fiba notizie n° 32 ott.2012

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Nuova serie bimestrale della FIBA Cisl, Federazione Italiana Bancari e Assicurativi, Sindacato territoriale di Milano - Anno XXXXI - ottobre 2012 SECONDO SEMESTRE 2012 Territoriale di Milano TROVARE SOLUZIONI O DIFENDERE L’ESISTENTE? Tariffa Associazioni senza scopo di lucro: Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in 27/02/2004 n. 46) art 1, comma 2, DCB Milano

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trovare soluzioni o difendere l'esistente

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Nuova serie bimestrale della FIBA Cisl, Federazione Italiana Bancari e Assicurativi, Sindacato territoriale di Milano - Anno XXXXI - ottobre 2012se

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Quello cheleggeremo…

Quello cheleggeremo…

Trovare soluzioni o difendere l’esistente? di Pier Paolo Merlini

Gruppo Fondiaria Sai: punto di svolta con alcune perplessità di Gianni Cunich

La “ Banca dei milanesi” alle prese con il suo futuro di Maurizio Gemelli

Salute e Sicurezza sui luoghi di lavoro: importante per i lavoratori…ma anche per le aziendedi Raffaele D’Andrea

Esigenze familiari e lavoro: donne al biviodi Alessandra Poma

A Ciascuno il suo lavorodi Claudio Bottini

In ricordo di due cari amici

Ad Attilio di Giulia Napolitano

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Trovare soluzioni o difendere

l’esistente?

Trovare soluzioni o difendere l’esistente?

Per noi della Fiba, la partecipazione e la possibilità di costruire nuove forme di tutela e di rappresentanza all’interno delle aziende, è un obiettivo reale e questa crisi può essere il grimaldello che ci potrebbe permettere di aprire nuove strade. Le aziende sono titubanti e manca una legislazione adatta, però per raggiungere il fine bisogna dedicare tempo, energie e intelligenze. Per far ciò mi sembra fondamentale ave-re il coraggio di ripartire dalla persona.Uno dei grandi educatori del secolo scorso, nel 1990 diceva “In tutte le cir-costanze e contingenze della vita, del mondo, della storia, quello che conta, ciò da cui sempre si può partire, ciò che sostiene la novità, il creativo, ha un luogo che si chiama persona: è il soggetto che conta, è la persona che conta”.Per questo l’anno che affrontiamo ci vedrà ancora protagonisti e impegnati con le nostre realtà, perché se c’è un obiettivo da raggiungere sono solo le persone che possono farlo, non esiste una macchina perfetta, un’organizzazio-ne impeccabile che possa costruire una novità e una speranza per poter uscire da questa benedetta crisi.

tore. Questo ha, evidentemente, messo in discussione i piani strategici di tutti i grandi gruppi, sia quelli già approvati e in corso di attuazione, Intesasanpaolo, Unicredit, sia quelli di nuova edizione, vedi Bpm e Monte Paschi.Il sindacato è di fronte alla solita sfida: cercare di trovare soluzioni ai problemi, soprattutto quelli delle persone che rappresenta, o arroccarsi in una difesa ad oltranza dello stato del momento. Sono due posizioni che hanno entrambe la loro dignità e il loro senso. La prima cerca di interloquire con le aziende nel tentativo di gestire le situazioni di crisi per poter difendere quanto conquistato negli anni e poter rilanciare le proprie rivendicazioni quando si uscirà dal tunnel; la seconda prima di fare ogni ra-gionamento e ogni tentativo di gestire la situazione, ribadisce la difesa di quanto conquistato negli anni. Questa seconda posizione, più massimalista, trova una sua ragione nell’atteggiamento chiuso e ottuso, di una parte del management che affronta situazioni difficili come l’oc-casione per far piazza pulita dei diritti e delle persone che, a loro parere, non sono funzionali ai disegni dell’azienda.

