emodinamica > emodinamica standard e linee guida 2008

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643 Premessa Negli ultimi anni è stata osservata una profonda modificazione delle caratteristi- che e della diffusione territoriale dei labo- ratori di emodinamica, identificabili attual- mente meglio dalla denominazione labora- tori di diagnostica e terapia cardiovascola- re invasiva. L’evidenza del beneficio offerto dalle tecniche di rivascolarizzazione percutanea nelle sindromi coronariche acute (ACS) 1-3 sia con (STE-ACS) che senza sopraslivella- mento del tratto ST (NSTE-ACS), entram- be ampiamente diffuse nella popolazione, e l’estensione anche ai pazienti più anziani di tali tecniche, insieme alla diffusione delle procedure interventistiche eseguite nel cor- so del primo esame diagnostico (cosiddetta “angioplastica coronarica [PCI] ad hoc) hanno contribuito ad incrementare in ma- niera molto considerevole la domanda di coronarografie e di procedure interventisti- che coronariche percutanee. A breve è pro- babilmente ipotizzabile un ulteriore au- mento della domanda di procedure inter- ventistiche coronariche percutanee come conseguenza della progressiva diffusione di indagini diagnostiche non invasive (to- mografia computerizzata cardiaca multi- strato, risonanza magnetica nucleare a campo magnetico elevato), l’appropriatez- za di impiego delle quali peraltro, qualora utilizzate in modo estensivo per la defini- zione diagnostica della malattia coronarica, è ancora dibattuta 4 . Le modificazioni osservate sono rap- presentate certamente da un aumento del numero complessivo dei laboratori, tale da garantire una diffusione territoriale proba- bilmente adeguata, ma soprattutto da una profonda mutazione intervenuta sulle tipo- logie di attività svolte presso i laboratori stessi, che sono sempre di più le sedi di pri- mo trattamento (sostituendosi in questo al ruolo tradizionalmente e storicamente rico- nosciuto alle unità coronariche) delle ACS in generale e dell’infarto miocardico acuto in particolare. La diffusione di altre terapie di tipo “interventistico” a carico di altri di- stretti vascolari ha ulteriormente contribui- to a modificare l’attività dei laboratori stes- si che sono sempre meno – o probabilmen- te non sono quasi più – laboratori di emo- dinamica, cioè di fisiopatologia della cir- colazione. È ipotizzabile che il consolidar- si e il perfezionarsi delle nuove tecnologie di indagine diagnostica vascolare, ed in particolare di quelle dedicate allo studio del cuore e delle coronarie, renderanno sempre più obsoleto il ricorso a metodiche invasive per la definizione diagnostica del- le malattie del cuore ma allo stesso tempo aumenteranno il numero di pazienti in cui la malattia coronarica verrà riconosciuta (anche in fase preclinica) e questo fatto po- trebbe risultare in un ulteriore incremento della domanda di procedure di dilatazione coronarica. Allo stato attuale però va sotto- lineato come, nonostante il già citato au- mento complessivo del numero dei labora- tori attivi in Italia, esistano ancora differen- ze tra le diverse aree geografiche del paese e che in alcune zone, caratterizzate da un’offerta che appare nel complesso ade- guata, vengono osservati tempi di attesa inaccettabilmente lunghi per l’esecuzione di un’indagine coronarografica elettiva o di una procedura di dilatazione coronarica percutanea. Ricevuto l’11 giugno 2008. Per la corrispondenza: Prof. Corrado Tamburino Presidente SICI-GISE Via Conservatorio, 22 20122 Milano E-mail: [email protected] Standard e linee guida per i laboratori di diagnostica e terapia cardiovascolare invasiva Alessandro Salvi, Leonardo Bolognese, Claudio Cavallini, Stefano De Servi, Arturo Giordano, Antonio Marzocchi, Angelo Ramondo, Giuseppe Sangiorgi, Gennaro Sardella, Fabrizio Tomai, Corrado Tamburino Consiglio Direttivo della Società Italiana di Cardiologia Invasiva – SICI-GISE 2005-2007/2007-2009 (G Ital Cardiol 2008; 9 (9): 643-651) LINEE GUIDA

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Page 1: Emodinamica > Emodinamica Standard e linee guida 2008

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Premessa

Negli ultimi anni è stata osservata unaprofonda modificazione delle caratteristi-che e della diffusione territoriale dei labo-ratori di emodinamica, identificabili attual-mente meglio dalla denominazione labora-tori di diagnostica e terapia cardiovascola-re invasiva.

L’evidenza del beneficio offerto dalletecniche di rivascolarizzazione percutaneanelle sindromi coronariche acute (ACS)1-3

sia con (STE-ACS) che senza sopraslivella-mento del tratto ST (NSTE-ACS), entram-be ampiamente diffuse nella popolazione, el’estensione anche ai pazienti più anziani ditali tecniche, insieme alla diffusione delleprocedure interventistiche eseguite nel cor-so del primo esame diagnostico (cosiddetta“angioplastica coronarica [PCI] ad hoc)hanno contribuito ad incrementare in ma-niera molto considerevole la domanda dicoronarografie e di procedure interventisti-che coronariche percutanee. A breve è pro-babilmente ipotizzabile un ulteriore au-mento della domanda di procedure inter-ventistiche coronariche percutanee comeconseguenza della progressiva diffusionedi indagini diagnostiche non invasive (to-mografia computerizzata cardiaca multi-strato, risonanza magnetica nucleare acampo magnetico elevato), l’appropriatez-za di impiego delle quali peraltro, qualorautilizzate in modo estensivo per la defini-zione diagnostica della malattia coronarica,è ancora dibattuta4.

