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INDICE
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VI. MAGNETISMO NELLA MATERIA............ 71
VI.1. Magnetizzazione: premessa qualitativa ..................... 71
VI.2. Interpretazione microscopica ..................................... 71
VI.3. Polarizzazione magnetica............................................ 74
VI.4. Il vettore campo magnetico......................................... 76
VI.5. Condizioni al contorno per le eq.ni di Maxwell ........ 78
VI.6. Permeabilità magnetica e sucettività magnetica ....... 79
VI.7. Precessione di Larmor................................................. 80
VI.8. Funzione di Langevin .................................................. 82
VI.9. Sostanze diamagnetiche e paramagnetiche ............... 83
VI.10. Sostanze ferromagnetiche (isteresi)............................ 85
VI.11. Circuiti magnetici. ....................................................... 88
VI.12. Elettromagneti ............................................................. 90
VI.13. Magneti permanenti .................................................... 91
VII. CAMPI VARIABILI NEL TEMPO............. 94
VII.1. Premessa....................................................................... 94
VII.2. Induzione elettromagnetica......................................... 94
VII.3. Legge di Farady – Neumann....................................... 96
VII.4. Cause della variazione di flusso.................................. 98
VII.5. Terza eq.ne di Maxwell (caso non stazionario) ....... 100
VII.6. Autoinduzione ed induttanza.................................... 102
VII.7. Analisi del circuito RL (serie) ................................... 103
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INDICE
VII.8. Solenoidi percorsi da corrente.................................. 109
VII.9. Legge di Felici e induzione mutua............................ 110
VII.10. Energia magnetica ..................................................... 113
VII.11. Quarta equazione di Maxwell................................... 117
VIII. CORRENTI ALTERNATE.................... 122
VIII.1. Premessa..................................................................... 122
VIII.2. Grandezze alternate .................................................. 125
VIII.3. Il metodo simbolico.................................................... 127
VIII.4. Analisi del circuito RLC (serie in AC) ..................... 128
IX. ONDE ELETTROMAGNETICHE ............. 133
IX.1. Considerazioni introduttive ...................................... 133
IX.2. Eq.ne delle onde elettromagnetiche.......................... 134
IX.3. Onde elettromagnetiche piane .................................. 136
IX.4. Onde elettromagnetiche nei dielettrici ..................... 139
IX.5. Onde elettromagnetiche nei conduttori ................... 142
IX.6. Spettro delle onde elettromagnetiche....................... 147
IX.7. Vettore di Poynting.................................................... 147
IX.8. Quantità di moto e pressione di radiazione ............. 151
IX.9. Tensore degli sforzi di Maxwell................................ 153
IX.10. Potenziali elettrodinamici ......................................... 156
IX.11. Effetto Doppler .......................................................... 160
IX.12. Condizioni di raccordo.............................................. 162
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Magnetismo nella materia Massimiliano Carfagna
VI. Magnetismo nella materia
VI.1. Magnetizzazione: premessa qualitativa
Supponiamo di prendere un blocco di materiale generico e di introdurlo all’interno di un campo magnetico uniforme. Si osservano le seguenti reazioni:
a) il materiale può essere risucchiato dal campo con una forza abbastanza intensa (circa quanto la forza peso). In questo caso la sostanza di cui è costituito il materiale prenderà verrà chiamata ferromagnetica;
b) il materiale può essere attratto con una forza meno intensa di quella esercitata nel caso in cui la sostanza sia ferromagnetica, in questo caso si dice che la sostanza è paramagnetica;
c) il materiale può essere respinto con una forza di intensità uguale al caso paramagnetico, ma di verso opposto, ed in situazione la sostanza che si comporta così prenderà il nome di diamagnetica.
Il comportamento dei materiali in presenza di un campo magnetico esterno ad essi è molto simile, per certi versi, al comportamento che si ha quando i dielettrici sono posti in presenza di campi elettrici esterni (si pensi, ad esempio, al materiale dielettrico interposto tra le armature di un condensatore, anch’esso viene risucchiato!).
A livello qualitativo, infatti, accade che in presenza di un campo magnetico esterno la materia possiede un momento magnetico globale, mediamente nullo. La presenza di un campo magnetico esterno comporta l’alterazione di questo stato in quanto il momento magnetico posseduto da ogni singolo atomo si dispone parallelamente alla direzione del campo magnetico esterno, cosicché preso un volume generico del materiale in questione, esso avrà momento magnetico globale non nullo. Il principale effetto di questo fenomeno è la produzione di un campo magnetico esterno con conseguente produzione di effetti locali, quali le correnti microscopiche, o amperiane. Questo fenomeno prende il nome di polarizzazione magnetica o magnetizzazione.
VI.2. Interpretazione microscopica
La materia è composta da tomi, per cui se pensiamo che la polarizzazione magnetica modifica il momento magnetico di alcune porzioni di materia, allora possiamo interpretare il fenomeno pensando che la magnetizzazione altera i momenti magnetici posseduti da ogni singolo atomo. Ovviamente andare ad indagare a fondo questo problema vuol dire scomodare la Meccanica Quantistica, anche se è possibile giungere a risultati accettabili e veritieri anche utilizzando metodi classici.
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Magnetismo nella materia Massimiliano Carfagna
Supponiamo di voler calcolare il momento magnetico di un atomo di idrogeno nel
suo stato fondamentale. Come prima cosa possiamo renderci conto che l’atomo in questione può essere considerato come una spira circolare percorsa da corrente, infatti la rotazione dell’elettrone genera una corrente (che scorre in verso opposto all’elettrone stesso), cosicché il sistema atomico è del tutto equivalente alla spira percorsa da corrente. La corrente in questione è data dalla quantità di carica che passa nell’unità di tempo fondamentale, il periodo di rotazione dell’elettrone attorno al nucleo, per cui: 0T
0TeIa
−
= 1.
in cui è la carica dell’elettrone. Per via del teorema di equivalenza di Ampere, il momento magnetico della spira percorsa da corrente sarà:
−e
nrInSIm aa ˆˆ 20 ⋅⋅⋅=⋅⋅= πr
2.dove è il raggio dell’orbita, mentre è la normale al piano della spira. 0r n
A questo punto ci risultano incogniti i valori del raggio e del periodo relativi all’atomo di idrogeno, per calcolarli, quindi, possiamo ragionare nel modo seguente: l’elettrone ruota attorno al nucleo per via dell’equilibrio dinamico instaurato da due forze: la forza di Coulomb (attrattiva) e la forza centrifuga ColuF
rcentrFr
(repulsiva), quindi scriveremo che:
30000
02
0
2
00
202
0
2
0
424
14
1 rme
TrT
mrerm
re
FF
eee
centrColu
πεπππε
ωπε
=⇒⎟⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛=⋅⇒=⋅
⇓
=rr
3.
Per il calcolo del raggio possiamo sfruttare l’energia di ionizzazione dell’atomo di idrogeno, il cui valore è noto, e lo indichiamo con . Essa consiste nel lavoro necessario per portare l’elettrone dal suo stato fondamentale all’infinito. Ovviamente il suo valore sarà uguale in modulo ed opposto in segno all’energia meccanica totale posseduta dall’elettrone durante la rotazione, ossia:
iL
( ) ⎟⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛−−=⇒+−=⇒−=
0
2
0
20 4
121
revmLUKLEL eieeiTOTi πε
4.
Possiamo notare che moltiplicando la centrCoul FFrr
= per un fattore ( ) 021 r si ottiene che
eee Kvmrmre
=== 20
20
20
0
2
0 21
21
81 ωπε
5.
Questo vuol dire che l’energia di ionizzazione (valore noto) può essere scritta anche come:
( )0
2
00
2
00
2
0 81
41
81
re
re
reLUKL ieei πεπεπε
−=⎟⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛−−=⇒+−= 6.
Quindi per ricavare il raggio e il periodo basta eseguire i seguenti calcoli:
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Magnetismo nella materia Massimiliano Carfagna
⎪⎪⎩
⎪⎪⎨
⎧
=
=
3000
2
00
48
1
rme
T
Ler
e
i
πεππε 7.
A questo punto è doverosa una osservazione: il momento magnetico posseduto dall’atomo è proporzionale al momento angolare dell’elettrone calcolato rispetto al nucleo, infatti se si confrontano le due espressioni risulta evidente che:
nrTm
nrT
rmnrvmrvmL
nrTenrInSIm
eeee
aa
ˆ2ˆ2ˆ
ˆˆˆ
20
00
0
00000
20
0
20
⋅⋅=⋅⎟⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛=⋅=×=
⋅⋅⋅=⋅⋅⋅=⋅⋅=−
ππ
ππ
rrr
r
8.
Facendo il rapporto membro a membro tra la (7.) e la (8.) si ottiene una quantità che nella fisica atomica è molto importante, in quanto caratterizza gli atomi, ossia il cosiddetto rapporto giromagnetico:
eme
Lmg
2== 9.
In cui abbiamo scritto al posto di in quanto vogliamo il valore algebrico della carica, senza il segno. La sua importanza risiede nel fatto che il rapporto giromagnetico dipende solo dalle proprietà intrinseche dell’elettrone (carica e massa).
e −e
Un’altra considerazione utile da fare riguarda il momento angolare, in quanto, dalla Meccanica Quantistica si ricava che il modulo di L
r risulta essere multiplo intero della
costante universale π= 2hh , in cui è la costante di Plance: h
0,1,...con2
=π
⋅=⋅= llhlhL 10.
Dalla quantizzazione del momento angolare e dal rapporto giromagnetico si ricava anche un’altra quantità utile, ossia:
llh
hl ⋅=⋅=⋅⋅=⋅= beee
mme
meL
mem
222 11.
In cui la costante prende il nome di magnetone di Bohr. bmIl momento magnetico che interessa i fenomeni di polarizzazione magnetica, però,
non possiede solo una componente derivante dalla rotazione dell’elettrone attorno al nucleo (ossia mr ), ma anche dal momento magnetico proprio, detto momento magnetico di spin (o semplicemente spin), che deriva dalla rotazione dell’elettrone (e quindi della sua carica immaginata come una distribuzione sferica) attorno ad un suo asse baricentrale.
Si verifica sperimentalmente che il momento magentico di spin del protone del neutrone e dell’elettrone vale
2hr
=s 12.
Nel calcolo del momento magnetico totale di un singolo atomo sarebbe necessario anche tener conto del momento magnetico di spin generato dai nucleoni, oltre che dagli elettroni,
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Magnetismo nella materia Massimiliano Carfagna
ettrone e quindi lo spin è di tre ordini di grandezza inferiore, dunque è
incipio di esclusione di Pauli e la Quantizzazione della proiezione del momento angolare.
VI.3. Polarizzazione magnetica
ità detta vettore polarizzazione magnetica
ma questa quantità si trascura dato essi sono più massivi (di almeno tre ordini di grandezza) rispetto all’eltrascurabile. Possiamo inoltre aggiungere che il calcolo del momento magnetico totale dell’atomo dovrà essere fatto anche tenendo presente le regole fondamentali della Meccanica Quantistica, quali il Pr
In analogia con quanto è stato sviluppato in presenza di fenomeni di polarizzazione elettrica, anche nel caso della polarizzazione magnetica risulta necessaria l’introduzione di una nuova quant M
r, o anche intensità di
magnetizzazione. Questo vettore non è altro che il momento magnetico per unità di volume, associato
ad un materiale, infatti, se pensiamo che ogni atomo di un volume τ∆ del materiale in questione, può essere assoggettato ad una spira percorsa da corrente, ognuna delle q li possiede momento magnetico im
uar , detto N∆ il numero di atom e i contenuti nel volum τ∆ ,
definiamo vettore polarizzazione magnetica la quantità:
mNmMN
i∆⎠⎝ ∆
→∆=
→∆ ττ ττ 01
0
nella quale la quantità
irrr
⋅∆
=⎟⎟⎞
⎜⎜⎛
⋅=∆
∑ lim1lim 13.
mr è la media vettoriale dei diversi momenti magnetici associati alle spire contenute nel volume considerato. È necessario, però, precisare che il volume considerato deve necessariamente essere abbastanza grande da contenere un numero statistic
materiale consi
amente significativo di molecole. Dobbiamo notare che questa nuova quantità, in generale, è una funzione della
posizione, all’interno del derato, ossia vuol dire che essa sarà una funzione delle coordinate spaziali, ( )zyxMM ,,
rr= , inoltre è necessario tener presente che in assenza
di magnetizzazione le spire sono orientate in maniera del tutto casuale, mentre quando il materiale si magnetizza le spire si dispongono in modo che la loro superficie sia ortogonale ad M
r. La magnetizzazione, dunque, ha come naturale conseguenza, la produzione di
correnti aggiuntive microscopiche la cui densità di corrente viene indicata con mJr
. Lo scopo, a questo punto, è quello di trovare una relazione che leghi le correnti microscopiche con il vettore polarizzazione magnetica. Per farlo, come prima cosa, è utile suddividere l’anal nei due casisi i principali, il primo è quello che vede M
r uniforme, mentre il secondo
vede Mr
v ile: 1. ariab
=Mr
cost: in questo caso possiamo prendere un volume significativo di materiale, esso sarà riempito in maniera uniforme da queste spire piane nelle quali circola la corrente. Nei punti di contatto delle spire le correnti si
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Magnetismo nella materia Massimiliano Carfagna
dimensi
rmuuantità di carica microscopica, si ha che la corrente
può essere scritta come:
annulleranno in quanto esse sono opposte in verso ed uguali in modulo (vedi figura). Inoltre, dato che queste spire hanno area infinitesima rispetto alle
oni del materiale (la loro area è quella di una circonferenza di raggio 5,00 =r Å), si può assumere che, all’interno del materiale, esse siano
“toccate” in tutti i punti da altre spire e quindi si annulleranno dappertutto tranne che sulle superfici esterne del materiale. Con ciò possiamo concludere che se la magnetizzazione è uniforme allora le correnti amperiane sono solo superficiali. In fo le si ha che, preso un tratto hd
r lungo la superficie del
materiale, detta mdQ la q
hdJdt ms
dQmrr
=
2. ( )zyxMM ,,rr
= : in questo caso, non si ha una distribuzione uniforma di spire elementari, e ciò comporta che solo una parte delle correnti si annulla effettivamente, mentre la parte rimanente genera una corrente amperian all’interno del materiale la cui densità viene indicata con mvJ (dove l’indice v stà a significare che essa è di volume). Seguendo il ragionamento precedente appare chiaro che, volendo sapere la corrente microscop
a
ica di volumea
r
è necessario prendere un’area infinitesim Sd
r e scrivere che:
SdJdt
dQmv
mrr
⋅=
A questo punto, per proseguire nel nostro scopo, è possibile procedere nello stesso
modo in cui si sono ricavate le distribuzioni di carica dovute alla polarizzazione (passando, però, in questo caso, per il potenziale vettore), oppure è possibile ragionare in maniera più qualitativa e giungere a ricavare le relazioni cercate (relazioni che legano le densità di corrente all’intensità di magnetizzazione).
Supponiamo di avere un materiale a forma di parallelepipedo con il lato maggiore disposto lungo l’asse x di un riferimento ortonormale. Supponiamo, inoltre, che l’intensità
magnetizzazione sia ortogonale alla faccia superiore del parallelepipedo e che il vettore di Mr
in questione sia funzione della sola x , in modo che all’aumentare di x aumenti anche l’intensità di M
r, per cui ( )xMM
rr= . Il vettore intensità di magnetizzazione ha le seguenti
coordinate: ( )( )xMM z,0,0≡
r 14.
pponiamo di suddividere il parallelepipedo in due cubi affacciati di dime sioni dzdydx ,, , nei quali scorreranno rispettivamente due correnti amperiane 1I ed 2I . SSu n
e pensiamo di scrivere i momenti magnetici elementari associati ai due cubi scriveremo che:
( )( ) dxdydIdxdydzdxxM
dxdydIdxdydzxM
z 2
z 1
=+=
15.
uantità può essere scritta nella forma equivalente ma la q ( )dxxM z + ( ) dxdx
dMxM zz + ,
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Magnetismo nella materia Massimiliano Carfagna
quindi:
( ) dxdydIdxdydzdxdxz 2
⎠⎝in definitiva possiamo calcolare la differenza tra le due correnti elementari, per conoscere a corrente di volume che passa all’interno d
dMxM z =⎟⎞
⎜⎛ + 16.
lel materiale, in corrispondenza della direzione ,
ovverosia sulla faccia in colore in figura: y
( ) ( ) dxdzdx
dxdzdx
dzxMdzxMdI zzy −=−−= 17.
Abbiamo detto in precedenza che, nel
dMdM zz
caso di magnetizzazione non uniforme, le correnti amperiane di volume erano date dalla:
SdJdt mv
dQmrr
18.
la quale confrontata con l’ultimo risultato ottenuto fornisce le seguenti uguaglianze:
⋅=
( )dxymv
dMJ z−=r
19.
ma questa scrittura non è altro che la componente del rotore di y Mr
, infatti, si verifica che:
( ) ( )MrotJMMM zyx
Seguendo ragionamenti diversi si può giungere ad una relazione simile anche per la densità di corrente microscopica superficiale, ma ci limitiamo a riportare i risultati definitivi senza addentrarci in ulteriori calcoli. Pertant
kjiMrot mvzyx
rrr=⇒∂∂∂=
ˆˆˆ
20.
o, possiamo scrivere che il vettore magnetizzazione, a seconda dei casi, equivale alle:
nMJMJ msmv ˆ; ×=×∇=rrrrr
21.
VI.4. Il vettore campo magnetico
magnetica è necessario modificare le equazioni di Maxwe
un
Come è stato fatto anche per le equazioni di Maxwell nel caso della polarizzazione elettrica, anche per la polarizzazione
ll relative al campo magnetico. La modifica consiste, sostanzialmente, nell’aggi ta del vettore di densità delle
correnti microscopiche di volume mvJr
(e non del vettore msJr
in quanto esso tratta le correnti microscopiche superficiali, le quali scorrono su porzioni di spazio – le superfici dei materiali, per l’appunto – sulle quali le equazioni di Maxwell, non sono definite, in quanto sulle linee di separazione subisce una discontinuità), cosicché, dati gli ultimi sviluppi, possiamo scrivere che:
=⋅∇⇒⎪
⎨⎧ =⋅∇ BB
rrrrr
Br
( ) ( )⎪⎩ ×∇+=×∇⎪⎩ +=×∇ MJBJJB mv
⎪⎨⎧
rr
rrrr
rr00
22.00 µµ
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Magnetismo nella materia Massimiliano Carfagna
Possiamo operare le seguenti manipolazioni matematiche in modo da giungere all’introduzione di una nuova quantità:
( ) ( ) JMB
JMBMJBr
rrrrrrrrrrrr
=⎟⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛ −×∇
0
0
µµ
23.
quindi, chiamando vettore campo magnetico
⇒=−×∇⇒×∇+=×∇ 000 µµµ
Hr
la quantità:
0
0
µµ MB
Hrr
r −= 24.
le equazioni di Maxwell prendono la seguente forma: ;B JH
rrrrr=×∇ 25.
nelle q
ettoriale, opportunamente pensato per v
=⋅∇ 0uali compaiono solo correnti macroscopiche, ed inoltre sono molto simile alle
relazioni ricavate nel caso dell’elettrostatica. L’introduzione di questo nuovo campo v
descrivere i fenomeni di magnetizzazione, comporta la successi a derivazione di una formula integrale che descriva il comportamento di H
r.
rSupponiamo di avere un filo in cui circola una corrente di densità , prendiamo una linea chiusa e calcoliamo il flusso di
Jl J
r attraverso una superficie di cui è il contorno: S l
( )∫∫ ⋅×∇⋅ HSdJ =
SS
Sdrrrrr
26.
applicando il teorema di Stokes sulla linea si ottiene l
( ) ∫∫ ⋅=⋅×∇l
rrrrrldHSdH
S
27.
A questo punto dalla quarta equazione di Maxwell nel caso stazionario e dal teorema della circuitazione di Ampere ricaviamo una relazione di spiccata utilità:
( )
∑∫ ⋅J
∑∫∫∫∫
∑∫
=
⇓
⎪⎪⎪
⎩
⎪⎪⎪
⎨
⎧
=⋅
⋅=⋅=×∇
⇒
⎪⎪⎩
⎪⎪⎨
⎧
=⋅
=×∇
ii
S
ii
SS
ii
ISd
IldB
SdJldBSdB
IldB
JB
rr
rr
rrrrrrr
rr
rrr
l
l
l0
0
0
0
µ
µ
µ
µ
28.
Possiamo, quindi concludere dicendo che:
∑∫ =⋅i
iIldHl
rr
quale prende il nome di teorema della circuitazione di Ampere per il vettore campo magnetico
29.
laHr
.
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Magnetismo nella materia Massimiliano Carfagna
VI.5. Condizioni al contorno per le eq.ni di Maxwell
i Maxwell risulta necessario applicare due proprietà integrali dei campi vettoriali
Le equazioni di Maxwell, così come sono state scritte nel precedente paragrafo, non
sono valide in presenza di interfacce di separazione tra mezzi materiali. Infatti, quando si passa da un mezzo materiale ad un altro, il campo magnetico subisce una discontinuità. Per determinare le condizioni al contorno che ci permetteranno di risolvere in maniera univoca le eq.n di B
r
ed Hr
. Prendiamo una interfaccia di separazione tra i due mezzi e costruiamo su essa una
superficie cilindrica di area di base dS orientata ortogonalmente alla normale alla superficie di separazione n , i cui lati del cilindro siano di un ordine di infinitesimo maggiore rispetto alle dimensioni lineari delle basi. Dato che il campo vettoriale B
r è solenodiale ( 0=⋅∇ B
rr)
allora il flusso uscente da una qualsiasi superficie chiusa è nullo, in quanto ricordiamo che, dal teorema di Stokes si ha:
( ) 00
=⋅⋅∇=⋅=Φ ∫∫τS
τdBSdBBS
rrrrr 30.
dine di infinitesimo maggiore rispetto alle dimensioni lineari delle basi), si ha quindi che:
quindi possiamo calcolare il flusso elementare che fuoriesce dalla superficie cilindrica, trascurando però il flusso uscente dalle pareti laterali (in quanto abbiamo supposto essere di un or
( ) ( ) ( )
nn BB ,2,1 =
nnS dSBBdSnBnBndSBndSBB ,2,1212211 0ˆˆˆˆ
⇓
=−=⋅−⋅=⋅+⋅=Φrrrrr
31.
ale del campo di induzione magnetica si conserva nel passaggio tra due
g
dunque la componente norm mezzi. A questo punto concentriamoci sul vettore campo ma netico H
r; supponiamo di
voler calcolare la sua circuitazione lungo un rettangolo R chiuso posto a cavallo dell’interfaccia di separazione tra i due mezzi. Possiamo notare che, se supponiamo che all’interno del rettangolo non ci siano correnti m ) allora la circuitazione è nulla, ovverosia:
acroscopiche ( 0=Σ ii I
0=⋅∫R
ldHrr
32.
buto elementare per ogni lato trascurando il contributo dei lati minori; avremo quindi che:
Nell’ipotesi che i lati minori del rettangolo siano di un ordine di infinitesimo maggiore rispetto alle dimensioni lineari dei lati paralleli all’interfaccia, è possibile scrivere il contri
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Magnetismo nella materia Massimiliano Carfagna
( )
tt
tttt
R
HH
dlHHdlHdlH
dltHdltHtdlHtdlHldH
,2,1
,2,1
)2(
,2
)1(
,1
)2(
2
)1(
1
)2(
22
)1(
11
00
0ˆˆˆˆ
=⇓
=−⇒=⋅−⋅
⇓
=⋅⋅−⋅⋅=⋅⋅+⋅⋅=⋅
∫∫
∫∫∫∫∫rrrrrr
33.
ne segue che la componente tangente del vettore campo magnetico si conserva nel passaggio tra due mezzi.
Da evidenze sperimentali risulta che se il materiale è omogeneo ed isotropo il vettore ed il vettore B
rHr
sono tra loro paralleli (o antiparalleli) e proporzionali in modulo di una quantità µ detta permeabilità magnetica, quindi:
HBrr
⋅= µ 34.Per comodità la costante di permeabilità magnetica viene spesso scritta come proporzionale alla costante 0µ , e la costante di proporzionalità viene indicata con il nome di costante di permeabilità magnetica relativa rµ , la quale, così come accade per µ , dipende dal mezzo in cui ci si trova, per cui possiamo scrivere che 0µµµ ⋅= r . Dalle ultime relazioni, è possibile ricavare l’espressione delle componenti, rispettivamente, tangenti e normali dei vettori B
r ed H
r:
r,
t,
r,
t,
r
tt
n,r,n,r,nrn
BBBH
HHHB
2
2
1
1
0
22110
µ=
µ⇒
µµ=
⋅µ=⋅µ⇒⋅µµ=
35.
quindi in definitiva le condizioni al contorno possono essere scritte come:
⎩⎨⎧
⋅µ=⋅µ
=
⎪⎩
⎪⎨
⎧
µ=
µ
=
n,r,n,r,
t,t,
r,
t,
r,
t,
n,n,
HHHH
;BBBB
2211
21
2
2
1
1
21
36.
VI.6. Permeabilità magnetica e sucettività magnetica
La costante rµ appena introdotta ha alcune caratteristiche di rilievo fanno, di essa, un parametro di largo interesse fisico.
Come prima cosa dobbiamo dire che nelle sostanze diamagnetiche e paramagnetiche la rµ è costante ed è indipendente dal campo di induzione magnetica , inoltre, in questi materiali, il suo valore è prossimo ad 1.
Br
Nei materiali ferromagnetici, invece la permeabilità magnetica relativa è strettamente dipendente dal campo magnetico, e con essa, ovviamente, anche la permeabilità µ , quindi,
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Magnetismo nella materia Massimiliano Carfagna
in queste sostanze, scriveremo che ( )Bµµ = .
Per indagare a fondo queste proprietà dei materiali è utile introdurre un parametro (peraltro già usato nel caso dei dielettrici) che relaziona il vettore campo magnetico H
r con il
vettore polarizzazione magnetica Mr
, infatti ricordando la:
0
0
µµ MB
Hrr
r −= 37.
è possibile sostituire in essa l’espressione HB r
rr0µµ= , cosicché si avrà:
( )
HM
HMMHHMHH
m
rrr
rr
rrrrrrr
r
χ
µµµ
µµµ
=
⇓
−=⇒−=⇒−
= 10
00
38.
nella quale la quantità 1−= rm µχ 39.
Prende il nome di suscettività magnetica del materiale. Da notare che tutto ciò ha validità nell’ipotesi che i materiali siano omogenei ed isotropi, in quanto, se ciò non accade, allora sia la permeabilità magnetica, sia la suscettività non sono più delle costanti ma dei tensori. Nel seguito studieremo in dettaglio il comportamento di ognuna delle tre sostanze, ma prima è necessario un tuffo nel modo microscopico per avere gli strumenti necessari a capire ciò che si dirà nei prossimi paragrafi.
VI.7. Precessione di Larmor
È stato detto che a livello microscopico ogni singolo atomo produce un momento magnetico elementare che provoca la magnetizzazione del materiale in questione. È stato anche detto che, per essere più precisi, il momento magnetico agente su ogni atomo non è solamente , ma c’è anche una componente derivante dal moto proprio dell’elettrone su se stesso, ovverosia il momento magnetico di spin. A questo punto dobbiamo aggiungere una terza componente che agisce sul momento magnetico totale dell’atomo, detto momento magnetico di Larmor , cosicché ogni singolo atomo avrà un momento magnetico totale dato dalla somma vettoriale di queste tre componenti:
0mr
0mr
Lmr
Lmsmm rrrr++= 0 40.
Questo momento magnetico deriva dal moto di precessione che si instaura quando l’atomo è sottoposto ad un campo magnetico locale lB
r.
