erboristeria domani

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GENNAIO 2011 ISSN 1721-5676 domani 354 ERBORISTERIA QUALITÀ Tarassaco, attenti a dove lo raccogliamo! FITOCOSMESI Il taccuino del formulatore STORIA Le radici dell’uomo: la Mandragora nel mondo antico

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Erboristeria domani issue 1/2011

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L'importanza dell’intestino a salvaguardia della salute

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GENNAIO 2011354indice

Gennaio 2011 ERBORISTERIA DOMANI 7

domaniERBORISTERIA

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Mercato12 In vetrina

16 Sviluppo e innovazione

• Intestino: la linea difensiva

di Lina Suglia, consulente Fitomedical

21 Iniziative

46 Annunci

Strategia per la filiera9 Editoriale

24 Agenda

• Incontri, congressi, fiere

Scienza e tecnica26 Qualità

Tarassaco: attenti a dove lo raccogliamo!

di Agnese Giacomino, Maria Laura Colombo, Sergio Miaglia

32 Review

Il taccuino del formulatore

di Paolo Poggi

Cultura38 Storia

Le radici dell’uomo. Per una storia naturale della

Mandragora (Parte prima)

di Gianluca Toro

45 Recensioni

a cura di Vanny Terenzi

Il tarassaco: raccolto e consumato dalla popolazione quale pianta alimentare con proprietà benefiche sulla digestione e sulla funzionalità delle vie urinarie, studiato dai ricercatori come specie vegetale iperaccumulatrice di metalli pesanti. I risultati di uno studio condotto in Piemonte

La Mandragora, con la sua radice antropomorfa, ha accompagnato per millenni cultura, tradizione e letteratura, a partire dall’episodio biblico di Rachel.La forma stessa della radice, ma anche le sue conosciute proprietà psicotrope la resero tra le piante più famose della storia

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editoriale

Gennaio 2011 ERBORISTERIA DOMANI 9

Un buon compleanno!Adesso nessuno di noi ha più tanto tempo da dedicare a tutte le possibili declinazioni di una

nuova teorica legge italiana sull’erboristeria. È un esercizio al quale tutti ci siamo applicati un

po’ in passato, come tutti siamo alla prima occasione allenatori della nazionale, ma ora anche

negli incontri ufficiali preferiamo ascoltare chi ancora ha voglia di parlarne, senza entrare

troppo nel contradditorio.

Sarà perché oggi le nuove norme e disposizioni non mancano affatto, anzi ne arrivano a

ritmo incessante dall’Unione Europea e già queste suscitano abbastanza preoccupazioni e

complicazioni per la loro messa in pratica (anche quando non assumono i toni risolutivi delle

voci che girano proprio in queste settimane sulla prossima fine della libera erboristeria, e

addirittura del “pensiero erboristico”, che sarebbe stata decretata dalle istituzioni di Bruxelles

proprio per l’anno di grazia duemilaundici, in anticipo sulle profezie dei Maya).

Sarà anche perché noi tutti abbiamo ora problemi più immediati, dettati dalla necessità di far

fronte al momento economico non proprio favorevole.

Ma proprio per questo ci ha fatto davvero piacere ricevere da Giuseppe Giordano, erborista per

storia e tradizione a Milano, un piccolo biglietto di auguri per la “nostra” legge del ’31 (potete

leggerlo a pagina 24).

Ha ragione Giordano, le vanno tributati i giusti meriti e va ricordato lo spirito con cui è nata

ottant’anni fa questa legge che – se non ci è sfuggito qualche decreto semplificatorio – ancora

vige, e regola le sorti delle erboristerie (in effetti è così, e su un prossimo numero avremo

modo di documentare, dati alla mano, come ancora viene tenuta presente da chi amministra il

commercio e la professione negli enti locali).

Davvero, senza ironia, la legge è nata con criteri illuminati, e mirava lucidamente a valorizzare e

qualificare la figura e il ruolo dell’erborista.

Il requisito del titolo di studio, una licenza scolastica, come dice giustamente Giordano

va storicizzato in un epoca in cui l’analfabetismo era condizione comune, soprattutto nelle

campagne.

I vincoli posti al commercio delle droghe erboristiche, riservato a figure preparate con appositi

studi, sono la condizione minima che oggi chiedono, senza ottenerla, molti colleghi erboristi

(e farmacisti).

E il riconoscimento della vocazione agricola e ambientale della professione dell’erborista è

ancora oggi alla base della tutela della nostra flora officinale, ed è fonte di ispirazione per chi

oggi vuole produrre in modo naturale e biologico.

Nello spirito con cui allora è stata fatta quella legge sono state poste le basi per un ruolo

dell’erborista, con le sue competenze, tra le professioni verdi del prossimo futuro.

E allora ha ragione Giuseppe Giordano: “buon compleanno, legge del ‘31!”

Demetrio Benellidirettore responsabile

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vetrine

12 ERBORISTERIA DOMANI Gennaio 2011

È un genere che conta quasi 600 specie: uno dei fiori più appariscenti, per le colorazioni ma soprattutto per la complessa architettura morfologica che lo caratterizza, sembra trasmettere all’osservatore quel flusso vitale dal quale assume il nome, sia che si tratti di una passione religiosa che di stati d’animo. Di due specie, Passiflora incarnata e Passiflora edulis si sono già determinate le funzionalità in campo cosmetico. Dei

fiori di P. incarnata L’Erbolario utilizza per la sua nuova linea i flavonoidi glucosidici, dall’effetto antiossidante e rinfrescante, e dai frutti di P. edulis ricava la componente idratante, assicurata dalla frazione saccaridica, vitaminica e ricca di sali minerali del loro profilo fitochimico. La linea Frutto della Passione di L’Erbolario si compone della Acqua di Profumo, fruttata e floreale, di impronta nettamente femminile: il flacone di vetro può essere scelto nella edizione limitata con il sacchetto di profumo. La linea nasce anche con il Profumo Solido, piccolo accessorio profumato da viaggio, basato sull’olio di Passiflora edulis in

fusione con altri lipidi vegetali ammorbidenti. L’azione idratante, addolcente e rinfrescante dell’estratto dei frutti della Passiflora edulis ne fanno il componente funzionale del Bagnoschiuma, che si abbina delicatamente all’azione degli agenti lavanti di origine vegetali tratti dal Grano e dalle Mandorle dolci. La detergenza trova nella linea anche i Saponi, disponibili nel panetto da 100 grammi, o nella confezione con tre piccoli saponcini.Ma la funzione idratante e elasticizzante del derivato dei Frutti della Passione trova una specifica azione nella Crema per il Corpo, che deve ai componenti attivi dell’estratto – acido grasso linoleico e acidi grassi essenziali - l’azione di riduzione della TEWL (Trans Epidermal Water Loss), cioè la naturale perdita di idratazione dello strato corneo.La linea Frutto della Passione si inserisce poi nella collezione di prodotti per la profumazione della casa; i Sacchetti per i cassetti, e la Candela Profumata a base dell’innovativa cera ottenuta dalla Soja, soluzione tutta vegetale recentemente introdotta da L’Erbolario, e i diffusori per l’ambiente con i Legni Profumati. L’erbolario srl Tel.0371 4911* [email protected]

La linea Il fiore e il frutto: passione e cosmetica

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Gennaio 2011 ERBORISTERIA DOMANI 13

Effetto barriera contro la tosseGrinTuss Sciroppo Adulti e Bambini di Aboca è un dispositivo medico che calma la tosse, sia secca che produttiva, proteggendo le prime vie aeree. GrinTuss agisce calmando l’irritazione in quanto specificatamente formulato per aderire alla mucosa, grazie alla creazione di un film protettivo a “effetto barriera” che limita il contatto con agenti esterni irritanti. Promuove inoltre l’idratazione della mucosa e favorisce la rimozione del muco. Tale funzione protettiva è espressa dalla presenza nello sciroppo di estratti liofilizzati di Piantaggine, Grindelia ed Elicriso che sviluppano proprietà mucoadesive e protettive grazie all’azione di loro principi attivi quali mucillagini, gomme e resine. Oli essenziali di Eucalipto, Anice stellato e Limone svolgo azione balsamica e aromatizzante.Il formulato è integrato con miele (d’acacia nella formulazione per bambini), che svolge azione protettiva ed emolliente, conferendo allo sciroppo un gusto gradevole.La formulazione dello Sciroppo Bambini utilizza prevalentemente ingredienti provenienti da agricoltura biologica.

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Goji, succo puro dall’HimalayaGojiSan del laboratorio erboristico SANGALLI è un succo puro e certificato biologico ottenuto dalle bacche, color rosso intenso, raccolte direttamente sulla pianta e lavorate immediatamente nel luogo d’origine, di un arbusto perenne Goji (Lycium barbarum L.), che cresce spontaneamente nelle zone dell’Himalaya, nella regione del Tibet e in alcune province della Cina.Nel succo sono presenti polisaccaridi, steroli e acidi grassi vegetali, flavonoidi, carotenoidi (betacarotene, zeaxantina, luteina, licopene), 18 aminoacidi (essenziali e non), 10 minerali (Ca, K, Fe, Zn, Se, P, Mn, Mg Cu, Cr e altri in tracce), vitamine del gruppo B , vitamine A – C e altre in tracce, betaina e betacryptoxantina (la maggior sorgente di vitamina A). Questo integratore alimentare oltre ad attività immunomodulante e come tonico-adattogeno è indicato come antiossidante naturale, contrastando efficacemente i radicali liberi responsabili dei processi di invecchiamento cellulare.Senza aggiunta di additivi, né conservanti, né coloranti il succo ha un sapore particolare, ma sicuramente gradevole. L’utilizzo di bottiglie di vetro scuro serve a mantenerne inalterate le proprietà organolettiche, nel rispetto della tradizione orientale.

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Page 16: erboristeria domani

vetrine

14 ERBORISTERIA DOMANI Gennaio 2011

La linea Primum di Specchiasol intende stimolare con una gamma di formulazioni accuratamente bilanciate due essenziali funzioni fisiologiche tra loro connesse e complementari: la depurazione dell’organismo e la capacità di eliminare i liquidi in eccesso. L’assortimento di Depurativo Primum, dal classico ai nuovi gusti fruttati, vede nella base formulativa la presenza di estratti fluidi quali Carciofo, Cicoria, Rafano, Crescione, Ortica, Betulla, Bardana: un assortimento di principi tipicamente amaricanti e depurativi, fondamentali secondo gli studi nutrizionali e farmacognostici per stimolare le funzionalità epatiche e biliari. A questi estratti, e ai loro principi attivi, sono abbinati oligoelementi quali magnesio, zinco e potassio, e un assortimento o di succhi concentrati di frutta, che conferiscono aromi e gradevolezza alla composizione. Primum Depurativo è presentato in forma liquida (Classico e

No Alcool) o nella comoda bustina idrosolubile, volta a garantire una ottimale praticità d’uso, in quanto può essere sempre portata con sé (inoltre dal punto di vista tecnico un preparato in polvere preserva maggiormente la qualità degli estratti vegetali, confezionati in atmosfera inerte che allontana pericoli di degradazione ossidativa, ed aumenta la stabilità nel tempo del prodotto finito).Il versante drenate della linea presenta Primum

dren acquaretico, una formulazione a base di succhi concentrati di Prugna e Mela ed estratti vegetali di Pilosella, Betulla, Tè di Giava, Tarassaco, Solidago, Meliloto, bioflavonoidi da Arancia rossa e Potassio. Secondo la letteratura scientifica i componenti di Primum dren possono risultare utili per combattere naturalmente la ritenzione idrica stimolando l’eliminazione dei liquidi in eccesso. La specifica formulazione erboristica (tra gli altri estratti, Tarassaco, Pilosella, Betulla, Solidago, Meliloto) e la presenza di potassio in Primum dren consentono una limitazione alla perdita di minerali caratteristica dell’utilizzo di diuretici. I componenti di Primum Dren possono risultare utili nei gonfiori femminili generalizzati da ritenzione idrica da ciclo mestruale, ritenzione idrica da contraccettivo orale, ritenzione idrica da menopausa e nei casi di gambe gonfie e pesanti.Completa la gamma La tisana Primum: una formulazione potente (Carciofo foglie caulinari, Tarassaco radice, Betulla foglie, Bardana radice, Liquirizia radice), predisposta attraverso un processo di elevata tecnologia per assicurare aroma e purezza degli infusi. Per preservarli, Specchiasol ha scelto infatti di inserire le sue erbe officinali in bustina (esterna sigillata, interna senza punto metallico,senza colla e in fibra non trattata con sbiancanti). SpecchiasolTel. 045 6752311* [email protected]

La linea Primum: depurare e drenare

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COSMOPACK 2011: 18-21 MARZOCOSMOPROF WORLDWIDE BOLOGNA 2011: 18-21 MARZO

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16 ERBORISTERIA DOMANI Gennaio 2011

La moderna fisiologia riconosce all’in-testino un ruolo centrale nella difesa

dell’organismo umano.Questo viscere rappresenta in assoluto l’interfaccia più protetta tra l’ambiente interno e quello esterno: è un fronte lungo il quale si schierano oltre il 60% delle strutture immunitarie di cui l’indi-viduo dispone, in un presidio costituito da una fitta rete di vasi linfatici e da altri elementi specializzati, come quelli designati con gli acronimi GALT (Gut-As-sociated Lymphoid Tissue) e MALT (Mu-cosa-Associated Lymphoid Tissue).

■ Paesaggio interioreUn’ulteriore importante protezione è rappresentata dai batteri che coloniz-zano il lume intestinale e trovano nel muco che riveste l’epitelio il proprio habitat e la propria fonte di nutrienti, composta da residui alimentari e resti cellulari.Il numero di questi microrganismi su-pera di 10 volte quello delle cellule dell’organismo umano, formando un in-sieme (microbiota), suddiviso in diverse popolazioni e differenti ceppi. Fin dalla nascita e i primi contatti con l’ambien-te, s’insediano nell’individuo, stabilendo con esso uno stretto parallelismo evo-lutivo: il loro assetto, suscettibile di modificazioni relative all’età e alle abi-tudini igieniche e alimentari dell’ospite, trova nel genotipo di quest’ultimo l’ele-mento determinante più incisivo.La reciprocità della profonda interazione che si stabilisce tra l’individuo e la sua flora presenta aspetti molto complessi, che riguardano l’equilibrio dell’intero or-ganismo e l’evoluzione del suo terreno: la composizione del microbiota e le sue fluttuazioni ecosistemiche influiscono infatti non solo sull’omeostasi inte-stinale, ma su molte altre funzioni di regolazione, dal metabolismo energetico

Intestino: il fronte difensivo

DI LINA SUGLIA Consulente Fitomedical

e dei nutrienti, allo sviluppo e controllo dell’intero sistema immunitario, di cui condizionano l’efficienza e le compe-tenze.

