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Facoltà Valdese di TeologiaROMA
Corso di Laurea in Scienze Bibliche e Teologiche
LE DICHIARAZIONI ANTICIPATE DI TRATTAMENTO
Analisi descrittiva delle varie posizioni in Italia e osservazioni critiche
Relatore CandidatoProf. Ermanno Genre Antonio Racca
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Anno Accademico2008-2009
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Indice:
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- Indice 2
- Introduzione 3 - 6
- Capitolo I 7 - 11
Cosa sono le dichiarazioni anticipate di trattamento
- Capitolo II 12 - 18
Il senso della vita e della morte
- Capitolo III 19 - 26
La Situazione italiana
- Capitolo IV 27 - 80
Pluralità di interpretazioni e di criteri di orientamento
a) La posizione del Magistero Cattolico
b) L`orientamento laico
c) L´orientamento della Chiesa Valdese
d) L`orientamento evangelicale dell’I.F.E.D. di Padova
e) Nota sul Comitato Nazionale di Bioetica
- Capitolo V 81 - 87
Ripresa critica dei diversi orientamenti
- Capitolo VI 88 - 91
Il mio punto di vista
- Conclusione 92 - 100
- Bibliografia 101 - 102
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Introduzione
Le dichiarazioni anticipate di trattamento medico sono un argomento che appartiene
al campo della bioetica, scienza che si occupa dei risvolti etici legati all’applicazione
delle scoperte tecnologiche alla salute e non solo.
L’orizzonte dei trattamenti sanitari in genere, e di fine vita in particolare, sono
all’ordine del giorno perché sollevano problematiche nuove ed urgenti. Sono temi
importanti e delicati per la loro specificità, per le loro implicazioni e per il loro
legame a varie ideologie. L’opinione pubblica sente molto questi argomenti perchè
toccano sempre più persone.
C’è disagio a parlare della fine vita e l’angoscia aumenta a dismisura quando si tratta
del proprio fine vita. La società non ha ancora raggiunta una maturità in tal senso. Il
fine vita evoca l’idea che non vi sia più alcuna speranza di guarigione, che l’unica
alternativa sia la morte. Riguardano il fine vita anche le cure palliative,
alimentazione e idratazione forzata, che facilmente sfociano nell’accanimento te-
rapeutico. Il confine tra cure dovute e accanimento terapeutico è molto sottile. Che
condizione disumana quando si è costretti a stare in un letto di sofferenza, continuare
a vivere per un tempo indefinito, sotto il continuo controllo medico, in dipendenza
da macchine, prodotti farmaceutici ed essere continuamente assistiti da altre persone!
Sicuramente l’amore e la solidarietà del prossimo sono valori importanti che aiutano
tanto. Ciò nondimeno vivere senza la speranza della guarigione è come essere già
morti.
In tali condizioni le funzioni più naturali e normali della persona sono svanite e si
continua a vivere soltanto grazie alla biotecnologia. Oggi, più che mai, si sente un
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grido di dolore e una forte richiesta di chiarezza sul tema riguardante le scelte di fine
vita. Da più parti si implora pietà e tanti malati, se ne avessero la forza e le capacità,
griderebbero “basta” per non vivere nella sofferenza.
Ad onor del vero va anche detto che alcuni non esprimono affatto un grido del
genere.
C’è chi si erige a paladino della richiesta di rifiutare le cure e chi vi si oppone.
Talvolta può apparire facile pensare di “staccare la spina” ma, in realtà, non è così.
Le cure non sempre recano guarigione e rifiutarle può portare alla morte. Cosa è
preferibile l’accanimento terapeutico o la morte? La morte può essere preferibile
quando assume il carattere liberatorio quando appare come la sola alternativa ad
un’esistenza di sofferenza, di dolore, di umiliazione, perché vi è la perdita della
dignità umana e della qualità della vita.
Talvolta si parla di posizioni per la vita e di quelle a favore della morte che, a loro
volta, alcuni farebbero corrispondere alla bioetica cattolica e bioetica laica. Queste
contrapposizioni, grossolane e caricaturali, dipendono dai presupposti ideologici o
filosofici che si adottano, va riconosciuto ed ammesso che vi sono ideologie diverse
che consentono di formulare varie visioni del mondo, che sviluppano varie
antropologie e che vi sono più modi per orientarsi. C’è chi ricorre alla metafisica e
chi alla razionalità ed ognuno formula il proprio orientamento secondo paradigma
che ritiene più validi.
Per tali motivi le cose risultano complesse e il dialogo appare difficile. E’ indubbio
che sia stata una conquista di civiltà consentire alle persone di esprimere il proprio
consenso prima di essere sottoposti a cure mediche. Il problema sorge quando una
persona non è in grado di poterlo fare. Attualmente esiste una sorta di omertà perché
quando il paziente non può esprimere la sua volontà, è qualche altro soggetto che
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sceglie per lui imponendo la sua decisione. Solitamente è il medico o qualche
familiare.
Le biotecnologie, e non solo, hanno portato alla disumanizzazione della medicina ed
hanno aperto scenari agghiaccianti: una persona, da soggetto attivo, diventata oggetto
passivo perchè subisce le decisioni di altri. La normativa attuale impone
l’obbligatorietà delle cure quando la persona non le può rifiutare. Per tali motivi la
bioetica e le norme esistenti hanno determinato problemi esistenziali di rilevante
entità. La vita si è allungata e si verifica sempre più spesso che pur non essendoci
alcuna speranza di guarigione, si continua a intervenire in maniera sproporzionata
rispetto ai risultati che si otterrebbero, ovvero si continuano a praticare cure senza
che vi sia la possibilità di guarigione. In questo caso ci si trova dinanzi
all’accanimento terapeutico.
La scienza medica ha aperto nuovi spiragli di speranza ma genera anche molte
perplessità, se non addirittura delle tragedie vere e proprie. La speranza attiene
all'eventuale possibilità di guarigione e al prolungamento della vita. Le perplessità
scaturiscono dal fatto che, sempre con maggiore frequenza, al prolungamento della
vita corrisponda un’esistenza disumanizzata. L’evenienza di vivere più a lungo
preoccupa quando c’è la reale ed assurda possibilità di vivere con indomita
sofferenza per lunghi anni, senza che ci sia più alcuna relazione con la realtà che
circonda.
La cronaca ci informa che quest’ultima condizione si verifica sempre più frequen-
temente. Come risolvere queste anomalie e rispondere alle grida di dolore?
Una tale situazione potrebbe essere risolta con le “dichiarazioni anticipate di trat-
tamento” che, per essere efficaci, hanno necessità di una legge dello Stato.
Si tratta di un nuovo diritto personale da riconoscere.
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Il dibattito in atto sussiste da vari anni e continua ad essere molto acceso perché le
implicazioni etiche, religiose, filosofiche, scientifiche, emotive, sociologiche, cul-
turali, ed economiche sono molteplici e spesso contrapposte tra loro.
I presupposti ideologici che orientano i vari schieramenti condizionano a tal punto il
confronto che esso non risulta affatto piano e fruttuoso. Per tali motivi non è affatto
facile giungere a conclusioni e definizioni condivise, perché anche un compromesso
appare irraggiungibile.
Qualcuno ha cercato di non far emergere le contrapposizioni ed ha invocatola non
necessità di una legge. Finalmente le diversità sono state evidenziate e le opportune
soluzioni vanno ricercate con urgenza.
A proposito del caso Terry Schiavo, Piergiorgio Welby ed Eluana Englaro, giusto per
citarne qualcuno, è addirittura emerso, che vi è intolleranza verso il pluralismo
esistente.
Riconoscere il diritto alle dichiarazioni anticipate sarebbe una grande conquista
civile a favore della libertà di coscienza e certamente più consona ad una cultura
pluralista e democratica.
Lo Stato, nel prendere atto dell’esistenza del pluralismo di posizioni, dovrebbe
porre in essere una legge che non privilegi nessuno. Uno stato moderno, libero ed
aconfessionale, equidistante da ciascuna componente ideologica della società,
e nel rispetto delle sfere di competenza di ciascuno, dovrebbe mantenersi neutrale
onde consentire a tutti di autodeterminarsi secondo la propria coscienza.
Le dichiarazioni anticipate vogliono dire basta all’agonia e alla sofferenza, sono
una richiesta di uno stato laico e non più soggetto ad una confessione religiosa,
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l’attuazione di un sogno di libertà e di dignità.
Capitolo I
Cosa sono le Dichiarazioni anticipate di trattamento
Le Dichiarazioni anticipate di trattamento di fine vita sono conosciute anche come
“Testamento biologico”. L’espressione “Dichiarazioni anticipate di trattamento” è
stata utilizzata dal Comitato nazionale di bioetica e “living will” è tradotto con
“Testamento biologico” o con “Testamento di vita”. Nel mondo anglosassone
l’espressione “dichiarazione anticipata di trattamento” traduce “advanced care di-
rectives”.
Ho preferito la prima dicitura perché sembra più opportuna per i seguenti motivi.
La parola “Testamento” evoca l’aspetto della fine della vita e può creare allarmismo
per l’avvicinamento inesorabile della morte, mentre, in realtà, le dichiarazioni sono
espressione di volontà che vogliono regolare la propria vita e le proprie scelte circa
cure mediche. La parola testamento inoltre fa pensare ad un atto giuridico complesso
in quanto a scopi e contenuti e che richiede l’intervento di un notaio o di un esperto
in materie legali, con conseguenti notevoli spese. Invece, l’espressione
“Dichiarazioni anticipate” è più semplice, è alla portata di tutti e vuole essere solo
una dichiarazione o manifestazione di volontà in cui si esprime la propria libertà di
scelta terapeutica.
Per capire cosa sono le dichiarazioni anticipate può essere utile chiarire i termini che
vengono utilizzati nel dibattito contemporaneo.
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Tutte le formule prima indicate vogliono indicare la libera scelta di volontà di una
persona che ritiene di non voler essere sottoposta a delle cure che, altrimenti, gli
sarebbero imposte nonostante che egli non le gradisca, perché non più in grado di
esprimere il consenso informato per sopravvenuti impedimenti.
Tale rifiuto nasce dalla concreta aspettativa, sempre più frequente, di poter vivere in
stato vegetativo permanente,1 nella sofferenza, sollecitato da macchinari, in una
qualità di vita fortemente compromessa e senza aspettativa di guarigione. Inoltre, nel
caso di superamento dello stato vegetativo, la qualità di vita continuerebbe ad essere
altamente danneggiata. Il diritto alle dichiarazioni, se riconosciuto, consente di
esprimere in anticipo le proprie preferenze terapeutiche.
E’ un modo per evitare di dover vivere subendo dei trattamenti sanitari che avrebbero
solo lo scopo di prolungare indefinitivamente la vita fisica, senza che la stessa abbia
le caratteristiche di una vera esistenza umana degna di essere vissuta.
Il linguaggio delle predette formule è preso in prestito dal vocabolario giuridico.
E’ una dichiarazione di volontà, fatta in anticipo, in via del tutto eventuale e pre-
ventiva, non obbligatoria, da utilizzare nell’ipotesi che non si possa esprimere il
consenso informato alle cure.
Per approfondire i contenuti di questa definizione può essere utile soffermarsi su
alcune implicazioni.
Come detto, esse sono costituite da un documento scritto, non necessariamente fatte
dinanzi ad un notaio, con l’indicazione eventuale di un fiduciario che ha il compito di
far adempiere quanto dichiarato, che siano sottoscritte dalla persona e che in esso sia
1 Si definisce “stato di coma” un periodo di incoscienza che dura solo 12 mesi, se questo stato perdura dopo il periodo indicato si parla di “stato vegetativo permanente” o “persistente.
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espressa la volontà di non voler ricevere delle cure mediche che, come detto,
avrebbero solo la funzione di prolungare la vita solo in senso biologico e con la
conseguenza di essere caratterizzata dalla sofferenza, dal decadimento fisico dalla
perdita della dignità e della sua qualità.
Le dichiarazioni anticipate assumono la caratteristica di testamento biologico di vita,
che, a differenza di un testamento di eredità, è da eseguire quando il testatore è
ancora in vita, E’ per questo che si parla anche di testamento di vita che, per assenza
di cure, potrebbe far sopraggiungere in anticipato la morte.
La necessità delle dichiarazioni anticipate è imposta dalle conseguenze che scatu-
riscono dall’applicazione smisurata delle biotecnologie mediche alla vita, queste
consentono di vivere più a lungo, in maniera artificiale, senza quegli elementi che
dovrebbero caratterizzarla, come ad esempio la dignità, la qualità, le relazioni, e la
progettualità. Sorge allora spontanea una domanda: se un' esistenza, che diventi solo
biologica e caratterizzata da patimenti ed umiliazione, sia una vita degna di essere
vissuta o se si possa ancora definirla tale.
Naturalmente le risposte possono essere diverse a secondo dei paradigma che si
adottano.
Con le dichiarazioni si rifiutano quegli interventi umani che non producono mi-
glioramenti ma prolungano solo la vita biologica nel senso dell’accanimento tera-
peutico.
Altro elemento importante delle dichiarazioni anticipata è che esse sono
l’espressione della volontà della persona. Salvo i casi previsti dalla legge, la libertà
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di scelta non può essere violata da nessuno, è un diritto che va assolutamente
riconosciuto e tutelato. Una legge in tal senso dovrebbe prevedere che le dichiara-
zioni vincolino a rispettare la libera volontà del paziente. Il medico, per sua
scienza, deve valutare la situazione e fare delle previsione, nella eventualità che non
vi siano possibilità di guarigione, dovrebbe interrompere le cure, così come
dichiarato preventivamente dal paziente. Il continuare le cure sarebbe la violazione
del diritto della persona e le cure si tramuterebbero in accanimento terapeutico.
Con le dichiarazioni prevale la volontà della persona che può scegliere secondo la
sua coscienza, convinzioni e principi etici, senza più soggiacere alla volontà del
medico o di altri, è una scelta libera per sottrarsi alla sofferenza, all’accanimento
terapeutico, al decadimento fisico e, in una parola, alla perdita della qualità e della
dignità.
Attualmente prevale la volontà del medico che, in scienza e coscienza, decide il da
farsi, egli prescriverà le cure a prescindere dai risultati realizzabili ed anche al fine di
evitare responsabilità professionali che possono avere conseguenze amministrative,
oltre che penali e civili.
Le dichiarazioni anticipate sono una esigenza moderna, che nascono dal fatto che
“lo sviluppo della scienza medica consente di tenere in vita i corpi malati ben oltre i
tempi finora conosciuti. Ne consegue che il confine tra cura doverosa e accanimento
terapeutico è sottilissimo e può essere tracciato solo con difficoltà. Quel confine
sfugge, spesso, alla capacità di conoscenza e di controllo del diretto interessato: il
paziente”.2
2 A. BORASCHI, L. MANCONI, Il dolore e la politica. Accanimento terapeutico, testamento biologico, libertà di cura, B. Mondadori, Milano, 2007, pag. 1
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Dunque, le dichiarazioni anticipate, se regolate da una legge, possono essere lo
strumento giuridico atto a proteggere il malato da un eventuale accanimento tera-
peutico, evitando cure superflue e lesive della sua dignità3 che, non portando alla
guarigione, costringono a vivere in stato vegetativo mediante l’utilizzo di macchinari
e farmaci ed in dipendenza dalla volontà degli altri. Esse sono il riconoscimento del
diritto di libertà e di libera scelta, che nessun individuo, religione, legge o Stato
dovrebbe violare quanto, piuttosto, riconoscere e tutelare.
3 E’ utile tener presente che non si sta parlando di eutanasia. Tra questa e le Dichiarazioni anticipate vi è un'enorme differenza. Per un approfondimento si veda G. REALE, Corriere della sera, 23 gennaio 2007 ed il contributo di G. POPOLO, L. MILITERNI, U. VERONESI (a cura di), Il Testamento biologico. Verso una proposta di legge, Sperling & Kupfer, Milano, 2007.
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Capitolo II
Il senso della vita e della morte
“Il tema della morte è molto impopolare per chiunque lo tratti”.4
La società moderna e postmoderna è caratterizzata dal rifiuto della sofferenza e della
morte. Non sempre la scienza aiuta in tal senso, i suoi rappresentanti dovrebbero
mostrarsi meno arroganti per la presenza di malattie inguaribili, per la presenza della
sofferenza e della morte.
Nonostante l’enorme progresso che segna traguardi inimmaginabili bisogno
arrendersi dinanzi a delle evidenze così chiare.
Nel corso dei secoli, pensatori illustri e uomini comuni si sono cimentati con im-
pegno su questi argomenti. Ogni filosofia ed ogni religione ha qualcosa da dire
intorno alla vita ed alla morte. Tutti hanno tentato di dare delle spiegazioni, delle
risposte e proposte delle consolazioni e delle speranze.
Anche la Bibbia parla più volte di detti argomenti e lo fa con accentuazioni diverse.
Solitamente la morte è vista in termini negativi, al contrario, la vita è indicata come
qualcosa di importante e di straordinario, da vivere fino in fondo in maniera piena e 4 U. VERONESI, Testamento biologico, Edizione Fondazione Umberto Veronesi, Milano, 2005, p. VII.
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responsabile. Quando la Bibbia parla della vita e della morte di Gesù Cristo ne
evidenzia sia la tragicità che la gloria. Gli autori biblici ed il cristianesimo colgono la
tragicità di quell’evento non solo nel suo carattere cruento, ma anche perché
quell’innocente e giusto è stato messo a morte per la volontà suprema di Dio Padre,
per soddisfare la propria giustizia, per redimere e riconciliare la creazione decaduta.
La gloria di quella vita e della morte di Gesù Cristo è vista nel suo scopo e nella
resurrezione, che, secondo gli autori biblici, attesterebbe la vittoria sul peccato, sulla
la morte e sulle loro funeste conseguenze. Alla luce di questi eventi, così come intesi
anche dal cristianesimo, la morte avrebbe perso la sua battaglia e la vita avrebbe
riacquistato il suo valore, senso e speranza.
Coloro che hanno fede in Gesù Cristo partecipano alla sua vittoria e si aprono alla
nuova vita di speranza, di impegno responsabile ed ottimismo.
E’ vero che ci sono altre visioni della vita e della morte che non sono sempre con-
ciliabili con l'interpretazione cristiana. Questo però non giustifica affatto
l’intolleranza. Il rispetto reciproco, l’ascolto e il dialogo sarebbero sempre auspica-
bili. Il confronto è sempre rispettoso quando non vi è lo spirito di voler prevaricare
sull’altro, questo nulla toglie alla propria identità che consente di confrontarsi se-
renamente senza compromessi.
Il rispetto per le idee altrui non dovrebbe mai venir meno.
Nonostante le differenze tra i vari orientamenti, si riscontra quasi sempre un disagio
quando si parla della vita e della morte, del loro senso e scopo. Sono temi che
restano avvolti in una sorte di mistero. Nella visione cristiana la vita e la morte sono
governati da Dio ed in virtù di Gesù Cristo si conosce la via della speranza. Ciò
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nondimeno, per la fragilità umana, si vive una tensione perché la vita e la morte non
perdono interamente la loro tragicità e mistero.
La Riforma protestante del XVI secolo, con la sua riscoperta e centralità della Sacra
Scrittura, ripropose la comprensione del creato e di quanto accade in esso in
termini più consoni alla sua vera natura. Le nuove formulazioni teologiche, secondo
le direttrici di creazione, caduta e redenzione, erano e sono in contrasto con la
filosofia antignostica ed antidualista del passato che, ancora oggi, è presente nella
teologia della Chiesa Cattolica romana. Quest’ultima, che segue la teologia
scolastica medioevale, elaborata da Tommaso D’Aquino, formulò la sua teologica
secondo categorie platoniche-aristoteliche, nel tentativo di conciliare filosofia e
cristianesimo, che risulta essere un misto di categorie teologiche naturali e
rivelazionali.
I Riformatori, in opposizione alla Chiesa di Roma in cui erano e sono ancora presenti
comprensioni ritenute da alcuni errate, basandosi sulla autorità della “sola Scrittura”,
dissacrarono la realtà, fino ad allora mal compresa, perché concepita come avvolta
dal mistero, da categorie magiche e pagane. Con la nuova interpretazione riformata
della realtà anche la vita e la morte hanno assunto nuovo significato e finalità,
perdendo parte della loro tragicità.
Il cammino verso un'esistenza che riconosca e tuteli i diritti di ciascun essere umano,
che spinga ad una vera responsabilità e rispetto per il creato e tutte le sue
componenti, compreso la vita, l’uomo e l’esistenza, che vede ogni cosa non più
schiava di superstizioni e limitazioni arbitrarie e che spogli la morte del suo carattere
tragico e struggente, rimane un percorso duro.
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Quando si riflette su questi argomenti sembra difficile trovare risposte sufficienti, il
traguardo appare lontano perché vengono frapposti tanti ostacoli che derivano da
presupposti filosofici differenti.
