errico ruotolo attraverso il paesaggio

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ERRICO RUOTOLOAttraverso il paesaggioMaggio 2008

Provincia di NapoliAssessorato alle politiche scolastiche ideazione e coordinamentoGabriele Castaldo

Catalogo a cura diMassimo Bignardi

PresentazioniAngela CorteseAssessore alle politiche scolastiche della Provincia di Napoli

Prof. Renato BotteDirigente Scolastico del Liceo Artistico Statale di Napoli

Testi Massimo Bignardi, Gabriele Frasca, Gabriele Castaldo, Clorinda Irace, Mario Franco

Referenze fotografi cheArchivio Bignardi, Archivio RuotoloDomenico Cocozza, Fabio Donato

VideoMario Franco

Grafi caAntonio Picardi

Si ringrazia Maria Ruotolo e Domenico Cocozzaper aver concesso l’operaMarcella FerroPer la preziosa collaborazione il FRAC-Baronissi nelle personedel sindaco Franco Cosimato, dell’assessore alla cultura Agostino De Chiara,del coordinatore organizzativo Domenico De Chiara

Si ringraziano per la collaborazioneLaura Caliendo, Rosa Cappuccio, Antonella Memoli, Luciana Marangio, Manuela Testa, Ferdinando Tricarico

info: [email protected] - [email protected] - [email protected]

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ATTRAVERSO IL PAESAGGIOERRICO RUOTOLO

E D I Z I O N I

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Troppo spesso Napoli è stata Città ingenerosa con i suoi artisti ed in particolare con quelli della generazione degli anni ‘50 che, invece, riceveva riconoscimenti nazionali ed internazionali per la originale capacità di innovazione artistica e di

critica sociale.Straordinaria fi gura di artista militante, di innovatore formale e di coerenza esistenziale, Errico Ruotolo è, di quella generazione, un simbolo ineguagliabile che merita un tributo particolare e autentico come autentica e particolare è stata la sua opera e la sua vita.Un artista di estrazione proletaria che dalla San Giovanni operaia ha guardato il mondo nelle sue contraddizioni materiali e spirituali e che viaggiando e confrontandosi col meglio della cultura contemporanea internazionale ha “sprovincializzato” Napoli interpretandone sempre l’anima più profonda, dolente e universale.Un artista e un uomo “contro” pronto continuamente a rimettere in discussione la realtà data e continuamente disponibile a misurarsi con il contemporaneo. Parlando di Ruotolo le categorie di autore sperimentalista e d’avanguardia riacquistano senso e autenticità.Per questo ho sostenuto appassionatamente il liceo artistico statale SS. Apostoli che promuovendo la pubblicazione del catalogo “ Attraverso il paesaggio” continua in una opera meritoria di rilettura della nostra memoria artistica più cristallina e si propone come luogo didattico privilegiato per trasferire le esperienze migliori che hanno scandito la storia culturale della Città.

Angela CorteseAssessore alle politiche scolastiche

della Provincia di Napoli

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Preservare la propria memoria storica è un imperativo categorico per un Liceo Artistico che vanta tra i propri docenti ed allievi insigni artisti del nostro tempo. Recuperare le tracce che hanno lasciato con il loro operato, far conoscere alle nuove generazioni

la loro visione del mondo e la loro arte è la mission che ci sembra giusto portare avanti. Affi ancato dal mio staff e da un gruppo di docenti particolarmente sensibili a questo compito, non posso che adoperarmi in ogni modo perché anche la nostra scuola abbia uno spazio espositivo permanente che si faccia luogo della memoria e affi anchi le vicine Istituzioni museali cittadine nel compito di divulgare l’arte contemporanea. Un progetto certamente ambizioso che trova l’appoggio degli Enti locali che già si sono resi disponibili per promuovere la mostra dedicata a Pasquale Coppola.Inaugurare, nel medesimo anno scolastico, un ulteriore momento artistico dedicato al nostro caro professore Errico Ruotolo a pochi mesi dalla sua scomparsa, ci sembra un segnale molto positivo, tanto più che saranno al nostro fi anco rappresentanti del FRAC di Baronissi dove Ruotolo ha recentemente esposto le sue opere, dell’Accademia di Belle Arti e dell’Università di Napoli. Presentare il catalogo della sua ultima grande mostra curato da Massimo Bignardi, parlare di lui, visionare il fi lmato di Mario Franco a lui dedicato sarà un modo per riaverlo tra noi e per farlo conoscere a quanti non lo hanno incontrato. Perché non si dimentichi, perché si conservino gli esempi e le “buone pratiche” che ci hanno preceduto.

