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Sezione Da Talete all’ellenismo 1 Inquadramento Alle origini della filosofia I fisici ionici Qual è l’origine delle cose? Pitagora e i pitagorici L’universo può essere descritto con i numeri? Eraclito di Efeso Che cosa non cambia mai? La scuola eleatica Che cos’è l’essere? I fisici pluralisti e gli atomisti Com’è possibile conciliare l’immutabilità dell’Essere con il divenire del mondo? Protagora, Gorgia e i sofisti È possibile conoscere l’essere? Socrate e le scuole socratiche Che cos’è la bontà? Come possiamo conoscerla? Platone Come possiamo conoscere? Qual è lo Stato ideale? Aristotele Qual è il ruolo della filosofia? Inquadramento L'età ellenistica Scetticismo, epicureismo e stoicismo Com’è possibile essere felici? Plotino e il neoplatonismo Che cos’è l’Uno? 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 Capitoli

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Alcune pagine esemplificative di Filosofia: sapere di non sapere

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Sezione

Da Taleteall’ellenismo

1Inquadramento

Alle origini della filosofia

I fisici ioniciQual è l’origine delle cose?

Pitagora e i pitagoriciL’universo può essere descritto

con i numeri?

Eraclito di EfesoChe cosa non cambia mai?

La scuola eleaticaChe cos’è l’essere?

I fisici pluralisti e gli atomistiCom’è possibile conciliare l’immutabilità

dell’Essere con il divenire del mondo?

Protagora, Gorgia e i sofistiÈ possibile conoscere l’essere?

Socrate e le scuole socraticheChe cos’è la bontà?

Come possiamo conoscerla?

PlatoneCome possiamo conoscere?

Qual è lo Stato ideale?

AristoteleQual è il ruolo della filosofia?

Inquadramento

L'età ellenistica

Scetticismo, epicureismo e stoicismo

Com’è possibile essere felici?

Plotino e il neoplatonismoChe cos’è l’Uno?

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Capitoli

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Da circa 2500 anni, ogni esposizione della storia della filosofia occidentale comincia con lo stu-

dio di Talete di Mileto e del contesto storico e cultu-rale nel quale si è formato e vissuto. Poiché la filo-sofia si occupa dello studio del pensiero umano e delle risposte ad alcune domande che gli uomini hanno dato nel corso dei secoli, viene da chiedersi come mai questo studio debba iniziare proprio con il pensiero dei greci e non prima o dopo: nello stes-so mondo ellenico, in molti (ad esempio Esiodo) si erano interrogati prima di lui circa la natura delle cose e la genesi del cosmo; né si può dire che man-cassero saggi o sapienti nella tradizione greca o in quella di regioni come l’Egitto o la Mesopotamia.

Inoltre, nel periodo in cui vive Talete (VI secolo a.C.), in tutto il mondo si registra la presenza di fi-gure decisamente significative che, in qualche ma-niera, hanno, al pari del nostro filosofo greco, cam-biato la storia dell’umanità: stiamo parlando di per-sonaggi come Zarathustra in Persia, di Gotama Sid-dhartha il Buddha in India e di Lao Tze e Confucio in Cina. Questo paragone può chiarire uno dei mo-tivi per cui Talete è considerato cosí importante nel-la storia della filosofia. Sia Zarathustra sia Buddha o Confucio furono pensatori decisamente importan-ti, ma la loro opera fu principalmente quella di ri-formatori religiosi: essi furono, seppure in manie-

ra diversa, «illuminati» e, tramite questa esperien-za, pensavano di avere compreso la vera natura del cosmo e fissarono dei sistemi di precetti morali, sta-bilendo il giusto e l’ingiusto, e non a caso vennero, seppure in maniera differente, divinizzati dopo la morte. Nel caso di Talete, invece, assistiamo a un processo totalmente diverso: pur non negando la religione o l’esistenza degli dèi, le affermazioni di Talete non sono rivelate da una qualche forma di entità superiore. È esattamente questo punto che rende cosí particolare la sua figura e, con esso, il pensiero greco, differenziandolo in maniera signifi-cativa dalle altre culture: la filosofia si distingue dal-la religione, pur cercando di fornire in molti casi ri-sposte allo stesso genere di domande, in quanto non fa riferimento a un’illuminazione superiore, ma cerca di trovare una soluzione ai propri interrogati-vi tramite l’argomentazione e la discussione; è per questo che la filosofia e la religione possono essere considerate come approcci diversi allo stesso gene-re di domande. Talete cerca di rispondere ai propri interrogativi non mediante un atto di fede, ma tra-mite una ricerca che utilizzi i sensi e l’intelletto; per utilizzare la famosa definizione di Aristotele, fu il primo a cercare un principio razionale che spiegas-se l’intera realtà. In questo senso, oltre che il primo filosofo, può essere considerato anche il primo

Statuta di Lao Tzu nel Quanzhou.

Inquadramento

InquadramentoAlle origini della filosofia

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scienziato della storia occidentale. La storia della scienza e quella della filosofia, in effetti, procedono appaiate fino al XVII secolo, e non a caso ancora nel XVIII secolo si parlava per la fisica o per lo studio della fisiologia di «filosofia naturale». Avremo mo-do di vedere come e perché le scienze e la filosofia siano poi divenute discipline diverse; dobbiamo co-munque notare che nell’ambito ellenico si vengono a creare degli strumenti che, in molti casi, sono gli stessi che ancora oggi sono utilizzati dai filosofi, da-gli scienziati e dai matematici.

Questa considerazione ci permette di focalizza-re un altro punto di grande importanza. Confucio e Lao Tze, al pari di Pitagora o di altri filosofi greci, possono essere considerati tanto filosofi quanto fondatori di una religione. Da questo punto di vista, dunque, non c’è una sostanziale differenza tra i filo-sofi greci e quelli di altre culture extra-europee. Se tuttavia le storie della filosofia iniziano con Talete e non con Confucio non è perché il pensiero di Tale-te sia in maniera astratta «piú importante» di quel-lo di Confucio, o perché Talete abbia detto cose «piú intelligenti» o «piú vere» di Confucio. Il punto cen-trale è che Talete può essere considerato l’iniziato-re di un filone di pensiero che, in maniera quasi ininterrotta, giunge fino a noi. Molte delle grandi domande dell’attuale dibattito filosofico, oltre ad al-cune delle questioni fondamentali della scienza moderna, vennero già poste piú di 2500 anni fa dai pensatori greci e, in alcuni casi, cerchiamo di trova-re risposte con strumenti messi a punto dai filosofi ellenici. Talete quindi può essere considerato come il capostipite di una linea di pensiero e, senza nien-te togliere all’importanza o alla profondità delle ri-flessioni di culture diverse dalle nostre, deve il suo ruolo proprio in quanto punto di partenza di una tradizione che ormai vanta piú di venticinque seco-li di storia, e che è quella della filosofia occidentale. Laddove possibile, tuttavia, daremo anche spazio ad approfondimenti dedicati a filoni culturali diver-si da quelli europei e occidentali, che, come già ac-cennato, non devono essere in alcuna maniera con-siderati da meno.

Una volta chiarito perché la nostra trattazione inizia con Talete, resta da capire perché questo pro-cesso abbia avuto inizio in Grecia e non altrove. Ov-viamente non esiste una risposta semplice a questa domanda, né tanto meno una risposta certa. È tut-tavia possibile individuare alcuni elementi tipici della cultura ellenica che hanno reso possibile quel-

la rivoluzione culturale che è alla base della nostra cultura. Fino al XVIII secolo il fiorire della civiltà greca fu visto quasi come un miracolo, ma a partire dal XIX secolo, grazie agli sviluppi della filologia e alla nascita di discipline come l’antropologia com-parata, è stato possibile ricostruire l’ambito cultura-le in cui nacque la filosofia greca. Piú che un mira-colo, il ruolo svolto dai pensatori greci può essere in parte spiegato da considerazioni di ordine geogra-fico. Le comunità greche si trovarono a svolgere un ruolo di ponte fra culture piú antiche come l’Egitto, le civiltà mesopotamiche (inglobate poi dallo ster-minato Impero persiano) e altre culture sorte nel bacino del Mediterraneo, come quella cretese e quella fenicia. La Grecia fu, inoltre, invasa per tre volte da popolazioni provenienti dal nord dell’Eu-ropa (gli Ioni, i Micenei e i Dori), che portarono il loro patrimonio culturale. La penisola greca era dunque un crocevia tra Asia, Africa e Europa, e questo le permise di inglobare elementi culturali molto diversi, portando alla nascita di un amalga-ma culturale per molti versi unico. Non è quindi un caso che i centri piú attivi agli albori della storia del-la filosofia si trovino proprio nella zone di confine del territorio occupato dalle popolazioni di lingua greca, vale a dire la Ionia (che si trova sulla costa me-diterranea dell’odierna Turchia) e nella cosiddetta Magna Grecia, vale a dire il sud della penisola ita-liana. C’è poi un’altra considerazione: il territorio della Grecia era ed è montagnoso, e questo costrin-geva la popolazione delle pòleis greche a rivolgersi naturalmente verso il mare. Ed è in effetti proprio il Mediterraneo uno degli elementi all’origine del fio-rire della civiltà greca, poiché ha permesso il con-tatto fra culture molto diverse tramite il commercio e un intenso scambio di merci e di idee tra le spon-de che uniscono tre continenti, che hanno ugual-mente influenzato, seppure in maniera diversa, la nascita del pensiero greco.

