fidaart n.4 2015 gelsomina bassetti

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PERIODICO della FIDAart N.4 - Aprile ANNO 2015 FIDAart

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Rivista di arte e cultura

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In copertina: Gelsomina Bassetti, “Le espressioni del silenzio”, 2007, olio su tela, 40x40 cm

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Copyright FIDAart Tutti i diritti sono riservatiL’Editore rimane a disposizione degli eventuali detentori dei diritti delle immagini (o eventuali scambi tra fotografi) che non è riuscito a definire, nè a rintracciare

Intervista ad un artista Gelsomina Bassetti

pag. 4

pag. 5

pag. 6-19

Architettura del III° millennioPolitiche culturali

pag. 24-25

Editoriale

Storia dell’arte Simmetria della bellezza - 3° parte

Buona Pasqua

pag. 22-23

pag. 20-21

Arte oggettiva

Mercato dell’arte? Roy Lichtenstein

Zero-One

FIDAartsommario04Aprile 2015, Anno 4 - N.4

Roy Lichtenstein

Roy Lichtenstein

Roy Lichtenstein

Roy Lichtenstein

Omaggio a Roy Lichtenstein

pag. 30

pag. 28

pag. 32

pag. 31

pag. 29

“Madama Butterfly”, 2015

“Woman with flowered hat”, 1963

“Seductive girl”, 1996

“I Can See the Whole Room!”, 1961

“Sleeping Girl”, 1964

News dal mondo

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EDITORIALE

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POLITICHE CULTURALI

ARCHITETTURE DEL III° MILLENNIO

Non c’è giorno in cui i politici non ci ricordino che “non ci sono più soldi” perché “abbiamo vissuto al di sopra dei nostri mezzi” e, quindi, “si devono tagliare le spese superflue”. Bene, anzi male, però lo spreco di danaro pubblico continua a esistere ancora oggi.La raffinata e lussuosa ex mensa universitaria con caffetteria realizzata nel 1986-89 dall’Opera Universitaria all’interno per parco pubblico del S.Chiara, è un esempio sotto gli occhi di tutti. Chiusa ormai da una decina di anni, oggi si pre-senta con le curvilinee pareti in porfido e i chia-ri muri dell’edificio storico imbrattati da scritte e graffiti, gli infissi sfondati e le strutture metal-liche arrugginite. Un bel biglietto da visita per chi frequenti il teatro-auditorium, la palestra o le sale del Centro Servizi Culturali S.Chiara! Un degrado iniziato presto con la rottura degli artistici specchietti incollati alle modanature che corrono sulla facciata verso il parco e prose-guito con il romantico specchio d’acqua diven-tato un deposito della sporcizia. Dopo la chiusura della mensa, teppisti e stre-et writers si sono accaniti su un’architettura di qualità trasformandola in un simbolo del de-clino cittadino, dello spreco e della latitanza dell’ente pubblico. La recente proposta di crearvi un “Urban cen-ter”, luogo di studio e dibattito sull’urbanistica di Trento, non sembra risolutiva poichè signifi-cherebbe investire ingenti capitali per recupe-rare un immobile pregiato e dalle grandi poten-zialità, per poi farlo utilizzare e frequentare da pochi interessati. Se finora non si è riusciti a riportarlo alla ori-ginaria destinazione a mensa, universitaria o scolastica, nè a destinarlo ad attività culturali

veramente utili per la comunità (sarebbe stato perfetto per la nuova Galleria Civica), o in un Centro Giovani con annessi laboratori per arti-sti, musicisti, attori, o in una biblioteca-ludoteca per i bambini che frequentano il parco, o in una sala per mostre d’arte, convegni, presentazioni e dibattiti (anche sull’urbanistica) ecc., allora è meglio prendere atto che l’ente pubblico non è in grado di gestire le sue proprietà e cercare di coinvolgere investimenti privati. Meglio una gelateria, o una pizzeria-ristorante oppure un bar con i tavolini all’aperto a servizio del Centro e del parco, che il nulla e lo sfascio a stiamo assistendo da troppo tempo. Non è bello vedere il denaro dei contribuenti buttato dalla finestra, e ancor meno constatare il continuo e costante allargamento a macchia d’olio, di un degrado inguardabile e diseduca-tivo del principale polo culturale e del tempo libero cittadino.