■ L’unione fa la forzaApprofondendo i meccanismi in cui si articola la difesa intestinale, che moni-tora tutto quanto è presente nel lume, si evidenzia come essa sia supportata una complessa rete che coinvolge vi-cendevolmente il microbiota, l’epitelio intestinale e le cellule immunitarie del-l’intestino.Le flore simbionti svolgono innanzitutto un ruolo protettivo in prima persona: producono sostanze antimicrobiche che contrastano l’azione di altri microrgani-smi patogeni e ne osteggiano la colo-

nizzazione, competendo per i nutrienti e i recettori cellulari; metabolizzano inoltre elementi cancerogeni di origine alimentare, inattivandoli.A ciò si aggiungono funzioni che ri-guardano la struttura e la stabilità della barriera intestinale: producendo sostan-ze come l’acido butirrico, i commensali influenzano la differenziazione e la proliferazione delle cellule della mucosa intestinale (enterociti) e rinsaldano la giunzione stretta tra cellule epiteliali attigue, cioè la struttura proteica che controlla il passaggio tra lume e circolo ematico.Il microbiota, inoltre, interviene in modo significativo nello sviluppo del sistema immunitario della mucosa e ne modula la risposta sia cellulare, sia

Rappresenta l’interfaccia più estesa tra il nostro organismo e l’ambiente ed è quindi la sede della maggior parte delle strutture immunitarie e l’habitat dove risiede la popolazione batterica che interagisce per nostro conto con gli agenti patogeni di provenienza esterna. E’ quindi il terreno estremo per un efficace supporto nutrizionale e fitoterapico

sviluppo e innovazione

Lactobacillus sp.

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Gennaio 2011 ERBORISTERIA DOMANI 17

umorale (induce la produzione di IgA, regola le funzioni dei linfociti T e delle cellule T-helper). Da parte loro, gli enterociti e le cel-lule immunitarie presenti sulla parete intestinale e nella mucosa a essa sotto-stante (cellule M, dendrociti), costante-mente impegnate nell’identificazione di eventuali patogeni, oltre che di antigeni alimentari o ambientali anomali, “rico-noscono” il microbiota e si mostrano tolleranti nei suoi confronti.Le sostanze prodotte dai microrganismi simbionti, quindi, aderendo agli speci-fici recettori di cui queste strutture di-spongono per percepire il contenuto del lume, non inducono alcun allarme che attivi altri sottogruppi di cellule immu-nitarie. Anzi, in alcuni casi, i commen-sali regolano la risposta pro-infiamma-toria indotta da patogeni: svolgono così un ruolo protettivo, inibendo possibili reazioni flogistiche incontrollate.

■ Equilibri a rischioBenché la microflora intestinale man-tenga un proprio equilibrio omeostatico individuale, alcune condizioni possono rendere problematica la presenza di al-cune sue componenti, nei cui confronti può scatenarsi un’anomala attivazione immunitaria, con induzione di uno sta-to infiammatorio acuto o cronico che comporta compromissioni della parete intestinale, ma anche ripercussioni di tipo sistemico.Un’interessante osservazione in pro-posito riguarda la veloce affermazione nei paesi sviluppati di nuove condi-zioni igieniche e sanitarie favorite dal progresso, la cui rapidità pone diffi-coltà per un parallelo adeguamento immunitario: il precluso contatto con molteplici microrganismi dell’ambien-te, una “promiscuità” che si dimostra imprescindibile per abituare i geni alla tolleranza, rappresenta un limite che condiziona la risposta immunitaria inna-ta nei confronti della flora commensale. Considerando come questa “educhi” il sistema immunitario e ne influenzi la risposta adattiva nei confronti degli antigeni ambientali, si comprende come ciò ampli il rischio d’ipersensibilità e di conseguente innesco di reazioni infiam-matorie acute o croniche.Altre implicazioni sono tuttora oggetto di ricerca e approfondimenti, come la possibilità che alcuni batteri com-mensali possano produrre metaboliti reattivi, favorire la conversione di so-stanze pro-cancerogene in cancerogene,

predisporre a obesità e a sindrome me-tabolica (le microflore modulano l’assor-bimento intestinale di glucosio, con un effetto di ricaduta anche sul metaboli-smo lipidico), dando adito a condizioni generali che a propria volta modificano il microbiota, creando circoli viziosi a elevato potenziale patogeno.Un ulteriore fattore che favorisce l’in-staurazione di processi flogistici è rappresentato dalla disbiosi, una modi-ficazione nell’assetto ecosistemico delle flore batteriche, indotta dall’assunzione di antibiotici o farmaci antinfiammatori, da cambiamenti di abitudini dietetiche, da infezioni intestinali o anche patolo-gie in sedi diverse.Il mutato equilibrio tra micropopola-zioni scompensa il controllo reciproco che i diversi gruppi esercitano tra loro, facilitando lo sviluppo dei potenziali patogeni e conseguenti reazioni infiam-matorie.Ad esempio, s’ipotizza che le patologie IBD (Inflammatory Bowel Disease), nel cui novero rientrano la colite ulcerosa e il morbo di Crohn, possano essere indot-te da anomale risposte immunitarie nei confronti di specifici gruppi di batteri, o per compromissione della tolleranza immunitaria.

■ Compromissione dell’omeostasi intestinaleI motivi che incrinano le caratteristiche dell’ecosistema intestinale e compro-mettono l’omeostasi sono singolarmen-te diversi e spesso polifattoriali. Le condizioni di più frequente riscontro riguardano l’aumento della permeabilità intestinale per alterazione della giun-zione stretta, le disbiosi, infiammazioni acute o croniche a bassa intensità, le infezioni e le alterazioni immunitarie (disimmunosi, processi autoimmuni o a tendenza neoplastica). In particolare, a livello istologico si evidenzia una riduzione dello strato di muco prodotto dalle cellule caliciformi, che modifica i rapporti tra microbiota ed epitelio, permettendo ai microrganismi e ai loro prodotti di aderire alla mucosa e stimolarla direttamente.Gli effetti conseguenti si estendono a livello locale e sistemico e includono IBS (Sindrome dell’intestino irritabi-le), alterazioni dell’alvo, intolleranze alimentari e allergie (eczemi, riniti, asma, ecc.), IBD, processi autoimmuni e neoplasici, alterazioni del metabolismo cellulare (sindrome metabolica, diabete, epatopatie, ecc.) infezioni delocalizzate

o sistemiche, disturbi nervosi.Un intervento che si proponga di favorire il ripristino di equilibrate co-municazioni fra microbiota e sistema immunitario, si declina in più bersagli: rinormalizzare la flora batterica autocto-na, stimolando la crescita di ceppi indi-viduali adeguati; regolare la tolleranza immunitaria intestinale, modulando la reattività della mucosa e armonizzan-do le diverse popolazioni linfocitarie dell’intestino; inibire l’amplificazione dei processi infiammatori intestinali, rendendo più efficiente la protezione della parete e dei tessuti sottostanti; stimolare infine la risposta immunitaria sistemica, attivando la rete di comu-nicazione che coordina la difesa locale intestinale e la sua estensione all’intero organismo.

■ Obiettivi e strumenti di ripristinoTali obiettivi possono essere conseguiti associando opportunamente probiotici, prebiotici e immunomodulanti.I probiotici sono costituiti da numerosi ceppi di batteri, selezionati da specie normalmente presenti nel microbiota umano. Nel lume intestinale svolgono un’attività complessa e articolata, che favorisce il ripristino di equilibrate con-dizioni tra microbiota, epitelio, risposta immunitaria locale e sistemica.Le popolazioni probiotiche esercitano un’azione antimicrobica per abbassando il pH, secernendo peptidi antimicrobici (defensine, batteriocine), inibendo l’in-vasione batterica e l’adesione di batteri all’epitelio intestinale. Stimolando la secrezione di muco e la riproduzione di commensali e simbionti, rafforzano l’integrità della barriera intestinale e ne potenziano la funzione; influiscono inoltre sull’attività delle cellule epite-liali, di quelle dendritiche, sui monociti e/o macrofagi e sui linfociti, modulano la risposta immunitaria locale e gene-rale.Ad esempio, Bacillus coagulans è una specie batterica Gram positiva. Forma spore resistenti ad agenti chimici e fisi-ci che, attivate dall’ambiente acido ga-strico, originano batteri che occupano transitoriamente l’intestino, producendo acido lattico come i lattobacilli.Diversamente da molti batteri intesti-nali, i frammenti delle cui pareti cellu-lari si legano ai recettori dell’epitelio, inducendo reazioni proinfiammatorie, alcune frazioni derivate da B. coagulans inibiscono tali processi, inclusa la pro-

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duzione di ROS (radicali liberi ossigeno) e la migrazione di polimorfonucleati.B. coagulans contrasta inoltre l’azione di batteri patogeni e controlla i processi infiammatori locali che possono alterare l’integrità dell’epitelio, regola l’assimi-lazione dei nutrienti e la presentazione degli antigeni alle cellule immunitarie.Anche Lactobacillus acidophilus è un batterio Gram+, ma non forma spore. Contrasta numerosi agenti patogeni, grazie alla produzione di acido lattico, acido acetico e perossido d’idrogeno; produce anche bacteriocina CH5, che inibisce alcuni lieviti e muffe. La sua somministrazione induce effetti d’im-munomodulazione o di stimolazione aspecifica della produzione di citochine, dell’attività fagocitaria e della produzio-ne di anticorpi (IgA).Il Lactobacillus rhamnosus possiede buo-ne capacità di sopravvivenza nell’am-biente acido gastrico e notevoli doti di adesione sulle cellule epiteliali intesti-nali e sul muco che le ricopre. Esercita effetti immunomodulanti, in particolare potenzia l’attività citotossica delle cel-lule natural killer e quella fagocitica dei mononucleociti del sangue periferico. Si è inoltre osservata l’azione di riduzione dell’assorbimento intestinale di aflatos-sina G1.In una formulazione, la valenza salu-tistica di questi probiotici può essere

valorizzata dalla sinergia con Astragalus (Astragalus membranaceus), specie asia-tica vantata dalla Medicina Tradizionale Cinese come tonico di Qi (adattogeno), attivo sui meridiani di Milza e Polmoni, con spiccate influenze sulle energie di Rene e Fegato.La ricerca moderna ne ha confermato

l’attività immunomodulante, legata al contenuto in triterpeni (astragalosidi) e polisaccaridi arabinogalattanici: questi ultimi si distinguono anche per la spic-cata attività prebiotica.A livello intestinale questa specie può quindi assolvere molteplici funzioni, favorendo l’impianto e la crescita del microbiota commensale e regolando la differenziazione delle cellule del sistema immunitario connesso con la mucosa in-testinale. La sinergia fra i polisaccaridi di Astragalus e diversi probiotici (Lacto-bacillus e altri) nella modulazione della risposta immunitaria e delle popolazioni del microbiota è stata infatti evidenzia-ta su popolazioni animali.Un’altra interessante osservazione ri-guarda l’attività inibitrice di Astragalus sulla crescita di Clostridium perfrigens, un batterio intestinale umano, respon-sabile di enteriti che, a posteriori, pos-sono scompensare lo stato della muco-sa, favorendo la sindrome dell’intestino irritabile (IBS).Le indicazioni di una formulazione che associa probiotici, prebiotici e immu-nomodulanti possono rivelarsi utili per potenziare le difese dell’organismo nei periodi di maggiore esposizione a bat-teri e virus stagionali e, al contempo, per arginare l’instaurarsi di anomale risposte immunitarie che potrebbero alimentare infiammazioni a tendenza cronica, sia a livello intestinale, sia sistemico. ■

Intestino: il fronte difensivo

Astragalus membranaceus

Enterodefend è il nuovo integrato-re alimentare di Fitomedical che

interviene sui diversi aspetti che garan-tiscono il ruolo di difesa dell’intestino: normalizza la flora batterica autoctona, favorendo la crescita di ceppi individuali adeguati; riequilibra la tolleranza immu-nitaria intestinale, modulando la reattivi-tà della mucosa; inibisce l’amplificazio-ne dei processi infiammatori intestinali, rendendo più efficiente la protezione della parete e dei tessuti sottostanti; sti-mola la risposta immunitaria sistemica, attivando la rete di comunicazione che coordina la difesa locale intestinale e la sua estensione all’intero organismo. Tra i sui componenti, microrganismi

quali (Lactobacillus acidophilus, Lacto-bacillus rhamnosus, Bacillus coagulans), che incrementano la crescita della flora batterica con un’azione prolungata, e Astragalo (radice di Astagalus membra-naceus Fish.) estratto secco al 70% di polisaccaridi arabinogalattanici 250 mg (= apporto in polisaccaridi 175 mg), che grazie ai polisaccaridi stimola la risposta immunitaria dell’organismo e al tempo stesso agisce come prebiotico, favorendo l’insediamento e la crescita dei fermenti lattici.FitomedicalTel. 0290781896www.fitomedical.com * [email protected]

Enterodefend in breve▲

sviluppo e innovazione

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Formazione Fitomedical: i programmi della nuova stagione

Continua l’attività di formazione e in-formazione che da sempre caratterizza la presenza di Fitomedical sul mercato erboristico, ed è stato fissato il calen-dario degli appuntamenti della sessione primaverile del 2011, che si terranno sia presso la sede della società, alle porte di Milano, che in altre città ita-liane. Vediamoli in dettaglio:

Lunedì 14 e 28 febbraio, Milano; lunedì 7 marzo, Udine; lunedì 28 marzo, Quinto di TrevisoRelatori: Massimo Rossi; Lina SugliaFlora batterica intestinale e sistema immunitario: squilibri locali, riper-cussioni sistemicheLa moderna ricerca sottolinea la com-plessità fisiologica dell’intestino e attribuisce ad esso un ruolo sempre maggiore come struttura immunitaria e neuroendocrina, che condiziona la salute dell’intero organismo. Si eviden-zia la stretta correlazione tra l’assetto delle microflore intestinali e il tono della risposta immunitaria, rilevando come i disordini del microambiente inducano stati di disimmunosi, che favoriscono ed alimentano patologie con manifestazioni locali o sistemiche, coinvolgendo comunque sempre le condizioni generali del terreno e la sua evoluzione. Nutraceutica e fitoterapia offrono strumenti idonei alla correzione profonda dei fattori che alimentano tali disturbi e la loro cronicizzazione.