Dinanzi alle ingiustizie, alla sofferenza, alla malattia ed alla morte si sta in silenzio,
si resta sgomenti, si percepisce la presenza di un alone di mistero che sempre
permane perché vi è l’incognito, vi è qualcosa di irrazionale e che sfugge
all’indagine umana. Subentra l’angoscia e lo smarrimento perché si coglie tutta la
debolezza, precarietà e fragilità umana.
Dinanzi a questa frustrazione non gesto di umiltà non guasterebbe affatto.
In queste tragiche circostanze sembra ripresentarsi il dissolvimento del mito del
“super uomo” che sembra riproporsi nei pronunciamenti della “super scienza” che
sovente viene affermato attraverso il suo millantato potere di pensare di poter
spiegare ogni cosa e di avere soluzioni appropriate per ogni problema.
I Vangeli dicono che Gesù provò questi sentimenti frustranti in modo intenso. Egli
pianse per la morte dell’amico Lazzaro, pianse anche dinanzi alla prospettiva della
propria morte, solidarizzò con ogni tipo di sofferenza .
Quelle lacrime assumono un carattere ancora più grave se si pensa che egli sapesse
che, dopo morto, sarebbe risuscitato. Pianse per il tipo di morte che stava per
affrontare, eppure sopportò quell’esperienza per i benefici che avrebbe recato. La
Bibbia non fa della morte un mistero impenetrabile ed insormontabile, essa ne parla
liberamente, la presenta con la dovuta inquietudine senza nascondere la tensione di
cui è portatrice e, allo stesso tempo, induce ad affrontarla con speranza, nella
consapevolezza che questo eone è passeggero e che lascerà lo spazio a quello
definitivo. Sembra strano che delle religioni di matrice cristiana valorizzino solo
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l’attuale ordine provvisorio a scapito di quello futuro, che porterà un rinnovamento
globale e definitivo. Attualmente è la speranza che prevale5.
Il poeta Ugo Foscolo scrisse che “…anche la morte fugge i sepolcri” e, comune-
mente si dice che “la speranza è ultima a morire”. E’ la speranza che anima la vita,
l’impegno ed ogni aspettativa. Senza la speranza vi è la resa, la rassegnazione,
l’alienazione, la morte.
Eppure, a prescindere dal proprio credo, si può desiderare di morire. Ci sono dei
momenti dell’esistenza, specialmente se caratterizzati dalla sofferenza fisica, che
quasi impongono l’invocazione della morte. La morte è vista come l’uscita da questa
valle di lacrime, la fine della sofferenza, l’abbandono del degrado, del dolore mentale
e fisico, la soluzione di ogni problema terreno. Non sono pochi coloro che sono
impegnati affinchè venga riconosciuto il “diritto di morire” in maniera consapevole e
dignitosa. Vi sono situazioni in cui la morte perde la forza del dramma e può apparire
come liberazione.
Forse la Bibbia non nega un tale desiderio. In un momento difficile il profeta biblico
Elia espresse il desiderio di morire6 e così anche il profeta Giona7 .
L’Apostolo Paolo, animato dalla fede nella verità del Vangelo di Gesù Cristo, valutò
la morte come un guadagno8 e con tale convinzione i martiri cristiani affrontarono la
morte con intrepido coraggio.
L’uomo, per cercare di evitare la morte, ha fatto tanti tentativi per scoprire l’elisir di
lunga vita ma, diversamente dalle sue aspettative, è riuscito solo a prolungare la vita.
Qualche volta però, la vita, per l’intervento della scienza, può diventare solo un
evento biologico, caratterizzato dalla perdita delle relazioni, degli affetti, della
memoria, dei ricordi, è privata della comunicazione, delle emozioni, della 5 Si veda J. MOLTMANN, la teologia della speranza. Ricerche sui fondamenti e sulle implicazioni di una escatologia cristiana. Querianiana, 2002.6 I libro dei Re 19:4.7 Libro di Giona, 4:3.8 Epistola di S. Paolo ai Filippesi 1:21.
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progettualità e della biografia personale. C’è da chiedersi: che senso ha una vita che
continua ad andare avanti temporalmente priva degli elementi caratterizzanti
indicati? E’ proprio un male rifiutare delle cure, dire no alla sofferenza e desiderare
di morire?
I modi di intendere queste problematiche sono diversi e a tal fine si sono sviluppati
vari orientamenti, che, comunemente e riduttivamente vengono individuati nella
bioetica cattolica, nella bioetica laica ed in quella evangelicale. La proposta cristiana
nell’ottica della speranza, così come si comprende alla luce degli eventi che
caratterizzarono la vita di Gesù Cristo, essendo una visione veramente olistica
rispetto alle altre, induce a vivere, fin da ora, gli aspetti del mondo futuro che è stato
promesso. Dei valori ed imposizioni possono indurre a dover continuare a vivere
come se si avesse paura della morte o forse un impulso a voler rincorrere il mito
dell'onnipotenza obbliga ad impegni fuori ogni logica e misura, anche a costo di
dover patire lungamente? A cosa servono tali sentimenti e sforzi se fanno registrare
solo un prolungamento della vita biologica, con perdita irreversibile della salute e
della dignità per l’assenza di diritti che non vengono riconosciuti e tutelati?
Eppure, come abbiamo detto, in certe circostanze, da più parti, la morte è invocata, è
voluta, è desiderata, è attesa, è vista come una liberazione.
L’uomo pensa, progetta e vive come se non dovesse mai morire, forse perché ha in se
il pensiero della vita, percepisce la morte come un'esperienza anomala, eppure, ciò
nonostante, la morte è ricercata. Perché ostacolare tale richiesta quando appare
l’unica alternativa ad una esistenza aliena?
L’importanza della ricerca scientifica è innegabile, in tantissimi casi, consente la
guarigione, aiuti a vivere meglio e più a lungo. E’ fuor di ogni dubbio che la scienza,
per i suoi limiti, paradossalmente, è anche produttrice di dolore, sofferenze e morte.
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La scienza senza regole etiche può produrre delle mostruosità ed altrettanto possono
determinare principi etici privi di un sano fondamento epistemologico. Il diritto di
poter esprimere la propria volontà con le dichiarazioni anticipate può essere
l’escamotage per porre fine a situazioni intollerabili e che creano disagio a tutti.
Attualmente il medico ha l’obbligo di praticare le cure ai pazienti e la legge prevede
sanzioni per gli inadempienti. Talvolta detta imposizione viene occultamente
disattesa. E’ chiaro che c’è la necessità di dover uscire da tali ambiguità ed omertà.
Gli orientamenti esistenti, a prescindere dai presupposti che li animano, benché tutti
rispettabilissimi, non possono essere imposti a nessuno. Anche le dichiarazioni
anticipate non possono essere imposte a chi non voglia farvi ricorso. Ogni pretesa
egemonica tradisce le più elementari norme di rispetto, di libertà di coscienza,
sarebbe un attacco alla pacifica convivenza sociale, è il tradimento del pluralismo.
Le società occidentali sono pluralista, multiculturale e multirazziale, consegue che lo
stato dovrebbe garantire a ciascuno di vivere secondo i propri convincimenti.
Si spera che il Parlamento italiano, al più presto, colmi il vuoto legislativo esistente
e lo faccia senza sostituirsi alla coscienza dei singoli, né che la prevarichi,
imponendo visioni unilaterali a scapito della libera scelta di ognuno. Lo Stato deve
essere neutrale onde garantire la laicità delle istituzioni. Solo così può essere tutelata
la libera scelta di ogni persona.
Chi opta per visioni del mondo che si avvalgono della metafisica può domandarsi:
E’ sufficiente una legge dello Stato per non contravvenire la legge di Dio? Come si
può articolare il proprio ragionamento al fine di fare le scelte più opportune, senza
avere rimorsi e sensi di colpa? Esiste una responsabilità morale dinanzi ad un
eventuale essere supremo anche se una legge dello stato non prevede sanzioni?
“Dov’è la via che guida al soggiorno della luce?, chiese l’Eterno a Giobbe.9
9 Libro di Giobbe, capitolo 38:19.
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Anche noi, oggi, ci poniamo la stessa domanda.
Non c’è la presunzione di avere una risposta che soddisfi pienamente ma piuttosto il
desiderio di suggerire un’altra pista di riflessione che arricchisca il dialogo.
Capitolo III
La situazione italiana
Nonostante che il nostro tema sia in agenda da vari anni esso è stato affrontato sotto
la spinta dell'emotività che ha suscitato il caso della compianta Eluana Englaro, a
cavallo del 2008 e 2009.
Nel dibattito parlamentare e pubblico esiste un testa a testa molto agguerrito tra lo
schieramento cattolico e quello laico.
Allo stato attuale non pare a che si giunga ad un testo di legge condiviso perché, per
come stanno andando i confronti, sembra che ci sia ben poco da sperare in una
normativa che sancisca la libertà di scelta.
Cerchiamo di fare il punto della situazione indicando degli aspetti normativi e co-
gliere delle contraddizioni che hanno determinato la lentezza normativa specifica.
L’articolo 32 della Costituzione italiana recita:
“La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo …
nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per
disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti
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dal rispetto della persona umana“ e l’art. 2 dice “la Repubblica riconosce e
tutela i diritti inviolabili dell’uomo…”.
L’art. 5 del Codice Civile, in merito agli atti di disposizione del proprio corpo dice:
“Gli atti di disposizione del proprio corpo sono vietati quando cagionino una
diminuzione permanente dell'integrità fisica … ”.
Queste norme consentono di individuare vari principi. Quello che sembra attinente al
nostro tema è quello del cosiddetto “consenso informato”. E’ il dovere che impone al
medico di informare il paziente, prima di sottoporlo a delle cure, affinchè egli dia il
suo consenso o diniego alle cure.10 Tale diritto attribuisce alla persona la decisione
finale. Il consenso informato è preventivo rispetto al trattamento sanitario. Il diniego
espresso obbliga il medico a non praticare le cure. La legge prevede tassativamente i
casi in cui vi può essere una deroga a questo principio.
Cosa succede quando una persona non esprime il suo consenso alle cure?
“Il rifiuto del paziente ha quindi sicura rilevanza soltanto fin quando egli sia
cosciente e possieda la capacità di intendere e di volere. Scarso favore – come
detto – incontra l’idea del conferimento a un <<delegato>> di un potere di guida
del medico curante, affermandosi che quest’ultimo non può essere privato della
libertà di scelta terapeutica che caratterizza la sua professione e che risulta
garantita dal Codice di deontologia medica. (1998)”.11
Cosa succede quando una persona non può esprimere il suo consenso?
Questa circostanza può verificarsi in due casi.
10 Purtroppo va segnalato che spesse volte il “consenso informato” è poco più di un atto burocratico di routine e non sempre il paziente è messo veramente in grado di scegliere consapevolmente il trattamento da seguire. Sul consenso informato si veda M. DE TILLA, L. MILITERNI, La parola al paziente, Sperling & Kupfer, Fondazione U. Veronesi, Milano, 2008.11 S. PATTI, L’autorità decisionale della persona alla fine della vita in Testamento biologico, Fondazione U. Veronesi, Milano, 2005, pag. 4.
21
Il Codice Civile, per le persone cosiddette “socialmente deboli”12, ha previsto dei
rappresentanti che, nominati dal Giudice Tutelare, possono prendere decisioni per i
loro rappresentati. Queste figure si individuano nel tutore, in caso degli interdetti
giudiziali, nel curatore per gli inabilitati, nei genitori per i minori e l’amministratore
di sostegno per i beneficiari13. Trattasi di figure giuridiche previste dalla legge, con lo
scopo di proteggere e rappresentare le persone prive di autonomia decisionale, esse,
operano sotto la supervisione del Giudice Tutelare, presente presso ogni Tribunale.
L’altro caso si verifica quando una persona, per sopravvenute circostanze, non sia
più in grado di dare il consenso alle cure.14
Il codice di deontologia medica prescrive al medico di desistere dal praticare una
terapia quando il paziente, consapevolmente, le rifiuti. Se il paziente non è in grado
di esprimersi, la regola deontologica prescrive al medico l’obbligo di praticare e di
proseguire la terapia fino a quando lo ritenga <<ragionevolmente utile>>” .15 E’ il
medico che decide fino a quando le terapie devono proseguire ed è in questi casi che
12 E’ un'espressione che solitamente si usa nel linguaggio comune per riferirsi a persone che hanno un deficit mentale totale o parziale13 La legge n. 6 del gennaio 2004 ha introdotto nel Codice Civile, al libro I, Titolo XII del capo I, un nuovo istituto di protezione civilistica degli infermi di mente denominati “Amministratore di Sostegno”, che consiste nella tutela, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, della persona priva in tutto o in parte di autonomia nell’espletamento della vita quotidiana, mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente. Il legislatore per correggere l’ampiezza dell’interdizione, che equivale quasi alla morte civile di una persona, ha posto in essere l’istituto giuridico dell’Amministrazione di sostegno. I nuovi orientamenti della Corte di Cassazione inducono a ritenere che l’istituto dell'interdizione sarà sempre più sostituita dall'Amministrazione di sostegno perché meno invasivo e non lesivo della dignità e volontà della persona.14 Tra le cause possiamo individuare dei trauma o malattie invalidanti come l’Halzheimer, stato di coma, malattie inguaribili che, da un certo stadio non consentono alcuna speranza di guarigione.15 M. de TILLA, Testamento biologico, Edizione Fondazione U. Veronesi, Milano, 2005, pag. XIX.
22
può verificarsi l’accanimento terapeutico, situazione che si vuole sanare con le
dichiarazioni anticipate.
La sussistenza di terapie inutili e disumanizzanti è stata riscontrata a livello inter-
nazionale e si è cercato di porvi rimedio.
Nel 2001 l’Italia ha ratificato la Convenzione di Oviedo16 che individua dei diritti
umani in relazione alla biomedicina17. La Convenzione stabilisce che i desideri pre-
cedentemente espressi da un paziente, circa le cure mediche, dovevano essere tenuti
in considerazione nel caso in cui la persona non potesse esprimerle. Diverse nazioni
hanno recepito detto orientamento18 ed hanno promulgando delle leggi tese a
regolamentare queste situazioni. In Italia, nonostante che vi sia stata la ratifica della
legge 145/200119 – ancora non esiste un atto legislativo che disciplini la materia. Di
fatto l’Italia non partecipa alla Convenzione di Oviedo, negando il diritto
riconosciuto alle dichiarazioni anticipate.
In Italia, dal 1990, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, è stato istituito un
organo consultivo denominato Comitato Nazionale per la Bioetica, che ha i compiti
di formulare pareri e indicare soluzioni all’Esecutivo e alla Pubblica
Amministrazione, al fine di predisporre atti legislativi in materia ma, nonostante che
il Comitato si sia pronunciato il 18.12.2003 sulle dichiarazioni anticipate di 16 Convenzione di Oviedo del 1997.17 Legge 28.03.2001, n. 145 di Oviedo.18 Vari Stati dell’Unione Europea hanno recepito le raccomandazioni del Consiglio d’Europa in materia di diritti del malato, cure, terapie, accanimento terapeutico, eutanasia, testamento biologico ecc. Le nazioni all’avanguardia sono la Danimarca, l’Olanda, il Belgio, la Spagna, l’Inghilterra, la Germania, la Francia. Anche vari stati d’America hanno regolamentata la materia. Si può consultare il sito www.Testamento biologico nel mondo.19 E’ la legge di ratifica ed esecuzione della Convenzione del Consigli d’Europa per la protezione dei diritti dell’uomo e della dignità dell’essere umano riguardo all’applicazione delle biotecnologie e della medicina alla salute
23
trattamento, o testamento biologico, e nonostante, altresì, che in Parlamento siano
state depositate circa 8 proposte di legge al riguardo, ancora non viene predisposta
una legge in proposito. Tale lentezza è generata dalle numerose posizioni
contrastanti.
Le incertezze interpretative e le contrastanti posizioni ideologiche e politiche rica-
dono inesorabilmente sul malato e sui suoi familiari, generando conflitti e sofferenza.
Anche la società tutta subisce le ripercussioni di questa inattività parlamentare
sopportando costi economici a volte considerevoli.
La necessità di una legge sulle Dichiarazioni anticipate è così sentita che è tra i temi
riconosciuti come “eticamente sensibili”. L’opinione pubblica si mostra sempre più
attenta a questo tema20 perché chiunque può venire a trovarsi in condizioni in cui
potrebbero essere utili le dichiarazioni anticipate.
L’argomento è molto avversato. Al dibattito vi partecipano svariate componenti
della società: istituzioni religiose, laici, giuristi, bioeticisti, associazioni, personalità
politiche, comitati, consulte, oltre che liberi cittadini.
Non a caso i temi di bioetica sono affrontati a livello mondiale. Anche l’UNESCO,
organismo a carattere mondiale, con la “Dichiarazione universale sulla bioetica e i
diritti umani”,21 si è espresso in materia relazionando i diritti umani alla bioetica,
20 Si veda A. BORASCHI, L. MANCONI, Il dolore e la politica, B. Mondadori, Milano, 2007, pag. 4.
21Nello spirito del pluralismo culturale in materia di bioetica, la Conferenza Generale dell’UNESCO ha ritenuto opportuno, con la sua Dichiarazione Universale sulla Bioetica e i diritti umani, adottata dalla 33ª sessione della Conferenza Generale il 19 ottobre 2005, proclamare delle norme universali rispettose della dignità umana, dei diritti fondamentali dell’uomo e delle libertà della persona. Il Direttore generale dell’UNESCO fu invitato, sulla base della Risoluzione 32 C/24, a proseguire la elaborazione di un progetto di dichiarazione che riguarda norme universali in tale materia. In un primo momento rileviamo, La Dichiarazione Universale sul genoma umano e sui diritti umani è stata adottata all’unanimità e per acclamazione dalla Conferenza generale dell’UNESCO nella sua 29^ sessione l’11 novembre 1997 e approvata dalla Assemblea generale dell’ONU il 9 dicembre 1998, nell’ambito delle celebrazioni per il cinquantenario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.
24
deducendo i rischi se quest’ultima segue un percorso autonomo rispetto i diritti
umani.
Nonostante il dibattito sia tanto partecipato a livello mondiale e che la sensibilità
popolare sulla bioetica si ampli sempre di più, il legislatore italiano affanna a
prendere iniziative concrete a salvaguardia del diritto di autonomia di tutti. Evi-
dentemente i fattori in gioco sono tanti ed è ovvio che la soluzione si presenti
complessa.
Probabilmente non è esagerato dire che le Dichiarazioni anticipate sono un argo-
mento trasversale non solo a qualche schieramento etico ma anche a forze politiche.
Esse mettono in discussione la laicità dello Stato e la sua pretesa di dover
disciplinare anche la sfera privata della vita, senza riconoscere i rispettivi limiti;
contrastano con il ruolo egemonico confessionale e clericale della Chiesa cattolica,
che sempre ha prevalso sulla vita del paese; mettono in discussione la deontologia
medica fin qui intesa come paternalistica e decisionale, che considera il medico come
il depositario della decisione terapeutica ultima; intaccano il rapporto dell’uomo con
la scienza e la tecnologia e, infine, contrasta con il potere delle multinazionali
farmaceutiche. Ebbene, le dichiarazioni anticipate, in quanto espressione autonoma
di volontà personale, diritto inviolabile ed inoppugnabile da parte di chiunque,
rompe questi presunti equilibri. Non c’è da meravigliarsi se esse incontrano tante
opposizioni anche di natura non specificamente etica.
Primo strumento universale nella sfera della bioetica, espone i principi etici e giuridici che devono guidare il progresso della ricerca genetica e le sue applicazioni. L’obiettivo è di trovare un equilibrio fra la libertà della ricerca scientifica e la tutela della dignità e la libertà umana, di fronte al pericolo di potenziali derive della ricerca biomedica.
25
Il ritardo della politica italiana non è ascrivibile solo a difficoltà derivanti dalle
diverse posizioni politiche ma dalla cultura italiana che ha radici profonde nel pas-
sato ed al suo modo di essere ancora religiosa nel presente.
Auspico che un provvedimento legislativo non sia confessionale ma neutrale, nel
senso che tenga conto delle sensibilità della pluralità delle convinzioni.
La situazione italiana , come detto, è tutta particolare.
La Costituzione, dal combinato degli i artt. 2-3-7-8-19 e 20, afferma la laicità dello
Stato. Questo riconoscimento è “un principio supremo dello Stato” come ha
affermato la Corte Costituzionale in una sua sentenza.22
Ciò implica una garanzia dello Stato per la salvaguardia della libertà di religione, in
regime di pluralismo confessionale e culturale. Ben fece l’Assemblea costituente ad
inserire tale importante principio nella Carta della neonata Repubblica.
Va ricordato, però, che l’esistenza dei patti lateranensi del 1929 e la sua successiva
revisione dell’84, regola in maniera pattizia i rapporti tra lo Stato Italiano e lo Stato
del Vaticano che riconosceva una serie di privilegi a quest’ultimo ed una notevole
influenza ed ingerenza sulla cultura, le istituzione e l’educazione La stessa
Costituzione, pur riconoscendo l’esistenza di altri culti, individuati come “culti
ammessi”, consente che vi siano delle “intese” al fine di garantire la loro esistenza
legittima, pratiche ed attività al fine di non vedere i loro diritti negati da una
religione di maggioranza. Esiste una lotta vera e propria affinchè i privilegi di alcuni
vengano accantonati ed altrettanto si verifichi circa la loro influenza sulle istituzione
e la vita sociale del paese.
