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FF3300 ISSUE #7 1 INTERVIEWS TALKINGS * * * * Francesco Hexis Alessio Scheme Franchi Uncoated Corradini 2 THESIS PROJECTS * * * * * Giovanni Stefano Marco Cristina Fabio Bianchi Lionetti Zamarato Spanò Gioia Sinestesie Lazy Narrative Guatemala Brayend Olfattive Dog Design 3 DOSSIER * Le riviste futuriste Fabio Gioia

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FF3300 issue #7

1iNTeRVieWsTALKiNGs * * * * Francesco Hexis Alessio scheme Franchi uncoated Corradini

2THesisPROJeCTs * * * * * Giovanni Stefano Marco Cristina Fabio Bianchi Lionetti Zamarato Spanò Gioia sinestesie Lazy Narrative Guatemala Brayend Olfattive Dog Design

3DOssieR * Le riviste futuriste Fabio Gioia

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EDITORIALE

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“Begin with ideasembrace chanceCelebrate coincidenceAd-lib and make things upeliminate superfluous elementssubvert expectationMake something difficult look easyBe first or lastBelieve complex ideas can produce simple thingsTrust the processAllow concepts to determine formReduce material and production to their essencesustain the integrity of an ideaPropose honesty as a solution”

- Daniel Eatock

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0.01 COLOPHON*Sostieni FF3300.Invia i tuoi progetti.www.ff3300.com

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COLOPHONDIrezIone artIStIca & DIrezIone reDazIonale & Progetto eDItorIale: Alessandro Tartaglia, Carlotta LatessaconSulenza InDISPenSabIle e PazIente: Silvio Nicola Spina, Luciano PerondityPeFaceS: Dic Sans - Dic Mono: disegnati da Luciano Perondi (Molotro)Hanno collaborato a queSto numero: Francesco Franchi - Francesco Gioia - Alessio Corradini - Sara Allievi Scheme - Sick System -Cristina Spanò - Fabio Gioia - Stefano Lionetti Marco ZamaratoWebSIte: www.ff3300.comFoto In coPertIna: Alessio Corradini

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we like to use the dic.molotro typedesignwww.molotro.com

Molotro produces original custom typefaces for corporate identities, for sign systems and also for any kind of editorial purpose. To ask for more information feel free to contact us writing to: [email protected]

0.1

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Talkingsabout design- Francesco Franchi- Hexis / uncoated- Alessio Corradini- scheme

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Quali sono gli avvenimenti che ti hanno segnato, e perché? I cinque anni in Leftloft sono stati davvero importanti perché mi hanno dato la possibilità di incontrare persone che hanno notevolmente influito sulla mia crescita professionale e personale. Approcciandomi a diversi ambiti progettuali ho inoltre avuto modo di capire ciò che mi appassiona maggiormente.

Parlaci del tuo progetto di Tesi.Il mio progetto di tesi, dal titolo “iL Re-DesiGNeR, L’incombenza del designer contemporaneo nel redesign di un quotidiano - verso un nuovo paradigma”, presentato nel dicembre 2007, ma ancora molto attuale, nasce da un’analisi del contesto in cui si trova l’editoria periodica contemporanea, sia italiana che mondiale.

Chi è Francesco Franchi?È un graphic designer ventiseienne che ha iniziato la sua attività presso un grande studio milanese, Leftloft, alternando lavoro e università. Dopo cinque anni di esperienza e la laurea in Design Industriale presso il Politecnico di Milano con una tesi sul newspaper design ha avuto la fortuna di essere invitato a partecipare al progetto di un mensile maschile per il Sole 24 ore, iniziando così un’esperienza nuova, anche a livello giornalistico.

Di cosa ti occupi principalmente?Grafica editoriale e infografica

www.re-designer.org

FF CHIAMA FFDue cHIaccHIere con FranceSco FrancHIgIoVane art DIrector DI “Il”

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Typeface swift

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Per un designer penso che questo sia il momento più interessante ed ambizioso in cui trovarsi nel mercato dei quotidiani. In tutto il mondo vi è un gran subbuglio attorno al settore dei quotidiani e alle loro sorti: vi è un continuo susseguirsi di progetti di redesign, i direttori dei giornali ripensano alle loro strategie, analizzano quello che fanno e come lo fanno, cercano nuove soluzioni e nuove tattiche.Nella società contemporanea il quotidiano non è più solamente un giornale che viene pubblicato ogni giorno.

La sua definizione si è estesa e non si dovrebbe attualmente parlare di quotidiani, ma di brand mediatici che confezionano e distribuiscono storie multicanale: dal momento in cui la notizia accade fino all’uscita del quotidiano, il giorno seguente. I lettori sanno che quando acquistano il quotidiano le notizie sono già vecchie e, per questo motivo, cercano contestualizzazione, approfondimento e chiedono una selezione.Essere un newspaper designer significava,

fino a pochi anni fa, occuparsi esclusivamente dei layout delle pagine e delle fonti tipografiche; oggi significa invece ripensare all’intero processo. Lo scopo della mia tesi è stato quello di riflettere sulla trasformazione in corso, cercando di valutarne le criticità, ma anche le opportunità. Essa vuole proporre il passaggio dal redesign al RE-Designer, un nuovo paradigma progettuale ed una nuova epistemologia della pratica professionale del designer. La proposta si fonda sulla considerazione che l’immediata reazione, impulsiva e superficiale, della maggior parte dei quotidiani, nostrani ed esteri, è stata una corsa a rifarsi il trucco — dimagrendo per abbattere i costi della carta e sfoggiando il full color per cercare di piacere agli inserzionisti e a un numero maggiore di lettori — senza un’approfondita

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il Re-Designer

La mia tesi vuole sottolineare l’importanza del modus operandi del designer e la sua integrazione, nel processo decisionale prima e nel gruppo di lavoro poi, al fine di creare un prodotto editoriale di successo, laddove l’innovazione — al di là della distribuzione, della forma e del contenuto— sta in un flusso produttivo ottimizzato, in cui pianificazione, creatività e lavoro di gruppo sono il fulcro del processo di confezionamento dell’informazione. *

Quali sono state le tue esperienze progettuali più significative? e perché? Il progetto della mia tesi e l’interesse che nutro verso il mondo dei quotidiani in generale e il newspaper design nello specifico, nascono prima di tutto dal contesto professionale nel quale mi sono trovato

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e precedente riflessione sulle ragioni di quanto sta accadendo. si avanza così l’ipotesi che in contesti progettuali favorevoli, il progettista possa acquistare un ruolo rilevante grazie alle sue caratteristiche di multidisciplinarità, empatia e creatività, caratteristiche che sono funzionali allo sviluppo della capacità di comprendere la realtà-società-complessità e finalizzate alla riuscita di un buon progetto di redesign; inteso non come ri-disegno, ma come ri-progetto e ri-pensamento.

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servire e migliorare l’impianto giornalistico.Quella era però una meta-redazione, un contesto ideale, proprio perché le competenze coinvolte erano poche e selezionate sulla base dei bisogni di una prima fase progettuale in modo da raggiungere un mix ottimale: molto lontana da una vera e propria redazione di un quotidiano. Non avevo ancora raggiunto un’idea concreta su come fosse una redazione operativa; non avevo ancora sperimentato la macchinosità, la verticalità e la difficoltà di dialogo con vere redazioni, se non per sentito dire. La mia esperienza nel settore dei quotidiani non si arrestò lì e, nel 2006, partecipai alla realizzazione di un progetto che prevedeva la fornitura da service esterno di infografiche per uno dei più grandi quotidiani italiani, il Corriere della Sera.

a operare come progettista in questi ultimi anni, a contatto con direttori, redattori e intere redazioni di alcuni quotidiani italiani. Si è trattato di progetti editoriali molto diversi l’uno dall’altro, soprattutto per il contesto nel quale ci si trovava ad agire. Nel 2005, contemporaneamente agli studi universitari, ebbi l’occasione di lavorare al mio primo progetto editoriale: un settimanale, ma nel formato e nelle sembianze di un quotidiano. Un prodotto innovativo nel panorama editoriale italiano. Essendo

un progetto nascente, si crearono le condizioni di un forte e costruttivo coinvolgimento del team progettuale con i vertici della redazione. Assistere alle riunioni e partecipare alla progettazione di questo nuovo giornale, fu l’occasione per comprendere numerosi aspetti e situazioni che suscitarono in me forte curiosità. L’inserimento e la partecipazione costante del direttore e di altre competenze nell’iter progettuale permise a noi progettisti di capire come il design grafico potesse

il Re-Designer

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In quel momento, dopo aver osservato e compreso la complessità di un vero quotidiano, capii cosa significava veramente una redazione. Lavorando sulla produzione quotidiana, nel rispetto delle deadline, compresi quanto era difficile raggiungere un prodotto eccellente di design grafico e quanto ingegneristico fosse tutto il procedimento

di produzione di un quotidiano. Un altro progetto, sempre nell’ambito della carta stampata, a cui ho partecipato — la progettazione di un nuovo quotidiano sportivo che è andato ad aggiungersi ai tre già presenti nel panorama italiano (seppur per breve tempo e per cause che nulla hanno a che fare con il progetto grafico

e il piano editoriale in sé) — è stato quello che mi ha fornito anche l’input necessario per avviare il disegno della mia tesi e questo è avvenuto sulla base dell’esperienza di un completo coinvolgimento in redazione, resosi essenziale per l’implementazione del progetto grafico.Lì mi sono accorto come sia più che mai necessario

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* www.re-designer.org

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Ectet at. Ut veliquissit lumsan et, voluptat lum zzrit at wisi et lorper incidunt iuscil ulla feummy nostio diat wis atueril utpatin hent nummy nos erostrud mincil ulputpat vullan utatie vero et lutat prate con vulla conulputat.Faccums andreet accum zzril exeros dit ip eugue te dolorti ncillum dolorer iriliqu ipisi.Nostrud delit at. Si. Uptatet, quiscilit iriure consent wis nummy nisisi.Liquisisi eum zzrilla ortincil euis nissequamet volesecte molummy nim zzrilisl dolenibh eui blamcon ea faccum nulput utpat.

Riusciduis nummy niatisi.Ipissequi et, veros amcommo lesequis at acin volore volobor susci tetum dolestin veraesenit ulluptat inim irillaor iliquam zzriusci et aliquate commy non hendreet prat alisl doluptat, consequat. Dui bla adipis at. Dui bla facidui bla feuisl ulput acip et augait utpatue del ulputpatem non ut lute venit nos diamcon ulluptat. Ut eugiat.Onsent landit vel ea facillam inis nis nit acil ulla commy nos atet lobortin hent adio odolesse minciduisisi eugait wis dolessi ex eratum

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nonse modoloboreet aut lutat, quis dolor incip ent ipit nonsed elenim veraesed tate tatue duisl dolorperatie magna consendipsum acilit lore faccum vullaore facipit exerat inim veliquismod ming erit illute vullaor sis doluptat. Dunt amcon henim inim nos non velit augiat, commolobore tat wismoleniat praestisi eugue digna conse magnisim zzriusci tisisim ea cor sit lutating esequis nulla conseniat num eummy nim delestrud euis nibh etum zzriurero consequat.Ex er incil ipit nostrud magna

corerat, commodo odit nonum et euis niat ulputet, conulla orperat ulla facidunt lummodolor in el dit wis erate tiscil ex essecte con ut nisi bla consequat, sequatio conum etummodiamet verat.Ed dolore tat in utpatum iusto odignibh ero corpero er sustio eugue tie con utat. Ut autem euisl iril etuerciduis am zzrit inci ea faciliquam, vullupt atisi.Am incipit am at. Odigniam aut acipit praesto dolore magnim ipit autat am in hendiam ea consectet, conse con ullutat ute velisi blam, sectem dolortie mincidu

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in un progetto — in questo caso editoriale (ma il paradigma penso sia estendibile a tutti i campi della progettazione) — un coinvolgimento di competenze diverse e come queste debbano partecipare in un processo collettivo che è insieme di definizione dei problemi e di individuazione delle soluzioni. L’apporto del progettista non può essere, in ogni caso, quello di un soggetto che fornisce soluzioni ai problemi, ma piuttosto quello di un “partecipante” in questo processo collettivo. in un contesto ideale, il designer diviene un “facilitatore” della discussione tra volontà del direttore, la propria competenza e quella degli altri attori coinvolti nel set decisionale. Questo determina l’unicità del progetto garantendo che cambiando la volontà, (anche se non cambia il progettista) il progetto non sia il medesimo. È opportuno che coloro che partecipano al processo decisionale — direttore, editore, progettista, capiredattori, responsabili di marketing —siano inclini e disponibili a comprendere i limiti della propria expertise attraverso una conversazione riflessiva con il set decisionale. È inoltre necessario che il sistema sia aperto e in interazione

con l’ambiente esterno, mutevole giorno per giorno, al fine di ottenere un prodotto che guadagni consenso nella complessità della società contemporanea.

Qual è la metodologia che applichi quando approcci un progetto di information design?Non credo di avere una metodologia fissa e un impianto teorico-procedurale da applicare ogni volta a rigore. Cerco sempre di stare attento ad alcuni aspetti che ritengo importanti per la buona riuscita di un progetto infografico. innanzitutto organizzare bene le informazioni disponibili e cercare di prefigurarsi mentalmente il grafico; in secondo luogo, prima di mettermi davanti al computer, cerco sempre di tracciare a mano uno schizzo del grafico, molto importante anche per capire quale importanza e quanto

IN uN CONTesTO IdeALe, IL desIgNer dIvIeNe uN “FACILITATOre” deLLA dIsCussIONe TrA vOLONTà deL dIreTTOre, LA PrOPrIA COMPeTeNzA e queLLA degLI ALTrI ATTOrI COINvOLTI NeL seT deCIsIONALe.

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IN uN CONTesTO IdeALe, IL desIgNer dIvIeNe uN “FACILITATOre” deLLA dIsCussIONe TrA vOLONTà deL dIreTTOre, LA PrOPrIA COMPeTeNzA e queLLA degLI ALTrI ATTOrI COINvOLTI NeL seT deCIsIONALe.

spazio destinare a ciascuna informazione. Terzo aspetto, cercare di contestualizzare sempre le informazioni, evitando di astrarre troppo i concetti e puntando a ottenere diversi livelli di lettura; offrendo un primo approccio visivo che permette di stabilire il contesto che stiamo analizzando, ma allo stesso modo dare la possibilità al lettore di scendere nel dettaglio, proponendo spunti e approfondimenti interessanti e curiosi.Fino alla fine è importante semplificare ed eliminare ogni elemento che possa distrarre dal comprendere le informazioni, ma allo stesso modo aggiungere ridondanza non è da considerarsi un errore perché a volte può facilitare la comprensione.

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iL - Allegato del sole 24 Ore

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Quanto conta il culto dell’ego nel panorama del graphic design italico? è vero che se non si viene percepiti come dei “personaggi” è più difficile accedere a determinate commesse?Vorrei fare una distinzione in base al significato che si vuole attribuire a “culto dell’ego”. Se è inteso come auto-promozione, lo ritengo un aspetto importante nell’attività di un designer perché è l’unico modo per cercare di proporre le proprie idee e i propri lavori, soprattutto in Italia dove non si è ancora completamente instaurata una cultura del progetto che invece caratterizza altre realtà europee. Se culto dell’ego presuppone, invece, identificarsi come un “personaggio” e approcciarsi ai progetti come tale, credo sia un po’ finita quell’era. Ritengo che il mercato, soprattutto nel settore della grafica (anche per l’estrema facilità con cui oggi è possibile avvicinarsi

a questo mestiere e fare cose sorprendenti), sia attualmente così competitivo e aperto alle nuove generazioni che quello che conta è la professionalità e l’essere in grado di offrire dei servizi concreti, piuttosto che l’essere percepito come “un artista” o come “un creativo”.

I principali aspetti positivi, e quelli negativi della tua esperienza a Leftloft...Quando ho iniziato, Leftloft era una realtà di 6-7 persone, nel giro di pochi anni è diventato uno studio con più di venti dipendenti e con l’ambizione di spingersi oltre oceano. Gli aspetti positivi sono stati moltissimi, dai compagni di lavoro ai progetti, nonchè i quattro soci fondatori dello studio, impegnati anche in attività didattica, che mi hanno offerto numerosi spunti per crescere professionalmente.

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Didascalia

Quali sono le tue attuali mansioni in qualità di art director per IL?La realtà di IL rappresenta in parte quell’ambiente e quel cambiamento di paradigma che ho cercato di tracciare nella stesura della mia tesi e di cui ho accennato precedentemente. All’interno della redazione vige una gerarchia funzionale fondata sull’importanza di un set decisionale collettivo che comprende competenze diverse, e questa molteplicità dei decisori, anzichè rendere intrattabile un problema, rappresenta una vera e propria risorsa.

Vi è in ognuno, e soprattutto nel direttore, l’assunzione di un ruolo che, abbandonata ogni pretesa di porsi al di sopra delle parti, riesce a interagire creativamente con gli altri, all’interno di ciascun caso concreto. E mi sembra funzioni.I miei compiti sono in maggior parte attinenti agli aspetti grafici, ma vi è un pieno coinvolgimento della parte grafica in tutto il processo di realizzazione del giornale e l’apporto del design non è limitato a sole funzioni regolative. La grafica più che un’estetica è per iL un’etica, intesa come indice di differenziazione e anche come possibile criterio di successo commerciale.

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Quali sono state (se ce ne sono state) le critiche che vi hanno mosso dopo la progettazione di IL?Pochissime critiche. Qualcuno si è lamentato del troppo nero e soprattutto del Times spigoloso che abbiamo usato per la titolazione. A parte questa, che non abbiamo molto compreso e per questo in parte trascurata, molti complimenti. Ci aspettavamo più critiche e non averle ricevute ci ha preoccupati un po’. Information design, pregi e difetti, pericoli e vantaggi...

L’information design è l’utopia di un linguaggio universale, o un sistema di comunicazione elitario? Non penso che l’information design sia utopia di un linguaggio universale, soprattutto perché la sua comprensione presuppone un preciso contesto culturale alle spalle. L’information design è semplicemente una tecnica di rappresentazione che permette di trattare in maniera visuale e non lineare informazioni complesse e correlate tra loro.Può rappresentare un supporto alla comprensione e un modo per affrontare determinate tematiche. Per questi motivi ritengo che questa formula non vada applicata indiscriminatamente solo perchè apparentemente contribuisce a dare dettaglio e lavorazione ad una pagina.

Information design non è illustrare, ma ragionare, scomporre e mettere in relazione; anche se conserva aspetti soggettivi, poichè sta all’arbitrio e alla volontà del designer mettere in evidenza un particolare dato rispetto ad un altro, portando il lettore su una strada piuttosto che sull’altra.

Tre dischi a cui non riesci a rinunciare.1. Radiohead - Ok Computer2. Fabrizio De Andrè - Non al denaro non all’amore nè al cielo3. Modest Mouse - Good News for People Who Love Bad News

Quali sono per te i migliori prodotti editoriali attualmente diffusi in italia? e perché?Ci sono molti buoni prodotti editoriali italiani, così come ce ne sono altri che nell’attuale panorama, a mio parere, sono ormai superati.

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Didascalia

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L’INFOrMATION desIgN HA LO sCOPO dI reNdere evIdeNTe CIò CHe è deduCIbILe:pROgETTARE L’InfORMAzIOnE è unA nEcEssITà, MAppE MEnTALI, DIAgRAMMI, E quALunquE ALTRO TIpO DI vIsuALIzzAzIOnERIsuLTA un InDIspEnsAbILE sTRuMEnTO cOnOscITIvO, DEL quALE pOssIAMO AvvALERcI, AD EsEMpIO pER L’AppREnDIMEnTO.coSa SI Potrebbe Fare nell’eDItorIa DI teStI ScolaStIcI? Potremmo mIglIorare Il moDo In cuI traSmettIamo la cultura?

come questa, potrebbe rappresentare per me una buona palestra. Sarebbe bello continuare a mettere tutta questa passione in ogni progetto futuro, condividerla con persone come quelle incontrate fino a ora. Fare tanta esperienza e raggiungere una maturazione professionale come quella che ho voluto tratteggiare a conclusione del mio progetto di tesi delineando quella figura che ho chiamato RE-Designer; e magari riuscire un giorno a pubblicare questo progetto in cui ho investito tanto.

Tra i primi includerei il settimanale Internazionale, il Foglio, Rolling Stones, Case d’Abitare... solo per citarne alcuni. Sono convinto che quest’ondata di crisi e calo di pubblicità nell’editoria risveglierà nuove idee e nuovi prodotti. Stiamo vivendo un momento molto interessante e insieme stimolante, non ci sono state altre fase analoghe nella storia dell’editoria. Abbiamo davanti a noi anni che saranno con ogni probabilità caratterizzati da sfide eccitanti in questo settore, ma che allo stesso

tempo potranno forse creare sgomento. I migliori prodotti editoriali penso debbano ancora arrivare perchè saranno quelli che riusciranno a comprendere le trasformazioni in atto. Imparare e rinnovarsi è la cosa più importante che possiamo fare.

Le tue ambizioni, i tuoi sogni, le tue speranze, sia nel lavoro che nella vita...Ho 26 anni, sto ancora imparando questo mestiere, e penso che lavorare nel settore dell’editoria in una fase complessa

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Didascalia

L’INFOrMATION desIgN HA LO sCOPO dI reNdere evIdeNTe CIò CHe è deduCIbILe:pROgETTARE L’InfORMAzIOnE è unA nEcEssITà, MAppE MEnTALI, DIAgRAMMI, E quALunquE ALTRO TIpO DI vIsuALIzzAzIOnERIsuLTA un InDIspEnsAbILE sTRuMEnTO cOnOscITIvO, DEL quALE pOssIAMO AvvALERcI, AD EsEMpIO pER L’AppREnDIMEnTO.coSa SI Potrebbe Fare nell’eDItorIa DI teStI ScolaStIcI? Potremmo mIglIorare Il moDo In cuI traSmettIamo la cultura?

Cos’è che non insegnano nelle università di design, e che invece risulta fondamentale nel lavoro vero?Parlando per esperienza personale, penso che le facoltà di design insegnino bene quella che è la cultura del progetto, dando però una preparazione più tecnica e poco umanistica.

In che rapporto vedi letteratura e grafica? cosa puoi dirci sul rapporto tra queste due discipline?Credo che il rapporto tra letteratura e grafica

si concretizzi in due aspetti: il primo è la struttura grafica che sta alla base del testo letterario, la scaletta elaborata dall’autore ancor prima di iniziare a scrivere, con gli argomenti da trattare e le loro correlazioni; mentre il secondo riguarda l’interpretazione che il lettore può dare al testo e successivamente tradurre in uno schema grafico. Infatti un testo letterario descrive mondi, relazioni, spostamenti che possono facilmente essere tracciati e descritti con frecce e simboli attraverso una mappa o una sequenza. Ecco quindi che la graficapuò fornire, in uno spazio minimo, il quadro d’insieme di un racconto e tradurrebidimensionalmente una creazione complessa.

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schema di rappresentazione di un Classico della Letteratura

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d’identità visiva (retaggio Ulmiano/Aicheriano). L’atteggiamento della segretaria è tutto sommato comprensibile, ma noi, (e specialmente il nostro committente) non possiamo sicuramente accollarci che mesi di duro lavoro possano disperdersi in pochi secondi. Hexis risolve tutto questo, semplificando tutte le operazione di autogestione e uso delle applicazione del sistema d’identità visiva, la nostra segretaria dovrà soltano compilare i nostri modelli (template) pre-progettati, salvare, esportare in pdf o inviare per e-mail.

Come nasce l’idea?Scusa per la fissazione, ma dalla richiesta di una segretaria! Disperata per le indicazioni che le avevo inviato, per l’utilizzo di alcuni modelli, mi chiese se potevo fornirgli tutti

Cose’è hexis?Hexis è un software, o meglio un meta-software web oriented, dedicato alla gestione e uso delle applicazioni dei sistemi d’identià visiva.