Renato BotteDirigente Scolastico

Liceo Artistico di Napoli

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LA CASA DEL PITTORE BRUCIA 1985Materiali diversi

cm 100x147

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È strano ma la sensazione che oggi ho, attraversando il corso di San Giovanni a Teduccio, è di uno scenario post-terremotato nel quale lo sguardo è costretto a vagare alla ricerca di qualcosa o qualcuno sopravvissuto all’impeto dell’esplosione

naturale. Il suo piccolo Vulcano, dalla fucina del suo cavalletto, ha smesso di far tremare la realtà che sobillava con le armi dell’immaginario. Errico Ruotolo ci ha lasciato, ha deciso – lo diceva sorridendo anni fa quando la malattia non aveva ancora accelerato il ritmo – di “non rinnovare il fi tto di locazione nel condominio della vita”, di andare ad abitare altrove, in un altro punto dal quale fosse ancora possibile “guardare il paesaggio della terra”.

A distanza di pochi mesi dalla sua scomparsa è diffi cile aggiungere altro a quanto, da più parti, è stato detto su di lui e sul suo lavoro di artista: per me è maggiormente diffi cile dopo la stressante ‘cavalcata’ che, dalla primavera dello scorso anno, ci ha tenuti insieme fi no al giorno, alle ultime ore della sera nella quale si inaugurava la mostra al Fondo Regionale d’Arte Contemporanea di Baronissi. Sono stati giorni dei ricordi, scanditi da brevi intervalli di pausa dove, un ad uno e senza ordine, facevano capolino nelle nostre chiacchierate aneddoti raccontati per far ridere o per dichiarare la disarmante ingenuità che, spesso, ci ha fatto preda di spiazzanti furbizie della critica d’arte o di galleristi senza scrupoli. Errico, nella diffi coltà della parola, non rinunziava, però, a cercare, nel disordine dei pensieri, circostanze, fi gure: passavano tra i nostri sguardi i fotogrammi di esperienze comuni, di mostre organizzate e vissute insieme, di viaggi, di litigi che hanno scandito trent’anni di condivisioni; ora l’avventura folle di Stoccolma quando in una notte riuscimmo ad allestire un’intera mostra; ora le comiche di quel burrascoso viaggio di ritorno da Salina, con Alik Cavaliere, Giandomenico Spadari, Ignazio Moncada e Gerardo Di Fiore; ora le notti in bianco a Joensuu trascorse nella vana attesa del buio e le grandi labbra rosso-corallo apparse dalla nebbia che ci accolse all’arrivo alla stazione di Verona con Errico che, dall’aria dottorale, chiedeva ai passanti la causa di “quell’intenso fumo”.

Il corso di San Giovanni a Teduccio si è fermato, l’inquietudine che sobillava il suo presente e lo faceva immagine di una dichiarata identità esistenziale ha smesso di agitare la realtà: nella mente nulla tornerà più al suo ordine e l’istantanea della pittura ora visualizza una scia grigio perla, luminosa che si disegna su un ‘fermo immagine’. Errico, nel suo silenzio, ha scritto l’ultima pagina di quel paesaggio dal quale ha guardato per

Affacciato sul bordo della tela

Massimo Bignardi

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una vita il mondo. Paesaggi dell’anima e scenari dell’urbano

A partire da Grande paesaggio napoletano, del 1987, Ruotolo concentra la sua attenzione sulle tematiche della città riconsiderando l’idea di paesaggio o, meglio, depurandola della ‘solarità’ che spesso l’ha accompagnata, a vantaggio di una sorta di realismo oggettivo che guarda sia al piano dell’analisi della situazione sociale, accelerata dalla condizione venutasi a creare dopo il terremoto del 1980, sia allo specifi co del linguaggio creativo che si fa più crudo, diretto. L’assemblaggio di materiali diversi, la combinazione tra pittura e oggetto regolati in un gioco di specchi, sono le costanti che ritroviamo nelle opere che l’artista realizza tra il 1989 e il 1996, seguendo un percorso a zig-zag, registrando sollecitazioni ed umori, alternando stati di solare allegria a mute pause avvolte da mistero che lo spingono ad isolarsi in lunghi silenzi dalla scena espositiva.

È un tracciato che sul piano specifi co del linguaggio è tradotto da un’inquietudine