Abbiamo finito le vacanze. I più fortunati sono riusciti anche a fare

qualche settimana di ferie. Ma sono stati giorni passati con una preoccupazione sempre presente e che ci ha tenuto compagnia durante il caldo provocato dai vari anticicloni che ci hanno fatto visita tra giugno, luglio e agosto.Questa benedetta crisi non ci molla, non ne vuole sapere di rassegnarsi e lasciarsi vincere dai nostri sacrifici e dalla nostra buona volontà.Come nel 2008 e nel 2009 nel settore creditizio le banche sono in fermento, sono ancora i soggetti stranieri che, rispondendo alle rispettive case-madri, disegnano nuove dimensioni, quando non addirittura decidono l’abbandono del mercato italiano.Così, ancora in agosto, eravamo inchio-dati ai tavoli di trattativa per cercare di limitare i danni e per costringere le aziende a riconsiderare decisioni prese altrove.Come sempre i risultati hanno luci e ombre, abbiamo chiuso dei buoni ac-cordi ma che aiutano a favorire l’esodo di persone dalle aziende. Un esodo ben remunerato certamente ma quanto può valere un posto di lavoro? Soprattutto, oggi! E queste aziende, che mettono sul piatto una quantità considerevole di euro, non potevano reinvestirli sul proprio modello organizzativo e sulle strategie di business?Ma questo 2012 preoccupa di più per-ché sono le grandi banche nostrane a mostrare segni di grande sofferenza, non sono più solo le banche straniere o le banche di piccola dimensione o, ancora, aziende che applicano il nostro contratto ma sono più finanziarie che banche vere e proprie a soffrire per questa crisi. La riforma delle pensioni, la cosiddetta Monti-Fornero, ha causato il blocco degli esodati e, quantomeno, ha buttato nell’incertezza e nel panico, tutti coloro che erano già sul Fondo esuberi di set-

Pier Paolo Merlini Segretario generale Fiba - Milano

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Gruppo Fondiaria Sai: punto di svolta con alcune perplessità

Gruppo Fondiaria Sai: punto di svolta con alcune perplessità

Gianni Cunich

È dall’estate di due anni fa che le vicende del gruppo Fondiaria-SAI

tengono banco sulla stampa, con un dipanarsi che ha ritmi da telenovela: continui colpi di scena che sembrano preludere a svolte epocali, senza che poi si approdi a nulla.Per comprenderne il senso, ed offrire una chiave di lettura a questa storia per molti versi surreale, è doveroso ram-mentare che alla radice dei problemi di Fonsai e della Milano Assicurazioni, oggi nell’occhio del ciclone, non ci sono state una cattiva conduzione delle Compa-gnie e neppure strategie di mercato sba-gliate, ma semmai il continuo drenaggio di fondi a Favore della controllante, la finanziaria Premafin.Un drenaggio iniziato ben prima che il caso esplodesse in tutta la sua gra-vità, con la discesa sotto il margine di solvibilità delle compagnie, e quindi si materializzasse lo spettro del commis-sariamento, e di cui il sistema bancario italiano, che a Premafin ha concesso sin troppo credito e troppo a lungo, non po-teva non essere consapevole, e di cui è quindi oggettivamente corresponsabile.Paradossalmente l’operazione Unipol,

orchestrata da Mediobanca e Unicre-dit, che darebbe vita al secondo polo assicurativo italiano – il primo nei rami danni -, non nasce da tale prospettiva industriale, che ne appare in sé una con-seguenza incidentale, ma piuttosto dalla volontà di mettere in sicurezza i crediti vantati da diversi istituti bancari nei confronti di Premafin, come chiaramente dimostrato dalla scelta di rifinanziare in primo luogo quest’ultima.Ed allo stesso modo la proposta della cordata concorrente, capitanata dalle finanziarie Sator e Palladio, imperniata sulla diretta ricapitalizzazione delle com-pagnie – operazione in prima battuta più lineare, ma priva delle prospettive industriali implicite nello scenario di

stode giudiziario nominato dal tribunale di Milano dopo il fallimento di Imco e Sinergia, le controllanti non quotate di Premafin, per finire con le indagini della magistratura milanese volte ad accerta-re l’esistenza di patti occulti per favorire l’uscita della vecchia proprietà, che potrebbero in qualche modo sparigliare ancora una volta le carte.Il sindacato, in questa contesto, ovvia-mente non aveva interesse o motivo di schierarsi a priori a favore di uno o dell’altro contendente. Ciò non significa che sia stato spettatore distratto o neu-trale. Gli interessi che rappresenta sono in primo luogo quelli dei propri iscritti e di tutti i lavoratori di Fonsai, che rischiano in prospettiva di veder messe a repentaglio non solo la professionalità acquisita o i possibili sviluppi di carriera, ma anche la certezza dell’attuale sede di lavoro. Ma non solo: ci sono anche gli interessi di oltre dieci milioni di assicurati, molti dei quali hanno investito in Fonsai il frutto del lavoro di una vita, ed hanno diritto a veder salvaguardati i propri risparmi, ed infine quelli degli agenti, che sono in difficoltà in un mercato sempre più com-petitivo a presentarsi come mandatari di un marchio dato per fallito un giorno si e l’altro no. In quest’ottica si chiarisce la scelta della Fiba di auspicare per Fonsai la scelta di una prospettiva che garantisca un piano industriale, e partner capaci di valoriz-zare quel capitale di esperienza e pro-fessionalità che vantano i lavoratori del gruppo, e che il dissesto dei conti eco-nomici non deve dilapidare. Nell’attesa ovviamente che il sindacato sia chiama-to dalla futura proprietà, qualunque essa sia, a sedersi ad un tavolo per discutere da protagonista delle conseguenze provocate da questa lunghissima crisi, e soprattutto delle iniziative necessarie a moderarne gli effetti.