Un altro punto di originalità della cultura greca del VI secolo a.C. fu la sua religione. Le divinità del pàntheon greco non erano considerate come le crea trici del cosmo, che avevano infatti conquistato dopo una serie di vicende narrate dalla mitologia. Per iniziare a introdurre una divisione di carattere filosofico, potremmo dire che differivano dagli uo-mini piú per grado che per genere: in altri termini, erano molto piú potenti degli uomini, immortali ed eternamente giovani, ma non erano per il resto mol-to diverse da chi li venerava. Come gli uomini, infat-

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ti, anche gli dèi avevano passioni, odi e gelosie, e dif-ficilmente potevano essere presi come esempio di moralità; inoltre, non erano assolutamente onnipo-tenti e, come gli uomini, erano sottoposti al Fato, che veniva visto come un’entità impersonale. Oltre-tutto, nel mondo ellenico non c’erano veri e propri testi sacri, contrariamente a quasi tutte le altre cul-ture del bacino del Mediterraneo. Esiodo e Omero erano considerati due autorità, ma le loro opere non vennero mai reputate infallibili o detentrici di una verità rivelata. In altri termini, la religione greca la-sciava per buona parte inevase le domande relative all’origine del cosmo e ai grandi interrogativi mora-li e non forniva vincoli alla riflessione in questo sen-so. Questo elemento, con ogni probabilità, è stato determinante per la nascita della filosofia.

A fianco della cosiddetta religione olimpica, in cui sono presenti molti elementi simili alla mitolo-gia nordica, c’era inoltre un’altra forma di culto,

molto probabilmente piú antica e di origine medi-terranea: si tratta del culto di Dioniso, che veniva venerato in maniera particolare dalle donne e dagli strati piú bassi della società. La religione dionisiaca presentava molti elementi mistici, che sottolineava-no in particolar modo la trance e la comunione dell’individuo con la divinità tramite una forma di illuminazione. Questi elementi sono alla base dell’orfismo, che, con ogni probabilità, rappresen-tava un’elaborazione culturale piú tarda del culto di Dioniso. In questi ambiti furono sviluppate molte concezioni che, come vedremo, influenzeranno in maniera determinante alcuni dei pensatori greci. In particolare, l’orfismo vedeva nel corpo la prigione dell’anima e riteneva che questa potesse reincar-narsi piú volte. Oltre a ciò, nel pensiero orfico la ve-rità superiore non era raggiungibile tramite i sensi, ma si poteva ottenere tramite l’unione con la divi-nità. Questa idea di una verità superiore sarà al cen-tro della filosofia greca e molti pensatori saranno debitori di questa concezione.

Ma che cosa pensavano i greci del proprio pen-siero? La piú nota e forse la piú bella risposta a que-sta domanda è stata fornita da Aristotele, che affer-ma che ciò che fece iniziare i greci a porsi domande fu la meraviglia di fronte al cosmo e ai suoi misteri. Proprio partendo da questa felicissima constatazio-ne, è utile non perdere mai di vista che, secondo gli uomini che furono gli autori di questa rivoluzione culturale, ciò che rese possibile la nascita della filo-sofia fu anche e soprattutto la meraviglia. La stessa sensazione di sgomento e di fascino che ancora og-gi fa sí che studiamo le opere e le concezioni di que-gli uomini e che ha permesso al loro pensiero di giungere fino a noi.

Menadi, seguaci del culto dionisiaco, danzano attorno a un’ara, I-III secolo d.C. Roma, Museo nazionale romano.

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I � sici ioniciCA

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OLO

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Qual è l’origine delle cose? In volo con Anassimandro

di Armando Massarenti

solito le storie della � loso� a cominciano con Talete. E da Talete inizierà il capitolo in questione. La nostra introduzione, però, parte, per nostra insindacabile decisione,

da Anassimandro. Perché proprio lui? Perché è quello che ci permette di togliere un po’ di retorica a certe fumose trattazioni sui cosiddetti presocratici, insieme composito di � loso� che, avendo lasciato solo «frammenti», si possono tirare per la giacchetta un po’ come si vuole, magari rendendoli piú oscuri e misteriosi di quel che sono, e confondendoli con la mentalità magico religiosa dalla quale, da buoni «naturalisti», per lo piú si volevano emancipare. Appaiono, in queste storie, anche un po’ bizzarri. Uno dice che tutto è acqua e che i magneti hanno l’anima (Talete, il maestro di Anassimandro); un altro dice che tutto è aria (Anassimene), un altro ancora, Eraclito, detto l’«oscuro», predilige il fuoco, � nché arriva Empedocle che mette tutto insieme e presenta un mondo fatto di terra, aria, fuoco e acqua. Di Empedocle la leggenda narra che morí buttandosi nell’Etna per dimostrare che era un dio, ma, al di là dell’ef� cacia dell’immagine, chissà su quali evidenze potrà basarsi una prova del genere. Anassimandro, con il suo àpeiron, l’in� nito da cui tutti gli esseri avrebbero origine, fa parte della serie, ma è anche colui che ci fornisce il senso piú preciso della rivoluzione culturale che quei primi � loso� misero in atto. Anche della sua vita si raccontano episodi insulsi. Diogene Laerzio dice che

una volta, deriso da alcuni bambini mentre cantava, esclamò: «Bisognerà cantare meglio, per via dei bambini». Tra coloro che hanno saputo cantare bene la lezione di Anassimandro, rendendola assai chiara e penetrante, c’è un � sico, Carlo Rovelli1, che, grosso modo, ha messo le cose nei termini seguenti. Il cielo sta sopra e la Terra sta sotto, giusto? Cosí si è sempre pensato. E lo vede anche un bambino. Il quale potrebbe chiedere: ma come fa la Terra a non cascare? C’è qualcosa sotto che la sorregge? Potrebbe esserci, ad esempio, altra terra. Oppure una grande tartaruga appoggiata su un elefante, o delle gigantesche colonne, come dice la Bibbia. Il problema è

Di

1. Carlo Rovelli è professore all’Université de la Mediterrané di Marsiglia e professore associato al Dipartimento di Storia e Filosofi a della Scienza presso l’Università di Pittsburg. I suoi studi riguardano principalmente la gravità quantistica.