STUDIO PER “GRANDE PAESAGGIO NAPOLETANO” 1987Carboncino su tela

mm 350x500

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foriera di repentini salti, da una fi gurazione virtuosa ad una marcata ed estrema astrazione che afferma presenze materiche di colore in una dilatata gestualità che, sulla scia di Applausi, un dipinto dello stesso anno, ritroviamo in opere quali The moon fell down on my painting, del 1989, Violino bucranio, Devil e Camorra, tutti del 1990. Fa seguito a questi una composizione dai toni decisamente pacati abitata da una plastica raffi nata, che sfi ora il design come è per Albero e Liberateli attribuibili ancora allo stesso anno, opera, quest’ultima, di grandi dimensioni da me scelta per la mostra The Modernity of Lyrism, tenutasi alla Gummesons Konstgalleri di Stoccolma nell’inverno del 1991 e, in estate, al Joensuu Art Museum in Finlandia. La sua, scrivevo nel testo al catalogo pubblicato per l’occasione, è una “libertà espressiva intesa quale necessità per organizzare, attraverso il fi lo delle immagini, l’unico rapporto possibile con la società. Quest’ultima è, per l’artista, il luogo ove l’inverosimile, il non senso, l’inumano (il caos) trovano un loro ordine razionale. Lo spazio della tela diviene non più un campo di proiezione, sul quale rovesciare la ‘mimesi’ o inseguire gli astratti fantasmi che popolano la psiche, bensì una sorta di satellite verso il quale lanciare dei segnali di vita e dal quale ricevere segnali di vita. È, in sintesi, l’unico aggancio (visto come collegamento di due elementi contigui) possibile che Ruotolo ha con il mondo esterno. Da ciò deriva quella libertà che lo porta a spaziare tra la pittura e la scultura, proprio come ‘correre’ in un paesaggio tra l’impalpabile luogo mentale dell’immagine e la consistenza della ‘terra’, della materia primigenia del nostro essere. […]

Come suggerisce l’analogia con alcune forme attinte al paesaggio della città è ancora l’urbano, nel suo essere complesso plastico e d’immagine, il leitmotiv che sottende lo sguardo dell’artista ora, però, fi ltrato da una dimensione lirica defi nita soprattutto dalla luminosità del fondo e dalle minime scritture di colore: momento che si fa assoluta e toccante dichiarazione d’amore nei dipinti di notevoli dimensioni dedicati alla costiera amalfi tana. Tra questi Paesaggio-paesaggi, del 1997, preceduto da un altro, più piccolo, dal titolo Brindisi in Costiera o, anche, Paesaggio, realizzato a Ravello nell’estate del 1994 e, infi ne Tempo variabile, del 1997, esposto in occasione della mostra Paesaggi del silenzio, organizzata dal Comune di Agerola nell’ambito della rassegna “Agerola Arte 1999”.

Il segno ci guida negli ‘incasellati’ intrecci di natura e architettura che l’artista abbozza dapprima con la matita, ricalcando i contorni con un bianco denso, oppure ombreggiandoli ad acquerello (ma anche ricorrendo al colore premuto dal tubetto come per Agerola, del 1995), o, ancora, disegnando, come in Paesaggio-paesaggi con un fi lo di ferro zincato gli scorci incantati della costa, plasmando il segno e la struttura delle case che si aggrappano ai pendii. Paesaggi che si moltiplicano, si dichiarano o si negano assecondando il movimento della luce, apparendo e scomparendo sotto la nera velatura dettata da una rete – la stessa usata dai contadini della costiera per proteggere i limoneti in inverno – che Errico stende a mo’ di come colore. Mentre Tempo variabile anticipa, sul piano formale e tecnico, le tele della fi ne degli anni Novanta nelle quali l’artista riscopre la vitalità della superfi cie e degli effetti di una luce radente: questo è per il ruolo affi dato al colore, ancora il grigio-verde innanzi ricordato, ma, direi soprattutto per il ricorso al basso rilievo, ad una sorta di ‘stiacciato’ con il quale l’artista ricompone l’apparenza dei

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volumi, stabilisce il movimento dell’ombreggiatura, affermando, innanzitutto, la volontà di costruire un ‘luogo’ effettivo.

Se il rapporto con il paesaggio naturale si fa dichiarazione di stati d’animo dettati dalla memoria visiva, quello con la scena urbana diviene maggiormente più espressivo ed introspettivo: al centro vi è l’uomo, la sua condizione di imputato in un processo senza fi ne, che non lascia tempo e del quale l’artista accelera la dimensione ossessiva sino a negargli qualsiasi connotato umano. La pennellata torna ad essere grassa, ritorna il tratto spezzato proprio di Bacon o il dettato materico, nervoso ancora sollecitato dall’irruenza espressiva propria dei pittori del CoBrA, sino a farsi stridente esplosione di colori e di materie che invadono disordinatamente la superfi cie: in tal senso si vedano alcuni dipinti che testimoniano una grande qualità pittorica, dall’Autoritratto, del 1993, ove persistono presenze oggettuali a Identità, dello stesso anno cifrato da un certo espressionismo guardato attraverso Baselitz o Lüpertz, da La sentenza e L’imputato, del 1994 quest’ultimo esposto, anni dopo, nella mostra Insorgenze del Classico, da me curata con Vitaliano Corbi e Gabriele Perretta nel 2001 ed allestita a Villa Campolieto ad Ercolano alle composizioni plastiche quali, ad esempio, Lassù qualcuno ci ama, del 1996, presente nella mostra Sidereus Nuncius, ospitata all’Osservatorio Astronomico di Capodimonte, nella quale Ruotolo è in compagnia di Quintino Scolavino, Carmine Rezzuti, Antonio De Filippis e Gabriele Castaldo. In queste opere la frenetica città è tratteggiata dalla stridente orchestra di rumori, dal suo corpo di segni, dalle immagini degli eventi che, trasferiti sulla tela, divengono macchie e gesti di un continuo peregrinare nel suo ventre. È certamente questo il dato saliente che emerge dalle opere di questi anni, propaggine di quel processo avviato nel decennio Sessanta e, più tardi con quelle realizzate nell’Ottanta, pianamente spinte verso i territori dell’astrazione.

