fallaci oriana lettera a un bambino mai nato oriana lettera a un bambino mai nato a chi non teme il...

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*** Fallaci Oriana Lettera a un bambino mai nato A chi non teme il dubbio a chi si chiede i perch‚ senza stancarsi e a costo di soffrire di morire A chi si pone il dilemma di dare la vita o negarla questo libro è dedicato da una donna per tutte le donne Stanotte ho saputo che c'eri: una goccia di vita scap- pata dal nulla. Me ne stavo con gli occhi spalancati nel buio e d'un tratto, in quel buio, s'Š acceso un lampo di certezza: s , c'eri. Esistevi. E stato come sentirsi colpire in petto da una fucilata. Mi si Š fermato il cuore. E quando ha ripreso a battere con tonfi sordi, cannonate di sbalordimento, mi sono accorta di precipitare in un pozzo dove tutto era incerto e terrorizzante. Ora eccomi qui, chiusa a chiave dentro una paura che mi bagna il volto, i capelli, i pensieri. E in essa mi perdo. Cerca di capire: non Š paura degli altri. Io non mi curo degli al- tri. Non Š paura di Dio. Io non credo in Dio. Non Š paura del dolore. Io non temo il dolore. E paura di te, del caso che ti ha strappato al nulla, per agganciarti al mio ventre. Non sono mai stata pronta ad accoglierti, anche se ti ho molto aspettato. Mi son sempre posta l'atroce domanda: e se nascere non ti piacesse? E se un giorno tu me lo rimproverassi gridando "Chi ti ha chie- sto di mettermi al mondo, perch‚ mi ci hai messo, per- ch‚?". La vita Š una tale fatica, bambino. E una guerra che si ripete ogni giorno, e i suoi momenti di gioia sono parentesi brevi che si pagano un prezzo crudele. Come faccio a sapere che non sarebbe giusto buttarti via, come faccio a intuire che non vuoi essere restituito al silenzio? Non puoi mica parlarmi. La tua goccia di vita Š soltanto un nodo di cellule appena iniziate. Forse non Š nemmeno vita ma possibilit… di vita. Eppure darei tanto perch‚ tu potessi aiutarmi con un cenno, un indizio. La mia mam- ma sostiene che glielo detti, che per questo mi mise al mondo. 1

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***Fallaci OrianaLettera a un bambino mai natoA chi non teme il dubbioa chi si chiede i perch‚senza stancarsi e a costodi soffrire di morireA chi si pone il dilemmadi dare la vita o negarlaquesto libro è dedicatoda una donnaper tutte le donneStanotte ho saputo che c'eri: una goccia di vita scap-pata dal nulla. Me ne stavo con gli occhi spalancati nelbuio e d'un tratto, in quel buio, s'Š acceso un lampo dicertezza: s , c'eri. Esistevi. E stato come sentirsi colpirein petto da una fucilata. Mi si Š fermato il cuore. Equando ha ripreso a battere con tonfi sordi, cannonatedi sbalordimento, mi sono accorta di precipitare in unpozzo dove tutto era incerto e terrorizzante. Ora eccomiqui, chiusa a chiave dentro una paura che mi bagna ilvolto, i capelli, i pensieri. E in essa mi perdo. Cerca dicapire: non Š paura degli altri. Io non mi curo degli al-tri. Non Š paura di Dio. Io non credo in Dio. Non Špaura del dolore. Io non temo il dolore. E paura di te,del caso che ti ha strappato al nulla, per agganciarti almio ventre. Non sono mai stata pronta ad accoglierti,anche se ti ho molto aspettato. Mi son sempre postal'atroce domanda: e se nascere non ti piacesse? E se ungiorno tu me lo rimproverassi gridando "Chi ti ha chie-sto di mettermi al mondo, perch‚ mi ci hai messo, per-ch‚?". La vita Š una tale fatica, bambino. E una guerrache si ripete ogni giorno, e i suoi momenti di gioia sonoparentesi brevi che si pagano un prezzo crudele. Comefaccio a sapere che non sarebbe giusto buttarti via, comefaccio a intuire che non vuoi essere restituito al silenzio?Non puoi mica parlarmi. La tua goccia di vita Š soltantoun nodo di cellule appena iniziate. Forse non Š nemmenovita ma possibilit… di vita. Eppure darei tanto perch‚ tupotessi aiutarmi con un cenno, un indizio. La mia mam-ma sostiene che glielo detti, che per questo mi miseal mondo.

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La mia mamma, vedi, non mi voleva. Ero incomin-ciata per sbaglio, in un attimo di altrui distrazione. Eperch‚ non nascessi ogni sera scioglieva nell'acqua unamedicina. Poi la beveva, piangendo. La bevve fino allasera in cui mi mossi, dentro il suo ventre, e le tirai uncalcio per dirle di non buttarmi via. Lei stava portandoil bicchiere alle labbra. Subito lo allontan• e ne rovesci•il contenuto per terra. Qualche mese dopo mi rotolavovittoriosa nel sole, e se ci• sia stato bene o male non so.Quando sono felice penso che sia stato bene, quandosono infelice penso che sia stato male. Per•, anche quan-do sono infelice, penso che mi dispiacerebbe non esserenata perch‚ nulla Š peggiore del nulla. Io, te lo ripeto,non temo il dolore. Esso nasce con noi, cresce con noi,ad esso ci si abitua come al fatto d'avere due braccia edue gambe. Io, in fondo, non temo neanche di morire:perch‚ se uno muore vuol dire che Š nato, che Š uscitodal niente. Io temo il niente, il non esserci, il dover diredi non esserci stato, sia pure per caso, sia pure per sba-glio, sia pure per l'altrui distrazione. Molte donne si chie-dono: mettere al mondo un figlio, perch‚? Perch‚ ab-bia fame, perch‚ abbia freddo, perch‚ venga tradito eoffeso, perch‚ muoia ammazzato alla guerra o da unamalattia? E negano la speranza che la sua fame sia sa-ziata, che il suo freddo sia scaldato, che la fedelt… e ilrispetto gli siano amici, che viva a lungo per tentar dicancellare le malattie e la guerra. Forse hanno ragioneloro. Ma il niente Š da preferirsi al soffrire? Io perfinonelle pause in cui piango sui miei fallimenti, le mie delu-sioni, i miei strazi, concludo che soffrire sia da preferirsi alniente. E se allargo questo alla vita, al dilemma nascereo non nascere, finisco con l'esclamare che nascere Š me-glio di non nascere. Tuttavia Š lecito imporre tale ragio-namento anche a te? Non Š come metterti al mondo perme stessa e basta? Non mi interessa metterti al mondo perme stessa e basta. Tanto pi— che non ho affatto bisognodi te.

* * *

Non mi hai tirato calci, non mi hai inviato risposte.E come avresti potuto? Ci sei da cos poco: se ne chie-dessi conferma al dottore, sorriderebbe di scherno. Maho deciso per te: nascerai. I 'ho deciso dopo averti vistoin fotografia. Non era proprio la tua fotografia, eviden-

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te: era quella di un qualsiasi embrione di tre settimane,pubblicata su un giornale insieme a un reportage sul for-marsi della vita. E, mentre la guardavo, la paura m'Špassata: con la stessa rapidit… con cui m'era venuta.Sembravi un fiore misterioso, un'orchidea trasparente.In cima si scorgeva una specie di testa con le due protu-beranze che diverranno il cervello. Pi l'in basso, una spe-cie di cavit… che diverr… la bocca. A tre settimane seiquasi invisibile, spiega la didascalia. Due millimetri emezzo. Eppure cresce in te un accenno di occhi, qual-cosa che assomiglia a una spina dorsale, a un sistemanervoso, a uno stomaco, a un fegato, a intestini, a pol-moni. Il tuo cuore Š gi… fatto, ed Š grande: in propor-zione, nove volte pi— grande del mio. Pompa sangue ebatte regolarmente dal diciottesimo giorno: potrei but-tarti via? Che m'importa se sei incominciato per caso oper sbaglio, anche il mondo in cui ci troviamo non inco-minci• per caso e forse per sbaglio? Alcuni sostengono chein principio non c'era nulla fuorch‚ una gran calma, ungran silenzio immobile, poi si verific• una scintilla, unostrappo, e ci• che non era fu. Allo strappo seguirono pre-sto altri strappi: sempre pi— imprevisti, sempre pi— insen-sati, pi— ignari delle conseguenze. E tra le conseguenzesbocci• una cellula, anche lei per caso, forse per sbaglio,che subito si moltiplic• a milioni, a miliardi, finch‚ nac-quero gli alberi e i pesci e gli uomini. Tu credi che qual-cuno si ponesse un dilemma prima dello scoppio o prima

della cellula? Credi che si domandasse se gli sarebbe pia-ciuto o no? Credi che si preoccupasse della sua fame, delsuo freddo, della sua infelicit…? Io lo escludo. Anche se ilqualcuno fosse esistito, ad esempio un Dio paragonabileall'inizio dell'inizio, al di l… del tempo e al di l… dello spa-zio, io temo che non si sarebbe curato del bene e del male.Tutto avvenne perch‚ poteva avvenire, quindi doveva av-venire, secondo una prepotenza che era l'unica prepoten-za legittima. E lo stesso discorso vale per te. Mi prendo laresponsabilit… della scelta.

Me la prendo senza egoismo, bambino: metterti almondo, lo giuro, non mi diverte. Non mi vedo camminareper strada col ventre gonfio, non mi vedo allattarti e lavar-ti e insegnarti a parlare. Sono una donna che lavora ed hotanti altri impegni, curiosit…: te l'ho gi… detto che non hobisogno di te. Per• ti porter• avanti lo stesso, che ti piaccia

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o no. Te la imporr• lo stesso quella prepotenza che fu im-posta anche a me, e ai miei genitori, ai miei nonni, ai non-ni dei miei nonni: su fino al primo essere umano parto-rito da un essere umano, che gli piacesse o no. Probabil-mente, se a costui o a costei fosse stato concesso di sce-gliere, si sarebbe impaurito e avrebbe risposto non voglionascere, no. Ma nessuno gli chiese un parere, e cos nac-que e visse e mor dopo aver partorito un altro essereumano cui non aveva chiesto di scegliere, e costui fece lostesso, per milioni di anni fino a noi, e ogni volta fu unaprepotenza senza la quale non esisteremmo. Coraggio,bambino. Pensi che il seme di un albero non abbia bisognodi coraggio quando buca la terra e germoglia? Basta uncolpo di vento a staccarlo, la zampina di un topo a schiac-ciarlo. Eppure lui germoglia e tiene duro e cresce gettan-do altri semi. E diventa un bosco. Se un giorno griderai"Perch‚ mi hai messo al mondo, perch‚?" io ti risponde-r•: "Ho fatto ci• che fanno e hanno fatto gli alberi, permilioni e milioni di anni prima di me, e credevo di farebene".

L'importante Š non cambiare idea ricordando chegli esseri umani non sono alberi, che la sofferenza di unessere umano Š mille volte pi— grande della sofferenzadi un albero perch‚ Š cosciente, che a nessuno di noigiova diventare un bosco, che non tutti i semi degli al-beri generano alberi: nella stragrande maggioranza van-no perduti. Un simile voltafaccia Š possibile, bambino:la nostra logica Š piena di contraddizioni. Appena affer-mi qualcosa, ne vedi il contrario. E magari ti accorgiche il contrario Š valido quanto ci• che affermavi. Il mioragionamento di oggi potrebb'essere rovesciato cos , conuno schiocco di dita. Infatti ecco: mi sento gi… confusa,disorientata Forse perch‚ non posso confidarmi con nes-suno al di fuori di te. Sono una donna che ha scelto divivere sola. Tuo padre non sta con me. E non me ne dolgosebbene, ogni tanto, il mio sguardo cerchi la porta da cuiegli usc , col suo passo deciso, senza che io lo fermassi,quasi non avessimo pi— nulla da dirci.

Ti ho portato dal medico. pi— che la conferma, vo-levo qualche consiglio. Per risposta ha scosso la testa di-cendo che sono impaziente, non pu• ancora pronun-ciarsi, ripassi tra quindici giorni, pronta a scoprire cheeri un prodotto della mia fantasia. Torner• solo per di-

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mostrargli che Š un ignorante. Tutta la sua esperienza nonvale il mio intuito, e come fa. un uomo a capire unadonna che sostiene anzitempo di aspettare un bambino?Un uomo non resta incinto e, a proposito, dimmi: Š unvantaggio o una limitazione? Fino a ieri mi sembravaun vantaggio, anzi un privilegio. Oggi mi sembra unalimitazione, anzi una povert…. V'Š un che di glorioso nelchiudere dentro il proprio corpo un'altra vita, nel sa-persi due anzich‚ uno. A momenti ti invade addiritturaun senso di trionfo e, nella serenit… che accompagnail trionfo, niente ti preoccupa: n‚ il dolore fisico chedovrai affrontare, n‚ il lavoro che dovrai sacrificare, n‚la libert… che dovrai perdere. Sarai un uomo o una don-na? Vorrei che tu fossi una donna. Vorrei che tu pro-vassi un giorno ci• che provo io: non sono affatto d'ac-cordo con la mia mamma la quale pensa che nasceredonna sia una disgrazia. La mia mamma, quando Š mol-to infelice, sospira: ®Ah, se fossi nata uomo!®. Lo so:il nostro Š un mondo fabbricato dagli uomini per gli uo-mini, la loro dittatura Š cos antica che si estende per-fino al linguaggio. Si dice uomo per dire uomo e donna,si dice bambino per dire bambino e bambina, si dicefiglio per dire figlio e figlia, si dice omicidio per indi-car l'assassinio di un uomo e di una donna. Nelle leg-gende che i maschi hanno inventato per spiegare la vi-ta, la prima creatura non Š una donna: Š un uomo chia-mato Adamo. Eva arriva dopo, per divertirlo e combi-nare guai. Nei dipinti che adornano le loro chiese, DioŠ un vecchio con la barba: mai una vecchia coi capellibianchi. E tutti i loro eroi sono maschi: da quel Prome-teo che scopr il fuoco a quell'Icaro che tent• di volare,su fino a quel Ges— che dichiarano figlio del Padre e del-lo Spirito Santo: quasi che la donna da cui fu partoritofosse un'incubatrice o una balia. Eppure, o proprio perquesto, essere donna Š cos affascinante. E un'avventurache richiede un tale coraggio, una sfida che non annoiamai. Avrai tante cose da intraprendere se nascerai donna.Per incominciare, avrai da batterti per sostenere che seDio esistesse potrebbe anche essere una vecchia coi capellibianchi o una bella ragazza. Poi avrai da batterti perspiegare che il peccato non nacque il giorno in cui Evacolse una mela: quel giorno nacque una splendida virt—chiamata disubbidienza. Infine avrai da batterti perdimostrare che dentro il tuo corpo liscio e rotondo c'Šun'intelligenza che urla d'essere ascoltata. Essere mam-

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ma non Š un mestiere. Non Š nemmeno un dovere. E so-lo un diritto fra tanti diritti. Faticherai tanto ad urlarlo.E spesso, quasi sempre, perderai. Ma non dovrai scorag-giarti. Battersi Š molto pi— bello che vincere, viaggiareŠ molto pi— divertente che arrivare: quando sei arriva-to o hai vinto, avverti un gran vuoto. E per superarequel vuoto devi metterti in viaggio di nuovo, crearti nuo-vi scopi. S , spero che tu sia una donna: non badare seti chiamo bambino. E spero che tu non dica mai ci• chedice mia madre. Io non l'ho mai detto.

Ma se nascerai uomo io sar• contenta lo stesso. Eforse di pi— perch‚ ti saranno risparmiate tante umilia-zioni, tante servit—, tanti abusi. Se nascerai uomo, adesempio, non dovrai temere d'essere violentato nel buiodi una strada. Non dovrai servirti di un bel viso per es-sere accettato al primo sguardo, di un bel corpo per na-scondere la tua intelligenza. Non subirai giudizi malvagiquando dormirai con chi ti piace, non ti sentira~ direche il peccato nacque il giorno in cui cogliesti una mela.Faticherai molto meno. Potrai batterti pi— comodamen-te per sostenere che, se Dio esistesse, potrebb'essere ancheuna vecchia coi capelli bianchi o una bella ragazza. Potraidisubbidire senza venir deriso, amare senza svegliarti unanotte con la sensazione di precipitare in un pozzo, difen-derti senza finire insultato. Naturalmente ti toccheran-no altre schiavit—, altre ingiustizie: neanche per un uo-mo la vita Š facile, sai. Poich‚ avrai muscoli pi— saldi, tichiederanno di portare fardelli pi— pesi, ti imporrannoarbitrarie responsabilit…. Poich‚ avrai la barba, rideran-no se tu piangi e perfino se hai bisogno di tenerezzaPoich‚ avrai una coda davanti, ti ordineranno di uccidere o essere ucciso alla guerra ed esigeranno la tua com-plicit… per tramandare la tirannia che instaurarono nel-le caverne. Eppure, o proprio per questo, essere un uo-mo sar… un'avventura altrettanto meravigliosa: un'impre-sa che non ti deluder… mai. Almeno lo spero perch‚, se na-scerai uomo, spero che sarai un uomo come io l'ho sem-pre sognato: dolce coi deboli, feroce coi prepotenti, ge-neroso con chi ti vuol bene, spietato con chi ti coman-da. Infine, nemico di chiunque racconti che i Ges— sonofigli del Padre e dello Spirito Santo: non della donnache li partor .

Bambino, io sto cercando di spiegarti che essere un uo-

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mo non significa avere una coda davanti: significa essereuna persona. E anzitutto, a me, interessa che tu sia unapersona. E una parola stupenda, la parola persona, perch‚non pone limiti a un uomo o a una donna, non traccia fron-tiere tra chi ha la coda e chi non ce l'ha. Del resto il filo chedivide chi ha la coda da chi non ce l'ha, Š un filo talmentesottile: in pratica si riduce alla facolt… di maturare o nouna creatura nel ventre. Il cuore e il cervello non hannosesso. Nemmeno il comportamento. Se sarai una personadi cuore e di cervello, ricordalo, io non star• certo tra quel-li che ti ingiungeranno di comportarti in un modo o nell'al-tro in quanto maschio o femmina. Ti chieder• solo di sfrut-tare bene il miracolo d'essere nato, di non cedere mai allavilt…. E una bestia che sta sempre in agguato, la vilt…. Cimorde tutti, ogni giorno, e son pochi coloro che non si la-sciano sbranare da lei. In nome della prudenza, in nomedella convenienza, a volte della saggezza. Vili fino a quan-do un rischio li minaccia, gli umani diventan spavaldi dopoche il rischio Š passato. Non dovrai evitare il rischio, mai:anche se la paura ti frena. Venire al mondo Š gi… un ri-schio. Quello di pentirsi, poi, d'esser venuti.

Forse Š troppo presto per parlarti cos . Forse dovrei ta-certi per ora le brutture e le malinconie, raccontarti unmondo di innocenze e gaiezze. Ma sarebbe come attirartiin un inganno. Sarebbe come indurti a credere che la vitaŠ un tappeto morbido sul quale si pu• camminare scalzi enon una strada di sassi, bambino. Sassi contro cui si in-ciampa, si cade, ci si ferisce. Sassi contro cui bisogna pro-teggerci con scarpe di ferro. E neanche questo basta per-ch‚ mentre proteggi i piedi, c'Š sempre qualcuno che rac-coglie una pietra per tirartela in testa. E per oggi ho fi-nito, figlio mio, figlia mia. La lezione ti Š giunta? Chis-s… che direbbero alcuni se mi ascoltassero. Mi accusereb-bero d'essere pazza o semplicemente crudele? Ho guar-dato la tua ultima fotografia e, a cinque settimane, seilungo meno di un centimetro. Stai cambiando molto. Pi—che un fiore misterioso ora sembri una graziosissima lar-va, anzi un pesciolino cui spuntano svelte le pinne. Quat-tro pinne che diverranno gambe e braccia. Gli occhi so-no gi… due minuscoli granelli neri, con un cerchio in-torno, e in fondo al corpo hai una codina ! La didascaliadice che in questo periodo Š quasi impossibile distin-guerti dall'embrione di un qualsiasi mammifero: se tufossi un gatto, appariresti pi— o meno ci• che sei ora. In-

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fatti il volto non c'Š. Non c'Š nemmeno il cervello. Io tiparlo, bambino, e tu non lo sai. Nel buio che t'avvolgeignori addirittura d'esistere: potrei buttarti via e non sa-presti mai che t'ho buttato via. Non avresti modo di con-cludere mai se ti ho fatto un torto o un regalo.

Ieri ho avuto un cedimento di malumore. Devi scu-sare il discorso sul fatto che potrei buttarti via e tu nonsapresti nemmeno se ti ho fatto un torto o un regalo. E undiscorso e basta. La mia scelta non Š affatto mutata anchese, intorno a me, ci• solleva sorpresa. Stanotte ho parlatocon tuo padre. Gli ho detto che c'eri. Gliel'ho detto al tele-fono perch‚ si trova lontano e, a giudicare da quello cheho udito, non gli ho dato una buona notizia. Ho udito,anzitutto, un profondo silenzio: neanche fosse caduta lacomunicazione. E poi ho udito una voce che balbettava,roca: ® Quanto ci vorr…? ®. Gli ho risposto senza capire:®Nove mesi, suppongo. Anzi meno di otto, ormai®. Eallora la voce ha smesso d'essere roca per diventare stri-dula: ® Parlo di denaro ®. ® Che denaro? ® ho replicato.®Il denaro per disfarsene, no?® S , ha detto proprio®disfarsene®. Neanche tu fossi un fagotto. E quando,pi—~ serenamente possibile, gli ho spiegato che avevo tut-t'altra intenzione, s'Š perduto in un lungo ragionamentodove le preghiere si alternavano ai consigli, i consigli al-le minacce, le minacce alle lusinghe. ®Pensa alla tuacarriera, considera le responsabilit…, un giorno potrestipentirtene, cosa diranno gli altri. ® Deve aver speso una

fortuna in quella telefonata. Ogni tanto la centralinistainterveniva con voce sorpresa e chiedeva: ® Continua ? ®.Io sorridevo, quasi divertita. Per• mi sono divertita assaimeno quando, incoraggiato dal fatto che ascoltassi zitta,ha concluso che la spesa potevamo sostenerla a met…: do-potutto eravamo ® colpevoli entrambi ®. Mi ha colto lanausea. Mi sono vergognata per lui. E ho abbassato il ri-cevitore pensando che un tempo lo amavo.- Lo amavo? Un giorno io e te dovremo discutere un po-co su questa faccenda chiamata amore. Perch‚, onesta-mente, non ho ancora capito di cosa si tratti. Il mio so-spetto Š che si tratti di un imbroglio gigantesco, inven-tato per tener buona la gente e distrarla. Di amore par-lano i preti, i cartelloni pubblicitari, i letterati, i politici,coloro che fanno all'amore, e parlando di amore, pre-sentandolo come toccasana di ogni tragedia, feriscono

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e tradiscono e ammazzano l'anima e il corpo. Io laodio questa parola che Š ovunque e in tutte le lingue.Amo-camminare, amo-bere, amo-fumare, amo-la-liber-t…, amo ~ mio-amante, amo-mio-figlio. Io cerco di nonusarla mai, di non chiedermi nemmeno se ci• che turbala mia mente e il mio cuore Š la cosa che chiamanoamore. Infatti non so se ti amo. Non penso a te in ter-mini di amore. Penso a te in termini di vita. E tuo pa-dre, guarda: pi— ci penso, pi— credo di non averlo maiamato. L'ho ammirato, l'ho desiderato, ma amato no. Co-s coloro che vennero prima di lui, fantasmi deludenti diuna ricerca sempre fallita. Fallita? A qualcosa serv , dopo-tutto: a capire che nulla minaccia la tua libert… quanto ilmisterioso trasporto che una creatura prova verso un'al-tra creatura, ad esempio un uomo verso una donna, ouna donna verso un uomo. Non vi sono cinghie n‚ cate-ne n‚ sbarre che ti costringano a una schiavit— pi— cieca,a un'impotenza pi— disperata. Guai se ti regali a qual-cuno in nome di quel trasporto: serve solo a dimenticarete stesso, i tuoi diritti, la tua dignit… e cioŠ la tua libert….Come un cane che annaspa nell'acqua cerchi invano diraggiungere una riva che non esiste, la riva che ha nomeAmare ed Essere Amato, e finisci neutralizzato deriso de-luso. Nel caso migliore finisci col chiederti cosa ti spinse abuttarti nell'acqua: lo scontento di te stesso, la speranzadi trovare in un altro cosa non vedevi in te stesso? La pau-ra della solitudine, della noia, del silenzio? Il bisogno dipossedere ed essere posseduto? Secondo alcuni Š questol'amore. Ma io temo che sia molto meno: una fame che,una volta saziata, ti lascia una specie di indigestione. Unvomito. E tuttavia, tuttavia, deve pur esserci qualcosa ingrado di rivelarmi il significato di quella maledetta pa-rola, bambino. Deve pur esserci qualcosa in grado di farmiscoprire cos'Š, e che c'Š. Ne ho tanto bisogno, tanta fame.Ed Š in questo bisogno, questa fame, che penso: forse Š ve-ro ci• che ha sempre sostenuto mia madre, l'amore Š ci•che una donna sente per suo figlio quando lo prende tra lebraccia e lo sente solo, inerme, indifeso. Almeno fino aquando Š inerme, indifeso, lui non ti insulta, non ti delude.E se toccasse a te farmi scoprire il significato di quelle cin-que lettere assurde? Proprio a te che mi rubi a me stessa emi succhi il sangue e mi respiri il respiro?