Le modificazioni osservate sono rap-presentate certamente da un aumento delnumero complessivo dei laboratori, tale dagarantire una diffusione territoriale proba-

bilmente adeguata, ma soprattutto da unaprofonda mutazione intervenuta sulle tipo-logie di attività svolte presso i laboratoristessi, che sono sempre di più le sedi di pri-mo trattamento (sostituendosi in questo alruolo tradizionalmente e storicamente rico-nosciuto alle unità coronariche) delle ACSin generale e dell’infarto miocardico acutoin particolare. La diffusione di altre terapiedi tipo “interventistico” a carico di altri di-stretti vascolari ha ulteriormente contribui-to a modificare l’attività dei laboratori stes-si che sono sempre meno – o probabilmen-te non sono quasi più – laboratori di emo-dinamica, cioè di fisiopatologia della cir-colazione. È ipotizzabile che il consolidar-si e il perfezionarsi delle nuove tecnologiedi indagine diagnostica vascolare, ed inparticolare di quelle dedicate allo studiodel cuore e delle coronarie, renderannosempre più obsoleto il ricorso a metodicheinvasive per la definizione diagnostica del-le malattie del cuore ma allo stesso tempoaumenteranno il numero di pazienti in cuila malattia coronarica verrà riconosciuta(anche in fase preclinica) e questo fatto po-trebbe risultare in un ulteriore incrementodella domanda di procedure di dilatazionecoronarica. Allo stato attuale però va sotto-lineato come, nonostante il già citato au-mento complessivo del numero dei labora-tori attivi in Italia, esistano ancora differen-ze tra le diverse aree geografiche del paesee che in alcune zone, caratterizzate daun’offerta che appare nel complesso ade-guata, vengono osservati tempi di attesainaccettabilmente lunghi per l’esecuzionedi un’indagine coronarografica elettiva o diuna procedura di dilatazione coronaricapercutanea.

Ricevuto l’11 giugno 2008.

Per la corrispondenza:

Prof. Corrado Tamburino

Presidente SICI-GISEVia Conservatorio, 2220122 MilanoE-mail: [email protected]

Standard e linee guida per i laboratori didiagnostica e terapia cardiovascolare invasivaAlessandro Salvi, Leonardo Bolognese, Claudio Cavallini, Stefano De Servi,Arturo Giordano, Antonio Marzocchi, Angelo Ramondo, Giuseppe Sangiorgi,Gennaro Sardella, Fabrizio Tomai, Corrado Tamburino

Consiglio Direttivo della Società Italiana di Cardiologia Invasiva – SICI-GISE 2005-2007/2007-2009

(G Ital Cardiol 2008; 9 (9): 643-651)

LINEE GUIDA

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Sulla base di tali considerazioni, ed in particolaredall’evidenza di un consistente vantaggio clinico con-seguente all’effettuazione di una tempestiva dilatazionecoronarica nelle ACS, dalla diffusione di tali patologienella popolazione generale e dalla necessità di ottenereuna riduzione sia del disagio per i pazienti che dei costiper il sistema sanitario, si ritiene non più giustificabilenella nostra organizzazione sanitaria l’esistenza di la-boratori di cardiologia invasiva dedicati esclusivamen-te alla diagnostica e nei quali non vengano quindi maieffettuati, ovvero vengano effettuati solo raramente ooccasionalmente, gli interventi terapeutici di dilatazio-ne coronarica percutanea.

Le linee guida qui proposte, aggiornate sulla base diquelle pubblicate nel 1996 per adeguarle allo stato at-tuale delle conoscenze alla realtà esistente in Italia e al-le posizioni espresse dalla maggioranza dei responsabi-li dei laboratori italiani, dovrebbero rappresentare unostimolo per chi dirige e governa la politica sanitaria af-finché il numero e l’organizzazione dei laboratori didiagnostica e terapia cardiovascolare invasiva siano sta-biliti con una programmazione che tenga conto del rea-le fabbisogno di esami e di interventi e richieda ai la-boratori livelli ottimali di attività.

In queste linee guida sono stati adottati criteri sia inrelazione ai volumi di attività indispensabili a mantenereadeguate condizioni di sicurezza per i pazienti che ai re-quisiti organizzativi indispensabili ad ottenere il migliorutilizzo delle risorse umane e tecnologiche assegnate.

La scelta di standard minimi è stata fatta per incide-re concretamente sulla realtà indicando la necessità diun adeguamento o della chiusura dei centri che forni-scano prestazioni chiaramente insufficienti, di scadentequalità, con maggiore incidenza di complicanze.

Il raggiungimento dei criteri minimi indicati nelle li-nee guida legittima la continuazione delle attività, ma nondovrebbe comunque esimere dal compito di conseguirelivelli ottimali di attività e di efficienza che sono indicati.

Un elevato numero di esami e di interventi è un pre-supposto necessario per l’efficienza e la buona qualitàdelle prestazioni, ma non sufficiente in quanto è pari-menti indispensabile che l’organizzazione del laborato-rio sia funzionale e che gli operatori siano preparati,esperti e capaci. Per questo motivo, una sezione del do-cumento è dedicata ai criteri e alle modalità di forma-zione degli operatori che deve avvenire in centri quali-ficati e deve concludersi con una certificazione di ido-neità di cui si faccia garante il responsabile del centroin cui è avvenuta la formazione stessa.

Si ritiene infine indispensabile, anche per ottempe-rare a specifiche disposizioni di legge (D.L. 502/92 eD.L. 517/93) l’adozione di metodi di verifica e revisio-ne della qualità e della quantità delle prestazioni non-ché del loro costo.

Si propone quindi di basare le modalità per il con-trollo della qualità nel laboratorio di diagnostica e tera-pia cardiovascolare invasiva su due strumenti: 1) un documento descrittivo della realtà del laboratorio

(struttura, organizzazione, risultati);

2) la monitorizzazione di alcuni parametri semplici peruna valutazione interna del livello di qualità; tali para-metri dovranno essere resi disponibili per valutazionicomparative a livello regionale e nazionale, comeverrà attuato nell’ambito del progetto GISE Network,che si prefigge lo scopo di costituire un database na-zionale di procedure invasive con invio dei dati daicentri collegati via web.