Nella primavera del 1997 Errico realizza una copiosa serie di disegni dedicati ai ‘paesaggi’ della Costa amalfi tana: un lungo itinerario che, da Vietri, giunge a Positano, fermando sul foglio ruvido della carta di Amalfi , angoli svelati dal segno rapido della matita che organizza le orografi e merlettate dei monti e delle scogliere. È una serie esposta, quasi nella sua completezza, nella personale organizzata da Bruno Mansi e allestita in un vano della cripta dell’antica chiesa di Santa Maria a Gradillo di Ravello nell’estate di quell’anno. È ancora la Costa il luogo del ricordo, di un ‘racconto’ che accompagna, nel senso più vero del termine, le ‘immagini’, dando ed esse il valore di veri e propri monologhi dello sguardo. Ruotolo ha riscritto il paesaggio, seguendo il dondolio delle curve, facendo correre un segno corsivo sui contorni dei monti, ritmando la silhouette dei pini o dei cipressi, restituendo alle case il corpo della vita, con le luci che annullano ogni differenza tra spazio interno ed esterno, ricreando un unicum che si popola di energia. Poi scende giù seguendo le linee organizzate dall’orografi a, precipitando sui costoni della scogliera, sino a bagnarsi nelle acque colorate dalle alghe : cade, con il corpo del naufrago, nel mare abitato dalle sirene di Ulisse. Il mare è la sconosciuta profondità della nostra inquietudine; il mare è anche, per paradosso, la ‘provvidenza’, la zattera ove regna – osserva Alessandro Baricco – un grande silenzio.

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Solo il sole e l’azzurro e poi quel pino coi brachiblasti scossi dagli uccelli. passeri soprattutto e qualche merlo stanco del prato e poco avvezzo al volo. che presto si posava controvoglia fra gli altri sempre pronti a ripartire. li vedeva veloci seguitarsi

prima di sprofondare nella chioma. agitarla e sparire e poi riprendere il fi rmamento o diramare il fusto. assai contorto come se lo slancio che lo aveva innalzato lo atterrasse. fi n sopra l’erba che si supponeva nascondesse alla vista il davanzale. dal letto poi nient’altro la fi nestra inquadrava a restarsene sul dorso. copriva invece a mettersi sul fi anco l’albero in parte e guadagnava il cielo. sgombro quel giorno e vivido dell’astro che scivolava già nel suo tramonto. sarebbe diventato di cobalto e in capo a un paio d’ore poi la sera. soltanto a puntellarsi con i gomiti avrebbe scorto un cespo di turbitto. un po’ di bianco e giallo sopra il verde valeva solo a volte quello sforzo. senza nemmeno un frullo di farfalle difetto di stagione o di diottrie. tardava si chiedeva primavera ma poi dimenticava la risposta. che fosse autunno e sempre autunno invece non pareva supporlo proprio mai. se poi ci fosse gente lì dattorno o solo qualche mobile nemmeno. quella stanza non era che contorno di presenze confuse controluce. ma i passeri piuttosto e qualche merlo o grigio o nero quelli li stagliava. i primi ad inseguirsi e gli altri incerti fra gl’intrecci dei rami o lungo il tronco. partivano o tornavano in silenzio fuori nel vuoto chiuso via dal vetro. non erano un conforto erano il mondo che la sua vita aveva da conoscere. e mica come cómpito ma limite a quanto s’espandeva dal suo corpo. nel vacuo intatto fi no a rimbalzarvi per ritornare dove si covava. sul dorso e poi sul fi anco e raramente sui gomiti cedevoli al dolore. magari per cavare quella voce che senza voce si racconta fi abe. sui passeri ad esempio sempre insieme a cercarsi o scacciarsi per amore. non aveva chiedeva avuto il tempo di starsene a sua volta dentro un séguito. e dopo il sesso adesso non doveva dalla chioma saltare alle radici. era o non era la sua propria favola a cingere la vita con la replica. assegnando le parti alla fi nestra dello stesso copione da comparsa. e senza rimandare a