Un indizio esiste. Gli innamorati lontani si consolanocon le fotografie. Ed io ho sempre in mano le tue foto-

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grafie. E diventata ormai un'ossessione. Appena rientroin casa agguanto quel giornale, calcolo i giorni, la tuaet…, e ti cerco. Oggi hai compiuto sei settimane. Eccotia sei settimane, ripreso di spalle. Come sei diventato bel-lino! Non pi— pesce, non pi— larva, non pi— cosa infor-me, sembri gi… una creatura: con quel testone calvo erosa. La spina dorsale Š ben definita, una striscia biancae sicura nel mezzo, le tue braccia non sono pi— protu-beranze confuse n‚ pinne ma ali. Ti sono spuntate le ali !Viene voglia di accarezzarle, accarezzarti. Come si sta lnell'uovo? Secondo le fotografie, sei sospeso in un uovotrasparente che ricorda le uova di cristallo dentro cui simette una rosa. Al posto della rosa, tu. Dall'uovo parteun cordone che si conclude in una palla bianca, lontana,con venature di rosso e macchie di azzurro. Vista cos sem-bra la Terra, osservata da migliaia e migliaia di miglia. S ,Š proprio come se dalla Terra partisse un filo intermina-bile, lungo quanto l'idea della vita, e da quelle distanzeremote giungesse a te. In modo cos logico, cos sensato.Ma come fanno a dire che l'essere umano Š un incidentedella natura?

Il medico aveva detto di tornare da lui dopo sei set-timane. Domani ci vado. E aghi di inquietudine mi bu-cano l'anima alternando vampate di gioia.

Con un tono che oscillava tra il solenne e l'allegro,ha alzato un foglietto ed ha detto: ® Congratulazioni, si-gnora ®. Automaticamente ho corretto: ® Signorina ®.E stato come tirargli uno schiaffo. Solennit… ed allegriasono scomparse, e fissandomi con voluta indifferenza, harisposto: ® Ah ! ®. Poi ha preso la penna, ha cancellato si-gnora e ha scritto signorina. Cos , in una stanza gelida-mente bianca, attraverso la voce di un uomo gelidamen-te vestito di bianco, la Scienza mi ha dato l'annuncioufficiale che c'eri. Non mi ha impressionato per niente,visto che lo sapevo gi… e molto prima di lei. Per• mi hasorpreso che si sottolineasse il mio stato civile e si por-tasse quella correzione sul foglio. Aveva l'aria di un'av-visaglia, di una complicazione a venire. Perfino il modoIn cui subito dopo la Scienza mi ha detto di spogliarmie stendermi sul lettuccio non era cordiale. Sia il medicoche l'infermiera si comportavano come se gli fossi antipa-tica. Non mi guardavano in faccia. In compenso si scam-biavano occhiate per dirsi chissacch‚. Quando sono stata

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sul lettuccio, l'infermiera s'Š adirata perch‚ non avevo di-varicato le gambe e non le avevo appoggiate sulle duestampelle di metallo. Lo ha fatto lei, con fastidio, e di-cendo: ® Qui, qui ! ®. Io mi sentivo ridicola e vagamenteoscena. Le sono stata grata quando mi ha coperto ilventre con un asciugamano. Ma allora Š successo il peg-gio perch‚ il medico ha infilato un guanto di gomma emi ha ficcato un dito dentro, con rabbia. Col dito den-tro ha pigiato, ha frugato, ha pigiato di nuovo, facen-domi male, ed io ho avuto paura che ti volesse schiac-ciare perch‚ non ero sposata. Infine lo ha tirato fuori eha sentenziato: ® Tutto bene, tutto regolare ®. Mi ha an-che dato alcuni consigli, mi ha detto che la gravidanzanon Š una malattia, Š uno stato naturale, perci• Š beneche continui a fare quel che facevo prima. L'importanteŠ che non fumi troppo, non compia sforzi eccessivi, nonmi lavi con acqua troppo calda, non mi proponga solu-zioni criminali. ® Criminali? ® ho chiesto, stupita. E lui:® La legge lo proibisce. Ricordi! ®. Per rafforzar la mi-naccia mi ha perfino prescritto alcune pillole di luteinae mi ha ingiunto di tornare da lui ogni quindici giorni.Me l'ha ingiunto senza un sorriso, prima di informarmi

che il pagamento si regolava alla cassa. Quanto all'infer-miera, non mi ha salutato nemmeno. E, mentre chiudevala porta, m'Š parso che scotesse la testa con disappro-vazione.

Temo che dovrai abituarti a simili cose. Nel mondoin cui ti accingi ad entrare, e malgrado i discorsi sui tem-pi che mutano, una donna che aspetta un figlio senza- esser sposata Š vista il pi— delle volte come una irrespon-sabile. Nel migliore dei casi, come una stravagante, unaprovocatrice. O un'eroina. Mai come una mamma ugua-le alle altre. Il farmacista da cui ho comprato le pilloledi luteina mi conosce e sa bene che non posseggo un mari-to. Quando ~gli ho dato la prescrizione, ha alzato le soprac-ciglia e mi ha fissato con sgomento. Dopo il farmacistasono andata dal sarto, per ordinargli un cappotto. Si av-vicina l'inverno, voglio che tu stia al caldo. Con la boc-ca piena di spilli per appuntarmi addosso il modello ditela, il sarto ha incominciato a prender le misure. Quan-- do gli ho spiegato che doveva prenderle molto abbon-danti perch‚ ero incinta e d'inverno sarei stata grossa,Š violentemente arrossito. Ha spalancato la bocca e ho

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temuto che inghiottisse gli spilli. Non li ha inghiottiti,graziaddio, ma gli son caduti per terra. Gli Š caduto an-che il metro, e ho provato come un dispiacere ad impor-gli tanto imbarazzo. Lo stesso col commendatore. Che cipiaccia o no, il commendatore Š colui che compra il miolavoro e ci d… i soldi per vivere: sarebbe stato disonestonon informarlo che tra qualche tempo non potr• pi— la-vorare. Cos sono entrata nel suo ufficio e l'ho informa-_- to. E rimasto senza fiato. Poi s'Š ripreso e ha balbettatoche rispettava la mia decisione, anzi mi ammirava mol-7'' tissimo per averla presa, mi considerava assai coraggio-=- sa, per• sarebbe stato opportuno non raccontarlo a tutti.®Una cosa Š parlarne tra noi, gente di mondo, e unacosa Š parlarne con chi non pu• capire. Tanto pi— che~- lei potrebbe cambiare idea, no? ® Ha insistito parecchios~ su questa faccenda del cambiare idea. Almeno fino alterzo mese avevo tutto il tempo di ripensarci, diceva, e~ ripensarci avrebbe dimostrato saggezza: la mia carrieraE~ era cos bene avviata, perch‚ interromperla per un sen-timentalismo? Ci pensassi bene, non si trattava neanche diinterromperla per pochi mesi o un anno: si trattava dimutare l'intero corso della mia vita. Non avrei pi— potu-to disporre di me stessa e non dimentichiamo che la dittami aveva lanciato puntando proprio sulla disponibilit…che offrivo. Lui teneva in serbo tanti bei progetti per me.Davvero, se ci ripensavo, non avevo che da dirlo. E miavrebbe aiutato.

Tuo padre ha telefonato una seconda volta. Gli tre-mava la voce. Voleva sapere se ho avuto conferma. Gli

ho risposto di s . Mi ha chiesto una seconda volta quan-do avrei "sistemato la cosa". Ho posato una seconda vol-ta il ricevitore senza ascoltarlo. Quel che non capisco Šperch‚, quando una donna annuncia d'essere legalmenteincinta, tutti si mettono a farle feste e toglierle di ma-no i pacchetti e supplicarla di non strapazzarsi, restaretranquilla. Che bella cosa, felicitazioni, si accomodi qui,si riposi. Con me rimangono fermi, zitti, o fanno discorsisull'abortire. La diresti una congiura, un complotto perdividerci. E vi sono momenti in cui mi sento inquieta,in cui mi chiedo chi vincer…: noi o loro? Forse Š per viadi quella telefonata. Ha rinverdito amarezze che credevodimenticate, offese che credevo superate. Quelle inflitte-mi dai fantasmi ~razie a cui compresi che l'amore Š un

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imbroglio. Le ferite son chiuse, le cicatrici appena visi-bili, ma una telefonata cos basta a farle dolorare di nuo-vo. Come vecchie ossa rotte quando cambia il tempo.

Il tuo universo Š l'uovo dentro il quale galleggi, rannic-chiato e quasi privo di peso, da sei settimane e mezzo. Lochiamano sacco amniotico e il liquido che lo riempie Šuna soluzione salina che serve a non farti combattere conla forza di gravit…, a proteggerti dai colpi provocati daimiei MOVIMENTI~ ed anche a nutrirti. Fino a quattrogiorni fa, anzi, era la tua sola fonte di nutrimento. Conun processo complicatissimo e quasi incomprensibile, tune inghiottivi una parte, ne assorbivi un'altra, ne espel-levi un'altra ancora, e ne producevi di nuovo. Da quat-tro giorni, invece, la tua fonte di nutrimento son io: at-traverso il cordone ombelicale. Sono successe tante cosein questi giorni: io mi esalto e t'ammiro a pensarci. Laplacenta che avvolge il tuo uovo come una pelliccia cal-da s'Š rafforzata, il numero delle tue cellule sanguigne Šaumentato, e tutto procede a una velocit… pazza: l'im-palcatura delle tue vene Š ormai visibile. Sono perfetta-mente visibili anche le due arterie, e la vena del cordoneombelicale che ti porta il mio ossigeno e le sostanze chi-miche di cui tu hai bisogno. Inoltre ti sei sviluppato ilfegato, ti sei abbozzato tutti gli organi interni: perfinoil tuo sesso e i tuoi organi riproduttivi hanno incomin-ciato a sbocciare ! Lo sai gi…, tu, se sarai un uomo o unadonna. Ma quel che mi esalta di pi—, bambino mio, Š cheti sei fatto anche le manine. Ti si vedono ormai bene ledita. Ed hai una piccola bocca, ormai: con le labbra!Hai un principio di lingua. Hai le cavit… per venti den-tini. Hai gli occhi. Cos minuscolo~ neanche un centime-tro e mezzo, cos lieve, neanche tre grammi, hai gli occhi !A me sembra addirittura impossibile che tutte queste cosesiano successe nello spazio di poche settimane. Mi sembrairreale. Eppure l'inizio del mondo, quando si form• quellacellula e tutto ci• che nasce e respira e muore per rinasce-re ancora, dev'essere avvenuto come avviene in te: in unbrulicare, un gonfiarsi, un moltiplicarsi di vita semprepi— complicata, sempre pi— difficile, sempre pi— velocee ordinata e perfetta. Quanto lavori, bambino! Chi hadetto che dormi tranquillo, cullato dalle tue acque? Nondormi mai, tu, non riposi mai. Chi ha detto che te nestai in pace, in un'armonia di suoni che giungono allatua membrana dolcemente ovattati? Sono certa che Š

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un continuo sciaguattare da te~ un continuo pompare,soffiare, frusciare, un esplodere di rumori brutali. Chi hadetto che sei materia inerte, quasi un vegetale estirpa-bile con un cucchiaio? Se voglio liberarmi di te, sosten-gono, questo Š il momento. Anzi il momento incominciaora. In altre parole, avrei dovuto aspettare che tu diven-tassi un essere umano con gli occhi e le dita e la boccaper ammazzarti. Prima no. Prima eri troppo piccolo peressere individuato e strappato. Sono pazzi.

* *

La mia amica afferma che la pazza son io. Lei, cheŠ sposata, ha abortito quattro volte in tre anni. Avevagi… due figli, averne un terzo sarebbe stato inammissi-bile. Suo marito guadagna poco, lei ha un impiego chela interessa e di Cui non pu• fare a meno. Ai bambinibada la suocera che, poveretta, non pu• mica affron-tare un asilo infantile! I romanticismi sono belli ma larealt… Š diversa, dice la mia amica. Anche i polli nonmettono al mondo tutti i figli che potrebbero avere: seda ogni uovo gallato nascesse un pulcino, la terra sa-rebbe un pollaio. Non lo sai che tante galline si bevonle uova? Non lo sai che le covano solo una volta o dueall'anno? E i conigli: lo sai che certe coniglie mangianoi neonati pi— deboli per poter allattare gli altri? Elimi-narli all'inizio non sarebbe meglio che metterli al mon-do per mangiarli o farli mangiare? Secondo me sarebbeancora meglio non concepirli affatto. Ma, appena azzar-do quel ragionamento, si arrabbia. Risponde che la pren-deva la pillola, certo. Le faceva male, eppure la prendeva.Poi una sera se ne dimentic•, e di qui il primo aborto. Conla sonda, mi dice. Non ho capito bene cosa sia questa son-da. Suppongo un ago che uccide. In compenso ho capitoche la usano molte e sapendo che procura sofferenze infi-nite, a volte la prigione.

Ti chiedi perch‚ da qualche giorno non faccio cheparlarti di questo? Non lo so. Forse perch‚ gli altri mene parlano in modo ossessivo e lo sperano. Forse perch‚ aun certo punto ci ho pensato anch'io senza dirmelo. Forseperch‚ non voglio confidare a nessun altro un dubbio chemi avvelena l'anima. La sola idea di ucciderti, oggi, mi uc-cide e tuttavia mi capita di considerarla. Mi confonde queldiscorso sui polli. Mi confonde l'ira della mia amica quan-

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do le mostro la tua fotografia e indico i tuoi occhi, le tuemani. Lei risponde che per vederli davvero, i tuoi occhi,per vederle davvero, le tue mani, non basterebbe il micro-scopio. Grida che vivo di fantasia, che pretendo di razio-nalizzare i miei sentimenti, i miei sogni. Ha perfinoesclamato: ® Allora i girini che togli dalla vasca del tuogiardino perch‚ non diventino ranocchi e non ti distur-bino la notte gracidando? ®. Lo so~ CONTINUO senza pie-t… ad informarti sulle infamie del mondo in cui ti pre-pari ad entrare, sugli orrori quotidiani che noi commet-tiamo, e ti espongo concetti troppo complicati. Ma a pocoa poco va maturandosi in me la certezza che tu li capiscaperch‚ sai gi… tutto. Incominci• il giorno in cui mi sevizia-vo il cervello per tentar di spiegarti che la terra Š rotondacome il tuo uovo, che il mare Š composto d'acqua comequella in cui galleggi, e non riuscivo ad esprimere ci• chevolevo. D'un tratto mi paralizz• l'intuizione che il miosforzo fosse inutile, che tu sapessi gi… tutto e molto pi—di me, e il sospetto d'avere intuito il giusto non mi ab-bandona pi—. Se nel tuo uovo c'Š un universo, perch‚non dovrebbe esserci anche il pensiero? Non insinuanoche il subcosciente sia il ricordo dell'esistenza vissuta pri-ma di venire alla luce? Lo Š? Allora dimmi, tu che saitutto: quando incomincia la vita? Dimmi, ti supplico: Šdavvero incominciata la tua? Da quanto? Dal momen-to in cui la stilla di luce che chiamano spermio buc• escisse la cellula? Dal momento in cui ti sbocci• un cuo-re e prese a pompar sangue? Dal momento in cui ti fiorun cervello, un midollo spinale, e ti avviasti ad assumereuna forma umana? Oppure quel momento deve ancoravenire e sei solo un motore in fabbricazione? Cosa darei,bambino, per rompere il tuo mutismo, penetrare nellaprigione che ti avvolge e che avvolgo, cosa darei per ve-derti, ascoltare la tua risposta !

Certo siamo una ben strana coppia, io e te. Tuttoin te dipende da me e tutto in me dipende da te: se tuti ammali io mi ammalo, se io muoio tu muori. Per• ionon posso comunicare con te e tu non puoi comunicarecon me. In quella che Š forse la tua sapienza infinita,non conosci nemmeno la faccia che ho, l'et… che ho, lalingua che parlo. Ignori da dove vengo, dove mi trovo,cosa faccio nella vita. Se tu volessi immaginarmi, nonavresti neanche un elemento per indovinare se sono bian-ca o nera, giovane o vecchia, alta o bassa. Ed io mi chie-

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do ancora se sei o no una persona. Mai due estranei le-gati allo stesso destino furono pi— estranei di noi. Maidue sconosciuti uniti nello stesso corpo furono pi— scono-sciuti, pi— lontani di noi.

Ho dormito male e avevo dolori gi— in fondo al ven-tre: eri tu? Mi giravo angosciata nel letto, il sonno eraun'ossessione di incubi assurdi. In uno c'era tuo padre, epiangeva. Non lo avevo visto piangere mai, non credevoche ne fosse capace. Le sue lacrime cadevano in tonfi dipiombo nella vasca del mio giardino e la vasca era pienadi nastri interminabili e gelatinosi. Dentro i nastri c'eranopiccole uova nere che si allungavano in una specie dicoda: i girini. Io non badavo a tuo padre, mi preoccu-pavo soltanto di ammazzare i girini perch‚ non diven-tassero ranocchi e non mi tenessero sveglia gracidandola notte. Il sistema era semplice: bastava sollevare i na-stri con un bastone e posarli sull'erba del prato dove ilsole li avrebbe soffocati, seccati. Ma i nastri sgusciavanovia, scivolosi, in svelte volute che ricadevano nell'acqua eaffondavano dentro il limo: non riuscivo a posarli sulprato. Poi tuo padre non ha pianto pi— e s'Š messo adaiutarmi: riuscendoci senza difficolt…. Con un ramo d'al-bero tirava su dall'acqua quei nastri che a lui non scivola-vano via, li ammucchiava sull'erba. Metodico, calmo. E ione soffrivo. Perch‚ era come vedere decine, centinaia dibambini che soffocavano e seccavano al sole. Sconvolta, gliho tolto il ramo dalle mani e ho gridato: ® Lasciali stare !Tu sei nato, no? ®. Nell'altro incubo c'era un canguro. Eraun canguro femmina, dal suo utero Š uscita una cosa tene-ra e viva: una specie di delicatissimo verme. S'Š guardatointorno sbalordito, quasi a tentar di capire dove fosse~ed ha preso ad arrampicarsi su per il corpo peloso. Pro-cedeva lentamente, faticosamente, inciampando, sdruc-ciolando, sbagliando, ma alla fine ha raggiunto la saccae con un ultimo sforzo tremendo ci si Š buttato dentro acapofitto. Io mi rendevo conto che non eri te, che eral'embrione del canguro il quale nasce cos perch‚ escepresto dalla prigione dell'uovo e completa la sua forma-zione all'aperto Per• gli parlavo come se si fosse trat-tato di te. Lo ringraziavo per esser venuto a mostrarmidi non essere una cosa ma una persona. Gli dicevo cheora non eravamo pi— due estranei, due sconosciuti, e ri-devo felice. Ridevo... Ma Š arrivata la nonna. Era mol-to vecchia, e molto triste. Sulle sue spalle curve sem-

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brava che stagnasse tutto il peso del mondo. Tra le ma-ni sciupate teneva un bambolottino con gli occhi chiusie la testa sproporzionata. Diceva: ® Sono tanto stanca.Sto pagando per gli aborti. Io ho avuto otto figli e ottoaborti. Se fossi stata ricca avrei avuto sedici figli e nem-meno un aborto. Non Š vero che ci si fa l'abitudine, ognivolta Š la prima volta. Ma questo il prete non lo capi-va ®. Il bambolottino era grande come un crocifisso, diquelli che si portano in tasca. Levandolo come un croci-fisso, la nonna Š entrata in una chiesa dove s'Š inginoc-chiata a un confessionale e ha incominciato a bisbigliarequalcosa alla grata. Dall'interno del confessionale s'Šalzata una voce cattiva, la voce del prete: ® Lei ha ucci-so una creatura! Ha ucciso una creatura!®. La nonnatremava per la paura che gli altri ascoltassero. Si racco-mandava: ® Non gridi, reverendo, la prego ! Lei mi fa ar-restare ! La prego ! ®. La voce del prete per• non si abbas-sava, e allora la nonna Š scappata. Per strada correva, in-seguita dai poliziotti, ed era straziante vedere una vecchiache correva cos . Io mi sentivo svenire per lei e pensavo: lescoppier… il cuore, morir…. I poliziotti l'hanno raggiun-ta sulla porta di casa. Le hanno rubato il bambolottinoe le hanno legato le braccia. Lei ha detto, fiera: ® Sonopentita ma lo rifar•. Non lo faccio mai volentieri manon posso mantenere tanti figlioli. Non posso ®. Mi han-no svegliato quei dolori gi— in fondo al ventre.

Non devo veder pi— la mia amica. Sono i suoi discorsiche mi provocano gli incubi. Ieri sera mi ha invitato acena: suo marito non c'era, le Š sembrata una buona oc-casione per parlarmi di te, ed Š stato un tormento. Sembra

infatti che un fisico, il dottor H. B. Munson, sia d'accordocon lei. Perfino il feto, dichiara costui, Š materia pressoch‚inerte, quasi un vegetale estirpabile con un cucchiaio. Almassimo lo si pu• considerare un ® sistema coerente di ca-pacit… irrealizzate®. Secondo alcuni biologi, invece, l'es-l'essere umano incomincia col concepimento perch‚ l'uovofertilizzato contiene DNA: l'acido desossiribonucleico cheŠ la base delle proteine che formano un individuo. Tesicui il dottor Munson replica che anche lo spermatozoo,anche l'uovo non fertilizzato contiene DNA: vorremmoconsiderare l'uovo e lo spermatozoo come esseri umani~Poi c'Š un gruppo di medici pei quali un essere umano di-venta un essere umano dopo ventotto settimane, cioŠ al

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momento in cui pu• sopravvivere fuori dell'utero anchese la gestazione non Š completata. E c'Š un gruppo di an-tropologi per cui un essere umano non Š nemmeno unneonato ma qualcuno che Š stato plasmato da influen-ze culturali e sociali. E esploso quasi un litigio. La miaL amica giudicava con favore l'opinione degli antropologied io ero portata ad accettare quella dei biologi. Irri-tata, m'ha accusato di stare dalla parte dei preti: ® Seicattolica, cattolica, cattolica ! ®. Mi sono offesa. Non so-no cattolica e lei lo sa. Inoltre rifiuto ai preti ogni diritto~, di interferire in questa faccenda, e lei lo sa. Ma non pos-so, assolutamente non posso accettare ~li arbitrari princi-pii del dottor Munson. Non posso, assolutamente non pos-so capire chi si infila la sonda come se prendesse unapurga con cui eliminare un cibo indigesto. Ammenoch‚...Ammenoch‚ cosa? Sto tradendo la mia decisione?Mi sembrava d'essere ormai cos sicura, d'aver superatocos gloriosamente tutte le incertezze, tutti i dubbi. Perch‚ora tornano, camuffati da mille pretesti? ~ per via di que-sto malessere che mi fa girare la testa, per via di que-sti dolori che mi accoltellano il ventre? Devo essere for-te, bambino. Devo tener fede a me stessa ed a te. Devoportarti in fondo perch‚ da grande tu sia qualcuno chenon assomiglia n‚ al prete che urlava nel sogno, n‚ allamia amica e al suo dottor Munson, n‚ ai poliziotti chelegavan le braccia alla nonna. Il primo ti considera pro-priet… di Dio, la seconda ti considera propriet… del-la madre, i terzi ti considerano propriet… dello Stato.~non appartieni n‚ a Dio n‚ allo Stato n‚ a me. Appar-tieni a te stesso e basta. Dopotutto sei tu che hai presol'iniziativa ed io sbagliavo a credere d'importi una scelta.Tenendoti, non faccio che piegarmi al comando che miimpartisti quando s'accese la tua goccia di vita. Non hoscelto nulla, ho obbedito. Fra me e te, la possibile vittimanon sei te, bambino: sono io. Non Š questo che vuoi dirmiquando ti avventi come un vampiro contro il mio corpo?Non Š questo che vuoi confermare quando mi regali lanausea ? Sto male. Da una settimana lavoro con fatica. Misi Š gonfiata una gamba. Sarebbe terribile se dovessi rinun-ciare a quel viaggio ormai stabilito. E il commendatoresembra averlo capito. In tono quasi minaccioso oggi mi hachiesto "se potr•" ed ha aggiunto che se lo augura. Si trat-ta di un progetto importante, costruito su misura per me.Ci tiene, e ci tengo anch'io. Se non potessi andare... Certoche vi andr•. Il dottore non disse che la gravidanza non Š

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una malattia, Š uno stato normale, che devo continuare afare ci• che ho sempre fatto? Tu non mi tradirai.