Supponiamo, infatti, di avere un atomo la cui normale n al piano dell’orbita formi un angolo ˆθ con la direzione del campo magnetico locale lB
r. Dall’analisi fatta in precedenza
sappiamo che il momento magnetico dell’elettrone può essere scritto come:
Lmem
e
rr⋅−=
20 41.
in cui è il momento angolare dell’elettrone calcolato rispetto al nucleo. Lr
80
Magnetismo nella materia Massimiliano Carfagna
Possiamo, ora, calcolare il momento della forza (generata dal campo magnetico locale) M
r
ricordando che:
dtLdBL
meBmM l
el
rrrrrr=×⋅−=×=
20 42.
per la II eq.ne cardinale della meccanica dei sistemi. La relazione appena ricavata rappresenta la precessione del momento angolare L
r attorno alla direzione di ; essa prende
il nome di precessione di Larmor. A questo punto, ricordando la formula di Poisson (memorie di Meccanica dei Sistemi) è possibile ricavare la velocità angolare del moto di precessione:
lBr
le
L
le
L
Bme
LBme
dtLd
LdtLd
rrrr
r
rrr
22
=⇒
⎪⎪⎩
⎪⎪⎨
⎧
×=
×=ω
ω 43.
in cui, nella seconda delle due equazioni del sistema, si è invertito l’ordine del prodotto scalare e si è cambiato di segno (proprietà del prodotto scalare). La velocità di precessione risulta essere parallela al vettore lB
r.
Una volta nota la velocità angolare possiamo calcolare facilmente il momento magnetico provocato da questo ulteriore moto al quale è sottoposta la carica. Infatti la precessione genera una componente di moto (ulteriore alla rotazione dell’elettrone attorno la nucleo) il quale a sua volta genera, sulla traiettoria descritta dalla precessione di Larmor, una corrente ulteriore chiamata corrente di Larmor e data dalla:
e
LL
LL m
BeeTeI
ππω
42
2
=⋅== 44.
Il momento di Larmor, quindi, si calcola come il momento della spira percorsa da corrente, con l’unica variante che l’area della spira è rappresentata dalla proiezione dell’area dall’orbita dell’elettrone sul piano ortogonale al vettore lB
r, che indicheremo con .
Quest’area può essere scritta in funzione delle coordinate dell’elettrone, come zS
( )22 yxS z += π , in cui 2x e 2y rappresentano il valore quadratico medio delle coordinate x ed dell’elettrone. Se l’atomo è ridistribuito isotropicamente nello spazio, si ha che y
( ) 2222 31 rzyx === , dove r è il raggio dell’orbita. Utilizzando tutte queste informazioni possiamo scrivere l’espressione esplicita del momento di Larmor:
( )
Le
L
Lee
L
e
LzLL
Bmrem
Bmrekr
mBekyx
mBekSIm
rr
rr
6
6ˆ
32
4ˆ
4ˆ
22
222
222
2
−=
⇓
−=⋅⋅⋅−=⋅+⋅−=⋅⋅= ππ
ππ
45.
nella quale si è aggiunto il segno meno in quanto la corrente circolo in verso opposto all’elettrone, ed inoltre si è imposto che kBB ll
ˆ⋅=r
.
81
Magnetismo nella materia Massimiliano Carfagna
LI
x
y
z
rr Lr
lBr
Lωr
−e
0mrLmr
ϑ
nk
zS
Precessione di Larmor
VI.8. Funzione di Langevin
Nel caso di sostanze paramagnetiche e ferromagnetiche l’interpretazione microscopica dei fenomeni prevede l’introduzione di una funzione, detta funzione di Langevin, che descrive quantitativamente il momento magnetico proprio medio 0mr associato ad ogni elemento di volume del materiale.
Per ricavare questa funzione è necessario scomodare dobbiamo pensare che in presenza di un campo magnetico locale lB
r ogni atomo, che possiede un momento magnetico
proprio , è sottoposto ad un momento meccanico 0mr lmecc BmMrrr
×= 0 che tende ad orientarlo come l . L’agitazione termica presente nel materiale, invece, favorisce l’orientamento casuale degli atomi, e quindi anche dei momenti magnetici propri. In definitiva l’equilibrio tra queste due tendenze è descritto dalla funzione di Boltzmann seguente:
Br
θθπθ
deAdeAdP KTBm
KTU l
sin2cos0
⋅=Ω⋅=−
46.
scritta in forma elementare, nella quale A è una constante di normalizzazione, U è l’energia dell’atomo (scritta come l’energia di un dipolo, in quanto l’atomo è assoggettato ad una spira percorsa da corrente e, per il teorema di equivalenza di Ampere, la spira è equivalente al dipolo elettrico), K è la costante di Boltzmann e T è la temperatura. In effetti la funzione dP appena scritta rappresenta la probabilità che il momento magnetico proprio 0mr sia
entato entro un angolo solido ori Ωd , ed è grazie a questa interpretazione che è possibile
82
Magnetismo nella materia Massimiliano Carfagna
ricavare il valore della costante A , semp emente imponendo che l’integrale in dP sia
ale all’unità (che corrisponde alla certezza, dal punto di vista probabilistico), ossia: lic
ugu
∫=A π θ
θθπ0
cos
sin2
10
de KTBm l
47.
Se il materiale è isotropo il problema assume simmetria cilindrica attorno alla direzione di lB
r, e quindi l’unica componente di 0mr diversa da zero è quella parallela al
campo locale; possiamo quindi scrivere che:
∫∫
=≡ π θ
π θ
θθπ
θθπθ
0
cos0
cos
0
,00
sin2
sin2cos
0
0
de
demmm
KTBm
KTBm
B l
l
lr
rr 48.
Gli integrali appena ricavati si risolvono imponendo le seguenti sostituzioni:
θcos;0 Bm== x
KTy l
rr
49.
e la soluzione è la cosiddetta funzione di Langevin ( )yL :
( ) ⎟⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛r−==
yymyLm 1coth00 50.
la quale ha l’andamento mostrato nella figura seguente:
VI.9. Sostanze diamagnetiche e paramagnetiche
In questo paragrafo si cercherà di riassumere le caratteristiche fondamemateria
anze sono state classificate come diamagnetiche allorché, inserendo un pezzett
ntali dei li dia- e para- magnetici, anche alla luce di quanto affermato dal punto di vista
microscopico. Le sosto di questo materiale all’interno di un campo magnetico, esso veniva debolmente
Funzione di Langevin
83
Magnetismo nella materia Massimiliano Carfagna
azione macroscopica di questo fenomeno è giustificata dal fatto che alle sostanz
respinto da esso. L’interprete diamagnetiche è associata una permeabilità magnetica relativa minore dell’unità,
quindi la suscettività è negativa. La conseguenza di ciò è che il momento della forza magnetica M
r è diretto in verso opposto al campo inducente B
r. Questa affermazione si
giustifica matematicamente con i seguenti passaggi:
( )BMMBB
MBBMB
BH
H
m
rr
rr
r
r
r
321
r
rrr
rrr
rr
rrr µµ
00 −⎧ −=
χ
µµµµµµ
µµµµµ
µ 10
0
00
0
0 −=⇒−=
/=
/⇒⎪⎩
⎪⎨
=
51.
È dunque evidente che se 1<rµ allora 0<mχ , quindi, dato che >r 00µµ si ha che Mr
e Br
sono antiparalleli.
Dal punto di vista microscopico i materiali diamagnetici sono formati da atomi che non posseggono un momento magnetico proprio 0mr , dunque per essi la magnetizzazione deriva unicamente dalla precessione di Larmor, ossia
∑=
=−=⋅=Z
i
iLe
L rZ
aBm
anZe 22 rrrmnM
1
22 1con 6
52.
A differenza delle sostanze paramagnetiche e ferromagnetiche, le sostanze diamagnetiche non presentano dipendenza dalla temperatura nella suscettività magnetica, ciò vuol dire che tutte le relazioni che legano i vettori B
r, H
r ed M
r restano di pura
proporzionalità (ossia ( )Tmm χχ ≠ ). Le sostanze paramagnetiche, invece, allorché vengano poste in un campo magnetico,
vengonportamento di queste sostanze deriva dal
fatto c
o debolmente attratte da esso. L’interpretazione macroscopica del comhe ad esse è associata una permeabilità magnetica relativa maggiore di uno, ciò
comporta che la suscettività magnetica è anch’essa positiva. Questo vuol dire che il vettore induzione magnetica B
r ed il vettore intensità di magnetizzazione sono tra loro paralleli ed
omologhi in verso, infatti possiamo notare che:
BMr
rmr
r
43421
r
0
0
101
>
⎟⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛ −=⇒>⇒>
µµµχµ 53.
Dal punto di vista microscopico possiamo dire che gli atomi delle sostanze paramagnetiche possiedono un momento magnetico proprio 0mr (a differenza delle sostanze diamagnetiche), per cui il vettore magnetizzazione viene calcolato mediante la funzione di Langevin sopra introdotta ed un’altra condizione riguardante il valore locale del campo magnetico locale lH
r. Il termine Lmr derivante dalla precessione di Larmor, in questo caso,
come nel caso ferromagnetico, viene trascurato, in quanto è molto inferiore al momento proprio.
A diffrenza delle sostazne diamagnetiche, per i materiali paramagnetici la suscettività magnetica mχ varia con la temperatura secondo la legge di Curie:
84
Magnetismo nella materia Massimiliano Carfagna
TC
mρχ ⋅
= 54.
Nella quale è una costante, C ρ è la densità del materiale e T è la temperatura. Risulta quindi evidente che se la temperatura decresce allora aumenta la suscettività dei materiali paramagnetici. Ciò dimostra che non c’è più linearità tra magnetizzazione e campo magnetico, quindi non valgono più le relazioni di proporzionalità tra , B
rMr
E Hr
. In condizioni TPS (temperatura e pressione standard), però, la proporzionalità può essere approssimativamente mantenuta, in quanto le perturbazioni possono considerarsi trascurabili.
VI.10. Sostanze ferromagnetiche (isteresi)
Per le sostanze ferromagnetiche si raggiunge un grado di complessità del fenomeno pressocché massima. Infatti, si è visto che nel caso di sostane paramagnetiche il comportamento del materiale varia a seconda della temperatura, cosicché non viene rispettata le relazioni di linearità tra magnetizzazione e campo magnetico.
Per le sostanze ferromagnetiche la magnetizzazione non solo è rappresentata da relazioni non lineari, ma soprattutto queste relazioni non sono univoche. Con questo si vuole dire che la relazione che lega B
r ad H
r non è sempre la stessa. La conseguenza di questo
fatto è che la permeabilità magnetica di sostanze ferromagnetiche è variabile a seconda dei valori di e di B
rHr
. La variazione di permeabilità magnetica µ nei materiali ferromagnetici può essere
analizzata studiando cosa accade al variare di Hr
e di Br
, infatti ricordiamo che:
HBHB r
rrr
=⇒= µµ 55.
Nell’ipotesi in cui il materiale sia isotropo e abbia intensità di magnetizzazione pari a zero (smagnetizzato) possiamo scrivere che:
BHMBHM rr
rrr
=⇒−
==0
0
0
µµ 56.
Questo vuol dire che possiamo abbandonare la notazione vettoriale in quanto H e assumono la stessa direzione.
B
Sperimentalmente si ricava una curva ( )HBB = che lega la variazione di campo magnetico alla variazione di induzione magnetica nei materiali ferromagnetici e questa curva è detta curva di isteresi. Il suo andamento è rappresentato in figura:
H
B
sH
Ciclo di isteresi
mHcHsH− cH−mH−
rB
mB
mB−
85
Magnetismo nella materia Massimiliano Carfagna
A questo punto passiamo all’analisi della curva in dettaglio.
Tratto ( ) ( )mBH→00 : curva di prima magnetim zzazione. Partendo dall’origine degli a anza smagnetizzata)ssi (sost si fa aumentare il campo H ; ciò provoca un aumento di B che segue l’andamento mostrato in figura, fino a raggiungere un massimo per il valore
mH= . La relazione che lega B ad H H può essere scritta in due modi: HMBHBrrrrr
00pure µµµ +== op 57.Da ciò possiamo dire che quando H raggiunge il valore di (quindi anche è massim
damH B o)
si dice che il valore di intensità di magnetizzazione ricavato lla seconda delle (57) prende il nome di valore di saturazione sM . In corrispondenza di questo valore la magnetizzazione è pressoché totale (ogni momento agnetico elementare è orientato parallelamente al campo di induzione magnetica B
r o al suo parallelo
mHr
). Tratto ( ) ( )rmm BBH 0→ : induzi ne o magnetica residua. A questo punto si
procede con la diminuzione del campo H , e si osserva B segue, per un tratto molto piccolo, la curva precedente, fino a che il campo H non assume alore pari a sH . Per valori minori di sH la curva prosegue nella sua discesa ma resta inevitabilmente al di sopra della curva di prim magnetizzazione. Quando
v
a H viene portato al valore nullo si verifica che il campo di induzione magnetica non è null ma assume il valore positivo indicato con rB , detto induzione magnetica residua. In virtù della seconda delle (57), quando
o, 0=H allora
MBr 0µ= e dunque il valore di M così ottenuto si chiama magnetizzazione re rM . tto
sidua Tra ( ) ( )mmr BHB −−→0 : campo magnetico di coercizione. Ora è possibile
invertire il segno al campo H e facciamo crescere il modulo. Si osserva che B tende a diminuire fino ad annullarsi. Quando ciò accade si ha, ovviamente, che:
HMHMB =⇒=+⇒= 00 00 µµ 58.Quindi la magnetizzazione, in questo caso è uguale al valore di H e quest’ultimo è dettp
mcampo magnetico di coercizione cH . Continuando ad aumentare il odulo di H il campo di induzione magnetica continua a diminuire fino a raggiungere, in prossimità di mH− , il minimo valore.
Tratto ( ) ( )mmmm BHBH →−− : ciclo di isteresi. Facendo variare H con continu intervallo ] la cu
ttoità nell’ rva di isteresi si chiude con un tratto simmetrico
rispetto all’origine al tra[ mm HH−
( ) ( )mmm BHm BH −−→ . La curva chiusa che ne deriva prende il nome di ciclo di ister
A questo punto è utile chiedesi.
ersi cosa succederebbe se, invece di invertire il segno di H inspe llo desc
prossimità di mH , lo si invertisse per un valore mHH <1 . Si verifica rimentalmente che si ottiene un ciclo qualitativamente simile a que ritto finora, ma
“più piccolo”, così come avviene nella figura che segue:
86
Magnetismo nella materia Massimiliano Carfagna
H
B
Cicli di isteresi consecutivi
Si riscontra, inoltre, che, facendo variare H su intervalli via via minori, con
continuità, i cicli di isteresi tendono alla posizione ( )0
HB
0 e ciò vuol dire, in pratica, che si è passati da un materiale che inizialmente aveva una certa intensità di magnetizzazione, ad un materiale con magnetizzazione nulla (ovverosia si è eseguito un processo di smagnetizzazione), come si può notare in figura:
Dalle precedenti esperienze possiamo quindi dedurre che, per i materiali ferromagnetici, la permeabilità è un parametro che perde gran parte del suo significato e soprattutto, per via della
rrµ=
Br
, non è possibile neanche determinare univocamente il valore di (per un
H
B
mH1H
Smagnetizzazione
Hr
( )HB= fissato) in quanto è necessario sapere su quale ramo di quale cilco di
isteresi ci troviamo (analiticamente si può dire che la funzione B è polidorma: per un valore di H si hanno più valori di ). B
Sempre da evidenze sperimentali, inoltre, si riscontra che al di sopra di una certa temperatura critica T un materiale ferromagnetico si comporta come un materiale paramagnetico, seguendo la cosiddetta legge di Curie - Weiss
C
Cm TT −
C ⋅=
ρχ 59.
È possibile aggiungere che le sostazne ferromagnetiche che posseggono un ciclo di isteresi molto “stretto” possono essere considerate come delle sostanze paramagnetiche, ossia si trascura l’isteresi del materiale.
87
Magnetismo nella materia Massimiliano Carfagna
Da tutte le evidenze sperimentali sopra elencate si evincono le seguenti
considerazioni: 1. nei materiali ferromagnetici, come si è detto all’inizio del paragrafo, la
permeabilità magnetica µ non è costante; 2. nei materiali ferromagnetici, per H fissato, µ dipende dalla “storia” del
materiale, ovverosia dal tipo e dal numero di magnetizzazioni (e quindi di cicli di isteresi) che la sostanza in questione ha subito.
3. la temperatura influisce sui materiali ferromagnetici tanto da far sì che il loro comportamento sia simile a quello dei materiali paramagnetici.
VI.11. Circuiti magnetici.
Per circuito magnetico si intende una successione di elementi di materiale ferromagnetico, le cui sezioni normali sono piccole rispetto alle lunghezze dei singoli elementi , la cui configurazione geometrica sia chiusa a meno di piccoli spazi, detti traferri o interferri, in cui è presente un materiale non ferromagnetico (come l’aria, ad esempio). Attorno ad una parte di uno o più elementi deve essere avvolto un filo percorso da corrente
iES
li
i
I stazionaria detto avvolgimento di eccitazione. È necessario precisare che, per via della non univocità di comportamento del
materiale ferromagnetico, non è possibile stabilire una teoria molto dettagliata circa i circuiti magnetici, ma, facendo l’ipotesi di conoscere il ciclo di isteresi del materiale usato per il circuito, è possibile ricavare un metodo abbastanza generale per la risoluzione dei circuiti stessi.
Il circuito di riferimento più semplice è un anello di materiale ferromagnetico, che non presenta traferri, attorno al quale sono avvolte spire in cui circola la corrente N I . Calcoliamo su di esso il flusso del vettore induzione magnetica
r, che sappiamo essere
nullo, essendo la superficie di riferimento B
Σ chiusa (vedi figura):
BSSBSBSBSBSdBSdB
SdBSdBSdBSdBSdBSdBSdB
SS
SSSSSS
=Φ⇒=⇒=+−⇒=⋅+⋅−
=⋅+⋅≅⋅+⋅+⋅+⋅⇒=⋅
∫∫∫∫∫∫∫∫∫
Σ
22112211
'
00'
00
31
314321
rrrr
rrrrrrrrrrrrrr
60.
nella quale si è trascurato il flusso uscente dalle superfici laterali di Σ . Dalla (60) si deduce, quindi, che il flusso è costante, e dunque, noto Φ è possibile ricavare B .
88
Magnetismo nella materia Massimiliano Carfagna
A questo punto, se è noto il ciclo di isteresi del materiale, è anche possibile sapere il
valore di µ , mediante la HBrr
µ= . A questo punto, ricordando che
NIldH =⋅∫l
rr 61.
Possiamo scrivere che:
∫∫∫∫∫ Φ===⋅=⋅=
lllll
Φrr
rr dldlBdlB
B
SSldldHNI
µµµµ 62.
Nella quale si è usato il fatto che r
è parallelo a ldr
(e quindi BdlldB =⋅rr
), ed inoltre che il flusso, essendo costante, può essere tirato fuori dall’integrale.
Definiamo, ora, le seguenti quantità:
riluttanza∫=ricemagnetomot forza=
l
SdlRµ
NIF
63.
quindi possiamo scrivere la (62) nella forma: Φ= RF 64.
che prende il nome di legge di Hokinson. Essa è valida sempre se il ciclo di isteresi è molto sterro, altrimenti il ciclo di isteresi deve essere noto, affinché, per H
r assegnato, si possa
conoscere il corrispettivo valore di µ . La riluttanza è una quantità che in un circuito magnetico molto semplice, la cui
sezione è piccola rispetto alla lunghezza totale del circuito, assume la forma seguente: S
SR
µ=
l 65.
questo vuol dire che: 1. note le dimensioni geometriche del circuito; 2. noto il ciclo di isteresi e il corrispettivo valore di µ ; 3. nota la corrente che passa nell’avvolgimento e il numero di spire
è possibile ricavare il flusso Φ e da esso ricavare il campo magnetico sviluppato dal circuito.
In analogia con il caso elettrico, per la riluttanza, è possibile scrivere relazioni simili alle resistenze in serie ed in parallelo, infatti si ha che:
1. se gli elementi del circuito sono disposti in serie, essi sono attraversati tutti dallo stesso flusso, ne segue che la riluttanza complessiva sarà data dalla somma delle riluttanze:
iiS RR ∑= 66.2. se gli elementi del circuito sono disposti in parallelo, allora vale la condizione
che la somma algebrica dei flussi entranti nel nodo sia nulla, e quindi la riluttanza complessiva è legata alle singole riluttanze dalla
⎟⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛∑=
ii
P RR11 67.
89
Magnetismo nella materia Massimiliano Carfagna
VI.12. Elettromagneti
Un elettromagnete è un circuito magnetico che possiede le seguenti caratteristiche: 1. nucleo di materiale ferromagnetico 2. ciclo di isteresi molto stretto 3. traferro eseguito lungo una sezione normale e di spessore d molto piccolo
rispetto alle dimensioni lineari della sezione (condizione necessaria e sufficiente affichè il flusso disperso lateralmente – effetti di bordo – si mantenga trascurabile rispetto al flusso totale)
0S
In queste condizioni si utilizza la legge di Hopkinson per risolvere il circuito, tenendo presente che anche il tra ferro possiede una sua riluttanza che sarà data dalla
00SdRtraferro µ
= 68.
nell’ipotesi che il tra ferro sia riempito d’aria ( 1=rµ ). In queste condizioni la soluzione del circuito è eseguita come già si è discusso nel paragrafo precedente, ossia mediante la:
SRINBBSRRF
TOTTOTTOT ⋅
⋅=⇒=Φ= 69.
in cui comprende tutte le riluttanze in serie ed in parallelo (quindi anche quella del traferro), ed è la sezione (supposta costante) del circuito.
TOTRS
In realtà è possibile risolvere il circuito anche quando l’ipotesi 2 non è verificata, ovverosia quando il ciclo di isteresi non è stretto, ma è noto. Per farlo si procede per via grafica. In questo caso, infatti, si può scrivere che:
INdHlHldH ⋅=⋅+⋅=⋅∫ 321
rr
traferrosul
0nucleo sul
70.
in quanto nel traferro non c’è materiale ferromagnetico e quindi si introduce il campo magnetico nel vuoto. Ricordando le condizioni di raccordo del vettore e del vettore B
rHr
, possiamo osservare che nel traferro il campo di induzione magnetica è uguale al valore che assume nel materiale, ovverosia
0BBrr
= 71.In quanto sappiamo che nel passaggio tra due mezzi la componente normale del campo di induzione magnetica si conserva. Dato che, in questo caso, il campo nel materiale non ha componente tangente, allora vale la (71). Per il campo magnetico
Br
Hr
invece, non è così, infatti si ha che:
43421
rr
43421
rr
nucleo nel
0
traferronel
0
00 ;
r
BHBHµµµ
== 72.
Sostituendo la (71) nella (72) e la prima delle (72) nella (70) si ottiene la seguente relazione:
dlH
dINBBdlHINBdlHIN 00
000
µµµµµ
⋅⋅−
⋅⋅=⇒+⋅⋅=⋅⋅⇒+⋅=⋅ 73.
90
Magnetismo nella materia Massimiliano Carfagna
)
)
la quale, nel piano ( , è l’equazione di una retta a coefficiente angolare negativo. A questo punto, per ottenere il valore del campo di induzione magnetica, e risolvere, quindi, il circuito, basta semplicemente fare il sistema con la funzione
HB,
(HBB = del ciclo di isteresi; i p.ti di intersezione saranno i valori di cercati: B
( )⎪⎩
⎪⎨⎧
=
⋅⋅+⋅
⋅−=
HBBdINH
dlB 00 µµ
74.
VI.13. Magneti permanenti
Un materiale ferromagnetico che possiede un ciclo di isteresi molto largo (alto valore di magnetizzazione residua ) ed il cui nucleo possiede un momento magnetico proprio, nel momento in cui viene sottoposto ad un particolare processo di magnetizzazione, viene detto magnete permanente.
rM
Supponiamo, quindi, di prendere il solito circuito magnetico toroidale lungo l con un piccolo traferro di lunghezza d . Supponiamo che esso sia inizialmente smagnetizzato e che mediante un avvolgimento di eccitazione, facciamo compiere al materiale la curva di prima magnetizzazione del suo ciclo di isteresi. Supponiamo, inoltre, di giungere al punto di saturazione del ciclo di isteresi (ossia aumentiamo la corrente nell’avvolgimento tanto da arrivare a produrre, nel materiale, un campo magnetico massimo . A questo punto eliminiamo l’avvolgimento ed osserviamo cosa accade: il campo magnetico
SmH
H all’interno del materiale decresce, mantenendosi sempre al di sopra della curva di prima magnetizzazione, seguendo il suo ciclo di isteresi. Esso si fermerà in un punto ( )LL BH posto nel secondo quadrante, il quale può essere ricavato per via grafica intersecando la retta di carico con la curva di isteresi del materiale.
Per ricavare l’equazione della retta di carico procediamo come nel precedente paragrafo, ma in questo caso dobbiamo tener conto che, avendo eliminato l’avvolgimento, le correnti concatenate sono nulle, per cui:
B
dNI0µ
B
( )HBB =
H
Retta di carico dell’elettromagnete
91
Magnetismo nella materia Massimiliano Carfagna
Hd
lB
ldB
ldHHdHlHldH
0
0
00
traferrosul
0nucleo sul
0
µ
µ
−=
⇓
⋅−=⋅−=⇒=⋅+⋅=⋅∫ 321
rr
75.
dalla quale si evince che la retta di carico, a coefficiente negativo, passa per l’origine. Il valore di per il quale si ha la magnetizzazione (permanente) si ricava, per via grafica, mediante il sistema:
B
( )⎪⎩
⎪⎨⎧
=
−=
HBB
Hd
lB 0µ 76.
Il valore di magnetizzazione corrispondente si ricava, invece, con la
0
0
µµ LL HBM −
= 77.
La relazione (76), descrive come varia il campo di induzione magnetica al variare del campo magnetico all’interno del magnete, in assenza di correnti esterne (e dunque è una situazione piuttosto generale, relativa a qualsiasi materiale magnetico). Si può confrontare la prima delle (76) con la prima delle (72):
ldBHBH ⋅−==
000 ;
µµ 78.
Da questo confronto traiamo le seguenti considerazioni: 1. mentre , ossia non subisce discontinuità nel passaggio dal nucleo al
traferro, il vettore 0BB =
H subisce una discontinuità, nel senso che varia il suo modulo;
2. Oltre alla variazione del modulo, nel passaggio dal nucleo al traferro il campo magnetico inverte il segno, ovverosia l’orientazione che esso possiede
Hd
lB 0µ−=
B
( )HBB =
H
S
LB
LH
Retta di carico del magnete permanente
92
Magnetismo nella materia Massimiliano Carfagna
al di fuori del nucleo è opposta a quella che possiede all’interno.
0BB ≡
0H
H
Discontinuità del campo magnetico
93
Campi variabili nel tempo Massimiliano Carfagna
VII. Campi variabili nel tempo
VII.1. Premessa
Nei precedenti capitoli si è sempre pensato che, a meno di fenomeni particolari quali la forza di Lorentz, il campo elettrico e il campo magnetico fossero due entità disaccoppiate. Tant’è che ciò poteva evincersi anche dalle equazioni di Maxwell nel caso stazionario:
( ) ( )( ) ( ) JHE
BDrrrrr
rrrr
=×∇=×∇=⋅∇=⋅∇
IV;0 III0 II; I ρ 79.
Infatti le precedenti equazioni differenziali risultano essere disaccopiate, in quanto in ognuna di essa compare solo il termine magnetico o solo il termine elettrico ma non entrambi. Vedremo tra un attimo che in realtà non è così: in presenza di fenomeni non stazionari le equazioni di Maxwell diventano accoppiate.
Questo fatto non è altro che la conseguenza teorica di ciò che avviene fisicamente: Er
e non possono considerarsi grandezze tra loro indipendenti, perché, quando le cariche sorgenti si mettono in movimento generando una corrente, provocano un campo magnetico. In effetti, si potrebbe obiettare che se le cariche sono ferme allora le due grandezze possono considerarsi disaccoppiate. Non è così: il fatto che le sorgenti siano ferme o in movimento dipende unicamente dal sistema di riferimento dal quale stiamo osservando il fenomeno. Ciò vuol dire che se delle sorgenti sono ferme per noi (e quindi non creano campo magnetico), possono non esserlo per un osservatore posto in un altro riferimento, quindi genereranno un campo magnetico per l’altro osservatore.
Br
Queste considerazioni qualitative ci inducono a pensare, quindi, che è possibile unificare i fenomeni elettrici e quelli magnetici raggruppandoli in un’unica entità fisica definita campo elettromagnetico. È doveroso notare che, seppure la descrizione dei fenomeni elettrici e magnetici è fisicamente associata ad un unico campo, ciò non trova riscontro nelle equazioni matematiche, nel senso che il campo elettromagnetico non è un unico vettore, bensì è sempre rappresentato dai vettori E
r e , anche nella trattazione
ondulatoria che adopereremo in seguito. Br
VII.2. Induzione elettromagnetica
Le considerazioni qualitative appena fatte, storicamente, furono la conclusione di un processo di comprensione di alcuni fenomeni elettrici e magnetici che non trovavano spiegazione in nessun altro modo se non in quello che vedremo in seguito.