Il punto esatto fra radici e chioma

Gabriele Frasca

a Errico Ruotolo

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una risposta rimaneva a rifl ettere il respiro. dai bronchi torti giù fi no al suo petto e da questo alla brocca dei polmoni. senza riuscire a cogliere il bistante dove svuotato già non si riempisse. quell’infi nito piccolo budello da cui s’imbocca a scorgerlo l’uscita. troppe le grinze inteste ad occultarlo per complicare il piano dello sgombero. e fu come a risolverlo che prese a stirare il lenzuolo con le mani. dapprima accanto al mento e poi allargando le braccia sotto il ciglio a rimboccarlo. operazione accorta da ripetere intanto che la testa levigava. una piega alla volta senza imbattersi in una persistente increspatura. un giorno un altro giorno una catena d’insulti inevitabili e spietati. cedevano con l’arrendevolezza con cui era stato gioco forza arrendersi. e che li rileggeva adesso insulsi come l’errore fosse della stampa. sarebbe stato in niente tutto piano intorno alla sua cruna infi ne a vista. quel foro che sgonfi ava anche il respiro avrebbe risucchiato un solo incavo. ma nel mentre soltanto in cui il tessuto si sarebbe di nuovo pieghettato. proiettando la persa superfi cie nel quarto di cobalto sotto vetro. solo il sole più spento e poi quel pino che gli uccelli prendevano d’assalto. e la voce sommessa della favola con cui ancora restava da sognare. il punto esatto fra radici e chioma in cui si disegnò la cicatricola.

EDIFICIO 1962Olio su telacm 70x100

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PAESAGGIO 1961Olio su tela

Collezione Villa

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FORESTA MECCANICA 1979Olio e carboncino su tela

cm 135 x 195Collezione E. Correale

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PARTICOLARE DA ”UNA GRANDE CITTÀ DEL SUD BAGNATA DAL MARE” 1987Olio e materiali diversi su tela

cm 140 x 200Collezione Privata

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GRANDE PAESAGGIO NAPOLETANO 1987Olio e legno su tela

cm 200 x 330

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PAESAGGIO, PAESAGGI 1997Olio e materiali diversi su tela

cm 240 x 400Collezione Privata

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PAESAGGI 1997Olio e materiali diversi su telacm 104 x 157Collezione Privata

(pagine seguente)

TEMPO VARIABILE 1998Olio e tempera su tela e legno

cm 320 x 480

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LA FINE 2007Materiali diversi su tela

cm 112x112Collezione FRAC Baronissi

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D: Professor Castaldo, a pochi mesi dalla mostra dedicata all’artista-professore Pasquale Coppola, una nuova esposizione al Liceo Artistico?R: Partiamo da un dato: abbiamo accolto con entusiasmo l’idea di Massimo Bignardi di presentare il libro edito dal FRAC di Baronissi per la mostra “Errico Ruotolo necessità del presente” nei locali del nostro Istituto. Ci sembrava, infatti, che il Liceo fosse il luogo più idoneo per questa iniziativa. Ubicato nel complesso monumentale dei SS. Apostoli, può vantare un primato che nessun altro Istituto di indirizzo artistico possiede: l’annoverare tra i suoi docenti molti degli artisti che hanno fatto la storia delle arti visive a Napoli dal dopoguerra ad oggi. Generazioni di studenti si sono formate con questi maestri, una lista lunghissima che va da Carlo Alfano ad Antonio Venditti. Purtroppo, questo “viaggiatore senza bagaglio”* è sceso all’ultima fermata prima che questa iniziativa si concretizzasse, quindi l’obiettivo è diventato quello di ricordarlo nella scuola dove aveva operato, così come era avvenuto in precedenza per Coppola. D: Ma, a quanto pare, siete andati oltre la presentazione del libro…R: Sì, strada facendo è nata l’idea di un piccolo catalogo per le Edizioni LAN, Liceo Artistico Napoli, curato dallo stesso Massimo Bignardi, dedicato a quella parte del lavoro di Errico che riguarda il paesaggio, un tema a Lui molto caro e sul quale è tornato ripetutamente nel corso del suo lavoro. Il poeta Gabriele Frasca, (altro “viaggiatore senza bagaglio”*) ha risposto al nostro appello, con un testo creativo dedicato ad Errico. Questo, per accompagnare l’esposizione di un’unica opera di grandi dimensioni che sarà ospitata nei locali già individuati tra le sale espositive del Liceo Artistico.D: un’opera che Errico Ruotolo ha inteso lasciare al Liceo dove ha operato con tanta passione?R: Posso solo confermare la volontà testamentaria di Errico, che ha inteso donare un’opera al nostro Istituto. Saranno i legittimi eredi a decidere quale lasciarci. Noi, certamente troveremo degna collocazione per questo importante lascito. Al momento, mostreremo “Tempo variabile” del 1998, che ricorda il paesaggio urbano di Napoli EST, San Giovanni a Teduccio, Ponticelli , Barra. La Napoli operaia dei cantieri navali, delle raffi nerie, della zona industriale che negli anni 60 - 70 veniva defi nito “il triangolo rosso”, enorme bacino

Conversazione suERRICO RUOTOLOPIECE UNIQUE Testimonianza del professor Gabriele Castaldo (artista ed ideatore del progetto per una Galleria Permanente del Liceo Artistico di Napoli) raccolta dalla professoressa Clorinda Irace, responsabile della Comunicazione del Liceo.

