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Evoluzione dell'arco e delle frecce nella storia Per millenni importante strumento di caccia e di guerra, quest'arma, inizialmente semplice, è stata oggetto di un gran numero di trasformazioni a seconda delle esigenze dei diversi popoli che l'hanno via via adottata di Edward McEwen, Robert L. Miller e Christopher A. Bergman B en pochi sarebbero disposti a ne- gare la fondamentale importan- za per la storia umana dell'in- venzione della ruota e della conquista del fuoco; di solito abbastanza miscono- sciuta, invece, è la rilevanza dell'inven- zione dell'arco. In realtà, dal Paleolitico fino all'avvento delle armi da fuoco nel XVI secolo, l'arco ha contribuito a de- terminare il corso della storia sia come strumento da caccia sia come arma da guerra. Si è dimostrato fondamentale tanto per i nomadi dell'Asia centrale che fondarono vasti imperi e giunsero a do- minare la Cina, quanto per gli eserciti medievali che si combatterono in Euro- pa. Presente in tutte le culture, l'arco è stato nel corso dei secoli modificato pro- fondamente e, da strumento rudimenta- le che era, costituito da un ramo e una corda, è divenuto un dispositivo mecca- nico altamente sofisticato. Fondamentalmente un arco è una molla a due bracci mantenuta in tensio- ne da una corda che ne unisce le estre- mità. Quando lo si tende, il dorso (la parte esterna della curvatura) è sottopo- sto a uno sforzo di trazione mentre il ventre (la parte interna della curvatura) subisce una forza di compressione. L'ar- co deve adattarsi a queste forze per evi- tare di spezzarsi e per poter scagliare lontano la freccia. Nei bracci di un arco completamente teso è immagazzinata energia potenziale, che viene trasferita alla freccia e le dà impulso quando si lascia andare la corda. Immortalato nella storia e nella leg- genda, l'arco lungo inglese è probabil- mente il tipo più conosciuto. Ma nono- stante tutta la sua potenza di tiro, l'arco lungo non è molto comodo da utilizzare in certe situazioni, per esempio caval- cando. Dagli scavi archeologici e dai no- stri esperimenti con modelli sappiamo che gli antichi costruttori adattavano gli archi alle specifiche necessità, tanto da produrre una miriade di piccole varianti di progetto. Alcuni popoli, come i sioux, costruirono archi più corti per poterli utilizzare facilmente stando in sella. Al- tri, come gli unni, combinarono materia- li diversi in archi piccoli ma straordina- riamente potenti, capaci di scagliare una freccia con forza tale da perforare coraz- ze metalliche. Dal Paleolitico in poi si possono indi- viduare due filoni distinti nella proget- tazione degli archi, uno europeo e uno asiatico. Nessuno dei due può esse- re considerato intrinsecamente migliore dell'altro; ciascun progetto di arco rap- presenta invece una possibile soluzione al problema di scagliare con precisione un dardo piccolo e leggero imprimendo- gli forza di penetrazione. I vari tipi di archi non sono apparsi all'improvviso. Sembra che vi sia stato un processo graduale di modificazione del progetto dell'arco, processo che ha richiesto millenni e ha coinvolto molte culture preistoriche. Per esempio, alcuni studiosi ritenevano che l'arco lungo in- glese fosse stato inventato nel Medioevo dagli anglosassoni, dai normanni o dai gallesi, mentre in realtà se ne sono sco- perti antecedenti che risalgono ad alme- no 8000 anni fa. Alcuni dati fanno pen- sare che l'equipaggiamento per l'arciere sia apparso all'inizio del Paleolitico su- periore (35 000-8000 a.C. circa). In que- sto articolo seguiremo l'evoluzione del- l'arco dai suoi inizi, nella preistoria, fi- no alle modificazioni introdotte, soprat- tutto in Europa e in Asia, ancora 400 anni fa. T e più antiche testimonianze che si ri- 1-2 feriscono all'origine dell'arco sono forse alcune cuspidi di freccia di epoca paleolitica ritrovate nel Vecchio Mondo, in particolare in Francia, in siti delle cul- ture perigordiana e solutreana. Il piede stretto e sottile di queste cuspidi poteva inserirsi facilmente in una tacca all'estre- mità dello stelo di una freccia. E ugual- mente probabile, tuttavia, che le cuspi- di, la cui datazione è compresa fra 28 000 e 17 000 anni fa, fossero impiegate come punte per dardi da lancio. Gli archeologi hanno raccolto testi- monianze meno confutabili a Stellmoor, presso Amburgo, dove sono stati portati alla luce diversi steli spezzati in legno e cuspidi di freccia riferibili a una cultura tardo-glaciale esistita all'inizio del IX millennio a.C. Non c'è alcun dubbio che questi steli dovessero essere utilizzati con un arco: al contrario dei dardi da lancio, alla cui estremità posteriore vi è una stretta depressione che si inserisce nella parte a uncino di un dispositivo propulsore, gli steli hanno cocche, o tac- che, rettangolari che potevano ospitare solo la corda di un arco. Gli archi integri più antichi finora ri- trovati risalgono al 6000 a.C. circa. Con- servatisi nei terreni acquitrinosi di certe regioni della Scandinavia, sono costituiti da un singolo pezzo di legno, di solito olmo o tasso. Essendo fatti di un unico materiale, questi archi e gli altri dello stesso tipo vengono detti «semplici». Verso il Mesolitico (8000-3200 a.C.) in Europa settentrionale era venuto af- fermandosi un arco di progettazione alquanto raffinata. Per esempio, gli ar- chi ritrovati nell'acquitrino di Holm- gaard in Danimarca sono costituiti da una singola asta di olmo. Un'impugna- tura rigida separa bracci larghi e appiat- Arcieri manciù armati con archi composti combattono contro guerrieri tàtari in que- sta incisione su rame datata 1765. Commis- sionata dall'imperatore Ch'ien-lung, l'ope- ra celebra la sottomissione dei tàtari, av- venuta intorno alla metà del XVIII secolo. 64 LE SCIENZE n. 276, agosto 1991

