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N.62 dicembre 2017 Sped. Abb. Post. D.L. 353/2003, conv. L. 46/2004, art.1, c.1 DCB Milano Reg. Tribunale Milano N.941 del 16 dicembre 2005 In caso di mancato recapito restituire al mittente C.M.P. Roserio - Milano, detentore del conto Foglio di formazione e informazione dell’Associazione Maria Immacolata M i introduco con alcune parole pro- nunciate dal nuovo Arcivescovo, mons. Mario Delpini, per il suo ingresso in Diocesi di Milano: “Ogni uomo, ogni donna è reso capace di amare come Gesù ha amato, reso partecipe della vita di Dio e della sua gloria. In ogni luogo della terra, in ogni tempo della storia, oggi, dappertutto, in qualsiasi desola- zione, in qualsiasi evento tragico, in qualsiasi tribolazione, Dio continua ad amare e rendere ogni uomo e ogni donna capace di amare”. Lo sperimento negli incontri-ascolto di ospiti e malati. Ma può essere in ogni relazione. Quando la tua luce, Signore, è più in- tensa in me, mi è più facile riconoscerti nelle persone. L’ho visto in Teresa quando, con voce tremula ma diretta verso coloro che le fanno sentire il peso della sua condizione, ha esclamato “Che colpa ne abbiamo noi se siamo arrivati a questa età!” Sembrava dire: “scusate se siamo ancora al mondo!”: Dio pre- sente nello scarto, seme che muore per dare frutto. Anche Gina, avvolta in un’elegante sciarpa, con il sorriso orgoglioso di es- sere madre di un figlio professore uni- versitario, fa cadere nella conversazione l’espressione “Il frutto non cade lontano dall’albero”. Quel figlio che le sta ren- dendo meno dura la permanenza in Isti- tuto. La tua gloria, Signore, attinge dai molteplici doni che sappiamo ricono- scere. Alfonso, in riabilitazione motoria, pur percependo i limiti fisici e la dipendenza dagli altri, si sente gratificato dallo spi- rito di accoglienza del personale e dagli spazi nuovi del reparto. Non basta: “Tutto bello ed efficiente, ma manca il segno più importante: il Crocefisso!” Già perché in quel luogo non può ba- stare la cura, occorre coglierne il senso. È dall’alto della Croce che tu, Signore, ci manifesti la vera gloria e che ci inviti a seguirti. Come fedeli discepoli del Crocefisso. Agostino, uomo ripiegato su sé stesso in carrozzina, traffica a fatica attorno al suo armadietto, mentre escono a sca- rica pesanti bestemmie. Dichiaro la mia disponibilità ad aiutarlo, ma la risposta è un’ulteriore bestemmia. Mi dicono che fa così dal mattino alla sera. È un uomo, penso io, che deve aver molto sofferto e molto soffre. Dio però l’attende per un abbraccio di misericordia dove la sua gloria risplende più che mai. Concludo con l’episodio narratomi da Rosa. Racconta di ciò che le è accaduto un bel po’ di tempo fa quando aveva negozio. Un giorno un giovane napole- tano entra nel suo negozio a cercar la- voro. Era il periodo del carnevale. Dei ragazzi avevano schiumato la vetrina. La signora Invita il giovane a pulirla. Questi, in segno di riconoscenza, felice che qualcuno gli dia lavoro e fiducia s’inginocchia, suscitando curiosità e di- sagio in lei, per baciarle i piedi. La si- gnora Rosa lo fa lavorare e lo paga con giustizia come qualsiasi altro dipen- dente. È l’inizio di una vita nuova: ha ritrovato fiducia in se stesso, lavoro e dignità. “Non parlare troppo male dell’uomo, di nessun figlio d’uomo: la gloria di Dio avvolge la vita di ciascuno e lo rende capace di amare”. (dal testo citato sopra) Don Carlo Foto: Tiberio Mavrici in questo numero L’invisibile bellezza della dimensione orante dell’uomo L’UOMO GLORIA DI DIO EDITORIALE EDITORIALE EDITORIALE EDITORIALE EDITORIALE EDITORIALE EDITORIALE

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N.62 • dicembre 2017

Sped. Abb. Post. D.L. 353/2003, conv. L. 46/2004, art.1, c.1 DCB Milano Reg. Tribunale Milano N.941 del 16 dicembre 2005In caso di mancato recapito restituire al mittente C.M.P. Roserio - Milano, detentore del conto

Foglio di formazione e informazionedell’AssociazioneMaria Immacolata

Mi introduco con alcune parole pro-nunciate dal nuovo Arcivescovo,

mons. Mario Delpini, per il suo ingressoin Diocesi di Milano: “Ogni uomo, ognidonna è reso capace di amare comeGesù ha amato, reso partecipe della vitadi Dio e della sua gloria. In ogni luogodella terra, in ogni tempo della storia,oggi, dappertutto, in qualsiasi desola-zione, in qualsiasi evento tragico, inqualsiasi tribolazione, Dio continua adamare e rendere ogni uomo e ognidonna capace di amare”.Lo sperimento negli incontri-ascolto diospiti e malati. Ma può essere in ognirelazione.Quando la tua luce, Signore, è più in-tensa in me, mi è più facile riconoscertinelle persone. L’ho visto in Teresaquando, con voce tremula ma direttaverso coloro che le fanno sentire il pesodella sua condizione, ha esclamato “Checolpa ne abbiamo noi se siamo arrivati

a questa età!” Sembrava dire: “scusatese siamo ancora al mondo!”: Dio pre-sente nello scarto, seme che muore perdare frutto.Anche Gina, avvolta in un’elegantesciarpa, con il sorriso orgoglioso di es-sere madre di un figlio professore uni-versitario, fa cadere nella conversazionel’espressione “Il frutto non cade lontanodall’albero”. Quel figlio che le sta ren-dendo meno dura la permanenza in Isti-tuto. La tua gloria, Signore, attinge daimolteplici doni che sappiamo ricono-scere.Alfonso, in riabilitazione motoria, purpercependo i limiti fisici e la dipendenzadagli altri, si sente gratificato dallo spi-rito di accoglienza del personale e daglispazi nuovi del reparto. Non basta:“Tutto bello ed efficiente, ma manca ilsegno più importante: il Crocefisso!”Già perché in quel luogo non può ba-stare la cura, occorre coglierne il senso.

È dall’alto della Croce che tu, Signore,ci manifesti la vera gloria e che ci invitia seguirti. Come fedeli discepoli delCrocefisso. Agostino, uomo ripiegato su sé stessoin carrozzina, traffica a fatica attornoal suo armadietto, mentre escono a sca-rica pesanti bestemmie. Dichiaro la miadisponibilità ad aiutarlo, ma la rispostaè un’ulteriore bestemmia. Mi dicono chefa così dal mattino alla sera. È un uomo,penso io, che deve aver molto soffertoe molto soffre. Dio però l’attende perun abbraccio di misericordia dove lasua gloria risplende più che mai. Concludo con l’episodio narratomi daRosa. Racconta di ciò che le è accadutoun bel po’ di tempo fa quando avevanegozio. Un giorno un giovane napole-tano entra nel suo negozio a cercar la-voro. Era il periodo del carnevale. Deiragazzi avevano schiumato la vetrina.La signora Invita il giovane a pulirla.Questi, in segno di riconoscenza, feliceche qualcuno gli dia lavoro e fiducias’inginocchia, suscitando curiosità e di-sagio in lei, per baciarle i piedi. La si-gnora Rosa lo fa lavorare e lo paga congiustizia come qualsiasi altro dipen-dente. È l’inizio di una vita nuova: haritrovato fiducia in se stesso, lavoro edignità.

