educazione al rispetto da stampare -...

30
Educazione al rispetto Articoli e documenti per informarsi e riflettere

Upload: lymien

Post on 16-Feb-2019

215 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

Educazione al rispetto

Articoli e documenti per informarsi e riflettere

1. articolo 3 della Costituzione

1. Estratto dalla circolare ministeriale n. 2/2017 del MIUR alla scuole di ogni ordine e grado in occasione della scomparsa del linguista Tullio De Mauro, ex ministro della Pubblica Istruzione

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

� �

oppure il tema di come tradurre oggi in concrete ed efficaci pratiche didattiche l’esigenza di accrescere la padronanza linguistica, dalla scuola primaria fino alla conclusione della secondaria di secondo grado, in rapporto, rispettivamente, alle Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione e alle Indicazioni nazionali (per i licei) e alle Linee guida (per gli istituti tecnici e professionali). A questo proposito un ulteriore argomento di riflessione può essere quello del confronto tra le diverse indicazioni e proposte elaborate da De Mauro e quelle di altri pedagogisti, linguisti e intellettuali, il cui esempio è altrettanto prezioso e interessante per gli insegnanti. Utile potrà essere, nelle diverse iniziative messe in atto, anche il coinvolgimento attivo degli studenti, la loro partecipazione nell’elaborazione di percorsi di crescita delle competenze linguistiche che li vede destinatari degli interventi e, nel contempo, attori decisivi per il risultato atteso. Gli Uffici scolastici sono invitati a prestare il loro sostegno alle scuole nella progettazione e organizzazione delle diverse attività di formazione e di ricerca-azione che saranno predisposte dalle istituzioni scolastiche, anche in rete tra loro e nella prospettiva di sviluppo di un curricolo verticale. Alcuni dei processi avviati e dei risultati che in tal modo emergeranno potranno essere valorizzati, diffusi e condivisi attraverso altre iniziative che il Ministero dell’Istruzione promuoverà. Con questo proposito il prossimo 31 marzo, giorno in cui Tullio De Mauro avrebbe compiuto 85 anni, sarà realizzata, in collaborazione con RAI RADIO3, una Giornata radiofonica, interamente dedicata a lui e al valore per le scuole del suo insegnamento. Inoltre, durante la finale delle Olimpiadi di italiano, che si svolgerà a Torino il 5, 6 e 7 aprile 2017, la figura di Tullio De Mauro verrà ricordata attraverso interventi e una tavola rotonda sui suoi contributi più significativi e attuali al rinnovamento della cultura, della linguistica e della scuola italiana. Come ha scritto il linguista Raffaele Simone, “le persone che gli devono qualcosa non si contano. Per questo in debito verso di lui è anche il Paese”. E, nel Paese, soprattutto il mondo della scuola.

2. INTERVENTO BOLDRINI A CONVEGNO “#BASTABUFALE. IMPEGNI CONCRETI” - SALA DELLA REGINA, MONTECITORIO - 2/05/2017

Intervento della Presidente della Camera dei deputati, Laura Boldrini: "Saluto e ringrazio tutti voi per aver accolto il mio invito a partecipare a questo incontro qui alla Camera. Ringrazio: la Ministra dell'Istruzione, Università e Ricerca, Valeria Fedeli, il Presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, il Presidente della Fieg, Maurizio Costa, la Presidente della Rai, Monica Maggioni, il Vicepresident public policy di Facebook, Richard Allan e il giornalista Paolo Attivissimo. Saluto e ringrazio Geppi Cucciari per la conduzione dei lavori e tutti i partecipanti ai tavoli di lavoro del 21 che hanno voluto essere qui anche oggi. Ringrazio il fumettista di Gazebo, Makkox che premierà insieme a me, al termine di questo incontro, i ragazzi che hanno vinto il concorso di fumetti "Bufale in rete: come riconoscerle!" bandito dalla Ibsa Foundation for scientific research e dall'Istituto Pasteur Italia. Questo incontro è un ulteriore tappa - direi fondamentale - di un percorso di consapevolezza digitale che ho voluto intraprendere insieme ai deputati, alle associazioni e ai cittadini fin dal 2014, istituendo per la prima volta in questo Parlamento la Commissione Internet. La Commissione - composta da deputati di tutte le forze politiche attivi sui temi dell'innovazione tecnologica, da studiosi ed esperti, operatori del settore e rappresentanti di associazioni - ha prodotto la Carta dei diritti e dei doveri in Internet presentata nel luglio del 2015 e oggetto poi di una mozione approvata all'unanimità in Aula nel novembre dello stesso anno. Una sorta di Costituzione per Internet i cui 14 articoli, prima di essere chiusi definitivamente, sono passati al vaglio di una consultazione pubblica on line. E anche passare da una consultazione pubblica on line per la finalizzazione di un atto parlamentare è stata un'assoluta novità. Per quanto riguarda in particolare la disinformazione, in tempi non sospetti, prima ancora che la vittoria di Trump portasse il tema delle fake news alla ribalta internazionale, quando Zuckerberg sosteneva che fosse "un'idea folle", che le bufale avessero influenzato le elezioni e creato polarizzazione politica, noi qui alla Camera organizzavamo un convegno dal titolo "Non è vero ma ci credo. Vita morte e miracoli una falsa notizia". Era il 29 novembre 2016. Quella discussione, a cui avevano partecipato docenti universitari, esperti della materia e giornalisti ha avuto il merito di dar vita a una riflessione sulla rilevanza e gravità del fenomeno e soprattutto sulla necessità di diffondere una maggior consapevolezza presso i cittadini e coinvolgerli attivamente. Così nasce l'appello #bastabufale, una campagna per il diritto a una corretta informazione. Vista la scarsa conoscenza del tema e dei rischi ad esso connessi, c'eravamo dati un obiettivo numerico: raggiungere 10.000 firme. Oggi siamo a più del doppio e mi auguro che il numero possa continuare a crescere.