22 Sentenza n° 203 del 1989;
26
Il suddetto quadro evidenzia come nell’ordinamento civile italiano siano tutt’ora
previste ed accettate norme ed usanze legate alla tradizione cattolica, assicurando
loro una netta chiara influenza, se non addirittura una abnorme supremazia.
Attualmentele appare difficile poter definire lo Stato Italiano aconfessionale e laico
nel senso più completo dei termini.
Invero, il Cattolicesimo romano reclama le radici cristiane e culturali in Italia ed
oltre. Sarebbe pretestuoso non ammettere questo dato ma sarebbe errato se esso
dovesse nascondere strategie egemoniche.
Da qualche anno a questa parte si nota un lento cammino verso il riconoscimento
della laicità dello Stato. Ciò avviene da quando i giuristi partecipano al dibattito slla
laicità e, soprattutto, da quando degli organi costituzionali – Corte Costituzionale,
Consiglio di Stato e TAR - , in attuazione delle disposizioni sulla laicità dello Stato
sancite dalla Carta costituzionale, essi annullano atti che sono in odore di ideologia
religiosa e che risultano, quindi, influenzati da ideologie religiose.
Questi nuovi orientamenti indicano un percorso nuovo e difficile che, comunque
lascia intravedere un lontano orizzonte.
L’importante è aver iniziato il percorso.
27
Capitolo IV
Pluralità di interpretazioni e di criteri di orientamento
Secondo Warren Reich
“La bioetica è lo studio sistematico della condotta umana nell’ambito delle
scienze della vita e della cura della salute, quando tale condotta è esaminata alla
luce dei valori e dei principi etici.”23
Il vivere in maniera responsabile richiede che la condotta e le scelte siano motivate
da principi che orientano le scelte.
Le varie proposte bioetiche dipendono dagli orientamenti culturali dei propri
sostenitori e costituiscono, per ciascuno, presupposti ideologici che indirizzano le
varie prospettive.
Il pluralismo esistente è un dato di fatto inoppugnabile e sicuramente comporta un
arricchimento culturale ma rende complesso l’esame di ciascun orientamento e
richiede uno sforzo notevole per un dialogo utile, posto che le soluzioni proposte
sono inconciliabili.
23W. REICH, Enciclopedia of Bioethics, citato da L. DE CHIRICO, “Bioetica”, Dizionario di teologia evangelica, a cura di P. BOLOGNESI, L. DE CHIRICO, A. FERRARI, Edizione Uomini Nuovi, Marchirolo (VA), 2007, pag. 93.
28
Giovanni Fornero, in un suo libro, parla di bioetica cattolica e di bioetica laica,
indica i vari orientamenti che animano il confronto, esamina i rispettivi paradigmi
che sono l’essenza di ciascuna opzione e li individua in quelli metafisici e filosofici.24
La bioetica cattolica, sviluppando un’ontologia metafisica, assolutizza la vita e la
persona, giungendo a definirla sacra. Da qui derivano tutta una serie di divieti
assoluti, irrinunciabili ed indiscutibili.
La bioetica laica, sviluppando il proprio orientamento secondo un'epistemologia
Filosofica e razionale esclude la metafisica e formula il suo paradigma nella
qualità della vita, da cui discende la libertà individuale, l’autodeterminazione, la
libertà di coscienza cui conseguono altri concetti.
Emerge che vi è una diversità di posizioni ed anche una contrapposizione di
orientamenti e soluzioni.
Il recente caso di Eluana Englaro, che si è concluso con la sua morte nel 2009.
ha acceso il dibattito ed ha fatto prendere più coscienza della irriducibilità dei
diversi schieramenti.
E’ opportuno precisare però che parlare solo di bioetica cattolica e di bioetica laica
è una eccessiva semplificazione in quanto non si tiene conto di altre
articolazioni esistenti. Spesso le eccessive semplificazioni non aiutano ad avere un
quadro completo della situazione e non rispettano fino in fondo il pluralismo
esistente.
Lo scenario bioetico italiano è più ricco di quanto comunemente si possa pensare.
24 G. FORNERO, Bioetica cattolica e bioetica laica, B. Mondadori, Milano, 2005, a pag. 14 e seg. dice che esistono tante bioetiche quante sono le etiche, che i paradigmi dominanti sono due: la sacralità della vita e la qualità della vita.
29
Infatti, esiste una bioetica evangelicale che attinge ad altro patrimonio culturale
diverso da quelli indicati e, pertanto, non si inquadra né nell’orbita cattolica né in
quella laica.
Infine, non bisogna ignorare che in Italia vi sono anche altre opzioni che fanno
capo alle varie religioni esistenti sul territorio. Questa ricca varietà indica l’esistenza
di orientamenti diversi e la necessità di un ampio dialogo, che dovrebbe
essere praticato con il dovuto rispetto reciproco. Questo pluralismo va riconosciuto
ed accolto, ignorarlo può indurre a ledere i diritti di qualcuno.
Pertanto il far riferimento solo a due orientamenti, per quanto essi possano essere
influenti nel dominare il dibattito pubblico, sembra troppo riduttivo.
Pur non volendo tralasciare le varie opzioni esistenti in Italia, sono costretto a
limitare la nostra analisi solo all’orientamento del Magistero cattolico, a
quello laico, a quello della Chiesa Valdese e a quello Evangelicale sostenuto
dell’I.F.E.D. di Padova.
Infine sarà presentata una nota sui pareri formulati dal Comitato nazionale di
bioetica.
Prima di procedere oltre sembra utile precisare che il dialogo ed il confronto
Attraverso l’ascolto reciproco delle varie opzioni non attiene la ricerca e la
comprensione della verità nella sua totalità ma il poter individuare eventuali nuovi
diritti personali e consentire a tutti di esercitarli secondo le proprie convinzioni e
coscienza.
Ogni ideologia, per sua natura ed assunti, sicuramente avrà degli aspetti condivisibili
anche da altri. Ciò nondimeno ognuno tende ad essere assolutista ed esclusivista,
mostrando chiusura ed intolleranza verso le altre opzioni.
L’intolleranza che talvolta si manifesta, affatto giustificabile, ha la sua ragion
30
d’essere nei presupposti che si adottano e nelle opzioni cui fanno giungere. Il
confronto non dovrebbe essere animato dal sentimento di prevaricare sull’altro.
Il riconoscimento del diritto al libero convincimento, cui conseguono le scelte
personali che, in ogni caso ha sempre una valenza religiosa, può essere attribuito,
tutelato e lasciato espletare, solo se si adotta uno spirito di tolleranza e di vero
rispetto.
Poiché questa ricerca riguarda problematiche legate alla salute, potrebbe essere utile
indicare una serie di diritti ad essa collegati.
A tal proposito il dott. Umberto Veronesi individua almeno undici diritti principali
da tener presente e conclude il suo elenco indicando proprio il diritto a esprimere in
anticipo le proprie volontà.
Egli precisa che
“L’insieme di questi diritti fondamentali forma la base del cosiddetto <<modello
condiviso>>: nel percorso di cura tutte le azioni di diagnosi e terapia sono intraprese
o meno in accordo fra medico e paziente, nell’ambito di un rapporto di alleanza
terapeutica”.25
25 U.VERONESI, La parola al paziente, il consenso informato e il rifiuto delle cure, saggio a cura di M. de Tilla, L.Militerni, U. Veronesi, Fondazione Umberto Veronesi, Ed. Sperling & Kupfer, s.p.a. 2008, pag. XII
31
a) ORIENTAMENTO CATTOLICO
Nell’approccio all’orientamento cattolico mi limiterò a considerare le opere prodotte
dal Magistero.26
E’ opportuno precisare che all’interno del Cattolicesimo romano esistono
orientamenti diversi27 invero, molti cattolici ragionano come se fossero laici e
viceversa.
Il Cattolicesimo ha sempre prestato molta attenzione ai temi legati alla salute, alla
sofferenza, alla vita, alla morte e non ha mai trascurato d’approfondire le implica-
zioni etiche derivanti dall’applicazione della biotecnologia. Nel rilevare il crescente
consenso che gli altri orientamenti bioetici realizzano e
“dinanzi al progressivo attenuarsi nelle coscienze nella società della percezione
dell’assoluta e grave illiceità morale della diretta soppressione di ogni umana inno-
cenza, specialmente al suo inizio e al suo termine, il Magistero della Chiesa ha in -
tensificato i suoi interventi a difesa della sacralità e dell’inviolabilità della vita
umana”28.
26 G. FORNERO, Bioetica cattolica e bioetica laica, B. Mondadori, Milano 2005, pag. 22.27 Idem, pag. 22 e pag. 140. Nell’ambito del Cattolicesimo vi è anche una proposta bioetica che Fornero individua come “terza via”, che cerca di mitigare gli elementi di attrito tra la bioetica cattolica e quella laica, pur rimanendo orientamento cattolico a tutti gli effetti. Si veda Laicità debole e laicità forte, B. Mondadori, Milano 2008, pagg. 228-235.28Papa Giovanni Paolo II, Enciclica Evangelium Vitae, 25.3.1995, n. 57, scaricabile dal sito: www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/encyclicals/.../hf_jp-ii_enc_25031995_evangelium-vitae_it.html
32
Così, nel corso degli anni, il Magistero, oltre che altre eminenti personalità, si è più
volte pronunciato su tematiche di bioetica mantenendo sempre una forte coerenza di
pensiero.29
Dall’esame dei vari documenti più recenti si nota che vi è sempre un richiamo a
quelli precedenti, anche se le tematiche affrontate sono diverse. Da detto esame
emerge sempre lo stesso pensiero monolitico che, inequivocabilmente ed
immancabilmente, viene ribadito con il suo carattere di tipo direttivo ed impositivo e
vincolante per tutti gli uomini e le società di ogni luogo ed epoca. Evidentemente,
queste prese di posizione da parte del Cattolicesimo ufficiale dipendono dall’auto
convinzione del carattere universale del proprio ruolo e pensiero.
L’identità del cattolicesimo romano scaturisce dalla comprensione che esso ha della
legge naturale e del ruolo della Parola di Dio scritta, trasmessa dalla Tradizione
della Chiesa ed insegnata dal Magistero ordinario e universale.30
Pertanto, il fondamento identitario ha questa componente variegata che non può
ignorarsi.
Il richiamo a documenti del passato, ha consentito dei passi in avanti nella formula-
zione dei principi, senza apportare variazioni all’orientamento di fondo.
Il cattolicesimo romano formula il suo pensiero facendo ricorso alla metafisica, alla
teologia naturale e filosofica che, a loro volta, vanno a definire un’antropologia che
si riverbera sull’etica e sulla bioetica. Da esso scaturiscono conseguenze di notevole
portata.
29 Idem e cfr. anche Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et Spes, n. 27, scaricabile dal sito www.vatican.va/archive/hist_councils/ii_vatican_council/.../vat-ii_const_19651207_gaudium-et-spes_it.html30 Idem, n. 65.
33
Se esaminiamo i documenti prodotti dal Magistero notiamo una crescente evolu-
zione delle idee che si indirizzano sempre verso un’unica direzione, che illustrano
l’unico concetto dell’orientamento cattolico e che si individua nel paradigma della
“sacralità della vita” e delle implicazioni che scaturiscono da esso.
Il Concilio Vaticano II, in alcuni dei suoi atti, individuò nel “valore della dignità
della persona umana” un concetto molto importante.31
La dignità dell’uomo dipende dalla comprensione della natura olistica dell’uomo,
nel senso che l’essere umano è considerato un'unità inscindibile di materia e di
spirito.
“Ogni persona umana, nella sua singolarità irripetibile, non è costituita soltanto dallo
spirito ma anche dal corpo, così nel corpo e attraverso il corpo viene raggiunta la
persona stessa nella sua realtà concreta. Rispettare la dignità dell’uomo comporta di
conseguenza salvaguardare questa identità dell’uomo corporee et anima unus”.32
Nel 1980, la Chiesa si accorse che la cultura, la scienza e la tecnica, inducevano le
persone a pensare diversamente dal suo consolidato insegnamento e individuò in
essi un attacco alla dignità umana e alla morale.
Con la Dichiarazione sull’eutanasia del 1980, la Chiesa prese posizione e si
pronunciò scrivendo che:
“Nella società odierna, nella quale non di rado sono posti in causa gli stessi valori
fondamentali, la modificazione della cultura influisce sul modo di considerare la
sofferenza e la morte; la medicina ha accresciuto la sua capacità di guarire e di
31 Gaudium et spes Capitolo I, n. 12, 13 e 14; si veda pure l’Enciclica Humanae Vitae, 25.7.1968; CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Dichiarazione sull’Aborto procurato, 18.11.1974.32Gaudium et spes, n. 14,1, scaricabile dal sito www.vatican.va/roman_curia/congregations/.../rc_con_cfaith_doc_19870222_respect-for%20human-life_it.html.
34
prolungare la vita in determinate condizioni, che talvolta sollevano alcuni problemi di
carattere morale”.33
Le parole
“la vita umana è il fondamento di tutti i beni, la sorgente e la condizione necessaria di
ogni attività umana e di ogni convivenza sociale”,34
consentono di cogliere un altro importante concetto che si individua nel “valore
della vita umana”, come suo carattere intrinseco e basilare per il consorzio umano e
sociale.
Dai due concetti indicati, dignità della persona e valore della vita umana , scaturisce
il divieto assoluto di disporre della vita, divieto che è esteso alla persona medesima
ed a chiunque altro, compreso lo Stato.
Invero:
“Nessuna autorità può legittimamente imporlo né permetterlo (di disporre della
vita) 35. Si tratterebbe, infatti, di una violazione della legge divina, di una offesa alla
dignità della persona, di un crimine contro la vita, di un attentato contro l’umanità”.36
Va detto, però, che nonostante la rigidità di questa posizione, la Chiesa,
quanto meno in forma apparente, riconosce dia logicamente qualche
eccezione, e che disattende nei casi concreti:
“che la morte, preceduta o accompagnata spesso da sofferenze atroci e prolungate, è
un avvenimento che naturalmente angoscia il cuore dell’uomo”,37
33 CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Dichiarazione sull’eutanasia, 5.5.1980, introduzione. 34 Idem.35 Il corsivo è mio.36 Idem.37 Idem.
35
che bisogna tener conto del consenso informato dell’ammalato, del parere dei me-
dici, dell'opportunità o meno delle cure ma, per timore che le dichiarazioni anti-
cipate possano sfociare in eutanasia, si riscontra una certa reticenza, che finisce per
sfociare in aperta opposizione alle dichiarazioni medesime.38
In maniera chiara possiamo cogliere il paradigma cattolico dall'introduzione
dell'istruzione Donum vitae:
”la vita umana è sacra, … solo Dio è il Signore della vita, … nessuno, … in nessuna
circostanza, può rivendicare a se il diritto di distruggere la vita”.39
Il concetto della “sacralità della vita”, che abbiamo rilevato, come in filigrana, attraversa
i vari concetti e non annulla affatto gli enunciati precedenti, piuttosto li assorbe,
riafferma, sviluppa e caratterizza ulteriormente. E’ un paradigma che si rafforza e
irrobustisce ed addirittura giunge ad assorbire elementi individuati dalla laicità.
La persona e la vita, in quanto inscindibilmente legate a Dio, sia nell’atto creativo
che nella mutua comunione che si svolge nel corso della esistenza, sono ritenute
entrambe sacre.
L’enciclica Evangelium vitae, più volte esprime questa valutazione e dice
espressamente che la vita è sacra dall’inizio alla fine ed ancor prima della nascita,
perché “splendido dono di Dio”.40
Da qui scaturiscono vari divieti che, come il paradigma medesimo assumono il
carattere di assoluti.
38 Il genio del Cattolicesimo romano è sempre stato quello di negare ed affermare allo stesso tempo, esso è stata definito la religione dell’Et….Et., nel senso che è vero questo ed è vero quello. Per un approfondimento si veda AA.VV., Pensare il cattolicesimo, rivista “Studi di Teologia”, Nuova Serie, IFED, Padova, 1997, n. 18.39 CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Donum vitae, n. 5.40 GIOVANNI PAOLO II, Enciclica Evangelium vitae, 25.3.1995, n. 19, 22, 53, 61.
36
I divieti si individuano nella inviolabilità e nella indisponibilità.41
Si tratta di divieti che impediscono all’uomo di intervenire sulla vita42 nei vari suoi
aspetti ed in particolar modo sia nella fase del concepimento e prenatale che nelle
fasi finali della vita. sia
Il divieto è esteso a tutti, anche alla persona stessa.43
Lo Stato è invitato ad ispirarsi a questi principi ragionevoli che regolano i rapporti
tra la legge civile e le leggi morali.
Tutto è asservito alla visione cattolica.
Il cattolicesimo considera crimini, uccisioni ed attentati alla vita qualsiasi violazione
di detti divieti.44
E’ un linguaggio forte che bolla come criminali chi contravviene ai divieti.
Nessuna circostanza e nessuna situazione, compresa la sofferenza ed il dolore,
possono giustificare la violazione della sacralità della vita e i divieti da essa di-
pendenti.
Inoltre, anche se in forma più o meno attenuata, il cattolicesimo, considerando
positivamente la sofferenza ed il dolore “sorgenti di bene” per il loro intrinseco
carattere pedagogico, meritorio e relazionale con la passione di Cristo, non può mai
giustificare scelte contro la vita.45
41 Idem, n. 39, 40 e 61.42 Idem, n. 13, 14.43 Idem, n. 47.44 Idem, n. 25, 57.45 Idem, n. 66 e 67.
37
Anche qui scaturiscono altre prese di posizione negative in merito alle cure pal-
liative, respirazione, alimentazione ed idratazione forzata.
“Compito della legge civile é assicurare il bene comune delle persone attraverso il
riconoscimento e la difesa dei diritti fondamentali, la promozione della pace e della
pubblica moralità. … In nessun ambito di vita la legge civile può sostituirsi alla
coscienza, né può dettare norme su ciò che esula dalla sua competenza. … Tuttavia i
diritti inalienabili della persona dovranno essere riconosciuti e rispettati da parte della
società civile e dell’autorità politica; tali diritti dell’uomo non dipendono né dai
singoli individui né dai genitori e neppure rappresentano una concessione della
società e dello Stato: appartengono alla natura umana e sono inerenti alla persona in
forza dell’atto creativo da cui ha preso origine”.46
I criteri del giudizio morale per capire la portata di queste affermazioni
“sono il rispetto, la difesa e la promozione dell’uomo, il suo diritto primario alla vita,
la sua dignità di persona, dotata di un’anima spirituale, di responsabilità morale,
chiamato alla comunione beatifica con Dio”.47
“Pur tra difficoltà e incertezze, ogni uomo sinceramente aperto alla vita e al bene, con
la luce della ragione e non senza il segreto influsso della grazia, può arrivare a
riconoscere nella legge naturale scritta nei cuori … il valore sacro della vita umana
dal primo inizio al suo termine, e ad affermare il diritto di ogni essere umano a vedere
sommamente rispettato questo suo bene primario”.48
46 Idem, parte III, morale e legge civile. L’enciclica Evangelium vitae afferma categoricamente che la legittimazione di pratiche che sono in contrasto con l’insegnamento morale della Chiesa a messo di leggi dello Stato, sono in violazione della legge di Dio, n. 68,69 e 70. 47 CONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, Donum Vitae, 22.2.1987, introduzione.48 GIOVANNI PAOLO II, Enciclica Evangelium vitae, 25.3.1995, n. 2. Questa enciclica, per i temi trattati e per la completezza magistrale intrinseca, si riallaccia direttamente all’Enciclica Humanae
38
Come ben si vede, i concetti individuati, che delineano l’antropologia cattolica, sono
costantemente riaffermati e costituiscono il cuore dell’orientamento cattolico
romano in etica e bioetica.
In occasione di un convegno organizzato dalla Commissione Sanità del Senato della
Repubblica italiano, svoltosi il 29 e 30 marzo 2007, monsignor Barragan Javier
Lozano, presidente del Pontificio Consiglio per gli operatori sanitari, ha
precisato sei “condizioni” poste dalla Chiesa Cattolica per un parere favorevole sul
testamento biologico. Queste le principali: tener conto dell’evoluzione della scienza
medica in relazione all’efficacia delle cure; ricorrere sempre all’impiego delle cure
palliative; in caso di incoscienza del malato, rimettere il giudizio sull’accanimento
terapeutico in prima istanza al medico; quindi, al consenso della famiglia o dei
legittimi rappresentanti e di un comitato di bioetica.49
La volontà della persona direttamente interessata è assolutamente ignorata: è sempre
qualche altro che decide per lei.