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Intervista a GELSOMINA BASSETTI

In basso: “Danza”, 2012, olio su tela, 70x100 cmA sinistra: ”L’infanzia violata”, 2011, olio su tela, 150x100 cm

Se è vero, come è vero, che ogni dipinto è un autoritratto dell’artista, cosa ci raccontano i gran-di quadri di Gelsomina Bassetti?. Quando lei dice: «all’inizio io mi metto davanti alla tela bianca “vuota“ disponibile» e «i miei quadri “diventano” da soli», significa che ogni dipinto è vissuto come un’esperienza esistenziale e psicologica oltre che artistica. Non è l’automatismo psichico dell’incon-scio teorizzato dai surrealisti ma ogni atto creativo sembra assai vicino ad una seduta psicanalitica. L’arte di Bassetti c’è e si vede, nella raffinata tecnica pittorica, nell’uso di colori materici ma al con-tempo sobri e delicati, nelle composizioni essenziali di un classicismo senza tempo: ha studiato e vissuto in Germania per quindici anni ma la sua pittura deve molto all’arte italiana. Colpisce, infatti, l’atmosfera rarefatta e metafisica in cui uomini, donne, animali (tanti animali), sono sospesi e im-mobili in uno spazio senza tempo come in attesa che accada qualcosa. Gelsomina è una persona solare e i suoi dipinti dalle morbide forme e dai colori tenui e caldi sem-brano emanare una quiete serena eppure, ad uno sguardo più attento, nella staticità dei personaggi immersi nei loro pensieri che paiono porre domande senza risposta, nei fondi bianchi come antichi affreschi consumati dal tempo, si coglie una sottile inquietudine che racconta di assenze e di vuoto, di solitudini esistenziali e di incomunicabilità. Ma, forse, la sua non è una pittura autobiografica, ma solo storie sapientemente rappresentate attraverso allegorie e simboli, di archetipi che salgono alla coscienza dal profondo del subconscio.

Paolo Tomio

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Sopra: “Cielo e terra un amicizia”, 2011, olio su tela,120x150 cm

“L’angelo infedele”, 2012, olio su tela, 120x80 cm

Quando e perché hai cominciato a interessarti all’arte e dedicarti alla pittura?

Il mio primo approccio, non con la pittura vera e propria, ma con i colori è avvenuto nella prima infanzia. Fui costretta a letto a causa di una gra-ve malattia per due anni, così mia madre, per non farmi annoiare, mi regalò un piccolo libro illustrato dove tre nanetti, uno giallo, uno rosso e uno blu, giocavano a versarsi addosso il colore vicendevolmente. Come per magia si compone-vano il verde, il viola, l’arancio ecc..Questo episodio lo racconto, perché fu allora che cominciò la mia passione per i colori.Più tardi ricevetti in regalo molti colori da tutti i parenti, a 12 anni cominciai a dipingere con i colori ad olio, paesaggi, ma soprattutto cavalli e altri animali.Quando si trattò di scegliere la scuola che avrei frequentato, mio padre che lavorava in banca, mi iscrisse a ragioneria. Io volevo iscrivermi alla scuola d’arte, ma non ci fu niente da fare, così per due anni frequentai l’Istituto Tambosi, poi rafforzata da un giudizio positivo sui miei quadri da parte del professor Gay, presi coraggio e un giorno affrontai mio padre: “se non mi permetti di fare la Scuola D’Arte io vado a lavorare!”. Un lampadario rotto, qualche scapaccione, ma poi capì e cedette.Entrai con entusiasmo alla Scuola D’Arte.

Quali sono state le correnti artistiche o gli artisti che ti hanno influenzato?

Prima di partire per la Germania, dove ero stata accettata all’Accademia, non potrei dire quali artisti mi avessero influenzato, ero affascina-

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“Amor filiale”, 2012, olio su tela, 100x120 cm

ta dal tormento di Van Gogh, dalla sensibilità di Monet, tra gli artisti locali mi piaceva molto Guido Polo.In Germania, imparai a conoscere gli espressio-nisti tedeschi, soprattutto Max Beckmann, mi colpì per la rigorosità delle figure, la durezza delle linee, la serietà dei temi trattati.

Nel corso della tua carriera, hai conosciuto mol-ti artisti locali o nazionali?

In Germania, oltre naturalmente ai miei colle-

ghi di Accademia, ho conosciuto bene Hermann Albert che aveva fondato la corrente pittorica a Berlino dei “Nuovi ordinatori“, Arwed Gorella, Petr Vogt e Anselm Kiefer.Per quanto riguarda gli artisti locali, ho fre-quentato un gruppo di artisti, curati da Danilo Eccher: Rolando Trenti, Luca Coser, Elisabetta Alberti. Negli anni in cui ho vissuto a Milano, frequentavo Giovanni Frangi, anche perché avevamo contatto con due galleristi in comune: Studio d’Arte Canaviello a Milano e Poggiali e Forconi a Firenze.

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“La stanza di Monet”, 2009, olio su tela,180x180 cm

Prima di trovare il tuo linguaggio, hai affronta-to anche esperienze astratte?

Sebbene i miei quadri non siano opere astratte, tuttavia io conosco l’astrattismo, che è la base o sottofondo dei miei quadri.Inizio a mescolare colori con le terre e li lascio lavorare sulla tela in forma di macchie, di linee, poi mi siedo e mi lascio ispirare dal colore e dal-le forme, inizio a togliere, mettere, lavare, grat-tare, comincio a comporre le mie figure.