integrazione di Fonsai con Unipol -, si è mostrata ampiamente funzionale agli interessi dell’attuale proprietà, che sicu-ramente alla fine dovrà passare la mano, ma tenta di dilatare i tempi per ricavare la massima contropartita economica a fronte della propria uscita di scena.La decisione dell’assemblea degli azio-nisti di Premafin, che ha dato il via libera all’aumento di capitale riservato ad Uni-pol evitando allo stato il rischio di un’OPA a cascata sulle compagnie che avrebbe comportato l’uscita di scena del gruppo bolognese, ha probabilmente segnato un concreto punto di svolta, ma restano tuttavia una serie di nodi da sciogliere. A partire dalla richiesta di ridiscutere l’accordo con Unipol avanzata del cu-

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La “Banca dei milanesi” alle prese con il suo futuro

La “Banca dei milanesi” alle prese con il suo futuro

Maurizio Gemelli Era atteso da tempo ed è arrivato: il Piano industriale che ridisegna gli

assetti e le prospettive della BPM, anzi dell’intero Gruppo.Per capire la filosofia di questo Piano, può essere utile partire dal nome che la Banca ha scelto, “LA FORZA DEL CAMBIAMENTO”.L’obiettivo è infatti quello di dare avvio ad un profondo processo di cambiamento che possa far superare le difficoltà degli ultimi anni e far riconquistare alla Banca e al Gruppo quel ruolo di “mo-tore finanziario” che BPM ha sempre rappresentato.Diciamo subito che il Piano è ambizioso (soprattutto in considerazione del mo-mento che il Paese sta attraversando) e che non è affatto certo che gli obiettivi di incremento della redditività e di innal-zamento del livello di efficienza possano essere raggiunti. La forte determinazio-ne con cui il Management ha mostrato di affrontare la realizzazione degli obiettivi potrebbe non essere infatti sufficiente. Un progetto così ambizioso, a nostro avviso, può realizzarsi infatti solo con la “messa in campo” di tutti i fattori che contribuiscono alla crescita ed allo sviluppo.Cosa vogliamo dire? Che non basta e non basterà agire solo sulla leva del con-tenimento dei costi. Occorrerà far leva sul potenziale umano dell’Azienda e del Gruppo, sulle professionalità presenti e sulla intelligente gestione di quell’Atout che da sempre ha fatto la differenza: la presenza territoriale (e stiamo parlando sia della Capogruppo BPM sia delle altre Banche del Gruppo).Ad una prima analisi del Piano, infatti, quella che salta subito all’occhio è l’impostazione decisamente rigida sul “taglio dei costi” mentre poco traspare - è questa almeno la nostra valutazione - in termini di reale valorizzazione del pa-

trimonio di professionalità dei Colleghi. Al di là di alcune affermazioni, a nostro avviso generiche, non ci sembra infatti di intravedere una sufficiente attenzione a questo aspetto.Eppure, le caratteristiche “vincenti” di BPM sono sempre state individuate nella competenza e nella qualità del lavoro dei Colleghi che hanno fatto la storia di questo modello unico di Banca del ter-ritorio, vicina alle famiglie e alle piccole e medie imprese.Ma poiché non è costume della FIBA e della CISL avanzare giudizi in base alle prime impressioni, riteniamo che solo con la verifica reale dell’andamento del confronto tra il Management e le Orga-nizzazioni Sindacali si potrà esprimere una valutazione compiuta.Alcune idee rappresentate nel Piano ci sembrano certamente condivisibili: tra queste, paiono interessanti quelle ispi-rate ad una innovazione del modello di servizio alle imprese e alle famiglie con nuove modalità di presidio.Non possiamo dire lo stesso per la parte del Piano incentrata, come detto, sul taglio drastico che si vuole imporre al costo del lavoro, dal momento che la nostra opinione è che gli interventi di risparmio debbano partire da una seria revisione di altri ingenti costi operativi - diversi da quelli del personale - che hanno determinato e determinano spre-chi ingiustificabili.Per un serio rilancio occorre una mag-giore efficienza e, soprattutto, una mag-