Per i comuni mortali?Bè… semplicemente è un software, molto simile (per funzionamento ed interfaccia) ad un normale sito internet che permette di usare on-line i modelli progettati (carta intestata, fax, carta di presentazione, etc.)

Un esempio?Immagina che la segretaria dell’azienda X non voglia saperne nulla di interlinea, giustezza, caratteri, margini, etc… Tutte le robe di noi grafici amiamo e che non vediamo l’ora di codificare eternamente nel nostro bel manualone d’uso del sistema

www.uncoated.it/hexisweb.html

HeXIs Il Futuro Dell’IDentItà VISIVa?un Progetto DI FranceSco gIoIa

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HeXis

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Un esempioSupponi che un’azienda con 100 dipendenti voglia produrre i modelli personali di ogni dipendente, dalla sezione M, l’amministratore del sistema o direttamente ogni dipendente, potrà aggiornare e salvare in autonomia il modello con i propri dati. Successivamente i modelli salvati se previsto potranno essere utilizzati nella sezione W.

Tutto chiaro, se volessi acquistarlo? Installarlo?In realtà Hexis non si installa, per tale ragione parlavo prima di meta software web oriented. Hexis è più una nuova modalità di lavoro che un software vero e proprio.Per questo motivo, Hexis è assemblato, customizzato di volta in volta, proporzionalmente alla richieste del progettista grafico. L’uso del programma non deve essere una limitazione alle possibilità del progetto, anzi esattamente il contrario, per tale motivo non può essere un’applicazione totalmente pre-configurata.

i modelli in Word e credo sia chiaro a tutti cosa voglia significare impaginare con precisione in Word!In realtà, oltre il seppur vero ma banale aneddoto, l’idea nasce da una riflessione più ampia sulla professione o meglio evoluzione della professione del grafico. La digitalizzazione di molti dei processi di progettazione e stampa, hanno aumentato, direi fino al collasso la produzione di artefatti grafici (problema che tutti conosciamo). Tuttavia, eccetto rari casi esemplari, questa nuova possibilità, aumentanto sensibilmente le possibilità dell’autoproduzione ha inciso notevolmente sull’efficienza opertaivade progetti d’identità visiva, che se pur perfettamente codificati sono destinati a disperdersi nell’entropia della gestione.

Quali altre funzionalità ha il software?In realtà il software è diviso in due macro aree che ho chiamato banalmente W (word editor)e M (models). L’area W è dedicata, come dicevo prima, all’uso direttamente on line dei modelli, e questo ovviamente indipendentemente dalla postazione di accesso.L’area M è invece dedicata all’ aggiornamento, inserimento di tali modelli sul database

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“Tuttavia, eccetto rari casi esemplari, questa nuova possibilità, aumentando sensibilmente le possibilità dell’autoproduzione ha inciso notevolmente sull’efficienza operativa de progetti d’identità visiva, che se pur perfettamente codificati sono destinati a disperdersi nell’entropia della gestione.”

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Per info:[email protected]/hexisweb.html

“Tuttavia, eccetto rari casi esemplari, questa nuova possibilità, aumentando sensibilmente le possibilità dell’autoproduzione ha inciso notevolmente sull’efficienza operativa de progetti d’identità visiva, che se pur perfettamente codificati sono destinati a disperdersi nell’entropia della gestione.”

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Cementerio Cristoforo Colombo, Habana

Cuba. c’è così tanto che non se ne può raccontare; bisogna andarci. un occidentale passeggiando per l’Habana si chiede “qui c’è della povertà. come si può vivere così?”. una riflessione è necessaria sul significato della parola povertà.

I bambini giocano ad ogni angolo di strada, criminalità quasi non ce n’è, ed il sapore latino americano riempie di emozioni chiunque. Bambini magri qui non ce ne sono. Questo paese non è povero. FF3300 | FotograFIa: alessio corradini

Cimitero m

onumentale cubano

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non hanno quello che abbiamo noi; ma è proprio quello di cui abbiamo bisogno quello che possediamo? c’è poca libertà in questa isola, ma c’è molta coscienza. CaStro DiCE: “Persino le prostitute qui sono laureate”. come dargli torto? Molti vedono negli stati uniti il benessere che anelano, una generazione intera. sono i figli della rivoluzione che la rinnegano. gli anziani hanno una memoria fervida del passato capitalista fatto di discriminazioni e caste sociali. Loro “sanno”.

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questa “povertà” è la ricchezza di vivere con poco, di quello che è necessario. Cuba è un utopia. L’illusione di un uomo che non si è risparmiato ed ha dato tutta la vita al paese. non per avere più ricchezza ma per avere una giustizia sociale. Tanti vorrebbero scappare e sono intrappolati. Ma dove? Dov’è questa prigione che non ha pareti? non c’è un bambino che non abbia da mangiare qui. La mortalità infantile è inferiore a quasi tutti i paesi occidentali e l’aspettativa di vita una delle più longeve.

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Tutto questo è il sogno di una generazione che ha dato tutto ed ora lascia un’eredità che può essere spazzata via dalle società dei bisogni indotti che trasmettono desideri di cose inutili. scattare ritratti a cuba è facile, ed io non mi sono permesso. Ho viaggiato alla ricerca di una cupezza rara ed immaginaria. Dedico queste immagini a chi gioisce poco della propria vita, nella speranza che possa apprezzare di più quello che ha, e che non getti al vento l’impalpabile leggerezza della gioia.

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into graffiti environment. I decided to try it myself and since that time I keep up doing it. Whatever, that moment has changed my life completely and I suppose changed for the better.

Who or what inspires you? Most of all i’m inspired by traveling, meeting new people.It leaves impressions and somehow ventilates your head. As during the process of creating something new I I’m doing the opposite, trying to escape from external influence. Even from music. Only in total silence the process becomes productive. In general, many things can empress me, like a good movie. And of couse pieces of graffiti writers from my top-10 list.

Hi Scheme. Can you tell something about yourself? Hi, I’m Stas Scheme. I paint letters, study to become a manager, have a side job of free lance designer.

Why did you choose your name? I came out with my name since very beginning and never changed it. That time I just liked such combination of letters. Later, when my style started to reveal it turned out that the meaning fitted quite well.In summer 2007, my first crew was established. Its name StyleKonstruktor, also excellently discloses the concept of my artworks.

How did you get into painting graffiti? Tell us your story. In 2004, I entered the college, where I got

www.styleconstructor.com

sCHeMelettere Dal conFInegraFFItI e SuggeStIonI cIrIllIcHe

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What influences has your local scene had on your work? Do you have connections with the local scene?I have never really kept terms with heaps of local artists. Usually it is no more than combined painting with certain people. Russia still has very little distinctiveness and I would not say that something has its influence. There is almost no hyperactive people as well, so no striking activity like in Berlin for example.

How is the political situation in your Country regarding graffiti? Does it cause any problems? The attitude to graffiti is still very soft here. Buff is everywhere, so people can’t really estemate the scale and generally are loyal about it, until it comes to their own property. Almost all hall of fames in the city are semi-legal, but I don’t remember any troubles lately.

How was born your style and how it has been developed during the years?

On your site we saw something about your “form evolution” can you tell us more please? Do you think that Cyrillic can help you in the lettering study?I try to avoid repeating in every new font, so development is going quite quick. It’s easy to notice fluent evolution of forms in all pieces. Only crucial points can cause some sharp changes. Such moments can emerge when I feel bored of following one direction and I’m glad when they come.

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I rarely use Cyrillic letters and they absolutely have no influence on anything.

How would you determine you own style? How would you classify it? There are two specifics of my scripts – geometrical arrangement and stencil application. All that can be called style. During the whole way of development the forms as well as spectrum of graphic images can change from 3d to plain, from simple to sophisticated and vice versa.

Do you feel more artist or writer? Why? Interesting subject. I think, I’m a little more writer than artist. As all I do is writing my name. I used to paint characters before, but in time I realized that interpretation of human, animals or any other object’s image is a closed chapter. All artists in all times did it. Painting entire abstractionism is also not my thing, ‘cause you need to have something as a base to be understood by others. That’s why my choice is letters.

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Describe your process of creating a new piece. What materials do you normally work in? I need a grid to create geometric drawing accurately and quick. That’s why at first I make lines on the wall or any other surface. Therefore I paint sketches on special paper with grid that I print out. That allows to calculate and insert a drawing in a space. I prefer to paint using rollers, but it all depends on available materials.

If you had to explain your work to a stranger, how would you do it? I try to remove everything excessive in my artworks, making accent on shapes and methods of creation.Fonts are like people. You can’t judge by appearance. The essence is important. Essence of fonts is their shapes. To understand it right you need to feel it through and live with it. That’s why opinion of many who are far from graffiti is not objective and is of no importance.

How do you pick your spots? What draws you to say that’s the right place for my piece? The place is same essential as painting. Not only by the form of surface but also by its surroundings. Sometimes a nice photo of your painting can eliminate some defects of the piece itself. Some walls though should be shot face-forward and cut – then it doesn’t matter where you paint.

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What is the thing that impressed you more in these years of activity?I guess meeting my graffiti idols and understanding that they are real and not just promoted fakes, living in their past. That helps to advance forward. Without aims any person becomes passive in everything. Music and some movies impress greatly. If not graffiti I would try myself in these spheres.

What are your plans now ? Are you currently working on other projects? There are some plans, but nothing definite. Check news at www.stylekonstruktor.com!

How was be a part of a big festival like NAMES in Praha?It was great! Two weeks of communication with the coolest European writers impresses greatly. I have never seen so much graffiti. Big respect to organizers for the given chance to bring my ideas to life!

What do you think is most interesting about Moscow at the moment, what should people who go over there be checking out?My latest trips helped me to realize better where I live. And I can say that Moscow is my favorite city. Everything is different in comparison to European cities: architecture, people, traditions…it all has some leftovers

from soviet times. We don’t have fundamental attitude to anything, here and there all is stained, blured over, bolted-on… but it moves and working and we are used to it and never notice.

Please tell us more about your lifestyle.I can say that I share the ideas of straight age, but I don’t like when people show it. As it is not a method to fight against social foundations, but understanding and realization that all trends and fashion influences don’t lead to anything good. You need to think. I try to make everything in my life neat and elaborate. Same as in my scripts.

Apart from painting, what else do you enjoy doing in your free time? In time, I try to pay more and more attention to painting; finally it has replaced other hobbies. But sometimes I like cooking or riding bicycle. For the past two years my life started to divide on trips and time between trips, where there is almost no free time.

Does Scheme have any famous last words for our mag?Hi to Kurz and CT in Italy! Check latest updates at www.stylekonstruktor.com!

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THe PLACe Is sAMe esseNTIAL As PAINTINg.

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testo di ScHeme

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THe PLACe Is sAMe esseNTIAL As PAINTINg.

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Thesis and projects- Giovanni Bianchi - sinestesie Olfattive- stefano Lionetti - Lazy dog- Marco Zamarato - Narrative Design- Cristina spanò - Guatemala- Fabio Gioia - Brayend

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la ricerca analizza la sinestesia da diversi punti di vista, soffermandosi sulle sue intrinseche capacità di evocazione e sulle sue straordinarie possibilità di apertura verso una realtà “altra”, spesso indefinibile.

0.1 cHe coS’è la SIneSteSIa?La parola sinestesia ha origine dal grecosyn, assieme e aisthesis, percezione; letteralmente “percepire assieme”.la sinestesia indica una contaminazione deicinque sensi nella percezione del percepibile.Essa indica situazioni in cui una stimolazioneuditiva, olfattiva, tattile o visiva è percepita come due eventi sensoriali distinti ma conviventi. A tutti è capitato almeno una volta

di ascoltare un suono e di avere, associata alla sensazione uditiva, anche una sensazione visiva (l’impressione di percepire una tonalità di colore) oppure di rivolgere il pensiero a numeri ed a lettere particolari ed immaginarli come dotati di un colore che li contraddistingue o ancora di “sentire” un sapore come “ruvido”, quindi in grado di procurarci quasi sensazioni tattili o dotato di un particolare colore dominante, quindi in grado di procurarci quasi sensazioni visive.quando una stimolazione sensoriale viene percepita non solo dall’organo di senso interessato alla percezione, ma è in grado di suscitare anche sensazioni comunemente associate ad altri organi di senso, ci troviamo di fronte alla sinestesia.La sinestesia, nella sua forma comune, interessa ogni individuo. Vi sono invece

rIFleSSIonI PercettIVegIoVannI bIancHI

sINesTesIe OLFATTIve

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Logotipo del progetto

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persone che vivono l’esperienza di vere e proprie tempeste percettivedi fronte a suoni, a colori oppure a saporied odori particolari.Può perciò accadere che un certo individuo, ad esempio, associ regolarmente una impressione di rosso quando sente il suono “a”. Un altro, pensando ad un numero, non può impedirsi di figurarselo sempre come un punto determinato dentro una certa curva. Oppure che un altro concepisca involontariamente il mese di febbraio sotto forma di un triangolo o per un quarto il lunedì è un uomo abbigliato di blu.

0.2 cHI Sono I SIneStetI?Un sinesteta è colui che vive una condizione di perenne compresenza di più stimoli sensoriali. I legami tra le sensazioni sono di solito unidirezionali:per un certo soggetto sinestetico la vistapuò legarsi con il tatto, ma il tatto non gli induce percezioni visive. Ciò che varia nelle percezioni delle persone sinestete non è da indagare nello stimolo induttore,ma nel concorrente, ed è per questo motivo che è assolutamente difficile, se non altamente improbabile, trovare due sinesteti che, pur avendo la stessa tipologia di associazione sinestetica (ad es.l’ascolto colorato o le lettere colorate), riescano a trovarsi d’accordo su forme o colori che un dato stimolo o concetto suscita.

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*AbsTRAcT-----------------------------------------------------------------------------------I processi di percezione visiva atti alla determinazione e comprensione dell’immagine permettono di elaborare un’idea condivisibile della realtà e costituiscono la base delle dinamiche di comunicazione fornendo un contenitore formale ai concetti. se questo significante condiviso è indispensabile per l’interazione sociale, può divenire limitante se utilizzato come esclusiva chiave di interpretazione del mondo fenomenico. Agendo al fine esclusivo dell’identificazione e della riconoscibilità degli oggetti,l’osservazione comune pregiudica una percezione ben più articolata e soggettiva, sicuramente indispensabile in ambito creativo.La sperimentazione proposta, utilizza l’interazione dei sensi di vista e olfatto al fine di disordinare i meccanismi identificativi e superare la formazione dello stereotipo visivo. utilizzando uno schema di base di figurazione, denominato “struttura”, viene suggerita una modalità attenzionale che consente di generare visioni soggettive relative agli stimoli indotti.

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*AbsTRAcT-----------------------------------------------------------------------------------I processi di percezione visiva atti alla determinazione e comprensione dell’immagine permettono di elaborare un’idea condivisibile della realtà e costituiscono la base delle dinamiche di comunicazione fornendo un contenitore formale ai concetti. se questo significante condiviso è indispensabile per l’interazione sociale, può divenire limitante se utilizzato come esclusiva chiave di interpretazione del mondo fenomenico. Agendo al fine esclusivo dell’identificazione e della riconoscibilità degli oggetti,l’osservazione comune pregiudica una percezione ben più articolata e soggettiva, sicuramente indispensabile in ambito creativo.La sperimentazione proposta, utilizza l’interazione dei sensi di vista e olfatto al fine di disordinare i meccanismi identificativi e superare la formazione dello stereotipo visivo. utilizzando uno schema di base di figurazione, denominato “struttura”, viene suggerita una modalità attenzionale che consente di generare visioni soggettive relative agli stimoli indotti.

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Inoltre, la sinestesia si manifesta in modi e forme differenti per quanto riguarda anche l’estensione dell’azione sinestetica, il suo “luogo”; i sinesteti sono classificabili in due categorie da questo punto di vista, i proiettatori e gli associatori.I proiettatori sono coloro i quali sperimentanole loro percezioni sinestetiche all’infuori del proprio corpo, le proiettano in uno spazio esterno alla loro mente, situato a una distanza ridotta da sé stessi. Cytowic riporta la testimonianza di un soggetto che, possedendo la sinestesia dell’ascolto colorato, ogni qual volta ascoltava la musica vedeva anche degli oggetti, palle d’oro che cadevano, linee, onde metalliche, ecc. , fluttuanti in una sorta di schermo distante sei pollici dal proprio naso.Gli associatori, contrariamente, non proiettanoall’esterno le loro esperienze percettive,ma le vivono nella loro mente e nel loro corpo, a livello di sensazioni. ad esempio, un sinesteta associatore con la sinestesia dei grafemi colorati (lettere e numeri dotati di tinte) pensa e conosce le lettere colorate con determinati colori, ma leggendole non vede quei colori proiettati sulle lettere, al contrario di quanto sperimenterebbe un sinesteta proiettatore, che vedrebbe letteralmenteil colore suscitato dalla percezione sinesteticasovrapporsi a quello “reale” della parolaletta. Nonostante vi siano queste differenze, soprattutto in modo molto marcato tra percezione sinestetica e percezione “comune” delle persone che normalmente non posseggono la sinestesia, i sinesteti rimangono inizialmente sorpresi nelvenire a conoscenza del fatto che le altre persone non percepiscono il mondo esattamente come loro. Infatti, nella sinestesia detta “evolutiva”, che è presente

sin dalla nascita, o acquisita comunquedurante i primi anni di vita, le percezionisinestetiche si intrecciano profondamentecon la vita dell’individuo e il suo modo di vederee sentire il mondo intorno a sé. Spesso questeassociazioni intrasensoriali sono di valido aiutoper la memorizzazione di sequenze musicali,per il calcolo matematico, per la composizionedi musica, per ricordare, e così via; supportano,cioè, le attività cognitive di una persona, le arricchiscono: in un certo senso ne aumentano le facoltà intellettive.Nonostante il loro alto livello di intelligenza, i sinesteti hanno abilità cognitive irregolari.Una parte di essi sbaglia grossolanamente i calcoli e la maggior parte presenta difficoltàdi tipo matematico, per esempio nel passaggio dalla lettura alla scrittura. Sono molto frequenti la confusione tra destra e sinistra, la mancanza di senso dell’orientamento nello

*Per Cui gLi assoCiaTori vedono i CorreLaTi sinesTeTiCi non ad un LiveLLo esTerno, ma aL LiveLLo deL CosiddeTTo “oCChio deLLa menTe”.

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spazio o le difficoltà di interpretare una carta geografica. In alcuni casi è presente una storia famigliare di dislessia, autismo e deficit di attenzione. qualche volta, l’esperienza sensoriale è così intensa da interferirecon il pensiero razionale, per esempio scrivendo una parola o memorizzando una formula. La sinestesia in ambito artisticoDalla metà del diciannovesimo secolo la sinestesia ha incuriosito alcuni gruppi artistici e il passaggio da un senso all’altro è sembrato sempre più spesso uno spunto interessante. Grazie al suo potere simbolico ed evocativo, la sinestesia ha trovato largo impiego in campo musicale, artistico e letterario. In tal senso la sinestesia viene ritenuta uno stato di coscienza più elevato che permette all’individuo di avere una percezione multidimensionale del mondo che lo circonda.Ricordiamo a tale proposito i concerti

multisensoriali di suoni e luci o la recente musica psichedelica, le “corrispondenze” baudelairiane, che indagavano i rapporti tra le diverse impressioni sensoriali, ma anche le teorizzazioni delle possibili connessioni tra musica e pittura dell’artista russo Vasilij Kandinskij che ha descritto i suoi quadri come “composizioni” o “improvvisazioni” (figura 1,2) e fu forse colui che ebbe la capacità più penetrante di capire la sinestesia, sia come fusione sensoriale, sia come idea artistica.C’è un concetto importante nella sua famosafrase “smetti di pensare!” che è in relazionecon una delle implicazioni della sinestesia, cioèquella di rovesciare il ruolo del pensiero e delleemozioni. Kandinsky dimostra che la creativitàè un’esperienza, non un’idea astratta, e che una mente intenta ad analizzare continuamente i concetti impedisce l’esperienza creativa.

*Per Cui gLi assoCiaTori vedono i CorreLaTi sinesTeTiCi non ad un LiveLLo esTerno, ma aL LiveLLo deL CosiddeTTo “oCChio deLLa menTe”.

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0.3 la SIneSteSIa In lInguIStIcaIn ambito linguistico la sinestesia è una figuraretorica. È un tipo particolare di metafora cheprevede l’accostamento di due sfere sensorialidiverse. Essa ricorre anche nella lingua parlata di tutti i giorni (ad esempio “Giallo squillante”).la metafora permette di declinare, in chiavepsicologica, il rapporto fra percezione e linguaggio in svariati modi. Il primo è certamente legato al problema delle “somiglianze”: il tema è sconfinato, avendo a che fare contemporaneamente con l’architettura percettiva e concettualedegli essere umani, con i sistemi che medianoil rapporto fra mondo interno e esterno.Il secondo modo è rappresentato dalle basi sensoriali delle espressioni di somiglianza e punta all’analisi delle caratteristiche fisiche degli stimoli (ad esempio, luminanza, intensità) che sottendono l’uso sinestesico del linguaggio e all’identificazione delle modalità sensoriali che più frequentemente di altre prestano la propria architettura sensoriale, linguistica e concettuale. Il terzo è legato alla sinestesia vera e propria: benché quasi tutti possano creare metafore sinestesiche,cioè espressioni linguistiche che utilizzanotermini riferiti ad una modalità sensoriale per descriverne un’altra, ben pochi sono i sinesteti.Infine, la quarta declinazione parte dalla constatazione che l’impiego metaforico di termini riferiti all’universo percettivo è assai frequente nel linguaggio: i colori, ad esempio, sono un veicolo preferenziale per parlare di emozioni: quando parliamo di “rosso dalla rabbia” o di “nero dalla depressione”.

0.4un Fenomeno PercettIVoLa sinestesia è un fenomeno percettivo, cioè riguarda il nostro modo di interrogare la realtà e di ricevere informazioni da essa. le sensazioni sono possibili perché il nostro organismo è predisposto a ricevere informazioni sotto forma di energia proveniente dal mondo esterno.La sensazione, che è propedeutica alla percezione, è possibile perché esistono nel nostro corpo dei “rilevatori di energia” che le scienze hanno chiamato sistemi sensoriali. Ogni sistema sensoriale è sensibilea una determinata forma di energia fisica.I nostri atti mentali, verbali e fisici hanno origine nella mente. Ogni volta che avviene un contatto fra gli organi di senso e gli oggetti esterni, come le forme visibili, gli odori, i suoni, i sapori e le sensazioni tattili, all’interno del corpo nasce una sensazione, da cui si originano reazioni che sono causa di nuove azioni. L’informazioni o stimoli presenti in natura sono molteplici o infiniti e l’uomo non è in grado di riceverli tutti, rischierebbe di rimanerne schiacciato,infatti nel corso della sua evoluzione ha selezionato solo quelli utili alla sopravvivenza della specie. Nel tempo i sensi si sono specializzati a ricevere solo un determinato stimolo o energia(determinate frequenze sonore, onde di un certo tipo, specifiche particelle chimiche).In conclusione, forse non siamo allenati a prestare attenzione a questi aspetti della nostra vita mentale. Può darsi che tutti noi viviamo quotidianamente esperienze simili ma non ce ne rendiamo neanche conto perché

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non siamo attenti ai segnali del nostro corpo.Un altro problema è che nella nostra società il “vedere” spesso corrisponde con il “sapere” e non ci permettiamo di conoscere attraverso altri sensi.