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Evoluzione dell'arcoe delle frecce nella storia

Per millenni importante strumento di caccia e di guerra, quest'arma,inizialmente semplice, è stata oggetto di un gran numero di trasformazionia seconda delle esigenze dei diversi popoli che l'hanno via via adottata

di Edward McEwen, Robert L. Miller e Christopher A. Bergman

B

en pochi sarebbero disposti a ne-gare la fondamentale importan-za per la storia umana dell'in-

venzione della ruota e della conquistadel fuoco; di solito abbastanza miscono-sciuta, invece, è la rilevanza dell'inven-zione dell'arco. In realtà, dal Paleoliticofino all'avvento delle armi da fuoco nelXVI secolo, l'arco ha contribuito a de-terminare il corso della storia sia comestrumento da caccia sia come arma daguerra. Si è dimostrato fondamentaletanto per i nomadi dell'Asia centrale chefondarono vasti imperi e giunsero a do-minare la Cina, quanto per gli esercitimedievali che si combatterono in Euro-pa. Presente in tutte le culture, l'arco èstato nel corso dei secoli modificato pro-fondamente e, da strumento rudimenta-le che era, costituito da un ramo e unacorda, è divenuto un dispositivo mecca-nico altamente sofisticato.

Fondamentalmente un arco è unamolla a due bracci mantenuta in tensio-ne da una corda che ne unisce le estre-mità. Quando lo si tende, il dorso (laparte esterna della curvatura) è sottopo-sto a uno sforzo di trazione mentre ilventre (la parte interna della curvatura)subisce una forza di compressione. L'ar-co deve adattarsi a queste forze per evi-tare di spezzarsi e per poter scagliarelontano la freccia. Nei bracci di un arcocompletamente teso è immagazzinataenergia potenziale, che viene trasferitaalla freccia e le dà impulso quando silascia andare la corda.

Immortalato nella storia e nella leg-genda, l'arco lungo inglese è probabil-mente il tipo più conosciuto. Ma nono-stante tutta la sua potenza di tiro, l'arcolungo non è molto comodo da utilizzarein certe situazioni, per esempio caval-cando. Dagli scavi archeologici e dai no-stri esperimenti con modelli sappiamoche gli antichi costruttori adattavano gliarchi alle specifiche necessità, tanto da

produrre una miriade di piccole variantidi progetto. Alcuni popoli, come i sioux,costruirono archi più corti per poterliutilizzare facilmente stando in sella. Al-tri, come gli unni, combinarono materia-li diversi in archi piccoli ma straordina-riamente potenti, capaci di scagliare unafreccia con forza tale da perforare coraz-ze metalliche.

Dal Paleolitico in poi si possono indi-viduare due filoni distinti nella proget-tazione degli archi, uno europeo e unoasiatico. Nessuno dei due può esse-re considerato intrinsecamente miglioredell'altro; ciascun progetto di arco rap-presenta invece una possibile soluzioneal problema di scagliare con precisioneun dardo piccolo e leggero imprimendo-gli forza di penetrazione.

I vari tipi di archi non sono apparsiall'improvviso. Sembra che vi sia statoun processo graduale di modificazionedel progetto dell'arco, processo che harichiesto millenni e ha coinvolto molteculture preistoriche. Per esempio, alcunistudiosi ritenevano che l'arco lungo in-glese fosse stato inventato nel Medioevodagli anglosassoni, dai normanni o daigallesi, mentre in realtà se ne sono sco-perti antecedenti che risalgono ad alme-no 8000 anni fa. Alcuni dati fanno pen-sare che l'equipaggiamento per l'arcieresia apparso all'inizio del Paleolitico su-periore (35 000-8000 a.C. circa). In que-sto articolo seguiremo l'evoluzione del-l'arco dai suoi inizi, nella preistoria, fi-no alle modificazioni introdotte, soprat-tutto in Europa e in Asia, ancora 400anni fa.