giore valorizzazione del fattore lavoro. Stiamo vivendo un momento difficile dal punto di vista economico e soprattutto dal punto di vista sociale e un intero Set-tore, quello del Credito, sta affrontando forse il periodo più delicato di sempre. È per questo che le scelte che verranno adottate non potranno (e non dovranno) costituire mere risposte alla fase attuale ma dovranno definire la “visione” futura per le Aziende e soprattutto per i La-voratori.Non è più tempo di “ricette” parziali o di soluzioni che puntino solo a tamponare situazioni del momento. Il Management deve dimostrare una volta per tutte e nei fatti la propria reale intenzione di costru-ire la crescita, di definire prospettive di sviluppo e di tracciare quella che ap-punto noi chiamiamo “visione del futuro”.E questo dovrà valere ancor di più per una Banca che, proprio per lo spirito cooperativistico e solidale insito nel suo DNA, sa di avere una responsabilità maggiore rispetto alle altre Aziende.Il Sindacato misurerà il Management su questo e saprà, ne siamo certi, dare il suo contributo per il futuro di quella che era la “Banca dei Milanesi” e che, se saprà sfruttare bene questo momento di innovazione, forse potrà fregiarsi del titolo di “Banca degli Italiani”.

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Salute e Sicurezza sui luoghi di lavoro: importante per i lavoratori… ma anche per le aziende

Una sala rinfrescante e un doppio monitor con raffigurato, sul desktop,

il paesaggio di un rilassante fiume.questo è l’ambiente che mi ha accolto quando, nei giorni scorsi, ho partecipato a un convegno presso la Cisl Regionale, in tema di stress lavoro-correlato. Un ambiente sereno e ben preparato ha permesso di ben seguire il convegno, interessante, permettendomi di mettere a frutto, per i lavoratori rappresentati, quanto appreso. Questo preambolo mi serve per intro-durre un argomento, quello in tema di materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro in generale e, in particolare, su vari argomenti a esso correlato, che deve sempre rivestire, agli occhi della società civile, un’importanza fonda-mentale. Un lavoratore che è messo in condizioni di lavoro rispettose delle normative e della sua dignità, è una persona che viene a svolgere il proprio mestiere con un’efficacia migliore. Una maggiore produttività comporta minori costi e maggiori utili per l’azienda; minori ricadute sul sistema sociale e sui costi dello stato.

Di conseguenza si raggiunge anche una maggiore tutela per la famiglia del lavoratore; questa costituisce, anche secondo l’ordinamento costituzionale, la cellula fondamentale della società. In tal senso, molta strada è stata fatta. Negli ultimi anni, al Decreto L.gs. 81/2008, sono seguiti vari accordi. Diversi i conve-gni organizzati. La Cisl e la Fiba si sono attrezzate con propri Gruppi di lavoro e Sportelli per sostenere l’attività dei Rappresentanti dei lavoratori in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro ed essere supporto anche alle proble-matiche sollevate dai singoli lavoratori.

permettere all’azienda stessa di cono-scere realmente il “clima aziendale”, i disagi dovuti a determinate problemati-che, ponendo riparo a ciò e mettendo, di conseguenza, i lavoratori in condizioni di produrre al meglio. L’RLS deve essere sensibilizzato sull’im-portanza del proprio ruolo ed essere messo in condizioni di conoscere le pro-prie funzioni e “come muoversi”. I lavora-tori dovrebbero conoscere l’importanza di essere rappresentati quando sono in gioco dinamiche inerenti la tutela della loro salute. Il sindacato stesso, in molti i casi, deve culturalmente fare un altro passo in avanti e considerare l’elezione di un RLS e l’appoggio da dare a questo, un fattore di primaria importanza. Nel nostro settore questo non sempre accade. Il settore bancario è spesso tacciato, in maniera oserei dire qualun-quista, di non poter avere gravi problemi sulla tema in oggetto. Problemi oculistici, dopo anni passati davanti a un termi-nale, non sempre con un’illuminazione adeguata, patologie muscolo-scheletri-che causate da posizioni ergonomiche errate, i rischi rapina, il fenomeno dello stress lavoro-correlato, oltre ad una serie di fenomeni concernenti stabili dove lavoriamo, ad esempio la corretta attuazione del piano emergenza in caso di terremoto, permettono di affermare che, anche da noi, c’è bisogno di eleg-gere RLS, formarli adeguatamente, appoggiarli, affinché la salute e la sicu-rezza della persona che lavora non sia messa in secondo piano. In questo la Cisl e la Fiba Territoriale di Milano sono sul pezzo e continuano nella loro opera di sensibilizzazione e azione concreta a supporto della dignità dei loro Iscritti e dei Lavoratori tutti.