1.0 la PercezIone olFattIVaCome anticipato nel primo capitolo, la ricercasi articola nel tema dei processi sinestetici e sulle loro implicazioni in ambito creativo.Prima di indagare le complesse interazioni chesi creano nella più o meno consapevolesovrapposizione delle percezioni sensoriali,andiamo ad analizzare i sistemi organici coinvolti ed il loro funzionamento.la scelta dei sensi dell’olfatto e della vista è motivata dalla volontà di correlare due organi recettivi tanto dissimili tra loro:uno legato alla natura istintiva e primordialedell’uomo e l’altro alla sua condizione razionale e complessa. All’inizio della sua storia evolutiva, l’uomo “conosceva” il mondo soprattutto attraverso l’olfatto, mentre la vista e l’udito non erano ancora così importanti. Il gusto e l’olfatto non erano due sensi distinti, ma facevano parte dello stesso tipo di apparato. Soltanto in seguito iniziaronoa suddividersi in due tipi di percezione diversi, relativi a zone distinte del nostro corpo ma tuttavia ancora oggi interdipendenti. L’olfatto appartiene quindi al nostro “io” più antico, alla parte animale, istintuale ed emotiva del nostro essere. Le zone del cervello adibite alle percezioni olfattive si sono sviluppate primadelle regioni interessate ai processi intellettuali. In questo senso, generalmente, più un essere umano è sviluppato dal punto

di vista razionale ed intellettuale,meno lo è dal punto di vista dell’olfatto.

1.1 la memorIaAltro aspetto fondamentale del senso dell’olfatto è la capacità di evocare ricordi e creare associazioni: l’olfatto è quindi il senso della memoria. Seguendo una scia odorosa si può viaggiare nel tempo, rievocando emozioni, sensazioni ed esperienzevissute in momenti e in luoghi lontani.Il sistema limbico è strettamente connesso con i nostri ricordi più reconditi e svolge una funzione di collegamento tra la memoria, la sfera emotiva ed i profumi.

1.2la claSSIFIcazIone DeglI oDorIBisogna considerare, che qualsiasi classificazione è parzialmente arbitraria e incerta dal momento che le nostre impressioni sensoriali, soprattutto quelle del sistema olfattivo, sono estremamente variabili e soggettive. Una prima importante distinzione che è opportuno fare è quella fra la classificazione di generi di odori secondo le affinità (per esempio floreale, legnoso, fruttato) e quella delle materieodorose (olii essenziali, estratti o sostanze sintetiche) secondo la volatilità e la persistenza. Questi due sistemi sono entrambe utili e il secondo si basa sull’esame della relativa volatilità di un’essenza o di una sostanza di sintesi, imbevuta in una cartina assorbente e lasciata evaporare. Si tratta

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...ESiStono proFuMi FrESChi CoMECarni Di BiMBo,DoLCi CoME GLi oBoi,E vErDi CoME pratEriE; E DEGLi aLtriCorrotti, riCChi E trionFanti, ChE hannoL'ESpanSionE propria aLLE inFinitECoSE, CoME L'inCEnSo, L'aMBra, iL MuSChio,iL BEnZoino, E Cantano DEi SEnSiE DELL'aniMa i LunGhi rapiMEnti.Da "CorriSponDEnZE"(bauDelaIre)

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quindi di stabilire il momento in cui la sostanza odorosa cessa di essere fragrante, nel senso che l’esame olfattivo non manifesta più le sue caratteristiche odorose. La classificazione per volatilità avviene suddividendo in tre gruppi i tempi di durata delle sostanze fragranti, ne consegue la classificazione fra note odorose cosiddette “di testa”, “di cuore”e “di fondo” corrispondenti alla loro persistenza su un veicolo neutro (una cartina assorbente) a temperatura ambiente.Poiché un profumo è composto da numerose sostanze odorose appartenenti ai tre gruppi citati,è chiaro perché una fragranza sulla pelle cambi con il passare del tempo.Altro tipo di valutazione avviene per affinità,che prevede una ripartizione secondo il tipo di odore a prescindere dalla volatilità, dalla persistenza e dall’effetto che ogni singola materia prima conferisce a un profumo.La suddivisione in gruppi è la seguente:floreale, legnoso, rustico (agreste), balsamico,fruttato, animale, enfireumatico, repulsivo,commestibile (gli ultimi due non hanno alcunaapplicazione in profumeria). Nel gruppo floreale sono comprese le più note fragranze di fiori impiegate nei profumi (rosa, tuberosa, gelsomino, ...); nel legnoso, le note di sandalo con quelle di garofano e pepe; nel gruppo rustico, le fragranze erbacee come la lavanda; in quello balsamico, le note resinose come il pino; nell’insieme fruttato, gli odori di agrumi e frutta insieme alle aldeidi; in quello animale, ambra, musk e castoro; nel gruppo enfireumatico, le note di tabacco e di betulla. Fra gli odori repulsivi sono compresi quelli di aglio, formaggio, pesce e muffa, e tra i commestibili, quelli del burro e del brodo.

il sistema visivo

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2.0la PercezIone VISIVaIl “guardare” è una modalità inscritta negli occhi,comune a tutti gli esseri dotati della vista, a prescindere dalla forma anatomica, dalla dimensione, dell’età e della cultura.Tutti possono guardare la stessa cosa (anche se non vedono la medesima cosa). Il guardare non è separabile dagli occhi di un soggetto che, da un preciso punto dello spazio,dirige lo sguardo su un determinato oggetto.L’atto percettivo del guardare pone in diretta reciprocità l’Io e il mondo: l’uno pone e presuppone l’esistenza dell’altro. Non è possibile scindere questa ontologica dualità, il prezzo sarebbe la sparizione dell’atto.

2.1come FunzIona la VISta?Per ogni sguardo c’è sempre

un soggetto guardanteed una cosa guardata.Come funziona la vista?L’apparato visivo dei vertebrati è formato da organi pari e simmetrici posti nella regione anteriore della testa e protetti dalle cavità orbitarie.L’organo principale è l’occhio, di forma pressoché sferica (bulbo oculare), con una parete costituita da una tonaca fibrosa esterna, all’interno della quale sono presenti una tonaca vascolare, la retina e i mezzi diottrici. L’occhio è corredato di organi accessori con funzione di protezione e di muscoli striati che permettono i movimenti oculari (muscoli oculari estrinseci). L’occhio può essere inteso comeun’appendice dell’encefalo, sia per derivazioneembriologica, sia per una serie di correlazionifunzionali, come la capacità integrativa propria delle strutture nervose, che si ritrova a livello della retina: l’occhio è il principale sistema sensoriale che ci permette di conoscere il mondo che ci circonda.

Il campo visivo è la proiezione ottica della rappresentazione visiva del mondo esterno sulla retina, tuttavia quelle che noi vediamo, in realtà, non sono le immagini che percepisce la retina, ma l’elaborazione di queste immagini effettuata a livello del sistema nervoso centrale. Infatti quando uno stimolo luminoso colpisce i fotorecettori retinici, si innesca un complesso processo fotochimico e bio 4. Il sistema visivo. elettrico dove l’attività elettrica originata nei fotorecettori viene trasmessa alle cellule ganglionari della retina tramite le cellule bipolari attraverso le vie magnocellularee parvocellulare, passando per il corpo genicolato laterale, fino alla corteccia celebrale dove le immagini sono elaborate.I fotorecettori svolgono l’importante funzionedi trasduzione, sono cioè cellule sensibili alla luce in grado di trasformare il segnale luminoso in informazione chimica e quindi elettrica. Si distinguono due tipi di fotorecettori: i coni e i bastoncelli, che sono situati nella parte più esterna della retina. Fra coni e bastoncelli non ci sono differenze sostanziali, ma solo differenze che riguardano la forma del segmento esterno, nel caso dei bastoncelli questo è costituito da un “sacchettino” che contiene impilati i dischicontenenti il pigmento, mentre nel caso dei coni la membrana plasmatica si ripiega a “fisarmonica”.

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stereotipi visivi

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La retina2.2meccanISmI DI VISIoneOgni osservatore, di fronte ad un oggetto o ad un’immagine, fa scorrere il proprio sguardo lungoi contorni delle forme e i profili degli oggetti presenti nel suo campo visivo. Le immagini raggiungono la retina,ma solo la parte di esse che cade in corrispondenza della fovea (una piccola porzione della retina) può essere letta nitidamente. Per ottenere un’immagine precisa degli oggetti presenti nel campo visivo è quindi indispensabileper l’osservatore muovere continuamente gli occhi, in modo da portare in corrispondenza della fovea le diverse parti degli oggetti. Un individuo conferisce significato alle immagini che raggiungono la retina facendo ricorsoa operazioni mentali in parte innate ed in parte dipendenti dalla sua cultura e dalle sue esperienze precedenti.Infatti, secondo le teorie formulate dagli psicologidella Gestalt.

2.3la VISualIzzazIone Del VeDereLa percezione visiva ha sempre origine da unpunto di vista. Non potendo abbracciare con ununico sguardo la globalità dell’oggetto, la nostra percezione diviene significante solo quando le apparenze visibili vengono correlate all’inapparente, all’invisibile e a tutta quella parte sensorialmenteassente. Se ne deduce che la percezione visiva del mondo è per principio una conoscenza trascendentale. Nella parzialità degli scorci prospettici non percepiamoun senso altrettanto parziale dell’oggetto,ma a partire da quella minima parte visibilericostruiamo tutto il resto, l’assente, senzail quale non avrebbe alcun significato neanche l’apparente. Il senso è compiuto anche nel più piccolo dettaglio, se rimanda oltre da sé. “Il semplice guardare una cosa non ci permette di progredire. Ogni guardare si muta in considerare, ogni considerare in un riflettere, ogni riflettere in un congiungere. Si può quindi dire che noi teorizziamo già in ogni sguardo attentorivolto al mondo” (J. W. Goethe).

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Le MOdALITà seCONdO Le quALI sI COsTITuIsCONO Le FOrMe sONO sTATe CLAssIFICATe e desCrITTe COMe:“LeggI deLLA FOrMA” e sONO sTATe eLeNCATe dA WerTHeIMer NeL 1923.

3.0le leggI Della geStaltprinCipio Di SEMpiLiCitàAlla base dei meccanismi della percezione visiva vi è la tendenza del nostro sistema occhio-cervello a vedere ogni figura in modo che la sua struttura di base risulti la più semplice possibile. La nostra percezione, guidata da un innato senso dell’ordine, tende ad associare i segni presenti nel campo visivo preferendo strutture simmetriche, regolari e quindi facilmente comprensibili.Nella figura A viene riprodotto lo schema di una costellazione. Le stelle vengono istantaneamente collegate dall’occhio nel modo più semplice e mai in un altro dei molti modi possibili.

A

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Le MOdALITà seCONdO Le quALI sI COsTITuIsCONO Le FOrMe sONO sTATe CLAssIFICATe e desCrITTe COMe:“LeggI deLLA FOrMA” e sONO sTATe eLeNCATe dA WerTHeIMer NeL 1923.

LEGGE DELLa viCinanZaGli elementi del campo percettivo vengono uniti in forme con tanta maggiore coesione quanto minore è la distanza tra di loro.Nella figura B, i punti sono raggruppati in fileverticali poiché in questa configurazione vi è una distanza minore tra un punto e l’altro; nello stesso modo le linee più vicine vengono unite in coppie.

LEGGE DELLa SiMMEtriaGli elementi del campo percettivo vengono più facilmente percepiti quanto piu sono simmetrici (figura C).

B C

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Regole gestaltiche

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LEGGE DELL’EGuaGLianZa o DELLa SoMiGLianZaGli elementi vengono uniti in forme con tantamaggior coesione quanto maggiore è la loro somiglianza. Nella figura D, abbiamo una serie di elementi di forme differenti: il sistema visivo è portato a suddividerli istantaneamente sulla base delle somiglianze formali, in modo da separare cerchi neri e cerchi bianchi.

LEGGE DELLa Curva Buona, o DEL DEStino CoMunEGli elementi che hanno un movimento solidaletra di loro e differente da quello degli altri elementi vengono uniti in forme.In una configurazione tendono a unificarsi le linee con la stessa direzione od orientamento o movimento, secondo l’andamento più coerente, a difesa delle forme più semplici e più equilibrate. Perciò come dimostra la figura E, sarà percepita la sovrapposizione di due forme, piuttostoche la frammentazione di una.

D

e

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LEGGE DELLa ForMa ChiuSaLe linee che formano delle figure chiuse tendono ad essere viste come unità formali.La nostra mente è predisposta a fornire le informazioni mancanti per chiudere una figura, pertanto i margini chiusi o che tendono ad unirsi si impongono come unità figurale su quelli aperti. Per esempio se nella prima rappresentazione di figura F le linee verticali vengono unite in coppie in base al principio della vicinanza, nella seconda è il fattore chiusura a diventare dominante.

LEGGE DELLa prEGnanZaLa forma che si costituisce è tanto “buona”quanto le condizioni date lo consentono.In pratica ciò che determina fondamentalmente l’apparire delle forme è la caratteristica di “pregnanza” o “buona forma” da esse posseduta:quanto più regolari, simmetriche, coesive,omogenee, equilibrate, semplici, concise essesono, tanto maggiore è la probabilità che hanno di imporsi alla nostra percezione.Nella figura G piuttosto che percepire unaforma complessa ed irregolare, il sistema visivo scomporrà la figura in due forme più semplici, più pregnanti.

F

G

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Regole gestaltiche

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pEr MEZZo Di quEStE LEGGi La MEntE CoLLEGa GLi ELEMEnti prESEnti nEL CaMpo viSivo, orDina GLi StiMoLi, ForMuLa ipotESi E LE vEriFiCa. nELLa FaSE Di ForMuLaZionE E vEriFiCa Di quEStE ipotESi aSSuMono un ruoLo iMportantE anChE LE inForMaZioni ChE provEnGono DaLLa MEMoria DELLE ESpEriEnZE pErCEttivE viSSutE in rECEDEnZa E DaLLa CuLtura DEL SinGoLo inDiviDuo. La pErCEZionE va DunquE aL Di Là DEL SEMpLiCE proCESSo ottiCo ChE proiEtta LE iMMaGini SuLLa rEtina, poiChé iMpLiCa La CoMprEnSionE DELL’iMMaGinE; ESSa ConSiStE Cioè in una prESa Di CoSCiEnZa DELLa rEaLtà.

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pEr MEZZo Di quEStE LEGGi La MEntE CoLLEGa GLi ELEMEnti prESEnti nEL CaMpo viSivo, orDina GLi StiMoLi, ForMuLa ipotESi E LE vEriFiCa. nELLa FaSE Di ForMuLaZionE E vEriFiCa Di quEStE ipotESi aSSuMono un ruoLo iMportantE anChE LE inForMaZioni ChE provEnGono DaLLa MEMoria DELLE ESpEriEnZE pErCEttivE viSSutE in rECEDEnZa E DaLLa CuLtura DEL SinGoLo inDiviDuo. La pErCEZionE va DunquE aL Di Là DEL SEMpLiCE proCESSo ottiCo ChE proiEtta LE iMMaGini SuLLa rEtina, poiChé iMpLiCa La CoMprEnSionE DELL’iMMaGinE; ESSa ConSiStE Cioè in una prESa Di CoSCiEnZa DELLa rEaLtà.

4.0DInamISmI attenzIonalIA dimostrazione di quanto sia determinante la componente mentale nell’osservazione, può essere utile portare ad esempio le sperimentazioni (che ora vengono ad assumere una decisa valenza didattica)ottenute mediante il controllo dei movimentidell’occhio, condotte da A. Yarbus negli anni 1960-64 all’Accademia delle Scienze di Mosca.La tecnica messa a punto da Yarbus consisteva nell’applicare sul bulbo oculare, mediante una ventosa di gomma, uno specchio di piccole dimensioni. Un raggio di luce, riflesso dallo specchio su carta sensibile, consentiva di rilevare i movimenti dell’occhio (movimenti saccadiali).Con questo procedimento si ottiene la mappacompleta dell’itinerario di osservazione, che si presenta come un complicato tracciato formato da saccadi più o meno ampie e che si infittiscono nei punti di fissazione dello sguardo. Yarbus ha realizzato una vastissima sperimentazione che mette in luce come gli occhi compiono percorsi diversi quando,

pur rimanendo invariato l’oggetto di percezione, siano posti all’osservatore compiti diversi. Particolarmente significativo fu l’esperimentocondotto con un soggetto al quale sono stati registrati i movimenti dell’occhio nell’osservazione libera dello stesso dipinto per la duratacomplessiva di tre minuti. L’esito della prova evidenziava che lo sguardo del soggetto tendeva a ripercorrere lo stesso percorso, cioè ad osservare ripetutamente gli stessi elementi fermandosisulle componenti più essenziali della rappresentazione. Inoltre si evidenziava che nella percezione, nello specifico di un dipinto, i volti dei personaggi attiravano l’attenzione dell’osservatoremolto più delle stesse persone e le persone,

a loro volta, più degli oggetti dell’ambiente. Ne consegue che lo sguardo, dirigendosiquasi esclusivamente sui personaggi, tende adignorare gran parte della scena: quella comprendentel’ampia area dello sfondo.Una affermazione di Yarbus si rivela particolarmentesignificativa: “I movimenti oculari riflettono i processi del pensiero umano e perciò i loro grafici ci permettonoin qualche modo di giudicare l’apertura mentale dell’osservatore...”. La lezione di Yarbus insegna che la sperimentazione visiva deve cercare di sottrarre l’osservatore dai vincoli di un’osservazione povera e superficiale, quella pratica e comune, che impegnal’osservatore per quel tanto che è necessario a distinguere o riconoscere le cose.

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4.0la raPPreSentazIone mentaleDopo aver analizzato l’interdipendenzadell’“oggettiva” realtà fisica e dei soggettivi dinamismi attenziononali dell’osservatore nel processo di percezione visiva, passiamo a descrivere quali siano le dinamiche per le quali si compie il meccanismo di identificazione dell’immagine, presupposto essenziale della comunicazione e causa dello stereotipo visivo. Il percorso di identificazione dell’immagine inizia dall’elaborazione retinica dell’oggetto fisico e si compie nella riconoscibilità di tale oggetto, passandoattraverso un’analisi delle sue caratteristicheche viene definita rappresentazione mentale.La rappresentazione mentale si forma in dipendenza di un processo di generalizzazione o categorizzazione, quale archetipo elementare ed invariante della forma dell’oggetto a cui l’immagine stessa si riferisce. In un certo senso è l’idea visiva che noi abbiamo di un tale oggetto che si compone tramite dinamismi caratterizzanti o nuclei generativi, che vengonodefiniti struttura costitutiva.Prendendo come esempio “il viso” (figura 23),i due momenti potranno essere così visualizzati: La struttura costitutiva viene rappresentata con delle frecce, in quanto la loro potenziale di namica consente di definire, sulla base dei rapporti di simmetria, l’invarianza delle corrispettive posizioni dell’occhio, del naso e della bocca,lasciandone indeterminata la forma.La successiva integrazione dei lineamenti del volto, escludendo ogni incidenza fenomenica, come il gioco delle luci o delle

ombre ed ogni altra connotazione espressiva, si configura nella schematica essenzialità delle forme invarianti e convenzionali, definite dal semplice contorno ed integrata dalla componente linguistica che associa significante a significato visivo.

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Per approfondire queste analisi troveremo nuovamente utilie l’apporto delle figure polivalenti. È certamente stimolante la figura che mostra le due caprette e lo scarabeo (figura 24).Ecco cosa succede se si mette lo scarabeo sotto le due caprette aggiungendo, se si vuole, due corna e una barbetta. Come per incanto compare l’immagine di un diavoletto (figura 25). Ci si rende conto che l’immagine delle due caprette e quella dello scarabeo vengono viste come tali se la loro reciproca posizione consente di percepirle separatamente. Ma esse sono state disegnate in modo che per certe loro caratteristiche saranno percepite come due occhi e una bocca quando la loro disposizione rispetta i rapporti stabilitidalla struttura costitutiva del volto.Nella trasformazione percettiva che ci porta a vedere il diavoletto, è sempre la struttura costitutiva a sollecitare il rapporto che ci fa apparire gli occhi innescando la metamorfosi.Giova tenere presente come sia sempre l’attenzione a giocare il ruolo fondamentale per cui, ciò che inizialmente veniva visto come lo sfondo delle varie figure, nella nuova situazione risulta parzialmente conglobato dal contorno ideale del volto. In definitiva, la rappresentazione mentale è il risultato di un processo di sintesi che tende adescludere l’illimitata variabilità fenomenicadelle apparenze per costituire un repertorio di forme invarianti e validità generale.

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“...DunquE, L’inDaGinE SuL CoME noi ConoSCiaMo LE CoSE non può nontEnErE Conto DEL CarattErE aprioriStiCo proprio DEL noStro MoDo Di ConoSCErE: in partiCoLarE La noStra CoSCiEnZa Si aCCoSta nECESSariaMEntEaLLa rEaLtà attravErSo LE intuiZioni a priori. ESSE Sono La ForMa Di ConoSCEnZa propria ED ESCLuSiva DELLa SEnSiBiLità, GLi oGGEtti ChE riSuLtano Da taLi intuiZioni Sono i FEnoMEni. LE CatEGoriE Sono DunquE La ConoSCEnZa a priori DEi FEnoMEni, iL MoDo in Cui i FEnoMEni Si ManiFEStanoin MoDo univErSaLE E nECESSario nELLa CoSCiEnZa”.(Kant)

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5.0lo StereotIPo VISIVoSe il ruolo della rappresentazione mentaleè centrale nel meccanismo di riconoscibilitàdegli oggetti, in quanto facilita la comunicazione, d’altra parte può considerarsi il fattore determinante della stereotipia che si riscontra nell’espressione figurativa, pregiudicando una rappresentazione stilistica soggettiva ed impoverendo la percezione visiva attraverso il consolidamentodel filtro degli schemi mentali.

5.1la PercezIone eStetIcaUna volta superato il concetto di linea comecontorno, funzionale alla definizione di unaforma per la riconoscibilità di un’immagineisolata, sarà possibile aprirsi ad un’idea di visione più articolata, in cui figura e sfondoavranno pari valenza percettiva e coesisteranno in regime di compresenza.In questo modo la figurazione si alleggerisce della sua funzione denotativa-descrittiva per aprirsi ad una percezione globale e simultanea di molteplici relazioni e rapporti cromo-luminosi, lineari, compositivi, spaziali, ecc...Altro presupposto per il distaccamento dallo stereotipo è l’allontanamento dalla “fisiologica” interdipendenza del

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“...DunquE, L’inDaGinE SuL CoME noi ConoSCiaMo LE CoSE non può nontEnErE Conto DEL CarattErE aprioriStiCo proprio DEL noStro MoDo Di ConoSCErE: in partiCoLarE La noStra CoSCiEnZa Si aCCoSta nECESSariaMEntEaLLa rEaLtà attravErSo LE intuiZioni a priori. ESSE Sono La ForMa Di ConoSCEnZa propria ED ESCLuSiva DELLa SEnSiBiLità, GLi oGGEtti ChE riSuLtano Da taLi intuiZioni Sono i FEnoMEni. LE CatEGoriE Sono DunquE La ConoSCEnZa a priori DEi FEnoMEni, iL MoDo in Cui i FEnoMEni Si ManiFEStanoin MoDo univErSaLE E nECESSario nELLa CoSCiEnZa”.(Kant)

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linguaggio con l’immagine, del significante con il significato: dal meccanismo che automaticamente induce alla rappresentazione mentale. Ciò avviene grazie ad un processo di desemantizzazione che permette di percepire l’immagine indipendentemente dalla sua funzione tradizionale: la forma svuotata del suo contenuto. Ne consegue che questo tteggiamento “estetico” di osservazione implica una modalità di percezioneche non è naturale, pratica, immediatao connaturata all’osservazione comune, perché è un atteggiamento che implica un sapere aggiunto, una sovrastruttura cognitiva. La percezione estetica consentirà di osservare la realtà che ci circonda “dall’esterno”, cioè senza vincoli spazio-temporali (vicino/lontano), senza

classificazione delle parti dell’oggetto(occhi/naso/bocca); senza essere troppopreoccupati dall’idea di comprendere una situzaione visiva, ma semplicemente prendendo in esame le sue armonie compositive. Il processo di superamento dello stereotipo, che come abbiamo capito si concretizza attraverso questa modalità attenzionale, è raggiungibile attraverso esercitazioni percettive che si concentreranno nella volontà di vedere caratteristichedi un’immagine non funzionali allariconoscibilità dell’oggetto. Invece di chiedersi“cosa contiene quella bottiglia?”, sarà utileinterrogarsi sulla sua componente verticale, o sulla simmetria delle sue linee o sul suo cromatismo in riferimento al contesto.Ne conseguirà che “l’essee bottiglia” non avràpiu riferimento con la capacità di contenere

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un liquido (funzione denotativo-descrittiva), ma con la “fluidità delle sue linee”. L’oggetto sarà quindi investito di un nuovo significato creativo, meno oggettivo e più personale, originale. Successivamente ci si potrebbe chiedere: “in quali altre immagini posso notare la fluidità delle linee della bottiglia?” Così da andare a creare una modalità attenzionale personale: un propriosistema coordinato di percepire, funzionaleall’obiettivo posto. Una volta sottratti all’automatismopercettivo le applicazioni del processo in ambito creativo sono infinite.