Grazie all'impegno di tanti - il Ministero, i mezzi di informazione e tutti coloro che hanno a cuore il diritto ad essere bene informati - questo tema sta crescendo nella consapevolezza. Devo dire grazie per questo anche ai testimonial che ci hanno aiutato: Geppi è una di loro, ma non voglio menzionarli tutti per non rischiare la gaffe di dimenticarne qualcuno. Sono figure molto note nel Paese, che hanno voluto spendersi per questo appelo, facendo dei video e invitando tutti a partecipare alla battaglia contro le fake news. Il successo di questa campagna è motivo di soddisfazione per tutti noi ma ci impone l'assunzione di alcune responsabilità. Lo dobbiamo alle migliaia di cittadini che hanno sottoscritto l'appello. Per questo il 21 aprile ho riunito a Montecitorio quattro tavoli di lavoro per approfondire il tema delle fake news. Tavoli a cui hanno partecipato 40 sigle in rappresentanza dei settori più esposti, che possono e devono svolgere un ruolo chiave rispetto al contrasto alla disinformazione. Oggi siamo qui con voi, rappresentanti di vertice di quei tavoli, e mi auguro che prendiate degli impegni concreti. I quattro tavoli di lavoro del 21 aprile sono stati coordinati da quattro esperti, che ringrazio pubblicamente. Perché noi dobbiamo essere scientifici nell'approccio, non possiamo permetterci di fare quattro chiacchiere tra amici. Insieme a Paolo Attivissimo, che tra poco illustrerà i documenti di sintesi, c'erano Michelangelo Coltelli, David Puente e Walter Quattrociocchi: noti debunkers, cioè coloro che svelano le bufale, le smascherano e le portano all'attenzione dell'opinione pubblica, perché le persone a volte sono un po' superficiali, in buona fede credono a quello che è scritto sulla Rete. Dei documenti di sintesi vi anticipo solo che due sono gli ambiti su cui tutti hanno insistito: 1. la necessità di potenziare il processo di alfabetizzazione digitale, attraverso una formazione che parta dalle scuole sia verso i docenti che verso gli studenti. 2. E la necessità di avviare campagne di sensibilizzazione attraverso ogni mezzo di comunicazione - tradizionale e digitale - per aumentare il livello di consapevolezza delle persone sul tema. Sul primo punto - la formazione nelle scuole - vorrei ricordarvi che la Commissione Internet della Camera si è già attivata e dallo scorso 23 marzo sta facendo un'attività del tutto inusuale: a seguito di un protocollo siglato con il MIUR, è uscita da Montecitorio e ha iniziato un tour nelle scuole italiane per insegnare ai ragazzi un uso consapevole e responsabile della rete. La Commissione è già stata a Torino, Roma e Bari, e proseguirà presto con gli studenti e i docenti di Catanzaro, Pescara e Napoli. La Commissione continuerà comunque il suo impegno parlamentare attraverso un'attività conoscitiva sul fenomeno della pubblicazione e diffusione di false notizie, anche sulla scorta dell'esperienza della House of Commons inglese che lo scorso 30 gennaio ha lanciato una "inquiry" sulle fake news. E vorrei anche sgombrare il campo da alcuni equivoci: nessuna delle iniziative da me intraprese è mai andata in direzione della censura. Chi in modo pretestuoso dice questo dice il falso.

Censura sarebbe NASCONDERE o OSCURARE un problema così serio come quello della disinformazione! NON può essere censura accendere i riflettori su una realtà che danneggia tutti. Questo deve essere chiaro. Le fake news mettono a rischio il diritto dei cittadini a una corretta informazione, rappresentano un potente fattore di inquinamento e destabilizzazione del dibattito pubblico. Non occuparsene sarebbe un'omissione. Alla vigilia della Giornata internazione della libertà di stampa, che si tiene domani in tutto il mondo, combattere il fenomeno delle fake news è anche un modo per ribadire il valore centrale dell'informazione, di una corretta informazione, in una società democratica. Così come lo è esigere che i giornalisti possano esercitare liberamente il loro diritto-dovere di cronaca in ogni parte del mondo. Appena finito questo incontro riceverò una delegazione dei partecipanti alla manifestazione NoBavaglioTurco, che si sta tenendo qui a Piazza Montecitorio proprio per chiedere la liberazione degli oltre 150 giornalisti attualmente detenuti nelle carceri turche. E' nostro dovere sostenere questo sforzo. Un buon risultato per l'appello #bastabufale è che tutti i soggetti coinvolti oggi decidano di impegnarsi concretamente per quanto di loro competenza. Ma vorrei suggerire anche un obbiettivo più ambizioso. Quello di raggiungere un ottimo risultato. Vi propongo di dare il via nel nostro Paese a un progetto di educazione civica digitale. Educazione civica digitale a partire dalle scuole e che coinvolga tutte le realtà qui rappresentate: Ministero dell'istruzione, mezzi di informazione, aziende, social network. Mi auguro che attraverso questo sforzo collettivo si riesca a formare generazioni più consapevoli nella fruizione delle notizie e capaci di disinnescare la disinformazione".