Salute e Sicurezza sui luoghi di lavoro: importante per i lavoratori… ma anche per le aziende

Raffaele D’Andrea Gruppo Lavoro e Sicurezza RLS

Sportello RLS Fiba Territoriale di Milano

Sostegno agli RLS perché la figura dell’ RLS è ancora poco rispettata e non sempre eletta dai lavoratori sui luoghi lavoro. L’RLS è la persona che ha solo un potere consultivo il quale però pesa nel denunciare determinate situazione. È la figura che può visionare ad esempio il “documento di valutazione dei rischi”, relativo alla propria azienda. Il problema è che, in diverse aziende, gli RLS non sono eletti e, se eletti, non sempre sono messi in condizioni di sapere realmente come muoversi in determinate situazioni. Molte aziende devono essere sensibiliz-zate per fare un passaggio culturale nel comprendere che, l’elezione, da parte dei lavoratori, di un RLS motivato, può

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Esigenze familiari e lavoro: donne al bivio

Esigenze familiari e lavoro: donne al bivioIn questi ultimi mesi si assiste nel mondo

bancario al colpo di coda, o meglio, alle ricadute di una crisi mondiale comincia-ta lontano nel tempo e nello spazio… tornano alla mente i lavoratori di Lehman Brothers con lo scatolone che uscivano dal grattacielo… Hanno spaventato tutti, sembrava la scena di un film visto tante volte, ma non ci riguardava e soprattutto non era vero.Ma ora è vero, drammaticamente vero per alcuni di noi, proprio qui, a Milano.La difficile e lunga crisi, cominciata con i mutui subprime, in America, è ancora qui, e non accenna a risolversi.Nella nostra città, centro finanziario d’I-talia, le ricadute si sono sentite, eccome; e si continua a incassare colpi.Sono molte le società che ristrutturano, esternalizzano, cedono rami e addirittura chiudono.In tutte queste aziende bancarie un prez-zo pesantissimo in termini occupazionali lo stanno pagando le donne, nel nostro settore rappresentano più del 50% dei lavoratori e sono i soggetti più a rischio di tutti.Da sempre nei periodi di grande crisi le donne pagano il prezzo socialmente più alto. La precarietà, le difficoltà oggettive nella conciliazione del tempo lavoro e famiglia, i salari più bassi le fanno diven-tare facile bersaglio nella battaglia della sopravvivenza nel mondo del lavoro.Nelle aziende in difficoltà per vari motivi, che si muovono in modi diversi ma che arrivano tutte comunque a una dichia-razione di esuberi, una delle soluzioni che viene sempre messa in atto e che è sempre la più “sponsorizzata” dalle aziende, è la proposta di un “esodo incentivato” definito in un certo numero di mensilità.È questa, spesso, l’unica proposta che le aziende vorrebbero utilizzare e vede a rischio molti posti di lavoro di donne

con figli piccoli o appena rientrate dalla maternità o ancora in congedo parentale. Il motivo principale per cui le donne italiane abbandonano il lavoro o decidono di non lavorare è la maternità.Le esigenze familiari sono il fattore di maggior influenza nelle scelte profes-sionali delle donne.In questo senso è a rischio il lavoro della donna in generale, perché è quasi “na-turale” scegliere di rinunciare al lavoro sotto la pressione dell’esigenza di cura; l’evidenza ci dice che il lavoro di cura pesa ancora tutto o quasi sulle donne ed è facile fare sentire una donna neces-saria, e anche un po’ obbligata, a casa, a curare i figli piccoli, gli anziani, ecc.Indipendentemente dal tipo di occu-pazione è sempre più sacrificabile il

lavoro di una donna rispetto a quello di un uomo.Da sempre le donne sono impegnate nella battaglia eterna di una vera pari op-portunità, nel lavorare per avere la stessa retribuzione e possibilità di carriera degli uomini. Cose giuste e per le quali è giusto impegnarsi. Ma il problema è superato. Superato da questa crisi che morde, da queste aziende in difficoltà e comunque “furbette”, che tagliano costi solo per

quello che riguarda il personale, e alla fine paga il soggetto più debole.Le donne hanno anco-ra davanti una lunga strada per arrivare a vere “pari opportuni-tà”, ma sono certa-mente già vittime di un giudizio culturale di cui sono in fondo vittime tutti, donne e uomini; del fatto che molte barriere culturali e molti stereotipi non si riescono ad abbattere, impedendo di fatto non solo alle donne di far valere i loro diritti, ma nel concreto di per-mettere ad ogni perso-na di trovare la propria strada e la propria rea-lizzazione seguendo le aspirazioni e i desideri di ognuno.