5.2oSSerVazIone PratIcae oSSerIVazIone In camPo eStetIcoQuando osservando un oggetto si parla delle sue parti come se fossero una proprietà connaturata si usa un’espressione impropria, perché le parti sono sempre il risultato del nostro operare mentale. È sempre l’attenzione che stabilisce i confini degli oggetti, vincolata dal rapporto di interdipendenza percezione-linguaggio. Nell’“osservazione pratica o comune” del vaso è soprattutto la funzione attribuita all’oggetto o il suo uso a determinare percettivamente l’articolazionedelle varie parti con un nome: il piede,il collo, i manici, la pancia... Nell’“osservazione estetica” questa articolazione viene scavalcata. La percezione estetica della realtàè sollecitata dalle operazioni di comporre in virtù di una ristrutturazione che continuamente si rinnova e trova le sue regole nelle modalità attenzionali che reggono i rapporti di simmetria, di proporzione, di equilibrio, di ritmo, ecc... Nell’osservazione estetica del vaso sarà il rapporto tra le “parti” destra e sinistra, inferiore e superiore, ecc. a stabilire i rapporti che nasconodalle relazioni di simmetria, dal contrapporre le concavità con le convessità, ma anche nel seguire l’andamento del contorno nelle sue articolazioni per cogliere l’eleganza delle forme, lo slancio, la modulazione ritmica...Nell’osservazione comune le varie parti in cui

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6.0oggettIVo / SoggettIVoDurante le varie fasi di ricerca si è spesso fatto riferimento alle parole “oggettivo” e “soggettivo” per indicare gli aspetti che coinvolgono la percezione.Con “oggettivo “sono stati intesi gli elementicomuni a tutti gli osservatori, causa di caratteristiche fisiologiche, come la memoria dell’olfatto, il rapporto occhio-cervello e le rappresentazioni mentali. La soggettività, che è presentata comela chiave di volta per il superamento dello stereotipo, è l’osservazione estetica e, come vedremo in seguito, l’azione sinestetica che dall’olfatto conduce alla visione.Malgrado ciò, la tematica del rapporto tra soggetto e oggetto è assai complessa ed implica un analisi di tipo semiotico.

si articola l’oggetto vengono mantenute mentalmente presenti con il vincolo dei rapporti della struttura costitutiva, per cui tenderà ad imporsi la forma nei suoi aspetti più denotativi e per il semplice riconoscimento dell’oggetto stesso.Al contrario nell’osservazione estetica la percezione segue un processo di desemantizzazione che porta a fruire gli aspetti “formali”, quali i colori, gli andamenti lineari, le superfici, i volumi, ecc...In conlusione, il processo di superamento dellostereotipo si presenta come la volontà di appropriarsi di una visione soggettiva, meno dipendente dai filtri della rappresentazione mentale, che, se sicuramente utili e comunque inevitabili,possono talvolta essere elusi a favore di unamaggiore libertà percettiva. Si evince, quindi, come la percezione sia un eterno dualismo tra componenti oggettive: la solidità delle consolidate rappresentazioni mentali,create dalla struttura costitutiva e manifestein una condivisibile “fisicità” della visione e capacità soggettive di allontanarsi da queste, attraverso personali modalità di attenzione.

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7.0Il ProgettoIl progetto si propone di sperimentare, sulle basi della ricerca affrontata, una metodologia di approccio alla figurazione in cui siano contrastati gli automatismi di rappresentazione mentale, al finedi indurre una percezione soggettiva partendo da uno schema fisso di base (oggettivo/ soggettivo). La sinestesia di percezioni visive e olfattive è utile per spezzare la funzione denotativo-descrittiva della visione, in quanto non esistono rappresentazioni mentali condivise (e quindi stereotipi) degli odori, non essendo essi di natura visibile e manifesta. La concretizzazione del progetto è una sperimentazione sotto forma di test che indurrà e permetterà di autovalutare il grado di superamento dello stereotipo raggiunto attraverso la stimolazione sinestetica.Attivando un imput olfattivo, sarà richiesto al fruitore del test di “vedere” (considerando,come abbiamo già analizzato, quano complessa ed articolata possa essere tale azione e quante implicazioni di concetto siano ad essa collegate...) e definire tra le molteplici e forse infinite tensioni interne allo schema fisso di base (Struttura), quei dinamismi che la propria percezione (componente attenzionale) considera ad esso collegati.

7.1la StrutturaLa Struttura ha lo scopo di fornire una figurazione quanto più possibile variegata e contemplativa delle unità di costruzione visiva (quadrato, cerchio, triangolo; nelle varie combinazioni, rotazioni, sovrapposizioni...) e che possa essere la base per effettuare una definizione delle "sinestetizzazioni",nonché dei processo univoci che dallapercezione olfattiva evocano la visione.La Struttura è costituita da componenti dinamiche degli scheletri costitutivi delle tre figure base (cerchio, quadrato e triangolo).Per componenti dinamiche si intendono i vertici del quadrato (già triangoli) e le sezioni del cerchio.

7.2moDalItà DI coStruzIone Della VISIoneGli elementi della Struttura sono andamentiritmici dati essenzialmente da linee, che consentono infinite modalità di collegamento attenzionale: possono essere composte, attraverso i dinamismi attenzionali, forme regolari o irregolari, linee spezzate o curve o semplicemente andamenti che possono essere solamente suggeriti dalle componenti fisiche della Struttura e prolungarsi all’esterno di essa. In conclusione essa è una matrice in cui sono in tensione le forme.I collegamenti insiti all’interno dello schemaobbidiscono alle leggi percettive della Gestalt,che inducono la riconoscibilità attraverso vicinanza, ugualianza, forma chiusa, curva buona o destino comune, pregnanza, moto

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LE FaSi DEL proGEtto

1. La CrEaZionE Di una Struttura Di BaSE Su Cui DEFinirE LE “viSioni”.

2. La proGEttaZionE Di un tESt Di autovaLutaZionE Di CapaCità SinEStEtiCa (o Di SupEraMEnto DELLo StErEotipo viSivo).

3. paraLLELaMEntE aL tESt, La DEFiniZionE Di trE MarChi SinEStEtiCi rapprESEntanti GLi oDori, SCaturiti DaLL’ELaBoraZionE DEGLi intErvEnti SuLLa Struttura.

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comune... Data una Struttura il più possibile equilibrata e con le sue componenti il più possibile allo stesso livello di tensione prevarranno nella figurazione delle visioni sinestetiche (attivate dall’inputolfattivo) le personali predisposizioni dell’individuo rispetto allo stimolo indotto: l’attenzione viaggia dall’atteggiamento di visione di compresenza, in assenza di stimolo, alla definizione, in presenza dell’input olfattivo). Maggiormente queste si allontaneranno dallo stereotipo di forme facilmente riconoscibili e influenzate dalla rappresentazione mentale, più sarà riscontrabile “il superamento dello stereotivovisivo” e, in certi termini, la predisposizionealla creatività: in tutto ciò la sinestesia (proveniente da un odore) è un pretesto per indurre un pensiero non automaticamente collegabile ad un’immagine.

*La Struttura Si CoMponE Di SEZioni Di FiGurE GEoMEtriChE (CErChio, quaDrato, trianGoLo) ChE Sono tra Loro in intEraZionE.

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>La figura di base èsempre letta da due sezioni.

>Sono possibili collegamentitra sezioni di figure diverse.

>Talvolta la simmetria è presente nella visione di insieme, ma non nelle sezioni specifiche di forme simmetriche.

strutture di studio

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7.3Il teSt DI autoValutazIoneIl test si presenta come un esercizio ed è destinato a coloro che vogliano mettere alla prova la propria capacità di desemantizzazione, cioè di allontanamentoda un significato prestabilito dell’immagine.L’esercizio, teso al superamento dell’ “osservazione comune”, segue le fila di un approccio di mediazione tra componenti oggettive (nell’accezione materica) di percezione e modalità soggettivadi attenzione, ma non ha la pretesa di averevalidità scientifica; allo stesso modo in cui,intendere it test di superamento dello stereotipo come sinonimo di capacità creativa è funzionale all’esercitazione ma non ha carattere assoluto...

Vengono presentate al fruitore tre Struttureuguali, che sono la base su cui definire trevisioni relative a tre odori differenti (fragola,menta, vaniglia). Le tre pagine contenenti le Strutture, una volta

grattate, sprigionano l’odore di riferimentoattivando l’input olfattivo, che stimola l’azionecreativa sinestetica andando a stimolareuna visione (la modalità di intervento non èspecificata,infatti è totalmente libera: scrivere,incidere, sovrapporre oggetti, o solamente immaginare, ecc...). Il concetto è che un impulso soggettivo stimoli a relizzare collegamenti tra le parti della Strutturain modo automatico (in quanto non vi è un’idea visiva condivisa di un certo odore): ne consegue che la risultante definizione di visione sia l’immagine della propria percezione dell’odore

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elaborato finale

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7.4I marcHI DeglI oDorILa progettazione dei marchi degli odoriI marchi rappresentano l’applicazione finaledella sperimentazione e la dimostrazione che è possibile dar vita, grazie ad un diverso approccio percettivo, a delle unità compiute generate dall’interazione di componenti condivisibili di base ed esperienze sinestetiche.I marchi sono i risultati di stilizzazioni ed analisi degli interventi sulla Struttura e rappresentano l’essenza dell’odore: il loro “essere” fragola, vaniglia e menta. Gli interventi sulla Struttura sonostati quindi rielaborati affinché potessero diventare dei marchi e rispondere alle caratteristiche ed esigenze che questi richiedono.La progettazione dei marchi prende in esame diversi aspetti dell’interpretazione sinestetica: l’analisi estetica delle linee e delle forme specifiche e del loro articolarsi nello spazio (crescente e decrescente, inclinazione..), degli andamenti (regolaree irregolare), la forma e la controforma,etc.,oltre all’analisi dei principi gestaltici.La trasposizione visiva dell’odore si presentaquindi nella forma compiuta di marchio mediando le componenti innate ed oggettive (inteso come condivise) gestaltiche (le rappresentazioni mentali insite nella Struttura), arricchite dalle soggettive interpretazioni sinestetiche degli odori,dando vita ad un segno condivisibile nelle suecaratteristiche strutturali ed al tempo stesso personale: cioè scevro delle componenti stereotipanti legate alla riconoscibilità delle forme. Sarebbe come dire che un odore è rappresentabile attraverso una metodologia

FF3300 | graFIca / PercezIone: Sinestesie olfattive94 |

condivisibile (principi di figurazione e leggi gestaltiche, nonché la Struttura) e formulabile in infinite varianti personali e ripetibili quante sono le potenzialità del soggetto di associare un odore ad una forma. Ad esempio,nel marchio riferito all’odore di fragolale forme sottili e vibranti creano delle propaggini acute che si dipanano da una forma piena strutturata circolo-ottagonale. L’idea di acidità è condivisibile nelle forme allungate ed acute, “pungenti”, ma il risultato non è esplicitamente collegabile alla Fragola.Il marchio riferito all’odore di VanIglIa è rappresentato con linee curve, morbide (percettivamente condivisibili del concetto di dolcezza), che si propagano in direzioni opposte e riflesse in forme spezzate ed acute a definire gli angoli di un quadrato:personale sinestetizzazione della nota graveed artificiosa che ne chiude l’aromaL’odore di menta ha una struttura regolare quadrata, formata da quadri ruotati e concentrici (evidenziati dagli angoli, legge della continuazione della forma): esprime l’idea di “freschezza” che nasce da una nota più profonda e sfuggente, a cui la nota di testa si ricongiunge nella nota di coda.

>FRAGOLA

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>FRAGOLA

>Vaniglia

>MENTA

Analisi del test

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Marchi sinestetici

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AbstractLazydog - Comunicare il type design è un approfondimento sulla culturatipografica in Italia. Un’analisi e una ricerca sulla conoscenza del type design tra i graphic designer e una proposta progettuale per colmare il vuoto evidente che in italia gravita attorno a questa disciplina.Lazydog è una tesi.Lazydog è un libro.Lazydog è un evento.Lazydog è un blog.Lazydog è tutto questo: uno strumento integrato per comunicare il type design.

The quick brown fox jumps over the lazy dog.

www.lazydog.it

LAzY dOgun VIaggo nella cultura Della tIPograFIaSteFano lIonettI

@

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Lazy dog

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FF3300 | muSIca / graFIca: otolab102 | FF3300 | muSIca / graFIca: otolab

il carattere tipografico è l’elemento di base di ogni progetto grafico. senza caratteri non vi è scrittura protetta, senza famiglie di caratteri tipografici non vi è identità durevole, senza tipografia non vi è conoscenza nè informazione.se La graFiCa è ovunQue, La TiPograFia è onniPresenTe.Francesco E. Guida

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il carattere tipografico è l’elemento di base di ogni progetto grafico. senza caratteri non vi è scrittura protetta, senza famiglie di caratteri tipografici non vi è identità durevole, senza tipografia non vi è conoscenza nè informazione.se La graFiCa è ovunQue, La TiPograFia è onniPresenTe.Francesco E. Guida

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Lazy dog

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Ho introdotto questa sezione dicendo che di riviste di grafica e design ce ne sono a bizzeffe. ecco, naturalmente l’italia ama distinguersi: se da una parte conta un discreto numero di autorevoli pubblicazioni di design, dall’altro conta uno scarso numero di pubblicazioni sulla grafica.

Le riviste italiane di comunicazione visiva si possono contano sulle dita di una mano. E purtroppo solo una di queste tratta in maniera regolare e continuativa tematiche legate al type design.

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infografica

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infografica

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we teach type design

SCUOLE DI COMUNICAZIONE vs. CORSI DI TYPE DESIGN

In Italia abbiamo numerose scuole di design, grafica e comunicazione visiva. Tra università, istituti parauniversitati e scuole specializzate si contano più di trenta istituti presso i quali si studia graphic design.

Purtroppo in poco meno del 20% di queste scuole esiste almeno un corso nel quale si parla di type design.

❧ | CAPITOLO � | La cultura tipografica �� — ��

Overview: formazioneStudiare il type design potrebbe sembrare qualcosa di strano. Eppure lo vediamo tutti i giorni: se la grafica è dappertutto, la tipografia è onnipresente. I caratteri sembrano dunque essere tra gli

stumenti basilari di qualsiasi grafico, ecco il perchè della necessità di conoscere a fondo la tipografia. Gli strumenti sono importanti, ma più importante ancora è saperli usare bene, avendone piena conoscenza e padronanza. Anche in questo caso ho voluto analizzare la possibilità di studiare type design su scala mondiale.

scuOLE DI cOMunIcAzIOnE vs. cORsI DI TYpE DEsIgnIn Italia abbiamo numerose scuole di design, grafica e comunicazione visiva. Tra università, istituti parauniversitati e scuole specializzate si contano più di trenta istituti presso i quali si studia graphic design. purtroppo in poco meno del 20% di queste scuole esiste almeno un corso nel quale si parla di type design.

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we teach type design

SCUOLE DI COMUNICAZIONE vs. CORSI DI TYPE DESIGN

In Italia abbiamo numerose scuole di design, grafica e comunicazione visiva. Tra università, istituti parauniversitati e scuole specializzate si contano più di trenta istituti presso i quali si studia graphic design.

Purtroppo in poco meno del 20% di queste scuole esiste almeno un corso nel quale si parla di type design.

❧ | CAPITOLO � | La cultura tipografica �� — ��

we teach type design

what’s type design??

overview:formazioneStudiare il type design potrebbe sembrare qualcosa di strano.

Eppure lo vediamo tutti i giorni: se la grafica è dappertutto, la tipografia è onnipresente.

I caratteri sembrano dunque essere tra gli stumenti basilari di qualsiasi grafico, ecco il perchè della necessità di conoscere a fondo la tipografia. Gli strumenti sono importanti, ma più importante ancora è saperli usare bene, avendone piena conoscenza e padronanza.

Anche in questo caso ho voluto analizzare la possibilità di studiare type design su scala mondiale.

Successivamente però mi sono soffermato sull’insegnamento tipografico in Italia, in rapporto alle scuole di grafica, comunicazione e affini presenti sul nostro territorio.

Nella prima mappa vien messo in evidenza come la percentuale di scuole al mondo dove si possa studiare type design è concentrata soprattutto negli Stati Uniti, lasciando all’Europa un fetta decisamente piccola, soprattutto se considerata in rapporto al numero di abitanti.

Nella rappresentazione infografica che segue si nota invece come solo una percentuale molto bassa delle scuole di design italiane abbia corsi di type design.

❧ | CAPITOLO � | La cultura tipografica �0 — �1

we teach type design

what’s type design??

overview:formazioneStudiare il type design potrebbe sembrare qualcosa di strano.

Eppure lo vediamo tutti i giorni: se la grafica è dappertutto, la tipografia è onnipresente.

I caratteri sembrano dunque essere tra gli stumenti basilari di qualsiasi grafico, ecco il perchè della necessità di conoscere a fondo la tipografia. Gli strumenti sono importanti, ma più importante ancora è saperli usare bene, avendone piena conoscenza e padronanza.

Anche in questo caso ho voluto analizzare la possibilità di studiare type design su scala mondiale.

Successivamente però mi sono soffermato sull’insegnamento tipografico in Italia, in rapporto alle scuole di grafica, comunicazione e affini presenti sul nostro territorio.

Nella prima mappa vien messo in evidenza come la percentuale di scuole al mondo dove si possa studiare type design è concentrata soprattutto negli Stati Uniti, lasciando all’Europa un fetta decisamente piccola, soprattutto se considerata in rapporto al numero di abitanti.

Nella rappresentazione infografica che segue si nota invece come solo una percentuale molto bassa delle scuole di design italiane abbia corsi di type design.

❧ | CAPITOLO � | La cultura tipografica �0 — �1

Successivamente però mi sono soffermato sull’insegnamento tipografico in Italia, in rapporto alle scuole di grafica, comunicazione e affini presenti sul nostro territorio. Nella prima mappa vien messo in evidenza come la percentuale di scuole

al mondo dove si possastudiare type design è concentrata soprattutto negli Stati Uniti, lasciando all’Europa un fetta decisamente piccola, soprattutto se considerata in rapporto al numero di abitanti. Nella rappresentazione infografica che segue si nota invece come solo una percentuale molto bassa delle scuole di design italiane abbia corsi di type design.

scuOLE DI cOMunIcAzIOnE vs. cORsI DI TYpE DEsIgnIn Italia abbiamo numerose scuole di design, grafica e comunicazione visiva. Tra università, istituti parauniversitati e scuole specializzate si contano più di trenta istituti presso i quali si studia graphic design. purtroppo in poco meno del 20% di queste scuole esiste almeno un corso nel quale si parla di type design.

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infografica

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Helvetica 30%

Futura 15%

Gill Sans 5%

altro 25%

Bodoni 5%

Frutiger 15%

Eurostile 5%

un sondaggiopiccoloPer concludere questo sezione di analisi, numeri e percentuali, voglio proporre i risultati di un piccolo sondaggio da me condotto. Naturalmente i caratteri sono i protagonisti.

Occorre premettere che questo sondaggio non ha alcuna pretesa di attendibilità e veridicità.

Nè dal punto di vista quantitativo (sarebbe stato necessario un campione decisamente più ampio), nè da quello qualitativo (non c’era la possibilità di controllare l’identità e il reale livello di conoscenze sull’argomento dei partecipanti). Probabilmente sarebbe stato meglio anche effettuarlo in un arco di tempo più lungo.

Ma questo è quanto. Rimane comunque una fotografia, uno spaccato di una realtà più o meno circoscritta ma in qualche modo significativa poichè rappresentanza della nuova generazione di operatori della comunicazione visiva. Il campione degli intervistati deriva infatti da due differenti realtà: la prima è una cerchia di laureandi in Design della Comunicazione presso il Politecnico di Milano (ristretta perchè non tutti hanno risposto, non perchè ci sia stato alcun tipo di selezione). La seconda invece è quella del forum di Lavori Creativi, una community italiana di comunicazione visiva i cui utenti spaziano dagli studenti di grafica ai professionisti del settore.

Domanda: Potendo scegliere liberamente, quale font preferisci utilizzare nei tuoi progetti?

Per completezza riporto qui di seguito tutti i font nominati nel sondaggio, da notare che quelli che non appaiono nel grafico rientrano nella voce altro, poichè in percentuale inferiore all’1%.

Frutiger, Garamond, Gill Sans, Georgia, Cochin, Sys, Miller Text, Azkidenz Gotesk, Rotis, Helvetica, Lubalin, Din, Cooper,

Univers, Bodoni, Binary, Caslon, Jenson, Gotham, Syntax, Officina, Thesis, Foundry, Dax, Benincasa, Arial, Verdana,

Disturbance, Lucida, Bank Gothic, Eurostile, Myriad, Bembo, Futura, Avantgarde, Folio, Times New Roman, Meta, Geometr,

Impact, Avenir, Sukplena, Square, Omichron, Jotting, Century Gorhic, Bauhaus, Zapfino, Klavika, Fedra.

%

❧ | CAPITOLO � | La cultura tipografica �8 — �9

Frutiger, Garamond, Gill Sans, Georgia, Cochin, Sys, Miller text, azkidenz Gotesk, rotis, helvetica, Lubalin, Din, Cooper, univers, Bodoni, Binary, Caslon, Jenson, Gotham, Syntax, officina, thesis, Foundry, Dax, Benincasa, arial, verdana, Disturbance, Lucida, Bank Gothic, Eurostile, Myriad, Bembo, Futura, avantgarde, Folio, times new roman, Meta, Geometr, impact, avenir, Sukplena, Square, omichron, Jotting, Century Gorhic, Bauhaus, Zapfino, Klavika, Fedra.

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Un sondaggio piccoloPer concludere questo sezione di analisi, numeri e percentuali, voglio proporre i risultati di un piccolo sondaggio da me condotto. Naturalmente i caratteri sono i protagonisti.Occorre premettere che questo sondaggio non ha alcuna pretesa di attendibilità e veridicità.Nè dal punto di vista quantitativo (sarebbe stato necessario un campione decisamente più ampio), nè da quello qualitativo (non c’era la possibilità di controllare l’identità e il reale livello di conoscenze sull’argomento dei partecipanti). Probabilmente sarebbe stato meglio anche effettuarlo in un arco di tempo più lungo.Ma questo è quanto.

Rimane comunque una fotografia, uno spaccato di una realtà più o menocircoscritta ma in qualche modo significativa poichè rappresentanza della nuova generazione di operatori della comunicazione visiva.

Il campione degli intervistati deriva infatti da due differenti realtà: la prima è una cerchia di laureandi in Design della Comunicazione presso il politecnico di Milano (ristretta perchè non tutti hanno risposto, non perchè ci sia stato alcun tipo di selezione). La seconda invece è quella del forum di Lavori Creativi, una community italiana di comunicazione visiva i cui utentispaziano dagli studenti di grafica ai professionisti del settore.

Domanda: Potendo scegliere liberamente, quale font preferisci utilizzare nei tuoi progetti?