Più recentemente, il Papa Benedetto XVI ha parlato al Corpo diplomatico accre-
ditato presso la Santa Sede e riferendosi alla gioia che ha provato nell’aver saputo
che lo scorso 18 dicembre 2008 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite aveva
adottato una risoluzione affinchè vi fosse una moratoria per la pena di morte, ha
Vitae, Papa Paolo VI, 25 luglio 1968. In essa, in maniera molto incisiva, è affermata l’inviolabilità della vita e che qualunque violazione della stessa, sia con l’aborto che con l’eutanasia, non solo è una “grave violazione della legge di Dio” ma è anche una “uccisione deliberata moralmente inaccettabile di una persona umana”.49 Discorso scaricabile da internet dal sito Archivio Repubblica del 31 marzo 2007. http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2007/03/31/la-chiesa-il-testamento-biologico-barragan-ecco.html.
39
incoraggiato ed auspicato che il dibattito pubblico sul carattere sacro della vita
umana venisse promosso con maggiore impegno.50
I concetti basilari, sempre richiamati, che orientano l’etica cattolica in relazione alle
dichiarazioni di fine vita, sono la condizione di creatura dell’uomo, la dignità della
vita e il valore della persona; tutto può essere indicato con la sacralità della vita, in
quanto è emanazione di Dio. Da ciò si può notare che vi è un crescendo di
significato in queste formule. La vita è considerato dono di Dio ed è costantemente
ed inscindibilmente legata a lui, non solo per l’atto creativo di Dio e parte del suo
disegno, ma perché partecipe della natura stessa di Dio, oltre che di sua proprietà.
La sacralità della vita sarebbe un diritto innato dell’uomo, né caratterizza l’esistenza
dal momento del concepimento e, fino all’ultimo giorno di vita, questo status è
sempre tale in maniera costante, a prescindere da qualsiasi condizione in cui la
persona può venire a trovarsi. E’ il diritto alla vita, perché essa ha origine solo in
Dio creatore. Nessuno può violare tale diritto, nemmeno la persona stessa. Dio è
colui che dona la vita e solo Dio ha il diritto di toglierla, è solo nella sua
disponibilità.
Questi principi precostituiti rendono univoco l’approccio cattolico romano anche
nell’ipotesi di formulazione di dichiarazioni anticipate di fine vita.
Sulla dignità di ogni essere umano si è pronunciato anche il Pontefice Benedetto
XVI esaltandone il valore e le implicazioni.51
50 Discorso del Pontefice al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede tenuto l’8 gennaio 2009, scaricabile da internet sul www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/speeches/2009/... /hf_ben-xvi_spe_20090108_diplomatic-corps_it.html51 Discorso del Pontefice Benedetto XVI tenuto in Australia il 17/7/2008, in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù, quando incontrò i giovani per la festa di accoglienza sul molo di Barrangaroo a Sidney, scaricabile da internet sul sito www.repubblica.it/2008/01/sezioni/esteri/benedettoxvi-19/testo-discorso-sapienza/testo-discorso-
40
Anche il Cardinale Angelo Bagnasco, presidente della C.E.I., rivolgendosi al
consiglio permanente della Conferenza Episcopale Italiana, in data 22 settembre
2008, facendo riferimento al caso di Eluana Englaro, che da anni viveva in stato
vegetativo, pur esprimendo vicinanza, solidarietà e rispetto per la situazione di
sofferenza esistente, invitava ancora una volta ad assumere comportamenti a favore
della vita e previsti dalla Costituzione e richiamava alla memoria che la vita umana
è sempre, in ogni caso, un bene inviolabile ed indisponibile, che poggia sulla
irriducibile dignità di ogni persona.52
L’elemento centrale e fondante della riflessione etica del Cattolicesimo, sancito
costantemente dal Magistero attraverso gli anni, è ben evidente.
Il paradigma cattolico si basa su una visione ontologica della persona ed è svi-
luppato secondo una metafisica costituita di elementi naturali e soprannaturali, si
presenta nella forma di un rigoroso deontologismo con doveri e divieti assoluti che,
essendo auto evidenti, devono avere un'applicazione universale. Da qui l’aperta
opposizione ad altre visioni e una cieca chiusura al pluralismo ideologico ed alla
laicità. E’ avversata qualunque cosa che possa anche minimamente contrastare con
questa visione.
Lo Stato non deve consentire alcuna deroga in proposito ed è anch’esso asservito a
tale visione.
E’ solo in tale ottica che si può comprendere il motivo della ingerenza della Chiesa
romana in tutte le vicende dello Stato e dei suoi organi.
sapienza.html 52 Si veda la prolusione del Card. A.BAGNASCO del 22/9/2008, documento scaricabile da internet dal sito www.ildonodellavita.it/index2.php?option=com_content&do_pdf=1&id=31.
41
In maniera molto sintetica possiamo riassumere l’orientamento cattolico nel modo
seguente:
Il paradigma è la sacralità della vita;
i divieti sono l’indisponibilità, l’inviolabilità della vita.
Questi principi si applicano a tutti gli esseri umani ed in ogni situazione e
circostanza della vita. 53
53 Per ulteriori approfondimento e analisi critica si possono consultare i due libri di G. FORNERO, Bioetica cattolica e bioetica laica, B. Mondadori, Milano, 2005 e Laicità debole e laicità forte, B. Mondadori, Milano, 2008.
42
b) ORIENTAMENTO LAICO
La Riforma protestante del XVI secolo è stata un evento molto importante perché
diede l’avvio alla nascita dell’era moderna.
Molti storici hanno considerato la Riforma come il fenomeno politico e culturale che
più di tutti ha caratterizzato la modernità, differenziandola dal passato medioevale. In
altre parole, lo spirito moderno della civiltà europea e dell’intero occidente non
sarebbe noto senza l’avvento del protestantesimo.
Tra i molteplici effetti della Riforma è da segnalare la desacralizzazione o
smitizzazione del mondo e della cultura che la Chiesa di Roma aveva determinato
per secoli, da allora si è visto l’affermarsi in maniera sempre più diffusa della laicità
e della secolarizzazione.
In Italia la bioetica laica ha fatto la sua comparsa ufficiale il 9 giugno 1996 quando il
giornale “Il sole 24 ore” pubblicò il “Manifesto di Bioetica laica”.
Oggi la laicità ha acquisito approvazione e popolarità sempre più ampia grazie al
proliferare di interventi e pubblicazioni sull’argomento”.54
Esiste una tensione molto forte tra la visione laica a e la visione religiosa del mondo
e della vita perché i presupposti che le animano sono diversi.
54 G. FORNERO, Laicità debole e laicità forte, il contributo della bioetica al dibattito sulla laicità, B. Mondadori, Milano, 2008.
43
La diffusione della laicità dipende anche dal suo modo di approcciare e sviluppare le
varie tematiche, oltre che dalla bontà dei suoi contenuti che appaiono più logici e
razionali rispetto ad altri.
Il termine laico ha una origine molto remota e nel corso degli anni ha subito
un'evoluzione lessicale che non può essere ignorata. Esso ha assunto significati
nuovi, evidenzia accentuazioni diverse i cui contenuti possono assumere tratti
positivi e negativi allo stesso tempo. Anzi, questi ultimi possono ben giustificare
delle riserve nei confronti di alcune forme di laicità.
Invero, se una volta la laicità era mal considerata ed addirittura avversata,
attualmente è così ben valutata consente che chiunque può definirsi laico. Sembra
un paradosso che oggi anche dei religiosi possano definirsi laici. Tale apertura
dipende dal fatto che la laicità non sempre assume il carattere di una ideologia
quanto un modo di ragionare ed affrontare delle tematiche.
Questo nuovo modo di pensare ha indotto a ridefinire lo status della laicità, che
rivendica la legittimità di avere una sua visione del mondo, della vita, dell’uomo e
dello Stato, che sia sganciata da ogni condizionamento ideologico e religioso,55 nel
rispetto della pluralità delle idee.56
Questo cambiamento non è cagionato dall’affievolirsi dei presupposti della laicità,
quanto dal fatto che esiste una laicità in senso debole o procedurale ed una laicità in
senso forte o ideologica.57 Forse si potrebbe parlare di una laicità semplificata.
55 G. FORNERO, Bioetica cattolica e bioetica laica, B. Mondadori, Milano, 2005, pag. 63 e 64.56 Per un approfondimento delle nuove accezioni ed interpretazioni diverse della laicità si può consultare: G. FORNERO, Laicità debole e laicità forte, B. Mondadori, Milano, 2008, cap. 14, da pag. 237 e seg. 57 G. FORNERO, Bioetica Cattolica e bioetica laica, B. Mondadori, Milano, 2005, pag. 67.
44
La prima è anche detta a maglie larghe ed aperta, mentre la seconda è detta a maglie
strette e chiusa.
Il successo della laicità debole dipende dalla sua duttilità di fronte al pluralismo ed
alla bontà dei suoi vari principi.
Le riserve verso la laicità forte dipendono dal suo carattere ideologico.
Questa distinzione tra le due forme di laicità sembra senz’altro plausibile.
Detta distinzione va mantenuta perché sebbene vi siano fra loro delle connessioni
che l’accomunano esse non possono sovrapporsi pienamente.
La bioetica laica, per quanto possa essere ricondotta ad un unico paradigma, si
esprime in molteplici approcci58 o filoni di pensiero, al suo interno vi trovano
legittimo spazio anche orientamenti bioetici sostenuti da religiosi.
Evidentemente elementi colti e sostenuti dal pensiero laico – probabilmente da
quello debole - non contrastano affatto con approcci metodologici diversi.
In questo lavoro mi occuperò prevalentemente della laicità debole.
La pubblicazione del libro di Giovanni Fornero nel 2005, Bioetica cattolica e bio-
etica laica, ha riacceso il dibattito bioetico e, da allora, il confronto sui temi di
bioetica si è ampliato e polarizzato.
Il Fornero riconosce l’esistenza di altri orientamenti non riconducibili ai due indicati,
ciò nondimeno, per suoi motivi, si astiene dall’esaminarli.
Poiché fino ad ora il dibattito è particolarmente bipolarizzato, egli si limita ad
58 Idem, pagg. 77 a 128.
45
esaminare i contenuti delle due citate posizioni e per onestà intellettuale è indotto a
riconoscere, ad esempio, anche quello evangelicale riformato, che è prospettato
dall’I.F.E.D. di Padova, che, come dice il Fornero stesso, si tratterebbe di un
orientamento che tenta di evitare soluzioni estreme, cercando di procedere oltre il
duopolio cattolico-laico.59
Tra gli orientamenti laici, il Fornero, pare che vi inserisca anche l’opzione riformata
valdese e quanti altri sono
“Favorevoli a una concezione sostanzialmente metodologica della laicità (intesa come
laicità del pensiero, ovvero come dei modi di procedere che non ricorre alla fede per
fondare la plausibilità delle proprie tesi), sono anche quegli studiosi cattolici di
orientamento personalista e kantiano che – pur concordando – sui punti essenziali, con
le dottrine etiche della Chiesa – sono propensi a scorgere, sia nel cattolicesimo
ufficiale sia nel personalismo ontologico in cui esso si riconosce a livello bioetico, un
deficit di laicità”.60
Può darsi che i Valdesi non condividano la scelta del Fornero di averli inseriti tra le
visioni laiche, posto che loro struttura ecclesiale, essendo di tipo rappresentativa e
non di carattere verticistico, esprime solo orientamenti non vincolante.
Evidentemente la scelta del Fornero potrebbe essere motivata dal fatto che i
documenti valdesi e personalità di spicco propendano più verso la direzione
individuata che verso altre.
59 G. FORNERO, Laicità debole e laicità forte, B. Mondadori, Milano, 2008, pag. 257.60 Idem, pag. 256 e si vedano anche i capp. 1 e 2, da pag. 7 a pag. 26.
46
Le problematiche sollevate dalla laicità e dall'opportunità di uno “Stato laico”, nel
senso che sia aconfessionale ed equidistante da ogni opzione religiosa, onde
garantisca i diritti di tutti, sono recepite da più parti, specialmente
“dalla cultura di matrice riformata, nella cui composita realtà coesistono spinte
contrastanti, che vanno dal fondamentalismo più combattivo al liberalismo più spinto
(con notevoli ricadute anche sulle questioni bioetiche)”.61
La bioetica ha fatto riemergere l’annoso problema della laicità, imponendo la ne-
cessità di una definizione della stessa laicità e l’opportunità, sempre più
improrogabile, del dialogo e dell’ascolto tra tutte le forze in campo.
Al fine di eludere le tensioni tra i sostenitori della visione cattolica e di quella laica,
viene proposta una mediazione tra le due opzioni da coloro che vengono inquadrati
nelle cosiddette “terze vie”, ovvero da quegli autori cattolici che, in modo dialettico,
reinterpretano il paradigma cattolico e quello laico, prospettando la loro
complementarietà.62
Quest’ultima proposta appare impercorribile non perché non si creda al dialogo ed al
confronto ma perché i suoi esponenti, nel formulare il loro “nuovo”orientamento,
non fanno altro che riproporre il divieto cattolico della indisponibilità della vita,
penalizzando la visione laica.63
61 Idem, pag. 257.62 Idem, pag. 226-227. 63 Idem, pag. 228 e 235.
47
Un altro tentativo per superare le tensioni tra i due orientamenti è quello di cercare di
rendere illegittima l’esistenza della “laicità debole” e quello di appropriarsi del
termine laico.
Il noto giurista Gustavo Zagrebelsky inquadra questi sforzi
“nella nota strategia cattolica consistente nel rivendicare la paternità storica di tutto
quello che agli occhi dei contemporanei appare … buono e bello, ossia dotato di valore
e degno di scelta”.64
Ritorno per un momento alla distinzione tra laicità debole e laicità forte perché
sembra importante. Parlare di due tipi di laicità non è un modo per ridurre il
significato della stessa né ha lo scopo di acquisire più consensi ma, piuttosto, è il
riconoscere un uso moderno del termine, o un suo evolversi rispetto all’uso che se ne
faceva nel passato che, per la condivisibilità dei suoi contenuti, ha consentito la
maggiore diffusione del modo laico di ragionare, che non necessariamente fa ricorso
alla metafisica ma ad un orientamento personalista e kantiano.
La nuova definizione della laicità non necessariamente comporta la rinnegazione
della fede ma consente la coesistenza di presupposti anche non religiosi tra quelli
diversi, senza che si crei attrito ed esclusivismo.
E’ fuor d’ogni dubbio che i termini vadano interpretati e valutati a secondo del caso e
delle conclusioni cui fanno giungere.
L’esame di problematiche secondo i criteri della laicità debole consente di procedere
a delle analisi di elementi condivisibili che emergono da più parti e, dato il loro
64 G. ZAGREBELSKY, Lo Stato e la Chiesa, la Biblioteca di repubblica, Roma, 2007, pag. 82, citato da G. FORNERO, Bioetica debole e bioetica forte, B. Mondadori, Milano, 2008, pag. 241.
48
carattere di universalità, potrebbero essere giustificabili col concetto teologico della
grazia comune.
Invero la laicità debole, se intesa correttamente, non tutelando alcun orientamento
ideologico, riesce meglio a difendere i diritti di tutti e a garantire la pari dignità di
ciascuno.
Ciò nonostante resta il fatto che il paradigma della bioetica laica e di quello della
bioetica cattolica sono inconciliabili e che a nulla valgono i tentativi dialettici che
tentano una loro conciliazione.
Non aiuta neanche l’idea che si debba parlare solo di bioetica, senza alcun aggettivo
che la qualifichi, perché, secondo alcuni, esisterebbe solo “la bioetica” e non
“le bioetiche” in quanto un tale assunto non appiana né elimina le differenze.
Anche in questo caso si è trattato di tentativo, forse azzardato e un po’ malizioso, per
neutralizzare gli avversari per impedire il diffondersi dei loro assunti.
Per superare ambiguità e strumentalizzazioni, il Fornero suggerisce l’opportunità di
modificare i parametri di riferimento e di identificarli in quelli della “indisponibilità
della vita” per parte cattolica, e di “disponibilità della vita” per il versante laico65.
Tutto sommato sembrerebbe un suggerimento plausibile.
Un tempo il laico veniva identificato come il non credente e come il nemico della
religione ma, come detto, la laicità debole non consente più un tale giudizio.
Fortunatamente oggi non è più così perché anche i credenti non fanno difficoltà a
definirsi laici, avendone assimilato il modo di ragionare o il metodo d’analisi..
Il pensare che la laicità sia solo una e che possa essere solo quella “forte”, come
avveniva nel passato, equivale a compiere un grave errore ermeneutico e storiogra-
fico.66
65 Idem, pag. 165 e seg.66 Idem, pag. 237 - 246.
49
Sempre il Fornero ci illumina quando scrive che la laicità forte si intende in due
forme: una a-religiosa, totalmente estranea alla dimensione religiosa ma non opposta
ad essa, l’altra anti-religiosa, ostile alla dimensione religiosa.67
Poiché l’etica e la bioetica hanno applicazione nella vita sociale con notevoli
ricadute, appare utile dedicare qualche accenno al concetto di “Stato laico”, come
viene inteso e proposto dalla laicità debole.
Quando si parla di “Stato laico”, il Fornero ritiene che esso debba intendersi solo nel
senso della laicità debole perché più rispettosa della pluralità delle idee.
Viceversa, intendere lo “Stato laico” secondo una delle accezioni della laicità forte
equivarrebbe a identificarlo con un’ideologia antireligiosa, In questo caso non
sarebbe più pluralista.68
Lo Stato non dovrebbe identificarsi con nessuna ideologia per non favorire nessuno.
Lo Stato dovrebbe essere super partes e promuovere una laicità di confronto,69
alimentato dal dovere dell’ascolto e dal diritto di parlare rispettosamente delle
convinzioni altrui.
In uno Stato laico i politici dovrebbero ragionare “come se Dio non vi fosse”,70
proprio secondo l’ottica della laicità debole, onde consentire a tutti di vivere secondo
i propri convincimenti71 o secondo coscienza.
67 Idem, pag. 247.68 Idem, pag. 272.69 Idem, pag. 286.70 Per U. SCARPELLI (1924-1993), la formula “etsi Deus non daretur”, non giustifica adeguatamente l’accusa di promuovere un laicismo ateo ma un metodo di lavoro che esclude il ricorso alla metafisica che, nell’uso cattolico, individua principi che dovrebbero essere uguali per tutti gli esseri umani. Si veda la prefazione di M. MORI a U. SCARPELLI, Bioetica laica, Baldini & Castaldi, Milano, 1998, pag.19. 71 Idem pag.67. Per un approfondimento si può consultare G. FORNERO, Laicità debole e laicità forte, B. Mondadori, Milano, 2008.
50
La laicità individua l’affermazione di una totale autonomia decisionale rispetto ad
ogni condizionamento ideologico morale e religioso e costituisce una delle conquiste
irrinunciabili della civiltà umana al pari della tolleranza, dell’etica, del rispetto
dell’autonomia, della libertà, della responsabilità individuale, della razionalità.
La laicità è un libero confronto fra le idee ed i valori, neutrale e comune a tutti i
cittadini di ogni credo religioso o morale, che assicurerebbe la libera, civile e pacifica
convivenza di tutti i cittadini, siano essi credenti, atei, agnostici, razionalisti, scettici
od indifferenti.
Per estensione, “laicità” è equidistanza dalle diverse posizioni religiose ed
ideologiche presenti nell’ambito di uno Stato e “laico” è chi ritiene di poter o dovere
garantire la propria libertà di scelta e di azione, rispetto a chi ritiene di conciliare o
sottomettere la sua libertà all’autorità di un’ideologia o di un credo religioso.
Pertanto, si può definire “Stato laico” quello che agisce mantenendo un
comportamento imparziale nei confronti delle fedi religiose dei cittadini, siano esse
maggioritarie o minoritarie.
Esso costituisce l’opposto dello stato confessionale (o dello stato etico) e si fonda su
una concezione non sacrale del potere politico72
Ecco che allora lo “stato laico”, non professando alcuna ideologia, garantirebbe a
tutte le confessioni ed a tutti i cittadini la libertà di culto e l’esercizio della propria
libertà secondo coscienza.72 Si pensi, ad esempio, all’Islamismo che identificando lo stato come espressione della religione, sviluppa una insuperabile intolleranza verso le altre religioni. Inoltre, si pensi al vecchio concetto del XVI secolo: “Cuius regio, eius religio” (Traduzione: A chi (appartiene) la regione, sua (sia) la religione), che sanciva che il popolo dello stato del sovrano doveva avere la stessa religione del sovrano medesimo;
51
A questo punto è solo bene notare che ben diverso dal laicismo è la
“secolarizzazione”, cioè il progressivo declino dell’importanza della fede religiosa
nella vita di tutti i giorni.
Non bisogna nascondere che la “laicità forte”, assumendo una rigidità dogmatica,
non ammette, di fatto, il pluralismo religioso,73 essa è di carattere esclusivista e per
questo diventa laicismo.
Lo Stato laico si riferisce anche al metodo di lavoro che i politici e le istituzioni
pubbliche dovrebbero seguire. E’ fuor d’ogni dubbio che i politici abbiano le loro
convinzioni ideologiche queste, però, proprio in virtù del rispetto del pluralismo
esistente, non dovrebbero influenzare la gestione della vita pubblica, ma favorirne il
rispetto, la pacifica convivenza, l’utile ascolto reciproco.