Lunedì 14 e 28 marzo, sede Fitome-dical a Binasco (Milano)Fitoterapia e Cosmeceutica delle der-matosi e degli squilibri cutaneiRelatore: Massimo RossiDiversi fattori concorrono a favorire la comparsa degli squilibri cutanei e ad alimentare le dermatosi, che chiama-no in causa le funzioni immunitarie, l’assetto delle microflore cutanee e l’evoluzione della risposta infiammato-ria. Gli incontri si propongono di ap-profondire questi aspetti, suggerendo, attraverso esempi pratici di trattamen-to, quali rimedi di cosmeceutica, fito e aromaterapia - e quali loro associa-zioni - siano più indicate a prevenire e correggere le diverse problematiche dermatologiche.

iniziative

Mercoledì 30 marzo, RiminiL’importanza dell’integrità della bar-riera intestinale per la salute dell’in-tero organismo. Relatore: Lina SugliaLa moderna ricerca ha recentemente evidenziato la straordinaria complessi-tà fisiologica dell’intestino: oltre alla digestione, si attribuiscono ad esso ruoli sempre maggiori nell’ambito della regolazione metabolica, neuroendocri-na e immunitaria, che sottolineano la sua centralità per la salute dell’intero organismo. La Fitoterapia offre stru-menti idonei alla correzione profonda dei fattori che disturbano l’equilibrio intestinale e alimentano disturbi lo-cali o sistemici (cutanei, respiratori, epatopancreatici, circolatori, metabo-lici, endocrini, immunitari e nervosi), coinvolgendo comunque sempre le condizioni generali del terreno e la sua evoluzione. Domenica 22 maggio, VeronaFavorire l’efficienza della mente e contrastarne il declino cognitivoUna mente lucida permette di affronta-re al meglio il lavoro, lo studio e ogni attività quotidiana, consentendo una plasticità di pensiero abile ad affronta-re le situazioni più diverse.L’apprendimento e la memoria, la ca-pacità di concentrazione e di elabora-zione dipendono da funzioni cerebrali sostenute da meccanismi complessi. Su essi possono interferire negativamente fattori come lo stress e la pressione psicologica, le fluttuazioni di tono e umore e l’invecchiamento, compromet-tendo le facoltà intellettive.Nutraceutica e Fitoterapia offrono stru-menti idonei a migliorare le prestazioni della mente e a prevenire e contrastare i suoi processi di senescenza.Consultare il sito www.fitomedical.com o rivolgersi alla Segreteria Fitomedical (telefono 02 90781896) per la confer-ma di date, sedi e temi degli incontri.FITOMEDICAL www.fitomedical.com * [email protected]

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agenda

I ncontri

■ Il festival delle Camelie a Locarno: non una semplice esposizione

Locarno, sulla riva svizzera del Lago Maggiore, ospiterà per la quattordice-sima volta, dal 30 marzo al 3 aprile, Locarno Camelie, un evento fra i più importanti in Europa dedicati al magni-fico fiore d’origine orientale, apparte-nente alla famiglia delle Theaceae. La rassegna si distingue oltre che per la sua ricca esposizione di camelie recise, oltre 300, per l’estrema cura posta nel-l’allestimento degli spazi, la profusione degli addobbi floreali e, certo non da ultimo, la possibilità per il pubblico di visitare l’adiacente Parco delle Camelie della Città di Locarno, che proprio l’an-no scorso si è visto attribuire dall’Inter-

national Camellia Society il prestigioso marchio di “Garden Of Excellence”. Situato in uno degli angoli più sugge-stivi della città, il Parco delle Camelie locarnese dà il meglio di sé proprio nel periodo del festival, con centinaia e centinaia di piante in fiore: 1.000 diver-se varietà di camelie su oltre diecimila metri quadrati. La zona del Lago Mag-giore rappresenta una delle principali destinazioni europee per gli amanti di parchi e giardini. Basterà ricordare che nel raggio di pochi chilometri l’appas-sionato potrà ammirare altre importanti strutture. Sulla sponda svizzera citiamo il Parco botanico del Gambarogno (de-dicato a camelie e magnolie), il Parco botanico delle Isole di Brissago (dove si può ammirare una lussureggiante vegetazione subtropicale), e il Parco del tè, con piantagione e laboratorio del tè verde, realizzato al Monte Verità

di Ascona (il Monte dell’Utopia, tanto amato da filosofi, artisti e naturisti). Importante anche l’offerta sulla vicina

sponda italiana del lago, che conta su attrazioni come la già citata villa Anelli, le Isole Borromee e i Giardini di Villa Taranto. Il Parco del tè del Monte Verità di Asco-na proporrà dal canto suo un percorso alla scoperta dell’affascinante mondo della cultura del tè. Proprio il tè ver-de prodotto al Monte Verità (una vera rarità) potrà essere degustato nella Tea & Coffee House, il punto di ristoro ufficiale del festival. Come sempre, la manifestazione offrirà anche momenti d’intrattenimento e in particolare il Concerto delle camelie, che si terrà nella splendida cornice del salone della Società Elettrica Sopracenerina, in Piaz-za Grande a Locarno. Per maggiori informazioni telefonare all’Ente Turistico Svizzero Lago Mag-giore 0041 917910091www.ascona-locarno.com

F iere

■ Alimentazione naturale e biologica: a maggio la fiera internazionale cineseSi svolgerà dal 7 al 9 maggio a Pechino l’undicesima edizione de l’ Green Food & Organic Food Expo che nella passata edizione ha visto circa 800 espositori rappresentativi di almeno 16 differenti nazioni dell’Estremo Oriente e delle di-verse aree della Cina.La manifestazione prevede un ricco programma di incontri e iniziative utili

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Quando l’analfabetismo era la nor-ma ed il diploma di terza me-

dia, garantiva una buona cultura di base, nella patria della Scuola Me-dica Salernitana e dove le facoltà di Medicina erano le più accreditate al mondo, si volle garantire la prepara-zione dell’erborista con un diploma universitario in concorso tra le facoltà di Farmacia ed Agraria, per accedere al quale occorreva aver conseguito il diploma di scuola media. Riferito ai tempi, l’attuale laurea in Tecniche

Erboristiche o Scienze Erboristiche, è la naturale evoluzione della forma-zione dell’erborista. Peccato che nel frattempo, mentre norme e regola-menti hanno arricchito e definito la professionalità della figura dell’er-borista, per assistere il cliente nelle scelte in ambito dei rimedi naturali, in perfetta parcondicio politica, altri provvedimenti, oggi consentono a tut-ti di intrattenere tale attività. È per gli erboristi obbligo dettato dalla legge in oggetto, registrare il proprio diploma

presso la ASL di riferimento del Co-mune presso cui si intende svolgere l’attività, ma questo come si concilia con il consentire a chiunque di eser-citare l’attività di erborista senza la stessa preparazione? Il consumatore è ben tutelato?

Dr. Giuseppe Giordano, erborista

80 anni il 6 gennaio 2011: buon compleanno alla legge 99/1931 per l’erboristeria

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per conoscere il costante sviluppo del mercato e della produzione alimentare biologica in Asia. Per informazioni: Shibowei International Exhibition, Tel: 86-10-85785006-628 (Beijing, China) * [email protected]

C ngressi

■ Nutrizione, teoria e pratica: il forum a MilanoSi terrà al Centro Congressi Stella Po-lare Fiera di Milano-Rho il 6 e 7 aprile prossimi Nutrimi, il quinto Forum In-ternazionale di Nutrizione Pratica un evento pensato per i professionisti del settore ed aperto a tutti coloro che con-siderano l’alimentazione uno dei princi-pali temi di prevenzione per il benessere delle generazioni attuali e future.Un forum multidisciplinare: epigenetica, nutrigenomica, obesità in relazione a stili di vita e disturbi metabolici, food ingredients, impatto sul sistema immu-nitario, alimenti funzionali, nutrizione e prevenzione: questi alcuni degli ar-gomenti che oltre 100 esperti di fama internazionale tratteranno nel corso del programma. Un’area espositiva delle aziende più sensibili in ambito di ricer-ca e sviluppo del settore.Per informazioni: Segreteria Organizzati-va Nutrimi, Tel. 0245495838, www.nutrimi.it

■ Curare il dolore: medicina complementare a congresso a MeranoCome il dolore si associa alla malattia, la medicina complementare sempre più spesso affianca quella tradizionale. Que-sta nuova concezione porta sia medici che pazienti ad impegnarsi affinché le due medicine vengano considerate integrative l’una dell’altra. Il congresso “Medicina complementare, il dolore” organizzato da ZDN Onlus (Centro per la Documentazione di Terapie Naturali) dal 8 all’11 aprile 2011 nella meraviglio-sa cornice del Kurhaus di Merano, ha come obiettivo quello di aggiornare gli esperti facendo incontrare specialisti e pazienti di tutto il territorio nazionale con il fine ultimo di informare e dare utili strumenti di valutazione. La Medi-cina Complementare ha l’occasione di presentare la situazione attuale, con i relativi limiti, ma anche di far conosce-re nuovi metodi. Al congresso saranno

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presenti relatori di fama internazionale, come il medico giapponese Toshikatsu Yamamoto, che dibatteranno vari tempi quali: dal rimedio naturalistico al far-maco, infanzia e dolore, ipnosi e dolore, agopuntura e dolore, omeopatia e dolo-

re, trattamenti fitoterapici e molti altri temi di cui è ricco il programma.Per informazioni e iscrizioni: Dmc Italia s.r.l., tel. 051 9912164, * [email protected] www.dmcitaliasrl.com ■

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qualità

Tarassaco: attenti a dove lo raccogliamo!

Il tarassaco: raccolto e consumato dalla popolazione quale pianta alimentare con proprietà benefiche sulla digestione e sulla funzionalità delle vie urinarie, studiato dai ricercatori come specie vegetale iperaccumulatrice di metalli pesanti. I risultati di uno studio condotto in Piemonte

DI AGNESE GIACOMINO*, MARIA LAURA COLOMBO**, SERGIO MIAGLIA***

*Dip. Chimica Analitica, Facoltà di Scienze M.F.N., Università di Torino**Dip. Scienza e Tecnologia del Farmaco, Facoltà di Farmacia, Università di Torino

***Sergio Miaglia, Dirigente Medico, Servizio Igiene Alimenti e Nutrizione S.I.A.N., ASL Cuneo1, sede di Savigliano, Cuneo

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Le campagne di promozione della salute mediante corretti stili di vita

puntano a correggere le abitudini ali-mentari al fine di ridurre la prevalenza delle malattie croniche, in particolare attraverso un aumento dei consumi di frutta e verdura. Secondo l’Unione Eu-ropea (UE) e l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), per mantenere la qualità e la sicurezza degli alimenti lungo l’intera filiera alimentare sono necessarie corrette procedure, idonee a garantire la salubrità dei cibi, e si-stemi di monitoraggio e controllo in grado di assicurare che i prodotti finali siano esenti da contaminazione. Tutto questo è valido per i vegetali coltivati dai produttori, ma.. per le piante fitoa-limurgiche?Da sempre, infatti, è diffuso il consumo di specie vegetali spontanee da parte della popolazione; si tratta di vegetali molto comuni, che crescono spontanea-mente e sono facilmente riconoscibili dalla maggior parte delle persone. Ma quali sono i fattori di rischio a cui la popolazione va incontro nel consumare questi vegetali “non controllati”?Tra le piante fitoalimurgiche diffusa-mente raccolte e consumate in Italia vi è la specie Taraxacum officinale F.H. Wigg. aggr., detta comunemente dente di leone o soffione, appartenente alla famiglia delle Asteraceae (1). Tutte le parti della pianta sono eduli: le foglie vengono consumate sia crude che cotte, le radici utilizzate crude in insalata op-pure tostate e torrefatte per ottenere un succedaneo del caffè, i boccioli fiorali conservati sott’aceto come fossero cap-peri. La tradizione popolare attribuisce a questa pianta proprietà benefiche (sa-lutistiche) sulla funzionalità digestiva ed epatica, ed una influenza positiva sul drenaggio dei liquidi corporei, atti-vità queste ultime, non ancora indagate sufficientemente e poco supportate da prove scientifiche. Molto studiate e scientificamente pro-vate invece sono le proprietà iperaccu-mulatrici del tarassaco nei confronti dei metalli pesanti, proprietà per le quali questa specie è stata diffusamente stu-diata da ricercatori in diverse parti del mondo (2-9). Le specie iperaccumula-trici sono vegetali in grado di assorbire dal terreno e dall’atmosfera sostanze e/o elementi inquinanti in modo tale che la concentrazione accumulata nelle radici e nelle foglie risulti indicativa del contenuto nell’ambiente circostante (10-12). Questo ha portato molti ricer-

catori ad affermare di poter utilizzare queste specie come bioindicatori del livello di inquinamento ambientale locale. In particolare, i metalli pesanti, come cadmio, piombo, cromo, nichel, possono essere dannosi per la salute umana in quanto, non essendo biode-gradabili, tendono ad accumularsi nel-l’organismo e, se presenti al di sopra di definite concentrazioni, interferiscono in molti processi metabolici (13,14). Gli effetti nocivi dei metalli sulla sa-lute sono noti a livello internazionale, come mostrato da documenti dell’UE, della FAO (Food and Agriculture

Organization of the United Nations, Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura) e dell’US-EPA (United States Environ-mental Protection Agency, Agenzia di Protezione dell’Ambiente degli Stati Uniti) e dalla letteratura scientifica; inoltre la materia dei contaminanti alimentari in Europa è normata dal re-golamento CE 1881/2006 al quale tutti gli stati membri devono attenersi per la corretta commercializzazione (15). In un recente studio svolto in collabora-zione tra l’Università degli Studi di To-rino ed il Servizio di Alimenti e Nutri-zione delle ASL CN1 e CN2 nell’ambito

di un progetto regionale di “Ricerca Sanitaria Finalizzata”, finanziato dalla Regione Piemonte, si è provveduto ad indagare, a livello conoscitivo, quale fosse il livello di esposizione della po-polazione ad alcuni metalli pesanti da fonte fitoalimurgica e nello specifico da tarassaco che nel mondo della ricerca scientifica è noto per la sua capacità di accumulare i metalli presenti nell’am-biente. Per questo abbiamo raccolto e analizzato campioni di piante di taras-saco cresciuto spontaneamente in prati o aree verdi accessibili al pubblico.

■ La scelta dei siti di studioSi è scelto di campionare le piante di tarassaco in prossimità di incroci e rotonde di strade statali e provinciali, vicino alla ferrovia ed in prossimità di rallentamenti delle autostrade. Questa scelta è stata dettata da due motivi: il traffico veicolare rientra tra le varie fonti di inquinamento che possono in-fluenzare il contenuto di metalli in spe-cie vegetali (16,17); spesso si assiste alla raccolta di questo vegetale da parte della popolazione nei prati accanto a strade, autostrade e ferrovie.Esemplari di tarassaco sono quindi sta-ti campionati in dodici siti nel territorio della provincia di Cuneo, nei comuni di Alba, Bra, Cherasco, Cuneo, Fossano, Genola, Marene, Saluzzo, Sant’Albano Stura, Sanfrè (questi esemplari saran-no di seguito indicati come campioni 1-12). Altri tre siti sono stati presi in esame per confronto: l’area protetta del Parco delle Alpi Marittime (campione 13-Località Ponte Soffiet) come “cam-pione pulito” e due punti situati in aree ad intenso traffico veicolare della città di Torino, in prossimità della Tangen-ziale Nord (campione 14) e della Tan-genziale Sud (campione 15).Per meglio caratterizzare il comporta-mento di ciascun metallo si è deciso di prelevare e analizzare campioni di terreno in corrispondenza delle piante raccolte.

■ AnalisiI campioni di piante e suolo sono stati pre-trattati: le piante sono state lavate, essiccate e macinate; il suolo è stato essiccato e setacciato. Poi i campioni sono stati trattati con acidi concentrati a caldo, al fine di portare i metalli in soluzione.Nelle soluzioni sono state determinate le concentrazioni di sette metalli: cad-mio (Cd), cromo (Cr), rame (Cu), ferro

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qualità

(Fe), manganese (Mn), piombo (Pb) e zinco (Zn). Le analisi sono state effet-tuate con due tecniche di spettroscopia atomica: la spettroscopia di emissione atomica a plasma ad accoppiamento induttivo (Cr, Cu, Fe, Mn, Zn) e la spettro-scopia di assorbimento atomi-co a fornetto di grafite (Cd e Pb, presenti in concentrazioni troppo basse per la spettrosco-pia di emissione).