* Ndr: “Viaggiatori senza bagaglio” è il titolo della mostra-evento al Museo Ferroviario di Pietrarsa che nel 1999 vide protagonisti Errico Ruotolo, Gabriele Frasca, Gabriele Castaldo e tanti altri artisti italiani e stranieri.

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di voti per i partiti della sinistra, ora miseramente abbandonata al degrado e alla lotta tra clan intenti a spartirsi quel territorio. Errico, aveva studio e casa in quel luogo che, ironicamente, traduceva in “Saint Jean sur la mer” o “Saint Jean a Tedousch”. Era lo scenario quotidiano che osservava “affacciato sul bordo della tela” descrivendone contraddizioni e lacerazioni con il suo linguaggio artistico lucido e asciutto. D: Ruotolo e il Liceo Artistico: in tanti ne ricordiamo impegno e passione. I suoi interventi chiari ed accorati nel Collegio dei docenti, la sua parola “risolutiva”, le sue proposte acute e fattive. Con un intento costante: la formazione dei giovani.R: Ricorderai anche tu, quindi, il silenzio che improvvisamente calava nell’aula magna anche nel corso di burrascosi Collegi dei docenti, ogni qualvolta Errico si alzava per intervenire sempre in modo equilibrato e pertinente. Questa iniziativa vuole essere un piccolo omaggio per un artista che ha operato per tanti anni tra noi, valente insegnante e maestro di vita che ha contribuito a diffondere tra i giovani impegno civile e passione per l’arte attraverso un esempio di rigore e professionalità.D: Questa manifestazione dedicata a Ruotolo si profi la dunque come una seconda tappa di un percorso essenziale per il Liceo che ha come obiettivo la costruzione di una memoria storica relativa alla scuola e alla città…R: Certamente. Un altro tassello di quella indagine sull’arte e gli artisti napoletani che hanno scelto di restare per contribuire con il loro lavoro al riscatto civile della città. Questa iniziativa vuole essere il secondo passo per un progetto ambizioso, avviare la predisposizione di uno spazio espositivo molto suggestivo che comprende il salone d’ingresso, lo scalone, la grande terrazza e la passeggiata dei frati.D: uno spazio importante non solo perché interno ad una scuola ma perché ideale completamento dell’itinerario dedicato all’arte contemporanea che vede nel vicino MADRE la tappa saliente… R: la nostra idea è dar vita ad uno spazio espositivo che vada ad inserirsi in quell’itinerario, che partendo dalla Pinacoteca dell’Accademia di Belle Arti, passando per il Conservatorio S.Pietro a Maiella, arrivi sino al MADRE. Una galleria permanente e fl essibile con una struttura organizzativa idonea, al fi ne di costruire e potenziare la memoria storica della scuola. Questo perché raccontare questa storia vuol dire contribuire a raccontare la storia delle arti visive a Napoli .Riteniamo di dover dare spazi a quegli artisti che qui hanno operato come insegnanti, e che, come Errico, hanno contribuito con il loro lavoro alla sprovincializzazione di questa città La sua era una voce serenamente critica verso “ il sistema dell’arte”, degli sprechi, dei favoritismi, delle scelte standardizzate. Il suo tono era sempre pacato ma la condanna, infl essibile. D: Ricordarlo, può avere l’obiettivo di diffondere tra le nuove generazioni il suo testamento artistico, politico e civile?R: L’intento, al di là dell’affetto che mi lega all’amico scomparso, è quello di far sì che la città non dimentichi, che tutti serbino memoria di quanti, senza rifl ettori, sponsorizzazioni milionarie e appoggi politici, hanno dato un contributo reale all’Arte. Oltre ogni “sistema” e ogni logica perversa.