Per completezza riporto qui di seguito tutti i font nominati nel sondaggio, da notare che quelli che non appaiono nel grafico rientrano nella voce altro, poichè in percentuale inferiore all’1%.

Frutiger, Garamond, Gill Sans, Georgia, Cochin, Sys, Miller text, azkidenz Gotesk, rotis, helvetica, Lubalin, Din, Cooper, univers, Bodoni, Binary, Caslon, Jenson, Gotham, Syntax, officina, thesis, Foundry, Dax, Benincasa, arial, verdana, Disturbance, Lucida, Bank Gothic, Eurostile, Myriad, Bembo, Futura, avantgarde, Folio, times new roman, Meta, Geometr, impact, avenir, Sukplena, Square, omichron, Jotting, Century Gorhic, Bauhaus, Zapfino, Klavika, Fedra.

FF3300 | graFIca / tIPograFIa: lazy dog

infografica

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lazybook 09

�009 $ �0xx $

lazydog exhibition lazydog exhibition lazydog exhibition lazydog exhibition

lazyblog

lazybook 0� lazybook 08

lazydog exhibition

�00� $ �008 $

lazydog exhibition lazydog exhibition lazydog exhibition

La scelta è stata quella di avere tre livelli temporali di progetto, che a loro volta corrispondono a tre differenti settori di intervento e a diverse tipologie di approfondimento

Il primo livello

Il primo livello è continuativo, si tratta di un substrato fisso che permane e si arricchisce nel tempo. Ecco quindi l’idea di un blog, vero motore dell’intero progetto, mezzo ideale per una comunicazione capillare su larga scala e per una interazione in tempo reale. In primo luogo questo blog vuole essere uno strumento di arricchimento culturale per chi lo frequenta, nonchè luogo (seppur virtuale) di scambio e confronto critico su tematiche legate al type design. La sua struttura si presenta nella più classica della forme di weblog: testata, menu, contenuti. �uesto per mantenere il più alto possibile il livello di usabilità, trovando l’utente una interfaccia a lui già conosciuta.

La colonna dei menu ha due voci principali: categorie e lazydog info. Avremo poi le classiche voci legate all’archiviazione dei messaggi, pertanto un archivio suddiviso per mesi e una sezione dedicata agli articoli più letti e a quelli più recenti. Dopo un’attenta analisi sono state scelte otto categorie che si prestano in maniera funzionale alla suddivisione degli argomenti trattati:

$ caratteri

$ designer

$ fonderie

$ progetti

$ pubblicazioni

$ eventi

$ formazione

$ tutto il resto

un progettointegrato sul

type design

Lazydog - comunicare il type design è un approfondimento sulla cultura tipografica in Italia. Un’analisi e una ricerca ricerca sulla conoscenza del type design tra i progettisti grafici e una proposta progettuale per colmare l’incredibile vuoto che in italia gravita attorno a questa disciplina.

Lazydog è una tesi. Lazydog è un libro. Lazydog è un evento. Lazydog è un blog.

Lazydog è tutto questo: uno strumento integrato per comunicare il type design.

The quick brown fox jumps over the lazy dog.

La proposta di progetto che segue nasce, come abbiamo visto, dalla necessità di colmare un vuoto che in italia esiste su questa disciplina poco conosciuta. Il progetto ha un duplice scopo: il primo è quello di essere uno strumento di continuo aggiornamento per i professionisti del settore, senza che essi siano costretti a ripiegare su risorse straniere (comunque utilissime). Il secondo obiettivo è anche il più ambizioso, ovvero quello di comunicare in maniera continuativa la cultura del type design nel nostro paese, raggiungendo in alcuni casi anche persone non addette ai lavori.

❧ | CAPITOLO � | Lazydog 80 — 81

UN PrOGETTO INTEGrATOSUL TyPE DESIGNLazydog - comunicare il type design è un approfondimento sulla cultura tipografica in Italia. Un’analisi e una ricerca ricerca sulla conoscenza del type design tra i progettisti grafici e una proposta progettuale per colmare l’incredibile vuoto che in italia gravita attorno a questa disciplina.

the quick brown fox jumps over the lazy dog.

La proposta di progetto che segue nasce, come abbiamo visto, dalla necessità di colmare un vuoto che in Italia esiste su questa disciplina poco conosciuta. Il progetto ha un duplice scopo: il primo è quello di essere uno strumento di continuo aggiornamento per i professionisti del settore, senza che essi siano costretti a ripiegare su risorse straniere (comunque utilissime). Il secondo obiettivo è anche il più ambizioso, ovvero quello di comunicare in maniera continuativa la cultura del type design nel nostro paese, raggiungendo

in alcuni casi anche persone non addette ai lavori. La scelta è stata quella di avere tre livelli temporali di progetto, che a loro volta corrispondono a tre differenti settori di intervento e a diverse tipologie di approfondimento.

Il primo livelloIl primo livello è continuativo, si tratta di un substrato fisso che permane e si arricchisce nel tempo.Ecco quindi l’idea di un blog, vero motore dell’intero progetto, mezzo ideale per una comunicazione capillare su larga scala e per una interazione in tempo reale. In primo luogo questo blog vuole essereuno strumento di arricchimento culturale per chi lo frequenta, nonchè luogo (seppur virtuale) di scambio e confronto critico su tematiche legate al type design. La sua struttura si presenta nella piùclassica della forme di weblog: testata, menu, contenuti. Questo per mantenere il più alto possibile il livello di usabilità, trovando l’utente una interfaccia a lui già conosciuta.La colonna dei menu ha due voci principali: categorie e lazydog info.

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lazydog exhibition lazydog exhibition lazydog exhibition lazydog exhibition

lazyblog

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lazydog exhibition

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lazydog exhibition lazydog exhibition lazydog exhibition

La scelta è stata quella di avere tre livelli temporali di progetto, che a loro volta corrispondono a tre differenti settori di intervento e a diverse tipologie di approfondimento

Il primo livello

Il primo livello è continuativo, si tratta di un substrato fisso che permane e si arricchisce nel tempo. Ecco quindi l’idea di un blog, vero motore dell’intero progetto, mezzo ideale per una comunicazione capillare su larga scala e per una interazione in tempo reale. In primo luogo questo blog vuole essere uno strumento di arricchimento culturale per chi lo frequenta, nonchè luogo (seppur virtuale) di scambio e confronto critico su tematiche legate al type design. La sua struttura si presenta nella più classica della forme di weblog: testata, menu, contenuti. �uesto per mantenere il più alto possibile il livello di usabilità, trovando l’utente una interfaccia a lui già conosciuta.

La colonna dei menu ha due voci principali: categorie e lazydog info. Avremo poi le classiche voci legate all’archiviazione dei messaggi, pertanto un archivio suddiviso per mesi e una sezione dedicata agli articoli più letti e a quelli più recenti. Dopo un’attenta analisi sono state scelte otto categorie che si prestano in maniera funzionale alla suddivisione degli argomenti trattati:

$ caratteri

$ designer

$ fonderie

$ progetti

$ pubblicazioni

$ eventi

$ formazione

$ tutto il resto

un progettointegrato sul

type design

Lazydog - comunicare il type design è un approfondimento sulla cultura tipografica in Italia. Un’analisi e una ricerca ricerca sulla conoscenza del type design tra i progettisti grafici e una proposta progettuale per colmare l’incredibile vuoto che in italia gravita attorno a questa disciplina.

Lazydog è una tesi. Lazydog è un libro. Lazydog è un evento. Lazydog è un blog.

Lazydog è tutto questo: uno strumento integrato per comunicare il type design.

The quick brown fox jumps over the lazy dog.

La proposta di progetto che segue nasce, come abbiamo visto, dalla necessità di colmare un vuoto che in italia esiste su questa disciplina poco conosciuta. Il progetto ha un duplice scopo: il primo è quello di essere uno strumento di continuo aggiornamento per i professionisti del settore, senza che essi siano costretti a ripiegare su risorse straniere (comunque utilissime). Il secondo obiettivo è anche il più ambizioso, ovvero quello di comunicare in maniera continuativa la cultura del type design nel nostro paese, raggiungendo in alcuni casi anche persone non addette ai lavori.

❧ | CAPITOLO � | Lazydog 80 — 81

Avremo poi le classiche voci legateall’archiviazione dei messaggi, pertanto un archivio suddiviso per mesi e una sezione dedicata agli articoli più letti e a quelli più recenti. Dopo un’attenta analisi sono state scelte otto categorie che si prestano in maniera funzionale alla suddivisione degli argomenti trattati:

* caratteri*designer* fonderie*progetti*pubblicazioni*eventi*formazione* tutto il resto

❧ | FONTI 168 — 169

step 02step 01

step 03 ready

ringraziamentiSapevo che questo momento sarebbe arrivato e sapevo che mi avrebbe colto impreparato. Ho anche la totale certezza che non nominerò qualcuno di importante e me ne ricorderò dopo aver stampato questa tesi, ma questa è l’ultima (spero) di una lunga serie di notti insonni quindi conto sul fatto che mi perdonerete in anticipo.

Grazie ai miei genitori (già me li vedo in prima fila, mia mamma con la macchina fotografica) che mi hanno permesso di arrivare fino a qui sostenendomi sempre, in particolare grazie di aver sopportato il mio cattivo umore degli ultimi mesi senza dire nulla. Lo so che è stato difficile, soprattutto non avendo la più pallida idea di quale argomento trattasse la mia tesi. Grazie a Tequila, che continua a farmi le feste anche se l’ho trascurata più del dovuto. Grazie a Vitto che ha avuto il coraggio di imbarcarsi con me in questo tour de force e che ha sopportato i miei sproloqui tipografici, soprattutto grazie per tutti i cappucci e le brioches alla crema che mi hai offerto. Grazie a tutti quelli che mi hanno fornito materiale utile (o inutile) per questo progetto: siete tantissimi, ma in particolare ringrazio Luciano Perondi, il cui aiuto è sempre prezioso e puntuale, e Greg Lindy della Lux Typographics, che forse incontrerò di persona nei prossimi giorni. Grazie alle Moskitas, che sono state un po’ le mie correlatrici ufficiose (però io vi ho montato i Mac quindi siamo pari). Un ringraziamento va anche ad Antonino, che è la persona più smemorata e casinista che io conosca, ma se sono arrivato qui è anche merito suo. Grazie a Luzo che ogni giorno mi permette di crescere come grafico, sei mesi fa avrei sicuramente fatto una tesi peggiore di questa. Grazie al mio fidato iBook G4 12”, che ha tenuto botta tutte queste notti insieme a me. Infine grazie Marzia, per avermi sopportato, per aver creduto fin dall’inizio che ce l’avrei fatta, ma soprattutto per avermi sopportato e avermi capito, per avermi sopportato e per esserci stata quando serviva e per avermi sopportato. E ancora per avermi sopportato.

L’ora è tarda e se ho dimenticato qualcuno pazienza, lo ringrazierò di persona.

FF3300 | graFIca / tIPograFIa: lazy dog

infografica

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il Libro

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116 | FF3300 | graFIca / SemIotIca: narrative Design

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@ WWW...

Quando devo raccontare un’idea o illustrare uno scenario non posso fare a meno di citarealmeno un film o un romanzo. Per molto tempo non ho dato molta importanza a questo fatto, ho pensato a un’abitudine di economia della mia mente; poi ho realizzato che la mente non fa mai economia in maniera casuale. I personaggi e le azioni di quelle storie sonosemplicemente un modo rapido e - nella maggior parte dei casi - efficace per trasmettere più di quanto le singole parole che utilizzo dicono.La capacità di organizzare eventi secondo direttrici temporali di causa/effetto e di riconoscervi patterns e strutture ricorrenti nel tempo sono la base nella nostra capacitàintellettiva, comunicativa e creativa. Riassumendo tutto in una parola si ottiene“narrazione”. Creare e raccontare è un atto istintivo al pari della volontà di creazione

e progettazione. Se questi due elementi sono così strettamente connessi alla natura umanaè difficile non immaginare che anche tra loro non possa esistere una relazione chenecessita di essere esplorata e stimolata.La mia ricerca ha casualmente avuto inizio in Finlandia. Meno di un anno fa camminavo con un gruppo di studenti di architettura attraverso un bosco nel Nord del paese, verso il mare ormai ghiacciato. Il percorso era segnato da malandate assi di legno che, sollevate di pochi centimetri dal terreno umido, si allungavano in maniera effettivamente sgangherata dalla fine della città fino al mare. Il freddo e l’umidità avevano segnato il legno eppure dopo pochi metri ho subito immaginato che qualcuno si era curato di disporle e fissarle, tagliarle quando necessario, compiendo di fatto un atto di progettazione/architettura all’interno di quel bosco. Quelle assi disposte

Narrative Design: Analisi semiotica

DeSIgn tHrougH StorIeSmarco zamarato

NArrATIve desIgN

FF3300 | graFIca / SemIotIca: narrative Design

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in quel modo avevano molto da dire. Non solo contenevano chiaramente un fine, una promessa per il futuro - seguimi e ti porterò attraverso la foresta fino al mare - ma avevano anche un chiaro passato - non ti preoccupare, vengo dalla città e lì ti riporterò. La loro disposizione disordinata dettava regole precise al mio percorso - il tuo cammino deveseguire quello degli alberi e non il contrario, affidati a me ma ricordati che qui sei in minoranza e può scivolare in qualsiasi momento. In questi termini quelle assi più che raccontare una storia (quello che oggi fa lo storytelling marketing) rappresentavano una semplice e profonda struttura narrativa,raccontavano la loro forma, sceneggiavano il mio comportamento. Con la mia ricerca cerco di sottolineare questo aspetto della narrazione e dello storytelling: l’osservazione, la sintesi e la progettazione attraverso la narrazione più che la creazione di storie per la comunicazione.Oggi il termine storytelling è ripetuto ossessivamente in molti ambiti dellacomunicazione e del marketing e ha fatto breccia nei territori dell’experience design e dell’interazione tuttavia spesso il termine identifica una serie di attività

che avvengono ex post, dedicate alla trasmissione di un messaggio che è già stato progettato, chiuso e codificato. Trasportare e utilizzare la nostra innata perizia narratoria proprio nella fase di progettazione è lo scopo della mia ricerca.Si tratta quindi di tradurre la narrazione in uno strumento creativo - uno dei tanti, non necessariamente il migliore - che il designer può utilizzare in tutti i casi in cui il valore della progettazione si esprime nel campo dell’immateriale o in cui parte del valore del prodotto va oltre il piano della funzione e dell’estetica. Un libro può rivelare e raccontare molto dell’autore, difficilmente un telefono cellulare o un sistema di navigazione rappresentano la soggettività delle persone che sono state coinvolte nella progettazione e nello sviluppo eppure non possiamo negare che le nostre scelte di consumatori avvengono spesso nei termini del potenziale narrativo che quel particolare sistema ci offre. È come se gli oggetti fossero sempre immersi in un universo narrativo, che non contiene di per sé ma suggerimenti, scripts su come costruire la nostra “storia quotidiana”.Riuscire a inserire questi universi narrativi

Riuscire a inserire questi universi narrativi nel numero di variabili che un designer deve governare portebbero al doppio beneficio di semplificare rendendo meno invasivo il marketing ad essi legato e contribuendo ad offrire servizi e prodotti più “sinceri” e intimamente legati alle necessità degli utenti.

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Riuscire a inserire questi universi narrativi nel numero di variabili che un designer deve governare portebbero al doppio beneficio di semplificare rendendo meno invasivo il marketing ad essi legato e contribuendo ad offrire servizi e prodotti più “sinceri” e intimamente legati alle necessità degli utenti.

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Narrative Design: Workshop Poster

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di possibilità che possono esprimersi o meno nelle versioni successive.

Per sviluppare ulteriormente la curiosità e la creatività narrativa dei designer ho cercato di trasportare queste osservazioni basilari in una serie di tools ed esercizi dasvolgere all’interno di workshop dedicata alla progettazione attraverso la narrazione.L’esperienza di workshop si compone di cinque tappe principale in cui si esplora e siutilizzano gli elementi basilari della narrazione.Per prima cosa si esplora la dimensione temporale delle storie cercando di apprendere cheletteralmente ogni cosa è dotata di un prima e un dopo. Può sembrare un’osservazionebanale eppure siamo tutti abituati a percepire i colori, le forme, gli oggetti e imateriali come dati di fatto, in qualche modo unici e immutabili nel momento stesso incui li osserviamo o usiamo. Forzare la nostra percezione a un prima e un dopo è un attocreativo che può percorrere molte strade diverse. Cosa c’è prima di una bicchiere? Cosa èun colore prima di essere un colore, cosa diventa dopo? Questo esercizio è senza troppomistero ispirato al gioco più e meno sviluppato da Munari per stimolare la creatività deibambini. Non ci sono risposte corrette o sbagliate, ma solo infinite varianti a secondadegli interessi del designer: i materiali, i processi produttivi, le forme, gli utilizzisono tutte potenziali variabili che possono

essere esplorate attraverso questo esercizio.Siamo partiti da un oggetto, un’immagine o una parola e ne abbiamo ottenute molte incambio, tutte disposte in assi temporali lineari; quello che si deve fare adesso è unlavoro di sintesi più ragionata in cui si cerca di raccontare la stessa storia attraversoil numero minimo di dettagli necessari a mantenere la storia e la sua coerenza. Conquesto secondo esercizio si scopre l’importanza cruciale dei dettagli in ogni storia.Ridurre la storia ai suoi dettagli essenziali permette di raggiungere una sintesi iconicadell’intero percorso e comprendere come a questo punto anche la variazione di un solodettagli influisce su tutta la struttura. Questa dinamica mette nelle mani del designeruna serie di elementi ben definiti che funzionano come fondamenta del progetto epermettono con minimo sforzo di derivare molteplici varianti.Il passo successivo dopo la temporalità e i dettagli è l’esplorazione dei personaggi.Siano questi attori umani o entità materiali o astratte nessuna storia può sfuggiredall’avere almeno un protagonista. In molti campi della progettazione la realizzazione discenari e l’utilizzo di personas (personaggi costruiti sulle caratteristiche degli utentifinali) sono pratiche ormai consolidate da anni eppure ritengo che a volte si possacadere nell’errore di creare profili o situazioni prevedibili e stereotipati, chefiniscono rapidamente per diventare domande confezionate su misura a risposte che già

TrasPorTare e uTiLizzare La nosTra innaTa Perizia narraToria ProPrio neLLa Fase di ProgeTTazione è Lo sCoPo deLLa mia riCerCa.

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abbiamo pronte nelle nostre tasche. Questa pratica ci semplifica il lavoro ma certo nonstimola risultati creativi e originali. Applicando lo stesso metodo degli eserciziprecedenti è possibile agire sui personaggi delle nostre storie ipotizzando tremacro-categorie contenitore: il lato soggettivo (emozioni e sentimenti), il latooggettivo (skills e attività) e la sintesi del rapporto tra le prime due istanze (labiografia, le scelte e le aspettative). Quando siamo chiamati a descrivere un personaggionella sua interezza tendiamo a cercare la coerenza tra le tre categorie; in realtàfacciamo la stessa cosa anche quando dobbiamo presentare noi stessi agli altri, eppure intutti questi casi l’incoerenza è più la norma che l’eccezione. Se il design deve essererivolto agli utenti e alle persone deve includere, almeno nelle fasi di ricerca eideazione iniziale la stessa incoerenza riscontrabile nella realtà. Suddividereletteralmente in tre elementi i profili dei personaggi permette di iniziare un gioco dimix and match in anche partendo da profili molto semplici si ottengono in breve veri epropri paradossi narrativi che costringono il designer a modellare scenari e rispostealtrimenti difficili da ottenere.Tutti gli elementi raccolti finora attraverso questi esercizi hanno permesso, partendo daun singolo oggetto, di costruire una storia, esplorarla e semplificarla fino a uncanovaccio iconico per personaggi ricchi, insoliti e problematici. L’ultimo step primadella effettiva ricerca e progettazione è

l’unione di tutti questi oggetti all’interno diuna struttura più ampia, una sorta di griglia narrativa che deve essere di volta in voltapredefinita a seconda delle necessità e degli obiettivi del progetto. Per semplificare illavoro ho realizzato una serie di sette mappe narrative dedotte dalle strutture classicheidentificate dal ricercatore inglese Christopher Boker nel suo libro The Seven BasicPlots: Why We Tell Stories(http://books.google.com/books?id=qHJj9gOl0j8C&printsec=frontcover&hl=it). Ogni mappanarrativa comprende un numero limitato di punti chiave che descrivono le azioni e ilpercorso personale compiuti dal protagonista.Le sette mappe sono basate su strutture narrative abbastanza generiche ed archetipiche dapotersi adattare a molte situazioni senza eccessive modifiche tuttavia questo non escludela possibilità da parte del designer di rimaneggiare i singoli punti di queste mappe, diunirli o di aggiungere di nuovi per personalizzare la griglia narrativa al progetto chesta sviluppando.Una struttura molto conosciuta come il viaggio e il ritorno, alla basa di opere comeAlice nel paese delle meraviglie o Cuore di tenebra può ad esempio diventare un ottimagriglia narrativa per analizzare, sistematizzare e guidare la progettazione di prodotti eservizi di utenti che per diverse ragioni si

TrasPorTare e uTiLizzare La nosTra innaTa Perizia narraToria ProPrio neLLa Fase di ProgeTTazione è Lo sCoPo deLLa mia riCerCa.

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si tratta di immaginare la progettazione sempre inserita in un flusso temporale e logico in cui ogni prodotto contiene al suo interno almeno tre stadi. il mito, il presente e le promesse per il futuro.

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nel numero di variabili che un designerdeve governare portebbero al doppio beneficio di semplificare rendendo meno invasivo il marketing ad essi legato e contribuendo ad offrire servizi e prodotti più “sinceri” e intimamente legati alle necessità degli utenti.La mia ricerca è partita da un assunto molto semplice: provare e verificare la compatibilità tra la pratica del design e le strutture narrative e tentare di sviluppareuna serie di frameworks, strumenti ed esercizi volti all’apprendimento e all’utilizzodelle nozioni basilari di storytelling e di storyediting all’interno della progettazione.La morfologia della fiaba che Propp ancora nel 1929 aveva sintetizzato ha molti piùelementi di similitudine con la progettazione di quanto sia possibile immaginare.Il paradigma e la metafora della narrazione funziona anche quando applicata alle strategie e degli obiettivi del design. Pensare la pianificazione in termini narrativiaiuta ad assicurare coerenza allo sviluppo di un prodotto o di un servizio senzaprecluderne gli eventuali sviluppi inattesi. Si tratta di immaginare la progettazionesempre inserita in un flusso temporale e logico in cui ogni prodotto contiene al suointerno almeno tre stadi. Il mito, il presente e le promesse per il futuro. Fanno parte del mito di un prodotto

e di un servizio tutti gli elementi palesi, riconosciuti e accettati da tutti, caratterizzanti della sua stessa natura (un orologio serve per sapere l’ora). Il presente è formato dalle caratteristiche e dalle funzioni principali che determinano il valore principale (core functions) del prodotto o del servizio. Le promesse per il futuro sono i dettagli che pur non essendo determinanti e completamente sviluppati concorrono a stimolare l’immaginazione e la curiosità degli utenti verso i possibili sviluppi (un telefono che ci permette di aprire la porta di casa e accendere l’auto, oppure registra quotidianamente i nostri dati vitali per consegnarli al medico...) che potranno diventare future core functions. Questi tre elementi sono già presenti negli artefatti e si evolvono naturalmente in maniera ciclica; i miti si arricchiscono di generazione in generazione, le promesse diventano in fretta funzioni core lasciando il posto a nuove inimmaginabili promesse. Si tratta appunto di un processo naturale tuttavia può diventare interessante ragionare in fase di pianificazione della progettazione il bilanciamento di queste tre istanze “narrative”, assicurandosi che esse siano puntualmente oggettivate nel design finale. Non si tratta mai di decidere rigidamente a priori quali saranno le future evoluzioni del design ma di preparare l’oggetto o il servizio a un numero ragionevole

si tratta di immaginare la progettazione sempre inserita in un flusso temporale e logico in cui ogni prodotto contiene al suo interno almeno tre stadi. il mito, il presente e le promesse per il futuro.

