estratto da: giulio facchetti. "elementi di morfologia etrusca"

73
GIULIO M. F ACCHETTI ELEMENTI DI MORFOLOGIA ETRUSCA

Upload: luciano-duo

Post on 03-Jan-2016

324 views

Category:

Documents


63 download

DESCRIPTION

dall'indiceFLESSIONE NOMINALE E PRONOMINALE PRONOMI PERSONALI E RELATIVI POSPOSIZIONI, CONGIUNZIONI E AVVERBI MORFOLOGIA VERBALE

TRANSCRIPT

GIULIO M. FACCHETTI

ELEMENTI DIMORFOLOGIA

ETRUSCA

Giulio M. Facchetti

ELEMENTI DI MORFOLOGIA ETRUSCA

.

€ 10,00 ISBN 88-7695-232-2[IVA ASSOLTA DALL’EDITORE]

GIULIO M. FACCHETTI

ELEMENTIDI MORFOLOGIA

ETRUSCA

Milano 2002

Arcipelago edizionivia Filippo da Liscate, 1.2

20143 [email protected]

ISBN 88-7695-232-2Prima edizione: aprile 2002

Tutti i diritti riservati

INDICE SOMMARIO

FLESSIONE NOMINALE E PRONOMINALE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5

PRONOMI PERSONALI E RELATIVI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 31

POSPOSIZIONI, CONGIUNZIONI E AVVERBI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43

MORFOLOGIA VERBALE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53

BIBLIOGRAFIA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 69

FLESSIONE NOMINALE E PRONOMINALE1

«Il est établi, même si ce n’est pas particulièrement souli-gné dans la littérature specialisée, que la morphologie de l’é-trusque est de type agglutinant. En effet, à l’égal de languescomme le turc ou le finnois, l’étrusque emploie un segmentmorphémique pour chaque fonction grammaticale à exprimer,et le place à la droite de la base lexicale même. La successionest celle qui est la plus normale dans ce type de langue, àsavoir: RADICAL+NOMBRE+CAS».2

Nella flessione nominale la morfologia etrusca è caratte-rizzata dalla presenza di numerosi allomorfi. La marcatura delplurale3 fornisce esempi appropriati: clen-ar ‘figli’ (sing. clano clen); ais-er ‘dèi’ (sing. ais); θanš-ur ‘<cerimonieri>’ (sing.

1 Attualmente gli studi complessivi di riferimento sulla lingua etru-sca sono RIX 1984, AGOSTINIANI 1992 e CRISTOFANI 1991, utilmente inte-grati da AGOSTINIANI 1984, 1986, 1995a, 1995b, 1996; RIX 1989a e1989b, 1991, 1996 e DE SIMONE 1990. Nelle traduzioni dall’etruscosegnalerò con le parentesi < > i casi dubbi, aggiungendo un punto interro-gativo nei casi molto incerti, secondo l’uso da me introdotto in FACCHET-TI 2000, p. 8.

2 AGOSTINIANI 1992, p. 53.3 L’Agostiniani in una serie di notevoli interventi ha chiarito che, a

fronte dell’assenza del genere grammaticale (esisteva invero un morfema-i che marcava il genere naturale e appariva nei nomi propri, prenomi egentilizi, femminili), l’etrusco distingueva, per la marcatura del plurale,come molte altre lingue (per es. il dravidico), tra due classi di nomi seman-ticamente motivate per la presenza/assenza del tratto [umano] (piuttostoche di quello [animato], dato che c’è zusle-va, plurale di zusle, che sem-bra indicare un tipo preciso di vittima animale, forse bovina). V. AGOSTI-NIANI 1992, p. 54 s.; IDEM 1993, p. 33 ss.; IDEM 1995a).

θanš); avil-χva ‘anni’ (sing. avil); culs-cva ‘porte’ (sing.culs); zusle-va ‘vittime animali’ (sing. zusle).

A giustificazione delle varianti del suffisso del plurale ‘nonumano’ (-χva) sono state facilmente individuate delle ragionimorfofonologiche.4 Il Rix ha proposto altresì di riconoscereun solo suffisso di plurale ‘umano’ -r, considerando le diver-se vocali che compaiono prima di detto suffisso «come lafinale del tema scomparsa nella forma-base singolare».5

Una spiegazione analoga, nella prospettiva di una ricostru-zione diacronica, è stata applicata dal Rix6 al caso dell’allo-morfia del suffisso del genitivo I per postulare un’unica formaoriginaria in -s: seχ-is ‘della figlia’ (da seχ < *seχi); θanχvil-us ‘di Thanchvil’ (da θanχvil < *θanaχvilu); meθlum-es ‘delpopolo’ (da meθlum < *meθlume). Il fatto che il genitivo plu-rale ‘umano’ sia sempre in -r-as implicherebbe, in questoquadro, una forma preistorica *-ra passata a -r in conseguen-za dell’antichissima apocope che avrebbe colpito una granparte delle vocali finali etrusche.7

Il morfema del genitivo II presenta la caratteristica di esse-re scritto -(i)a in età arcaica e -(i)al in età recente. Sulla ‘com-parsa’ della -l in neoetrusco è ultimamente intervenutol’Agostiniani, che, riconosciuti gli indizi del mutamento diuna /a/ velare arcaica in una /a/ centrale recente, ha fornitoun’ottima motivazione per la seriore reintroduzione della -l (il

6 Giulio M. Facchetti

4 Stabilite in RIX 1981, p. 115.5 RIX 1984, p. 223.6 RIX 1984, p. 225.7 Del suffisso del genitivo II, in età recente ridotto per lo più a -l

(< -ial), si parlerà in seguito. Preme comunque sottolineare in questoluogo che la vocale (diversa da -a-, che faceva originariamente parte delsuffisso) inserita davanti a tale -l ha carattere secondario, come dimostra-no alcuni prestiti dall’italico: Selvans-e-l (anche Selvans-l) ‘di Silvano’,dal nominativo italico *Selvan(o)s. Lo stesso va detto per alcuni plurali‘umani’, in cui la vocale che precede -r non è originaria (es. papals-e-r‘nipoti di nonno’, sul nominativo italico *papal(i)s). Cfr. RIX 1984,p. 226.

cui carattere velare, in etrusco, è altrimenti rilevabile), ancheper l’effetto di pressioni paradigmatiche (segnatamente deimorfemi del pertinentivo II e dell’ablativo II, per cui v.infra).8 Inoltre lo stesso Agostiniani ha mostrato, sulla basedella ricostruzione interna e sui confronti con le forme lem-nie, come gli allomorfi di genitivo II arcaico -a (es. lariš-a, dalariš) e -ia (es. larθ-ia, da larθ) siano da riportare a una basecomune -/ia/ o -/ja/.9

I morfemi dei casi ablativo I (-is) e II (-(i)alas, rec. -(i)als)e pertinentivo I (-si) e II (-(i)ale) hanno la stessa distribuzio-ne degli allomorfi genitivo I e II.

‘Pertinentivo’ è un termine introdotto dal Rix10 per indica-re un caso impiegato in vari contesti soprattutto con funzioneagentiva o dativale. Il valore morfosintattico testuale (cioè la‘scelta’ tra una delle varianti morfosintattiche) risulta da unaconcreta determinazione-specificazione del valore sistemico‘invariante’ del morfema tramite le contingenze sintattichestesse.11 Il pertinentivo è, in realtà, un esempio del carattereagglutinante dell’etrusco: si tratta, morfologicamente parlan-do, del ‘locativo del genitivo’ (ciò si constata bene nel perti-nentivo I: -s-i).12 Avile-s-i significa letteralmente ‘in (quello)

ELEMENTI DI MORFOLOGIA ETRUSCA 7

8 AGOSTINIANI 1993, p. 26 ss.; cfr. RIX 1997, p. 37.9 AGOSTINIANI 1986, p. 36 ss.10 V., ultimamente, RIX 1997, p. 38 ss.11 DE SIMONE 1996a, p. 406 s.12 «On a mentionné plus haut la préférence de l’étrusque pour les

jointures de morphèmes ouvertes. Un des exemples que l’on peut invoquerà l’appui de cette caractéristique structurale est précisément, comme on l’asignalé, l’allomorphe -[s]i, qui présente un s apical devant i, même enétrusque septentrional, contrairement à la norme, en vigueur ici, imposantla palatalization de s devant i. Le morphème doit donc être analisé /s + i/,et parallélement, son allomorphe doit être analysé en /(i)a + le/, ou bien en/(i)al + e/. Cela revient à dire qu’il s’agit non d’un, mais de deux morphè-mes, et que l’apparent “pertinentif” n’est autre que le génitif auquels’ajoute un segment morphémique supplémentaire.» (AGOSTINIANI 1992,p. 56).

di Avile’, ‘nell’(àmbito) di Avile’; dunque una frase come mimulu Avilesi (‘io (sono) donato nell’(àmbito) di Avile’) vadisambiguata dal contesto linguistico e materiale, perchéAvilesi può indicare, per esempio, sia il donante che il dona-tario. Casi caratteristici, in cui è preservato l’originario carat-tere bifunzionale del pertinentivo, sono il marchio di fabbricaAtranesi ‘(prodotto) nella (bottega) di Atrane’, oppure altreespressioni come: zilc-i Velu-s-i ‘nella pretura di Vel’ (lette-ralmente: ‘nella pretura, in (quella) di Vel’); apa-s-i spure-θi(< *spura-i-) ‘nella città del padre’; Aχle-i Truie-s-i‘nell’Achille di Troia’13 e la frase da me ultimamente risoltadel cippo di Perugia: Aule-s-i Velθina-s θi-i ‘sull’acqua diAule Velthina’.14 A questi esempi vorrei aggiungere il sia-s-i‘nell’(àmbito) del diritto’ della stele di Lemno.15

8 Giulio M. Facchetti

13 Etr. Truie è imprestito da una forma ionica; cfr. FACCHETTI 2000,p. 48, nt. 282.

14 FACCHETTI 2000, p. 18, nt. 65.15 Il defunto di cui la celebre epigrafe lemnia è l’epitaffio si chiama-

va ‘Aker Tavarsio figlio della Vanalaš(i)-’ (aker tavarsio vanalašial).Aker, tra l’altro, è qualificato come ‘nipote siasi di Holaie’ (holaiesnaϕoθ[š] siasi). Il nome completo di Holaie si legge all’inizio del testolaterale, nella formula di datazione in pertinentivo: holaiesi ϕokiašiale‘nella (magistratura) di Holaie Φokiaš’. Il nome individuale (Holaie = gr.‘Υλαîος), così come il nome aggiunto nella formula ufficiale (Φoki-aš-< *Φoke-aš-, tratto da Φoke ‘Focea’; dalla stele si trae l’impressione chea Lemno fossero impiegati due suffissi per i gentilizi: -io, come Tavars-io,Eptes-io, e -aš, come per Φoki-aš-, Vanal-aš-), indiziano la possibile ori-gine non etrusca dell’importante parente di Aker (o, almeno, della suafamiglia). Inoltre il nome aggiunto in questione (Φokiaš) non corrispondené a quello di Aker (Tavarsio) né al possibile gentilizio metronimico(Vanalaš-). Ciò sembra escludere l’idea che Holaie sia stato nonno di Akero un suo zio di sangue (come fratello del padre o della madre di Aker). Illegame tra Aker e Holaie risulta invece spiegabilissimo come una paren-tela acquisita, un’affinità: Holaie dovrebbe aver sposato una sorella delpadre o della madre di Aker; ecco perché quest’ultimo era suo nipote‘secondo il diritto’ (cioè sia-si: per zi- ‘diritto’ [e il derivato zia], v. FAC-CHETTI 2000, p. 27 ss.; per la fonetica cfr. lemnio siv- / etr. ziv- ‘vivere’; ilparallelo tipologico offerto dalle locuzioni inglesi come brother-in-law,father-in-law, ecc. è di sicuro interesse).

È importante sottolineare che la funzione agentivale delpertinentivo è riscontrabile pressoché esclusivamente in etàarcaica, sia con participi passati passivi in -u (v., poco sopra,l’es. di mi mulu Avilesi e inoltre la nuova importante ‘fibula diDallas’ [630 a.C. ca.]:16 mi mulu araθiale θanaχvilus prasi-naia ‘io (sono) donato da Arath a Thanachvil Prasinai’, percui v. anche infra), sia con forme del preterito passivo in -χe(es.: Fa 6.3 [VII sec. a.C.] mi araθiale ziχuχe ‘io fui dipintoda Arath’). Detta funzione è svolta in età recenziore dall’a-blativo (cfr. cenu (…) larθals afunes ‘acquisito da LarthAfuna’ sul cippo di Perugia; petruis sceves (…) cenu ‘acqui-sito da Petru Sceva’ sulla tavola di Cortona; anc farθnaχeveluis tuteis ‘che fu generato da Vel Tute’ in Vc 1.64; cên zicziχuχe šparzêstis zasleis ‘questo documento qui è stato scrit-to dallo šparza zasle’ ancora sulla tavola di Cortona).17

La stele di Saturnia, recentemente pubblicata dalMaggiani,18 è databile all’ultimo quarto del VI secolo a.C.19 eci fornisce un altro esempio di uso arcaico del pertinentivo:

larθ laucies θamequ larecesi kaiseriθesi celeniarasiLarth Laucies deposto da Larece Kaiserithes (e) figli20

Va anche rilevata l’interessante e non altrimenti testimo-niata anaptissi in celen- per clen- ‘figlio’.21 La semantica di

ELEMENTI DI MORFOLOGIA ETRUSCA 9

16 V. DE SIMONE 1996b.17 Si confrontino esempi recenti di pertinentivo, come aulesi metelis

(…) clensi ‘ad Aulo Metellio figlio (di …)’, sulla statua dell’Arringatore(Pe 3.3) e clavθieθurasi ‘per i Claudii’ (Cr 5.2), che connota il carattere disepolcro ‘familiare’ (e non ‘ereditario’; lo stesso dicasi per il clensi di Vc1.87: la questione è considerata nei dettagli in FACCHETTI 2001a).

18 MAGGIANI 1999, p. 51 ss.19 MAGGIANI 1999, p. 54.20 Mi discosto lievemente dalla parziale traduzione del Maggiani,

solo perché mi sembra più verosimile considerare kaiseriθesi un gentili-zio, piuttosto che un prenome.

21 In celeniarasi si può reputare che -nia- stia per -[ña]-, rispetto al‘normale’ clenar(-), fatte salve le difficoltà di un caso come tinascliniia-ras, segnalate in AGOSTINIANI 1992, p. 50, nt. 27.

θamecu ‘deposto’ si svela e si corrobora nel confronto con ilθamuce della Lamina B di Pyrgi: nac θefarie veliiunas θamu-ce ‘dopo che Thefarie Veliunas ebbe fondato’ e con il θamcedi Ta 5.2 (parimenti funzionante come ‘fondò’).22 Va inveceespunto dall’analisi il [θ]amcie di Pe 5.3 per l’integrazione,restando comunque esclusa una sua corrispondenza con*θamχe, data l’impossibilità di accettare l’idea del Rix di unsistema di occlusive etrusche basato su una correlazione dipalatalità.23 L’area semantica ‘(de)porre’/ ‘fondare’ è assolu-tamente plausibile (è riscontrabile, per es., nel gr. τíθηµι).

L’ablativo, dal canto suo, in età arcaica esprimeva pecu-liarmente la separazione, l’allontanamento, l’origine, comedimostrano chiaramente i due antichissimi metronimici[pa]panalas ‘(nato) dalla Papanai’ e ϕersnalas ‘(nato) dallaPhersnai’ sulla stele di Vetulonia Vn 1.1, del VII secolo a.C.In neoetrusco il metronimico è di regola in genitivo con clan‘figlio’ o seχ ‘figlia’ sottinteso o meno. Sulla lamina A diPyrgi (500 a.C. ca.), nel sintagma vatieχe Unialas-tres24

‘furono richiesti da parte di Uni’, l’ablativo svolge già unafunzione agentivale. L’unica altra attestazione arcaica di abla-tivo II è snenaziulas(-tra), sulla tegola di Capua, da tradurrecon ‘da parte dell’<ancella>’.25 Si ha snenaz- per snenaθ

10 Giulio M. Facchetti

22 Ta 5.2: larθiale hulχniesi marcesic caliaθesi munsle nacnvaiasiθamce lei[ ‘nella (magistratura) di Larth Hulchnies e Marce Caliathes,nell’area sacra <degli antenati> <fondò> Lei[’ (per mun- v. FACCHETTI2000, p. 24 s.; nacnva-ia- derivato aggettivale [come tular-ia-] dall’ag-gettivo sostantivato nacn(v)a ‘<grande>’, che, aggiunto ad apa ‘padre’ eati ‘madre’, serve a indicare i nonni; cfr. lat. maiores ‘avi’).

23 La fallacità di questa teoria è stata provata, con dovizia di argo-menti, in AGOSTINIANI 1986, p. 36 s. e IDEM 1992, p. 49 s. Recentemente,poi, anche BOISSON 1991 ha mostrato l’estrema implausibilità, sul pianotipologico, del sistema ricostruito dal Rix.

24 Il -tres, così come il -tra di snenaziulas(-tra) citato poco sotto,consiste in una posposizione, che sarà commentata infra, con le altreposposizioni.

25 snenaθ / snenat è una didascalia che compare su vari specchi adesignare un’ancella di Turan-Afrodite. V. CRISTOFANI 1995, p. 83.

come Araz per Araθ nell’etrusco di Roma; il morfema -iulassta a -(i)alas (Pyrgi), come le forme capuane dei pronomienclitici -itula, -itule stanno ai pyrgensi -itala, -itale.26 Sullastessa tegola di Capua si leggono anche attestazioni(tardo)arcaiche di ablativo I, come nel caso del sintagma pica-sri savlasieis ‘si deve <ricevere> dal (dio) Savlasie’.

Nella mia recensione del libro di Koen Wylin sul verboetrusco,27 ho commentato l’espressione in pertinentivo di AT1.109 clen[s]i muleθ svalasi zilaχnuce = ‘rivestì lo zilacatodurante l’incarico mula del figlio vivente’ (cioè ‘mentre que-sti era in vita’) e ho rilevato che in AT 1.108, nella frasezilaχn[ce] spureθi apasi svalas = ‘rivestì lo zilacato nellacittà del padre mentre questi viveva’, uno svalas in genitivo28

ELEMENTI DI MORFOLOGIA ETRUSCA 11

26 Si tratta, per gli esempi campani con -ul- (< -al-), degli effetti diun’assimilazione alla l velarizzata etrusca (RIX 1984, p. 218; AGOSTINIA-NI 1993, p. 27 s. e IDEM 1995b, p. 36).