Diversamente, se la politica è influenzata da un'ideologia ne scaturirebbe un'etica e
una bioetica di stato, o confessionale, che non è conciliabile con la concezione
moderna di stato libero, democratico e aconfessionale che, come più volte ribadito,
per sua caratteristiche è pluralista.
Dovrebbe essere tenuta distinta la metodologia dall'ideologia.
Questo appare un discorso difficile, forse un’utopia, ma è auspicabile che si percorra
questa via se si vuole essere veramente laici o diventarlo.
73 Per l'individuazione delle due forme di laicità, forte e debole, si rimanda al testo di G. FORNERO, Laicità debole e laicità forte, B. Mondadori, Milano, 2008, da pag. 62 a pag. 67.
52
Tornando alla bioetica laica, come già detto, per quanto possa essere ricondotta ad un
unico paradigma, si esprime in molteplici approcci74 e tra questi vi trovano spazio
anche bioetiche di matrice religiosa.75
Questa tolleranza, interna ed esterna, si giustifica con il riconoscimento del
pluralismo.
Al fine di non cadere nel relativismo e nel qualunquismo non si può prescindere dalla
presenza di elementi sani o veritieri che sono presenti nei vari schieramenti. Invero,
la laicità si ispira al pluralismo culturale che caratterizza il villaggio globale,
apparendo più propensa all’ascolto, antidogmatica, rifiutando decisamente l’accusa
di essere anti religiosa e relativista, cercando di essere attenta al riconoscimento della
pari libertà e dignità di ognuno. Forse tale valutazione può applicarsi alla bioetica
forte ma non a quella debole.
Indubbiamente le due anime della laicità non si distaccano totalmente l’una dall’altra
e alla fine determinano una certa sfiducia per la loro ambiguità
La bioetica laica, nel suo Manifesto del 1996, proclama che
“nel proporsi all’opinione pubblica, in alternativa alle visioni religiose, essa non op-
pone fatti a principi ma principi a principi”.76
Nel Manifesto sono stati indicati, altresì, i principi che animano l’identità laica, che
mirano al progresso della conoscenza in ogni ambito della natura ed al miglio-
ramento della vita dell’uomo, combattendo anche la sofferenza.
74 Idem, pag. 77 a 128. 75 Idem, pag. 140 e seg.76 C. FLAMIGNI, A. MASSARENTI, M. MORI, A. PETRONI, Il Manifesto di bioetica laica, “Il sole 24 ore”, 9 giugno 1996.
53
I suoi presupposti non sono nella metafisica, quanto nella filosofia e nella razionalità.
“La visione laica si differenzia dalla parte preponderante delle visioni religiose in
quanto non vuole imporsi a coloro che aderiscono a valori e visioni diverse. I valori
irrinunciabili della bioetica laica solo la libertà della ricerca, l’autonomia delle per-
sone e l’equità”.77
L’impegno che la bioetica laica manifesta non è espressione di nichilismo o mero
sogno illuminista ma di riconoscimento di alcuni diritti umani e di amore per i
propri simili.78
Il “Nuovo Manifesto di Bioetica laica” del 200779 si muove sulle stesse coordinate
del Manifesto del 1996 e ribadendo il proprio progetto che consiste nel riconoscere
libertà della scienza e della ricerca, libertà individuale, libertà
nell’autodeterminazione, diritto alla qualità della vita e diritto di non soffrire o di
soffrire il meno possibile.80
A ben guardare si tratta di valori che non appartengono solo alla laicità, ma anche ad
altri. Da qui il tentativo utopistico di un’etica mondiale che non si confà alla realtà
della pluralità ma solo ad un sogno illuminista.81 77 Idem, Conclusioni.78 Idem, parte riguardante Principi e Conoscenza.79 Il Nuovo manifesto di bioetica laica è stato presentato a Torino il 25 novembre 2007 nel corso di un convegno ed è scaricabile da internet. Esso fu promosso dai più autorevoli esponenti italiani di bioetica per ribadire l’urgente necessità di promuovere i principi della laicità per contrastare lo strapotere della Chiesa di Roma che pretende di trarre ispirazione per la bioetica dagli stessi principi di libertà e di pluralismo, ma anche perché siamo in un periodo in cui la laicità è fortemente rivendicata da chi avverte la presenza, sempre più ingombrante, della Chiesa cattolica in merito alle decisioni pubbliche.80
81 E’ un progetto che cerca di individuare gli elementi comuni delle varie religioni mondiali e predisporre un elenco di regole valide per tutti Il teologo H. Kung è uno dei massimi teologi che sostengono tale progetto. Questa nuova prospettiva consente di parlare di “Nuovo paradigma” per
54
Ad alcuni tale progetto appare ancora perseguibile perché dipende dalla presenza di
valori riscontrabili in ogni cultura ed assumono il carattere della universalità. Pur
essendo un progetto dai tratti apparentemente a-religioso diventa a sua volta tale, ciò
nondimeno, non opponendosi a visioni manifestatamente religiose, ben si
inseriscono nell’alveo della laicità.
Ritorna, quindi, il concetto della laicità forte e di laicità debole, specificazione che
ha trovato posto anche nel Dizionario di filosofia di Nicola Abbagnano.82
E’ una distinzione che si impone per il rispetto del pluralismo e che l’essere diverso è
un diritto da riconoscere e non da combattere.83 I sostenitori della laicità mostrano il
loro disappunto verso chi vuole imporre in maniera intollerante i propri principi in
pregiudizio della libertà di coscienza e delle altre ideologie.
Il Fornero aiuta ad individuare il paradigma fondamentale della bioetica laica che
accomuna più sviluppi dell’analoga opzione.
Egli ha scritto:
“la bioetica laica nella sua veste di nuova etica del vivere e del morire, si è storica-
mente configurata come una bioetica della qualità della vita”.84
In questo principio si fa riferimento ad una vita degna di essere vissuta o che possa
un’etica mondiale ed ha le sue radici nella teologia naturale.82 N. ABBAGNANO, Dizionario di filosofia, 3^ edizione aggiornata ed ampliata da G. FORNERO, idem, pag. 67. 83 Idem, pag. 69.84 Idem, pag. 73.
55
dirsi veramente umana; la prospettiva è una vita felice, una vita in cui una persona
realizza il ben-essere, un'esistenza ove ognuno possa realizzare quanto desidera e che
gli conferisca dignità.
In questa ottica i trattamenti sanitari che riducono la vita a solo dato biologico che si
protrae nel tempo, che inducono a vivere con sofferenza e senza alcuna aspettativa di
guarigione, sono ritenuti lesivi della dignità e qualità della vita e, pertanto da
rifiutare. Il nocciolo della questione non è la vita come valore intrinseco, ma un tipo
di vita che essa possa dirsi veramente umana. La vita e la morte non sono valori
assoluti, essi non sono valori ultimi. Invece, sono da considerare tali il tipo di vita e il
come si giunge alla morte. Poiché i trattamenti sanitari possono trasformarsi in
accanimento sanitario cui inevitabilmente portano alla perdita di quegli elementi che
costituiscono lo status fondante della persona e perciò alla perdita della dignità sua
dignità, si discute sull’opportunità dell'obbligatorietà delle cure e a chi spetti decidere
il loro protrarsi, quando il paziente non è in grado di esprimere il proprio consenso.
Il noto studioso americano H.T. Engelhardt85 ha scritto
“Il diritto alla vita è infatti, secondo l’etica della <<qualità della vita>>, un diritto
disponibile. Per ciascun essere umano vale il principio: la mia vita è del tutto mia e
sono l’unico a poterne disporre”.86
“In realtà, il testamento biologico rappresenta una delle tante modalità di governo della
vita che hanno il loro fondamento nella libertà personale , nell’autonomia della persona.
E’ un itinerario che si scorge limpidamente nella Costituzione, tra l’art. 13 (libertà
personale) e l’art. 32 (diritto alla salute). In quest’ultimo articolo compare un'affermazione
particolarmente impegnativa. Si dice, infatti che l’imposizione di trattamenti obbligatori, che
85 H.T. Engelhardt è uno studioso americano che dalla chiesa ortodossa è passato al cattolicesimo romano; in bioetica egli ha assunto una posizione molto estrema che consente di essere collocato nell pensiero della laicità; 86 H.T. ENGELHARDT, Manuale di Bioetica, Il Saggiatore, Milano 1991, pag. 347.
56
può essere fatta solo per legge, non può in alcun caso varcare i limiti imposti dal rispetto della
persona umana”.87
Se l’effetto di certi interventi umani sulla salute denotano il superamento del rispetto
della persona è il caso di non praticarli.
“Il testamento biologico va visto come uno strumento per estendere il consenso in-
formato nella situazione in cui l’interessato non è più capace di darlo. Va consentita la
sospensione di qualsiasi intervento non volto dall’interessato, dal momento che si tratta
di un diritto personalissimo di rifiutare qualsiasi aiuto o qualsiasi atto lesivo della
propria dignità psichico - corporale”.88
E’ evidente che, nell’ottica laica, le dichiarazioni anticipate riguardano i trattamenti
di fine vita e vogliono solo risolvere delle problematiche afferenti l’accanimento
terapeutico, la futilità di trattamenti e la sofferenza, sulla base
dell’autodeterminazione. Il principio di autonomia, che ispira l’orientamento laico,89
si estrinseca in scelte prettamente personali e libere. Si ritiene che la vita, quando di-
venta solo biologica, non vale più la pena di essere vissuta, diventa solo un problema
per tutti.
L’autodeterminazione non vuole far pensare ad un individuo solo e isolato, la cui
autonomia corrisponda ad una condizione di asocialità. Piuttosto, la persona, eser-
citando pienamente i propri diritti, diventa concreta ed efficace, soggetto attivo
capace di esprimere la propria maturità sociale dove le relazioni sono sane e robuste,
87 S. RODOTÀ, Civiltà del testamento biologico, “La repubblica”, 24 gennaio 2007.88 M. MORI, Testamento biologico - La terapia e la legge, articolo apparso su “L’Unità” il 6 giugno 2007.89 G. FORNERO, idem, pag. 81.
57
proprio come nell’ambito della famiglia e della comunità di appartenenza. In tal
modo l’autodeterminazione non si coniuga affatto con il sentimento
dell’autosufficienza, ma è epilogo di una vita di relazione in cui tante problematiche
vengono ragionate insieme, comprese le cure mediche e la fine della vita.90
Il corollario importante della paradigma della qualità della vita e dell’autonomia è la
disponibilità della vita sulla quale l’uomo può determinare le sue decisioni, è il
riconoscere ad ogni essere il diritto della libertà di disporre di se stessi,91 è
l’affermazione della libertà.
La bioetica laica non riconoscendo alla sofferenza alcun valore meritorio, né pe-
dagogico, proclama il diritto di non soffrire, ovvero di soffrire il meno possibile.
Il principio della qualità della vita è costituito dai concetti di libertà, disponibilità
della vita, autodeterminazione, diritto di non soffrire. Tutto questo urta fortemente
contro ogni forma di assolutismo ed imposizione, qualunque ne sia la fonte.
Le dichiarazioni anticipate vogliono essere un modo per gestire la propria vita ed il
proprio futuro ed esprimere, attraverso di esse, la libertà di cure, come se vi si stesse
partecipando personalmente e coscientemente, anche se in anticipo rispetto a degli
eventi che possono ostacolare l’espressione della propria volontà.
90 A. BORASCHI, L. MANCONI, Il dolore e la politica. Accanimento terapeutico, testamento biologico, libertà di cura, B. Mondadori, Milano, 2007, pag. 22.91 G. FORNERO, idem, 83.
58
In maniera molto sintetica possiamo riassumere l’orientamento laico nel modo
seguente:
Il paradigma: qualità della vita.
Il suo corollario: dignità della vita, disponibilità della vita, libertà,
autonomia, autodeterminazione.
59
c) ORIENTAMENTO VALDESE
L’unione delle Chiese Metodiste e Valdesi ha avuto ed ha una grande sensibilità per i
problemi posti dalla scienza all’uomo e, di conseguenza, alla fede ed all’etica della
fine vita.
Ne è scaturita l’opportunità di indurre la Tavola Valdese, nel 1992, a nominare un
Gruppo di Lavoro, divenuto Commissione nel 2000, affinchè studiasse le questioni
etiche e bioetiche. La Commissione fa da osservatorio sui continui nuovi problemi,
60
produce documenti non di carattere dogmatico, che offrono un orientamento per la
riflessione92 e non sono di carattere vincolante.
Il Sinodo è una assemblea dei rappresentanti delle singole chiese locali e non ha il
carattere di governo verticistico, è un organo rappresentativo che, pur non
imponendo i suoi orientamenti dà un indirizzo che solitamente è per lo più seguito da
chiese e singoli che vi aderiscono.
I documenti prodotti nel corso del tempo affrontano varie problematiche e si sono
occupate anche delle dichiarazioni anticipate dei trattamenti sanitari di fine vita.
Il Sinodo del 2007 ha considerato, giustamente, che la medicina aiuta a prolungare il
corso dell’esistenza umana senza però garantire, al tempo stesso, la conservazione
delle capacità cognitive, volitive e relazionali delle persone. Il Sinodo ha considerato,
altresì, con rammarico, il ritardo del Parlamento italiano a legiferare su questa
delicata materia.
E’ da notare che queste valutazioni e prospettive sono in piena sintonia con la di-
chiarazione di Oviedo, avendone condiviso pienamente le indicazioni.93
Il Prof. Paolo Ricca si è chiesto: “Esiste, tanto per cominciare, un <<diritto di mo-
rire>>?”94 Egli risponde positivamente alla domanda, indicando tre direttive. La
prima è la restituzione della morte al soggetto interessato affinchè gestisca il suo fine 92 I documenti della Commissione sono reperibili sul sito www.chiesavaldese.org.93 Art. 9 della Convenzione di Oviedo del 1997, ratificata in Italia con la legge 28/3/2001 n. 145, ancora disattesa in Italia e, sul punto recita: ”I desideri precedentemente espressi a proposito di un intervento medico da parte di un paziente, che al momento dell’intervento non è in grado di esprimere la sua volontà, saranno tenuti in considerazione”;94 P. RICCA, Eutanasia. La legge olandese e commenti, Claudiana, Torino, 2002, pag. 5. Il testo indicato è un commento alla legge olandese sull’eutanasia e contiene i contributi, oltre che del curatore, di E. Genre e F. Becchino. Naturalmente va tenuta distinta l’eutanasia ed il testamento biologico, ma trattandosi di temi che riguardano il fine vita, vi sono piste di riflessione da non trascurare.
61
vita, la seconda è di consentire alla persona di morire coscientemente, e in terzo
luogo, riconoscere il “diritto di rinunciare volontariamente a certe forme di vita”. Le
tre direttrici indicate vogliono far riconoscere alla persona i suoi diritti e consentirgli
di esercitarli in piena libertà di coscienza. Il terzo percorso evidenzia la questione
della qualità della vita.95 Questo concetto ha un carattere fondante in bioetica, esso
pone l’accento sulla necessità della umanizzazione della vita e dell’umanizzazione
della morte. Entrambe si appellano alla dignità. La cultura della vita va promossa,
così come il morire dignitosamente.
“In altre parole, la cultura della vita come la cultura della morte è dentro di noi, è
veramente trasversale … e quando si vuole isolare una delle due dimensioni e attri-
buirla alla parte che si vuole combattere, si rende un cattivo servizio all’umanità”.96
I Documenti Sinodali riconoscono al paziente il diritto di rifiutare delle cure qualora
siano ritenute lesive della sua dignità, perché mirano a prolungare solo la vita nel suo
carattere biologico.
L’attuale imposizione di cure inutili e lesive può essere evitata riconoscendo che
“Le direttive anticipate di fine vita permetterebbero, anche, ai pazienti divenuti
incapaci, di intervenire nell’eventuale rifiuto di terapie ritenute inappropriate”, 97
intendendo le stesse come “consenso informato” preventivo.
Questo non è promuovere la “cultura della morte”, come alcuni vorrebbero far
credere, ma considerare l’esistenza umana in tutta la sua complessità, senza tra-
lasciare le possibili situazioni concrete.
95 Idem, pag. 44-45.96 Idem, E. GENRE, Dare dignità al morire, pag. 48.97 Documento 12, Direttive anticipate - Procreazione, Punto B della Commissione della Tavola Valdese per i problemi posti dalla scienza, Milano 24 luglio 2007;
62
Si parla e si discute delle problematiche di fine vita
“perché si è capito che la medicina ha assunto un <<potere>> che può ribaltarsi
contro la persona e si teme che dei medici irresponsabili possano mantenere in una
vita puramente biologica, priva ormai di relazioni vitali, un corpo umano, che vor-
rebbe spegnersi con dignità. … Il problema della <<dignità>> del proprio morire è
diventato particolarmente acuto nel momento in cui i cosiddetti pazienti intendono
proporsi come <<soggetti>>, rivendicando un proprio diritto alla vita e alla morte.
Diritto a una decisione ultima che mi spetta e che nessun gruppo, società, legge, può
sostituirsi alla mia coscienza individuale.”98
Il diritto a una morte dignitosa può essere esercitato quando si giunge alla fine della
vita in stato di coscienza e si rifiutano delle cure, o con le dichiarazioni anticipate di
trattamento, o testamento biologico, rese prima, nella previsione di non poterlo fare
in seguito.
E’ stato notato, giustamente, che la medicina moderna appare divisa in due
orientamenti: uno scientifico-tecnologico, che mira a combattere ed a sconfiggere la
malattia; l’altra di ispirazione umanistico - filosofica, che cerca di focalizzare
l’attenzione sulla persona del malato e di curarlo benché non vi sia la speranza di
guarirlo.
“La discussione più recente si muove nel confronto tra due fondamentali modelli: quello
di un pluralismo di posizioni, che cerca il modo di essere compatibile e quello che nasce
dalla riaffermazione di un aspetto cognitivo che può nascere ed evolvere soltanto
nell’alveo di una posizione ben individuata e quindi tradizionale”.99
98 Idem, pag. 53.99 S. ROSTAGNO, Etica Protestante, un percorso, Cittadella Editore, Assisi, 2008, pag. 159.
63
Il protestantesimo non condivide il paradigma cattolico della “sacralità della vita”, né i
pronunciamenti di condanna espressi dal Magistero, che si basa, tra l’altro sull’uso
pretestuoso delle Scritture. Il protestantesimo rimanda al mittente l’accusa di voler
prendere il posto di Dio, ribadendo che la biomedicina e la difesa ad oltranza della
vita, altera il corso naturale dell’esistenza. E’ tempo di dare la parola al paziente,
affinché non subisca più le conseguenze nefaste delle ideologie attuali, che risultano
non rispettose dei diritti umani, della libertà di autodeterminarsi e prive di amore,
perché lasciano giacere in un letto di tortura chi vuole rifiutare delle cure.
In seno al protestantesimo moderno vi è chi propende per un’etica teologica e chi per
un’etica laica.100 Alcuni ritengono che “i principi etici del protestantesimo si
oppongono a quelli della Riforma e che sarebbe da abbandonare l’idea che si debba
parlare di etica (e di teologia) in riferimento esclusivo al XVI secolo”,101 che “il
criterio dell’azione etica è la necessità del prossimo e non un fuoco religioso
interiore”.102 Né deriva che
“in questo senso le azioni diventano più laiche e, per conseguenza, proprio le azioni
laiche diventano espressione dell’identità religiosa”.103
100 Idem, pagg.147-179101 Idem, pag. 10;102 Idem, pag.63;103 Idem, pag. 63;
64
Dunque non vi sono criteri normativi da ricercare nel passato e nell’ambito religioso
propriamente detto. L’etica del pensiero protestante è da ricercarsi nelle proposte
laiche che “propendono per la novità”.104
All’etica dei principi che scendono dall’alto, il protestantesimo contrappone un’etica
che parte
“della persona umana Gesù dice <<il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per
il sabato>>, (Marco 2/27), per cui il rispetto della vita non può condurre in nessun caso
ad atteggiamenti che in concreto si rivolgono contro la persona umana medesima,
anziché a suo favore: dunque non un’etica dei principi, ma un’etica della situazione (il
che ovviamente non esclude che dei principi debbano essere fissati: si tratta solo di
non farne degli assoluti )”.105
Quando i grandi principi entrano a contatto con la realtà umana, quando devono fare i
conti con la fragilità e la debolezza di una persona umana, mostrano la loro inefficacia;
non permettono il dialogo e non sono di aiuto alle persone che cercano un
orientamento e un senso da dare alla loro esistenza”.106
E’ stato osservato che una decisione, tendente ad un obbiettivo di giustizia e di carità,
può essere presa o compiuta da chiunque, lasciando da parte ogni distinzione
religiosa o culturale.107
104 Idem, pag.29. Analogo pensiero è stato esposto da P. Singer nel libro Ripensare la vita, la vecchia morale non serve più, Il Saggiatore, 1996;105 F. BECCHINO, Eutanasia. La legge olandese e commenti, pag. 66-67.106 E. GENRE, Eutanasia. La legge olandese e commenti, pag. 48.107 Bioetica-Ricerca e orientamenti, orientamenti etici generali, n..2, n. 80-95, a cura del Gruppo di lavoro sui problemi etici posti dalla scienza, nominata dalla Tavola Valdese, Roma 17 giugno 1995.