T e più antiche testimonianze che si ri-1-2 feriscono all'origine dell'arco sonoforse alcune cuspidi di freccia di epocapaleolitica ritrovate nel Vecchio Mondo,in particolare in Francia, in siti delle cul-ture perigordiana e solutreana. Il piedestretto e sottile di queste cuspidi poteva

inserirsi facilmente in una tacca all'estre-mità dello stelo di una freccia. E ugual-mente probabile, tuttavia, che le cuspi-di, la cui datazione è compresa fra 28 000e 17 000 anni fa, fossero impiegate comepunte per dardi da lancio.

Gli archeologi hanno raccolto testi-monianze meno confutabili a Stellmoor,presso Amburgo, dove sono stati portatialla luce diversi steli spezzati in legno ecuspidi di freccia riferibili a una culturatardo-glaciale esistita all'inizio del IXmillennio a.C. Non c'è alcun dubbio chequesti steli dovessero essere utilizzaticon un arco: al contrario dei dardi dalancio, alla cui estremità posteriore vi èuna stretta depressione che si inseriscenella parte a uncino di un dispositivopropulsore, gli steli hanno cocche, o tac-che, rettangolari che potevano ospitaresolo la corda di un arco.

Gli archi integri più antichi finora ri-trovati risalgono al 6000 a.C. circa. Con-servatisi nei terreni acquitrinosi di certeregioni della Scandinavia, sono costituitida un singolo pezzo di legno, di solitoolmo o tasso. Essendo fatti di un unicomateriale, questi archi e gli altri dellostesso tipo vengono detti «semplici».

Verso il Mesolitico (8000-3200 a.C.)in Europa settentrionale era venuto af-fermandosi un arco di progettazionealquanto raffinata. Per esempio, gli ar-chi ritrovati nell'acquitrino di Holm-gaard in Danimarca sono costituiti dauna singola asta di olmo. Un'impugna-tura rigida separa bracci larghi e appiat-

Arcieri manciù armati con archi composticombattono contro guerrieri tàtari in que-sta incisione su rame datata 1765. Commis-sionata dall'imperatore Ch'ien-lung, l'ope-ra celebra la sottomissione dei tàtari, av-venuta intorno alla metà del XVIII secolo.

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NOCCA

BRACCIO INFERIORE BRACCIO SUPERIORE

NOCCA

L'arco semplice

L'allungamento dei bracci, una tecnica di progettazione di cui l'esempio piùconosciuto è l'arco lungo inglese, consente di migliorare le prestazioniaumentando l'estensione della corda.

DORSO

IMPUGNATURA VENTRE

CORDA

L'arco composto

I bracci fortemente «riflessi», ossia incurvati in avanti, e realizzati con unacombinazione di materiali flessibili fanno sì che l'estensione della corda sianotevole anche se l'arco è relativamente piccolo.

LEGNO

CORNO

TENDINE

BRACCIOINFERIORE

BRACCIOSUPERIORE

INCURVATURAIMPUGNATURA

titi che si restringono gradualmente ver-so le estremità. Gli antichi costruttoridevono aver raschiato e assottigliato congran cura il ventre dell'arco (un processochiamato tenditura) perché quest'ultimosi incurva in maniera regolare quando losi incorda. Queste caratteristiche fannosì che le sollecitazioni si distribuiscanouniformemente su tutta la lunghezzadell'arco, riducendone la probabilità dirottura e migliorandone le prestazioni.

Gli archi di Holmgaard hanno inoltreuna lunghezza paragonabile a quella de-gli archi lunghi medievali, ossia da 150 a180 centimetri. Un arco più lungo per-mette una maggiore estensione dellacorda, il che contribuisce in maniera si-gnificativa alla velocità del proiettile ealla sua gittata, vale a dire la distanza allaquale può essere scagliata la freccia. Gliarchi semplici corti, come quelli utilizza-ti dai cavalieri sioux e comanche nellepianure del Nordamerica, hanno un'e-stensione della corda molto minore,spesso di soli 55-60 centimetri.