■ RisultatiLa tabella 1 mostra gli inter-valli di concentrazione rilevate nei campioni di tarassaco provenienti dalla provincia di Cuneo e le concentrazioni relative al campione prelevato nel parco naturale ed a quelli raccolti lungo le tangenziali di Torino. Tra i metalli presi in considerazione, cromo, rame, ferro, manganese e zinco sono micronutrienti, e sono quindi essenziali per il metabolismo umano, a piccole concentrazio-ni, mentre diventano tossici a concentrazioni elevate. Invece cadmio e piombo non hanno nessun ruolo noto nell’organi-smo umano e sono tossici se superano certi livelli.Per comprendere il significato delle concentrazioni rilevate nelle piante di tarassaco analizzate, abbiamo con-frontato l’intervallo di concentrazione ottenuto per ciascun metallo con quelli riportati nello studio di Kabata-Pendias

e Dudka (18), considerati “valori di ri-ferimento” in molti articoli di letteratu-ra. I ricercatori indiani Kabata-Pendias

e Dudka eseguirono uno studio esteso sul tarassaco, in quanto pianta accumu-latrice di metalli, e le concentrazioni da loro trovate hanno permesso di definire un intervallo del tipico contenuto di ciascun metallo nelle foglie di tarassa-co cresciuto in aree rurali, intervallo “R”, ed in aree industrializzate, inter-

vallo “I” (tabella 1).Confrontando queste concentrazioni con i valori ottenuti per i campioni pre-

levati nella provincia di Cuneo abbiamo osservato che:- i contenuti di Cd, Mn, Pb e Zn rientrano negli intervalli di concentrazione comunemente presenti nelle foglie di tarassa-co in aree rurali; - il Cr ha concentrazioni supe-riori al massimo dell’intervallo “R” in due campioni e in altri due siti si è avuto il supera-mento del valore massimo di riferimento per aree industria-lizzate;- il contenuto di Cu ha supe-rato il massimo dell’intervallo “I” in un sito.Per le piante prelevate lungo le tangenziali sono state rile-vate concentrazioni superiori al valore massimo relativo alle aree industrializzate per Cr e Cu. Inoltre il campione 15 supera il limite “R” per la concentrazione di Zn e il cam-pione 14 ha una contenuto di Fe superiore al limite “I”.Da questo primo confronto con i dati di letteratura si è quindi

rilevato che le concentrazioni misurate nei vegetali campionati sono in linea con quelle comunemente riscontrate nelle foglie di tarassaco, con alcune eccezioni.Ma queste concentrazioni sono anche in linea con la sicurezza alimentare?Cr e Cu, come già detto, sono essen-

TABELLA 1. CONCENTRAZIONI NEI CAMPIONI DI TARASSACO ANALIZZATI E VALORI DI RIFERIMENTO (18) PER IL TIPICO

CONTENUTO MEDIO DI METALLI NELLE FOGLIE DI TARASSACO IN AREE RURALI “R” E IN AREE INDUSTRIALIZZATE “I”

LE CONCENTRAZIONI SONO ESPRESSE IN MG/KG (MG DI METALLO PER KG DI PIANTA)

Campione Cd Cr Cu Fe Mn Pb Zn

1-12* 0.11-0.31 0.40-6.32 6.01-24.7 119-1142 30.5-115 0.40-1.04 27.1-66.09

13 0.13 1.41 14.7 152 23.3 0.54 45.1

14 0.11 14.1 21.6 1464 88.5 2.64 48.4

15 0.25 6.11 24.1 574 43.2 0.92 87.2

Intervallo di riferimento R

0.3-1.0 0.2-2.4 5.2-20 70-644 14-206 0.8-6.4 21-84

Intervallo di riferimento I

0.2-5.0 0.2-4.8 4.0-21.6 96-720 18-142 1.6-10 22-230

*Per i campioni 1-12 è riportato l’intervallo di concentrazione rilevato per ciascun elemento

Tarassaco: attenti a dove lo raccogliamo!

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ziali per il metabolismo umano, ma anche per questi elementi esistono Limiti di Assunzione Raccomandati di Nutrienti (LARN), rispettivamente 50-200 mg/die e 1.2 mg/die, in quanto assunti in quantità eccessiva potreb-bero diventare anch’essi dannosi per l’organismo. Abbiamo calcolato che nei siti campionati nella provincia di Cuneo in cui sono state rilevate le maggiori concentrazioni di Cr e Cu, il consumo di 50 g di tarassaco sarebbe sufficiente a causare l’as-sunzione di una quantità superiore alla dose gior-naliera raccomandata. I limiti massimi previ-sti dal regolamento CE 1881/2006 e dalla OMS per gli ortaggi a foglia larga destinati al consu-mo umano relativi a Cd e Pb sono, rispettivamente, 0.2 e 0.3 mg/kg. Tra le piante campionate in provincia di Cuneo, si è potuto osservare un superamento del limite relativo al Cd in quattro siti. Ancor più seria risulta essere la situazione relativa al Pb: il contenuto di Pb di tutti i campioni di tarassaco ana-lizzati risulta maggiore del limite previ-sto per i vegetali a foglia larga destinati al consumo umano. Spicca il fatto che anche il campione prelevato nel Parco Naturale contenga una quantità di Pb superiore al limite di 0.3 mg/kg. Questo risultato potrebbe però essere influenzato dall’elevato

TABELLA 2. CONCENTRAZIONI NEI CAMPIONI SUOLO ANALIZZATI E CONCENTRAZIONI LIMITE SECONDO LA LEGISLAZIONE ITALIANA (15). LE

CONCENTRAZIONI SONO ESPRESSE IN MG/KG (MG DI METALLO PER KG DI SUOLO)

Campione Cd Cr Cu Fe Mn Pb Zn

1-12* 0.13-0.32 55.5-49 7.05-60.9 17247-36291 420-1022 16.4-46.3 74.3-131

13 1.21 41.60 14.70 24110.00 525.00 110.00 74.70

14 0.33 252.00 25.00 30562.00 1137.00 119.80 98.20

15 0.05 135.00 15.50 17967.00 580.00 10.20 75.10

Limite “A” DLgs152/06 2 150 120 - - 100 150

Limite “B” DLgs152/06 800 800 600 - - 1000 1500*Per i campioni 1-12 è riportato l’intervallo di concentrazione rilevato per ciascun elemento

contenuto di Pb presente nel terreno nella zona di Entracque, derivante dalla presenza di galena (solfuro di piombo) nel suolo. Anche in letteratura vi sono numerosi studi che riscontrano una forte dipendenza del contenuto

di Pb nelle foglie di tarassaco dalla concentrazione di questo elemento nel suolo(19,20).Per completezza riportiamo in tabella 2 i risultati ottenuti nei campioni di suolo prelevati in corrispondenza delle piante. I risultati sono stati confrontati con i limiti di legge previsti dalla Legislazio-ne Italiana (DLgs152/06) per i suoli in aree verdi ed aree residenziali (limiti

“A”), e per i suoli in aree destinate ad uso industriale (limiti “B”)(21). Dal confronto si può notare come non vi sia alcuna situazione di contaminazione da metalli nei suoli considerati, infatti per tutti i metalli in tutti i siti campionati le

concentrazioni risultano inferiori al limite A. Solo il campione prelevato lungo la tangenziale nord risulta avere un contenu-to di Cr e Pb superiore a questo limite, ma ben al sotto del limite B. Proprio da questo confronto si può notare come effetti-vamente vi sia un’elevata concentrazione di Pb nel suolo del campione prelevato nel Parco Na-turale, derivante come già detto prima dalla pre-senza naturale di questo metallo nella zona.

■ CommentoIn alcuni esemplari di tarassaco da noi analiz-zati sono state riscontrate concentrazioni di Cr e Cu superiori al limite massi-mo riportato in letteratura

per aree industrializzate, che potreb-bero causare un apporto eccessivo di questi elementi nella dieta umana. Tutte le piante raccolte sono risultate contenere concentrazioni di Pb supe-riori al limite massimo previsto per i vegetali a foglia larga destinati al consumo umano, ed in alcuni casi si è anche visto un superamento del valore massimo relativo al Cd. Questi risultati hanno confermato le ca-

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qualità

pacità iperaccumulatrici del tarassaco, in grado di assimilare e soprattutto di accumulare i metalli nelle foglie. Infatti, va sottolineato che non siamo in presen-za di una situazione di contaminazione da metalli: i contenuti di Pb e Cd da noi rilevati rientrano nelle concentrazioni ri-tenute comuni per questa pianta in aree rurali, quindi in assenza da fonti di in-quinamento. Queste concentrazioni rap-presentano un livello di fondo che non può che salire ulteriormente in presenza di altre fonti di emissione di metalli.Le concentrazioni di metallo nei suoli campionati sono tutte al di sotto dei limiti previsti dalla legge, quindi non si tratta di suoli contaminati. Ma in let-teratura è dimostrato come in siti il cui suolo presenta elevate concentrazioni di metalli pesanti, Cd, Cr, Cu, Pb e Zn si trasferiscono facilmente dal suolo alla pianta, tanto che il contenuto di metallo nel tarassaco può essere utilizzato per comprendere il livello dell’elemento nell’ambiente circostante.Il superamento del limite del Pb per

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i vegetali a foglia larga nel campione prelevato nel Parco Naturale sottolinea proprio come sarebbe importante cono-scere la composizione del suolo in cui si vuole raccogliere il tarassaco. Va sotto-lineato che non tutto il metallo presente nel suolo viene trasferito alle piante che crescono su di esso: la quantità di me-tallo assimilato da parte delle piante di-pende dalle caratteristiche della pianta stessa e anche dalla forza con cui esso è legato al suolo, quindi alle caratteri-stiche del suolo stesso che influenzano l’assorbimento dei metalli da parte del tarassaco, quali ad esempio, la minera-logia, la tessitura, il pH, il contenuto di materia organica, la presenza di altre piante.Essendo una pianta iperaccumulatrice, il tarassaco è in grado di accumulare i metalli provenienti non solo dal terreno, ma anche dall’atmosfera. Da qui l’im-portanza di raccogliere il tarassaco in zone possibilmente lontane da fonti di emissione di metalli, quindi lontano da strade, autostrade, ferrovie, etc..

Questo piccolo studio osservazionale può essere lo spunto per iniziare a con-durre studi più approfonditi al fine di sorvegliare il grado di contaminazione dei vegetali alimentari utilizzando come indicatore la pianta di tarassaco; in base ai risultati ottenuti si può ipotizzare una possibile contaminazione di questo vegetale da parte di alcuni metalli ve-rosimilmente da captazione aerea, tanto più accentuata quanto più e accentuato il traffico veicolare.Va anche detto che il tarassaco è una pianta stagionale il cui consumo risulta limitato ad un periodo ridotto dell’anno per cui l’assunzione e il conseguente ac-cumulo di metalli avvengono in misura ridotta (ma è comunque consigliabile non raccoglierlo in prossimità di strade a traffico elevato!)In ogni caso la raccolta per il consumo di vegetali spontanei deve sempre esse-re condotta con criterio senza mai tra-scurare il concetto di sicurezza alimen-tare che sta alla base della prevenzione primaria di alcune patologie croniche.■

Tarassaco: attenti a dove lo raccogliamo!

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review

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■ Il Carrubo, fonte di attivi antiossidantiCeratonia siliqua L, appartiene alla famiglia delle Legu-minosae. E’ una pianta ben nota, il comune Carrubo, dalle caratteristiche bacche di cui vanno golosi i cavalli. Il frutto, cioè la bacca e i suoi semi contengono galattomannani (da cui si ottiene la nota ‘gomma carruba), proteine, zuccheri, tannini, acidi organici, lipidi (nei semi).Di tre estratti ottenuti da foglie di tre varietà di Carrubo è stata valutata in vitro la funzione antiossidante col metodo DPPH (di-fenil picrilidrazile) e il contenuto totale in sostanze fenoliche della droga col meto-do Folin-Ciocalteu. Questo nominato è il metodo più comune per calcolare il conte-nuto in fenoli totali in una sostanza. Facen-do reagire i polifenoli con una soluzione di sali di sodio degli acidi tungstico e mo-libdico si formano dei complessi di colore blu: misurando spet-trofotometricamente l’intensità di tale colorazione si risale al contenuto in fenoli. Per i tre estratti, il contenuto in fenoli è risultato nel range tra 0,45 e 2,64 g/L. Per ogni varietà, si è visto che l’estratto in etile acetato è quello rivelan-te la più elevata attività antiossidante rispetto a frazioni in dietil etere e in diclorometano e che la

Il taccuino del formulatore

DI PAOLO POGGI

Una partenza tutta mediterranea, con due segnalazioni sull’attività antiossidante di due tipiche presenze dei nostri ambienti costieri, il Carrubo e l’Origano. E poi una new entry molto speciale nel mondo della cosmesi: l’Albero del Pane, studiato per l’attività antirughe di suoi componenti (se lo avessero saputo sul Bounty...). E ancora, applicazioni tecnologicamente avanzate per l’olio essenziale di Rosa e derivati di varie specie di Cassia

varietà di pianta innestata presenta un maggiore contenuto in sostanze fenoliche rispetto alle piante spontanee.

I test hanno confermato che dalle foglie di Carrubo è

ricavabile un estratto che, in ragione di un elevato contenuto in polifenoli, è in grado di esplicare una mar-cata attività antiossi-dante, antiradicalica e riducente, tanto da poterle ritenere interessante fonte per il recupero di attivi

naturali antiossidanti sfruttabili in cosmesi e farmacosmetica. (1)

■ Funzione antiossidante di un principio attivo dell’OriganoL’ acido protocate-chico è un acido mo-nobasico (acido 3,4-diidrossibenzoico); si ritrova nei frutti del-l’Ilicium religiosum, nei fiori di Karkadè, nell’Equiseto e quale costituente volatile del Cacao. Da tempo è stata riconosciuta la sua marcata atti-

vità antiossidante e antinfiammatoria.

Di un campione di tale acido ottenuto da un

estratto di Origano (Ori-ganum vulgare L.) è stata

verificata la potenziale funzio-nalità antiossidante e antimela-

nogena.La prima è stata confermata verifi-Ceratonia siliqua L.