27 FACCHETTI 2001b.28 L’assolutivo del nominale sval (da un preistorico *svala: cfr. il

gen. svala-s) ‘vivo’ è ben attestato (nella sua funzione propria di aggetti-vo, e dunque senza la marca del plurale) in Cr 5.2: laris avle larisal cle-nar sval cn šuθi ceriχunce ‘Laris (e) Aule figli di Laris da vivi fecerocostruire questa tomba’. Interessanti, inoltre, le attestazioni delle formedel locativo + posposizione sveleri (< *svela-i-ri) e dell’ablativo + pospo-sizione svelstres (< *sveles-tres < *svela-is-trais), in invocazioni del LiberLinteus, come: sacnicleri cilθl spureri meθlumeric enas sveleri svec an csmene utince ziχne setirunec ‘a favore dell’area sacra della <rocca>, dellacittà e del popolo <nostri> e del vivente, <proprio> colui che secondo que-sto (rito) agisce, <ha condotto (animali)>, scrive e <(ri)stabilisce>’ e sac-nicstres cilθs spurestres enas svelstresc svec an cs mene utince ziχne seti-runec ‘da parte dell’area sacra della <rocca>, della città <nostra> e delvivente, <proprio> colui che secondo questo (rito) agisce, <ha condotto(animali)>, scrive e <(ri)stabilisce>’. La benedizione non sembra riguar-dare un unico ‘vivente’ (cioè ‘uomo’), che ha compiuto tutte le azionielencate, bensì i singoli soggetti delle azioni. I due primi verbi (men- eutin-; per il possibile significato di quest’ultimo v. FACCHETTI 2000, p. 48s., nt. 283, in cui si commenta ut-us-, noto anche dal rituale della tegola diCapua; una segmentazione ut-in- è normale [cfr. alpn-in- ‘regalare’ daalpan ‘regalo’]; inoltre il retico utiku funziona bene come significante

(invece di svalasi) non pone problemi, perché, come dimo-strano alcuni chiari esempi, la concordanza col bimorfemati-co pertinentivo poteva essere anche soltanto parziale, cioè, colnome aggiunto in semplice genitivo, cfr., per es.: aule-si mete-li-s (Pe 3.3), aule-si velθina-s (Pe 8.4), rispetto alle concor-danze piene come velu-si hulχnie-si in Ta 5.5 e marce-sicaliaθe-si in Ta 5.2.

Un altro caso di accordo parziale si trova nell’iscrizionedell’ipogeo di San Manno.

Pe 5.2cehen . šuθi . hinθiu . θues . šians .questa sede infera fuori dal luogo <intera?>

etve . θaure . lautnescle . carešri .nel <grande> sepolcro gentilizio (fu) da erigere

aules . larθial . precuθurasi . larθiališvleper Aule (e) Larth Precu, suoi di Larth

cestnal . clenarasi .e della Cestnei figli;

Questa sede funeraria, <interamente?> fuori dall’area (sacra), si dovet-te erigere nel <grande> sepolcro gentilizio per Aule (e) Larth Precu,figli di Larth e della Cestnei.

Si noti come il riconoscimento dell’ablativo θues (<

12 Giulio M. Facchetti

‘portato’) riguarderebbero lo svolgimento del sacrificio in corso (ecco per-ché si usa il preterito utin-ce per ciò che è già stato condotto, mentre perindicare l’azione sacra che continua si usa l’ingiuntivo men-e). La secon-da coppia di verbi (ziχn- setirun-) servirebbe invece per implicare nelbeneficio spirituale derivante dal sacrificio anche coloro (verosimilmentedei sacerdoti) che hanno materialmente trascritto e continueranno a ritra-scrivere (ecco il perché dell’ingiuntivo) copie del testo sacro.

*θuva-is)29 consenta di superare molte delle difficoltà incon-trate dagli esegeti che mi hanno preceduto.30

ELEMENTI DI MORFOLOGIA ETRUSCA 13

29 È attestata la forma del genitivo nell’iscrizione tardoarcaica dellalamina A di Pyrgi munistas θuvas ‘di questo luogo sacro’ (per il valore dimuni- v. FACCHETTI 2000, p. 24 s.). La base θuva- ‘luogo’ è una forma-zione in -va su una più antica radice θu(v)- (da tenere distinta da θu(n)‘uno’), il cui locativo θui in neoetrusco è impiegato avverbialmente colsignificato di ‘qui’ (letteralmente ‘in loco’; v. FACCHETTI 2000, p. 80, nt.467). Durante l’incontro di studio sulla Tabula Cortonensis tenutosi aRoma il 22 giugno 2001 (atti in stampa) il professor Adriano Maggiani hapresentato una nuova importante iscrizione con ricorrenza della radiceθuχ/c-, in cui (l.u.c.) ho proposto di riconoscere un derivato (aggettivale)in -χ/c di θu(v)- e una conseguente traduzione ‘locale’ (anche sostantiva-to) / ‘località’. L’epigrafe è incisa su un frammento di vaso del III-II sec.a.C. trovato a Roselle e costituisce, con ogni verosimiglianza, una formu-la di possesso o di dono: ]trus . apanal .θucl. Il Maggiani, anche in rela-zione alle attestazioni di θuχ- sulla tavola di Cortona, ha suggerito un’in-terpretazione del tipo: ‘[questo (è)] di […]tru (e) della casa paterna’.Quest’ultima formula può forse gettare una nuova luce sulla nota dedicavolsiniese su statuetta bronzea a ‘Silvano Terminale’ (REE 55, 128): ecnturce avle havrnas tuθina apana selvansl tularias ‘questo donò AvleHavrnas (e) il <pago> paterno a Silvano Terminale’ (il problema di tuθi-na [invece del semplice tuθi, in cui alcuni interpreti hanno tentato di rav-visare un termine istituzionale, prestito dall’italico (vari riferimenti nelcommento di Carlo De Simone a REE 55, 128)] si potrebbe forse supera-re pensando a una sostantivazione del normale aggettivo in -na). Tuttosommato, dunque, mi pare che il nuovo apanal θucl, serva in qualchemodo a sostenere la mia idea di θu(v)- = ‘luogo’ e, confrontato con il tuθi-na apana di REE 55, 128, rafforzi perfino la mia ipotesi che θuχ- (lette-ralmente ‘<locale>’) sulla tavola di Cortona significhi ‘villaggio’ o qual-cosa del genere.

30 Per š(i)ans (gen. šans-l) ‘<integro?>’, ‘<assennato?>’ (come lat.sanus) propongo le seguenti riflessioni. Esclusa per il momento la tavoladi Cortona, š(i)ans compare in due contesti chiave: come epiteto (aggetti-vo o apposizione) di nomi divini (flere e mariš) e nell’incipit di SanManno, appunto. Nel contesto della tavola di Cortona šians funziona benecome soggetto di fratuce; perciò dovrebbe essere un titolo: questa consta-tazione, però, non può dirci molto di più sul significato proprio di š(i)ans,se non che esso poteva essere impiegato anche come epiteto riferito auomini oltre che a dèi. Quanto detto fin qui potrebbe essere compatibile

L’uso di un genitivo di vantaggio o di dedica (in Pe 5.2,come si vede, è rafforzato con una serie di concordanze inpertinentivo) è variamente testimoniato.31

Possiamo inserire, a questo punto, uno schema dei morfe-mi della flessione nominale etrusca, mettendo in evidenza ledifferenze riscontrabili tra le attestazioni arcaiche e recenti:

etr. arc. etr. rec.

Ass.32 -Ø -Ø

14 Giulio M. Facchetti

anche con la vecchia proposta del Colonna š(i)ans = lat. pater o simili.Tuttavia il testo di San Manno merita di essere meglio considerato, datoche la vecchia e divulgata interpretazione θues šians = ‘di ciascun antena-to’, alla luce delle attuali conoscenze morfologiche, è inammissibile.Infatti šians è in assolutivo (il genitivo, attestato, è šiansl); d’altra partel’esistenza di casi di Gruppenflexion (talora invocata per il sintagma inquestione) in etrusco andrebbe rigorosamente dimostrata (il che non èstato mai fatto e per me è impossibile, perché tali fenomeni in etrusco nonesistono), altrimenti l’argomento non ha valore scientifico. Inoltre, comese non bastasse, θues, se è (come è), da connettere col θuvas di Pyrgi, nonrisulta affatto un genitivo I, ma un evidente ablativo I < *θuvais. Perciò,dato che l’iscrizione di San Manno si trova sull’architrave di una stanzet-ta scavata fuori dall’area rettangolare originaria dell’enorme sepolcro gen-tilizio e, come si capisce, tale ‘stanzetta’ doveva essere riservata all’uso diun ramo specifico della gens Precu, ritengo che šians possa aver assuntoun valore semantico analogo a quello del lat. sanus (forse l’assonanza nonè casuale, vista la non molto convincente etimologia indoeuropea propo-sta per il termine in questione): ‘intero’, ‘integro’ / ‘saggio’, ‘fiorente’,applicabile sia come epiteto al genietto Mariš e al funzionario della tavo-la di Cortona, sia al difficile testo di San Manno.

31 V., per es., l’iscrizione arcaica su fibula aurea (la ‘fibula di Dallas’,630 a.C ca.), pubblicata recentemente (v. DE SIMONE 1996b): mi muluaraθiale θanaχvilus prasinaia ‘io (sono) donato da Arath a ThanachvilPrasinai’ (si noti come, a questo livello cronologico, la forma in pertinen-tivo funga regolarmente da agentivo), nonché Ve 3.1, 3.10; Ta 3.2; Ta 3.4;Co 3.6; Co 3.7; Um 3.2; OA 3.5; OA 3.9.

32 Nella flessione nominale i casi nominativo e accusativo non sonodistinti (per entrambi marca zero); tali forme non marcate sono anche defi-nite ‘in caso assolutivo’. La flessione dei pronomi distigue invece il nomi-nativo (non marcato) dall’accusativo (in -ni > -n).

ELEMENTI DI MORFOLOGIA ETRUSCA 15

Gen. I -s -sGen II -(i)a -(ia)lAbl. I -is -is33

Abl. II -(i)alas (ia)lsPert. I -si -siPert. II -(i)ale -(ia)leLoc. -i -i

Ass. pl. um. -r -rGen. pl. um. -ras -rasAbl. pl. um.34 *-rais *-resPert. pl. um. -rasi -rasiLoc. pl. um. *-rai *-re35

33 In etrusco recente i temi in -a presentano l’ablativo I in -es (< -ais:cfr. larθals afunes ‘da Larth Afuna’, sul cippo di Perugia, o petruis sceves‘da Petru Sceva’, sulla tavola di Cortona).

34 Non mi risultano attestazioni sicure (arcaiche o recenti) di ablati-vo plurale umano. Sono state ricostruite forme col morfema dell’ablativoI, dato che per i plurali in -r (< *-ra) si impiegavano certamente i suffissidel genitivo I (-ra-s) e del pertinentivo I (-ra-si).

35 Forse si può trovare un esempio di locativo (più posposizione) plu-rale umano nel Liber Linteus, vale a dire haθrθi (< *-re-θi < -rai-θi: inepoca molto recente ci sono tracce di una tendenza della sincope a propa-gare la sua azione colpendo sillabe [*-re-θi < *-rai-θi avrebbe dovutoessere preservato: cfr. spelane-θi (< -ai-θi) e spel-θi (< *spel-i-θi) sulcippo di Perugia oppure mlesiê-θi (< -ai-θi) e špan-θi (< *span-i-θi) sullatavola di Cortona] che, in una precedente fase del neoetrusco, erano rima-ste indenni per ragioni morfofonologiche: es. Tinas > Tins; Velus > Vels[Pe 1.948]; Larθal > Larθl [AS 1.9]). In particolare haθrθi ricorre in for-mule del I e del II rituale degli dèi sic seuc (cfr. RIX 1991): cišu-m pute tulθanšur haθrθi repinθic ‘e i <cerimonieri> <girino attorno al> vaso tripli-ce tra gli haθr- e il *repina’ (per tul ‘<girare>’ cfr. tular ‘confine’; cfr.inoltre lat. tull(i)us ‘zampillo’, ‘getto d’acqua’ e, per la semantica, l’in-glese well ‘fontana’, etimologicamente collegato alla stessa radice indoeu-ropea di lat. volvo ‘girare’, ‘voltare’). La costruzione col ‘doppio locati-vo’, col possibile significato di ‘tra … e …’ è stata individuata da me perla prima volta nel sintagma del cippo di Perugia θii falsti ‘tra l’acqua e ilpalo’ e in quello della tavola di Cortona španθi mlesiêθic ‘tra il piano e il

16 Giulio M. Facchetti

Ass. pl. non um. -(χ/c)va -(χ/c)vaGen. pl. non um. *-(χ/c)vaia -(χ/c)valAbl. pl. non um. *-(χ/c)vais -(χ/c)vesPert. pl. non um. *-(χ/c)vale -(χ/c)valeLoc. pl. non um. -(χ/c)vai -(χ/c)ve

La distribuzione dei suffissi ‘primi’ e ‘secondi’ in etàrecente è chiara per quanto riguarda i gentilizi: i primi sonoimpiegati per i nomi riferiti a uomini,37 i secondi per i nomiriferiti a donne.38 La distribuzione dei suffissi nei nomi indi-viduali (prenomi e cognomi) risponde a una regola fonotatti-

<colle>’. Un’analoga prescrizione si trova ripetuta con piccole variazioninegli altri due rituali principali del Liber Linteus (quello del ‘nume che (è)sul craps-’ e quello di Nettuno): in entrambi i casi la celebrazione si svol-ge a favore di una singola divinità (e non di più dèi assieme, come prima)e perciò compaiono un unico θanš (‘<cerimoniere>’) e un unico hat- (altropartecipante al rito); *repina, poi, per quanto ne sappiamo, potrebbe ancheavere un referente non umano o inanimato: cišu-m pute tul θanš hate repi-nec ‘e il <cerimoniere> <giri attorno al> vaso triplice tra il hat- e il *repi-na’. Paralleli bilinguistici a simili ‘spostamenti’ dei cerimonieri si posso-no forse ritrovare nelle Tavole Iguvine (v. IIb, 19-21); mi riservo di ritor-nare su tutta la questione con un intervento ad hoc.

36 L’arcaico zusleval letto dal Rix sulla tegola di Capua (TC 11) èstato corretto in zuslevai (locativo plurale) in CRISTOFANI 1995. Non mirisultano dunque attestazioni arcaiche di genitivo plurale non umano.

37 Nell’Etruria meridionale l’assolutivo dei gentilizi maschili è mar-cato, fin dall’età arcaica, con una -s che lo rende indistinguibile dal geni-tivo (perciò al sud: assolutivo Velχanas, genitivo Velχanas; al nord: asso-lutivo Velθina, genitivo Velθinas).

38 RIX 1984, p. 226. I gentilizi (nonché i cognomina e anche alcuniprenomi) femminili hanno un suffisso -i, che marca il genere naturale.Perciò a un assolutivo maschile (settentrionale) in -na corrisponde unassolutivo femminile (veramente arcaico o arcaizzante) in -nai (genitivoarc. -naia, rec. -nal; cfr. anche il nome etrusco di Giunone, Uni, gen. arc.Uniia, rec. Unial). Il professor Agostiniani mi ha fatto notare che le formerecenti dei gentilizi femminili in -nei derivano da un fatto di rimarcaturain conseguenza del normale esito arc. -ai > rec. -e (dunque -ne+i < *-nai+i).

ca: gli allomorfi secondi ricorrono quando la finale del temadel nome è in -θ o in -s/š; altrimenti si trovano gli allomorfiprimi. In effetti la regola risale ad età preistorica, ma apparesecondaria perché non sempre seguita negli appellativi.39 Inalcuni casi dietro le irregolarità si possono intravedere feno-meni di ristruttuazione analogica. Per esempio l’arcaicomlac/χ (< *mlac/χa) ‘buono’ presenta il regolare genitivo Imlac/χa-s e il recente locativo mlace (< *mlaca-i); d’altro latoθunχulθ- ‘accordo’, pur avendo attestato il locativo θunχulθe(che deriva da *θunχulθa-i e dunque presuppone un assoluti-vo preistorico *θunχulθa) non presenta un genitivo I *θun-χulθ-as (o almeno *θunχulθ-s), ma un genitivo II θunχulθ-l.L’influsso analogico dei temi (originari) in -θ o in -s/š puòservire da spiegazione in questo caso, così come nelle occor-renze che presentano entrambi i genitivi, come neš-s (<*nešV-s) / neš-l ‘del <cimitero>’ e cilθ-s (< *cilθV-s) / cilθ-l‘della rocca’. Come si vede dagli ultimi esempi è altresì pro-babile che molti casi anomali (cioè di genitivi I con temi in -s/š o -θ) presentino in realtà la caduta per sincope più recentedell’originaria vocale tematica.40

La flessione del plurale risulta evidentemente dall’aggluti-nazione dei suffissi del plurale umano e non umano con i nor-mali morfemi casuali. Il plurale umano impiega gli allomorfi‘primi’ e il plurale non umano gli allomorfi ‘secondi’ (conl’eccezione, a quanto pare, dell’ablativo: neoetr. zusle-ves <*zusle-vais ‘parte degli animali’).

ELEMENTI DI MORFOLOGIA ETRUSCA 17

39 Per tutta la questione v. RIX 1984, p. 226.40 Per esempio il nome etrusco di Giove, Tin(i)a (probabilmente

[tiña]), ha un genitivo arcaico Tinas (Ta 3.2) e un genitivo recente sinco-pato Tins. A margine segnalo la necessità di tenere ben distinto il teonimoTina dal nome etrusco per ‘giorno’, etimologicamente connesso (come lat.Iuppiter con dies), che ha attestate una forma arcaica tina (genitivo tinas;v. Cr 4.2-3: hutila tina ‘il <sesto> giorno’; šeas tinas ‘di quattro giorni’;χias tin[as] ‘di ogni giorno’) e una forma recente di locativo tins-i, chepresuppone un assolutivo e tema-base in sibilante *tins (v., per quest’ulti-ma considerazione, AGOSTINIANI 1992, p. 57 nt. 35).

18 Giulio M. Facchetti

Si è già più volte insistito sul riconosciuto carattere bimor-fematico del suffisso del pertinentivo (= genitivo + locativo),mostrando come esso risulti evidente nel caso del pertinenti-vo I -s-i. Tuttavia sorge un problema nell’analisi del pertinen-tivo II, che ha come forma originaria -iale.41

Il Rix ha scritto: «gli esiti -la-s dell’ablativo II (cfr. § 33) e-le del pertinentivo II (cfr. § 34), derivante presumibilmenteda *-la-i, ci portano a ricostruire una protoforma *-la del suf-fisso -l del genitivo II».42

Si è visto poco sopra come l’Agostiniani abbia inequivo-cabilmente dimostrato che la protoforma del genitivo II era inrealtà -/ia/ o -/ja/ (eventualmente -/ial/ o -/jal/). Perciò l’anali-si del Rix presenta due punti deboli, perché la forma origina-ria del pertinentivo era -iale (e non -le) e perché il pertinenti-vo II in -iale compare così già in testi del VII secolo a.C.,43

mentre il passaggio -ai > -e è attestato solo dall’inizio del Vsecolo.44

Anche l’Agostiniani, del resto, pur dichiarando bimorfe-matici i suffissi del pertinentivo I e II (-si e -iale) non spiega,attesa l’allomorfia del genitivo -s / -ia(l), come si possa rico-noscere il morfema del locativo (-i) in -iale: «le morphèmedoit donc être analisé /s + i/, et parallélement, son allomorphedoit être analysé en /(i)a + le/, ou bien en /(i)al + e/».45

Le parole dell’Agostiniani suonano forse come un invito acercare un allomorfo -le o -e del locativo in -i.