T o sviluppo degli archi di Holmgaarddeve essere avvenuto in più stadi, a

partire da semplici tentativi e dalla con-sapevolezza delle limitazioni imposte daimateriali di partenza e dagli utensili im-piegati. Gli archi semplici neolitici esem-

plificano forse nel modo migliore ilruolo che gli utensili e i materiali dispo-nibili svolgono nella costruzione degliarchi. Abbiamo riscontrato, utilizzandolo stesso repertorio di attrezzi di pietraposseduti dagli artigiani neolitici, checon essi è perfettamente possibile co-struire archi semplici, anche se, natural-mente, la precisione e il grado di lavora-zione del legno non possono superarecerti limiti. Per esempio, l'arco lungoneolitico di Meare Heath, in legno ditasso, ritrovato nel Somerset (in Inghil-terra) e datato con il metodo del radio-carbonio al 2690 a.C. (con un marginedi errore di 120 anni), differisce sostan-zialmente dal ben noto arco lungo me-dievale (che veniva realizzato con uten-sili di metallo) nella forma del dorso edel ventre. Benché tutti e due abbianolunghezza simile (circa 200 centimetri),l'arco di Meare Heath ha dorso più ar-rotondato e convesso e ventre più ap-piattito della sua controparte medievale.

È evidente che i costruttori dell'arcodi Meare Heath sfruttarono la forma delramo o del tronco di partenza per ridurreil tempo di lavorazione. Riteniamo chegli artigiani preistorici cominciassero colselezionare con molta cura e spaccare indue un ramo o alberello adeguato, dellalunghezza e larghezza desiderate. La la-

vorazione vera e propria doveva consi-stere soprattutto nell'affusolare l'asta inlarghezza e spessore. Il fatto che il legnonon venisse lavorato molto è particolar-mente evidente nel dorso, che conservain gran parte la curvatura naturale delramo di partenza. La rotondità del dorsofa sì che gli strati di legno sottostanti allacorteccia rimangano il più possibile in-tatti e riduce per il costruttore la proba-bilità di indebolire inavvertitamente lastruttura tagliando, per esempio, per-pendicolarmente alle fibre. La causa piùcomune di danneggiamento degli archi èla rottura del dorso provocata dallo sfor-zo di trazione; frequentemente il puntodebole è proprio dove la venatura non èstata seguita con attenzione: le fibre dellegno si separano e l'arco si spacca.

Vi è una certa confusione fra gli stu-diosi riguardo alla composizione del ma-teriale di cui sono fatti alcuni dei primiarchi in tasso. In questo legno sono fa-cilmente distinguibili due strati: l'albur-no, di colore biancastro, che è lo stratoesterno dell'albero, fisiologicamente at-tivo, e il durame, di colore rosso-aran-cione, che è la parte morta centrale.L'alburno è elastico e ha una buona re-sistenza alla tensione, mentre il durameè più adatto a sopportare sforzi di com-pressione. Gad Rausing dell'Università

di Lund ha fatto notare l'evidente assen-za di alburno dal dorso degli archi neo-litici in legno di tasso rinvenuti nei sitilacustri della Svizzera e datati al IV-IIImillennio a.C.; altri ricercatori hannocompiuto la stessa osservazione sull'arcodi Meare Heath.

La nostra esperienza nella costruzionedi archi in tasso ci fa ritenere estrema-mente improbabile che il solo durarne siastato impiegato per realizzare queste ar-mi neolitiche. Il durame di tasso è sem-plicemente troppo fragile per resistereall'elevato sforzo di trazione che l'arcosubisce quando viene incordato e teso.Un'arma fatta di solo durame sarebbestata inaffidabile e soggetta a rompersiin qualsiasi momento. Può darsi che gliesemplari neolitici siano stati costruiticon legno non stagionato, che poteva es-sere più elastico, ma le prestazioni di unarco del genere dovevano essere tutt'al-tro che esaltanti.

L'avvento degli utensili di metallo do-po il 2000 a.C. permise ai costruttori diarchi di adottare tecniche di lavorazionedifferenti. L'arco lungo medievale, dicui esistono numerosi esemplari benconservati, illustra forse nel modo mi-gliore i tipi di lavorazione possibili congli utensili di metallo. I costruttori ingle-si realizzavano gli archi lunghi con legno

ricavato da alberi più grandi e più vicinialla maturità rispetto a quelli impiegatiin epoca neolitica. Dato che la superficieesterna di un grosso albero ha una cur-vatura più ampia di quella di un sempliceramo, i costruttori medievali erano ingrado di produrre archi con un dorso piùappiattito. Per esempio, gli archi recu-perati dal relitto della Mary Rose, la na-ve da guerra di Enrico VIII affondata il19 luglio 1545, hanno una sezione arro-tondata, con un dorso di alburno lieve-mente appiattito.

In epoca vittoriana si tese a privilegia-re, in fase di lavorazione, soprattutto lospessore del corpo dell'arco anziché lasua larghezza; ciò diede origine allasezione «rotonda», caratteristica degliesemplari di questo periodo. Un arco sif-fatto ha una gittata maggiore e imprimepiù velocità alla freccia pur con uno sfor-zo di tensione minore; tuttavia la distri-buzione non uniforme delle forze lungola sottile linea centrale del ventre spessoe arrotondato fasi che gli archi di questotipo si spezzino facilmente.