“Non parlare troppo male dell’uomo, dinessun figlio d’uomo: la gloria di Dioavvolge la vita di ciascuno e lo rendecapace di amare”. (dal testo citato sopra)

Don Carlo

Foto: Tiberio

Mavrici

in questo numeroL’invisibile bellezza della

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DAVID MARIA TUROLDO(Coderno, 22 novembre 1916Milano, 6 febbraio 1992)*

Poi venne David Maria Turoldo, pa-roliere innamorato. Capace di vi-

vere l’ars della contemplazione ed illabor del dialogo come un unicogrande inno.

La luna continua a brillare in cielo ea regalarci effetti speciali, purtroppoperò, si continua a guardare il dito,che ci da poche indicazioni e grandiabbagli. Quante dita di mano, nonsempre credibili, impediscono ai no-stri occhi di puntare dritto alla luna.

L’ultima trovata? Una frase di AlbertEinstein, pronunciata dal fisico sta-tunitense nel 1922 durante un suoviaggio in Giappone sta potentementefacendo e rifacendo il giro del web;fior fiori di formatori hanno fatto agara per postarla sui loro profili sociale per metterla come frase per lo statodi whatsapp “Una vita tranquilla edumile porta più gioia del persegui-mento del successo legato ad un’agi-tazione perenne”. Però, pennellataesauriente, un pensiero, proprio deigrandi, che racchiude tutto attraverso

due battute. Questo appunto è statovenduto all’asta a fine ottobre a Ge-rusalemme, per la cifra record di unmilione e mezzo di euro. Einstein,che pochi mesi dopo aver formulatoquesta sentenza sarebbe divenutopremio Nobel per la fisica, è stato unluminare di primo ordine, però se c’èbisogno di una sua frase per accen-dere la luce, allora vuol dire che sivive al buio.

Non è stato premio Nobel, non haescogitato nessuna teoria della rela-tività, ma ha messo molte persone inrelazione con la bellezza unica delloro essere creature fatte da QualcunAltro e per qualcosa d’altro. DavidMaria Turoldo, uomo, filosofo sacer-dote, teologo, sileno delle parole, nondi quelle che scuotono le masse, madi quelle che fanno vibrare le cordedelle persone e mettere in moto nonmacchine, ma una vera e propria au-tostrada di rivoluzioni interiori. Natoa Codegno, frazione di Sedegliano,provincia di Udine, il 16 novembredel 1916. Un pozzo di talenti, uno sututti, quello di redigere, con i suoitesti ma prima di tutto con la suavita, una sorta di quinto vangelo pro-prio perché non ha mai lasciato inpanchina ma ha voluto sempre schie-

rarla in campo, titolarissima, la forzadisarmante del Vangelo. Insomma vo-lava alto certo, ma era strabiliantenel riuscire a stare a contatto contutti, perché, cose che sanno faresolo i profeti, se poi non si ama po-tentemente il basso, allora l’alto ri-schia di restare un inutile orpello, unridicolo flatus vocis. In prima linea,capace di passare, a stretto giro diposta, dall’altare alle tavole rotondecol critico e politico Carlo Bo e conla poetessa Alda Merini che disse dilui. “Era una montagna di fede maanche una montagna di misericordia,un ribelle per amore, un costretto, daun fuoco divorante, a profetizzare e apoetare, era un costretto a prenderela materia della vita e farne un canto”.Il 6 febbraio 1992 è tornato a quelcielo, di cui era permeato. Le suefrasi non sono ancora state battutead aste milionarie, alla Einstein. Forselo saranno, la cosa più importante, èche ci fanno battere il cuore. Comequesta poesia, scritta il giorno primadi finire la sua partita terrena

Benedico il Signore che la mente m’ispira: per questo immane soffrire dei giustiper questo gioire tante volte insperato, per questo sperare di glorie ogni giorno: impossibile che sia il Nulla l’estremo traguardo: impossibile sarà pensarti come realmente tu sei, o mio Signore: sconosciuto Iddio sei tu la nostra unica sorte

Grazie di tutto, David Maria

Luca Savarese

*Figura profetica in ambito ecclesiale e ci-vile, resistente sostenitore delle istanze dirinnovamento culturale e religioso, di ispi-razione conciliare. È ritenuto da alcuni unodei più rappresentativi esponenti di un cam-biamento del cattolicesimo nella secondametà del '900, il che gli è valso il titolo di"coscienza inquieta della Chiesa”.

DUE PROFETI RIVOLUZIONARI PARLIAMO CON • PARLIAMO CON • PARLIAMO CON • PARLIAMO CON • PARLIAMO CON • PARLIAMO

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PARLIAMO CON • PARLIAMO CON • PARLIAMO CON • PARLIAMO CON • PARLIAMO CON • PARLIAMO

LORENZO MILANI(Firenze, 27 maggio 1923 - Firenze, 26 giu-gno 1967)

Adesso sono 50 anni che se ne ri-corda la morte. Morbo di Hodgkin,

44 anni, anche se l'anniversario è or-mai trascorso. Ora ci sono convegni,commemorazioni, memorie a sinistra,e si parla di santità. Ora solo un uomocome Papa Francesco è salito fino allasua tomba nel microscopico cimiterodi Barbiana. Solo un Papa così potevariconoscere la grandezza di un pretecosì pesantemente bandito dalle ge-rarchie ecclesiastiche, dallo Stato edalle grette menti di quegli anni..

Io ricordo di aver letto e seguito donLorenzo Milani quando i miei figlierano ancora molto piccoli e lui giàfaceva scalpore. "Lettera a una pro-fessoressa" della Scuola di Barbiana e"Dalla parte dell'ultimo" di Neera Fal-laci, 1974, Milano libri Edizioni, (Aparte "Lettere Pastorali" e "L'obbe-dienza non è più una virtù") possonobastare e avanzare per farsi un'ideadell'Uomo e del Cristiano. Che era unprete sui generis perché ragionava conil suo cervello intelligente e pieno digiustizia e umanità.Di fatto la Chiesa, il cardinale di Fi-renze Floris in testa, lo combatté e lorespinse trasferendolo via via fino aun paesucolo sui monti: Barbiana, unafrazione di Vicchio (Firenze) che siraggiungeva con una mulattiera, dovemancavano luce e acqua.Lì, lottando come un gigante, umi-liandosi come un mendicante, elevan-dosi come insegnante illuminato, donMilani creò una "scuola"- Prese i bam-bini dei contadini di ogni età, dai seiai quindici anni, e ne fece una pluri-classe, dove i più grandi aiutavano ipiccoli e dove si partiva dalla Costi-tuzione. Fu un lavoro continuo di stu-dio, di applicazione, di ricerca e diattualità. Di inserimento nella società.Non c'erano bimbi superdotati, né mi-norati. Nessuna differenza. E se qual-cuno non capiva si aspettava che ca-pisse. Erano tutti poveri, e quindi,

"uguali. Nessun bimbo ricco mandatoavanti magari a calci, soldi e spintonifino alla laurea, come nelle scuole dicittà. Ma non posso raccontare qui lalunga esperienza dura, amara ederoica di don Milani (che ebbe pur-tuttavia anche sostenitori infervorati). Voglio solo dire che la cosa colpì cosìtanto, coinvolse e sconvolse noi, ungruppo di genitori che le idee di donMilani avevano conquistato, che, fi-nite le elementari, decidemmo di co-struire una classe sperimentale consette dei nostri figli decisamente pre-parati (in qualche modo agnellini in-consapevoli) e sette tra i più scarsi edifficili bimbi dell'orfanotrofio (o casaper fanciulli disastrati) di Zona. Unascuola, in Via Mezzofanti, accettò didedicarci un'aula e un'insegnante stra-ordinaria, la giovane e coraggiosa pro-fessoressa Diodà, si dichiarò dispostaa… sperimentare.Bene. Fu una fatica immane, un con-fronto, una lotta, una resistenza e,alla fine, un enorme, illuminato, in-credibile successo. Dove le capacitàdi sapersi esprimere, di conoscere leparole, di aver quelle facoltà che eranola base del pensiero di don Milani,centrarono l’obbiettivo.