La figura umana è sempre centrale nelle tue opere: è un’autobiografia, una sorta di diario della tua vita?

Se da una parte non credo nell’arte come auto-biografia e nemmeno come diario di vita, d’al-tra parte il nostro inconscio, il nostro bagaglio culturale ed umano, agisce in modo inconsape-vole per dare vita alle immagini, che sono una parte integrante di noi stessi.

Oggi, cosa ti interessa e cosa non ti piace dell’ar-te contemporanea?

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Non credo di poter dire cosa mi piace o non mi piace dell’arte contemporanea, intendo dire che non amo giudicare il valore servendomi di categorie.Nonostante ciò, mi interessa tutto ciò, che è sincero, tutto ciò che è profondo, poetico, tutto ciò che ha un lavoro serio ed onesto come base. Amo l’arte in grado di comunicare e di emozio-nare, financo a sconvolgere.

Qual è la tecnica artistica che utilizzi principal-mente nella tua attività?

La tecnica che io ho scelto per la mia pittura è quella dell’olio sgrassato, ovvero della mesco-lanza di pigmenti colorati con olio di lino e uovo.Questa scelta si basa su due motivi principal-mente: il non amore per la lucentezza vischio-sa che dà il colore ad olio quando è trattato in modo materico e il piacere di potermi mescola-

“Offerta”, 2012, olio su tela, 100x140 cm

re i colori, un lavoro lungo che dà spazio per me ad una sorta di meditazione.

Nel corso della tua carriera hai attraversato pe-riodi espressivi diversi?

Ho iniziato con una pittura di tipo figurativo, molto espressiva, di pancia, con colori molto accesi, composizioni complesse, stanze, spazi ben definiti dove si muovevano le mie figure.Negli anni ho cominciato a togliere tutto ciò che per me era diventato inutile, fino ad arri-vare oggi a quelli che definisco i miei deserti o quadri bianchi, dove le figure sono nello stesso tempo isolate ma libere. Aperte su un futuro incerto.

Hai anche affrontato anche altre tecniche arti-

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“Disabitati“, 2011, olio su tela, 40x40 cm

stiche: incisione, scultura ecc.?

Negli anni settanta ho lavorato molto con l’in-cisione, poi ho dipinto molto ad acquerello e con la monotipia, tre sculture, poi come ho già detto, in Germania sono stata colta dall’amore delle grandi tele e appunto dall’uso delle terre.

Come definiresti il tuo stile? Quali sono, secon-do te, le caratteristiche che ti rendono ricono-scibile?

Io non sono in grado di definire il mio stile, è molto difficile come riuscire a definire noi stes-si.Cosa mi rende riconoscibile?Innanzitutto, il linguaggio della materia che uso,

la sua apparente “grezzezza”, ma che nasconde una grande varietà di toni nascosti, le superfici sono vive. I miei personaggi si muovono sem-pre con cautela e circospezione, sono spesso in attesa. La ieraticità delle figure, il peso esi-stenziale che le investe, il silenzio che io vedo nei miei quadri, la poesia delle mani che diven-tano altro, soprattutto ali per una sorta di volo impossibile. Ecco, non so se ciò corrisponda a quello che riconoscono gli altri, ma è ciò che onestamente riconosco io.

Quando inizi un nuovo dipinto hai già in mente un tema, un soggetto o ti muovi senza vincoli predeterminati?

Come credo di avere accennato all’inizio, non mi pongo mai il pensiero di un tema ben preci-

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so, i miei quadri “diventano” da soli, certo che io li definisco, ma all’inizio mi metto davanti alla tela bianca “vuota“ “disponibile”, senza vincoli, così qualche volta i miei quadri riescono a sor-prendermi e li capisco molto più tardi nel tem-po.

Ritieni di rappresentare nelle tue tele concetti o emozioni?

Sì, io ritengo di rappresentare emozioni, con-cetti non credo!

A cosa è dovuta la tendenza alla progressiva riduzione del colore che si nota nei tuoi ultimi lavori?

A questa domanda mi è molto difficile rispon-dere, dovrei psicanalizzarmi, ma non credo di esserne in grado. La spiegazione razionale è quella che cerco di togliere il superfluo, o forse anche tutto quello che può distrarre l’osserva-tore dalla poesia del poco, del piccolo.

Hai vissuto molti anni in Germania prima di ritornare in Trentino. Che differenze vedi tra il mondo artistico tedesco e quello italiano?