Per capire in maniera piuttosto approfondita questo argomento è necessario partire dall’evidenza sperimentale. Consideriamo due circuiti costituiti da una linea chiusa, che
94
Campi variabili nel tempo Massimiliano Carfagna
chiameremo ed S . Supponiamo che in serie al circuito C , in cui non è presente alcun generatore di tensione, ci sia un galvanometro, necessario per misurare un eventuale corrente che lo attraversa. Il circuito avrà delle caratteristiche variabili che vedremo tra un attimo. A questo punto supponiamo di eseguire alcuni esperimenti:
C
S
1) in DC, in moto con velocità S vr : supponiamo di far passare una corrente continua nel circuito e di metterlo in moto, rispetto al circuito C con una velocità v
Sr generica.
2) in AC, fermo rispetto a C : supponiamo di far passare in S una corrente variabile nel tempo, ma, questa volta, mantenendolo fermo rispetto al circuito C .
S
3) = magnete, in moto con velocità S vr : supponiamo che il circuito sorgente non sia un conduttore, come si è ipotizzato fino ad ora, bensì un magnete permanente, e che questo venga messo in moto con velocità
S
vr rispetto al circuito C . 4) = sbarra conduttrice, in moto rotatorio con velocità vS r : supponiamo
ora che il circuito sorgente sia una sbarretta conduttrice che rotola lungo un filo conduttore piegato ad U (che, in questo caso sarebbe il circuito
), e che abbia una velocità lineare pari a vC r . Inoltre supponiamo che sia presente un campo magnetico B
r costante, diretto normalmente al
piano del circuito ad U. In ognuno dei precedenti casi, mantenendo fermo e poco distante da S , il circuito
, si verifica che in il galvanometro misurerà una corrente. Questa corrente è indotta dalle situazioni appena citate, quindi il fenomeno prende il nome di induzione elettromagnetica.
C C
A questo punto possiamo chiederci quale sia la causa di tale induzione di corrente nel circuito C .
La prima considerazione necessaria da fare è la seguente: ognuno dei quattro fenomeni prevede la presenza del campo di induzione magnetica. C’è, però, da dire che quest’ultimo si manifesta nei quattro esperimenti in modo sostanzialmente diverso, infatti:
• nei casi 1), 2) e 3) il campo Br
non è costante nel tempo, infatti, seppur la corrente stazionaria e il magnete producano campi costanti, il fatto che essi si muovano con velocità vr genera una variazione nel tempo di B
r; inoltre,
nel caso 2) si ha che una corrente dipendente dal tempo necessariamente genera un campo di induzione magnetica variabile nel tempo;
• nel caso 4) il campo di induzione magnetica Br
è costante nel tempo per ipotesi, quindi la situazione è apparentemente differente dai precedenti fenomeni. Si può notare, però, che la superficie sulla quale incide il campo
non è costante, in quanto, la sbarretta , istante per istante, si muove facendo aumentare la superficie sulla quale incide il campo. Dunque anche in questo caso è presente una variabilità nel tempo di una grandezza interessata al fenomeno.
Br
S
Dopo aver considerato ognuna di queste osservazioni, possiamo proceder all’analisi di un caso specifico, per poter arrivare alla formulazione di una legge del tutto generale che prende il nome di legge di Farady – Neumann.
95
Campi variabili nel tempo Massimiliano Carfagna
l
q+
Br
LFr iE
rq−
vr
( )ti
( ) tvtx ⋅=
G
iBr
yj
zk
Σ
xi
VII.3. Legge di Farady – Neumann
Analizziamo il caso specifico dell’esempio 4) fatto in precedenza. Abbiamo detto che la sbarra S è un conduttore, di lunghezza , che rotola su un circuito piegato ad U e che normalmente al piano incide, da basso verso l’alto (normale uscente dal piano), un campo di induzione magnetica
l
Br
, supponiamo, inoltre, che la velocità di traslazione della sbarretta vr sia costante; la situazione è rappresentata nella seguente figura:
Analizziamo in dettaglio cosa accade: l’avanzamento della sbarra nella direzione
x , per via della presenza del campo magnetico Br
, genera una forza di Lorentz LFr
orientata come in figura, la quale a sua volta genera un addensamento di cariche agli estremi della sbarretta. Queste cariche, a loro volta, instaurano un campo elettrico, diretto dall’accumulo di carica positiva a quella negativa, che a circuito aperto, è uguale al campo di Lorentz, e che chiameremo campo elettromotore:
jvBBvq
FEE L
Liˆ⋅=×===
rrr
rr 80.
Appare, dunque, evidente che, qualora la sbarretta vada a chiudere il circuito ad U, all’interno del circuito si instauri una corrente variabile nel tempo , che scorre nel verso indicato in figura (dalla carica positiva a quella negativa). A questo punto possiamo notare che la circolazione di corrente variabile nel tempo, a sua volta, genera nel circuito, un campo magnetico indotto
( )ti
iBr
opposto in verso (per via del verso di scorrimento della
corrente) al campo inducente Br
A questo punto, calcoliamo la circuitazione del campo elettromotore sulla sbarretta:
lrr
ll
vBvBdlldEi ==⋅ ∫∫ 81.
Dato che il campo magnetico è costante nel tempo, ma la corrente indotta nel circuito è variabile, possiamo ipotizzare che la variabilità temporale di quest’ultima sia dovuta alla variabilità temporale della superficie sulla quale incide il campo magnetico. L’unica quantità matematica che lega la superficie al campo è il flusso del campo di induzione
C
96
Campi variabili nel tempo Massimiliano Carfagna
magnetica ( )B
rΦ , che in questo caso corrisponde a:
( ) ( )( ) vtBtxBdBB llrrr
=⋅⋅=Σ⋅=Φ ∫Σ
82.
Osservando le due quantità appena calcolate ci si accorge che, se deriviamo rispetto al tempo la seconda delle due otteniamo la circuitazione del campo elettromotore cambiata di segno. A questo punto, è chiaro che, se invece di calcolare il flusso di , calcolassimo il flusso di (esattamente il suo opposto) si avrebbe che:
Br
iBr
( ) ( ) ( )( ) vtBtxBkkdBdBB iii llrrr
−=⋅⋅−=⋅−⋅Σ=Σ⋅=Φ ∫∫ΣΣ
ˆˆ 83.
Nella precedente relazione abbiamo scritto ( )kk ˆˆ ⋅− in quanto i è opposto in verso alla normale uscente della superficie
Br
Σ . Da notare che negli ultimi passaggi si è sostituito il modulo del campo inducente, in quanto i due moduli sono uguali. Deriviamo dunque rispetto al tempo, ed otterremo che:
( ) ( )l
rrr
l
r
l
Bvdt
BdldEvBdt
Bdi =
Φ=⋅⇒−=
Φ ∫ - 84.
Se indichiamo con i la circuitazione del campo elettromotore, si enuncia così la legge di Faraday – Neumann: se un circuito lungo l è immerso in un campo di induzione magnetica , la variazione temporale del flusso del campo provoca, sul circuito stesso, una forza elettromotrice, detta forza elettromotrice indotta, pari a:
f
Br
( )dt
Bdfi
rΦ
−= 85.
Voglio precisare che la Faraday – Neumann, ricavata in qui a partire da un caso molto particolare, ha una validità del tutto generale, dato che essa è facilmente ricavabile dalla terza di Maxwell scritta nel caso non stazionario (che ancora non si è introdotta, e che comunque la introdurremo a partire dalla Farady – Neumann).
Prima di procedere è necessario fare una osservazione sul segno meno che compare nella Farady – Neumann. Abbiamo detto che al passaggio di corrente indotta si genera un campo magnetico opposto al campo inducente. Il modulo del campo indotto è uguale a
quello del campo inducente se iBr
Br
è costante nel tempo, e varia la superficie, mentre se la superficie e costante, allora sarà B
r ad essere varibile nel tempo, quindi, in questo secondo
caso il campo indotto andrà, alla fine, ad eguagliare in modulo il campo inducente; riassumendo:
( )( ) ( ) ( )tBtBB
StBB
BBtSS
B
eq
ii
i
.
cost
cost
≡=⇒⎩⎨⎧
==
≡⇒⎩⎨⎧
==
rr
r
86.
97
Campi variabili nel tempo Massimiliano Carfagna
Considerando che, per ipotesi il circuito sul quale si applica la Faraday – Neumann è un circuito chiuso, e considerando che, quindi, Σ (che rappresenta la generica superficie di integrazione, di cui il circuito ne è il contorno) sarà anch’essa chiusa, il flusso totale del campo inducente e del campo indotto deve essere nullo per via della solenoidalità del campo magnetico, per cui si ha che:
( ) ( ) ( ) ( ) ( ) ( )dt
Bddt
BdBBBB i
ii
rrrrrr Φ
−=Φ
⇒Φ−=Φ⇒=Φ+Φ 0 87.
Questo spiega la differenza di segno che si era verificata nei precedenti calcoli. Possiamo enunciare, quindi, la cosiddetta legge di Lenz: la variazione di flusso del campo indotto tende a compensare la variazione di flusso del campo inducente, ovverosia sono l’una l’opposta dell’altra.
VII.4. Cause della variazione di flusso.
Possiamo scrivere la legge di Faraday – Neumann in modo esplicito, considerando che:
( ) ( )∫ ∫ ⎥⎥
⎦
⎤
⎢⎢
⎣
⎡Σ⋅−=⋅×+⇒
Φ−=
Σl
rrrrrrr
dBdtdldBvE
dtBdfi 88.
Nella quale la quantità BvEEi
rrrr×+= rappresenta il caso più generale di campo
elettromotore. In effetti la variazione di flusso può essere dovuta o alla variazione temporale della
superficie sulla quale incide il campo (come nel caso 4) del paragrafo 2), oppure alla variazione temporale del campo magnetico agente su una superficie costante nel tempo (come nei casi 1), 2) e 3) del paragrafo 2). A sua volta la variazione del campo può essere dovuta o alla variazione temporale delle sorgenti (ossia quando le correnti inducenti sono variabili nel tempo come nel caso2), oppure al moto delle sorgenti (come nel caso 1) e 3). Analizziamo, dunque i singoli casi.
i) ( )tΣ=Σ , ( )rBB rrr= : supponiamo di avere un campo costante nel tempo che
incide sulla superficie Σ di cui il circuito ne è il contorno. Supponiamo che al tempo il circuito sia lungo , mentre al tempo con
Citt = il ftt = dttt if +=
il circuito sia lungo e la superficie sia passata da a . Le due superfici
hanno normali concordi. Un elemento fl iΣ fΣ
ldr
del circuito spazza, nel tempo , un’areola pari a
dtkvdldtsdldd ˆ⋅=×=Σ
rrr , nella quale si è supposto che vdtds =
e è la normale uscente dall’areola laterale del cilindroide che si viene a formare. Appare evidente che essendo tutta la superficie chiusa, il flusso totale del campo di induzione magnetica deve essere nullo. Per flusso totale si intende la somma del flusso entrante ed uscente dalle basi, sommato al flusso uscente lateralmente, ovverosia
k
0=Φ+Φ+Φ− Σdfi , ne segue che ΣΦ−=Φ dd , nella quale ifd Φ−Φ=Φ . La quantità ΣΦ d prende il nome di flusso tagliato. A questo punto possiamo calcolare esplicitamente il flusso tagliato, nel seguente
98
Campi variabili nel tempo Massimiliano Carfagna
modo:
( )∫∫ΣΣ
Σ ×⋅=Σ⋅=Φ
dd
d dtvldBdB rrrrr 89.
Nella quale possiamo utilizzare l’identità vettoriale ( ) ( ) ldBvdtdtvldBrrrrrr
⋅×=×⋅ così da cambiare anche la variabile e la dimensione d’integrazione:
( )∫ ⋅×=Φ Σ
l
rrr ldBvdtd 90.
E quindi ricordando che ΣΦ−=Φ dd otteniamo che:
( )∫ ×=Φ
−
l
rrr ldBvdtd 91.
La quale rappresenta proprio la legge di Faraday – Neumann, nel caso in cui Er
sia nullo. In queste condizioni ( )( )tB Σ=Σ= ;cost , si dice che siamo di fronte al puro flusso tagliato, ed in condizioni di puro flusso tagliato il campo elettromotore indotto è semplicemente BvEi
rrr×= .
ii) ( )trBB ,rrr
= , : in questo caso è necessario suddividere l’analisi nei casi in cui la causa della variazione temporale è il moto delle sorgenti, ai casi in cui la variazione temporale è data da sorgenti variabili nel tempo (correnti dipendenti dal tempo).
cost=Σ
ii.a) Sorgenti stazionarie in moto: è evidente che se il circuito è in moto con velocità
Svr rispetto al circuito , sul circuito S si genera un campo
di Lorentz dato dalla CBvE SSL
rrr×=, . Dunque anche in questo caso si può
introdurre l’interpretazione di Lorentz. ii.b) Sorgenti variabili ferme: questo fenomeno non può essere interpretato
con la forza di Lorentz, quindi rappresenta una novità nell’ambito dei fenomeni trattati, e rappresenta anche la prova del fatto che la Faraday – Neumann non è riconducibile solamente alla forza di Lorentz bensì alla totalità dei fenomeni variabili nel tempo.
Possiamo inoltre mostrare un’altra evidenza che si deduce dalla Faraday –
Neumann: la non conservatività del campo elettrico in caso di fenomeni dipendenti dal tempo. Si ha infatti che se:
( ) ( ) 00 ≠⋅⇒≠Φ ∫
l
rrr
ldtEdt
Bdi 92.
Ma dato che un campo vettoriale è conservativo solo se la circuitazione lungo una linea chiusa è nulla, allora è chiaro che ( )tEi
r non è conservativo.
99
Campi variabili nel tempo Massimiliano Carfagna
VII.5. Terza eq.ne di Maxwell (caso non stazionario)
Come abbiamo precedentemente annunciato, dalla Faraday – Neumann possiamo far discendere la terza equazione di Maxwell nel caso non stazionario.
In effetti quest’ultima relazione può essere vista come la legge di Faraday – Neumann nel caso locale, in quanto, come ben sappiamo, nella terza di Maxwell compare il rotore del campo elettrico, che rappresenta proprio il campo elettrico punto per punto.
Per ricavare questa relazione possiamo procedere in due modi, ottenendo lo stesso risultato. Nel primo caso consideriamo il circuito rigido e fermo e il campo magnetico variabile nel tempo, nel secondo caso consideriamo entrambi variabili nel tempo.
Primo caso: scriviamo la Faraday – Neumann nella forma generale:
( ) ( )∫ ∫ ⎥⎥
⎦
⎤
⎢⎢
⎣
⎡Σ⋅−=⋅×+⇒
Φ−=
Σl
rrrrrrr
dBdtdldBvE
dtBdfi 93.
Abbiamo detto che il circuito è fermo ( 0=vr ), dunque si ha che:
∫ ∫ ⎥⎥
⎦
⎤
⎢⎢
⎣
⎡Σ⋅−=⋅
Σl
rrrrdB
dtdldE 94.
D’altra parte, al primo membro possiamo applicare il teorema di Stokes, mentre al secondo membro possiamo invertire l’ordine di derivazione e scrivere che:
( ) ∫∫ΣΣ
Σ∂∂
−=Σ×∇r
rrrr
dtBdE 95.
In cui è l’oggetto della derivata temporale, in quanto abbiamo supposto che Br
Σ non sia dipendente dal tempo in quanto il circuito è indeformabile. Dato che la precedente vale per qualsiasi Σ allora la sua validità implica l’uguaglianza degli integrandi:
tBE∂∂
−=×∇r
rr 96.
Secondo caso: Consideriamo un sistema di riferimento in quiete Oxyz , in cui un circuito di superficie ( )tΣ=Σ al tempo si trovi in una data posizione ed al tempo t dtt + assuma forma e si trovi spostato rispetto alla posizione di partenza. Il secondo membro della Faraday – Neumann sarà:
( dtt +Σ=Σ )
( )( )
( )( ) ⎥
⎥⎥
⎦
⎤
⎢⎢⎢
⎣
⎡Σ⋅−Σ⋅+− ∫∫
Σ+Σ
rrrrdtBddttB
dtd
tdtt
97.
Sviluppando al primo ordine il fattore ( )dttB +r
si ottiene che:
( ) ( ) dttB
tBdttB∂∂
+=+r
rr 98.
E sostituendolo nella precedente relazione possiamo scrivere che:
100
Campi variabili nel tempo Massimiliano Carfagna
( )( ) ( )
( )( )
( )( )
( )( ) ( )
=Σ⋅∂∂
−⎥⎥⎥
⎦
⎤
⎢⎢⎢
⎣
⎡Σ⋅−Σ⋅−=
=⎥⎥⎥
⎦
⎤
⎢⎢⎢
⎣
⎡Σ⋅−Σ⋅
∂∂
+Σ⋅−=
∫∫∫
∫∫∫
+ΣΣ+Σ
Σ+Σ+Σ
rr
rrrr
rrrr
rr
dtBdtBdtB
dt
dtBddttBdtB
dtf
dtttdtt
tdttdtt
i
1
1
99.
Possiamo notare che gli integrali nella parentesi quadra hanno le seguenti caratteristiche: • ( )tB
r è calcolato nello stesso istante t , quindi il campo di induzione magnetica è
costante nei due integrali; • ciò che varia nei due integrali e la geometria del circuito e conseguenzialemnte la
superficie; dunque la quantità tra parentesi quadre rappresenta una variazione di flusso di B
r dovuta al
colo moto del circuito, e abbiamo calcolato in precedenza (in occasione della condizione di puro flusso tagliato) che:
( )∫ ×=Φ
−
l
rrr ldBvdtd 100.
La quale è valida per qualsiasi circuito che abbia come caratteristica costante nel tempo e il circuito in movimento. Inoltre essa è valida anche nel caso di un circuito non rigido, per cui possiamo scrivere che:
Br
( )( )
( )( )
( )∫∫∫ ×=⎥⎥⎥
⎦
⎤
⎢⎢⎢
⎣
⎡Σ⋅−Σ⋅−
Σ+Σ l
rrrrrrrldBvdtBdtB
dttdtt
1 101.
E quindi si ha la Faraday – Neumann assume la forma:
( )( )
( )( )
( ) Σ⋅∂∂
−=⋅×−
⇓
Σ⋅∂∂
=×−⋅⇒Σ⋅∂∂
−×=⋅
∫∫
∫∫∫∫∫∫
Σ
+Σ
→
+Σ
rr
rrrr
rr
rrrrrrr
rrrrr
l
llll
dtBldBvE
dtBldBvldEd
tBldBvldE
i
dtt
dti
dtt
i 0lim
102.
Nella quale abbiamo mandato al limite per il secondo membro cosicché si può notare che essa è una variazione di flusso a superficie costante e campo variabile nel tempo (a differenza del membro trattato in precedenza che presentava una situazione invertita).
0→dt
Possiamo notare che un osservatore posto nel riferimento inerziale misura una forza pari alla:
( )BvEqFrrrr
×+= 103.La quale è dovuta al campo elettromotore indotto, ovverosia , ne segue che uguagliando le due espressioni e andando a sostituire il risultato nella precedente otterremo che:
iEqFrr
=
101
Campi variabili nel tempo Massimiliano Carfagna
Σ⋅∂∂
−=⋅⇒×−=⇒×+= ∫∫Σ
rr
rrrrrrrrrr
l
dtBldEBvEEBvEE ii 104.
Applicando il teorema del rotore e uguagliano le funzioni integrande si ottiene il risultato cercato:
( )tBEd
tBdE
∂∂
−=×∇⇒Σ∂∂
−=Σ×∇ ∫∫ΣΣ
rrrr
rrrr
105.
VII.6. Autoinduzione ed induttanza
Un circuito percorso da corrente ( )tI genera un campo di induzione magnetica ( )tBr
variabile nel tempo, quindi, necessariamente, varierà il flusso ( )B
rφ concatenato con il
circuito. Per la legge di Faraday – Neumann, nel circuito, si instaurerà una forza elettromotrice che prenderà il nome di forza elettromotrice autoindotta (in quanto il fenomeno è riflessivo, nel senso che è il circuito stesso a generare questa corrente, questa denominazione giustifica anche il cambiamento di pedice).
af
Nell’ipotesi che la corrente abbia lo stesso valore lungo tutto il circuito e che i materiali siano omogenei ed isotropi è possibile notare che, per la legge di Biot – Savart la corrente è proporzionale al campo di induzione magnetica, ed a sua volta il campo di induzione magnetica è proporzionale al flusso elementare, quindi sicuramente possiamo dire che il flusso è proporzionale alla corrente, e chiameremo il coefficiente di proporzionalità coefficiente di autoinduzione L, o induttanza, riassumendo:
( )
( )( ) LIB
B
IB
SdBB
rrldIrB
S
l =Φ⇒⎪⎩
⎪⎨⎧
∝Φ
∝⇒
⎪⎪
⎩
⎪⎪
⎨
⎧
⋅=Φ
∆
∆×⋅
πµ
=
∫∫ r
r
r
rrr
r
rrrr
30
4 106.
Il valore del coefficiente di autoinduzione è determinato unicamente dalla geometria del circuito e dal materiale. Ciò vuol dire che, se il circuito possiede una geometria semplice allora il fenomeno dell’autoinduzione può essere trascurato in quanto la forza elettromotrice autoindotta è molto piccola, e quindi anche l’induttanza è molto piccola, dato che
( )dtdIL
dtBdfa −=
Φ−=
r
107.
In generale, quindi, il circuito trattato ha una equazione che ne regola il passaggio della corrente data dalla:
RIff a =+ 108.in cui è la forza elettromotrice erogata dal generatore ed è la resistenza equivalente del circuito (ossia la resistenza dei conduttori che costituiscono il
f R
circuito, la resistenza interna del generatore, eventuali resistori presenti nel circuito). Come abbiamo detto in precedenza, se il circuito è particolarmente semplice il termine risulta af
102
Campi variabili nel tempo Massimiliano Carfagna
trascurabile, mentre, se nel circuito sono presenti condizioni che favoriscono l’autoinduzione (solenoidi, circuiti particolarmente complessi, circuiti percorsi da correnti che variano molto rapidamente,…) il termine suddetto non può essere trascurato e nello schema del circuito viene inserito un simbolo come quello in figura che prende il nome di induttore ed indica la presenza di un fenomeno di autoinduzione la cui f.e.m non è trascurabile. Un circuito di questo tipo è detto circuito RL in serie e l’equazione differenziale che regola il passaggio della corrente è:
fRIdtdIL =+ 109.
VII.7. Analisi del circuito RL (serie)
Il circuito RL in serie è quello mostrato nella precedente figura, inoltre la sua equazione per la corrente è data dalla:
⎪⎪⎩
⎪⎪⎨
⎧
==τ
=τ+⇒=+⇒=+
RfI;
RL
IdtdII
Rf
dtdI
RLIfRI
dtdIL
m
m
110.
La cui soluzione è facilmente ricavabile per separazione delle variabili, infatti si ha che:
R
L
T
f
I
Circuito RL (serie)
103
Campi variabili nel tempo Massimiliano Carfagna
( ) ( )τ−=−⇒+τ
−=−
⇓
τ−=
−⇒
τ−=
−⇒
τ−=
−⇒τ−=− ∫∫
/tmm
mm
mm
AeIIAtIIln
dtII
dIdtII
dIdtdI
IIdtdIII
111.
A questo punto possiamo determinare il valore della costante a partire dalle seguenti condizioni iniziali: al tempo zero la corrente che circola nel circuito è nulla, per cui imponendo che:
( ) ( )mm
/m IAAIAeII −=⇒⋅=−⇒=− τ− 100 0 112.
E sostituendo nella precedente si ottiene che:
( )( )⎪⎪⎩
⎪⎪⎨
⎧
=
=τ−= τ−
RfI
RL
coneIIm
/tm 1 113.
La precedente relazione rappresenta l’andamento della corrente in un circuito RL (serie) dopo la chiusura dell’interruttore T. Nel grafico è rappresentato questo andamento per diversi valori di induttanza. Si vede chiaramente che, a parità di resistenza, quanto più è alta l’induttanza, tanto più tempo impiega la corrente a raggiungere il valore che avrebbe se non fosse presente l’induttore.
In precedenza abbiamo detto che la forza elettromotrice autoindotta ai capi
RfIm =
310197 −⋅=L
210197 −⋅=L
110197 −⋅=L
Andamento della corrente in funzione del tempo per valori decrescenti di induttanza
dell’induttore è data dalla:
104
Campi variabili nel tempo Massimiliano Carfagna
dtdILfa −= 114.
Dato che ora conosciamo la relazione che lega la corrente al tempo, possiamo derivarla e sostituirla nella relazione precedente, in modo da poter graficare anche questa relazione per poter capire come si comporta la f.e.m. indotta:
( )( )[ ] ( ) ( )
( )tL/Ra
tL/Ramm
fef
eRf
LRLf
dtdt
−
−
−=
⇓
⎟⎠⎞
⎜⎝⎛ ⋅⋅−=⇒
115.
E’ importante nota empo, inoltre, il
re del circuito? Di fatto la
/t/t eIeIddI τ−−τ− τ=−= 11
310197 −⋅=L210197 −⋅=L
110197 −⋅=L
Andamento della f.e.m. autoindotta in funzione del tempo per valori decrescenti di induttanza,misurata ai capi dell’induttore
re che la f.e.m. autoindotta aumenta all’aumentare del tsegno meno garantisce l’opposizione alla f.e.m. erogata dal generatore.
A questo punto ci chiediamo: cosa accade se apriamo l’interrutto resistenza aumenta rapidamente, attestandosi ad un valore decisamente maggiore
del precedente (PERCHE’?) che indicheremo con 'R 116.
Questo comporta che l’equazione del circuito diventa:
'Rf
dtdI
'Rdt= 117.
La cui soluzione non si discosta molto dal caso precedente, infatti si ha che:
LIfI'RdIL +⇒=+
( ) 'tmm'
mm 'II'dt
τ
τ−τ 118.''' AeIIAtIIlndIdtdI'II −+=⇒+−=−⇒=−⇒τ−=−
105
Campi variabili nel tempo Massimiliano Carfagna
Per la condizione iniziale, però, adesso è necessario imporre che al tempo zer apertura del circuito) la corrente che passa nel circuito è la corrente massima, ossia
o (tempo di, ne mI
consegue che: ( ) 't'
mm'm
'mm
'mm eIIIIIIAAeII τ−−+=⇒−=⇒+= 0 19.
Dato che 1
R'R >> ne consegue che , e quindi si possono trascurare i due termini I e riscrivere la precedente relazione nella forma approssi
'R/fIR/fI 'mm =>>=
'm
seguente: mata
'tmeII τ−≅ 120.
Prima di mostrare l’andamento di questa funzione vogliamo far notare che anche la tensione ai capi dell’induttore cambia, in quanto
( )tL/'R'a
'/tm
'a
( )tL/'R'a fe
R'Rf
LRdt
−=
⇓
⎠⎝
121.
Si può notare che la tensione ai capi dell’induttore, adesso, non ha il segno negativo, essendo l’unica rimasta nel circuito (circuito aperto = assenza di generatore), il grafico,
Dal grafico si capis nsione che istantaneamente assum nzialmente in pochi secondi: essa prende il nome di extratensione di apertura. Ad essa, è ovviamente collegata
e'RfLdILfe'
ILdtdILf −τ− ⎟
⎞⎜⎛=−=⇒⎟⎟
⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛⎟⎠⎞
⎜⎝⎛
τ−−=−=
1
inoltre, comparato con il precedente, è il seguente:
f−
Apertura del circuito
( )tL/'R'a fe
R'Rf −=
( )tL/Ra fef −=
Andamento della f.e.m autoindotta ai capi dell’induttore in funzione del tempo, prima a circuito chiuso, poi a circuito aperto
ce che al momento dell’apertura nel circuito agisce una tee un valore altissimo, per poi decadere espone
106
Campi variabili nel tempo Massimiliano Carfagna
una extracorrente di apertura la quale è data proprio dalla
'tmeII τ−≅ 122.
la quale ha l’andamento molto simile a quello della extratensione, che mostriamo nella seguente figura. Le extracorrenti di apertura si ma ifestann
lo molto spesso nell’esperienza
quotidiana, infatti capita spesso che, spegnendo la uce, nell’interruttore si veda scoc
Il grafico model tutto, inoltre, corrente di apertura corrispond un asintoto verticale della funzione, ciò
care una scintilla, essa non è altro che l’effetto dell’extracorrente di apertura, la quale satura il dielettrico presente nell’interruttore e provoca la scintilla.