3. Le fake news mettono a rischio anche i maturandi (di Ruben Razzante)

Neppure i maturandi, a quanto pare, sono immuni dalle fake news. Già perché, immancabilmente anche quest'anno, a poche ore dall'inizio delle prove dell'esame di maturità, sono state diffuse fantomatiche anticipazioni delle tracce ministeriali e informazioni errate sulle procedure d'esame. Bufale in piena regola, insomma. A rivelarlo è stata una ricerca realizzata per la Polizia di Stato da Skuola.net, popolarissimo portale web dedicato agli studenti italiani. Lo studio, condotto su un campione di circa 2.500 studenti del quinto anno, ha svelato infatti dati inediti sui comportamenti di coloro che si apprestano a conseguire un diploma di scuola superiore. Uno studente su cinque – riporta la ricerca - crede di poter trovare su Internet le tracce delle prove d'esame. La stessa percentuale è invece convinta che la Polizia controlli i telefonini degli studenti per scoprire chi sta copiando. L'opinione è totalmente falsa perché il controllo della Rete - spiega in una nota la Polizia postale - non avviene con queste modalità. Sono solo due dei fenomeni rilevati dalla ricerca e che hanno portato, per il nono anno consecutivo, sia la Polizia Postale che Skuola.net a lanciare la campagna di sensibilizzazione "Maturità al sicuro", con l'obiettivo di debellare il fenomeno delle fake news, bufale e leggende metropolitane ed evitare che gli studenti perdano tempo (e soldi) alla ricerca della soffiata giusta. Per capire il livello di sicurezza che accompagna i diplomandi alle prove d'esame, è stata utilizzata una delle canzoni più trasmesse dalle radio, ovvero "Occidentali's Karma" di Francesco Gabbani. Gli intervistatori l'hanno spacciata come una finta traccia ministeriale di maturità sulla quale era in corso una fuga di notizie. Il risultato è stato che non tutti gli studenti si sono resi conto che si trattava di una fake news. E così la direttrice del Servizio Polizia Postale e delle Comunicazioni Nunzia Ciardi ha sottolineato come le false notizie possano essere controproducenti: "In un momento come questo – ha detto Ciardi – si corre il rischio di perdere la concentrazione necessaria e tempo prezioso". Proprio per questo motivo è nato il programma "antibufale" di Polizia e Skuola.net, finalizzato ad aiutare i ragazzi ad affrontare le tensioni dell'esame con maggiore serenità, confidando sui propri mezzi, la propria preparazione e senza cercare scorciatoie pericolose, come quella di affidarsi al proprio smartphone per cercare le soluzioni ai test.

4. Smonta il Bullo, campagna MIUR

5. La vera libertà di stampa è dire alla gente ciò che la gente non vorrebbe sentirsi dire. (George Orwell) Introduzione “Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere”. Così recita l’articolo 19 della Dichiarazione universale dei Diritti umani. A 60 anni dalla promulgazione di questi principi, questo diritto ancora oggi è però largamente disatteso. Linfa vitale di ogni democrazia e di ogni sviluppo socio-economico durevole, l’informazione libera è la prima minaccia per i regimi antidemocratici che sulla censura e sul controllo del consenso fondano la propria sopravvivenza. Attacchi alla libertà di stampa e di espressione sono così all’ordine del giorno in ogni continente. Le nuove guerre per il diritto all’informazione non si dipanano più su un fronte, che divide due campi di battaglia, ma esplodono all’interno della società civile. Vittime predestinate di queste violazioni dei diritti umani sono giornalisti indipendenti, schiacciati dal processo di acquisizione della centralità dell’informazione da parte di poteri consolidati che non tollerano voci dissonanti. Minacce personali e alle famiglie, ferimenti, violenze, attentati, sequestri e omicidi, rendono sempre più pericoloso il lavoro giornalistico. Nonostante la globalizzazione e la vitalità di alcuni settori nella convergenza con le nuove tecnologie digitali ed elettroniche, c’è ancora molta strada da fare per superare steccati e contraddizioni che ostacolano la libera espressione e circolazione dell’informazione. Fra democrazia e censura Black out nel diritto alla libertà di stampa e di comunicazione si registrano in un insieme molto eterogeneo di stati, che non risparmia nessuna area geografica ed è privo di qualsiasi pregiudiziale ideologica. Il rapporto annuale 2008 di Reporter senza frontiere, organizzazione indipendente di difesa della libertà di stampa nel mondo, stila una classifica sullo stato della libertà di stampa nei vari paesi del mondo.