Ho vissuto quindici anni in Germania, a Berlino, Hannover e Braunschweig.Qui si apre una riflessione triste per me che sono italiana, che detto papale papale, se po-tessi ritornare indietro, non metterei più piede in patria. Quali differenze? È semplicemente un altro mondo, sicuramente non ideale ma per quanto riguarda l’arte in genere, la cultu-ra e il rispetto verso gli artisti, non è possibile un confronto. Cercherò in maniera telegrafica di elencare ciò che ho trovato in Germania e non in Italia. Nessuna differenza di trattamento

“Stella cadente”, 2011, olio su tela, 150x100 cm

“Minotauro insicuro”, 2012, olio su tela, 40x40 cm

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“Dentro la terra il canto 1”, 2009, olio su tela, 40x40 cm

tra artisti uomini e donne, vale solo il prodot-to. L’interesse verso l’arte anche di persone non addette ai lavori. La grande generosità e la cu-riosità da parte dei colleghi. L’interesse da parte delle istituzioni. La possibilità di canali espositi-vi, che esulano dalle gallerie.La buona abitudine di non pensare solo al mer-cato dell’arte, ma giudicare gli artisti solo per il loro valore artistico e non per la mole di cono-scenze a loro disposizione.

Come ti sembra il panorama dei pittori trentini d’oggi? Cosa manca al Trentino per poter essere più presente sul mercato esterno?

A questa domanda non risponderò, non per ar-roganza, ma perché io tornata in Italia, mi sono ritirata volutamente dal panorama dei pittori trentini, per questo non sono nemmeno in gra-do di dire cosa manca al Trentino per poter es-sere presente sul mercato esterno.Forse per la troppa attenzione a non rischiare o a cercare di mantenere il proprio piccolo spa-zio?

Alla luce di quello che hai apprezzato in Ger-mania, quali interventi che la politica culturale trentina potrebbe fare per l’arte e gli artisti.

La prima cosa che mi augurerei, sarebbe che gli artisti avessero più interesse nei confronti dei

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“Volo proibito”, 2009, olio su tela, 40x40 cm

loro colleghi, senza gelosie, con il desiderio di confronto, di condivisione, per poter diventare una vera forza, pronta a contrastare una politi-ca che lentamente ci fa morire.La politica culturale trentina potrebbe mettere a disposizione spazi alternativi, gratuiti, dove gli artisti abbiano un luogo di confronto con il pubblico, per poter parlare di arte, e non solo in modo elitario, ma ampliare la possibilità a tutte quelle persone che non sono abituate alla frequentazione di mostre d’arte, di esprimere liberamente le loro opinioni. La seconda cosa potrebbe essere organizzare incontri tra i ragazzi e gli artisti, disposti a ri-spondere a domande quesiti ecc., perchè io credo che la curiosità e l’interesse, oltre che una dote naturale, sia anche un’attitudine che si possa allenare.

Cos’è la bellezza? E’ un valore che ricerchi o è subordinato ad altri valori?

La bellezza è il più grande motore della nostra vita. Ed è la sua uccisione che ci rende sempre più meschini, inoltre per me la bellezza è armo-nia, e ne è rimasta troppo poca.

Cosa è per te l’arte?

La domanda finale è il grande tranello! Presuppone che gli artisti siano esseri superiori agli altri e non è vero. È una parola che inciam-pa tra la lingua e i denti, così io mi salvo dicendo che l’arte è fantasia, sogno, libertà, è bellezza per lo spirito e per gli occhi, è un albero di man-

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A destra: “Il nido”, 2009, olio su tela, 150x100 cm

“Dentro la terra il canto 2“, 2009, olio su tela,40x40 cm

dorlo fiorito

E, per finire, chi è l’artista?.

Definire chi è l’artista mi pesa molto perchè mi pare che ogni risposta possibile, vada inevita-bilmente a creare uno spartiacque tra artisti e persone “normali” e io non amo definire ca-tegorie. Premetto che questa domanda me la sono posta moltissime volte, confrontandomi anche con tutti gli stereotipi che ci hanno appic-cicato addosso: strani, pazzi, eccessivi, sognato-ri, idealisti, furbi, scansafatiche ecc...Io sono diversa dagli altri nella misura in cui lo siamo tutti, in quanto esseri irripetibili, detto

questo, l’artista segue una sua urgenza interiore con la scelta coraggiosa di difendere uno spa-zio, quasi mistico, fuori dal tempo, in cui vivono immagini, miraggi, emozioni, trasformando tut-to ciò nella sua ragione di vita, con la certezza che questa è l’unica strada che avrebbe potuto prendere, ed è una strada che contro tutto e tutti non lascerà mai.Il “grande artista “ è poi chi, riesce a fare da specchio alle caratteristiche del proprio tempo, e spesso anticipa i tempi, perchè il suo pensiero stà sempre un pò più avanti di quanto le perso-ne possano esserne pronte