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Gennaio 2011 ERBORISTERIA DOMANI 33

cando la sua attività antiradicalica, inibente la perossidazio-ne lipidica e sopprimente specie di ossigeno reattive (ROS). La sua funzione inibente la tirosinasi è stata valutata su cellule melanoma B16. (2)

■ Attività antifungina di un olio da PropoliRicordiamo che il Propoli è una sostanza resinosa bottinata dalle api sulle gemme di Pioppo nero (Populus niger L.) e in parte eleborata. Si tratta di un complesso di polifenoli (per lo più flavonoidi e acidi fenolici), olio essenziale e derivati benzoici. A parte le sue note utilizzazioni come integrativo dietetico, di recente il propoli ha incontrato un certo impiego anche in campo cosme-tico in quanto ad esso viene riconosciu-ta un’attività dermopurificante.Da un olio essenziale ricavato da Propoli brasiliano, sono stati isolati per idrodistillazione una serie di oltre 20 componenti, (0,04% del totale dell’olio), tra cui α-pinene e β-pinene come componenti princi-pali (rispettivamente 18,3 e 6,5%), germacrene e δ-cadinene. E’ stata valutata la potenziale attività an-tifungina dell’olio e si è visto che questo è attivo contro la crescita di Cladosporium cladosporoides e di C. sphaerospermum ad una concentra-zione minima (MIC) pari a 5,0 µg, in confronto a due controlli positivi quali nistatina (MIC = 1,0 µg) e mi-conazolo (1,0 µg). (3)

■ Attività antiossidante e antimicrobica della droga del RosolaccioPapaver rhoeas L., il nostro Rosolaccio o Papavero dei campi, è una pianta troppo nota perchè si debba, anche brevemente, descriverlo. La sua droga è caratterizzata, innanzitutto, da vari alcaloidi (readina, rea-genina, proptopina) e poi da antociani, tan-nini, mucillagini, Nei semi si ritrovano lipidi (trigliceridi di acidi grassi tra cui il polinsaturo linoleico). Nella medicina popolare trovava uso come sedativo, antitussivo, diaforetico (cioè so-stanza che procura abbondante sudorazione o traspi-razione cutanea).E’ stato determinato e studiato il contenuto totale in sostanze fenoliche e flavonoidi in particolare, di differenti estratti del-le parti aeree della pianta. Un elevato contenuto in totale di sostanze fenoliche da 9 a 19 mg GAE/g, è stato riscontrato nell’estratto ricavato da petali freschi, nei quali la concen-trazione in flavonoidi è risultata da 8 a 11,5 mgQE/g. Le an-tocianine, note antiossidanti naturali, sono quelle che deter-minano il colore rosso vivo dei petali del fiore della pianta.Alla determinazione col test del DPPH (difenil picrilidra-zile) si è potuto verificare che i vari estratti contenenti il complesso polifenolico esplicano un’attività antiradicalica superiore all’80%. L’estratto etanolico sviluppa anche una significativa attività antimicrobica nei confronti di un lievito (Candida albicans) e di vari ceppi batterici (escluso Bacillus

subtilis).I risultati dello studio starebbero a confermare il potenziale uso di questi estratti da Rosolaccio quali ingredienti attivi a funzione antiossidante e antimicrobica. (4)

■ Anche dalla Ferulago campestris attivi a funzione antiossidante e antifunginaFerulago campestris, della famiglia delle Apiaceae è una pianta che cresce nell’Italia centrale, in terreni aridi, lungo pendii rocciosi. Da noi è nota come Ferula flnocchiazzo, e anche come Finocchiazzo per una sua veramente marcata

somiglianza con il Finocchio selvatico.L’olio essenziale ottenuto dai frutti e dalle

radici di questa pianta è stato analizzato per via GC-FID (Gas chromatography- flame ionization detection) e via GC-MS (Gas chromatography-mass spectrometry) per determinarne la composizione. Quindi col metodo di diffusione su agar si è valutato il suo comportamento antibatterico e anti-fungino e con altri test (del DPPH, dell’ossidazione dell’acido linoleico, ecc.) anche la sua funzionalità an-tiossidante.Per idrodistillazione dei frutti e delle radici si è ottenuta un elevata resa in olio essenziale (da 5,7 al 7%); tale olio trova impiego in campo

alimentare e profumiero. I principali costituenti la frazione eterea sono ri-

sultati essere idrocarburi monoterpenici, in particolare α-pinene (specialmente

nelle radici) e trimetil benzaldeide (sia nei frutti, sia nelle radici).

L’attività antiossidante (IC50

) dell’olio è stata comparata a quella di Trolox e BHT e risultata

pari a 2 mL di olio rispetto a 1 mg di Trolox nel test del DPPH e di 1:1 nel saggio di ossidazione

dell’acido linoleico.Si è potuto verificare che l’olio etereo estratto dalle

radici presenta una più marcata attività antimicro-bica (almeno nei confronti dei ceppi testati) rispetto

a quello estratto dai frutti. In particolare si è potuto ri-levare una sua marcata attività inibente nei confronti di

vari ceppi fungini isolati quali Candida albicans, C, tropi-calis e C. glabrata, con valori MIC (minima concentrazione inibente) variabili da 38 a 78 µg/mL). (5)

■ Estratti da piante inibenti o modulanti la melanogenesiLa pigmentazione della pelle e dei capelli è geneticamente predefinita. Peraltro, essa può essere indotta e regolata da numerosi fattori endogeni e esogeni. Negli umani, il grado di pigmentazione della pelle può dipendere dalla portata più o meno intensa della sintesi della melanina, dalla attività della tirosinasi, dalla distribuzione dei pigmenti melaninici, dal numero di melanociti e dalla loro capacità di trasportare la melanina ai cheratinociti, dalla grandezza dei melanosomi che contengono i grani di melanina. Tutti questi fattori, dun-que, possono influenzare il colore della pelle e dei capelli umani. Il colore individuale della pelle e dei capelli può

Papaver rhoeas L.

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review Il taccuino del formulatore

34 ERBORISTERIA DOMANI Gennaio 2011

inoltre variare in relazione alla quantità di radiazioni UV che ricevono.Sono stati selezionati vari estratti da piante in grado di mo-dulare l’attivazione di Myo-X. Myo-X (Myo sta per Myosin), sono proteine-motore, cioè sostanze che funzionano come attivatori di certe funzioni biologiche, compresa quella del trasferimento della melanina dai melanociti ai cheratinociti (cioè da contenitori, chiamiamoli così, che si trovano in strati più profondi della pelle, ad altri che si trovano invece negli strati superficiali. Quando la melanina arriva qui, si vede e compare la pigmentazione della pelle, appare l’abbronzamento). Questi corpuscoli funzionano pertanto, in un certo qual modo, come regolatori della pigmenta-zione. Quale sostanza naturale in grado di esaltare l’espres-sione o l’attivazione delle Myo-X è stato scelto un estratto ottenuto da semi di Soia (Glycyne soya L.) e quali estratti invece in gra-do di ridurne l’espressione o l’attività sono stati sele-zionati un estratto da semi di Artocarpus heterophyllus (a noi noto come “albero del pane”), un estratto da foglie di Cyathea cumingii, un estratto da semi di Secale cereale (la comune Segale). Sono stati valutati anche altri estratti, come quello da foglie di Buddleja axillaris (Buddleia). Testati in preparati cosme-tici, i vari estratti vegetali sopra citati si è visto che, sia presi singolarmente sia utilizzati in associazione, funzionano come agenti at-tivi modulanti l’espressione o l’attività delle Myo-X e pertanto sono in grado di modulare il grado di pig-mentazione della pelle e dei capelli. (6)Della Passiflora edulis, una delle numerose specie del genere Passiflora, (famiglia delle Passifloraceae), abbiamo già avuto occasione di riferire in una nostra precedente nota (Vedi Erboristeria Domani n. 350, settembre 2010), ricordando l’impiego del suo olio etossilato in shower-gel con funzione reintegrante i lipidi di superficie.In questo studio si riferisce invece dell’effetto che un estrat-to dal frutto della pianta può avere ai fini della inibizione della melanina e come attivante le sintesi del collagene. Nell’estratto del frutto sono presenti flavonoidi, fitosteroli, cumarine.

Il test è stato eseguito su fibroblasti di cellule melanoma umane in coltura. Del frutto sono state preparate tre frazio-ni (estratto etanolico), una ottenuta dalla scorza, una dalla polpa e una dai semi. Si è visto che la concentrazione in polifenoli è maggiore nell’estratto ottenuto dai semi, piutto-sto che dalla polpa o dalla scorza. Tale estratto si è rivelato attivo quale inibente la melanogenesi; inoltre, si è potuto appurare che agisce anche da attivante la sintesi del colla-gene, mentre gli altri due estratti sviluppano un effetto non

rimarchevole.Il principale componente la droga al quale

è da ascrivere tale funzionalità è stato identificato in tetraidrossi-stilbene, de-nominato piceatannolo, presente nel frutto in esame in quantità rilevante.Nel test si è fatta anche un’altra va-lutazione: rimossi i polifenoli dalla sostanza in esame, si visto che entrambe le funzionalità (anti-melanogena e attivante la sinte-si del collagene) cessano. (7) Riferiamo ora della fitochi-mica e della bioattività di estratti ottenuti da foglie e dalla scorza di ramoscelli di Tibouchina semidecandra L. Probabilmente il nome di questa pianta, originaria delle regioni americane tropicali, non dice niente ai più, ma chissà quante volte l’abbiamo vista, trattandosi di una bellissima pianta da vaso, da appartamento, per i suoi grandi e vistosamente colorati fiori (dal rosa intenso al violaceo).

Nell’estratto (con etile aceta-to) ottenuto dalle foglie, sono

stati identificati alcuni composti flavonoidici, tra cui quercetina, il suo glucoside (tre-ramnosio) quercitrina, quercetin- arabino-furanoside e avicularina, mentre nell’estratto dalla scorza dei ramoscelli è stato identificato un ellagitannino (elagitannin-ramnopiranoside). Entrambi gli estratti in toto, così come i citati composti isolati, hanno dimostrato

di possedere attività antiossidante. La quercetina si è rivelato il compo-

sto a maggiore attività antiradicalica (test del DPPH e altri) con valori di

estinzione (SC50

) tra 0,6 e 0,7 µM. Una associazione di quercetina e quercitrina è

stata valutata per verificarne la possibile attività sinergica, peraltro senza rilevare un sostanziale incremento di attività. La quercetina si è visto che è anche in grado di esplicare una marcata attività antitirosinasi, con valore di inibizione del 95% rispetto ad un controllo positivo quale l’acido koji-co. (8)

Secale cereale

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■ Un calcone della Kaempferia ad attività antimelanogenaI calconi sono composti fenolici (flavonoidi), chimicamente chetoni aromatici. In natura sono presenti nella droga di nu-merose piante. Trovano varie utilizzazioni in campo farma-ceutico (anche quali agenti antitumorali). Esplicano attività inibente la sintesi della melanina intervenendo nelle fasi ossidative del processo. Per i loro derivati ossidrilati e poli-ossidrilati, detti idros-sicalconi, è stata dimostrata una marcata attività antiossidante, antiradicalica e antibatterica.Kaempferia pandurata Roxb è una pianta tipica delle regioni del Sud Est asiatico. Appartiene alla famiglia delle Zingiberaceae, cioè la stessa dello Zenzero. L’uso dei suoi estratti è noto da tempo qua-li antinfiammatori e inibenti della MMP.1 (enzima metal-loproteinasi della matrice).E’ stato studiato l’effetto ai fini antimelanogeni di un calcone, la panduratina A, isolata dall’estratto della pianta. Il test in vitro ha rivelato che il componente attivo presenta un valore inibente IC

50 pari a 9,6 µM

verso la melanogenesi Per dare un’idea della capacità antimela-nogena dell’estratto ricorderemo che quello della arbutina, uno tra i più noti depigmentanti, presa come controllo è pari a 990 µM.I risultati del test indicano pertanto che il citato calcone della Kaempferia pandurata è da considerarsi quale efficace inibente la biosin-tesi della melanina e pertanto da aggiungersi alla già vasta gamma dei prodotti indicati per la realizzazio-ne di preparati a funzione schiarente, depigmentante. (9)

■ Dall’Albero del pane attivi antirugheDell’Albero del pane (Artocarpus incisus , sinon. A. hete-rophyllus) si riferisce in uno studio nel quale si è preceduto ai fini di dimostrarne sue potenziali funzionalità biologiche sfruttabili in campo cosmetico.Ben note e riconosciute le proprietà antiossidanti e antime-lanogene dell’estratto di questa pianta, gli A. hanno stavolta operato ai fini di dimostrarne la sua efficacia rivitalizzante su fibroblasti facciali. I test sono stati effettuati su cute (biopsie) sia con rugosità manifesta, sia non rugosa e si è studiato se tale estratto era in grado di promuovere la produ-zione di procollagene-I difendendolo dalla MMP-1 (matrice metallo-proteinasi-1) e di operare sulla riorganizzazione del-le fibre collageniche.Si è potuto verificare che l’estratto, alla concentrazione di 50 µg/mL, aumenta vistosamente (da 3 a 6 volte) la vitalità e proliferazione di fibroblasti su cute rugosa. L’estratto si è visto che attiva anche la sintesi del procollagene-1 sempre su cute con manifesta rugosità. Su fibroblasti di cute non

rugosa, la sintesi del collagene avviene spontaneamente e non è risultata influenzata dal trattamento con l’estratto. Pra-ticamente, si è visto che l’estratto vegetale agisce come un distendente della superficie del substrato, riducendo quindi la profondità e l’estensione del solco provocato dalla ruga.L’attività della MMP-1 è più vistosa su cute rugosa , ma si è visto che l’estratto diminuisce il suo effetto sia su cute rugo-

sa sia su cute liscia.Anche la cute rugosa, in certa misura è

in grado di riorganizzare la struttura fibrosa collagenica, ma tale effica-cia decresce col tempo: l’estratto ne riattiva questa capacità latente.L’estratto di Artocarpus è quindi da considerarsi, a tutti gli effetti, un valido agente naturale da utilizzarsi in preparati cosmetici destinati al trattamento di conte-nimento della rugosità. (10)

■ Il Caffè inibisce la carieIn un precedente studio, gli A. avevano dimostrato che nell’estratto di Caffè (Coffea arabica L.), sia considerato

allo stato verde, sia tostato, sono presenti composti a basso peso molecolare in grado di inibire l’attività dello Streptoco-cus mutans, uno dei microrgani-

smi maggiormente responsabili della formazione della carie den-taria.In questo studio si dimostra in-vece la capacità di composti ad alto peso molecolare del Caffè,

considerati in una concentrazione pari a quella che verrebbe assunta

bevendo un normale caffè, quali inibenti la crescita dello S. mutans. Del quale, oltre che impedirne la deposizione sulla superficie dentaria, ne favorirebbero anche il distacco. Verrebbe quindi impedita la formazione di un microfilm sulla superficie dentaria, microfilm che, trattenendo componenti zuccherini potrebbe favorire la for-mazione di carie.La frazione attiva della droga rivelatisi di maggiore efficacia ai fini antimicrobici è risultata essere quella in toto, mentre la frazione contenente melanoidine e componenti non-me-lanoidinici esplica una più specifica attività antiaderente. Le melanoidine, lo ricordiamo, sono sostanze che si formano per interazione tra i gruppi amminici delle proteine e gruppi degli zuccheri (ad esempio, il gruppo aldeidico) secondo una reazione nota come ‘reazione di Maillard’.La composizione in toto si è rivelata anche in grado di eliminare completamente il biofilm prodotto dal microrga-nismo, mentre minore effetto (circa del 20%) è esplicato a questo fine dalla sola frazione di melanoidi e non-malanoidi. Si potrebbe quindi presumere, da quanto rivelato dal recen-sito studio, un possibile impiego di estratti da Caffè quali attivi in paste dentifrice (in particolare quelle contenenti fluoruri) e collutori. (11)

Coffea arabica L.