E successo qualcosa che non prevedevo: il dottoremi ha messo a letto. E qui mi trovo, immobile. Devo stareferma e distesa. Non Š facile, capisci, visto che vivo sola: sequalcuno suona il campanello, devo alzarmi per aprire la

porta. E poi devo mangiare, devo lavarmi: per cuocere~ una minestra o andare nel bagno, sono costretta a lasciareF~ il letto. S o no? Al cibo, per ora, ci pensa la mia amica. Leho dato le chiavi e due volte al giorno viene a portarmelo,poveretta. Ho esclamato: ®Non hai voluto un terzo fi-glio ed ecco che ti trovi ad adottarne una adulta ®. Ha ri-sposto che una adulta Š meglio di una neonata: non si de-ve allattare. Ci credi se ti racconto che la mia amica Šbuona? Lo Š. E non solo perch‚ viene qui: ma perch‚non parla pi— di quel Munson, dei suoi antropologi.All'improvviso, sembra preoccupatissima dal timore che

i~ ti perda. Non ti allarmare: il pericolo non esiste. Il me-dico ha ripetuto gli esami e ha concluso che procedibene, l'immobilit… Š una precauzione dovuta ai doloriche egli attribuisce a cause diverse. Hai compiuto duemesi, e i due mesi segnano un passaggio molto delicato:

quello durante il quale l'embrione diventa feto. Stai for-mando le tue prime cellule ossee, che rimpiazzano lecartilagini. Stai allungando le gambe, proprio come unalbero che spinge avanti i suoi rami, e anche ai tuoi

f piedini fioriscono ormai le dita. Dovremo stare cauti fino|~ al terzo mese, superato il quale potremo riprendere leI ~ nostre abitudini: questa storia di restare ferma e distesa| non durer… che quindici giorni. Infatti al commenda-tore ho inventato che ho una forte bronchite. Ci ha cre-duto e mi ha assicurato che il viaggio tutto sommato pu•attendere: tanti particolari vanno ancora organizzati. Me-nomale: se sapesse la verit…, potrebbe sostituirmi. Al limi-te, licenziarmi. E sarebbe un bel guaio per me e per

te: chi ci camperebbe? Tra l'altro, tuo padre non s'Šfatto pi— vivo. Suppongo che non voglia esser coinvolto.Ti dispiace? A me no: il poco che provavo per lui s'Š estin-to in due telefonate. Anzi nel fatto stesso che m'abbia

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parlato al telefono anzich‚ fissandomi negli occhi. Al ri-torno poteva presentarsi, ti pare? Sa bene che non glichiederei di sposarmi, che non gliel'ho mai chiesto, chenon voglio sposarmi, ch'e non lo vorrei mai: cosa lo trat-tiene dunque? Si sente forse colpevole d'avermi amatoin un letto? Un giorno la nonna and• a confessarsi dav-v ero e il prete le dette il seguente consiglio: ® Non vada~ letto con suo marito, non vada ! ®. In fondo, per certagente, la vera colpa di un uomo e di una donna consi-ste nell'amarsi in un letto. Per non avere bambini, di-cono, basterebbe, semplicemente, diventare casti. D'ac-cordo: visto che Š un po' difficile stabilire chi deve es-sere casto e chi no, diventiamo tutti casti e trasformia-moci in un pianeta di vecchi. Milioni e milioni di vec-chi incapaci di generare, mentre la razza umana si estin-gue, come nei racconti di fantascienza ambientati su~arte, sullo sfondo di meravigliose citt… che si sgreto-lano: abitate solo da fantasmi. I fantasmi di tutti coloroche avrebbero potuto essere e non sono stati. I fantasmidei bambini mai nati. Oppure diventiamo tutti omoses-suali, tanto il risultato sarebbe lo stesso: un pianeta divecchi incapaci di generare, sullo sfondo di meravigliosecitt… che si sgretolano, abitate solo dai fantasmi dei bam-bini mai nati...

E se invece li utilizzassimo, i vecchi? Ho letto daqualche parte che Š possibile effettuare il trapianto de-gli embrioni. Una conquista della biologia tecnologica.Si toglie l'uovo fertilizzato dal ventre della madre e lo sitrasferisce nel ventre di un'altra donna disposta a ospi-tarlo. Lo si fa crescere l . Ecco, se un'altra donna ti ospi-tasse, ad esempio una vecchia per cui rimanere immo-bile non costituisse uno strazio, nasceresti ugualmente enon starei qui a tormentarmi. Fare bambini, in fondo,Š un'impresa da vecchi. Sono cos pazienti, i vecchi. Tioffenderebbe essere trapiantato in un ventre che non Šil mio? Un buon vecchio ventre che non ti rimproveramai? E perch‚ dovresti? Non ti negherei mica alla vita.Ti darei solo un altro alloggio. Perdonami. Sto vaneg-giando. Il guaio Š che questa immobilit… mi innervosisce,mi incattivisce.

Oggi ho avuto una dolce sorpresa. E suonato il cam-panello, mi sono alzata brontolando, ed era il postinocon un pacchetto spedito via aerea. Lo mandava la mia

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mamma, insieme a una lettera firmata da lei e dal bab-bo. Li avevo informati su te, giorni fa. M'era sembratoun dovere. E ogni mattino aspettavo la loro risposta conangoscia, rabbrividendo al pensiero delle cose dure o ad-dolorate che forse m'avrebbero scritto. Sono due personeall'antica, sai. Invece questa lettera dice che, pur senten-dosi disorientati e colpiti, si rallegrano e ti danno il ben-venuto. ® Ormai noi siamo due alberi secchi, non abbia-mo pi— nulla da insegnarti. Ormai sei tu che hai qual-cosa da insegnare a noi. E, se hai deciso cos , vuol dire cheŠ giusto cos . Ti scriviamo per dirti che accettiamo il tuoinsegnamento. ® Dopo la lettera ho aperto il pacchetto.Conteneva una scatolina di plastica, e dentro c'era unpaio di scarpine bianche. Piccole piccole, lievi lievi, bian-che. Le tue prime scarpe. Mi stanno sulla palma di unamano, non la coprono nemmeno tutta. E mi si chiude lagola a toccarle, mi si scioglie il cuore. Ti piacer… la miamamma. Con lei avrai due mamme e sar… una veraricchezza. Ti piacer… perch‚ pensa che senza i bambiniil mondo finirebbe. Ti piacer… perch‚ Š grossa e mor-bida, con una pancia grossa e morbida per sedertici so-

pra, due braccia grosse e morbide per proteggerti, e unarisata che Š un concerto di campanelli. Non ho mai ca-pito come faccia a ridere in quel modo: ma penso chesia perch‚ ha pianto molto. Solo chi ha pianto moltopu• apprezzare la vita nelle sue bellezze, e ridere bene.Piangere Š facile, ridere Š difficile. Imparerai subitoquesta verit…. Il tuo incontro col mondo sar… un piantodisperato, nei primi tempi riuscirai a piangere e basta.Tutto ti far… piangere: la luce, la fame, la rabbia. Pas-

seranno settimane, mesi, prima che la tua bocca si schiu-da a un sorriso, prima che la tua gola gorgogli una ri-sata. Ma non dovrai scoraggiarti. E quando il sorrisoverr…, quando la risata verr…, dovrai regalarla a me: perdimostrarmi che ho fatto bene a non servirmi della bio-logia tecnologica, a non regalarti al ventre cli una madrepi— buona e pi— paziente di me.

Ho ritagliato la fotografia che ti ritrae a due mesiesatti: un primo piano del tuo volto ingrandito di qua-ranta volte. L'ho attaccata sul muro, e qui dal lett-) laammiro: ossessionata dai tuoi occhi. Sono cos grandirispetto al resto del corpo, cos spalancati. Che vedono?

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L'acqua e basta? Le pareti della prigione e basta? Op-pure ci• che vedo anch'io? Un sospetto delizioso mi tur-ba: il sospetto che vedano attraverso di me. Mi dispiaceche presto tu li chiuda. Sull'orlo delle palpebre si staformando una sostanza collosa che fra qualche giornoappiccicher… i due bordi per proteggere le pupille du-rante la loro formazione finale. Non le solleverai pi— finoal settimo mese, le tue palpebre. Per venti settimanevivrai nel buio completo. Peccato! O forse no? Senzacose da guardare, mi ascolterai meglio. Ho ancora tan-to da dirti e queste giornate immobili me ne fornisconoil tempo, visto che la mia unica attivit… consiste nel leg-gere o guardare la televisione. Soprattutto ho da prepa-rarti ad alcune verit… molto scomode. La speranza che tusappia gi… tutto, e molto pi— di me, non mi convincemolto. Ma spiegarti certe cose Š difficile perch‚ il tuopensiero, se esiste, agisce su fatti troppo diversi da quelliche troverai. Tu sei solo, magnificamente solo l… dentro.La tua sola esperienza Š te stesso. Noi siamo molti, inve-ce: milioni, miliardi. Ogni nostra esperienza dipende da-gli altri, ogni nostra gioia, ogni nostro dolore, e...

Ecco, incomincio da qui. Incomincio annunciandotiche non sarai pi— solo quaggi— e che, se vorrai liberartidegli altri, della loro compagnia forzata, non ci riuscirai.Quaggi— una persona non pu• provvedere a se stessa dasola, come fai tu. Se prova, impazzisce. Nel migliore deicasi, fallisce. A volte qualcuno ci prova. E scappa nelbosco o sul mare giurando che non ha bisogno degli altri,che gli altri non lo ritroveranno mai pi—. Lo ritrovano,invece. Magari Š lui che torna. E cos rientra sconfitto afar parte del formicaio, dell'ingranaggio: per cercarviinutilmente, disperatamente, la sua libert…. Udrai moltoparlare di libert…. Qui da noi Š una parola sfruttataquasi quanto la parola amore che, te l'ho detto, Š la pi—sfruttata di tutte. Incontrerai uomini che si fanno fare apezzi per la libert…, subendo torture, magari accettandola morte. Ed io spero che sarai uno di essi. Per•, nel mo-mento medesimo in cui ti farai straziare per la libert…,scoprirai che essa non esiste, che al massimo esisteva soloin quanto la cercavi: come un sogno, un'idea nata dalricordo della tua vita prima di nascere, quando eri liberoperch‚ eri solo. Io continuo a ripetere che sei prigionie-ro l dentro, continuo a pensare che hai poco spazio eche d'ora innanzi starai perfino al buio: ma in quel

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buio, in quel poco spazio, tu sei libero come non lo saraipi— in questo mondo immenso e spietato. Non devi chie-dere permesso a nessuno, l dentro, aiuto a nessuno: per-ch‚ non hai accanto nessuno ed ignori cosa sia la schia-vit—. Qui fuori, invece, avrai mille padroni. E il primopadrone sar• io che senza volerlo, magari senza saperlo,ti imporr• cose che sono giuste per me non per te. Quel-le belle scarpine, ad esempio. Sono belle per me ma perte? Griderai ed urlerai quando te le infiler•. Ti darannofastidio, son certa. Ma io te le infiler• lo stesso, magari so-stenendo che hai freddo, e un po' alla volta ti ci abi-tuerai. Ti piegherai, domato, fino a soffrire se ti man-cheranno. E questo sar… l'inizio di una lunga catena dischiavit— dove il primo anello verr… sempre rappresen-tato da me, visto che tu non potrai fare a meno di me.Io che ti nutrir•, io che ti coprir•, io che ti laver•, io cheti porter• in braccio. Poi incomincerai a camminare date, a mangiare da te, a scegliere da te dove andare equando lavarti. E allora sorgeranno altre schiavit—. Imiei consigli. I miei insegnamenti. Le mie raccomanda-zioni. La tua stessa paura di darmi dolore facendo cosediverse da quelle che ti avr• insegnato. Passer… moltotempo, ai tuoi occhi, prima ch'io ti lasci partire come gliuccelli che i genitori buttano fuori dal nido, il giorno incui sanno volare. Infine quel tempo verr…, e io ti lascer•partire, ti lascer• attraversare la strada da solo, col ver-de e col rosso. Ti ci spinger•. Ma questo non aumenter…la tua libert… perch‚ mi resterai incatenato con la schia-vit— degli affetti, la schiavit— del rimpianto. Alcuni lachiamano schiavitu della famiglia. Io non credo allafamiglia. La famiglia Š una menzogna costruita da chiorganizz• questo mondo per controllare meglio la gente,sfruttarne meglio l'obbedienza alle regole e alle le~ende.Ci si ribella pi— facilmente quando si Š soli, ci si ra~ssegnaF~ pi— facilmente quando si vive con altri. La famiglia nonŠ che il portavoce di un sistema che non pu• lasciarti di-subbidire, e la sua santit… non esiste. Esistono solo gruppidi uomini e donne e bambini costretti a portare lo stessonome ed abitare sotto lo stesso tetto: detestandosi, odian-

~; dosi, spesso. Per• il rimpianto esiste, e i legami esistono,radicati in noi come alberi che non cedono neanche all'ura-gano, inevitabili come la fame e la sete. Non te ne puoi mailiberare, anche se ci provi con tutta la tua volont…, latua logica. Magari credi di averli dimenticati e un gior-

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no riaffiorano, irrimediabilmente, spietati, per metterti lacorda al collo pi— di qualsiasi boia. E strozzarti.

Insieme a quelle schiavit—, conoscerai quelle impo-ste dagli altri e cioŠ dai mille e mille abitanti del for-micaio. Le loro abitudini, le loro leggi. Non immaginiquanto siano soffocanti le loro abitudini da imitare, le

loro leggi da rispettare. Non fare questo, non fare quel-lo, fai questo e fai quello... E se ci• Š tollerabile quandovivi tra brava gente che ha un'idea della libert…, diventainfernale quando vivi tra prepotenti che ti negano per-fino il lusso di sognarla, realizzarla nella tua fantasia.Le leggi dei prepotenti offrono solo un vantaggio: adesse puoi reagire lottando, morendo. Le leggi della bra-va gente, invece, non t'offrono scampo perch‚ ti si con-vince che Š nobile accettarle. In qualsiasi sistema tu vi-va, non puoi ribellarti alla legge che a vincere Š sempreil pi— forte, il pi— prepotente, il meno generoso. Tanto-meno puoi ribellarti alla legge che per mangiare ci vuo-le il denaro, per dormire ci vuole il denaro, per cam-minare dentro un paio di scarpe ci vuole il denaro, perriscaldarsi d'inverno ci vuole il denaro, che per avereil denaro bisogna lavorare. Ti racconteranno un muc-chio di storie sulla necessit… del lavoro, la gioia del la-voro, la dignit… del lavoro. Non ci credere, mai. Si trat-ta di un'altra menzogna inventata per la convenienzadi chi organizz• questo mondo. Il lavoro Š un ricattoche rimane tale anche quando ti piace. Lavori sempreper qualcuno, mai per te stesso. Lavori sempre con fa-tica, mai con gioia. E mai nel momento in cui ne avre-sti voglia. Anche se non dipendi da nessuno e coltivi iltuo pezzo di terra, devi zappare quando vogliono il solee la pioggia e le stagioni. Anche se non ubbidisci a nes-suno e il tuo lavoro Š arte cioŠ liberazione, devi pie-garti alle altrui esigenze o soprusi. Forse in un passatomolto lontano, tanto lontano che se ne Š smarrito il ricor-do, non era cos . E lavorare era una festa, un'allegria. Maesistevano poche persone a quel tempo, e potevano star-sene sole. Tu vieni al mondo dopo millenovecentoset-tantacinque anni la nascita di un uomo che chiamanoCristo il quale venne al mondo centinaia di migliaia dianni dopo un altro uomo di cui si ignora il nome, e diquesti tempi le cose vanno come t'ho detto. Una recen-te statistica afferma che siamo gi… quattro miliardi. In

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quel mucchio entrerai. E quanto rimpiangerai il tuosguazzare solitario nell'acqua, bambino !

Ti ho scritto tre fiabe. O meglio, non le ho proprioscritte perch‚ stando distesa a letto non posso: le ho sem-plicemente pensate. Te ne racconto una. C'era una voltauna bambina innamorata di una magnolia. La magnoliastava in mezzo a un giardino e la bambina passava giornateintere a guardarla. La guardava dall'alto perch‚ abitavaall'ultimo piano di una casa affacciata su quel giardino, ela guardava da una finestra che era la sola finestra apertain quel punto. La bambina era molto piccina, per ve-dere la magnolia doveva arrampicarsi sopra una sediadove la mamma la sorprendeva gridando ®Oddio ca-sca, casca di sotto ! ®. La magnolia era grande, con gran-di rami e grandi foglie e grandi fiori che si aprivano co-me fazzoletti puliti e che nessuno coglieva perch‚ stava-no troppo in alto. Infatti avevano tutto il tempo di in-vecchiare e ingiallire e cadere con un piccolo tonfo perterra. La bambina sognava lo stesso che qualcuno riu-scisse a cogliere un fiore finch‚ era bianco, e in questaattesa stava alla finestra: le braccia appoggiate soprail davanzale e il mento appoggiato sopra le braccia. Difronte e dintorno non c'erano case, solo un muro che sialzava ripido al lato del giardino e finiva in una ter-razza coi panni tesi ad asciugare. Si capiva quand'eranoasciutti per gli schiaffi che davano al vento e allora ar-rivava una donna che li raccoglieva dentro una cesta eli portava via. Ma un giorno la donna arriv• e invecedi raccogliere i panni si mise anche lei a guardare lamagnolia: quasi studiasse il modo di cogliere un fiore.Rest• l molto, a pensarci, mentre i panni sbattevano alvento. Poi fu raggiunta da un uomo che l'abbracci•. Loabbracci• anche lei, e presto caddero insieme per terradove insieme sussultarono a lungo, e infine ~iacquero ad-dormentati. La bambina era sorpresa, non capiva perch‚i due se ne stessero a dormire sulla terrazza anzich‚ oc-cuparsi della magnolia, tentare di cogliervi un fiore, easpettava paziente che si svegliassero quando apparveun altro uomo: molto arrabbiato. Non disse nulla ma erachiaro che fosse molto arrabbiato perch‚ si gett• imme-diatamente sui due. Prima sull'uomo che per• fece unbalzo e scapp•, dopo sulla donna che incominci• a cor-rere tra i panni. Correva anche lui, per agguantarla, ealla fine l'agguant•. La sollev• come se non pesasse e

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la scaravent• gi—: sulla magnolia. La donna impieg•tanto tempo per giungere alla magnolia. Ma poi vi giun-se, e Si pOSO sui rami con un tonfo pi— sordo dei fioriche cadevano gialli per terra. Un ramo si ruppe. E nellostesso momento in Cui il ramo si ruppe, la donna si ag-grapp• ad un fiore. E lo colse. E rimase l ferma colsuo fiore in mano. Allora la bambina chiam• la suamamma. Le disse: ® Mamma, hanno buttato una donnasulla magnolia ed ha colto un fiore ®. La mamma vennegrid• che la donna era morta, e da quel giorno la bambi-na crebbe convinta che per cogliere un fiore una donnadovesse morire.

Quella bambina ero io, e Dio voglia che tu non ap-prenda nel modo in cui l'appresi io che a vincere Š sem-pre il pi— forte, il pi— prepotente, il meno ~generoso. Diovoglia che tu non lo capisca presto come lo appresi io,oltretutto convincendoti che una donna Š la prima a pa-gare per tale realt…. Ma io sbaglio a sperare il contrario.Devo augurarti di perderla presto quella verginit… cheSi chiama infanzia, illusione. Devo prepararti fin d'ora adifenderti, ad essere pi— svelto, pi— forte, e buttare luigi— dal terrazzo. Specialmente se sei una donna. Anchequesta Š una legge: non scritta ma obbligatoria. O meo te, o mi salvo io o ti salvi te, sono i termini di questalegge. E guai a dimenticarla. Qui da noi ciascuno fa delmale a qualcuno, bambino. Se non lo fa, soccombe. E nonascoltare chi dice che soccombe il pi— buono. Soccombeil pi— debole, che non Š necessariamente il pi— buono. Ionon ho mai preteso che le donne fossero pi— buone degliuomini, che per bont… meritassero di non morire. Esserebuoni o cattivi non conta: la vita quaggi— non dipende daquello. Dipende da un rapporto di forze basato sullaviolenza. La sopravvivenza Š violenza. Calzerai scarpedi cuoio perch‚ qualcuno ha ammazzato una vacca el'ha scuoiata per farne cuoio. Ti scalderai con una pel-liccia perch‚ qualcuno ha ammazzato una bestia, centobestie, per strappargli via la pelliccia. Mangerai il fe-gatino di pollo perch‚ qualcuno ha ammazzato un polloche non faceva del male a nessuno. E nemmeno que-sto Š vero perch‚ anche lui faceva del male a qualcu-no: divorava i vermetti che se ne andavano in pace bru-cando insalata. C'Š sempre uno che mangia un altro oscuoia un altro per sopravvivere: dagli uomini ai pe-sci. Anche i pesci si mangiano fra loro: i pi— grossi in-

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ghiottiscono i pi— piccini. E cos gli uccelli, cos gli inset-ti, chiunque. Che io sappia, solo gli alberi e le piantenon divoran nessuno: si nutrono d'acqua, di sole, d'aria, ebasta. Per• a volte si rubano il sole e l'acqua, anche loro,soffocandosi, sterminandosi. Ed Š proprio il caso che tuvenga a conoscere simili orrori, tu che vivi e ti nutri eti scaldi senza ammazzare nessuno?

Anche questa Š una fiaba. C'era una volta una bam-bina cui piaceva molto la cioccolata. Per• pi— le pia-ceva, meno ne mangiava. E sai perch‚? V'era stato untempo in cui gliene davano quanta volesse. Il tempo incui abitava in una casa piena di cielo che entrava dallefinestre. Ma un giorno s'era svegliata in una casa senzacielo e senza cioccolata. Dalle sue finestre, poste quasial soffitto e protette da una grata come le prigioni, sivedevano soltanto piedi che andavano su e gi—. Si vede-vano anche cani, e l per l era un piacere perch‚ i canisi vedevano interi: fino alla testa. Per• subito dopo essialzavan la zampa e facevano pip sulla grata, mentrela mamma della bambina piangeva: ® Questo no, que-sto no!®. La sua mamma piangeva sempre, del resto,anche quando si rivolgeva al pancione che le tirava ilgrembiule, e parlava a qualcuno chiuso l dentro dicen-dogli: ®Non avresti potuto scegliere un momento peg-giore ! ®. Al che il babbo incominciava a tossire, nel let-to, una tosse che lo lasciava come morto. Il babbo stavaa letto anche di giorno, col viso giallo e gli occhi lucidi.Tristi. Secondo i calcoli della bambina, la fine della cioc-colata aveva coinciso con la malattia del babbo e il tra-sloco in quella casa senza cielo e senza gioia. Insommacon la mancanza di soldi.