Oltre al riconoscimento dell’imperterrita violazione del diritto di stampa in alcuni dei regimi più autoritari e repressivi del mondo – come il “trio” di Turkmenistan (171°), Nord Corea (172°) ed Eritrea (173°) – il report mette in evidenza anche la virtuosità europea. A eccezione di Nuova Zelanda e Canada, le prime 20 posizioni sono occupate da paesi dell’Unione Europea: guidate da Islanda, Lussemburgo e Norvegia. Punteggi significativi sono anche quelli raggiunti dai paesi dell’America Latina e dei Caraibi: Jamaica e Costa Rica, alle spalle dell’Ungaria (23°). Solo poche posizioni più in basso si trovano il Suriname e Trinidad e Tobago, che superano Francia (35°), Spagna (36°) e Italia (44°). I primi 20 classificati sono accomunati da un sistema parlamentare democratico e dall’assenza di guerre in corso. Non è questo il caso di Stati Uniti e Israele, in posizione molto distaccata. I paesi flagellati da violenti conflitti – come Iraq (158°), Pakistan (152°), Afghanistan (156°), Somalia (153°) e i territori palestinesi, specialmente la Striscia di Gaza (163°) - continuano a essere zone ad alto rischio per la stampa, luoghi in cui giornalisti sono quotidianamente bersagli di omicidi, rapimenti, arresti arbitrari e minacce di morte. Mantengono alto il livello di rischio le grandi dittature, come la Cina (167°), Iran (166°), Uzbekistan (162°) Zimbabwe (151°) e Burma (170°). Giornalisti in prima linea Un importante prospettiva di valutazione del bavaglio alla libertà di stampa è offerta dal numero di violazioni ai danni dei giornalisti nel 2008. Preoccupano ancora, secondo Reporter senza frontiere, i casi di omicidio, sebbene il numero si sia abbassato (del 22% da 86 nel 2007 a 60 nel 2008) e si concentrino in “aree calde” martoriate da guerre, violenza politica e criminale o terrorismo. Le zone di massima allerta per la stampa restano l’Asia e il Medio Oriente. Dopo l’Iraq (con 15 giornalisti uccisi), i due paesi con il maggior numero di caduti sono Pakistan (7) e Filippine (6). La scia di sangue prosegue in Messico (4), mentre la diminuzione di casi mortali in Africa (da 12 nel 2007 a 3 nel 2008) viene motivata dall’abbandono del lavoro e l’esilio di numerosi giornalisti e la chiusura di organi di stampa nelle aree di guerra. Nonostante una diminuzione del 24% degli arresti, continuano perquisizioni di redazioni e abitazioni di giornalisti. Il numero di arresti è particolarmente alto in Africa, dove è quasi routine. In Iraq (31 arresti), il controllo americano sullo stato della sicurezza ha avuto ripercussioni molto forti sul lavoro dei giornalisti, inclusi quanti lavoravano per testate straniere. Allo stesso modo in Cina i giochi olimpici, che si sperava fossero volano della tutela dei diritti umani, sono stati causa di arresto di 38 reporter nel 2008. La pratica del rapimento resta ancora molto frequente in Afghanistan (7 giornalisti e assistenti tecnici rapiti), Somalia (5), Messico (5) e Iraq (4). Infine si registra una diminuzione dell’uso della censura (un terzo di casi in meno rispetto al 2007) che continua a essere routine in molti paesi: Sudan, Guinea, Somalia, Iran, Egitto, Siria, Russia, Belarus, Turchia, Burma, Cina, Pakistan, Malaysia, Bolivia, Brasile, Messico e Venezuela. “I numeri sono più bassi rispetto all’anno precedente, ma questo non può mascherare il fatto che intimidazione e censura si sono diffuse, anche in occidente, e la maggior parte dei paesi autoritari hanno inasprito la pressione sulla

libertà di stampa – ammonisce il rapporto -. Il triste spettacolo di un giornalista in manette è una ricorrenza quasi quotidiana in tutti i continenti”. Internet, nuovo fronte di lotta Salutato come oasi di libertà di informazione, anche Internet è presto caduto a tutti gli effetti nelle maglie della censura. Dopo una prima illusione di libertà che ne ha fatto la patria di espressione di giornalisti censurati sui media tradizionali e cyberdissidenti non professionisti si è compreso che la Rete può diventare strumento di un più sofisticato controllo. Utenti arrestati, internet point chiusi, chat room controllate, blog cancellati, siti bloccati, notizie estere censurate, motori di ricerca sottoposti a filtri. Il controllo della Rete è un fenomeno all’ordine del giorno da parte di regimi autoritari, che di anno in anno acquisiscono nuovi strumenti di censura e diversificano le strategie. Reporter senza Frontiere denucia casi di censura online in 37 paesi: in questo quadro che spazia da Cuba all’Iran, dalle Maldive al Vietnam, dalla Corea del Nord alla Tunisia, dalla Thailandia alla Turchia, si distinguono in particolare la Cina (con 93 website censurati), Siria (162) e Iran (38). La repressione si abbatte anche su siti di condivisione di video come OneWorld TV, YouTube e Dailymotion, bersagli della censura governativa perché accusati di ospitare contentuti “offensivi”. Una reazione altrettanto forte si è registrata nei confronti dei social network, come Twitter (in Siria) o Facebook (in Siria, Tunisia e Emirati arabi). Parallelamente cresce il numero di bloggers arrestati. Per la prima volta nel 2008 i giornalisti on line hanno superato i colleghi della carta stampata e altri media, come riporta l’annuale studio dell’organizzazione no profit Committee to Protect Journalists. Su 125 giornalisti in prigione nel 2008 in 29 diversi stati del mondo, ben 56 lavoravano su testate online o alla redazione di blog personali. A questi “metodi reattivi” si aggiungono poi “metodi proattivi”, utilizzati nei paesi democratici in cui si cerca di favorire lo sviluppo della Rete, come spiega GianMarco Schiesaro ne La Sindrome del computer arruginito, “avendo però cura di incanalarlo in direzione di un maggiore controllo e dominio da parte delle istituzioni. Strategie di leggi e proposte di regolamentazione che, con il pretesto contro il crimine, consentono l’uso di software di filtraggio... oppure che mettono in crisi il diritto alla privacy delle proprie comunicazioni”. I mille volti della censura L’escalation della censura on line va di pari passo con una rinnovata pressione sui media tradizionali, anche nelle principali democrazie occidentali. Le leggi antiterrorismo e “post 11 settembre” hanno avuto effetti molto significativi in questo senso su mezzi di informazione. L’Alto commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, Louise Arbour, ha fatto riferimento a questa forma di censura nella Giornata mondiale per la libertà di stampa: “È triste che molti governi persistano nel minare la libertà della stampa di riportare fatti e opinioni e, di conseguenza, il diritto delle persone di essere informati in merito a eventi e politiche che stanno plasmando il nostro mondo. I governi stanno tacitando più informazioni e offrendo propaganda travestita come dati oggettivi, specialmente quando si parla di questioni legate alla sicurezza”.