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ben espresso nella seguente barzelletta. Due amici ingaggiano un dialogo � loso� co: «Se Atlante regge il mondo sulle spalle, chi regge Atlante?» «Una tartaruga.» «E chi regge la tartaruga?» «Un’altra tartaruga.» «E chi regge quest’altra tartaruga?» «Mio caro amico, è tutto tartarughe, � no in fondo!» È facile scon� nare nella parodia e nel regresso all’in� nito. Eppure questa immagine del mondo, fatto di terra e cielo, con un sopra e un sotto, osserva Rovelli, «è condivisa dalle civiltà egiziana, cinese, maya, dell’antica India e dell’Africa nera, dagli Ebrei della Bibbia, dagli Indiani del Nord America, dagli antichi imperi di Babilonia e da tutte le altre culture di cui abbiamo traccia. Tutte eccetto una: la civiltà greca. Già nel periodo classico, per i Greci la Terra era un sasso che galleggia nello spazio senza cadere: sotto alla Terra non c’è altra terra all’in� nito, né tartarughe, né colonne: c’è lo stesso cielo che vediamo sopra di noi. Come hanno fatto i Greci a comprendere presto che la Terra è sospesa sul nulla, e il cielo continua sotto i nostri piedi? Chi lo ha capito e come?» Eccoci dunque al nostro eroe. Anassimandro ha ridisegnato profondamente la mappa del cosmo, sostituendo un cosmo fatto di cielo sopra e Terra sotto, con un cosmo aperto, fatto di una Terra che vola, circondata dal cielo. Una rivoluzione concettuale addirittura piú profonda di quella di Copernico (e poi di Galileo, Newton, Einstein) che ha fatto volare questa terra dal centro del mondo a un’orbita che gira intorno al Sole. La rivoluzione moderna non sarebbe stata possibile senza quella di Anassimandro. Mentre Copernico si avvale di un immenso lavoro concettuale e osservativo svolto dagli astronomi alessandrini e arabi, Anassimandro «si appoggia solo sulle prime domande, sulle prime imprecise speculazioni di Talete, il suo concittadino e maestro, e sui suoi occhi con cui osservare il cielo. Nient’altro». Su questa base cosí esigua egli compie quella che Karl Popper ha de� nito «una delle idee piú audaci, delle piú rivoluzionarie e delle piú portentose scoperte dell’intera storia del pensiero umano»: la scoperta che la Terra vola in uno spazio aperto.

Se a qualcuno non è chiaro che questa scoperta, che a noi può apparire scontata, fa di Anassimandro un gigante del pensiero di tutti i tempi, pensi a come essa permetta di vedere in modo nuovo la geologia, la geogra� a, la biologia e la meteorologia. Ma soprattutto ebbe l’audacia di dubitare delle certezze dei suoi propri sensi e dei propri maestri, e di cercare un modo alternativo di vedere il mondo e le conoscenze acquisite. Da allora la conoscenza, la scienza, il pensiero, abbandonate le certezze del sapere mitico-religioso, si abbeverano alla fonte del dubbio per compiere i loro piú esaltanti passi avanti, in un processo critico e aperto, che non avrà mai � ne. Con Anassimandro non è solo la nostra Terra che ha cominciato a volare, ma anche le nostre idee e la nostra intelligenza.

Scuola francese, Talete di Mileto, 1616. Parigi, Biblioteca nazionale di Francia.

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1 Talete: com’è iniziato tutto?

La prima e piú antica scuola filosofica sorta nell’ambiente ellenico fu quella di Mileto, una città che si trovava sulle coste dell’odierna Turchia e che era al centro di un intenso flusso di scambi commerciali con la penisola greca, l’Impero per-siano e l’Egitto. Il primo esponente di questa scuola fu Talete, che meritò il tito-lo di «piú saggio dei sette sapienti», vissuto con ogni probabilità tra la fine del VII e l’inizio del VI secolo a.C. Possiamo essere sufficientemente sicuri di questa da-tazione visto che, secondo la tradizione, riuscí a predire un’eclissi di Sole che eb-be luogo il 28 maggio del 585 a.C.; egli utilizzò questa previsione per convincere i due eserciti, quello della Persia e quello della Lidia, a interrompere la battaglia, interpretando il fenomeno astrale come presagio dell’ira degli dèi. Pare che ab-bia viaggiato molto, studiando presso i sacerdoti egizi, e questa affermazione tro-verebbe conferma nel fatto che studiò le piene del Nilo e che si dedicò alla misu-razione delle piramidi.

Sulla sua vita gli storici greci hanno tramandato diversi aneddoti, come quel-lo riportato da Aristotele secondo il quale, per dimostrare che la filosofia non è inutile, prevedendo una raccolta delle olive particolarmente abbondante, acqui-stò i frantoi per poi rivenderli a prezzo piú alto, divenendo ricchissimo. Benché Platone descrivesse Talete come un saggio svagato, cosí impegnato a osservare gli astri da finire per cadere in una buca, con ogni probabilità fu molto attivo nel-la vita politica di Mileto, battendosi perché tutte le città della Ionia si federassero in un’unica lega.

Era, inoltre, celebre per opere di ingegneria idraulica (riuscí ad esempio a di-videre in due il corso di un fiume in modo da rendere guadabili entrambe le par-ti) e per le sue conoscenze di geometria e matematica: come abbiamo già accen-nato, secondo il racconto di Plutarco pare che fosse riuscito a misurare l’altezza delle piramidi confrontando la loro ombra con quella di un bastone. La tradizio-ne gli attribuisce, poi, non solo la formulazione, ma anche una sorta di dimostra-zione di quello che ancora oggi è conosciuto come «teorema di Talete», ragione per cui è considerato il primo dei matematici.

La domanda che si trova al centro della filosofia di Talete, e con la quale si è so-liti cominciare l’esposizione della storia del pensiero occidentale, è molto sempli-ce da formulare: qual è l’origine delle cose? In altri termini, com’è iniziato tutto? La risposta di Talete è altrettanto semplice: l’origine di tutte le cose è l’acqua.

Questa risposta appare a prima vista decisamente banale e può far pensare che l’importanza di Talete sia stata decisamente sopravvalutata nel corso dei se-coli. In realtà, individuare nell’acqua l’origine del cosmo non è una scelta cosí stravagante come potrebbe sembrare inizialmente.

Dell’opera di Talete non resta neanche un frammento, ma, stando a quanto riporta Aristotele, sappiamo che una delle constatazioni da cui aveva sviluppato le sue riflessioni era che ogni cosa viva è umida, segno che contiene acqua. Inol-tre, era dell’opinione che la Terra stessa fluttuasse sul mare, come un’enorme zat-tera, e che, tra l’altro, questo movimento fosse all’origine dei terremoti. Bisogna considerare che, visti gli elementi a disposizione di Talete, queste erano ipotesi perfettamente plausibili; oltretutto, si tratta della prima ipotesi scientifica della quale siamo a conoscenza. La scienza, dopo piú di due millenni, ha riconosciu-to che l’intuizione di Talete era in parte giusta: in primo luogo perché la vita sul nostro pianeta è nata negli oceani; in secondo luogo perché la teoria del Big Bang,

Una vita ricca di aneddoti

Il principio è l’acqua

Ogni cosa è umida

capitolo 1I fisici ionici

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che spiega l’origine dell’universo attraverso un’esplosione originaria, considera l’idrogeno, elemento chimico di cui l’acqua è composta insieme all’ossigeno, uno dei princípi dell’evoluzione dell’universo.

Ma la grande importanza di Talete risiede nell’applicazione di un principio che, a tutt’oggi, sta alla base della scienza e della filosofia: quello del riduzionismo.

Dire che l’acqua è l’origine del cosmo rappresenta il primo tentativo di cui siamo a conoscenza di spiegare un gran numero di processi differenti utilizzan-do un solo principio, che è ancora oggi uno dei compiti principali della scienza. È quanto avviene nella fisica, dove ad esempio tutte le proprietà della materia vengono spiegate tramite il comportamento degli atomi. Senza l’idea che un gran numero di fenomeni complessi e apparentemente molto diversi tra loro possa essere spiegata utilizzando un principio comune, tutti i nostri strumenti e la no-stra tecnologia sarebbero inutili.

Per usare una metafora informatica, Talete ha per primo utilizzato quel software che ha reso possibile lo sviluppo del nostro attuale hardware tecnologi-co. Se oggi siamo in grado di spiegare le caratteristiche di un materiale mediante le proprietà degli atomi che lo compongono o le differenze dell’aspetto delle per-sone grazie al DNA, lo dobbiamo anche all’opera di Talete e dei suoi successori.

Nel caso di Talete una serie di fenomeni misteriosi, come l’origine dell’uni-verso o la possibilità della vita, vengono spiegati ricorrendo a un elemento os-servabile e quindi studiabile, ovverosia l’acqua. Se l’ipotesi di Talete fosse stata giusta, noi avremmo compreso tutti quei fenomeni che prima ci apparivano ine-splicabili semplicemente studiando le caratteristiche dell’acqua. Come si vede, la forza del riduzionismo, e il suo fascino da un punto di vista teorico, consiste nel rendere piú semplice la nostra visione del mondo e nel fornire una spie-gazione comune a molti fenomeni che altrimenti resterebbero misteriosi. Ma, come in ogni riduzione, ovviamente si perde qualcosa: per questo motivo il ridu-zionismo non deve essere considerato come una sorta di bacchetta magica capa-ce di risolvere tutti i problemi. Anzi, proprio perché è uno strumento potenzial-mente cosí utile, oltre a essere alla base di molti dei piú importanti progressi scientifici, esso può anche essere fonte di gravi errori.

