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Energia da biomasse. Il ruolo crescente della digestione anaerobica Mario Beccari & Enrico Rolle Università di Roma “La Sapienza” Workshop “Risparmio & Recupero energetico nella depurazione delle acque di scarico – IRSA 29/30 novembre 2012

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Energia da biomasse. Il ruolo crescente della digestione

anaerobicaMario Beccari & Enrico Rolle

Università di Roma “La Sapienza”

Workshop “Risparmio & Recupero energetico nella depurazione delle acque di scarico – IRSA 29/30 novembre 2012

Scelta fra i processi di valorizzazione energetica delle biomasse

I processi di valorizzazione energetica della biomassa appartengono a tre categorie fondamentali :

• processi termochimici (combustione, gassificazione, pirolisi)

• processi biochimici (fermentazione anaerobica)

• processi chimici e fisici (estrazione, transesterificazione)

In genere, è meglio sottoporre a processi termochimici biomasse con un contenuto iniziale di umidità non superiore al 30 % (per evitare un consumo energetico eccessivo connesso con l’esigenza di un pretrattamento essiccativo) e con rapporto C/N superiore a 30

Al contrario, i processi biochimici sono preferibili quando il contenuto iniziale di umidità nella biomassa è superiore al 30 % e il rapporto C/N è inferiore a 30

Definizioni

Per biogas si intende un gas ricco in metano (50-70 %) che viene prodotto tramite digestione anaerobica (dark anaerobicfermentation) di biomasse da parte di colture microbiche

Il termine gas naturale bio-sintetico (Bio-synthetic natural gas, Bio-SNG) indica il combustibile ottenuto, tramite la reazione catalitica CO + 3 H2 → CH4 + H2O, dal gas di sintesi derivante da processi termochimici di gassificazione di biomasse lignocellulosiche.

Il biometano è ottenuto dal biogas tramite una raffinazione che rimuove il CO2 così da ottenere un gas con percentuali di metano (95-98 %) comparabili con quelle del gas naturale

Impiego del biogas

In passato gli impianti di digestione anaerobica realizzati in Italia avevano l’obiettivo primario di minimizzare i costi di depurazione/smaltimento di fanghi e rifiuti. Attualmente la normativa italiana incoraggia la produzione di biogas (Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico 6 luglio 2012, recante le modalità di incentivazione della produzione di energia elettrica da impianti alimentati da fonti rinnovabili diverse da quella solare fotovoltaica)

Anche alla luce degli incentivi sopra ricordati, trova sempre maggiore interesse l’impiego del biogas in impianti di cogenerazione (produzione di energia elettrica e termica)

Disponibilità potenziale di biomassa (Mt/anno) per la filiera biogas in Italia

Colture energetiche dedicatecoltivazione set-aside (0,8 Mha) 12,0coltivazioni marginali collinari (3,8 Mha) 24,0

Scarti di lavorazioni agricole 10,5

Sottoprodotti agroindustriali 25,0Sottoprodotti di origine animale 1,0

Sottoprodotti zootecnici 130,0

Fanghi di depurazione 3,5

Frazione organica di rifiuti solidi urbani 10,0

Effetto della composizione della matrice organica sulla resa e sulla cinetica della produzione di biogas

• Matrici ricche in lipidi (sottoprodotti di origine animale, grassi e oli nei sottoprodotti agroindustriali) sono caratterizzate da elevate rese e da cinetiche lente (attenzione alla inibizione dei metanigeni)

• Matrici ricche in carboidrati (colture dedicate energetiche, scarti delle lavorazioni agricole, frazione organica dei rifiuti solidiurbani) e/o in proteine (sottoprodotti zootecnici, sottoprodotti di origine animale) sono caratterizzate da velocità di conversione piùelevate rispetto ai lipidi, ma da minori rese in biogas (attenzione all’accumulo di acidi grassi volatili nel caso dei carboidrati e alla eccessiva concentrazione di ammoniaca nel caso delle proteine)