Collocazione del laboratorio

La collocazione ideale di un laboratorio di diagnosticae terapia cardiovascolare invasiva è in una struttura car-diologica (Struttura Complessa o Dipartimento) dellaquale il laboratorio deve essere parte integrante. Il la-boratorio dovrebbe inoltre presentare uno stretto colle-gamento spaziale con l’unità di terapia intensiva coro-narica (UTIC), con tutte le apparecchiature per la dia-gnostica strumentale incruenta, con il Pronto Soccor-so/Dipartimento d’Emergenza e con la Cardiochirurgia(se presente in sede).

Un programma di PCI in elezione in centri dove nonè presente la Cardiochirurgia può essere intrapreso so-lo laddove esista almeno un operatore formato (secon-do gli standard che verranno descritti più avanti nel-l’ambito del capitolo dedicato alla formazione) in uncentro con Cardiochirurgia in sede, il quale abbia ma-turato ampia, documentata ed adeguata esperienza conl’effettuazione di non meno di 1000 procedure di PCIcome primo operatore. Comunque è obbligatorio chesiano esistenti e formalizzati protocolli condivisi con ireparti di Cardiochirurgia più vicini adatti a garantire inogni caso l’accesso tempestivo in caso di necessità aduna sala operatoria e l’inizio della circolazione extra-corporea entro 90 min dal manifestarsi dell’esigenzaclinica.

I laboratori che si dedicano all’emodinamica pedia-trica devono possedere alcuni requisiti peculiari, sebbe-ne anche per essi vale la considerazione generale, pri-ma enunciata, che non sia più giustificabile l’esistenzadi laboratori dedicati solo all’attività diagnostica. È in-dispensabile inoltre che essi lavorino nell’ambito diuna Struttura di Cardiologia Pediatrica o, se autonomi,siano strettamente collegati, in ambito dipartimentale,con tale Struttura. È necessario inoltre uno stretto col-legamento spaziale con la Cardiochirurgia Pediatrica ela Terapia Intensiva Pediatrica e Neonatale per permet-tere di fronteggiare con immediatezza le urgenze. È op-portuno infine che tutti i pazienti affetti da cardiopatiecongenite vengano studiati, indipendentemente dal-l’età, in centri con adeguata esperienza in queste pato-logie.

Fabbisogno di procedure

In relazione alla rilevanza epidemiologica della patolo-gia, all’impatto prognostico favorevole e sulla base dei

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dati di attività dei laboratori italiani si è ritenuto di de-finire il fabbisogno di procedure di dilatazione corona-rica percutanea a partire dai dati epidemiologici dispo-nibili per le STE-ACS e le NSTE-ACS nella popola-zione italiana5-10. Sulla base di tali dati è stimabile che,per quanto riguarda le STE-ACS, circa 700-800 pa-zienti/milione di abitanti/anno contattino il sistema diemergenza territoriale 118 o giungano in ospedale, inentrambi i casi entro un periodo di tempo compatibilecon la necessità di eseguire una rivascolarizzazione co-ronarica. È obiettivo di salute che tutti ottengano una ri-perfusione miocardica ed è preferibile che tale riperfu-sione sia di tipo meccanico fin dall’inizio o in alterna-tiva (per motivi organizzativi o logistici) sia inizial-mente di tipo farmacologico, ma venga immediatamen-te seguita da PCI di salvataggio (in caso di fallimentodella terapia farmacologica) ovvero, se la procedura èeffettuabile, sia completata entro 24 h da PCI post-trombolisi efficace1,2. Qualora una procedura invasivanon fosse eseguibile entro tale intervallo di tempo, unacoronarografia andrà comunque programmata in casodi un test da sforzo pre-dimissione positivo1,2.

Globalmente, tenendo conto dei casi in cui non sidocumenti una stenosi significativa dopo trombolisi odi coronaropatia molto avanzata che richieda un inter-vento chirurgico o non sia suscettibile di rivascolariz-zazione, si ritiene che l’organizzazione sanitaria deveessere in grado di garantire circa 550-650 PCI/milionedi abitanti/anno per le STE-ACS.

Per quanto riguarda le NSTE-ACS, i dati disponibi-li sono basati su un numero inferiore di osservazioniepidemiologiche, ma è possibile stimare che circa2000-2500 pazienti/milione di abitanti/anno affetti daNSTE-ACS giungano in ospedale. Il beneficio di unarivascolarizzazione percutanea non è stato finora dimo-strato in tutti i pazienti con NSTE-ACS ma sembra co-munque essere prognosticamente più efficace della te-rapia medica nei pazienti categorizzati a rischio medio-alto, così come evidenziato anche nelle recenti lineeguida della Società Europea di Cardiologia3. Conside-rando che questa popolazione rappresenta il 70-80%dei pazienti con NSTE-ACS ricoverati nei reparti diCardiologia e in unità coronarica, sarebbero necessariecirca 1400-1600 coronarografie/milione di abitanti/an-no. Il ricorso alla PCI dopo coronarografia in questi pa-zienti, e secondo i dati più recenti (ICTUS trial11, CRU-SADE Registry12), avviene in circa il 60% dei casi.

Le PCI necessarie nelle NSTE-ACS sarebberoquindi 850-950/milione di abitanti/anno. Per tutte leACS il fabbisogno varierebbe pertanto da un minimo di1400 PCI/milione di abitanti/anno ad un massimo di1600 PCI/milione di abitanti/anno.

Più controverso, in relazione al dubbio effetto sugliendpoint più importanti (prevenzione della morte e del-l’infarto miocardico), è l’impiego della PCI nell’anginacronica stabile.