Tutti passarono alle superiori, nontutti potendosi permettere un liceo,ma con basi eccellenti e capacità im-pensabili. Per tre anni le famiglie piùfortunate accolsero i compagni deiloro figli portandoli in vacanza o te-nendoli presso di loro. Io ancora penso a quella mia piccolaundicenne che montava in biciclettaalle sette del mattino (la scuola eralontanuccia), tornava per pranzo e,sempre in bicicletta, ritornava ascuola per le 14. Quattro volte algiorno. Ma don Milani ci ha illuminati. Il ri-sultato lo vedo anche ora. LorenzoMilani non era di sinistra né di destra.Era un Uomo, un prete vero, un cri-stiano. Non appropriamocene, per favore. Nonetichettiamolo. Gli faremmo un torto. Nel suo testamento (come nelle sueultime parole) volle fosse scritto aisuoi ragazzi: "Ho voluto più bene avoi che a Dio, ma ho speranza che luinon stia attento a queste sotti-gliezze...".

Adriana Giussani K.

Altre notizie e approfondimenti su Don LorenzoMilani a pagina 6.

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In un breve articolo pubblicato qualchetempo fa su “Avvenire”, l’allora monsi-gnor Delpini tratteggiava la figura della“Pina pregona”, quella gentile signora chepresiede sempre il Rosario prima dellaMessa, impone preghiere e appelli ai varisanti per varie necessità sfoggiando unostupefacente repertorio di formule e cosìvia. E alla fine si chiedeva: “Chi avrà ilcoraggio di spiegarle la differenza tra ’direle preghiere’ e ‘pregare’?”.La figura di questa zelante, ma in fondosimpatica, Pina mi ricorda alcune anzianesignore che pregano il Rosario inanellandole Ave Maria senza quasi prendere fiato.Il loro modo di partecipare alla Messa poiprevede di ripetere, a voce nemmenotanto bassa, tutte le preghiere della li-turgia. Invano il celebrante, prima di ini-ziare la preghiera di consacrazione, spiegache in quel momento della Messa l’as-semblea deve ascoltare in silenzio le pa-role che il sacerdote pronuncia. Se appenac’è un attimo di esitazione, già si sentela voce della Pina di turno che inizia.Recentemente in una meditazione sull’Esor-tazione apostolica “Amorislaetitia” fratelRoberto, monaco di Bose, sottolineavail

e talvolta litigano perfino come ha fatto-Giobbe.Nell’Anno giubilare della misericordia, in-sieme agli altri volontari e Ministri stra-ordinari, ho fatto esperienza del Dio ri-velato da Gesù, di cui parlava fratelRoberto: un Dio che “parla” (“Dio disse”)e”ama”.In quell’anno ho avuto il dono di accom-pagnare alcune persone nel cammino diconversione, mentre affrontavano vecchiequestioni o dissidi rimasti irrisolti,peraprirsi infine alla richiesta di perdono. Evedere come il Signore abbia saputo “in-ventare” strade per raggiungere cuori piùrestii a lasciarsi attraversare dalla sua Pa-rola, adare spazio alla dimensione dellarelazione e della preghiera.A mia volta mi sono lasciata “accompa-gnare” dagli ospiti che mi hanno per-messo di condividere il loro cammino cosìche anche la mia preghiera è diventatagradualmente più matura e più varia aseconda delle situazioni. Pregare insiemea qualcuno che ha raccontato molto disé, pregare in silenzio oinsieme ai fami-liari accanto a qualcuno che sta morendoo è in stato vegetativo sono modi diversidi accogliere la persona e il suo mistero,diimparare sempre più ad “affidarsi”.“Chi è in grado di decifrare la bellezzache traspare in filigrana dalle nostre vitelacerate, sbriciolate, se non Lui che ci hachiamati a essere e ci ha amati perprimo?” (Colette Nys-Mazure, “Celebra-zione del quotidiano”).Nel corso degli anni ho incontratoalcunepersone speciali, di cui conservo prezio-samente il ricordo. Personeconuna intensavita di preghiera, chehanno saputo co-gliereil tempo della vecchiaia e della ma-lattia come opportunità per pregare ancorpiù profondamente, per dedicarsi a unapreghiera fatta di ascolto, silenzio, con-templazione. Personeumili, ma con losguardoorientato verso il cielo e, nel lorointimo,sempre aperte all’incontro con l’Al-tro. In loro la preghierasi manifesta comeattenzione costante alla presenza di unAltro. E in questa tensione a poco a pocosi trasfigurano: nonostante il corpo se-gnato dagli anni e dalla sofferenza, sem-brano esseregradualmente assimilate aDio. Diventano preghiera.

Sara Esposito

DIRE LE PREGHIERE, PREGARE,ESSERE PREGHIERA

IL VOLONTARIATO RACCONTA • IL VOLONTARIATO RACCONTA • IL VOLONTARIATO RACCONTA

tema della preghiera, personale e comuni-taria, come ascolto e quindi risposta a unaParola ricevuta. Quando Gesù ha conse-gnato ai discepoli il Padre nostro non in-tendeva offrire loro una formula da ripetere,bensì indicare un modo di relazionarsi conDio.“Nella preghiera”, ha detto fratel Ro-berto, “il cristiano assume l’atteggiamentodel discepolo che si mette in ascolto(“Parla, Signore, che il tuo servo ti ascolta”,1Sam3,10)”. Solo dopo aver ascoltato laParola è possibile rispondere a Dio che ciha parlato e ci aiuta a capire cosa chiedere:quindi preghiera di ringraziamento, inter-cessione, lode, supplica, anche in manieralibera dalle forme istituzionali.Il servizio di volontariato accanto allepersone anziane ammalate mi consentedi osservare da vicino il modo di pregaredelle persone di cui mi prendo cura. C’èchi, di fronte a un evento improvvisocome l’insorgere della malattia e dei limitiche questa comporta o l’ingresso in unastruttura, si chiede con angoscia: “Si-gnore, perché a me?”. Altri cercano di“trattare”: “Signore, fa’che io possa tor-nare a casa”, “che almeno possa cammi-nare”, “che non sia di peso ai miei cari”…

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Spesso l’avanzare degli anni porta consé anche un certo cinismo, un pregaresempre meno o tralasciare del tutto lapreghiera. “Ma vi sono anche uomini inetà avanzata, che piegano il loro corpoaffaticato e acciaccato in un gesto diadorazione davanti a Dio, si inginoc-chiano, spesso in modo impacciato elento, e tuttavia non rinunciano a questaespressione visibile e corporea dell’in-visibile che abita nel loro cuore”. Nellameditazione “Preghiera della sera dellavita” (Qiqajon, 2017) Luciano Manicardiriflette sul “Nunc dimittis”, il breve innoche si prega a compieta, alla fine delgiorno, e sulla figura del vecchio Si-meone che con quelle parole ringrazia,benedice e prega. “Non avanza pretese,non si lamenta, non è autocentrato, maringrazia, riconoscendo la presenza e lapreziosità altrui, riconoscendo che lasua vita è stata segnata da doni e pro-messe, che c’è un passato per cui diregrazie e un futuro a cui dire sì”.