Rese° espresse in Nm3 di biogas prodotto per t di sostanza organica biodegradabile secca (Solidi Volatili, SV) alimentata nei

digestori

• colture dedicate energetiche (mais, sorgo zuccherino, ecc.) 550 - 750 • scarti di lavorazioni agricole (paglia, barbabietole esauste, ecc.) 350 - 400• sottoprodotti agroindustriali (siero, reflui di birrerie, ecc.) 400 - 800• sottoprodotti di origine animale (grassi, sangue, ecc.) 550 – 1000• sottoprodotti zootecnici (suini, bovini, avicoli) 200 - 500• fanghi di depurazione °° 250 - 350• frazione organica dei rifiuti solidi urbani 400 - 600

°° rese più elevate sono ottenibili tramite pretrattamento della matrice che provoca la solubilizzazione della sostanza organica tramite processi di lisi meccanica o termica (135 – 180 °C, 30 - 60 minuti, incrementi di produzione di biogas fino al 40 % e riduzioni dei solidi volatili del 30-50 %)

° durante la digestione anaerobica si ottiene in genere una riduzione di almeno il 40 – 50 % dei SV

Ottimizzazione del processo di digestione anaerobica

Sebbene al centro di molti studi ormai da alcuni decenni, la digestione anaerobica mostra ancora un notevole potenziale di sviluppo, non soltanto in termini di scelte tecnologiche, ma anche come ottimizzazione di processo. Infatti i microrganismi anaerobici presentano basse velocità di crescita e di formazione dei metaboliti. Pertanto, occorre mantenere dentro ai digestoricondizioni di reazione ottimali per produzione di biogas

A tale riguardo, particolare interesse rivestono il processo di co-digestione di più matrici organiche di diversa natura ed origine, i processi termofili e la separazione dello stadio di idrolisi-acidogenesi dallo stadio di metanogenesi (processi a due stadi)

Processo di co-digestione anaerobica

Il processo di co-digestione consente di compensare le fluttuazioni stagionali, evitando che i digestori siano sopracaricati o sottoalimentati. E’ così possibile assicurare al processo una maggiore stabilità e costanza di prestazione. Inoltre, la co-digestione consente di :

• mantenere il rapporto carbonio/azoto del substrato alimentatonei digestori nell’intervallo ottimale (20/1 – 30/1)

• regolare i valori di pH e di contenuto di umidità

• aumentare il potere tampone

• diluire i componenti tossici eventualmente presenti in una delle matrici e ottenere un più ampio spettro di specie microbiche che presiedono al processo biologico

Processi termofili

I processi termofili operano a 45-65 °C e consentono, rispetto ai processi mesofili (25–40 °C), velocità di degradazione più elevate e, di conseguenza, minori tempi di permanenza dentro ai reattori; consentono, inoltre, di migliorare il controllo dei microrganismi patogeni e la disidratabilità del digestato

I processi a due stadi consentono una ottimizzazione separata nei due digestori, rendendo così possibile massimizzare le velocità di crescita delle due differenti popolazioni batteriche (per es., la metanogenesi richiede condizioni di pH differenti dallo stadio precedente). Inoltre il processo presenta una minore “vulnerabilità” in quanto gli acidogeni resistono assai meglio dei metanigeni alle variazioni di pH e alla presenza di inibitori

Processi a due stadi (idrolisi/acidogenesi separata da metanogenesi)

Tipologie di digestori anaerobici

I digestori anaerobici vengono classificati in : • a singolo stadio (monostadio) o a doppio stadio a seconda che la fase di idrolisi-acidogenesi sia combinata con la fase di metanogenesi o sia mantenuta separata• a funzionamento batch o continuo a seconda delle modalità di alimentazione• a completa miscelazione (CSTR, Continuous StirredTank Reactor) o con flusso a pistone (PF, Plug Flow) a seconda delle condizioni fluidodinamiche• in mesofilia o in termofilia a seconda dei campi di temperature a cui operano• wet e dry a seconda dell’umidità nel digestore(rispettivamente > 90 % e < 80 %).