Le minacce alla libertà di stampa provengono anche dall’interno del complesso mondo dell’informazione e degli informatori. Non sono rari i casi in cui il giornalismo, per paura di ritorsioni, si fa silente e chino alle richieste di poteri forti, perdendo il senso della sua stessa esistenza con grave danno per la società civile. Oltre all’autocensura, un altro rischio nasce dalla sudditanza al mercato, come ha denunciato Luis A. Badilla Morales, giornalista cileno esiliato, da anni in Italia: “Un pericolo per la libertà di stampa viene dall’omologazione culturale che la globalizzazione tende a imporre. Tale omologazione vorrebbe ridurre a «merce» ogni informazione o notizia. La «notizia» non più come «contenuto» che punta verso la coscienza dell’individuo, bensì come un «qualcosa» che si vende come le patate, i detersivi, le macchine o i profumi”. Spesso in questa mercificazione dell’informazione viene a mancare la libertà di stampa e si assiste quindi a un livellamento verso il basso dell’informazione, trasformata in sensazionalismo vuoto e acritico, ma di grande effetto commerciale. Il percorso internazionale della libertà di stampa Già introdotta nella Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo nel 1948, la libertà dell’informazione è riconosciuta come diritto fondamentale anche nel Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, entrato in vigore nel 1976, e nella Convenzione europea sui diritti umani. Il 3 maggio del 1991, alcuni giornalisti africani, riunitisi nella capitale della Namibia per un seminario sulla promozione di media liberi e pluralisti, elaborarono la dichiarazione di Windhoek, in difesa del diritto di esprimere liberamente le opinioni e avere accesso a fonti di informazioni indipendenti. Da allora la stampa è divenuta più indipendente e pluralista in molti paesi, come mostrano i rapporti annuali redatti dall’associazione non governativa Freedom House dal 1984 a oggi (versione animata in flash). Il fattore più significativo nella recente espansione del diritti di libertà di stampa è stata l’onda di democratizzazione degli anni ’80 e ’90, che ha toccato l’America Latina e, successivamente, l’Unione Sovietica e i suoi stati satelliti. Questi risultati purtroppo negli ultimi anni hanno conosciuto un ridimensionamento, testimoniato dai numerosi casi di repressione che macchiano l’America Latina e lo stillicidio di omicidi e misteriosi incidenti in cui continuano a perdere la vita giornalisti invisi al regime di Mosca. Anche in Africa e in Asia complessivamente sono aumentati gli stati passati dalla condizione di “non liberi” a “parzialmente liberi”. Nonostante alcuni miglioramenti, resta invece ancora stagnante la situazione in gran parte nel mondo arabo. Il rafforzamento della libertà di stampa ha contribuito all’instaurazione e al consolidamento della democrazia in numerosi paesi, come riconosciuto dal segretario generale Onu, Ban Ki Moon, nel suo intervento alla Giornata mondiale della Libertà della Stampa, il 3 maggio 2008: “Quando l'informazione circola liberamente, le persone sono in grado di prendere autonomamente le proprie decisioni. Quando ostacolata, per motivi politici o per ragioni tecnologiche, la nostra capacità d'azione viene limitata". E ancora: “Una stampa libera, indipendente e al riparo dal pericolo è in sé uno dei fondamenti della democrazia e della pace”. Dall’Unesco gli ha fatto eco lo stesso giorno, il direttore generale Koichiro Matsuura, sottolineando che una cittadinanza ben informata sia essenziale per combattere la corruzione e per sradicare la povertà.