Sara Esposito

• VISTE E LETTI PER VOI •L’Invisibile Bellezza, suggerisce il ti-tolo di questo numero.Ma prima di inoltrarmi nel tema di que-sto binomio, vorrei trattarli appena, se-paratamente, questi due concetti: Bel-lezza e Invisibilità, intendendo perBellezza: Armonia, Equilibrio, Serenità,Decantazione e per Invisibilità il con-trario di Apparenza, Esibizione.Caravaggio travolge e sconvolge questiconcetti, in quasi tutta la sua opera. Peravvicinarsi a lui, è necessario liberarsida qualsiasi valutazione di tipo moraleo moralistico per cui possiamo già pre-mettere che nulla nella sua vita di uomosi avvicinò anche lontanamente alla Bel-lezza. La sua opera invece, grandissima,immensa, impone il tema qui proposto,quello di Bellezza nella sua Invisibilità. Cosa c’è infatti di bello nello sguardoastuto di una zingarella che sfila unanello dal dito del suo ignaro cliente colpretesto di leggergli la mano? (La buonaventura. Roma- Pinacoteca Capitolina).O nello sguardo ambiguo di un ragazzodi vita pasoliniano che si intuisce legatoda un rapporto torbido a chi gli ha chie-sto, chissà a quale condizione, di posareper lui? (Frisso, già San Giovanni Batti-

sta- Roma- Galleria Borghese).E quale Bellezza nei frutti bacati, giàquasi decomposti che sono lì, in primopiano, in un cesto davanti a un Baccoincoronato di pampini le cui dita scre-polate dalle unghie orlate di sporco sisforzano di reggere con eleganza unacoppa con cui evidentemente non hannodimestichezza? (Bacco-Firenze-Uffizi).E quale Bellezza nel seno già usuratoche una donna già quasi sfiorita porge aun vecchio per nutrirlo, in una ambien-tazione quasi apocalittica? Nessuna. Eppure una volta viste questeopere esse rimangono inchiodate, infissenella nostra memoria. Perché?Perché esse sono portatrici di quella in-visibile bellezza dell’uomo orante su cuiil titolo proposto ci impone di riflettere.L’uomo orante è Caravaggio, che attra-verso la sua arte divina realizza la suacatarsi.L’invisibile bellezza è il suo accostarsi,anzi immergersi negli aspetti più uma-namente degradati della realtà e mira-colosamente fare emergere da essi ciòche è vivo ed eternamente umano, senzarespingerli o temerli.Questi pochi esempi vogliono essere solo

• SPUNTI DA… • SPUNTI DA… • SPUNTI DA… • SPUNTI DA… • SPUNTI DA… • SPUNTI DA… • SPUNTI

L’INVISIBILE BELLEZZA DEL CARAVAGGIO

un accenno all’Invisibile Bellezza di cuitutta l’opera di Caravaggio è portatrice. Lo identificherei, se dovessi proporre unaidentificazione, nel Canestro di frutta chesi trova a Milano nella Pinacoteca am-brosiana. L’armonia con cui sono rap-presentati i frutti è assoluta, l’armonianella composizione è assoluta eppure,anche qui, Caravaggio ha bisogno di nonlasciare i frutti sani, perfetti: c’è la melache è bacata, anche qui c’è un vermeche profana.In definitiva però, nei secoli che impor-tanza può ancora avere il suo esserestato uomo violento e degenerato? Cheimportanza possono ancora avere i suoicomportamenti, i suoi vizi? Ci sono ri-masti i suoi dipinti, dipinti straordinariche ci comunicano l’anima dell’artista,che ci trasmettono la sua invisibile bel-lezza, che ci fanno dimenticare i ragazziabusati, i volti drammatici degli uomini,il verme nella bellissima mela.

Maria Grazia Mezzadri

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In una sola pagina è difficile condensareuna biografia così ricca e complessa, cer-cherò di farlo toccando i punti più salienti. Lorenzo Milani (Firenze, 27 maggio 1923 –Firenze, 26 giugno 1967) è nato in una fa-miglia ricca e borghese. La madre era ebreae, forse per proteggerli, fece battezzare itre figli a guerra iniziata e dopo le leggirazziali. Lorenzo studiava allora al Berchet,senza grandi risultati, più avanti si inna-morò della pittura, ebbe una breve storiasentimentale, conobbe personaggi impor-tanti che gli furono maestri ed amici, co-nobbe Don Bensi, che divenne suo padrespirituale, frequentò il seminario, e nel di-cembre 1943 si fece prete. Dopo un’adole-scenza movimentata da una ricerca conti-nua, dopo un’analisi profonda di sé,innamorato della verità, della giustizia e inascolto solo della voce della propria co-scienza, adolescenza sempre tormentata dacontinue malattie polmonari, don LorenzoMilani diventa prete. Un prete scomodo,una voce che grida, che disturba, che al-lontana, che straordinariamente attrae…“La voce e il silenzio, la veste e la radice, ilcolore e il dolore, la fede e la solitudine,l’amore e l’ira che rendono unica la vita didon Lorenzo, sono rimasti intatti, Stagioniche si frappongono a ritmo continuo fra ilsuo presente e il nostro. I decenni giranole pagine, ma tutto di lui resta integro, percerti versi intonso” dalla prefeazione ai dueMeridiani usciti quest’anno.Quello che don Milani fu e costruì, lo ac-cenno a pagina 3 di questo stesso numero.Quello che muove e ha commosso profon-damente anche papa Francesco è, per esem-

pio, questa lettera, trovata in un libro do-natogli da Michele Gesualdi (L’esilio di Bar-biana, ed. San Paolo), che fu uno dei ragazzidi Don Milani e che divenne il primo Presi-dente di Provincia in Toscana. Ve la copio.Caro papa Francesco,mi è gradito di farLe dono di questo mio ul-timo lavoro su don Lorenzo. Ho scritto questosemplice libro per far conoscere ai ragazzi dioggi un grande prete-maestro innamoratodi Gesù e della suaChiesa. Il Gesù cheha incontrato nellatrincea della povertàpiù profonda di Bar-biana. Era insieme aquei poveri contadinicon la loro stessa fac-cia denutrita e lemani callose dalla fatica. Con loro ha sof-ferto, gioito, vissuto la povertà vera, ognigiorno, senza sconti. A loro ha dedicato ilsuo sapere e il suo apostolato.La miseria della profonda periferia di Bar-biana ha donato a don Lorenzo occhi, orec-chie, bocca e cuore nuovo che ne han fattoun uomo diverso: povero tra i poveri rimastoper sempre, nella vita e nella morte, prioredi quel niente di Barbiana, che l’amore hafatto divenire consistenza e parola capace diparlare a tanti cuori e altrettante coscienze,molto lontano. Era Amore con la a maiuscola,incondizionato.A noi si è dedicato come solo un maestro,fratello, padre sa fare. Ed educato a starecon la classe degli ultimi, a non dimenticarci

della umanità bisognosa, a tenere a bada ilnostro egoismo e a studiare con e per glialtri, «perché non si tratta di produrre unanuova classe dirigente, ma una massa co-sciente», diceva.Una sua visita, con il suo stile semplice e af-fascinante, in quella periferia da dove quellapovera tomba e quella anomala scuola ci ri-chiamano la radicalità del Vangelo che spingea camminare sulla retta via, sarebbe un grandono agli ultimi degli ultimi. Barbiana è an-cora oggi un luogo fatto di nulla, in cui salirein punta di piedi a pensare, pregare e ascol-tare quel profondo silenzio che scuote.Con sincero affetto filiale e stima profondis-sima, Michele Gesualdi.