Trattamento wet con digestore continuo monostadioCSTR

Se un substrato si presenta fortemente diluito (come accade per i reflui zootecnici o per i fanghi di risulta di un impianto di depurazione), la soluzione impiantistica generalmente adottata è quella di un digestore ad alimentazione continua, monostadio, CSTR, del tipo wet

Questa configurazione può essere adottata anche per substrati con contenuti di acqua tali da non consentire di ottenere nel digestore umidità maggiori del 90 %; in tali casi la frazione liquida ottenuta dalla sezione di disidratazione del digestato viene in parte ricircolata e in parte allontanata dall’impianto per evitare un aumento progressivo della concentrazione di inquinanti (particelle fini, azoto ammoniacale, metalli pesanti) nella corrente liquida ricircolata, con implicazioni negative sul processo di digestione

Schema di trattamento wet con digestore continuo monostadio CSTR

Vantaggi e svantaggi della digestione anaerobica wet

Nei digestori del tipo wet l’aggiunta di acqua ha una forte incidenza sui costi in quanto risultano molto più impegnativi la disidratazione del digestato e il trattamento della frazione liquida non ricircolata

Peraltro la condizione di mescolamento completo, assicurata dai digestori del tipo wet, presenta i vantaggi seguenti :

• impedisce la sedimentazione dei fanghi

• favorisce il contatto fra microrganismi e substrato

• evita la presenza di zone morte

• omogeneizza la temperatura

• rende più agevole il rilascio del biogas.

Trattamento di digestione anaerobica dryPer contenuti di umidità < 80 % (come accade per la frazione organica dei rifiuti solidi urbani) si possono adottare anche i digestori del tipo dry, in genere ad alimentazione continua, monostadio o a doppio stadio, plug flow

Rispetto ai digestori wet quelli del tipo dry presentano i seguenti svantaggi :

• devono dotarsi di sistemi più resistenti e costosi (pompe a vite, nastri trasportatori) per la miscelazione e movimentazione della matrice organica

• la condizione di flusso parzialmente o totalmente a pistone rende difficile la miscelazione fra la matrice organica fresca e i microrganismi fermentanti; tale problema può essere attenuato ricircolando in testa al reattore una parte del digestato, ricco in biomassa attiva

I digestori del tipo dry presentano i seguenti vantaggi :

• subiscono pretrattamenti molto più semplici

• richiedono una disidratazione meno impegnativa

• possono operare a carichi organici maggiori (con conseguenti minori volumetrie di reazione e più bassi consumi energetici)

Parametri operativi caratteristici dei digestorimonostadio

50 - 7050 – 60 (fino a 75)Rimozione SV (%)

50 - 6050 - 70CH4 nel biogas (%)

0,2 – 0,30,4 – 0,5Bs (m3biogas kg-1

SV alim.)

25 - 3012 – 18 (fino a 30)HRT (d)

8 - 102 – 4 (fino a 6)CV (kgSV m-3reattore d-1)

25 - 407 – 15 (tipico 10)ST (%)

Digestione dryDigestione wet

Legenda : TS, solidi totali; CV, carico organico specifico; HRT, tempo di residenza idraulico; BS, produzione di biogas per unità di massa di solidi volatili alimentati; SV, solidi volatili

Gestione della frazione solida del digestato

La frazione solida ottenuta dalla disidratazione del digestato può essere impiegata come combustibile dopo essiccamento o, essendo ricca in azoto e fosforo, può essere utilizzata in agricoltura, spesso sotto forma di compost ottenuto tramite un ulteriore trattamento biologico di stabilizzazione in ambiente aerobico (1-3 settimane), finalizzato al completamento della degradazione della materia organica piùdifficilmente degradabile e alla igienizzazione del materiale

Per la disidratazione del residuo della digestione anaerobica (digestato) si usano centrifughe per gli impianti del tipo wet e presse a vite per gli impianti del tipo dry. Le centrifughe consentono di ottenere una frazione solida con un contenuto di solidi secchi (SS) del 25-35 % e una frazione liquida con il 3-8 % di SS. Le presse a vite consentono di ottenere una frazione solida con un contenuto di solidi secchi (SS) del 40-55 % e una frazione liquida con il 10-20 % di SS

Gestione della frazione liquida del digestato

La parte di frazione liquida che non viene ricircolata contiene elevate concentrazioni di azoto ammoniacale. L’utilizzo agronomico tramite spandimento nei campi è consentito per digestati ottenuti da sottoprodotti zootecnici, ma richiede l’ottemperanza alla Direttiva Nitrati 91/676/EECche fissa a 170 e a 340 kg per ettaro e per anno l’apporto massimo di azoto nelle zone vulnerabili e nelle zone non vulnerabili, rispettivamente