Queste innovazioni non riflettono ne-cessariamente un miglioramento conti-nuo. Anzi, negli anni trenta e quaranta,configurazioni «ideali» di arco furonosviluppate matematicamente e sottopo-ste a verifica sperimentale da Clarence

Hickman dei Bell Laboratories, ForrestNagler della American Society of Me-chanical Engineers e Paul Klopsteg del-l'Ordnance Department dello US Ar-my. Questi archi ideali assomigliano piùagli esemplari appiattiti e con bracci al-largati usati in Europa nel Mesolitico enel Neolitico che non a quelli sviluppatipiù tardi in Inghilterra. Non si sa perchégli inglesi abbiano preferito archi conbracci ristretti; potrebbe essersi trattatodi un tentativo di utilizzare il materialein modo più efficiente.

Adi fuori dell'Europa l'evoluzionedell'arco seguì una via del tutto dif-

ferente. Senza dubbio l'arco semplicevenne inventato indipendentemente danumerose culture, ma le sue varianti piùcomplesse ebbero origine in Asia; qui, alcontrario di quanto avvenne in Europa,i costruttori sembrarono concentrarsinon tanto sulla forma dei bracci, quantosui materiali da impiegare. In particola-re, in Asia si utilizzarono adesivi ricavatida pelli e dalla vescica natatoria di pesciper incollare tendini di animali al dorsodegli archi.

Il tendine ha una elevata resistenza al-la trazione, valutabile in circa 20 chilo-grammi per millimetro quadrato, ossiapiù o meno quattro volte quella dei legni

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Alcuni tipi di archi

I tipi fondamentali di archi sono esemplificati dall'arco lungo medievale in legno di tasso(a), dall'arco rinforzato con tendine dei sioux (b) e da quattro archi composti: l'arcotriangolare dell'Asia occidentale (c), l'arco scita a quattro curvature (d), l'arco turco delXVII secolo (e) e l'arco dei tàtari di Crimea del XVII secolo (t).

e

Evoluzione delle cuspidi di freccia

L'equipaggiamento usato dagli antichi arcieri consente agli archeologi di dedurre qualifossero le loro necessità. Per esempio, gli sciti fabbricavano cuspidi di bronzo, di cui sivedono qui esemplari del III secolo a.C., lunghe da 25 a 50 millimetri (fila in alto). Losviluppo delle corazze richiese però cuspidi in ferro più grandi e più pesanti, che po-tessero penetrare il metallo. Quelle mostrate nella fila in basso vennero utilizzate dagliunni. Il profilo in blu a destra di ciascuna cuspide ne mostra la forma in sezione.

da arco. L'uso del tendine consente dicostruire un arco notevolmente più cor-to senza sacrificare l'estensione dellacorda né aumentare il rischio di rottura.Facili da maneggiare stando in sella,questi archi corti rinforzati con tendinevennero utilizzati in Asia settentrionalee in Estremo Oriente, ma anche alcunetribù indiane delle pianure del Norda-merica svilupparono e usarono archi diquesto tipo. (Il possesso di cavalcaturenon è necessariamente un prerequisitoper lo sviluppo di archi rinforzati contendine; gli indigeni della California liimpiegavano per la caccia nelle foreste.)

Uno dei principali vantaggi degli archirinforzati con tendine è che sono inva-riabilmente «riflessi»: in posizione allen-tata, senza corda, i bracci dell'arco si in-curvano in avanti. Questa proprietà fa sìche, quando l'arco è incordato, i braccisiano sottoposti a una tensione maggioree immagazzinino più energia rispettoagli archi semplici. I bracci corti compor-tano anche un trasferimento di energiapiù efficiente: i bracci lunghi e pesantidegli archi semplici di grande potenzaconsumano molta energia nel muoversiin avanti quando la corda viene rilascia-ta, e quindi il trasferimento di energiaalla freccia è ridotto e inefficiente.

Gli antichi costruttori di archi in Asiaorientale e occidentale non si limitaronoa rinforzare gli archi con tendine; alcunidevono essersi resi conto che in naturaesistono materiali più resistenti del le-gno. Con essi idearono l'arco compostoo a struttura mista, un autentico tour deforce meccanico di grande complessità,la cui costruzione richiedeva una perizianotevole. Come indica il nome, questotipo di arco combina materiali diversi:nella sua forma classica, è costituito daun sottile «cuore» in legno rinforzato contendine sul dorso e corno, di solito dibufalo indiano, sul ventre. Moderna-mente questo tipo di arco è stato spessodefinito laminato o rinforzato; qui im-piegheremo il termine «composto» perriferirci all'arco pienamente sviluppatofatto di corno, legno e tendine.

