarta regione nella tristeclassifica dei beni confi-scati alle mafie, e sicura-mente la prima per quan-to riguarda i traffici didenaro legati alla crimina-lità organizzata. Tutte le“mafie” sono infatti pre-senti nella nostra regione,centro economico del Pa-ese e crocevia obbligatoverso il nord Europa, tut-te intensamente impegna-te nelle loro attività cri-minali senza che “l’uomomedio” lombardo sospettialcunché. Perché qui lamafia non uccide. Non neha bisogno. Lavora allaBorsa di Milano, “ripuli-sce” il denaro frutto ditraffici illegali e manda i

“rampolli” a studiare nel-le migliori università, af-finché possano diventaredegli ottimi gestori deipatrimoni famigliari.

Storie d’ItaliaLa Carovana antimafie aComo, si è aperta nellamattinata di martedì 28novembre al cinema Glo-ria, di fronte a 400 stu-denti delle scuole superio-ri, con lo spettacolo diDaniele Biacchessi, StorieD’Italia, che ha ripercorsole tappe più dure dell’at-tacco della mafia allo sta-to, le stragi di Capaci e viaD’amelio, l’assassinio diLibero Grassi e l’attentatoagli Uffizi di Firenze.Dopo lo spettacolo EnzoD’Antuono dell’Arci diComo ha introdotto gliinterventi dei Ragazzi diLocri, Aldo Pecora, Rosan-na Scopelliti e Massimilia-no Bullace, invitati que-st’anno a partecipare al-l’iniziativa e di Jole Garu-ti di Libera Lombardia.«Veniamo dalla Calabria,che è sempre Italia e non

nord Africa, come qualcu-no pensa e non abbiamopistole in tasca, ve l’assi-curo» ha esordito conauto - ironia Aldo Pecora,aggiungendo «abbiamotanti problemi, ma nonsiamo il Far - west».L’obiettivo dei “Ragazzi diLocri” è sensibilizzare allacultura della legalità,coinvolgere altri ragazzi ditutte le parti d’Italia nel-la lotta alla mafia e allamentalità mafiosa: «Spes-so si parla di “mafia” enon di “mafie” - affermaAldo – la n’drangheta eramisconosciuta fino al-l’omicidio di Franco Fortu-gno, perché le mafie sonocome le malattie infetti-ve: ti accorgi che ci sonosolo quando colpisconoqualcuno che ti è caro», eha aggiunto che sarebbeun errore imperdonabilepensare che la mafia siaun problema esclusiva-mente meridionale. La cul-tura della legalità, che iragazzi come Aldo voglio-no diffondere, combattesoprattutto la “mafiosità

dei comportamenti”, ov-vero «quando sei costret-to a chiedere come favorea qualcuno qualcosa cheè un tuo diritto. O il “bul-lismo” di cui molto si parlain questi giorni».Rosanna Scopelliti, figliadi Antonio Scopelliti giu-dice della Corte di cassa-zione ucciso dalla n’dran-gheta nel ’91, perché chia-mato a confermare le ri-chieste di condanna diGiovanni Falcone e PaoloBorsellino a carico di Sal-vatore “Totò” Riina, Ber-nardo Provenzano e NittoSantapaola, solo per citar-ne alcuni, ha affermato:«Io ho vissuto sulla miapelle la violenza dellan’drangheta, e ci sono sta-ti parecchi fatti accadutiin Calabria che mi aveva-no fatto perdere la speran-za. Mio padre è stato uc-ciso più di una volta: laprima il 9 agosto 1991, laseconda dall’omertà di al-cuni calabresi. I gestori diun Motel fatiscente accan-to al quale hanno assassi-nato mio padre, hanno

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sempre dichiarato di nonaver visto o sentito nulla.Ora il loro Motel è diven-tato il più grande centroricevimenti della costa diScilla e Campocalabro.Cose come queste mi han-no fatto perdere ogni spe-ranza. Me ne sono andatadalla Calabria perché es-sere lasciati soli ti toglieogni speranza, ti toglie laforza di reagire». Nel 2001la Corte di cassazione hascagionato Riina, Proven-zano, Santapaola e tuttigli altri imputati dall’ac-cusa di omicidio riguar-dante il padre di Rosan-na. Il giudice Scopellitisecondo la corte non èstato vittima della mafia,nessuno ha detto nulla e imedia si sono totalmentedisinteressati della que-stione. «Anche dopo l’omi-cidio Fortugno, non hoavuto la forza di reagire,finché non ho visto lamanifestazione dei ragazzidi Locri, e mi si è riaccesala speranza: ragazzi comeme, che stavano inizian-do a voler dimostrare qual-cosa, che avevano sceltodi riprendersi la loro terrae di avere dignità». Mas-similiano ha riportato laquestione sull’attualità:«Qui al nord la mafia uc-cide con la “penna” e i“colletti bianchi”, insi-nuandosi nella politica.Grazie ai ragazzi di Locriè stato rispolverato il di-segno di legge Lazzari,che impedisce il “voto discambio” ai collusi mafio-si. Il parlamento avrebbedovuto pronunciarsi sulDdl in ottobre di quest’an-no, ma ha preferito discu-tere su quale bagno doves-se usare l’onorevole Luxu-ria. Questa è stata la ri-sposta dello stato». JoleGaruti ha spiegato al pub-blico quali siano le funzio-