Ragionando in questi termini si può trovare la soluzionedel problema. Infatti, escluse le più recenti forme di locativo

41 Fa 6.3 (650 a.C. ca.): mi araθiale ziχuχe ‘io fui dipinto da Arath’;Vc 3.2 (600 a.C. ca.): mi larθiale melacinasi mulu. ‘io (sono) donato daLarth Melacinas’.

42 RIX 1984, p. 226.43 Fa 6.3 e Vc 3.2 già citati.44 «In età arcaica troviamo -i dopo il tema terminante in -a (…), men-

tre in età recente i gruppi -a-i (…) sono divenuti -e» (RIX 1984, p. 224).45 AGOSTINIANI 1992, p. 56.

in -e (che sono da -a-i, come nel caso lampante di mlac/χ [<*mlac/χa] ‘buono’, gen. mlac/χa-s, loc. mlace), sulla basedelle precedenti osservazioni si può certamente indentificareun morfema per il locativo -le nella declinazione dei pronomidimostrativi.

Del pronome ita ‘questo’, ‘quello’ (usato come sostantivo,aggettivo e ‘articolo’ enclitico)46 abbiamo molte testimonian-ze risalenti all’età arcaica, così che è possibile ricostruire unparadigma pressoché completo.47

etr. arc. etr. rec.

Nom. ita eta / taGen. -itala / ital -tlaAcc. itani /itane / itan tnAbl. *itais teis / -tis / -tsLoc. -itale -tle / teiLoc.+posp. -ital-te tl-te-48

Nel confronto con la declinazione dei nomi saltano subitoall’occhio differenze strutturali, come la presenza di unamarca per l’accusativo e l’assenza (almeno stando ai – peral-tro non pochi - dati disponibili) di un caso pertinentivo. Il Rix

ELEMENTI DI MORFOLOGIA ETRUSCA 19

46 RIX 1984, p. 229.47 Non ho inserito nello schema le varianti arcaiche meridionali (di

cui si è già parlato) che rivelano una pronuncia fortemente velarizzatadella vocale tematica, perché esse non forniscono nessuna informazionesupplementare necessaria al nostro ragionamento. Comunque esse sono:gen. -itula; acc. itun; loc. -itule; loc.+posp. -itul-tei, quasi tutte dalla tego-la di Capua (v. CRISTOFANI 1995, p. 84).

48 La formazione complessa tlteltei (il Maggiani, nella relazionetenuta all’incontro di studio sulla Tabula Cortonensis svoltosi a Roma il22 giugno 2001 [atti in stampa], ha proposto una lettura corretta tltel . tei)della nuova tavola di Cortona contiene verosimilmente il locativo +posposizione tl-te- (cfr. cl-θi) del pronome dimostrativo in questione,come rilevato in AGOSTINIANI-NICOSIA 2000, p. 109.

ha classificato come pertinentivi le forme in -le: che le cose nonstiano così è provato al di là di ogni dubbio dai casi (ricono-sciuti come tali anche dal Rix) di locativo + posposizione, comeil tardoarcaico (500 a.C. ca.) -ital-te (dunque < *ita-le-te).49

Gli esiti sincopati recenti, così come il passaggio i- > e-,sono conformi alle regole del mutamento fonetico dall’etru-sco arcaico al neoetrusco. L’ulteriore caduta della e- (< i-) puòspiegarsi con fenomeni di risegmentazione a partire dalleforme articolate enclitiche che presentano, in certi contesti findall’età tardoarcaica, la scomparsa della -i-.50

L’altro pronome dimostrativo, ica ‘questo’, ‘quello’,51 ci

20 Giulio M. Facchetti

49 -te (rara variante arcaica e meridionale -tei, marcata come -tra-is(per cui v. infra) e da non confondere con il locativo recente di ita: tei) èuna posposizione (di cui si riparlerà infra) significante ‘in’, ‘presso’,annessa di regola a parole flesse al locativo (ad es. lanχum-i-te ‘sulla<bilancia>’ all’inizio di Cr 4.10.; v. FACCHETTI 2000, p. 63, nt. 362. Se lamia proposta di traduzione di lanχum- come ‘<bilancia>’ è giusta, michiedo se quest’espressione, con la cifra che la precede, non si possa inter-pretare come una specie di ‘data astrale’ [con riferimento all’omonimacostellazione], in cui si sarebbero dovute periodicamente celebrare le ceri-monie descritte nella restante parte del documento). Esiste un’attestazioneinequivoca di locativo -le + posposizione dell’altro pronome dimostrativoica (rec. eca / ca): muni-cle-t o muni-cle-θ (< *-cale-) ‘nel (luogo) sacro’.Per il valore del morfema -le della declinazione pronominale si possonoconsiderare, ad esempio, anche le forme in -cle-ri (nel Liber Linteus in unasequela di parole al locativo + posposizione -ri: spure-ri, meθlume-ri, svele-ri) nonché il sintagma etve θaure lautnescle ‘nel <grande> sepolcro gentili-zio’ della già vista Pe 5.2, in cui c’è la forma articolata concordante con ilocativi precedenti (in -e < -a-i): lautnes-cle ‘in quello della famiglia’.

50 CRISTOFANI 1995, p. 84.51 La differenza tra ica e ita sembra consistere (almeno nelle fasi del-

l’etrusco che ci sono testimoniate) nel fatto che, in opposizione, esprime-vano, rispettivamente, una maggiore o una minore vicinanza al parlante(di ciò ho detto più diffusamente in FACCHETTI 2000, p. 32 s., discutendonei dettagli degli esempi noti di uso oppositivo dei termini in questione:ita / ica-c sulla lamina A di Pyrgi e cei / teis sul cippo di Perugia; d’al-tronde è naturale attendersi che la deissi espressa dai dimostrativi sia strut-turata sulla base di un rapporto di maggiore o minore vicinanza all’emit-tente o al ricevente).

ELEMENTI DI MORFOLOGIA ETRUSCA 21

offre un insieme di attestazioni concentrate soprattutto nel-l’età recente.52

etr. arc. etr. rec.Nom. ica eca / caGen. *icala cla / calAcc. *icani / ican53 ecn / cn54

Abl. *icais ces / -cs

52 Escludo dalla nostra analisi i presunti plurali in -l (v. PFIFFIG 1969,p. 109), attestati solo in età recente e solo per ica (salvo forse il cortonesetltel). Per essi richiamo anche quanto ho scritto in FACCHETTI 2000, p. 27,nt. 114. Comunque le forme attestate sono: gen. I plur. czl (= *csl); gen. IIplur. clal; acc. plur. cnl; loc. plur. clel. A questi esempi si potrebberoaggiungere due nuovi casi, in cui tale -l sembrerebbe annessa alla formadi loc.+posp. : clθi-l e tlte-l (entrambi sulla tavola di Cortona, secondo lenuove letture del Maggiani). Se l’ipotesi in questione fosse in qualchemodo fondata, la successione dei segmenti morfemici contrasterebbe conquella tipologicamente ‘normale’, cioè RADICE+NUMERO+CASO, effetti-vamente riscontrabile nella declinazione nominale (AGOSTINIANI 1992, p.53). Si potrebbero ricercare le giustificazioni di questa anomalia soprat-tutto riflettendo sulla constatazione che il presunto morfema pluralizzante-l è tipico dei pronomi (tipologicamente più soggetti ad ‘anomalie’ fles-sionali) ed è forse frutto di un’innovazione, dato che non se ne hannoesempi arcaici. Per una nuova proposta circa questo elemento -l, cfr.STEINBAUER 1998, p. 271. Conto di approfondire in un’altra occasionetutta la questione, che resta, per ora, in sospeso.

53 Forse si deve aggiungere anche icni, dalla tegola di Capua.54 Si osservi che il recente cen è un nominativo (< cehen < *ca-hen

‘questo qui’), come dimostra anche il cên della tavola di Cortona (AGO-STINIANI-NICOSIA 2000, p. 87), e non va confuso con l’accusativo cn. Sinoti che accanto a cen, cehen ‘questo qui’ (< *ca-hen: hen è un elementodeittico significante ‘ecco’, ‘qui’, che ricorre in contesti chiari del cippo diPerugia) esiste ceia (prob. < *ca-hia, come confermerebbe il sintagmaattestato ‘ceia hia’), da ritenere più o meno di identico significato. Sullategola di Capua ricorre una particella ia, che è verosimilmente da omolo-gare con hia. Cfr. Cl 1.403: hia . vipi . venu . vipinal . clan ‘qui (giace)Vipi Venu figlio della Vipinei’. A differenza di quanto ho scritto in FAC-CHETTI 2000, p. 32, sembra attestato un ten (< *tehen < *ta-hen) nel graf-fito su vaso del III secolo Sp. 2.75: ten larzl percius ‘questo qui (è) diLarza Perciu’.

22 Giulio M. Facchetti

Loc. *icale -cle / cei55

Loc.+posp. *icale-θi56 ecl-θi / ecl-θ / -cle-θ / -cle-t / cal-ti / cl-θ

Sulla (tardoarcaica) lamina aurea A di Pyrgi si registra lapresenza di una parola articolata (con ita) flessa con l’allo-morfo del genitivo I: munis-tas ‘di questo sacro’, ‘del sacro’.Un caso parallelo in -cas (> rec. -cs / cs), pressappoco coevo,si trova scritto sulla lamina plumbea di Santa Marinella (Cr4.10): aθemeis-cas.57

Questi casi, così come i locativi recenti58 cei e tei,59 sem-brano dunque rifatti sulla flessione del nome.

55 Forse il tardoarcaico icei che compare sulla tegola di Capua (TC 4)è il precursore di questa forma.

56 - θi (rec. -θ, -t, raramente -ti) è una posposizione di valore analogoa -te, parimenti impiegata col locativo (ad es. vina-i-θ ‘nella vigna’, spu-reθi (< *spura-i-θi) ‘in città’). V. AGOSTINIANI-NICOSIA 2000, p. 92 s.

57 Di questa parola articolata, che può essere connessa con il tardo(parimenti articolato) aθumics del cippo di Perugia (FACCHETTI 2000, p.51, nt. 297), è attestata, sempre in Cr 4.10, la forma dell’accusativo aθe-meican, cioè aθeme-ican. Ciò implica che in aθemeiscas sono flessi ingenitivo sia la parola base sia il dimostrativo enclitico, essendo cosìriscontrabile un altro esempio avvalorante il fenomeno di metafonia pala-tale (o di metatesi) postulato da Giulio Giannecchini per hamϕis-ca (<*hamϕes-ica) ‘quello di destra’ (GIANNECCHINI 1996, p. 290), da me giàrichiamato a proposito di tameresca (< *tameras-ica) ‘questo della came-ra’ (FACCHETTI 2000, p. 40). Dunque aθemeiscas < *aθemes-icas. Quindianche per munistas, citato poco sopra, si può ricostruire, a rigore, un ante-cedente *munis-itas.

58 Il -tei della tegola di Capua, che in CRISTOFANI 1995, p. 84 s. èconsiderato come un locativo (strumentale) di (i)ta, non è altro, in realtà,che la forma arcaica (o locale) della posposizione -te. Non ci sono prove,peraltro, che epnicei, alla riga 14 della tegola, sia da reputare una formaarticolata di epni-, piuttosto che il semplice locativo in -i di un lemmaepnice-.

59 Per un’analisi morfofonologica di cei e di tei (nonché di teis, percui v. anche AGOSTINIANI-NICOSIA 2000, p. 94) rinvio a FACCHETTI 2000,p. 31, nt. 152.

Lo studio comparato delle lingue indoeuropee mette benein risalto svariati casi di concorrenza tra la flessione del nomee quella del pronome (per es. il nominativo plurale *-oi e illocativo plurale *-oisu dei temi tematici o il genitivo plurale*-asom;60 ma gli esempi si potrebbero moltiplicare, anchenell’ambito di altre famiglie linguistiche).

In questa prospettiva viene quasi spontaneo analizzare ledesinenze ‘seconde’ della flessione nominale come risultantida un’interferenza (o da una connessione genetica) con i mor-femi della flessione pronominale.

A parte il caso bimorfematico pertinentivo (II) -ia-le, cherisulta ormai trasparente (+ia+le = +s+i = genitivo+locativo),anche la recente comparsa della -l del genitivo II può ora esse-re osservata da un diverso punto di vista.

L’esempio di ramuθa-s-i vestiricina-la (è un caso di accor-do parziale, di cui si è ampiamente trattato: praenomen in per-tinentivo e nomen in genitivo) risale alla prima metà del VIsecolo e può essere accostato a misala-la-,61 che si legge sullastele di Rubiera Pa 1.2 (VII sec. a.C.). L’aggiunta di aviza-la(in Fs 6.2, VII sec. a.C.), peraltro nel contesto di un’epigrafeabbastanza danneggiata, completa l’esiguo dossier di casi digenitivi arcaici II della declinazione nominale con -la al postodel regolare -ia.62

ELEMENTI DI MORFOLOGIA ETRUSCA 23

60 SZEMERÉNYI 1990, pp. 222 e 226.61 La posposizione -θ(i) / -t(i) era normalmente annessa a forme fles-

se al locativo. Tuttavia è indubbio un suo uso già arcaico con il genitivoin casi come uni-ia-θi (tardoarcaico uni-al-θi, rec. uni-al-θ) ‘nel (tempio)di Uni’; tin-s-θ ‘nella (casa) di Tina’. Nella fattispecie in questione misa-la-la-ti sembra da tradurre con ‘nel (territorio) di Misala’, dove Misalasarebbe un antico poleonimo. Sul piano fonetico è più opportuno conside-rare il -ti arcaico di misala-la-ti come una variante della posposizione -te(ugualmente ‘in’), piuttosto che di -θi. Sono importanti i confronti con irecenti tarχna-l-θ(i) ‘nel (territorio) di Tarquinia e velc-l-θi ‘nel (territo-rio) di Vulci’.

62 L’assolutivo di vestiricinala era *vestiricinai, il cui regolare geni-tivo sarebbe stato *vestiricinaia (< *-nai-ia), come papanaia, atianaia,nuzinaia, prasanaia, ecc.

Alla luce di tutte queste osservazioni e tenuto conto deidati ricavabili da modelli come arc. Larθ-ia / rec. Larθ-(i)al(assolutivo Larθ); arc. Uni-ia / rec. Uni-al (assolutivo Uni);arc. -na-ia (rarissimo -na-la) / rec. -na-l (assolutivo arc. -nai/ rec. -nei), bisognerebbe spiegare se il rec. -na-l e il raro arc.-na-la63 vanno intesi come casi di vera e propria sostituzionedel morfema -ia con quello pronominale concorrente -la,oppure come il risultato di un già arcaico sviluppo del tipo *-aiala [ajala] > *-aala > -ala.

Una mera sostituzione di -ia con -la sembra esclusa pro-prio da forme recenti come Larθ-ial e Uni-al, che, evidente-mente, presuppongono un originario suffisso -ial (< *-iala?).D’altro canto anche l’ablativo arcaico -ialas compare informe come Uni-(i)alas-64 e snenaz-iulas,65 accanto a[Pa]panalas e Φersnalas, che si possono spiegare benissimocol passaggio *-naialas > -nalas, ossia con un fenomeno dicaduta di -i- (ossia di -[j]-) tra vocali uguali. Le forme arcai-che attestate di pertinentivo in -iale ci portano alla medesimaconclusione: Larθ-iale, Araθ-iale, ma Larθuzale (<*Larθuza-iale).66 Anzi, lo sviluppo (o il recupero) di -l(a)

24 Giulio M. Facchetti

63 Risulta chiaro, dai parallelismi tra le desinenze pronominali e imorfemi ‘secondi’ della declinazione nominale, che la -l del genitivo IIrecente è connessa con il suffisso del genitivo pronominale in -la (chetende a passare a -l già in età tardoarcaica, anche se poi, in età recente, sonoanche attestate forme sincopate come -tla e cla) e, a tanta maggior ragio-ne, con il -la di vestiricina-la e degli altri esempi arcaici citati.

64 Cfr., per -ii- > -i-, il genitivo arc. Uniia / rec. Unial.65 Si è già osservato che la -u- di -iulas (per il normale -ialas) è tipi-

ca dell’etrusco della tegola di Capua.66 L’analisi della forma Larθuza-le, d’altro canto, pone una serie di

problemi, che cercherò di spiegare. Anzitutto la forma base è un diminuti-vo del prenome Larθ formato con un suffisso -uza, lo stesso che ritrovia-mo in qutum-uza ‘brocchetta’ da qutum ‘brocca’, in zaven-uza ‘tazzina’ dazavena ‘tazza’ e in leχtum-uza ‘piccolo lekythos’ (tutti esempi arcaici).Non interessa in questa sede precisare se tale suffisso -uza vada ritenuto laforma originaria del più diffuso -za o sia da interpretare come un caso di

potrebbe essere stato causato o accelerato dalla tendenza allacaduta di tale -i- intervocalica e dalle conseguenti ambiguitàche ne derivavano: per es. l’assolutivo *Larθuza ‘piccoloLarth’ sarebbe rimasto indistinto dal suo genitivo *Larθuza(< *-zaia).

Dunque il genitivo II arcaico -ia presuppone una protofor-ma *-iala? Questa ipotesi richiederebbe un passaggio *-iala >*-ial > -ia, avvenuto già in età prealfabetica (vestiricinala e

ELEMENTI DI MORFOLOGIA ETRUSCA 25

doppia suffissazione costruita con l’altro suffisso per diminitivi -iu (perciò-(i)u-za [anche se si dovrebbe spiegare dove finisce la -i-]; il caso inversoè certamente attestato: -ziu < *-za-iu, nei prenomi maschili Larziu,Arnziu). Il termine in esame compare graffito su un vaso della fine del VIIsecolo, nell’epigrafe Fs 6.1: mi zinaku larθuzale kuleniiesi ‘io (fui) pro-dotto da Larthuza Kuleniie’; non c’è dubbio che si tratti di un pertinentivo,ma, visto che i prenomi in -a (maschili o femminili) hanno sempre rego-larmente il pertinentivo I in -asi (e non quello II in -ale) la forma Larθuza-le (invece dell’atteso *Larθuza-si) è sicuramente strana. L’unica spiega-zione che mi sembra plausibile è che l’impiego degli allomorfi II fosse uneffetto dall’analogia esercitata sul diminutivo dalla flessione della formabase Larθ (gen. arc. Larθ-ia / rec. Larθ-(i)al; pert. Larθ-iale). In neoetru-sco esiste un diminutivo di Larθ, Larza (verosimilmente < Larθuza-, pereffetto della sincope del V secolo), per il quale abbiamo attestato un solocaso di genitivo I in Fe 2.5 mi larzas p[e]trunis ‘io (sono) di LarzaPetruni’, accanto a vari esempi di genitivo II, quasi esclusivamente su vasida Spina: Sp 2.16 larzal ‘di Larza’; Sp 2.71 mi larzl šekstalus ‘io (sono) diLarza Šekstalu’; Sp. 2.75 ten larzl percius ‘questo qui (è) di Larza Perciu’;Sp. 2.94: larzl caznas ‘di Larza Cazna’. Larzl è senza dubbio riduzionerecenziore di Larza-l (cfr. il gen. del nome di Tina, il Giove etrusco: Tinas> Tins; il gen. di Larθ: Larθal > Larθl, ecc.): si può verificare che a Spinala forma base del prenome è scritta Larθ (Sp 2.19), peraltro attestato unasola volta contro le quattro testimonianze dell’assolutivo del diminutivoLarza (Sp 2.29, 2.58, 2.27, 2.108), che, se aggiungiamo gli esempi in geni-tivo, risulta il prenome maschile di gran lunga più impiegato nella docu-mentazione superstite di Spina stessa. In Cl 1.176, poi, Larzl sembra fun-gere da patronimico, mentre il Larzal di Pe 1.132 è in realtà una scritturaincerta integrata dal Rix. Un fenomeno analogo di sostituzione di allomor-fi II ai I si può riscontrare per il diminutivo del prenome maschile Laris(gen. Laris-al; pert. Laris-ale), cioè Lariza (< *Laris-za), che accanto a unregolare gen. I Larizas (Po 2.23), presenta un gen. II Larizl (AT 1.183).

gli altri pochi esempi del genere conserverebbero relittual-mente l’antico suffisso), nonché una spiegazione per la natu-ra chiaramente bimorfematica del pertinentivo (già arcaico) in-ia-le, in cui -ia- (e non -iala-) marca il genitivo.