L'arco composto sfrutta pienamentele proprietà dei materiali impiegati nellasua costruzione. Come abbiamo detto, iltendine incollato al dorso sopporta benelo sforzo di trazione; il corno, che ha unaresistenza massima di circa 13 chilo-grammi per millimetro quadrato (all'in-circa il doppio di quella dei legni duri),è adatto a sopportare i carichi di com-pressione. Il corno ha anche un'elevatacapacità di ritornare alla forma origi-naria dopo aver subito una deformazio-ne. La flessibilità di questi materiali dàall'arco bracci corti, leggeri e riflessiche, se sottoposti a tensione, sono in gra-do di immagazzinare una grande quan-tità di energia; inoltre permette di ten-dere molto di più l'arco composto rela-tivamente alla lunghezza totale dell'ar-ma di quanto si possa fare con un arcosemplice. La combinazione di notevoleestensione della corda e bracci corti fa sì

che l'arco composto possa scagliare unafreccia più velocemente e a maggiore di-stanza che non un arco semplice in legnocon uguale sforzo di tensione. Le proveda noi effettuate dimostrano che un mo-dello di arco composto con uno sforzo ditensione di 27 chilogrammi può impri-mere a una freccia la stessa velocità (cir-ca 50 metri al secondo) di un modello diarco lungo medievale in legno di tassocon uno sforzo di tensione pari a 36chilogrammi.

Solo la balestra, inventata verso il 500a.C., è in grado di scagliare un dardo piùlontano e a maggiore velocità; tuttavia ilsuo enorme sforzo di tensione, che puòarrivare anche a una tonnellata, richiedel'impiego di parti meccaniche e quindinon è possibile paragonarne direttamen-te le prestazioni con quelle di un arco,che viene messo in tensione dalla solaforza muscolare.

Un altro vantaggio dell'arco compo-sto è che esso poteva essere mantenutoincordato per lunghi periodi di temposenza pericolo di danno, mentre gli archisemplici in legno e quelli rinforzati solocon tendine dovevano essere di normaincordati immediatamente prima dell'u-so, al fine di evitarne una deformazionepermanente che avrebbe comportatouna perdita di potenza dell'arma.

Non si sa esattamente chi abbia inven-tato l'arco composto né dove esso

sia apparso inizialmente. I dati archeo-logici e storici fanno pensare che diverseculture lo abbiano sviluppato indipen-dentemente nel corso del III millennioa.C. Specificamente, i dati a nostra di-sposizione indicano che l'arco compostofu messo a punto simultaneamente inMesopotamia e Anatolia e nelle steppedell'Asia settentrionale.

Il generale e archeologo inglese Au-gustus Henry Pitt-Rivers, che fu il primoa introdurre il termine «arco composto»alla fine del secolo scorso, ritenne chequeste armi fossero opera di popolazioniche vivevano in regioni prive di legniadatti alla costruzione di archi. A primavista, l'ipotesi di Pitt-Rivers sembra lo-gica; tuttavia gli esempi più antichi diarchi composti che appaiono nella docu-mentazione archeologica provengono dazone in cui vi è abbondanza di ottimolegno per archi. Nell'antico Egitto, peresempio, si costruivano e si impiegavanoarchi composti, ma anche archi semplicifatti con legni duri come l'acacia e il car-rubo . (Vale la pena di notare che nellascrittura geroglifica i due tipi di arco so-no indicati da figure differenti.)

Se la carenza di legno adatto non fu ilmotivo dello sviluppo dell'arco compo-

sto, è necessario supporre che l'impulsosia stato dato dal desiderio di produrreun'arma meccanicamente superiore. Ilprocesso che portò alla sua invenzionepotrebbe essere correlato al diffondersidell'impiego del cavallo in Asia nel corsodel III millennio a.C., quando l'uso dicarri da guerra e di truppe montate di-venne molto comune. È probabile che icavalieri asiatici si trovassero a loro agiocon un arco più corto e cercassero di mi-gliorarne la potenza e l'affidabilità rin-forzandolo con altri materiali. Lo svilup-po dell'arco composto in Asia in questoperiodo rispecchia probabilmente l'evo-luzione che avvenne in Nordamerica apartire dal XVI secolo. Gli indiani dellepianure che disponevano di cavalli spe-rimentarono varie soluzioni che com-portavano l'incollaggio di tendine al dor-so dell'arco. In seguito molte tribù eli-minarono completamente il legno, sosti-tuendo a esso corno di alce o di pecoradelle Montagne Rocciose: uno sviluppoche ormai preludeva al vero e proprioarco composto.