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Questo breve fi lm su Errico Ruotolo nasce quasi per caso. Avevo cominciato a pubblicare su Repubblica i “ritratti” di alcuni protagonisti dell’arte a Napoli e, per motivi editoriali, avevamo deciso di articolare questi “ritratti” avvicinando una

coppia di artisti che aveva caratterizzato la propria attività per comunanza di intenti o per opposizione dialettica. Non era un’impresa facile, visto l’egotismo e l’autoreferenzialità di molti artisti. Quando si trattò di parlare di Gerardo Di Fiore, insieme scegliemmo di unire il suo nome a quello di Errico Ruotolo e ci recammo a San Giovanni a Teduccio, alla sua casa-studio. In realtà nulla legava i due artisti se non la fuggevole appartenenza alla “Galleria Inesistente”, una creatura dell’italo-americano, Vincent D’Arista: un estremizzazione delle teorie fl uxus, che voleva l’anonimato dell’autore a vantaggio dell’opera e la sua natura effi mera, contro l’idea del mercato e contro l’idea dell’arte come merce estetica. E ho detto “fuggevole” perché Ruotolo aveva partecipato alla stesura del manifesto iniziale dell’iniziativa, ma ne era uscito subito dopo, mentre Di Fiore aveva aderito ad alcune “azioni” quando la “Galleria Inesistente” era praticamente fi nita, pur rimanendone profondamente infl uenzato.Comunque, andammo insieme da Errico ed io portai con me una piccola telecamera. Abitualmente non utilizzo né registratore e nemmeno un taccuino per appunti: preferisco memorizzare mentalmente ciò che mi dice l’intervistato, che di solito non si esprime solo con le parole, ma con gesti, allusioni, espressioni. In questo caso, però, l’occasione coincideva con la produzione di una serie di ritratti-testimonianze che stavo realizzando per la Pinacoteca dell’Accademia di belle arti. Da poco avevo montato proprio le immagini di Di Fiore. Chiesi ad Errico di riprenderlo e lui accettò. Ci ricevette sullo sfondo di una grande opera sulla Shoah alla quale stava lavorando. Cominciò raccontando della sua formazione e dell’ambiente operaio in cui aveva vissuto e che aveva determinato scelte politiche ed impegno sociale. I suoi maestri in Accademia furono De Stefano e Tatafi ore, ma altrettanto importanti si rivelarono Colucci, Luca, Persico e Biasi. I viaggi all’estero e la visione di importanti musei completarono i suoi studi.

FILM-RITRATTO DI ERRICO RUOTOLOMario Franco

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Negli anni settanta approdò ai movimenti di contestazione dell’istituzione manicomiale, declinando politicamente il disagio del malato di mente come parte integrante dell’alienazione dell’uomo occidentale. Partecipò a mostre e iniziative che trovarono adesioni ed ospitalità in importanti manifestazioni europee, dalla Biennale di Venezia a Rennes, a Baku, a Stoccolma. «Eppure – dice - la stampa napoletana fu avara di notizie, spesso addirittura ostile. Ricordo invece una bella trasmissione televisiva, che ancora va in replica su Rai-arte via satellite, con una poesia di un malato psichico recitata da Edmonda Aldini. L’ho riascoltata da poco e mi sono venuti i brividi…». Ruotolo non può fare a meno di rammaricarsi per la cortina di silenzio che la città ha steso sui suoi artisti. Rimpiange le battaglie per palazzo Roccella, che gli artisti napoletani avevano voluto come museo civico e che è diventato l’ennesimo luogo d’esposizione senza identità: «E poi, quell’inutile furbata di inaugurarlo alla vigilia delle elezioni!..». Ma non ha rancori né rimpianti. Continua a dipingere come atto esperienziale, impegno civile verso i più deboli, gli sfruttati, gli esclusi. Attento alle guerre che insanguinano il mondo. Nei suoi quadri l’impegno politico o il titolo cronachistico, contrastano con il raffi nato e rigoroso valore formale delle opere, con la maestria di un artista che da sempre ha unito alla disciplina della creazione l’empatica partecipazione al dolore del mondo. «Mi sento libero. – dice nell’intervista - Non ho mercanti o critici che mi indichino la via». Nella distinzione estetica kantiana tra l’arte libera (Freie-Kunst) e quella soggetta alle leggi del mercato (Lohn-Kunst) Ruotolo sceglie la forza di denuncia dell’arte, la sua capacità di parlare e coinvolgere. La sua forza è quella di un artista che ha deciso di condividere i luoghi dell’esclusione e della negazione senza proporre utopie. Ruotolo, infatti, non propone una nuova visione del mondo, ma un assai articolato discorso, che utilizza il frammento, lo choc, la sorpresa per portare a compimento i suoi ragionamenti. Contrario alla concezione romantica del genio, alla presunzione dell’ispirazione, non ha mai creduto neanche all’infrazione audace, all’eccentricità o allo scandalo, alla sperimentazione artistica come forma disordinata e irrisolta. Secondo Mario Persico «Ruotolo ha sempre tradotto le sue emozioni con un rigore strutturale notevole e con un’attenzione rara al dinamismo delle immagini, senza mai smettere di denunciare questo mondo fondato su un capitalismo predatorio e guerrafondaio». E questo fi no alle sue opere più recenti che indagano gli strumenti adoperati dalla repressione attraverso i mezzi di comunicazione di massa. Inoltre Ruotolo è un maestro del disegno. Ed al disegno si è dedicato negli ultimi anni della sua vita, in cui troppo faticosa risultava, per il suo corpo malato, la pratica della pittura. «Si disegna con tutto il corpo e nel segno si intravede l’azione dell’artista. Certo, potrei un giorno non esser più capace di usare la mano... Pazienza, disegnerò con i piedi: ci sono già tanti che lo fanno...» Errico ride verso la telecamera, verso gli spettatori. Assume d’improvviso un’aria tenera da scugnizzo che ha detto una spiritosaggine. I suoi occhi brillano. I suoi disegni non sono quelli di un “artista-veggente” che prevede cosa succederà nel mondo, bensì quelli di un uomo che vive intensamente il proprio tempo e che mette in scena la realtà così come la vive. Si tratta di rappresentare le lacerazioni di una società intera e dell’artista stesso, che trasforma le lacerazioni dell’anima e della carne in forme strazianti.