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GELSOMINA BASSETTI Nasce a Trento nel 1953.Ha studiato presso la scuola d’Arte Alessandro Vittoria di Trento. Nel 1980 si iscrive all‘Università di Libera Arte di Braunschweig con il professore Arwed Gorella e il professore Hermann Albert di Berlino. Si laurea nel 1987.Nel 1991 ritorna in Italia e vive a Milano fino al 1994. Dal 1994 al 1997 vive e lavora ad Arco di Trento. Lavora a Pietramurata (Trento)1983 7° Triennale di Frechen, Germania; Mostra di grafica all’Università di Braunschweig, Germania; Personale galleria “KK” Braunschweig, Germania1985 “Junge Kunst “ Ghifhorn, Germania; 24 Marienberger September Helmstedt, Germania1986 8° Triennale di Frechen, Germania; “40 artisti per Goethe”, Italia; “Wudunhit”, Italia1987 personale “Arbeiten auf Papier“ Nieder- sachsisce Landesbibliotek, Hannover, Germania1988 “Engramm” personale Galleria “Eis Fabrik“, Hannover, Germania“Situazioni nel Trentino dal ‘45”, Museo delle Albere, Trento; Personale Galleria Ferrari di Verona; “Herbstaustellung Niedersachsiscer Kunstler Kunstverein, Hannover, Germania1989 Personale “Galerie am Wall“ Braun-

schweig, Germania; Personale alla Galleria „Al Castello“, Trento1990 Speciale Arte Giovane, Milano1991 Stipendiat bei Kunslerhaus in Salzburg1992 “Salisburgo Trento”, Galleria Civica di Arte di Trento e di Salisburgo1993 Personale alla “Galleria al Castello “ di Trento; “Junge Kunst” a Bonn, Germania1995 „Correnti e Arcipelaghi“, Castel Ivano, Trento; Personale Galleria ART FORUM di Hannover, Germania1996 Personale al ”Kunstverein” di Luneburg, Germania1997 Personale Galleria d’arte Poggiali e Forconi di Firenze; Personale al “Castello di Landestrost”, Neustadt a Rbge, Germania1998 Personale “Galerie im Kunslerhaus”, Hannover1999 Personale Galleria “Arte Armanti”, Varese2000 Personale Galleria “Arte Armanti”, Varese2001 Personale Galleria “Arte Armanti”, Varese2002 “Uomini e bestie” “Art Gallery L’uovo di Luc”, Manno, Lugano; Personale Galleria “Patrizia Buonanno Arte”, Mezzolombardo , TN2003 “Situazione Arte Trentino 2003” MART Rovereto; Personale Galleria “Tiefensee”, Rineln, Germania2004 Personale “Volo colorato”, Kunstverein Wunstorf Germania; “Icaro del volo impossibile” Palazzo dei Panni “Atelier Segantini Arco (TN)2005 Personale Galleria “Arte Armanti”, Varese2006 Personale al Kunstverein di Rotheburg, Germania2007 “Doppelicht” mostra a due Bassetti Franco Rasma, Palazzo Trentini, Trento2009 “13 paradiso (cantico) mostra collettiva all’Isola Bella, Lago Maggiore2011 personale alla Galleria Nothburga, Innsbruck2015 Personale Galleria “Arte Armanti”, VareseAbitazione e studio: viale Daino n. 4, 38074 Pietramurata (Tn), tel. 0464 507034, cell. 329 5991945, Email: [email protected]

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FIDAart copertina del N.4 2015

Periodico di arte e cultura della FIDAart

Curatore e responsabile

Paolo Tomio

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Tutti i numeri 2012-2013-2014-2015

della rivista FIDAart

sono scaricabili da:

www.fida-trento.com/books.html

Tutti i numeri 2012-2013-2014-2015

della rivista FIDAart

sono sfogliabili su:

http://issuu.com/tomio2013

FIDAart

È scomparso il 9 marzo l’architetto tedesco Otto Frei poco dopo aver vinto, a 90 anni, il Pritzker Architecture Prize 2015, considerato il Premio Nobel per l’architettura. Frei è stato un visionario, ecologista e pioniere dell'uso di materiali leggeri e delle forme “na-turali”, come nella copertura in tensostrutture delle strutture sportive, realizzate nel 1972, nel Parco Olimpico di Monaco di Baviera.

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MERCATO DELL’ARTE ?

ROY LICHTENSTEIN (1923-1997) WOMAN WITH FLOWERED HAT, 1963, Magna su tela, 127x102 cm, venduto da Christie’s New York nel maggio 2013, a $ 56.123.750 (43.230.000 €) Vedi im-magine a pag.28. Quest’opera basata su un processo di appro-priazione e contestazione quasi duchampiana del ritratto “Dora Maar au Chat” eseguito nel 1941 da Pablo Picasso della sua musa e amante Dora Maar, ha entusiasmato il mondo dell’arte portando Lichtenstein alla fama. In questo di-pinto, pur mantenendo i suoi stilemi già con-solidati: contorni neri, campiture piatte, figure prive di profondità e la puntinatura Ben-Day, egli abbandona le immagini ritagliate dai comi-cs degli anni precedenti caratterizzate da una freschezza allegra e ironica di un’autentica arte