Per sostenere questa lotta per lo sviluppo, le Nazioni Unite si sono impegnate nella risoluzione 1738 approvata dal Consiglio di Sicurezza nel dicembre 2006 in favore della protezione dei giornalisti nelle aeree di crisi. Una richiesta ribadita nel 2007, all’incontro Unesco in cui ha visto la luce la Dichiarazione di Medellin, per migliorare la sicurezza dei giornalisti e punire i crimini contro di loro. Una necessità che chiama in causa tutti, come ricorda Reporter senza Frontiere: “I regimi più repressivi possono facilmente disporre della libertà di espressione e dei suoi sostenitori. Le organizzazioni non governative sono messe al bando o cacciate fuori proprio da quei Paesi in cui ce ne sarebbe più bisogno. Le principali istituzioni internazionali possono protestare, minacciare sanzioni, denunciare la situazione ai più alti livelli, senza ottenere alcun risultato”. Non sono senza colpa gli Stati occidentali, che condannano la mancanza di libertà in paesi in via di sviluppo, ma, in nome di interessi economici, non mostrano altrettanta determinazione con paesi critici come la Russia o la Cina. Un’altra questione oggetto di dibattito presso le sedi internazionali è la libertà della Rete. Un discorso maturato negli incontri internazionali degli ultimi anni, come i World Summit on the Information Society e i Forum sulla governance di Internet, sostenuto dalle denunce di diverse organizzazioni non governative, come Amnesty International. Libertà antiche e nuove sono messe in discussione da numerose minacce accentuatesi grazie alle nuove tecnologie. Per questo il tema dei diritti e di standard comuni per prevenire violazioni on line con regole "costituzionali", di garanzia della libertà, sta interessando diversi soggetti: movimenti civili, Parlamento europeo, Congresso americano e Nazioni Unite. In Italia La libertà di parola e di stampa sono garantite costituzionalmente in Italia dall’ articolo 21della Costituzione in cui si dichiara “il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione” e la libertà della stampa ”non soggetta ad autorizzazioni o censure”. Eppure il mondo dell’informazione italiana, da anni al centro di profonde trasformazioni, è influenzato dalla presenza di forti potentati consolidati da intrecci politici ed economici. La mancanza di indipendenza dei media è venuta alla ribalta a livello internazionale nella classifica delle libertà di stampa redatta dall’organizzazione non governativa Freedom House. Slittata dal 53° posto al 74° nel 2003, l’anno successivo l’Italia (77°) è entrata nel gruppo dei paesi “parzialmente liberi”, unica anomalia dell'Europa occidentale. Alla radice del declassamento, il flagrante conflitto di interessi e la concentrazione di proprietà dei media creato dalla presidenza del Consiglio di Silvio Berlusconi che, attraverso proprietà familiari e potere politico sui network televisivi di stato, controlla il 90% dell’informazione. Ad aggravare la situazione anche la legge Gasparri del 2004, pesantemente criticata a livello internazionale come “un pericolo per l’indipendenza della televisione pubblica e una minaccia al pluralismo dell’informazione”, a dispetto di ogni regola antitrust. Secondo la classifica Freedom House l’Italia è rientrata nei paesi definiti “liberi” nel 2007 e nel 2008. Passata alla camera dei deputati nel 2007, ha offerto ragione di preoccupazione anche la legge

sulle intercettazioni telefoniche, all'esame della commissione Giustizia della Camera nel gennaio 2009. La legge che regola l’impiego delle intercettazioni telefoniche, includeva sanzioni severe (arresto o ammende pecuniarie) per i giornalisti e gli editori che pubblicano atti processuali coperti dal segreto. Un provvedimento “sospetto” di censura preventiva alla stampa, contro cui editori e giornalisti si sono schierati compatti. Oltre alle misure parlamentari, la libertà di informazione in Italia viene soffocata anche da poteri forti criminali, come testimoniano le intimidazione della testata antimafia Casablanca, e le vicende del giornalista palermitano Lirio Abbate e dello scrittore Roberto Saviano.

6. Dobbiamo sapere che …. Le parole ed i discorsi di odio devono essere combattuti non solo quando sono espliciti, ma soprattutto alle radici, cioè a livello di atteggiamenti, che, se incontestati, si alimentano all’interno della società, rafforzano gli stereotipi e possono condurre, in alcuni casi, alla violenza fisica. L’incitamento all'odio è quasi sempre il risultato di atteggiamenti razzisti o discriminatori, anzi è quasi sempre discriminatorio in sé. Abbiamo esempi nelle storia di violazioni di massa dei diritti umani, quali i genocidi e le persecuzioni nei confronti di popoli di diversa origine etnica, che sono stati sempre preceduti o accompagnati da discorsi di odio. Gli stereotipi sono credenze o pensieri condivisi, generalizzazioni su particolari gruppi che possono essere positivi, negativi o neutri. Se positivi possono portare vantaggio a coloro i quali sono diretti; gli stereotipi diventano dannosi quando vengono applicati rigidamente agli individui e sono usati come strumento per trattamenti discriminatori. Quando uno stereotipo contiene una valutazione o un giudizio, siamo di fronte al pregiudizio. Molti stereotipi che sembrano essere neutrali in realtà contengono un elemento di giudizio. Per comprendere meglio la diversa sfumatura tra i due termini, si può ricorrere al seguente esempio: “Le donne non sono particolarmente abili nei videogiochi”. Immediatamente tale proposizione sembra essere un dato di fatto, ma in effetti si sta dando un giudizio sulla capacità tecnica delle donne. Anche quando stereotipi o pregiudizi sembrano positivi, hanno quasi sempre un aspetto negativo . Ad esempio, la dichiarazione “Gli australiani sono il popolo più generoso del mondo” è un giudizio positivo per gli australiani, ma contiene un giudizio negativo rispetto agli altri popoli che risultano meno generosi. Quando uno stereotipo o pregiudizio si basa sul colore della pelle o l'origine nazionale o etnica , facilmente si può scivolare nel razzismo. Il razzismo è un'ideologia che provoca un comportamento discriminatorio o offensivo nei confronti di persone a causa della loro

immaginata " inferiorità " Purtroppo, infatti, razza, nell’uso più comune del termine, è considerata una classificazione sociale , non biologica . Comportamenti ed atteggiamenti negativi nei confronti di un determinato gruppo di persone, tali che quelle persone non siano messe in grado di godere dei loro diritti umani , costituiscono una discriminazione. Pertanto, la discriminazione è di per sé una violazione dei diritti umani e può essere il risultato sia di atteggiamenti razzisti , o di altri pregiudizi , anche se non di natura razziale, ma altrettanto negativi nelle loro conseguenze sia per le vittime dirette che per la società nel suo complesso. La discriminazione è l'opposto di uguaglianza. Secondo la Convenzione sui diritti umani, le persone sono uguali nei diritti. Quando i diritti di qualcuno sono compromessi si ha discriminazione. La discriminazione è spesso razzista, in quanto si rivolge, attraverso parole di odio, verso chi è diverso per nazionalità ed origine etnica. In questi casi ci troviamo di fronte ad entrambe le forme: discriminazione e razzismo.