65
Vangelo ed etica vanno tenuti distinti, così come vanno distinti l’annuncio evan-
gelico e la costituzione di una personalità etica. “L’annuncio evangelico resta una
realtà autonoma, non traducibile in realizzazioni umane”.108
E’ opportuno
“tendere a un consenso umano, non tanto su principi ultimi quanto su attuazioni
umane”.109
Alla luce di quanto esposto, sembra di capire che la proposta bioetica valdese non si
prefigge di far riferimento necessariamente alla metafisica, né che debba rispecchiare
i principi di una comunità religiosa che si identifica con un gruppo etico e che, sulla
base di tali regole, stabilite al suo interno, sarebbe orientata anche nei rapporti
pubblici. In tal caso sarebbe un modello etico che, talvolta, è denominato
<<fondamentalista>>.110
Non potrebbe apparire un po’ eccessivo etichettare come “fondamentalisti” gli altri
orientamenti che, pur avendo norme, non hanno posizioni predefinite e dogmatiche,
valide a priori per tutti? E’ proprio “fondamentalista” anche ogni forma di eredità di
matrice cristiana? Questo criterio di valutazione vale solo per le questioni attinenti le
problematiche religiose o anche la cultura in genere? Si ha l’impressione che il
giudizio espresso sia troppo severo e troppo generico.
108 Idem.109 Idem.110 Idem.
66
Consegue che il principio etico da seguire sia da ricercarsi nell’ambito della laicità e,
più segnatamente in quello dell’autodeterminazione della persona, ed assume un
“valore etico imprescindibile”.111
E’ stata posta la domanda:
“come conciliare autonomia individuale di scelte valide per tutti? Ci chiedevamo se
pesi di più l’autonomia della persona singola oppure un dato primordiale precedente in
ogni individuo. Le chiese evangeliche non possono abbandonare l’idea che
l’autonomia della decisione della persona spetti in ultima analisi alla persona soggetto
della decisione”112.
Tale autonomia della persona, nella decisione etica, non può e non deve essere af-
fievolita da alcun altro principio, come quello dell’ascolto e dell’aiuto, inteso come
accompagnamento.
“La scelta definitiva, valutate le circostanze, può spettare soltanto all’autonomia
personale”.113
Questo principio è stato ribadito anche nel Documento n. 10 (Considerazioni sul caso
Welby) del 13 gennaio 2007, redatto dalla Commissione della Tavola Valdese per i
problemi etici posti dalla scienza bioetica.
Il Dott. Daniele Bussetto, medico e membro della detta Commissione, ha affermato
che “E’ molto faticoso raggiungere un consenso su alcuni temi e su alcuni diritti 111 Idem, punto 63. Si veda anche l'intervista rilasciata dal Prof. S. Rostagno a cura di Gaelle Courtens a N.E.V. il 27.06.2007, sul sito www. Protestanti.it; Il Prof. S. Rostagno, già titolare della cattedra di Teologia Sistematica presso la Facoltà Valdese di teologia di Roma, era coordinatore della Commissione creata nel 1992 dalla Tavola valdese per studiare i problemi etici posti dalla scienza ed ora né è solo membro.112 Documento n. 11 della Commissione della Tavola Valdese per i problemi etici posti dalla scienza, Milano, 23 luglio 2007.113 Idem.
67
fondamentali dell’individuo (uno di questi è l’autodeterminazione in ambito della salute)”,114
continua affermando che il
“presupposto per l’autodeterminazione delle scelte del cittadino malato sono una
buona relazione con l’operatore sanitario e un’informazione corretta e che non sono
possibili paletti, ostacoli, riserve, mediazioni”,115
e conclude dicendo che vanno messi da parte il paternalismo e l’autoritarismo ip-
pocratico, che le biografie vengano prima della biologia, che l’etica degli assoluti
non sia vincente.
A questo punto sorge spontanea la domanda: l’autodeterminazione non è anch’esso
un assoluto? Non assume anch’esso un carattere dogmatico?
Nell’articolo di Gianni Fornari dal titolo “La libertà di morire”, a proposito del caso
Welby, pubblicato da Riforma il 15 dicembre 2006, è detto che
“Bisogna ampliare la riflessione sulla libertà e l’autonomia dell’individuo di fronte
alla morte e su come essa si rapporti con la collettività”, che vi “è l’obbligo di
salvaguardare la loro autonomia e libertà”.116
“Qualsiasi divinità, chiesa o ideologia che voglia sottrarre all’individuo la disponi-
bilità della sua vita biografica non può essere <<per>> la donna o l’uomo
ma<<contro>> di essi”.117
Dunque, il paradigma dell’orientamento bioetico valdese, o se si vuole, del prote-
stantesimo storico italiano, è quello dell’autodeterminazione, nell’ottica della qualità
114 D. BUSETTO, Testamento biologico, articolo pubblicato da “Riforma” il 5 dicembre 2003.115 Idem.116 Idem.117 Idem.
68
della vita, cui consegue la disponibilità della vita e, pertanto, ben si inserisce
nell’orientamento laico.118
Invero, non è un caso che dei suoi rappresentanti autorevoli, come il Prof. Sergio
Rostagno, abbiano sottoscritto il “Nuovo manifesto di bioetica laica” del 25 no-
vembre 2007.
Va assolutamente riconosciuto alla Chiesa Valdese l’impegno che ha sempre
mostrato nel difendere e tutelare il principio di libertà ed autonomia della persona
oltre che la laicità delle istituzioni.
Basta leggere il libro Eutanasia, la legge olandese e commenti a cura di Paolo Ricca
o le risposte date da quest’ultimo ad una fedele valdese a delle domande relative al
fine vita, per cogliere la comprensione e compassione nel trattare questi temi.119
I documenti citati evidenziano sensibilità e prese di posizione a tutto campo anche su
temi così attuali e complessi.
Il Sinodo si è pronunciato sul testamento biologico ed ha ritenuto che si
“debba mantenere alta e costante l’attenzione sulle conseguenze etiche, poste dagli
incessanti sviluppi delle scienze e delle tecniche nonché delle loro applicazioni”.120 E’
stata colta e segnalata “la necessità di regolare con una specifica legge le diret-
tive anticipate di fine vita, anche conosciute come testamento biologico”.121
118 G. FORNERO, Bioetica cattolica e bioetica laica, B. Mondadori, Milano, 2005, pag.140 a 142.119 P. RICCA, Eutanasia: libertà di vivere e anche di morire, documento scaricabile da internet dal sito www.exititalia.it/pdf/2007_06_RICCA_TEOLOGO_VALDESE_EUTANASIA_LIBERTA_VIVERE_MORIRE.pdf.120 Atti del Sinodo 2007, O.del G., Essere Chiesa insieme, tratto dal Sito www.chiesavaldese.org.121 Documento 12, Direttive anticipate - Procreazione, punto B, Commissione della Tavola Valdese per i problemi posti dalla scienza, Milano 24 luglio 2007.
69
E’ riconosciuto al paziente il diritto di sapere non solo di quale patologia è affetto,
ma anche il tipo di terapia che i medici propongono come cura, quali vantaggi ed
effetti collaterali procurerebbe.122
Solo così la libera scelta può essere compiuta in piena libertà e responsabilità.
In maniera molto sintetica possiamo riassumere l’orientamento valdese nel modo
seguente:
Il paradigma è la qualità della vita ;
il suo corollario è la libertà e l’autodeterminazione e, consegue, la
disponibilità della vita.
d) ORIENTAMENTO EVANGELICALE
Da oltre un decennio, l’Istituto di Formazione Evangelica e Documentazione (IFED)
di Padova ha dedicato attenzione anche al campo dell’etica e della bioetica.
122 Idem.
70
All’uopo, ha istituito il Centro Studi di Etica e Bioetica, presso la propria sede in
Padova, ove organizza corsi formativi, incontri di studio e conferenze su temi di etica
e bioetica. Inoltre pubblica dei supplementi monografici alla rivista Studi di
Teologia, su tematiche specifiche e pubblica sul proprio sito (www.ifeditalia.org),
dei propri documenti e valutazioni su documenti prodotti dagli altri orientamenti
Questo Istituto ha l’ambizione di essere la voce evangelicale riformata in Italia e non
trascura i collegamenti con altri centri culturali presenti a livello mondiale.
La sua azione culturale si afferma sempre più, tanto è vero che l’I.F.E.D. ed il Centro
Studi di Etica e di Bioetica non passa inosservato.123
L’IFED sviluppa e presenta un pensiero culturale nel rispetto del pluralismo e,
pertanto i suoi orientamenti non sono di carattere impositivo. I rappresentanti
dell’IFED hanno un’identità ben precisa che per essi è irrinunciabile e con gli altri si
confrontano e dialogano senza compromessi.
Essi ritengono che
“La bioetica evangelicale non si riconosce né nell’etica della sacralità della vita
(cattolica), né in quella della qualità della vita (laica), e neppure può essere considerata
un sottosviluppo a margine di un orientamento o dell’altro. Essa contesta il duopolio
cattolico-laico e scommette su un patrimonio culturale diverso: un’ontologia trinitaria
dell’uno e del molteplice, una antropologia relazionale, una sociologia delle sovranità
123 G. FORNERO, Laicità debole e laicità forte, B. Mondadori, Milano, 2008, pag. 257; A. MODA, Credere Oggi, n. 146, 2/2005, pag. 142; E. de SEPTIS, Eutanasia, tra bioetica e diritto, Edizioni Messaggero, Padova, 2008, pag. 95, 295.
71
delle sfere, una metodologia che fa interagire diverse prospettive, un’etica della
finitudine e della responsabilità”.124
Nella prospettiva della responsabilità individuale, è riconosciuto il diritto di rifiutare
cure mediche che sono ritenute inutili e che servirebbero solo a prolungare la vita
senza valutarne la qualità in virtù dell’accanimento terapeutico.125
“Interrompere o non intraprendere un trattamento medico perché lo si giudica
inutile, dannoso e sproporzionato non deve essere visto come una forma di eutanasia
passiva, ma come un <<lasciar morire>> il paziente in condizioni terminali. Allo
stesso modo, il rifiuto da parte del paziente di un trattamento medico che lui ritiene
futile non deve ritenersi una scelta eutanasica e nemmeno essere assimilata al suicidio
assistito”.126
E’ evidente, allora,
che “il prolungamento della vita non è un valore a sé stante che deve essere ricercato
ad ogni costo accanendosi per mantenerlo, anche quando il progetto di vita della
persona è venuto meno”.127
Si ritiene che “Il paziente può indicare la sua ferma intenzione di non essere sottoposto ad
interventi sproporzionati nel caso in cui la sua situazione clinica sia da lui giudicata
124 L. DE CHIRICO, “Bioetica”, Dizionario di teologia evangelica, a cura di P. BOLOGNESI, L. DE CHIRICO, A. FERRARI, Edizione E.U.N., Marchirolo (VA), 2007, pag. 92.125CENTRO STUDI ETICA E BIOETICA, Documento sull’eutanasia, in rivista “Studi di Teologia”, supplemento n. 1, 2003, pp. 2-12.126 Idem.127 Idem.
72
compromessa”,128 tale intenzione può essere ben espressa in anticipo con le dichiara-
zioni anticipate.
In questo caso il medico ha l’obbligo di lasciar morire, senza accanirsi sul paziente.
Sono considerati accanimenti terapeutici anche l’idratazione e l’alimentazione
artificiale perché ritenuti “atti medici” a tutti gli effetti e, pertanto, non obbligatori.
Invero, poiché l’alimentazione e l’idratazione, vengono somministrati sotto il
controllo medico con l’uso di apparecchiature mediche, se necessario anche previo
interventi chirurgici veri e propri e con l’uso di prodotti farmaceutici,129 non
possono essere imposti.
Lo stato vegetativo in cui può venire a trovarsi una persona dipende proprio
dall’idratazione e dall’alimentazione artificiale imposta. Si tratterebbe di far conti-
nuare a vivere una persona solo allo stato biologico, o vegetativo, come viene co-
munemente indicato. In tali condizioni lo status di persona è fortemente compro-
messo, se non irreversibilmente perso ed irrimediabilmente irrecuperabile.
Il movimento evangelicale ritiene che la vita non sia solo biologica. Essere stati
creati ad immagine e somiglianza di Dio indica la relazione, le emozioni, la pro-
gettualità, è espressione di volontà, di capacità di intendere e di volere, è esercizio
della responsabilità. Quando questi elementi vengono meno e permane solo lo stato
vegetativo, o biologico, non si è più in presenza di una vita in senso olistico. In
queste condizioni, con dolore, va riconosciuto l’inutilità del prosieguo di trattamenti
sanitari attraverso l’intervento artificioso dell’uomo, al solo fine di prolungare la vita.
128 Idem.129 ? L. DE CHIRICO, L’idratazione e l’alimentazione artificiale vanno sempre somministrati?, documento Centro Studi di Etica e di Bioetica, I.F.E.D., Padova, scaricabile dal sito ifeditalia.org,
73
L’orientamento evangelicale ritiene che “La vita a prescindere” da altri valori, basata
sul solo concetto della “sacralità della vita”, senza che vi siano altri riferimenti che la
caratterizza, non è la visione cristiana o evangelicale della vita, in quanto appare
come una forma di paganesimo che ha come dio il <<bios>>.130
Perplessità viene espressa nei confronti dell’orientamento laico che, assumendo
come paradigma la “qualità della vita” e per altri la “autodeterminazione”, si basa su
principi sostenuti da norme soggettive ed arbitrarie, apparendo come una forma di
“egolatria” o “culto del sé”.
Un detto popolare recita: “Solo la morte è certa”. Ogni essere vivente deve fare i
conti con la morte. Per molte persone è difficile parlare della morte, specialmente se
si tratta della propria. Questo evento, inevitabile per ognuno, resta sempre un tabù.
Va rilevato che la vita non è il valore ultimo e che la morte non è la fine di tutto.
Dopo la morte non vi è l’oblio ma, secondo la visione cristiana, attraverso di essa si è
introdotti in altra vita che dovrà portare il rinnovamento di questa realtà. La fede
cristiana biblica aiuta a prepararsi alla morte e la vittoria del Signore Gesù consente
di partecipare alla sua sconfitta e a vivere con speranza.
Le dichiarazioni anticipate di fine vita possono essere un modo, nella prospettiva
“dell’ora per allora”, di prepararsi anzitempo, alla propria dipartita e sottrarsi
all’altrui volontà che, come più volte detto, cagiona sofferenza e perdita di dignità.
130 L. DE CHIRICO, Vita a prescindere. Ma è cristiano?, documento Centro Studi di Etica e Bioetica, I.F.E.D. Padova, 17/9/2007, scaricabile dal sito ifeditalia.org.
74
Il movimento evangelicale non ha difficoltà a considerare la vita sacra, dignitosa e
preziosa ed importante perché dono di Dio131 e, analogamente, non ha difficoltà a
considerare opportunamente l’autodeterminazione umana e la qualità della vita, se
visti alla luce di norme di riferimento e vissute all’insegna della responsabilità
personale.
“La vita o la natura non sono degli assoluti separabili dalla responsabilità umana, né
la libertà può essere pura autodeterminazione”.132 Si tratta di concetti che non
possono essere svincolati da principi relazionali e trascendentali. La trascendenza e
l’immanenza vanno relazionate e non scisse.
Le difficoltà nascono quando concetti come la verità e la libertà vengono assolu-
tizzati a prescindere da altre categorie ugualmente importanti ed orientanti.133
L’attuale polarizzazione nel dibattito moderno ( cattolico e laico) appare
monopolizzante e totalizzante.
Il non dar voce ad altri, che hanno pari dignità e diritto, emerge come una violenza
culturale. Il pluralismo deve essere molto più di uno slogan e diventa tale se non lo si
vive fino in fondo.
La complessità delle problematiche bioetiche dovrebbe persuadere sulla necessità ed
urgenza di un dialogo e confronto a 360 gradi tra tutte le forze in campo, mettendo da
131 Dichiarazione di Chicago sull’etica biblica (1986), pag. 328, n. 5; Dichiarazione di Parigi sul valore della vita umana (1987), in: P. BOLOGNESI (a cura di), Dichiarazioni Evangeliche.Il Movimento Evangelicale 1966 – 1996, Ed. Dehoniane, Bologna, 1997. Si veda anche l’articolo di NIGEL M. DE S. CAMERON, Prospettive sull’eutanasia, “Studi di Teologia”, 1992, n. 7, pag. 29. 132 La Bioetica in prospettiva evangelica, dichiarazione finale a conclusione delle Giornate Teologiche 1996, Padova 20-21 settembre 1996, a cura dell’IFED e scaricabile dal sito ifeditalia.org.133 Laicità, Pluralismo e Convinzioni, P. BOLOGNESI, in rivista Studi di Teologia, Le sfide della laicità, n° 36, IFED, Padova, 2006, pag. 115-116;
75
parte ogni atteggiamento esclusivista ed ostracista. La posta in gioco è alta. E’ in
discussione un tipo di vita molto particolare e l’esercizio dei diritti umani. A chi va
riconosciuto il diritto di determinare e di gestire la fine di una vita che non si è
ancora conclusa? Chi deve avere l’ultima parola?
Il criterio di indagine dell’orientamento evangelicale si basa sull'ontologia trinitaria e
sull’etica delle prospettive.
Esso ritiene che le questioni odierne si imbattano nel
“vecchio problema dell’uno e del molteplice, dell’universale e del particolare,
dell’essere e del divenire, del ragionamento analitico e del ragionamento sintetico,
dell’apriori e dell’aposteriori”.134
“La visione biblica si presenta come quella veramente adeguata alla realtà perché si
distanzia dal monismo come dal pluralismo, ed afferma contemporaneamente il Dio
Uno e Trino. Al di fuori di ogni dottrina biblica della Trinità in cui l’uno ed il
molteplice sono ugualmente ed assolutamente fondamentali, ogni altro pensiero
finisce per essere dialettico”.135
“Solo partendo dalla rivelazione del Dio Uno e Trino la coscienza moderna potrà
essere liberata dalla lacerazione legata al vecchio problema dell’uno e del molteplice
e valorizzare le diversità senza abolire la verità”.136
“La dottrina della Trinità ontologica, del Dio trino, rappresenta quindi la risposta.
Nella Trinità sia la particolarità che l’unità sono in egual modo ultime. Ogni for-
mulazione ortodossa della dottrina di Dio, quella espressa nei concili riconosciuti e
nei credi della chiesa primitiva, accentua l’unità della diversità senza alcuna con
134 P. BOLOGNESI, Unicità e Pluralismo, “Studi di Teologia”, Nuova serie, 1992, n. 8, pag. 125.135 Idem.136 Idem.
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cessione alla particolarità o alla individualità delle tre persone e senza alcun cenno di
subordinazionismo”.137
“In fondo il problema dell’etica investe la questione dell’uno e del molteplice.
Anche l’etica corre il rischio di investire sul primo e dimenticare il secondo, o vi-
ceversa, rischia di assolutizzare ora l’uno ora il molteplice. Per questo si rende ne-
cessario articolare il problema dell’uno e dei molti in modo adeguato”.138
Alla luce di queste citazioni si desume che la prospettiva evangelicale sia quella di
desacralizzare la vita e l’autonomia, collocando al loro posto il rispetto per la vita e
la responsabilità personale delle scelte, che possono essere esercitate in qualsiasi
momento della propria esistenza, all’interno di una cornice in cui i punti di riferi-
mento sono la norma, la circostanza situazionale e la persona. Questi tre riferimenti
dovrebbero interagire tra loro in maniera equilibrata, senza schiacciarsi reci-
procamente, relazionandosi tra loro e senza isolarli l’no dall’altro.
In tal modo anche le dichiarazioni di fine vita possono trovare il loro giusto posto e
la loro ragion d’essere.
Sulla vicenda del caso Englaro, il Centro Studi di Etica e Bioetica, in data 9 febbraio
137 C. VAN TILL, Psycology of Religion, Phillipsburg, P.&R., 1991, pag. 49, citato da R. RUSHDOONY, “Il problema dell’uno e del molteplice in ottica trinitaria”, “Studi di Teologia”, nuova serie, 2005/2, n. 34. Altro modello di etica trinitaria è sviluppato anche da W. KRECK, Grundfragen christlicher Ethik, Munchen, citato da S. ROSTAGNO, Etica Protestante, un percorso, Cittadella Editrice, Assisi, 2008, pag. 167. Anche K. BARTH (1886-1968) ha sviluppato un’etica trinitaria, infatti, egli ha inserito la sua discussione sul punto inserendola nella dottrina di Dio e non nella dogmatica, così nella Church Dogmatic, vol. II, pag. 542, citato da R. B. HAYS, La visione morale del Nuovo testamento, Edizioni San Paolo, Milano, 2000, pag. 346. Evidentemente l’ontologia trinitaria offre interessanti spunti di riflessione e di ricerca in proposito.Per approfondire il pensiero di Van Till si può consultare il Dizionario di Teologia Evangelica, cit. alle voci “C.Van Till”, pag. 771, “Apologetica”, pag. 52, “Presupposizionalismo”, pag. 580. Alla fine di ogni articolo vi è una corposa bibliografia delle sue opere.138 L. DE CHIRICO, La prospettiva dell’uno e del molteplice: L’etica delle prospettive , “Studi di Teologia”, nuova serie, 2005/2, n. 34.