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trovano a interagire con ambienti estranei:hotel, ospedali, ma anche i camerini di prova di un negozio di abbigliamento. Provare aprogettare queste esperienze attraverso una griglia narrativa significa per prima cosamodellare tutto il materiale raccolto dalle ricerche, dalle osservazione e dalle interviste in una struttura temporale formata da una serie di punti di snodo importanti che obbligano il designer a focalizzare la sua attenzione su alcune domande ben definite.Ogni questione si traduce in opzioni e scelte di progettazione che devono essere risoltedal designer in maniera puntuale in modo che il prodotto o il servizio che stasviluppando sia sempre coerente con l’universo narrativo da cui è nato e che rappresenta.L’ultima fase dell’esperienza di workshop corrisponde a una sessione di agile design (il nome è preso in prestito dalla teoria di sviluppo agile) in cui il designer deveaffrontare ogni punto della griglia e tradurlo in un elemento preciso del progetto. Non si tratta di disegnare interamente il prodotto o il servizio ma di oggettivare una serie di elementi che possono stimolare la progettazione successiva.La narrazione non è l’unico o il migliore strumento per strutturare e sviluppare il nostro lavoro di designer ma solo una delle possibili soluzioni per affrontare progetti che richiedono un’attenzione particolare agli utenti finali e alle dinamiche immateriali che li legano ai prodotti

Pensare La PianiFiCazione in Termini narraTiviaiuTa ad assiCurare Coerenza aLLo sviLuPPo di un ProdoTTo o di un servizio senzaPreCLuderne gLi evenTuaLi sviLuPPi inaTTesi.

e ai servizi. Il mio obiettivo è fare in modo che l’universo narrativo di un prodotto diventi una delle variabili sensibili della progettazione, uno degli elementi in cui, esattamente come accade per le forme, i colori e le misure, è possibile intravedere strutture e regole che chiedono di essere esplorate, ponderate e calibrate.

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Pensare La PianiFiCazione in Termini narraTiviaiuTa ad assiCurare Coerenza aLLo sviLuPPo di un ProdoTTo o di un servizio senzaPreCLuderne gLi evenTuaLi sviLuPPi inaTTesi.

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Workshop results

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non si tratta mai di decidere rigidamente a priori quali saranno le future evoluzioni del design ma di preparare l’oggetto o il servizio a un numero ragionevole di possibilità che possono esprimersi o meno nelle versioni successive.

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INTrODUZIONEil paese dell’eterna primavera.Il primo posto che vidi arrivata in Guatemala fu la capitale.Per la prima volta ero arrivata nel cosiddetto terzo mondo, quello ora tanto scomodo agli italiani.Ero curiosa di testimoniare con la mia tesi un’altra realtà, cercavo qualcosa di nuovo, di diverso da portare.Cercavo “il diverso”.Vedendo però questo paese mi sono resa conto che era proprio “il diverso” il vero problema.La discriminazione che prima era per la maggior parte indirizzata verso gli indigeni ora si è trasformata in elitismo. Qui i ricchi si possono permettere istruzione, sanità e sicurezza, i poveri no. Qui i ricchi vivono nel primo mondo e i poveri nel terzo. Chiamano questo paese l’eterna primavera

www.cristinaspano.blogspot.com

guATeMALAmI PIace / non mI PIacecrIStIna SPanò

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(per il clima mite) anche se poi è eterna solo per i turisti.È per questo quindi che ho cercato di realizzare un progetto che puntava a rompere le differenze e ad avvicinare le uguaglianze.Ho preso persone di differente tipologia economica, sociale e culturale e gli ho posto due semplici domande: “Cosa ti piace? Cosa non ti piace?”. Persone che di fatto nella vita sono tanto diverse si rincontravano poi in piccoli piaceri e non della vita.Oltre a riscoprirsi reciprocamente si riscoprono anche interiormente, camminando tra memorie di piaceri perduti, come se il vero diverso a cui dobbiamo rivolgerci fosse in realtà quello che abbiamo sempre avuto dentro.

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...Come se iL vero diverso a Cui doBBiamo rivoLgerCi Fosse in reaLTà QueLLo Che aBBiamo semPre avuTo denTro.

Lenticchie

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1.0 / Il ProgettoRealizzazione di un libro che comunichi il Gautemala nella sua quotidianità.2.0 / PercHèFacendo ricerche sulla storia e sulle problematiche attuali, il punto che mi ha colpito di più è quello delle differenze sociali, culturali ed economiche del paese.Il Guatemala oltre a possedere 22 lingue di origine Maya più lo spagnolo,deve anche far fronte alle enormi differenze di estrazione socialee discriminazione derivanti da uno stato del tutto inesistente, come se il diritto alla vita si dovesse comprare.Qui i ricchi si possono permettere istruzione, sanità e sicurezza, i poveri no.Qui i ricchi vivono nel primo mondo e i poveri nel terzo.Lo scopo era quindi rompere le differenze e avvicinare le uguaglianze.

3.0 / l’IDeaPartendo dal fatto che volevo un progetto semplice e chiaro, la quotidianità più intima, mi è sembrato un buon mezzo per comunicarequello che mi interessava,è una cosa che accomuna tutti, sia bambini che adulti, sia poveri che ricchi .3.1 / Il libroLe parti Il libro è costituito da 18 sezioni, di cui ognuna corrispondente ad unapersona. A ogni persona corrispondono due parti, una più oggettiva e critica(vita, dati e foto di particolari/ambienti), e una più intimista del soggetto(Intervista “Mi piace, non mi piace” e ritratti)4.0 / Il materIale4.1 / le intervisteHo preso 21 persone di differente tipologia economica, sociale, culturalee ideologica e, oltre a intervistarli sulla loro vita, gli ho chiestodi elencare le cose che gli piacevano e non gli piacevano

della vita quotidiana,i particolari, le piccole cose che normalmente passano inosservate.La tipologia di persone:_Un’anziano_Un giardiniere_Una studentessa in medicina_Una bambina di 10 anni_Un Contadino_Una domestica_Una ragazza di 19 anni_Una donna di un’area rurale_Una signora che fa tortillas_Un prete_Un giocatore di calcio_Un ex politico_Un sarto_Una burattinaia_Un musicista_Un pittore laureato in filosofia_Un adolescente di 15 anni_Una studentessa di diritto vestita in abiti tradizionali.

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L’intervista aveva la durata di un’ora circa, il tempo poi poteva variare a seconda della precisione dell’intervistato. Inizialmente si procedeva chiedendo della loro vita, che facessero nella giornata, a che ora si svegliavano e a che ora andassero a dormire. Dopodichè si domandava: “cosa ti piace?”. Durante questo momento si cercava sempre di domandare cose più precise,interrogandoli sul perchè dei loro gusti.

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L’85% delle abitazioni di campagna non hanno acqua potabile e fognature

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L’85% delle abitazioni di campagna non hanno acqua potabile e fognature

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Guatemala

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sOLO IL 25% deLLA POPOLAzIONeNeLLe zONe rurALI HA ACCessO A CureMedICHe.

È LA PeRCeNTuALe Più BAssA Di TuTTO iL CONTiNeNTe AMeRiCANO.

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Lavora come domestica in una famiglia e ha 3 figlie.Si sveglia alle 3 di mattina per preparare la colazione ed il pranzo al marito che esce alle 5,30, poi va a lavorare. Ritorna alle 17, 30, aiuta sua figlia con i compiti, parlano e prepara la cena, va a letto alle 9.30. Dormono tutti nella stessa stanza. Tutti i giorni cucina, pulisce la casa e lava i vestiti.

OLGA MErCEDEZ PErEZ BArrIOS / 40 anni

Vive nell’aldea El Quetzalito, San Pablo, vicino ad un fiume. Quando passò l’uraganogli distrusse tutto il campo, ora è pieno di sassi e non è più coltivabile.Ha iniziato a lavorare quando le due figlie più grandi si ammalarono, avevano sempre mal di testa, una dopo due anni iniziò ad avere convulsioni.Per poter fare una radiografia

e capire il problema, chiesero un prestito alla banca. Non scoprirono nulla. Ora le figlie prendono due pasticche al giorno, consumando una confezione di medicinale al mese che costa circa 100Q (10€).Ancora stanno pagando il debito alla banca e per riuscire a vivere solamente la figlia più piccola di 10 anni può studiare.

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Per LOrO IL grANTurCO è L’ALIMeNTO sACrO, “uOMINI dI MAIs” sI deFINIsCONO.

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Per LOrO IL grANTurCO è L’ALIMeNTO sACrO, “uOMINI dI MAIs” sI deFINIsCONO.

iL POPuL VuH (LA BiBBiA MAyA) DiCe iNFATTi CHe L’uOMO È “uNA PALLiNA Di ACquA e MAis MODeLLATA DAGLi DÈi”.LA TORTiLLA È iL LORO PANe.

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Si sveglia alle 5 di mattina.Lava il mais, va al mulino a tritarlo per poi faretortillas e venderle al mercato.Fa questo lavoro da quando ha 12 anni, ha imparato da sua madre.Quando era giovane però, il mulino non c’era e il mais doveva tritarlo con la pietra.

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BErTA MArGArITA LOPEZ DE CASTErÑON / 72 anni

Lavora tutti i giorni, anche la domenica.Si é sposata a 17 anni, ha avuto 10 figlie non sa né leggere né scrivere.Va a dormire alle 10 di sera.

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LA vIOLeNzA versO Le dONNe è uNO deIPrObLeMI FONdAMeNTALI deL guATeMALA.sI CONTA CHe sOLO TrA IL 2001 e IL 2005sONO sTATe AssAssINATe PIù dI 2000 dONNe.

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LA vIOLeNzA versO Le dONNe è uNO deIPrObLeMI FONdAMeNTALI deL guATeMALA.sI CONTA CHe sOLO TrA IL 2001 e IL 2005sONO sTATe AssAssINATe PIù dI 2000 dONNe.

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Guatemala

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Studia diritto il sabato all’università. Si sveglia alle 5,30 della mattina per preparare la colazione al fratello di 7 anni che deve andare a scuola.Per poter studiare vende vestiti tradizionali e aiutala madre a lavorare come levatrice andando a visitarele donne nelle diverse aldee.Di solito va a dormire alle 9, se però c’è un parto o deve

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MArIA CArMELINA SOCOP VENTUrA / 26 anni

studiare rimane sveglia anche fino all’1 o le 2 di notte.Maria si veste ancora in abiti tradizionali perchè diceche è la sua cultura: “è ciò che ci distingue,è la nostra identità”.Per questo è stata anche discriminata: un annofa chiedendo un libro di diritto in una libreria una commessa gli ha chiesto se non era confusa e non stesse

cercando un libro di cucina. Ha voluto scegliere diritto perché, aiutando la madre, è venuta in contatto con la realtà femminile guatemalteca, dove le donne subiscono discriminazioni, violenze fisiche e psicologiche. Il suo sogno è aprire un’associazione in difesa dei diritti delle donne.

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36 anni è durato il conflitto armato in Guatemala sotto la dittatura militare. questo è quello che hanno lasciato: 150.000 assassinii, 50.000 desaparecidos, 1.500.000 rifugiati interni e all’estero, 200.000 bambini e bambine orfani, 40.000 vedove, 420 villaggi distrutti, centinaia di comunità indigene disgregate. Il totale vittime: 1.940.000 (il 75% delle quali sono indigeni).

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36 anni è durato il conflitto armato in Guatemala sotto la dittatura militare. questo è quello che hanno lasciato: 150.000 assassinii, 50.000 desaparecidos, 1.500.000 rifugiati interni e all’estero, 200.000 bambini e bambine orfani, 40.000 vedove, 420 villaggi distrutti, centinaia di comunità indigene disgregate. Il totale vittime: 1.940.000 (il 75% delle quali sono indigeni).

Guatemala

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Brayend Magazine

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Cosa faOspita i grandi personaggi del passato e del presente, promuove giovani realtà, illustra il processo mentale e tecnico dietro l’opera, crea interazione tra gli argomenti trattati attraverso la loro disposizione all’interno della rivista.

Significato del nomeIl nome Brayend nasce dalla fusione dei termini inglesi brain (cervello), eye (occhio) e hand (mano) intesi come sintesi del processo creativo. Brayend, per far fede al proprio nome, non dovrà semplicemente mostraredelle immagini gradevoli all’occhio ma analizzarne anche il processo mentale e tecnico che c’è dietro.

MotivazioniL’idea di creare una rivista nasce, oltre che da una motivazione personale nel realizzare qualcosa di cui vorrei essere prima di tutto il fruitore, anche dalla possibilità di proporre un prodotto nuovo sul mercato nazionale delle riviste. La progettazione grafica costituisce solo una parte di un lavoro ben più complesso che, per essere realizzabile, comprende anche la creazione e lo sviluppo di un’identità editoriale, oltre che una seria considerazione del lato economico della questione.

Cos’èBrayend è una rivista trimestrale di grafica, design, fotografia, illustrazione, cinema e musica rivolta ad un pubblicoche va dallo studente al professionista di design e comunicazione visiva.

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ObiettiviSviluppare un’informazione precisa e dettagliata ma non elitaria, attraverso una veste grafica non autoreferenziale che tenga conto delle caratteristiche strutturali tipiche della rivista. Proporre un prodotto nuovo per sopperire alla carenza di riviste del genere sul mercato nazionale. Questo comporta l’individuazione della concorrenza. Nel caso delle riviste sulla comunicazione visiva, la concorrenza si divide in due categorie: riviste cartacee e riviste web.

Concorrenza webLa realizzazione di una webzine ha sicuramente dei vantaggi: nessun costo di stampa o distribuzione ed è possibile aggiornarla di continuo. Nonostante queste peculiarità, ha comunque dei grossi limiti: la presenza del testo è molto limitata. Infatti, le emanazioni di luce del monitor rendono difficile all’occhio umano leggere testi lunghi. Questa è la ragione per cui il testo ricopre un ruolo marginale nelle webzine, specialmente quelle sulla comunicazione visiva, che in molti casi sono costituite solo da immagini. Peraltro, le immagini stesse, hanno una risoluzione scadente, meno di 100 dpi, ovvero un sesto della normale risoluzione delle stampanti laser e meno del 5% della risoluzione delle fotounità professionali. Dunque, una rivista cartacea che nasce in questo contesto, deve puntare

necessariamente sulle principali armi della carta stampata: il testo e la qualità delle immagini.

Concorrenza cartaceaLe più importanti riviste europee sulla comunicazione visiva sono identificabili nelle tre inglesi Creative Review, Eye e Grafik. In Italia spicca un nome su tutti: Progetto Grafico.

Progetto GraficoÈ il periodico dell’Aiap (Associazione Italiana Progettazione per la Comunicazione Visiva) dai contenuti estremamente validi, esposti in modo serio e rigoroso dalle firme più autorevoli della grafica italiana e non solo. La sua “architettura” (la disposizione dei contenuti) ed il suo “format” (la struttura grafica che rappresenta la titolazione di un articolo) segue però i criteri del libro.

Differenze tra rivista e libroIndividuare le differenze sostanziali tra la rivista e il libro (o catalogo) è stato per me uno dei primi aspetti da chiarire. Esistono delle specifiche caratteristiche strutturali comuni a tutte le riviste, di qualunque genere (cronaca, attualità, sport, cultura, spettacolo, etc.) Oltre alla presenza di editoriali, rubriche e articoli, vi sono degli elementi grafici che compongono un “format” ben preciso. Anche la scelta stessa del titolo non si limita a comunicarci

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l’argomento dell’articolo che segue, ma ha il compito di invogliarci alla lettura, anche attraverso giochi di parole che interpretino ma non svelino del tutto il contenuto del testo. Il sottotitolo o sommario, poi, ha lo stesso il compito di sintetizzare il contenuto stimolandone la lettura, ma avvalendosi di più righe. Per questo creare da zero una rivista comporta, non solo l’ideazione e lo sviluppo di un’identità visiva, ma anche una minima conoscenza in campo giornalistico. In questo modo l’identità visiva e quella editoriale devono dipendere l’una dall’altra. La grafica non deve prevalere sul contenuto ma renderlo accessibile al meglio. Quindi il lavoro del grafico dev’essere prima di tutto quello di conoscere il contenuto per poi progettarne il “contenitore”. A questo proposito le parole di Robert Bringhurst risultano ben più esaustive: “Il primo compito del tipografo è quello di leggere e comprendere il testo; il secondo quello di analizzarlo e tracciarne una mappa. Solo a quel punto può iniziare l’interpretazione tipografica. [...] L’esecuzione tipografica deve rivelare non sostituire il senso profondo della composizione.”

Formato paginaIl formato scelto per la rivista è ricavato dalla sezione aurea e misura precisamente 255 mm di altezza per 220 mm di larghezza. È perciò un formato duttile che permette

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di contenere agevolmente sia immagini fortemente verticali che orizzontali.

Carta interni115 grammi.Carta copertina200 grammi.Confezione6 sedicesimi più 4 pagine di copertina (100 pagine).LegaturaBrossura con sedicesimi cuciti a filo.

ContenutiSommario, Colophon, Rubriche (editoriale, déjà vu, brainbox appuntamenti), Articoli (primo piano, eventi), Portfoli (design, fotografia, grafica, illustrazione, musica, video).

LogotipoIl logotipo della testata presenta il nome Brayend composto con un carattere monospaziato che ho disegnato. La “y” oltre ad essere in maiuscolo, ha la particolarità di dividere la scritta in due parti, costituite dagli stessi glifi specchiati (la “b” specchiata diventa “d”, la “r” specchiata diventa “n”) e ruotati di 180° (la “a” capovolta diventa “e”). Questo vuole ulteriormente rappresentare la funzione di Brayend: mostrare discipline apparentemente diverse tra loro, che vengono fatte interagire tramite un unico filo conduttore.

Logotipo: aree di rispettoPer evitare interferenze visive con altri elementi è opportuno osservare sempre un’area di rispetto pari al 10% della lunghezza e al 35% dell’altezza totale del logotipo. L’area di rispetto consente sempre una chiara ed efficace leggibilità del logotipo Brayend.

Logotipo: riduzioniPer consentire sempre la chiara leggibilità del logotipo sono assolutamente sconsigliate le riduzioni sotto i 20 mm.

Caratteri tipograficiPer il testo principale è stato scelto il graziato Minion, disegnato da Robert Slimbach che oltre ad essere estremamente leggibile, anche per testi lunghi, possiede una gran varietà di pesi, che in un testo complesso come quello di un magazine può risultare molto efficiente. Da accostare al graziato Minion è stato scelto il lineare Franklin Gothic (disegnato da Morris Fuller Benton nel 1903) in base all’altezza dell’occhio medio e la lunghezza delle aste. Il Franklin Gothic viene usato in Brayend per i titoli, sottotitoli, catenacci, firme, didascalie, testatine e numeri di pagina. Infine il Van Doesburg, usato in copertina per comporre la dicitura posta sotto la testata e i contenuti del numero, nel sommario, nell’editoriale e per la comunicazione esterna.

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CopertinaLa copertina di Brayend può essere costituita da una composizione grafica, da una fotografia o da entrambe le cose che interpretino o mostrino sempre uno degli argomenti affrontati nel numero. Sulla copertina non saranno mai presenti strilli, i contenuti del numero dovranno essere sempre mostrati sulla quarta di copertina, in seconda e terza di copertina viene sempre lasciato spazio alla pubblicità. La copertina del numero zero di Brayend interpreta graficamente quella disegnata da Hendricus Theodorus Wijdeveld per i sette numeri di Wendingen, rivista olandese, dedicati a Wright e datati 1925/26.

Griglia di baseÈ costituita da tre colonne (per il testo principale) che ne inglobano sei (per le didascalie).

NavigatorePermette al lettore di orientarsi facilmente all’interno della rivista, sapendo sempre in che sezione si trova. Al pari dei numeri di pagina, non viene mostrato solo quando ritenuto necessario al fine di non disturbare le immagini presenti.

EditoreLa denominazione sociale dell’editore dovrà essere un’associazione culturale no profit, in modo da poter beneficiare di possibili finanziamenti pubblici.

DiffusioneBrayend diffonderà 2.500 copie iniziali, di cui 600 nelle librerie, 1.000 in abbonamento postale, 200 per promozioni e collaboratori, 200 per vendita on-line, 400 per fiere e librerie specializzate.

Possibili finanziatoriLe aziende private del mondo della comunicazione audio e visiva interessate ad associare il loro brand a quello della rivista e a ciò che rappresenta.

Possibili sponsorsTipografie, cartiere, produttori di attrezzature fotografiche e video, produttori di hardwares, softwares e altre apparecchiature per computer, case d’abbigliamento, scuole pubbliche e private di design e comunicazione visiva, studi grafici.

Strategie di lancioPromozione all’interno di fiere, workshop e manifestazioni nel settore del design e della comunicazione visiva. Promozione nel web attraverso la segnalazione del sito www.brayend.com dai maggiori media on-line che prevede di avvalersi di un buon ufficio stampa e di una mailing list con un ampio indirizzario ben selezionato.