Nel caso in cui non fosse possibile lo spandimento nei campi, prima dello scarico in acque superficiali si rende necessario un trattamento depurativo ad hoc che può risultare oneroso soprattutto per la parte riguardante la rimozione dell’azoto. A tal riguardo si può fare ricorso a un processo di stripping che consente il recupero di una soluzione di solfato (o nitrato) ammonico commercializzabile come fertilizzante. Si possono utilizzare altresì processi innovativi di rimozione biologica dell’ azoto, per es. il processo ANAMMOX basato sulla formazione di azoto molecolare operata da batteri autotrofi in ambiente anaerobico tramite la reazione fra azoto ammoniacale e azoto nitroso (ottenuto ossidando a nitrito la metàdell'azoto ammoniacale presente)

Impianti di cogenerazione

La maggior parte degli impianti che producono elettricità da biogas hanno potenze elettriche che variano da 50-100 kW (valore minimo per rendere redditizio l’investimento) a circa 1 MW, con rendimenti di generazione elettrica che variano fra 20 e 40 % (mediamente intorno al 30-35 %)

La tecnologia dominante per la generazione di energia elettrica da biogas èquella del motore alternativo a combustione interna a ciclo Otto

E’ necessario rimuovere i composti corrosivi (H2S e composti organici alogenati) o erosivi dal biogas. Prima della combustione si raffredda il biogas fino a 5 °C, provocando la rimozione pressochè completa del vapor d’acqua; i componenti acidi e altre specie potenzialmente pericolose passano in soluzione nel condensato; se necessario, si eseguono anche lavaggi alcalini e passaggi attraverso letti di materiale adsorbente

Recupero del calore negli impianti cogenerativiL’olio lubrificante e l’acqua di raffreddamento dei motori a combustione interna rendono disponibile una energia termica che si trova a una temperatura di 80-90 °C e che rappresenta circa il 25 % dell’energia liberata dal combustibile

I gas di scarico escono dal motore a temperature comprese fra 400 e 500 °C e dal loro raffreddamento è possibile recuperare fino a circa il 30 %dell’energia del biogas. Tuttavia, nel caso del biogas, la presenza di composti acidi sconsiglia talvolta di raffreddare i gas di scarico al di sotto di 170-180 °C per evitare la formazione di condense acide; in tal caso il calore recuperabile scende intorno al 20 %

L’impiego di turbine a gas accoppiate con turbine a vapore (cicli combinati) al posto dei motori a combustione interna diventa competitivosoltanto per taglie nettamente superiori (almeno 8-10 MW elettrici) e richiede una depurazione del gas molto più accurata; l’esperienza dell’utilizza del biogas in tali impianti è ancora limitata per cui l’impiego delle turbine a gas è da considerarsi ancora in fase sperimentale

Dati di produzione del biogas

Secondo i dati di EurObserv’ER 2010, nel 2009 la produzione di biogas nei paesi dell’Unione Europea è stata pari a 8,346 Mtep (1 Mtep = 106 t equivalenti di petrolio), di cui il 36 % è derivato dal recupero di biogas da discariche di rifiuti

La produzione di biogas in Italia nel 2009 è stata pari a 0,443 Mtep, di cui l’81 % è derivato dal recupero da discariche di rifiuti

La produzione di energia elettrica da biogas in Italia nel 2009 è stata di 1.740 GWh (di cui 366 GWh da impianti di cogenerazione), cioè lo 0,6 % del consumo totale di energia elettrica (299.915 kWh)

Censimento degli impianti di produzione del biogas in Italia

Un recente censimento degli impianti di produzione di biogas in Italia, eseguito nel 2010 dal Centro Ricerche Produzioni Animali, ha individuato 319 impianti di biogas di cui 14 trattano la frazione organica dei rifiuti solidi urbani (a volte in co-digestione con fanghi di depurazione), 30 sono alimentati con acque reflue di stabilimenti agroindustriali (distillerie, produzioni di succhi di frutta, birrerie, ecc.) e ben 273 operano su matrici di origine agro-zootecnica (sottoprodotti zootecnici, colture energetiche, scarti di lavorazione agricola)

Il numero degli impianti di produzione di biogas è aumentato del 77 % rispetto al 2007 (273 versus 154)