Apertura del circuito
'tmeII τ−≅
( )( )τ−−= /tm eII 1
mI
Andamento della corrente in funzione del tempo, prima a circuito chiuso, poi a circuito aperto
stra anche che la corrente nel circuito impiega qualche secondo per decadere seppur non del tutto visibile dal disegno, il valore di extra
e, matematicamente, addimostra anche che le extracorrenti assumono valori altissimi, ma decadono in pochi istanti.
É possibile fare un’analisi dal punto di vista energetico del circuito in questione, infatti prendendo in considerazione la
dtLRIf += 123.
Nella quale consideriamo costanti le
dI
quantità , ed , possiamo notare che moltiplicando ambo i membri per otteniamo:
2
la a la forza elettromotrice del generatore e
f R LIdt
LIdtdtRIfIdt += 124.Il primo membro di quest’ultima relazione rappresenta proprio l’energia erogata dal generatore, infatti, in questo caso, f rappresent non la f.e.m. autoindotta; appare anche evidente che il primo addendo al secondo membro
107
Campi variabili nel tempo Massimiliano Carfagna
corrisponde all’energia dissipata dalla resistenza nell’intervallo temporale dt , quindi si deduce che anche l’induttore sottrae una parte di energia al generatore, la quale, in forma elementare, può essere scritta come:
LIdIdU L = 125.Considerando che all’istante iniziale la corrente che fluisce nel circuito entre dopo che sia trascorso un tempo essa è pari ad
è nulla, mdt I , possiamo integrare la precedente
relazione dicendo che: 2
0 21 LILIdI
I
== ∫ 126.U L
La quale rappresenta l’energia posseduta da un induttore di induttanza percorso da corrente
LI . É chiaro che calcolando l’energia per unità di tempo otterremo la potenza
posseduta dall’induttanza. Si dimostra facilmente che, ricordando l’espressione esplicita della corrente circolante nel circuito RL, ovverosia:
( )( ) ( )τ−τ− ⎪⎪⎨
⎧ =τ−= /t R
L
coneII 1 −=⇒
⎪⎪⎩
=
/t
m
m eRfI
RfI
1 127.
La potenza erogata dall’induttore risulta essere, ovviamente, la differenza tra la potenza erogata dal generatore e la potenza dissipata dalla resistenza, infatti
( )2
1 τ−−== /tG
( )22
2 1 τ−−== /tR e
RfRIW
128.
Ma, d’altra parte, la potenza dell’induttore altro non è che l’energia per unità di tempo, ovverosia:
eRffIW
( ) ( )( )τ−τ−τ−τ− −=⎟⎞
⎜⎛⋅−=== /t/t/t/tL eefeRfefLdILIdUW 11
2
129.⎠⎝
L RLRRdtdtQuindi sottraendo membro a membro le potenze del generatore e della resistenza si giunge proprio all’espressione appena ricavata, infatti:
( ) ( )/t/t/t/t/tRG
( )( ) L/t/t Wee
Rf
R
=−= τ−τ−12
130.
Nel grafico successivo mettiamo a confronto le diverse potenze al variare del tempo.
eefeeeRfWW −=+−−−=− τ−τ−τ−τ−τ− 211 2
22
2
108
Campi variabili nel tempo Massimiliano Carfagna
R/f 2
GWRW
LW
τ
Andamento comparato della potenza del generatore, della resistenza e dell’induttanza in un circuito RL
VII.8. Solenoidi percorsi da corrente
Dalle considerazioni appena effettuate circa l’introduzione dell’induttanza e dell’energia ad essa associata, possiamo passare all’applicazione di questi concetti al caso specifico di un sistema magnetico molto utilizzato nella pratica: il solenoide, di lunghezza
, percorso da corrente l I composto da spire, ognuna di superficie S . NCome prima cosa calcoliamo il coefficiente di autoinduzione del solenoide, prima
nel caso in cui esso sia privo di nucleo, poi nel caso in cui possegga un nucleo ferromagnetico di costante rµ :
1. Solenoide vuoto: sfruttiamo la formula introduttiva dell’induttanza, ovverosia che ( ) IBL 0
rΦ= , quindi, dato che il campo magnetico generato all’interno del
solenoide vuoto (assenza di nucleo ferromagnetico nel solenoide) è ( ) nIIlNB 000 µ=µ= , allora, si ha che ( ) nINSNSBB 000 µ==Φ
r e quindi
l’induttanza diventa: . lSnnNSL 200 µ=µ=
2. Solenoide con nucleo ferromagnetico: ciò che cambia rispetto al caso precedente è solo il campo di induzione magnetica, e conseguenzialmente il suo flusso, cosicchè si ha: ( ) lSnnNSINSBIBL rrr
2000 µµ=µµ=µ=Φ=
r.
A questo punto, servendoci dell’analisi fatta sul circuito RL, possiamo pensare il solenoide percorso da corrente come un circuito RL alimentato da un forza elettromotrice costante , le cui spire posseggono resistenza complessiva , cosicchè si avrà la ormai solita:
f R
109
Campi variabili nel tempo Massimiliano Carfagna
dtdILRIf += 131.
La corrente, però, provoca un’autoinduzione, come si è visto nel paragrafo precedente, ciò vuol dire che si instaura una f.e.m. autoindotta che, per la Faraday – Neumann sarà:
( ) ( )dtdBNSNSB
dtd
dtdIL
dtdIL
dtdLIB ==⇒=Φ
⇒=Φ 132.
A questo punto, ricordando il procedimento seguito per il calcolo dell’energia dell’induttore nel caso del circuito RL, ci basta sostrituire il risultato ottenuto nell’equazione del circuito RL e moltiplicare il tutto per , per cui: Idt
321LdU
NSIdBdtRIfIdtdtdBNSRIf +=⇒+= 2 133.
Si può notare che l’ultimo termine a secondo membro rappresenta proprio l’energia elementare che deve essere somministrata al solenoide nel tempo . dtA questo punto calcoliamo l’energia elementare per unità di volume, che chiameremo
, che nel caso del solenoide corrisponde a: Ldu
nIdBSl
NSIdBSl
dUV
dUdu LLL ==== 134.
Per un solenoide si dimostra facilmente (pag. 312 - Mecuccini – Silvestrini, Vol II) che vale la con HnI = µ= BH , ne segue che la densità di energia sarà:
BdBduL µ=
1 135.
E quindi integrando tra due valori di campo Br
generici, ad esempio tra 0 e , otteniamo la densità di energia magnetica del solenoide:
B
BHBBdBduuBB
LM 21
211 2
00=
µ=
µ== ∫∫ 136.
Questa relazione prende il nome di energia magnetica in quanto, seppur generata dall’induttore, corrisponde all’energia provocata dal campo magnetico che si instaura per via del passaggio di corrente nell’induttore (ossia per la variaizone di flusso concatenato). Per sapere l’energia magnetica effettiva, basta integrare la densità su un volume di spazio nel quale si propaga . Vedremo in seguito in che modo questo ragionamento possa essere generalizzato.
B
Muτ B
VII.9. Legge di Felici e induzione mutua
Dalla definizione di coefficiente di autoinduzione (o induttanza) seguono alcune conseguenze notevole che vale la pena di citare.
Come prima cosa possiamo introdurre la cosiddetta legge di Felici la quale si ricava nel seguente modo: consideriamo una spira di superficie , avvolta da spire percorse da corrente, immersa in un campo magnetico
S NBr
ortogonale al piano della spira (una situazione simile a quella vista nella definizione di momento magnetico); il flusso iniziale del campo magnetico uscente dalla superficie della spira, sarà dato, quindi, dalla:
( ) NSBBi =Φr
137.
110
Campi variabili nel tempo Massimiliano Carfagna
Nella quale il valore di campo da inserire è il valore medio del modulo di B
r sull’area
occupata dalla spira. A questo punto, ammettendo che la corrente che circola negli avvolgimenti sia costante, possiamo supporre una variazione del campo di induzione magnetica, provocata, ad esempio, dal fatto che prendiamo la spira e la portiamo il una regione di spazio in cui , si ha quindi che, la variaizone di campo, genera una forza elettromotrice indotta che corrisponde, per la Faraday – Neumann alla:
0=B
dtd
dtdILRI
dtd
f iii
Φ−=+⇒
Φ−= 138.
Avendo eguagliato la f.e.m. indotta all’equazione del circuito RL, in quanto la variazione di flusso è, per l’appunto, la causa di un fenomeno di autoinduzione. Possiamo notare, quindi , che, moltiplicando ambo i membri per , la precedente relazione può essere integrata rispetto al tempo:
dt
( )
( )
∫∫∫Φ
ΦΦ−=+⇒Φ−=+f
i
f
i
f
i
dLdIRIdtdLdtRIdttI
tI
t
t 139.
Appare evidente che e rappresentano i tempi per cui, rispettivamente, il flusso vale e 0 (in quanto si è assunto che la spira venga spostata in una zona in cui il campo è
nullo, per cui è nullo anche il flusso).
it ftNSB
I due integrali a primo membro hanno una semplice soluzione, infatti possiamo notare che: - in cui Q è la carica totale che attraversa il circuito; QIdt =- ( )itI , ( )ftI sono entrambe nulle, in quanto all’inizio del fenomeno, nella spira
non passa corrente, alla fine neanche (in quanto la spira è posta in una zona in cui e quindi non c’è nessun campo magnetico che induca corrente circolante)
0=B
In definitiva si ha che la variazione di flusso sarà pari al prodotto della resistenza per la carica totale che attraversa il circuito, ovverosia:
RQfi =Φ−Φ=∆Φ 140.Questa relazione prende il nome di Legge di Felici. L’importanza di questa legge risiede nel fatto che: 1. non dipende dalla legge temporale con cui varia il flusso di ; Q B
r
2. dalla misura di Q (mediante un galvanometro balistico) si può risalire al valore di Br
agente sulla spira (basta ricordare che NSBi =Φ e che 0=Φ f ).
Fino a questo punto si è sempre parlato di un singolo circuito percorso da corrente, ma cosa succede se poniamo nelle vicinanze di questo, un secondo circuito non percorso da corrente? Ciò che accade è la cosa seguente: supponiamo che il primo circuito sia percorso da corrente variabile nel tempo ( )tI1 ; ciò provoca un campo magnetico indotto
1( )tBr
. Dato che, oltre al primo circuito ( quindi al flusso di 1( )tBr
concatenato al primo circuito), è presente anche il secondo circuito, nel quale non scorre corrente, è possibile calcolare anche quanto vale il flusso del campo ( )tB1
r concatenato con il circuito 2, e per
quanto detto in precedenza, esso sarà proporzionale alla corrente (quale?) presente nel circuito 1 (in quanto il 2 non è percorso da corrente), ovverosia:
111
Campi variabili nel tempo Massimiliano Carfagna
( ) 12112 IMB =Φr
141.Nella quale il coefficiente 21M che compare nella precedente relazione, essendo, in effetti, un coefficiente di induzione, prende il nome di coefficiente di mutua induzione (o induttanza mutua), in quanto, come vedremo a breve, ha esa te lo stesso valore, anche se fosse il circuito 2 ad es
ttamensere percorso con una corrente II ≠ , mentre il circuito 1 12
non fosse percorso da corrente. Tutto ciò si può dimostrare facilmente se calcoliamo in modo esplicito il flusso di ( )tB1
r
concatenato al circuito 2, sfruttando il potenziale vettore, infatti possiamo scrivere che:
( ) ( ) ∫∫∫ =×∇==Φ222
21212112
CSS
ldASdASdBBrrrrrrrr
so
potenziale vettore nella sua forma esplicita, e sostituiamolo nella precedente relazione:
142.
Nella quale si è inte che 2S fosse una qualsiasi superficie chiusa che avesse come contorno il circuito 2C , ed inoltre, nell’ultimo passaggio si è utilizzato il teorema di Stokes. A questo punto esprimiamo il
( ) ∫ ∫∫ ∫∫ ⎥⎥⎦
⎤
⎢⎢⎣
⎡
−⋅
πµ
=⎟⎟⎟
⎠
⎞
⎜⎜⎜
⎝
⎛
−πµ
==Φ2 22 22
12
2112
12
112112 44
C CC CCrrldldIld
rrldIldAB rr
rrr
rr
rrrr
143.
È chiaro che, osservando le quantità definite nella figura precedente, si può notare che: - l1221 dldldld
r
y
z
1rr
2rr
12 rr rr−1ld
r
2ldr
1C
2C
x
rrr⋅=⋅
- 2112
- l’ordine di integrazione può essere invertito quindi la precedente relazione è simmetrica rispetto agli indici 1 e 2. Ciò dimostra che il coefficiente di mutua induzione è simm
rrrr rrrr−=−
etrico fra i due circuiti, in quanto, dividendo per la precedente relazione si ottiene che:
1I
1212
21
2 2
4M
rrM
C C
=⎥⎥⎦⎢
⎢⎣ −π
= ∫ ∫ rr21 ldld ⎤⎡ ⋅µrr
144.
L’introduzione del coefficiente di mutua i izione ci p rmnd e ette anche di esprimere la forza elettromotrice indotta dai due circuiti nel seguente modo:
dtdIM
dtdf m 1
21
21−=Φ
−= 145.
112
Campi variabili nel tempo Massimiliano Carfagna
rso da corrente. In questo paragrafo vogliamo approfondire gli aspetti energe
un’apparente incongruenza energetica con un esempio: supponiamo di avere un solenoide vuoto percorso a corrente costante nel tela sua energia magnetica è data dalla:
VII.10. Energia magnetica
Già in occasione del circuito RL si è introdotta la cosiddetta energia magnetica MU di un circuito perco
tici generali che i circuiti percorsi da corrente posseggono, avvalendoci del principio dei lavori virtuali.
Come prima cosa risolviamod mpo,
220
20 2
121 lSInILU i,M µ== 146.
Ora immaginiamo di introdurre un cilindro ferromagnetico all’interno del solenoide: ciò che accade è che esso viene attratto dal solenoide, quindi viene risucchiato all’interno l’energia finale, dopo che il cilindro ferromagnetico si trova all’interno del solenoide s
;arà:
222 11 lSInIU rf,M µµ== 022L 147.
e dato che per materiali ferromagnetici rµ è molto maggiore di 1, si ha che:
i,Mf,M UU >> 148.ossia il sistema tende alla stabilità quando l’energia è massima: questa è un’idiozia bella e buona!
agnetica, e possiamo farlo partendo dall’analisi di più circuiti
Per descrivere il comportamento dei due circuiti possiamo scrivere il seguente sistema di equazioni differenziali accoppiate:
Una cosa del genere è fisicamente impossibile, dunque, nella nostra analisi ci siamo dimenticati di qualcosa.
Per risolvere questa apparente incongruenza dobbiamo, innanzi tutto trovare una espressione generale dell’energia m
RL che interagiscono tra loro. Cominciamo con il caso di due circuiti per poi generalizzare al caso di N circuiti.
⎪⎪⎩
⎨=−− 22
121
222 IR
dtdIM
dtdILf
nelle quali le f.e.m. dei due circuiti sono costanti, inoltre viene considerato il dispendio di energia dovuto sia all’autoinduzione che ogni circuito provoca su se stesso, sia il dispendio
dovuto alla mutua induzione che ogni circuito provoca .
⎪⎪⎧ =−− 11
212
111 IR
dtdIM
dtdILf
149.
energetico sull’altro A questo punto moltiplichiamo ambo i membri delle due equazioni rispettivamente per dtIdQ 11 = e
e sommiamo membro a membro, ricordando inoltre che : dtIdQ 22 = 2112 MM =
( ) ( ) ( )dtIRIRdIIdIIMdIILdIILtIfIf
dtIRdIIMdIILdtIf222
211122112222111211
22122122222
+=+−−−+
=−− 150.
Si pud
dtIRdIIMdIILdtIf
2
2
211211211111 =−−
ò notare come a primo membro siano evidenti i termini che riguardano la cosiddetta energia magnetica , infatti raccogliendoli tutti sotto il segno di differenziazione, si ha MU
113
Campi variabili nel tempo Massimiliano Carfagna
che:
( ) ⎟⎠
⎜⎝
++=+++= 21122211122112222111 22IIMILILddIIdIIMdIILdIILdU M 151.
Dalla qu e, in grando tra
⎞⎛ 22 11
al te i valori di corrente nulla (ad inizio fenomeno) ed i valori generici ed si ha che: 1I 2I
∫∫ ++==1 2
0 0
21121111 22MM
Questa relazione è molto importante in quanto ci fa capire che olt a energia dovuta ad ogni singolo circuito su se stesso, è presente un termine ( )2112 IIM energetico che giustifica l’erogazione di energia (da parte dei generatori) dovuta all’interazione tra i circuiti. Questo termine, utilizzando
22 11I I
IIMILILdUU 152.
re ad un
la già citata uguaglianza tra i coefficienti di mutua induzione, può essere riscritto come:
2121211221212112 2222IIMIIMIIIIIIM +=+= 153.
Andando a sostituir risultato
1212 11MM
e questo nell’energia magnetica e indicando con la notazione e si ha che: 111 LM ≡ 222 LM ≡
21212112222111 2222IIMIIMIMIMU M +++= 154.
Appare, dunque, chiaro che nel caso in cui i circuiti fossero N (e non due), si potrebbe
22 1111
scrivere l’energia magnetica in forma più compatta, utilizzando il simbolo di sommatoria:
∑=N
=
IIMU 1
j,ijij,iM
12
155.
a forma scritta per due circuiti possiamo raccogliere a fattore le correnti in questo modo:
Ricordando che il nostro scopo è quello di risolvere l’incongruenza che abbiamo individuato all’inizio del paragrafo, è necessario fare altri rimaneggiamenti per giungere all forma a noi utile dell’energia magnetica. Ritornando all
( ) ( )121222221211112IMIU M =
211 IMIMIIM +++ 156.
A questo punto possiamo notare c-
he: ( )11111 BILIM 11
rΦ== : flusso concatenato con il circuito 1 prodotto dal campo
magnetico del ci-
rcuito 1; ( )21112 BIMr
Φ= : flusso concatenato con il circuito 1 prodotto dal campo magnetico del circuito 2
- ;
( )222222 BILIM 2
rΦ== : flusso concatenato con il circuito 2 prodotto dal
campo magnetic-
o del circuito 2; ( )12221 BIMr
Φ= : flusso concatenato con il circuito 2 prodotto dal campo magnetico del circuito 1;
Appare chiaro, quindi, che, indicando con 21 BBBrrr
+= , la prima parentesi rappresenta il flusso concatenato con il primo circuito ad opera del campo magnetico totale, e la seconda
114
Campi variabili nel tempo Massimiliano Carfagna
è il flusso concatenato con il secondo circuito ad opera del campo totale; quindi:
( ) ( )( )BIBIU M
rr22112
Φ+Φ= 157.
Anche in questo caso la generalizzazione della formula ad N
1
circuito è immediata, cosicche avremo questa nuova scrittura per l’energia magnetica:
( )∑ Φ=N
=
BIU 1 r
kkkM
12
158.
le l’energia cinetica associata a questo spostam
Possiamo scrivere il bilancio energetico per unità di tempo del sistema nel seguente modo:
A questo punto possiamo riallacciarci al discorso introdotto all’inizio del paragrafo immaginando di applicare una forza esterna al nucleo ferromagnetico che imprima una velocità molto piccola, tale da considerare trascurabi
ento virtuale (Principio dei lavori virtuali).
dtdU
dtdtdtF RG ++⋅
dLdLsd M=rr
159.
Nella q le le sin
-
ua gole quantità corrispondono alle:
dtsdFrr
⋅ : lavoro (positivo) compito dall’esterno sul sistema per unità di tempo
- Ifdt
dLG = : lavoro (positivo) compiuto dal generatore per unità di tempo;
- 2RIdt
dLR −= : lavoro (negativo) compiuto dalla resistenza per unità di tempo;
- ( )dt
IBIdtdt
⋅=⎟⎠
⎜⎝
Φ⋅=22
: energia magnetica totale del sistema.
Sostituendo le dive
dddU m Φ⎞⎛ 11 r
rse quantità con i propri segni all’interno della relazione precedente si giunge a dire che:
2
2RIIfI
dtdtF +−
1 dsd Φ=⋅
rr 160.
Ricordando che per un singolo circuito RL si può scrivere che:
dtdRIfRI
dtdf Φ
+=⇒=Φ
− 161.
si giunge alla:
IdtdRII
dtdRII
dtd
dtsdF Φ
−=+Φ
−−Φ
=⋅21
21 2
generatore del contributo
2
4434421
rr 162.
E quindi si può notare che il generatore, oltre a compensare le dissipazioni per effetto Joule della resistenza, apporta un contributo doppio in modulo ed opposto in segno rispetto alla variazione di energia magnetica. Ecco spiegato l’arcano: questo è il motivo per cui l’energia finale, nell’esempio visto all’inizio del paragrafo, è maggiore di quella iniziale. In effetti non è così in quanto non si è tenuto conto dell’energia erogata dal generatore.
115
Campi variabili nel tempo Massimiliano Carfagna
eroga una energia supplementare che è esattamente il doppio di quella magnetica, infatti:
Analizziamo la cosa più in dettaglio: dalla relazione appena scritta ci si accorge che il generatore compensa totalemnet l’energia dissipata dalle resistenze, mentre
dtdtdt2 163.
fatto alcun lavoro dall’esterno
dUdUdL MMest +=
Allora, se non venisse ( )0=estL e se indichiamo con e con i,Mf,MM UUU −=∆ GL∆ la differenza di lavoro fatta eneratore, si ha chdal g e:
0=∆+∆ MG UL 164.Ma abbiamo appena detto che il generatore compie un lavoro che è doppio rispetto all’energia magnetica, per cui, sostituendo si ha che:
MMMMG UUUUL ∆−=∆+∆−=∆+∆ 2 165.
la quale provoc
unità di tempo fatto dalla forza esterna, ma deve essere di segno opposto, riassumendo:
A questo punto possiamo renderci conto che, se nel circuito da noi considerato è presente un’energia magnetica, allora ci sarà una corrispettiva forza magnetica
herà delle azioni meccaniche sul circuito stesso. Come fare per calcolarle? Nel caso del solenoide abbiamo visto che il lavoro per unità di tempo della forza
agente dall’esterno si è dimostrato essere uguale all’opposto della variazione di energia magnetica. Il lavoro per unità di tempo svolto dalla forza magnetica, quindi, deve corrispondere, in modulo al lavoro per
dtdU
dtsdF
dtdtFM⎪⎩
⋅⋅sdFsd
dtdU
dtsdF
MM
M
=⋅⇒⎪
⎪⎪⎨
⎧
−=
−=⋅ rrrrrr
rr
166.
Scrivendo esplicitamente il vettore dtsdr e manipolando il secondo mem ro si ha che: b
dtzdtydtxdt,
dt,
dtFM ⋅
∂+⋅
∂+⋅
∂=⎟
⎠⎜⎝⋅ 167.
E quindi, per identità
dzUdyUdxUdzdydx MMM ∂∂∂⎞⎛r
dei coefficienti possiamo scrivere la forza magnetica per componenti nel seguente modo:
tcosIM
tcosIM
tcosIM zyx === ∂∂∂
168.
A questo punto possiamo applicare le consid razioni svolte l problema posto inizialmente: consideriamo n solenoide di lunghezza l costituito da N spire di area S e percorse da una corrente
MzMyMx UF;
UF;
UF
∂=
∂=
∂=
e a uI . Nel solenoide viene inserito u i ferro dolce e le
condizioni di lavoro sono tali che si può porre, per il nucleon nucle
,o d
HB r 0µµ= . Vogliamo sapere con quale forza il nucleo viene attratto dentro il solenoide. Per risolvere il quesito possiamo utilizzare considerazioni del tutto energetiche, già fatte
116
Campi variabili nel tempo Massimiliano Carfagna
all’inizio del paragrafo: chiameremo x la direzione sulla quale agisce la forza, ed è chiaro che l’energia magnetica può essere così scritta:
2
2M 169.
Ma in questo caso il coefficiente di autoinduzione deve tener conto del fatto che il solenodie è pieno materiale di ferro d
1 LIU =
del olce solo per un tratto x , mentre risulta essere vuoto per il tratto , per cui si ha che: x−l
( ) ( )( )xSINIxSNSxNU rrM 122 ⎝⎠⎝ ⎠⎝⎠⎝ ll
11 2
0
2
0
2
0 −µ+⎟⎠⎞
⎜⎛µ=⎟
⎟⎞
⎜⎜⎛
−⎟⎞
⎜⎛µ+⎟
⎞⎜⎛µµ= l
ll 170.
Dunque, derivando rispetto alla x , otterremo la forza cercata:
( )12 0
⎠⎝rMM
l
1 2
−µ⎟⎞
⎜⎛µ=≡ x SINFF
r 171.
VII.11. Quarta equazione di Maxwell
momento di rendere anche la quarta
densità di corrente (di conduzione) per la costante di permeabilità magnetica nel vuoto:
Già in precedenza si è accennato al fatto che la quarta equazione di Maxwell non è valida nel caso non stazionario. Dato che in questo capitolo sono stati affrontati problemi dipendenti dal tempo (quindi non stazionari) è giunto il
equazione di Maxwell valida nel caso più generale. Come prima cosa ricordiamo l’equazione in questione: essa dice che il rotore del
campo di induzione magnetica è uguale al prodotto della
JBrrr
0µ=×∇ 172.Possiamo mostrare che essa non è valida nel caso non stazionario in due modi
differenti: 1. ergenza ad ambo i mApplichiamo l’operatore div embri dell’equazione in
questione, ed otteniamo che: ( ) ( ) 00 =µ⋅∇=×∇⋅∇ JBrrrrr
(pe l
rotore di un qualsiasi vettore è nulla) , ma d’altra pa
rchè la divergenza de
rte 00 =∂ρ∂⇔= t⋅∇ Jrr
, per via dell’equazione di continuità. La condizione 0=∂ρ∂ t è valida solo nel caso in cui ( )tρ≠ρ , ossia la densità di carica è costante nel tempo e quindi ci
2.
ort d
troviamo in regime stazionario. Applichiamo il teorema della circuitazione di Ampere (forma integrale della quarta equazione di Maxwell) ad un circuito in cui circola corrente dipendente dal tempo, e scegliamo come linea chiusa l una linea che forma un piano
ogonale alle facce del con ensatore; su essa costruiamo due superfici 1S ed
2S e calcoliamo il flusso di Br
attraverso queste due superfici, considerando che la prima include il conduttore in cui passa la corrente, la seconda non lo
include. Dato che il teorema di ampere dice che: ( ) ISdBdlB 0µ=×∇=∫ ∫Sl
rrrr è
erso
chiaro che esso deve vale per qualsiasi superficie si prende, e quindi p qualsiasi superficie deve dare lo stes risultato. In realtà se lo calcoliamo su 1S
117
Campi variabili nel tempo Massimiliano Carfagna
forma integrale della
odifica quale quazione di continuità; essa prevede che:
il risultato è diverso da zero perchè 1S è attraversata da corrente, mentre se lo si calcola su 2S il risultato è nullo perchè non c’è corrente in quella regione di spazio. Questa considerazione mostra che il teorema ha qualche problema, quindi, dato che questo teorema può essere visto come la quarta eq.ne di Maxwell, è necessario rivedere anch’essa.
A questo punto, quando lo stesso Maxwell si accorse di tali incongruenze, propose una geniale m , la prendeva piede proprio dall’e
0=∂ρ∂
+⋅∇t
Jrr
Sostituiamo al s
173.
uo interno la prima equazione di Maxwell, secondo la quale 0ερ=⋅∇ Err
, ottenendo che:
( ) 00 =⋅∇∂∂
ε+⋅∇ Et
Jrrrr
174.
Invertendo l’ordine di derivazione al secondo addendo del primo membro (per via del teorema di Swartz) e raccogliendo tutto sotto il segno di differenziaione, possiamo scrivere che:
00 00 =⎟⎠
⎜⎝ ∂
ε+∇⇒=∂
⋅∇ε+⋅∇t
Jt
J ⎟⎞
⎜⎛ ∂∂ EE
rrr
rrrr
175.
Dalla q e ntesi ha d1. a e
ual si ricava che il vettore tra pare ue importanti caratteristiche: Nel caso stazionario si h ch 0=∂∂ tE
r e quindi ci si riduce alla sola densità di
corrente di conduzione Jr
; Il vettore in ques2. tione ha la proprietà di essere solenoidale (divergenza nulla) in ogni situazione.