Il Papa è andato Barbiana, su quella poveratomba in quel minuscolo e povero cimitero.La Chiesa ha riaccolto con amore e riabili-tato don Milani. Non così lo Stato Italiano,tutto preso a fare riforme discutibili sullaScuola e mai attento a chi davvero per lascuola dei più abbandonati ha speso la vita.Tra le grandi angustie di cui soffri don Lo-renzo ci fu l’accusa per apologia di reato evilipendio fattagli dai cappellani militariper essersi pronunciato attraverso il libro.“L’obbedienza non è più una virtù”, ad uninutile ferma di leva che al tempo bloccava

i ragazzi/soldati per unanno. Un libro contro laguerra e contro la forma-zione di eserciti. Ora sap-piamo che esiste un servi-zio civile, ma solo ora,dopo anni da quella bat-taglia, che costò a don Mi-lani un processo e unacondanna ribadita in ap-pello.

Anche se poi ci fu un’amnistia, don Milanimorì reo. Molte associazioni e, in primisl’associazione NonunodiMeno, a cui si deveun recente e splendido congresso intitolato“L’attualità dirompente di don Milani”, il27 ottobre 2017, alla Camera del lavoro,hanno formulato una Petizione al presidentedella Repubblica per la Riabilitazione di DonMilani. Una cosa giusta, indispensabile pertranquillizzare del tutto la nostra coscienza.La petizione è sul sito della associazioneNonUnodiMeno.

Votiamola, e conosciamo questa splendida associa-zione di volontari, insegnanti, genitori e ragazzi cheè NonUnodimeno. http://www.nonunodimeno.net/

Adriana Giussani K.

• SPUNTI DA… • SPUNTI DA… • SPUNTI DA… • SPUNTI DA… • SPUNTI DA… • SPUNTI DA… • SPUNTI

L’ATTUALITÀ DIROMPENTE DI DON MILANI

Se si perdono i ragazzi più difficili

la scuola non è più scuola. É un ospedale

che cura i sani e respinge i malati.

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7AscoltAmi • n.62 • dicembre 2017 •

IL PUNTO DI VISTA • IL PUNTO DI VISTA • IL PUNTO DI VISTA • IL PUNTO DI VISTA • IL PUNTO DI

“Dio conduce ciascuno per una viaparticolare: l'uno arriva alla

meta più facilmente e prima di un altro.Ciò che possiamo fare è, in paragone aquanto ci viene dato, sempre poco, maquel poco dobbiamo farlo: cioè pregareinsistentemente affinché quando ci saràindicata la via, sappiamo assecondarela grazia senza resistere” (Edith Stein).È un pensiero che nell’essenza rivelal’amicizia con Dio quando si fa presentenella nostra vita, in un modo semplicee quasi sommesso, un Dio che ci ama,un Dio che, ci accompagna rispettosodella nostra libertà di scelta, che ciprende quasi per mano solo se lo cer-chiamo con cuore sincero e con fiducia.Rimane il mistero dell’incontro che inuna vita può avvenire sin da ‘inizio odurante il nostro vivere di tutti i giornio a volte mai. Se ripensiamo ai padridel deserto spesso dipinti sfuggenti,scontrosi, scorbutici, senza dimenticareovviamente l’elenco delle stranezze edelle bizzarrie, la barba irsuta, le poverevesti di stracci o di pelle di pecora, il

comportamento “asociale” di questi uo-mini che vivevano in una grotta, si nu-trivano di erbe e di radici e sceglievanotalvolta la sommità di una colonna pertrascorrere in penitenza e preghiera iloro giorni. I padri del deserto evitanola compagnia degli uomini, si neganoall’incontro. “Eppure, la loro misantropiaè solo apparente, la loro ‘asocialità’ unamaschera o, piuttosto, uno schermo,una forma di difesa contro le lusinghedel mondo, una prova di umiltà”. (donLucien Regnault) Un’esperienza similemi è stata donata non con la assolutaestraneità dal mondo, ma immersa inun silenzio che si esprime e si fa sensi-bile. Assorta nella solitudine, immersain un ambiente naturale straordinaria-mente bello, tutto parla e riflette il Pro-getto divino. Impossibile sottrarsi a cosìtanti significati e il Signore si fa pre-sente e dona. La preghiera nasce spon-tanea perché disperatamente c’è un bi-sogno prepotente di comunicare. Leparole del Padre nostro vengono pro-nunciate e ripetute ma il bisogno di-

viene ancora più forte e suggerisce l’ac-qua. Un tuffo ristoratore e la visualecambia, il paesaggio è immerso in unaassoluta immobilità, quasi sospeso,nulla turba l’ascolto e il desiderio di co-municare per far partecipi gli altri diuna gioia che non è felicità, ma piutto-sto un tenero gioioso sentire. La solitu-dine da corpo alla mia preghiera unapreghiera dapprima sommessa perché ti-morosa ma poi urlata poi cantata ed al-lora succede una cosa strana e miste-riosa: tutto diviene gioia, sicurezza,beatitudine, ed è attraverso queste im-magini e questo stato emozionale cheil cuore e la mente si aprono Non sem-pre, ma nei momenti muti e bui dellenostre vite la preghiera del silenzio èuna compagna amica che ci fa volarealto ed allora riemergono i ricordi chesvelano altre memorie e le memorie daun lontano passato si materializzano inun passato presente che ci aiutano acondividere con gli altri esperienze divita, sentimenti, accadimenti, misterio-samente depositati nella nostra mente,ma non dimenticati, che riaccendono edanno significato al mistero e alla nonconoscenza.

Ersilia Dolfini

LA PREGHIERA: UNO STRAORDINARIOMEZZO DI COMUNICAZIONE

TARDI TI HO AMATO Tardi ti ho amato,bellezza così antica e così nuova,tardi ti ho amato.Tu eri dentro di me, e io fuori.E là ti cercavo.Deforme, mi gettavosulle belle forme delle tue creature.Tu eri con me, ma io non ero con te.Mi tenevano lontano da tequelle creature che non esisterebberose non esistessero in te.Mi hai chiamato,e il tuo grido ha squarciato la mia sordità.Hai mandato un baleno,e il tuo splendoreha dissipato la mia cecità.Hai effuso il tuo profumo;l'ho aspirato e ora anelo a te.Ti ho gustato,e ora ho fame e sete di te.Mi hai toccato,e ora ardo dal desiderio della tua pace.

S. Agostino, Confessioni 10.27.38

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Mi risuona ancora fresca l’immaginedella bellezza che salverà il mondo

come l’ho colta da quella bella letterapastorale del cardinal Martini del 1999.Bellezza dell’uomo interiore nutrita dipreghiera e testimoniata da esistenzesante. Mi chiedo ora qual’ è la preghierapropria dell’essere umano.