ni e le attività che Liberasvolge sul territorio, qua-li sono stati i risultati rag-giunti e quali siano gliobiettivi per il futuro. Dalpubblico è stato chiesto ai“ragazzi di Locri” di spie-gare cosa possa fare unragazzo del nord Italia percombattere le mafie, e sei risultati ottenuti dall’ini-ziativa “ragazzi di Locri”fossero soddisfacenti. Harisposto Aldo Pecora: «Po-tete innanzitutto include-re chi è differente da voi.Ogni escluso viene dato inmano alla criminalità, loroaccettano tutti. Poi pote-te discutere dei problemi,comprare i prodotti di Li-bera terra e visitare il no-stro forum su internet“ammazzatecitutti.org”».Per quanto riguarda i ri-sultati «i risultati sonostati soddifacentissimi,oltre le aspettative. I ra-gazzi che abbiamo piùvolte incontrato hannoiniziato ad impegnarsinella lotta alla mafia an-che nelle loro realtà».

Libera terra in liberostatoAlle 18 la seconda inizia-tiva della giornata ha vi-sto partecipare i ragazzi diLocri e Jole Grauti ad unincontro organizzato nel-la sala soci Coop a Mira-bello di Cantù. Alfredo DeBellis, funzionario dellaCoop ha introdotto gli in-terventi dei ragazzi affer-mando «Libera fa antima-fia sul territorio e suppor-ta l’azione repressiva del-lo stato nei confronti del-le mafie. Questi ragazzisono la dimostrazione dicome si possa fare anti-mafia anche senza “pro-fessionismi”, facendo co-noscere la realtà dellamafia alla gente. La mafiasi annida nei gangli della

società». De Bellis ha inol-tre ricordato che si sonoda poco tenuti gli “statigenerali dell’antimafia” acui i ragazzi di Locri han-no partecipato, che han-no portato alla redazionedi un “Manifesto contro lemafie”, consegnato al pre-sidente della camera, rias-sunto dallo slogan conia-to da Aldo Pecora “un con-tro e tanti per”. Aldo hadunque preso la paroladicendo: «Abbiamo parte-cipato agli stati generaliper imparare da chi com-batte la mafia da anni, eper portare le nostre pro-poste. È emerso che è dif-ficile che la mafia faccianotizia tanto quanto lo èche l’antimafia faccia no-tizia, perché i Media nonsi interessano. Per essereaccreditati in Calabria, pernon venir più definiti “isoliti ragazzi che non con-cludono nulla”, abbiamodovuto espanderci al difuori della regione. Unavolta che ci siamo affer-mati, ci è finalmente sta-ta data l’occasione di par-lare anche attraverso imedia nazionali. E aglistati generali abbiamosponsorizzato il disegno dilegge che punisce il votodi scambio con i collusimafiosi» Infine Pecora haammonito: «Attenzioneall’antimafia che si fa ma-fia. C’è chi alla luce delsole combatte la mafia enell’ombra ci stringe ac-cordi. Noi siamo stati at-taccati e criticati da pic-cole organizzazioni chehanno fatto dell’antimafiaun attività lucrosa». JoleGaruti ha sottolineato lanecessità di attivarsi con-tro le mafie non soltantodopo le “emergenze”, qua-li un omicidio o altri fatticorrelati: «L’impegno nel-la lotta alla criminalità

organizzata deve esserecontinuo. I governi dicentro sinistra dal ’96 al2001 avevano fatto qual-che passo in avanti inquesto senso, ma la suc-cessiva legislatura di cen-tro destra abolendo la tas-sa di successione, votan-do a favore del ritorno deicapitali all’estero e abo-lendo le confische comestrumento di lotta per sot-trarre i beni ai mafiosi hafavorito gli interessi delleorganizzazioni criminali.Speriamo che questo go-verno, che appena inse-diato ha preso a cuore ilproblema, mantenga lepromesse fatte».

Non trattiamo lepersoneLa Carovana a Como si èconclusa con la proiezio-ne al cinema Gloria di Viteda cantiere, documentario– denuncia contro lavoronero e caporalato nelmondo dell’edilizia di Ninade Fazio e Kirstin Hausen.Al termine della proiezio-ne Luigi Lusenti di ArciLombardia è intervenuto:«Abbiamo preso un discor-so difficile come la lega-lità e ne abbiamo fatto undiscorso di democrazia eprogresso». Franco DeAlessandri, segretario re-gionale di Fillea Cgil hainfine aggiunto: «Abbia-mo voluto fare un filmperché era necessario de-nunciare queste realtà chealtrimenti sarebbero rima-ste nell’ombra, le nuoveforme di schiavitù e il ca-poralato si collegano allacriminalità organizzata, latratta delle persone, temadella Carovana, è in manoalle mafie. Abbiamo pro-vato, attraverso il film, adire che bisogna indignar-si e reagire di fronte aqueste situazioni».

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