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“iL Primo ComPiTo deL TiPograFo è QueLLo di Leggere e ComPrendere iL TesTo; iL seCondo QueLLo di anaLizzarLo e TraCCiarne una maPPa. soLo a QueL PunTo Può iniziare L’inTerPreTazione TiPograFiCa. [...] L’eseCuzione TiPograFiCa deve riveLare non sosTiTuire iL senso ProFondo deLLa ComPosizione.” r. brIngHurSt, GLI ELEMENTI DELLO STILE TIPOGrAFICO, SylVeStre bonnarD, mIlano, 2006

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“iL Primo ComPiTo deL TiPograFo è QueLLo di Leggere e ComPrendere iL TesTo; iL seCondo QueLLo di anaLizzarLo e TraCCiarne una maPPa. soLo a QueL PunTo Può iniziare L’inTerPreTazione TiPograFiCa. [...] L’eseCuzione TiPograFiCa deve riveLare non sosTiTuire iL senso ProFondo deLLa ComPosizione.” r. brIngHurSt, GLI ELEMENTI DELLO STILE TIPOGrAFICO, SylVeStre bonnarD, mIlano, 2006

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Historicaldossier- Le riviste Futuriste

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Le rIvIsTe deL FuTurIsMOParte 1 DI 2

FabIo gIoIa

Nei primi anni del Novecento in Italia, la linea politica liberale di Giolitti favorisce lo sviluppo dell’industria e l’impulso produttivo portaad un rinnovamento dell’architettura e delle arti decorative. In questo contesto nasce e si sviluppa il primo movimento d’avanguardia nel nostro paese: il Futurismo, in grado di rompere il provincialismoitaliano artistico e riallacciare un dialogo con l’Europa. Il fondatore del movimento futurista è lo scrittore e teorico Filippo, Tommaso Marineti il quale utilizza di continuo il manifesto come mezzo di comunicazione.Proprio la pubblicazione sul Figaro di Parigi del primo manifesto futurista nel 1909, sancisce ufficialmente la nascita del movimento. Il manifesto proclama come modello della nuova bellezza l’automobile, il mondo del progresso incarnato dalla città industriale. L’anno successivo Marinetti

incontra Boccioni, Carrà e Russolo con i quali pubblica il “Manifesto dei pittori futuristi” che si oppone al Rinascimento e all’arte che imita l’antico.Boccioni e Severini nascono pittoricamente sotto l’influenza del divisionismo e gli insegnamenti di Balla a Roma. Carrà aderisce al Futurismo più per le sue ideologie e gli scritti di Marinetti entranonella sua pittura. Nel 1911 Boccioni, Carrà e Russolo raggiungono, con Marinetti, Severini a Parigi, dove conoscono Picasso e Braque. Questo dialogo con le avanguardie europee, in particolare col Cubismo,farà compiere al movimento, nel giro di un paio d’anni, un salto in avanti, accentuando differenze e analogie. Boccioni tende a evidenziare le differenze tra cubisti e futuristi, divenuta una costantedella sua teoria. Mentre i futuristi cercano

uno stile del movimento e affermano che non c’è pittura senza sensazione dinamica, i cubisti dipingono “l’immobile, l’agghiacciato e tutti gli aspetti statici della natura”, la loro arte tende ad una nuova forma di classicismo, inclina a un nuovo accademismo. Tuttavia, il metodo di scomposizione degli oggetti comemezzo per dare la totalità della realtà, facendo intervenire sulla sensazionela conoscenza, la libertà nell’uso di questi piani, delle linee, dei colori, della luce per aumentare la forza emotiva e il potere di suggestione dell’opera sullo spettatore erano elementi della visione cubista che interessavano enormemente Boccioni perché rispondevano al fondamento dinamico, totalizzante dell’arte futurista.L’11 maggio 1912 Marinetti pubblica il “Manifesto tecnico della

Rivista - Poesia

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FF3300 | DoSSIer: le riviste futuriste

uno stile del movimento e affermano che non c’è pittura senza sensazione dinamica, i cubisti dipingono “l’immobile, l’agghiacciato e tutti gli aspetti statici della natura”, la loro arte tende ad una nuova forma di classicismo, inclina a un nuovo accademismo. Tuttavia, il metodo di scomposizione degli oggetti comemezzo per dare la totalità della realtà, facendo intervenire sulla sensazionela conoscenza, la libertà nell’uso di questi piani, delle linee, dei colori, della luce per aumentare la forza emotiva e il potere di suggestione dell’opera sullo spettatore erano elementi della visione cubista che interessavano enormemente Boccioni perché rispondevano al fondamento dinamico, totalizzante dell’arte futurista.L’11 maggio 1912 Marinetti pubblica il “Manifesto tecnico della

letteratura futurista” che segna la svolta per i manifesti successivi, almeno in quattro punti chiave: la distruzione della vecchia sintassi, la sostituzione in letteratura della psicologia dell’uomo con l’ossessione lirica della materia, l’esaltazione della macchina, la poetica dell’antigrazioso. Il 1913 segna il rafforzamento del movimento in Italia grazie anche al contributo di Balla e alle mostre di Roma. Inoltre, nel marzo dello stesso anno, i futuristi collaborano con la rivista Lacerba che diventerà il nuovo organo del movimento. Con lo scoppiodella prima guerra mondiale, anche privato delle sue più grandi personalità (Boccioni morto durante la guerra, Carrà e Severini emigrati verso nuove posizioni, Balla ormai isolato), il Futurismo continua la sua storia come organizzazione culturale teso

a sperimentare tutte le possibilità di espansione. Tutte le componenti di quelli che chiamiamo oggi mass-mediavengono individuate e, dove possibile, sfruttate dai futuristi (la stampa, l’editoria, la radio, il cinema, il teatro). Proprio il teatro risulterà essere, in quegli anni, un campo di continue ricerche che porterannoFortunato Depero ad anticipare quella che verrà definita, nel biennio 1922/23, l’arte meccanica futurista. Prampolini è il nome di punta del testo teorico più importante del Futurismo degli anni venti:il “Manifesto dell’arte meccanica futurista”, firmato insieme a Paladini e Pannaggi, pubblicato su Noi nel 1923.

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IL rUOLO DELLE rIVISTELe riviste hanno svolto un ruolo essenziale nella storia del Futurismo, fungendo da luogo d’aggregazione per nuclei e gruppi disseminati in quasi tutte le regioni italiane. Oltre alle testate principali; si contanomolti fogli dalla vita più o meno effimera. Numeri unici, a circolazione limitata; si tratta, complessivamente, di circa centosettanta titoli, cui va aggiunta una settantina di riviste di area parafuturista o modernista.Questo fenomeno di proliferazione si registra soprattutto a partire dalla Grande Guerra.Anche i periodici sono sottoposti a quel procedimento di ridefinizioneche investe tutti i settori della produzione e della comunicazione artistica, le cui leggi, modalità e codici vengono “reinventati”dai futuristi: le riviste sono investite dalla rivoluzione futurista, non solo perché ospitano i testi teorici e creativi dei vari autori, ma anche e soprattutto poiché subiscono una trasformazione che muta la morfologiae persino la funzione. La tradizione precedente è azzerata: i fogli futuristi rispecchiano i comportamenti e le norme dell’avanguardiache si traducono in aggressività linguistica e grafica. Pubblicano testi e manifesti ma contemporaneamente divengono il luogoprivilegiato per cronache di manifestazioni futuriste, appuntamenti per esposizioni e presentazioni. Un oggetto da mandare in omaggio, come i libri, a uomini di cultura, giornalisti e personaggi famosi. Le testate futuriste proliferano in tutt’Italia e nel mondo: solo negli anni “eroici”, fino cioè alla prima metà degli anni venti, fra riviste maggiori e fogli minori sono oltre 160 ma il numero cresce di molto se si

considerano anche i periodici d’avanguardia non di stretta ortodossia futurista.Alla preistoria del movimento appartiene invece la rivista Poesia (1905-1909), rassegna internazionale mensile, fondata a Milano da Filippo Tommaso Marinetti con Vitaliano Ponti e Sem Benelli, che dopo la prima annata rimane sotto la direzione del solo Marinetti.Ne escono trentuno fascicoli, tra cui molti numeri doppi e tripli. La copertina reca sempre lo stesso disegno, di Alberto Martini, ma varia nel colore. Quasi ogni numero si apre con un medaglione dedicato a un poeta, di cui viene fornito un ritratto disegnato da Enrico Sacchetti e Ugo Valeri, in qualche caso da Giuseppe Grandi. Vi collaborano poeti di lingua francese, come Gustave Kahn, ideatore del verso libero, Paul Fort, Emile Verhaeren, il provenzale Frederic Mistral, Jean Moreas, estensore del manifesto del Simbolismo, Anna de Noailes, Alfred Jarry, il giovanissimo Jean Cocteau, Paul Claudel; autori di lingua inglese, come William Butler Yeats, di lingua tedesca, tra cui Arno Holz, ispano-latino-americani, come Miguel de Unamuno; il simbolista russo Valerij Brjusov; il poeta nazionale greco Costis Palma, e,tra gli italiani, Giovanni Pascoli, Gabriele D’Annunzio, Guido Gozzano.La rivista si impegna a difendere l’uso del verso libero, promuovendo un importante sondaggio, i cui risultati sono raccolti nel volume “Enquete internationale sur le Vers libre et Manifeste du Futurisme par F.T. Marinetti” (Edizioni di Poesia, Milano 1909). La rivista propone altre inchieste e concorsi e utilizza quei sistemi promozionali

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e reclamistici che divengono poi tipici della propaganda futurista.Con Poesia nasce anche l’omonima collana, che resta in attività dal 1905 al 1943, sopravvivendo alla rassegna, la quale invececonclude la sua esperienza dopo gli ultimi tre fascicoli dedicati al Futurismo e il supplemento al V anno, Il , Futurismo

di cui escono due edizioni, pressoché simili, una in occasione della serata alla Fenice di Venezia il 1° agosto 1910 e una per la serata nella sala della Gran Guardiadi Padova il 3 agosto 1910. Una seconda serie di Poesia appare nel 1920 (cinque fascicoli) a Milano, sotto la direzione di Mario Dessy. La copertina è disegnata da Arnaldo Ginna. Vi collaborano tra gli altri Ezra Pound, Philippe Soupault, Pierre Reverdy, James Joyce, Jean Cocteau.Ma la prima grande

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rivista futurista è Lacerba fondata a Firenze nel gennaio 1913 da Giovanni Papini e Ardengo Soffici, che provengono dall’esperienza de La Voce e si avvicinano al Futurismo attraverso Aldo Palazzeschi. Il titolo, ideato da Soffici, è tratto da un’opera di Cecco d’Ascoli, cui è stato tolto l’apostrofo per creare un neologismo senza un significato preciso, che tuttavia suggerisce l’idea di qualcosa di “lacerante” e “acerbo” al tempo stesso. Il contenuto degli articoli è programmaticamente provocatorio e antiborghese, tanto da suscitare reazioni ostili negli ambienti benpensanti (Odiatevi

gli uni con gli altri, Viva il maiale!, Chiudiamo le scuole, di Papini; Elogio della prostituzione di Italo Tavolato). Proprio per il tono trasgressivo, Lacerba conquista la simpatia dei giovani, del pubblico popolare e degli operai, come ha ricordato Antonio Gramsci. Il suo taglio è anche internazionale, vi appaiono infatti disegni di Pablo Picasso, Aleksandr Archipenko, Michail Larionov e vi collabora Guillame Apollinaire. Il sodalizio tra futuristi fiorentini e futuristi marinettiani dura un anno,durante il quale Lacerba pubblica alcuni dei più importanti manifesti del movimento e le prime “parole in libertà”.

Fin dall’editoriale del primo numero Dinamo (o La Dinamo, come talora si definiscela rivista) desidera sottolineare la differenza dagli altri giornali che, pur dichiarandosi futuristi, non furono in grado di seguire coerentemente la pratica avanguardistica.“La Dinamo sarà l’organo intransigente del movimento futurista artistico e del partito politico futurista”, è evidente da queste primedichiarazioni la netta presa di posizione del periodico e il desiderio di riaffermare prepotentemente l’esistenza di un Futurismo unico, quello marinettiano. È forte inoltre la polemica nei confronti di quegli artisti che, pur provenendo da una militanza futurista, se ne sono poi distaccati per andare ad ingrossare le fila dei cosiddetti “passatisti”.La posizione del gruppo di Dinamo è coerente con l’atteggiamento abitualmente assunto da Marinetti e risponde all’esigenza di un richiamo all’ordine e della ripresa dell’egemonia del movimento, in seguito allo sfaldamento del Futurismo causato dalla crisi bellica.Dinamo non affronta mai apertamente le questioni politiche, ma resta legato ad un orizzonte strettamente artistico: molti sono i testi creativi, le parole in libertà, le sintesi teatrali. Frequentemente le pagine del periodico ospitano illustrazioni, disegni, riproduzioni. Largo spazio è dedicato anche a riquadri pubblicitari di mostre o pubblicazioni futuriste (una lunga recensione è dedicata a Crepapelledi Luciano Folgore); in particolare vengono messi in risalto i titoli dell’editore Ugoletti che, oltre a Dinamo stampava anche RomaFuturista. Cronache d’attualità l’unica rubrica presente nella rivista è denominata “Caffè-

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Fin dall’editoriale del primo numero Dinamo (o La Dinamo, come talora si definiscela rivista) desidera sottolineare la differenza dagli altri giornali che, pur dichiarandosi futuristi, non furono in grado di seguire coerentemente la pratica avanguardistica.“La Dinamo sarà l’organo intransigente del movimento futurista artistico e del partito politico futurista”, è evidente da queste primedichiarazioni la netta presa di posizione del periodico e il desiderio di riaffermare prepotentemente l’esistenza di un Futurismo unico, quello marinettiano. È forte inoltre la polemica nei confronti di quegli artisti che, pur provenendo da una militanza futurista, se ne sono poi distaccati per andare ad ingrossare le fila dei cosiddetti “passatisti”.La posizione del gruppo di Dinamo è coerente con l’atteggiamento abitualmente assunto da Marinetti e risponde all’esigenza di un richiamo all’ordine e della ripresa dell’egemonia del movimento, in seguito allo sfaldamento del Futurismo causato dalla crisi bellica.Dinamo non affronta mai apertamente le questioni politiche, ma resta legato ad un orizzonte strettamente artistico: molti sono i testi creativi, le parole in libertà, le sintesi teatrali. Frequentemente le pagine del periodico ospitano illustrazioni, disegni, riproduzioni. Largo spazio è dedicato anche a riquadri pubblicitari di mostre o pubblicazioni futuriste (una lunga recensione è dedicata a Crepapelledi Luciano Folgore); in particolare vengono messi in risalto i titoli dell’editore Ugoletti che, oltre a Dinamo stampava anche RomaFuturista. Cronache d’attualità l’unica rubrica presente nella rivista è denominata “Caffè-

Concerto”; essa ha inizio col numero 4 e contiene cronache artistiche e teatrali. I testi teorici costituiscono una minoranza: nel numero di maggio appare “L’arte dei rumori” di Luigi Russolo, e in quellosuccessivo troviamo l’articolo dal titolo “Architettura futurista” in cui Virgilio Marchi accosta l’architettura alla genialità, all’ispirazione. Tra i manifesti vengono riproposti “La declamazione dinamica e sinottica” di Marinetti e il “Teatro futurista sintetico” di Marinetti, Settimelli e Corra.Vi sono inoltre altri interventi, meno noti ma che vale la pena segnalare. Il primo numero ospita, ad esempio, l’ultimo scritto inedito di Umberto Boccioni dedicato a Virgilio Funi, definito “uno dei migliori campioni della giovane pittura italiana”. Sul numero 5 troviamo invece un curioso intervento di Marinetti (Il proletariato dei geniali) il quale propone che in ogni città venga costruito un palazzo, denominato “Mostra libera dell’ingegno creatore”, dove possa venir valorizzata tutta la schiera di uomini geniali, troppo spesso “derisi,svalutati, imprigionati”. Nel sesto numero Mario Carli propone un articolo in cui manifesta tutto il suo disprezzo per gli artisti cosiddetti “puri”: gli apatici, i contemplativi, gli statici, i sofistici; e sottolinea il fatto che i futuristi non concepiscono altra opera d’arte se non quella che “scaturisce fulmineamente dall’urto brutale con la vita”.Dinamo, pur volendo riportare nell’alveo del Futurismo i vari sperimentalismi, non giunge quasi mai a scontri aperti. Tuttavia, un accenno di polemica è rintracciabile nell’articolo di Gino Soggetti(n.3, aprile 1919), il quale si schiera contro

le neo-nata ,Ronda definendola “un’infelice creatura di cervelli pecorili non più giovani, uno scatto a vuoto nel campo dell’arte moderna”. Violento e privo di mediazioni è invece l’attacco nei confronti del Dadaismo: nella rubrica “Caffè-Concerto” del sesto fascicolo il movimento artistico fondato da Tristan Tzara è paragonato a “roba di seconda mano”, “una specie di infantilismo e di balbettamento, che puzza alquanto di tedescheria”.La rivista sospenderà le pubblicazioni prima delle elezioni e verrà sostituita dalla serie artistica di Roma Futurista.Pur essendo di durata limitata, Dinamo rappresenta un’esperienzainteressante poiché contribuisce a mostrare con chiarezza i fili che componevano la variegata trama dello sperimentalismo nella Roma tra la prima guerra mondiale e la fine degli anni Venti.

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Ma presto la diversità di idee porta Soffici, Papini e Palazzeschi a distaccarsi dall’orbita di Marinetti, da loro accusato di aver creato una chiesa con dogmi e una rigida precettista estetica. Dall’agosto del 1914 il giornale si trasforma in foglio prevalentemente politico, divenendo strumento di campagnainterventista, fino alla chiusura, nel maggio del 1915. Per Lacerba, Soffici crea prima una testata color ruggine, che nella seconda annata sostituisce con una nuova, dotata di enormi caratteri a bastone; infine, nell’ultimo periodo, sceglie per il titolo caratteri a stampino in rosso. Per le rilegature del giornale fiorentino l’artista dipinge cartecon decorazioni policrome astratte, non distanti dai motivi orfistici di Sonia Delaunay.Presto Lacerba diviene un tale oggetto di culto; per i bibliofili e per gli stessi futuristi, che negli anni trenta il periodico Futurismo ne segnala una collezione rilegata con carte sofficiane, come se si trattasse di una vera rarità. Lacerba ha anche una propria collana, dove appaiono opere di Soffici e Papini.Sempre a Firenze, sorge successivamente un’altra rivista, L’Italia - Futurista (1916-18), di cui sono redattori Emilio Settimelli, Bruno Corra, Arnaldo Ginna, Mario Carli, Remo Chiti, Neri Nahnetti, Maria Ginanni. Quest’ultima ne dirige l’omonima collana. Ginna impagina il periodico e disegnale copertine per i libri della collezione. Il gruppo ha elaborato una propria poetica “liberista”, contraria all’estetica di Benedetto Croce e all’estetismo di D’Annunzio, ma si richiama ai simbolisti, da Rimbauda Baudelaire, e alla linea fantastica di Poe.I redattori esprimono inoltre una notevole

LE rIVISTE: DINAMO (1919)Rivista mensile pubblicata a Roma. Sulla copertina del primo numero, uscito nel febbraio 1919, compare il sottotitolo “Rivista futurista”.La sede della direzione è inizialmente in via Conte Verde 15, a Roma; l’amministrazione invece risulta presso l’Impresa Editoriale Ugoletti in via Condotti 21, dove, dal maggio 1919, sarà situata anche la direzione.A partire dal sesto numero, direzione e amministrazione saranno trasferite entrambe in via Venezia 18.Complessivamente escono sette numeri, l’ultimo dei quali riporta la data settembre/ottobre 1919; il sesto e il settimo fascicolosono doppi. Ogni numero è costituito da una trentina di pagine di 25 cm ed ha un costo di 50 centesimi. La direzione del periodico è affidata ad Emilio Settimelli, Mario Carli e Remo Chiti. Dal numero 4 del maggio 1919 essi saranno sostituiti da Filippo Tommaso Marinetti.La maggior parte dei collaboratori (Bruno Corra, Mario Dessy, Volt, Crescenzo Fornari, Enrico Rocca, Pietro Pupino Carbonelli, Giuseppe Bottai, Paolo Buzzi, Luciano Folgore, Francesco Cangiullo, Fulvia Giuliani, Mina Della Pergola, Dinamo Correnti, Jamar 14) proviene dal gruppo di Roma, Futurista il “giornale del Partito politico futurista” (divenuto poi“settimanale del Movimento futurista”) nato nel settembre del 1918, prima della fine della guerra, per iniziativa degli stessi Marinetti, Carli e Settimelli, e che accompagna, non solo cronologicamente, la trasformazionedel Futurismo da movimento in partito.

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attenzione per l’occultismo e la metafisica, cui viene dedicato il manifesto La scienza Futurista (1916). Nel settembre del 1918 esce nella capitale Roma uturistaFche, ereditando dal secondo periodico fiorentino il ruolo di giornale-pilota del movimento, rappresentala fase più politicizzata del Futurismo. Diretta dapprima da Marinetti, Carli, Settimelli, poi da Giuseppe Bottai, Roma Futurista fa da sfondo al sodalizio tra futuristi, arditi e Fasci di Combattimento di Benito Mussolini.Prevalgono in questo momento gli interessi politici, cui invece viene destinata la rivista Dinamo (Roma

1919). Tuttavia, dal gennaio del 1920, anche Roma Futurista, abbandonata la politica, si trasforma negli ultimi numeri in giornale artistico. Negli anni venti svolge un ruolo ufficiale la seconda serie di Noi (Roma 1923-25), rivista fondata da Enrico Prampolini, in continuo dialogo con le più avanzate correnti artistiche europee, la cui prima serie (1917-20), diretta da Prampolini e Mino Sanminiatelli, è improntataal sincretismo tra le tendenze d’avanguardia, con respiro internazionale. Il giornale politico L’Impero (Roma 1923-33), diretto da Carli e Settimelli, fiancheggia il movimento marinettiano, riservando ampio spazio nelle pagine di cultura alle questioni estetiche futuriste. Il tema dell’“arte di stato”, con una particolare attenzione per l’architettura, è posto invece da La Città Futurista (Torino 1929) di Fillia (Torino 1932-

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34), Stile futurista (Torino 1934-35) di Prampolini e Fillia e da Futurismo (Roma 1932-33), il periodico di Mino Somenzi, presto trasformatosi in Sant’Elia (Roma 1933-34), quindi in Artecrazia(Roma 1934-1939). Ma al di là di tali testate esiste un universocartaceo che comprende periodici e numeri unici di vario genere. Vi sono i giornali politici come L’Ardito (Milano 1919-21) di FerruccioVecchi e Mario Carli; I Nemici d’Italia (Milano 1919-20) di Armando Mazza; La Testa di Ferro (Milano-Fiume 1920-21) di Mario Carli. Pubblicazioni sporadiche di futuristi all’estero, o numeri speciali dedicati al movimento, tra cui Der Futurismus (Berlino 1922) di Ruggero Vasari; il fascicolo di Der Sturm dedicato ai futuristi italiani(Berlino 1922), curato da Herwarth Walden; uturistFAristocracy (New York 1923) di NanniLeone Castelli; un numero futurista di Maalesh (Il Cairo 1929), edito per iniziativa di Nelson Morpurgo; Red numero su Marinetti e il Futurismo mondiale (Praga 1929). Fogli di gruppi locali, come La Balza Futurista (Ragusa-Messina 1915) di Vann’Antò (Giovanni Antonio Di Giacomo), Guglielmo Jannelli, Luciano Nicastro; il numero unico Arte uturista FItaliana-1909 ,1929 (Palermo 1929) di Pippo Rizzo; il mensile L’Aurora (Gorizia 1923-24) di Sofronio Pocarini; Dinamo Futurista (Rovereto 1933) di Fortunato Depero; Elettroni (Napoli 1933) di Luigi Gallina e Manuel Caracciolo;Epeo (Trieste 1922-23) di Giorgio Carmelich; Firenze Futurista (Firenze 1922) di Oscar

Fusetti; La Folgore Futurista (Pavia 1917) di Angelo Rognoni e Gino Soggetti; FrecciaFuturista (Milano 1917)di Alk Giàn e Pietro Negri; il numero unico Mantova Futurista (Mantova 1928) di Gino Cantarelli; Futurista Mediterraneo (Cagliari-Roma 1938-43) di Gaetano Pattarozzi. La Nuova Venezia (Venezia1924-25) di Renzo Bertozzi e Paolo Foscari; Nuovo Futurismo (Milano 1934) di LinoCappuccio; Originalità (Reggio Calabria 1924) di Enzo Benedetto; il numero unicoPiemonte Futurista (Torino 1924) di Lino Angelo Paderni; il numero unico Supremazia Futurista (Firenze1933) di Antonio Marasco; le pagine futuriste di Vela Latina (Napoli 1915-16), curate da Francesco Cangiullo. Sono questi solo alcuni esempi di una mappa molto estesa, che riflette la vastità del fenomeno futurista.