Nel navigare tra alcuni testi che parlanodella dimensione orante dell’uomo misono soffermata in particolare su unarelazione di Jesus Castellano Cervera:“L'uomo orante: Dimensione creaturaledel pregare” in cui mette in risalto l’uni-versalità della preghiera e la profonditàdel fenomeno della preghiera. Scrive“L'uomo è religioso - ‘homo religiosus’ -, e già questa espressione con la suaetimologia (religio da religare) parla delsuo essere legato ad un altro, a Dio.L'uomo è anche un orante - ‘homoorans’- e anche qui l'etimologia ci ri-manda al gesto di aprire la bocca (os)al dialogo, alla conversazione, a quelvocativo che è il ‘tu’ detto ad un altrocon il quale si esprime una apertura in-tima e dialogica. Nella sua dimensionecreaturale l'uomo, la persona, porta insé la ‘ferita’ o, se vogliamo, il marchiodel suo Creatore: con la sua mente ed ilsuo cuore può aprirsi al mistero che locirconda. Quando si percepisce dipen-dente da un essere supremo, seppur mi-sterioso, lo invoca nel dolore, lo ringra-zia per il dono della creazione, canta lemeraviglie della vita in cui si sente im-merso, si sente piccolo davanti all'unicagrandezza, la grandezza del Dio che loha creato”.

Non solo valorizza l’universalità dellapreghiera, analizzando le diverse formedi religione, ma vede la preghiera comeun fenomeno che aiuta gli uomini amettersi insieme davanti a Dio. “È da-vanti a Dio che emerge il meglio dellanostra possibile comunione di mente,di cuore e di azione con altri uomini,siano pure di altre religioni”. Porta comeesempio la Giornata mondiale per lapace ad Assisi 1986.

Cita verso la fine della relazione un pa-dre della Chiesa, Clemente Alessandrino,per esprimere l’originalità del rapportocon Dio, al quale è stato innalzatol’uomo. “L'uomo spirituale per intimaconvinzione sa che Dio è presente dap-pertutto: nessun luogo determinato lorinserra in modo che in nessun postoné di giorno né di notte lo si può credereassente e lasciarsi andare. Ed ecco lanostra vita diventa una celebrazione

continua, animata dalla fede nell'onni-potenza divina che da ogni lato ci cir-conda: lavoriamo la terra e lodiamo Dio,navighiamo sul mare e lo cantiamo, ein ogni altra nostra azione siamo guidatidalla medesima sapienza. L’uomo spiri-tuale frequenta Dio come un amico in-timo, cuore a cuore, perciò conserva inogni occasione il suo animo vigilante elieto. Anche se mormoriamo le parolesotto voce, anche se non apriamo nep-pure le labbra, un grido sale dal nostrocuore. E Dio sente sempre questo collo-quio silenzioso…

Papa Francesco, con il suo linguaggioconcreto e incisivo, arriva ad esprimerela preghiera anche come una relazionecosì confidenziale da divenire un discu-tere con Dio. A Lui piace discutere connoi - dice il Papa - quando ti arrabbi egli dici in faccia quello che senti, perchéè Padre! Ma questo è anche un ‘Eccomi’.

La bellezza sta nell’essere creatura inrelazione continua con Dio.

Marina Di Marco

LE NOSTRE SEDISEDE CENTRALE: Milano, Volontariato AMI , via Trivulzio 15, 20146,tel. e fax 02 4035756, e-mail: [email protected], [email protected] http://www.familiarisconsortio.comVIMODRONE: Istituto Redaelli, via Leopardi, 3, tel. 02 25032361MILANO: Ospedale San Raffaele, Via Olgettina 60,tel. 02 26432460, fax 02 26432576,MILANO Associaz.Aurlindin: Viale Murillo 46 - 20149 - Tel. e Fax 0248100757 MERATE Istituto Frisia: Via Don Carlo Gnocchi 4 - 23807, Tel. 0399900141 - Fax 0395981810MILANO Residenza Bicchierai: Via Mose Bianchi, 90 - 20149, Tel. 0261911 - Fax 02619112204

Direttore responsabile: don Carlo StucchiDirettore di redazione: Marina di MarcoRedazione: M. di Marco, E.Dolfini, S.Esposito,A.Giussani K., MG Mezzadri.Collaboratori: Luca SavareseFoto: Archivio AMI, pagg.1,8 T.Mavrici,

pag 1 Vetrina Lucia Rao.Editing: Adriana Giussani K.Progetto grafico e impaginazione: Raul MartinelloStampa: Tipografia F.lli Verderio, MilanoChiuso in redazione: 20 novembre 2017

MEMORANDUM • MEMORANDUM • MEMORANDUM • MEMORANDUM • MEMORANDUM • MEMO

LA PREGHIERA È ANCHE UN “ECCOMI”

Foto: Tiberio

Mavrici

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lazzo con il 1° gennaio 1771 e i primi150 ospiti avrà inizio la storia del Pioalbergo Trivulzio.

ATT: Il mio progetto era così ambiziosoda coinvolgere figure prestigiose dellacittà come il Cardinale Arcivescovo, ilPresidente del Senato, il Vicario di Prov-vigione perché presiedessero all’ammi-nistrazione con dodici Deputati.

DC: Lei, nel testamento, richiede la presenza di unRettore e di un Vice Rettore per la direzione spiri-tuale degli ospiti. Nomine che perdurano ancora.Oggi la barca trivulziana sembra aver ripreso illargo e noi la stiamo accompagnando con ansia.

ATT: Meno male. Ci tengo che questo Istituito con-tinui a far vivere la mia immagine e a ricordarequelle grandi figure ricche di umanità, scienza ecapacità di governo che si sono alternate per man-

tenerlo dignitosamente in vita. Ricordo, per esempio,donna Maria Gaetana Agnesi, che ho conosciuto per la

sua fama nel campo matematico ma anche religioso e cheha consacrato gli ultimi 30 anni della sua vita all’assistenza degliospiti, di giorno e di notte, accompagnando con cura i morenti(Hospice, ante litteram?!).

DC: Grazie per avermela ricordata. Nel 1999 in occasione del bi-centenario della morte abbiamo celebrato con un Convegno la suafigura di donna nella storia, nella cultura, nella spiritualità del‘700. Il prossimo anno ricorrerà il terzo centenario della nascita. Ma ora, per concludere, le chiederei una parola di augurio di Na-tale, ormai prossimo, agli ospiti e degenti, ai familiari e ai volontarie al personale tutto.

ATT: Volentieri. Non abbiate paura a entrare in relazione con ilmistero della nascita di un Bam-bino, che è Dio e Uomo, ric-chezza e senso della nostra vita,orizzonte del nostro futuro ter-reno e ultra terreno. Il seme, cheho posto 250 fa nel terreno dellaMilano di quel tempo, trovi col-tivatori provvidenti, illuminati elungimiranti, perché io possacontinuare a vivere nella storiaalleviando povertà e sofferenze,inevitabili. Buon Natale.