Lo studio COURAGE13, recentemente pubblicato,ha confermato dati precedenti della letteratura che mo-strano come la PCI offra un beneficio, per quanto con-

tenuto, sia in termini di riduzione di angina che di con-sumo di farmaci, migliorando quindi la qualità di vitarispetto ad una terapia medica ottimale. Non vi sarebbetuttavia alcun vantaggio per quanto riguarda la riduzio-ne di mortalità o di infarto miocardico nel follow-up.Per quanto non vi siano dati relativi alla realtà italiana,una recente analisi dell’American College of Cardio-logy/National Cardiovascular Data Registry14, su unacasistica di oltre 500 000 procedure di PCI, ha mostra-to come una indicazione inappropriata per questa spe-cifica patologia si sia verificata in meno dell’1% dellapopolazione globale sottoposta a rivascolarizzazionepercutanea, risultando circa l’8% delle indicazioniinappropriate totali alla PCI.

I dati del registro OSCAR for Quality (OutcomeSurvey on Coronary Angioplasty: 6-month Results forQuality evaluation, http://datasetgise.altavianet.it), cosìcome la recente Euro Heart Survey15, mostrano come il40% circa delle procedure di PCI siano effettuate in pa-zienti con malattia ischemica cronica. Peraltro vi è am-pia variabilità di questa percentuale fra i vari laboratoriitaliani. Se si assume quindi che il numero di PCI ap-propriatamente effettuate per angina cronica stabiledebba essere circa il 40% delle procedure totali, si de-sume che il loro numero possa essere stimabile in circa950-1050/milione di abitanti/anno.

Globalmente quindi il fabbisogno annuale di PCI(STE-ACS, NSTE-ACS, angina cronica stabile) varie-rebbe tra 2350 e 2650 procedure/milione di abitanti/anno.

Per quanto riguarda la Cardiologia Pediatrica si ri-tiene che un laboratorio ad essa dedicato debba avereun bacino di utenza che, a seconda della situazione geo-grafica e della relativa natalità, sia collocato tra i 5 e gli8 milioni di abitanti.

Standard operativi

I laboratori di diagnostica e terapia cardiovascolare in-vasiva devono rispondere a criteri generali di buon fun-zionamento, efficienza ed economicità, fornendo pre-stazioni di elevata qualità. Ogni laboratorio deve tende-re ad ottimizzare la propria attività sotto tutti gli aspet-ti, ma in ogni caso non può operare al di sotto di alcunistandard minimi per quanto riguarda strutture e stru-mentazioni, aspetti organizzativi e di attività, requisiti eformazione degli operatori e qualità delle prestazioni.Come già ricordato si ritiene non più giustificabile nel-la nostra organizzazione sanitaria l’esistenza di labora-tori di cardiologia invasiva dedicati esclusivamente alladiagnostica e nei quali non vengano quindi mai effet-tuati oppure vengono effettuati solo occasionalmentedegli interventi terapeutici percutanei.

Struttura e strumentazioneIl laboratorio deve disporre di16: • una o più sale emodinamico-angiografiche, con spazi

sufficienti per le varie attrezzature e per agevoli spo-stamenti del personale durante gli esami e le eventua-

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li manovre di rianimazione in caso di complicanze.Per ogni sala è necessario un locale di dimensioni noninferiori a 32 m2 oltre agli spazi per il vano tecnico(circa 12 m2) e la sala comandi (almeno 7 m2);

• altri locali per la preparazione e lo stoccaggio del ma-teriale, per il lavaggio e la vestizione del personale,per le eventuali camere oscure, per l’archiviazione diCD/DVD/film e dell’altra documentazione relativa aciascun esame;

• un sistema, il cosiddetto “poligrafo”, che permetta ilmonitoraggio continuo e la registrazione dell’ECG(devono essere visualizzabili, sebbene anche noncontemporaneamente, le 6 derivazioni derivate daglielettrodi periferici ed almeno una derivazione precor-diale), il monitoraggio e la registrazione contempora-nea di almeno due pressioni intravascolari e/o intra-cardiache mediante cateteri e trasduttori di pressione,e il monitoraggio continuo della pulsossimetria. Talisegnali biologici devono essere visualizzabili con-temporaneamente sia su un monitor (preferibilmentea colori) situato nella sala di esecuzione dell’esame(cosiddetta area “protetta”) che presso l’unità centra-le, situata nel locale comandi, dove verranno stampa-ti ed eventualmente memorizzati;

• altra strumentazione specifica per la misurazione del-la portata cardiaca, per la determinazione invasiva delcontenuto di ossigeno nel sangue (emossimetria), perla valutazione dell’emogasanalisi, e infine per la mi-sura del tempo di coagulazione;

• farmaci e strumenti per la rianimazione cardiorespi-ratoria, comprendenti defibrillatore e pacemakertemporaneo, laringoscopio e cannule tracheali per in-tubazione, erogatore di ossigeno, attrezzatura per lapericardiocentesi percutanea, pompe da infusione, si-stema di aspirazione, ventilatore polmonare;

• contropulsatore aortico (eventualmente anche sistemidi assistenza circolatoria più complessi);

• vari strumenti necessari all’angioplastica e all’im-pianto di stent intravascolari, con una gamma com-pleta per tipi e misure secondo le modalità procedu-rali adottate;

• attrezzature radiologiche adatte a garantire elevateprestazioni in termini di qualità, di utilizzazione del-le immagini e di sicurezza per il paziente e per glioperatori. Si ritiene a questo proposito indispensabi-le prevedere entro breve tempo esclusivamente l’im-piego di impianti digitalizzati.

Requisiti strutturali minimiI requisiti strutturali minimi sono rappresentati da:• una sala di emodinamica “completa” con cardioan-

giografo “fisso” a pavimento o a soffitto con caratte-ristiche “ottimali” (secondo quanto descritto piùavanti);

• una sala con apparecchiatura “portatile” affidabile edi alta qualità per garantire continuità assistenziale incaso di guasto del cardioangiografo “fisso”;

• gruppo di continuità UPS.