Veramente un passaggio *itala > ital si può constatare solonella fase tardoarcaica, nel testo della tegola di Capua,67 maquesto potrebbe essere un riflesso di un maggior conservato-rismo della declinazione pronominale.68 Per -ia-le sarebbeforse immaginabile una sua derivazione da *-ial-le e/o unadiffusione in una fase preistorica non molto remota del perti-nentivo, di cui, del resto, non si trova traccia nella flessionedei pronomi.

26 Giulio M. Facchetti

67 Materialmente trascritta all’inizio del V sec. a.C. (nel 470 ca.,secondo il Cristofani), la tegola si rifà tuttavia certamente a un testo piùantico. Nel complesso essa sembra il risultato di una stratificazione di fasilinguistiche più o meno arcaiche oppure di un intervento di ammoderna-mento testuale (CRISTOFANI 1995, p. 87 s.).

68 La più recente e convincente spiegazione fonologica per l’assenzain età arcaica della -l nel suffisso del genitivo II dei nomi si trova in AGO-STINIANI 1993, p. 26 ss. (cancellazione o evanescenza di /l/ finale velaredopo /a/ velarizzata; v. il concorde RIX 1997, p. 37). Questa spiegazione ènecessaria se si crede a una -l originaria, scomparsa in età preistorica eripristinata in età recente su pressione paradigmatica. Una protoforma *-iala implicherebbe comunque un passaggio a *-ial avvenuto in una fasepreistorica ancora più antica rispetto alla caduta di -l (attraverso tutto ilfenomeno sarebbero comunque passati indenni i genitivi dei pronomidimostrativi, ugualmente uscenti in -a-la). A Cere è testimoniato qualchegenitivo in -ial fin dalla metà del VI secolo: arantaial (Cr 2.45), apucuial(Cr 2.72), culnaial (Cr 2.54, 55 e 57), tutti femminili < -i-ial, come atiial(Cr 2.49, 50 e 59). In Cr 2.54 (VI secolo) si trovano le due forme, arcaicae recente (cioè con e senza -l), nello stesso sintagma: mi culnaial ulpaia ‘io(sono) di Culnai Ulpai’ (v. BIONDI 1992, p. 67 s.; però per me *Ulpai è pre-nome e non gentilizio). Anche sulla lamina votiva Cr 4.2 (500 a.C. ca.) silegge il genitivo arcaico del nome della dea (Uniia-) e quello recente delgentilizio della dedicante (Caθarnaial). Non si deve infine trascurare, anzisi deve porre in primo piano, il metronimico Vanalašial della stele diLemno. Sul carattere non velare, ma palatale della l (almeno in posizionefinale) del lemnio, v. AGOSTINIANI 1995b, p. 36.

D’altra parte i presunti relitti come vestiricinala, piuttostoche come sparuti superstiti, rispetto a sviluppi fonetici abba-stanza remoti, apparirebbero ugualmente, e forse meglio,interpretabili come la traccia di un’incipiente interferenza trail genitivo dei pronomi -l(a) e il genitivo II dei nomi -ia. Sisarebbe dunque trattato di una rimarcatura favorita in casi incui la caduta della -i- intervocalica di -ia determinava ambi-guità paradigmatiche. Tali ambiguità si sarebbero certamenteaggravate dopo le sincopi del V secolo69 e ciò giustifichereb-be bene la generalizzazione di tale -l proprio in quel periodo.Tutto sommato non mi pare che ci siano prove concludentiper decidere a favore di una delle due possibili protoforme delgenitivo II: *-ia o *-iala (ovvero *-ja o *-jala).

Rimane da trattare l’ablativo, di cui la declinazione arcai-ca dei nomi presenta gli allomorfi I -is e II -ialas. Secondo mel’idea del Rix che «der Genitiv I endete ursprünglich auf -si,dessen auslautendes -i vorhistorisch apokopiert wurde»70 e«das Ablativmorphem war ursprünglich beim Genetiv I eben-so -s (oder -s- mit einem folgenden, vorhistorisch apokopier-ten Vokal) wie beim Genetiv II»71 ha un fondamento nellamisura in cui consente di individuare un netto parallelismo tra*-si-s e -iala-s. Nel caso dell’ablativo I una metatesi (per ilRix *-sis > *-iss > *-is) sembra ammissibile, con alcunevarianti di dettaglio, anche all’Agostiniani.72

L’ablativo I (-is) è peraltro poco attestato nell’età arcaica.Mi sembra che si possano citare come sicure73 solo le forme

ELEMENTI DI MORFOLOGIA ETRUSCA 27

69 RIX 1984, p. 216.70 RIX 1989a, p. 191.71 RIX 1989a, p. 191.72 V. AGOSTINIANI 1992, p. 57, in cui si pensa, esattamente, a un pas-

saggio *-si > -is, dovendosi comunque tenere ben distinto tale *-si dal suf-fisso del pertinentivo I (diversamente, mi pare, in IDEM 1982, p. 214 s.).

73 L’antichissima epigrafe Ve 0.1 (su vaso; fine VII sec. a.C.) è pur-toppo frammentaria: ]tazais . [?; per huriniiarais e kamuneis, leggibilisulla discussa defixio di Poggio Gaiella, v. COLONNA 1993.

capuane Savlasieis ‘dal (dio) Savlasie’, turzais ‘partedell’(offerta) turza’, lavtunuis ‘dalla famiglia’ e riθnaitultrais‘da parte di quello riθna’, in cui compare la posposizione -tra(della quale si parlerà meglio tra poco), recante la marca del-l’ablativo, fatto riscontrabile anche in Unialas-tres (< -trais)‘da parte di Uni’, sulla lamina A di Pyrgi.

Anche qui si presenta l’alternativa di reputare il morfemaII -ialas come originario oppure come derivato da una sorta difusione-rimarcatura tra un primitivo *-ia-s e l’antico suffissodei pronomi *-la-s, parallelamente a quanto si è scritto a pro-posito del genitivo II.

Dei pronomi ica e ita abbiamo purtroppo solo degli esem-pi recenti di ablativo, tutti formati con lo stesso allomorfo Idella declinazione nominale, il che rappresenta una singola-rità,74 considerati i vistosi parallelismi riscontrabili tra morfe-mi flessionali (arcaici) dei pronomi dimostrativi e allomorfi IIdella flessione dei nomi. Perciò non è escluso, ma è anzi pro-babile, che, in origine, l’ablativo dei pronomi fosse in *-la-s.

La dedica in neoetrusco Vt 4.5, incisa su un bronzetto voti-vo, conserva forse l’esempio di un ablativo clz < *ica-las.75

fl . šupri manince / vipinaltra ulχnišla /Fl(ave) Šupri diede in ricordo, da parte della Vipinei moglie di Ulchni

clz tatanus(e) da quello (= dal figlio?) di Tatanu.

Ricapitolando tutte le precedenti osservazioni, possiamoradunare in uno schema le forme preistoriche (o comunque lepiù antiche forme ricostruibili) dei morfi delle declinazionidei nomi e dei pronomi etruschi.

nomi pronomi

Nom. *-Ø *-ØAcc. *-Ø *-niGen. I *-si

28 Giulio M. Facchetti

Abl. I *-sis(V)Gen II *-i/ja o *-i/jala *-laAbl. II *-i/jas(V) o *-i/jalas(V) *-las(V)Loc. *-i *-le

Ass. pl. um. *-raAss. pl. non um. *-χva

In chiusura segnalo il suffisso per collettivi ‘umani’ -θur,genitivo -θura-s (dunque assolutivo preistorico *-θura),76 incasi come paχaθur- ‘i baccanti’ (= l’insieme dei paχa-, deibacchi77) e Marcniθur ‘l’insieme dei Marcni’ (= coloro chesingolarmente si chiamano Marcni). Tale suffisso dev’esserein qualche modo etimologicamente connesso col *-ra dei plu-rali ‘umani’.

ELEMENTI DI MORFOLOGIA ETRUSCA 29

74 Da reputare un caso di interferenza, così come i tardoarcaicimunis-tas e aθemeis-cas, già esaminati.

75 Cfr. RIX 1984, p. 229.76 Le attestazioni recenti in -θura presentano invero il suffisso agget-

tivale -ra (*-θur-ra): paχaθura ‘relativo ai baccanti’ e il cognomenAneiθura ‘colui degli Anei’ (cfr. AGOSTINIANI-NICOSIA 2000, p. 59 s.).77 In Grecia gli adepti erano chiamati ‘bacchi’, come il dio (AGOSTINIANI-NICOSIA 2000, p. 60).

PRONOMI PERSONALI E RELATIVI

Finora si è parlato soltanto di pronomi dimostrativi, fun-genti anche da pronomi personali di terza persona.

Del pronome di prima persona singolare si conoscono cer-tamente mi ‘io’ e mini ‘me’, in cui si ritrovano i morfi zero e-ni marcanti, rispettivamente, il nominativo e l’accusativo.

Il Rix ha proposto78 di riconoscere nel tardo un l’accusati-vo (< *un-n < *un-ni oppure < *una-n < *una-ni)79 del pro-nome di seconda persona singolare, il che mi sembra plausi-bile, anche alla luce dei nuovi elementi emersi a favore diun’interpretazione di nunθen come voce verbale di prima per-sona (‘invoco’) nelle preghiere del Liber Linteus in cui ricor-re un.80

Per mi e un non c’è finora la benché minima traccia di ungenitivo -la o di un locativo -le, analoghi a quelli dei dimo-strativi. Ciò può imputarsi alle lacune del nostro corpusdocumentale, anche se c’è l’eventualità che une81 rappresentiil locativo di un.

78 RIX 1991.79 RIX 1991, p. 684.80 Di ciò ho scritto anche in FACCHETTI 2001b; comunque riprenderò

l’argomento, infra, nella parte dedicata alla morfologia del verbo.81 È ipotizzabile una sua derivazione da *una-i, non certo da *un(V)-

le, perché in etrusco il gruppo -nl- interno si conserva (cfr. venlis, venltus);semmai sembra verificabile, in posizione finale, il passaggio, per assimila-zione, *-nl > *-ll > -l (arc. Venel > *Venl > rec. Vel). Si noti che il genitivorec. Velus (arc. Venelus) si deve analizzare come forma rifatta sull’assolu-tivo e non come il risultato di un passaggio -nl- > -ll- > -l-.

È dubbio se enas, (< *enas-s? V. infra) sul Liber Linteus,possa significare ‘di noi’. L’eventuale pronome per ‘voi’sarebbe individuabile in unu- anzi, più precisamente, in unuχo unul.82 Il Rix ha giustamente ipotizzato il riconoscimento diuna formazione sulla base di un mediante un suffisso plura-lizzante. Peraltro egli, fondandosi su considerazioni morfolo-giche ormai superate,83 ha stimato preferibile la lettura unuχ.A me sembra, invece, che, se proprio dovessimo scegliere,andrebbe preferita la forma unul, dato che nella morfologiadei pronomi è verosimile che esistano tracce di una marca delplurale in -l.84

Ipotetica ma non del tutto inverosimile è l’esistenza di(pronomi e) aggettivi possessivi in -χ/c,85 come un-χ- ‘tuo’(un-χ-va ‘<tue cose>’ è forse una forma sostantivata marcatacol suffisso del plurale non umano),86 enes-c- ‘<nostro>’.87

L’Agostiniani88 pensa che l’elemento enclitico -(i)ša,posposto al nome declinato al genitivo (Veluša < *Velus-ša

32 Giulio M. Facchetti

82 Possibili forme per ‘voi’ (in accusativo) compaiono solo in puntidanneggiati del Liber Linteus. Il Rix, sulla base delle tracce visibili del-l’ultimo segno, indica unuχ e unul (per ragioni morfologiche escludo laterza eventualità unui) come sole plausibili restituzioni (RIX 1991, p. 686).

83 Non esiste un suffisso pluralizzante -(u)χ, che è invece un forman-te aggettivi o derivati (v. MAGGIANI 1998, 112 s.)

84 Ho già accennato ai presunti plurali in -l, attestati solo in età recen-te e solo per ica. Le forme attestate sono: gen. I plur. czl (= *csl); gen. IIplur. clal; acc. plur. cnl; loc. plur. clel.

85 Diffusissimo suffisso formante aggettivi di relazione o pertinenza.86 L’attestazione di *hilχva ‘<sue proprie cose>’ (per hil- / hel-

‘<proprio>’ v. FACCHETTI 2001a, che contiene la mia recente rianalisi erivalutazione [alla luce di nuovi elementi] di questa vecchia proposta inter-pretativa) nell’espressione hilχve-tra (v. infra, al commento della posposi-zione -tra) di LL VI, 2, rafforza, in qualche modo, l’interpretazione pro-posta per unχva.

87 Perciò enas ‘<di noi>’ andrà analizzato come *enas-s? Cfr. FAC-CHETTI 2000, p. 14 s., nt. 40.

88 AGOSTINIANI 1992, p. 58 s.

‘suo di Vel’; Larθial-iša ‘suo di Larth’) sia un modo di mar-care il possesso.

Il Rix ha invece suggerito di riconoscere in -(i)ša un altropronome dimostrativo, accanto a ita e ica.89

Detto elemento enclitico è declinato regolarmente, secon-do il paradigma dei pronomi dimostrativi:

Nom. -(i)šaGen. -(i)šla / -išvla90

Loc. -(i)šle / -išvle

Un suffisso -ša amplia la base sacni, per cui si ha sacniša,parallelamente al *sacnica presupposto da forme come sacni-cla, sacnicn, ecc. In questo caso, così come nell’esempio for-nito dal cognomen o epiteto alternante θelu / θeluša di AT1.105,91 una marca di possesso non avrebbe senso, mentre l’i-dea del Rix (pronome-articolo) sembrerebbe compatibile.D’altra parte non si può del tutto escludere che il -ša di sac-niša e θeluša (e casi simili) sia da reputare soltanto un suffis-so omonimo dell’enclitico -(i)ša.

Credo che *sacnica sia una forma di aggettivo articolatosignificante ‘quello sacro’ riferito, nel Liber Linteus, a un’a-

ELEMENTI DI MORFOLOGIA ETRUSCA 33

89 RIX 1984, p. 230.90 Nell’estate del 1999 ho discusso col professor Agostiniani la que-

stione della -v- che compare in tali forme. Io pensavo a una marca di plu-rale, visti i riferimenti dei contesti in cui appare e l’eventuale connessionecon il suffisso non umano -(χ)va. Tuttavia la spiegazione del professorAgostiniani, per cui tale -v- dovrebbe invece essere la trascrizione del trat-to subfonematico dell’arrotondamento della pronuncia della š, più eviden-te nel nesso -šl-, mi sembrò allora, e tuttora mi sembra, preferibile.All’incontro di studio sulla Tabula Cortonensis (Roma, 22 giugno 2001) ilprofessor Rix mi ha riferito che alcuni suoi allievi, giunti autonomamenteal riconoscimento del possibile carattere pluralizzante di questa -v-, stannopreparando uno studio specifico sull’argomento.

91 Presento una traduzione dell’epigrafe in questione in FACCHETTI2001a.

rea consacrata (locus sacer in senso giuridico-religioso), cosìcome il *munica del cippo di Perugia e il *munita della lami-na A di Pyrgi indicano loci divini iuris (rispettivamente reli-giosus e sacer).92

Il Rix ha pensato che *sacnica potesse indicare una con-fraternita religiosa, i cui membri sarebbero stati designaticome sacniša,93 ma, in seguito a una notevole rilettura di Ta5.5,94 sembra delinearsi l’idea che sacniša (ma anche il sem-plice sacni) significhi, almeno nella maggior parte dei conte-sti, ‘cosa consacrata’, nel senso di ‘consacrazione’:

Ta 1.47ramθa . aprinθnai . an / sacniša . θui . [ces]eθrceRamtha Aprinthai, che <la consacrazione> qui (ri)fece eseguire95

Ta 5.5(…) larθ . velχas . velθ[u]rus . aprθ[nal]c . cl[a]n . sacniša . θui .[cl]θ . šuθi . acazrce

34 Giulio M. Facchetti

92 V. FACCHETTI 2001b, p. 24 s. La radice sac- ‘consacrare’ ricorreanche sulla tegola di Capua e può essere un prestito dall’italico. Il signifi-cato proprio di etr. mun- sembra essere stato quello di ‘ordinare’: cfr.munθ(u)χ ‘ordine’, ‘cosmesi’ (eruibile da ‘bilingui figurate’); lat. (dall’e-tr.) mundus ed etr. munθ (< *munaθ) ‘ordinatore’, ‘sistematore’ (in Ta1.182): (…) calti šuθiti munθ zivas muršl XX ‘in questa tomba da vivo (fu)sistematore di 20 urne’.

93 RIX 1991, p. 682 s.94 Si tratta di acazrce per acazr (come si leggeva prima). La notizia è

di Massimo Morandi (v. WYLIN 2000, p. 279, nt. 721 per i riferimentibibliografici e per la conferma del Wylin, che pure ha effettuato un rilievoautoptico nella Tomba degli Scudi).

95 Integrazione ragionevole suggerita dal Wylin, sulla base di Ta 5.3(in cui compare ceseθce in un contesto analogo: v. WYLIN 2000, pp. 184 e284). È ugualmente condivisibile il possibile riconoscimento di un valoreiterativo al morfema -r- (WYLIN 2000, p. 246 s., eccettuate le considera-zioni relative ad atrš-, su cui non concordo), riconoscibile chiaramente nel-l’alternanza acas-ce / acaz-r-ce. Come si vede dalla mia traduzione, diver-samente dal Wylin, penso che -eθ-, nel caso di ces-eθ-ce e di [ces]-eθ-r-ce, aggiunga al tema verbale un valore causativo.