Senza voler anticipare troppo temi che affronteremo in seguito, bisogna con-siderare che alcuni pensatori ritengono che il riduzionismo sia un limite della scienza in quanto, per trovare spiegazioni semplici, ignorerebbe la vera comples-sità dei fenomeni, specie per quanto riguarda l’animo umano. Inoltre bisogna te-nere a mente che, se una riduzione esatta può far progredire enormemente la no-stra conoscenza del mondo, una riduzione errata può portare a conseguenze gra-vi; basti pensare ad esempio a quanto accadde nell’Ottocento, quando, tentando di ridurre le caratteristiche mentali e intellettuali dell’individuo alle sue caratte-ristiche fisiche, si gettarono le basi delle teorie razziste fatte proprie dal nazismo. Insomma, si può discutere, e si è discusso a lungo, se quello di Talete sia un me-rito o una colpa, ma non il suo ruolo di capostipite.

Abbiamo detto che Talete è il primo a cercare di trovare un solo principio in grado di dare conto della realtà. Alla base di un simile progetto di ricerca sta la convinzione che l’universo sia «cosmo», (kòsmos, kovsmo~) ovverosia un ordine, che può essere compreso facendo affidamento sulle sole capacità intellettive dell’essere umano. Questo è il motivo per cui i pensatori greci, contrariamente ai grandi pensatori di altre tradizioni culturali, non hanno bisogno di un’illumina-zione divina per spiegare la realtà, la quale può essere compresa grazie alla ragio-ne. Dunque, non è piú centrale negare l’esistenza delle divinità (cosa che, come

Il primo ad applicare il riduzionismo

I limiti del riduzionismo

L’universo è ordine

RiduzionismoAtteggiamento epistemologico che, come vedremo approfonditamente nel box Meriti e limiti di questo capitolo, tenta di spiegare un insieme di fenomeni complessi facendo ricorso a delle cause piú semplici, che vengono considerate alla base.

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vedremo tra breve, con ogni probabilità non era intenzione di Talete e dei suoi successori), quanto, piuttosto, ridefinire il loro ruolo nella formazione delle co-noscenze umane.

Ora, anche la decisione di quale elemento porre a fondamento e origine del cosmo è di fondamentale importanza, e la scelta dell’acqua è estremamen-te rivoluzionaria per un uomo vissuto piú di 2500 anni fa, per quanto a noi pos-sa non sembrare piú tale. Infatti Talete, indicando l’acqua, sceglie un principio puramente fisico; non a caso Talete e i filosofi che si rifanno a lui sono noti con il nome di «fisici ionici», ovverosia studiosi della natura.

Cosí Talete può anche essere considerato il capostipite di una lunga serie di pensatori che, applicando il riduzionismo, hanno ipotizzato che tutta la realtà po-tesse essere spiegata facendo ricorso alla materia, e che, non a caso, vengono chiamati «materialisti». Questo punto ci permette di capire ancora meglio come Talete fornisca al problema dell’origine delle cose una risposta radicalmente di-versa da quella delle mitologie e delle religioni. Basta con-siderare, ad esempio, la differenza tra le riflessioni di Ta-lete e il racconto della Genesi biblica, in cui viene narrata la storia della creazione secondo la tradizione ebraico-cristiana, che sarebbe avvenuta dal nulla, in sette giorni e grazie all’intervento diretto della divinità. In altri termini, egli non si chiede perché esistano le cose o quali fossero le intenzioni di chi le ha create, ma che cosa le ha create e come ciò sia avvenuto: la stessa identica domanda che oggi si pongono gli astrofisici che si interrogano sulla cre-azione dell’universo. È significativo notare che, per quan-to fosse considerato il piú saggio dei sette sapienti, nessu-no dei suoi commentatori lo dipinga come illuminato da-gli dèi e che la sua conoscenza venga sempre presentata come frutto dei suoi viaggi e dei suoi studi, e non della co-municazione con le divinità, come invece accade per buona parte dei grandi sapienti prima di lui.

Non che Talete, a quanto sappiamo, volesse negare l’esistenza degli dèi. Sap-piamo da un commentatore di Platone che Talete riteneva il mondo animato, e che non solo non negava l’esistenza degli dèi, ma sosteneva che ogni cosa fosse piena di divinità. Lo stesso Aristotele (▶ cap. 9) notava una probabile derivazio-ne delle tesi di Talete dai miti per cui Oceano e Teti, divinità marine, erano all’ori-gine della creazione, come riportato anche nell’Iliade.

Benché non sia facile fare ipotesi sulla base dei pochi elementi disponibili, è plausibile che Talete ritenesse che l’acqua fosse il principio vitale e che, visto che tutto era composto d’acqua, tutto fosse in qualche maniera vivo. Questa convin-zione è nota tra gli storici della filosofia con il nome di «ilozoismo». Per avvalo-rare la sua ipotesi, sosteneva che la capacità, propria di materiali come l’ambra e la magnetite, di respingere o attrarre altri oggetti fosse indice del fatto che posse-dessero un’anima.

2 Anassimandro: che cos’è l’àpeiron?

Allievo di Talete e secondo esponente della scuola di Mileto fu Anassimandro, in base alla tradizione nato nel 610 a.C. e morto nel 545 a.C. Come per Talete, an-

La «rivoluzione» della scelta dell’acqua: un principio fi sico

Tutto è vivo

NaturaTermine che nel linguaggio comune ha assunto una varietà di signifi cati differenti. Nella sua accezione fi losofi ca, attribuibile ai fi sici ionici, il termine physis, (fuvsi~) deriva dalla radice phyo, che signifi ca propriamente «divenire», «trasformarsi», e indica che ciò che diviene e si trasforma già esiste e non è creato. Lo stesso signifi cato ha il latino fi o; in questo senso, si differenzia dalla parola latina natura, che invece deriva da nascor, «nascere dal nulla».

IlozoismoDal greco hyle, «materia», e zoè, «vita», il termine indica ogni dottrina che sostenga che la materia sia di per se stessa, cioè senza ricorso ad alcun principio esterno, animata, dotata quindi di movimento e sensibilità.

capitolo 1I fi sici ionici

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che a lui si attribuiscono molte scoperte, tra cui quella dello gnomone (ovverosia del sistema di misurazione dell’ora tramite l’ombra di un bastone infisso nel ter-reno) e il disegno della prima carta geografica. Pare sia stato anche il primo a chiamare il principio di tutte le cose «archè» (ajrchv), «inizio», termine che poi en-trerà stabilmente nel lessico filosofico. Contrariamente a Talete, aveva scritto un’opera, Sulla natura, di cui non ci restano che cinque frammenti.

La domanda che si pone Anassimandro è la stessa che è al centro del pensie-ro di Talete, ovverosia: qual è l’origine delle cose? Anissimandro, tuttavia, obiet-ta al maestro che, se il principio iniziale fosse un elemento esistente ancora oggi, non si capirebbe la formazione degli altri elementi. Per fare un esempio, l’acqua avrebbe spento qualsiasi fuoco, se ci fosse stata solo terra non sarebbe potuta esi-stere l’aria e cosí via. Per questo motivo postulava l’esistenza di un elemento ori-ginario chiamato «àpeiron» (ajpeivrwn) ovvero «illimitato, indeterminato», defi-nito come eterno e «insenescente», ovverosia che non invecchia mai. Da questo elemento primordiale si sarebbero generate tutte le cose, «col distaccarsi dei contrari nel corso dell’eterno movimento» (Simplicio, Phisica, in I Presocratici, Milano, Rizzoli 1991, pag. 131). Poiché la materia originaria era priva di limiti, an-che i mondi che erano stati generati erano infiniti.

Aveva anche trovato una spiegazione ingegnosa di come i mondi potessero restare sospesi nel vuoto, che, fra l’altro, non è molto lontana da quella data da-gli scienziati odierni: i pianeti non possono cascare verso nessuno dei bordi del cosmo perché questo, essendo illimitato, non ha bordi. Da questa considerazio-ne possiamo evincere anche un’altra obiezione che era stata posta alla teoria di Talete, ovverosia: dove poggia l’acqua che ha generato l’universo, e perché la ter-ra non affonda? Anassimandro sembra rispondere che l’universo non poggia su niente, perché non ha limiti in alcuna direzione.