Dunque la quantità aggiuntiva alla corrente di conduzione ha pieno diritto di entrare a far parte del regno delle quantità di rilievo in un sistema fisico, e, ad essa, è stato dato il nom di densità di corrente di spostamento sJ
er
, mentre integrando su una qualsiasi superficie S (quindi, calcolando il suo flusso) si otterrà la cosiddetta corrente di spostamentocui:
sI per
∫∫ ∂SS
ss t∂
ε== SdESdJIr
rrr
ine derivante dalla corrente di spostamento a secondo membro, ovverosia scriveremo che:
0 176.
A questo punto possiamo scrivere la quarta equaizone di Maxwell nel caso non stazionario semplicemente andando ad aggiungere il term
⎟⎠
⎜⎝ ∂
ε+µ=×∇t
JB ⎟⎞
⎜⎛ ∂E
rrrr
00 177.
Essa è valida anche nel caso stazionario in quanto, in questo caso risulta uguale a zero la derivata temporale del campo elettrico (condizione verificata in caso di stazionarietà).
A questo punto, dopo aver fatto questa modifica, possiamo applicare di nuovo il teorema della circuitazione di Ampere al caso precedente del condensatore, per vedere se
118
Campi variabili nel tempo Massimiliano Carfagna
o che il flusso di esso attraverso una qualsiasi superficie chiusa è nullo; quindi possiamo calcolare il flusso dei vettori
è stata risolta l’incongruenza rilevata precedentemente. Abbiamo detto in precedenza che la quantità tra parentesi a secondo membro della
quarta equazione di Maxwell appena scritta rappresenta un vettore solen idale; ciò implica
Jr
e sJr
attraverso una qualsiasi superficie costruita su S l :
( ) 0=+=+ ∫∫ ss SdJSdJSdJJ ∫SSS
rrrrrrr 178.
A questo punto, per via dell’arbitrarietà di possiamo scegliere come superfici quelle già recedentemente enunciate:
S
Sp
021 =⋅+⋅ ∫∫ s ndSJndSJrr
21 S
179.
Ma le due normali sono opposte in verso, quindi i due integrali so o uguali ed opposti:n
sc
S
s
S
IIndSJndSJ =⇒=⋅+⋅− ∫∫ 021
21
rr 180.
Questo dimostra che la corrente di conduzione e la corrente di spostamento sono uguali, quindi nell’applicare il teorema di Ampere, in precedenza, risultav : a
( ) ( ) 00 =×∇µ=×∇ ∫∫ s SdB;ISdB21 SS
rrrrrr 181.
Mentre utilizzando l’equazione di Maxwell nella forma generale si ha che:
ss
S
c
SS
s
SS0
0
0
2
1211 µ=×∇⇒=⇒
⎪⎪
⎩
⎪⎪
⎨
⎧
µ==+=∇
µ==+=×∇
∫∫∫∫∫
∫∫∫∫rrr
rrrrrrrrr
( )
( )( ) ISdBII
ISdJSdJSdJSdB
ISdJSdJSdJSdB
S
sc
s
SSS 221
×
rrrrrrrrr
182.
l
cJJrr
=
sJr
1n
1S
2S
Applicazione del teorema della circuitazione di Ampere
119
Campi variabili nel tempo Massimiliano Carfagna
o finalmente il momento di racchiudere in maniera compatta ed unitaria tutte le equazioni di Maxwell scritte nel caso più generale (non stazionario), sia nel vuoto, sia nella materia:
A conclusione di quanto affermato durante tutto l’arco di questi appunti e dei
precedenti è giunt
tDJH;
tEJB
tBE;
tBE
B;B
D;E
∂∂
+=×∇∂∂
µε+µ=×∇
∂∂
−=×∇∂∂
−=×∇
=⋅∇=⋅∇
ρ=⋅∇ερ
=⋅∇
rrrr
rrr
rrr
rrr
rrrr
r
rrrr
000
0
00 183.
È doveroso ricordare che:
MBH;PEDr
rrrrr
−µ
=+ε=0
0 184.
Il fatto che in almeno quattro delle otto equazioni di Maxwell compaiano contemporaneamente quantità riferite sia al campo magnetico, sia al campo elettrico (o i loro corrispettivi nella materia) fa capire che esse possono considerarsi equazioni differenziali accoppiate, e ciò giustifica anche il termine di campo elettromagnetico (termine che sottolinea il fatto che non si possono studiare fenomeni elettrici prescindendo alla loro componente magnetica e viceversa) d
120
Correnti alternate Massimiliano Carfagna
VIII. Correnti alternate
VIII.1. Premessa
Fino a questo punto, ogni qual volta si è parlato di correnti variabili nel tempo non si è mai specificato in cosa consistesse questa variabilità. Molte volte, soprattutto nei casi in cui veniva applicata la legge di Faraday – Neumann, la varibilità della corrente seguiva leggi temporali assai semplici, come, ad esempio, proporzionalità dirette con il tempo.
In generale, però, mediante opportuni dispositivi detti generatori di correnti alternate, è possibile produrre delle correnti che posseggono le seguenti caratteristiche:
1. Riassumono uno stesso valore dopo che è trascorso un certo tempo T (grandezza periodica);
2. Variano nel tempo seguendo un andamento sinusoidale; 3. Il loro valor medio su un periodo è nullo (grandezza alternata) Nel seguito ci soffermeremo meglio su ognuno di questi singoli aspetti, in ogni
caso la differenza sostanziale, che si riscontra anche matematicamente, tra un circuito in corrente continua (DC) ed un circuito in corrente alternata (AC) risiede proprio nel fatto che nel primo, il termine noto dell’equazione integro-differenziale associata al circuito, è un valore costante (ossia la f.e.m. del generatore è sempre la stessa al variare del tempo), mentre nel secondo il termine noto è una funzione del tempo, e per quanto detto in precedenza, in linea di massima questa funzione possiede le caratteristiche di essere periodica e alternata (la condizione di sinusoidalità può anche non essere considerata indispensabile, in quanto vedremo che qualsiasi f.e.m. periodica e alternata, seppur non sinusoidale, può sempre essere sviluppata in serie di Fourier ed essere così rapportata ad una funzione sinusoidale o cosinusoidale)
Per chiare meglio i concetti sovraesposti durante tutto questo capitolo utilizzeremo come esempio – guida un cicuito RLC alimentato da f.e.m. variabile nel tempo e lo rappresenteremo nel seguente modo:
122
Correnti alternate Massimiliano Carfagna
L’equazione del circuito RCL (serie) è molto simile a quella del circuito RL (serie),
alla quale va aggiunta una ulteriore caduta di tensione dovuta al condensatore, infatti ai capi del condensatore si misura, in genere, una d.d.p. pari a CQV =∆ , ma dato che la carica non è altro che l’integrale rispetto al tempo della corrente circolante nel circuito, avremo che l’equazione del circuito sarà la seguente:
( ) ( )tRIIdtCdt
dILtf =−− ∫1 185.
La quale è una equazione integro – differenziale nella variabile , che può essere studiata in modo del tutto equivalente, derivando rispetto al tempo ambo i membri (così da eliminare l’integrale):
t
dtdfI
CdtdIR
dtIdL =⋅++
12
2
186.
Appare evidente che la sua soluzione dipenderà dalla funzione la quale deve essere nota a priori: infatti è proprio questo il termine che descrive matematicamente la variazione della tensione ai capi del circuito, quindi sarà proprio questa funzione l’elemento di maggior interesse nell’analisi circuitistica in AC.
( )tf
A questo punto analizziamo in dettaglio l’equazione differenziale appena scritta: essa è una ODE (Ordinary Differential Equation) del secondo ordine a coefficienti costanti non omogenea nella variabile . La sua soluzione si comporrà, per via del principio di sovrapposizione, di una serie di addendi dovuti alla soluzione dell’omogenea associata, con in più la soluzione particolare della non omogenea.
t
Vogliamo dimostrare, a conclusione di questa premessa, che in tutti i casi possibili, la soluzione dell’omogenea non genera un contributo stabile alla corrente circolante nel circuito, bensì un fenomeno transiente che decade dopo pochi attimi dalla chiusura dell’interruttore. Dunque ciò che in effetti determina l’andamento della corrente circolante è proprio la soluzione particolare della non omogenea, la quale dipende unicamente dal termine noto dell’equazione differenziale trattata.
Come prima cosa risolviamo l’equazione caratteristica dell’omogenea associata: ( )
⎪⎪⎩
⎪⎪⎨
⎧
−=∆
=∆±γ−=α
⇓
⋅−±−=−±−
=α⇒=+α+α
LCLRL
Rγ
LCL
LR
LR
LCLRR
CRL
,
,
14
2con
414
4224
01
2
221
22
22
212
187.
Dalla teoria sulla soluzione delle ODE di secondo grado a coefficienti costanti si ricava che a seconda del valore che assume il discriminante ∆ si ha una soluzione differente per l’omogenea associata. I casi che possono verificarsi sono i seguenti:
1. CLR 40 2 >⇒>∆ : in questo caso la soluzione dell’omogenea associata è
costituita da due esponenziali negativi che decadono rapidamente, e la sua forma matematica sarà:
123
Correnti alternate Massimiliano Carfagna
( ) tt BeAetI 21 α−α− += 188.
2. CLR 40 2 =⇒=∆ : anche in questo caso si ha una cosa simile al caso
precedente, infatti, seppur la soluzione dell’omogenea associata ha forma diversa dal caso precedente, il suo comportamento è sostanzialmente analogo. La soluzione sarà, dunque:
( ) ( ) tL
R
et'B'AtI 2−
+= 189.
3. CLR 40 2 <⇒<∆ : in questo caso ci troviamo di fronte ad una soluzione nel
campo complesso (essendo il discriminante negativo), questo vuol dire che l’equazione caratteristica fornirà due soluzioni complesse che sono le seguenti:
ω±γ−=−±−=α ii 2
2
21 41
2 LR
CLLR
, 190.
Andando a sostituire questi nuovi valori delle radici dell’eq.ne caratteristica nella soluzione generale già utilizzata nel caso (1.), otterremo che:
( ) tttt ee''Bee''AtI ω−γ−ωγ− += ii 191.Possiamo sfruttare l’identità di Eulero per porre in forma più semplice questa relazione, e per farlo ricordiamo che ( ) ( tsintcose t ω±ω=ω± ii ) per cui andando a sostituire il tutto nella relazione precedente e facendo un pò di calcoli si giunge a dire che:
( ) ( ) ( ) ( ) ( )[ ]( ) ( ) ( ) ( )[ ]tsincostcossineI
tsin''B''Atcos''B''AetIt
t
ωϕ+ωϕ=
=ω−+ω+=γ−
γ−
0
i 192.
avendo posto ( ) ( )ϕ=+ sinI''B''A 0 e ( ) ϕ( )=− cosI''B''A 0 , utilizzando, quindi, una proprietà trigonometrica fondamentale possiamo ridurre la precedente equazione nella seguente forma compatta:
( ) ( )ϕ+ω= γ− tsineItI t0 193.
La quale non è altro che una sinusoide che si attenua all’aumentare del tempo con legge esponenziale decrescente.
0>∆0=∆
0<∆
Andamento della soluzione generale dell’omogenea associata all’ODE del circuito RLC (serie in AC)
124
Correnti alternate Massimiliano Carfagna
Come avevamo accennato all’inizio della nostra analisi, i grafici appena mostrati
garantiscono che solo i primi attimi di circolazione della corrente sono descritti dalla soluzione generale dell’ODE trattata, quindi, quando la corrente circola a regime, l’equazione matematica che regola il suo andamento deve essere ricercata tra le soluzioni particolari dell’equazione differenziale del circuito. Vedremo come.
VIII.2. Grandezze alternate
Abbiamo detto che per sapere come si comporta la corrente in un circuito descritto da una eq.ne differenziale simile a quella trattata nel primo paragrafo, è necessario analizzare la soluzione particolare dell’equazione differenziale trattata. La soluzione particolare di una generica equazione differenziale ha la caratteristica di non dipendere dalle condizioni iniziali (a differenza delle soluzioni generali, che, come abbiamo visto, dipendono da parametri che possono essere resi espliciti, solo mediante l’imposizione delle condizioni iniziali). Inoltre la soluzione particolare si determina a partire dal termine noto dell’equazione differenziale trattata. Questo implica che la forma che assume il termine noto ha una rilevanza capitale nella determinazione della soluzione particolare.
Fisicamente il termine noto rappresenta la legge con cui viene erogata la tensione variabile, e questa legge per motivi di varia natura, nell’utilizzo comune di energia elettrica, presenta le tre caratteristica citate in precedenza che qui approfondiamo:
1. Funzione periodica: una funzione ( )tf si dice periodica di periodo T se risulta che ( ) ( )Ttftf += . Per una funzione periodica si definiscono le seguenti quantità:
frequenzaT
;pulsazione =πω
==ν=π
=ω2
1T2
194.
2. Funzione alternata: una funzione ( )tf si dice alternata se è periodica e se il suo valor medio su un periodo ( )tf è nullo, in cui per valor medio su un periodo si intende la seguente quaintità:
( ) ( )∫+
=Tt
tdttf
Ttf 1 195.
( )tf p
T
( )tfa
Passaggio da una funzione periodica ad una funzione alternata
125
Correnti alternate Massimiliano Carfagna
Una proprietà importante che lega tra loro le funzioni periodiche a quelle alternate
è la seguente: data una funzione periodica ( )tf p , se ad essa vado a sottrarre punto per
punto il suo valor medio su un periodo ( )tf p , ottengo una nuova funzione ( )tfa che ha lo
stesso andamento della ( )tf p , ma che risulta traslata in modo che l’asse x vada ad intersecare la nuova funzione proprio sul valor medio della funzione di partenza; dunque da una funzione periodica si è passati ad una funzione alternata solo mediante una traslazione, per cui
( ) ( ) ( )tftftf ppa −= 196.Un’altra caratteristica delle tensioni variabili, che avevamo enunciato all’inizio del
paragrafo, è il fatto che la più comune funzione periodica e alternata utilizzata come tensione variabile è la :
( ) ( )tsinFtf ω= 0 197.In cui ω è la pulsazione prima definita e è l’ampiezza massima dell’onda. Questa funzione è una funzione sinusoidale, e conseguenzialemnete essa genererà una corrente a carattere sinusoidale del tipo:
0F
( ) ( )ϕ+ω= tsinItI 0 198.In cui ϕ rappresenta l’angolo di sfasamento ed 0 l’ampiezza massima di questa sinusoide (è chiaro che se per qualsiasi ragione di calcolo la corrente non venisse sinusoidale na cosinusoidale, basta operare opportunamente sull’angolo fase per riportarla alla condizione di sinusoide).
I
Cosa accade, però, se il termine noto della nostra equazione differenziale non è una funzione sinusoidale o cosinudoidale ? A questo punto ci viene in aiuto il Teorema di Fourier, secondo il quale si ha che:
Teorema di Fourier Data una funzione ( )tf ed un intervallo sull’asse reale [ ]T,0 ,
SE - è continua nell’intervallo ( )tf [ ]T,0 ; - ( ) ( )Ttftf += , ossia è periodica di periodo T- è continua nell’intervallo ( )t'f [ ] T,0
ALLORA:
( ) ( ) ( )[ ]( ) ( )
( ) ( )⎪⎪⎪
⎩
⎪⎪⎪
⎨
⎧
ω=
ω=
ω+ω+=
∫
∫∑∞
=T
n
T
n
nnn
dttnsintfT
b
dttncostfT
a
tnsinbtncosaatf
0
0
1
0
2
2
con2
199.
Possiamo notare, però, che tra le ipotesi del Teorema di Fourier manca la condizione secondo la quale ( )tf sia alternata, ma la cosa non è molto importante in
126
Correnti alternate Massimiliano Carfagna
quanto abbiamo detto che una funzione alternata ( )tfa si costruisce a partire da una funzione periodica semplicemente mediante la ( )tf
( ) ( ) ( )tftftfa −= 200.A questo punto possiamo notare che il termine 20a dello sviluppo di Fourier corrisponde esattamente al valor medio della funzione periodica su un periodo, ovverosia:
( ) ( )tfdttfT
aT
== ∫0
0 12
201.
Dunque non ci rimane che sostituire quest’ultimo risultato e lo sviluppo di Fourier nella relazione che definisce , ottenendo che la nostra funzione alternata sarà: ( )tfa
( ) ( ) ( ) ( ) ( )[ ]∑∞
=
ω+ω=−=1n
nna tnsinbtncosatftftf 202.
VIII.3. Il metodo simbolico
Il metodo simbolico è un metodo di analisi sviluppato in modo da poter risolvere i circuiti in AC esattamente nello stesso modo nel quale si risolvono i circuiti in DC, ma con diverse quantità e con l’utilizzo dei numeri complessi.
Il tutto si basa sul seguente concetto: in precedenza abbiamo visto che la f.e.m. del generatore in alternata può essere sempre scritta come
( ) ( )tsinFtf ω= 0 203.cosicchè essa genererà una corrente del tipo
( ) ( )ϕ+ω= tsinItI 0 204.Il metodo simbolico ci impone, come prima cosa, di trasformare (mediante opportuni sfasamenti) una grandezza sinusoidale in una grandezza cosinusoidale, cosicchè, ad esempio, la corrente precedente diventa
( ) ( )ϕ+ω= tcosItI 0 205.In cui ϕ è diversa da quella precedente, ma per non appesantire la notazione utilizziamo la stessa lettera. Successivamente si associa alla grandezza in questione una grandezza complessa fittizia della forma seguente:
( ) ( ) ( )[ ] ( ) ( ) tc
ttc eIeeIeItsintcosItI ωωϕϕ+ω ===ϕ+ω+ϕ+ω= iiiii 0000 206.
nella quale si ha che: ( ) ( )
( ) basincosIeII
tIeItI
c
tcc
iii
i
+=ϕ+ϕ==
==ϕ
ω
000
0 207.
Il fatto che abbiamo posto ( ) ( )tItI c = non vuol dire che ( ) ( ϕ+ω )= tcosItI c 0 , infatti non è vero, ma questa notazione tornerà utile in seguito. Come terzo passo ci proponiamo, a questo punto, di calcolare la tensione ai capi di ogni singolo elemento di circuito, in modo da ricavare che:
127
Correnti alternate Massimiliano Carfagna
( ) [ ] ( )
( ) ( )
( ) ( )⎪⎪⎪
⎩
⎪⎪⎪
⎨
⎧
=ω
=ω
====
ω=ω===
ωωω
ωω
∫∫∫tRItV
tIC
eCI
dteCI
dteIC
IdtC
tV
tLIeILeIdtdL
dtdILtV
R
tctctcC
tc
tcL
ii
ii
iii
ii
1111 000
00
208.
Possiamo quindi, scrivere in forma più compatta le nostre relazioni introducendo una nuova quantità: l’impedenza Z
r che indichiamo con il simbolo di vettore, in quanto è
numero complesso, il quale, a seconda dei casi, può essere un numero reale, un immaginario puro oppure un complesso completo. L’impedenza viene definita così come era stata definita la resistenza nel caso dei conduttori ohmici, infatti se riscriviamo le precedenti relazioni come:
RZconIZVC
ZconIZV
LZconIZV
RRR
CCC
LLL
=⋅=ω
=⋅=
ω=⋅=
rrrr
rrrr
rrrr
i
i1 209.
In cui i simboli di vettore stanno ad indicare che sono tutte quantità rappresentabili nel piano di Gauss (piano complesso). Appare dunque evidente l’analogia con la legge di Ohm, tanto più se si considera che le impedenze si comportano esattamente nello stesso modo delle resistenze, e ciò vuol dire che, se ci si trova di fronte ad una serie di elementi semplici o di fronte ad un parallelo basta dire che:
paralleloin impedenze11
seriein impedenze
1
1
∑∑
=
=
=
=
n
i ip
n
iis
ZZ
ZZ
rr
rr
210.
Quindi possiamo concludere dicendo che un qualsiasi circuito in corrente alternata può essere risolto mediante l’applicazione della seguente relazione:
IZV e
rrr⋅= 211.
Nella quale il rappresenta l’impedenza equivalente del circuito, calcolata mediante le relazioni appena scritte, inoltre, essendo anch’essa un vettore nel piano complesso, possiamo anche scriverla nel seguente modo:
eZr
XRZ e i+=r
212.In cui il termine corrisponde alla resistenza equivalente del circuito (ricordiamo che l’impedenza di una resistenza è un numero reale e non complesso), mentre è detta reattanza.
RX
VIII.4. Analisi del circuito RLC (serie in AC)
128
Correnti alternate Massimiliano Carfagna
È giunto finalmente il momento di analizzare in maniera piuttosto dettagliata il
comportamento di un circuito RLC in serie sottoposto ad una tensione sinusoidale ed alternata del tipo ( ) ( )FtsinFtf ϕ+ω= 0
Per procedere con questa analisi ci avvarremo del metodo simbolico introdotto pocanzi, in modo da poter snellire, per quanto possibile, i conti.
Un circuito RLC presenta una equazione del tipo:
( ) ( )tRIIdtCdt
dILtf =−− ∫1 213.
Dunque sostituendo il valore da noi assunto per la tensione e derivando tutta la relazione rispetto al tempo otteniamo che:
( )tcosFICdt
dIRdt
IdL ωω=⋅++ 02
2 1 214.
La soluzione di questa equazione differenziale (trascurando la soluzione dell’omogenea associata che, per quanto detto nel primo paragrafo, non ha alcun valore fisico quando la corrente gira a regime nel circuito), per quanto affermato durante l’arco di tutto il capitolo, consiste in una corrente del tipo ( ) ( ItsinItI ϕ+ω )= 0 in cui il valore dell’ampiezza della corrente e il valore della fase 0I ϕ sono gli unici parametri da determinare.
Per la determinazione delle costanti si può procedere nel modo classico (derivare la corrente due volte e sostituire il tutto nell’ODE di partenza) oppure si può applicare il metodo simbolico, optiamo per questa seconda scelta.
Come prima cosa calcoliamo l’impedenza equivalente del circuito: essa sarà data dalla serie delle:
XRC
LRZ
CLR
CLRZZZZ
e
CLRe
ii
iii
ii
+=⎟⎠⎞
⎜⎝⎛
ω−ω+=
⇓
=ω
+ω+=ω
+ω+=++=
1
12
r
rrrr
215.
A questo punto non ci rimane che applicare la legge di Ohm per correnti alternate, ovverosia possiamo scrivere che
XReeF
ZVIIZV
t
ee
F
i
ii
+==⇒⋅=
ωϕ0r
rrrrr
216.
Ma cosa dobbiamo inserire al posto di Vr
e di eZr
? Affinchè tutto fili liscio è necessario che quello appena citato sia un rapporto tra quantità complesse; sappiamo che l’impedenza è già un vettore complesso, si tratta quindi, solo di trasformare la nostra tensione in una grandezza complessa, così come è stato fatto nel precedente paragrafo con la corrente: dobbiamo, quindi, pensare alla ( )tf , espressa in funzione del coseno, per cui scritta come ( ) ( ) ( )200 π+ϕ+ω=ϕ+ω= FF tcosFtsinFtf , come la componente reale di un vettore
complesso, ed associare ad essa una seconda componente complessa, cosicchè avremo la:
129
Correnti alternate Massimiliano Carfagna
( ) ( ) ( ) ( ) ( )
( ) ( )( )( ) ( ) t
ctiti
FF
yxy
eFeeFeF
tsintcosF
tftftftftf
FF ωωπ+ϕπ+ϕ+ω ===
=π+ϕ+ω+π+ϕ+ω=
=+=+=
ii
i
ii
02
02
0
0 22r
r
217.
Dobbiamo, inoltre, specificare che l’impedenza complessa può essere scritta in modo esplicito nel seguente modo:
( )⎪⎩
⎪⎨
⎧
⎟⎠⎞
⎜⎝⎛=ϕ
+==ϕ+ϕ=+= ϕ
RXarctg
XRZeZsincosZXRZ
e
e
eeeeee
22
coniiir
218.
Per cui sostituendo tutte queste quantità nella legge di Ohm si ottiene che:
( ) ( ) ( )
( )200
20
00
0
π+ϕ−ϕ
ϕ
π+ϕωω
=
⇓
=⇒=⇒=
eF
e
F
eZF
I
eZeF
IZeF
eIZ
tftI
ec
ec
e
tct
ce
i
i
iii
r
rr
rr
r
rr
219.
Per la definizione stessa di corrente assegnata nel paragrafo sul metodo simbolico si ha che, confrontando i coefficienti con la precedente relazione, otterremo che:
( )2
22
0
0
00
200
00
π+ϕ−ϕ=ϕ+
==⇒
⎪⎩
⎪⎨
⎧
=
=
π+ϕ−ϕ
ϕ
eFIec
c
XR
FZF
Ie
ZF
I
eII
eF
I
i
i
r
r
220.
Siamo giunti, quindi, alla conclusione: abbiamo ricavato le quantità che consideravamo incognite, con l’unico dettaglio che la fase è stata espressa in maniera poco elegante, quindi, mediante una opportuna scelta della fase iniziale Fϕ , è possibile rendere la fase finale della corrente I più esplicita: poniamo 2π−=ϕF , si avrà quindi che:
( )⎟⎠
⎞⎜⎝
⎛ ω−ω=ϕ
π−=ϕ
⇓
⎟⎟⎟⎟
⎠
⎞
⎜⎜⎜⎜
⎝
⎛ω
−ω−=⎟
⎠⎞
⎜⎝⎛−=⎟
⎠⎞
⎜⎝⎛−=ϕ⇒ϕ−=ϕ
RLC
arctg
RC
Larctg
RXarctg
RXarctg
F
IeI
1ha si
2per
1
I
221.
In definitiva la corrente circolante nel circuito alimentato con una f.e.m. pari a ( ) ( 20 π− )ω= tsinFtf è pari a:
( ) ( )( )( )
( )⎟⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛⎟⎠⎞
⎜⎝⎛ ω−ω
+ω⎥⎥⎦
⎤
⎢⎢⎣
⎡
ω−ω+=ϕ+ω=
RLCarctgtsin
CLR
FtsinItI I
1
1 22
00 222.
in cui Tπ=ω 2 .
130
Correnti alternate Massimiliano Carfagna
Questa relazione è molto importante, in quanto ci fa capire che la corrente
circolante dipende da due fattori: 1. Elementi del circuito, ovverosia l’entità di resistenza, induttanza e capacità; 2. Pulsazione dell’onda, ma quindi, anche dal periodo dell’onda. Riteniamo opportuno soffermarci su come varia il comportamento della corrente
nel circuito al variare del periodo dell’onda, e per fare questo potremmo seguire due strade: potremmo studiare la funzione ( )ω= II e vedere il suo andamento, oppure potremmo analizzare separatamente l’andamento di ( )ω= 00 II e di e metterlo successivamente a confronto. Seguiremo questa seconda strada.
( )ωϕ=ϕ II
Le funzioni di nostro interesse saranno quindi le seguenti:
( )( )( )
( ) ( )⎟⎠⎞
⎜⎝⎛ ω−ω
=ωϕω−ω+
=ωR
LCarctg;CLR
FI I
1
1 22
0 223.
Qui di seguito rappresentiamo l’andamento dell’ampiezza della corrente in funzione della pulsazione, e si può notare che essa ha un massimo per il valore 01 ω==ω LCmax :
La massima pulsazione che la corrente può assumere è detta pulsazione di risonanza 0ω , e quando nel circuito circola una corrente la cui ampiezza massima è si dice che il circuito è in condizioni di risonanza.
max,I 0
A questo punto poniamoci alcune domande: 1. Come si possono realizzare le condizioni di risonanza di un circuito? La
risposta è semplice, basta portare il periodo della tensione al valore che soddisfa
la seguente relazione: LC
T π=
ωπ
=22
0
2. Come si modificano le quantità tipiche del circuito quando esso lavora in condizioni di risonanza? Andiamo a sostituire la pulsazione di risonanza nelle
ω
( )ω0I
0ω=ωmax
20 max,I ω∆
Curva di risonanza del circuito RLC: andamento della massima corrente in funzione della pulsazione.
131
Correnti alternate Massimiliano Carfagna
quantità tipiche della corrente, ed otterremo che:
RZRF
II Imax, ==ϕ== 0000
Nella pratica di laboratorio si associa, convenzionalmente, ad ogni circuito un fattore di merito Q definito come:
ω∆ω
= 0Q 224.
in cui 12 ω−ω=ω∆ è la larghezza dell’intervallo di pulsazione tale per cui il valore della corrente risulta essere 20 max,Q II = (vedi figura precedente).