Requisiti strutturali ottimaliI requisiti strutturali ottimali sono rappresentati da:• due o più sale di emodinamica “complete” con car-

dioangiografi “fissi” a pavimento o a soffitto con ca-ratteristiche “ottimali” (secondo quanto descritto piùavanti);

• una sala con apparecchiatura “portatile” affidabile edi alta qualità per garantire continuità assistenziale incaso di guasto dei cardioangiografi “fissi”;

• gruppo di continuità UPS.

Caratteristiche del cardioangiografo fissoper coronarografiaL’angiografo per emodinamica è composto dai seguen-ti componenti:- stativo- tavolo di cateterismo- generatore di alta tensione- complesso radiogeno- sistema di acquisizione- stazione di refertazione- gruppo di continuità UPS.

Stativo- Stativo (a pavimento o a soffitto) con ampia possibi-

lità di rotazione ed angolazione, con movimenti mo-torizzati.

- Possibilità di proiezione in inclinazione cranio-cau-dale di almeno 40-45° e di proiezioni obliqua ante-riore destra/obliqua anteriore sinistra di almeno 80-90°.

- Dispositivi anticollisione.- Paratia mobile anti-X per la protezione dell’operatore.

Tavolo di cateterismo- A sbalzo, di ampia lunghezza, confortevole per il pa-

ziente.- Possibilità di accedere al paziente da entrambi i lati.- Realizzato preferibilmente in fibra di carbonio ad al-

ta resistenza.- Idoneo per tutte le procedure di rianimazione.- Possibilità di ampi movimenti manuali e motorizzati

nelle direzioni longitudinali e trasversali.- Movimento verticale motorizzato.- Dotato di comandi per il totale controllo del sistema.- Paratia anti-X da agganciare al tavolo per la protezio-

ne degli arti inferiori.

Generatore di alta tensione - Ad alta frequenza con potenza utile di almeno 80 kW.- Dotato di scopia digitale pulsata per la riduzione del-

la dose.- Regolazione automatica dei parametri di esposizione

in scopia e in grafia.- Dotato di soluzione tecnologiche per la riduzione

della dose.- Misurazione e visualizzazione della dose erogata al

paziente con stampa dei dati.

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G Ital Cardiol Vol 9 Settembre 2008

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Complesso radiogeno- Elevata dissipazione termica (HU/min).- Elevata capacità termica dell’anodo (HU).

Sistema di acquisizione- Sistema di “detection” analogico (intensificatore di

brillanza) o digitale (“flat panel”), dedicato per lacardiologia, idoneo per acquisizioni di un albero co-ronarico completo.

- Matrice di acquisizione almeno 1024�1024.- Matrice di visualizzazione 1024�1024.- Cadenza di acquisizione di non meno 12.5 immagini

al secondo fino ad almeno 25-30 immagini al secon-do con matrice 1024�1024.

- Archiviazione automatica su disco, capacità di alme-no 30 000 immagini in matrice 1024�1024.

- Completa possibilità di elaborazione e di “post-pro-cessing” delle immagini acquisite mediante softwarededicati.

- Almeno due monitor ad alta risoluzione in sala d’esa-me per visualizzare immagini dal vivo e di riferimen-to, installati su supporto pensile ad altezza variabile.

- Almeno un monitor in sala comandi o comunque al-l’esterno della cosiddetta zona controllata.

- Possibilità di rivedere le immagini acquisite con visua-lizzazione rallentata, ingrandita e fermo-immagine.

Stazione di refertazione- Collegata in rete ad elevata velocità di trasferimento

dei dati con la stazione digitale principale dell’im-pianto, per la visualizzazione delle sequenze cardia-che acquisite e del software per le analisi quantitativeQCA e LVA.

- Possibilità di archiviazione su supporti CD/DVD del-le sequenze acquisite.

- Eventuale possibilità di ricevere immagini da altreapparecchiature diagnostiche (ecografia intravasco-lare, risonanza magnetica nucleare, tomografia com-puterizzata).

Gruppo di continuità UPSTale dispositivo dovrebbe consentire di:- mettere in sicurezza il paziente in caso di improvviso

blackout elettrico;- mantenere l’apparecchiatura attiva in attesa dell’in-

tervento del gruppo elettrogeno;- visualizzare in sala, se possibile, l’attivazione e il

tempo di funzionamento residuo disponibile delgruppo di continuità.

Iniettore angiograficoL’iniettore per mezzo di contrasto deve essere program-mabile sia a basse che ad alte pressioni ed inoltre sia aminime che ad elevate velocità di flusso, con possibilitàdi sincronizzazione e regolazione del ritardo di iniezio-ne. L’iniettore deve essere dotato di sofisticati sistemi disicurezza che si ritengono assolutamente indispensabiliper l’uso cardioangiografico. L’iniezione del mezzo di

contrasto con iniettore in arteria coronaria è una praticache sta diventando sempre più comune. Va rilevato aquesto proposito che il monitoraggio della pressione al-la punta del catetere rimane comunque indispensabile eche andrebbero quindi utilizzati solo iniettori specifica-mente progettati e dedicati a questo impiego.

Strumentazione per il laboratorio di emodinamicapediatrica• L’apparecchiatura radiologica deve essere biplanare

con due stativi ad arco, digitalizzata, ad elevata velo-cità (immagini/secondo) di acquisizione, con scopiapulsata e programmi radiologici dedicati all’impiegoin neonati e lattanti.

• Il sistema di monitoraggio, il cosiddetto “poligrafo”,deve visualizzare le derivazioni elettrocardiografichee pressorie come descritto in generale ma deve inol-tre disporre di un software dedicato alla gestione del-le curve di pressione con allineamento automaticodelle stesse, calcolo automatico dei gradienti e regi-strazione su supporto cartaceo ed eventualmente an-che su supporto digitale. Inoltre deve permettere ilmonitoraggio continuo di pulsossimetria, frequenzarespiratoria, temperatura corporea.