Anassimandro pone dunque come origine delle cose un principio materia-le, ma eterno e incorruttibile, e che secondo Aristotele era identificato con la di-vinità. Afferma inoltre che le cose nascono e muoiono «perché pagano l’una all’altra […] giusta pena ed ammenda della loro ingiustizia secondo la disposizio-ne del tempo», e con queste parole sembra postulare che ci sia un ordine mora-le che governi l’universo. Questa sua identificazione dell’origine delle cose con un principio divino è stata vista come un passo in avanti nello sviluppo della fi-losofia, perché prendeva in considerazione un lato spirituale che il suo maestro non aveva giustamente valorizzato. Su questo punto bisogna però essere molto cauti, visto che forse, come Talete, anch’egli considerava la natura nel suo com-plesso come animata. Bisogna inoltre considerare che i suoi commentatori, con l’eccezione del fugace riferimento di Aristotele, non ci hanno tramandato nient’al-tro sulle sue opinioni riguardo gli dèi. Su quanto, dunque, l’eterno e insenescen-te àpeiron potesse essere considerato come una divinità creatrice vera e propria, non è possibile dare un giudizio alla luce dei pochi frammenti giunti fino a noi. Quello che è certo è che la concezione di Anassimandro ha avuto una grande in-fluenza sui pensatori successivi, e in particolar modo su Senofane ed Eraclito.

Ciò che, invece, i suoi commentatori ci hanno approfonditamente traman-dato, è che fu molto attivo come studioso dei fenomeni naturali. Riteneva che la Terra avesse la forma di un cilindro, come se fosse una colonna di pietra, e che gli uomini abitassero in una delle due estremità. Formò ipotesi sui fenomeni atmo-sferici come i tuoni, i lampi e i venti. Sulla scia di Talete, riteneva che tutti gli es-seri viventi discendessero dai pesci, e che questi fossero stati generati dalla terra e dall’acqua, scaldate dal fuoco del Sole. Notando che gli uomini erano gli unici

Il principio è l’àpeiron

Come i mondi stanno sospesi nel vuoto

Un principio materiale e insieme divino?

Uno studioso dei fenomeni naturali

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tra gli esseri viventi a non essere autosufficienti per lungo periodo dopo la nascita, ipotizzò che i primi esseri umani fossero cresciuti all’interno di pesci e che poi, una volta adulti, fossero approdati sulla terraferma. Era inoltre convinto che il Sole, la Luna e gli astri fossero dei cerchi di fuoco, fatti come del-le ruote.

Quest’ultima convinzione, per quanto a noi sembra banale, è in effetti stupefacente se si consi-dera che è stata sostenuta da un uomo che viveva in una società in cui praticamente tutti erano con-vinti che i corpi celesti fossero delle divinità, o co-munque che fossero degli esseri viventi. Lo stesso si può dire della teoria sulla generazione degli uo-mini, che, benché possa far sorridere per la sua in-genuità, rappresenta il primo tentativo di spiegare in termini di evoluzione, e non di creazione, l’origine dell’uomo. Ancora una volta si vede come il ruolo dei pensatori milesi sia stato quello di iniziare un filone di pensiero che si distaccas-se dalla tradizione magica e religiosa che li aveva preceduti.

3 Anassimene: perché ogni cosa si genera dall’aria?

L’ultimo pensatore dell’ambito di Mileto è Anassimene. Fu allievo di Anassiman-dro e sembra sia vissuto tra il 588 a.C. e il 528 a.C.

È generalmente considerato un pensatore meno originale di Talete e di Anas-simandro; la sua risposta circa l’archè è che l’origine delle cose sia l’aria. Alla ba-se della sua teoria stava probabilmente l’identificazione dell’aria con il soffio vi-tale, che, non a caso, in greco veniva chiamato psychè (yuchv) e indicava tanto il respiro quanto l’anima.

Probabilmente per rispondere all’obiezione posta da Anassimandro a Tale-te per cui un solo elemento non avrebbe potuto generare gli altri, aveva svilup-pato una teoria per cui l’aria rarefacendosi diveniva fuoco e condensandosi si tra-sformava in nuvole e quindi in acqua, in ghiaccio e, infine, in terra e pietra. An-che alla base di questa ipotesi, oltre a considerazioni atmosferiche per cui dal cie-lo (e quindi dall’aria) provengono acqua e ghiaccio, c’è una constatazione sulla temperatura del respiro: questo, infatti, è caldo quando viene emesso lentamen-te e freddo quando viene espulso velocemente soffiando.

Per Anassimene ciò dipendeva dalla rarefazione dell’aria: il respiro era cal-do quando era rarefatto e, attraverso un’ulteriore rarefazione, si sarebbe ottenu-to il fuoco. Viceversa il vento comprimeva l’aria generando le nubi e tale fenome-no aveva dato origine agli altri elementi. A quanto pare di capire, la sua opinione era che all’inizio ci fosse solo aria, e che questa fosse priva di limiti; poi, per via del movimento, che considerava eterno, da questa avevano avuto origine tutti gli altri elementi. Uno dei suoi commentatori precisa però che, sebbene Anassime-ne sia l’unico per cui abbiamo testimonianza di una teoria del genere, molto pro-babilmente anche Talete e Anassimandro avevano sviluppato una teoria per la generazione degli elementi basata sulla rarefazione e sulla condensazione.

Un’altra esposizione del suo pensiero ci fornisce un’ulteriore e preziosa indi-cazione circa la visione del cosmo dei primi filosofi greci, specificando come Anas-

Il principio è l’aria

L’aria creatrice di tutto, anche degli dèi

Strumento astronomico di Anassimandro, disegno tratto dalla Histoire du ciel, 1872.

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simene ritenesse che l’aria avesse creato tutto, compresi gli dèi e le cose divine. Dunque, come per i suoi predecessori, è plausibile sostenere che Anassime-

ne credesse all’esistenza degli dèi, ma credesse altresí che questi fossero stati ge-nerati come tutte le altre cose; convinzioni queste perfettamente in linea con quelle esposte nelle cosmogonie greche, in cui non c’è una divinità creatrice all’origine del cosmo. In una delle molte versioni Erebo, la notte eterna, viene fe-condata dal vento e partorisce l’Uovo cosmico, da cui sono state generate tutte le cose. Qui possiamo individuare echi tanto della tesi di Anassimandro, per cui l’universo è generato da un’unità originale (l’uovo, in questo caso), quanto il ven-to come forza generatrice che sta al centro della filosofia di Anassimene.

Ancora una volta, vediamo come il pensiero dei primi filosofi greci sia nato dal distaccarsi dal pensiero religioso ma anche di come sia strettamente connes-so con tematiche provenienti dall’ambito mitico, di cui in alcuni casi possono es-sere considerate rielaborazioni.

Contrariamente ad Anassimandro, Anassimene riteneva che la Terra e gli astri fossero piatti e che le stelle, la Luna e il Sole girassero intorno alla terra: il tra-monto e l’alba dipendevano dal fatto che il disco della terra era piú alto verso nord e piú basso a meridione. L’ultima sua teoria di cui abbiamo notizia è quella secon-do la quale i terremoti erano generati dal disseccarsi della Terra a causa del Sole.

Anassimene, a quanto ci è stato tramandato, è l’ultimo dei pensatori della scuola di Mileto. L’eredità di questi pensatori, tuttavia, oltre a essere giunta fino a noi, serví da spunto per altri pensatori di cui ci occuperemo nei prossimi capitoli.