(…) Larth Velchas figlio di Velthur e della Aprthnei <la consacrazio-ne> qui in questa tomba ha rifatto96

Ta 5.3(…) [m]urinas . sacni . θui . ceseθce(…) [M]urinas <la consacrazione> qui fece eseguire

C’è inoltre l’importante testimonianza di AT 1.193 (suparete di sepolcro):

elnei ramθa clθ šuθiθ / sacniša θuiElnei Ramtha in questa tomba <la consacrazione> qui (fece);

huts teta / avles velus θansinas ati θutadi sei (nipoti) nonna; di Aule e Vel Thansinas madre <unica>97

La precedente lettura puts98 (invece di huts99) permettevadi ravvisare un notevole parallelismo con la sequenza leggibi-

ELEMENTI DI MORFOLOGIA ETRUSCA 35

96 acas- è certamente un verbo transitivo (cfr. sul rotolo di LarisPulenas: cn ziχ (…) acasce ‘quel libro (…) compose’); l’ordine basico deicostituenti in etrusco (SOV) è pienanente rispettato. Wylin, aderendo, inparte, all’interpretazione del Rix (sacniša = ‘sacerdote’ / ‘santo’), si trovanella necessità di supporre in Ta 5.5 un uso intransitivo di acaz-r-ce‘(ri)sacrificò’, cui annette il parallelo tipologico dell’osco fakiiad nelleiovile capuane (WYLIN 2000, p. 284).

97 Per θuta v. FACCHETTI 2000, p. 35, nt. 183.98 puts (variante grafica della mummia: puθs) in tutti i contesti appare

analizzabile come un participio; se è < *put-as si attaglierebbe di più unatraduzione all’attivo: ‘ponente’ (ma forse anche ‘ponente(si)’, ‘stante’,specificamente nella colonna XII del Liber Linteus, di cui ho trattato conlarghezza in FACCHETTI 2001a), con una leggera variazione rispetto alleproposte di RIX 1991, p. 683 e passim (in cui etr. puts = lat. positus).Escluso LL XII, 4 (per cui rimando al mio articolo appena citato), la formain questione ricorre sul rotolo di Laris Pulenas (Ta 1.17), in un punto noto-riamente difficile, anche se si può ravvisare la descrizione di una sequen-za di azioni di Laris Pulenas: alumnaθe hermu mele crapisces puts ‘nel<donario> la statua mele crapisces (fu) <ponente>’ / χim culsl leprnal pšlvarχti cerine ‘costruì ogni pšl varχti della porta di Leprnei’ / pul alumnaθ

le in Ta 1.159: (…) šuθi ceriχunce / saniša θui puts ‘la tombafece costruire, <la consacrazione> ponendovi’ (con saniša persacniša100). Comunque le precisazioni di Koen Wylin circa lanecessaria revisione delle letture e l’inopportunità di appog-giarsi solo a Ta 1.159, molto lacunosa e già cancellata nel-l’antichità, sono convincenti.101 Resta il fatto che quello che silegge in Ta 1.159 è ugualmente ben compatibile con la miaidea sacniša = ‘<consacrazione>’.

Anche il sacniša del Liber Linteus (LL VIII, 10), poi, puòben essere tradotto con ‘<consacrazione>’: vacl ar flereri sac-niša sacnicleri trin flere neθunsl, ecc. = esegui <la lode>102

36 Giulio M. Facchetti

ecc. tenin[e ‘completò lo <lo splendido> <donario>, ecc.’. Oltre alla ricor-renza sul rotolo di Pulenas ci sono OA 3.8 (marce svincinas alpan puts‘Marce Svincinas (fu) ponente come regalo’) e la preghiera del LiberLinteus (LL VIII, 12): trin flere neθunsl une mlaχ puθs θaclθ θartei zivasfler, ecc. = di’: «nume di Nettuno, <a te>, buono, <ponendo> sul θacl-θarte- la vittima viva, ecc.». Una forma di preterito puθce ricorre nel testo,purtroppo rovinato, AT 1.41, nel sintagma acil[χva] . šuθu . puθce ‘[le]oper[e] tombali <pose>’; anche l’epitaffio di Larthi Cilnei (per cui v. ilnotevole intervento STEINBAUER 1998) reca un puθsce. Noto infine chel’arcaico putes sembra spiegabile nel suo contesto (Ta 3.1: inizio VII sec.a.C.) solo come genitivo di pute ‘recipiente’: mi velelθus kacriqu nume-siesi putes kraitiles θis putes ‘io (sono) il kacriqu di Velelthu per Numesie;(il kacriqu) del vaso del kraitile, del vaso dell’acqua’ (ci sarebbe dunqueun chiasmo finale e kraitile indicherebbe una specie di liquido diverso dal-l’acqua; kacriqu ha l’aspetto di un participio passato in -[k]u da un temakacri-, altrimenti ignoto).

99 WYLIN 2000, p. 279, nt. 722, fornisce un’interessante relazione diuna recente ispezione diretta sull’epigrafe effettuata dallo stesso Autore, dacui risulta confermata l’impossibilità (già segnalata da AlessandroMorandi) di puts e l’alta verosimiglianza di huts. Quanto ad aulesi peraules, Koen Wylin (l.c.) nota che «la i dopo aules c’è senza dubbio, anchese incisa meno profondamente di altre lettere». L’incertezza del tratto (v.anche la tav. XVI del volume del Wylin) e il contesto morfosintattico mispingono in ogni caso a espungere tale presunta i.

100 RIX 1991, p. 681.101 WYLIN 2000, p. 221.102 La questione del significato di ar e, specificamente, di vacl ar sarà

ripresa dettagliatamente verso la fine dell’articolo.

per il nume, la <consacrazione> per l’area sacra, di’: «numedi Nettuno, ecc.».

D’altro lato, oltre ad AT 1.193, in cui, dopo le correzioni,per tradurre ‘<consacrazione>’ si deve sottintendere ‘fece’(peraltro le espressioni circostanziali in locativo richiamanochiaramente Ta 5.5), c’è un caso in cui sacniša funge sempli-cemente da aggettivo (significante ‘sacro’) ed è riferito a untitolo presumibilmente religioso o sacerdotale prevalentemen-te femminile (hatrencu):103

Vc 1.8[ra]mθa . papni . armnes . apu[-?- / pui]a . hatrencu . sacniš[a]Ramtha Papni [mogli]e di Armne Apu[…], hatrencu sacra

In Vc 1.10 si legge la variante hatrencu sacniv, che con-ferma la funzione complementare e aggettivale di sacni-ša /sacni-u:104

eca šuθi tarχas levial hatr[en]cu . sacnivquesta (è) la tomba di Tarcha Levi; (fu) hatrencu sacra105

ELEMENTI DI MORFOLOGIA ETRUSCA 37

103 Che hatrencu sia un titolo, riferito pressoché sempre a donne e atte-stato esclusivamente a Vulci, salvo il caso molto dubbio di Vs 1.128: a . seies. ha(trencu) / sacniša ‘Aule Seies ha(trencu) sacro’ (oppure va integratoha(stis) ‘(figlio) di Hasti’?), è mostrato da numerosi testi della Tomba delleIscrizioni: Murai Šeθra hatrencu (Vc 1.47); Prušlnai Ram(θa) hatrencu (Vc1.49); Zimarui hatrencu (Vc 1.50); (…) Višnei Ramθa h(atrencu) (…) (Vc1.53); Murai Ravnθu hatrencu (Vc 1.55); Zimarui Ramθa hatrencu (Vc1.58), tutte donne imparentate e appartenenti a famiglie importanti (VelZimarus [Vc 1.56] rivestì l’incarico magistraturale di zilat eterav). Un’altradefunta (o defunto?), di cui sono rimasti solo il patronimico e il papponimi-co è in Vc 1.61: ] larθal velušla hatrencu ‘[…] (figlia/o) di Larth, (nipote) diVel, hatrencu’. Vc 1.69 e 103 (in cui compaiono resti del titolo hatrencu)sono troppo rovinate per essere utilizzabili.

104 Formazioni aggettivali in -u sono ben note, come eterau da etera‘<plebeo>’.

105 Ho spezzato la frase in due parti perché l’epiteto della titolare è inassolutivo, non concordato col nome cui si riferisce (in genitivo). In que-

Solo l’epitaffio vulcentano Vc 1.17 (cippo tombale) ripor-ta sacniša riferito a una persona, ma senza hatrencu:

ravnθu seitiθi ativu sacniša aturšRavnthu Seithiti madre sacra (e) <parentela>106

Come si vede, sacniša è, in questo contesto, riferito adativu ‘madre’; ‘madre sacra’ può essere uno specifico titolosacerdotale di Ravnthu Seitithi.

Risulta comunque che in due testi sacniu funzioni autono-mamente come titolo. È possibile che sottintenda hatrencu (sirammenti il hatrencu sacniv di Vc 1.10). Il fatto che entram-be le epigrafi provengano da Vulci deporrebbe a favore diquest’ipotesi; tuttavia è quantomeno singolare che entrambi i‘titolati’ siano uomini:

Vc 1.4eca . šuθi . larθal . tarsalus . sacniuquesta (è) la tomba di Larth Tarsalus; (fu) (hatrencu?) sacro

Vc 1.46marce . tetnies . veru . sacniuMarce Tetnies Veru, (hatrencu?) sacro

Ricordiamo che hatrencu, nelle sue molte attestazioni, èsempre usato con donne, salvo che per il caso assai dubbio diVs 1.128: a . seies . ha(trencu) / sacniša ‘Aule Seies, ha(tren-cu) sacro’.

38 Giulio M. Facchetti

sto caso si tratta di un’altra donna e la costruzione è analoga a quella di Vc1.5: [ec]a . šuθi . creici(al) . θ(anas) . hatre(n)cu . par . prili ‘questa (è) latomba di Thana Creici; (fu) hatrencu <patrizia> <nel pril->’.

106 La traduzione aturš ‘(e) <parentela>’ si spiega alla luce delle argo-mentazioni che ho prodotto in FACCHETTI 2001a. In pratica l’indicazionein esame serviva a garantire l’ammissione nella Tomba François anche deidefunti della famiglia della Seitithi, moglie del titolare Laris Saties.

La vasta documentazione presentata dimostra inequivoca-bilmente che hatrencu è un titolo e la sua associazione consacni- lo iscrive nell’area religiosa e sacerdotale. Mi doman-do se non vi si possa riconoscere un composto con hat/θ-, incui, supra, esaminando le costruzioni col ‘doppio locativo’(hate repinec e haθrθi repinθic), ho provato a identificare unassistente (hat-) o un gruppo di assistenti (haθr-) alle cerimo-nie rituali del Liber Linteus. L’analisi morfologica risultereb-be hat-ren-cu. Riguardo a ren- (variante rin-) ho prodottomolti argomenti per un’interpretazione ‘<mano>’ (anche insensi traslati); la stessa base funziona poi anche come radiceverbale (soprattutto ampliata col tipico suffisso verbalizzante:ren-in- / ren-an-), col presumibile significato di ‘<affera-re>’.107 In conclusione, può darsi che -ren-cu sia in effetti unparticipio passato oppure una forma con doppia suffissazioneaggettivale -c-u. Per ora non si può però dire niente di sicurosul significato proprio di hat-.

Alla fine di questa lunga digressione si rileva dunque che,accanto all’elemento enclitico -(i)ša, esiste certamente un suf-fisso -ša che pare comportarsi in certi casi come gli articolienclitici -(i)ca e -(i)ta (il che sembra avvalorare l’idea del Rixche detto suffisso vada identificato, come terzo pronomedimostrativo, con l’elemento -(i)ša annesso ai genitivi diantropononimi). Del resto la riscontrabile equivalenza delcitato -ša con morfemi derivazionali come -u (v. sacniša / sac-niv) e la sua mancata attestazione come parola autonoma(diversamente da ica e ita), potrebbero far pensare a un sem-

ELEMENTI DI MORFOLOGIA ETRUSCA 39

107 Per i numerosi dettagli (si noti che con tale radice si riscontranoaltri possibili casi di composizione: rumit-rin-; ap-rin- / ap-ren-) si vedaFACCHETTI 2000, soprattutto p. 50, nt. 291, ma anche p. 39, nt. 222 e p. 93,nt. 549. Il senso del ren-an-a dell’epigrafe di Vulci (si noti il ren-, come inhat-ren-, ugualmente vulcentano) su pietra pertinente ad area religiosa Vc4.6, mi sembra ora (rispetto anche a l.c., p. 50, nt. 291) ben chiaro: ]n .šuris . ei [ / ] tei . renana ‘[…] del (dio) Šuri; che (tu) non <afferri> il […]su questo (supporto)’.

plice suffisso formante aggettivi, parzialmente omonimo del-l’elemento -(i)ša impiegato con gli antroponimi al genitivo. Ildubbio, allo stato attuale della documentazione, non mi appa-re risolvibile.

Segnalo in questa sede la base hil- / hel- per cui ho soste-nuto con nuovi e notevoli argomenti il significato di ‘<pro-prio>’.108 Una formazione ampliata con il suffisso aggettivale-u (hel-u) è attestata sul cippo di Perugia; di altri derivati,come hilar ‘<proprietà>’ e hilarθ(u)- ‘<possidente>’ hoampiamente trattato altrove.109 Il genitivo attestato è hels /hils- ‘<del proprio>’; un plurale non umano sostantivato*hilχva110 è identificabile in hilχve-tra ‘<attorno alle suecose>’, per cui rimando infra, al commento della posposizio-ne -tra.

Passando ai pronomi relativi, va rilevato come lo stessoAgostiniani111 abbia finalmente messo in luce in termini rigo-rosi la differenza tra an (riferito agli ‘umani’) e in (riferito ai‘non umani’). Sulla tavola di Cortona è comparsa la primatestimonianza dell’accusativo (probabilmente arcaizzante)inni.112 Il locativo di in sembra formato mediante la posposi-zione -te ‘in’, ‘presso’: inte si legge sulla tegola di Capua113 esul cippo di Perugia.

40 Giulio M. Facchetti

108 Una larga parte del mio intervento FACCHETTI 2001a è relativaall’argomento.

109 Ossia in FACCHETTI 2001a.110 Il parellelismo di *hil-χva ‘<sue cose>’ con unχ-va ‘<tue cose>’ è

già stato rimarcato e sarà ripreso ancora.111 AGOSTINIANI-NICOSIA 2000, p. 100.112 AGOSTINIANI-NICOSIA 2000, p. 99 s. È però probabile che la forma

‘normale’ dell’accusativo in neoetrusco fosse in (< inni); cfr. FACCHETTI2000, p. 67.

113 TC 8-10: išveitule ilucve apirase leθamsul ilucu cuiesχu perpricipen apires racvanies huθ zusle riθnaitultei snuza inte hamaiθi cuveiscaθnis faniri marza inte hamaiθi ital sacri utus ‘nelle feste delle idi in apri-le, si deve compiere la festa cuiesχu del (dio) Lethams; il sacerdote diApire Racvanie <conduca> sei (animali) zusle nel riθnaita, un piccolo

Pronomi relativi indefiniti con raddoppiamento (come lat.quisquis, quidquid) sono attestati nelle espressioni del LiberLinteus: ananc esi ‘chiunque voglia’, ininc esi ‘qualunquecosa voglia’. Si noti la congiunzione enclitica -c ‘e’, in rap-porto a lat. -que, quicumque, quisque.

La congiunzione enclitica -(u)m ‘ossia’, ‘anche’ (= lat. -ve)appare invece nella declinazione di χi(a)- ‘ogni’, ‘tutto’.114

etr. arc. etr. rec.

Ass. *χiam χim / χiem (arcaizzante)Gen. χias χisLoc.+posp. χimθ

Il pronome relativo-interrogativo ipa è molto diffuso nel-l’età arcaica, mentre in neoetrusco la forma-base ipa è impie-gata soprattutto come congiunzione dichiarativa.115 L’ac-cusativo recente inpa dovrebbe discendere dall’antichissimo

ELEMENTI DI MORFOLOGIA ETRUSCA 41

(animale) snu-, sul quale (= inte) deve fare la dichiarazione all’<altare?>fuori dal cuve caθni, (e) un piccolo (animale) mar-, sul quale (= inte) devefare la consacrazione all’<altare?> di quello (cioè del cuve caθni?)’.

114 Secondo quanto ho mostrato con vari indizi in FACCHETTI 2000,p. 22, nt. 83.

115 Che ipa funga in neoetrusco anche da congiunzione dichiarativa èconfortato da vari contesti di ricorrenza (specialmente quando ipa si trovain correlazione con verbi dispositivi riconosciuti o, per varie ragioni, alme-no sospettati di essere tali: Pe 5.2 eθ fanu lautn Precus ipa (…) ‘così (fu)decretante la famiglia di Precu, che (…)’; Ta 5.6 eθ fanu šaθec lavtnPumpus (…) ipa (…) ipa (…) ‘così (fu) decretante e <stabilì> la famigliadi Pumpu, che (…), che (…)’; cfr. anche il lucairce ipa del rotolo di LarisPulenas) e trova un notevole riscontro sul piano tipologico, perché ipasarebbe ricavato dall’omonimo pronome interrogativo-relativo, come nelcaso dell’italiano ‘che’; del greco *V dalla base del relativo ÷V, ¼, ÷n (v.anche ÷τι); della congiunzione turca ki dal relativo ki; della congiunzioneegiziana geroglifica ntt, formata sul femminile del relativo nty, ecc.). Cfr.FACCHETTI 2000, p. 15 e nt. 41.

inpein, a sua volta non molto perspicuamente collegato con lapostulabile protoforma *ipani.

etr. arc. etr. rec.

Nom. ipa ipaGen. ipas / ipal ipasAcc. inpein inpaLoc. ipe / ipei

Meritano un breve cenno il raro pronome dimostrativo esta‘quello’, genitivo estla,116 esprimente, a quanto pare, lonta-nanza dal parlante, e la formazione avverbiale (neoetrusca)cnticnθ ‘<verso lo stesso (luogo)>’, in cui non è difficile rav-visare un raddoppiamento del dimostrativo (e)ca, flessoall’accusativo con annessa la posposizione -θi ‘in’.117

42 Giulio M. Facchetti

116 FACCHETTI 2000, p. 10, nt. 20.117 Di regola con il locativo. In questo caso peculiare sembra usata

come lat. in + accusativo.

POSPOSIZIONI, CONGIUNZIONI E AVVERBI

Dopo gli studi del Greenberg è pacifico attendersi in unalingua di tipo SOV come l’etrusco118 la presenza di posposi-zioni, piuttosto che preposizioni,119 il che puntualmente siverifica.120

Ecco le posposizioni riconosciute:

-θi / -θ / -ti / -t ‘in’ (si annette al locativo)-te / -tei ‘in’, ‘presso’ (si annette al locativo)-ri ‘a favore di’ (si annette al locativo)-pi ‘verso’, ‘nei confronti di’ (si annette al

l’accusativo)-tra ‘da parte di’, ‘fuori’ (si annette a vari casi)

Si è già osservato come -θi possa trovarsi apposto a formein genitivo, come Unial-θi (arc. Uniia-θi) ‘nel (tempio) diGiunone’ o Tins-θ ‘nella (casa) di Giove’.

In neoetrusco l’aggiunta della citata posposizione provocala scomparsa, per sincope, della -i del locativo,121 ma solo neitemi in consonante (es. zilc-θi < *zilc-i-θi ‘nella pretura’,

118 AGOSTINIANI 1982, p. 278 ss.; IDEM 1992, p. 59. Ciò risulta chiaroanche dalle mie analisi sui testi lunghi del cippo di Perugia e delle laminedi Pyrgi, salve posizioni marcate. Una ricerca ad hoc è contenuta nello stu-dio SCHULZE-THULIN 1992.