77
2009, ha pubblicato sul sito ifeditalia.org una nota con la quale, tra le altre cose,
esprimeva solidarietà alla famiglia Englaro verso la quale vi è stata una chiara
violazione della privacy, che sono state apprezzato le scelte nel Capo dello Stato che
ha impedito che non venissero eseguite le decisioni dei provvedimenti giudiziali, che
considerava negativamente l’ingerenza nello spazio decisionale privato e il voler
imporre l’alimentazione ed l’idratazione forzata. “Invitava il Parlamento a non
intervenire in maniera emotiva, affrettata e segnata da agende politiche esterne, sul
tema del testamento biologico, auspicando una discussione aperta a tutte le
componenti della società (compresa quella evangelicale)”, nel rispetto del pluralismo
esistente.
L’orientamento evangelicale auspica una riflessione sul testamento biologico
nell'aspettativa che si giunga ad una legge che regoli la materia affinchè “non sia la-
sciata intatta la cultura dell’accanimento terapeutico e del primato della tecnologia
medica sulla volontà del paziente”.139
In sintesi, si può dire che l’orientamento evangelicale si rifà ad un approccio
trinitario che consente di sviluppare una metodologia aperta e non di tipo assolutista.
Questa consente di essere flessibili e non formulare paradigma precostituiti e affatto
duttili, offre un metodo di analisi che può condurre a soluzioni diverse a secondo del
caso che si esamina. In tal modo si fa dipendere l’opzione da categorie cristiane e si
resta ancorate ad esse per gli ulteriori sviluppi.
139 CENTRO STUDI ETICA E BIOETICA, Documento sull’eutanasia, in rivista “Studi di Teologia”, supplemento n. 1, 2003, p. 12.
78
Il trascendente non viene messo da parte, esso offre una buona chiave di lettura
consentendo una interpretazione dei fatti in maniera più adeguata e, infine, aiuta a
formulare dei principi possono applicarsi nell’imminente.
79
Nota sui pareri del COMITATO NAZIONALE PER LA BIOETICA
Atteso lo sviluppo crescente della bioetica, della sua complessità, oltre ai tanti
problemi che provoca, nel 1990 è stato istituito il Comitato Nazionale per la Bioetica
con sede a Roma presso la Presidenza del Consigli dei Ministri.
Il Comitato è un organo consultivo ed ha il compito di formulare pareri ed orien-
tamenti sotto il profilo etico, morale e giuridico in bioetica, predisporre atti legislativi
ed amministrativi per individuare dei criteri etici nella pratica medica e biologica al
fine di tutelare i diritti delle persone ed evitare abusi.
I documenti prodotti dal Comitato sono consultabili anche in versione online.
Tra i documenti prodotti vi è anche quello relativo alle “Dichiarazioni anticipate di
fine vita”.140 Tuttavia altri riferimenti importanti circa il nostro argomento si trovano
anche in altri documenti.
Per ben capire l’opera del Comitato è utile tener presente le sue finalità e la sua
composizione. Esso esprime pareri ed orientamenti, non necessariamente vincolanti.
E’ composto da esperti in varie discipline e che spaziano tra l’orientamento cattolico
e laico; anche i giuristi che vi fanno parte sono collocabili in entrambi gli
orientamenti indicati. Si tratta di una composizione disomogenea e per lo più cat-
tolica: ciò induce ad immaginare da che parte penda l’ago della bilancia.
Non a caso il documento sulle Dichiarazioni anticipate di fine vita è stato definito 140 CONSIGLIO NAZIONALE DI BIOETICA, Dichiarazioni anticipate di trattamento, 18 dicembre 2003, n. 2.
80
“prudente”, perché, forse, frutto di uno sforzo conciliante tra visioni etiche
Diverse.141
Il predetto documento è stato valutato però anche come “cauta apertura alla pro-
blematica”.142
Analogo tenore di valutazioni è stato espresso da Demetrio Neri.143
Dubbi e perplessità sono stati espressi anche da parte del Centro Studi di Etica e
Bioetica di Padova.144
Invero il documento del Comitato, pur esprimendo pavidamente il parere favorevole
sulle Dichiarazioni anticipate di fine vita, si occupa più di questioni giuridiche circa
la forma ed i contenuti delle dichiarazioni, che di altro. Purtroppo ben poco dice di
tematiche più complesse quali l’alimentazione artificiale, l’idratazione, dei
trattamenti analgesici e cure palliative e relative al periodo di fine vita. Altra de-
bolezza del documento del Comitato emerge quando dice di considerare le di-
chiarazioni “non (assolutamente) vincolanti” e “meramente orientative”. Inoltre
quando suggerisce che la decisione finale spetta alla discrezionalità del medico, non
sta facendo altro che mettere da parte la volontà della persona espressa con la sua
dichiarazione.145 141 S. PATTI, Testamento biologico. L’autonomia decisionale della persona alla fine della vita, Riflessioni di 10 giuristi, Fondazione Umberto Veronesi, Milano, 2006, pag.1.142 F.GILDA, Testamento Biologico, cit., pag. 141-162.
143 D. NERI, Il problema dello SVP e il recente documento del Comitato nazionale di bioetica su Dichiarazioni anticipate di fine vita, “Bioetica”, 2005, n. 2, pp. 122 e seg.144 Considerazioni sul documento del Comitato Nazionale per la Bioetica su “Dichiarazioni anticipate di fine vita”, documento scaricabile da Internet dal sito www.ifeditalia.org.145 CONSIGLIO NAZIONALE DI BIOETICA, Dichiarazioni anticipate di trattamento, 13 dicembre 2003, punto 8, vincolarità delle dichiarazioni anticipate.
81
Questi tentennamenti sono il frutto di un tentativo di conciliazione tra le parti che
però, a ben guardare, determinano solo una situazione di stallo e non un orientamento
chiaro ed univoco.
Capitolo V
RIPRESA CRITICA DEI VARI ORIENTAMENTI
82
In questo capitolo mi limiterò a fare delle osservazioni critiche sui vari orientamenti
prima descritti.
1. l’orientamento cattolico
Come abbiamo già considerato, il paradigma cattolico è “la sacralità della vita”, dal
quale scaturiscono la creaturalità, l'indisponibilità e l'intoccabilità, l'inviolabilità della
vita e l’universalità dell’orientamento. Ne discende che la vita va vissuta a
qualunque costo, a prescindere dalle condizioni in cui la persona viene a trovarsi, in
quanto essa ha un valore intrinseco assoluto ed inalterabile.
Secondo il cattolicesimo romano l’uomo ha la capacità innata di comprendere
l’orientamento proposto e che esso risulta il più ragionevole rispetto agli altri. Si
tratta di un principio precostituito che rende univoco l’approccio e che si presenta
chiuso a qualsiasi altra istanza, addirittura non rispettoso del pluralismo.
Il considerare la vita sacra quale emanazione di Dio, a Lui legata e da Lui dipen-
dente, non fa altro che divinizzare l’essere umano; siamo di fronte alla sublimazione
della natura così come avveniva nella cultura greca dell’antichità.
Invero il paradigma nasce da una metafisica naturale ed astratta, di chiara origine
pagana ed elaborata con idee aristoteliche e tomiste.
A ben guardare, il cattolicesimo romano è abituato a sacralizzare quasi tutto, lo fa
con i luoghi, le persone, i giorni, i cibi, certi abiti o paramenti sacri. La chiesa stessa
si considera sacra ed amministratrice del sacramento. Ma attribuire questi caratteri di
sacralità a qualcosa di creato, fosse anche la vita e la persona, non è forse idolatria?
Solo Dio è sacro ed assoluto.
83
In questo paradigma viene assolutizzato il dato biologico e si sviluppa una forma di
biolatria, il culto della vita e della persona.
In un certo qual modo anche il dolore viene elevato a sacro. Il Cattolicesimo romano
attribuisce al dolore ed alla sofferenza umana un valore espiatorio, meritorio e quindi
salvifico; lo considera come un male necessario e nobilitante, produttore di senso di
coscienza, strumento di ascesi, capace di relazionare con il sacro perché è un modo
di partecipare alle sofferenze del Cristo. Per tali motivi si attenua il carattere
intrinseco della sofferenza e della conseguente perdita della dignità umana che
consegue. Orbene, se la sofferenza ed il dolore ha i suddetti caratteri, consegue che
non è riconosciuto il carattere perfetto, completo e sufficiente dell’opera della croce
che, in virtù della sola grazia, esclude ogni contributo umano alla salvezza.
Infine è da segnalare che il modo di usare e di citare la Bibbia è inadeguato. Il
letteralismo biblico e l’uso a versetti della Scrittura non corrisponde ad una er-
meneutica corretta, che può ben definirsi fondamentalista.
Queste osservazioni rendono l’orientamento cattolico non rispondente alle vere
categorie cristiane e perciò inadeguato a rispondere alle istanze umane, sia scien-
tifiche che personali.
2. l’orientamento laico
Come abbiamo già indicato, questo orientamento è caratterizzato dal paradigma della
qualità della vita, da cui discendono la dignità, l’autodeterminazione, la libertà o
autonomia e, di conseguenza, la disponibilità della vita.
Si tratta di concetti basilari che vengono individuati e definiti a prescindere da
qualsiasi metafisica e da qualsiasi norma oggettiva ed il cui fondamento risiede solo
in presupposti filosofici e razionali. Se si considerano questi principi nel senso della
84
laicità forte, si nota che sono assolutizzati singoli concetti che determino una
chiusura insuperabile. Va segnalato che il dogmatismo laico può sfociare in laicismo,
quasi come una forma religiosa a sé stante e perciò antipluralista.
Poichè questo orientamento è centrato sulla sola decisione della persona, può essere
definito come una forma di egolatria o culto dell’io. Si tratta di una scelta autonoma
e senza riferimenti esterni alla persona.
In questo orientamento l’uomo è considerato in maniera ridotta, nel senso che esso è
percepito solo in senso biologico e materiale, senza che sia tenuto presente la
componente spirituale.
Altro elemento che non è considerato adeguatamente in questo orientamento, è la
realtà del male. Una visione non olistica dell’uomo e della realtà non può non essere
che insufficiente nell’offrire risposte adeguate alle esigenze esistenziali.
Inoltre, l’orientamento laico, al pari di quello cattolico, ha la pretesa di considerarsi
universale e valido per tutti. Questo potrebbe far pensare ad una contraddizione con
il pluralismo che tanto si proclama e si vuole difendere ma che in tal modo viene
disatteso.
Infine va considerato un ulteriore aspetto che è da tenere presente. Lo presento con
una domanda: è la laicità una prospettiva neutrale od oggettiva rispetto alle altre
opzioni?
Da quanto abbiamo indicato nel capitolo dedicato alla analisi dei vari orientamenti è
emerso che anche la laicità, sia nella sua forma debole ed ancor più in quella forte,
è animata sempre da vari presupposti. Se ne deduce che la laicità in senso puro è una
utopia.
Alla stessa stregua si può valutare l’operare dei politici che, nel tentare di tutelare i
diritti di tutti, si lasciano condizionare dai propri convincimenti.
85
3. l’orientamento Valdese
Il paradigma dell’orientamento Valdese è l’autodeterminazione. Esso è sganciato
dalla metafisica e per tale motivo, pur nascendo in ambito religioso e protestante, può
essere inserito senza difficoltà nella laicità debole o aperta.
Esso rifiuta l’orientamento cattolico e così fa verso gli altri orientamenti religiosi,
che definisce fondamentalisti, senza alcuna distinzione.
L’autodeterminazione è uno dei corollari del paradigma laicità che si basa sulla
qualità della vita. E’ fuori d’ogni dubbio che il riconoscere e tutelare la libera scelta
di coscienza di ciascuno è indice di elevato senso di civiltà e, allo stesso tempo è
anche uno dei valori cristiani molto importanti. Malgrado ciò, essa non può essere
considerato un valore assoluto.
A mio modesto avviso, questo orientamento appare emblematico per vari motivi.
Esso, pur essendo di matrice religiosa, sviluppa il proprio orientamento servendosi
quasi esclusivamente di categorie laiche e razionali. Sembra che a monte vi sia una
rinuncia a sviluppare un orientamento ed identità secondo una metafisica che, tutto
sommato, sarebbe più consona alle sue origini storiche e più coerente all'identità di
una chiesa protestante riformata.
La Bibbia non è solo una fonte di nozioni accademiche, quanto soprattutto una fonte
di vita e di speranza perché da essa si conosce Gesù Cristo ed il suo evento.
Perché accordarsi, sic et simpliciter, con paradigma esistenti che assumono
presupposti discutibili, senza tentare di tratteggiare percorsi, innovativi ed alternativi,
aderenti alla propria professione di fede? Ad una scelta in tal senso, forse meno
popolare, non consegue affatto l’abbandono all’impegno sociale e culturale tout
court.
86
E’ noto che l’orientamento valdese si presenta come pluralista ma non sembra valo-
rizzi adeguatamente chi ha una teologia legata alla Riforma. Inoltre pare che non
assuma posizioni critiche verso categorie concettuali laiche che per la loro natura
Intrinseca mal si conciliano con un’epistemologia ontologica che, tutto sommato,
come già detto, farebbe parte della propria identità. Infine, pare che si limiti a
ripetere quanto dice la laicità.
E’ condivisibile l’idea che i principi teologici non possono essere eretti a fondamento
della società civile e pluralista. Lo Stato e le istituzioni devono essere laici; la chiesa
e lo Stato vanno tenuti distinti nel rispetto delle reciproche sfere di competenza. La
storia insegna abbondantemente dei danni prodotti da una tale identificazione. I
rappresentanti delle varie espressioni culturali, anche di tipo teologico o religioso,
devono imparare a convivere nello stato moderno e ad ognuno dovrebbe essere data
l’opportunità di contribuire al dibattito pubblico.
4. l’orientamento evangelicale
L’orientamento bioetico evangelicale è anch’esso di matrice religiosa, si rifà alla
tradizione agostiniana-riformata classica ed articola il suo discorso seguendo
un’ottica trinitaria. Il suo fondamento teologico e biblico di fondo non impedisce di
valutare adeguatamente le varie situazioni in cui può venire a trovarsi la persona,
esso tiene conto della provvisorietà del tempo presente e anche delle contraddizioni
che da ciò possono scaturire, infine, apre alla speranza. L’orientamento evangelicale
non è costituito da una formulazione a-priori come gli altri orientamenti, ma prende
decisioni a-posteriori, dopo aver analizzato caso per caso. Non sembra che questo
orientamento possa essere inquadrato come “fondamentalista” perché non fa uso del
letteralismo biblico, non fa ricorso alla condanna a chi pensa diversamente, né è
87
angosciato a rincorrere un alone di perbenismo. Come già detto in precedenza, in
questa prospettiva gli elementi in campo sono tre e si evita di esaltare un aspetto in
danno di altri e, viceversa, non esaltano i molteplici aspetti in danno dell’uno.
Essendo un’etica delle prospettive appare più rispondente alle categorie cristiano-
bibliche riformate, meno conosciuta in Italia ma più fiorente in altre nazioni. Può
ancora essere detto che a questo orientamento mal si addice l’etichettatura di
fondamentalista perché non ha carattere dogmatico precostituito, inflessibile,
autoritario, aculturale ed atemporale.
Invero, questo orientamento valuta adeguatamente la qualità e la dignità della vita,
l’importanza della persona, l’autodeterminazione, la libera scelta, la necessità che lo
Stato e le istituzioni siano laiche e ravvisa la necessità che la supremazia della
scienza sia limitata e che il monopolio cattolico-laico smetta di spadroneggiare.
Solitamente il fondamentalismo affronta poco o per niente queste problematiche di
attualità e, se lo fa, si presenta in maniera dogmatica, esclusivista, chiuso alle istanze
che la modernità pone.
Il movimento evangelicale italiano riconosce che vi è stata un'assenza dal dibattito
etico e bioetico ma, con impegno, sta cercando di recuperare contribuendo a
sviluppare un pensiero che cerchi di coniugare il pensiero cristiano classico alla vita
attuale.
Nondimeno, anche l’orientamento evangelicale ha delle debolezze.
Indubbiamente si presenta come un’articolazione complessa e anche filosofica. Per
tali motivi esso appare poco pratico alla persona che non è avvezza allo studio
teologico. Il fedele che si appresta ad affrontare delle scelte etiche complesse non
vuole contrastare la volontà di Dio e non vuole essere angosciato dal peso del
peccato e dai sensi di colpa che potrebbero scaturire da decisioni sbagliate o non
88
pienamente consapevoli. Detta complessità fa pensare che ci sia sempre bisogno di
qualcuno accanto alla persona che debba fare delle scelte e che aiuti a decidere, quasi
una sorte di mediatore umano. Sicuramente non si esclude l’accompagnamento
pastorale né quello della famiglia o della comunità di appartenenza ma, viene da
chiedersi che ne sarebbe della responsabilità personale se essa dovesse essere
surrogata da chi accompagna?
In questo orientamento delle prospettive, si è detto che la norma, la situazione e la
persona vanno relazionate equilibratamente ed armoniosamente, senza che un
elemento sia ignorato o che schiacci gli altri. Noterei una tensione tra la norma che,
per sua natura intrinseca, è e vuole essere sempre tale, anche quando interagisce con
gli altri elementi; si nota una tensione anche quando si deve fare una scelta etica
concreta perché accade che la persona, per la sua creaturalità e finitudine, non riesca
sempre a capire tutta la portata delle problematiche. Si percepisce, altresì,
un’ulteriore tensione tra la norma e la situazione concreta in quanto quest’ultima,
per quanto oggettiva, è vissuta in maniera soggettiva e può evolversi in entrambi i
sensi in maniera preponderante. Inoltre. l’elemento situazionale, se accentuato
rispetto agli altri elementi, falserebbe anch’esso l’ambito equilibrio, facendo
diventare l’orientamento troppo esistenziale.
Tutta questa complessità richiederebbe la presenza di più esperti per far fronte alle
tante richieste di spiegazioni ed aiuto e che non impongono le loro risoluzioni. Per
esempio: chi garantisce che non vi siano pressioni affinchè sia effettivamente la
persona a scegliere?
Capitolo VI
Il mio punto di vista
89
L’universo, il mondo, la vita e la morte sono concetti molto complessi.
Le scelte della vita sono spesso difficili, in particolar modo, quelle che hanno a che
fare con la fine della vita.
Queste scelte hanno intrinsecamente e simultaneamente aspetti positivi e negativi.
Per tale motivo ogni scelta può presentarsi come condivisibile o meno, valida per
uno e non per l’altro. Quando ragioniamo su argomenti che riguardano la libertà di
coscienza, del libero convincimento personale e di libere scelte, le risoluzioni non
possono essere imposte.
Le Dichiarazioni anticipate di trattamento medico ed attinenti il fine vita, avendo lo
scopo restituire la parola al paziente, oltre che di porre fine alle sofferenze derivanti
dall’accanimento terapeutico, sono da salutare con favore.
Esse pongono fine all’agonia della persona, al dolore morale dei familiari e di coloro
che sono vicini al paziente e, anche se può apparire cinico, eliminerà anche spese
inutili per tutti. Le dichiarazioni anticipate rendono la persona responsabile della
propria vita fino alla fine dei suoi giorni.
Come si è detto, a questo tema di bioetica soggiacciono varie altre tematiche che
spaziano da elementi personali, a quelli sociologici, giuridici, metafisici, filosofici,
scientifici ed economici da non trascurare.
Forse il dato più rilevante da cogliere è che le Dichiarazioni anticipate offrono la
possibilità di trasformare la persona in un soggetto attivo, cosciente delle
90
implicazioni della esistenza, che compie le sue scelte responsabilmente e non più
soggetto passivo che subisce le decisioni altrui, che come più volte ripetuto e pi
frequentemente accade, recano solo sofferenza..
Le convinzioni e i valori della persona vanno tenute in seria considerazione e vanno
rispettate, a prescindere dagli orientamenti che avrà voluto adottare.
Le Dichiarazioni anticipate sono un aspetto del diritto del “consenso informato”, la
differenza è che esse sono fatte in anticipo e non in prossimità degli interventi
medici da praticare. Esse sono il prius logico del consenso informato.146
Si tratta solo di dichiarazioni fatte “ora per allora” che solo sofismi filosofici e
orientamenti assolutisti rendono più complesse di quanto necessario.