La spiegazione dei fenomeni naturali

Gli accenni del ragionare dei � sici io-nici che sono giunti � no a noi e so-

no stati punti di partenza per i � loso� posteriori pos-sono essere considerati i concetti di riduzionismo, olismo ed evoluzione. Il riduzionismo tenta di comprendere una serie di fenomeni complessi riducendoli a poche cause piú

semplici, focalizzando l’attenzione su un aspetto par-ticolare ed eliminando gli altri elementi come irrile-vanti. In questo senso, pur nella ingenuità primordia-le, Talete, Anassimandro e Anassimene erano giunti all’idea che molti fenomeni complicati della vita quo-tidiana potessero essere spiegati sulla base di un principio semplice e universale: tutto è acqua, tutto è

Rubrica di filosofia minimaMorto che parladi Armando Massarenti

Telegiornali e giornali nazio-nali, tra cui anche i piú seri,

hanno dato la notizia della «medium che ha fatto scoprire il cadavere della ragazza nel lago» metten-dosi direttamente in contatto con lei. Ebbene, a nes-suno dei professionisti dell’informazione che hanno scritto o parlato del caso sembra sia venuto in men-te di far presente ai lettori o agli ascoltatori che ov-viamente si tratta di un’assurdità. Anzi, di un classi-

co imbroglio (peraltro facilmente smascherabile, perché le informazioni per localizzare il cadavere era-no già disponibili a tutti, come ha mostrato pronta-mente, inascoltato, il CICAP1). Domanda: sarebbe stato loro dovere farlo, o dire una cosa cosí ovvia sa-rebbe un imperdonabile atto di paternalismo, un in-sulto a lettori-ascoltatori che si dovrebbe presume-re non siano cosí stupidi da credere a maghi o veg-genti?

MER

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L I M

I TI

La scuola di Mileto

1. Comitato italiano per il controllo delle affermazioni sul paranormale.

sezione 1 Da Talete all’ellenismo

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àpeiron, tutto è aria. Certamente essi si fermarono al piano qualitativo della questione, ma fecero tuttavia da «apripista» a un lavoro mentale che oltre duemila anni dopo culminò con Newton (▶ vol. II), il quale ri-uscí a spiegare il moto dei pianeti, le maree, le me-le che cadevano, la luce proponendo delle leggi ma-tematiche del moto e della gravitazione. Da Newton al XXI secolo, i fenomeni che siamo in grado spiega-re sono aumentati di numero e, nel contempo, sono diventate piú semplici e universali le teorie utilizza-te per raggiungere tale obiettivo. Il riduzionismo, poi, esiste in vari settori: oltre che in � sica e in matema-tica, anche nell’ambito della � loso� a, del diritto, della biologia. In riferimento a quest’ultimo campo, quello della biologia, è opportuno rammentare Francis Crick (1916-2004), premio Nobel per la � siologia e medi-cina, che ha scoperto, insieme con l’americano Ja-mes Watson, la struttura a doppia elica del DNA, e ha preteso di spiegare la coscienza umana attraver-so lo studio di ogni singolo neurone. L’olismo (dal greco òlos, o{lo~, «che forma un tut-to, intero») è la posizione generalmente ritenuta op-posta al riduzionismo. Con l’olismo si afferma che ogni singolo fenomeno possa essere compreso so-lo se considerato in rapporto all’intera realtà, come una tessera di un mosaico acquista il suo signi� ca-to solo se inserita all’interno della totalità dell’ope-ra. Visto che in molti casi è impossibile conoscere tutta la realtà, i pensatori che adottano questo tipo di approccio spesso giungono alla conclusione che c’è una parte del cosmo e di noi stessi che è desti-nata a restare misteriosa, in quanto va oltre la possi-

bilità stessa della comprensione umana. Questo mo-do di pensare, al di là del pensiero magico, ha trova-to molte importanti applicazioni nella storia della � -loso� a e, in alcuni casi, nella stessa scienza, come vedremo anche tra breve esaminando gli sviluppi del pensiero greco. Un esempio classico di struttura oli-stica è l’organismo biologico: un organismo vivente non può essere considerato soltanto una somma di parti, ma d’altra parte nemmeno un’automobile o un qualunque macchinario potrebbe esserlo, dato che la sua funzionalità non sta nelle singole parti che lo compongono, ma nell’unità che esso rappresenta. Il termine olismo è stato coniato dal � losofo sudafri-cano Jan Smuts (1870-1950), il quale ha utilizzato le seguente de� nizione: «...la tendenza, in natura, a formare interi che sono piú grandi della somma delle parti attraverso l’evoluzione creativa». Quando Tale-te, Anassimandro e Anassimene individuano nel prin-cipio unico, l’archè, la sostanza che regola l’intero universo, le attribuiscono un senso tale per cui non coincide con la realtà concreta, ma con quel «qual-cosa» che dà vita al tutto. Come abbiamo visto, Anassimandro esprime, sep-pur in forma ingenua, una descrizione del passaggio dalla vita acquatica a quella terrestre in termini di evoluzione. Questa concezione – che avrebbe avuto fondazione scienti� ca (ma anche suscitato fortissi-me opposizioni, soprattutto negli ambienti religiosi) nel corso dell’Ottocento con le distinte teorie di J.B. de Lamarck e di Charles Darwin (▶ vol. II) – anticipa di molti secoli l’idea che le specie si adattino in ma-niera graduale all’ambiente in cui vivono.

Domande di comprensione

1 Qual è l’origine delle cose secondo Talete? 2 Perché Talete, Anassimandro e Anassimene vengono chiamati «fisici ionici»? 3 Che cos’è l’àpeiron? Quali sono le sua caratteristiche? 4 Che forma aveva la Terra secondo Anassimandro? 5 Secondo Anassimene esistevano gli dèi? Se sí, erano stati generati o no?

Strumenti messi in pratica

6 Oltre a mente/cervello, individua altre coppie di termini che potrebbero essere oggetto di una riduzione ma-terialistica.

Esercizi

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A quale domanda volevano rispondere?Qual è l’origine delle cose?

Qual è la loro risposta?Talete l’origine delle cose è l’acqua.Anassimandro l’origine delle cose è un elemento indeterminato, l’àpeiron, che ha generato tutti gli altri elementi.Anassimene le cose sono state generate dall’aria, che è priva di limiti, trami-te processi di condensazione e rarefazione.

Perché sono importanti?Con le loro indagini i pensatori di Mileto sono stati gli iniziatori della riflessione fi-losofica, cominciando il processo che ha portato la scienza e la filosofia a distac-carsi dalla magia e dalla religione. È, infatti, proprio il concetto di «cosmo», ovve-rosia di un universo ordinato che può essere compreso e spiegato facendo affida-mento alle sole capacità umane, sviluppato dai pensatori greci, ciò che rende possibile la scienza e la filosofia.

Quali elementi del loro pensiero sono ancora attuali?Sebbene le conclusioni sul cosmo e sull’origine delle cose si siano ovviamente ri-velate errate, il principio ispiratore della loro opera è ancora oggi alla base delle ricerche degli scienziati. Studiando la loro opera, abbiamo avuto occasione di esporre i princípi del riduzionismo, uno degli strumenti teorici piú importanti del-la scienza e della filosofia.

RICAPITOLANDO I fisici ionici

Archè Unico principio

Separazione e riunificazione con l’indistinto originarioCiclicità dei mondi Processo di rarefazione e

condensazione

Materialismo vitale IlozoismoRiduzionismo fisico

Àpeiron AriaAcqua

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Esperimento mentaleL’avatar superintelligente Occorrente: un soggetto virtuale come quelli dei film di fantascienza

Nel corso dell’esposizione del pensiero di Talete, abbiamo parlato di ricondurre ogni aspetto del-

la realtà al concetto di materia: anche la mente uma-na può esservi inclusa. L’esempio non è scelto a caso, perché alcuni filosofi davvero ritengono che la men-te e le emozioni possano identificarsi con l’attività del cervello: tutto quello che pensiamo e sentiamo non sarebbe altro che il risultato dell’attività dei neu-roni. È un’ipotesi molto plausibile e, per metterla alla prova, condurremo un piccolo esperimento menta-le: immaginiamo di avere un avatar superintelligen-te, l’ibridazione biotecnologica di un essere umano come i protagonisti del film di James Cameron Ava-tar (2009). Un soggetto del genere non avrebbe un cervello, almeno non nel senso in cui lo ha un esse-re umano: immaginiamo che abbia dei circuiti mol-to complessi o quello che si vuole, ma che non ab-bia un organo fatto di neuroni. La domanda è: que-sto avatar avrebbe una mente?

Dopo aver compiuto l’esperimento, ci troviamo di fronte a due alternative: o si conclude che l’avatar non abbia una mente, e che quindi non sia possibile co-struire una macchina che pensi o che abbia emozioni; oppure significa che la mente non è il cervello, ma so-no due cose diverse, come dimostrerebbe il fatto che un robot o un computer, pur non avendo un cervello, potrebbero avere delle facoltà mentali. Quali di queste due ipotesi ti sembra piú plausibile, e perché?