Don Carlo

NNatale 1767: l’ultimo di Antonio TolomeoTrivulzio. Immagino un colloquio conlui a cinque giorni dalla sua morte chesarebbe divenuta seme di vita per l’Isti-tuto Trivulzio.ATT: L’anno prima della mia morte - ine-vitabile tributo “a cui sono indistinta-mente soggetti i Viventi” – ho redattoun documento testamentario notarile,che è stato occasione per ripensare lamia vita davanti a Dio e agli uomini.DC: Che impressione le ha fatto guardarsi dentro?ATT: Ma...! Ho visto i molti doni e onori ricevuti in-sieme a tanta responsabilità. Per l’opinione pubblicaero uno tra quelli che contano. Ma devo confessarleche in fondo al cuore ho sperimentato tante fragi-lità e debolezze. La coscienza è qui a ricordarmelo.Per potermi ancora affidare alla misericordia diDio e alla intercessione dei miei Santi Patroni.DC: Nel bilancio della sua vita emerge più l’aspettopositivo o negativo?ATT: Non saprei. In un ambito di confessione sentopiù il peso delle mie intemperanze e di un certo agire su-perficiale e leggero. Ma ciò che più mi rattrista è il non averrealizzato una mia famiglia. Queste cose hanno lasciato in me ungrande vuoto … che verso la fine della vita ho cercato di colmareun po’ con l’istituzione testamentaria di un “Albergo de’ Poveri”.DC: Quell’Albergo in cui poi mi avrebbe mandato il cardinale Mar-tini nel 1991. Mi sono trovato dentro un terremoto istituzionaleche si è presto rivelato di proporzioni nazionali. I mali esistevanoallora ed esistono oggi. In questi decenni di rapidi cambiamenti ilsuo “Albergo de’ Poveri” ha rischiato di vedere cancellata la suaidentità … Ma non è su questo punto che vorrei intrattenerla mapiuttosto chiederle che cosa intendeva nel suo testamento quelverbo “voglio”, ripetuto molte volte, come erede universale l’ “Al-bergo de’ Poveri”?

ATT: Mi sembrava impellenteesprimere una volontà determi-nata a lasciare tutto, propriotutto, all’eleggendo Istituto a fa-vore dei più poveri della città diMilano. Nell’intento di restituirequella dignità che la miseriaaveva sottratto loro.

DC: Vedo una carità illuminatanelle regole che ha dettato peril governo del “Luogo Pio”. Dopola ristrutturazione del suo pa-

Foto

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ANTONIO TOLOMEO TRIVULZIO

E GLI AUGURI DI NATALE

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La vita di Stella, da come l’ho recepitaio, mi è parsa un susseguirsi di passidi danza. Questa immagine me l’hasuggerita lei il 15 di agosto in Audito-rium quando ha mosso alcuni passidi danza. Volteggiano, guardandosi at-torno come per coinvolgerci. Era ilsuo ultimo passo.Stella è deceduta venerdì 15 settem-bre u.s. presso l’Hospice del Trivulzio,dove era ricoverata da 4 mesi. La ri-cordiamo qui come volontaria AMI.“La vita è un eco: ciò che tu doni, tiritorna. / Ciò che tu semini, lo racco-gli. / Ciò che tu dai, lo ricevi / E quello che vedi neglialtri, / esiste in te…” (Madre Teresa di Calcutta – dall’im-magine ricordo).

Stella si è raccontata a lungo nei suoi momenti di debo-lezza e di forza. “Sono passata attraverso errori, aridità,sfiducia… ma le sofferenze mi hanno portata alla grati-tudine”.E’ stata testimone della vita con passione, sempre congrinta. Riconoscendo peccato l’accidia. Ha lottato per leopportunità della vita e si è adeguata a quello che il Si-gnore via via le andava chiedendo. In quest’ottica ha af-frontato la degenza in Hospice come un tempo kairos,tempo opportuno per la memoria del passato, per le in-tense relazioni del presente, per uno sguardo al futuro,totalmente di Dio. E’ il tempo che le ha permesso di ren-dersi conto del valore del suo “io” nella misura dell’umiltà(che è la virtù della piena dignità). Si è rivelata così donnacompatta con una visione solida della vita. E’ stata tut-t’altro che donna fragile e sottomessa. In alcune manife-stazioni lo era solo apparentemente. Ha riconosciuto chela sua ricchezza nasceva da una profonda interiorità. Ilsuo volere apparire nell’adolescenza e nella giovinezzanon era semplicemente un atteggiamento di frivolezza maun aspirare a qualcosa di più alto. Gesù, lo sentiva dentro,anche se in maniera ancora confusa. Ha dovuto percorrereun lungo cammino spirituale partendo dal Rinnovamentodello Spirito passando dalla Comunità “Abba” fino al lungopercorso in AMI. Partendo dalla consapevolezza della pro-pria fragilità e percezione dei propri errori è stata spronataa cercare fiducia in Qualcun Altro. L’accompagnamentospirituale ha permesso di riconoscere in lei doti qualifi-canti il nostro volontariato AMI portato a compimentocome ministro straordinario dell’Eucaristia.È da lei che io ho imparato la spiritualità che scaturisce

dall’arte del comporre icone perchénutrita di meditazione e preghiera.Non si possono dipingere le icone consuperficialità pensando al prodotto –diceva – perché si entra in contattocon il mistero. Lì incontri gli occhi deipersonaggi, iconografici, che sorti-scono dal tuo pennello e ti entranonel cuore. Stella nel suo congedo danoi ci sprona a una vita interiore chenon è un’auto formazione ma un la-sciarci guidare, un entrare in rela-zione, un camminare insieme.

Voglio ricordare nella preghiera tre caratteristiche diStella:• La creatività. Possedeva dei doni che ha saputo espri-mere in diversi campi. Nel volontariato AMI ha applicatoa sé il metodo dell’ascolto dimostrando grande fedeltà agliincontri formativi nelle sue molteplici proposte. Agli alunnidelle scuole, in cui presentava le sue opere, non tralasciavadi far risaltare il frutto orante dell’icona coinvolgendo.Non ha seguito strade scontate ma ha risposto alla chia-mata che sentiva nel cuore.• La comunicazione. Nei suoi modi di fare garbati masicuri ha manifestato la sua interiorità. Non tendeva adapparire ma lasciava la sostanza della sua presenza e dellasua parola. Impariamo anche noi a uscire dal frastuonoche ci circonda per entrare nel mondo interiore. • La curiosità. L’aveva dentro e la portava a guardarsi at-torno. È stata donna in ricerca aggrappata alla rocciadella parola di Cristo. (Dal Vangelo del giorno).

Don Carlo

La figlia Silvia, nella lettera letta dal cugino Gabriele, halasciato della mamma questi tre messaggi: “Ha dimostratoche si può muovere il mondo stando fermi” – “La credevofragile e pensavo di doverla sostenere invece è stata leiche ha incoraggiato e sostenuto noi” – “Abbiamo vissutoinsieme gli ultimi momenti, pianto e riso insieme, manonella mano”.“Mia madre era una donna straordinaria… Era dolce,sensibile, delicata. Trovava una parola di conforto pertutti, riusciva con garbo a capire i bisogni degli altri edera sempre pronta a tendere una mano. Ho passato quasitutta la mia vita pensando che fosse fragile e che in qual-

UN PASSO DI DANZARicordo di Stella Pedarra (1951-2017)

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Le persone che si sono alternate sul palco sono statemolte. Interessante la descrizione fatta sulla differenzatra “cura” e “premura”. Quest’ultima indica una capacitàdi coinvolgimento, di vicinanza, uno sguardo che va aldi là della cura (la mera cura si può imparare). Se visono sulle spalle delle badanti problematiche che lehanno spinte a lasciare i propri cari e il proprio paese,come possono stare “vicini” “presso” quella famiglia cheoffre loro lavoro?