7. Filastrocca delle disuguaglianze

8. Decreto legislativo 63/2017 attuativo de “La Buona Scuola” sul diritto allo studio Art. 2 Servizi 1. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze e nei limiti delle effettive disponibilità finanziarie, umane e strumentali disponibili a legislazione vigente, programmano gli interventi per il sostegno al diritto allo studio delle alunne e degli alunni, delle studentesse e degli studenti al fine di fornire, su tutto il territorio nazionale, i seguenti servizi: a) servizi di trasporto e forme di agevolazione della mobilita'; b) servizi di mensa; c) fornitura dei libri di testo e degli strumenti didattici indispensabili negli specifici corsi di studi; d) servizi per le alunne e gli alunni, le studentesse e gli studenti ricoverati in ospedale, in case di cura e riabilitazione, nonche' per l'istruzione domiciliare. Art. 3 Beneficiari 1. I servizi di cui all'articolo 2 sono erogati in forma gratuita, ovvero con contribuzione delle famiglie a copertura dei costi, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. 2. In caso di contribuzione delle famiglie, gli enti locali individuano i criteri di accesso ai servizi e le eventuali fasce tariffarie in considerazione del valore dell'indicatore della situazione economica equivalente, di seguito denominato ISEE, ferma restando la gratuita' totale qualora gia' prevista a legislazione vigente. Art. 4 Tasse scolastiche 1. Le studentesse e gli studenti del quarto e del quinto anno dell'istruzione secondaria di secondo grado sono esonerati dal pagamento delle tasse scolastiche in considerazione di fasce ISEE determinate con decreto del Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, adottato previa intesa in sede di Conferenza Unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. 2. Il decreto di cui al comma 1 determina il valore dell'indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) al di sotto del quale le tasse scolastiche non sono dovute, in tutto o in parte, nel limite massimo di una prevista minore entrata pari ad euro 20 milioni. Il beneficio di cui al periodo precedente e' riconosciuto ad istanza di parte nella quale e' indicato il valore dell'ISEE riferito all'anno solare precedente a quello nel corso del quale viene richiesto l'esonero. 3. La disposizione di cui al comma precedente si applica a decorrere dall'anno scolastico 2018/2019 per gli studenti iscritti alle classi quarte della scuola secondaria di secondo grado e a decorrere dall'anno scolastico 2019/2020 per gli studenti iscritti alle classi quinte della scuola secondaria di secondo grado.

4. Ai maggiori oneri di cui ai commi precedenti, valutati in 7 milioni di euro per l'anno 2018 e 20 milioni di euro a decorrere dall'anno 2019, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all'articolo 1, comma 202, della legge 13 luglio 2015, n. 107.

Art. 5 Servizi di trasporto e forme di agevolazione della mobilita' 1. Nella programmazione dei servizi di trasporto e delle forme di agevolazione della mobilita', per le alunne e gli alunni, lestudentesse e gli studenti sono incentivate le forme di mobilita'sostenibile in coerenza con quanto previsto dall'articolo 5 della legge 28 dicembre 2015, n. 221. 2. Le regioni e gli enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze, assicurano il trasporto delle alunne e degli alunni delle scuole primarie statali per consentire loro il raggiungimento della piu' vicina sede di erogazione del servizio scolastico. Il servizio e' assicurato su istanza di parte e dietro pagamento di una quota di partecipazione diretta, senza nuovi o maggiori oneri per gli enti territoriali interessati. 3. Tale servizio e' assicurato nei limiti dell'organico disponibile e senza nuovi o maggiori oneri per gli enti pubblici interessati. Art. 7 Libri e strumenti didattici 1. A favore delle alunne e degli alunni delle scuole primarie sono forniti gratuitamente i libri di testo e gli altri strumentididattici, ai sensi dell'articolo 156, comma 1, del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297. 2. Per le studentesse e gli studenti iscritti ad un corso di studisecondario di primo e secondo grado, fermo restando quanto gia'garantito dall'articolo 27 della legge 23 dicembre 1998, n. 448, le istituzioni scolastiche, nel rispetto della normativa vigente in materia di diritto d'autore, possono promuovere servizi di comodato d'uso gratuito per la fornitura di libri di testo e di dispositivi digitali per le studentesse e gli studenti, stipulando specifiche convenzioni in accordo con gli enti locali. 3. Per ciascuno degli anni scolastici 2017/2018, 2018/2019 e 2019/2020 sono stanziati 10 milioni di euro per sussidi didattici di cui all'articolo 13, comma 1, lettera b) della legge 5 febbraio 1992, n. 104, per le istituzioni scolastiche che accolgano alunne e alunni, studentesse e studenti con abilita' diversa, certificata ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104. Al maggiore onere si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all'articolo 1, comma 202, della legge 13 luglio 2015, n. 107. 4. Per concorrere alle spese sostenute e non coperte da contributi o sostegni pubblici di altra natura per l'acquisto di libri di testo e di altri contenuti didattici, anche digitali, relativi ai corsi di istruzione scolastica fino all'assolvimento dell'obbligo di istruzione scolastica, la dotazione finanziaria del fondo di cui all'articolo 1, comma 258, della legge 8 dicembre 2015, n. 208, e' incrementata di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019 e 2020. Al maggiore onere si provvede mediante

corrispondente riduzione del Fondo di cui all'articolo 1, comma 202, della legge 13 luglio 2015, n. 107. 5. Gli enti locali erogano i benefici di cui al presente articolo anche in collaborazione con le istituzioni scolastiche.