In generale possiamo notare che lavorare in condizioni di risonanza ci permette di ridurre l’impedenza ad un solo fattore resistivo, ossia si annullano completamente le impedenze dell’induttore e del condensatore. D’altra parte, però, stiamo facendo passare nel circuito una corrente che risulta essere pari al massimo sopportabile dagli elementi del circuito stesso, ciò vuol dire che un minimo aumento di intensità massima provocherebbe un collasso degli elementi del circuito (soprattutto dell’induttore e del condensatore).
Nella progettazione di qualsiasi circuito, quindi, è necessario tener con della pulsazione di risonanza, in quanto solo in questo modo si evita di bruciare i componenti nel caso di correnti le cui ampiezze massime sono troppo elevate.
132
Onde elettromagnetiche Massimiliano Carfagna
IX. Onde elettromagnetiche
IX.1. Considerazioni introduttive
Già in precedenza avevamo accennato al fatto che per via di una serie di fenomeni e di elementi teorici, era possibile considerare il campo elettrico E
r ed il campo di
induzione magnetica come due facce della stessa medaglia, ovverosia quello che avevamo chiamato il campo elettromagnetico. Nello specifico, le ragioni per le quali si introduce questa nuova entità “ibrida” sono le seguenti:
Br
1. Ogni carica immersa in un campo q Er
ed in un campo subisce una forza di Lorentz pari a
Br
( )BvEqFrrrr
×+= ; 2. Le equazioni di Maxwell, le quali legano i campi elettrico e magnetico alle
sorgenti che li generano (distribuzioni di cariche ferme o in movimento), vedono la presenza tanto di E
r, quanto di B
r (o dei corrispettivi campi nella
materia); 3. Come vedremo in seguito, in virtù della teoria della Relatività, l’associazione di
un fenomeno al campo elettrico o al campo magnetico risulta essere dipendente dal sistema di riferimento dal quale si osserva il fenomeno.
Queste considerazioni ci inducono a pensare che seppur Er
e Br
siano, matematicamente, due entità distinte, esse, fisicamente si uniscono, manifestandosi contemporaneamente.
In generale il campo elettromagnetico può essere trattato come entità fisica indipendente dalle sorgenti che lo hanno generato ed a questa (che è un’altra motivazione per cui si è introdotto il campo elettromagnetico) conclusione si giunge osservando che:
1. Un campo elettromagnetico può presentarsi in regioni di spazio che non contengono sorgenti di campo;
2. Il campo elettromagnetico si propaga sottoforma di onda, la quale ha la particolarità di non aver bisogno di un mezzo materiale per propagarsi.
É importante specificare che nell’interpretazione dei fenomeni elettromagnetici, tutte le funzioni matematiche che irrompono nella trattazione vengono considerate continue. Ciò rappresenta una approssimazione , definita anche approssimazione classica (la quale si contrappone all’analisi quantistica del fenomeno), in quanto le sorgenti di campo, ovverosia le distribuzioni di carica sono sempre discrete, in quanto le cariche sono gli elettroni e gli elettroni sono entità che hanno una loro dimensione finita, e seppur uniti in una distribuzione di cariche, quest’ultima assume una forma “granulare” e non continua, ciò implica che anche il campo (e tutto ciò che ne deriva) sarà rappresentato da una funzione discontinua. Proprio da questa questione parte l’analisi quantistica dei fenomeni
133
Onde elettromagnetiche Massimiliano Carfagna
rappresentare l’unità fondamentale della quantiz
C
elettromagnetici: infatti per le ragioni appena citate, Planck, agli inizi del ‘900, decise di introdurre il fotone, il quale doveva
zazione del campo elettromagnetico. A conclusione di questa premessa è necessario fare solo alcune considerazioni sulle
equazioni di Maxwell. Esse, come si sarà potuto notare, rappresentano, in tutto 8 equazioni scalari, in quanto le prime due sono, per l’appunto, scalari, mentre le altre due sono vettoriali e dunque, ad ognuna delle due vengono associate 3 equazioni scalari. iò dimostra che, essendo in tutto 6 le incognite da ricavare (tre coordinate per il vettore E
r e
tre coordinate per il vettore Br
) si deduce che le quattro equazioni di Maxwell non sono linearmente indipendenti, infatti, come mostreremo tra un attimo, le prime due si possono ricavar
a seconda dalla terza: applichiamo l’operatore divergenza ad ambo i membri della terza:
e dalle seconde due. Deduciamo l
( ) ( ) 00 =⋅∇⇒⋅∇∂∂ tt∂
−=⇒∂⋅∇−=×∇⋅∇ BBBE
rrrrr
rrrr 225.
Da notare che ( ) 0=×∇⋅∇ Errr
in quanto la divergenza del rotore di un qualsiasi vettore è nulla, inoltre è possibile scambiare l’ordine di derivazione a secondo membro per via della continu
prima dalla quarta: possiamo applicare anche qui l’operatore divergenza ottenendo che:
ità delle funzioni (t. di Shwartz). Deduciamo, ora, la
( ) ( )
( )0
0
000000
0
0
ερ
=⋅∇⇒=ρ−⋅∇ε∂∂
⇒
⇒⋅∇∂∂
µε+⎟⎠⎞
⎜⎝⎛
∂ρ∂
−µ=⇒∂∂
µε⋅∇+µ⋅∇=×∇⋅∇
EEt
Ettt
EJB
rrrr
rrr
rrrrrr
226.
IX.2. Eq.ne delle onde elettromagnetiche
go circa gli strumenti matematici necessari per l’interpretazione dei fen
Prima di ricavare esplicitamente le equazioni delle onde elettromagnetiche è necessario fare un riepilo
omeni ondulatori. Come viene rappresentata matematicamente un’onda? Mediante una funzione
( )t,rf r della posizione e del tempo. Assumendo, per semplicità, che l’onda si propaghi lungo una sola direzione, ad esempio quella dell’asse x, la funzione diventa ( )t,xf , e affinchè f s vamen ’onda la comia effetti te un binazione spazio temporale de rsi ve presentanella forma vtx m=ξ con , ovverosia: 0>v
( ) ( ) ( )vtxfftxf m== ξ, 227.In cui l’onda con il – è detta progressiva, quella con il + è detta regressiva. Dobbiamo notare che la costante 0>v rappresenta proprio la velocità di propagazione dell’onda, in quanto: supponiamo che un punto dell’onda si trovi, all’istante t nel punto x , e che dopo un tempo t∆ si trovi nel punto x∆ , gli argomenti delle funzidovranno essere, dunque:
oni che descriveranno l’onda
134
Onde elettromagnetiche Massimiliano Carfagna
)∆++∆+=∆+ ( ) ( ttvxxvtx +=
ξξξ
228.
Per definizione un onda è tale se il suo profilo, definito dall ( )ξf trasla senza cambiare di forma, ovverosia se risulta che:
( ) ( )ξξξ ∆+= ff 229.E quindi, affinché essa sia verificata deve risultare che gli argomenti siano uguali, ovverosia:
( ) ( )
tv x
tvxtvvtxxvtxttvxxvtx
∆∆
±=
⇓
∆±∆=⇒⇒∆±±∆+=±⇒∆+±∆+=±
0 230.
Dalla quale risulta chiarame te che v è la costante di prn opagazione. È molti importate la definizione di fronte d’onda: esso è il luogo dei punti in cui, ad
un dato istante, la variabile ξ assume lo stesso valore. olto spesso le onde sono rappresentate da funziM
eoni periodiche, in questo caso si
dice ch l’onda è pe ua rappresentazione matematica dipende da alcune ca
riodica di periodo T assegnato. La sdell’onda stessa: ratteristiche fisiche
=λ lun eriodo spaziale) periodo temporale
ghezza d’onda (p=T
λπ2
=k ’onda numero d
T1
=ν frequenza
πνω 2= pulsazione
Tv λ= velocità di fase
Mediante queste quantità l’onda periodica può essere scritta nei seguenti modi equivalenti tra loro:
( ) ( )
( )ϕωϕλ
π +−=⎟⎟⎠
⎜⎜⎝
+⎟⎠
⎜⎝
−= tkxAT
A sin2sin
ϕπϕλπ
⎞⎛ ⎞⎛
=⎟⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛+⎟
⎠⎞
⎜⎝⎛ −=⎟
⎠⎞
⎜⎝⎛ +−=
tx
tvx
TAvtxAtxf 2sin2sin,
231.
A questo punto non ci resta che ricavare le equazioni delle onde a partire dalle equazioni d trico che abbia le seguenti caratteristiche: i Maxwell. Consideriamo un dielet
• Illimitato, isotropo ed omogeneo • Elettricamente neutro 0=ρ • Perfetto, quindi isolante ( )0=J
r
135
Onde elettromagnetiche Massimiliano Carfagna
Per esso le equazioni di Maxwell prendono la sequente forma:
tEB
tE B
BE
∂∂
=×∇∂∂
=⋅∇=⋅∇ rrr
rrr
−=×∇
rrrr
εµ
0;0 232.
Applichiamo l’operatore rotore alla terza di Maxwell:
;
( ) ( )Btt
E B rrr
rrrr ∂∂ 233.
A questo punto ricordiamo la proprietà vettoriale secondo cui:
×∇∂
−=∂
×∇−=×∇×∇
( ) ( )EE Errrrrrr
⋅∇∇=×∇×∇ +−∇2 234.Ricordando che, per la prima di Maxwell, 0=⋅∇ E
rr, sostituendo si ha che:
( )Bt
Errr
×∇∂∂
−=∇− 2
possiamo sostituire il secondo membro della quarta di Maxwell, per cui otterremo che:
235.
Ma al rotore di Br
022 ∂∂⎟⎠
⎜⎝ ∂∂ tttt
22
22 =
∂−∇⇒
∂=⎟
⎞⎜⎛ ∂∂
=∇EEEEEr
rrr
rεµεµεµ
lare, per cui è possibile racchiudere le due equazioni differenziali nella seguente scrittura:
236.
Per il campo magnetico si otterrà una equazione del tutto specu
⎪⎩=
∂−∇ 02t
B⎪
⎪⎪⎨
⎧
∂
=∂∂
−∇ 0
22
2
22
BtEEr
r
rr
εµ 237.
tiche e lae si propaga alla velocità
εµ
Esse rappresentano due equazioni differenziali vettoriali alle derivate parziali disaccoppiate ed omogenee, e sono dette equazioni delle onde elettromagne soluzione di queste equazioni è un’onda ch εµ1=v (affermazione che dimostreremo tra un attimo).
og
IX.3. Onde elettromagnetiche piane
L’onda piana è un caso particolarmente semplice da studiare, in quanto, per onda piana si intende un’onda il cui fronte d’onda sia un piano ort onale ad uno degli assi di riferimento (supponiamo all’asse x ) cosicché i vettori E
r e B
r hanno lo stesso valore in
ogni punto del piano, e soprattutto sono indipendenti dalle variabili x e y . Questo vuol dire che le equazioni delle o.e. si riducono ad una coppia di equazioni entrambe del tipo:
022 =22
∂∂
−∂∂ f
txf
nome di equazione di D’Alabert e la sua soluzione generale è una equazione del tipo
εµ 238.
La quale prende il
( ) ( ) ( ) ( ) ( )ξξϕ 2121, ffvtxfvtxftx +=++−= 239.Ossia la somma di un’onda progressiva e di un onda regressiva propagatesi lungo l’asse x
136
Onde elettromagnetiche Massimiliano Carfagna
con vel
la precedente relazione sia soluzione t deve risultare che:
ocità v . Si dimostra facilmente che, affinché
dell’equazione di D’Alaber
2222 ξξ ∂∂∂∂ txPer cui sommando mettendo insieme quest
22
222
;∂
=∂∂
=∂ iiii f
vfff
con 240.
e due derivate e confrontandole con l’equazione di D’Alabert per l’onda piana si ha che:
2,1=i
εµ
εµ1
01
0
222⎪⎩ ∂∂ tvxA questo punto, nell’ipotesi di onda piana, abbiamo detto che il fronte d’onda è
perpendicolare all’asse , dunque solo le derivate rispetto alla variabile
22
2
2
2
2
=⇒⎪
⎪⎪⎨
⎧
=∂
−∂
=∂∂
−∂∂
vff
tf
xf
241.
x sopravvivono, nelle equazioni delle onde. Ciò vuol dire che, a partire dalle equazioni di Maxwell, ciò che si salva sono le seguenti quantità:
⎪⎩ ∂∂ txOgnuna di queste relazioni ci fornisce
⎪⎪
⎪⎪⎪
⎨
⎧
∂=
∂∂
∂−=
∂∂
=∂∂
⇒∂∂
=×∇=∂∂
⇒=⋅∇
⎪⎪⎪
⎩
⎪⎪⎪
⎨
⎧
∂∂
−=∂
∂∂
∂=
∂∂
=∂∂
⇒∂∂
−=×∇=∂∂
⇒=⋅∇
(h)
(g)
)f(0
;(b) 00
(e)
(d)
)c(0
;(a) 00
EBt
Ex
Bt
E
tEB
xB
B
tB
xE
tB
xEt
B
tBE
xE
E
zy
yz
x
x
zy
yz
x
x
εµ
εµεµr
rrrr
rrrrr
242.
delle informazioni utili per capire come si comporta l d
• affatto nel
• Da u a ha una componente
•
ione
’on a piana nella sua propagazione: Dalle relazioni (a), (b), (c), (f) si capisce che le componenti xE e xB sono costanti nel tempo e nello spazio, dunque non intervengonofenomeno di propagazione, quindi possiamo considerarle nulle.
lle relazioni (d), (e), (g), (h) si ded ce che se l’ondyE allora ha anche una componente zB e viceversa.
Se si considera un’onda polarizzata linearmente (ovverosia con il campo elettrico diretto verso una direzione fissa, supponiamo, ad esempio, la direz ) allora si ha che la (d) e la (h) possono uguagliarsi a zero dato che 0=zE (essendo
yE polarizzato lungo y ). Quindi la componente y del
campo magnetico non interviene ne nella propagazione spaziale, ne in
Queste considerazioni ci inducono a pensare che, dato che abbiamo considerato quella temporale, e quindi si considera nulla.
137
Onde elettromagnetiche Massimiliano Carfagna
nulle le componenti , , e , allora le uniche componenti attive nella propagazione ondosa sono e , che sono quindi ortogonali tra loro.
xB yB xE zE
zB yEÈ possibile, prendendo ad esempio la relazione (e), ricavare una relazione tra le
ampiezze delle due componenti attive nella propagazione. La relazione (e), infatti, è una equazione differenziale le cui soluzioni sono del tipo:
( ) ( ) ( ) ( )ξξ zzzyyy BvtxBBEvtxEE ==== mm ; 243.Le quali, affinché soddisfino la (e), devono verificarsi le:
( )ξξ ∂
∂−=
∂∂
−∂
∂=
∂
∂ zzyy Bvt
BEx
Em; 244.
Unendo i due risultati si ottiene una equazione differenziale del primo rodine nella variabile ξ la quale è facilmente integrabile per quadratura, cosicché si ottiene:
vBE
vBEddBv
ddE
z
yzy
zy ±=⇒±=⇒±=ξξ
245.
In definitiva possiamo così sintetizzare le informazioni ottenute circa i campi in un onda elettromagnetica:
• Il campo elettrico e il campo magnetico sono tra loro ortogonali e, a loro volta sono ortogonali alla direzione di propagazione data da vr ; ciò può essere espresso sinteticamente dicendo che:
vBE rrr×= 246.
• Il rapporto tra i moduli dei campi forniscono la velocità di propagazione dell’onda, ovverosia:
εµ1
== vBE 247.
È utile citare il fatto che a volte si esprime il rapporto tra i campi come rapporto tra E ed H , cosicché si avrebbe che:
ZBE
HE
====εµ
εµµµ 248.
In cui la costante Z prende il nome di impedenza caratteristica del materiale. È molto importante far notare che, a prescindere dal tipo di onda, la densità di
energia del campo elettrico e la densità di energia del campo magnetico sono uguali punto per punto, in un onda elettromagnetica. Infatti le due densità sono:
22
21
;21
BuEu ME µε == 249.
Ma sostituendo le relazioni appena ricavate circa i moduli dei due campi, si nota che:
( )EM uE
EEu ==== 2
222
21
21
21
εµ
εµ
µ
εµ 250.
138
Onde elettromagnetiche Massimiliano Carfagna
Per cui, in un o.e. la densità di energia associata al campo elettrico è uguale alla densità di energia associata al campo magnetico.
IX.4. Onde elettromagnetiche nei dielettrici
Per quanto affermato in precedenza la velocità di fase di un’o.e. dipende da ε e da µ per via della seguente relazione:
µε1
=v 251.
È anche vero, però, che la velocità di fase è legata alla frequenza dell’onda dalla: λν=v 252.
Dunque, anche la frequenza dell’onda dipende dalle caratteristiche del dielettrico, in quanto uguagliando le precedenti formule otterremo che:
µελν 1= 253.
Come prima ipotesi considereremo un dielettrico perfetto, per il quale, quindi, si possa dire che 1≅rµ . In questa ipotesi possiamo notare che rn ε≅ , in quanto
rrr
rrrr
vcn
cv
cv
c
εεµ
εµεµεµ
εµ≅=⇒=⇒
⎪⎪⎩
⎪⎪⎨
⎧
==
=1
1
1
00
00 254.
Ciò vuol dire che l’indice di rifrazione è legato alla costante dielettrica relativa del mezzo. Il nostro scopo, ora, è quello di capire come varia la costante dielettrica in funzione
della frequenza (o della pulsazione dell’onda) a partire da considerazioni microscopiche. Per farlo ci serviremo delle considerazioni fatte a suo tempo circa la polarizzabilità
di un dielettrico: si era detto che ogni atomo, in corrispondenza di una sollecitazione elettrica esterna, subiva una polarizzazione per deformazione, il cui momento di dipolo si poteva scrivere come
( ) ( )ll EE
kZetrZep
rrrr⋅=⋅=⋅= α
2
255.
Nella quale lEr
ra il campo elettrico locale che prima era costante ed ora prenderà la forma sinusoidale; Z era il numero atomico e una costante di richiamo dovuta alla forza “elastica” esercitata dalla nube elettronica nei confronti dell’elettrone eccitato.
k
Nel momento in cui il campo elettrico diventa sinusoidale esso può essere scritto, in forma esponenziale, come ( ) t
ll eEtE ωi0
rr= e questo ci porta a schematizzare il fenomeno
mediante lo schema dell’oscillatore armonico forzato, la cui forza è data dal prodotto del campo locale per la carica totale dell’atomo, e quindi l’equazione sarà:
tl eEZerk
dtrdm
dtrdm ωγ i
02
2 rrrr
=++ 256.
In cui è stato aggiunto un termine dissipativo in quanto una carica oscillante libera energia. La soluzione di questa equazione differenziale è la seguente:
139
Onde elettromagnetiche Massimiliano Carfagna
( ) ( )tlt e
mEZe
eRtr ωω
ωγωωii
i+−== 2
0
00
rrr
257.
In cui mk=0ω rappresenta la pulsazione di risonanza. A questo punto possiamo notare che la polarizzabilità elettrica α assume valore
complesso, in quanto, per ciò che è stato detto in precedenza, si ha che: ( ) ( )
( )ωγωωα
i+−=== 2
0
2
mZe
EtrZe
Ep
ll
rr
rr
258.
Ma, in definitiva, perché ci interessa la polarizzabilità elettrica? Essa è necessaria in quanto, per un dielettrico perfetto, la costante dielettrica di esprime in funzione della polarizzabilità elettrica mediante l’equazione di Clausius – Mossoti:
( ) ( ) 130
+−
=αεααεN
Nr 259.
In cui è il numero di atomi per unità di volume, presenti nel dielettrico. Dato che N
rn ε≅ , appare chiaro che l’indice di rifrazione sarà dato dalla:
( )
( )( )
( )( )
21
20
2
0
20
2
0
1
3
13
nn
mZeN
mZeN
NNn i
i
i+=+
+−−
+−=+
−=
ωγωωε
ωγωωαεα 260.
Tutto il ragionamento è servito solo a mostrare una dipendenza complessa dell’indice di rifrazione, ma una dipendenza che include la pulsazione dell’onda elettromagnetica.
A questo punto è utile sapere quale sia il significato fisico di un indice di rifrazione complesso della forma 21 nnn i+= . Scriviamo la componente elettrica di un’o.e. progressiva che si propaga nel dielettrico, essa sarà:
xx
cn
txcnx
cn
t
xcn
xcn
txc
nntx
cnt
vxt
eeEeeE
eEeEeEeEE
βωωω
ωωωω
−⎟⎠⎞
⎜⎝⎛ −−⎟
⎠⎞
⎜⎝⎛ −
⎟⎠⎞
⎜⎝⎛ +−⎟
⎠⎞
⎜⎝⎛ −−⎟
⎠⎞
⎜⎝⎛ −⎟
⎠⎞
⎜⎝⎛ −
==
=====121
2121
00
0000
ii
ii
iiii
rr
rrrrr
261.
Essa rappresenta un onda che si propaga con velocità 1ncv = e si attenua seguendo la legge esponenziale in cui xeE β−
0
rβ è detto fattore di attenuazione.
Oltre alle implicazioni di carattere ondulatorio che l’indice di rifrazione complesso comporta, è necessario anche analizzare cosa accade alla parte reale ed alla parte immaginaria di al variare di n ω (e quindi anche di ν ). Senza dilungarci troppo in calcoli tediosi ed inutili, ci basterà osservare l’andamento qualitativo delle due funzioni seguenti:
( ) ( )[ ] ( ) ( )[ ]ωωωω nnnn Im;Re 21 == 262.Le quali hanno i seguenti andamenti qualitativi:
140
Onde elettromagnetiche Massimiliano Carfagna
ω
1n
0ω ω
2n
0ω
Disp. Anomala
È necessario commentare sommariamente questi due grafici: • Grafico ( )ω1n : l’andamento del grafico è asintotico (dall’alto) al valore
unitario per valori bassi di pulsazioni, mentre i prossimità della pulsazione di risonanza l’indice di rifrazione aumenta fino a raggiungere un massimo, per poi decadere rapidamente e raggiungere il valore unitario in corrispondenza di 0ω ; a questo punto il grafico passa a valori minori di 1 (il che vuol dire che la velocità di fase diventa maggiore della velocità della luce, in quanto ncv = , e ciò non è in contrasto con la Teoria della Relatività), fino a toccare un minimo, per poi risalire asintoticamente verso il valore unitario (dal basso). In pratica la funzione è centralmente simmetrica attorno al valore ( )1,0ω . È necessario ricordare che le zone in cui la ( ) 01 >ωddn sono dette di dispersione normale, mentre le zone in cui ( ) 01 <ωddn la. sono dette di dispersione anoma
• Grafico ( )ω2n : questo grafico ha il tipico andamento a campana dei grafici di risonanza, raggiungendo il massimo in corrispondenza di 0ω . È importante notare che, essendo βωcn =2 , la componente immaginaria rappresenta una misura dell’assorbimento che il dielettrico esercita sulla radiazione. In effetti questo assorbimento è massimo all’interno della campana di risonanza, mentre risulta decadere quando ci si sposta a pulsazioni molto basse o molto alte. Le zone in cui la campana si spalma sull’asse x, in effetti corrispondono alle zone di trasparenza: una radiazione che possiede una pulsazione che cade nell’intervallo appena citato attraverserà il dielettrico senza essere assorbita. Quando la campana raggiunge il massimo (ovverosia in corrispondenza della pulsazione di risonanza) il coefficiente di assorbimento diventa massimo (lo spettro del materiale, in corrispondenza di quella pulsazione, registrerebbe una riga di assorbimento). Confrontando questo secondo grafico con il primo ci si accorge che in corrispondenza delle code di ( )ω2n , il grafico di ( )ω1n possiede derivata positiva, quindi è crescente.
Disp. Normale Disp. Normale
01 >ωd
dn01 >
ωddn
01 <ωd
dn
Assorbimento
Trasparenza Trasparenza
Andamento della reale dell’indice di rifrazione Andamento della parte imm. dell’indice di rifrazione
141
Onde elettromagnetiche Massimiliano Carfagna
In realtà questa trattazione è molto qualitativa, in quanto tutto il modello è basato
sull’ipotesi che ogni atomo sia schematizzabile come un oscillatore armonico, e conseguenzialemnte che tutti gli atomi del materiale siano schematizzabili come oscillatori armonici identici tra loro come pulsazione e come ampiezza.
In realtà l’oscillazione di ogni atomo, in generale, e diversa da tutti gli altri; è necessario, poi, considerare che l’oscillazione di alcuni atomi è legata a quella di altri, e poi è necessario ricordare che le molecole (di cui gli atomi fanno parte) non sono dei sistemi rigidi, ma si deformano ed oscillano anch’esse (assorbimento molecolare) alterando così il modello. Questa osservazione ci fa capire che un modello quantitativamente valido deve tener conto di questi fattori, quindi la polarizzabilità elettrica potrà essere scritta come somma delle singole polarizzabilità associate ad ogni atomo. Ciò che ne verrà fuori sarà un modello a più risonanze, la cui trattazione qualitativa sarà equivalente alla precedente ma più complessa.
IX.5. Onde elettromagnetiche nei conduttori
In apertura del paragrafo, come prima cosa, poniamoci alcune domande: 1. Cosa succede se facciamo incidere un’onda elettromagnetica su un conduttore
omogeneo ed indefinito (esempio: corrente che attraversa un cavo a sezione cilindrica)? Ci aspettiamo che l’onda, a contatto con il conduttore si attenui (in quanto una parte di essa viene riflessa dal conduttore), ed inoltre che il conduttore si riscaldi (perché l’onda genera un campo elettrico nel conduttore, il quale, a sua volta, mette in moto le cariche, le quali, a loro volta, dissipano energia liberata per effetto Joule). L’effetto sembra simile a quando il conduttore è percorso da corrente.
2. C’è differenza di risultato rispetto al caso in cui il conduttore sia percorso da corrente? In effetti il risultato è analogo al comportamento di un conduttore sottoposto a corrente alternata (ad alta frequenza).
Si dimostra sperimentalmente che quando un conduttore è percorso da corrente alternata ad alta frequenza (o similarmente: sul conduttore viene fatta incidere un’onda elettromagnetica), la corrente non si distribuisce in modo uniforme su tutta la sezione del conduttore, bensì tende ad addensarsi nello strato superficiale, aumentandone la resistenza.
Perché accade questo fenomeno, denominato effetto pelle? La spiegazione è da rintracciare nella Faraday – Neumann e può essere riassunta brevemente nei seguenti passaggi:
A. il campo elettrico (trasportato dall’onda elettromagnetica) varia nel tempo; con esso varia anche il campo magnetico generato dallo stesso campo elettrico, per cui:
( ) ( )tBtErr
⇒ B. la variazione temporale implica la formazione di un campo elettrico
indotto (campo di Lorentz) iEr
il quale, per via della terza equazione di Maxwell si oppone alla variazione temporale del campo elettrico trasportato dall’o.e.;
C. Il modulo del campo elettrico indotto cresce al diminuire della distanza dal centro e ciò è facilmente verificabile calcolando la circuitazione del
142
Onde elettromagnetiche Massimiliano Carfagna
campo elettrico indotto lungo una linea chiusa rettangolare alta e lunga , infatti essa è:
hdr
( ) ( hrEhdrrEldE iii −+≅⋅ )∫l
rr
in cui abbiamo messo il “circa uguale” in quanto il rettangolo, in effetti non è un rettangolo vero e proprio, bensì un rettangolo spalmato sulla superficie laterale del cilindro, ma dato che stiamo facendo ragionamenti del tutto teorici e qualitativi, ci interessano solo gli ordini di grandezza;
D. Per via della Faraday – Neumann la circuitazione appena calcolata è uguale all’inverso della variazione temporale di flusso del campo magnetico, ovverosia:
( )∫ −=⋅
l
rrr
dtBdldEi
φ
ma la derivata a secondo membro è positiva, in quanto abbiamo assunto inizialemente che stiamo osservando il fenomeno in una fase in cui il campo elettrico, e quindi la corrente, stanno crescendo, dunque stà crescendo anche il campo magnetico, e dato che la superficie sulla quale si stà calcolando il flusso, al variare del tempo, non cambia, è chiaro che il flusso aumenta proporzionalmente al campo magnetico, riassumendo in formule:
( ) ( ) ( ) ( ) ( )
( ) 0
;cost
>
⇓
>+⇒>+⋅==
∫
dtBd
tdtttBdttBSdBBS
S
φ
φφφrr
E. A questo punto è fatta: se la derivata è maggiore di zero allora vuol dire che, per la Faraday – Neumann, la circuitazione è minore di zero e quindi si ha che:
( ) ( ) ( ) (
( ) ( )drrErE
rEdrrEhrEhdrrEldE
ii
iiiii
+>⇓
<+⇒<−+≅⋅∫l
)rr
0
questo dimostra che il campo indotto aumenta all’avvicinarsi all’asse del cilindro.