Alessandra PomaResponsabile coordinamento donneFiba – Milano

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A ciascuno il suo lavoro A ciascuno il suo lavoro Desidero ripartire dal racconto della

Torre di Babele dove gli uomini si mettono insieme per costruire una torre che arrivi all’infinito e si vede chiaramente come l’egoismo, la confusione dei singoli e dei popoli la fanno da padroni al punto che tutto crolla perché non sono stabili le fondamenta e le radici dei singoli e quindi del popolo. Questo racconto fa vedere da dove e da chi è possibile ripartire sia a livello internazionale, locale e aziendale quando prevale:a) Un liberismo economico che stabili-sce a priori le leggi del funzionamento del mercato e dello sviluppo economico senza confrontarsi con la realtà (proviamo seriamente a riconsiderare gli stipendi e i

Claudio Bottini bonus che i top manager (e non solo) si danno senza tenere conto della situazio-ne reale del Paese – dell’azienda);b) L’ideologia utilitaristica, cioè un’im-postazione teorico pratica per cui l’utile personale (e dei cosiddetti azionisti) conduce al bene della comunità. Questa seconda cosa contiene un minimo di verità ma non si può ignorare che non sempre la massimizzazione dell’utile individuale favorisca il bene comune. In più di un caso si è chiesto uno spirito di solidarietà che trascenda l’utile personale o di pochi per il bene della comunità.Benedetto XVI nella sua enciclica sociale dice che l’economia ha bisogno di un’e-tica amica della persona (A 45 Caritas in

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A ciascuno il suo lavoro

etici e culturali portano l’Uomo a vivere come un lupo per l’altro Uomo come già Hobbes diceva e teorizzava. C’è una specie di idolatria del mercato che ignora l’esistenza di beni che per loro natura non possono essere semplici merci. Non sono semplici merci (denaro, strumenti finanziari) perché chi li muove è l’Uomo, non l’Uomo ristretto, bensì l’Io di ciascuno di noi. Questo è il punto capitale perché quanto più i tempi sono duri tanto è più il sogget-to che conta, non qualcosa di generico, non l’umanità in senso lato, ma il singolo, la persona che pone tutta la sua consi-stenza non nelle cose che accadono né nei giardini da noi immaginati e costruiti, bensì nell’appartenenza a Ciò cui tutto è fatto.La forza dell’Io, la forza della persona è in Qualcosa d’Altro cui l’Io appartiene: a Colui che mi fa ora. E’ un Uomo così cosciente che si riferisce non al profitto fine a se stesso, non alle regole che sono pur strumenti significativi, ma che non possono mai sostituire il fine di tutto, di ogni azione, di ogni attività, la persona, la dignità dell’uomo singolo, di ogni Io. Addirittura nella dichiarazione finale di Pittsburg 2009 si afferma come la crisi economica dimostra di avviare una nuova era dell’economia globale fondata sulla responsabilità. Responsabilità è saper rispondere che non ho deciso io (invece spesso si percepisce che a certi livelli - e non solo – si vive nei propri scafandri da cui non si esce se non raramente per raccogliere raramente ciò che altri hanno seminato). Spesso la responsabilità è autoreferen-ziale, poco disposta a una correspon-sabilità con i soggetti diversi che vivono nell’azienda per trovare nuove strade e valorizzare quello che di positivo i diversi soggetti vivono. Bisogna guardare e con-frontarsi sul campo e non solo nel chiuso dei propri scafandri anche se larghi.Ci chiediamo: ma perché i cosiddetti piani industriali hanno solo lo scopo di abbattere i costi burocratici che per esempio nei vari passaggi lavorativi sono sempre più presenti? Perché non inve-stire nella responsabilità della persona e nella fiducia? Basta stare nelle filiali e negli uffici centrali e vedere come questi