Per trovare i soldi, la mamma della bambina andavaa pulire la casa di una bella signora cui dava del tu eche le dava del tu. Era costei una zia ricca, che cambia-va sempre vestito. Si diceva perfino che avesse una borsaper ogni vestito e un paio di scarpe per ogni borsa. Lasua casa era sul fiume e dalle finestre vi entrava tutto ilcielo della citt…. Ma la bella signora non era contentalo stesso. Si lamentava sempre: perch‚ un cappello nonle stava bene, o perch‚ il suo gatto starnutiva, o perch‚la sua cameriera era andata da un mese in campagna enon accennava a tornare. La mamma della bambina,dunque, sostituiva questa cameriera screanzata: tutti i

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giorni dalle nove alle una. Lasciava il marito soltantoper questo, e portava la bambina con s‚ sostenendo cheprendere aria le faceva meglio che restare accanto a unuomo coi polmoni bucati. Ce la portava a piedi, in unlungo viaggio attraverso strade che non finivano mai.Camminando si chiedeva sempre quali infelicit… avrebbeascoltato stavolta dalla bella signora e, prima di suonareil campanello, mormorava: ®Coraggio!®. Al suono delcampanello rispondeva una voce strascicata, poi un pas-so ancor pi— strascicato, e la porta si apriva su una vesta-glia lunga fino ai piedi: ora bianca, ora rosa, ora azzurra.Entravano calpestando tappeti, la mamma della bambinaposava la bambina su uno sgabello: quasi fosse un pacco.Le raccomandava di stare ferma, zitta, di non distur-bare, e poi spariva in cucina a lavare i piatti. La bellasignora invece si adagiava su un divano, leggendo il gior-nale e fumando col bocchino. Chiaramente non avevaaltro da fare. E la bambina non capiva il motivo per cuiessa non si lavasse i piatti da s‚, invece di farli lavarealla mamma che aveva il pancione.

Quel mattino la bella signora si lamentava per unafaccenda di soldi. Aveva incominciato mentre la mam-ma della bambina lavava i piatti e continuava mentrelei puliva il salotto. ®Capisci® ripeteva ®solo quella ci-fra vuol darmi. ® E quando la mamma della bambinarispose ®con quella cifra mi sentirei una principessa®,si arrabbi•. Disse: ®A me bastano appena per il taxi.Non vorrai mica paragonarti con me ! ®. La mamma del-la bambina arross e con la scusa di spolverare il tappetosi inginocchi• per terra abbassando il viso sul tappeto. Labambina sent come un pizzicare alla gola. E stava perscioglier le lacrime che le bruciavano gli occhi quandola sua attenzione fu rapita da alcuni oggetti d'oro cheluccicavano al sole: una bomboniera di vetro, colma digianduiotti. Per• non gianduiotti normali: gianduiottigrandi due volte, tre volte, quelli che s'era abituata amangiare nei giorni remoti della casa col cielo. Infatti,di colpo, il pizzicare alla gola scomparve e al suo postosi form• un liquido che aveva il sapore di cioccolata. Lasua mamma se ne accorse. La fulmin• con lo sguardo peravvertirla: se chiedi qualcosa, te ne pentirai! La bam-bina cap e si mise a fissare il soffitto con dignit…. Stavafissando il soffitto quando la bella signora si alz• e conaria annoiata and• sul balcone dove rimase ad accarez-

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zarsi un polso. Il balcone si affacciava su un secondobalcone, pi— grande. E sul secondo balcone c'erano duebambini ricchi. La bambina lo sapeva perch‚ li avevavisti, una volta, e aveva capito che erano ricchi perch‚erano belli. La STESSA bellezza della signora. Sempre ac-carezzandosi il polso, questa li scorse. Sorrise, estasiata,si affacci• per Chiamarli: ® Bonjour, mes petits pigeons !C~a va, aujourd~hili?®- E poi: ®Attendez, attendez! Ily a quelque chose pour vous ! ®. Rientr• in casa, prese labomboniera di Vetro~ la scoperchi•, la port• sul balconereggendola con delicatezza~ cominci• a gettar giandu-iotti di sotto. Li gettava e diceva: ®Gianduiotti per imiei piccioncini! Gianduiotti per i miei piccioncini!®.Ne gett• pi— di met…, tra uno scoppiettar di risate, in-fine Pos• di nuoVo la bomboniera sul tavolo e tir• fuoriun altro gianduiOtto- Lo spogli• lentamente della suacarta d'oro, lo sollev• un attimo pensando chissacch‚, elo mangi•. Mentre la bambina guardava.

~, da quel giOrno che io non posso mangiar ciocco-lata. Se la mangiø, vomito. Ma spero che la cioccolatati piaccia, figlio, perch‚ voglio comprartene tanta. Vo-glio Coprirti di cioccolata: affinch‚ tu la mangi per me,fino alla nausea, fino all'oblio di quell'ingiustizia che miporto ancora addossoø Con il RANCORE. Conoscerai l'ingiu-stizia quanto la violenza: devo prepararti anche a que-sto. E non intendoø L'ingiustizia di uccidere un pollo permangiarlo, una vaCca per scuoiarla, una donna per pu-nirla: intendo l'ingiustizia che divide chi ha e chi nonha. L'ingiustizia che lascia questo veleno in bocca, men-tre la madre INCINTA spolvera il tappeto altrui. Come sirisolva un tale problema non so. Tutti coloro che ci han-no provato sono riusciti soltanto a sostituire chi spolve-ra il tappeto. In qualunque sistema tu nasca, qualunqueideologia, c'Š sempre un tale che spolvera il tappeto diun altro, c'Š sempre una bambina umiliata da un desi-derio di gianduiotti Non troverai mai un sistema, mai

un'ideologia, che possa mutare il cuore degli uomini ecancellarne la malvagit…. Quando ti diranno da-noi-Š-diverso, rispondigli: bugiardo. Poi sfidalo a dimostrartiche da loro non esistono cibi pei ricchi e cibi pei poveri,case pei ricchi e case pei poveri, stagioni pei ricchi estagioni pei poveri. L'inverno Š una stagione da ricchi.Se sei ricco, il freddo diventa un gioco perch‚ ti compri

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la pelliccia e il riscaldamento e vai a sciare. Se sei po-vero, invece, il freddo diventa una maledizione e imparia odiare perfino la bellezza di un paesaggio bianco sottola neve. L'uguaglianza, figlio, esiste solo dove sei tu: co-me la libert…. Nell'uovo e basta siamo tutti uguali. Ma Šproprio il caso che tu venga a conoscere tali ingiustizie,

~ tu che l vivi senza servire nessuno?

|~ Questa non lo so se Š una fiaba, ma te la racconto lostesso. C'era una volta una ragazzina che credeva neldomani. Infatti le insegnavano tutti a credere nel do-mani: assicurandole che il domani Š sempre meglio.Glielo assicurava il prete quando tuonava le sue pro-messe in chiesa e annunciava il Regno dei Cieli. Glieloassicurava la scuola quando le dimostrava che l'umanit…va avanti e che un tempo gli uomini vivevano nelle ca-verne poi in case senza termosifone poi in case col termo-sifone. Glielo assicurava suo padre quando le portava adesempio la storia e sosteneva che i prepotenti soccom-bono sempre. Al prete, la ragazzina aveva tolto fiduciaassai presto. Il suo domani era la morte, e alla ragazzinanon importava nulla di abitare dopo la morte in un lus-suoso albergo chiamato Regno dei Cieli. Alla scuola avevatolto fiducia un po' dopo, e cioŠ durante un inverno incui le sue mani e i suoi piedi s~eran coperti di geloni, dipiaghe. S , era una gran cosa che gli uomini fossero pas-

sati dalle caverne al termosifone: ma lei non aveva il ter-mosifone. Di suo padre aveva continuato a fidarsi, in-~,-cce, a occhi chiusi. Suo padre era un uomo molto corag-gioso e testardo. Da vent'anni combatteva certi prepoten-ti vestiti di nero e ognivolta che questi gli rompevano ilcapo diceva, coraggioso e testardo: ®Domani verr…®.Ciera la guerra in quegli anni. I prepotenti vestiti di ne-ro avevano tutta l'aria di vincerla. Ma lui scoteva la te-sta e diceva, coraggioso e testardo: ® Domani verr… ®.

La ragazzina gli credeva perch‚ aveva visto una nottedi luglio. Quella notte i prepotenti eran stati cacciati esembrava che la loro guerra finisse, per dare il via aldomani. Ma venne settembre e i prepotenti tornarono,con nuovi prepotenti che parlavan tedesco. La guerraraddoppi•. La ragazzina si sent tradita. Interrog• suopadre. Suo padre rispose ® domani verr… ® e la persuase

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provandole che il domani non poteva tardare perch‚ noneran pi— soli ad attenderlo: stavano arrivando gli amici,un esercito intero di amici detti alleati. Il giorno dopo,la citt… della ragazzina venne bombardata dagli amicidetti alleati e una bomba cadde proprio dinanzi a casasua. La ragazzina ne rimase disorientata. Se erano amici,perch‚ facevano questo? Suo padre rispose che purtrop-po dovevano farlo, che ci• non diminuiva per niente laloro amicizia, e per convincerla meglio port• in casa duedi coloro che gli gettavan le bombe. Gi… prigionieri deiprepotenti, essi eran fuggiti. Bisognava aiutarli, spieg•suo padre, in quanto il domani era una causa comune. LaRAGAZZINA annu . Insieme al padre, che per essi rischiavail plotone di esecuzione, li nascose e li nutr e li accompa-gn• in villaggi sicuri. Poi si mise paziente ad aspettarel'esercito che avrebbe portato il domani. Tale esercitonon giungeva mai. Passavano le settimane, passavano imesi, nell'attesa si moriva sotto le bombe, le sevizie, le fu-cilazioni: e il famoso domani pareva ormai un sogno fattodi sogno e basta. Anche il padre della ragazzina venne arre-stato, picchiato, torturato. La ragazzina and• a trovarlo incarcere e non lo riconobbe, tanto era massacrato. Ma per-fino in carcere, perfino massacrato, lui disse: ®Domaniverr…. Un domani senza umiliazioni ®.

E il domani giunse, alla fine. Era un'alba d'agosto edurante la notte la citt… era stata squassata da orrendeesplosioni. Eran saltati i ponti, le strade, erano mortinuovi innocenti. Ma dopo era sorta quest'alba, splendidacome campane di Pasqua, ed aveva portato gli amici.Avanzavano belli, sorridenti, festosi, angeli in uniforme,e la gente gli correva incontro buttandogli fiori, gridan-dogli grazie. Il padre della ragazzina, ormai libero, ve-niva salutato da tutti con gran deferenza e i suoi occhibrillavano la luce di chi ha conosciuto la fede. Poi si av-vicino qualcuno e gli disse di correre al comando alleato:succedeva una cosa gravissima. Il padre della ragazzinacorse chiedendosi quale fosse la cosa gravissima. E lacosa gravissima era un uomo che singhiozzava su un pra-to, col capo affondato nell'erba. Avr… avuto circa tren-t'anni. Indossava un abito blu, chiaramente scelto per ri-cever gli amici, e all'occhiello della giacca gli fiorivauna gran rosa rossa: di carta. Dinanzi a lui, anzi sopradi lui, a gambe divaricate, stava un angelo in uniformee imbracciava il mitragliatore. Il padre della ragazzina

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si chin• sull'uomo: ®Che hai fatto?®. Lui raddoppi• isinghiozzi e mugol• soltanto: ® Mamma, mamma, mam-

ma ®. Il padre della ragazzina chiese di parlare col co-mandante alleato. Costui lo ricevette alzando un visoaguzzo, ornato di baffetti color carota, e agitando unfrustino: ®Lei Š uno dei cosiddetti rappresentanti delpopolo?®. Il padre della ragazzina rispose s . ®Allora lainformo che il suo popolo ci ha dato il benvenuto ru-bando Quell'uomo ha rubato. ® Il padre della ragazzi-na chiese cosa avesse rubato. ®Un saccapane pieno dicibo e di documenti ® sibil• il frustino. Il padre della ra-gazzina chiese quali documenti. ® Il libretto di congedodel sergente proprietario del saccapane® sibil• il fru-stino. Il padre della ragazzina chiese se il libretto erastato ritrovato. ®S , ma stracciato!® sibil• il frustino.Il padre della ragazzina osserv• che forse lo si poteva in-collare. Ed il cibo? Era stato ritrovato anche quello? ® Ilcibo Š stato mangiato ! L'intera razione di un'intera gior-nata ! ® grid• il frustino impazzito. Il padre della ragaz-zina fren• un sorriso. Rispose che ci• era certo spiace-vole: quale rappresentante del popolo avrebbe preso illadro in consegna e avrebbe chiesto di rimborsare il ser-gente coi danni di guerra. Allora il frustino disegn• unagran voluta nell'aria e replic• che nell'esercito inglese i

ladri venivan fucilati; quanto al rappresentante del po-polo, fuori ! Fuori, .il ladro continuava a piangere colcapo affondato nell'erba: ® Mamma, mamma, mam-ma ®. L'angelo in uniforme continuava a stare sopra dilui con le gambe divaricate e il mitragliatore. Le gambeerano tozze, pelose, il mitragliatore era puntato contro lanuca. Passando, la ragazzina ud uno schiocco metallico.Lo schiocco della sicura quando viene tolta.

La ragazzina non seppe mai se il ladro era stato giu-stiziato, ma da quel giorno diffid• sempre della paroladomani. E poich‚ la sua mente aveva associato la paroladomani alla parola amici, da quel giorno diffid• anchedegli amici. Dopo l'esercito inglese venne l'esercito ame-ricano. Tutti dicevano che gli americani sarebbero statipi— cordiali, pi— buoni, e la ragazzina sper• che fosse ve-ro giacch‚ molti di loro ridevano grasse risate colme diumanit…. Presto per• s'accorse che con le loro risate gras-se, colme di umanit…, anch'essi violentavano e corrompe-

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vano e si comportavano da padroni: il domani era unapaura nuova. La fame invece era la stessa. Per placarlaalcune donne si prostituivano, altre lavavano i panni deinuovi padroni. Ogni terrazza, ogni cortile era un ciondo-lar di uniformi e calzini e magliette; un vantarsi di chi nelavava di pi—. Sei paia di calzini, un pane a cassetta. Tremaglie, una scatoletta di carne e fagioli. Una uniforme,due scatolette di came. Il padre della ragazzina non per-metteva che sua moglie e sua figlia toccassero quei pannisporchi. Diceva che bene o male il domani era incomin-ciato e bisognava difenderlo con dignit…. Per dimostrarloinvitava a mangiare gli "amici" e gli dava la sua razione dicibo fresco. Una sera gli dette perfino il suo orologio d'oro,pronunciando un bel discorso dove ricordava i prigionieriaiutati per il domani che restava una causa comune. Gliamici presero l'orologio d'oro e, per risposta, offrironopanni da lavare. La ragazzina si offese. Ma la fame Š unabestia piena di tentazioni: pochi giorni dopo, di nasco-sto a suo padre, essa ci ripens• e chiese di lavare i panni.Giunsero due sacchi. Uno conteneva roba sporca e unoil cibo. Quello del cibo fu subito aperto e vuotato di trescatolette di fagioli col sugo, due pani a cassetta, un va-setto di noccioline, un barattolo intero di gelato alla fra-gola. Quello della roba sporca fu aperto pi— tardi. Equando la ragazzina lo rovesci• nel lavatoio, arross dirabbia. Erano tutte mutande sporche.

Fu lavando le mutande sporche degli altri che mene resi conto: il nostro domani non era giunto, e forse nonsarebbe mai giunto. Avrebbero sempre continuato a im-brogliarci con le promesse: in un rosario di delusionialleggerite da falsi sollievi, miserandi regali, pietose co-modit… per tenerci quieti. Giunger… mai per te il mio do-mani? ]~e dubito. Sono secoli, sono millenni che la gentemette al mondo figli fidando nel domani, sperando che .doman¡ essi stiano meglio di loro. E quel meglio si ri-solve al massimO nella conquista di un misero termosifo-ne D~accordo, un termosifone Š gran cosa quando si hafreddo Ina non tl d… certo la felicit… e non difende ti-fatto la TUA dignit…. Col termosifone continui a subirePREPOTENZE~ dispiaceri, ricatti, e il domani resta una bu-gia Io ti dicevo all'iniZio che nulla Š peggiore del nulla,che il dOlore non deve incuter spavento, nemmeno mori-re perch‚ se unO muore vuol dire che Š nato, ti dicevo chenascere merita sempre, visto che l'alternativa Š il vuoto e

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il silenziO- Ma era giusto, bambino? E giusto che tu nascaper mOrire sottO una bomba o il fucile di un sergente pe-loso cui hai rubato per fame una razione di rancio? Pi—cresci pi— io mi impaurisco. E quasi totalmente scompar-SO l'entusiasmo in cui mi esaltavo all'inizio, la gloriosacertezza d'aver colto il vero del vero. E nel dubbio mi con-sumo sempre di pi—. Questo dubbio che subdolo gonfia e siabbassa COme la marea, ora coprendo in ondate la spiaggiadella tua esistenZa, ora ritirandosi per lasciarvi detriti.Non Vogliø scoraggiarti, credimi, indurti a non nascere-voglio solø dividere con te la mia responsabilit…, e chia-rire a te stesso la tua. Hai ancora tempo per pensarci,bambino, anzi ripensarCi. Per quel che mi riguarda e siapure attraverso le alte maree, le basse maree, sono pronta.Ma tu? ri ho gi… chiesto se sei disposto a veder scaraven-tare una dOnna su una magnolia, a veder piovere la ciocco-lata su chi non ne ha bisogno. Ora ti chiedo se sei dispo-sto a COrrere il rischio di lavare le mutande degli altrie SCOPRIRE che il domani Š un ieri. Tu che te ne stai doveogni ieri Š domani, e ogni domani Š una conquista. Tuche non COnosci ancora la peggiore delle realt…: il mondocambia e resta come prima.

Dieci settimane. Stai crescendo con rapidit… impres-sionante. Quindici giorni fa misuravi meno di tre centi-metri e pesavi appena quattro grammi. Ora misuri seicentimetri e pesi otto grammi. Ci sei tutto. Dell'anticof~ pesciolino Š rimasto solo il fatto che inali ed esali acquaattraverso i polmoni. Il tuo scheletro di umano Š formato,con le ossa che rimpiazzano le cartilagini. Le tue costolestanno incollandosi l'una con l'altra alle estremit… quasiche il tuo corpo si abbottonasse davanti come un cappotto.E il tuo uovo, pur lievitando, diventa sempre pi— angu-sto. Presto lo troverai scomodo. Ti agiterai, ti stirerai, letue braccia e le tue gambe faranno i primi movimenti.Un colpo di gomito qui, un colpo di ginocchio l…. E que-sto che aspetto. Il primo colpo sar… un segno, un assenso.Io feci cos , ricordi, per dire a mia madre di non berepi— la medicina. E allora lei butt• via la medicina. CertoŠ un'attesa inversamente proporzionale al tuo crescere:tanto pi— lenta quanto pi— quello Š veloce: mi ricordal'esercito amico che non giungeva mai. La colpa Š del-l'immobilit…. Due settimane immobili, a letto, son trop-pe. Come fanno le donne che ci stanno anche sette, ottomesi? Sono donne o larve? L'unico punto su cui mi trovo

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d'accordo Š che fa bene. Scomparsi gli spasmi, le coltel-late gi— in fondo al ventre. Svanita la nausea, e la gambanon Š pi— ~gonfia. Per• Š subentrata una specie di spos-satezza, un'ansia che assomiglia all'angoscia. Da cosa vie-ne ? Forse dall'ozio, la noia. Non conoscevo l'ozio, non miaveva mai sfiorato la noia. Non vedo l'ora che passino gliultimi due giorni, mi preparo ad affrontarli come se fos-sero due anni. Stamani ho litigato con te. Ti sei offeso?Mi ha colto una specie di isteria. Ti ho detto che anch'ioavevo i miei diritti, che nessuno era autorizzato a dimen-ticarlo e quindi nemmeno te. Ti ho gridato che ni aveviesasperato, che non ne potevo pi—. Mi ascolti? Da quandoso che hai chiuso gli occhi mi sembra che tu non presti at-tenzione a ci• che ti racconto, che tu ti culli in una speciedi incoscienza. Svegliati, su. Non vuoi? Allora vieni qui,accanto a me. Appoggia la testina su questo guanciale, co-s . Dormiamo insieme, abbracciati. Io e te, io e te... Nelnostro letto non entrer… mai nessun altro.

E venuto. Non credevo che l'avrebbe mai fat~o. Erasera, la chiave ha girato dentro la toppa e ho pensatoche fosse la mia amica. Di regola Š lei che sale a trovarmiprima di cena. Infatti le ho gridato ciao, certa di vederla

entrare ansimante col suo pacchettino: scusa-ho-fretta-ti-porto-un-poco-di-carne-fredda-e-un-po' -di-frutta-tor-no-domattina. Invece era lui. Dev'essersi insinuato inpunta di piedi: mi son voltata ed eccolo l , col viso ser-rato e un mazzo di fiori in mano. La prima cosa che hoprovato Š stata una morsa nel ventre. Non la solita col-tellata ma una morsa: quasi che tu ti fossi spaventato avederlo e mi avessi afferrato coi pugni per ripararti die-tro le mie viscere, nasconderti. Poi mi Š mancato il respiroe un'onda di ghiaccio mi ha intirizzito. L'hai sentita anchetu? Ti ha fatto male? Se ne stava l in silenzio, col suo visoserrato e i suoi fiori. Ho odiato il suo viso e i suoi fiori. Per-ch‚ piombare a quel modo, come un ladro? Non lo sa chealle donne incinte bisogna evitare ogni trauma? Gli hochiesto: ® Cosa vuoi? ®. Ha posato i fiori sul letto, in si-lenzio. Li ho subito tolti dicendo che i fiori sul letto por-tano disgrazia, i fiori sul letto si mettono ai morti. E liho posati sul tavolino. Erano fiori gialli, comprati all'ul-timo momento, scommetto: senza scelta e senza convin-zione. Lui Š rimasto zitto e fermo: un'ombra alta e scuracontro il bianco della parete. Per• non guardava me.

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Guardava la tua fotografia sul muro: quella che ti ritraea due mesi, ingrandito quaranta volte. Avresti detto chenon riusciva a staccare gli occhi dai tuoi occhi, e pi— tiguardava pi— gli si affondava la testa dentro le spalle.Infine si Š coperto il viso con le mani ed Š scoppiato inun pianto. Leggermente all'inizio, senza far rumore. Pi—forte dopo. S'Š anche seduto sul letto per piangere me-glio, e a ciascun singhiozzo il letto si scuoteva: ho pensatoche ci• ti disturbasse. Gli ho detto: ® Stai scuotendo illetto. Le vibrazioni lo disturbano®. Lui ha staccato lemani dal viso, si Š asciugato col fazzoletto ed Š andato asedersi su una sedia. Quella sotto la tua fotografia. Erastrano vedervi accanto. Tu con le tue pupille ferme, mi-steriose, lui con le sue pupille tremule, senza segreti. Poiha schiuso le labbra ed ha detto: ® E anche mio ®.

L'ira mi ha travolto. Sono balzata a sedere sul lettoe gli ho gridato che non eri n‚ mio n‚ suo: eri tuo. Gliho gridato che detestavo questa retorica da melodram-ma, questa melensaggine da canzonette, e dovevo staretranquilla, l'aveva ordinato il dottore, cos'era venuto afare, ad ucciderti senza aborto perch‚ risparmiassi de-naro? Ho anche sbattuto il mazzo di fiori sul tavolino:tre, quattro volte, finch‚ le corolle si sono staccate v o-lando in aria come coriandoli. Quando son ricaduta so-pra i guanciali ero cos sudata che il pigiama mi aderivaalla pelle, e il dolore al ventre era cosi forte che non losopportavo. Lui non s'Š mosso, invece. Ha chinato la te-sta e ha sussurrato: ® Quanto sei dura, quanto puoi essercattiva ®. Poi s'Š abbandonato a una specie di intermina-bile arringa centrata sul fatto che sbagliavo, che eri mio esuo, che ci aveva tanto riflettuto, tanto sofferto, che dadue mesi si dilaniava per te, che infine aveva capito quan-to la mia scelta fosse nobile e giusta, che un figlio non sidovrebbe mai buttare via perch‚ un-figlio-Š-un-figlio-non-una-cosa. Poi altre banalit…. Infatti l'ho interrottoper esclamare: ® T anto non ce l'hai mica tu dentro il cor-po, non devi mica portarlo tu dentro il corpo per novemesi ®. E lui ha spalancato la bocca, sorpreso: ® Credevoche tu lo volessi, che tu lo facessi volentieri~.