QUANTE PERSONE CI SONO NEL NOSTRO PAESECHE SVOLGONO QUESTA ATTIVITA?Secondo i dati Inps, cioè coloro che versano i contributi(l’unica fonte da cui è possibile estrapolare i dati, ovvia-mente non esaustiva in quanto non tiene conto del fe-nomeno del sommerso e della sua incidenza) nel 2006erano 500.000, nel 2012 l’anno dell’ultima sanatoria sonosalite a 1.000.000 (quindi raddoppiate). Ultimo dato di-sponibile del 2016 indica che sono 900.000, in leggerocalo.Questo lavoro si è sviluppato in maniera naturale, pervia delle convenienze: le nostre famiglie bisognose di unaccudimento, le straniere di soldi. Non vi è stata unapianificazione e quindi vi è una mancanza di regolariz-zazione e di qualità di lavoro.

CENTRO DI ASCOLTO: FAMILIARIS CONSORTIO

PER BADANTI

che modo dovessi proteggerla, ma attraverso la sua ma-lattia ho scoperto la sua incredibile forza, la sua deter-minazione, la sua combattività che manifestava sempli-cemente restando ferma, salda, mentre tutto intorno unvortice di eventi ci travolgeva e ci destabilizzava. Mia ma-dre mi ha insegnato che si può cambiare il mondo standofermi. Ed è quello che ha fatto nella sua vita, senza batta-glie rumorose o gesta plateali. Da due anni combattevain silenzio e con dignità senza mai lamentarsi, senza maichiedersi "perché proprio io?", senza perdere la sua gioiadi vivere e sempre con il sorriso sulle labbra. Ha accettatoil suo destino, e grazie anche alla sua profonda fede, si èpreparata a cuor sereno a consegnarsi al Signore. Datanto tempo la mamma era pronta per partire, ma haaspettato per noi, per me e per papà, perché non eravamopronti noi... il suo sacrificio è stato il dono più grandeche potessimo ricevere. Il mio dono d'amore per lei, èstato quello di accompagnarla fino alla fine. Le avevopromesso che avremmo affrontato tutto insieme e così èstato. E solo oggi capisco il valore e l'importanza di questotempo insieme... Abbiamo ripercorso tutta la sua vita,abbiamo parlato della morte, abbiamo pianto e gioitotanto, abbiamo vissuto intensamente tutto il tempo checi era stato regalato. Sapevo che sarei arrivata fino infondo, sapevo che sarebbe stato molto difficile e sapevoche non l'avrei abbandonata, che avrei mantenuto lamia promessa, perché è questo che lei avrebbe fatto perme. E l'ho accompagnata finché non mi ha donato il suoultimo respiro. Mia mamma era una donna meravi-gliosa..."E ora vai mamma dolce, noi staremo per sempreinsieme, e ci terremo la mano, io di qua e tu di là, e in-sieme cammineremo verso la luce”. (La figlia Silvia).

Intrecci di famiglieLe famiglie italiane e delle assistenti familiari

(badanti): uno scenario complessoConvegno organizzato da Caritas di Monzavenerdì 27 ottobre 2017 - 08.30 - 16.30

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La quota d’iscrizione all’AMI come volontari o soci e le eventuali offerte per l’Associazione o per il trimestrale“ASCOLT’AMI” possono essere effettuate presso la nostra segreteria o con bollettino postale n° 69454767 oppurecon bonifico presso BANCA COMMERCIO E INDUSTRIA - IBAN IT 33 A 05048 01679 000000033295 intestati a:

ASSOCIAZIONE MARIA IMMACOLATA - A.M.I.- Onlus. C.F. 97206880151 per il 5 x mille.

Per invii di contributi, donazioni o lasciti: FONDAZIONE FAMILIARIS CONSORTIO ONLUSC.F. e I.V.A 07722320962 (anche per il 5 x mille)

IBAN IT89T0311101649000000033295 UBI BANCA.

Il profilo di chi svolge il lavoro di badante è ben delineato:sono donne per la maggior parte straniere. Il numeromaggiore di presenze è collocato in Lombardia (1/5 deltotale in Italia) poi a seguire il Lazio e l’Emilia Romagna. Sono donne che per svolgere questa attività in altre na-zioni hanno dovuto lasciare le loro famiglie per garantireai suoi membri una qualità di vita migliore e ai figli o ni-poti una maggiore istruzione. In loro permane il desideriodi un ricongiungimento familiare ma che non possonoper mancanza di alloggio, per orari di lavoro incompatibiliper una vita familiare, per mancanza di una prospettivadi guadagno stabile, prevedibile, sufficiente... restanolegate alla famiglia grazie ai nuovi mezzi di comunica-zione (Skype, facebook, whatsapp). Questo tipo di legameperò con il tempo si allenta come afferma una badantein una intervista: “sento mia figlia spesso ma vedo cheultimamente sono sempre io a fare domande e i silenzidi mia figlia sono sempre più lunghi”. Il distacco dacasa viene visto come sacrificio ma anche come abban-dono, da parte dei figli più piccoli. Per altri parenti di-venta difficile comprendere le circostanze che non per-mettono di rientrare spesso. Infatti i figli sonoprincipalmente affidati alle nonne, meno spesso alle ziee più raramente ai padri.

ASSISTENTI FAMILIARI: LA RICERCA DI BENESSERE PER SE’ E LA PROPRIA FAMIGLIALa realtà in cui le badanti svolgono questo lavoro creauna condizione di provvisorietà, segregazione e isola-mento. La prospettiva di cercare il benessere è una motivazionealla base della migrazione. Cosa serve a loro per starebene qui da noi? Quasi sempre la prima risposta è la sa-lute... : “se a casa stanno bene, anch’ io sto bene”. Sem-brano aver poca cura di sé stesse perché proiettate sulbene della propria famiglia tenendo presente questo dob-biamo poi considerare il contesto in cui vivono: la soffe-renza di persone per le quali sono state chiamate a pren-dersi cura. Non viene dato voce al lavoro domestico,

mancano le politiche per valorizzarlo e migliorarlo.In conclusione si porta la testimonianza di una respon-sabile della Caritas dell’Ucraina.Tra i motivi che inducono a emigrare, dice, come obiettivoal primo posto c’è l’acquisto di una casa nuova o la ri-strutturazione della vecchia. Al secondo posto una mi-gliore cura della salute. Il risparmio viene al quartoposto, inteso come inviare i soldi al paese perché sianospesi per l’istruzione di figli e nipoti in scuole migliori.L’emigrazione produce situazioni di irreversibilità ri-spetto alla condizione di partenza, facendo emergereproblemi di reintegrazione per chi torna a casa dopomolti anni di assenza. L’80% delle persone che partonodichiarano di voler rientrare ma solo il 30% effettiva-mente rientra. Sul piano educativo i figli sono lasciatialle cure delle nonne che, non avendo tempo da dedicarea loro, perché devono occuparsi della gestione della casa(compreso l’orto che è fonte di sostentamento), creanouno scontro generazionale. I figli si sentono abbando-nanti. I loro genitori per sopperire alla mancanza di af-fetto, li riempiono di soldi con la conseguenza di “viziarli”.

Marco NavaResponsabile Sede Colnago

Familiaris Consorzio

www.familiarisconsortio.com

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