Riusciresti a inventare un altro esperimento o a formulare un argomento per dimostrare che l’alter-nativa che hai scelto è quella giusta o che l’altra è sbagliata?

Alla luce di quanto detto fino a ora, che cosa di-mostrerebbe questo esperimento? L’ipotesi che la mente possa essere ridotta al cervello ne esce raf-forzata o indebolita? Nel secondo caso, come è pos-sibile riformularla per sfuggire all’obiezione posta dal nostro esperimento?

Il miglior modo di approcciare alla filosofia dei fisici ionici è quello di rapportarsi diretta-mente con i frammenti a nostra disposizione, raccolti in I Presocratici. Testimonianze e

frammenti da Talete a Empedocle, a cura di A. Lami (Rizzoli, Milano 1995) o nell’edizione utilizzata nelle Pagine per ap-passionarsi.

Bibliografia ragionata

Lo studioso Antonio Gargano introduce tutti e tre i pensatori milesi sul sito dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici: http://www.iisf.it/scuola/int_fil_greca/talete_a_a.htm. Per

chi conosce la lingua inglese, interessante potrebbe rivelarsi sia la lettura della voci dedicate a Talete e ad Anassiman-dro dalla Internet Encyclopedia of Philosophy, rispettivamente su http://www.iep.utm.edu/thales/ e http://www.iep.utm.edu/anaximan/, sia dei diversi frammenti presenti su http://history.hanover.edu/texts/presoc/thales.htm (siti visitati nell’aprile 2011).

Sul web

Letture per stimolare la discussione

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Diogene Laerzio

T1 Le testimonianze su Talete

Talete è stato considerato il «sapiente tra i sapienti», l’esempio stesso del «contegno della filosofia»; eppure, se decidiamo di ascoltare direttamente le sue parole, ci scontriamo con un problema che riguarda la maggior parte dei filosofi ante-cedenti a Platone (▶ cap. 8): quello delle fonti. Platone è stato il primo pensatore a preoccuparsi della pubblicazione e della trasmissione delle proprie opere. Il suo maestro, Socrate, non scrisse niente e, quando parliamo di «presocratici», ci riferiamo a filosofi dei quali abbiamo perso quasi tutto.

Come possiamo, allora, ricostruirne e commentarne il pensiero? Per fortuna, disponiamo di diversi tipi di documen-ti. Essi possono essere distinti in vari gruppi: prime e fondamentali fonti sono le citazioni dirette, quei casi, cioè, in cui autori antichi, vissuti all’incirca tra il IV secolo a.C. e il VI d.C., hanno riportato «tra virgolette» il pensiero dei primi fi-losofi. È chiaro che queste testimonianze, pur essendo importantissime, devono sempre essere valutate con attenzione: chi potrebbe essere sicuro di citare bene opere scritte secoli prima? Certo, c’è una grande differenza a seconda che si ab-bia sottomano il testo da cui trarre la citazione, oppure che si riporti a memoria o per sentito dire: e non sempre, visto che sono passati anche duemila anni, possiamo sapere se i commentatori antichi possedevano l’opera originale, un suo riassunto, oppure né l’una né l’altro. Per questo motivo, il primo compito dell’interprete di questa antichissima sapien-za è cercare di ricostruire, con metodo filologico, il testo che poi dovrà analizzare, eliminando quegli interventi di «ag-giunta» o di «chiarimento» (detti «interpolazioni») che possono essere stati fatti nei secoli. L’unica raccolta a tutt’oggi completa e ordinata di queste citazioni è quella pubblicata nel 1903 dal filologo tedesco Hermann Diels con il titolo I frammenti dei presocratici e rielaborata in seguito da Walther Kranz: per questo motivo, in generale anche le edizioni piú moderne si riferiscono alla numerazione dei brani all’interno di quest’opera (indicata come DK).

Un’altra fonte alla quale possiamo accedere sono le testimonianze indirette: quei casi, cioè, in cui un filosofo si ri-chiama a delle opinioni espresse da altri, senza però citarne i passi: Platone e Aristotele lo fanno abbondantemente, e l’allievo di Aristotele, Teofrasto, compose una vera e propria «storia della filosofia» da Talete a Platone. Purtroppo ab-biamo perso anche la maggior parte dei libri di Teofrasto.

Infine, ci rimane la cosiddetta «tradizione dossografica»: si tratta di raccolte di informazioni, per lo piú ispirate o di-rettamente basate sull’opera di Teofrasto, che riguardano le biografie o le opinioni (dòxai, da cui «dossografica») degli autori. Tra queste va situata la Raccolta di vite e dottrine di filosofi scritta nel III secolo d.C. da Diogene Laerzio, dalla quale riprendiamo il primo brano di questa antologia.

Talete1 per primo fu chiamato sapiente […] al tempo in cui anche i sette sapien-ti2 ebbero tale nome […]. Gli fu data la cittadinanza di Mileto quando vi giunse insieme a Nileo esiliato dalla Fenicia, ma, come i piú sostengono3, era cittadino originario di Mileto e di nobile famiglia. Dopo la politica si dette agli studi natu-

1 Il testo di Diogene, qui proposto con alcuni tagli, è una pre-ziosa testimonianza della forma della tradizione dossografica, del suo rifarsi a diverse fonti e procedere fornendo insieme in-formazioni biografiche – a volte aneddotiche o leggendarie – e riassunti o citazioni del pensiero. Rispetto a quanto abbiamo detto nel corso del capitolo, questo brano non ha bisogno di una spiegazione teorica: ci limiteremo, dunque, a fornire indicazio-ni e chiarimenti a proposito delle fonti utilizzate da Diogene, de-gli avvenimenti e dei personaggi citati e della struttura del suo testo. Va notato che, proprio per il fatto che la storiografia di Dio-gene non contiene grandi problematiche, essa è stata conside-rata filosoficamente irrilevante: tuttavia, se è vero che Diogene

va preso per quello che è, cioè fondamentalmente un erudito che raccoglie informazioni, è vero anche che egli è indispensa-bile per la nostra conoscenza di larga parte della filosofia piú an-tica.2 Intellettuali e riformatori dell’età arcaica che i Greci ritene-vano avessero riassunto in sé, attraverso massime, la saggezza umana. Plutarco afferma che oltre a Solone essi fossero Talete, Biante, Cleobulo, Chilone, Pittaco e Anacarsi. Talete, Solone, Biante e Pittaco compaiono anche in altri elenchi dei «sette sa-pienti», mentre gli altri tre nomi variano.3 Il tipico sistema dell’argomentazione dossografica, come si vede chiaramente nel testo, è di riportare una serie di opinioni:

L e g g i I n t e r p r e t a A n a l i z z a

Pagine per appassionarsi

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rali. Secondo alcuni non lasciò nessun’opera perché l’Astrologia nautica che gli viene attribuita si dice appartenga a Foco di Samo. Callimaco lo conosce come scopritore dell’Orsa minore quando nei Giambi afferma: «E si diceva che avesse fissato/la figura stellata del carro, con la quale i Fenici gui-dano le navi.»4

Secondo altri compose solo due libri, Sul solstizio e Sull’equinozio, ritenendo che il resto era incomprensibile. A detta di taluni fu il primo a studiare i corpi celesti e a predire le eclissi del sole e i solstizi, come asserisce Eudemo nella Storia dell’astronomia – e perciò l’ammirano anche Senofane ed Erodoto. Testimonia-no tale ammirazione anche Eraclito e Democrito.Alcuni riferiscono che egli per primo disse immortali le anime: tra questi anche il poeta Cherilo.5 Per primo trovò l’intervallo che corre da solstizio a solstizio e per primo secondo alcuni stabilí che la grandezza del sole è la 720.a parte dell’or-bita solare <come pure che la grandezza della luna è nelle stesse proporzioni ri-spetto all’orbita lunare>. Per primo chiamò trentesimo l’ultimo giorno del mese. Per primo trattò della natura, come vogliono alcuni.Aristotele e Ippia6 dicono che dette una parte di anima alle cose inanimate, ar-guendolo dalla calamita e dall’ambra.7 Dice Pamfila8 che, avendo appreso la ge-ometria dagli Egiziani, per primo iscrisse in un cerchio un triangolo rettangolo e sacrificò un bue. [...]Riteneva che l’acqua è principio di tutto e che il mondo è animato e pieno di di-vinità. Dicono che abbia fissato anche le stagioni e diviso l’anno in 365 giorni.Nessuno gli fu guida: solamente andò in Egitto e s’intrattenne coi sacerdoti. Iero-nimo dice che misurò anche l’altezza delle piramidi dall’ombra, avendo osserva-to quando la nostra ombra ha la stessa altezza del corpo. A quanto afferma Mi-nia, visse in stretta familiarità con Trasibulo, tiranno dei Milesi. Sono note le vi-cende del tripode trovato dai pescatori e inviato ai vari sapienti dal popolo di Mi-leto. Dicono che dei giovani ionici comprarono dai pescatori milesii il contenu-to di una rete: essendo stato tirato su il tripode, sorse una discussione finché i Mi-lesi mandarono un’ambasceria a Delfo: il dio sentenziò cosí:«Figlio di Mileto, interroghi Febo per il tripode?/A chi è tra tutti il primo per sa-pienza, a questo io il tripode assegno.»Perciò lo danno a Talete, il quale lo dà a un altro e questo a un altro ancora finché giunge a Solone: ma Solone disse che primo per sapienza era il dio e lo mandò a Delfi. Callimaco nei Giambi racconta le cose diversamente, dietro informazione