Allora Š successa una cosa che non capisco: mi sonmessa a piangere io. Non avevo mai pianto, lo sai, e nonvolevo piangere: perch‚ mi umiliava, perch‚ mi imbrut-tiva. Ma pi— respingevo le lacrime pi— esse ,gorgavano:

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quasi si fosse rotto qualcosa. Ho provato anche ad accen-dere una sigaretta. Le lacrime hanno bagnato la sigaret-ta. E cos tuo padre ha lasciato la sedia, Š venuto versodi me e mi ha accarezzato la testa: timidamente. Poi hamormorato ®ti faccio un caffŠ ® ed Š andato in cucinaa fare il caffŠ. Quando Š tornato, avevo ripreso il con-

trollo di me stessa. Lui no. Reggeva la tazzina come sefosse un gioiello, esagerava in premura. Ho bevuto il caf-fŠ. Mi son messa ad aspettare che se ne andasse. Nonse n'Š andato. Mi ha chiesto cosa volevo mangiare. E co-s ho ricordato che la mia amica non era venuta, ho ca-pito che lo aveva mandato lei. E l'ira si Š trasferita sulei, su tutti coloro che credono di aiutarti con le leggi delformicaio, il loro arbitrario concetto del giusto e dell'in-giusto. Maria, Ges—, Giuseppe. Perch‚ Giuseppe ? Stacos bene Maria col suo bambino e basta. L'unica cosaaccettabile, nella leggenda, Š proprio quel loro rapporto adue: la meravigliosa bugia di un uovo che si riempie perpartenogenesi. Che ci fa all'improvviso Giuseppe? A chiserve? Tira l'asino che non vuol camminare? Taglia ilcordone ombelicale e si accerta che la placenta sia uscitaintera? Oppure salva la reputazione di una screanzatache rimase incinta senza marito? Ammenoch‚ non la se-gua come un domestico per farsi perdonare la colpad'averle chiesto di abortire. Lo guardavo raccogliere lecorolle dei fiori, chino sul pavimento, e non sentivo nem-meno un po' di amicizia. S'era infranto un equilibrio, alsuo ingresso. S'era rotta una simmetria, turbata una com-plicit…: quella che esisteva fra me e te. Era giunto unestraneo, capisci, e s'era messo fra noi ed era come se ciavesse imposto un mobile di cui non si ha bisogno, anziingombra la stanza togliendo luce, rubando aria, facen-do inciampare. Forse, se fosse stato con noi fin dall'ini-zio, ora la sua presenza ci sarebbe sembrata normale eperfin necessaria: non avremmo potuto concepire altromodo di prepararci al tuo arrivo. Ma vederlo piomba-re cos , all'improvviso, con l'inopportunit… dell'intrusoche entra nel ristorante dove stai mangiando insieme aqualcuno con Cui vuoi stare sola, l'indiscrezione dell'in-truso che siede al tuo tavolo sebbene tu non l'abbia invi-tato n‚ incoraggiato, era quasi offensivo. Avrei volutodirgli: "Vattene via, per favore. Non abbiamo bisognon‚ di te, n‚ di Giuseppe, n‚ del Signore Iddio. Non ciserve un padre, non ci serve un marito, tu sei di troppo".

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~a non potevo. Forse mi frenava la timidezza di chi nonsa cacciare chi siede al tuo tavolo senza domandare per-messo. Forse mi frenava una piet… che a poco a pocodiventava comprensione, rimpianto. Al di l… delle suedebolezze, delle sue vilt…, chiss… quanto s'era tormentatoveramente, anche lui. Chiss… quanto gli era costato ta-cere, imporsi di venire con un brutto mazzo di fiori. Non sinasce per partenogenesi, la stilla di luce che aveva bucatol'uovo era sua, met… del nucleo che aveva dato l'avvio altuo corpo era suo. E il fatto ch'io me ne dimenticassi era ilprezzo che pagavamo per l'unica legge che nessuno am-mette: un uomo e una donna SiinContrano~ Si piacCiono,si desiderano, forse si amano, e dopo un certo tempo nonsi amano pi—, non si desiderano pi—, non si piacciono pi—,magari vorrebbero non essersi mai incontrati. Ho trovatoci• che cercavo, bambino: tra un uomo e una donna ci•che chiamano amore Š una stagione. E se al suo sboccia-re questa stagione Š una festa di verde, al suo appassireŠ solo un mucchio di foglie marce.

Gli ho lasciato preparare la cena. Gli ho lasciato apri-re quella assurda bottiglia di champagne. (Dove l'avevanascosta, entrando?) Gli ho lasciato fare un bagno. (Fi-schiettava, nel bagno, come se tutto fosse sistemato.) E gliho permesso di dormire qui, nel nostro letto. Ma appe-na se ne Š andato, stamani, ho provato una specie di ver-gogna. E ora mi sembra d'aver mancato a un impegno,d'averti tradito. Speriamo che non torni mai pi—.

Camminare per strada dopo tanti giorni in un letto !Sentire il vento sul viso, il sole sugli occhi, vedere altra

gente che va, assistere alla vita ! Se lo studio del mediconon fosse stato lontano, ci sarei andata a piedi: cantan-do. Ho fermato quel taxi a malincuore. L'autista era unbruto. Fumava un sigaro grasso che mi nauseava, gui-das~a bombardandomi di frenate brusche ed inutili. Do-po pochi metri ho sentito uno spasmo e l'allegria Š an-negata nel solito nervosismo. Nello studio del medicoc'era una fila di donne con la pancia gonfia. Quando lasegretaria mi ha pregato di attendere, mi sono irritata.Non mi piaceva allinearmi con le donne dalla panciagonfia: non avevo nulla in comune con loro. Nemmenola pancia. La mia Š scarsa, si vede e no. Finalmente sonotl'entrata, mi sono spogliata, mi sono distesa sul lettuccio.

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Il medico ti ha tormentato col dito, pigiando, frugando,

~ pOl Sl'e tolto il guanto di gomma e con voce di gelo mi

3 ha chiesto: ® Ma lei vuole davvero questo figlio? ®. Noncredevo ai miei orecchi. ®Naturalmente. Perch‚?® gli

'~ ho risposto. ®Perch‚ molte dicono di volerlo e poi, nelsubcosciente, non lo vogliono affatto. Senza realizzarlomagari, fanno di tutto perch‚ non nasca. ® Mi sono indi-gnata. Non ero l per subire processi alla mia buonafedee nemmeno per discutere di psicanalisi, ho detto, ero lper sapere come stavi tu. Ha cambiato tono, si Š spiega-to con garbo. V'erano cose che non capiva in questagravidanza. Riteneva che l'uovo fosse inserito bene, insede normale. Riteneva che la crescita del feto avvenissebene, in modo regolare. E tuttavia qualcosa non funzio-nava. Ad esempio l'utero era troppo sensibile, si con-traeva con eccessiva facilit…: ci• alimentava il sospettoche il sangue non affluisse perfettamente alla placenta.Ero stata immobile come mi aveva ordinato? Ho rispo-sto s . Avevo evitato di bere alcool, avevo fumato meno

ú come s'era raccomandato? Ho risposto s . Non avevo maicompiuto sforzi, strapazzi? Ho risposto no. Avevo avutorapporti sessuali? Di nuovo ho risposto no ed era vero,

- lo sai: non gli ho permesso di avvicinarsi, l'altra nottesebbene lui ripetesse che era una crudelt…. Allora il me-dico Š apparso perplesso: ® Ha preoccupazioni? ®. Gli horisposto s . ®Ha avuto qualche trauma psicologico, cheso~ un dispiacere? ® Gli ho risposto s . Mi ha fissato senzachiedere che specie di trauma, che specie di dispiacere,pOI mi ha esposto la sua tesi. A volte le preoCCupazioni,le ansie, gli shock sono pi— pericolosi delle fatiche fisi-che perch‚ causano spasmi, contrazioni uterine, e minac-ciano seriamente la vita dell'embrione o del feto. Nondimenticassi che l'utero Š in relazione con l'ipofisi, cheogni stimolo si trasmette subito agli organi genitali. Unasorpresa violenta, un dolore, una collera, possono provo-care il distacco parziale dell'uovo. Lo pu• addirittura unnervosismo costante, un perpetuo stato d'angoscia. Al li-mite, e lungi da lui l'intenzione di sconfinare nella fanta-scienza o nella fantapsicologia, si poteva parlare di unpensiero che uccide. Al livello inconscio, s'intende, e per

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questo dovevo assolutamente impormi d'esser tranquilla.Dovevo rigorosamente evitare ogni emozione, ogni pen-siero nero. Serenit…, placidit… erano le parole d'ordine.Dottore, ho risposto, Š lo stesso che chiedermi di cambia-re il colore degli occhi: come faccio ad essere placida sela mia natura non lo Š? Mi ha squadrato di nuovo confreddezza: ® Questo Š affar suo. Si arrangi. Ingrassi ®. Poimi ha prescritto antispastici e altre medicine. Se per casoappare una goccia di sangue, corra da lui.

Sono impaurita. Ed anche adirata con te. Cosa crediche sia: un contenitore, un barattolo dove si mette unoggetto da custodire? Sono una donna, perdio, sono unapersona. Non posso svitarmi il cervello e proibirgli dipensare. Non posso annullare i miei sentimenti o proibir-gli di manifestarsi. Non posso ignorare una rabbia, unagioia, un dolore. Ho le mie reazioni, io, i miei stupori, imiei scoramenti. Anche se potessi, non vorrei disfarmeneper ridurmi allo stato di un vegetale o di una macchinafisiologica che serve a procreare e basta ! Quanto sei esi-gente, bambino. Prima pretendi di controllare il miocorpo e privarlo del suo pi— elementare diritto: muo-versi. Dopo pretendi addirittura di controllare la miamente e il mio cuore: atrofizzandoli, neutralizzandoli,derubandoli della loro capacit… di sentire, pensare, vi-vere ! Accusi perfino il mio inconscio. Questo Š eccessivo,Š inaccettabile. Se vogliamo restare insieme, bambino,dobbiamo scendere a patti. Eccoli. Ti faccio una conce.s-sione: ingrasso, ti regalo il mio corpo. Ma la mia men-te no. Le mie reazioni no. Me le tengo. E con quelle pre-tendo una mancia: i miei piaceri spiccioli. Infatti orabevo un abbondantissimo whisky, e fumo un pacchettodi sigarette, una dopo l'altra, e riprendo a lavorare, adesistere come persona e non come barattolo, e piango,piango, piango: senza chiederti se ti fa male. Perch‚ so-no stufa di te!

* * *

Perdonami. Dovevo essere ubriaca, impazzita. Guar-da quante cicche, e guarda questo fazzoletto. E ancorabagnato. Che crisi di furore imbecille, che scena disgu-stosa. Egoista. Come stai, bambino? Meglio di me, spe-ro. Io sono esausta. Sono cos stanca che vorrei resisterealtri sei mesi, il tempo di portarti alla luce, e poi morire.

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Tu prenderesti il mio posto nel mondo e io mi riposerei.Non sarebbe neanche troppo presto: mi sembra d'avereormai visto tutto ci• che v'era da vedere, d'avere ormaicapito tutto ci• che v'era da capire. E comunque, unavolta uscito dal mio corpo, non avrai pi— bisogno di me.Qualsiasi donna capace di amarti sar… un'ottima madreper te: la voce del sangue non esiste, Š un'invenzione. Lamamma non Š colei che ti porta nel ventre, Š colei che ticresce. O colui che ti cresce. Potrei regalarti a tuo padre.Tuo padre Š tornato poco fa e mi ha portato una rosa blu.Ha detto che il blu Š il colore del maschio. Ora pensa an-che al colore. Ovviamente desidera che tu sia maschio:nascere maschio per lui Š un merito maggiore, un segnodi superiorit…. Poveretto. Non Š colpa sua, hanno raccon-tato anche a lui che Dio Š un vecchio con la barba bianca,che Maria era un'incubatrice, che senza Giuseppe nonavrebbe trovato nemmeno una stalla, che ad accendere ilfuoco fu Prometeo. Io non lo disprezzo per questo. Tutta-via dico che non ho, non abbiamo necessit… di lui. N‚ dellasua rosa blu. Gli ho ordinato di andarsene, di lasciarci inpace. Ha barcollato come per una legnata, s'Š avviato ver-so la porta, se n'Š andato senza rispondere. Tra poco ce neandiamo anche noi: a lavorare. Il commendatore mi haricordato la sua comprensione per• ha aggiunto che bi-sogna rispettare gli impegni: una donna incinta pu•lasciare l'impiego solo al sesto mese. Mi ha ricordatoanche il viaggio: minacciando con perfido garbo di tra-sfe~ ire l'incarico a un uomo perch‚ a-un-uomo-non-acca-dono-certi-incidenti. Ho frenato a stento la tentazione diaggredirlo, e mi son messa a tergiversare. I prossimi diecigiorni saranno duri, devo guadagnare il tempo perduto.Ma ti dir•: L'idea di riprendere le mie attivit… mi scuoteda questo torpore, da questa rassegnazione che mi fasognare la morte. Menomale che Š gi… incominciato l'in-verno: sotto il cappotto il ventre gonfio non si noter…. E,

d'ora innanzi, crescer… parecchio. Stamani ad esem-pio Š pi— gonfio. Il vestito mi tira. A quattordici setti-mane, sai quanto sei lungo? Almeno dieci centimetri.Perfino la placenta, ormai troppo piccola per avvilup-pare il sacco amniotico, sta tirandosi da parte. E tu staiinvadendomi senza piet….

Non sono una persona che si spaventa alla vista delsangue. Ed essere donne Š una scuola di sangue: tutti

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i mesi offriamo a noi stesse il suo spettacolo odioso. Maquando ho visto quella minuscola macchia sopra il cu-scino, i miei occhi si sono annebbiati e le mie gambe sisono piegate. M'ha invaso il panico, poi la disperazione,e mi son maledetta. Mi sono accusata di ogni colpa ver-so di te che non potevi proteggerti, non potevi ribellarti,

cos piccino e indifeso e alla merc‚ di ogni mio capric-cio, ogni mia irresponsabilit…. Non era nemmeno rossa,la macchia. Era rosa, d'un pallido rosa. E tuttavia erapi— che sufficiente a trasmettermi il messaggio, ad an-nunciarmi che stavi forse finendo. Ho agguantato il cu-scino e son corsa. Il medico Š stato inaspettatamente gen-tile. Mi ha ricevuto sebbene fosse sera, mi ha detto dicalmarmi: non stavi morendo, non t'eri staccato, avevisofferto e basta, si trattava di una minaccia e basta, il ri-poso assoluto avrebbe sistemato ogni cosa, purch‚ fosseassoluto, purch‚ non scendessi dal letto nemmeno per an-dare nel bagno, e per questo era meglio che mi ricove-rassi in ospedale. Siamo all'ospedale. Una camera tristedi questo mondo triste. Ci siamo da una settimana che hotrascorso quasi sempre dormendo, obnubilata dai seda-tivi. Ora li hanno sospesi ma Š peggio: non so come im-piegare il tempo che gocciola vuoto. Ho chiesto i gior-nali e non me li hanno portati. Ho chiesto una televi-sione e me l'hanno negata. Ho chiesto un telefono e nonfunziona. La mia amica non viene. Tuo padre nemmeno.Il silenzio mi abbrutisce e mi schiaccia. Prigioniera d'unabelva vestita di bianco che ognitanto arriva con un'inie-zione di luteina e mi buca con scherno, non riesco nem-meno a tentar di trasmetterti un po' di tenerezza. Ma ri-flessioni a lungo sopite, invano soffocate, salgono alla su-perficie della mia coscienza e gridano cose che non sa-pevo di sapere. Queste. Perch‚ dovrei sopportare una taleagonia? In nome di cosa? Di un reato commesso abbrac-ciando un uomo? Di una cellula scissa in due cellule epoi in quattro cellule e poi in otto cellule, all'infinito,senza che io lo volessi, senza che io lo ordinassi? Oppurein nome della vita? E va bene, la vita. Ma cos'Š questavita per cui tu, che esisti non ancora fatto, conti pi— dime che esisto gi… fat~a? Cos'Š questo rispetto per te chetoglie rispetto a me? Cos'Š questo tuo diritto ad esistereche non tiene conto del mio diritto ad esistere? Non c'Šumanit… in te. Umanit…! Ma sei un essere umano, tu?Bastano davvero una bollicina d'uovo e uno spermio di

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cinque micron a fare un essere umano? Essere umano sonio che penso e parlo e rido e piango e agisco in un mon-do che agisce per costruire cose ed idee. Tu non sei cheun bambolottino di carne che non pensa, non parla, nonride, non piange, e agisce solo per costruire se stesso. Ci•che vedo in te non sei te: sono io ! Ti ho attribuito una co-scienza, ho dialogato con te, ma la tua coscienza era lamia coscienza e il nostro dialogo era un monologo: ilmio ! Basta con questa commedia, con questo delirio. Nonsi Š umani per diritto naturale, prima di nascere. Umanilo si diventa dopo, quando si Š nati, perch‚ si sta con glialtri, perch‚ ci aiutano gli altri, perch‚ una madre o unadonna o un uomo o non importa chi ci insegna a man-giare, a camminare, a parlare, a pensare, a comportarsida umani. L'unica cosa che ci unisce, mio caro, Š uncordone ombelicale. E non siamo una coppia. Siamo unpersecutore e un perseguitato. Tu al posto del persecu-tore e io al posto del perseguitato. Ti insinuasti in me co-me un ladro, e mi rapinasti il ventre, il sangue, il respiro.Ora vorresti rapinarmi l'esistenza intera. Non te lo per-metter•. E giacch‚ sono arrivata a dirti queste verit…sacrosante, sai cosa concludo? Non vedo perch‚ dovreiavere un bambino. Non mi sono mai trovata a mio agio,io, coi bambini. Non sono mai riuscita a trattare conloro. Quando mi avvicino con un sorriso, strillano comese li ~picchiassi. Il mestiere di mamma non mi si addice.Io ho altri doveri verso la vita. Ho un lavoro che mipiace e intendo farlo. Ho un futuro che mi aspetta e non

intendo abbandonarlo. Chi assolve una donna povera-_ che non vuole altri figli, chi assolve una ragazza violen-tata che non vuole quel figlio, deve assolvere anche me.Essere povere, essere violentate, non costituisce la sola giu-stificazione. Lascio questo ospedale e parto per il mio viag-gio. Poi sar… quel che sar…. Se riuscirai a nascere, na-scerai. Se non ci riuscirai, morirai. Io non ti ammazzo,sia chiaro: semplicemente, mi rifiuto di aiutarti ad eser-citar fino in fondo la tua tirannia e...

Questo non era il nostro patto, me ne rendo conto. Maun patto Š un accordo dove ciascuno d… per ricevere, equando lo firmammo ignoravo che avresti preteso tuttoper darmi nulla. Del resto tu non lo firmasti per niente, lo

ú firmai soltanto io. Ci• ne incrina la validit…. Non lo firma-

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- sti e da te non mi giunse mai un assenso: il tuo unico mes-saggio Š stato una goccia rosa di sangue. Ch'io sia ma-ledetta davvero, e per sempre, che la mia vita diventi unrimpianto perpetuo, al di l… della morte, se stavolta cam-bio la mia decisione.

Mi ha definito assassina. Chiuso dentro il suo camicebianco, non pi— medico ma giudice, ha tuonato che ven-go meno ai doveri pi— fondamentali di madre e di don-na e di cittadina. Ha gridato che lasciar l'ospedale sareb-be gi… un misfatto, scendere dal letto gi… un crimine, maintraprendere un viaggio Š omicidio premeditato e lalegge dovrebbe punirmi come punisce un qualsiasi as-sassino. Poi s'Š fatto supplice, ha tentato di convincermicon la tua fotografia. Che ti osservassi bene se avevo unminimo di cuore: eri ormai un bambino in tutto e pertutto. La tua bocca non era pi— l'idea di una bocca: ma

-una bocca. Il tuo naso non era pi— l'idea di un naso: maun naso. Il tuo viso non era pi— l'abbozzo di un viso:ma un viso. E lo stesso il tuo corpo, le tue mani, i tuoipiedi dove le unghie erano evidenti. Era evidente ancheun principio di capelli sulla testolina ben formata. Chemi rendessi conto, al tempo stesso, della tua fragilit….Che studiassi la tua pelle: cos delicata, cos diafana cheattraverso di essa traspariva ogni vena, ogni capillare,ogni nervo. Non eri neanche pi— minuscolo: misuravi al-meno sedici centimetri e pesavi due etti. Se avessi volutoabortirti non avrei potuto: sarebbe stato tardi. Eppuremi accingeVo a fare qualcosa che era peggio di un abor-to. L'ho ascoltato senza battere ciglio. Dopo ho firmatoun foglio con cui egli declinava ogni responsabilit… perla tua vita e la mia, ed io me le assumevo al suo posto.L'ho guardato uscire dalla camera in preda a un furoreche lo rendeva paonazzo. E, quasi in quel momento, tuti sei mosso. Hai fatto ci• che avevo aspettato, agognato,per mesi. Ti sei allungato, forse hai sbadigliato, e mi haitirato un colpetto. Un piccolo calcio. Il tuo primo calcio...Come quello che tirai a mia madre per dirle di non buttar-mi via. Le mie gambe son diventate marmo. E per qualchesecondo son rimasta con il fiato mozzo, le tempie che mipulsavano. Ho sentito anche un bruciore alla gola, una

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lacrima che mi accecava. Poi la lacrima Š ruzzolata gi—,Š caduta sul lenzuolo facendo: paf ! Ma sono scesa ugual-mente dal letto. Ho preparato ugualmente la valigia.Domani si parte, ho detto. In aereo.

Era proprio il caso di pigliarsela tanto? Stiamo benis-simo nel paese in cui siamo venuti. Siamo stati benissimodurante l'intero viaggio e all'arrivo e dopo. Mai uno spa-smo, un dolore, una nausea. Non Š successo nulla di ci•che il medico aveva annunciato: ho la conferma della dot-toressa che mi ha visitato ieri. Simpatica. Dopo avertipalpato ha concluso che non vede ragioni per allarmarsi,il suo collega eccedeva in pessimismo e prudenza, unagoccia di sangue cos'Š? Vi sono donne Ghe perdono san-gue per l'intera durata della gravidanza e poi metto-no al mondo figli sanissimi. Secondo lei stare a lettoŠ contro natura, ed anche eccedere nelle precauzioni.Una sua cliente, ad esempio, ballerina di professione, ave-va continuato a esibirsi nel pas … deux fino a dopo il quin-to mese. Di me la meravigliava soltanto lo scarso gonfioredel ventre, per• anche la ballerina aveva un ventre pres-soch‚ piatto. Che continuassi pure coi medicamenti pre-scritti dal collega, se desideravo, ma soprattutto lasciassila natura provvedere da s‚. Unico consiglio, non guidaretroppo l'automobile. Le ho spiegato che in automobiledovevo fare un viaggio di dieci giorni almeno. Ha alzatoil sopracciglio un po' incerta, e mi ha chiesto se fosseproprio necessario. Le ho risposto di s . ~ rimasta zittaper qualche minuto e poi ha concluso pazienza, le stradedi questo paese sono comode e lisce, le macchine di que-sto paese sono ben molleggiate. L'importante Š non stra-pazzarsi e concedersi ogni due o tre ore un riposo. Mi ascol-ti ? Sto dicendo che ho fatto la pace con te, siamo amici al-la fine ! Sto dicendo che mi dispiace averti maltrattato, sfi-dato, e ancora di pi— mi dispiace se resti offeso e non mitiri colpetti. Non me ne hai tirati pi—, dopo l'ospedale. Avolte, pensandoci, aggrotto la fronte.