• I farmaci e la strumentazione per le emergenze devonoessere idonei alla rianimazione pediatrica e neonatale.È indispensabile disporre di un sistema per il riscalda-mento corporeo del paziente che non sia una semplicelampada da riscaldamento, giudicata inefficiente, maun cuscino radiotrasparente ad acqua o aria calda, non-ché di un ulteriore sistema per il monitoraggio conti-nuo durante la procedura della pulsossimetria e dellamisura non invasiva della pressione arteriosa.

• È necessaria inoltre la presenza di laringoscopio ecannule tracheali per intubazione pediatrica e neona-tale, di un respiratore pediatrico per le procedure con-dotte in anestesia generale, ovviamente di un defi-brillatore pediatrico ed anche di un’apparecchiaturain grado di eseguire sia emogasanalisi che glicemiaed elettroliti.

Requisiti organizzativi

L’attività del laboratorio di diagnostica e terapia car-diovascolare invasiva deve essere continuativa conapertura effettiva per almeno 5 giorni alla settimana;tuttavia sulla base delle considerazioni prima espostesui benefici del trattamento percutaneo delle ACS1-3 de-ve comunque essere garantita un’apertura all’utenzaper 7/7 giorni e 24/24 h utilizzando l’istituto contrat-tuale della pronta disponibilità.

Il personale necessario è costituito da: • 2 cardiologi “invasivi” in caso di attività su una sola

sala, o almeno 3 cardiologi “invasivi” se il lavoro sisvolge contemporaneamente su due sale. Vi dovrebbeessere comunque un numero minimo di 3 cardiologi“invasivi” che operano alternativamente in una stessa

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sala per garantire la continuità dell’attività e l’indi-spensabile confronto e scambio culturale. Per garanti-re turni di pronta disponibilità 24/24 h e 365/365 gior-ni all’anno (rispettando tutti i diritti contrattuali ed es-sendo in grado di far fronte ad assenze impreviste) ècomunque opportuno disporre di non meno di 4 car-diologi “invasivi” adeguatamente formati;

• 2 infermieri professionali;• preferibilmente un tecnico sanitario di radiologia me-

dica; in mancanza di tale figura professionale, in nu-mero adeguato a garantirne la presenza in tutti i turnidi lavoro ed in pronta disponibilità, essa può essereeventualmente sostituita da infermieri professionalipurché l’apparecchiatura angiografica sia di tipo di-gitale (archiviazione quindi su CD/DVD/PACS) e ca-ratterizzata inoltre dalla definizione automatica deiprogrammi di esposizione.

In totale quindi, oltre al medico, devono essere sem-pre presenti almeno 3 professionisti sanitari non medi-ci (preferibilmente un tecnico sanitario di radiologiamedica + 2 infermieri professionali ovvero, eventual-mente ed in alternativa così come esplicitato prima, 3fra infermieri professionali e tecnici sanitari di area nonradiologica per una sala e per tutto l’orario di apertura.Qualora l’attività si svolga su due sale sono invece suf-ficienti in totale 5 professionisti sanitari non medici dicui almeno 3 infermieri professionali.

Il numero complessivo di personale infermieristicoimpiegato presso il laboratorio deve comunque essereadeguato a garantire il servizio di pronta disponibilitàrispettando gli accordi di natura contrattuale esistentiper tale personale.

In un laboratorio articolato su più sale e/o più turnidi servizio, oltre al conseguente aumento delle figureprofessionali sopraindicate, è opportuna la presenza diuna figura professionale con compito di coordinatore.

Vanno applicate rigorosamente le disposizioni dilegge in materia di prevenzione degli infortuni e di ra-dioprotezione (D.P.R. 27 aprile 1955, n. 547; D.P.R. 19marzo 1956, n. 303; D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626;D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 230; D.Lgs. 26 maggio 2000,n. 187; D.Lgs. 26 maggio 2000, n. 241; D.Lgs. 19 no-vembre 2007, n. 257).

Nel corso delle procedure si raccomanda in partico-lare l’uso di: - camice in materiale piombo equivalente,- collare tiroideo in materiale piombo equivalente,- occhiali anti-X,- schermi mobili sia fissati al soffitto che fissati al let-

to, che infine mobili su rotelle a pavimento,- eventualmente guanti anti-X,- dosimetri per la misurazione delle dosi assorbite.

È necessario che nel corso di ciascuna proceduradiagnostica o interventistica venga misurato e registra-to il tempo di fluoroscopia, il numero dei fotogrammiregistrati su supporto digitale o su pellicola. Tali para-metri devono essere poi attribuiti nel computo finale, ri-spettivamente all’esame, al paziente, all’operatore.

Nei laboratori di nuova installazione è indispensabi-le disporre di camera di ionizzazione per la misura e laregistrazione del prodotto area-dose.

Dal laboratorio deve essere assicurato l’accesso adun reparto di rianimazione per il trasferimento di pa-zienti che ne presentino la necessità. Inoltre deve esse-re disponibile nella struttura un anestesista rianimatore(Circolare Min.San. 64 del 28/9/79). È infine opportu-no che ogni laboratorio sia in contatto diretto con un re-parto di Cardiochirurgia con il quale concordare l’ese-cuzione di interventi urgenti.

Per l’emodinamica pediatrica è indispensabile il fun-zionamento 24/24 h e 7/7 giorni con un servizio di pron-ta disponibilità. Il volume di lavoro minimo per l’attivitàdiagnostica deve essere di 200 casi/anno con un volumeottimale di 300 casi/anno; l’attività interventistica nondeve essere inferiore a 100 procedure/anno. Il personalemedico ed infermieristico deve avere particolare espe-rienza in campo pediatrico. Nell’assistenza al paziente,particolare attenzione deve essere rivolta agli aspetti me-tabolici dei pazienti in età neonatale, garantendo il con-trollo e il mantenimento dei parametri vitali (temperatu-ra, glicemia, pH, ecc.). A causa dei tempi prolungati discopia, la dotazione e l’utilizzo degli strumenti e dellemisure di radioprotezione per l’operatore e per il pazien-te devono essere particolarmente accurati.