Art. 8 Scuola in ospedale e istruzione domiciliare 1. Per garantire il diritto all'istruzione delle alunne e degli alunni, delle studentesse e degli studenti ricoverati in ospedale, in case di cura e riabilitazione e il diritto all'istruzione domiciliare e' assicurata l'erogazione dei servizi e degli strumenti didattici necessari, anche digitali e in modalita' telematica, nel limite della maggiore spesa di euro 2,5 milioni annui a decorrere dall'anno 2017. Con provvedimento del Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca sono stabiliti annualmente i criteri per il riparto delle risorse destinate a tali interventi. 2. Alla maggiore spesa di cui al comma 1 si provvede mediante corrispondente riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui alla legge 18 dicembre 1997, n. 440. 3. I servizi di cui al comma 1 sono garantiti nei limiti dell'organico dell'autonomia, come determinato dall'articolo 1, comma 64, della legge 13 luglio 2015, n. 107, e senza nuovi o maggiori oneri derivanti dall'assunzione di personale a tempo determinato, ulteriore rispetto al contingente previsto dall'articolo 1, comma 69, della legge 13 luglio 2015, n. 107.

Art. 9 Borse di studio 1. Al fine di contrastare il fenomeno della dispersione scolastica, e' istituito nello stato di previsione del Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca il Fondo unico per il welfare dello studente e per il diritto allo studio, per l'erogazione di borse di studio a favore degli studenti iscritti alle istituzioni scolastiche secondarie di secondo grado, per l'acquisto di libri di testo, per la mobilita' e il trasporto, nonche' per l'accesso a beni e servizi di natura culturale. 2. Al maggiore onere di cui al comma 1, pari a 30 milioni di euro per l'anno 2017, 33,4 milioni di euro per l'anno 2018 e 39,7 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2019, si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui all'articolo 1, comma 202, della legge 13 luglio 2015, n. 107. 3. I contributi di cui al comma 1 sono esenti da ogni imposizione fiscale e sono erogati per il tramite del sistema di voucher di cui all'articolo 10, comma 5, associato alla Carta dello Studente di cui all'articolo 10.

4. Con decreto del Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, adottato previa intesa in sede di Conferenza Unificata ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e' determinato annualmente l'ammontare degli importi erogabili per la singola borsa di studio, le

modalita' per la richiesta del beneficio e per l'erogazione delle borse di studio, nonche' il valore dell'ISEE per l'accesso alla borsa di studio. 5. Gli enti locali erogano i benefici di cui al presente articolo anche in collaborazione con le istituzioni scolastiche.

Art. 10 Potenziamento della Carta dello Studente 1. «IoStudio - La Carta dello Studente -», di seguito denominata Carta, e' una tessera nominativa cui sono associate funzionalita' volte ad agevolare l'accesso degli studenti a beni e servizi di natura culturale, servizi per la mobilita' nazionale e internazionale, ausili di natura tecnologica e multimediale per lo studio e per l'acquisto di materiale scolastico, allo scopo di garantire e supportare il diritto allo studio. 2. Il Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca attribuisce la Carta agli studenti censiti nell'Anagrafe nazionale degli studenti e frequentanti una scuola primaria o secondaria di primo e secondo grado. La Carta e' attribuita, a richiesta, agli studenti frequentanti le Universita', gli Istituti per l'alta formazione artistica, musicale e coreutica e i Centri regionali per la formazione professionale. L'attribuzione della Carta non comporta nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. 3. Alla Carta attribuita agli studenti delle istituzioni scolastiche secondarie di secondo grado puo' essere associato un borsellino elettronico attivabile, a richiesta, dallo studente o da chi ne esercita la responsabilita' genitoriale. 4. Per consentire agli studenti l'accesso ai servizi per i quali e' richiesta l'identificazione digitale come studente, il profilo e le credenziali d'accesso dello studente sul portale IoStudio sono sviluppate in identita' digitale, uniformandosi agli standard del Sistema pubblico di identita' digitale (SPID) e con funzionalita' assimilabili a quelle previste dalla Carta nazionale dei servizi. 5. Con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, da adottare, previa intesa in sede di Conferenza Unificata ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono definiti i criteri e le modalita' per l'istituzione di un sistema nazionale per l'erogazione di voucher, anche in forma virtuale, per l'erogazione dei benefici di cui al presente decreto, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Con successivo decreto del Ministro dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca, sentito il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, sono definiti i criteri e le modalita' per la realizzazione e la distribuzione della Carta, le funzionalita' di pagamento, nonche' le informazioni relative al curriculum dello studente come previsto dall'articolo 1, comma 28, della legge 13 luglio 2015, n. 107, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

9. Circolare Ministeriale in ricordo di Don Lorenzo Milani (24-05-2017)

10. Estratti da “ Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri” (MIUR, febbraio 2014)