Dura poco per•. Subito dopo ritrovo la tranquillit….Intuisci quanto sono cambiata? Dacch‚ ho ripreso la vitadi sempre, mi sembra d'essere un'altra: un gabbiano chevola. Davvero ci fu un momento in cui desideravo lamorte? Pazza. E cos bella la vita, la luce. Sono cos belligli alberi e la terra e il mare. C'Š molto mare qui: te nearriva il profumo, il fragore? E bello anche lavorare se

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dentro di te guizza una gioia: mentivo a sostenere che inogni caso il lavoro stanca e umilia. Devi scusarmi: la col-lera, L'ansia, mi facevano veder tutto buio. E a propositodel buio: Š sorta di nuovo in me l'impazienza di tirartenefuori. Con essa, il timore di averti scoraggiato attraversole chiacchiere sulla libert… che non esiste, sulla solitudineche Š l'unica condizione possibile. Dimentica quelle scioc-chezze: stare gomito a gomito serve. La vita Š una comu-nit… per darci la mano, consolarci, aiutarci. Anche lepiante fioriscono meglio una accanto all'altra, e gli uc-celli migrano a gruppi, i pesci nuotano a branchi. Chefaremmo soli? Ci sentiremmo come astronauti sulla Lu-na, soffocati dalla paura e dalla fretta di tornare indie-tro. Sbrigati, trascorri alla svelta i mesi che ti rimangono,affacciati senza timore di vedere il sole. L per l ti abba-glier…, ti spaventer…, ma presto diverr… un'allegria di cuinon potrai fare a meno. Mi pento d'averti fornito sempregli esempi pi— brutti, di non averti mai raccontato losplendore di un'alba, la dolcezza di un bacio, il profumodi un cibo. Mi pento di non averti fatto ridere mai. Setu mi giudicassi dalle fiabe che narravo, saresti autoriz-zato a concludere che io sono una specie di Elettra semprevestita di nero. D'ora innanzi devi immaginarmi comeun Peter Pan sempre vestito di giallo di verde di rossoe sempre intento a stendere nastri di fiori sui tetti, suicampanili, sulle nuvole che non diventano pioggia. Sare-mo felici insieme perch‚, in fondo, sono un bambino an-ch'io. Lo sai che mi diverto a giocare? Stanotte rientran-do in albergo ho scambiato tutte le scarpe messe fuoridelle camere ed anche le richieste delle colazioni. Al mat-tino Š scoppiato il subbuglio. Una signora aveva trovatoun paio di mocassini da uomo e reclamava i suoi sandalicol tacco, un uomo aveva trovato due scarpette da tennis ericlamava i suoi stivali, un tale protestava che gli avevanportato soltanto il caffŠ e cercava le uova al prosciutto cheaveva ordinato, un altro si rammaricava perch‚ non ave-va chiesto un pranzo di Natale ma un tŠ col limone. L'orec-chio appoggiato alla porta, ascoltavo e ridevo in modo co-s divertito che mi sembrava d'esser tornata alla fanciul-lezza, quand'ero felice perch‚ ogni gesto era un gioco.

* * *

Ti ho comprato una culla. Dopo averla compratam'Š venuto in mente che, secondo alcuni, possedere una

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culla prima che il bambino nasca porta disgrazia comei fiori sul letto. Ma le superstizioni non mi toccano pi—.E una culla indiana, di quelle che si portano a zaino die-tro le spalle. E gialla e verde e rossa come Peter Pan. Ticaricher• sulle spalle, ti porter• ovunque cos , e la gentesorrider… dicendo: guarda quei due fanciulli matti. Ti hocomprato anche un guardaroba: magliette, tutine, e unbel carillon. Suona un valzer tutto festoso. Quando l'hodetto alla mia amica, per telefono, ha commentato chemanco di qualsiasi equilibrio. Per• aveva una voce con-tenta, lavata dell'inquietudine che la serrava il giorno incui partimmo: e-se-lo-perdi-in-aereo? Lei che mi consi-gliava di eliminarti all'inizio ! E davvero una brava don-na. Infatti non sono mai riuscita a rimproverarla per aver-mi mandato tuo padre. E quanto a lui, sai che dico? Unuomo che accetta di farsi cacciare come lo cacciai io nonŠ un uomo da buttar via. Mi ha scritto una lettera, dopo.Mi ha commosso. Sono un vigliacco, ammette, perch‚ so-no un uomo; per• devo essere assolto perch‚ sono un uo-mo. Un atavico istinto, suppongo, lo induce ormai a desi-

y~derarti. Vedremo cosa fare di lui: a volte un mobile di cuinon si ha bisogno finisce col dimostrarsi utile ed Š certoche non ho pi— voglia di essergli nemica. In questo armi-stizio col formicaio c'entrano tutti: lui, i medici, il com-mendatore. Se tu avessi visto il commendatore mentregli annunciavo la nostra partenza. Ripeteva: ® Ecco unabuona notizia. Brava, non se ne pentir… ! ®.

Non me ne pentir•. ~ solo rispettando se stessi che sipu• esigere il rispetto degli altri, Š solo credendo in sestessi che si pu• essere creduti dagli altri. Buonanotte,bambino. Domani incomincia il viaggio in automobile.Vorrei scriverti una poesia che narrasse il mio sollievo, lafiducia ritrovata, questa voglia di tendere nastri di fiorisui tetti, Sui campanili, sulle nuvole, questa sensazione divolare come un gabbiano dentro l'azzurro, lontano dallesporcizie, dalle malinconie, su un mare che dall'alto sem-bra sempre pulito. In fondo il coraggio Š ottimismo. Ionon ero ottimista perch‚ non ero coraggiosa.

Le strade di questo paese sono comode e lisce, le au-tomobili di questo paese sono ben molleggiate: dottoressa,anche lei mente. Ed io non sono un gabbiano. Cosa faccio,

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bambino? Vado avanti, torno indietro? Se torno indietroŠ peggio: devo rifare lo stesso tratto impossibile. Se vadoavanti, invece, ho speranza che migliori. Avendo il co-raggio della retorica, potrei dire che sto guidando lungouna strada uguale alla mia vita: tutta buche e sassi, dif-ficolt…. Una volta conobbi uno scrittore che sosteneva:ciascuno ha la vita che si merita. Come sostenere che unpovero merita d'essere povera, che un cieco merita d'es-sere cieco. Era un uomo stupido, sebbene fosse uno scrit-tore intelligente. Anche il filo che divide l'intelligenzadalla stupidaggine Š un filo talmente sottile, te ne accor-gerai. Infatti, quando si rompe, le due cose si fondono in-sieme come l'amore e l'odio, la vita e la morte, che tu siauomo o donna. Sono tornata a chiedermi se sei un uomo ouna donna ed ormai vorrei che tu fossi un uomo. Cos nonavresti la scuola mensile di sangue, un giorno non ti giu-dicheresti colpevole di guidare lungo una strada sconvoltadalle buche e dai sassi. Non ti sentiresti male come in que-sto momento mi sento io e potresti librarti su nell'azzurromolto pi— seriamente di quanto faccia io: i miei sforzi pervolare non vanno mai oltre il balzo di un tacchino. Ledonne che bruciano il reggiseno hanno ragione. Hannoragione? Nessuna di loro ha scoperto un sistema perch‚ ilmondo non finisca se non fai bambini. E i bambini nasco-no dalle donne. Conosco un racconto di fantascienza cheSi svolge su un pianeta dove per procreare bisogna esserein sette. Ma Š molto difficile trovarsi in sette ed Š ancorpi— difficile mettersi d'accordo in sette perch‚ la gravi-danza, non solo il concepimento, coinvolge tutti e sette.Perci• la razza si estingue e il pianeta si vuota. Conoscoun altro racconto dove al protagonista basta una soluzionealcalina, o un bicchiere d'acqua col sale. Ci salta dentroe paf ! Diventano due. Si tratta di una normale scissionecellulare e, nell'attimo in cui il protagonista si scinde, ces-sa d'esser se stesso: compie una specie di suicidio del suoio. Per• non muore e non soffre nove mesi d'inferno. D'in-ferno? Per alcune, sono nove mesi di gloria. La soluzionemigliore resta quella che ti dissi in principio. Si togliel~embrione dal ventre della madre, lo si mette nel ventredi un'altra disposta ad ospitarlo, una pi— paziente di me,pi— generosa di me... Credo d'avere la febbre. Gli spasmisono ricominciati. Devo ignorarli. Ma come? Pensandoa tutt'altre cose, suppongo. Potrei raccontarti una fiaba.~ tanto che non ti racconto una fiaba. Eccola. C'era unavolta una donna che sognava un pezzetto di luna. Anzi,

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nemmeno un pezzetto: un po' di polvere le sarebbe basta-ta. Non era un sogno irrealizzabile, tantomeno bizzarro.Lei conosceva gli uomini che andavano sulla luna, andarciera una gran moda a quel tempo. Gli uomini partivanoda un punto della Terra non lontano da qui, con piccolenavi di ferro, agganciate sulla cima di un altissimo razzo,e ogni volta che il razzo schizzava nel cielo, tuonando, se-minando fiori di fuoco come una cometa, la donna eramolto felice. Gridava al razzo ® Vai, vai, vai ! ®. Poi segui-va trepidante e gelosa il viaggio degli uomini che volava-no tre giorni e tre notti, nel buio.

Gli uomini che andavano sulla luna erano uominisciocchi. Avevano sciocchi volti di pietra e non sapeva-no ridere, non sapevano piangere. La luna per loro eraun'impresa scientifica e basta, una conquista della tec-nologia. Durante il viaggio non dicevano mai qualcosa dibello! solo numeri e formule e informazioni noiose, se al-temavano lampi di umanit… era per chiedere notizie suuna squadra di football. Una volta sbarcati sulla luna sa-pevano dire ancor meno. Al massimo pronunciavano dueo tre frasi fatte, poi piantavano una bandiera di latta econ gesti da automi si abbandonavano a un cerimonialedi gesti scontati. Ripartivano dopo aver sporcato la lunacoi loro escrementi che Cos restavano a testimoniare ilpassaggio dell'Uomo. Gli escrementi eran chiusi dentroscatolette, le scatolette venivano lasciate l con la ban-diera, e se lo sapevi non riuscivi a guardare la luna senzadirti: ® Lass— ci sono anche i loro escrementi ®. Infine tor-navano pieni di sassi, di polvere. Sassi di luna, polvere diluna. La polvere che la donna sognava. E rivedendoli leielemosinava (io elemosinavo): ® Mi dai un poco di luna?Ne hai tanta ! ®. Ma loro rispondevano sempre: non-si-pu•-Š-proibito. Tutta la luna finiva nei laboratori, sullescrivanie del personaggi per cui andarci era un'impresascientifica e basta, una conquista della tecnologia. Eranouomini sciocchi, perch‚ erano uomini privi di anima. Ep-pure ce n'era uno che a me sembrava migliore. Infatti sa-peva ridere e piangere. Era un omino brutto, coi denti ra-di e una gran paura addosso. Per nascondere quella paurarideva e portava buffi cappelli che gli regalavano un po'd anima, ecco. Io gli ero amica per questo e perch‚ sapevadi non meritare la luna. Incontrandomi brontolava: ® Co-sa dir• lass— ? Io non sono un poeta, non so dire cose bellee profonde ®. Pochi giorni prima di andar sulla luna ven-

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ne da me, per salutarmi e chiedermi cosa dire sulla luna.Gli risposi che doveva dire qualcosa di vero, qualcosa dionesto, ad esempio che era un omino colmo di paura per-ch‚ era un omino. Ci• gli piacque e giur•: ® Se torno tiporto un poco di luna. Polvere di luna ®. Part e torn•.Ma torn• cambiato. Se gli telefonavo per ricordargli lapromessa, rispondeva evasivo. Poi, una sera, mi invit• a ce-na nella sua casa e io mi precipitai credendo che volessedarmi finalmente la luna. A tavola ero inquieta, la cenanon finiva mai. Quando fin , lui disse: ® Ora ti faccio ve-dere la luna ®. Non disse ® ora ti do la luna ® Disse ® orati faccio vedere la luna ®. Ma io non notai la differenza.Portava ancora quei buffi cappelli, rideva ancora quellebuffe risate, non sospettavo che in cielo avesse perdutoanche il goccio d'anima che gli attribuivo.

Mi accompagn• nel suo studio, ammiccando. Apr unarmadio chiuso a chiave, giocando. Dentro l'armadio c'e-rano alcuni oggetti: una specie di vanga, una specie dizappa, un tubo. Tutti coperti da una polvere strana, colorgrigio argento. La polvere di luna. Il mio cuore prese abattere forte. Col cuore che batteva forte allungai unamano, agguantai delicatamente la vanga. Era una vangaleggera, quasi priva di peso, e la polvere era una specie dicipria, un velo d'argento che sulla pelle restava come unaseconda pelle d'argento, e non saprei dirti cosa provai avedere la luna sulla mia pelle. Forse la sensazione di espan-dermi nel tempo e nello spazio, o di raggiungere l'irrag-giungibile, l'idea stessa dell'infinito. Cose che penso ora,per•. In quel momento non potevo pensare. Anche ora checerco, frugando nel ricordo della coscienza, riesco a dirtisoltanto che me ne stavo l sbalordita, tenendo in mano lavanga, e non mi accorgevo nemmeno che lui diventava im-paziente: quasi temesse di vedersi rubare un tesoro di cuinon era disposto a conceder nemmeno il ricordo. Quandome ne accorsi, glielo restituii e sussurrai: ®Grazie. Oradammi il fagottino di luna ®. Divenne subito duro: ® Cheluna ?®. ®La polvere di luna che mi hai promesso®. ®L'haiappena avuta. Te l'ho lasciata toccare®. Credevo chescherzasse. Impiegai minuti pi— lunghi di anni per ren-dermi conto che non scherzava, che la sua promessa s'eraesaurita nell'atto di lasciarmi toccare la vanga. Proprioquel che si fa coi poveri quando gli si consente di ammi-rare un gioiello in vetrina o di guardar da lontano unafesta cui non devono partecipare. Nella sorpresa, il dolo-

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re, non riuscivo neanche a rinfacciargli l'imbroglio, rim-proverargli tanta meschinit…. Mi ripetevo soltanto: seriuscissi a convincerlo che ci• Š troppo malvagio. E in que-sta pazza speranza cominciai a supplicarlo, spiegargli chenon gli chiedevo un pezzetto di luna, gli chiedevo soltan-to la polvere di luna che mi aveva promesso, pochina, ne~veva tanta dentro l'armadio, ogni oggetto ne era coper-to, bastava che mi permettesse di raccoglierne un po' so-pra un foglio; su qualcosa che non fosse la mia pelle, perguardarla di nuovo negli anni a venire, era sempre statoun desiderio per me, lo sapeva, non un capriccio. Ma, pi—mi umiliavo, pi— lui diventava duro. Mi fissava con gelidiocchi e taceva. Infine, tacendo, richiuse l'armadio ed uscdalla stanza. Dal salotto sua moglie chiedeva se volevamo

il caffŠ. Si serviva il caffŠ.

Non risposi. Me ne rimasi ferma a guardar la mia ma-no coperta di luna. Avevo la luna in mano e non sapevodove appoggiarla, come conservarla. Al min¡mo contattosarebbe sparita. Il mio cervello cercava invano una so-luzione, uno stratagemma che offrisse la via di salvareil salvabile, ma trovava solo una nebbia, e dentro la neb-bia una frase: ® Sarebbe come toglier la cipria. Ovunquela spalmi Š perduta ®. Ed era questo il tormento pi— gran-de, la sevizia che Tantalo non aveva mai conosciuto. Tan-talo si vedeva sfuggire il frutto nell'attimo in cui stava perafferrarlo, non se lo vedeva svanire dopo averlo afferrato.Poi detti un'ultima occhiata alla mia mano d'argento,spalancata in un gesto di supplica assurda, inghiottii undesiderio di lacrime, sorrisi con amarezza. Da lontananzeinfinite la luna era giunta a me, s'era posata sulla miapelle, ed io mi accingevo a buttarla via. Per sempre. Anchevolendo non avrei potuto restare cos , con le dita tese, sen-za toccare altre cose. Prima o poi le avrei posate in un po-sto, capisci, e tutto sarebbe svanito come svanisce il fumo:per la beffa crudele di un imbecille crudele. Strinsi la ma-no con rabbia. La spalancai di nuovo. Ora sulla palma sivedeva appena un arabesco di righe sporche, contorte. Eguardarle dava un ribrezzo. Per arrivare a questo ribrez-zo avevo tanto sognato, aspettato? Strisciai la palma sul-L'armadio. Vi rimase un'impronta untuosa come la sbava-tura di una lumaca, come la traccia di una lacrima lunga.

Quando me ne andai, la luna era bianca e illuminava

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la notte di bianco. La fissavi con occhi appannati e con-cludevi: appena esiste una cosa bianca, pulita, c'Š sem-pre qualcuno che la insozza con i suoi escrementi. Poi tichiedevi: perch‚? Ma perch‚? In albergo aprii il rubinet-to dell'acqua, ci posai sotto la mano. Ne col• un liquidonero che presto scomparve in un vortice nero e sai che tidico, bambino? Tu sei come la mia luna, la mia polvere diluna. Gli spasmi sono raddoppiati, non posso pi— guidare.Se trovassi un motel, se potessi fermarmi, riposarmi. Colcervello pi— lucido, forse, scoprirei una soluzione per sal-vare il salvabile: non buttare via la mia luna. Non voglioperder di nuovo la luna, vederla sparire in fondo a un la-vabo. Ma Š inutile. Con la stessa certezza che mi paraliz-zava la notte in cui seppi che esistevi, ora so che stai ces-sando di esistere.

Ho interrotto il viaggio. Sono tornata in citt… e hotelefonato alla dottoressa che non ci credeva. Ripetevasia calma, quindici giorni fa tutto andava bene: certo Š lasua fantasia. Le ho risposto che il sangue non Š fantasia,che per una settimana sono stata ferma in un motel conil solo risultato di vedere uno stillicidio di sangue. Mi haordinato di raggiungerla immediatamente. Sulla portasorrideva, col consueto ottimismo. Mi sono spogliata allasvelta, prima che me lo dicesse. Mi sono distesa sul let-tuccio e lei m'ha appoggiato una mano sul cuore. Haesclamato: ® Come batte! Fa rumore quanto un tambu-ro ®. Non ho risposto n‚ alla sua dolcezza n‚ al suo sor-riso. L'altrui comprensione non mi serviva pi— e v'era inme la sicurezza di partecipare a una cerimonia superflua,segretamente attesa, in fondo, e forse voluta. Ero pronta,rassegnata, convinta che non avrei reagito perch‚ tuttoquello che c'era da dire l'avevo gi… detto, tutto quello chec'era da patire l'avevo gi… patito. Ma quando la cerimoniaŠ iniziata ho compreso che non sarei mai stata pronta, mai.Perfino ascoltare le sue domande mi faceva male, perfinorispondervi. ® Non lo ha mai sentito muovere recentemen-te? ® ® No. )> ® Si Š sentita pi— pesante, pi— goffa? ® ® No. ®® E quando s'Š messa in testa l'idea che... ® ® sulla stradaaccidentata, prima di arrivare al motel. ® ® Piuttosto in-sufficiente per cavarne giudizi. E tocca a me esprimer giu-dizi, s o no ? ® Poi mi ha scoperto il ventre, ha notato che inrealt… sembrava pi— piatto di prima. Mi ha palpato i seni,ha osservato che in realt… sembravano meno turgidi diprima. Si Š infilata il guanto di gomma, ti ha cercato. E

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la sua fronte s'Š corrugata, i suoi occhi si sono rabbuiatimentre diceva: ®L'utero ha perso tono. Si presenta av-vizzito. ~ lecito sospettare che il bambino non cresca be-ne, che non cresca pi—. Dovremmo fare un esame biolo-gico, aspettare ancora qualche giorno. ® Poi si Š sfilata ilguanto, lo ha buttato via. Si Š appoggiata con entrambele mani al lettuccio. Mi ha fissato con mestizia: ® Tantovale che glielo dica subito. Ha ragione lei. Non cresce pi—.Almeno da due settimane e forse da tre. Si faccia corag-gio, Š finita. ~; morto®.

Non ho risposto nulla. Non ho fatto un gesto. Nonho battuto un ciglio. Sono rimasta l con un corpo cheera pietra e silenzio. Anche il cervello era pietra e silen-zio. Non vi si annidava un pensiero, una parola. L'unicasensazione era un peso insopportabile sopra lo stomaco,un piombo invisibile che mi schiacciava come se il cielomi fosse precipitato addosso: senza far rumore. Nell'im-mobilit… assoluta, nella mancanza di suoni assoluta, ilsuo invito Š esploso col fragore di uno sparo: ® Coraggio,si alzi. Si vesta®. Mi sono alzata e le gambe eran pietradentro la pietra, bisognava che compissi uno sforzo disu-mano per indurle a obbedire. Mi sono vestita e ho uditola mia voce che chiedeva cosa avrei dovuto fare, un'altravoce che rispondeva: ®Niente. Lui star… l ancora perun poco. Dopo se ne andr… spontaneamente ®. Ho annui-to. Allora l'altra voce ha ammucchiato frasi su frasi, unincessante ronzio che mi pregava di non avvilirmi, moltibambini se ne vanno perch‚ non sono perfetti, non sonoformati bene, chi vuole mettere al mondo un bambinoche non Š perfetto, non formato bene, non dovevo con-dannarmi, non dovevo rimproverarmi per colpe incom-messe, la gravidanza Š tale quando si svolge con natura-lezza, lei era contraria al sistema di coloro che costrin-gono una donna a letto per mesi e impediscono alla na-tura di fare il suo corso. Ho pagato. L'ho salutata conun cenno della testa. Sono uscita tra due filari di pancegonfie, le pance gonfie si offrivano provocatorie al mioventre piatto che chiudeva un morto, e finalmente ilmio cervello ha pensato qualcosa. Ha pensato: "E an-data come doveva andare. Dunque ci vuole coerenza". Ela parola coerenza mi ha accompagnato fino all'albergo,martellante, ossessiva: coerenza, coerenza, coerenza. Maquando sono entrata nella mia stanza e ho visto la culla,ho visto il carillon, le magliette del tuo guardaroba, ho

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vomitato un gemito lungo. E son caduta sul letto, mentreun altro gemito si aggiungeva a quel gemito, poi un altro,e un altro ancora, finch‚ dal profondo del corpo doveormai giaci come un pezzettino di carne che non contapi— nulla Š salito un gran pianto, e ha schiantato la pie-tra rompendola in mille pezzetti, sbriciolandola in pol-vere. E ho urlato. E sono svenuta.

Forse Š stato durante il sonno cui mi sono abbando-nata dopo aver ripreso i sensi. O forse Š stato durante ildelirio. Comunque Š avvenuto: me ne ricordo con luci-dit…. C'era una sala candida, con sette scanni e una gab-bia. Io ero dentro la gabbia e loro sugli scanni, remoti e

irraggiungibili. Sullo scanno centrale stava il medico chemi curava prima del viaggio. Alla sua destra stava ladottoressa, alla sua sinistra il commendatore. Accanto alcommendatore stava la mia amica e accanto alla miaamica stava tuo padre. Accanto alla dottoressa stavanoi miei genitori. Nessun altro. E nessun oggetto intorno oalle pareti o per terra. Ma ho capito subito che si stavacelebrando un processo dove ero io l'accusata, e che essicostituivano la giuria. Non ho provato panico, n‚ smar-rimento. Con infinita rassegnazione mi son messa a stu-diarli, uno a uno. Tuo padre singhiozzava piano, copren-dosi il viso come il giorno in cui s'era seduto sul letto. Imiei genitori tenevano il capo chino, quasi fossero op-pressi da una mortale stanchezza o da un mortale dolore.La mia amica sembrava triste, gli altri tre impenetrabili.S'Š alzato il medico e ha incominciato a leggere un fo-glio: ® Presente l'imputata, questa giuria si riunisCe pergiudicarla del reato di omicidio premeditato per avervoluto e provocato la morte di suo figlio mediante incu-ria, egoismo, mancanza del pi— elementare rispetto versoil suo diritto alla vita ®. Poi ha posato il foglio, ha spie-gato in che modo si sarebbe svolto il processo. Ciascunoavrebbe parlato come testimone e giudice, quindi avrebbedato ad alta voce il suo voto: colpevole o non colpevole.La maggioranza dei voti avrebbe determinato il verdetto edopo quello, in caso di condanna, si sarebbe scelta la pena.Ecco, incominciava. Toccava a lui prendere la parola. Laprima frase s'Š levata come un vento di ghiaccio.