F. Dato che il campo indotto è opposto in segno al campo inducente è ovvio che mano a mano che il campo inducente penetra verso l’interno del cilindro tende ad essere compensato dal campo indotto, fino ad arrivare ad un punto in cui i due campi si annullano, cosicché non c’è più moto di cariche.
Si potrebbe pensare che il punto in cui i due campi si annullano sia molto distante
143
Onde elettromagnetiche Massimiliano Carfagna
dalla superficie esterna del conduttore. Dimostreremo in seguito che, invece, il campo inducente si annulla dopo aver percorso, nel conduttore, uno strato piccolissimo, detto, per l’appunto pelle. Questo è il motivo per cui questo fenomeno viene chiamato effetto pelle.
Osservazione fondamentale: abbiamo appena detto che nei casi in cui si fornisce una corrente variabile nel tempo ad un conduttore (sia essa proveniente da un’onda elettromagnetica incidente o da un generatore di tensione variabile), la corrente si dispone a scorrere in superficie (e non uniformemente su tutta la sezione del conduttore), facendo aumentare la resistenza del conduttore stesso; ciò implica che fare dei cavi di elevato spessore non aiuta il fluire della corrente, in quanto provocherebbe solo un aumento eccessivo della resistenza del conduttore, impedendo, di fatto, il passaggio di corrente (sarebbe più utile fare dei cavi, con una superficie esterna grande,così da agevolare il passaggio di corrente, ma vuoti all’interno?)
Per rendere pratiche le considerazioni appena fatte, portiamo l’esempio di un conduttore ohmico omogeneo ed isotropo, molto esteso, di conducibilità σ , immerso in un campo ( )tE
r uniforme e variabile nel tempo sinusoidalmente. Le tre ipotesi si traducono
matematicamente dicendo che: ( )
isotropo mezzolocale Ohm di legge
esinusoidal campo0
⇒=⇒=⇒=
EDEJeEtE t
rr
rr
rr
εσ
ωi
263.
Supponiamo che il conduttore sia posto in modo tale da occupare lo spazio sottostante al piano , ossia si sviluppi per le negative (nel suo spessore), mentre la sua superficie sia complanare al piano . Nell’ipotesi esemplificativa che il campo si propaghi parallelamente all’asse , le componenti
xy zxy
y x e del campo e della densità di corrente sono nulle, mentre sono nulle le derivate rispetto
zx e . Ciò dipende dal fatto che
la componente dipende unicamente da (il campo elettrico in un’o.e. è sempre ortogonale alla direzione di propagazione) e da , quindi è chiaro che le derivate rispetto a variabili che nulle, siano nulle; in formule:
y
yE zt
( ) ( )
⎪⎩
⎪⎨
⎧
=∂∂
=∂∂
=≡
0
con ,00 ,0
yE
xE
ezEEEE tyyy
rr
rωi
264.
Come prima cosa possiamo notare che un conduttore per cui valgano le condizioni appena enunciate possiede anche la caratteristica di non avere una densità volumetrica di carica ρ (non ha cariche localizzate al suo interno), infatti la terza equazione di Maxwell scritta nel nostro caso, ci informa che:
( )EH
eEEHtEEH
tDJH t
rrr
rrrrr
rrrr
rrr
εωσ
εωσεσ ω
i
i i
+=×∇
⇓
+=×∇⇒∂∂
+=×∇⇒∂∂
+=×∇ 0
265.
Quindi applichiamo il rotore ad ambo i membri della precedente equazione:
144
Onde elettromagnetiche Massimiliano Carfagna
( ) ( ) ( ) ( ) ( )
( ) 00
1
=⇒⋅∇=
⇓
⋅∇⋅⎟⎠⎞
⎜⎝⎛ +
=⋅∇⋅+=⋅∇+=×∇⋅∇
ρ
εεωσε
εεωσεωσ
D
DEEH
rr
rrrrrrrrr iii
266.
Tutto ciò è dovuto al fatto che la divergenza del rotore è nulla e che ( ) ρ=⋅∇ Drr
(Prima eq.ne di Maxwell).
Affinché il nostro conduttore sia un “buon conduttore” gli manca un’ipotesi molto importante: facendo il rapporto tra la corrente di conduzione e la corrente di spostamento, si vede che:
σωε
σωε
==∂∂
=EE
J
tD
J
J s ir
r
r
r
267.
Da ciò si deduce che, se σωε << allora la corrente di spostamento diventa del tutto trascurabile, in quanto il rapporto tende a zero. Questo comporta una notevole modifica nella quarta equazione di Maxwell, in quanto, ponendoci nelle condizioni sopra indicate, possiamo trascurare il termine tD ∂∂
r.
In definitiva, mediante tutte queste considerazioni siamo giunti a poter scrivere le due eq.ni di Maxwell che regolano questo fenomeno:
⎪⎩
⎪⎨
⎧
∂∂
−=×∇
==×∇
tBE
EJBr
rr
rrrrµσµ
268.
Ed il nostro scopo è quello di giungere ad un’unica equazione, la quale regoli il moto ondulatorio del campo elettrico. Per farlo applichiamo il rotore ad ambo i membri e ricordiamo che ( ) ( ) EEE
rrrrrrr2∇−⋅∇⋅∇=×∇×∇ :
( ) ( ) ⎟⎠⎞
⎜⎝⎛
∂∂
−×∇=∇−⋅∇⋅∇=∇−⎟⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛⋅∇⋅∇=×∇×∇
tBEJEJE
rrrrrrr
rrrrr22 1
σσ 269.
Dobbiamo inoltre ricordare che la densità di corrente è un vettore solenidale, quindi ha divergenza nulla, per cui la relazione precedente si riduce ad una forma più semplice, anche invertendo l’ordine di derivazione:
[ ]Bt
EtBE
rrrr
rr×∇
∂∂
=∇=⎟⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛∂∂
×∇=∇ 22 270.
Ed, utilizzando la EBrrr
µσ=×∇ si ha che:
tEE∂∂
=∇r
rµσ2 271.
Dato che nel caso di nostro interesse il vettore campo elettrico è del tipo ( )0,,0 yE , si ha che la precedente equ.ne differenziale si tramuta nella:
tE
zE
tE
E yyyy ∂
∂=
∂
∂⇒
∂
∂=∇ µσµσ 2
22 272.
145
Onde elettromagnetiche Massimiliano Carfagna
Non ci rimane che calcolare la quantità zEy ∂∂ e risolvere l’ODE, ossia:
( )[ ] ( ) ty
ty
y ezEezEtt
E ωω ω ii i ,0,0 =∂∂
=∂
∂ 273.
Ricordando, inoltre, che:
( )[ ] 2,0
2
,02
2
2
2
zE
eezEzz
E ytty
y
∂
∂=
∂∂
=∂
∂ ωω ii 274.
Non ci resta che sostituire i diversi risultati nell’eq.diff. bordata ed otterremo che:
( )zEzE
yy
,02,0
2
ωµσi=∂
∂ 275.
La quale è nella sola variabile . È da osservare che siamo giunti proprio a ciò che volevamo, ovverosia l’andamento del campo elettrico sottoforma di onda in funzione della direzione di penetrazione dell’onda stessa. La sua soluzione di questa equazione differenziale sarà del tipo
z
( ) zzy BeAezE 21
,0αα += in cui A e sono costanti da
determinare in base alle condizioni iniziali, mentre B
2,1α sono le soluzioni dell’equazione caratteristica seguente:
( ) ( )βωµσωµσαωµσα iiii +±=+±=±=⇒=− 12
10 2,12 276.
Quindi la soluzione si scrive nel seguente modo ( ) ( ) zzzy eAeAezE βββ ii == +1
,0 trascurando
il termine con esponente negativo ( )zBe i+− 1β in quanto, per il ragionamento fatto in precedenza, è una situazione fisicamente impossibile (infatti accettando anche questa come parte della soluzione, otterremmo che per −∞→z il campo elettrico diverrebbe infinito, ma abbiamo sopra dimostrato che il campo elettrico variabile nel tempo impresso ad un conduttore, man mano che si penetra nel conduttore stesso, diminuisce).
La soluzione appena scritta rappresenta come varia l’ampiezza del campo in funzione dello spazio, per cui la variazione del campo in funzione dello spazio e del tempo, invece, è data dall’equazione ( ) t
yy eEtzE ωi,0, = , quindi scriveremo che:
( ) ( )tzz
y eAetzE ωββ += i, 277.Nella relazione precedente la quantità rappresenta l’ampiezza dell’onda
che penetra nel materiale, questo vuol dire che il campo elettrico si attenua esponenzialmente mano a mano che scendo nel materiale (ricordiamo che, per la nostra scelta del sistema di riferimento, le
zAeβ=Λ
0<zQuindi, si verifica facilmente che se impongo
rappresentano l’interno del materiale). β1−=z (ossia sono sceso di un
fattore β1 nel conduttore), cosa accade alla mia ampiezza? Ma ovviamente essa si sarà attenuata di un fattore e1 , infatti si ha che: ( ) eAAeAe ===Λ −−⋅ 11 ββ .
Dunque a questo particolare valore di profondità possiamo associare un nome ed un simbolo, e lo chiameremo spessore della pelle δ , rappresenterà la distanza (dalla superficie del conduttore) presso la quale l’onda elettromagnetica si è attenuata di un fattore eA ; avrà il seguente valore:
146
Onde elettromagnetiche Massimiliano Carfagna
ωεσβδ 21
== 278.
Come si può notare lo spessore della pelle è inversamente proporzionale alla pulsazione dell’onda, quindi anche alla frequenza, per cui se la frequenza è molto alta è del tutto inutile utilizzare conduttori con uno spessore della pelle molto elevato (si pensi ai microcircuiti come i processori, i quali lavorano a frequenze nell’ordine dei MHz: i filamenti che li costituiscono hanno un diametro nell’ordine del millimetro), mentre quando si opera con onde a bassa frequenza, come quella della rete elettrica (50 Hz) lo spessore della pelle aumenta, quindi è necessario avere cavi che abbiano una sezione più che millimetrica. Infatti in δ i valori di conducibilità e di costante dielettrica del rame, con una frequenza di 50 Hz si ha che lo spessore della pelle è di circa 9 mm.
IX.6. Spettro delle onde elettromagnetiche.
Per descrivere sommariamente le caratteristiche che le onde elettromagnetiche assumono a diverse frequenze (o a diverse lunghezze d’onda, dato che νλ c= ), si è pensato che fosse utile raccogliere le informazioni di massima nella seguente tabella.
ν (Hz) λ (m) Sorgente di emissione Utilizzo
9101⋅< 3101⋅> Radio Dispositivi elettronici, come i circuiti oscillanti
Telecomunicazioni, come TV radio.
9101⋅ 1103 −⋅ Microonde
Dispositivi elettronici associati a dispositivi meccanici
Ricerca (studio di strutture atomiche e molecolari) Telecomunicazioni (radar) 11101⋅ 3101 −⋅
Infrarosso (IR) Corpi caldi (la radiazione di corpo nero è una radiazione infrarossa)
- 14104 ⋅ 7108 −⋅
Visibile
Atomi e molecole quando gli elettroni compiono transizioni da stati metastabili a stati stabili, oppure nei casi di agitazione termica (a temperature elevate).
- 14108 ⋅ 7104 −⋅
Ultravioletto (UV)
Atomi e molecole quando passano da uno stato elettronico ad un altro
Il più evidente esempio di utilizzo è l’abbronzatura.
17103 ⋅ 10106 −⋅
Raggi X
Atomi e molecole, soprattutto nei processi in cui gli elettroni subiscono una brusca accelerazione (ad esempio la radiazione di frenamento)
Diagnostica medica: radiografie e radioscopia Astrofisica: studio di sorgenti di X-ray. 19105 ⋅ 12105 −⋅
Raggi γ 19105 ⋅> 12105 −⋅<
Decadimenti radioattivi, ma anche molti altri processi nucleari
-
IX.7. Vettore di Poynting
Come per qualsiasi altra entità fisica, anche per il campo elettromagnetico vale il principio di conservazione dell’energia: la somma di tutte le forme di energia possedute
147
Onde elettromagnetiche Massimiliano Carfagna
dal campo elettromagnetico e dai sistemi con i quali essi ha interagito deve risultare costante.
Gli aspetti energetici dei campi elettromagnetici vengono trattati, in elettromagnetismo, introducendo una nuova quantità vettoriale, detta vettore di Poynting Ir
. Questa nuova quantità consiste in un campo vettoriale al quale è associata l’energia trasportata dall’onda e la velocità di propagazione stessa.
Vediamo come si ricava l’espressione esplicita del vettore di Poynting. Supponiamo di avere:
• Una superficie chiusa e costante nel tempo, di volume S τ ; • Un campo elettromagnetico non nullo all’interno della superficie; • Una quantità di materia contenuta nella superficie;
L’energia posseduta dal campo elettromagnetico presente all’interno di è data dalla somma dell’energia del campo elettrico e dell’energia del campo magnetico, calcolate, entrambe, all’interno del volume
S
τ :
( ) ( )∫∫ ⋅+⋅=
ττ
ττ dBHdDEUrrrr
21
21 279.
Possiamo derivare questa relazione rispetto al tempo, ottenendo che:
∫ ⎥⎦
⎤⎢⎣
⎡∂∂
+∂∂
+∂∂
+∂∂
=∂∂
τ
τdHtBB
tHE
tDD
tE
tU r
rr
rr
rr
r
21 280.
Ricordiamo che , e EDrr
ε= HBrr
µ= . Da ciò si ha che, sostituendo nella relazione precedente e manipolando un po’, otterremo:
( ) ( ) ( ) ( )
( )( ) ( ) ( )( ) ( )
∫∫∫
⎥⎦
⎤⎢⎣
⎡∂∂
+∂∂
=∂∂
=⎥⎦
⎤⎢⎣
⎡∂
∂+
∂∂
+∂
∂+
∂∂
=
=⎥⎦
⎤⎢⎣
⎡∂
∂+
∂∂
+∂
∂+
∂∂
=∂∂
τ
τ
τ
τ
τµµεε
τµµεε
dHtBE
tD
tU
dHtHH
tHE
tEE
tE
dHtHH
tHE
tEE
tE
tU
rr
rr
rr
rr
rr
rr
rr
rr
rr
rr
21
21
281.
Ricordando la terza e la quarta equazione di Maxwell, è possibile operare i seguente passaggi:
tDJH
tBE
∂∂
+=×∇∂∂
−=×∇r
rrrr
rr; 282.
Quindi la relazione precedente diventa:
( ) ( )[ ]
( ) ( )[ ]∫∫∫
⋅−×∇−×∇=
=×∇−−×∇=⎥⎦
⎤⎢⎣
⎡∂∂
+∂∂
=∂∂
τ
ττ
τ
ττ
dEJHEEH
dHEEJHdHtBE
tD
tU
rrrrrrrr
rrrrrrrrr
rr
283.
148
Onde elettromagnetiche Massimiliano Carfagna
A questo punto possiamo ricordarci di una proprietà del calcolo vettoriale, secondo la quale ( ) ( ) ( )HEHEEH
rrrrrrrrr×⋅∇−=×∇−×∇ , quindi sostituendo e dividendo i due integrali si
ha che:
( ) ( )∫∫ ⋅−×⋅∇−=∂∂
ττ
ττ dEJdHEt
U rrrrr 284.
Applicando il teorema della divergenza al primo addendo del secondo membro e moltiplicando ambo i membri per meno uno, otteniamo che:
( ) ( )43421
rr
43421
rrr
)2()1(
∫∫ ⋅+×=∂∂
−
τ
τdEJSdHEt
U
S
285.
A questo punto possiamo fare qualche considerazione: • Questa relazione rappresenta una diminuzione di energia al variare del tempo, per
via del segno meno che le si presenta davanti;
• La quantità (2) rappresenta l’energia per unità di tempo (ovvero una potenza) che la componente elettrica del campo elettromagnetico trasferisce alla materia (ovvero alle cariche localizzate presenti su di essa) che abbiamo supposto essere presente nel volume τ . Il motivo di questa associazione stà nel fatto che se pensaimo che nel volume suddetto ci siano τnddN = cariche sulle quali agisce l’azione combinata del campo elettromagnetico scritta sotto forma di forza elementare:
( ) ( ) τdBvEnqBvEdNqFd dd
rrrrr×+=×+=
rr, allora la potenza associata a queste
cariche localizzate è data dal prodotto della forza per la velocità con cui le cariche si muovono (la velocità media di drift), quindi: ( ) =×+⋅= τdBvEvnqdP dd
rrr r
( ) ( ) ττ dEJdEvnq d
rrrr⋅=⋅= , nella quale si è considerato che il prodotto scalare
( )Bvvnq dd ×⋅rrr è nullo in quanto ( ) dd vBv rrr
⊥× . In definitiva è chiaro che l’integrale (2) corrisponde esattamente alla potenza del campo elettrico delle cariche localizzate, integrato sul volume.
• La quantità (1), invece, è il flusso del vetto e d Poynting, il quale è definito come: r i
µBEHEIrr
rrr ×=×= 286.
Questo campo vettoriale, espresso in questo modo, non ci dice molto sul suo significato fisico. Se, invece, consideriamo l’intero intergale (1) si capisce che esso rappresenta il flusso del vettore di Poynting attraverso la superficie S . Vedremo tra un attimo che nel caso di onde piane o di onde sferiche esso assume il significato di “trasportatore di energia della radiazione”. Nel S.I. il vettore di Poynting, che di fatto rappresenta una potenza per unità di superficie, si misura in [ ] [ ]2mW oppure in [ ] [ ] [ ]smJ ⋅2 .
149
Onde elettromagnetiche Massimiliano Carfagna
A questo punto vediamo come può essere espresso il vettore di Poynting nel caso
(non tanto particolare) di onda piana. Per un’onda piana, abbiamo visto che valgono le seguenti relazioni:
εµε
µ1;; 2
2
==×= vEBvBE rrr 287.
La seconda delle quali ci dice che, in un’onda elettromagnetica, la densità di energia per unità di volume del campo elettrico è uguale alla densità di energia per unità di volume del campo magnetico . Il vettore di Poynting, dunque, può essere scritto come:
eu
mu( ) ( ) ivBBkBvBvBI ˆˆ1 2
⋅=×⋅=××
=µµµ
rrrr
r 288.
Applicando la seconda delle relazioni prima scritte si ottiene che:
iEiEiEivEivBI ˆˆˆ1ˆˆ 22
2222
⋅=⋅=⋅=⋅=⋅=µε
εµε
εµεε
µ
r 289.
Nella quale è il versore della direzione di propagazione dell’onda. Si può notare che la quantità
iµε corrisponde all’impedenza caratteristica Z definita in passato.
Possiamo generalizzare il discorso tenendo presente che in un’onda
elettromagnetica generica l’energia fornita dal campo elettrico è uguale all’energia fornita dal campo magnetico (entrambe intese come energia per unità di volume), possiamo dire che l’energia totale posseduta da un’onda elettromagnetica è data dalla:
( ) ⎟⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛+=+= 2
2
21
21 EBuuu me ε
µ 290.
e quindi il vettore di Poynting può essere scritto come:
vuvEBI rrr
21
21 2
2
=⎟⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛+= ε
µ 291.
Scritto in questo modo, risulta evidente che il vettore di Poynting rappresenta l’energia del campo elettromagnetico contenuta in un cilindro di sezione unitaria disposta perpendicolarmente alla direzione di propagazione dell’onda, e lungo
Svr .
In generale il modulo del vettore di Poynting prende il nome di intensità istantanea
dell’onda, in quanto essa rappresenta l’energia che all’istante t fluisce nell’unità di tempo attraverso la superficie unitaria disposta ortogonalmente alla direzione di propagazione.
Dato che il campo elettrico, così come il campo magnetico, di un’o.e. assumono forma di funzioni sinusoidali o cosinusoidali, è opportuno scrivere la forma che assume l’intensità istantanea in questa situazione; assegnato un campo elettrico del tipo:
( )trkEE ω−⋅=rrrr
cos0 in cui kr
è il vettore d’onda e ( zyxr ,, )=r è il vettore di
propagazione, l’intensità istantanea dell’onda, sarà:
( ) ( )trkZE
trI ω−⋅=rrr 2
20 cos, 292.
150
Onde elettromagnetiche Massimiliano Carfagna
La quale rappresenta un’onda che si propaga nella stessa direzione e con la stessa velocità dell’onda elettromagnetica associata.
IX.8. Quantità di moto e pressione di radiazione
In generale la quantità di moto associata ad una forza, rappresenta la forza per unità di tempo, ovvero l’impulso della forza.
In relazione al campo magnetico, abbiamo già accennato, nel precedente paragrafo a come può essere scritta la forza per unità di volume esercitata da una radiazione elettromagnetica su un volumetto infinitesimo di materiale; per essa si è scritto che:
( )BvEnqdFdf d
rrrr
r×+==
τ 293.
Nella quale è il numero di cariche presenti nell’unità di volume. nPer il calcolo della quantità di moto è necessario riferirsi alla media su un periodo
della forza, ovverosia:
∫=
T
dtdFd
Tq
0
1τ
rr 294.
Ma dato che il campo elettrico è della forma: ( ) ( )trkeEtrE ω−=rrrrr i
0, allora la sua media su un periodo sarà nulla, cosicché la relazione precedente risulterà comprendere solo il termine magnetico moltiplicato vettorialmente per la densità di corrente : dvnqJ rr
=
BJBvnqq d
rrrrr×=×= 295.
Nella quale è stato inserito il simbolo per indicare che sia la densità di corrente di conduzione, sia il vettore induzione magnetica devono essere calcolati facendo la loro media su un periodo.
Possiamo notare che la densità di corrente di conduzione è parallela al campo elettrico, dunque è ortogonale al campo magnetico, per cui il prodotto vettoriale tra le due fornisce un vettore che si dirige nella direzione di propagazione dell’onda:
vJBBJ ˆ⋅=×rr
, e, ricordando che vBE = possiamo scrivere che vvJEvJB ˆˆ ⋅=⋅ , o
in maniera più elegante:
vv
JEq ˆ⋅
⋅=
rrr 296.
Il termine al numeratore, però, può subire ancora qualche modificazione in quanto il prodotto scalare non è altro che la potenza per unità di volume dell’onda. Ciò lo si ricava facilmente se si moltiplica scalarmente per
JErr
⋅
dvr l’espressione prima citata:
( ) EJBvvEvnqvdFdvfp dd
EJ
ddd
rr
43421
rrr43421
rrrr
rr
rr
⋅=×⋅+⋅=⋅=⋅=⋅ 0
τ 297.
Risulta quindi evidente che la quantità di moto potrà essere scritta nel seguente modo:
151
Onde elettromagnetiche Massimiliano Carfagna
vvp
qv ˆ⋅=r
298.
Riassumendo: la quantità di moto vqr di un’onda elettromagnetica trasferita, in un periodo, all’unità di volume del materiale su quale l’onda incide, è pari al rapporto tra la potenza per unità di volume, mediata su un periodo, diviso il modulo della velocità di propagazione, e il vettore che ne risulta si dirige parallelamente alla direzione di propagazione dell’onda. Abbiamo ritenuto opportuno aggiungere il pedice “ ” per specificare che la quantità appena calcolata si riferisce all’impulso per unità di volume.
v
In effetti, però, se l’onda trasferisce al materiale tutta la sua energia, ovvero ci si trova in condizioni di assorbimento totale, è più conveniente riferirsi all’energia per unità di tempo incidente sull’unità di superficie del materiale (e non sull’unità di volume!). Questo comporta una sostanziale modifica nella relazione appena scritta, in quanto, al posto della è necessario introdurre, per l’appunto, l’intensità p I dell’onda elettromagnetica, la quale corrisponde esattamente all’energia trasmessa dall’onda, nell’unità di tempo, all’unità di superficie normale alla direzione d incidenza dell’onda stessa.
Ricordiamo che l’intensità corrisponde esattamente al modulo del vettore di Poynting, definito nel paragrafo precedente, quindi, inserendolo nella relazione precedente al posto della potenza si ha che:
v
BE
v
Iv
vI
qs µ
rrrr ×
==⋅= ˆ 299.
Alla quantità appena calcolata si dà il nome di quantità di moto (impulso) per unità di tempo e per unità di superficie sqr . È importante notare che I è l’intensità media, e non l’intensità istantanea (data, instante per istante, dal modulo del vettore di Poynting), quindi essa corrisponde al valore:
µε
2
20
2 EZ
EI eff == 300.
A questo punto osserviamo il modulo del vettore sqr : in effetti, trascurando la media temporale dell’intensità (ossia considerando l’intensità istantanea) e facendo l’analisi dimensionale della sqr ci si accorge che essa ha le dimensioni di una forza per unità di superficie, infatti:
[ ][ ]
[ ][ ] [ ][ ]
[ ] [ ][ ][ ]
[ ][ ] [ ]atm1
222 ==⋅⋅=⋅⇒mN
ms
msmN
ms
mW
vI 301.
Ciò dimostra che il modulo della quantità di moto istantanea per unità di superficie rappresenta la pressione esercitata dall’onda incidente su una superficie ad essa normale e perfettamente assorbente, ovverosia la cosiddetta pressione di radiazione.
Come sempre accade quando si definisce un vettore quantità di moto, esso viene spesso associato ad un vettore momento angolare L
r alcolato rispetto ad un polo O . Una
radiazione elettromagnetica possiede almeno due tipi di momenti angolari: c
• Momento angolare orbitale: detto sqr la quantità di moto per unità di
152
Onde elettromagnetiche Massimiliano Carfagna
superficie, e detto rr il vettore che unisce il raggio di quantità di moto sqr con il polo scelto per il calcolo del momento, si ha che il momento angolare orbitale è dato dal prodotto vettoriale
O
sqrL rrr×= .
• Momento angolare intrinseco: è l’analgo del momento di spin associato ad una particella, ovverosia rappresenta la rotazione della radiazione attorno ad un asse. Esso ha due valori:
1. se la radiazione è polarizzata circolarmente (ossia il campo elettrico ruota intorno alla direzione di propagazione)
IL ω±=r
2. se la radiazione è polarizzata linearmente ( ossia il campo elettrico vibra in un piano fisso, ad esempio nel piano xy se x è la direzione di propagazione).
0=Lr
IX.9. Tensore degli sforzi di Maxwell
Nel paragrafo precedente si è introdotta la quantità di moto di un’onda elettromagnetica a partire da considerazioni teoriche, mescolate a relazioni empiriche.
Qui di seguito vogliamo giungere agli stessi risultati ma utilizzando un approccio del tutto teorico, in modo da sviluppare delle relazioni valide senza limitazioni di sorta.
Dato un volume τ di forma costante nel tempo, in cui sia la superficie che lo contiene, in precedenza abbiamo scritto che:
S
( )BvEnqdFdf d
rrrr
r×+==
τ 302.
Se consideriamo che ρ=nq è la densità di carica e che Jvnq d
rr= è la densità di corrente,
si ha che il risultante delle forze elettromagnetiche presenti nel volume τ è dato dal seguente integrale di volume:
( )∫ ×+=
τ
τρ dBJEFrrrr
303.
Partendo da questa relazione possiamo attuare una serie di passaggi matematici che ci permetteranno di giungere ad una espressione esplicita del risultante delle forze. Come prima cosa notiamo che, dalle equazioni di Maxwell si ricava che:
( )ρ=⋅∇
∂∂
−×∇=⇒∂∂
+=×∇
DtDHJ
tDJH
rr
rrrr
rrrr
304.
Quindi sostituendo nella relazione precedente si ha che:
( ) ( )∫ ⎟⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛×
∂∂
−××∇+⋅∇=
τ
τdBtDBHEDF
rr
rrrrrrr 305.
Ovviamente il terzo termine a secondo membro può essere scritto in modo equivalente ricordando che:
[ ] [ ] DtBBD
tB
tDD
tBB
tDBD
tr
rrrr
rr
rr
rrr
×∂∂
−×∂∂
=×∂∂
⇒×∂∂
+×∂∂
=×∂∂ 306.