due fatti, responsabilità e fiducia, non sono presenti (se non in minima parte). Bisogna avere il coraggio a tutti i livelli di investire nel lungo periodo sulle persone e sulla loro formazione. Ci sono tante positività nelle nostre aziende. Basta solo guardarle, valorizzarle, indicarle. C’è anche un bagno di umiltà da parte dei livelli alti di conoscere, entrare in rapporto, con fatti, situazioni, circostanze che possano favorire veramente un piano che tenga presente la persona e la sua dignità a qualunque livello. Questo vuol dire chiedere sacrifici a tutti, ma è un altro livello quando si parte dalla realtà, conosciuta e affrontata non secondo un astratto bensì partendo dalla realtà di tutti i giorni. Questo implica sicuramente un pro-cesso più lento, che richiede fiducia e non controllo, responsabilità e non il “bisogna fare e basta”. Lenin diceva che la fiducia è un bene, ma il controllo è meglio. Si sono visti i risultati di una impostazione simile a livello di stati, po-polo, aziende. Per anni. Spesso la logica non è cambiata e si vede a tutti i livelli, da quelli alti dove infuria la battaglia per il comando e basta a quelli bassi dove non ci si fida l’uno dell’altro.E’ paradossale per risignificare la finanza, per ritrovare la sua giusta collocazione tra le varie attività umane c’è bisogno di coltivare il dialogo con Dio perché quan-do si assolutizza la finanzia (ma anche altro) rischia di divenire autodistruttivo e non può essere utile al bene comune dell’Italia, dell’Europa, del mondo intero.E’ solo un Io che vive fino in fondo la sua autocoscienza che non ha paura di guar-dare in faccia la realtà, di fare sacrifici, di prendere decisioni anche non senza, dentro un rapporto che tenendo conto dei ruoli, guarda al bene comune (azienda e lavoratori).Il movimento sindacale della CISL, la Fiba, sono pronti a contribuire fino in fondo per un vero risanamento del si-stema monetario e finanziario passando attraverso il sistema azienda. Chiediamo che ognuno intraprenda que-sto cammino con verità e lealtà: non c’è in gioco qualche profitto in più, c’è in gioco la verità della persona e dell’azienda. A ognuno il suo lavoro.

veritate) e inoltre parla del ruolo svolto da chi ha assunto o diffuso come parametro per il comportamento sociale economico finanziario l’utilitarismo e l’individualismo. Inoltre denuncia l’ideologia della tecno-crazia. Benedetto XVI mette in guardia contro i pericoli dell’ideologia della tecnocrazia, cioè l’assolutizzazione della tecnica che “tende a produrre un’incapacità di percepire, cioè che non si spiega con la semplice materia e così a minimizzare il valore delle scelte della persona umana concreta che opera nel sistema econo-mico finanziario riducendole a mere ese-crabili tecniche “ (A 77 Caritas in veritate).Non considerare o sottostimare i fattori

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Lutti estiviLutti estivi

È stato sicuramente un anno doloroso per la Fiba.

Due nostri amici sono mancati durante l’estate. Due persone che hanno dato il loro contributo e le loro energie alla Fiba ter-ritoriale, ma soprattutto due amici, due persone con cui si sono condivisi proget-ti, speranze, fatiche e che hanno vissuto le diverse circostanze con passione e determinazione. La vita appare spesso come un Mistero e riesce sempre a sor-prenderci, eventi inattesi e inaspettati ci costringono a riflettere sulla fragilità delle nostre persone e sul fatto che non sia-mo padroni di nulla. Potrebbe rimanere solo il dolore e la disperazione, ci piace invece pensare che quanto cominciato con Attilio e Oreste noi lo continueremo insieme, ciascuno per il proprio compito e per la propria dimensione. La morte non è l’ultima parola, per un cristiano è una certezza, per altri una speranza ma per vivere degnamente occorrono entrambe: certezze e speranze.

Pier paolo Merlini

IN MEMORIA DI ORESTE GATTO Annunciamo con profondo dolore la scomparsa di Oreste Gatto, Segretario della Sas di Complesso del nostro Sin-dacato. La sua perdita sarà incolmabile per la famiglia, la moglie e i figli ai quali ha sempre dedicato tutto se stesso, ma anche per tutti coloro che hanno conosciuto il suo amore per la vita, l’in-teresse sincero per i bisogni degli altri, l’ottimismo contagioso e la volontà di non arrendersi mai: tratti del suo carattere e del suo modo di vivere che non lo hanno mai abbandonato e che sono testimo-niati dalla grande quantità di colleghi e amici che gli sono stati vicini in questi mesi, insieme alla famiglia, sino alla fine. Ci lascia un esempio di schiettezza, di umanità, di immediatezza nell’approccio alla vita e alle persone che avremmo voluto ricevere ancora per tanto tempo dalla sua presenza fra noi, ma che purtroppo, da oggi, dovremo coltivare faticosamente da soli. Un saluto, un abbraccio e la nostra vicinanza a Livia e ai figli Francesca e Lorenzo.