®Un figlio non Š un dente cariato. Non lo si pu•estirpare come un dente e buttarlo nella pattumiera, tra

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il cotone sporco e le garze. Un figlio Š una persona, ela vita di una persona Š un continuum dall'attimo in cuiviene concepita al momento in cui muore. Alcuni di voicontesteranno il concetto stesso del continuum. Ripete-ranno che nell'attimo in cui si Š concepiti, non esistiamocome persona. Esistiamo solo come cellula che si molti-plica e che non rappresenta la vita. O non pi— di quantola rappresenti un albero che non Š delitto tagliare, unmoscerino che non Š delitto schiacciare. Da scienziatorispondo subito che un albero non diventa un uomo, e

nemmeno un moscerino. Tutti gli elementi che compon-gono un uomo, dal suo corpo alla sua personalit…, tuttii quozienti che costituiscono un individuo, dal suo sanguealla sua mente, sono concentrati in quella cellula. Essirappresentano molto di pi— che un progetto o una pro-messa: se potessimo esaminarli con un microscopio ca-pace di vedere al di l… del visibile, ci butteremmo in gi-nocchio e crederemmo tutti a Dio. Gi… in tale fase, dun-que, e per quanto ci• possa apparire paradossale, io misento autorizzato a usare la parola assassinio. Ed aggiun-go: se l'umanit… dipendesse dal volume, L'assassinio dallaquantit…, dovremmo dedurne che uccidere un uomo dicento chili Š pi— grave che ucciderne uno di cinquanta.La collega che mi sta a fianco non sorrida. Sulle sue tesiio risparmio giudizi ma sul suo modo di esercitare laprofessione medica non risparmio commenti: in quellagabbia dovrebbero starci due donne, non una. ® Poi haguardato la dottoressa con sprezzante severit…. Lei hasostenuto lo sguardo tranquilla, fumando, e ci• mi haconsolato come un tepore. Ma subito il vento di ghiaccioha ripreso.

® Tuttavia non siamo qui per giudicare la morte diuna cellula. Siamo qui per giudicare la morte di un bam-bino che aveva raggiunto almeno i tre mesi della suaesistenza prenatale. Chi ne provoc• la morte? Circostan-ze a noi ignote ma naturali, qualcuno che Š sfuggito allacattura, o la donna che vedete in gabbia? Io vi possofornire le prove che mi permettono di affermare: a pro-vocarne la morte fu la donna che vedete in ~abbia. Nona caso io la sospettai fin dal primo incontro. L'esperien:zami fa riconoscere un'infanticida anche dietro una ma-schera, ed era una maschera che lei portava sul voltodicendo di volere il bambino. Era una menzogna offerta

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a se stessa prima che agli altri. Mi colp , ad esempio, lasua durezza ferrigna. Il giorno in cui mi congratulai conlei perch‚ l'esame era stato positivo, rispose secca chelo sapeva gi…. Mi colp anche l'ostilit… con cui reag al-L'ordine di mettersi a letto non appena fu colta da spasmidovuti a contrazioni uterine. Non poteva permettersi si-mili Itlssi, replic•, e quindici giorni era il limite massimocui si sarebbe piegata. Dovetti insistere, adirarmi, morti-ficarmi in raccomandazioni. E ci• mi convinse che nonle piaceva accettare i doveri di madre, che la sua nonera una maternit… responsabile. Del resto mi telefonavain continuazione, affermando che stava bene e non c'eraragione di tenerla a letto, protestando che aveva un la-voro e doveva alzarsi. Il mattino in Cui la rividi era ilritratto dell'infelicit…. E, proprio nel corso di quella visi-ta, si maturarono i miei sospetti che costei meditasse undelitto. Anatomicamente e fisiologicamente non si spie-~ava infatti perch‚ la ~gravidanza fosse cos dolorosa: glispasmi potevano avere soltanto un'origine psicologica,cioŠ volontaria. La interrogai. Ammise, laconica, di sen-tirsi angosciata per molte preoccupazioni. Alluse anche aun dispiacere che non cercai di chiarire ~giacchŠ mi parveovvio che fosse il dispiacere d'essere incinta. Infine le do-mandai se volesse davvero il bambino e le spiegai che avolte il pensiero uccide: era necessario che mutasse il suonervosismo in placidit…. Con un lampo d'ira rispose chesarebbe stato come chiederle di mutare il colore degli oc-chi. Pochi giorni dopo si present• di nuovo. Aveva ripresola vita normale e le cose erano peggiorate. La ricoveraiin clinica. Qui, per otto giorni, la immobilizzai e ottenniil controllo della sua psiche attraverso la farmacologia.

® E siamo al delitto, signori. Ma prima di illustrarve-lo, dico: supponiamo che uno di voi sia gravemente am-malato e abbia bisogno di una medicina. La medicina Ša portata di mano, la salvezza consiste nel semplice gestodi qualcuno che ve la porge. Come chiamate colui cheinvece di darvi la medicina la butta via o la sostituiscecon un veleno? Pazzo, dispettoso, colpevole di omissionedi soccorso? No, troppo poco. Io lo chiamo assassino.Signori gi~rati, non v'Š dubbio che il bambino fosse am-malato e che la medicina a portata di mano fosse l'im-mobilit…. Ma questa donna non solo gliela neg•: gli som-ministr• il veleno di un viaggio che avrebbe danneggiatouna gravidanza pi— facile. Ore e ore in aereo, in auto-

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mobile, per strade sconnesse, luoghi accidentati, da sola.Io la scongiurai. Le dimostrai che a quel punto suo figlionon era pi— un moltiplicarsi di cellule ma un vero bam-bino. Le annunciai che lo avrebbe ucciso. Mi oppose lasua durezza spietata, firm• un foglio col quale si assu-meva ogni responsabilit…. Part . Lo uccise. D'accordo: sefossimo dinanzi a un tribunale di leggi scritte, mi sarebbearduo sostenerne la colpevolezza. Non vi furono sonden‚ farmaci n‚ interventi chirurgici: secondo le leggiscritte, questa donna dovrebbe andarsene assolta perch‚ ilfatto non esiste. Ma noi siamo una giuria della vita, si-gnori, e in nome della vita io vi dico che il suo compor-tamento fu peggio delle sonde e dei farmaci e degli in-terventi chirurgici. Perch‚ fu ipocrita, vile, e senza ri-schi legali.

® Darei molto per riconoscerle le circostanze atte-nuanti, assolverla in parte. Ma non vedo dove, non vedocome. Era povera forse, affogava in ristrettezze econo-miche tali da non poter mantenere suo figlio? Assoluta-mente no. Lo riconosce lei stessa. Doveva difendere il suoonore in quanto apparteneva a una societ… che l'avrebbeperseguitata se metteva al mondo un illegittimo? Neppu-re. Appartiene a un establishment culturale che anzich‚respingerla avrebbe fatto di lei un'eroina, e comunquenon crede alle regole della societ…. Rifiuta Dio, la patria,la famiglia, il matrimonio, gli stessi principii del vivereinsieme. Il suo delitto non ha attenuanti perch‚ lo com-mise in nome di una libert…: la libert… personale, egoista,che non tiene conto degli altri e dei loro diritti. Ho pro-nunciato la parola diritti. L'ho fatto per prevenirvi sullaparola eutanasia. L-'ho fatto anche perch‚ non mi rispon-diate che lasciando morire quel figlio essa esercit• un suodiritto: risparmiare alla comunit… il fardello di un indivi-duo malato e cioŠ sbagliato. Non spetta a noi stabilirea priori chi sar… sbagliato e chi no, se sar… sbagliato ono. Omero era cieco e Leopardi era gobbo. Se gli spar-tani li avessero gettati dalla rupe Tarpea, se le loro madrisi fossero stancate di portarli in seno, oggi l'umanit… sa-rebbe pi— povera: escludo che un campione olimpionicovalga pi— di un poeta storpio. Quanto al sacrificiodi custodire nel ventre il feto di un campione olimpionicoo di un poeta storpio, io vi ricordo che la specie umanasi propaga cos : piaccia o non piaccia. E concludo: col-pevole ! ®

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Mi sono rattrappita a quell'urlo. Ho chiuso gli occhie cos non ho visto la dottoressa che si alzava per parlare.Quando li ho riaperti lei aveva gi… incominciato e diceva:® Il mio collega si Š dimenticato di ammettere che perogni Omero nasce un Hitler, che ogni concepimento Šuna sfida carica di splendide e orrende possibilit…. Io nonso se questo bambino sarebbe stato una Giovanna d'Arcoo un Hitler: quando Š morto egli era soltanto una scono-sciuta possibilit…. Per• so chi Š questa donna: una realt…da non distruggere. Tra una possibilit… sconosciuta e unarealt… da non distruggere, io scelgo quest'ultima. Il miocollega sembra ossessionato dal culto della vita. Per•quel culto egli lo riserva a chi potrebb'essere, non loestende a chi lo Š gi…. Il culto della vita Š una bellachiacchiera e basta. Anche la battuta un-figlio-non-Š-un-dente-cariato Š una bella battuta e basta. Scommettoche il mio collega Š stato alla guerra e ha sparato e haucciso dimenticando che nemmeno a vent'anni un figlioŠ un dente cariato. Non conosco infanticidio peggioredella guerra: la guerra Š un infanticidio in massa, rin-viato di vent'anni. Eppure lui l'accetta, in nome di chis-s… quali altri culti, e non applica ad essa la tesi del suocontinuum. Anche come scienziata non posso prenderesul serio il suo continuum: se lo facessi, dovrei portareil lutto ognivolta che un uovo muore non fecondato,ognivolta che i duecento milioni di spermii non arri-vano a bucarne la membrana. Peggio: dovrei portareil lutto anche quando viene fecondato: pensando ai cen-tonovantanove milioni e novecentonovantanovemilanove-centonovantanove spermii i quali muoiono sconfitti dal-L'unico spermio che ha bucato la membrana. Anch'essi so-no creature di Dio. Anch'essi sono vivi e contengono glielementi che compongono un individuo. Il mio collega nonli ha mai osservati al microscopio? Non li ha mai visti cor-rere scodinzolando come un branco di girini, non li ha maivisti faticare e lottare contro la zona pellucida, battendociil capo disperatamente, sapendo che fallire Š morire? Sitratta di uno spettacolo straziante: ignorandolo, il mio col-lega non Š generoso verso il suo sesso. Io non vorrei indul-gere a facili ironie ma, visto che egli crede tanto alla vita,come pu• lasciar morire miliardi e miliardi di spermii sen-za farci nulla? Omissione di soccorso o crimine? Crimine,ovvio: dentro quella gabbia dovrebbe starci anche lui.Se non ci va, e subito, significa che ci ha mentito, che

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il suo perbenismo Š turbato da chi dice che il problemanon consiste nel far nascere un gran numero di individuima nel rendere meno disgraziata possibile l'esistenzadi coloro che sono gi… nati.

® Sempre a proposito del mio collega, evito di pren-der sul serio la sua insinuazione di correit…. Al massimopotrei essere accusata di errato giudizio, e neanche unagiuria della vita pu• condannare l'errato giudizio. Delresto non fu tale: fu semplicemente un giudizio e di cuinon mi pento. La gravidanza non Š una punizione inflittadalla natura per farti pagare il brivido di un momento.E un miracolo che deve svolgersi con la stessa sponta-neit… che benedice gli alberi, i pesci. Se non procede inmodo normale, non puoi chiedere a una donna di staremesi e mesi distesa in un letto come una paralitica. In al-tre parole, non puoi esigere da lei la rinuncia della sua at-tivit…, della sua personalit…, della sua libert…. Lo esigi for-se da un uomo che con quel brivido gode molto di pi—?Evidentemente il mio collega non riconosce alle donne ildiritto che riconosce agli uomini: disporre del propriocorpo. Evidentemente egli considera l'uomo un'ape cuiŠ permesso di svolazzare di fiore in fiore, la donna unsistema genitale che serve solo alla procreazione. Capitaa molti nel nostro mestiere: le pazienti preferite dai gine-cologi sono fattrici placide, grasse, senza problemi di li-bert…. E comunque non siamo qui per giudicare i medici.Siamo qui per giudicare una donna accusata di omicidiopremeditato e compiuto col pensiero anzich‚ coi ferri. Ri-fiuto l'accusa, in base ad elementi precisi. Il giorno incui diagnosticai che tutto andava bene, vidi un gran sol-lievo in lei. Il giorno in cui ammisi che il feto era morto,vidi un gran dolore in lei. Ho detto feto e non bambino:la scienza mi permette questa distinzione. Sappiamo tut-ti che un feto diventa un bambino solo al momento dellaviabilit…, e che tale momento sopraggiunge al nono me-se. In casi eccezionali, al settimo mese. Ma ammettiamopure che non fosse pi— un feto, che fosse gi… un bambino:il crimine non esisterebbe ugualmente. Caro collega, co-stei non voleva la morte del suo bambino: voleva la pro-pria vita. E purtroppo in certi casi la nostra vita Š la mor-te di un altro, la vita di un altro Š la nostra morte. A chi cispara, si spara. Le leggi scritte chiamano ci• legittimadifesa. Se mai questa donna desider• inconsciamente lamorte del figlio, lo fece per legittima difesa. Quindi non

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Š colpevole®.

Poi s'Š alzato tuo padre che non piangeva pi—. Maappena ha mosso le labbra per dire qualcosa, il suo men-to ha incominciato a tremare e le lacrime sono sgorgatedi nuovo. Si Š portato di nuovo le mani agli occhi ed Šricaduto a sedere. ®Rinuncia alla parola dunque?® hadetto il medico con irritazione. Tuo padre ha abbassatoil capo impercettibilmente, come a rispondere s . ® Nonpu• rinunciare al voto per•® ha insistito l'altro. Tuo pa-dre ha raddoppiato i singhiozzi. ® Il voto, la prego ! ® Tuopadre s'Š soffiato il naso, tacendo. ® Colpevole s o no? ®Tuo padre ha tirato un sospiro lungo e ha mormorato:® Colpevole ®. A quel punto Š successa una cosa tremen-da: la mia amica s'Š voltata e gli ha sputato addosso. Ementre lui si detergeva, pallido, la mia amica ha gridato:®Vigliacco. Ipocrita vigliacco. Tu che le telefonavi sol-tanto perch‚ lo buttasse via. Tu che per due mesi sei ri-masto nascosto come un disertore. Tu che sei andato dalei solo perch‚ ti ho pregato. Fate sempre cos , vero? Vispaventate e ci lasciate sole e al massimo tornate da noiin nome della paternit…. Tanto che vi costa la paternit…?Un ventre sfasciato da un ingrossamento ridicolo? La pe-na del parto, la tortura dell'allattamento? Il frutto dellapaternit… vi viene scodellato dinanzi come una minestragi… cotta, posato sul letto come una Camicia stirata. Nonavete che dargli un cognome se siete sposati, neanchequello se siete fuggiti. Ogni responsabilit… Š della donna,ogni sofferenza, ogni insulto. Puttana, le dite se ha fattol'amore con voi. La parola puttano non esiste nel diziona-rio: usarla Š un errore di glottologia. Sono millenni che ciimponete i vostri vocaboli, i vostri precetti, i vostri abusi.Sono millenni che usate il nostro corpo senza rimettercinulla. Sono millenni che ci imponete il silenzio e ci rele-gate al compito di mamme. In qualsiasi donna cercateuna mamma. A qualsiasi donna chiedete di farvi da mam-ma: perfino se Š vostra figlia. Dite che non abbiamo i vo-stri muscoli e poi sfruttate la nostra fatica anche per farvilucidare le scarpe. Dite che non abbiamo il vostro cervelloe poi sfruttate la nostra intelligenza anche per farvi am-ministrare il salario. Eterni bambini, fino alla vecchiaiarestate bambini da imboccare, pulire, servire, consigliare,consolare, proteggere nelle vostre debolezze e nelle vostrepigrizie. Io vi disprezzo. E disprezzo me stessa per nonsaper fare a meno di voi, per non gridarvi pi— spesso: sia-

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mo stanche d'esservi mamme. Siamo stanche di questaparola che avete santificata per il vostro interesse, il vo-stro egoismo. Dovrei sputare anche su lei, signor dottore.Lei che in una donna vede soltanto un utero e due ovaie,mai un cervello. Lei che dinanzi a una donna incintapensa: "Prima si Š divertita e poi viene da me". Non si Šmai divertito, lei, signor dottore? Non ha mai dimentica-to il culto della vita? Lo difende cos bene al livello cel-lulare Ghe la si direbbe invidioso di ci• che la sua collegachiama miracolo della maternit…. Ma no, lo escludo.Quel miracolo Š un sacrificio per lei. In quanto uomo,non saprebbe affrontarlo. Qui non si fa il processo a unadonna, dottore: si fa il processo a tutte le donne. Ho quin-di il diritto di rovesciarlo su lei e se lo metta bene in te-sta, dottore: la maternit… non Š un dovere morale. Non Šnemmeno un fatto biologico. E una scelta cosciente. Que-sta donna aveva fatto una scelta cosciente, e non volevauccider nessuno. Era lei che voleva ucciderla, signor dot-tore, negandole perfino l'uso del proprio intelletto. Perci•dentro la gabbia dovrebbe starci lei, e non per mancatosoccorso a miliardi di stupidi spermatozoi bens per tenta-to donnicidio. Dopodich‚ mi pare addirittura superfluodichiarare che l'accusata non Š colpevole ®.

Poi s'Š alzato il commendatore, con un'espressionedi falso imbarazzo. Non sapeva come pronunciarsi, hainiziato, perch‚ in questa giuria si sentiva un estraneo.Gli altri erano legati all'imputata da un vincolo profes-sionale o affettivo che includeva il bambino: lui, invece,era soltanto il suo datore di lavoro. In quanto tale, nonpoteva che rallegrarsi all'idea che le cose fossero andatecom'erano andate: pur cedendo alla magnanimit…, egliaveva sempre considerato quella gravidanza un ostacolo.Peggio: una catastrofe che gli sarebbe costata un muc-chio di denaro. Bastasse pensare allo stipendio da pagar-le, secondo una legge assurda e riprovevole, anche nei me-si di inerzia. Il bambino era stato saggio, pi— saggio dellamadre. Oltretutto, morendo, aveva difeso il nome delladitta. Che avrebbe pensato il pubblico a veder la suadipendente, non sposata per giunta, con un neonato inbraccio? Non si peritava di confessarlo: se la donna avesseaccettato, lui l'avrebbe aiutata a disfarsi dell'inoppor-

tuno. Per• lui non era solo un industriale: era un uomoE i giurati che lo avevano preceduto, i due giurati ma

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schi s'intende, avevan provocato nella sua coscienza unripensamento. Il dottore attraverso la logica e la moralit…,il padre del bambino attraverso il cordoglio. Riflettendo,non poteva non associarsi ai ragionamenti del primo e alpianto del secondo. Un figlio appartiene in uguale misuraal padre e alla madre: se il delitto era stato commesso, sitrattava di un doppio delitto giacch‚, oltre ad eliminarela vita di un infante, aveva stroncato la vita di un adul-to. D'accordo, bisognava decidere se il delitto era statocommesso o no: ma esistevano dubbi in proposito? Eranecessaria una prova pi— schiacciante della testimonian-za offerta dal medico? Costui era stato indulgente aparlare d'un vago egoismo. Lui, commendatore, potevasvelarne il motivo e il movente. L'imputata temeva cheil famoso viaggio venisse affidato a un collega rivale. Perquesto era balzata dal letto ed era partita, senza alcun ri-guardo per la vita che portava in seno. Senza nessuna mi-sericordia. Che la sua alleata sputasse pure, insultasse pu-re. L'imputata era colpevole.

Allora ho cercato con gli occhi mio padre e miamadre. E li ho implorati, in silenzio, perch‚ erano lamia ultima possibilit… di salvezza. Mi hanno rispostocon uno sguardo avvilito. Sembravano esausti, moltopi— vecchi di quando il processo era incominciato. Latesta gli ciondolava in avanti come se non ne sostenes-sero il peso, il corpo gli tremava come se avessero freddo,e tutto in loro cedeva stroncato in un mesto abbandonoche li isolava dagli altri: legandoli dentro un'uniCa dispe-razione. Si reggevano reciprocamente la mano, per aiu-tarsi. Mano nella mano hanno chiesto il permesso di re-stare seduti. Il permesso gli Š stato concesso e allora li hovisti confabulare: per stabilire, suppongo, chi avrebbe par-lato per primo. Ha parlato per primo lui. Ha detto: ® Ioho avuto due dolori. Il primo dolore a sapere che quelbambino c'era e il secondo dolore a sapere che non c'erapi—. Sper~ che qui mi venga risparmiato un terzo dolore:veder condannare mia figlia. In che modo si siano svoltele cose non so. Nessuno di voi pu• saperlo perch‚ nessunopu• entrare nell'anima altrui. Per• questa Š mia figlia:e per un padre i figli non sono colpevoli. Mai ®. Subitodopo ha parlato mia madre. Ha detto: ® ~ la mia bambi-na. Sar… sempre la mia bambina. E la mia bambina nonpu• fare cose cattive. Quando mi scrisse che aspettavaun figlio, io le risposi: "Se hai deciso cos , vuol dire che Š

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giusto". Se mi avesse scritto che non lo voleva, io avrei ri-sposto la stessa cosa. Non tocca a noi giudicare, n‚ a voi.Non avete il diritto di accusarla n‚ di difenderla per-che non siete dentro n‚ la sua mente n‚ dentro il suo cuore.Nessuna delle vostre testimonianze ha valore. V'Š soloun testimone, qui, che potrebbe spiegarci come sono an-date le cose. E questo testimone Š il bambino che nonpu•... ®. Allora gli altri l'hanno interrotta, in coro: ® Ilbambino, il bambino! ®. Ed io mi sono aggrappata allagabbia, e ho gridato: ® Il bambino no ! Il bambino no ! ®.Ed Š stato mentre gridavo cos che...