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ERRICO RUOTOLO (Napoli 1939-2008). Frequenta l’Accademia di Belle Arti di Napoli, allievo di Emilio Notte, e si diploma nel 1962. Conclusi gli studi inizia a viaggiare, soggiornando per lunghi periodi all’estero. Fra gli anni Sessanta e Settanta, infatti, è dapprima a Parigi, successivamente si trasferisce a Monaco di Baviera ed infi ne risiede ad Amsterdam dove lavora in uno studio di un suo amico olandese. La sua attività artistica ha inizio già dal 1956 quando vince il Premio Carta, Penna e Calamaio, tenutosi a Brescia. La prima personale è del 1964, allestita alla Vetreria Anziate di Anzio; nel 1966 partecipa a Proposta ’66, promossa dalla Galleria Cadario di Roma. Sul fi nire degli anni Sessanta sperimenta la tecnica dell’assemblaggio di materiali industriali e non, applicandoli sulla tela oppure creando delle sculture che defi nisce ‘oggetti’. Nel 1969 è tra i fi rmatari dell’atto costitutivo della “Galleria Inesi stente”, con Barbati, Bravi, D’Arista, Palleggiano e Pisani. Del 1971 è la personale alla Galleria Carolina di Portici, la presenza al Premio Nazionale di Pittura F. P. Michetti. Nel 1974 è invitato alla rassegna Arte-Impegno’74, mentre nel 1975 inizia la collaborazione con l’A/Social Group, partecipando alle azioni svolte all’interno dell’o spedale psichiatrico Frullone di Napoli, attività documentata nella XXXVII Biennale di Venezia, nel Padiglione italiano, sezione ‘Ambiente come Sociale’. Nel 1983 alcune sue opere sono esposte a Plexus ‘83, curata da Luigi Paolo Finizio ed allestita nella Sala dei Baroni del Maschio Angioino a Napoli. È del 1984 la sua personale, dal titolo Il tempo, il colore, promossa dal Comune di Teggiano e dalla cattedra di Storia dell’arte contemporanea dell’Università di Salerno, curata da Massimo Bignardi ed allestita nel Chiostro della SS. Pietà di Teggiano. Sempre nel 1984 espone in Percorsi, rassegna ospitata dalla Maison de la Culture di Rennes. Nel 1987 tiene una personale all’Hotel La Palma di Capri: nello stesso anno è invitato nella mostra Astrazione, organizzata a Treia (Macerata) nell’ambito degli Incontri In ternazionali d’Arte. Negli anni Novanta comincia ad inserire nell’impianto pittorico elementi a rilievo, modellati con gesso e ricoperti di garza. Il 1991 espone in The Modernity of Lyrism, mostra tenutasi alla Gummesons Gallery di Stoccolma, e al Joensuu Museum, in Finlandia. Qualche anno più tardi, nel 1994, è allo Studio Morra con una personale; mentre nel 1995 aderisce al gruppo “Orologio ad acqua” con il quale è presente, successivamente, nella mostra Viaggiatori senza bagaglio, allestita al Museo Nazionale Ferroviario di Pietrarsa, a Portici (Napoli). Del 2000 è la personale alla Fondazione Morra; nel 2001 è invitato a Insorgenze del classico, allestita a Villa Campolieto. Nel 2003 espone una sua grande tela nell’ambito della mostra Living Theatre, labirinti dell’immaginario, tenutasi a Castel Sant’Elmo, a Napoli. Del 2005 è la personale Gli Inediti di Errico Ruotolo, tenutasi presso la Fondazione Morra e, del 2007, quella dal titolo Errico Ruotolo – disegni del disonore, organizzata dalla Galleria Franco Riccardo Artecontemporanea di Napoli. Nel gennaio del 2008 il Fondo Regionale d’Arte Contemporanea di Baronissi gli dedica una mostra retrospettiva. (Marcella Ferro)

Nota biografi ca

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