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review Il taccuino del formulatore

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molte regioni ove cresce considerata addirittura infestante, della famiglia delle Leguminosae.Dall’endosperma purificato dei suoi semi si ottiene una farina, la quale in soluzione acquosa crea una dispersione gommosa. La gomma è costituita da un polimero, una lunga catena lineare la quale, ogni cinque unità di mannosio lega una unità galattopiranoside. Praticamente il polimero risul-tante è un galattomannano.La farina di Cassia ha trovato impieghi terapeutici nell’antica medicina ayurvedica e nella medicina tradizionale cinese. E’ ben noto, per passare a tempi più recenti, l’impiego di polimeri vegetali e loro derivati (in particolare quaternizzati) in tricocosmesi, con funzione non solo ispessente, ma anche condizionante. Basterebbe, uno per tutti, ricordare il diffuso utilizzo dei derivati della gomma Guar.Anche i derivati quaternizzati (idrossipropil trimonium cloru-ro) dei polimeri della Cassia sono stati valutati e impiegati con successo nella realizzazione di shampoo condizionanti. Tali derivati quaternizzati hanno rivelato di possedere un marcato effetto condizionante già a basse concentrazioni d’uso grazie alla loro sostantività sulla superficie dei capelli, il che ne con-sente una più sostanziosa deposizione e penetrazione. Come a dire che, usando meno ingrediente, si evita il rischio di sovra-deposizione che potrebbe ingenerare pesantezza del capello e perdita di lucentezza della chioma. (14)

■ Estratti vegetali inibenti l’adipogenesiCon un estratto ottenuto da Spirodela polyrhiza, contenen-te alcuni flavonoidi è stato condotto uno studio al fine di verficarne il suo potenziale effetto inibente l’adipogenesi. Ricorderemo che adipogenesi è il processo di differenzia-zione dei preadipociti (simili ai fibroblasti) in adipociti. La

conversione normalmente è regolata da diversi ormoni ed è coordinata da enzimi chiave del metabolismo lipi-

dico. Numerosi principi attivi vegetali (ad esem-pio la genisteina, isoflavone da Soia) si sono

rivelati efficaci ai fini dell’inibizione della adipogenesi

Spirodela polyrhiza è una piccola pianta acquatica (famiglia delle Araceae), che in italiano è nota come ‘lenticchia d’acqua’ in ragione della forma delle sue piccole foglie assai simili, come dimensione e come colore, ad una len-

ticchia.Il test è stato effettuato su cellule 3T3-L.1, che sono state trattate con l’estratto diviso in tre frazioni. La frazione buta-nolica si è visto che esibisce un potente effetto antiadipogenesi diminuendo vi-

stosamente l’espressione di marker tipici quali C/EBPα e PPARy senza, peraltro,

sviluppare effetti secondari tossici. Ricorderemo che 3T3-L1 sono cellule lineari

usate nelle ricerche biologiche sul tessuto adiposo; incre-mentano la sintesi e l’accumulo dei trigliceridi. C/EBPα (Communication enhanced binding protein) è un fattore di trascrizione e PPAR (Peroxisome proliferator-activated recep-tor) è un recettore attivante, funzionale sui geni che stimola-no la produzione di grasso.I flavonoidi isolati dalla frazione butanolica sono stati identificati quali crisoeriolo, apigenina, luteolina, vitexina,

■ Anche estratti di Sommaco proteggono i dentiRhus chinensis Miller, a noi nota come Sommaco cinese, appartenente alla famiglia delle Anacardiaceae, è una pianta assai nota e da immemore tempo utilizzata nella medicina popolare cinese. Alla sua droga si attribuiscono varie at-tività terapeutiche: antidiarroica (in ragione questo delle sue proprietà astringenti), antivirale, antibatterica, e anche antiossidante. Recenti studi hanno riferito dell’impiego di questa droga di test in vitro al fine di verificarne l’efficacia nel combattere il virus HIV-1. La droga della pianta, (la quale è caratterizzata da un ele-vato contenuto in gallotannini, sostanze a marcato potere astringente e a riconosciuta attività antiossidante e antimi-crobica) è in genere quella estratta dalle caratteristiche galle che si formano sulle foglie. Tale droga si è anche rivelata, in recenti test in vitro, in grado di inibire la demineralizzazione dei denti anzi, allorché impiegata in associazione a derivati fluorurati, di esplicare una marcata attività sinergica ai fini remineralizzanti. (12)

■ Olio essenziale di Rose incorporato in liposomiE’ stato condotto uno studio atto a verificare se sia possibile applicare un processo a CO

2 supercritico al fine di riuscire

ad incorporare un olio essenziale di Rosa in liposomi. Per rapida espansione della soluzione supercritica dei materiali lipidici e dell’olio essenziale entro una soluzione di ten-sioattivo, si forma una incapsulazione liposomale dell’olio essenziale. In questo processo, il tensioattivo funziona da stabilizzante dei liposomi, prevenendone la flocculazione e l’agglomerazione possibili a verificarsi per collisione delle particelle durante il processo di nebulizzazione. Il risultato della incapsulazione e la distribu-zione della grandezza delle particelle liposomali possono essere controllati variando opportunamente le condizio-ni di operazione.Tramite analisi DSC (Differential scanning calorimetry) sulla morfo-logia e grandezza delle particelle, si è potuto appurare che i liposomi conglobanti l’olio essenziale sono costituiti da vescicole a doppio strato di dimensioni inferiori a 100 nm. In confronto a liposomi preparati col tradizionale sistema di dispersione a strato sottile, i liposomi formatisi col sistema su-percritico presentano una maggio-re efficacia di incapsulazione, una più ridotta dimensione delle parti-celle risultanti e una loro più uniforme conformazione.I risultati del test confermerebbero che il processo supercri-tico facilita lo svolgimento di una operazione più facilmente controllabile nella realizzazione di sistemi liposomali incor-poranti componenti da derivati naturali sensibili al riscalda-mento. (13)

■ Dalla Cassia polimeri condizionantiCassia tora (sin: Cassia obtusifolia) è una pianta tropicale, in

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orientina e un luteolin-glucoside. Studi sull’effetto inibente l’adipogenesi e l’accumulo di trigliceridi intercellulari ha ri-velato che la vitexina e l’orientina sono i due flavonoidi che esplicano l‘attività più pronunciata. (15)

■ L’angolino delle algheE’ stato determinato e studiato il comportamento del conte-nuto in polisaccaridi e proteine isolati per successive estra-zioni con acqua da un’alga rossa, Tichocerpus crinitus sia appena raccolta, sia dopo essiccazione. Dall’alga fresca si è ottenuto un contenuto in polisaccaridi superiore al 40%, sceso a circa il 25% per il tipo essiccato, il che ha confermato che il contenuto attivo algale diminui-sce col tempo di stoccaggio. Si è visto che col tempo dimi-nuisce anche il peso molecolare dei polisaccaridi estratti, che si sono rivelati essere carraghenani.Le proteine identificate nell’estratto ottenuto ammontavano a circa il 20% in peso, e si è visto che erano fortemente legate ai carraghenani. E’ stata pure identificata la composizione in aminoacidi della frazione proteica legata ai polisaccaridi isolati a 20 e 80°C; in preponderanza sono stati rivelati seri-na, acido glutammico, glicina e alanina. (16) Cladelia irsuta non è propriamente un’alga, ma un corallo, molle senza sostegno scheletrico, a forma vistosa tubolare con specie di tentacoli terminali. Si ritrova in particolare nel Mar Rosso e in vaste zone dell’Oceano Pacifico.Uno studio ha consentito di identificare in questo inverte-

brato una nuova serie di diterpenoidi (eunicelline),la cui struttura è stata identificata per via spettroscopica. Con vari test è stato possibile verificare la marcata attivi-tà antinfiammatoria di queste eunicelline, che inibiscono l’espressione di iNOS protein e sono in grado di ridurre il livello di COX-2 protein. Ricorderemo che iNOS (inducibile nitric oxide synthase) e COX-2 (cyclooxigenase-2 protein) sono fattori biologici correlati allo sviluppo di manifestazio-ni infiammatorie. Esistono estratti di piante (Ilex purpurea, Butea frondosa, Ligusticum lucidum e altre) che possono inibire l’attività di questi due fattori e quindi ridurre e anche eliminare fenomeni irritativi cutanei. Anche l’alga in oggetto è quindi da annoverare nella lista di questi derivati naturali inibenti lo sviluppo di sostanze pre-infiammatorie. (17) I Nudibranchi sono creature marine appartenenti al sottordi-ne Opisthobranche dei molluschi. Spesso sono visibili in ac-quari in ragione del loro splendido apparire: forma variegata e vistosi colori. Un estratto di un Pseudoalteromonas isolato da un nudibranco raccolto nei mari hawaiani si è visto che è in grado di sviluppare una marcata attività antimicrobica nel confronto di un batterio (Staphylococcus aureus) resistente alla meticillina. Nell’estratto sono stati identificati due nuovi composti bromurati (tetrabromobenzolfurol-pirrolo e tetra-bromobifenolo), oltre ad altri già noti, come bromofene. Si ritiene che la elevata capacità antimicrobica sia da attribuire proprio a questi derivati bromurati che, sicuramente agisco-no in sinergia. (18) ■

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Le radici dell’uomoPer una storia naturale della Mandragora

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storia

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DI GIANLUCA TORO

La Mandragora, con la sua radice antropomorfa, ha accompagnato per millenni cultura, tradizione e letteratura, a partire dall’episodio biblico di Rachel.La forma stessa della radice, ma anche le sue conosciute proprietà psicotrope la resero tra le piante più famose della storia

La Mandragora appartiene alla famiglia delle Solanaceae, dal lati-no solamen, “sollievo”, perché in

passato alcune specie si usavano per alleviare il dolore. Comprende circa 90 generi e oltre 2.300 specie erbacee e arbustive distribuite nelle regioni tem-perate e tropicali di entrambi gli emi-sferi, molte delle quali originarie delle Americhe (Schultes & Hofmann 1983; Toro 2005).Le Solanaceae sono impiegate in tutto il mondo come cibo, spezie, generi vo-luttuari, piante ornamentali, medicine (particolarmente in fitoterapia), fonti di alcaloidi, allucinogeni, afrodisiaci, piante magiche, amuleti e talismani.

Dal punto di vista economico rappre-sentano importanti fonti alimentari, come la patata (Solanum tuberosum L.), il pomodoro (Lycopersicon esculentum Mill.), il Peperone (Capsicum annuum L.) e la Melanzana (Solanum melanoge-na), oltre ad altre specie meno diffuse che producono frutti commestibili. Nu-merose specie hanno proprietà tossiche e psicoattive, formando il gruppo più numeroso tra gli allucinogeni vegetali. Citiamo la Belladonna (Atropa bella-donna L.), la Datura (Datura spp.), il Giusquiamo (Hyoscyamus spp.) e il Tabacco (Nicotiana spp.). Sono state utilizzate fin dai tempi preistorici, e ancora oggigiorno, in diversi contesti

Famiglia - SolanaceaeNome botanico - Mandragora officinarum L. Sinonimi - Atropa acaulis L., Atropa mandragora L., Mandragora officinalis Bert., Man-dragora haussknechtii Heldr., Mandragora hybrida Hausskn. et Heldr., Mandragora hi-spanica Vier., Mandragora mas Gers., Mandragora neglecta G. Don, Mandragora praecox Sweet, Mandragora vernalis Bert.Nomi comuni - Mandragora maschio, Mandragora primaverileLe specie di Mandragora conosciute sono sei, morfologicamente piuttosto simili tra loro e originarie delle zone dal Mediterraneo orientale all’Himalaya. Si tratta di Mandragora autumnalis Spreng., Mandragora caulescens C.B. Clarke, Mandragora chingaiensis Kuang et A.M. Lu, Mandragora officinarum L., Mandragora shebbearei Fisch. e Mandragora turco-manica Mizg. La specie più nota e studiata è sicuramente Mandragora officinarum L., di seguito descritta (Schultes & Hofmann 1983; Müller-Ebeling & Rätsch 2004). Descrizione - pianta erbacea perenne praticamente senza stelo; radice carnosa più o meno ramificata lunga fino a 60 cm; foglie in gran parte radicali, increspate, ovali od ovali-oblunghe, intere o alquanto sinuose-dentellate, le inferiori ottuse, le superiori spesso acute o acuminate, glabre o minutamente pubescenti lunghe 15 - 25 cm; fiori brevi-peduncolati, solitari, viola pallido o bianchi, peduncoli lunghi come il calice o più, calice foglioso, pentamero, lobi lanceolati, corolla campanulata, pentamera per metà lunghezza, lobi larghi, sovrapposti, seni induplicati fra i lobi, bluastri o verde-bianca-stri; frutto come bacca globosa, gialla, succulenta e profumata con diametro di circa 3 cm; semi arrotondati, scuri, lunghi circa 4 mm. Fioritura - Da marzo a maggio. Habitat - Boschi di latifoglie (0 - 800 m). Originaria delle regioni mediterranee, si trova generalmente in Sud Europa, ma anche in Nord Africa, Asia Minore ed estremo Oriente. Attualmente piuttosto rara.

Il profilo botanico

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storia Le radici dell’uomo (parte prima)

rituali tradizionali come mezzi di note-vole potenza per entrare in contatto con il mondo spirituale e soprannaturale e per divinare e curare (Festi 1995; Sa-morini 1995).Tra le Solanaceae la Mandragora è la pianta che forse, più di qualsiasi altra, ha ispirato credenze, leggende, tradizioni e usi tra i più diversi, come specie psicoattiva, afrodisiaca, nella

magia dell’amore e in altri ambiti della magia e in medicina. Per il fatto che la radice ha una forma che ricorderebbe quella umana, le si attribuiva un gran-de potere magico in grado di assicurare protezione, fortuna, ricchezza e fertilità alle persone (Müller-Ebeling & Rätsch 2004).

■ NEL MONDO ANTICOLa Mandragora ha trovato vasto im-piego in medicina fin dall’antichità, soprattutto nel mondo greco e latino, in diversi preparati e a tal punto da essere considerata quasi una panacea. In un bestiario del XII secolo si dice che la Mandragora poteva “curare ogni male, tranne la morte” e proprio come panacea era venduta, ancora nel 1925, nella città di Londra (Pierini 1999; Ru-dgley 2000). Gli usi attestati sono come abortivo, contro afasia e affanno, come anestetico, contro ansia, artrite, ascessi, avvelenamenti, cefalgia, complicazioni del parto, crampi, depressione, disturbi mestruali, perdite, dolori in genere, dolori articolari, dolori ossei, emicra-nia, emorroidi, epilessia, erisipela, febbre quartana, ferite, gonfiori delle ghiandole, gotta, impotenza, induri-menti, infezioni a denti e gengive, in-

fiammazioni (soprattutto di occhi, pelle e utero), insonnia, isteria, languore, mal di denti, mal di fegato, mal di milza, mal di stomaco, mal di testa, malattie oculari e della pelle, melanconia e mor-si di serpenti, come narcotico, contro nevralgie, ossessioni e paralisi, per la ricrescita dei capelli, contro scrofola, spasmi, sterilità, tendenze suicide, te-tano, torcicollo, tosse convulsiva, tuber-coli, tumori, ulcera e vermi. La stessa forma umana della radice si pensava potesse magicamente contribuire ad aumentare il potere curativo (Tercinet 1950; Eliade 1990; Müller-Ebeling & Rätsch 2004).