153
Onde elettromagnetiche Massimiliano Carfagna
Ne consegue che, sostituendo il tutto nell’integrale precedente otterremo:
( ) ( ) [ ]∫ ⎟⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛×
∂∂
+×∂∂
−××∇+⋅∇=
τ
τdDtBBD
tBHEDF
rr
rrrrrrrrr 307.
A questo punto spezziamo i singoli membri e riscriviamo nel modo seguente la precedente relazione:
[ ] ( ) ( )∫∫∫∫ ×∇×−×∂∂
+⋅∇=×∂∂
+
ττττ
ττττ dHBdDtBdEDdBD
tF
rrrrr
rrrrrr 308.
È importante notare che l’ultimo termine ha cambiato segno in quanto vale la seguente relazione vettoriale: ( ) ( )HBBH
rrrrrr×∇×−=××∇ . Possiamo operare altre due importanti
modifiche: come prima cosa, mediante la terza equazione di Maxwell possiamo scrivere che ( )EtB
rrr×∇−=∂∂ :
[ ] ( ) ( ) ( )∫∫∫∫ ×∇×−×∇×−⋅∇=×∂∂
+
ττττ
ττττ dHBdEDdEDdBDt
Frrrrrrrrrrrr
309.
Poi è possibile aggiungere un termine nullo che ha lo scopo di rendere simmetrica la relazione: infatti se aggiungo un integrale di volume la cui funzione integrando sia ( )BH
rrr⋅∇ , non modifico la relazione in quanto B
r è solenoidale e quindi la sua divergenza è
nulla:
[ ] ( ) ( ) ( ) ( )[ ]∫∫ ×∇×−⋅∇+×∇×−⋅∇=×∂∂
+
ττ
ττ dHBBHEDEDdBDt
Frrrrrrrrrrrrrrr
310.
A questo punto, mediante calcoli laboriosi ma comunque banali, utilizzando il teorema della divergenza e le proprietà dell’operatore nabla, è possibile trasformare l’integrale a secondo membro in un integrale di superficie. Successivamente è possibile scrivere il risultante delle forze per componenti, nel modo seguente:
[ ]
[ ]
[ ]⎪⎪⎪⎪⎪
⎩
⎪⎪⎪⎪⎪
⎨
⎧
++=∂∂
+
++=∂
∂+
++=∂∂
+
∫∫∫
S
zzzyzyxzxz
z
S
zyzyyyxyxy
y
S
zxzyxyxxxx
x
dSTdSTdSTt
GF
dSTdSTdSTt
GF
dSTdSTdSTt
GF
311.
Nelle tre relazioni scalari appena scritte il significato delle singole quantità è il seguente:
• ( )∫ ×=
τ
τdBDGrrr
è la quantità di moto totale del sistema (isolato) racchiuso nel
volume τ . Dimostreremo tra un attimo questa affermazione.
154
Onde elettromagnetiche Massimiliano Carfagna
• ( )zyx dSdSdSSd ,,=
r è l’elemento della superficie S che racchiude il volume τ
considerato. • sono i coefficienti di una matrice la quale prende il
nome di tensore degli sforzi di Maxwell. Ogni singolo elemento rappresenta la componente, lungo l’asse i , della quantità di moto per unità di tempo trasmessa all’unità di superficie .
zyxjiTij ,,,con = 33×
jij dST
jdSDai calcoli omessi si evince che una scrittura esplicita del tensore degli sforzi è la seguente:
( )[ ]zyxji
jiji
BvEBBvEET ijijjijiij
,,,01
con21 2222
0
=⎩⎨⎧
≠=
=⎟⎠⎞
⎜⎝⎛ +−+=
δδε 312.
Dalla quale si nota che è un tensore simmetrico e che esso dipende esplicitamente dal campo elettrico e dal campo magnetico trasportato dall’onda elettromagnetica.
r
ijT
Giustifichiamo la precedente affermazione secondo la quale G sia la quantità di moto totale del sistema.
Per la seconda equazione cardinale della meccanica, si ha che:
dtQdFr
r= 313.
Quindi le tre componenti precedentemente scritte possono anche essere viste nella forma seguente:
[ ] [ ]
[ ] [ ]
[ ] [ ]⎪⎪⎪⎪⎪
⎩
⎪⎪⎪⎪⎪
⎨
⎧
++=+∂∂
++=+∂∂
++=+∂∂
∫∫∫
S
zzzyzyxzxzz
S
zyzyyyxyxyy
S
zxzyxyxxxxx
dSTdSTdSTGQt
dSTdSTdSTGQt
dSTdSTdSTGQt
314.
Appare chiaro che, se il campo elettromagnetico è confinato unicamente nel volume τ , quindi è l’unico artefice della forza agente nel volume considerato, allora il sistema può ritenersi isolato. Questo implica che è sempre possibile trovare una superficie
sulla quale S Er
e siano nulli. La conseguenza di ciò è che i secondi membri delle precedenti relazioni saranno nulli, e quindi la quantità
Br
GQrr
+ si conserva, in formule:
[ ] cost0 =+⇒=+∂∂ GQGQt
rrrr 315.
Dato che in un sistema isolato la quantità di moto totale del sistema si conserva, e dato che Q
r rappresenta la quantità di moto meccanica del sistema, appare chiaro che G
r
può essere interpretata come la quantità di moto del campo elettromagnetico.
155
Onde elettromagnetiche Massimiliano Carfagna
crittura locale corrisponde alla densità di quantità di moto
per unità di volume, ovverosia: Si può notare che la sua s
( ) vvISHEBD
dGdg ˆ
2==×=×==rrrrr
rr εµεµ 316.
La quale è in accordo con la relazione τ
vvs µBEvIqrr
r ×=⋅= ˆ 317.
deve essere calcolata è quello di un cilindro di base unitaria e altezza , ciò vuol dire che:
Che rappresenta la quantità di moto che incide su una superficie unitaria, nell’unità di tempo. Infatti g è una densità di quantità di moto per unità di volume, e il volume sulla quale
r
v
vvIv
vI
vvq
g s ˆˆ12 ⋅=⋅⋅==
rr 318.
IX.10. Potenziali elettrodinamici
ei equazioni scalari per la determinazione del campo elettrico e di quello
potenziale vettore
In passato si è detto che le quattro equazioni di Maxwell rappresentano due equazioni scalari e sei equazioni vettoriali tra di loro dipendenti. Infatti bastano la terza e la quarta, in forma di componenti, per determinare univocamente il campo e.m..In definitiva, quindi, sono necessarie s
magnetico. Per semplificare questo problema si è pensato di introdurre delle relazioni che
contengano delle funzioni (vettoriale e scalare, rispettivamente) che abbiamo chiamatoAr
e potenziale scalare , legate a V Br
ed a Er
dalle relazioni seguenti:
⎟⎟⎠
⎜⎝ ∂t
⎞⎜⎛ ∂
+−=∇=×∇AEVBAr
rrrrr; 319.
La ndo che, se si introduce la
I quali prendono il nome di potenziali elettrodinamici. seconda delle precedenti relazioni è stata ricavata nota A
rr×∇ nella terza equazione di
Maxwell si giunge a dire che:
( ) 0=⎟⎟⎠
⎜⎝ ∂∂∂∂ tttt
⎞⎜⎛ ∂
+×∇⇒∂
×∇−=×∇∂
−=∂
−=×∇AEAABEr
rrr
rrrr
rr 320.
escritto
a s
Ciò vuol dire che la quantità tra parentesi è un vettore irrotazionale, e quindi può ess re come gradiente V∇ di una funzione scalare che chiameremo potenziale scalare V . Il nostro scopo è quello di trovare una alternativ più emplice alla soluzione delle
equazioni di Maxwell per giungere alla conoscenza di
r
Er
e Br
. A volte, però, noti i campi elettrico e magnetico, risulta necessario conoscere l’espressione dei potenziali elettrodinamici, e questo lo si può fare scrivendo la prima e la quarta equazione di Maxwell in funzione di A
r e di V , ottenendo così le cosiddette equazioni della dinamica
dei potenziali o equazioni elettrodinamiche. Per la prima eq.ne di Maxwell si ottiene che:
156
Onde elettromagnetiche Massimiliano Carfagna
( )ερ
ερ
−=∂
⋅∇∂
+∇⇒−=⋅∇ AVEt
rrrr2 321.
Per la quarta, invece, dovremo eseguire i seguenti calcoli:
( ) ( )
Jt
At
A VA
tA
tVJAA
tAV
tJA
tEJB
rrrr
r
rrrrrrr
rrrrrr
r
rrrr
µ
εµεµµεµµ
εµµ
⎞⎛ ∂∂
∂∂
+⎟⎠⎞
⎜⎝⎛
∂∂⋅∇−=⋅∇∇+−∇⇒⎟⎟
⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛∂∂
+∇∂∂
−=×∇×∇
⇓∂∂
+=×∇
22
2
22
322.
In definitiva le equazioni elettrodinamiche sono le seguenti:
εµεµ −=⎟⎠
⎜⎝ ∂
+⋅∇∇−∂
−∇ 2
( )
⎪⎪⎩
⎨−=⎟
⎠⎞
⎜⎝⎛
∂∂
+⋅∇∇−∂∂
−∇ JtVA
tAA
rrrrrµεµεµ 2
22
323.
Le presenti equazioni, una volta assegnate le condizioni iniziali, hanno, al di là delle complicazioni matematiche, un’unica soluzione. In effetti esse semplificano il nostro problema, in quanto
⎪⎪⎧ −=⋅∇
∂∂
+∇ At
Vr
rr
ερ2
potenziali
),
invece di dover risolvere sei equazioni scalari, con le equazioni elettrodinamiche ci troviamo a dover risolvere un sistema di quattro equazioni differenziali del secondo ordine.
C’è, però, ancora un margine di miglioramento: infatti possiamo sfruttare il margine di arbitrarietà che le definizioni dei potenziali elettrodinamici comportano per rendere disaccoppiate le precedenti equazioni. Con questo intendiamo che sarebbe molto utile avere le diverse incognite racchiuse singolarmente in una sola equazione, ovverosia, che ognuna delle quattro equazioni scalari precedentemente citata dipendesse da un’unica incognita e non contemporaneamente da tutte e quattro le incognite, così come accade per le eq.ni elettrodinamiche accoppiate.
Tutto questo può essere fatto considerando che i elettrodinamici summenzionati, per via della loro stessa definizione, risultano essere soluzioni delle equazioni elettrodinamiche accoppiate a meno di una funzione (rr tϕϕ = delle coordinate e del tempo detta funzione di gauge (si legge gheig e significa ricalibratura), in quanto dati altri due potenziali elettrodinamici, indicati con 'A
r e definiti dalle: 'V
⎪⎩⎨
∂∂
+=t
VV ϕ'⎪⎧ ∇+= AA ϕ'
rrr
324.
La quale è detta trasformazione di gauge, è facile dimostrare (ma noi non lo faremo) che i nuovi potenziali così definiti rappresentino ancora una soluzione per le equazioni elettrodinamiche accoppiate.
A cosa serve la trasformazione di gauge? Molto semplice: mediante la
157
Onde elettromagnetiche Massimiliano Carfagna
trasfor
he risultino disaccoppiatemazione di gauge è possibile risalire ad una funzione di gauge tale che le equazioni
elettrodinamic . Osservando con attenzione le equazioni elettrodinamiche è possibile accorgersi che,
se il termine
0=∂∂
+⋅∇tVA εµ
rr 325.
Allora risu bbe che la seconda delle eq.ni citate sarebbe dipendente solamente dal potenziale vettore, mentre la prima, nella quale si è andato a sostituire
ltere( )tV ∂∂− εµ al
posto di Arr
⋅∇ (per via della condizione appena citata, detta condizione di Lorentz) risulterebbe dipendente solamente dal potenziale scalare, si avrebbero quindi le seguenti equazioni elettrodinamiche disaccoppiate:
⎪⎪⎩
−=∂∂
−∇ JtAA
rrµεµ 2
22
La trasformazione di gauge sopra introdotta necessaria per dimostrare che esiste una funzione di gauge tale che soddisfi la condizione di Lorentz, la quale è condizione necessaria e sufficiente affinché
⎪⎪⎨
⎧−=
∂∂
−∇tVVr
ερεµ 2
22
326.
è
Ar
e V siano soluzioni tanto delle equazioni elettrodinamiche accoppiate quanto delle equazioni elettrodinamiche disaccoppiate.In conclusione la funzione di Gauge non deve essere calcolata, bensì è semplicemente necessario verificare che l’equazione seguente:
( )
⎟⎞
⎜⎝⎛ ∂
+⋅∇−=∂∂
−∇VA
tεµϕεµϕ
rr2
22
⎠∂
⇓
=⎟⎠⎞
⎜⎝⎛
∂∂
−∂∂
+⋅∇+⋅∇⇒=∂∂
+⋅∇
t
tV
tA
tVA ϕεµϕεµ
rrrrr00''
327.
Sia risolubile; se ciò avviene allora le soluzioni delle equazioni elettrodinamiche disaccoppiate sono date dalle seguenti espressioni:
( ) ( )
( ) ( )⎪⎩ τ
⎪ =, trV⎪
⎪⎪⎪
⎨
⎧
∆∆−
∆∆−
=
∫∫τ
τρπε
τπµ
','4
1
','4
,
dr
vrtr
dr
vrtrJtrA
rr
rrrr
328.
Nelle quali le seguenti quantità sono: • τ è il volum•
e nel quale sono localizzate le sorgenti; 'rr è la distanza delle sorgenti dall’origine del riferimento;
• 'rr rr r−=∆ in cui rr è la distanza dall’origine del riferimento del punto in cui si
stanno calcolando i potenziali; • εµ1=v è la velocità di propagazione de seg ale elettromagnetico. l n
158
Onde elettromagnetiche Massimiliano Carfagna
È importante notare che le due funzioni Jr
e ρ non sono calcolate nell’istante t nel quale si stanno calcolando i potenziali, bensì prima, ovverosia all’istante vrtt ∆−=' che rappresenta l’istante in cui il egnale elettromagnetico parte dalla sorgente. Infatti si può notare che la quantità
svr∆ corrisponde proprio al tempo necessario al segnale per
raggiungere il punto distante rr dall’origine, partendo dalla sorgente distante 'rr dall’origine. In pratica i potenziali elettrodinamici vengono calcolati in ritardo rispetto all’istante in cui vengono calcolate le funzioni integrande di tali potenziali: questo è il motivo per il quale i potenziali elettrodinamici prendono anche il nome di potenziali ritardati.
Questi potenziali, per via del modo con il quale sono stati costruiti, soddisfano la condizione di Lorentz precedentemente introdotta; si dice allora che i potenziali elettrodinamici appena introdotti appartengono alla gauge di Lorentz.
Alla condizione di Lorentz menzionata precedentemente si affianca la cosiddetta condizione di Colulomb, la quale consiste nello scegliere il potenziale vettore come un campo solenoidale, ovverosia:
0=⋅∇ Arr
329.Questa condizione venne rilevata già in passato quando definimmo il potenziale vettore, e il motivo per la quale questa condizione tornava utile era che, nel caso stazionariopossibi
era le scrivere che:
( ) ( ) JAJAAJAJBrrrrrrrrrrrr
µµµµ −=∇⇒=∇−⋅∇∇⇒=×∇×∇⇒=×∇ 22 330.Dunque, volendo generalizzare al caso non stazionario il risultato ottenuto in
passato, e possibile applicare la gauge di Coulomb alle equazioni elettrodinamiche accoppiate, in modo da semplificarle nel seguente modo:
( )
⎪⎩−
∂∇=
∂−∇⎪⎩
−=⎟⎠
⎜⎝ ∂
+⋅∇∇−∂
−∇tt
AJt
At
A εµεµµεµεµ22
Le quali risultano lo stesso accoppiate (infat
⎪
⎪⎪⎨
⎧
∂∂
−=∇⇒
⎪
⎪⎪⎨
⎧
⎞⎛ ∂∂
−=⋅∇∂∂
+∇=⋅∇
VA
V
VA
At
VA
rr
rrrrrr
r
rrrr
ερ
ερ
22
20
22
2
331.
ti, a differenza della gauge di lorentz, la gauge di Coulomb non ha lo scopo di rendere disaccoppiate le due equazioni!), ma il potenziale scalare soluzione del sistema è della forma:
( ) ( )∫ −= '
',
41, τρπε
drrtrtrV rr
rr 332.
la cui relazione è identica al caso stazionario, con l’unica differenza che la distribuzione di carica è anche funzione del tempo. Questa relazione prende il nome di potenziale di Coulomb istantaneo. Il termine “istantaneo” è un po’ infelice, in quanto un potenziale non può propagarsi istantaneamente. Ciò comunque non interessa ai fini fisici, in quanto ciò che è effettivamente ha importanza fisica è il potenziale vettore, in quanto esso è il portatore dei campi. In conclusione, dato che A
r non si propaga istantaneamente allora non
lo faranno neanche i campi.
159
Onde elettromagnetiche Massimiliano Carfagna
Uno dei casi più palesi dell’utilità della gauge di Coulomb è rappresentato
dall’utilizzo di questa condizione in assenza di sorgenti, ovverosia quando 0=ρ e 0=J , infatti, in questo caso la seconda equazione elettrodinamica si scriverà come:
02
2 =∂
∇AA 2∂ t
−r
r.εµ 333
Perché il primo termine a secondo membro dipende dalla densità di carica ( )( )ρVV = , e quindi s 0e =ρ , allora lo sarà anche ( )ρV , mentre il secondo termLa precedente relazione è formalmente identica all’equazione delle onde, per cui, una volta trovata la soluzione non resta che applicare le relazioni che legano il potenziale vettore ai
ine è nullo per ipotesi.
campi Er
e B , per cui r
ABtAE
rrrr
r×∇=
∂∂
−= ; 334.
N.B. n a delle due relazioni appena scritte si è applicata l’ipotesi cheella prim 0=V , e quindi che .
rispetto ad una sorgente ferma, si registra una differenza fpercepita dall’osAnalizziamo in
•
0
IX.11. Effetto Doppler
Quando una sorgente di onde è in movimento rispetto ad un osservatore o, viceversa, è l’osservatore a muoversi
=∇Vr
di requenza dell’onda, tra la frequenza effettivamente emessa e la frequenza servatore; questo effetto passa sotto il nome di effetto Doppler.
dettaglio i singoli casi. Sorgente ferma, osservatore in movimento. Supponiamo che l’osservatore P si muova con velocità Pv rispetto ad una sorgente S immobile. Supponiamo, inoltre che la sorgente emetta onde a frequenza 0ν . Se P procede verso S comincerà ad incontrare i fronti d’onda anticipatamente, ovverosia riceve un numero di fornti d’onda per unità di tempo maggiore rispetto a quelli che arriverebbero ad un osservatore fermo; se procede in
n•
P verso opposto a quello di S allora si ha la situazione inversa, i fornti d’onda raggiungono P in ritardo. Nel primo caso citato la frequenza dell’onda aumenta, me tre nel secondo diminuisce. Sorgente in movimento, osservatore fermo. Se S procede in direzione di P i fronti d’onda si addensano maggio mente nel verso di marcia, quindi arriverà in P un numero maggiore di fronti d’onda per unità di tempo rispetto al caso in cui S fosse ferma. Se S procede in direzione opposta, allora i fro d
r
n ’onda s atano e ne ricev eno per unità di temti i dil P erà di m po. Anche qui, come per il caso precedente, quando S si avvicina la frequenza percepita ν sarà maggiore, mentre quando S si allo tana n ν sarà minore di
0ν . Passiamo ad un’analisi quantitativa del fenome o. Supponiamo di avere un sistema
riferimento inerziale Σ ed un sistema di riferimento mobile 'Σ nella cui origine sia posta la sorgente S di onde elettromagnetiche. Supponiamo, inoltre, che il moto della
ndi
160
Onde elettromagnetiche Massimiliano Carfagna
sorgente sia rettilineo ed uniforme lungo la direzione x e che la velocità della sorgente s
sv . Un osservatore in quiete nel sistema 'ia
Σ misura, per l’onda in questione, le seguenti quantità di riferimento: 0λ e 0ν le quali sono indi con i nomi di lunghezza d’onda propria e frequenza di conoscere le quantità
catepropria. Il nostro scopo è quello λ e ν
percepite da un osservatore che trova nel sistema inerzialesi Σ . Le due onde avranno, nei rispettivi sistemi di riferimento, la seguente forma:
⎟⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛⎟⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛−⇒Σ
⎟⎟⎠
⎜⎝ ⎠⎝ λ 335.
⎞⎜⎛
⎟⎞
⎜⎛ −⇒Σ
''2cos:'
2cos:
00
tx
tx
νλ
π
νπ
La trasformazione di coordinate che lega i due sistemi di riferimento è la trasformazione di Lorentz, ovverosia:
( ) ( )
( )( ) ( )( )⎪⎪⎩
⎪⎪⎧
−=−
=
−=−
−=
xcvtcv
t
tvxcv
tvxx
s
s
s
ss
2
22
22
1'
1'
γ
γ
Sostituendo queste espressioni nell’equazione dell’onda nel sistema , ciò che si ottiene è che:
⎪
⎪⎨
− xcvt
s
222
336.
'Σ
( )( )
⎟⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛⎟⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛⎟⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛+−⎟⎟
⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛+= t
vx
cv ss
00
02
2
0
12cos νλ
νλ
πγ337.
=⎟⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛⎟⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛+−−=⎟
⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛⎟⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛−−
−x
cv
ttvxxcvt
tvx sss
s02
2
000
220
0
2cos2cos ννλλ
πγνλ
πγ
Confrontando l’argomento della relazione precedente con l’argomento dell’onda in Σ si ha un sistema di due equazioni in due incognite, il cui risultato è il seguente:
( )
( )⎪⎪
⎩
⎪⎨
−
+=
+⇒⇒
⎪⎪
⎩
⎪⎨
⎟⎟⎠
⎞⎜⎜⎝
⎛+=
⎠⎝
22000
0
1
1
1
cv
cv
cv
v
c
s
s
s
s νννλ
γν
λλL 338.
⎪⎧ −
=⎪⎧
⎟⎟⎞
⎜⎜⎛
+=22
002
2 111 cvv ss λλνγ
Dalle quali si deduce che in condizioni non relativistiche, ovverosia quando la sorgente si muova a velocità molto inferiori a 299792458 m/s, si ha che i termini quadratici possono essere trascurati e quindi le relazioni precedenti si riducono alla forma approssimata:
( )⎪⎩
⎪⎨
⎧±
≅⇒≅<<⎟
⎞⎜⎛⇒<< cv
cv
cv ss
s 101 02 λ
λ 339.
±≅⎠⎝ cvs10νν
elle quali l’indeterminaizone di segno, omessa in tutta la trattazione per semplicità di N
161
Onde elettromagnetiche Massimiliano Carfagna
notazio esent gente si avvicinino (+) o si allontanino (-) l’uno dall’altra.
ndo essi attraversano una interfaccia di separazione. La questione, però in termini del tutto generali, quindi, ha questo punto, è arrivato il momento di partire dalle eq.ni di Maxwell scritte nella forma più generale, e da esse, con il metodo già utilizzato in precedenza, ricavare le cosiddette condizioni di raccordo tra i campi.
ne, rappr a il fatto che osservatore e sor
IX.12. Condizioni di raccordo
Già in precedenza si è parlato più volte delle condizioni di raccordo da applicare ai campi elettrici ed ai campi magnetici qua
, non è mai stata affrontata
Ricordiamo brevemente le quattro eq.ni di Maxwell:
ttDJHBE
BD
∂∂
+=×∇=∂∂
+×∇
=⋅∇=⋅∇ rrrr
rrr
rrrr
;0340.
ge rm
0;ρ
Dove si è ritenuto opportuno far notare che la seconda e la terza sono quelle omogenee, ossia quelle che, anche nella loro forma più nerale, non presentano i te ini noti dovuti alle sorgenti ( ρ e J
r).
Supponiamo di avere una superficie Σ che separa due mezzi (1 e 2) e su di essa
nel mezzo 1, la proiezione della base arazione e la base posta nel mezzo 2.
Scriviamo la prima di Maxwell in forma integrale, integrando sul volume
costruiamo un cilindro elementare di area di base dS e altezza dh (infinitesimo di ordine superiore rispetto alle dimensioni lineari di dS ). Denominiamo, inoltre, la base posta 1dS
Σd sull’interfaccia di sep 2dS
τ del cilindretto sopra definito, si ha che:
( ) dhddnDnDdndSDddDS
Σ=Σ⋅−⋅⇒=⋅⇒=⋅∇ ∫∫∫∫ ρτρτρττττ
21 ˆˆˆrrrrr
341.
ici In definitiva, trascurando alle dimensioni lineari di
In cui si è indicato con 2,1n le normali alle superf(in a
2,1dS . dh qu nto è un infinitesimo di ordine superiore rispetto Σd ) e
scrivendo in forma più compatta i prodotti scalari si ha che: ρ=− nDD n 21 342.
Questa relazione è del tutto generale, in quanto: • Se i due mezzi sono dielettrici scarichi si ha che nn DD 210 =⇒=ρ ; • Se uno dei due mezzi è conduttore e l’altro è un dielettrico scarico si ritrova il
Teorema di Coulomb 01 =nD , σ=nD2 . Dalla seconda di Maxwell si ricava, invece, la condizione di raccordo generale per
le componenti normali del campo magnetico, infatti possiamo procedere allo stesso modo del caso precedente, utilizzando la stessa superficie:
( ) 0ˆˆ0ˆ0 21 =Σ⋅−⋅⇒=⋅⇒=⋅∇ ∫∫ dnBnndSBdBτ
343.Br
S
rrrrτ
162
Onde elettromagnetiche Massimiliano Carfagna
Ed in maniera acnor più semplice del caso precedente si è ottenuto che:
021 =− nn BB 344.A questo punto, considerando la solita interfaccia di separazione, possiamo
considerare una linea chiusa formata da un rettango che ilo ha lati maggiori lunghi e i lati mi
ntiorario ed indichiamo con e versori che indicano il verso di percorrenza sui lati e
Per ricavare la seconda condizione di raccordo del campo elettrico, applichiamrza equazion
ldnori lunghi dn , in cui dn è un infinitesimo di ordine superiore rispetto a ld .
Supponiamo di percorrere il rettangolo in verso al 1t 2t i 1ld 2ld .
o il teorema del rotore alla te e di Maxwell:
( ) SdtBdESd
tBSdE
SSS
rr
lrrr
rr
erficie , in cui l’elemento di superf ne è il contorno. Possiamo far tendere a zero i lati
rà a zero e quindi l’integrale a secondo membro della precedente tenderà a zero anch’esso e la circuitazione sarà:
rr
l
⋅∂∂
−=⋅⇒⋅∂∂
−=×∇ ∫∫∫∫ 345.
In cui, questa volta kdSSd ˆ⋅=r
è un vettore normale alla sup dS dS è del icie di cui l dn
contorno, cosicché tutta la superficie tende
0ˆˆ11 =⋅+⋅− tEtE
rr 346.
E quindi, in forma più compatta, sarebbe: 021 =− nEnE 347.
I ultima analisi, a partire dalla quarta equazione di Maxwell possiamo ripetere lo stesso procedimento effettuato ora, per ricavare le condizioni di raccordo per le componenti tangenti del campo magnetico:
( ) ∫∫∫∫∫ ∂+=⋅⇒⎟⎟
⎞⎜⎜⎛ ∂
+=×∇ SdDSdJdHSdDJSdHr
rrr
l∂⎠⎝ ∂
SSSStt
rrrr
rrrr 348.
l
Il primo integrale a secondo membro rappresenta la corrente concatenata con , ma essa è lnulla in quanto non abbiamo supposto nessuno spostamento di cariche in quella regione, ne deriva che
( ) l
r
lrr
dtDdtHtH∂∂
=⋅+⋅− 2ˆˆ2 21 349.
Nella quale, come abbiamo visto in precedenza, possiamo far tendere a zero i due lati ortogonali all’interfaccia, cosicché ciò che rimane dei due integrali sia al primo, sia al secondo membro è solo il doppio della lunghezza dei due lati maggiori, per cui, in definitiva, scriveremo che:
tDHH tt ∂∂
=−r
21 350.
Nella quale il termine a secondo membro rappresenta la densità di corrente superficiale, nell’ipotesi che uno dei due mezzi sia un conduttore, e quindi risulta nullo (in accordo con quanto detto precedentemente) se i due mezzi sono dei dielettrici.
163