L’anestesista deve essere sempre presente in saladurante le procedure di cardiologia invasiva pediatrica,siano esse diagnostiche o interventistiche, vista la ne-cessità di eseguire queste procedure in anestesia gene-rale o, nei bambini più grandi, in sedazione profonda.

Uno stand-by cardiochirurgico non è usualmentenecessario, è però raccomandata la contiguità con unreparto di Cardiochirurgia Pediatrica e la disponibilitàdi intervento di un cardiochirurgo pediatra in sala diemodinamica in caso di complicanze maggiori. Ancoradi più è necessaria una disponibilità di posto in terapiaintensiva pediatrica neonatale per fronteggiare eventua-li complicanze o situazioni di instabilità emodinamicae/o respiratoria. Un laboratorio di emodinamica pedia-trica necessita di almeno due operatori autonomi pergarantire la pronta disponibilità per le urgenze. Il nu-mero minimo annuo di procedure diagnostiche per ope-ratore deve essere di almeno 80-100 e di almeno 50procedure interventistiche. Quindi il volume minimo dilavoro di un laboratorio di emodinamica pediatrica de-ve essere di almeno 200-300 casi l’anno. Il personaleinfermieristico deve essere tale da garantire una reperi-bilità 24/24 h, almeno un infermiere per turno deve es-sere pratico di rianimazione pediatrica e deve essere ingrado di assistere l’anestesista durante la procedura.

Indicazioni

Le indicazioni agli studi cardiologici invasivi devonoessere poste in funzione della salute del paziente, confinalità diagnostiche, prognostiche e di indicazione te-

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rapeutica. Queste finalità devono costituire il contenu-to essenziale del colloquio preliminare con il pazienteda cui deve derivare un consenso verbalizzato e di con-seguenza l’autorizzazione all’esame che non può esau-rirsi nel puro atto formale di sottoscrizione di un mo-dulo prestampato.

Quando la finalità dell’esame è anche o esclusiva-mente scientifica, lo stesso va eseguito nell’ambito econ le modalità previste da protocolli approvati da ap-positi Comitati Etici ed inoltre può essere effettuatosoltanto con il consenso scritto della persona medesi-ma, previa informazione sui rischi connessi con l’espo-sizione alle radiazioni ionizzanti (art. 5, comma 6D.Lgs. 187/2000).

Le indicazioni allo studio emodinamico in cardiolo-gia pediatrica sono in continua evoluzione per il ruolodeterminante svolto dall’ecocardiografia e dalle nuovetecniche di imaging non invasivo (in particolare la riso-nanza magnetica nucleare); pertanto ogni centro devecodificare le proprie indicazioni in base all’esperienzanella diagnostica non invasiva e ai risultati ottenuti dal-la Cardiochirurgia di riferimento.

È inoltre necessaria una periodica rivalutazione del-le proprie indicazioni per apportare le opportune modi-fiche ai protocolli adottati. Particolare attenzione deveessere rivolta all’informazione e all’ottenimento delconsenso degli esercenti la patria potestà.

L’indicazione ad una procedura di cardiologia pe-diatrica invasiva, diagnostica o interventistica devesempre scaturire da una discussione collegiale con l’e-quipe medico-chirurgica pediatrica di riferimento. In-fatti le procedure diagnostiche hanno come finalitàprincipale quella di fornire elementi morfologici e fun-zionali per una indicazione nel “timing” e nella pianifi-cazione dell’intervento cardiochirurgico (sia esso pal-liativo e/o correttivo) o comunque del trattamento piùadeguato.

Complicanze

La mortalità per studi diagnostici elettivi, pur variandosignificativamente per sottogruppi con diversa patolo-gia, deve essere complessivamente inferiore allo 0.1%,mentre le complicanze gravi (infarti, ictus) devono es-sere inferiori allo 0.2%. Nelle ridotte casistiche di cia-scun laboratorio non è possibile fare valutazioni rigoro-se sul significato del numero e della percentuale dellecomplicanze ma il verificarsi di complicanze maggiorie mortalità superiori all’1% dovrebbe portare il labora-torio a verifiche interne ed eventualmente a controlliesterni. Per ridurre le complicanze, oltre al rispetto diindicazioni, controindicazioni e ad una corretta e pru-dente conduzione dell’esame, è necessario che il centrosvolga un’elevata quantità di esami ed inoltre che il per-sonale possieda e mantenga un’adeguata esperienza.

Per quanto riguarda le procedure elettive di PCI1,2,il successo (stenosi residua <50% senza complicanze

maggiori) deve essere superiore al 95%, ove si escluda-no le occlusioni totali croniche. La mortalità comples-siva deve risultare inferiore allo 0.5%, gli interventi dibypass d’emergenza inferiori all’1% e la percentuale diinfarti miocardici con onde Q inferiore al 3%.

Mortalità e morbilità degli esami emodinamici pe-diatrici sono nettamente diminuite negli ultimi anni eattualmente non esiste un’adeguata letteratura aggior-nata di riferimento. Comunque la mortalità deve essereinferiore all’1% e le complicanze maggiori inferiori al4-5%.

Qualità e documentazione degli esami

L’esame deve essere eseguito con il minor disagio fisi-co e psicologico possibile per il paziente e deve forniredati emodinamici e un’iconografia angiografica idoneial conseguimento degli obiettivi diagnostici prefissati eadeguati ad una corretta definizione della terapia piùopportuna.

Non essendo possibile quantificare in modo obietti-vo livelli minimi di qualità degli esami è da prevederel’istituzione di protocolli di autoverifica atti ad esegui-re controlli di qualità interni verificando il rispetto dicriteri minimi oggettivi di funzionalità e di efficienza.