spesso abbiamo un’indicazione abbastanza precisa, in base al-la quale gli studiosi moderni sono riusciti a recuperare i passi ai quali fa riferimento il dossografo; in particolare, Diogene La-erzio è considerato un autore preciso e piuttosto scrupoloso che, infatti, come si vede, cita esplicitamente un gran numero di fonti. Ciò non toglie che compaiano anche passaggi nei qua-li la fonte resta vaga e indicata come «alcuni», «molti», «i piú» o simili. 4 Di Foco di Samo non sappiamo praticamente nulla, se non che gli veniva attribuito questo trattato; Callimaco fu un poeta lirico alla corte di Tolomeo II Filadelfo, per il quale diresse, tra il 260 e il 230 a.C., la biblioteca di Alessandria. È considerato uno dei piú importanti esponenti della poesia ellenistica. 5 Senofane fu un rappresentante, secondo alcuni il primo, del-la scuola eleatica (▶ cap. 4, par. 1); Erodoto è considerato il fon-datore della storiografia greca, visse ad Alicarnasso e a Turi,

all’incirca tra il 485 e il 425 a.C.; Eraclito e Democrito sono anch’essi filosofi presocratici, che affronteremo nei prossimi ca-pitoli (▶ cap. 4 e cap. 5, par. 3). Il poeta Cherilo di Samo fu con-temporaneo di Erodoto e visse nella seconda metà del V secolo a.C., scrivendo un poema sulle guerre persiane.6 Di Aristotele, ovviamente, ci occuperemo ampiamente (▶ cap. 9); la sua testimonianza è contenuta nel trattato Sull’ani-ma. Ippia fu un sofista (▶ cap. 6, par. 6). 7 Le proprietà magnetiche ed elettrostatiche rispettivamente della calamita (in grado di attirare il ferro) e dell’ambra (che, ca-ricata per sfregamento, era in grado di attirare delle pagliuzze o delle piume), erano alla base della convinzione degli antichi che questi materiali fossero «animati». 8 Pamfila fu una storica greca vissuta ai tempi dell’imperatore romano Nerone (I secolo d.C.), che compose un’opera di 33 vo-lumi.

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del milesio Meandrio. Secondo costui un arcade di nome Baticle lasciò una cop-pa e ordinò di «darla al migliore tra i sapienti.» Fu data a Talete e, compiuto il gi-ro degli altri sapienti, tornò a Talete. Questi però la mandò ad Apollo Didimeo, dicendo secondo l’espressione di Callimaco:«Talete mi consacra al dio che veglia sul popolo di Nileo/dopo avermi ricevuto due volte come premio.»Il che in prosa suona cosí: «Talete figlio di Examio, milesio, ad Apollo delfico, do-po averla presa due volte come premio.»[...]Ermippo nelle Vite riporta di lui quel che da altri viene detto di Socrate: diceva infatti, a quanto vogliono, che per tre motivi era riconoscente alla sorte: primo, per essere uomo e non bestia, secondo, uomo e non donna, terzo, greco e non barbaro. Si narra che, condotto da una vecchia fuori di casa per studiare le stelle, cadesse in un pozzo e che mentre egli gemeva la vecchia gli dicesse: «Tu, o Tale-te, non riesci a scorgere quel che hai davanti ai piedi e pretendi di conoscere le cose del cielo?». Anche Timone conosce la sua opera di astronomo e nei Silli lo esalta con queste parole:«Che saggio era tra i sette saggi, Talete, studioso del cielo!»Dice Lobone argivo che i suoi scritti comprendevano 200 versi e che sulla sua sta-tua c’era quest’iscrizione:«Mileto di Ionia nutrí ed esaltò Talete/il piú venerando per sapienza tra tutti gli astronomi.»e inoltre che tra i suoi detti cantati ci sono questi:«Le molte parole non rivelano mai un’opinione assennata:/cerca una sola cosa, la saggezza/scegli una sola cosa, il bene,/perché scioglierai le lingue sfrenate dei chiacchieroni.»9

Di lui si tramandano anche queste sentenze10: degli esseri il piú antico è dio, per-ché non ha nascita; il piú bello è il mondo, perché è opera di dio; il piú grande lo spazio, ché tutto contiene; il piú veloce la mente, ché attraverso tutto corre; il piú forte la necessità, ché su tutto ha dominio; il piú saggio il tempo, ché tutto svela. [...]

Diogene Laerzio, Raccolta di vite e di dottrine di filosofi, I, 22-35, in I Presocratici. Testimonianze e frammenti, trad. di R. Laurenti,

Laterza, Bari 1986, pagg. 79-83

9 Geronimo di Rodi fu un seguace della filosofia aristotelica, vissuto tra il 290 e il 230 a.C.; quello da lui citato non è l’unico te-orema matematico attribuito a Talete. Sulla figura di Minia non si hanno ulteriori notizie; Solone fu invece un personaggio fon-damentale della storia di Atene. Questi visse all’incirca tra il 640 a.C. e il 560 a.C. e fu arconte dal 594 a.C., funzione che gli per-mise di portare avanti un’importante opera legislativa, varando una riforma che porta il suo nome. La sua saggezza divenne leg-gendaria, tanto che è protagonista di una serie di aneddoti e la sua figura ebbe un’ampia fortuna fin nella letteratura medieva-le. Ermippo fu uno scrittore originario di Smirne (Turchia) e vis-se tra il III e il II secolo a.C. Ispirò la propria opera a quella di Cal-limaco e deve la propria fama ad una raccolta di biografie, che

includeva quelle dei «sette sapienti». Lobone argivo è un autore enigmatico collocabile intorno al III secolo a.C., la cui opera, de-dicata alla poesia, è stata fin dall’Ottocento oggetto di una criti-ca filologica severa, che ne ha messo in dubbio autenticità e pa-ternità. La critica negli ultimi anni è arrivata a circoscrivere a un numero ridotto di frammenti quelli che possono essere effetti-vamente attribuiti a questo autore, ritenendo però che essi sia-no in generale veritieri e non frutto di invenzione: è perciò sta-to rivalutato come fonte di informazioni sui filosofi antichi. L’at-tributo «argivo» indica che Lobone era originario della città di Argo, una delle piú antiche del Peloponneso, in Grecia.10 Secondo Diogene Laerzio si tratta di citazioni letterali di Ta-lete, a differenza di quello che precede.

T1 Diogene Laerzio

Le testimonianze su Talete

AIL

sezione 1 Da Talete all’ellenismo

Pagine per appassionarsi18

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Esercizi

Lavoro sui testi A Dopo aver letto il brano, elenca i termini che ritieni importanti e spiega perché sono tali. B Disponi gli argomenti trattati nel brano in uno schema che metta in evidenza le loro connessioni. C Ripercorri le varie testimonianze riportate nel brano, cercando di ricostruire un’immagine unitaria di Talete.

Elaborazioni D Elabora un breve testo in cui ricostruisci la figura del sapiente ai tempi dei fisici ionici, mettendo in evidenza

tutti gli aspetti e le sfaccettature che emergono dal T1.

La stoà ionica di Mileto.

19Pagine per appassionarsi

capitolo 1I fisici ionici

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