popolare, per rivisitare in un modo più colto e provocatorio i maestri del Movimento Moder-no. Chi avrebbe mai immaginato che i “fumet-ti” avrebbero raggiunto gli attuali “valori” arti-stici ed economici? Roy Lichtenstein è stato il pittore che ha sdoganato i disegni dei comics, gran parte delle sue opere degli anni 60, infatti, sono tratte da strisce o tavole apparse su gior-nalini a fumetti poiché, come spiega: «La sola ragione dei miei lavori è dimostrare come in America si manifesta la comunicazione visiva».Nato a New York in una famiglia ebraica, si diploma e, al ritorno dalla guerra nel 1946, si laurea in Belle Arti; a partire dal 57 inizia l’in-segnamento in diverse Università dedicandosi a tempo pieno alla pittura e alla scultura. E’ nel 1961, quando si distacca dall’Espressionismo astratto, che inizia a introdurre nelle sue opere immagini di personaggi dei cartoni come Mi-ckey Mouse o Bugs Bunny; la sua mostra perso-nale dell’anno successivo alla galleria di Leo Ca-stelli è un successo: tutti i dipinti sono venduti ancora prima dell’inaugurazione. La fortunata intuizione dell’artista, avvenuta prima della nascita della Pop Art americana, è quella di “estrapolare” un frammento emble-matico dalla striscia di un fumetto e di ingran-dirlo mantenendo anche la “nuvoletta” conte-nente le parole e i pensieri dei personaggi o i tipici suoni onomatopeici. L’immagine decon-testualizzata ed eseguita in scala monumentale su tela con vivaci colori ad olio e acrilico, pur rimanendo (quasi) identica all’originale “com-merciale”, assume un’autonomia figurativa ed espressiva completamente rinnovata dall’arti-sta che decide di riproporla come opera d’arte. L’altra felice invenzione del pittore è di ingran-dire assieme al disegno del fumetto anche il sistema di colorazione del retino in quadricro-

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ROY LICHTENSTEIN

mia usato nella stampa tipografica “Ben-Day”, che trasforma i quattro colori primari (ciano, magenta, giallo e nero) in punti vicini, distan-ziati o sovrapposti, per creare tutti le altre tinte. Lichtenstein dipinge pazientemente a pennello le centinaia e centinaia di cerchiolini colorati che diventeranno una sua cifra stilistica incon-fondibile.Come sempre nell’arte moderna, una buona idea deve possedere oltre all’originalità e alla piacevolezza, anche la capacità di essere facili-mente riconoscibile e in questo caso il primato tra i “comics” di Lichtenstein e le “zuppe” Cam-pbell di Andy Warhol non è di facile attribuzio-ne. Al contrario della zuppa in scatola, fast food tipicamente americano, il fumetto appartiene a una cultura visiva di massa appresa fin dall’in-fanzia e frequentata ad ogni età, latitudine e classe sociale. E’ una forma di “mass media” che ha saputo sviluppare un proprio linguaggio specifico basato su convenzioni autoreferenziali e dotato di caratteristiche formali e semantiche originali, che appartiene ormai all’immaginario collettivo moderno. L’operazione intellettuale di cannibalizzazione di creazioni altrui compiuta dall’artista all’inizio ha sollevato molte critiche: innanzitutto, l’accu-sa di limitarsi a duplicare un lavoro originale esi-stente ma anche per il mancato riconoscimento (e risarcimento) dei veri autori-fumettisti, rite-nuti da un pregiudizio della cultura d’élite, cre-ativi inconsapevoli. Ciò nonostante, è probabile che i quadri di Lichtenstein, molto accattivanti, decorativi, e tuttora modernissimi dopo più di cinquant’anni, potranno raggiungere in futuro quotazioni ancora maggiori man mano che il romanticismo un po’ kitsch di cui sono (voluta-mente) intrisi, si stempererà in una nostalgica “Recherche” del tempo perduto.

ROY LICHTENSTEIN, Drowning girl, 1963 olio e Magna su tela, 172x170 cm

Secret hearts, 1962, originale di Tony Abruzzo

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ARTE OGGETTIVAZERO-ONE

La Svizzera non ha dato i natali a molti artisti contemporanei famosi. Ormai scomparsi, il ce-leberrimo Alberto Giacometti (scultore morto nel 1966), a Itten, teorico del colore (1967), a Tinguely inventore delle macchine in movi-mento (nel 1991), a Max Bill, architetto, scul-tore, pittore astratto-geometrico (nel 94) e a Giger, pittore e scultore fantascientifico (morto