Presso ogni laboratorio devono essere tenuti registridi sala informatizzati in cui va riportata durante o al ter-mine dell’esame una serie di dati comprendenti le ge-neralità del paziente, la patologia per cui viene esegui-to l’esame, il tipo di esame o procedura effettuata, glioperatori coinvolti, il tempo di fluoroscopia, la duratadell’esame e il prodotto area-dose, la diagnosi ricavatadall’esame o il risultato dell’intervento e le eventualicomplicanze.

I dati vanno completati successivamente in caso dicomplicanze tardive. I registri devono essere disponibi-li per controlli da parti di enti e istituzioni della sanitàpubblica. Annualmente deve essere redatto un resocon-to dell’attività svolta. Tale resoconto deve avere finalitàdi uso interno per la verifica degli indicatori di qualitàe quindi per un giudizio sulle caratteristiche dell’atti-vità svolta dal quale possono scaturire progetti di mo-difica dell’organizzazione.

Attività

Presso ogni centro devono essere eseguite almeno 400procedure di PCI all’anno. Tale requisito minimo di at-tività deriva da alcune osservazioni recenti che dimo-strano che l’esecuzione di almeno 400 PCI/anno garan-tisce buoni risultati in termini di outcome, soprattuttonelle procedure eseguite in emergenza e in caso di PCIper trattare STE-ACS17-20.

Tale numero consente di mantenere un’adeguataesperienza per più di un operatore, di utilizzare con suf-ficiente frequenza nuovi dispositivi e di fronteggiare

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con maggiore sicurezza le complicanze immediate. Unlimite più basso può essere ritenuto tollerabile quandoil laboratorio è situato in aree geograficamente isolateche presentino notevoli difficoltà per quanto riguarda iltrasferimento rapido dei pazienti.

È opportuno ricordare che secondo le maggiori So-cietà Scientifiche sono richiesti per il mantenimento diun’adeguata preparazione un numero di PCI >75/ope-ratore/anno solo se l’operatore opera in un laboratorioche esegua complessivamente più di 400 PCI/anno1,2.

I centri di recente e/o nuova istituzione devono ave-re un emodinamista di riferimento, con comprovataesperienza di gestione/organizzazione di laboratorio eche abbia eseguito un numero di procedure interventi-stiche come primo operatore superiore a 1000, ufficial-mente certificate.

Tenuto quindi conto che si ritiene non più giustifi-cabile l’esistenza di laboratori dedicati esclusivamentealla diagnostica cardiaca invasiva, che tali laboratoridevono garantire la pronta disponibilità 24/24 h e pertutti i giorni dell’anno per il trattamento delle ACS edelle eventuali complicanze di procedure elettive, cheper garantire la pronta disponibilità da parte dei cardio-logi nel rispetto degli istituti contrattuali sono necessa-ri almeno 4 medici e che per mantenere un adeguato li-vello di competenza è opportuno che ciascuno di essiesegua almeno 75 PCI all’anno ma preferibilmente100, consegue che l’attività minima di un laboratorio didiagnostica e terapia cardiovascolare invasiva è di al-meno 400 PCI/anno, ma che si deve tendere ad effet-tuare un numero ottimale di più di 600 PCI/anno.

Deve essere assicurata la degenza del paziente per24 h in un reparto che possa fornire un’adeguata sorve-glianza ed assistenza e da cui si possa nuovamente ac-cedere con rapidità al laboratorio in caso di complican-ze. Il laboratorio in cui si eseguono PCI deve disporredi un supporto cardochirurgico21 che possa garantire unintervento di emergenza con trasferimento del pazientein breve tempo. In casi con situazioni anatomiche defi-nite ad alto rischio e comunque nella prima fase del-l’attività interventistica di ogni centro deve essere orga-nizzata la pronta disponibilità di una sala operatoria edell’equipe cardiochirurgica e anestesiologica (stand-by cardiochirurgico effettivo).

Quando un centro ha superato le 1000 PCI totali e le400 PCI all’anno può essere adottato uno stand-by “po-tenziale”, con attivazione della sala operatoria sola-mente in caso di complicanze. Questa modalità distand-by deve presupporre una sufficiente flessibilitàorganizzativa del centro cardiochirurgico, favoritaquando sono attive più sale operatorie. Si ribadisce chedeve essere prevista la possibilità di attivare il laborato-rio per emergenze e complicanze tardive anche oltre ilnormale orario di lavoro.

In sintesi quindi per iniziare un’attività di cardiolo-gia invasiva dovrebbero essere presenti le seguenti con-dizioni e perseguite le seguenti finalità:1) un bacino di utenza, non già servito da altri labora-

tori i quali in ogni caso non presentino margini dimiglioramento di efficienza e produttività (per ri-spettare economie di scala), tale da garantire alme-no 400 PCI/anno con indicazioni appropriate;

2) se tale condizione è presente, iniziare l’attività edeffettuare periodici controlli di qualità su indicazio-ni e complicanze.

Formazione degli operatori

Un’ottimale formazione degli operatori rappresenta lamodalità principale per garantire sia la qualità del trat-tamento dei pazienti che l’eccellenza clinica in cardio-logia invasiva. In Italia, l’insegnamento ad effettuareuna coronarografia diagnostica ed un cateterismo de-stro e sinistro è parte della formazione attuata dallescuole di specializzazione in cardiologia, con un mini-mo di procedure normalmente indicato nel curriculum.Si ritiene indispensabile definire nell’ambito dell’attua-le documento solo i requisiti ottimali dei centri even-tualmente coinvolti in un’attività di formazione in car-diologia invasiva ed i principali obiettivi formativi de-gli operatori in training rinviando per ulteriori dettaglial documento in preparazione dalla Società Italiana diCardiologia Invasiva SICI-GISE “Scuola di Formazio-ne Permanente in Interventistica Cardiovascolare” inconformità con le raccomandazioni della Società Euro-pea di Cardiologia e che costituirà il riferimento per ilriconoscimento degli operatori già formati e fornirà gliindirizzi di formazione per i futuri operatori.

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