■ La Mandragora in cuneiformeI Sumeri impiegavano la radice, le foglie, i semi e il succo come antidolo-rifico, contro il mal di denti, il mal di stomaco e – spalmata - per alleviare i dolori del parto, e come purgante ad-dizionata a bevande fermentate simili alla birra (Manniche 1989, 1999). Gli Assiri usavano la Mandragora per combattere i dolori e come narcotico e addizionavano la radice polverizza-ta alle bevande fermentate contro il mal di denti, i disturbi di stomaco, le

La mandragora ha accompagnato per millenni cultura, tradizione e

letteratura, a partire dall’episodio biblico di Rachel – la moglie più amata - che cede il marito per una notte alla sorella Leah, per un pugno di preziosa madragora.

Bereshit (Gen) 30,14-24

14. Al tempo della mietitura del grano, Reuben uscì e trovò mandragore, che portò alla madre, Lia. Rachele disse a Lia: “Dammi un po’ delle mandragore di tuo figlio”. 15. Ma Lia rispose: “È forse poco che tu mi abbia portato via il marito, perché voglia portare via anche le mandragore di mio figlio?”. Riprese Rachele: “Ebbene si corichi pure con te questa notte, in cambio delle mandragore di tuo figlio”. 16. Alla sera, quando Giacobbe arrivò dalla campagna, Lia gli uscì incontro e gli disse: “Da me devi venire, perché io ho pagato il diritto di

averti con le mandragore di mio figlio”. Così egli si coricò con lei quella notte. 17. Il Signore esaudì Lia, la quale concepì e partorì a Giacobbe un quinto figlio. 18. Lia disse: “Dio mi ha dato il mio salario, per avere io dato la mia schiava a mio marito”. Perciò lo chiamò Issacar. 19. Lia concepì e partorì ancora un sesto figlio a Giacobbe. 20. Lia disse: “Dio mi ha fatto un bel regalo: questa volta mio marito mi preferirà, perché gli ho partorito sei figli”. Perciò lo chiamò Zabulon. 21. In seguito partorì una figlia e la chiamò Dina. 22. Dio si ricordò anche di Rachele. Dio la esaudì e la rese feconda. 23. Essa concepì e partorì un figlio e disse: “Dio ha tolto il mio disonore”. 24. E lo chiamò Giuseppe dicendo: “Il Signore mi aggiunga un altro figlio!”.

Dalla Sacra Bibbia, versione a cura della CEI

Nel destino di Rachel

Frutti di Mandragora officinarum, dalle caratteristiche tipiche delle Solanecee

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emorroidi e le complicazioni del parto (Müller-Ebeling & Rätsch 2004). Ritroviamo la Mandra-gora anche nella farmacopea babilonese e persiana (Rahner 1971; Escohotado 1998).Nell’antico Libro della medi-cina si afferma che la Man-dragora è efficace contro le malattie degli occhi, della gola, polmonari e dello stomaco, i dolori di nervi e contro la febbre, mentre in una miscellanea siriaca, per combattere l’insonnia si prescrive di bagnare la Mandragora con aceto forte e di porla sul volto del paziente (Eliade 1990).

■ La Mandragora dei papiri Nell’antico Egitto l’uso medicina-le della Mandragora, soprattutto come sedativo, era noto fin dall’inizio del Nuovo Regno (1560 - 1075 a.C.) ed era basato su fonti più antiche. La radice, in acqua o vino, si usava come aneste-tico, antidolorifico, narcotico e per le malattie mentali, le foglie si impiega-vano contro le ulcere o in unguenti rin-frescanti, mentre si riteneva che i frutti inducessero il sonno (Manniche 1989, 1999; Müller-Ebeling & Rätsch 2004). Nel Papyrus Ebers (1600 a.C.), la più antica raccolta di ricette a uso medico pervenutaci, la Mandragora è citata in diverse ricette ed è identificata come “Mandragora di Elefantina”, dal nome di un’isola sul Nilo dove si credeva cre-scesse la qualità migliore. Le indica-zioni sono contro i dolori in genere e in particolare quelli ossei e quelli causati dai demoni, infiammazioni e altre affe-zioni della pelle, malattie della lingua, vermi e “indurimento delle membra”. In una di queste ricette la Mandragora è addizionata a vino, latte, miele ed “erbe di campo”.La Mandragora è citata in alcune ricet-te del Papiro magico di Leida (III seco-lo d.C.) come componente di preparati a effetto narcotico:

Un altro [rimedio] quando vuoi fare dormire una persona per due giorni: radice di Mandragora, 1 oncia; liqui-rizia, 1 oncia; giusquiamo, 1 oncia; edera, 1 oncia; trita insieme in 1/2 li-tro di vino. Quando lo vuoi preparare bene, unisci i quattro ingredienti uno

per volta in 1 misura di vino e mesco-lali dalla mattina fino alla sera; poi filtrali e dà da bere; è ottimo.Un medicamento per fare dormire una persona, ottimo: semi di mela, 1 statere e 1 dracma; radice di Man-dragora, 4 dracme; edera, 4 dracme; triturale insieme; aggiungi 15 misure di vino; mettilo in un contenitore di vetro e conservalo. Quando vuoi dar-lo, prendine un po’ e mettilo in una coppa di vino; poi dallo alla persona.

Anche la birra alla Mandragora de-gli stessi antichi Egizi poteva essere utilizzata come medicina e per il suo effetto narcotico, come risulta da alcuni papiri (Rätsch 1996; Müller-Ebeling & Rätsch 2004). Nell’antico Egitto la birra alla Mandragora era una bevanda inebriante nota come sdr.t, “bevanda del sonno”. La si beveva durante la festa di Hathor, dea dell’amore e della danza, festa istituita da Ra, dio del Sole (Helck 1971). In un racconto mitico dell’antica letteratura religiosa egizia, noto come Distruzione e salvataggio del genere umano, è riportata l’origine del-l’utilizzo della birra alla Mandragora. Ra vuole punire gli uomini perché non lo venerano e allo scopo invia Hathor a ucciderli, ma successivamente cambia idea e deve fermare Hathor. Ordina allora che sia preparata una birra alla Mandragora da versare sui campi.

Hathor la beve e “non riconobbe gli uomini”. Questo mito non rappresenta solo l’origine di un utilizzo culturale della Mandragora, è anche la storia di una seconda nascita dell’umanità resa possibile dal potere della bevanda alla Mandragora (Samorini 1995). La birra alla Mandragora compare in un’altra leggenda egizia: qui si narra che frutti di Mandragora furono portati dalla Nubia ai templi e ai palazzi reali egizi, dove una dea preparò una birra. Dopo averla bevuta, gli occhi le luccicavano e si trovò così inebriata che fu vista fino a dopo tramonto. Testi egizi più tardi riferiscono ancora dell’uso della Mandragora in medicina, per esempio in una compilazione di un monastero sul Tigri (Manniche 1999). Si tratta di un’opera copiata da un mo-naco del XII secolo, l’autore originale della maggior parte del testo si basava su testi dell’antichità classica, ma il monaco copiò anche prescrizioni origi-nali egizie. Si riferisce che la Mandra-gora attenua i sensi, allevia il dolore e addormenta. Si prescrive con prudenza perché può causare danni con la sua freddezza, spegnendo il calore naturale delle membra. Si citano le foglie in impiastro di farina d’orzo e olio di rose per raffreddare lo stomaco infiammato, oppure macerate in aceto da applicare sul viso contro l’insonnia, e i semi in miscela contro “paura e depressione”.

Plinio il Vecchio cita l’estratto acquoso della radice di Mandragora per la cura di dolori articolari e malattie della pelle (nell’immagine sfoglio di una edizione medioevale della Historia naturalis - prima parte del XII secolo, Abbazia di Saint Vincent, Le Mans, Francia).

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storia Le radici dell’uomo (parte prima)

Dioscoride, il medico e naturalista che seguì l’esercito di Nerone nel

I secolo d.C. cita la Mandragora nel De materia medica. Nel brano che riportia-mo la Mandragora femmina (nera) sa-rebbe Mandragora autumnalis Spreng., mentre la Mandragora maschio (bianca) corrisponderebbe a Mandragora offici-narum L. La specie denominata morion non è stata precisamente identificata (Müller-Ebeling & Rätsch 2004).

“ Ne esiste una femmina, nera, chiama-ta thridakia, con foglie più strette e più piccole di quelle della lattuga, di odore fetido e forte, allargate per terra, e tra esse produce certi pomi simili a quel-li del sorbo, gialli, profumati, in cui è contenuto un seme simile a quello della pera. Ha due o tre radici, di buone di-mensioni, unite tra loro, nere in super-ficie, bianche all’interno, con corteccia spessa. Non produce fusto. L’altra, che alcuni hanno chiamato mo-rion, è maschio e bianca. Le foglie sono bianche, grandi, larghe, lisce, come quelle della bietola. I pomi sono grandi il doppio, color zafferano, con un certo odore pesante, che i pastori sono soliti

mangiare e restano un tanto addormen-tati. La radice è simile a quella prece-dente, anche se più grande e più bian-ca, ed è anche senza fusto. Dalla corteccia della radice, verde, tri-turata a pressata, si estrae il succo. Si dovrà conservarlo in un recipiente di ter-racotta, dopo averlo ispessito al sole. Il succo si ottiene anche dai pomi, allo stesso modo, anche se è più debole. La corteccia della radice, pulita e trapas-sata con un filo di lino, si appende per conservarla. Alcuni cuociono le radici in vino fino a che rimanga la terza parte, e una volta filtrato il liquido, lo conserva-no, del quale danno 1 ciato a quelli che soffrono di insonnia, che hanno molti dolori e a quelli che si vuole tagliare o cauterizzare, per anestetizzarli.Il succo bevuto, in peso di 2 oboli, con miele, purga dall’alto la flemma e la bile, come l’elleboro. Se si beve in quan-tità maggiore, toglie la vita. Si mescola anche in farmaci oftalmici e in rimedi analgesici e in preparati emol-lienti. Applicato per sé solo, approssi-mativamente 1/2 obolo, attira le me-struazioni e i feti. Messo nell’ano, come

supposta, produce sonno […]. Le foglie tenere, applicate come cataplasma con polenta, sono convenienti contro le in-fiammazioni degli occhi e le stesse delle ferite. Risolvono tutti gli indurimenti, ascessi, scrofole, tumori della pelle e, se si sfrega soavemente con esse, per cinque a sei giorni, fanno scomparire le voglie senza lasciare ferite. Le foglie poste in salamoia si conservano per lo stesso uso. La radice, triturata con aceto, cura l’erisipela; con miele od olio, è efficace contro i morsi dei serpenti; con acqua, risolve le scrofole e i tumori della pelle e, con polenta, calma i dolori delle ar-ticolazioni. Con la corteccia della radi-ce si prepara anche, senza cottura, un vino: si devono porre 3 mine di corteccia in 1 metrete di vino dolce e se ne de-vono somministrare 3 ciati a quelli che devono essere tagliati o cauterizzati, secondo quanto detto sopra, poiché non sentono dolore, per essere trasportati [nel sonno]. I pomi mangiati e odorati addormenta-no e anche il loro succo. Se si mangiano in grande quantità, producono afonia. Il seme dei pomi, bevuto, purga l’utero. Applicato con zolfo vivo, ristagna il flus-so delle mestruazioni. Una volta taglia-ta la radice attorno a modo di cupola e raccolto quello che distilla nella cavità, si estrae il succo. Il succo spremuto è più efficace di quello estratto in questo modo. Le radici non producono succo in ogni luogo. L’esperienza lo dimostraAlcuni dicono che c’è un’altra man-dragora, morion, che cresce in luoghi ombrosi e cavernosi, questa ha le foglie simili a quelle della mandragora bianca, anche se più piccole, come un palmo, bianche, attorno alla radice, la quale è tenera e bianca, un po’ più grande di un palmo, dello spessore di un dito pollice […]. La usano anche i medici, quando devono tagliare o cauterizzare. Dicono che la radice, bevuta con il solano chia-mato manikon, sia un antidoto”.

Dioscoride, il medico

A fianco: l’illustrazione delle Mandragore nello storico commentario cinquecentesco di Mattioli al De Materia Medica di Dioscoride

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■ Sotto il Partenone si beve la Mandragora Nell’antica Grecia la Mandragora era il simbolo dell’arte medica e della far-macologia. In particolare l’uso come anestetico e narcotico era molto diffuso, non solo in Grecia ma in tutto il mondo antico, a tal punto che le persone inton-tite, assonnate, dormiglione e accidiose erano dette “bevitrici di Mandragora”. Demostene (384 - 322 a.C.) nella IV Filippica definisce gli Ateniesi come persone che hanno bevuto la Mandra-gora, e Luciano di Samosata (ca 120 - 180 d.C.) nel Timone parla dei mer-canti che sonnecchiano senza curarsi degli affari, come se avessero bevuto anch’essi la Mandragora. Questo modo di dire perdurò fino ai tempi dell’Im-peratore Giuliano (331 - 363 d.C.) il quale, in una lettera a Callissena, sa-cerdotessa del culto di Demetra, parla di “bere la Mandragora” per indicare ottusità di intelligenza, oltre a riferirsi probabilmente anche all’effetto afrodi-siaco (Vaccari 1955; Cattabiani 1996; Rudgley 2000; Müller-Ebeling & Rät-sch 2004).Nel Corpus hippocraticum, raccolta delle opere attribuite a Ippocrate (460 - 377 a.C.), la radice di Mandragora è citata come anestetico e narcotico (per esempio prima degli interventi chirur-gici), contro crampi violenti, fistole, epatite, febbre, saturazione della bile, problemi di flusso, affanno, melanconia e depressione e per provocare le me-struazioni. In particolare, in De locis in homine leggiamo:

Alle persone malate e tristi che vo-gliono uccidersi basta somministrare al mattino un infuso di radice di Mandragora, in dose minore di quel-la necessaria a causare il sonno.

Senofonte (ca 430 - ca 354 a.C.) nel Symposion scrive con le parole di So-crate che “la Mandragora calma l’uo-mo”, mentre Aristotele (384 - 322 a.C.) nel De somno la cita tra gli ipnotici, insieme al succo d’oppio (lattice del pa-pavero sonnifero, Papaver somniferum L.), al loglio inebriante (Lolium temu-lentum L.) e al vino, e come narcotico. Teofrasto (371 - 287 a.C.) nell’Historia plantarum scrive:

Si dice che le radici, i frutti e il succo di alcune piante sono utilizzabili, come della panacea; di altre la radice e il succo, come dello scammonio, la violetta […] e altre, come per esem-

pio della Mandragora. Le sue foglie, così dicono, quando si mescolano insieme a farina, sono buone per le ferite, la sua radice è buona per l’eri-sipela, quando si scorteccia e si met-te in aceto, e ugualmente per la gotta, l’insonnia […]. Si dà in vino o aceto; da questa si tagliano delle pallottoli-ne […], e si legano su un nastro e si appendono al fumo sopra il mosto.