“02011-KS” dett,2010, stampa su inox, 200x200 cm

l’anno scorso), l’unico artista famoso vivente è il rappresentante del Nouveau Réalisme Da-niel Spoerri, autore di quadri realizzati con gli avanzi delle sue cene (un po’ schifosi) incollati sulla tela. Sono molti più numerosi gli architet-ti conosciuti come Chiattone, Le Corbusier e il cugino Pierre Jeanneret e oggi, Botta, Herzog e de Meuron, Bernard Tschumi, Snozzi, Galfetti, Vacchini, Peter Zumthor ecc.La creatività non sembra far parte del carattere nazionale che, per ragioni storiche, è sempre strutturato e controllato da una forte compo-nente razionale. Lo stesso Jean Tinguely, uno dei fondatori del Nouveau Réalisme e creatore nel 1959 delle Méta-matics e delle “anti-macchine” in materiale riciclato e dotate di movimenti as-solutamente inutili, forse ripropone nella sua visione anarchica il vecchio mito dell’orologio svizzero. In quel paese di “costruttori”, si intu-isce che l’approccio all’arte sia più sistematico, tecnico e rigoroso che altrove.Non poteva che nascere in Svizzera il gruppo radicale “Zero-One”, il quale, dopo aver sotto-posto la produzione artistica ad una critica ser-rata, sta arrivando a conclusioni assolutamente coerenti con la sua filosofia e la storia svizzera.Come è avvenuto per gran parte dei movimenti radicali, anche l’ideologia dello Zero-One è an-data rifiutando qualsiasi forma di espressione rappresentazione, indirizzando la ricerca su un linguaggio che fosse quanto di più astratto e og-gettivo potesse esistere: la matematica. Un linguaggio privo di connotazione estetiche e simboliche, universale e comprensibile da chiunque senza filtri artistici e culturali. Man mano che procedeva lo studio di opere impron-tate ad una progressiva rarefazione e riduzio-

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ARTE OGGETTIVA

“2102-MT” dett, 2011, stampa su inox, 200x200 cm

“11202-RE” dett, 2010, stampa su inox, 200x200 cm

ne degli elementi secondari, il percorso si è indirizzato sulla massima riduzione dello stes-so linguaggio matematico, ritenuto elitario ed eccessivamente connotato in termini storici. La “logica” conclusione ha portato “Zero-One” alla progressiva assunzione di una matematica fon-data sul sistema numerico binario il quale uti-lizza solo due simboli, 0 e 1, in luogo delle dieci cifre del sistema decimale che usiamo abitual-mente. Il sistema binario, che pochi conosce-vano in passato, oggi è importantissimo poiché utilizzato dalla totalità dei computer in quanto i circuiti digitali operano gestendo due soli valori con due diversi livelli di tensione elettrica. Tali valori assumono convenzionalmente il signi-ficato numerico di 0 e 1 (da cui il nome Zero-One) vale a dire il “vero e falso” della logica di Boole. Qualsiasi numero decimale può essere convertito nel sistema binario: lo 0 rimane 0 e l’1 rimane 1, poi 2 è eguale a 10, 3=11, 4=100, 5=101, 6=110, 7=111, 8=1000, e così via. Ovviamente, anche con il sistema a base due sono eseguibili le normali operazioni aritme-tiche: somma, sottrazione, moltiplicazione e divisione. Numeri che a prima vista sembrano cervellotici, al cervello di un elaboratore risulta-no semplici e logici: 0-1, sì–no, vero-falso. Tutta l’elaborazione di testi, immagini, suoni, video ecc. svolta dal computer è basata sul sistema più basico di ragionamento: vero o falso. Non esistono ambiguità, mediazioni o compro-messi, come succede nella realtà quotidiana e, proprio per questo, è difficile immaginare un linguaggio più radicalmente rivoluzionario.La scelta di trasformare tutti i numeri e le for-mule, tutti i testi, tutte le immagini sotto la for-ma di numeri binari, ha reso ancora più astratto

il contenuto delle “opere d’arte” riducendole a lunghissime sequenze di Zero-One impaginate con font diversificati. Cosa rappresenti la serie infinita di numeri così convertiti non è dato sa-pere, men che meno dai titoli che sono altret-tanto indecifrabili.

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SIMMETRIA DELLA BELLEZZA - 3° parte STORIA DELL’ARTE

MASCHERONI E MASCHERINE

Negli Stati Uniti per comprendere il grado di fiducia nei confronti di un politico, si poneva agli elettori la domanda: “comprereste un’auto usata da quest’uomo?”. Il presupposto era che si potesse giudicare l’affidabilità di un politico dalla sua faccia, cioè dalla sua “immagine”.