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DINAMO FUTUrISTA (1933)Periodico roveretano diretto da Fortunato Depero, sotto l’alto patronatodi Filippo Tommaso Marinetti. Viene stampato presso la tipografia Mercurio di Rovereto (Trento) e complessivamente escono5 numeri, dei quali uno triplo (n.3/4/5, giugno 1933), dal febbraio al giugno 1933. I primi due numeri hanno uguale formato (41 cm x20 cm) e sulla copertina di colore arancio hanno impressa una dinamonera. Sono composti da dodici pagine ognuno, ed hanno un prezzo di dodici lire. Sulla copertina del secondo numero è riportato il sottotitolo “Periodico mensile illustrato”. Il terzo ed ultimo fascicolosi riduce nelle dimensioni (34 cm x 25 cm), il prezzo non è più indicato e le pagine passano a 22; essendo interamente dedicato a Umberto Boccioni comprende anche 8 tavole fuori testo, stampate su carta patinata, che riproducono alcuni disegni e sculture del pittore. La rivista si apre con un editoriale in cui Depero manifesta l’intento di illustrare con ordine e chiarezza la vasta opera del Futurismo “di ieri, di oggi e di domani: dai grandi maestri ai giovani e ai giovanissimi, dal Brennero alla Sicilia…”. Rimarca inoltre la sua vicinanza al fascismo e a Mussolini che “futuristicamente dichiarò di non aver mai visitato un museo […] perché la storia si fa vivendo, perché la politica si fa vivendo, perché l’arte si fa vivendo”.Fin dall’inizio dunque Dinamo Futurista

appare come una rivista corale che desidera documentare su larga scala l’attività dei futuristi sparsi per l’Italia che si sono mantenuti in linea con i maestri ormai riconosciuti del movimento. La nascita della nuova rivista è salutata con toni entusiastici da Marinetti, il quale interviene subito in prima pagina, esaltando il “genio creatore inesauribile” di Depero,la sua “fantasia oceanica e interplanetaria”. Nelle pagine successive troveremo altre lettere, tra cui una del poeta Paolo Buzzi, di elogio per la neonata rivista. Scorrendo gli scritti del primo numero, che spaziano dalla letteratura, alla teoria, all’architettura, alla storia, troviamoinnanzitutto l’ A B C del Futurismo, uno spazio occupato da brevi brani, idee, definizioni sintetiche su opere e autori, che possanodelineare, in modo telegrafico, il significato, l’opera e la storia del Futurismo. Questo articolo verrà ripreso anche nel secondo numero con una suddivisione in pittura, musica e architettura.Per quanto riguarda la critica, Piero Anselmi offre un Bilancio futurista alla diciottesima Biennale veneziana, la mostra personale di Prampolini e Depero che, dopo due anni di successi a New York, ha presentato 36 lavori tra quadri e disegni. Secondo l’Anselmi la superiorità dei futuristi è indiscutibile poiché “solo i futuristi sono oggi in possesso di una nuova reale sensibilità artistica, sono i creatori di nuovi stati d’animo plastici […], sono i soli che veramente si preoccupano

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di rappresentare l’epoca nella quale essi vivono”. Prampolini firma un resoconto dettagliato sulla Mostra della rivoluzione fascista a Roma, mentre Oriani interviene con una articolo di argomento architettonico(Torino nuova) in cui mette in luce la validissima opera di alcuni artisti del gruppo futurista – in particolare Umberto Cuzzi e Gigi Chessa - che hanno contribuito alla modernizzazione urbanistica di Torino.Per l’aspetto più letterario della rivista,

Depero propone uno scritto in prosa sulla strada che circonda il Lago di Garda: La Gardesana in velocità. La Gardesana appunto, con le sue 72 gallerie, viene presentata come una delle grandi realizzazioni del regime. Depero si sofferma minuziosamente nella descrizione paesaggistica e ci presentaMori; Loppio, “placido stagno verde cupo”; Riva “con le sue torri e i suoi alberghi imbandierati e le vele che la festeggiano

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con mille canti policromi”; Arco, cittadina onorata e glorificata dal pittore Giovanni Segantini; Torbole “che sembra creata da un artista in stato di estasi”; il Monte Baldo che verso il Lago di Garda è “orrendamenteirto di strapiombi e di rocce corrose e dentellate”. Depero conclude il suo pezzo rivolgendo un invito a visitare e ad esaltare questa strada, “una rara e imponente bellezza che il Fascismo ha saputo e volutoaudacemente creare, senza dubbio uno dei paesaggi più affascinanti che offre il volto dell’Europa del dopoguerra”.Il direttore di Dinamo Futurista, nel secondo numero, dedicherà un altro racconto al paesaggio trentino, anch’esso con toni entusiastici e ricco di particolari naturalistici (Cima Paganella e Rifugio C. Battisti). Anche la poesia trova spazio in questo primo fascicolo, con le “Sette sincopatie” di Farfa

(lo pseudonimo usato da Vittorio Osvaldo Tommasini) e con “Convalescenza in parole in libertà” di G. Gerbino. Il secondo numero (marzo 1933) si apre con un interventodi Depero, dal sapore autobiografico, sull’importanza di avere fede, quella forza cioè che permette di trasformare e ricostruire il mondo. Questo editoriale, che contiene brani di grande poesia, è seguito da una scelta di Massime boccioniane. Vittorio Orazi, seppure in ritardo coi tempi, ci propone una recensione alla seconda “Antologia futurista” uscita nel 1925 e curata dal giovanissimo Marinetti. Presentando alcuni giovani poeti paroliberisti (Matrizzi, Escodamè, Fillia, Folicaldi, Marchesi, Simonetti, Sanzin), l’autore dimostra apertamente la sua preferenza per Farfa, “geniale concatenatore di analogie sottili e lontanissime tra loro, pittore vivacissimo

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di realtà sensuali” e per Angelo Maino che “possiede un temperamento lirico non comune ed un’ispirazione commossa che vibra e spazia oltre la contingenza, oltre il puro aspetto delle cose, per cantare modernissimamente, futuristicamente,la nostra complessa interiorità”.Tenendo fede a quanto dichiarato nell’editoriale del primo numero, questo secondo fascicolo dimostra un’apertura verso i movimenti futuristi di varie zone dell’Italia: Gino Gentili firma infatti un intervento – accompagnato da un disegno e da un olio – su Carlo Maria Dormal, il pittore a capo del movimento futurista padovano; mentre Guglielmo Jannelli presenta il ritratto di due futuristi siciliani: Armando Mazza e Ruggero Vasari. Quasi un’intera pagina è dedicata ad una panoramica di alcune aeropitture eseguite da Tato.

Giovanni Gerbino lancia il “Manifesto futurista della poesia pubblicitaria” e propone alcuniesempi, sostenendo che un prodotto industriale o commerciale debba essere esaltato “con lo stesso stato d’animo con cui si esaltano gli occhi di una donna”. Ampio spazio è occupato dalle parole in libertà: “Ufficio” di Beniamino Tomasi, “Esplorazioni aeree” di G. Sanzin, “Ritratto olfattivo di una donna” di Marinetti, e “Mani d’autunno” di Escodamé (pseudonimo di Michele Leskovic). Tre sono invece le poesie: “Violini” di N. Burrasca, “Sottomarini” di T. Crali, “L’ombrello il gatto e l’uomo” di E. Mainardi. Per quanto riguarda gli interventi in prosa, oltre al già menzionato racconto di Depero, Farfa proponeuna serie di aneddoti sulle visitatrici delle mostre futuriste, dal titolo “Signora…sluigiatevi vi prego!”, mentre Manuel

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Caracciolo firma un pezzo intitolato “Napoletanamente”. Ricordiamo inoltre “Due sintesi teatrali” di Cesare Cerati. Sulla copertina dell’ultimo numero (n.3/4/5,giugno 1933) è incollata la foto di un gesso di Boccioni, “Muscoli in velocità”.Come si è detto, questo è un numero speciale per le onoranze a Umberto Boccioni, svoltesi a Milano. L’editoriale di Depero annuncia che nel fascicolo saranno raccolti vari giudizi e scritti editi e inediti di personalità e artisti che vissero accanto a Boccioni, “fede futurista fraterna e incrollabile”. Depero si augura anche – come già aveva fatto al congresso futurista del 1924 - che le onoranze si concludano con la fondazione di una galleria d’arte dedicata all’opera del fondatore del dinamismo plastico. Seguono quindi una serie di articoli, prevalentemente già apparsi su altre riviste o cataloghi di mostre, tutti incentrati sulla figura e sull’opera del grande artista natoa Reggio Calabria nel 1882 e morto nel 1916 per una caduta da cavallo, dopo essersi arruolato volontario nella prima guerra mondiale. Marinetti pubblica un suo ritratto personale del compagno futurista;Luigi Russolo, dalla Spagna, ricorda l’inizio della loro amicizia, la nascita del “Manifesto dei pittori futuristi”, sorto dal desiderio “che un’azione uguale a quella che svolgeva Marinetti per la letteratura e la poesia venisse fatta anche per la pittura”. L’intervento dal titolo “Meravigliosa spirale boccioniana”, a firma I.P., offre l’immagine di un Boccioni autodidatta, dotato di un istinto naturale verso la pittura e determinato nel tentativo di “abbandonare tutte

le scorie mentali per una chiarificazione cristallina”. L’autore ritrae inoltre un Boccioni appassionatodurante le serata futuriste, capace di confondere e disarmarel’avversario col motto di spirito, con l’ironia; infine rammenta il suo affetto per la madre, “la compagna esclusiva dei suoi ultimi anni,la modella delle sue opere e il rifugio dei suoi smarrimenti”. Luciano Folgore (dal Giornale d’Italia del 20 agosto 1916) lo ricorda come un uomo che aveva una sola fede, l’arte, e un solo orgoglio, la Patria, e “voleva ambedue fuse insieme, innanzi a tutto, all’avanguardia di tutto“. Rivolti ad esaltare l’impronta geniale e incancellabile lasciata da Boccioni nel mondo dell’arte sono anche gli interventi di Paolo Buzzi “Gloria a Umberto Boccioni”, Notari “Un grande italiano di domani” Massimo Bontempelli “L’ingegno prodigioso di Umberto Boccioni” e Renato Simoni “La scomparsa di un grande artista”. Completano il numero una serie di scritti dello stesso Boccioni “La storia dell’artesuddivisa nei seguenti periodi…; Noi viviamo di verità nate ieri; Dall’impressionismoal Futurismo”, quattro lettere da lui scritte durante la guerra rivolte alla madre e alla contessa Vanna Piccini, alcune suefotografie e la voce “Boccioni” tratta dall’Enciclopedia Treccani. Il fascicolosi chiude con otto tavole fuori testo: quattro quadri e sette sculture di Boccioni, oggi andati persi. Tutti e tre i numeri di Dinamo Futurista concedono largo spazio alla pubblicità, in parte scritta (come nel caso del lungo incitamento ad abbonarsi alla rivista Futurismo), ma per la maggior parte disegnata da Depero, come il marchio Veramon o quello del CordialCampari.

Infatti, all’interno dell’enorme produzione dell’artista roveretano, l’incursione nel campo della grafica pubblicitaria non costituiscecerto un aspetto marginale.Fu proprio nelle cosiddette arti applicate che Depero trovò la possibilità di esprimere la sua irruente foga creativa, portando nel sistema pubblicitario una ventata di novità sia sul piano formale che contenutistico, coniugando una visione futurista della realtà con l’esigenza di nuove forme di comunicazione.

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Infatti, all’interno dell’enorme produzione dell’artista roveretano, l’incursione nel campo della grafica pubblicitaria non costituiscecerto un aspetto marginale.Fu proprio nelle cosiddette arti applicate che Depero trovò la possibilità di esprimere la sua irruente foga creativa, portando nel sistema pubblicitario una ventata di novità sia sul piano formale che contenutistico, coniugando una visione futurista della realtà con l’esigenza di nuove forme di comunicazione.

Rivista - Dinamo Futurista

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LA BALZA FUTUrISTA (1915)

Negli anni successivi al terribile terremoto del 1908 in cui Messina fu rasa al suolo, la città attraversa un periodo cruciale di ricostruzione.È proprio in questo clima che l’ottimismo futurista intravede la possibilitàdi una rifondazione della città, non solo dal punto di vista architettonico, ma anche culturale. A due mesi dall’articolo di Papini su Lacerba, in cui viene condannata l’autoritaria conduzione del movimentoda parte di Marinetti (Futurismo e Marinettismo, Lacerba, febbraio 1915), gli intraprendenti Guglielmo Jannelli, Luciano Nicastro e Vann’Antò (Giovanni Antonio Di Giacomo) danno vita al periodico La Balza, che nella sua seconda uscita assume, per volontà dello stesso Marinetti, la testata definitiva di La Balza Futurista. L’avventura della rivista messinese sarà breve; usciranno infatti solo tre agili fascicoli a cadenza quindicinale (10 aprile, 27 aprile, 12 maggio 1915), stampati in una piccola tipografia di Ragusa e impaginati all’insegna di un forteimpatto visivo determinato dal valore figurativo dei simboli alfabetici nelle tavole parolibere. Originale sarà la trovata – tipicamente futurista – di trasferire titolo e sommario nell’ultima pagina.La Balza Futurista ottiene un immediato successo e lo stesso Marinetti, in una lettera rivolta a Jannelli, si compiace della nuova

iniziativa: “Bravo! Magnifico! Fortissimo! Difetti piccoli, riparabilissimi” (in: Giuseppe Miligi, PreFuturismo e primo Futurismo in Sicilia 1900-1918). Durante la sua breve ma intensa parabola, il periodico assumeil ruolo di organo ufficiale del movimento futurista, propagandando, da un lato, le tesi irredentiste e dall’altro, il modello paroliberista. Tra i collaboratori figurano gli esponenti di spicco dell’avanguardia marinettiana, rimasti “orfani” dello spazio editoriale costituito da Lacerba: Balla, Boccioni, Buzzi, Cangiullo, Carrà, Correnti, Depero, Folgore, Govoni, Mazza, Pratella, Prampolini. Il leader del Futurismo offre il suo contributo alla rivista con tre articoli: “La guerra elettrica” e “Agli studenti futuristi”, in cui si dedica esplicitamente alla campagna per l’intervento in guerra. “Antineutralità”, invece, è un esempio – nemmenotra i più riusciti – di sintesi teatrale futurista. La Balza Futurista ospita anche alcuni importanti articoli di Balilla Pratella, “La musica italiana”, e di Prampolini, il cui intervento intitolato “Scenografia futurista” costituisce un vero e proprio manifesto, anticipatore di esperienzeche soltanto in un secondo tempo saranno tentate dal teatro europeo. Da segnalare inoltre le quindici tavole parolibere, tra cuispicca “La canzone pirotecnica” di Cangiullo.Come evidenzia Dario Tommasello nel suo saggio “La Balza Futurista e le avanguardie in Sicilia” (in: Rivista di letteratura italiana a. XXIII, n. 1-2, vol. II, pp. 235-239), il quindicinale messinese “riesce

pure ad accogliere componimenti nati da una consapevole trasgressione dell’ortodossia futurista e, in qualche caso, sciolti persino dalla vincolante logica delle parole in libertà”. Ad esempio, la presenza poetica di Nicastro, si caratterizza per una sostanziale continuità con le atmosfere simboliste “innervate da una naturale inclinazione a trasferirenell’ambito della prosa poetica il ragionamento logico”. Assai vivace si presenta la rubrica voluta da Marinetti “Marciare non marcire”, ricca di informazioni sull’attività artistico-letteraria del movimento futurista e attenta soprattutto alle iniziative del teatro sintetico e alle sperimentazioni musicali di Russolo e Pratella.Con l’entrata italiana in guerra La Balza Futurista chiude i battenti e i suoi due maggiori animatori, Jannelli e Vann’Antò, partono per il fronte. A distanza di un anno, Corra e Settimelli daranno vita a L’Italia futurista e prenderanno a modello proprio il quindicinale messinese che ha contribuito in modo decisivo “a sollecitare, con veemenza futurista, gli animi, nella vigilia ansiosa dell’intervento italiano nella Grande Guerra”.

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pure ad accogliere componimenti nati da una consapevole trasgressione dell’ortodossia futurista e, in qualche caso, sciolti persino dalla vincolante logica delle parole in libertà”. Ad esempio, la presenza poetica di Nicastro, si caratterizza per una sostanziale continuità con le atmosfere simboliste “innervate da una naturale inclinazione a trasferirenell’ambito della prosa poetica il ragionamento logico”. Assai vivace si presenta la rubrica voluta da Marinetti “Marciare non marcire”, ricca di informazioni sull’attività artistico-letteraria del movimento futurista e attenta soprattutto alle iniziative del teatro sintetico e alle sperimentazioni musicali di Russolo e Pratella.Con l’entrata italiana in guerra La Balza Futurista chiude i battenti e i suoi due maggiori animatori, Jannelli e Vann’Antò, partono per il fronte. A distanza di un anno, Corra e Settimelli daranno vita a L’Italia futurista e prenderanno a modello proprio il quindicinale messinese che ha contribuito in modo decisivo “a sollecitare, con veemenza futurista, gli animi, nella vigilia ansiosa dell’intervento italiano nella Grande Guerra”.

Rivista - La Blaza Futurista

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Lacerba (1913-1915)Lacerba fa la sua comparsa per la prima volta a Firenze il 1° gennaio 1913. La rivista è pubblicata dal tipografo Attilio Vallecchi, alla sua prima esperienza da editore. La periodicità quindicinale viene mantenutafino al numero 24 del 1° dicembre 1914; nel 1915 diventa settimanale e uscirà ogni domenica. Nei primi due anni sarà composta da 16 grandi pagine (formato tabloid) a due colonne e costerà 4 soldi; i fascicoli dell’ultima annata invece avranno 8 pagine, con testata di colore rosso vivo (mentre precedentemente era nera) e costeranno solo 2 soldi. Nonostante i numeri crescano da 24 a 52 l’abbonamento annuale resterà invariato a 4 lire. La redazione è in via Nazionale 25 a Firenze, il gerente responsabile è Guido Pogni, sostituito, alla fine del 1914, da Pietro Gramigni. Quasi ogni numero pubblica riproduzioni di quadri e illustrazioni. L’elegante impaginazione ricorda quella de La Voce e verrà conservata anche nelle altre riviste italiane d’avanguardia fino a quelle del secondo dopoguerra. Sotto il frontespizio appare il primo verso del poemetto di Cecco d’Ascoli, L’Acerba: “Qui non si canta al modo delle rane”.Anche se nel terzo fascicolo si dichiara che “la rivista non ha un vero e proprio direttore”, Lacerba è animata dall’allora trentaduenne Giovanni Papini che - come ci ricorda Sebastiano Vassalli ne “L’alcova elettrica” (Torino, Einaudi, 1986) – a quel tempo è “un nipotino sgraziato del Superuomo di Nietzsche, un Superuomo di carta, un misto di goliardia e di canaglieria dai comportamenti contraddittorie non sempre decifrabili; è l’occhialuto

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teppista che butta sterco di cane oltre il portone dell’Accademia della Crusca e che improvvisa sconce serenate sotto le finestre del senatore Mazzoni; è l’uomo indisponente e gelido che quando incontra il povero Federigo Tozzi si diverte a aizzarlo a pubbliche scenate […]; è lo spietato persecutore dei letterati estranei alla sua cerchia, che attira in trappole predisposte per farne sommaria e pubblica giustizia”. Fallita l’esperienza de L’Anima la rivista d’arte e di letteratura con cui aveva cercato di ritagliarsi un proprio spazio nell’azienda editoriale della Voce, Papini deve cercare di “sbarcare il lunario” altrove e intraprende una nuova scommessa, quella di

creare una rivista di cultura,edita da Vallecchi che “per i primi mesi pagherà soltanto gli articoli pubblicati, poi, se il giornale sarà attivo, stipendierà un direttore”. In questa rischiosa avventura Papini si avvale dell’aiuto di tre collaboratori:Ardengo Soffici, aspirante pittore e scrittore, Italo Tavolato, giunto a Firenze per studiare filosofia, fedelissimo di Papini, il qualerappresenta per lui il maestro di vita e di pensiero, oltre che il datore di lavoro; infine Aldo Palazzeschi (vero nome Alfredo Giurlani), poeta garbato, estroso, che si dichiara futurista. Il periodico è inaugurato dallo scritto “Introibo”, ossia un manifestoprogrammatico suddiviso in 16 punti;

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il quattordicesimo punto può servire per comprendere meglio lo spirito che anima i fondatori: “Queste pagine non hanno affatto lo scopo né di far piacere, né d’istruire, né di risolvere con ponderatezza le più gravi questioni del mondo. Sarà questo un foglio stonato, urtante, spiacevole e personale.Sarà uno sfogo per nostro beneficio e per quelli che non sono del tutto rimbecilliti dagli odierni idealismi, riformismi, umanitarismi, cristianismi e moralismi”. Tra le righe si può leggere quindi il propositodi dar vita a una rivista originale, aperta ai nuovi fermenti della cultura italiana e con un piglio dirompente e aggressivo, ben lontano dal civile e democratico dibattito

politico e culturale ospitato nelle pagine de La Voce, testata che esce negli stessi anni e da cui Papini si distacca, dopo averla diretta nel biennio 1912-1913, manifestando una progressiva insofferenza verso il suo orientamento moderato. Lacerba, oltre che riunire in sé il meglio della creazione artistica del tempo, desidera liberare il campo delle arti e delle lettere “dal numero stragrande dei pregiudizi, delle routines, delle prevenzioni, delle ignoranze, delle incomprensioni, delle imbecillità che lo infestano”. Il criterio, dunque, con cui vengono scelte le opere che figurano sulle pagine del periodico, oltre che un criterio di bellezza è un criterio polemico e “di preparazione in vista di un’arte futura”; da questo ne deriva una propensione verso tutto ciò che è nuovo o almeno ardito. Una rivista che si propone come spregiudicata e agguerrita non può tuttavia non tener conto della novità più dirompente e rumorosadi quegli anni, e cioè il movimento futurista milanese, attivo

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già dal 1909. E difatti Marinetti, Boccioni, Russolo e Carrà, i primi attori del Futurismo milanese, elessero Lacerba organo del loro movimento, utile strumento per diffondere le loro idee e le loro imprese. Tuttavia Papini e Soffici mantennero sempre una posizione più defilata rispetto a Marinetti e ai suoi; l’articolo “Il cerchio si chiude” del 15 febbraio 1914 manifestò con chiarezza le divergenze inconciliabili, soprattutto in materia di rappresentazione artistica, tra il gruppo fiorentino e quello milanese. La rivista continuerà ad ospitare articoli,manifesti, testi paroliberi dei seguaci di Marinetti, ma le strade tra il gruppo fiorentino e i milanesi saranno ormai irrimediabilmente divise. La rivista può comunque contare sulla collaborazione, tra gli altri, di Lucini, Govoni, Ungaretti, Jahier, Sbarbaro, Max Jacob, Guillaume Apollinaire, Paul Fort, nonché dei pittori Rosai e Boccioni, dell’architetto Sant’Elia, del musicista Russolo. Con l’inizio della prima guerra mondiale Lacerba si getta immediatamentenel fuoco del dibattito tra interventismo e atteggia-mento neutrale, orientandosi verso un violento e acceso sostegno dell’entrata in guerra dell’Italia. Il numero 16 del 15 agosto 1914 ospita un corsivo redazionale che recita:“Se la guerra presente fosse soltanto politica ed economica, noi, pur non restando indifferenti, ce ne saremmo occupati piuttosto alla lontana. Ma siccome questa è guerra non soltanto di fucili e di navi, ma anche di cultura e di civiltà ci teniamo

a prender subito posizione e a seguire gli avvenimenti con tutta l’anima. Si tratta di salvaguardare e difendere tutto quello che c’è di più italiano nel mondo, anche se non tutto cresciuto in terra nostra. Non possiamo stare zitti. Forse questa è l’ora più decisiva della storia europea dopo la fine dell’impero romano.Noi ci proponiamo di esprimere in questo libero giornale di avanguardia, il nostro pensiero con tutta quella schiettezza che ci sarà possibile col rigore presente. Noi sentiamo che questo pensiero è quello di tutta la gioventù intelligente italiana e anche della maggior parte del popolo.Noi vorremmo incanalare queste aspirazioni e queste forze per la necessaria rivincita dell’Italia”. Da questo fascicolo in poi la rivista sarà soltanto politica e si assisterà a un crescendo di violenza interventista che culminerà con la propaganda enfatica dei miti della violenza purificatrice, della razza, del sangue. Lacerba sospende le pubblicazioni col numero del 22 maggio 1915, quando l’Italia è ormai in guerra. Papini festeggia l’entrata nel conflitto con toni trionfalistici e, forse inconsapevole della portata di un evento che sconvolgerà il volto, non solo artistico e letterario, dell’Europa,è certo di un rapido ritorno alla consueta attività della rivista:“Non abbandoniamo perciò la nostra opera. La riprenderemo con nuove forze, senza nulla rinnegare e molto, speriamo, aggiungendo.Questo non è un addio ma una pausa e una sosta. Non rinunciamo a una sillaba,

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a una idea - all’arte nostra, a quello che v’è di più profondo in noi, anche più profondo della nostra qualità di cittadini italiani. A tutti gli amici conosciuti e sconosciuti che fin qui ci seguirono ed aiutarono diamo appuntamento qui, nello stesso posto, il giorno dopo la pace. Oggi, giorno di preparazione e di pericolo, ognuno si reca al suo posto di combattimento”.

Rivista - Lacerba

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