* * *

S , Š stato mentre gridavo cos che ho udito la tua vo-ce: ® Mamma ! ®. E mi son sentita svuotare perch‚ erala prima volta che qualcuno mi chiamava mamma, e per-ch‚ era la prima volta che udivo la tua voce, e perch‚ nonera la voce di un bambino. Era la voce di un adulto, di unuomo. E ho pensato: "Era un uomo !". Poi ho pensato:Era un uomo, mi condanner…". Infine ho pensato: "Lovoglio vedere !". E le mie pupille hanno frugato ovunque,dentro la gabbia, fuori della gabbia, tra gli scanni, al di l…degli scanni, per terra, sui muri. Ma non ti hanno trovato.Non c'eri. C'era solo una quiete di tomba. E in questa quie-te di tomba la tua voce s'Š levata, di nuovo: ® Mamma !Lasciami parlare, mamma. Non avere paura. Non bisognaaver paura della verit…. Del resto Š gi… stata detta. Ciascu-

no di loro ha detto una verit…, e tu lo sai: me lo hai inse-gnato tu che la verit… Š fatta di molte verit… differenti. So-no nel giusto coloro che ti hanno acCusato e coloro che tihanno difeso, coloro che ti hanno assolto e coloro che tihanno condannato. Per• quei giudizi non contano. Tuo pa-dre e tua madre hanno ragione a rispondere che non si pu•entrare nell'anima altrui, e che l'unico testimone son io.Soltanto io, mamma, posso affermare che mi hai uccisosenza uccidermi. Soltanto io posso spiegare come l'hai fat-to e perch‚. Io non avevo chiesto di nascere, mamma. Nes-suno lo chiede. Laggi— nel nulla non v'Š volont…. Non v'Šscelta. V'Š il nulla. Quando avviene lo strappo e ci accor-giamo di incominciare, non ci chiediamo nemmeno chi l'havoluto e se ci• Š bene o male. Semplicemente, accettiamo epoi aspettiamo di scoprire se ci piace aver accettato. Sco-prii fin troppo presto che mi piaceva. Sia pure attraverso i

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tuoi timori, le tue esitazioni, eri stata cos brava a convin-cermi che nascere Š bello e scappare dal nulla una gioia.Una volta nato non ti dovrai scoraggiare, dicevi: neanchea soffrire, neanche a morire. Se uno muore vuol dire che Šnato, che Š uscito dal niente, e niente Š peggiore del niente:il brutto Š dover dire di non esserci stato. La tua fede miseduceva, la tua prepotenza. Sembrava davvero la prepo-tenza dei tempi remoti in cui la vita era esplosa nel modoche mi avevi narrato. Io ti credevo, mamma. Insieme al-L'acqua che mi immergeva io bevevo ogni tuo pensiero. Eogni tuo pensiero aveva il sapore di una rivelazione. Potevaavvenire altrimenti ? Il mio corpo era solo un progetto chesi sviluppava in te, ~razie a te; la mia mente era solo unapromessa che si realizzava in te, grazie a te. Apprendevoesclusivamente ci• che mi davi, ignoravo ci• che non midavi: le mie sorsate di luce e di coscienza eri tu. Se sfidavitutto e tutti per condurmi alla vita, pensavo, ci• signifi-cava che la vita era veramente un dono sublime.®Ma poi crebbero le tue incertezze, i tuoi dubbi, eprendesti ad alternare lusinghe e minacce, tenerezza erancore, coraggio e paura. Per lavarti della paura ungiorno attribuisti a me la decisione di esistere, mamma.Affermasti d'avere obbedito a un mio ordine, non alla tuascelta. Mi accusasti addirittura d'essere il tuo padrone: tula mia vittima, non io la tua. E passasti a rimproverarmi,biasimarmi perch‚ ti facevo soffrire. Giungesti addirittu-ra a sfidarmi spiegando cos'era la vita da voi: una trap-pola priva di libert…, di felicit…, di amore. Un pozzo dischiavit— e di violenze Cui non mi sarei potuto sottrarre.Non ti stancavi mai di dimostrarmi che non c'Š salvezzanel formicaio, che non si sfugge alle sue leggi cupe. Lemagnolie servono per scaraventarci le donne, la cioccolatala mangiano quelli che non ne hanno bisogno, il domani Šun uomo fucilato per un pezzo di pane e poi un sacco dimutande sporche. Si concludevano sempre con una do-manda, le tue fiabe tristi: ma Š proprio il caso che tu escadal tuo nido di pace per venire quaggi—? Non mi raccon-tasti mai che un fiore di magnolia si pu• cogliere senzamorire, che un gianduiotto si pu• mangiare senza umiliar-Si, che il domani pu• essere meglio di ieri. E quando te neaccorgesti era troppo tardi: mi stavo gi… suicidando. Nonpiangere, mamma: io mi rendo conto che facevi questoanche per amore, per prepararmi a non cedere il giornoin cui l'orrore di esistere mi avrebbe investito. Non Š veroche non credi all'amore, mamma. Ci credi tanto da stra-

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ziarti perch‚ ne vedi cos¡ poco, e perch‚ quello che vedinon Š mai perfetto. Tu sei fatta d'amore. Ma Š sufficientecredere all'amore se non si crede alla vita? Non appenacompresi che tu non credevi alla vita, che facevi uno sforzoad abitarci e portando me ad abitarci, io mi permisi laprima e l'ultima scelta: rifiutar di nascere, negarti perla seconda volta la luna. Ormai potevo, mamma. Il miopensiero non era pi— il tuo pensiero: ne possedevo uno mio.Piccolo forse, abbozzato, ma in grado di trarre questa con-clusione: se la vita Š un tormento, approdarci perch‚?Non mi avevi mai detto perch‚ si nasce. Ed eri stata ab-bastanza onesta da non imbrogliarmi con le leggende cheavete inventato per consolarvi: il Dio onnipotente che

crea a sua immagine e somiglianza, la ricerca del bene,la corsa al paradiso. La tua sola spiegazione era stata cheeri nata anche tu, e prima di te la tua mamma, prima del-la tua mamma, la mamma della tua mamma: all'indietroverso uno ieri di cui si perdevan le tracce. Si nasceva in-somma perch‚ altri eran nati e perch‚ altri nascessero: inun prolificare affine a se stesso. Se non accadesse cos , midicesti una sera, la specie umana si estinguerebbe. Anzinon esisterebbe. Ma perch‚ dovrebbe esistere, perch‚ deveesistere, mamma? Lo scopo qual Š? Te lo dico io, mam-ma: un'attesa della morte, del niente. Nel mio universoche tu chiamavi uovo, lo scopo esisteva: era nascere. Manel tuo mondo lo scopo Š soltanto morire: la vita Š unacondanna a morte. Io non vedo perch‚ avrei dovutouscire dal nulla per tornare al nulla®.

Allora ho compreso quant'era fondo e irrimediabileil male che ti avevo inflitto e che avevo inflitto a mestessa, alle cose in cui mi costringo a credere: nascereper essere felici, liberi, buoni, per battersi in nome dellafelicit…, della libert…, della bont…, nascere per tentare, sa-pere, scoprire, inventare. Per non morire. E in preda alpanico mi sono augurata che tutto ci• fosse un sogno, unincubo da cui sarei uscita per ritrovarti vivo, bambinodentro di me, e ricominciare daccapo, senza spaventar-mi, senza mostrarmi impaziente, senza rinunciare allafede che ha nome speranza, e ho scosso la gabbia: di-cendo a me stessa che non esisteva. La gabbia ha resi-stito. Era davvero una gabbia ed era davvero un tribu-nale e s'era svolto davvero un processo dove tu mi avevigiudicato colpevole perch‚ io mi giudicavo colpevole

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mi avevi condannato perch‚ io mi condannavo. Restavasoltanto da decider la pena e questa era ovvia: rifiutarela vita e tornare al nulla con te. Ti ho teso le braccia.Ti ho supplicato di portarmi via con te, subito. E tu mi seivenuto accanto, mi hai detto: ® Ma io ti perdono, mam-ma. Non piangere. Nascer• un'altra volta®.

Splendide parole, bambino, ma parole e basta. Tuttigli spermii e tutti gli ovuli della terra uniti in tutte lepossibili combinazioni non potrebbero mai creare di nuo-vo te, ci• che eri e che avresti potuto essere. Tu non rina-scerai mai pi—. Non tornerai mai pi—. E continuo a par-larti per pura disperazione.

Sono giorni che te ne stai chiuso l dentro, senza viveree senza andar via. La dottoressa ne Š stupita e impaurita.Posso morire, dice, se non ti tolgo. Lo capisco benissimoe aggiungo: non ho alcuna intenzione di punirmi finoa quel punto, servirmi di te per applicare l'autocondan-na di quell'assurdo processo. La durezza del rimpiantomi basta. Allo stesso tempo, per•, non ho alcuna frettadi toglierti e sarebbe difficile individuarne il motivo.Forse l'abitudine a stare insieme, addormentarci insie-me, svegliarci insieme, sapermi sola senza essere sola?Forse il sospetto illogico che si tratti di un errore e con-venga attendere ancora? O forse perch‚ tornare ad es-sere ci• che ero prima di te non mi interessa pi—? Avevotanto agognato di diventar nuovamente padrona dellamia sorte. Ora che lo sono, non mi interessa pi—. Eccoun'ennesima realt… che hai perso l'occasione di scoprirenascendo: uno Si consuma per ottenere una ricchezza o unamore o una libert…, si affatica per conquistare un suodiritto, e, quando lo conquista, non ne gioisce. Olo sciu-pa olo ignora, magari pensando che gli piacerebbe tor-nare indietro, ricominciare daccapo con le battaglie e itormenti. Aver realizzato il suo sogno lo fa sentire perdu-to. Benedetto colui che pu• dirsi: "Io voglio camminare,non voglio arrivare". Maledetto colui che si impone:"Voglio arrivare fin l…". Arrivare Š morire, durante ilcammino puoi concederti soltanto fermate. Se almenoriuscissi a convincermi che tu sei stato una fermata e ba-sta, che una morte non ferma la vita, che la vita non ave-va bisogno di te, che questo dolore Š servito a qualcosa ea qualcuno. Ma a chi serve un bambino che muore e unamamma che rinuncia ad essere mamma? Ai moralisti, ai

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giuristi, ai teologi, ai riformatori? In tal caso c'Š da do-mandarsi chi sfrutter… questa storia e quale sar… il ver-detto del loro tribunale. Merito la solidariet… dei pi— o ilvituperio? Ho reso un servigio ai moralisti o ai giuristi, aiteologi o ai riformatori? Ho peccato istigandoti al suicidioe uccidendoti, oppure ho peccato attribuendoti un'animache non possedevi? Senti come discutono, come gridano:ha offeso Dio, no, ha offeso le donne; ha dileggiato unproblema, no, vi ha contribuito; ha capito che la vita Šsacra, no, ha capito che la vita Š una beffa. Quasi che ildilemma di esistere o non esistere si potesse risolvere conuna sentenza o un'altra, una legge o un'altra, e non toc-casse ad ogni creatura risolverlo da s‚ e per s‚. Quasi cheintuire una verit… non aprisse interrogativi su una verit…opposta, ed entrambe non fossero valide. Qual Š il finedei loro processi, dei loro litigi? Stabilire ci• che Š lecitoe ci• che non lo Š? Decidere dove sta la giustizia? Aveviragione, bambino: stava in tutti. Anche la coscienza Šfatta di molte coscienze: io sono quel medico e quella dot-toressa, la mia amica e il commendatore, mia madre emio padre, tuo padre e te. Io sono ci• che ciascuno di voimi ha detto. E vallate di tristezza si stendono dinanzi ame, invano fiorite d'orgoglio.

Tuo padre mi ha scritto di nuovo. Stavolta Š unalettera che mi induce a riflettere. Dice: ® Ti conoscoabbastanza per evitare di consolarti affermando che haifatto bene a sacrificare il bambino a te stessa anzich‚ testessa a lui. Sai meglio di me (sei stata tu a gridarlo cac-ciandomi) che una donna non Š una gallina, che non tuttele galline covano le uova, che molte le abbandonano, chealtre se le bevono. N‚ noi le condanniamo per questo, onon pi— di quanto si condanni la natura che uccide con lemalattie e i terremoti. Ti conosco abbastanza anche perevitare di ricordarti che la crudelt… della natura e di cer-te galline contiene una logica e una saggezza: se ogni pos-sibilit… di esistenza diventasse esistenza, morremmo permancanza di spazio. Sai meglio di me che nessuno Š indi-spensabile, che il mondo se la sarebbe cavata ugualmen-te se Omero e Icaro e Leonardo da Vinci e Ges— Cristonon fossero nati: il figlio che hai voluto perdere non lasciavuoti, la sua scomparsa non reca danno n‚ alla societ…n‚ al futuro. Ferisce soltanto te, e oltremisura, perch‚il tuo pensiero ha ingigantito un dramma il quale, forse,non Š nemmeno un dramma. (Povera cara: hai scoperto

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che pensare significa soffrire, che essere intelligenti si-gnifica essere infelici. Peccato che ti sia sfuggito un terzopunto fondamentale: il dolore Š il sale della vita e senzadi esso non saremmo umani.) Non ti scrivo dunque percompiangerti. Ti scrivo per congratularmi, per ricono-scere che hai vinto. Ma non perch‚ ti sei scrollata didosso la schiavit— di una gravidanza e di una maternit…:perch‚ sei riuscita a non cedere al bisogno degli altri,incluso il bisogno di Dio. Proprio il contrario di ci• cheŠ successo a me. Eh, s . L'invidia verso coloro che cre-dono in Dio mi ha talmente assalito in questi ultimimesi da diventar tentazione, ed ho ceduto alla tenta-zione. Lo riconosco ammettendo la mia stanchezza. DioŠ un punto esclamativo con cui si incollano tutti i coccirotti: se uno ci crede vuol dire che Š staneo, che nonce la fa pi— a cavarsela da s‚. Tu non sei stanca perch‚sei l'apoteosi del dubbio. Dio Š per te un punto interro-

gativo, anzi il primo punto interrogativo di infiniti puntiinterrogativi. E solo chi si strazia nelle domande pertrovare risposte, va avanti; solo chi non cede alla como-dit… di credere in Dio per aggrapparsi a una zattera eriposarsi, pu• incominciare di nuovo: per contraddirsi dinuovo, smentirsi di nuovo, regalarsi di nuovo al dolore.La nostra amica mi informa che il bambino Š ancoradentro di te e rifiuti di liberartene, quasi tu volessi ser-virti di lui per punire la tua incoerenza e proibirti divivere. Suppongo che me ne informi perch‚ ti preghi dinon insistere in questa follia. Anzich‚ pregarti, ti an-nuncio che non vi insisterai a lungo. Ami troppo la vitaper non avvertirne il richiamo. Quando esso verr…, tugli obbedirai come quel cane di London che segue i lupiululando e diventa lupo con loro ®.

Infatti domani torniamo a casa. E sebbene la paroladomani mi sembri un'offesa per te, una minaccia per me,non posso fare a meno di guardarmi intorno ed accor-germi che domani Š un giorno colmo di opportunit….

Mi hanno salutato con grande entusiasmo, come sefossi stata ammalata a un piede o a un orecchio ed ora miaccmgessl'a trascorrere una convalescenza. Si sono con-gratulati per il lavoro che son riuscita a condurre a termi-ne malgrado-le-difficolt…. Mi hanno portato a mangiare.E non una parola su te. Quando ho tentato io, hanno as-

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sunto un'aria tra evasiva e imbarazzata: quasi alludessia un argomento sgradevole e volessero dirmi non-ci-pen-siamo-pi—-quel-che-Š-stato-Š-stato. Pi— tardi la mia ami-ca m'ha preso da parte e, col tono di ricordarmi un ap-puntamento importante, ha detto d'essersi consultata colmedico il quale sostiene che non Š il caso di contare suuna tua partenza spontanea: se non ti faccio togliere,muoio di setticemia. Bisogner… che mi decida: sarebbeparadossale che, per ristabilir l'equilibrio, tu uccidessime. Ho ancora tante cose da fare. Tu non le hai mai in-cominciate, io invece s . Ho da sviluppare la mia carriera,ad esempio, e dimostrare che non sono meno brava di unuomo. Ho da battermi contro le comodit… dei punti escla-mativi, ad esempio, ho da indurre la ~gente a porsi pi—perch‚. Ho da spegnere la piet… per me stessa, e convin-cere me stessa che il dolore non Š il sale della vita. Il saledella vita Š la felicit…, e la felicit… esiste: consiste nel darlela caccia. Infine devo ancora chiarire il mistero che chia-mano amore. Non quello che si divora in un letto, toccan-doci. Quello che mi accingevo a conoscer con te. Mi man-chi, bambino. Mi manchi quanto mi mancherebbe unbraccio, un occhio, la voce: e tuttavia mi manchi meno diieri, meno di stamani. E strano. Si direbbe che di ora in orail tormento si affievolisca per chiudersi in una parentesi. Ilupi hanno gi… incominciato a chiamarmi e non importase sono ancora lontani: appena si avvicineranno, me nerendo conto, io li seguir•. Davvero ho sofferto cos pro-fondamente ed a lungo? Me lo chiedo con incredulit….Una volta lessi in un libro che la durezza di una penasopportata si avverte soltanto quando ce ne siamo-liberatie, stupefatti, si esclama: come ho fatto a tollerare un si-mile inferno? Dev'esser davvero cos , e la vita Š straordi-naria. Rimargina le ferite a una velocit… folle. Se non re-stassero le cicatrici, non ci ricorderemmo nemmeno che dil sgorg• il sangue. Del resto perfino le cicatrici svanisco-no. Impallidiscono e infine svaniscono. Succeder… anche ame. Succeder…? Devo riuscirci. Perch‚ lo pretendo, lo esi-go. Infatti ora stacco il tuo ritratto dal muro, la smetto difarmi impressionare dai tuoi occhi spalancati. E nascon-do le altre fotografie, anzi le strappo. E fo a pezzi questaculla che mi son portata dietro come una bara, la scara-vento nell'inceneritore. E nascondo il tuo guardaroba perregalarlo a qualcuno, anzi lo straccio. E prendo l'appunta-mento col medico, gli dico che sono d'accordo, uno di que-sti giorni bisogna strapparti via. E magari chiamo tuo pa-

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dre o non importa chi, e vado a letto con lui stasera: ne hoabbastanza della castit…. Tu sei morto ma io sono viva.Cos viva che non mi pento, e non acCetto processi, nonaccetto verdetti, neanche il tuo perdono. I lupi sono qui,vicino, ed io ho la forza di partorirti ancora cento voltesenza implorare soccorso n‚ da Dio n‚ da nessuno... Dio,che male! Mi sento male, ad un tratto. Cos'Š? Di nuovole coltellate. Si allungano fino al cervello per bucarlo co-me allora. Sto sudando. Mi sale la febbre. E arrivato ilnostro momento, bambino: il momento di separarci. Enon lo voglio. Non voglio che ti strappino con il cucchia-io, per gettarti nella pattumiera tra il cotone sporco e legarze. Non vorrei. Ma non ho scelta. Se non corro al-L'ospedale perch‚ ti stacchino da queste viscere cui restiaggrappato, mi ammazzi. E questo non posso permetter-lo. Non devo. Tu sbagliavi a dire che non credo alla vita,bambino. Io ci credo, invece. Mi piace, anche con le sueinfamie, e intendo viverla ad ogni costo. Io corro, bam-bino. E ti dico addio con fermezza.~r y y

Sopra di me c'Š un soffitto bianco e accanto a me,dentro un bicchiere, ci sei tu. Non volevano che ti ve-dessi ma li ho convinti affermando che era mio dirittoe ti hanno posato l : con una smorfia di disapprova-zione. Ti guardo, finalmente. E mi sento beffata perch‚non hai proprio nulla in comune con il bambino della fo-tografia. Non sei un bambino: sei un uovo. Un uovo gri-gio che galleggia in un alcool rosa e dentro il quale non siscorge nulla. Finisti assai prima che se ne accorgessero:non arrivasti mai ad avere le unghie e la pelle e le infi-nite ricchezze che io ti regalavo. Creatura della mia fan-tasia, riuscisti appena a realizzare il desiderio di duemani e due piedi, qualcosa che assomigliava ad un cor-po, L'abbozzo di un volto con un nasino e due microsco-pici occhi. In fondo amai un pesciolino. E per amore diun pesciolino mi inventai un calvario in seguito a cui ri-schio di finire anch'io. E inaccettabile. Ma perch‚ non tiho fatto togliere prima? Perch‚ ho perso tanto tempo pre-

zioso lasciando che tu mi avvelenassi? Sto male, sembra-no tutti allarmati. Mi hanno infilato aghi nel braccio de-

stro e nel polso sinistro, dagli aghi partono tubi sottili chesalgono come serpenti fino ai boccioni. L'infermiera si ag-

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gira con passi d'ovatta. Ognitanto entra il dottore con unaltro dottore e si scambiano frasi che non capisco ma chesuonano come minacce. Darei molto perch‚ arrivassero lamia amica o tuo padre, meglio ancora i miei genitori:m'era parso di udirne le voci. Invece non viene nessunofuorch‚ quei due col camice bianco: uno Š lo stesso chemi condann•? Un momento fa s'Š arrabbiato. Ha det-to: ®Raddoppiate la dose!®. La dose di che? Della pe-na? L'ho gi… scontata, devo ricominciare? Poi ha detto:®Svelti, non capite che se ne va?®. Chi se ne va? Unago, una persona, la vita? La vita non pu• andarsene senon si vuole: qui non muore nessuno. Nemmeno te, per-ch‚ sei gi… morto. Morto senza sapere cosa significa es-sere vivo: senza sapere cosa sono i colori, i sapori, gliodori, i suoni, i sentimenti, il pensiero. Mi dispiace: perte e per me. Mi umilia. Perch‚ a cosa serve volare come ungabbiano dentro l'azzurro se non si generano altri gab-biani che ne genereranno altri ancora ed ancora per vo-lare dentro l'azzurro? A cosa serve giocare come bam-bini se non si generano altri bambini che ne genereran-no altri ancora ed ancora per ~giocare e divertirsi? Do-vevi resistere. Dovevi combattere, vincere. Hai cedutotroppo presto, ti sei rassegnato troppo alla svelta: noneri fatto per la vita. Chi si spaventa per un paio di fia-be, per due o tre avvertimenti? Eri simile a tuo padre: luitrova comodo riposarsi in Dio, tu trovasti comodo ripo-sarti non nascendo. Chi di noi due ha tradito? Non io.Sono molto stanca, non sento pi— le gambe, a intervallimi si annebbiano gli occhi e il silenzio m'avvolge come unronzio di vespe. Eppure non cedo, io, guarda. Tengo duro,io, guarda. Siamo talmente differenti. Non devo addor-mentarmi. Devo stare sveglia e pensare. Se penso, forse,resisto. Da quando stai in quel bicchiere? Da ore, da gior-ni, da anni? Magari sono giorni e a me sembrano anni:non posso lasciarti ancora in un bicchiere. Bisogna che tisistemi in un posto pi— dignitoso: ma dove? Forse ai piedidella magnolia. Il fatto Š che la magnolia Š lontana: sitrova nel tempo in cui anch'io ero piccina. Il presente nonha magnolie. Nemmeno la mia casa. Dovrei portarti acasa. Al mattino, per•. Ora Š notte: il soffitto bianco stadiventando nero. E fa freddo. Meglio che infili il cappottoper scendere gi—. Via, andiamo: ti porto. Vorrei tenertifra le braccia, bambino. Ma sei cos minuscolo: non possotenerti fra le braccia. Posso appoggiarti sulla palma di unamano ed Š tutto. Purch‚ un colpo di vento non ti rubi. Ecco

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una cosa che non capisco: pu• rubarti un colpo di ventoe tuttavia pesi tanto, barcollo. Dammi la mano, ti prego-cos . Bravo. Ecco, ora sei tu che mi conduci, mi guidiMa allora non sei un uovo, non sei un pesciolino: sei unbambino! Mi arrivi gi… al ginocchio. No, al cuore. No,alla spalla. No, al di sopra della spalla. non sei un bam-bino, sei un uomo ! Un uomo con dita forti e gentili. Neho bisogno ormai: sono vecchia. Non riesco nemmeno ascendere i gradini se non mi sorreggi. Ricordi quandoandavamo su e gi— per questa scala, attenti a non cade-re, stretti l'uno all'altra in un abbraccio di complicit…? Ri-cordi quando ti insegnavo ad andarci da solo, camminavida poco, e contavamo i gradini ridendo? Ricordi comeimparavi aggrappandoti ad ogni sporgenza, ansimando,mentre io ti seguivo con le mani tese? E il giorno in cuici litigammo perch‚ non ascoltavi le mie raccomanda-zioni? Dopo mi dispiacque. Volevo chiederti scusa manon mi riusciva. Ti cercavo di sotto le ciglia e anche tumi cercavi di sotto le ciglia finch‚ ti fior sulle labbra unsorriso e compresi che avevi compreso. Poi cosa accad-de? Il mio pensiero si appanna, le mie palpebre sem-brano piombo. E il sonno o la fine? Non devo cedere alsonno, alla fine. Aiutami a restare sveglia, rispondimi:fu difficile usare le ali? Ti spararono in molti? Gli spara-sti a tua volta? Ti oppressero nel formicaio? Cedesti alledelusioni e alle rabbie oppure rimanesti dritto come un al-bero forte? Scopristi se c'Š la felicit…, la libert…, la bont…,L'amore? Spero che i miei consigli ti siano serviti. Speroche tu non abbia mai urlato l'atroce bestemmia "perch‚sono nato?". Spero che tu abbia concluso che ne valeva lapena: a costo di soffrire, a costo di morire. Sono cos or-gogliosa d'averti tirato fuori dal nulla a costo di soffrire, acosto di morire. Fa davvero freddo e il soffitto bianco oraŠ proprio nero. Ma siamo arrivati, ecco la magnolia. Co-gli un fiore. Io non ci sono mai riuscita, tu ci riuscirai. Al-zati sulla punta dei piedi, allunga un braccio. Cos . Dovesei? Eri qui, mi sorreggevi, eri grande, eri un uomo. E oranon ci sei pi—. C'Š solo un bicchiere di alcool dentrocui galleggia qualcosa che non volle diventare un uomo,una donna, che non aiutai a diventare un uomo, una don-na. Perch‚ avrei dovuto, mi chiedi, perch‚ avresti dovuto?Ma perch‚ la vita esiste, bambino ! Mi passa il freddo adire che la vita esiste, mi passa il sonno, mi sento io la vita.Guarda, s'accende una luce. Si odono voci. Qualcuno cor-re, grida, si dispera. Ma altrove nascono mille, centomila

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bambini, e mamme di futuri bambini: la vita non ha bi-sogno n‚ di te n‚ di me. Tu sei morto. Forse muoio anch'io.Ma non conta. Perché‚ la vita non muore.Fine

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