Nel 18 % degli impianti censiti la potenza elettrica era minore di 100 kW, nel 22 % degli impianti era compresa fra 110 e 500 kW, nel 37 % degli impianti era compresa fra 500 e 1000 kW e nei restanti casi il biogas era utilizzato in caldaia o il dato non era disponibile

Produzione di biogas da colture energetiche come strategia per la decontaminazione di terreni inquinati

A case in point : risolvere il problema dell’inquinamento diffuso nei terreni agricoli posti lungo il corso del fiume Sacco (sito contaminato di interesse nazionale) che ha determinato il divieto di coltivazioni di colture edibili

E’ stato proposto di creare nell’area un distretto agricolo energetico affidandosi a colture suscettibili di valorizzazione energetica tramite produzione di biogas ottenuto per digestione anaerobica

Tali colture hanno anche lo scopo di rimuovere progressivamente la contaminazione dei terreni per poi restituirli, una volta risanati, alle utilizzazioni in essere prima dell’emergenza

Produzione di biogas da colture energetiche - Premessa

Si prende in esame la possibilità di eseguire un doppio raccolto annuale secondo gli schemi):

• sorgo zuccherino o da fibra in seconda semina dopo segale o triticale – ciclo tardivo (semina del sorgo a fine maggio, inizio giugno, per sfruttare in pieno la potenzialità produttiva della segale o del triticale)

• mais in seconda semina dopo segale o triticale - ciclo medio-tardivo (semina metà/fine maggio)

Per caratterizzare le rese di produzione in biogas sono stati scelti i valori medi degli intervalli riscontrati nelle indagini in campo 2006-2009 effettuate dal Gruppo KWS SAAT AG

Caratteristiche di colture energetiche e rese di produzione di biogas

52 - 67450 - 66018-40Analisi KWS 2006 -2009

% di metanom3 di biogas /t di sostanza secca

% di sostanza secca alla raccolta

Riferimento(segale e triticale)

50 - 65420 - 60020-35Analisi KWS 2006 - 2009

% di metanom3 di biogas /t di sostanza secca

% di sostanza secca alla raccolta

Riferimento(sorgo)

52 - 67490 - 70023-40Analisi KWS 2006 - 2009

% di metanom3 di biogas /t di sostanza secca

% di sostanza secca alla raccolta

Riferimento(mais)

Calcolo della estensione di terreno da impegnare per la produzione di biogas da colture energetiche – Dati a

base di progetto

Si vuole calcolare la estensione di terreno da impegnare per alimentare un impianto di produzione di energia da biogas con una potenza elettrica installata di 1 MWe (28∙1012 J anno-1)

Si pongono a base di progetto le seguenti assunzioni :• la produttività agricola della segale ibrida è pari a 30 t di prodotto fresco per ettaro e per anno• la produttività agricola del sorgo è pari a 80 t di prodotto fresco per ettaro e per anno• la produttività agricola del mais è pari a 60 t di prodotto fresco per ettaro e per anno• il rendimento di generazione elettrica (riferito al potere calorifico inferiore del metano) è pari al 35 %

Nel caso di un terreno sottoposto a doppio raccolto (segale ibrida/triticale e sorgo) la produzione di energia elettrica è pari a 11,67∙1010 J ha-1 anno-1. Pertanto, un impianto di produzione di energia da biogas con una potenza elettrica installata da 1 MWe richiede la disponibilità di 28∙1012 J anno-1

/11,67 ∙1010 J ha-1 anno-1 = 240 ettari

Nel caso di un terreno sottoposto a doppio raccolto (segale ibrida/triticale e mais) la produzione di energia elettrica è pari a 11,97∙1010 J ha-1 anno-1. Pertanto, un impianto di produzione di energia da biogas con una potenza elettrica installata da 1 MWe richiede la disponibilità di 28∙1012 J anno-1

/11,97 ∙1010 J ∙ha-1 anno-1 = 234 ettari

Estensioni di terreno da impegnare per la produzione di 1 MW

Problemi connessi con la gestione del digestato

Fonti autorevoli (Boehnel e Lube, 2000) hanno manifestato dubbi sulla sicurezza biologica della pratica dell’impiego dei digestati in agricoltura a causa della presenza di Clostridi (anche patogeni, come nel caso del Clostridium botulinum)