Fiba Cisl Bipiemme

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Ad AttilioAd AttilioÈ un caldo pomeriggio di giugno sono in aula ad un corso FBA. Arrivano

un paio di chiamate da parte del se-gretario generale aggiunto di Fiba a cui non posso proprio rispondere. Siccome insiste gli mando un messaggio dicendo che sono in aula e non potrò dargli retta prima della fine del corso. Purtroppo me ne arriva un altro in risposta che dice: “non volevo che lo sapessi da un messaggio, ma Attilio ieri pomeriggio è venuto a mancare”.Attilio? Venuto a mancare? Capisco, dal fatto che il messaggio sia stato pre-ceduto da due telefonate dello stesso mittente, che la cosa è vera, ma resto attonita, stupefatta, sorpresa, intontita con un senso di inadeguatezza per tutto il resto del pomeriggio.Finito il corso, che per me per ovvi motivi è finito con l’arrivo del messaggio, rie-sco a chiamare il segretario e parliamo un po’. Sento in lui lo stesso sgomento, tristezza forse ancora no, almeno per me: sebbene razionalmente capisco sia reale non mi sembra ancora lo sia.Seguono i funerali in un caldissimo sabato pomeriggio in un bel paesino della provincia di Lodi di dove Attilio era originario. Tanti sindacalisti, la bandiera FIBA Cisl che sua figlia chiede di mettere sulla bara prima che venga interrata. Scopro che tanti sindacalisti non sa-pevano chi fosse Attilio, ma come? Attilio? Non sa-pete chi è? Dico a tanti di loro. Si è dato tanto da fare per la Fiba, per il CCNL appalto, per dare assistenza a questa ca-tegoria di sindacalisti poco tutelati; mi ha insegnato tutto quello che so. Con tanta passione con tanto amore abbiamo girato tutta Milano e provincia per cercare di tesserare qualche nuova risorsa, per spiegare le novità di questo CCNL siglato a fatica e tanto osteggiato, per cercare con tanta passione di aiu-tare i lavoratori a comprendere i loro diritti.... E tutto questo non sarebbe stato così avvincente se non ci fosse

stato Attilio ad insegnarmelo con tanta pazienza e convinzione personale.E poi... Mi vengono in mente i tanti pasti consumati velocemente in un bar fra un appuntamento e l’altro con gli iscritti, i tanti caffè presi nei bar in giro per Milano per cercare di scaldarsi un po’ nelle fredde giornate invernali. Le tante telefonate per prendere appuntamenti a cui all’inizio partecipavo come ascolta-trice passiva di Attilio, che mi insegnava il mestiere.I tanti momenti extra lavorativi condivisi con lui, i racconti di un padre stupen-do che adorava la sua ragazza ormai 30enne. E si’... Tutto questo davvero non c’è più penso, in un attimo, in un istante, in una giornata qualunque tutto è finito.Al funerale ho conosciuto la figlia, una bellissima giovane donna, come la de-scriveva lui con amore, un amore infinito. Un padre presente con cui lei si confida-va che la supportava in tutto e per tutto così come tutti i genitori dovrebbero fare, un padre che parlava di lei come la cosa più bella che Dio gli avesse mai dato. Mi sarebbe piaciuto conoscerla certo, ne avevamo parlato tante volte, ma mai

avrei immaginato di incontrarla per la prima volta al suo funerale.

E pensare che q u a l c h e

m e s e

Giulia NapolitanoRSA Atradius Credit Insurance [email protected]

prima era andato in pensione aveva comprato un fuoristrada tanto desidera-to, aveva iniziato a dedicare alla pesca molte delle sue giornate, a fare progetti per il suo nuovo futuro... E tutto finisce così? Non so... tuttora sono incredula ancora mi sembra surreale... Un uomo, un padre, un sindacalista, così sportivo, così aitante, così giovanile, così carico di desideri ancora da realizzare, così pieno di vita, così disponibile verso gli altri e così sensibile. Sempre una parola buona per chi gli stava attorno sempre rispettoso del pensiero altrui, sempre pronto a confortare chiunque ne avesse bisogno... E la sua bellissima figlia ades-so è senza il suo papà... Ogni tanto ci sentivamo la sera e lui era con lei, era andata a trovarlo e stava lì una notte o due e lui era ancora più felice del solito. Lo capivi dalla sua voce al telefono se era in sua compagnia.Non capisco perché non ci sia più per-ché questo grande uomo, sindacalista, padre, lavoratore, giovanissimo pen-sionato, non ci sia più, almeno non su questa terra. Attilio grazie da tutta la Fiba Cisl, da tutti gli iscritti, da tutte le persone che han-

no avuto la fortuna di conoscerti ed apprezzarti. Per me sei ancora con

noi, sono sicura che mi telefonerai che ti vedrò in Fiba presto; non so se davvero ci hai lasciato, ma nel mio cuore e sono certa in quello di tanti altri, il ricordo di te non andrà mai via.A prestoCon tutto il cuoreGiulia

Page 12: Fiba Notizie n° 32 ott.2012

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