Anni di storia italiana dimostrano la falsità dell’assunto: il politico è un attore esperto in simulazione, un imbonitore della persuasione.Mascheroni e mascherine sono la regola della politica: più che persone che ricoprono ruoli istituzionali, sono oramai uomini di televendite e di cabaret.C’è chi si esibisce in promesse mirabolanti, battute e barzellette da bar, e chi si esibisce in promesse mirabolanti, battute e twitt da bar.: l’importante è bucare lo schermo, piacere e di-vertire gli elettori trasformati in spettatori. Per-ché, il vero show man, da il meglio di sè stesso in televisione, quando lasciato libero di sciori-nare il suo repertorio senza contraddittorio. I cittadini, trattati alla stregua di docili e discipli-nati consumatori, devono limitarsi a ingoiare le marchette e a battere le mani di fronte all’enne-simo: “Ghe pensi mi!”.Onnipresente, dietro ogni boss della politica, il team di “persuasori occulti”, esperti di co-municazione, di pubblicità e di linguaggio del corpo, che analizza costantemente le curve dei sondaggi per decidere il menù del giorno. Se-condo la teoria (e la prassi) di un noto politico frodatore fiscale e grande esperto di marketing,

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STORIA DELL’ARTE

l’elettore medio ha il cervello di un bambino di sette anni, e come tale va trattato.Applicando il sistema del ribaltamento sim-metria alle espressioni dei visi degli ultimi due professionisti della comunicazione televisiva, i risultati empirici sono significativi. Nel caso dell’ex Premier, ex cavaliere ed ex in-censurato, si deve ammettere una notevole capacità di fingere quello che normalmente si considera ottimismo e buon umore, cioè la clas-sica espressione allegra e ridanciana del comico da avanspettacolo. Il suo è ormai il ghigno fisso, stereotipato e falso del barzellettiere, sia per la lunga consuetudine a simulare, sia per le infini-te operazioni plastiche subìte. Come dire? Un mascherone. Imprevedibile, invece, la “secon-da faccia” di Berlusconi in cui la risata forzata si trasforma in una smorfia sofferente e malinco-nica da clown triste.Diverso il caso del giovane ex rottamatore il quale ama presentarsi come un arguto battuti-sta. Da entrambi i volti (vedi immagini in basso) esce l’immagine di un ragazzotto di campagna non proprio sveglio: una via di mezzo tra il mi-ster Bean e il Jerry Lewis di Crozza. Eppure, alla luce di come ha cinicamente liquidato l’amico

Letta mentre lo rassicurava con “Stai sereno!”, oppure il suo mentore e socio Silvio, c’è da du-bitare di questa sua presunta bonarietà. Anzi, si potrebbe dedurre che la caratteristica del “politico 2.0” sia proprio quella della ma-scherina. Finiti i tempi del Caimano, del sobrio Monti e del suo loden, gli italiani, mitridatizzati, applaudono l’ennesimo Uomo del Destino.

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Aprile 2015, Anno 4 - N.04

Roy Lichtenstein

Roy Lichtenstein

Roy Lichtenstein

Roy Lichtenstein

Omaggio a Roy Lichtenstein

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“Madama Butterfly”, 2015

“Woman with flowered hat”, 1963

“Seductive girl”, 1996

“I Can See the Whole Room!”, 1961

“Sleeping Girl”, 1964

News dal mondo

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ROY LICHTENSTEIN, Woman with flowered hat, 1963Magna su tela, 127x102 cm, Christie’s New York 2013, venduto a $ 56.123.750 (€ 43.230.000)

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ROY LICHTENSTEIN, Seductive girl, 1996, olio e Magna su tela, 127x183 cm, Christie’s 2013, New York venduto a $ 31.525.000 (€ 23.438.600)

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30ROY LICHTENSTEIN, I Can See the Whole Room!, 1961,

olio e grafite su tela, 122x122 cm, Christie’s 2011 venduto a $ 43.202.500 (€ 31.6 00.000)

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31ROY LICHTENSTEIN, Sleeping Girl, 1964, olio e Magna

su tela, 91,5x91,5 cm, Sotheby’s 2012venduto a $ 44.800.000 (€ 40.975.000)

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QUOTA DI ISCRIZIONE PER L’ANNO 2015

E’ stata mantenuta la quota d’iscrizione di euro 50.00 Il versamento dovrà essere effettuato con la causale: ISCRIZIONE ANNO 2014

IMPORTANTE

Per ragioni fiscali e contabili, TUTTI i versamenti (ad es. l’iscrizione, la quota annuale, par-tecipazioni a mostre o eventi FIDA ecc.) dovranno essere effettuati sul conto corrente della FIDA-Trento: Volksbank-Banca Popolare dell’Alto Adige - Piazza Lodron 31 38100 Trento IBAN: IT47 B058 5601 8010 8357 1214 752 NB! INSERIRE SEMPRE LA CAUSALE (es. iscrizione 2014)

Poiché questo Conto Corrente dovrà essere utilizzato sempre, si consiglia di stamparlo e di tenerlo sul computer in una cartella FIDASegretario-tesoriere: Nadia Cultrera - [email protected]

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MEMORANDUM

PAOLO TOMIO, Omaggio a LICHTENSTEIN,“Madama Butterfly”, 2015 fine art su tela, 240x170 cm

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