Nell’Allegato II del Decreto Legislativo n.75 del 2010, che fissa le caratteristiche per l’ammendante compostato verde e l’ammendante compostato misto, i parametri biologici indicati sono la determinazione della Salmonella, dell’Escherichia coli, dell’indice di germinazione. Manca l’indicazione dei Clostridi. Esiste pertanto una carenza normativa (peraltro, anche a livello europeo), cioè manca una norma specifica che consenta di disciplinare in termini quantitativi il rischio da Clostridi

Una soluzione radicale della problematica sanitaria legata alla pratica dell’impiego in agricoltura di digestati o di compost da essi derivati èquella di emissione zero sia della frazione solida che di quella liquida uscenti dal disidratatore del digestato

Emissione zero del digestatoLa frazione liquida è sottoposta a una evaporazione a doppio stadio(evaporatore a multipli effetti seguito da evaporatore a termocompressione) che utilizza l’energia termica a bassa temperatura recuperata dall’impianto di cogenerazione. Il residuo semi-solido che esce dal secondo stadio (circa il 4 % della frazione liquida di partenza) può unirsi alla frazione solida uscente dal disidratatore. Il vapore proveniente dai due stadi di evaporazione viene condensato e poisottoposto a un doppio stadio di osmosi inversa (reiezione totale anche superiore al 99,9 %). Il permeato finale uscente dall’impianto di osmosi inversa è di elevata qualità (anche sotto il profilo sanitario) e trova impiego all’interno dell’impianto. Possono esistere numerose varianti allo schema proposto (ultrafiltrazione e/o nanofiltrazione immediatamente a monte dell’osmosi inversa, stripping dell’ammoniaca, ecc.)

La frazione solida è sottoposta a essiccamento (utilizzando l’energia termica ad alta temperatura recuperata dall’impianto di cogenerazione) e poi a combustione o a gassificazione, secondo uno schema che già trova impiego per il trattamento dei fanghi di risulta degli impianti di depurazione delle acque

Conclusioni

• Nei paesi dell’Unione Europea la produzione annuale di biogas corrisponde ormai a una diecina di Mtep. In Italia il numero di impianti di produzione del biogas censiti nel 2010 è aumentato quasi dell’80 % rispetto al 2007 e copre circa lo 0,6 % del consumo totale di energia elettrica

• La crescita degli impianti di produzione di biogas in Italia è stata particolarmente rilevante nel settore agro-zootecnico dove, per effetto della crisi economica e anche degli incentivi promossi dalla recente normativa, si è andata accentuando la ricerca di forme diversificate di reddito

• Sebbene al centro di molti studi ormai da alcuni decenni, la digestione anaerobica mostra ancora un notevole potenziale di sviluppo, non soltanto in termini di scelte tecnologiche, ma anche come ottimizzazione di processo (processi termofili, processi a due stadi)

Conclusioni• Particolare interesse riveste il processo di co-digestione di piùmatrici organiche di diversa natura ed origine (colture energetiche dedicate, scarti di lavorazioni agricole, sottoprodotti agroindustriali, sottoprodotti di origine animale, sottoprodotti zootecnici, fanghi di depurazione, frazione organica dei rifiuti solidi urbani)

• Per quanto riguarda i fanghi di depurazione, è necessario un pretrattamento della matrice (generalmente di tipo termico) così da provocare la solubilizzazione della materia organica attraverso processi di lisi

• L’impiego di colture energetiche dedicate, impiegate da sole o insieme ad altre matrici, riveste un crescente interesse quando la loro coltivazione avviene in terreni marginali o messi a riposo. A tale riguardo, si è stimato che da circa 240-250 ettari, sottoposti a doppio raccolto (prima segale/triticale poi sorgo o mais), si produce biomassasufficiente ad alimentare una centrale a biogas della potenza elettrica installata di 1 MWe

Conclusioni

• L’utilizzazione agricola del digestato, pur completando in modo virtuoso la valorizzazione della matrice, richiede grande attenzione per gli aspetti ambientali e sanitari. A tale riguardo, per il trattamento del digestato sono allo studio schemi di processo che hanno come obiettivo l’emissione zero sia della frazione solida che di quella liquida uscenti dall’unità di disidratazione del digestato