Rufo di Efeso (I secolo d.C.) la consi-glia per lenire i dolori a reni e vescica e parla di un decotto di radice di Man-dragora con papavero sonnifero e altri ingredienti. Plutarco (50 - 125 d.C.) in Moralia dimostra di essere a conoscen-

za della proprietà ipnotica della pianta e riporta come dose efficace quella di 2 oboli. Nel Codex vindobonensis medicus grae-cus (ca 512 d.C.) sono riportate due illustrazioni relative alla Mandragora. Nella prima è rappresentata la bottega di un artista che sta riproducendo sul-la tela la figura della pianta tenuta in mano da Epinoia, personificazione del-l’intelligenza, alla presenza di Diosco-ride. Nella seconda la dea Euresi, dea dell’ispirazione, della scoperta e della scienza, è nell’atto di porgere a Diosco-ride una radice di Mandragora. Ai piedi di Euresi si trova un cane, sacrificato per l’estrazione della pianta.

Plinio Il Vecchio (23 - 79 d.C.) in Historia naturalis riporta quanto segue:

Gli antichi si servivano anche della mandra-gora che, in seguito, è stata messa da parte nella cura di queste malattie. È certo co-munque che la sua radice, tritata e unita ad olio di rose e vino, cura le lacrimazioni e il dolore agli occhi: infatti il suo succo viene mescolato a molti medicamenti per gli oc-chi. […]. Ve ne sono di due varietà: quella bianca, che è anche ritenuta il maschio, e quella nera, considerata il tipo femmina; ha le foglie più strette di quelle della lattuga, il gambo peloso, le radici (che sono due o tre per ciascuna pianta) rossicce, e bian-che internamente, carnose e tenere, lunghe quasi un cubito. Produce frutti della gran-dezza delle nocciole, e il seme ivi contenu-to è come quello delle pere […]. Le foglie di questa varietà sono bianche, più larghe delle foglie dell’altra, simili a quelle del la-pato coltivato […]. Il succo si ricava sia dai frutti sia dal gambo, dopo che si è ta-gliata la cima, sia dalla radice, aperta pra-

ticandovi dei forellini o fatta cuocere. Quest’ultima è utilizzabile anche nel-la sua par-te legnosa; inoltre la si conserva nel vino tagliata a dischetti. Il succo non si trova dapper-

tutto; comunque, là dove è possibile, lo si raccoglie nel pe-riodo della vendem-mia. Il suo odore è forte, ma è più forte l’odore che emana dalla radice e dal frutto del tipo bian-co. I frutti maturi si fanno essiccare all’ombra. Il succo che ne esce si fa condensare al sole, come pure quello della radice pestata o cotta nel vino nero fino a ridurla a 1/3. Le foglie vengono conservate in salamoia e ciò ne aumenta l’efficacia; di-versamente, il succo delle piante fresche è come un veleno; e anche con questo siste-ma di conservazione le sostanze dannose producono pesantezza di testa persino solo attraverso l’olfatto. Benché in alcune zone si mangino i frutti di questa pianta, coloro che non ne sono informati perdono la paro-la a causa dell’odore troppo forte; arrivano anche a morire se ne prendono una quanti-tà maggiore in pozione. Il potere soporifero di quest’erba è in rapporto alla robustezza fisica di coloro che la bevono: la quantità media di una pozione è di 1 solo ciato. Vie-ne bevuta anche contro i serpenti e prima di tagli e cauterizzazioni, come anestetico: per questo uso è sufficiente ad alcuni odo-rarla per addormentarsi. La si beve anche in sostituzione dell’elleboro, nel vino melato, in dose di 2 oboli (ma è più efficace l’el-leboro), per procurare il vomito e per fare espellere la bile nera.

Maschio e femmina, secondo Plinio

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storia Le radici dell’uomo (parte prima)

■ La Mandragora latinaPassando al mondo latino, Celso (ca 25 a.C. - ca 50 d.C.) nel De medicina annovera tra i sonniferi blandi l’oppio e tra quelli forti la Mandragora e i semi di giusquiamo, affermando che i frutti di Mandragora sono un rimedio per dormi-re, se messi sotto il cuscino, e contro la melanconia, se messi sotto le orecchie. L’autore riporta inoltre che la radice si usa contro il muco e il decotto contro il mal di denti e per i disturbi degli occhi, mentre per i disturbi del sonno consi-glia la Mandragora con oppio e semi di giusquiamo in vino, oltre al fatto che la Mandragora cura casi di mania e de-menza. Egli propone una ricetta a base di Mandragora contro afasia, mal di testa, ulcere, dolore di membra, fegato e milza, infiammazioni dell’utero e isteria femminile. Ancora, Musa (I secolo a.C. - I secolo d.C.) cita una panacea a base di Mandragora e semi di giusquiamo.È Plinio Il Vecchio ad affermare che l’estratto acquoso della radice di Man-dragora si usa contro i dolori articolari, malattie della pelle, ulcere e come cal-mante dei disturbi mestruali.

Un altro autore che era a conoscenza dell’effetto antidolorifico della Mandra-gora era Sereno Sammonico (I secolo d.C.) nel De medicina praecepta cele-berrima, mentre Areteo nel De causis et signis morborum chronicorum riporta che è usata come anestetico in opera-zioni chirurgiche. Galeno (II secolo d.C.) nell’Ars medica sostiene che le proprietà medicinali della pianta si concentrano nella radice e nei frutti. Nonostante la Mandragora sia una pianta fredda che non bisogna avvicinare al fuoco, altrimenti perde-rebbe il suo potere, si usa per com-battere il freddo. Però i frutti, essendo caldi e umidi, hanno il potere di fare dormire. Si usa contro i dolori, le ferite e l’eccesso di bile nera (melanconia) ma non per la pleurite. A certe dosi stordisce, in quantità più elevate può uccidere, per cui l’autore consiglia di impiegare altri rimedi. Galeno riporta inoltre una ricetta contro i dolori a base di radice di Mandragora e semi di giu-squiamo. Eliano (ca 170 - 240 d.C.) nel De Natu-ra animalium scrive:

QUANDO LA INCONTRARONO GLI ARABI

Il musulmano Ibn Sina, Avicenna, (980 - 1037 d.C.)

nel suo Canone di Medicina Kitab al-Qanun fi al-tibb afferma che i pastori utilizzano la pianta (lett.: la lanterna, lucciola del demonio) per indurre il sonno. Ibn al-Baytar (XII - XIII secolo), medico e botanico, figura illustre dell’al-Andalus musulmana, nel Dizionario dei medicamenti e nutrimenti semplici la consiglia per crampi, zoppia, paralisi, elefantiasi, tic nervosi, convulsioni, perdita della memoria, alienazione mentale ed epilessia. Protegge dalle disavventure, compresi furti e assassini, oltre che dalle malattie causate dai demoni e da Satana.

La impiegano [la Mandragora], si dice, per molte cose utili, e tra que-ste si dice per curare i sofferenti di epilessia come anche le malattie degli occhi.

Serapione (prima metà II secolo d.C.) in Sulle terapie consigliava la Mandra-gora per ridurre la sensibilità al dolore durante le operazioni chirurgiche, Filostrato (II - III secolo d.C.) nella Vita di Apollonio di Tiana mette in evi-denza il potere soporifico della pianta e lo Pseudo Apuleio (IV secolo d.C.) nell’Herbarium raccomandava, a chi doveva sottoporsi all’amputazione di un membro o ad una cauterizzazione, di prendere mezza oncia di Mandragora in vino, in modo da addormentarsi profon-damente e non sentire alcun dolore. Lo Pseudo Dioscoride (tarda antichità) nel De herbis femininis la consigliava nelle operazioni chirurgiche. Marcello Empirico (V secolo d.C.) nel De medicina riporta che la pianta in pozione allontana il mal di stomaco, la nausea e le inquietudini dell’anima, Aezio (V - VI secolo d.C.) nella Raccol-ta di opinioni ne evidenzia il potere so-porifero e Alessandro di Tralles (ca 527 - ca 565 d.C.) nel Therapeutika la con-siglia per espellere i calcoli. Dioscoride Longobardo (VI secolo d.C.) cita la Mandragora come narcotico, dicendo che è usata dai chirurghi orientali e che può indurre follia.Isidoro di Siviglia (VI - VII secolo d.C.) nelle Ethymologiae scrive:

[…] la sua corteccia mescolata al vino si dà a bere a chi deve subire un’operazione chirurgica, affinché, assopitisi profondamente, non pati-scano dolore alcuno.

Questa pratica sarà poi comune in tutto il mondo medievale (Rahner 1971; Cat-tabiani 1996).Anche Paolo d’Egina (625 - 690 d.C.) nel Trattato di medicina rimarca l’effet-to narcotico della pianta. ■

Questa rassegna storica sulla Mandra-gora prosegue su un prossimo numero, corredata anche dalla bibliografia inte-grale dei lavori citati.* [email protected]

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recensioni

■ Nella terra dei masciari.Uso delle piante nelle tradizioni e nei rituali della lucaniaQuesto libro è il frutto di un’ampia ed appro-fondita ricerca che ha il pregio di toccare numerosi punti dall’antro-pologia culturale alla bota-nica, alla scoperta delle antiche tradizioni della Basilicata. Si tratta di un lavoro svolto tanto tra i testi (puntualmente riportati nelle note bibliografiche), quanto sul campo, attraverso il contatto diretto con la gente della Lucania che ancora conserva le tracce preziose di una cul-tura orale tramandata dalle generazioni passate. La lettura si snoda in modo sempre scorrevole, lungo il percorso della vita umana, attraverso le sue tappe più importanti, gli episodi cruciali, le ricor-renze religiose, così come si svolgeva nei tempi passati nelle campagne della Lucania.Questo libro si può acquistare soltanto nelle librerie Feltrinelli oppure nei siti web www.ilmiolibro.it oppure www.lafeltrinelli.it

■ Etruschi, il privilegiodella bellezzaAboca Edizioni presenta il libro Etru-schi, il privilegio della Bellezza: un vero e proprio viaggio dei sensi quello da percorrere lungo l’itinerario suggerito in questo testo. Le curatrici, Paola Spaziani e Simona Rafanelli, raccontano i diversi modi di vivere l’ideale della bellezza degli etru-schi: il popolo che ha saputo elevare la cura del corpo a simbolo eterno del pro-prio indiscutibile e aristocratico fascino. I luoghi termali, i profumi, gli unguenti, le erbe medicinali, l’arte cosmetica: tut-to concorre a tessere la trama di un’uni-ca misteriosa e appassionante storia. Uno sguardo lanciato attraverso i diversi

modi di vi-vere l’idea-le della bellezza da parte degli etruschi:il popolo che ha saputo elevare la cura del corpo a simbolo eterno del proprioindiscuti-bile e ari-stocratico fascino.A raccontarla sono gli oggetti stessi che compongono la toeletta di una donna etrusca straordinariamente moderna e che, dopo quasi tremila anni, sanno an-cora riflettere, nel fondo dorato di uno specchio, la sua incorrotta ed ineffabile bellezza.Info: www-aboca.it

■ Le buone erbe che cura-no: storia, segreti e rimedi naturaliE’ nelle librerie il nuovo libro di Salvatore Pezzella: “Le buone erbe che curano: storia, segreti e rimedi na-turali”. Il volume tratta in schede monografiche corredate di nome scien-tifico, habitat, principi attivi le specie botaniche dell’italia centrale e setten-trionale, con particolare attezione per il territorio dell’Umbria, regione di cui è originario l’autore, accedemico del Nobile Collegio Chimico Farmaceutico di Roma, appassionato studioso e di-vulgatore delle conoscenze storiche e naturalistiche del patrimonio culturale del nostro Paese. Il volume è grande nel formato (21x29,5 cm) e consta di 560 pagine con foto grandi delle piante riprodotte

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mensile nato nel 1978numero 354 - Gennaio 2011

Iscrizioni Elenco Periodici della Cancelleria:

Trib. Mi n. 264 del 26-6-1978. Registro Nazionale della Stampa:

(L 416/1981) in data 28-10-1982 con il n. 467

Direttore responsabileDemetrio Benelli

* [email protected]

ImpaginazioneGiuliano Tagliabue

* [email protected]

Hanno collaborato in redazioneAnna Schoenstein, Marco Basso, Luca Gelardi,

Paolo Poggi, Vanny Terenzi

Autori Maria Laura Colombo, Agnese Giacomino, Sergio Miaglia,

Paolo Poggi, Lina Suglia, Gianluca Toro

Foto e disegniAnna Schoenstein (copertina, 38-39, 40)

Creative Commons AttributionH. Zell (pag. 40, in alto)

StampaArti Grafiche Boccia Spa, Salerno

Direzione, redazione, abbonamenti, pubblicità

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web: www.erboristeriadomani.it* [email protected]

tel. +39 02 4818684

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CF/P.IVA: 04717230967

abbronzante – Prodotto o preparato che assorbe i rag-gi UV (vedi) eritematogeni e lascia passare quelli che stimolano la sintesi di melanina e quindi favoriscono l’abbronzatura (vedi) della cute.

abbronzatura – Nella pelle sana significa manifestazio-ne di una più attiva produzione di melanina da parte dei melanociti sotto lo stimolo dei raggi solari (vedi abbron-zante).

abrasiva (sostanza) – Sostanza con leggera, delicata azione abrasiva utilizzata in cosmesi nella realizzazio-ne di preparati a funzione esfoliante (vedi) cutanea. In genere si tratta di polveri finissime ottenute per macina-zione di semi duri di frutti, oppure pigmenti o polimeri di sintesi (es. nylon) anche questi in polvere finissima.

ABTS – Acronimo di azin–ethylbenzothiazolin sulfo-nic acid; è una sostanza cromogena che può essere convertita nella sua forma radicalica ABTS+ colorata se trattata con un agente ossidante. Si usa pertanto in un test idoneo a valutare la capacità antiossidante di una sostanza (in particolare principi attivi vegetali).

acantosi – Rara malattia della pelle dovuta ad abnor-me sviluppo delle papille dermiche e ad ispessimento degli strati epidermici.

acantogeno – Prodotto o sostanza che provoca una proliferazione delle cellule dell’epidermide con conse-guente ispessimento dello strato corneo. acaule – Dicesi di pianta mancante di fusto (vedi caule) o che lo presenta molto ridotto.

acemannano – Polimannosio acetilato, è il polisaccari-de specifico del succo di Aloe. Agisce da protettivo sul sistema gastro-intestinale: grazie alla sua forte capacità ritentiva di acqua ne permea la superficie aumentando la fluidità e la permeabilità delle membrane, facilitando l’espulsione di tossine e l’assorbimento di fattori nutri-tivi. Gli è riconosciuta anche una funzione attivante il sistema immunitario non specifico di difesa (vedi).

acetali – Composti che si ottengono quando gruppi al-deidici reagiscono con molecole opportune, ad esempio con un alcole.

acetilasi – Enzima che catalizza la formazione di acetil esteri.

acetil-coenzima A – È il più importante dei derivati del CoA (Coenzima-A), un coenzima che catalizza il trasporto di gruppi acilici (vedi acilazione). Dà luogo a diverse reazioni a livello di formazione di esteri, di am-midi e di gruppi carbonilici; opera inoltre nella biosintesi degli acidi grassi.

acetilcolina – Mediatore chimico degli impulsi a livello della maggior parte delle terminazioni nervose; possie-de inoltre azione ipotensiva periferica. Viene scissa da un enzima, l’acetilcolinesterasi, per cui la sua azione cessa immediatamente continua...

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