119 V., per es., LEHMANN 1998, p. 137.120 Il Rix ha il merito di aver descritto per primo e in modo appropria-

to questo tipo di particelle in etrusco (v. RIX 1984, p. 227 s.).121 E della -e del locativo pronominale in -le (clθi < *icale-θi).

mentre in quelli in vocale la marca del locativo normalmentesi conserva (es. θutu-i-θi). Specificamente nei temi in -a siverifica il passaggio -ai > -e (v., ad es., mutne-θi da mutna‘raccoglitore dei resti’; spure-θi da spura ‘città’; hupnine-θida hupnina ‘relativo ai loculi’).122

La posposizione -θ(i)/-t(i) non va confusa con il suffissoper derivati e aggettivi -ti, riscontrabile in clan-ti ‘figlio adot-tivo’ da clan ‘figlio’; span-ti ‘piatto’ (cioè il recipiente) dašpan ‘piano’; eter-ti- ‘relativo ai <plebei>’ da etera ‘plebeo’;paχana-ti ‘relativo al collegio bacchico’ da paχana- ‘collegiobacchico’.123

Per l’uso della posposizione -ti, con l’occlusiva deaspirata,è talora richiamabile la regola, scoperta dall’Agostiniani,124

della deaspirazione delle occlusive aspirate in presenza di [s].Ciò vale, ad esempio, per il fals-ti ‘nel palo’ del cippo diPerugia (sulla stessa epigrafe ci sono anche spelane-θi ‘nellospazio della cavità’; spel-θi ‘nella cavità’; rene-θi ‘in mano’,‘a disposizione’).125

D’altra parte la riduzione a -t della forma apocopata -θ è unfenomeno che rientra in una più ampia tendenza alla perditadel tratto di aspirazione in /th/ finale di parola.126

A sua volta -te, almeno in neoetrusco,127 ha un significatoin pratica equivalente a quello di -θi; perciò, vista la prossi-mità fonetica delle due posposizioni, non è escluso che anchequesta confusione abbia influito sulla propagazione di -ti (cfr.zilc-θi / zilc-te / zilc-ti ‘nella pretura’).

44 Giulio M. Facchetti

122 V. AGOSTINIANI-NICOSIA 2000, p. 92 s.123 V. AGOSTINIANI-NICOSIA 2000, p. 93. Della questione del suffisso

etrusco -ti mi sono occupato anche in FACCHETTI 2001a.124 AGOSTINIANI 1983, p. 41.125 FACCHETTI 2000, pp. 22 s. e 49 s.126 V., per es., AGOSTINIANI-NICOSIA 2000, p. 88.127 Il tardoarcaico -tei della tegola di Capua (da non confondere con il

recente omonimo locativo del dimostrativo ita) presenta un ampliamentoin -i (evidentemente è il suffisso del locativo: cfr. -tra-is) ed è usato spes-so con parole che, nel contesto, sembrano assumere valore strumentale.

Sopra si è già dedicato ampio spazio alla questione del‘doppio locativo’128 (con o senza posposizione), traducibilecon ‘tra … e …’, come nei seguenti casi: θii falsti ‘tra l’acquae il palo’; španθi mlesiêθi-c ‘tra il piano e il <colle>’; haterepine-c ‘tra il (cerimoniere) hat- e il *repina’; haθrθi repin-θi-c ‘tra i (cerimonieri) haθr- e il *repina’.

Veramente -pi è impiegato soprattutto (se non esclusiva-mente) in età arcaica, sia con parole che marcano l’accusati-vo (es. mini-pi), sia con parole che non lo marcano (es. Turan-pi).

Il valore semantico della posposizione -pi è di solito rite-nuto incerto, quantunque mi sembri che i pochi esempi indu-cano ad attribuirle un valore direzionale (= ‘a’, ‘verso’). Nelcaso della nota sequenza ei minipi capi (‘non afferrarmi!’129),-pi è aggiunto all’accusativo del pronome di prima personamini (= ‘me’), probabilmente per accentuare l’idea dello ‘spo-stamento’, dell’‘aggressione’ verso l’oggetto: ‘non afferrareverso di me!’.

Un esempio come Ve 3.34 (VI secolo a.C.) può esseredelucidativo:

mi θ[ina] […]niiesio (sono) il vaso per l’acqua di […]niies

aritimipi turanpi mi nuna[r]alla (dea) Aritimi (e) alla (dea) Turan io porto preghiera130

Per la varietà dei suoi impieghi -tra si distingue dalle altreposposizioni.

ELEMENTI DI MORFOLOGIA ETRUSCA 45

128 Da me individuata per la prima volta in FACCHETTI 2000 (p. 23, nt.91).

129 AGOSTINIANI 1984.130 Per quest’ultima traduzione, v. infra, verso la fine del presente

lavoro. C’è una costruzione analoga (ma con la posposizione -ri) nell’an-tichissimo testo Fa 0.4 (VII sec. a.C.): ar nuna turaniri ‘porta preghiera afavore di Turan!’.

Mi pare che il significato preciso di -tra si possa intuire dalsuo antico uso con l’ablativo in sintagmi come unialas-tres osnenaziulas-tra, che vanno tradotti con ‘da parte di …’.131

Infatti, se -θi, costruito con il locativo, significa ‘in’, ‘dentro’,è più che verosimile che il valore proprio di -tra sia ‘fuori’.

Lo stesso significato di ‘da parte di …’ o ‘per conto di …’si ottiene posponendo -tra a una forma flessa al genitivo (es.Vipinal-tra ‘da parte della Vipinei’; riθnaitul-trais ‘da parte diquello riθna’).

Non sarà sfuggito che in due dei casi citati lo stesso -traporta la marca dell’ablativo (-tres < arc. -trais), che non modi-fica il senso complessivo della costruzione. Si deve semplice-mente intendere che -tres / -trais valga ‘da fuori’ (cfr. gr.ðξωθεν), rispetto al semplice -tra ‘fuori’ (cfr. gr. ðξω).

Un altro indizio del vero significato di -tra si potrebbe sco-vare nel verbo etrusco trau se, come pare, vuol dire davvero‘versare’, ‘rovesciare’132 (cioè ‘far uscire’, ‘metter fuori’).

In altri casi con -tra si formano delle vere e proprie parolecomposte, in cui un significato originario di ‘fuori’ risultaugualmente appropriato. Sul rotolo di Laris Pulenas, conside-rando huzrna-tre come locativo di *huzrna-tra ‘<l’eserci-to>133-fuori’, perciò ‘nell’esercito-fuori’ = ‘in guerra’, si ottie-ne che nello stesso testo (a riga 7 di Ta 1.17) detta espressio-ne è opposta a meθlumt ‘tra il popolo’, ‘in pace’ (cfr. lat. domimilitiaeque).

In questa prospettiva mi pare che anche le altre forme,come cn-tra-m e cl-tra-l, abbiano cominciato a ‘cedere’ e,anzi, che proprio grazie ad esse si riesca a fornire un’analisiappropriata per l’espressione circostanziale cletram srenχve,assai ricorrente nel rituale della ‘mummia di Zagabria’ e desi-gnante, secondo la quasi totalità degli interpreti, un luogo di

46 Giulio M. Facchetti

131 DE SIMONE 1990.132 V., per es., FACCHETTI 2000, p. 70 s., nt. 404.133 MAGGIANI 1998, p. 106; FACCHETTI 2000, p. 17 s.

svolgimento dell’azione sacra. Il tentativo di traduzionedivulgato è ‘sull’altare adorno’ o ‘sulla barella adorna’.134

Ma, dopo gli studi dell’Agostiniani sui plurali ‘umani’ e‘non umani’, è ormai ovvio che srenχve è un locativo pluraledi šren / sran,135 circa il quale ho recentemente fatto emerge-re indizi per una traduzione ‘area’, ‘superficie’,136 che si atta-glia anche alla didascalia Vt S.2 (il referente è la superficie, illato decorato dello specchio).

Per di più l’idea vulgata che cletram fosse una specie di‘accusativo cristallizzato’ indeclinabile dell’umbro kletra,passato come prestito nell’etrusco, è sempre stata molto pococonvincente, ma essa diventa positivamente impossibile inrelazione alla presenza sul Liber Linteus di cntram e cltral.

Non c’è chi non vi riconosca le forme tarde della declina-zione del dimostrativo ica, unite in composizione con -tra, alpunto che le si può ordinare in un paradigma, in cui la pre-senza della congiunzione -m mostra dei parallelismi con ladeclinazione di χim, χis ‘tutto’, ‘ogni’, sopra presentata.

Nom. *catramGen. cltralAcc. cntramLoc. cletram

Così la concordanza al locativo tra cle-tram e srenχve èlampante e anche l’interpretazione di *ca-tra-m con ‘quellofuori’, ‘quello esterno’ consente una traduzione chiara e linea-re: cletram srenχve = ‘nelle aree esterne’, ‘all’esterno’.

ELEMENTI DI MORFOLOGIA ETRUSCA 47

134 Questa interpretazione era fondata sulla parola umbra kletra ‘letti-ga’ e sulla didascalia dello specchio con l’allattamento simbolico di Ercoleda parte di Giunone (Vt S.2: eca . šren . tva . iχnac . hercle . unial . clan .θra.šce ‘questa šren <mostra> come Ercole divenne figlio di Uni’), in cuišren = ‘figura’ o simili (v., recentemente, RIX 1991, p. 678, nt. 21).

135 Cfr. clan / clen ‘figlio’.136 FACCHETTI 2000, p. 23 s., nt. 90 e p. 66.

Si avrà poi cl-tra-l ‘di quello esterno’, ‘dell’esterno’ e cn-tra-m; ‘verso l’esterno’.

Restano da spiegare due casi di -tra con il locativo: hilχ−ve-tra (LL VI, 2) e flerχve-tr[a] (LL XI, 16).

Formalmente hilχvetra dovrebbe essere: ‘fuori, negli hilχ−va’. D’altronde, come già detto, etr. hilχva dovrebbe signifi-care137 ‘<cose proprie>’; pertanto si può pensare che il branoLL VI, 2 contenga ordini in terza persona per il sacerdotecelebrante, che sarebbe stato tenuto a svolgere riti e movi-menti138 ‘fuori, sulle sue cose’ o meglio ‘attorno alle sue cose’(utensili sacri, oggetti del sacrificio), mentre, nella XII colon-na del Liber Linteus le prescrizioni sarebbero dettate allaseconda persona, il che giustificherebbe l’uso di unχva ‘<tuecose>’, cui s’è già accennato.139

Tutto risulta chiaro se anche in LL XI, 16 il locativo + -trasi traduce con ‘attorno a’ (flerχve-tr[a] = ‘attorno alle vitti-me’):

LL XI, 14-16cntnam . θesan . fler . veives . θezeri / etnam . aisna a[r]a iχ huθiszaθrumis / flerχvetr[a] neθunsl

durante la stessa mattina si deve uccidere la vittima di Veiove e (tu /egli) conduca il servizio divino allo stesso modo di (quello) del (gior-no) ventisei, attorno alle vittime di Nettuno

Si scorgono in etrusco minime tracce della presenza di par-ticelle che sembrano funzionare come preposizioni. La piùevidente sembra la tarda epl, che compare solo sul cippo diPerugia, dove risulta equivalente a lat. ad, usque ad. Può darsiche essa sia etimologicamente correlata alla presunta con-

48 Giulio M. Facchetti

137 Secondo quanto scrivo in FACCHETTI 2001a.138 Cfr. GIANNECCHINI 1996, p. 285.139 Per la presunta lustrazione prescritta nella XII colonna, ho presen-

tato un’analisi approfondita in FACCHETTI 2001a.

giunzione epc (forse ‘<finché>’) del Liber Linteus ed entram-be le forme potrebbero risalire all’antica posposizione -pi.

Bisogna rilevare la presenza di una possibile preposizionetis ‘<via da?>’ sulla stele di Lemno (VI sec. a.C.), nella fraseeptesio arai tis ϕoke[is]140 ‘Eptesio venne141 da Focea’.

Sulla tavola di Cortona (III-II sec. a.C.) è attestato un ele-mento enclitico -tis (dopo un ablativo: šparzês-tis), che sitende a spiegare come una forma recente di ablativo di ita,accanto a -ts / -teis.142 Però le spiegazioni finora abbozzatenon sarebbero applicabili al tis di Lemno (inizi del VI secoloa.C.), che tuttavia, inteso nel modo succitato, è ben calzantenel suo contesto.

E se si trattasse di un’antica particella adposizionale tis‘via (da)’, ‘lontano (da)’, testimoniata come posposizione aCortona e come preposizione nel testo di Lemno?

Per concludere il discorso sulle posposizioni vanno men-zionate ceχa ‘sopra’, ‘a causa di’ (es. clen ceχa = lat. profilio); hinθa / hinθu ‘sotto’, ‘dietro’, che certamente fungonoanche da avverbi.

Prima di inserire la lista delle restanti particelle (elementideittici, congiunzioni, avverbi) identificate, voglio soffermar-mi brevemente su hia e heva.

Sono infatti convinto che l’esame dei contesti delle loroattestazioni (ometto la scritta isolata su vaso Po 0.8 e il fram-mentario OA 0.6) permette di chiarirne il significato.

ELEMENTI DI MORFOLOGIA ETRUSCA 49

140 Guardando con attenzione le fotografie e le riproduzioni della stelea mia disposizione, noto che dopo ϕoke si possono intravedere delle trac-ce, forse compatibili con [is]; diversamente si potrebbe pensare a una paro-la indeclinata, dato che si tratta di un poleonimo ‘straniero’.

141 Letteralmente ‘(si) mosse’ (per il significato di etr. ar- v. infra,verso la fine dell’articolo e FACCHETTI 2000, p. 14, nt. 37).

142 AGOSTINIANI-NICOSIA 2000, p. 94; FACCHETTI 2000, p. 31, nt. 152.

AS 1.99hia . vipi . venu . vipinal . clanqui (c’è) Vipi Venu, figlio della Vipinei

AS 1.99heva . marc/niθur / pupeinal<qui> (ci sono) i Marcni (figli) della Pupeinei

Co 1.6heva . vipiθur / cucrinaθur . cainal<qui> (ci sono) i Vipi (e) i Cucrina (figli) della Cainei143

AS 1.12heva . cvelne / au . avlnal<qui> (c’è) Aule Cvelne, (figlio) della Avlnei

Quest’ultima epigrafe, in cui, secondo l’edizione del Rix,la lettere h ed a di heva sono di lettura incerta, fa sorgere ildubbio circa la possibile natura onomastica (praenomen) deltermine.144 In tal caso au sarebbe il patronimico au(les) ‘diAule’. In nessun altro epitaffio della tomba dei Cvelne diMontaperti il praenomen segue il nomen, ma, d’altro lato, indetta tomba non ci sono altri casi di uso di heva.

Collegare, poi, heva con hevl / heul, che, nei due soli145

contesti in cui ricorre sembra veramente fungere da elementoonomastico (in genitivo), non è raccomandato né da affinità diimpiego contestuale (v. AS 1.99, Co 1.6) né dai dati dellamorfologia, visto che i nomi propri in -a hanno sempre rego-larmente un genitivo in -as e non in -l146 (ad es. ramθa-s,

50 Giulio M. Facchetti

143 In questo repositorio c’erano i resti dei figli nati da due distintimatrimoni di detta Cainei.

144 Per un’analisi della questione e per i riferimenti alla bibliografiaprecedente v. AGOSTINIANI-NICOSIA 2000, p. 60 s.

145 Cs 2.18-19 (si tratta dello stesso testo ripetuto su due vasi) e Cl1.1145.

146 Allora heul / hevl potrebbe essere il genitivo di un gentilizio fem-

šceva-s). L’etimologia avvicina invece he-va e *hi-ia a he-n,di sicuro significato.

L’accostamento di hevn (cfr. anche hen) è ipotetico, vistoanche il difficile contesto in cui ricorre, cioè AV 4.1 (il piom-bo di Magliano).

Presento ora l’elenco delle restanti particelle, congiunzionie avverbi, per i quali è possibile proporre una traduzione fon-data:

hen ‘ecco’, ‘qui’hia / ia ‘ecco’, ‘qui’heva / hevn ‘<ecco>’, ‘<qui>’θui ‘qui’

-c / -χ (arc. -ka) ‘e’-(u)m ‘ossia’, ‘anche’et / eθ ‘così’iχ / ic ‘come’nac ‘poiché’, ‘dacché’, ‘dopo che’iχnac ‘come’, ‘in che modo’ipa ‘che’etnam / -tnam ‘parimenti’, ‘ugualmente’esic ‘oppure’

ELEMENTI DI MORFOLOGIA ETRUSCA 51

minile *heui / *hevi (maschile *heu). Dunque heul < *heuil < *heuial; cfr.Alfi-l < Alfial ‘della Alfi’. In tal caso tradurremmo Cs 2.18-19 hevl . anaies. mi con ‘io (sono) della Heui (moglie) di Anaie’ e Cl 1.1145 ϕilunice .lautni . heul . alfnis con ‘Philunice, liberto della Heui (moglie) di Alfni’(ricordiamo che queste sono le uniche ricorrenze di heul / hevl). Ma la miaproposta non è scevra da dubbi.

ein / ei / en ‘non’ein … var ‘non … <più>’147

enac/χ (arc. eniaca) ‘quanto’ratum ‘<esattamente>’, ‘<per la precisione>’svec ‘<proprio>’, ‘<invero>’

(cfr. lat. quidem)lescul / lescan ‘<in lungo>’, ‘<per il lungo>’148

emul- ‘<in largo>’, ‘<per il largo>’lete- ‘<in largo>’, ‘<per il largo>’ania- ‘<davanti>’, ‘<prima>’149

ur- ‘<dietro>’, ‘<dopo>’cnticnθ ‘<verso lo stesso (luogo)>’

52 Giulio M. Facchetti

147 Sulla mummia di Zagabria (var ricorre altrimenti solo come paro-la isolata [probabilmente abbreviazione di antroponimo] sul vaso Cr 0.49)si legge sei volte il comando ei(m) tul var ‘non <girare /muoverti> <più>!’nel contesto di brani prescrittivi conclusivi o di passaggio. Tale frasetta èseguita in tre casi (LL IV, 14; V, 10; IX, 18) dal comando celi šuθ ‘<metti>a terra!’ e una volta chiude il paragrafo (LL XI, 16). Sul significato di etr.tul si è discusso supra.

148 FACCHETTI 2000, p. 14, nt. 39, anche per emul- e lete-.149 GIANNECCHINI 1996, p. 285, anche per ur-.

MORFOLOGIA VERBALE

In un primo momento avevo pensato di escludere il verboda questa raccolta di riflessioni sulla morfologia etrusca, per-ché la discussione in questo campo investe problemi di tratta-zione così lunga e complessa che sarebbero più opportuna-mente raccolti in un libro separato.

Invero Koen Wylin ha ultimamente pubblicato proprio unamonografia150 del tutto dedicata alla morfologia verbale. Peralcune mie valutazioni generali e specifiche su questo libro esul tema del verbo rimando alla recensione che ho scritto per“Studi Etruschi”.151

In questa sede voglio comunque sfiorare due punti di gran-de interesse: i nomi verbali o participi in -u e la riconoscibi-lità di voci verbali di prima persona singolare con marca zero.