Uno dei più antichi esempi conserva-tisi di arco composto è l'arco triangolaredell'Asia occidentale, apparso nel IIImillennio a.C. , che forma un triangoloottusangolo quando è incordato e un se-micerchio quando viene completamente

teso. Raffigurazioni di questi archi ap-paiono su sigilli mesopotamici, su pitturemurali di tombe egizie e su rilievi monu-mentali assiri, a dimostrazione del fattoche essi vennero utilizzati per quasi 2000anni, dal 2400 al 600 a.C. circa.

Oltre alle raffigurazioni, gli archeolo-gi hanno rinvenuto numerosi esemplaridi archi composti triangolari in camerefunerarie egizie; i più famosi furono ri-trovati nella tomba di Tutankhamen,scavata nel 1922 da Howard Carter, checonteneva 32 archi composti triangolari,14 archi semplici in legno e 430 frecce,oltre a foderi per archi e a faretre.

Le prime teorie sul funzionamentodell'arco composto triangolare avevanodifficoltà a spiegare la sua apparente ca-pacità di curvarsi a livello dell'impugna-tura. Questa proprietà era in netto con-trasto con il comportamento dell'arcolungo tradizionale, che tenderebbe a vi-brare nella mano se non avesse un'impu-gnatura rigida.

Quando abbiamo costruito un model-lo di arco composto triangolare abbiamovisto che la sua sezione centrale si piegasolo in apparenza. L'angolo al centrodell'arco è rigido e la curvatura avvienein realtà su tutta la lunghezza dei bracci.Quando si rilascia la corda non si produ-ce alcuna vibrazione, e il tiro è regolare

e preciso. L'estensione davvero notevo-le della corda, che arriva a 101 centimetricon i bracci sottoposti alla massima ten-sione, doveva consentire una gittatamolto superiore a quella degli archi sem-plici disponibili nel II millennio a.C.

L'arco triangolare predominò in Asiaoccidentale sino alla fine del VII secoloa.C., quando gli sciti si unirono alla cam-pagna di conquista dell'impero assirocondotta dai medi e dai babilonesi. Glisciti, celebri come cavalieri e arcieri, ve-nivano probabilmente dalle steppe del-l'Ucraina orientale. Essendo nomadi,percorsero vastissime regioni dell'Asia elasciarono esemplari delle loro caratte-ristiche cuspidi di freccia in bronzo, pic-cole e trilobate e con lunghezza mediacompresa fra 25 e 50 millimetri, dallaCina fino alla Grecia.

Cò che sappiamo sull'equipaggiamen-to degli arcieri sciti deriva in gran

parte dalle raffigurazioni artistiche. Ol-tre a ciò, diversi foderi per archi e fare-tre, come pure steli di frecce, sono statiritrovati nelle sepolture di Pazyryk, nellaregione degli Altai orientali (Asia cen-trale sovietica). Anche se è sempre ne-cessario considerare con cautela le raffi-gurazioni artistiche, la notevole costanzanelle rappresentazioni degli archi sciti cipermette di trarre alcune conclusioni.

Il tipo di arco comunemente detto«scita» (lo scythicus arcus dei romani) fuutilizzato in realtà da molti popoli e perlungo tempo. Era già pienamente svilup-pato nel IX secolo a.C. presso i cimmeri,popolazione stanziata a nord del Cauca-so, e in seguito gli sciti lo introdussero inGrecia. Infine la sua diffusione raggiun-se la Francia settentrionale.

Le raffigurazioni coeve e le misurazio-ni dei foderi rinvenuti a Pazyryk indica-no che l'arco scita era lungo circa 127centimetri. Simile alla rappresentazionetradizionale dell'arco di Cupido, conquattro curvature, aveva l'impugnaturaarretrata e bracci riflessi terminanti inestremità ricurve. Un arco siffatto diquesta lunghezza, fortemente riflessonella zona dell'impugnatura e con brac-ci flessibili, poteva avere un'estensionedella corda di circa 76 centimetri.

Questo valore concorda con la lun-ghezza delle frecce ritrovate nelle sepol-ture di Pazyryk. Traendo spunto da rap-presentazioni su vasi attici del V secoloa.C. e dal diametro ridotto della cavitàsituata alla base delle cuspidi trilobate,alcuni studiosi ritengono che l'estensio-ne della corda fosse di soli 45 centimetri;e in effetti le piccole dimensioni dellecuspidi scite e delle relative cavità perl'inserimento dello stelo della frecciafanno pensare che quest'ultimo fosse pa-rimenti ridotto in lunghezza e diametro.