Esse sono una affermazione di libertà personale rispetto ad ideologie totalizzanti e
alla scienza
Inoltre, le Dichiarazioni consentono di contribuire ad umanizzare la medicina, le cure
e l’assistenza, che non sarebbe più imposta e subita ma accettata o rifiutata in ma-
niera responsabile, soprattutto in relazione a quei trattamenti salva vita, che, come
l’idratazione e l’alimentazione artificiale, hanno solo lo scopo di prolungare ad ol-
tranza la vita. Il paradigma cattolico amplia il valore della vita elevandola a qualcosa
di sacro; il paradigma laico fa un’operazione inversa, entrambi fanno perdere la
concretezza necessaria per una giusta scelta.
L’astrattezza degli uni e degli altri sposta il fuoco dalla vera situazione e impedisce
una visione olistica della realtà e della complessità umana.
146 E’ stata sollevata la giusta obiezione che induce a ritenere utile che le dichiarazioni anticipate siano rinnovate più volte nel corso della vita perché le scoperte scientifiche possono aprire nuove speranze e, pertanto, dichiarazioni fatte non in prossimità degli eventi potrebbero risultare obsolete.
91
Ci vuole un'epistemologia che tenga conto di Dio, della sua rivelazione in Gesù
Cristo, il cui esempio concreto fu quello di scegliere di morire per poi risuscitare e
dare speranza. C’è bisogno di un'antropologia che consideri unitamente la
componente materiale e spirituale dell’uomo. Non va tralasciata l’esame attento
delle circostanze di vita della persona.
L’articolazione trinitaria pare che offra uno sviluppo dei vari elementi e consente
un’etica delle prospettive che, per quanto debole per certi aspetti e complessa
nell’articolazione, appare più condivisibile nell’affrontare una tematica come la
nostra in cui confluiscono molteplici problematiche. Essa tiene conto di più aspetti,
cerca di relazionarli adeguatamente con l’adeguato equilibrio per giungere a scelte
chiare senza essere paralizzati da dogmatismi astratti.
Detta articolazione aiuta a scegliere per la propria vita, sia presente che futura, sia su
questo tema che per altri.
Sarebbe utile tenere presente che la persona non è sola nel cammino della vita, essa
vive insieme agli altri. La vita, nel suo aspetto familiare e sociale, nel suo carattere
più ampio e variegato, è caratterizzata dal mutuo soccorso, dall’accompagnamento,
dalla solidarietà, dalla responsabilità singola e collettiva. Il paziente deve riacquistare
il diritto di parlare e va restituito alla sua famiglia e comunità di appartenenza, egli
va sottratto dall’ingerenza altrui.
Questi valori ed elementi aiutano a fare scelte consapevoli e responsabili, non nella
solitudine, non in modo passivo subendo l’arbitrio altrui, non imposte da un
dogmatismo oscurantista e non dettate da un generico ideale di libertà, quasi
anarchico. La propria vita non ruota solo intorno a se stessi. Si è singoli ma allo
stesso tempo si è parte di un contesto più ampio. Si faranno vere scelte etiche, reali
92
ed umane quando avranno un articolazione ampia e motivata.
Si spera che nei lavori delle commissioni e del Parlamentari vengano presi in con-
siderazioni anche queste indicazioni e non si faccia prevalere l’orientamento del più
forte. D’altra parte, una buona legge, che consenta a ciascuno di scegliere e di vivere
secondo le proprie convinzioni, non può essere di carattere coercitivo. Penso, ad
esempio, alla legge sull’aborto e alla legge sul divorzio che consentono di scegliere
autonomamente e non obbliga a seguire dette pratiche.
Così, se una persona ritiene che in certe condizioni non voglia essere sottoposta a
delle cure, qualunque esse siano, compreso l’alimentazione ed all’idratazione forzata,
non appare giusto che una legge obblighi in tal senso.
Lo Stato dovrebbe trovare il modo per ascoltare tutti ed essere equidistante dalle
varie confessioni religiose o ideologie, esso deve orientarsi alla legalità per non
commettere delle parzialità. Diversamente sarebbe un’etica statalista e non libera
scelta. Gli orientamenti, di qualunque genere essi siano, sono solo per chi li vuol
seguire, non sono e non possono essere obbligatori per nessuno.
Credo che questo sia il senso del vero pluralismo e dell'aconfessionalità dello Stato.
93
CONCLUSIONE
Senza alcun dubbio il tema che si tentato di esaminare è di grande importanza e di
attualità, come avviene per altri temi di etica e di bioetica, sicuramente se ne
continuerà a parlare anche dopo che il Parlamento italiano avrà promulgato un
provvedimento, condiviso o meno che sia.
E’ fuor d’ogni dubbio che l’ingerenza umana sulla vita attraverso la biotecnologia ha
l’effetto di prolungare l’esistenza con altrettanto prolungamento dell’agonia, va
rivisitata ed arginata, soprattutto quando non vi è l’aspettativa della guarigione.
Le dichiarazioni di trattamento di fine vita, per certi aspetti, appaiono astratte e in
parte lo sono. A ben guardare esse riguardano il quotidiano e, per quanto la cronaca
parli solo di alcuni casi, che con forza fanno sentire la loro voce, essi sono tantissimi.
Da più parti e da vari anni si sente l’esigenza di una legge che regolamenti queste
problematiche, posto che interessa un numero sempre crescente di persone.
Nel concludere può essere d’aiuto focalizzare l’attenzione su alcune problematiche
che ulteriormente illustrano il quadro complesso della situazione e che sarebbe
d’aiuto tenere presente.
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1. un problema giuridico
Alcuni giuristi hanno posto le seguenti domande e riflessioni: “C’è un diritto di
morire?”,147 si può parlare “di un diritto di decidere come morire?”148 e, che forse si
debba parlare “del diritto di non soffrire”.149
In un certo qual modo si tratta di diritti legati a quello della vita. Sembra un para-
dosso ed una contraddizione.
Spetta allo Stato pronunciarsi sul riconoscimento o meno di tali diritti e far si che essi
siano tutelati e rispettati. Così come è riconosciuto il diritto alla vita deve essere
riconosciuto anche il suo contrario. La trasversalità delle Dichiarazioni, come detto,
implica questo ed altro ancora.
2. un problema teologico
Il credente ritiene importante far ricorso alla metafisica per formulare un
orientamento bioetico. La vita, pur essendo un dono di Dio, non è sacra e non va
assolutizzata come se lo fosse. L’apprezzamento di questo dono lo si dimostra con il
vivere in maniera responsabile e dignitosa. Escludere Dio dalle proprie scelte di vita
quotidiana equivale a vivere una vita scissa e a relegarlo solo in un cantuccio privato
della propria esistenza, limitandone il ruolo di Signore che gli compete in maniera
assoluta.
La vita e la morte sono nella disponibilità del Creatore ed il suo svolgimento è af-
fidato alla responsabilità umana. L’uomo deve interrogarsi sulle questioni con
147 G. ZAGREBELSKY, Vivere e morire tra etica, economia e diritto, “Questioni di Giustizia”, 2006, n. 6, pp. 1138-1156.148 G. CORBELLINI, idem.149 L. EUSEBI, idem.
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cernenti le manipolazioni sulla vita. Deve comprendere se ci sia tensione verso
l’eccesso di potere o l’onnipotenza.
Nessun può imporre a terzi di vivere, né di morire. E’ una decisione che spetta solo
alla persona: né lo Stato, né una chiesa, né la religione, né la società, né un individuo
possono sostituirsi ad essa. Quando ciò avviene si delineano scenari complessi e
preoccupanti. Ognuno, nella libertà della propria coscienza, deve assumersi le
proprie responsabilità di autodeterminarsi secondo norme di riferimento che
l’orientano al fine di scegliere liberamene quanto ritiene giusto e dignitose per se.
3. un problema etico
Ognuno ha il compito di amministrare responsabilmente la propria vita in base ai
propri convincimenti. E’ un diritto-dovere personale che fa parte del proprio status.
La comunità credente, da una parte, è chiamata ad elaborare un’etica teologica che
tenga conto sia del diritto di Dio che della responsabilità umana. Il credente, in
quanto parte della Comunità di fede, è invitato a prendere cognizione dell' identità
del gruppo con il quale si identifica ma spetta esclusivamente a lui fare le sue scelte,
egli non può essere costretto ad osservare le indicazioni che gli vengono date. Libertà
e coercizione, su temi che riguardano scelte di coscienza, non possono sovrapporsi.
Anche il non credente è tenuto a fare delle scelte. Il non farle è pur sempre una
scelta.
Ogni scelta che ha dei riferimenti oggettivi e che nasce da un senso di responsabilità
può essere sempre una buona scelta, purché non leda la libertà altrui, non contrasti
l’ordine sociale. Avere dei paradigma di riferimento aiuta ad orientarsi meglio ed a
fare delle scelte responsabili. Ognuno, individualmente, è chiamato ad acquisire
delle convinzioni ed a praticarle con coerenza e responsabilità perché è l’unico modo
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per vivere degnamente la propria umanità, in seno alla società. E’ un diritto-dovere
che non può essere surrogato né vi si può rinunciare.
Può verificarsi che delle scelte non siano condivisibili ma ciò nonostante vanno
sempre rispettate e tutelate.
4. un problema sociale
Sul piano sociale, le cose andrebbero affrontate diversamente. Nella società civile,
democratica, multiculturale e multirazziale sono presenti orientamenti bioetici di
vario tipo che vanno riconosciuti. Solitamente sono gli orientamenti teologici che
sono più limitanti della libertà individuale. Questi, però, non vanno imposti agli altri.
Lo Stato deve garantire a tutti la libertà di pensiero, di coscienza e di scelta e,
inoltre, dovrebbe limitarsi a produrre norme che si ispirano alla “laicità” che, in
senso debole, non è confessionale.150 Sarebbe l’unico modo per consentire a ciascuno
di vivere la propria libertà di coscienza. Indubbiamente è facile rendersi conto che le
tematiche di bioetica sono nuove e complesse sia nell’approccio che nelle soluzioni
da adottare e c’è bisogno di un notevole sforzo per giungere a soluzioni che
soddisfano tutti.
I sostenitori dei vari orientamenti, andrebbero tutti consultati al fine di analizzare
compiutamente le varie problematiche perché non tutto quello che si può scegliere e
tutto quello che la scienza può realizzare ed offrire è eticamente praticabile. I vari
150 L’espressione classica che indica tale metodo di lavoro è “Etsi deus non daretur”, che significa ragionare come se Dio e la religione non ci fossero. Tale criterio, forse, consentirebbe una equi distanza dello Stato e dei suoi apparati di non influenzare confessionalmente le libere scelte di ciascuno.
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orientamenti dovrebbero astenersi dall’influenzare il legislatore per veder affermato
il proprio punto di vista.
Attualmente la laicità delle istituzioni, in Italia, è una meta ben lontana da essere
facilmente raggiunta.
Le varie forze in campo, nel rispetto reciproco, potrebbero dare un valido contributo
al dialogo ed al confronto, per giungere ad una vera intesa condivisa affinchè il
diritto di ciascuno non venga leso.
Le Dichiarazioni anticipate di trattamento sono un atto di volontà e di libertà, una
possibilità facoltativa di scelta, non obbligatoria, di cui ci si può avvalere o no. Le
dichiarazioni anticipate, nella loro forma di documento scritto, vincolante per chi le
leggerà, rendono ciascuno responsabile delle proprie scelte di vita. E’ il non far
scegliere che è lesivo del diritto di scelta, con conseguente perdita della dignità.
5. un problema di deontologia medica
Alla luce degli scenari agghiaccianti derivanti dall’applicazione della scienza e della
tecnologia alla salute, che sempre più spesso sfociano nell’accanimento terapeutico.
è necessaria una revisione del giuramento ippocratico e di tutta la deontologia
medica. L’idea di una medicina paternalistica,151 meccanicistica e disumana andrebbe
abbandonata. E’ necessaria una nuova etica medica affinché la medicina
151 Per una breve storia del passaggio della medicina dal modello paternalistico a quello relazionale ed a quello condiviso e forse a quello ponderato che seguirà nel futuro, si veda AaVv., M.DE TILLA, L.MILITERNI, U.VERONESI, La Parola Al Paziente. Il consenso informato e il rifiuto delle cure, Fondazione Umberto Veronesi, Ed. Sperling & Kupfer, 2008, pagg.29-41;
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sia più umana e coscienziosa, così come andrebbe contrastata l’etica attuale delle
multinazionali farmaceutiche che spesso rincorre solo i propri vantaggi anche in
danno delle persone e della collettività.
6. un problema culturale
Sui temi di bioetica e non solo, vi è una specificità culturale tutta italiana, che
dipende dalla presenza del Vaticano e dalla maggioranza dei politici che si professa
di fede cattolica romana. Essi per convinzione e qualche volta per opportunismo, si
schierano a favore dell’orientamento bioetico della chiesa cattolica romana. La quale
fa sentire la sua voce al punto da condizionare le istituzioni repubblicane. Invero,
nella prima decade del mese di febbraio, a proposito dell’angoscioso caso di Eluana
Englaro e della sua famiglia, si è determinato una crisi istituzionale di ampia portata
che ha coinvolto, oltre ai diretti interessati ed associazioni varie, il Presidente della
Repubblica, il Presidente del Consiglio, Ministri, la Magistratura, il Parlamento e,
ovviamente, in maniera più o meno velata, la Chiesa cattolica.
Sotto la pressione emotiva della vicenda Englaro, per arginare la situazione ed anche
al fine di impedire che vi fossero altri provvedimenti giurisdizionali che colmassero
il vuoto legislativo, il Parlamento ha oltremodo accelerato i lavori per giungere al più
presto ad una legge che regoli l’annosa questione delle dichiarazioni anticipate.
Attualmente il provvedimento è già stato licenziato al Senato e, come era
prevedibile, esso non appare laico quanto confessionale. Le prese di posizione di vari
parlamentari inducono a ritenere che sia stata oltremodo favorita la visione cattolica
che, imponendo l’obbligatorietà dell’alimentazione e dell’idratazione artificiale,
renderebbe quasi inutile le dichiarazioni.
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Il dott. Umberto Veronesi ha detto “meglio nessuna legge che una cattiva legge”.
Ora, ancor prima della promulgazione del provvedimento definitivo, già si pensa ad
un referendum popolare.
Viene da chiedersi: Che ne è del pluralismo, della laicità o dell’aconfessionalità
religiosa dello Stato? Che ne è della libertà di scelta? E’ ammissibile un’etica di
Stato che impone le sue direttive avocando a se quanto spetta al cittadino? Uno Stato
veramente laico, ovvero aconfessionale dovrebbe assumere posizioni equidistanti
dalle varie visioni del mondo e dai vari orientamenti esistenti. Lo Stato non dovrebbe
essere super partes al fine di garantire pari opportunità a tutti? Nell’attuale
situazione italiana credo che si tratti di domande retoriche. Sta di fatto che
l’autonomia personale è negata, il diritto è calpestato da chi, con forza, impone la
propria visione servendosi del braccio secolare. Qui dunque vi è il problema
culturale: l’intreccio tra stato e chiesa, tra politica e religione, che appare difficile da
risolvere.
Dopo aver sinteticamente analizzato alcuni orientamenti bioetici presenti in Italia,
dopo aver indicato la mia proposta, ed indicato il quadro delle problematiche emer-
genti, giungiamo alle conclusioni che, dopo quanto detto, non possono che essere
articolate:
a) Prendere atto che il pluralismo esistente è più ampio di quanto si voglia far
apparire e che ogni opzione ha pari dignità. Va valorizzata la diversità e si rende
necessario che a tutti sia consentito di far sentire la propria voce; più si contrasta il
bipolarismo esistente e più si rispecchia la realtà. Solo infrangendo le posizioni
egemoniche ed ingerenze lesive può consentire il riconoscimento dei diritti personali
ed il loro rispetto;
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b) Non rassegnarsi dinanzi allo strapotere di qualcuno ma, piuttosto, evidenziare
i soprusi che compiono attraverso un più ampio dialogo e dibattito pubblico. Forse in
tal modo si potrà essere più incisivi nella società facendo emergere il danno che
produce l’assolutizzazione del proprio paradigma, che determina più diso-
rientamento. Il testa a testa non aiutano affatto;
c) Esplicitare che, in fondo, sono in gioco il riconoscimento e l’esercizio di di-
ritti personali che a nessuno è dato di prevaricare;
d) Che lo Stato deve essere neutrale, ovvero laico, per garantire a ciascuno il
diritto di fare le scelte secondo la propria coscienza. Lo sposare un orientamento
religioso o favorirlo equivale a tradire il pluralismo e calpestare i diritti umani.
Infine, un’ultima parola su una mia scelta personale.
Personalmente, come uomo che cerca di essere persona di fede, mi associo a delle
considerazioni che fece Davide, personaggio del Vecchio Testamento vissuto circa
3000 anni fa. Ovviamente non va dimenticato che egli visse in tempi e circostanze
molto diverse da quelli attuali e che a quel tempo le nostre tematiche erano
impensabili. Prendo il pensiero di Davide da un Salmo che la tradizione gli ha
attribuito e nel quale espresse dei pensieri che mi sembrano attuali e pertinenti. Dopo
aver riflettuto sull’uomo, sul suo modo di pensare e di agire, Davide giunse alla
seguente conclusione: “In te (o Dio) è la fonte della vita e per la tua luce noi
vediamo” (Salmo 36:9). Questa conclusione gli consentì di vivere responsabilmente
e nella prospettiva della speranza, sapendo di poter contare sulla grazia di Dio.
Potrebbe essere un'opzione che orienta perché offre una visione olistica rispetto alle
altre, che può essere valida solo per chi crede e che nulla toglie agli altri orientamenti
101
che, nell’ottica di un vero pluralismo non può che recare un valido contributo al
dialogo.
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Bibliografia essenziale
La bibliografia sarebbe particolarmente lunga in quanto le pubblicazioni aumentano
sempre più. Per tale motivo indicherò quella essenziale e che in parte è stata già
citata nel corso della trattazione.
Pensiero cattolico
DocumentiCONGREGAZIONE PER LA DOTTRINA DELLA FEDE, “Dichiarazione sull’eutanasia” (25.5.1980); Istruzione “Donum vitae” del 22/2/1987Enciclica Evangelium vitae, Giovanni Paolo II, 25 marzo 1995Istruzione Dignitas personae. Su alcune questioni di bioetici, Congreagazione per la Dottrina della Fede, pubblicata il 12 dicembre 2008;Studi e saggiF. TUROLDO (a cura di), Le dichiarazioni anticipate di trattamento. Un testamento per la vita, Padova, Gregoriana 2006.A. BOMPIANI, Dichiarazioni anticipate di trattamento ed eutanasia. Rassegna del dibattito bioetica, Bologna, EDB 2008.
Pensiero laico
DocumentiCONSULTA DI BIOETICA, Una proposta di testamento biologico, “Politeia”, 1990, pp. 243-245.Studi e saggiAaVv., M.De Tilla, L.Militerni, U.Veronesi, La Parola Al Paziente. Il consenso informato e il rifiuto delle cure, Fondazione Umberto Veronesi, Ed. Sperling & Kupfer, 2008AaVv., Testamento biologico. Riflessioni di 10 giuristi, Milano, Fondazione U. Veronesi – Il Sole 24 ore 2006A. BORASCHI – L. MANCONI, Il dolore e la politica. Accanimento terapeutico, te-stamento biologico, libertà di cura, Milano, Bruno Mondadori 2007G. FORNERO, Bioetica cattolica e Bioetica laica, B. Mondadori, Milano, 2005G. FORNERO, Laicità debole e laicità forte, B. Mondadori, Milano, 2008H.T. ENGELHARDT, Manuale di Bioetica, il Saggiatore, Milano, 1991
Pensiero valdese
DocumentiCOMMISSIONE DELLA TAVOLA VALDESE PER I PROBLEMI ETICI POSTI DALLA SCIENZA, Direttive anticipate – Procreazione (24/7/2007) chiesavaldese.org O. Del G. del Sinodo Valdese del 2007
103
Studi e saggiS. ROSTAGNO, Una visione protestante in S. SEMPLICI (a cura di), Il diritto di morire bene, Bologna, il Mulino 2002, pp. 55-64.P. RICCA, a cura di, Eutanasia, La legge olandese e commenti, Collana Nostro Tempo, n.74, Ed. Claudiana, Torino, 2002S. ROSTAGNO, Etica Protestante,un percorso, Cittadella Editore, Assisi, 2008
Pensiero evangelicale
DocumentiCENTRO STUDI DI ETICA E BIOETICA, Eutanasia, “Studi di teologia” – Suppl. 1 (2003) pp. 2-12.CENTRO STUDI DI ETICA E BIOETICA, Considerazioni sul documento del Comitato Nazionale per la Bioetica, Dichiarazioni anticipate di trattamento. www.ifeditalia.org
Studi e saggiL. DE CHIRICO, Chi può staccare la spina? Perché la si mantiene attaccata? (24/10/2003) ifeditalia.org Id., L’idratazione e l’alimentazione artificiali vanno sempre somministrata? A proposito di un recente parere del Comitato Nazionale, (6/10/2005) ifeditalia.orgId., Vita a prescindere. Ma è cristiano? (17/9/2007), ifeditalia.org.
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