«Nel paradigma verbale si deve includere anche il sostan-tivo verbale formatosi con il suffisso -u, che funziona fra l’al-tro da predicato autonomo. (…) Si può distinguere la funzio-ne del sostantivo nel seguente modo: a) funzione attiva con iverbi intransitivi; b) funzione passiva, di solito, con i verbitransitivi; c) funzione attiva, talora, con i verbi transitivi».152

Quale che sia la precisa spiegazione grammaticale, bisognaprendere atto che in etrusco, accanto a forme in -u certamen-te con valore passivo, perché appaiono in prossimità di termi-ni con funzione agentivale (in pertinentivo nell’età arcaica e

150 WYLIN 2000.151 FACCHETTI 2001b.152 RIX 1984, p. 235.

in ablativo nell’età recente),153 sono testimoniate voci in -u(formate anche con verbi transitivi) con valore indubitabil-mente attivo.

Anzitutto c’è ziχ-u, che «fa da cognome in una formulaonomastica in cui corrisponde in un testo bilingue al latino‘Scribonius’».154 Dunque si avrebbe ziχ-u = ‘che scrive’ o‘che ha scritto’. Ma il verbo ‘scrivere’, in verità, si può inten-dere sia in senso intransitivo, sia in senso transitivo.

Sicuramente transitivo è ten-u (‘che ha svolto’, ‘avendosvolto’), che regge i nomi delle cariche del cursus hono-rum.155 Nei suoi contesti tale tenu sembra fungere da vero eproprio predicato verbale, al punto che in un caso (Vs1.179)156 esso è sostituito da una voce finita, tenve ‘svolse’,che presenta appunto il suffisso dell’ingiuntivo (-e), apparen-temente aggiunto al nome verbale (perciò ten-v-e; tuttavia miresta il sospetto sul possibile riconoscimento di un suffissoverbalizzante -ve, altrimenti noto, perciò < *ten-ve-e).157

Ugualmente, il verbo transitivo car- / cer- ‘fare’, ‘costrui-re’ presenta la forma attiva car-u ‘che ha fatto’ (nella clauso-la I del cippo di Perugia), il cui plurale ‘umano’ cer-u-r-158

‘coloro che hanno fatto / costruito’, conferma, secondo me, ilcarattere di sostantivi verbali di tali formazioni in -u.159

54 Giulio M. Facchetti

153 Esempi eloquenti in tal senso sono: mulu ‘donato’; lupu ‘morto’,‘andato’; zinaku ‘prodotto’; θamequ ‘deposto’; cenu ‘acquisito’.

154 RIX 1984, p. 235.155 V., da ultimo, MAGGIANI 1998, p. 113.156 V. FACCHETTI 2000, p. 39.157 Per il suffisso -ve v. AGOSTINIANI 1995b, p. 30; FACCHETTI 2000,

p. 86, nt. 508.158 V, poco sotto, per la traduzione del contesto di ricorrenza. La lex

sepulcralis dell’ipogeo di San Manno, che conserva la forma in questione,presenta il vocalismo -e-, oltre che in cer-, anche in zel-ur ‘doppio’ da zal‘due’ (ma, poco prima, c’è carešri).

159 V. anche il verosimile participio in -u flesso in ablativo: scunuis‘da parte di chi è (stato) ammesso’ in Ta 5.6: eθ fanu šaθec lavtn pumpusscunuis šuθiθi in flenzna teisnica cal ipa matani tinerim tisu š[—]na

Per quanto concerne la clausola I del cippo di Perugia con-tinuo a ritenere che, per l’interpretazione complessiva, risultidi grande efficacia il confronto bilinguistico:160

[t]eurat (tanna) NN1 ame NN1 arbiter

vaχr NN2 NN3-s šleleθ caru ex compromisso inter NN2 et NN3

Cercando di conservare l’ordine delle parole, la parte etru-sca si può tradurre (si noti come vaχr ‘<promessa>’ sia forte-mente topicalizzato): ‘arbitro <riguardo a ciò>161 Lart Rezu(figlio) di Lart fu: <una promessa> la famiglia di Velthinaassieme a quella di Afuna avendo fatto’.

Inserisco anche la traduzione della seconda parte dellalunga epigrafe dell’ipogeo di San Manno (in cui comparecerur-), che già ho in altra sede debitamente commentato.162

ELEMENTI DI MORFOLOGIA ETRUSCA 55

mutne ipa ecc. = ‘così (fu) decretante e <stabilì> la famiglia di Pumpu, daparte di chi è ammesso nella tomba (= a carico di chi ha il diritto di usar-la), la quale è flenzna teisnica di quella (famiglia): che nel/durante ilmatan, ossia a favore di Giove (infero: Tinia Calusna, v. Vs. 4.7), (egli)<raccogliesse> il tisu š[--]na, (e) che’, ecc. Per l’intuizione del Manthescun- = ‘concedere’, ‘garantire’, v. FACCHETTI 2000, p. 19 s.

160 Per maggiori dettagli rimando ovviamente a FACCHETTI 2000, p.10 s. La formula latina è posta in apertura di tutte le sentenze arbitrali (pri-vate) romane che ci sono pervenute; quella etrusca è palesemente uncalco.

161 L’interpretazione di tanna ‘<riguardo a ciò>’ (la deissi funziona inriferimento cataforico al lodo seguente, pronunciato proprio dall’arbitroLart Rezu) è ipotetica, anche se si tratta certamente una scrittura morfolo-gica (in etrusco il tratto della lunghezza [consonantica o vocalica] non erapertinente: «une langue ne présentant pas (…) de corrélation de longueurconsonantique (ni vocalique)» [AGOSTINIANI 1992, p. 51]) e perciò dasegmentare tan-na (per -na v. FACCHETTI 2000, p. 10 nt. 16) come in-nisulla tavola di Cortona. E’ giusto chiedersi come il dimostrativo (in accu-sativo) etan possa essere diventato tan- (io credo per fenomeni di riseg-mentazione in casi in cui ita si annetteva come enclitico), ma c’è il datooggettivo di ta < eta (es. AT 1.190, AS 1.174, AS 1.187, ecc.).

162 FACCHETTI 2000.

Pe 5.2eθ . fanu . lautn . precus . ipa . murzua . cerurum . ein . heczri . tunur. clutiva . zelur . [——]rcosì (fu) decretante la famiglia Precu: che non si debbano rovesciare leurnette, ossia <i (resti dei) fondatori>, le singole163 olle (e) il doppio[...]r

Inoltre, nel testo appena menzionato, compare fan-u ‘chedecreta’, ‘che ha decretato’,164 la cui diatesi attiva è dimostra-ta da un’altra, più volte menzionata, lex sepulcralis, in cuifan-u è appaiato a un ingiuntivo: šaθ-e-.165

Ta 5.6eθ . fanu . šaθec . lavtn . pumpus (...) ipa (...) ipa (...) ip[am] (...)così (fu) decretante e stabilì la famiglia Pumpu (...): che (...), che (...)[e] che (...)

56 Giulio M. Facchetti

163 Si badi a non confondere (come si è fatto in passato) il suffisso -ur/ -ar (che con i numerali funge da moltiplicativo) con il morfema del plu-rale umano -r (sulla questione dei moltiplicativi v. AGOSTINIANI 1997, 10ss.).

164 Il valore della radice fan- è anche confermato dal sintagma arcai-co zaru faniri ‘si deve dichiarare (fan-) rituale’ (TC 38), strettamente col-legato con il verbo composto neoetrusco zarfne- ‘dichiarare rituale’ delLiber Linteus, riferito in tutti i contesti a vittime o ad offerte sacre (PFIF-FIG 1963, p. 25 s.). In zaru ‘rituale’ (probabilmente un aggettivo in -ucome eterau ‘relativo ai <plebei>’, da etera ‘<plebeo>’), rispetto a zeri‘rito’, si riscontra un’alternanza -a- / -e-, già ravvisata in casi come zal /zel- ‘due’; car- / cer- ‘fare’; sran / sren- ‘superficie’; sval / svel- ‘vivo’;clan / clen ‘figlio’ e forse anche ar- / er- ‘muovere’, che hanno tutti incomune la contiguità a una liquida.

165 In miei precedenti interventi, sulla base della mia erronea letturasaθe- (con [s]- invece di [š]-), avevo accostato tale presunta radice *saθ-ai verbi sat-en- e set-ir-, che, nei loro contesti, sembrano significare,rispettivamente, ‘stabilire’ e ‘<fissare>’. A livello fonologico non ci sonoragioni per omologare šaθ- e sat- (specialmente per l’opposizione espres-sa dalle sibilanti, salvo comunque un possibile lapsus del lapicida). Ilvalore di šaθ-, in quanto parallelo e complementare di fan-, dovrebbecomunque rientrare nell’area semantica del ‘disporre’.

Tornando brevemente a car-u / cer-u-r-, osservo che ceriχ-u è attestato in Ta 1.182 col probabile valore di participio pas-sato passivo (‘che è stato fatto’), nel difficile sintagma ceriχutešamsa ‘(fu) ordinante (che fosse) costruito’.166

C’è perfino un’epigrafe arcaica, databile alla seconda metàdel VI secolo a.C., incisa su un vaso, in cui pare che unaforma in -u regga un accusativo marcato (in -ni).

Cm. 2.13mi χuliχna cupes alθrnas ei minipi capi /io (sono) la coppa di Cupe Althrnas; non mi portar via;

mini θanudato che mi ha ...ato

Se non si tratta di una frase interrotta (‘Thanu mi …’), aprescindere dal significato preciso di θan-, si ricava la nettaimpressione che θan-u possa fungere da forma verbale attivacon valore transitivo.

Un ultimo chiaro esempio di uso di -u all’attivo con verbotransitivo è il *cap-u ‘rapace’ (= ‘che afferra’) desumibiledelle glosse.167

Mi sono già dichiarato168 pienamente concorde con quantoha scritto Koen Wylin nel paragrafo 6.2 del suo libro, a pro-posito delle forme in -i: «mi sembra meglio considerare la -iin forme come capi, uši o θezi non come un morfema autono-mo, ma come la reminiscenza di una fase prealfabetica. Leforme verbali vatieχe e θemiasa (Cr 4.4) potrebbero fungereda prova per una tale teoria».169

ELEMENTI DI MORFOLOGIA ETRUSCA 57

166 tešamsa sarebbe un participio in -as(a), dunque < *tešamasa. Peri problemi relativi alle forme in -c/χ-u v. anche WYLIN 2000, p. 106; FAC-CHETTI 2001a.

167 AGOSTINIANI 1992, p. 66.168 FACCHETTI 2001a.

Rispetto a Wylin ritengo, però, che šuθi, ‘sede (tombale)’,‘tomba’, sia meglio analizzabile, invece che come tema origi-nario in -i, come esito di *šuθ-ti (da šuθ ‘porre’) con lo stes-so suffisso derivativo di clan-ti, span-ti, eter-ti-, paχana-ti.

Non c’è dubbio che capi, come tema verbale non marcato,funga regolarmente da imperativo (II persona singolare), nelleforme arcaiche ei minipi capi (‘non afferrarmi’, riconosciute,con la particella negativa, dall’Agostiniani).170

Esiste tuttavia un impiego più recente di capi, non corret-tamente analizzato da Wylin: si tratta degli ‘epitaffi parlanti’Vt 1.116 e 117, nei quali mi capi è seguito da nomi all’asso-lutivo e non al genitivo.171

Vt 1.116mi . capi . / l . versni . l .io contengo Larth Versni figlio di Larth

Vt 1.117mi . capi / l . versni . še[?] / l . versni . lupuveio contengo Larth Versni figlio di Šethre; Larth Versni è morto

Quindi, nella, fattispecie mi capi significa certamente ‘iocontengo’.172

Esistono altri due casi in cui è possibile che ci siano statetrasmesse forme verbali di prima persona singolare: θapicun‘(io) consumo’ sulla defixio Po 4.4173 e il nunθen ‘(io) invo-

58 Giulio M. Facchetti

170 AGOSTINIANI 1984.171 Perciò in WYLIN 2000, p. 199, si sbaglia pensando a traduzioni

come ‘io sono il contenitore di…’.172 Per la semantica di cap(i) nel neoetrusco cfr. FACCHETTI 2000, p.

22, nt. 84, con riferimento al recente cap-e (III persona singolare dell’in-giuntivo, verosimilmente < *capi-e) che compare sul cippo di Perugia.

173 RIX 1984, p. 232. Detta defixio (Po 4.4) comincia con le parole: šθ. velsu . lθ . c(lan) . lθ . ve[lsu .] inpa . θapicun . θapintas ‘Šethre Velsufigli di Larth (e) Larth Velsu, i quali (io) consumo avendo(li) consumati(oppure ‘con questa consumazione’)’ e, dopo una lunga serie di altri nomi

co’, riconosciuto dal Rix nelle preghiere del LiberLinteus.174

Ebbene, in entrambi i casi la forma è quella del tema ver-bale non marcato, la stessa impiegata per l’imperativo.175 Ineffetti nunθen sul Liber Linteus ricorre più volte in funzionedi imperativo (‘invoca!’).176

A mio parere si può individuare un altro possibile esempiodi prima persona non marcata nelle antiche formule cheseguono il comando ‘non afferrare!’,177 incise sui vasi arcaici:mi (a)r nuna / mi nuna (a)r ‘io porgo preghiera’ (=‘io prego’,‘per favore’).

Quando, nel 1984, l’Agostiniani fornì la spiegazione dieiminipicapi (‘non afferrarmi!’), scoprendo la particella nega-tiva etrusca, presentò anche un’analisi formale molto accura-

ELEMENTI DI MORFOLOGIA ETRUSCA 59

e formule, si conclude con: inpa . θapicun . iluu . θapicun . ces. zeris / titišetria lautnita ‘i quali (io) consumo, <come dedicante> (io) consumosecondo questo rito; (io) Titi Šetria, liberta’.

174 RIX 1991, p. 681. È opportuno ribadire l’assoluta validità della tesiOlzscha-Rix (criticata in WYLIN 2000, § 19.2.1) sulle preghiere parallelenel Liber Linteus: essa si fonda su dati di fatto incontestabili, vale a direle minime differenze interrituali tra i testi delle preghiere rispetto allagrande variabilità nella formulazione di brani prescrittivi con contenutoanalogo. Non esiste nessun elemento che possa intaccare questo argomen-to-cardine. L’idea che il Cristofani abbia «criticato in maniera decisival’interpretazione di nunθen come invocare» (WYLIN 2000, p. 219) è falla-ce, perché anche le attestazioni di nunθeri in TC 11-12 (prescindiamo daipassi poco intelleggibili TC 20, 25) sono compatibili con una traduzione‘pregare’, ‘invocare’: (…) ci zusle acun siricima nunθeri eθ iσuma zusle-vai apire nunθeri avθleθ aium vacil ia leθamsul nunθeri (…) = ‘(…)<(egli) prepari> tre animali; si deve pregare il siricima; così, iσuma, suglianimali si deve pregare Apire; avθleθ aium ecco, la <lode> di Lethams sideve recitare’.

175 θapicu-n è una formazione col suffisso verbalizzante -n- comeceriχu-n- (da ceriχu), turu-n-, mulu-n-, acilu-n- (cfr. FACCHETTI 2000,p. 74 s., nt. 430).

176 RIX 1991, p. 681,177 AGOSTINIANI 1984.

ta178 della frasetta mi nunar (variante mir nunan), che accom-pagna, quasi sempre, la prima sequenza. Il problema dell’in-terpretazione, assieme all’enigmaticità strutturale di mi nunar/ mir nunan, è comunque rimasto aperto.

Allo stato attuale delle nostre conoscenze non è possibileprescindere dal verbo nunθ-en-, di cui, recentemente,179 si èmostrato il valore di ‘invocare’, ‘pregare’. Se si accetta per labase nun- (in età recente si afferma la forma ampliata nunθ-180) il significato di ‘pregare’, allora nella frasetta mi nunar omir nunan si può riconoscere il sostantivo nuna (< *nun-na)‘preghiera’181 e si può riscontrare la presenza di aferesi: minuna (a)r e mi (a)r nunan (eventualmente l’ultima -n è daespungere), che consentono di tradurre entrambe le frasettecon ‘io porgo182 preghiera’ (=‘io prego’, ‘per favore’), formu-la di gentilezza che si attaglia bene ai contesti.

60 Giulio M. Facchetti

178 AGOSTINIANI 1984, p. 95 s.179 RIX 1991, 678 ss.180 A rigore nunθ- potrebbe essere un nomen agentis in -(a)θ normal-

mente riverbalizzato con -en-. Credo che si possa cercare una correlazio-ne sistematica con casi di rapporti come tenaθ ‘misuratore’ : tenθur ‘misu-ra’ / ten(a)θ- ‘misurare’ (rispetto a una base non ampliata ten- ‘completa-re’, ‘misurare’) nonché munθ ‘ordinatore’ (in Ta 1.182) : munθ(u)χ ‘ordi-ne’, ‘cosmesi’ (rispetto a una base non ampliata mun- ‘ordinare’). Neirecenti studi di Koen Wylin sulla morfologia verbale si può probabilmen-te rinvenire qualche elemento di valutazione supplementare.

181 La scritta isolata nuna nuna [ (Fs 0.4: VII secolo a.C.) comparesulla parete di un sepolcro di Quinto Fiorentino.

182 Etr. ar- è normalmente ritenuto un verbo di ‘fare’. Tuttavia io sonoconvinto che il significato base corretto sia ‘muover(si)’, ‘portar(si)’ (peri particolari v. FACCHETTI 2000, p. 14, nt. 37). La mia idea è fondata suvari dati: 1. La glossa etr. arse verse = lat. averte ignem (TLE 812), percui etr. arse = lat. averte (ar- sarebbe qui ampliato con l’altrimenti notosuffisso verbale -s-, forse intensivante); 2. Il sintagma aras peras-c (pro-babilmente da tradurre con ‘movendo(si) e attraversando’) del cippo diPerugia in associazione con l’indicazione di misure quadrate (questo valeanche per il participio arasa [= aras; cfr. θemi-asa, ecc.] che si legge inVt 8.1; tra l’altro la radice per- è associata all’idea di ‘attraversamento’ in

Per sostenere l’interpretazione proposta è utile riprodurreancora l’interessante esempio offerto da Ve 3.34 (VI secoloa.C.):

mi θ[ina] […]niiesio (sono) il vaso per l’acqua di […]niies

aritimipi turanpi mi nuna[r]alla (dea) Aritimi (e) alla (dea) Turan io porto preghiera

Inoltre, a dimostrazione che la mia identificazione di afe-resi nelle sequenze citate non è frutto di arbitrio, si puòsenz’altro citare la notevole iscrizione Fa 0.4 (su vaso dellafine del VII secolo a.C.):

ipas ikam / ar nuna turaniri (…)di chi (è) questo (vaso)? porgi preghiera a favore della (dea) Turan,ecc.

Se vacil (variante vacal, neoetr. vacl) fosse in qualchemodo collegato con il vaχr del cippo di Perugia, per cui èsostenibile, sulla base di considerevoli argomenti bilinguisti-ci, il significato di ‘<promessa>’, ‘<dichiarazione solen-ne>’,183 si potrebbe inscrivere il significato della radice etr.