Ma questa deduzione non tiene contodel principale vantaggio dell'arco com-posto: la notevole estensione della cordain rapporto alla lunghezza dell'arma. Unarco relativamente corto, di 127 centi-metri, può essere teso molto più di quan-

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Page 4: Evoluzione dell'arco e delle frecce nella storiadownload.kataweb.it/mediaweb/pdf/espresso/scienze/1991_276_7.pdf · e delle frecce nella storia Per millenni importante strumento di

Persiani armati con archi composti danno la caccia ad animali che sembrano essere lupimannari. Questa scena mitologica è tratta da un libro del XVIII secolo che narra la vitadi un principe persiano. I nomi del protagonista, del pittore e dello scrittore sono ignoti.

to si penserebbe a prima vista. Probabil-mente la base ristretta della cuspide tri-lobata era fatta in modo da ospitare unostelo rastremato, avente cioè diametromassimo nella parte mediana; steli similierano sicuramente usati in epoca medie-vale. Come l'arco composto triangolare,l'arco scita sembra fosse totalmente fles-sibile; i bracci non erano parzialmenteirrigiditi, come in archi composti più tar-di, dall'aggiunta di lamine di osso o cor-no all'impugnatura e alle parti terminali.

L'evoluzione di un'arma va spesso dipari passo con i tentativi di contromisu-ra. Nel III secolo a.C. i sarmati, che con-finavano a oriente con gli sciti, sviluppa-rono nuove tecniche di guerra che pre-vedevano l'impiego di cavalleria pesan-temente corazzata addestrata a combat-tere in formazioni serrate. Le corazzeresero necessario lo sviluppo di un arcocapace di scagliare con maggior potenzafrecce dalle pesanti cuspidi di ferro.

Furono i popoli nomadi dell'Asia cen-trale, come gli unni e gli avari, a trovareil mezzo per perforare le corazze. Essiirrigidirono le parti terminali dei braccicon montature in corno e le modificaro-

no in modo che puntassero in avanti conun angolo accentuato. Si veniva così aformare, al termine di ciascun braccio,un leveraggio che permetteva all'arcieredi tendere con meno sforzo un arco piùpesante; durante questa operazione, in-fatti, la parte terminale del braccio si pie-gava all'indietro, con l'effetto di aumen-tare, in pratica, la lunghezza della corda,come se questa si svolgesse da un roc-chetto. Al momento del tiro, il bruscomovimento in avanti delle estremità deibracci «accorciava» la corda e imprime-va maggiore accelerazione alla freccia.Questa soluzione anticipava di molti se-coli l'arco composto moderno, che uti-lizza un sistema di carrucole per ottenereun effetto simile ma più accentuato.

Verso il XVII secolo, nuove variantialla struttura di base dell'arco compostovennero introdotte dai turchi ottomani edalle tribù turche dell'Iran. Si sperimen-tarono modifiche su archi lunghi sola-mente 111-116 centimetri: eliminandol'impugnatura arretrata e le montaturedi osso o corno che rinforzavano le partiterminali degli esemplari più antichi, siotteneva un arco dall'impugnatura rigi-

da e dai bracci che formavano una cur-vatura aggraziata terminante con estre-mità leggermente ricurve.

Questi archi corti avevano una grandeestensione della corda ed erano straor-dinariamente potenti: lo sforzo di ten-sione andava da 36 a più di 45 chilogram-mi, ed era quindi paragonabile a quellodell'arco lungo inglese, che ha dimensio-ni quasi doppie. Armata con l'arco tur-co, la cavalleria ottomana si dimostròformidabile e fu la forza trainante dellaconquista dell'Europa orientale nel Me-dioevo. In seguito, con l'invenzione del-la polvere da sparo e del moschetto, l'ar-co turco perse gradualmente importanzacome arma da guerra e venne riservatoalle attività agonistiche, soprattutto allegare di distanza. Il miglior tiro documen-tato fu effettuato nel 1798 dall'impera-tore ottomano Selim III, che scagliò duefrecce da competizione a 889 metri, im-presa mai eguagliata con archi di costru-zione tradizionale.

T 'equipaggiamento dell'arciere, comeL-1 accade sempre per gli strumenti diuso pratico, riflette tanto la natura deimateriali disponibili quanto le necessitàfunzionali. Per esempio, in confronto aigrandi e pesanti archi composti da guer-ra costruiti nel XVII secolo dai tàtari diCrimea, i minuscoli archi degli attualiboscimani del Kalahari appaiono quasicome giocattoli. Tuttavia si adattano inmodo eccellente allo scopo cui sono de-stinati: scagliare una piccola freccia pri-va di impennaggi nella cute di un anima-le per inoculargli veleno.

L'efficienza di un tipo di arco può in-somma essere valutata solo dalla sua ca-pacità di assolvere con successo i compitiper cui è stato ideato. Ma comunque, neisuoi tipi più diversi, l'arco si è dimostratoper migliaia di anni il più efficace stru-mento per il lancio di proiettili; la suasupremazia doveva iniziare a vacillaresolo nel XVI secolo, con la diffusionedelle molto più potenti armi da fuoco.

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