ELEMENTI DI MORFOLOGIA ETRUSCA 61

varie famiglie linguistiche: cfr. lat. per ‘per’, ‘attraverso’; gr. περáω ‘[io]attraverso’; egiziano geroglifico prj ‘uscire’; il nome di Perusia è da etr.*per-us- ‘passaggio [per l’Umbria]’?); 3. La bilingue figurata aril (vicinoalla figura di Atlante), analizzabile come nomen actionis in -il da ar- come‘portare’ (ar-il = ‘sostegno [del cielo]’), non certo come ‘fare’; 4.L’applicabilità del significato proposto a tutte le formule idiomatiche cono senza manim o tamera, nel senso di obiit (in più di un caso manim arceo simili è seguito dall’indicazione dell’età; arce = obiit funziona certa-mente meglio in casi come Ta 1.88 e 108). In conclusione, però, va nota-to che nella mia analisi del sintagma ar nuna la scelta, per ar-, tra ‘fare’ o‘portare’ sarebbe ininfluente, perché entrambe le soluzioni condurrebberoallo stesso risultato di ‘porgere preghiera’.

183 FACCHETTI 2000, p. 10 ss.

vac/χ- nell’area semantica del ‘parlare solennemente’, di cuivac(i)l sarebbe il regolare nomen actionis / rei actae in -il.

Sulla tegola di Capua, esclusi i punti lacunosi (TC 1, 4, 28,47), nella sequenza anaforica di TC 5-6: vacil lunašie(s) (…)vacil savcnes (…) vacil leθamsul (…) il termine in esamecompare più volte in associazione col genitivo di un teonimo;dunque una traduzione approssimativa con ‘<lode>’ risulte-rebbe ammissibile (ma non certo esclusiva). Anche il brano diTC 14 fornisce un indizio in tal senso: apertule aϕes ilucuvacil zuχne ‘nel (giorno) *aperta (egli) <dichiara?>184 la festa(e) <la lode> del (dio) Aphe’. Più probante per l’ipotesi indiscussione, mi sembra invece il passo di TC 11, in cui vacile nunθ- sono associati: vacil ia leθamsul nunθeri vacil ia riθ−naita ‘ecco <la lode> del (dio) Lethams si deve recitare, ecco<la lode> riθnaita’.

Dato che il Rix185 ha ben chiarito l’interscambiabilità sulLiber Linteus tra nunθen- ‘invocare’ e trin- ‘dire’, non ci simeraviglia trovando sulla mummia le sequenze (LL VII, 2)ciz vacl trin ‘di’ tre volte <la lode>’ e (LL V, 19) citz vaclnunθen ‘recita tre volte <la lode>’ (in questo caso segue pro-prio il testo di una preghiera).

Un’altra formula, già citata nella discussione su sacniša,cioè LL VIII, 10-11: vacl ar flereri sacniša sacnicleri trinflere neθunsl, ecc. (= esegui la <lode> per il nume, la <con-sacrazione> per l’area sacra, di’: «nume di Nettuno, ecc.»), èmolto importante per lo stretto parallelismo tra vacl ar flereri‘esegui <la lode> a favore del nume’ e ar nuna turaniri ‘porgipreghiera a favore di Turan’ (Fa 0.4).

62 Giulio M. Facchetti

184 Per il sospetto che etr. zuc/χ- = ‘<dichiarazione>’, v. FACCHETTI2000, p. 14 s., nt. 40. Cfr. la frase finale della faccia A del piombo diMagliano: eθ . zuci . am . ar ‘così, secondo la <dichiarazione?> sia (e)(av)venga’.

185 RIX 1991, 678 ss.

Più in generale, sul Liber Linteus si trovano molti esempiin cui vacil è costruito con ar, come il più antico nuna (arnuna / nuna (a)r):

LL III, 16-17ciz vacl ara nunθene saθas(egli) esegua tre volte <la lode>: (egli) prega mentre <dispone>

LL VII, 17-18vacl ara θuni sacnicleri cilθl(egli) esegua assieme <la lode> a favore dell’area sacra della <rocca>

LL X, 4nacum cepen flanaχ vacl are dopo il sacerdote flanaχ esegua <la lode>

LL X, 18vacl arasmentre esegue <la lode>

In contesti attualmente non molto chiari ricorrono inoltrealtre forme con l’imperativo (LL VII, 21: vacl ar) e col con-giuntivo (LL XI, 9: vacl ara).186

ELEMENTI DI MORFOLOGIA ETRUSCA 63

186 Le rimanenti attestazioni di vacl sulla mummia si possono racco-gliere in due gruppi: 1. Con reggenza di verbi di ‘fare’ (VII, 15 vacl cepenθaurχ cerene acil ‘bisogna che il sacerdote funerario faccia <la lode>’;III, 15 θezi vacl ‘faccia <la lode>’ [θezi è un radicale puro, perciò quidovrebbe fungere da imperativo, dunque con lo stesso significato di θezin;talora questo verbo, come il lat. facere, può assumere il senso pregnantedi ‘fare un sacrificio’, cioè ‘uccidere una vittima’, anche senza fler ‘vitti-ma’]; VI, 10-11 fler vacltnam θezeric anθ[-]eric ‘la vittima e pure <lalode> si devono fare e …re’; VIII, 16-17 θezin fler vacl etnam tešim etnamcelucn trin alc ‘fa’ (=sacrifica) la vittima e (fa’) pure <la lode> e (fa’) pure<l’ordine?> <terrestre?>; di’ e da’’); 2. In contesti vari (V, 16-17: vaclθesnin (…) trinum ‘<lode> mattutina: (breve serie di prescrizioni prepara-torie omesse) e di’: (segue una preghiera)’; VIII, 1-2 θucte cis saris ešvi-ta vacltnam culscva spetri etnam ic ešvitle ampneri ‘nel <villaggio / tem-

Chiarita in tutti particolari la mia idea sull’interpretazionedi mi nunar / mir nunan, e alla luce degli altri esempi surrife-riti (capi, nunθen, θapicun), credo sia legittimo avanzare l’i-potesi che l’ingiuntivo etrusco fosse marcato (con -e) solo allaIII persona (singolare e plurale),187 mentre per le altre perso-ne la voce verbale era uguale al tema puro e disambiguata,dove serviva, dall’uso dei pronomi personali (in ingleseavviene qualcosa di analogo nel presente, marcato con -s soloalla III persona singolare).

Di fronte a questo gruppo di evidenze che si confermano avicenda e davanti ai numerosi e chiari casi di verbo in III per-sona sempre marcato con -e, l’idea che lo zik del piombo diPech Maho sia una forma verbale indifferente (cioè non mar-cata) della III persona dell’indicativo presente188 (da tradurre‘egli scrive’) risulta non condivisibile.189

L’arcaico e famoso aryballos Poupé (Cr 0.4), in cui com-pare la ‘firma’ asi ikan ziχ akarai190 ‘Asi compose questo

64 Giulio M. Facchetti

pio> (c’è la festa del)le idi del (giorno) tredici e pure <la lode>; le porte sidevono <aprire?> allo stesso modo che alle idi di maggio’; in X, f2; e XI,2-4 vacl è inserito nell’ampito di spargimenti (cesasin ?) e versamenti(heχz) di acqua (θi) e vino (vinum) e probabilmente va tradotto con‘<come lode>’, ‘<in lode>’; infine X, 11 e XII, 9 sono contesti non deltutto intelleggibili).

187 Sicuri esempi di III persona plurale in -e (ame, nuθe, male) si leg-gono sulla nuova tavola di Cortona (AGOSTINIANI-NICOSIA 2000, p. 106s.).

188 WYLIN 2000, p. 197.189 Tra l’altro l’abrasione del piombo di Pech Maho rende mutila la

riga di zik.190 Il Wylin pensa che akarai possa essere un antroponimo (WYLIN

2000, p. 198). A parte il fatto che l’uso di forme verbali arcaiche in -ai èben testimoniato sulla stele di Lemno (rimando senz’altro ad AGOSTINIA-NI 1986, p. 21 e nt. 10 s. per tutti i particolari), il perfetto parallelismo traasi ikan ziχ akarai e il neoetrusco an cn ziχ neθšrac acasce ‘che quel libroaruspicino compose’ (dal rotolo di Laris Pulenas) sul piano morfosintatti-co è inconfutabile. Per quanto concerne l’analisi morfologica della dupli-

scritto’, lungi dal fornire un’altra attestazione di verbo alla IIIpersona con morfema zero,191 avvalora una volta di più l’e-quazione ziχ/k = γραϕÉ,192 come risulta infine anche dal lam-pante sintagma della tavola di Cortona cên ziχ ziχuχe ‘questodocumento qui è stato scritto’.193

Non si può sottacere che alla mia proposta di riconoscere Ipersone singolari con marca zero si frappone l’ostacolo rap-presentato dall’epigrafe Vs 2.40: turis mi une ame. Il Wylinosserva ragionevolmente che «qualunque sia l’interpretazionedi une … non si può dubitare che mi sia il soggetto della

ELEMENTI DI MORFOLOGIA ETRUSCA 65

ce suffissazione di neθš-ra-c ‘aruspicino’ (cioè ‘relativo all’(arte) delleviscere’), si può richiamare, oltre all’ipotetico caso di traulac (se davveroè < *trau-ra-c ‘<relativo al versamento?>’: v. FACCHETTI 2000, p. 70 s.,nt. 404), la parola priniše-ra-c, hapax e verosimile aggettivo di zacinat chelo precede sulla tavola di Cortona. Recentemente il dottor Carlo D’Adamomi ha fatto notare una possibile connessione tra etr. priniše- e gr. πρîνος‘leccio’. Al di là dell’assonanza, il confronto con una parola come πρîνος,che può ben essere di sostrato o (come nome di pianta) un mot voyageur,è sensato e sostenibile, perché appoggiato dall’importante citazione deipali ilicei picati di cui si parla in un brano tratto dal paragrafo che, neiGromatici, precede immediatamente quello della ninfa Vegoia ad ArrunteVeltimno e intitolato Ex libris Magonis (forse invece che a un etr. *Macusi potrebbe pensare a una corruzione per Cacu, altro noto ‘profeta’dell’Etrusca disciplina) et Vegoiae auctorum: «idem partes TusciaeFlorentiae quam maxime palos iliceos picatos pro terminibus sub terradefiximus» (cfr. FACCHETTI 2000, p. 23). Dunque si potrebbe avere: pri-niše- ‘leccio’, priniše-ra- ‘(palo) di leccio’, priniše-ra-c ‘relativo al (palo)di leccio’, riferito al nome d’agente zac-in-at (‘piantatore’ [vel similia]?).

191 Come si ipotizza in WYLIN 2000, p. 197 s. Precisamente, riferen-dosi a ziχ/k del piombo di Pech Maho e dell’aryballos Poupé, Wylin scri-ve (p. 198): «almeno in questi due casi la radice nuda si trova in funzioneannessiva e sembra dunque assumere il valore di una parola annessiva»,cioè, secondo la sua terminologia, di un verbo.

192 Il Colonna e il Cristofani hanno concordemente attribuito questovalore a zik nei loro studi sul piombo di Pech Maho (v. FACCHETTI 2000,p. 99, anche per gli elementi avvaloranti una tale interpretazione cheemergono da una mia nuova proposta integrativa).

193 AGOSTINIANI-NICOSIA 2000, p. 86.

frase».194 Dunque avremmo un mi ame (‘io sono/fui/sarò’)invece del postulato *mi am.

Nonostante questa difficoltà (che tra l’altro interesserebbeil verbo ‘essere’ la cui coniugazione, tipologicamente parlan-do, presenta spesso delle anomalie), io ritengo comunque diqualche peso gli elementi raccolti a favore della mia ipotesi.Ecco pertanto un piccolo schema esemplificativo di formenon marcate e marcate con -e, (con l’aggiunta delle attesta-zioni del congiuntivo [-a] e del preterito attivo [-ce], che risul-tano utili soprattutto per rilevare la chiara presenza dellavocale tematica -i- nel paradigma di heci-, che ha una [tarda]terza persona dell’ingiuntivo hece, come cape, forse < *-ie) dicui, nei rispettivi contesti, si può verificare il valore:

capi- heci- ar- nunθen- am-‘prendere’ ‘porre’ ‘portar(si)’ ‘pregare’ ‘essere’

(Indicativo)IngiuntivoI sing. mi capi mi (a)r nunθen (mi ame)III sing. cape hece are nunθene ameIII plur. ame

Imperativo(Presente)II-III sing. capi heci ar nunθen am

Congiuntivo(Presente) hecia ara nunθena ama

(Indicativo)Preterito hec(e)ce arce am(a/u)ce

L’altro caso notevole di possibile I persona singolare nonmarcata, e non inserito nello schema, è il θapicun ‘(io) con-

66 Giulio M. Facchetti

194 WYLIN 2000, pp. 95 e 105, cui rimando per più ampi riferimentibibliografici circa l’interpretazione di Vs 2.40.

sumo’ della citata defixio. La legenda monetale populoniesemi pupluna les fornirebbe un forte indizio in più, se si potes-se tradurre con ‘io, Populonia, <incido>’ o qualcosa di simi-le.

ELEMENTI DI MORFOLOGIA ETRUSCA 67

BIBLIOGRAFIA

AGOSTINIANI L. 1982: Le ‘iscrizioni parlanti’ dell’Italia antica, Lingue eiscrizioni dell’Italia antica, 3, Firenze.

AGOSTINIANI L. 1983: Aspirate etrusche e gorgia toscana: valenza dellecondizioni fonologiche etrusche, Fonologia etrusca. Fonetica toscana.Il problema del sostrato, Biblioteca dell’“Archivum Romanicum”.Serie II: Linguistica, 39, Firenze, pp. 25-59.

AGOSTINIANI L. 1984: La sequenza ‘eiminipicapi’ e la negazione in etru-sco, “Archivio Glottologico Italiano”, 69, pp. 84-117.

AGOSTINIANI L. 1986: Sull’etrusco della stele di Lemno e su alcuni aspet-ti del consonantismo etrusco, “Archivio Glottologico Italiano”, 71, pp.15-46.

AGOSTINIANI L. 1992: Contribution à l’étude de l’épigraphie et de la lin-guistique étrusques, “Lalies”, 11, pp. 37-74.

AGOSTINIANI L. 1993: La considerazione tipologica nello studio dell’e-trusco, “Incontri Linguistici”, 16, pp. 23-44.

AGOSTINIANI L. 1995a: Genere grammaticale, genere naturale e il tratta-mento di alcuni prestiti lessicali in etrusco, Studi linguistici per i 50anni del circolo linguistico fiorentino, Firenze, pp. 9-23.

AGOSTINIANI L. 1995b: Sui numerali etruschi e la loro rappresentazionegrafica, “AIΩN”, 17, pp. 21-65.

AGOSTINIANI L. 1997: Sul valore semantico delle formule etrusche ‘tame-ra zelarvenas’ e ‘tamera šarvenas’, Studi linguistici offerti a G.Giacomelli, Padova, pp. 1-18.

AGOSTINIANI-NICOSIA 2000: Tabula Cortonensis, Roma.BIONDI L. 1992: Presunti grecismi del lessico vascolare etrusco, “La

Parola del Passato”, 262, pp. 62-71.BOISSON C. 1991: Note typologique sur le système des occlusives en etru-

sque, “Studi Etruschi”, 56, pp. 175-187.COLONNA G. 1993: Rivista di epigrafia etrusca, 34, “Studi Etruschi”, 58,

p. 309-311.CRISTOFANI M. 1991: Introduzione allo studio dell’etrusco, Firenze.

CRISTOFANI M. 1995: Tabula Capuana, Firenze.DE SIMONE C. 1990: Il deittico etrusco ‘-tra’ “da parte di” (“von x her”),

“AIΩN”, 12, pp. 261-270.DE SIMONE C. 1996a: Il morfo etrusco -si: ‘Dativo’ o ‘Agentivo’?

Questioni di principio, “Studi Etruschi”, 62, p. 311-313.DE SIMONE C. 1996b: Etrusco ‘mi mulu araθiale θanaχvilus prasanaia’:

due ‘attanti’, “La Parola del Passato”, 291, p. 401-421.FACCHETTI G.M. 2000: Frammenti di diritto privato etrusco, Biblioteca

dell’“Archivum Romanicum”. Serie II: Linguistica, 50, Firenze.FACCHETTI G.M. 2001a: L’appellativo etrusco ‘etera’, “Studi Etruschi”,

65 (in stampa).FACCHETTI G.M. 2001b: Recensione di K. Wylin, Il verbo etrusco.

Ricerca morfosintattica delle forme usate in funzione verbale, “StudiEtruschi”, 65 (in stampa).

GIANNECCHINI G. 1996, ‘Destra’ e ‘sinistra’ e lo Strumentale in etrusco,“Studi Etruschi”, 62, pp. 281-310.

GIANNECCHINI G. 1997, Un’ipotesi sul numerale etrusco per ‘dodici’, “LaParola del Passato”, 294, pp. 190-206.

LEHMANN W. 1998: Manuale di linguistica storica, Bologna.MAGGIANI A. 1998: Appunti sulle magistrature etrusche, “Studi

Etruschi”, 62, pp. 95-138.MAGGIANI A. 1999: Nuovi etnici e toponimi etruschi, Incontro di studi in

memoria di Massimo Pallottino, Pisa-Roma, pp. 47-61.PFIFFIG A.J. 1963: Studien zu den Agramer Mumienbinden (AM), Wien.PFIFFIG A.J. 1969: Die etruskische Sprache, Graz.RIX H. 1981: Rapporti onomastici tra il panteon etrusco e quello romano,

Gli Etruschi e Roma. Atti dell’incontro di studi in onore di MassimoPallottino, Roma, pp. 113-158.

RIX H. 1984: La scrittura e la lingua, Gli Etruschi. Una nuova immagine,Firenze, pp. 210-238.

RIX H. 1989a: Zur Morphostruktur des etruskischen s-Genetivs, “StudiEtruschi”, 55, pp. 169-193.

RIX, H. 1989b: Per una grammatica storica dell’etrusco, Atti del II con-gresso internazionale etrusco, 3, Roma, pp. 1293-1306.

RIX H. 1991: Etrusco ‘un, une, unu’, ‘te, tibi, vos’, “ArcheologiaClassica”, 43, pp. 665-691.

RIX H. 1997: Il problema del retico, Varietà e continuità linguistica nelVeneto. Atti del convegno della S.I.G., Roma, pp. 25-48.

70 Giulio M. Facchetti

SCHULZE-THULIN B. 1992: Zur Wortstellung im Etruskischen, “StudiEtruschi”, 58, pp. 177-195.

STEINBAUER D. 1998, Zur Grabinschrift der Larthi Cilnei aus Aritim /Arretium / Arezzo, “Zeitschrift für Papyrologie und Epigraphik”, 121,pp. 263-281.

SZEMERÉNYI O. 1990: Introduzione alla linguistica indeuropea, Milano.WYLIN K. 2000: Il verbo etrusco. Ricerca morfosintattica delle forme

usate in funzione verbale, Roma.

ELEMENTI DI MORFOLOGIA ETRUSCA 71

Finito di stamparenel mese di aprile 2002

Milano